You are on page 1of 355

POLITECNICO DI TORINO

I FACOLTA DI INGEGNERIA

CORSO DI LAUREA IN INGEGNERIA AEROSPAZIALE

APPUNTI DI COSTRUZIONI
AERONAUTICHE
DOCENTE
Ugo ICARDI

Redatti in collaborazione con LAURA FERRERO

PREMESSA

I criteri progettuali di un sistema aeronautico di adeguate prestazioni si basano su due aspetti


fondamentali: la sicurezza del volo e l'efficienza economica del velivolo stesso. Entrambi gli
aspetti sono legati alla struttura dell'aeroplano: la sicurezza in volo richiede elevati livelli
d'integrit strutturale per l'intera vita operativa del velivolo e l'efficienza economica implica
strutture capaci di elevate durate e bassi pesi.
L'integrit della struttura si ottiene soddisfacendo una serie di requisiti, quali la resistenza
strutturale, la rigidezza, la tolleranza al danneggiamento e la durabilit. Garantire l'integrit
strutturale non un problema di facile soluzione:
-

La struttura di un moderno aeroplano estremamente complessa e costituita da un insieme


di componenti realizzati con diverse tecniche e collegati tra loro con giunzioni;

Le condizioni di carico a cui soggetta la struttura sono anch'esse molto complesse poich
legate a turbolenza atmosferica, alle manovre in volo ed al suolo, alla pressurizzazione;

Le prestazioni richieste ai materiali sono decisamente critiche non solo per gli elevati livelli
di tensione che bisogna imporre per ragioni di efficienza ponderale, ma anche per la
presenza di particolari condizioni ambientali e agenti corrosivi che agiscono sulla struttura
durante l'intensa attivit ed il lungo periodo di servizio che necessario garantire
all'aeroplano per ragioni economiche.

In tale contesto lo sviluppo di lesioni per fatica, per corrosione, per danno casuale o per crescita di
difetti iniziali non identificati, rappresentano un evento di probabilit non trascurabile che si
ripercuote con notevole impatto sia sulle metodologie di progetto che sulle tecniche di esercizio
dell'aeroplano.
La sicurezza del volo non comunque l'unico criterio di progetto: l'ottenimento degli elevati livelli
di sicurezza richiesti non deve pregiudicare infatti l'efficienza economica del velivolo stesso e
questo implica pesi contenuti e strutture capaci di elevata durata nel tempo, spesso molto oltre la
vita operativa prevista in fase di progetto. Una lunga vita a fatica e un minimo peso strutturale sono
due requisiti in conflitto nella progettazione di strutture aeronautiche e la necessit di conseguirli
contemporaneamente ha richiesto lo sviluppo di particolari metodologie di progetto.
Fino agli anni '60 si riteneva che un buon progetto statico avrebbe garantito un comportamento a
fatica soddisfacente e soltanto su pochi componenti veniva effettuata una progettazione a fatica

secondo l'approccio "Safe Life". I requisiti di una metodologia "Safe Life" si limitavano a
realizzare strutture per cui non si presentassero rotture durante tutta la vita operativa del velivolo.
Si progettava una struttura capace di essere esente da fessure per una frazione prefissata della vita
utile operativa del velivolo. Tale approccio si mostr tuttavia inadeguato in quanto alcune strutture
progettate secondo tale metodologie andarono incontro a rotture catastrofiche. Un altro
inconveniente era di tipo economico-operativo: era impossibile estendere la vita della struttura oltre
quella sperimentata con prove in vera grandezza. La "fatica" inizi ad assumere un ruolo principale
nella progettazione solo dopo il notevole sviluppo raggiunto dall'aviazione commerciale.
L'approccio "Safe Life" fu progressivamente sostituito dalla filosofia "Damage Tolerance".
La progettazione secondo il criterio di "Damage Tolerance" prevede l'esistenza di difetti iniziali di
dimensioni stabilite in zone critiche dei componenti primari e definisce un intervallo sicuro entro il
quale la struttura riesce a sopportare un carico non inferiore al carico massimo operativo anche in
presenza di propagazione del difetto. Per queste ragioni l'integrit della struttura per la maggior
parte dei velivoli commerciali e militari dipende oggi dalla procedura d'ispezione: bisogna disporre
di un buon programma d'ispezione che garantisca l'individuazione della cricca prima che questa
raggiunga una lunghezza critica e causi eventi catastrofici. Oltre ad un efficiente programma
d'ispezione, nell'ambito della filosofia di progetto "Damage Tolerance" rivestono un ruolo
fondamentale i metodi teorico-sperimentali della meccanica della frattura per valutare
l'accrescimento ed il decadimento della resistenza della struttura lesionata e l'impiego di metodi di
controllo non distruttivi necessari per valutare la dimensione iniziale del difetto. Entrambi i metodi
indicati richiedono una intensa attivit di ricerca che permetta di conoscere il comportamento dei
materiali e delle soluzioni costruttive. Continue ricerche e sviluppi vengono condotti nel settore
aeronautico per individuare le soluzioni costruttive che meglio soddisfano i requisiti di "Damage
Tolerance" imposti dalle normative. Si cerca di realizzare strutture che, oltre a garantire la
sicurezza, risultano anche sempre pi efficienti dal punto di vista economico. I requisiti, sempre pi
restrittivi, impongono la realizzazione di strutture ridondanti, l'utilizzo di materiali con
caratteristiche meccaniche superiori, un aumento degli spessori per ridurre le tensioni agenti nella
struttura, con conseguente crescita dei costi e dei pesi della struttura.
L'obiettivo principale perseguito dalle industrie aeronautiche diventa, quindi, quello di individuare e
sviluppare nuovi materiali e nuove tecnologie che, oltre a soddisfare i requisiti di sicurezza,
comportano una riduzione dei pesi e dei costi di realizzazione. Nelle strutture aeronautiche diversi
sono i componenti critici soggetti alla nucleazione e propagazione di cricche. Tra questi i pannelli
irrigiditi, che costituiscono gran parte della struttura aeronautica.

Scopo non secondario per la progettazione delle strutture irrigidite quella del "Crack arrest".
Secondo tale filosofia, l'aereo pu continuare a volare in sicurezza anche se si sviluppata una
cricca, in quanto, dopo una iniziale propagazione, la cricca viene rallentata dalla struttura stessa.
Tale progettazione, molto efficace dal punto di vista della sicurezza, poco indicata per quando
riguarda i costi. La presenza di diversi componenti e di un elevato numero di rivetti di collegamento
tra la pelle e l'irrigidimento comportano elevati costi di realizzazione. proprio a causa dell'elevato
costo di tale soluzione costruttiva che ha iniziato a farsi strada l'idea di realizzare strutture irrigidite
integrali che, grazie all'assenza di organi di collegamento ed al basso numero di componenti,
riescono ad abbassare notevolmente i costi. L'interesse verso le strutture integrali in crescente
aumento soprattutto in questi ultimi anni, che hanno visto lo sviluppo di nuove tecnologie che
permettono di realizzare strutture integrali in minor tempo, con ridotti costi di realizzazione e con
caratteristiche meccaniche migliori rispetto a quelle che si potevano ottenere con le tecniche
precedenti.
Le metodologie sopra citate hanno carattere tipicamente deterministico, basate sulla identificazione
di una configurazione di carico e sul dimensionamento che la sopporta. Per ogni parametro viene
cio utilizzato un ben preciso valore (ad esempio il valore medio della distribuzione) solitamente
reso pi conservativo dallintroduzione di un opportuno fattore di sicurezza. Ne consegue una
configurazione particolarmente gravosa e sovradimensionata che pu portare alla realizzazione di
strutture pesanti e costose, ma che in definitiva non forniscono risposte certe sulla reale probabilit
di rottura delle strutture stesse. Assume allora significato il tentativo di promuovere un nuovo tipo
di approccio alla progettazione, basato su unanalisi di tipo probabilistico atta a valutare la
possibilit che un evento accada (Risk Evaluation). Il livello di rischio, impostato non pi come
variabile incognita, ma come parametro valutabile permetterebbe infatti di giungere a soluzioni pi
economiche perch pi vicine alle esigenze reali. Inoltre fenomeni poco probabili (pericolosi e non
impossibili),

che,

se

affrontati

con

approccio

deterministico,

comporterebbero

sovradimensionamenti gravosi, impostati con approccio statistico diventerebbero una delle tante
possibili configurazioni di carico considerate, determinando un dimensionamento pi realistico.
Certo che lapproccio probabilistico richiede una massiccia disponibilit di dati, rappresentativi
delle numerose condizioni di carico e geometriche da rappresentare. Diventano quindi necessarie
espressioni analitiche di veloce applicazione, generali il pi possibile, per ottenere la mole di dati su
cui impostare lanalisi statistica.
Alla luce di queste considerazioni, nel seguito vengono presentate metodi di calcolo e modelli
strutturali utilizzati nel progetto degli aerei (di tipo deterministico), che costituiscono
strumenti di base fondamentali. Essi saranno poi approfonditi in altri corsi.

Questi appunti sono organizzati nel modo seguente.


Vengono dapprima richiamati dei concetti di base della teoria dellelasticit.
In seguito si discutono le Norme di Aeronavigabilit, che definiscono le sollecitazioni a
cui le strutture dei velivoli sono soggette.
Quindi si discutono i modelli strutturali e le relative tecniche

di soluzione e si

applicano a problemi tipici.


Infine, si propongono esercizi svolti, in cui si applicano i concetti e le tecniche di calcolo
descritte.

RICHIAMI DI TEORIA
DELLELASTICITA
A scopo introduttivo si richiamano alcune basi fondamentali della teoria dellelasticit su cui si
fonderanno i modelli di calcolo ed i procedimenti utilizzati nel corso.

Elasticit e lavoro interno.


Per definire l'elasticit dobbiamo introdurre esplicitamente il concetto di reversibilit della
deformazione e per fare ci imporremo che il lavoro interno, prodotto delle tensioni per le relative
deformazioni, possa essere espresso come una funzione (scalare) soltanto dello stato di
deformazione finale, ossia, in altri termini, che possa essere espresso come un potenziale.
Consideriamo un corpo soggetto ad un campo di tensioni e di deformazioni. Andando a imporre la
semplificazione che siano presenti solo due componenti della deformazione, ad esempio x e y ,
possiamo graficare landamento del lavoro interno, come in figura.

Esempio di deformata nel piano XY

Il punto D0 rappresenta, nello spazio delle deformazioni, la configurazione deformata finale


dell'elemento rettangolare raffigurato nel diagramma a sinistra.

Naturalmente nel caso reale lo spazio delle deformazioni uno spazio a sei dimensioni, dato che
tante sono le componenti della deformazione.
Sempre con riferimento ala figura, possiamo interpretare la deformazione finale del corpo come la
somma di una serie di incrementi virtuali applicati in successione, secondo un qualche percorso
nello spazio delle deformazioni.
Il lavoro interno totale, per esteso a tutto il corpo, sar dato dalla somma di una serie di lavori
interni, calcolati secondo un determinato percorso di deformazione.
D0
Li = [ ][ ]dV
0

Prima di proseguire, un chiarimento sulla notazione: [ ij ] , [ ij ] con i, j = 1,6 costituiscono


rispettivamente i vettori delle deformazioni e delle tensioni. Il primo indice rappresenta la
direzione della normale del piano su cui sono valutati, il secondo la direzione della
componente rispetto al piano. Ad esempio zz rappresenta la componente della tensione su
un piano perpendicolare a z diretta secondo z. Di solito si usa zz=33, yy=22, xx=11, xy=12,
yz=2,3 . Spesso, quando i due indici sono uguali, si usa una sola componente zz=z e le
tensioni con indici diversi si indicano come xz o semplicemente x .
Ci troviamo quindi di fronte ad un corpo che raggiunge lo stato di deformazione finale attraverso
una infinit di piccoli passi, ad ognuno dei quali corrisponde una certa quota di lavoro interno.
Possiamo a questo punto definire l'elasticit come quella propriet di un corpo per cui il lavoro
interno finale, somma dei contributi relativi ad ogni singolo incremento, dipende solo dall'entit
della deformazione finale, e non dal percorso, ossia dalla successione di incrementi, con cui la
deformazione finale stata raggiunta. Ci equivale a dire che ad ogni configurazione deformata
corrisponde un ben preciso valore di lavoro interno, il quale non dipende dal modo in cui si
arrivati ala configurazione deformata stessa, e che spostandoci da una configurazione
deformata all'altra il lavoro interno che si spende dato dalla differenza fra il lavoro interno
associato alle due configurazioni.
Tute queste propriet definiscono il lavoro interno, nel corpo elastico, come un potenziale, una
funzione che dipende in modo univoco dallo stato di deformazione, una quantit di energia che
spendiamo per deformare il corpo, ma che rimane immagazzinata nel corpo stesso finch dura la
deformazione e viene poi restituita quando si lascia il corpo libero di riprendere la forma originaria.
Si dar dora in poi per scontata lipotesi di lavoro in campo elastico, prescindendo quello plastico
dallinteresse di questo corso.

Differenze tra deformazioni in campo elastico e campo plastico

Energia potenziale elastica.


Dal punto di vista matematico quanto fin qui detto si esprime dicendo che gli incrementi di lavoro
interno sono differenziali esatti di una funzione di stato delle sei variabili indipendenti costituite
dalle componenti di deformazione:

( x , y , z , xy , xz , yz )
Gli incrementi di lavoro interno in forma estesa si scrivono:

e in forma di differenziali esatti:

Ci significa che le componenti di tensione sono le derivate prime della funzione

, come indicato a sinistra.


La funzione di stato , che esprime il lavoro interno per unit di volume, ossia
l'energia che compete ad un determinato stato di deformazione, si chiama energia
potenziale elastica, o anche potenziale elastico.
Se l'esistenza di una funzione di stato, il potenziale elastico, condizione

necessaria e sufficiente perch il comportamento di un corpo manifesti quella reversibilit dello


stato deformativo che abbiamo individuato come caratteristica essenziale dell'elasticit, si tratta ora
di attribuire una qualche forma a questa funzione, che per ora completamente incognita. Come
Utilizzeremo lo sviluppo in serie polinomiale (di Taylor o di Mc Laurin) come strumento per
sostituire la funzione incognita con una sua approssimazione.
Poich l'energia potenziale elastica funzione di sei variabili, le sue derivate parziali sono
tantissime, sei del primo ordine, trentasei del secondo ordine e cos via. Prima di provare a scrivere i
termini dello sviluppo in serie opportuno ragionarci sopra in astratto e vedere quali di questi
termini sono effettivamente diversi da zero e quali sono nulli o possono essere trascurati. Il termine
costante dello sviluppo, per ovvie ragioni, risulta nullo. Non si ha infatti deformazione.
I primi sei termini dello sviluppo sono anchessi tutti nulli.

Consideriamo il caso in cui uno di questi, ad esempio il primo, quello che contiene x non sia nullo.
Ci comporterebbe che l'energia corrispondente ad una deformazione positiva sia anch'essa
positiva, mentre quella corrispondente ad una deformazione negativa sia a sua volta negativa.
Ma questo non possibile: l'energia potenziale elastica deve essere sempre positiva, per qualunque
configurazione deformata: se prendiamo un corpo elastico, una mola di acciaio ad esempio, e la
allunghiamo in direzione x, spendiamo dell'energia; se invece di tirarla, la comprimiamo,
accorciandola, nuovamente spendiamo dell'energia. L'energia che spendiamo, e che viene
immagazzinata nel corpo sotto forma di energia potenziale elastica, non deve cambiare di segno
quando cambia di segno la deformazione. Questo ragionamento ci porta ad escludere tutti i termini
del primo ordine e ci costringe a prendere in considerazione almeno quelli del secondo, che come si
detto sono trentasei.
Limitandoci a questi termini, e quindi troncando lo sviluppo al secondo ordine, l'espressione
dell'energia potenziale elastica prende quindi la forma seguente:

e in forma compatta:

La matrice dei coefficienti [H]0, derivate parziali seconde della funzione calcolate nell'origine,
cio per deformazioni nulle, si chiama matrice hessiana dell'energia potenziale elastica.
L'energia potenziale elastica risulta quindi essere una funzione quadratica (perch contiene i termini
di secondo grado) ed omogenea (perch tutti i termini sono di secondo grado) delle componenti di
deformazione.

Elasticit lineare.
Riprendendo le precedenti equazioni, nelle quali risulta che le tensioni sono le derivate prime
dell'energia potenziale elastica, ed applicandole all'espressione di ottenuta sopra, si ottengono le
sei equazioni:

o, in forma compatta:

Queste espressioni rappresentano il legame costitutivo elastico lineare (legge di Hooke).


La linearit del legame elastico, ossia la proporzionalit fra tensioni e deformazioni, una
conseguenza dell'aver troncato lo sviluppo in serie polinomiale ai termini del secondo ordine. Se
infatti ci fossero termini anche del terzo, ad esempio, l'operazione di derivazione data dalle (a)
porterebbe ad un legame costitutivo fra tensioni e deformazioni sempre di tipo elastico, cio
reversibile, ma quadratico invece che lineare.
Anche l'energia potenziale elastica, che era espressa solo in funzione delle componenti di
deformazione, pu ora essere espressa in funzione sia delle deformazioni sia delle tensioni,
sostituendo la (c) nella (b):

E in forma estesa:

Questa espressione dell'energia potenziale elastica prende il nome di Teorema di Clapeyron.


Le caratteristiche del corpo elastico sono quindi descritte in modo completo dalla matrice [H]0 dei
coefficienti di elasticit, che per le condizioni di reciprocit di Cauchy ( ij = ji per i j ) diventa:

Per un corpo isotropo, cio con analoghe propriet elastiche in tutte le direzioni, diventa:

Con E modulo di Young, coefficiente di contrazione laterale (Poisson), e G modulo di elasticit


tangenziale legato agli altri due parametri dalla ben nota relazione

G=

E
2(1 + v)

PRINCIPIO DEI LAVORI VIRTUALI


Si consideri una struttura qualsiasi e agente su di essa uno stato tensionale

{ } = {
e

xx

yy zz xy xz yz

in equilibrio con un sistema di carichi esterni (volumici Fe, superficiali Te, lineari Qe, puntuali Pe ).
Per la stessa struttura, si consideri un sistema di spostamenti elastici congruenti (cio depurati dei
moti di corpo rigido: la struttura vincolata)

{ uc } = { ux

uy uz

a cui si associano le deformazioni

{ } = {
c

xx

yy zz xy xz yz

Questo secondo sistema di deformazioni congruenti del tutto indipendente dal primo sistema di
tensioni equilibrate; poich i due sistemi sono indipendenti, potrebbero anche essere le tensioni e le
deformazioni associate agli stessi carichi di una struttura reale. Si utilizzer il principio dei lavori
virtuali in questultima forma per ottenere le equazioni di equilibrio di un sistema reale.

Si definisce lavoro virtuale esterno il lavoro che un sistema equilibrato di carichi esterni compie
sugli spostamenti congruenti
Lecest = { F e
V

{ uc }

}T { u c }dV + S { T e }T { u c }dS + { Q e }T { u c }dL + { P e }{ u c }


L

Si definisce lavoro virtuale interno il lavoro che il sistema di deformazioni equilibrato


corrispondente ai precedenti carichi effettua su un sistema di deformazioni congruenti non
necessariamente correlate a quei carichi
Lecint = { e

}T { c }dV

Il principio dei lavori virtuali (PLV ) stabilisce che in condizioni di equilibrio si verifica

Lecest = Lecint
Il PLV pu essere utilizzato per determinare le equazioni di equilibrio di una struttura, per valutare
gli spostamenti sotto carico, per risolvere iperstatiche etc, in quanto rappresenta una equazione che
esprime il comportamento della struttura. Da questo punto di vista rappresenta una equazione che
fornisce una relazione utile per calcolare comunque quantit incognite.
Per determinare le equazioni di equilibrio esistono funzionali alternativi al PLV (si definisce tale
una grandezza integrale dipendente da funzioni come

{ u c }, { e })

come il potenziale totale

(energia potenziale elastica sommata al potenziale dei carichi, questultimo essendo il lavoro dei
carichi cambiato di segno), che con carichi conservativi fornisce le stesse equazioni, il quale
basato sul fatto che lequilibrio rappresenta un minimo per il potenziale totale.

INVILUPPO DI VOLO
Il progetto delle strutture dei velivoli utilizza i carichi previsti dalle normative, le quali
costituiscono di fatto delle restrizioni alle manovre che possono essere effettuate.
Lintroduzione di normative resa necessaria dal fatto che tipologia ed entit dei carichi variano,
anche fortemente, con le condizioni di volo. Pertanto, se non si introducessero delle limitazioni al
tipo di manovre ammesse per ogni categoria di velivolo, si correrebbe il rischio di progettare
strutture la cui robustezza ridondante nella maggior parte delle situazioni di volo comune. Questo
aspetto particolarmente importante per i velivoli da trasporto, perch la ridondanza strutturale
implicherebbe una riduzione del carico pagante. Se non vi fossero dei limiti regolamentari, si
potrebbe anche correre il rischio di sottodimensionare le strutture, che quindi potrebbero cedere
durante le normali condizioni di volo.
In effetti, le norme di aeronavigabilit, hanno lobiettivo di rendere sicuri i velivoli civili da
trasporto, senza introdurre penalizzazioni sul carico pagante. In quanto tali, sono il prodotto di
affinamenti successivi, sulla basedi analisi effettuate dagli albori dellaviazione commerciale sui
tutti i dati registrati durante i voli.
Dal punto di vista del progetto strutturale, le norme di aeronavigabilit si presentano in forma di
diagrammi che rappresentano tutte le possibili condizioni di volo per un determinato velivolo. Il che
significa, per un velivolo in fase di progetto di cui si stimato il peso. Tali diagrammi si presentano
come linviluppo di punti aventi come coordinate la velocit di volo e il coefficiente di contingenza,
o fattore di carico, il quale esprime laccelerazione che si verifica durante le manovre e che va a
gravare sulle strutture, come se tutte le masse fossero sottoposte allaccelerazione di gravit
moltiplicata per il coefficiente di contingenza.
Tali diagrammi, che sono detti di inviluppo di volo, considerano i coefficienti di contingenza che si
generano a causa di manovre e dei movimenti dellaria in direzione perpendicolare alla traiettoria
di volo, detti raffiche, che hanno effetti importanti sul progetto delle strutture dei velivoli da
trasporto. La ragione che, per tali velivoli con capacit di manovra limitate, i coefficienti di
contingenza da raffica sono della stessa entit di quelli di manovra. Per i velivoli acrobatici, invece,
essi risultano trascurabili rispetto a quelli dovuti alle manovre.
Nel seguito viene riportato uno stralcio delle le norme europee JAR (versione italiana ENAC), le
quali sono del tutto simili alle norme FAR adottate negli USA, riguardante le condizioni di volo a

regime, vale a dire quelle che si verificano per la maggior parte del volo. I transitori, che non sono
meno importanti, in quanto corrispondono a distribuzioni del coefficiente di contingenza non
uniformi sulle masse del velivolo, vengono trattati a parte. A titolo di esercizio, si tracciano i
diagrammi di manovra e di raffica per uno specifico velivolo, mediante i quali si possono valutare
la portanza dellala e della coda e quindi la distribuzione delle sollecitazioni sulla struttura.
ESTRATTO DAI REGOLAMENTI TECNICI ENAC

Diagrammi di manovra e di raffica


del Pilatus Turboporter
Tracciare i diagrammi di manovra e di raffica, nonch il loro inviluppo relativi al velivolo Pilatus
Turbo porter, nelle configurazioni:
A Peso massimo
B Peso minimo.
Per il tracciamento dei digrammi si applichino le norme F.A.R. (Federal Aviation Registrations)
part 23, oppure loro traduzione, norma R.A.I parte 223. Il velivolo in esame appartiene alla
categoria UTILITY/NORMAL e si considerano valide le seguenti ipotesi:
1. il piano di simmetria del velivolo contiene gli assi di rollio (x) e di imbardata (z)
2. le configurazioni a cui si fa riferimento sono di carico simmetrico
la velocit del velivolo
e la risultante delle forze esterne giacciono nel piano di simmetria
3. le velocit calcolate saranno delle velocit indicate, corrispondenti al sea level, dove la
densit dellaria pari a SL= 0.125 kg s2/m.
DATI:
Peso massimo
Peso minimo
Superficie alare in pianta
Coeff. portanza max
Coeff. portanza min
Coeff. angolare portanza del profilo
Allungamento alare effettivo

Qmax = 2800 kg
Qmin = 1270 kg
S = 30.15 m2
Cpmax = 1.4
Cpmin = -1.05
Cp = 5.8 rad-1
e=7.96

SVOLGIMENTO:
Diagramma di Manovra, procedura valida per le configurazioni A e B
1. Tracciare le due parabole che delimitano verso lorigine il diagramma, parabole di stallo
n=n(V)
2. Calcolare o ricavare da normativa il limit maneuvering load factor, fattore di carico max e
min per la categoria utilit; limitare verticalmente il diagramma con questi due valori di
taglio.
3. Calcolare le velocit di stallo in volo a n positivo (dritto) e negativo (volo rovescio), relativi
ai due coefficienti di portanza, massimo per il volo diritto e minimo per quello rovescio.
Tracciare sul diagramma tali valori per limitare rispettivamente il campo a n positivi e
negativi.
4. Calcolare secondo le formule fornite in normativa le design airspeed, Vc (velocit di
crociera), Vd (velocit di picchiata) e Va (velocit di manovra). Il fattore di contingenza
massimo riferito a Vd, quello minimo a Vc e varia linearmente fino a raggiungere il valore
di 0 a V=Vd.
5. Completare il digramma di manovra congiungendo secondo le indicazioni fornite dalla
normativa i valori calcolati al punto precedente.
La procedura viene ripetuta una volta con i dati relativi alla configurazione di peso massimo e una
volta con quelli a peso minimo.
Diagramma di Raffica, procedura valida per le configurazioni A e B
1. Definire la retta n(V), secondo i parametri forniti dalla normativa. Per il coefficiente
angolare di portanza dellala si usi la formula seguente:
Cp '
a = Cp 'ala =
Cp '
1+

Le rette n(V) sono da calcolare con le Ude fornite al paragrafo c della sezione 223.333,
(1).(i), (ii).
2. Calcolare i valori del fattore di contingenza limite per le velocit Vc e Vd
3. Completare il diagramma di raffica congiungendo secondo le indicazioni fornite dalla
normativa i valori calcolati al punto precedente.
La procedura viene ripetuta una volta con i dati relativi alla configurazione di peso massimo e una
volta con quelli a peso minimo.
Diagramma di Inviluppo, procedura valida per le configurazioni A e B
1. Sovrapporre diagramma di raffica e di manovra relativi alla medesima configurazione
2. Il diagramma di inviluppo lunione dei due precedenti.
La procedura viene ripetuta una volta con i dati relativi alla configurazione di peso massimo e una
volta con quelli a peso minimo.

ESEMPI DI MANOVRE TIPICHE


Si ricorda che ogni manovra corrisponde a un punto sul diagramma di inviluppo, ma che ad
ogni punto appartenente a tale diagramma corrispondono pi manovre (virtualmente
infinite).

SALITA O DISCESA

VOLO SU TRAIETTORIA CIRCOLARE

Il massimo coefficiente di contingenza si raggiunge quando il velivolo orizzontale, poich forza


centrifuga e portanza sono parallele; in tale condizione si ha:

VIRATA CORRETTA

BRUSCA MANOVRA LONGITUDINALE

Il fattore di carico per effetto della brusca manovra longitudinale vale pertanto:

QUINDI , IN PRESENZA DI ACCELERAZIONI ANGOLARI, IL FATTORE DI CARICO


E VARIABILE SULLA STRUTTURA

GRANVOLTA

CONTINGENZA DA RAFFICA
(MODELLO UTILIZZATO NELLE NORME)

Si supponga che il velivolo, in volo rettilineo orizzontale (CL=CL )

L=W= CL S

1
V2
2

incontri una raffica, cio una colonna daria con velocit verticale u. Si considera la raffica come
una colonna di aria ascendente o discendente, senza che vi sia alcuna transizione dalla velocit della
colonna e laria immobile circostante (raffica a gradino). Come ampiamente verificato dallanalisi
dei dati di volo, la velocit V del velivolo molto maggiore della velocit u della raffica:
V >> u

quindi il velivolo che in volo incontra una raffica non muta la propria velocit di volo, poich
componendo V con la u ad essa verticale, la velocit risultante ha modulo indistinguibile da V ma
muta la propria direzione. Leffetto della raffica quindi quello di una brusca variazione
dellincidenza sullala, che passa da ad + ( potrebbe avere segno positivo o negativo).
Questo comporta una brusca variazione L della portanza

L + L = n W = CL ( + ) S

1
V2
2

da cui si deduce che la seguente espressione del coefficiente di contingenza da raffica

n=1

Il segno + si riferisce alla raffica ascendente, ovviamente il segno a quella discendente. Poich si
assunta la velocit del velivolo molto maggiore di quella della raffica, risulta:

u
V

Essendo

= W / CL S

1
V2
2

si ottiene la seguente espressione del coefficiente di contingenza da raffica

n = 1 ( CL uV) /(2

W
)
S

che configura sul piano (n,V) lequazione di una retta. Poich la raffica istantanea una astrazione,
non potendosi avere un salto istantaneo di velocit da 0 a u, le norme introducono on coefficiente di
attenuazione nella formula precedente, che tiene anche conto del fatto che a non pu
corrispondere un cambiamento istantaneo della circolazione aerodinamica intorno allala.
Come si vede, la contingenza da raffica rappresenta una famiglia di rette (improprie, valendo solo
per V>0) con polo in (0,1) e parametro u. Risulta che leffetto della raffica tanto pi forte quanto
minore il carico alare. Pertanto un velivolo civile da trasporto sar maggiormente sensibile alla
raffica alla fine della crociera. Si noti che la raffica non si verifica sul mare, ma solo in prossimit
del suolo, dove si innescano moti convettivi dovuti alla diversa temperatura rispetto allacqua, e in
prossimit di rilievi. Molto sensibili alla raffica sono anche i velivoli da diporto e gli ultraleggeri, a
causa del basso carico alare, mentre i velivoli veloci come i caccia sono insensibili alla raffica per il
loro elevato carico alare.

RIPARTIZIONE DELLA PORTANZA


ALA/CODA
SOLLECITAZIONI SULLA FUSOLIERA

SOLLECITAZIONI SULLALA

Modelli per lanalisi strutturale:

SEMIGUSCIO IDEALE
Il modello del semiguscio ideale un modello matematico in cui viene tradotto il sistema fisico ai
fini di giungere a considerazioni di tipo numerico sia per quanto riguarda il calcolo delle tensioni
interne alla nostra struttura, sia per quanto riguarda il calcolo degli spostamenti di un punto della
struttura sotto determinati carichi.
La costruzione di un modello matematico ci impone la necessit di inserire delle semplificazioni
rispetto al modello reale al fine di ridurre le incognite del problema per renderlo risolvibile. Nella
risoluzione delle strutture a semiguscio si abbandona lidea dello stato di tensione caratterizzato in
ogni punto da 6 componenti distinte ma si va a considerare che le uniche componenti non nulle
siano quelle contenute nel piano medio del guscio.

Inoltre si va ad introdurre una ulteriore semplificazione facendo lassunzione che i pannelli siano
solamente sollecitati da tensioni taglianti mentre i correnti siano sollecitati solamente da uno
sforzo normale.

Queste approssimazioni, se in parte giustificate nella modellizzazione dei correnti, non sono del
tutto veritiere per quanto riguarda la modellizzazione dei pannelli.

Vedremo, infatti, che i pannelli daranno un loro contributo anche nel sopportare tensioni normali
oltre che a sopportare tensioni taglianti, questo fenomeno rischia di falsare i nostri calcoli facendoci
sottostimare leffettiva resistenza a flessione della struttura.
Vediamo come il risultato della modellizzazione sopra esplicata sia un insieme di aree
concentrate, rappresentanti i correnti e le solette dei longheroni, (che saranno le aree resistenti allo

sforzo normale) e di pannelli che saranno sede dei flussi taglianti.


LIPOTESI DEL SEMIGUSCIO IDEALE PER ESSERE APPLICABILE RICHIEDE CHE
LE AREE DEI CORRENTI E DELLE SOLETTE ABBIANO DIMENSIONI MOLTO PIU
GRANDI DELLO SPESSORE DEI PANNELLI

Modellizzazione a semiguscio ideale di una struttura alare

Struttura alare in materiale composito di un aereo civile moderno

Esempi di strutture a semiguscio di velivoli

PANNELLO INTEGRALE

ATTACCO A SFORZI DILUITI

TEORIA DEL SEMIGUSCIO IDEALE


La struttura viene scomposta in una parte resistente a flessione (pi in generale a sforzi normali) e
in una parte resistente a taglio e torsione.
Struttura reale

scomposta in

una sezione resistente a flessione e

in una sezione resistente a taglio-torsione

Metodo classico.
Questo metodo ci consentir di definire le sollecitazioni interne alla struttura a partire dal modello
trave di Eulero-Bernoulli.

La tecnica in esame ci permetter innanzitutto di andare a determinare gli sforzi assiali andando ad
applicare i risultati della teoria delle travi per la flessione alle nostre aree concentrate.
Successivamente avremo la possibilit di andare a definire i flussi di taglio nei pannelli andando ad
impostare delle equazioni di equilibrio ai correnti. Data la natura iperstatica di molte strutture a
semiguscio (numero di correnti o pannelli >3) le 3 condizioni di equilibrio della sezione non
saranno sufficienti per rendere risolubile il nostro problema, perci dovremo considerare anche
altre equazioni, come illustrato nel seguito.

Andiamo a ricordare quali sono le assunzioni fatte nella teoria della trave di Eulero-Bernoulli:
- In una trave sollecitata a flessione le sezioni rimangono piane.
- Le sezioni di una trave sollecitata a flessione rimangono perpendicolari alla normale.

Queste due approssimazioni ci permettono di andare a definire gli sforzi assiali che si sviluppano
nei correnti di una struttura a semiguscio, altrimenti avremmo infinite incognite.

Teoria della flessione per il semiguscio ideale


Si consideri una struttura a semiguscio abbastanza allungata, come lo sono le strutture delle ali dei
piani di coda e della fusoliera, in modo che possa essere schematizzata con il modello trave di
Eulero-Bernoulli. Diversamente da quanto gi visto dagli studenti, qui si ha una struttura resistente
a flessione discreta, nel senso che costituita da una distribuzione di aree isolate costituite dalle
aree dei correnti e dei longheroni (e della aree collaboranti dei pannelli), cio dei soli componenti
resistenti a flessione, concentrate nei rispettivi baricentri. Questo non comporta nessuna variazione
essenziale, tranne per il fatto che momenti statici e dinerzia che intervengono nel modello trave si
calcolano per una distribuzione discreta di aree, invece che per una continua (si vedano i richiami di
statica delle aree alla fine del capitolo). Quindi gli integrali coinvolti sono sostituiti da semplici
sommatorie.
Si richiamano le equazioni coinvolte nella flessione del modello trave di Eulero-Bernoulli,
dapprima senza specializzarle per una distribuzione di aree discrete. Si consideri una generica
sessione non simmetrica di una trave, che sia riferita rispetto ai propri assi baricentrici x, y (il primo
calcolo proprio quello della posizione del baricentro) e sollecitata a flessione
Il modello trave di Eulero-Bernoulli (che in quanto modello intende approssimare la realt
cogliendo gli aspetti essenziali e tralasciando i dettagli) si basa sull idea che le sezioni ruotino a
causa della flessione rimanendo piane. Questa ipotesi risulta valida per le sezioni piene e per quelle
cave chiuse, mentre risulta una approssimazione per le sezioni aperte, che hanno una maggiore
tendenza a svergolarsi. Lo svergolamento produce delle distribuzioni delle tensioni diverse da
quelle previste ipotizzando la sezione piana, che si devono calcolare con modelli strutturali
maggiormente complessi. Il modello trave pertanto fornisce informazioni
approssimazione, che dovranno essere migliorate ricorrendo ad altre teorie.

di prima

Se andiamo a considerare un punto generico di una trave, vediamo che la sua deformazione lungo la
direzione assiale dipende dalla sua posizione rispetto allasse neutro. Si ricorda che lasse neutro
lasse intorno a cui la sezione ruota, secondo il modello trave di Eulero-Bernoulli; la rotazione delle
sezione dovute alla flessione induce un allungamento delle fibre, o un accorciamento, che cresce
con la distanza dallasse di rotazione e che costituisce la deformazione. Poich secondo la teoria
dellelasticit, tale deformazione produce delle tensioni, se ne deduce che sullasse neutro le
tensioni sono nulle. Questo ha una importante implicazione progettuale: il materiale resistente a
flessione deve essere periferico, perch a cavallo dell asse neutro non sarebbe sollecitato e quindi
contribuirebbe solo ad aumentare il peso senza contribuire alla resistenza. Anche per questo motivo
le strutture dei velivoli sono sottili e disposte solo perifericamente.
Poiche il modello trave di Eulero-Bernoulli descrive la cinematica della deformazione come una
rotazione piana rigida, possiamo quindi andare ad esprimere la deformazione longitudinale come:

z = ax + by
che mette bene in evidenza come sullasse neutro (che passa per il baricentro) non si verifichino
deformazioni essendo x=y=0. Dalla legge di Hooke per i corpi elastici (isotropi, quali lo sono i
metalli)

z = E z

si ottiene la tensione indotta dalla flessione come

z = E a x + E b y
avendo adottato la notazione semplificata, ovvero

z = k1 x + k 2 y
Ora non ci resta che andare a determinare i valori delle costanti k1 e k2 andando a mettere in
relazione il valore del momento esterno applicato con il valore delle tensioni interne createsi:
M =
x

My =

y dA = k xydA + k y dA = k J
2

1 xy

x dA = k x dA + k xydA = k J
2

+ k2 J x

1 y

+ k 2 J xy

ora se andiamo a risolvere il sistema nelle due incognite k1 e k2 otteniamo i valori da sostituire.
Effettuando la sostituzione si ottiene la seguente espressione finale degli sforzi assiali dovuti alla
flessione:

z =

M y J x M x J xy
M J M y J xy
x+ x y
y
2
J x J y J xy
J x J y J xy2

Tale equazione detta formula della flessione deviata, ed utilizzabile per una terna di assi
baricentrici. Se gli assi di riferimento fossero principali di inerzia allora potremo effettuare ulteriori
semplificazioni. Infatti, una delle propriet fondamentali di una terna di assi di riferimento
principale di inerzia di avere i momenti centrifughi nulli, se andiamo a fare questa semplificazione
otteniamo una formulazione del tipo:

z =

M
Mx
y+ y x
Jx
Jy

chiamata formula della flessione retta.

La verifica a flessione di una sezione (nel progetto si ipotizza, sulla base dellesperienza, una certa
configurazione strutturale e se ne effettua un primo dimensionamento, che viene poi verificato con i
calcoli) comporta il calcolo del baricentro, dei momenti dinerzia rispetto a una coppia di assi
ortogonali baricentrici qualsiasi individuati come x e y (che in generale non sono principali dinerzia
a meno che vi siano simmetrie o antisimmetrie, gli assi di simmetria/antisimmetria essendo tali) e
delle tensioni in tutti i punti della sezione. Questo per tutte le condizioni di volo sul contorno del
diagramma di inviluppo.
Si ricorda che per le strutture a semiguscio si valuta semplicemente la tensione sul baricentro di
ogni singola area, essendo costituite da aree discrete molto piccole su cui la variazione delle
coordinate x,y del tutto trascurabile. Cio si considera la tensione costante su ogni singola area
discreta. Si rammenta che la validit ai fini pratici di tutte le assunzioni appena introdotte e di quelle
che si introdurranno in seguito stata ampiamente testata e ritenuta valida nei progetti che si sono
susseguiti negli ultimi 50 anni.

Aree collaboranti.
La necessit di introdurre il concetto di aree collaboranti nasce dal fatto che nelle approssimazioni
fatte nella creazione del modello a semiguscio si assunto che i pannelli non siano in grado di
sopportare degli sforzi normali.
Se andiamo a vedere il comportamento di un pannello a compressione, vediamo che dagli studi
teorici abbiamo un valore detto cr, oltre al quale si instaurano dei fenomeni di instabilit. Oltre a
questo valore basta una piccola perturbazione per fare insorgere dei fenomeni di instabilut che
fanno s che la piastra non possa sopportare carichi maggiori.
Possiamo andare a quantificare la grandezza del valore della cr (sar spiegato meglio nel seguito il
significato e le tecniche con cui si calcola tale valore; qui si propone una sintesi operativa):
s 2
b

cr = K E

Nellequazione precedente vediamo apparire tra parentesi le grandezze geometriche del pannello:
con s indichiamo lo spessore, mentre con b indichiamo la lunghezza del lato caricato; inoltre
vediamo apparire il modulo elastico E, e il fattore K che varia secondo le condizioni al contorno
applicate al pannello (vedasi grafico riportato nel seguito che ne fornisce i valori a seconda della
forma del pannello, indicata dal rapporto a/b della lunghezza dei suoi lati e dai vincoli applicati sul
contorno).

Dalle osservazioni pratiche si per visto che i pannelli sono in grado di sopportare carichi ben
maggiori della cr , questo fenomeno e dovuto al fatto che la presenza del vincolo, al momento
dellinstaurarsi dei fenomeni di instabilit, fa nascere delle sollecitazioni normali al lato scarico che
vanno a innalzare i valori di carico massimo ammissibili per il pannello, come sar spiegato nel
seguito.
Negli esperimenti si osserva che la parte centrale del pannello va effettivamente in instabilit a
carichi relativamente modesti, ma una striscia a contatto con il vincolo risente della presenza del
vincolo stesso che ne aumenta la rigidezza.

Distribuzione degli stress nei pannelli considerando le aree collaboranti

Ora dobbiamo cercare di quantificare la larghezza della fascia collaborante in modo da poterne
tenere conto nei nostri calcoli.
Possiamo andare a prendere lequazione precedente ed imporre come cr il valore del limite di
utilizzo del materiale perci 02 , e come lunghezza del lato caricato due volte la larghezza della
striscia collaborante, in questo modo possiamo esplicitare proprio la quantit che stiamo cercando:

02

s
= K E

2 lsc

lsc = s

E
K

02
4

Definita la striscia collaborante per i pannelli soggetti a compressione possiamo andare ad


analizzare i pannelli sottoposti a trazione, in questo caso vediamo che non insorgeranno fenomeni di
instabilit perci tutto il pannello lavorer a trazione. Questo fa s che possiamo considerare come
striscia collaborante la semi lunghezza del rivestimento ad entrambi i lati di ogni area collaborante.

Si rileva dal grafico il valore di K in funzione delle condizioni di vincolo e del rapporto di forma a/b
del pannello. Poich quando si effettuano calcoli con le metodologie di prima approssimazione qui
discusse si in una fase di avamprogetto, le dimensioni esatte dei pannelli non sono note, quindi
possono essere solo ipotizzate. Una scappatoia che offre la possibilit di valutare le aree
collaboranti in maniera approssimata ( buona pratica operare scelte conservative e cio
sottostimare le aree reali quando si deve operare in modo approssimativo per mancanza di dati)

quella di usare solo i valori asintotici, che corrispondono a dei minimi per ogni condizione di
vincolo.
Poich la posizione dellasse neutro non nota a priori, essa deve essere ipotizzata in modo da poter
decidere quali siano le aree tese e quali quelle compresse. Nel caso delle ali, questa assunzione non
comporta errori rilevanti, poich lasse baricentrico perpendicolare alla corda praticamente lasse
neutro. Infatti, si rileva che lasse neutro risulta ruotato di un paio di gradi rispetto alla corda. La
posizione effettiva dellasse neutro si pu calcolare con una procedura iterativa (bastano pochissime
iterazioni); si parte assumendo una posizione iniziale dellasse neutro, vale a dire si decide quali
aree della sezione discreta siano tese e quali siano compresse. Valutate le sollecitazioni effettive, si
effettua la correzione dellasse neutro e si ricalcolano le tensioni e si ripete. In breve si giunge a
convergenza.
Ovviamente, tanto pi sono distanti tra loro i correnti e le solette dei longheroni dai correnti, tanto
minore in percentuale la porzione di area collaborante rispetto alla larghezza del pannello.
Riducendo opportunamente la dimensione del pannello tra due correnti, o tra correnti e solette, si
pu rendere collaborante lintera larghezza del pannello. Questo quanto viene fatto con i pannelli
integrali (vedasi figura a pagina 67); dal punto di vista delle aree collaboranti risulta dunque
strutturalmente pi efficiente distribuire larea resistente a flessione su molti punti, piuttosto che
concentrarla in pochi. Inoltre, coi pannelli integrali, si ha uno spessore di parete intrinsecamente
maggiore e quindi minori rischi che i pannelli, ora molto stretti e spessi vadano in instabilit. Dal
punto di vista della modellizzazione, strutture di questo tipo si allontanano dallipotesi del
semiguscio ideale, che richiede pannelli sottili e aree spesse, quindi i calcoli strutturali devono
essere fatti con altri modelli (ad esempio gli elementi finiti trattati nel seguito).

Teoria del taglio per il semiguscio ideale


Nel seguito si far uso della notazione semplificata, indicando con la tensione tangenziale
risultante sulla faccia perpendicolare a z della trave che costituisce la nostra sezione, le cui
componenti sono x e y , cio 2 = x + y .
2

Dopo aver definito gli sforzi assiali in funzione del momento flettente con la teoria della flessione
del semiguscio, andiamo a vedere quali sono gli sforzi di taglio ad essi correlati, che agiscono sui
pannelli, nel modello trave di Eulero-Bernoulli.
In realta, cosa assurda, nel modello trave di Eulero-Bernoulli la tensione tangenziale non esiste
proprio a causa della cinematica della deformazione assunta, ma la si pu recuperare (in una forma

approssimata, visto che non entra nellenergia di deformazione elastica, come invece dovrebbe nella
realt, anche se comunque valida ai fini pratici) facendo equilibri di conci isolati dalla trave come
sar illustrato.
Consideriamo una trave a semiguscio, in equilibrio sotto un sistema di carichi, e isoliamone un
tronchetto di lunghezza infinitesima dz. Poich tale tronchetto fa parte di una trave in equilibrio,
esso stesso deve essere in equilibrio; pertanto le forze esterne (carichi distribuiti) e le forse e i
momenti interni (taglio e momento flettente) devono essere in equilibrio. Lo schema delle forze e
dei momenti agenti sul tronchetto il seguente:

Da tale schema risulta che per lequilibrio deve verificarsi al primo ordine che

Si isoli ora un tronchetto elementare ottenuto sezionando con un piano perpendicolare alla sezione
trasversale il tronche lungo dz fino ad ora considerato. Si definisca con

il flusso dello sforzo di taglio uscente o entrante dalla linea b che si rende necessario per equilibrare
gli sforzi normali, d z (qui z si semplifica ulteriormente in )

dovuti alla flessione che agiscono sulle facce del tronchetto

Per lequilibrio della parte del tronchetto di trave cos isolato (la parte tratteggiata) si deve verificare

dove

Poich lo spessore dei pannelli delle strutture metalliche degli aerei molto piccolo (1-2 mm), si
pu ritenere del tutto trascurabile la variazione spaziale della tensione di taglio risultante , per cui
si pu assumere q= s invece di utilizzare lintegrale. Quindi si pu scrivere:

Spostando la corda b lungo la sezione, si ottiene la distribuzione delle tensioni di taglio ad essa
perpendicolari.
Si noti che il flusso q dalle pareti laterali che definiscono il contorno della sezione comunque
nullo.
Nel caso di una sezione a semiguscio, le tensioni z agiscono solo su zone concentrate, per cui
lequilibrio del tronchetto si semplifica nel calcolo dello sforzo assiale risultante sul corrente, o
sulla soletta, invece della valutazione della risultante mediante integrazione, essendo dp=A d e
quindi q s= dp, essendo A larea del corrente o della soletta ed s lo spessore di del pannello.
Equilibrio al corrente

Vedremo che, per una sezione chiusa, non si potr scrivere tanti equilibri di questo tipo quanti sono
i correnti, perch una delle equazioni risulterebbe combinazione lineare delle altre. Questo fa si che
il nostro problema non sia risolvibile senza ricorrere a equilibri alla rotazione, cio alla teoria della
torsione del semiguscio.
Per potere risolvere il problema dobbiamo andare a sostituire unequazione di equilibrio con una
nuova equazione, questa dovr prendere in considerazione una grandezza finora non utilizzata per
potere rendere il sistema risolvibile. Questa relazione possiamo andare a trovarla prendendo in
considerazione lunico momento che ancora non abbiamo considerato: il momento torcente.
Prima di affrontare tale studio, vediamo cosa succede in una trave con sezione rettangolare piena
(quindi non una sezione a semiguscio) sottoposta a flessione.

In questo caso si ha

Quindi la distribuzione della tensione di taglio media (perch b potrebbe non essere tanto piccolo da
rendere indistinguibile da punto a punto), cio ottenuta dividendo come q/b, risulta essere
parabolica (nulla sopra e sotto e massima in mezzo)

La situazione diversa nei pannelli delle strutture a semiguscio, perch la tensione di taglio, o
il flusso che ne deriva moltiplicando per lo spessore, sono costanti, poich larea resistente a
flessione concentrata.

Secondo la teoria dellelasticit, la distribuzione delle lungo la corda della sezione rettangolare
piena variabile come indicato in figura (mentre nel semiguscio costante)

Il rapporto tra la sollecitazione massima e quella media lungo la corda dipende dal rapporto tra le
dimensioni della sezione

Dunque per le sezioni allungate nella direzione di applicazione del taglio (cio b>>a) si tende verso
la distribuzione uniforme come nel semiguscio.
In una sezione a doppio T, lo sforzo di flessione disposto a farfalla (quindi anche lanima
contribuisce a flessione, cosa che non succede nei semigusci), mentre lo sforzo di taglio
prevalentemente concentrato nellanima

Teoria della torsione per il semiguscio ideale


Si consideri una trave sollecitata a torsione, avente una sezione cava e chiusa di forma generica:

Pi specificamente, se ne consideri un tronchetto di lunghezza dz, sollecitato sulle sue basi, cio le
due sezioni che lo delimitano, da due coppie torcenti Mt , uguali e opposte
Si ipotizza che tutte le sezioni si mantengano piane, mentre il tronchetto ruota sotto lapplicazione
delle coppie, anche se questo vero solo per sezioni circolari cave o piene. Il che equivale a dire
che si trascurano gli effetti che lingobbamento delle sezioni produce a livello di tensioni, Questo
significa che si ipotizzano le sezioni libere di ingobbarsi, cio di deformarsi fuori dal piano, mentre
la forma della sezone trasversale rimane inalterata.
Nella realt questo succede solo se sono presenti delle centine, come il caso delle strutture
aeronautiche a semiguscio, poich esse non intervengono direttamente nella resistenza a torsione,
ma mantengono la forma trasversale delle sezioni, lasciandole libere di ingobbarsi.
Infatti, la centina rigida nel suo piano, ma estremamente flessibile nella direzione trasversale,
essendo costituite da un sottile foglio di lamiera. Dove il libero ingobbamento impedito, si
generano delle tensioni in direzione assiale z , che sollecitano il materiale, ma che non
intervengono nellequilibrio torsionale, essendo perpendicolari alla sezione. In altri termini, solo le
tensioni tangenziali sul piano delle sezioni, x e y e la cui risultante , intervengono nella
torsione. Poich le tensioni z non hanno effetto sullequilibrio a torsione come se le aree
resistenti a tale tensione, cio le solette dei longheroni e i correnti, fossero assenti. Quindi le sole
aree che interessano la torsione sono solo quelle dei pannelli.
Poich, per lequilibrio, le non possono esistere in direzione perpendicolare alle linee interna ed
esterna della sezione, queste come se delimitassero un canale allinterno del quale fluiscono le

(analogia idrocinetica). Come conseguenza, in ogni corda dovr passare lo stesso flusso q, quindi,
variare dello spessore, si avr una variazione in proporzione inversa della (cio dove lo spessore
diminuisce la aumenta e viceversa).
La che fluisce nella sezione produce un momento torcente rispetto a un polo generico O. Per
valutare tale momento, consideriamo un tratto di pannello di lunghezza dl, assumendo che l
rappresenta lascissa curvilinea della sezione.
Prima di procedere, si puntualizza che tutto ci che segue e che noi vediamo applicato a una sezione
a semiguscio chiusa di forma qualsiasi, valida (dal punto di vista del momento generato dal
flusso) anche per un pannello isolato, vale a dire una qualsiasi lamiera, curva o piana, sede di flusso.

La differenza tra un pannello e una sezione chiusa, come sar evidenziato nel seguito, legata al
punto di applicazione dellazione che ha causato il flusso.
PRIMA FORMULA DI BREDT

Il flusso che agisce sul tratto curvo lungo dl genera una forza il cui modulo pari a
q dl = s dl

e che diretta secondo la tangente al punto medio del tratto dl (essendo un tratto infinitesimo la
tangente unica, non come nel caso disegnato in figura che, dovendo avere dimensione finita, ha
tangente diversa da punto a punto).

Questa forza genera un momento rispetto al polo pari a


dM=r q dl t

dove per indicare le grandezze vettoriali si usato il grassetto, rappresenta il prodotto vettore, r
il raggio vettore e t il vettore tangente alla linea l. Dalla regola della mano destra per la
composizione vettoriale, o a chi piace la matematica, dal determinante che rappresenta il prodotto
vettoriale, risulta che il vettore dM perpendicolare sia a r che a t, cio perpendicolare alla
sezione, quindi costituisce un momento torcente che con i versi adottati in figura orario.
Integrando sullintera sezione, si viene a determinare il momento torcente risultante applicato alla
sezione:

M=

dM =

r q dl t

Si osserva che r dl t = 2 d rappresenta il doppio dellarea d di un triangolo elementare (area


con segno che dipende dal segno del prodotto scalare r t; se muovendosi sullascissa curvilinea l
della sezione r ruota nello stesso senso larea positiva), che a integrazione effettuata, rappresenta

larea racchiusa dalla linea mediana della sezione. Si ottiene quindi la seguente espressione del
modulo della momento torcente per una sezione chiusa
M= 2 q
che nota come prima formula di Bredt (si ribadisce che vale solo per sezioni chiuse). Possiamo
definire i flussi come equivalenti, se attribuiamo loro il significato di rappresentare leffetto del
momento torcente applicato M, oppure come equilibranti (che avrebbero il segno opposto) per
rappresentare lazione che equilibra il momento torcente applicato alla sezione. Sono distinti solo da
un segno, ma importante definire quale esso sia nei calcoli. Come si vedr nelle applicazioni,
definiremo la natura dei flussi incogniti a priori, cio se equilibranti o equivalenti, supponendo dei
versi arbitrari, quindi i calcoli forniranno un segno che ci indica se i flussi sono effettivamente
rivolti come da noi ipotizzato, o se sono al contrario; come evidente, importante che siano tutti
coerenti e cio tutti equilibranti o tutti equivalenti, altrimenti non sapremmo mai come sono
effettivamente diretti.
La prima formula di Bredt ci dice che il flusso generato da un certo momento torcente tanto
minore quanto maggiore larea racchiusa dalla linea media della sezione. Risulta che il flusso in
una sezione chiusa costante (d'altronde la prima formula di Bredt fornisce un solo flusso) ma la
sollecitazione

inversamente proporzionale allo spessore, essendo q= s. Come ovvia

conseguenza, in una sezione costituita da lamiere con spessore diverso, risultano maggiormente
sollecitate le lamiere sottili.

Una interessante conseguenza della prima formula di Bredt che la migliore sezione chiusa in
parete sottile per resistere a torsione la sezione circolare cava, poich a parit di perimetro (il che
significa a parit di peso, il volume del materiale essendo dato dal prodotto del perimetro per lo

spessore) racchiude la maggiore area interna alla linea media. Purtroppo non possiamo costruire ali
di forma cilindrica, vista la loro primaria funzione aerodinamica.
Nello schema a semiguscio ideale, le sezioni aperte sono del tutto incapaci di resistere a torsione
perch il flusso di taglio che si instaura in esse non pu che avvenire allinterno della sezione,
racchiudendo un area infinitesima rispetto a quella interna di una sezione chiusa nel caso reale,
nulla nello schema a semiguscio:

Nel caso di una sezione circolare cava

la sezione utile per resistere a torsione quella racchiusa dalla linea media, quindi tutta laera del
cerchio quando la sezione chiusa, mentre diviene la sola area della parete, cio 2 R s nel caso
che sia aperta. Applicando una coppia torcente anche molto piccola a una sezione aperta, la struttura
ruota deformandosi a elica con angoli molto grandi, mentre quella chiusa ruota di una quantit
infinitesima invisibile. Per questo le sezioni aperte sono considerate incapaci di resistere a torsione
ai fini pratici nella teoria del semiguscio ideale.

SECONDA FORMULA DI BREDT

Considerata la funzione aerodinamica delle strutture aeronautiche, molto importante valutare la


rotazione subita a seguito dellapplicazione di coppie torcenti. Si ricorda che lala essendo
comunque sollecitata da un momento torcente di natura aerodinamica di entit rilevante, potrebbe
cambiare la sua incidenza deformandosi a torsione, cosa che potrebbe vanificare leffetto utile
ricercato, cio la portanza con una voluta efficienza aerodinamica, o peggio creare problemi
aeroelastici, quali linversione dei comandi o il flutter, con effetti distruttivi.
Poich langolo di rotazione relativo delle sezioni estreme di una struttura sollecitata a torsione (nel
caso delle ali una sezione vincolata, essendo collegata alla fusoliera, laltra libera di ruotare)
dipende dalla lunghezza della struttura, dobbiamo riferirci al gradiente di rotazione d /d z , cio
alla rotazione relativa subita da sezioni a distanza infinitesima, al fine di valutare la deformabilit
intrinseca di una sezione.
Per il calcolo della deformazione torsionale possiamo servirci del Principio dei Lavori Virtuali.
Quindi dovremo considerare la struttura reale (un tronchetto lungo dz, per semplicit di notazione
qui assunto unitario, visto che questo non cambia il risultato) nelle effettive condizioni di carico e la
stessa struttura sollecitata da una coppia esplorativa unitaria. Il sistema a sinistra dei carichi reali
rappresenta la deformata effettiva, quindi rappresenta il sistema congruente. Quello di destra, il
sistema esploratore, rappresenta un sistema equilibrato. Per il principio dei lavori virtuali, il lavoro
compiuto dal sistema equilibrato esploratore sulle deformazioni del sistema reale congruente dovr
essere nullo. Azzerando il lavoro come detto, otterremo una espressione che definisce /d z.

Il calcolo dei lavori virtuali esterno (cio dei carichi applicati sugli spostamenti o rotazioni dei punti
di applicazione) ed interno (cio delle tensioni sulle deformazioni) coinvolge il sistema esplorativo,
le tensioni che esso genera, le deformazioni ad esso associate e quelle reali.

Il lavoro interno coinvolge la variazione del flusso q nel volume infinitesimo; poich esso deve
essere costante allinterno della sezione, potr variare solo secondo z, ma tale variazione non potr
essere rilevata nel tratto di lunghezza infinitesima dz da noi considerato.
Il lavoro virtuale interno, coinvolgendo solo le tensioni tangenziali, si esprime come lintegrale
volumico (che per quanto detto coinvolge quantit costanti in z, che quindi sono ininfluenti e per
questo il tratto stato assunto di lunghezza unitaria) del prodotto

delle per le rispettive

deformazioni tangenziali , esistendo tra le due quantit la relazione =G (nellipotesi di


materiale elastico e isotropo per cui vale G=E/2(1+ ) tra i moduli elastico lineare E e tangenziale
G). Nel caso specifico, lespressione del lavoro virtuale interno coinvolge le deformazioni

tangenziali reali e quindi congruenti c e le tensioni del sistema esplorativo e :

Li =

e c dv

dove il volume elementare espresso come dv= dl s. Si effettuano le seguenti sostituzioni: e =qe/s,

c =qc/sG. Il lavoro virtuale esterno Le si esprime come il prodotto della coppia unitaria per la
c

rotazione c , che si sostituisce come (d c /dz) dz= dz= essendo dz=1


c

Le=

Uguagliando le espressioni di Le e Li , si ottiene


c

qe qc
sdl
s sG

Applicando la prima formula di Bredt (che vale solo per sezioni chiuse) si ottiene q c =1/2 e
quindi la seguente espressione del gradiente di rotazione (di sezioni chiuse)
c

qe
=
2G

dl
s

che nota come seconda formula di Bredt. A questo punto gli apici c ed e sono irrilevanti,
rappresentando il gradiente di torsione della struttura reale, che certamente congruente e i flussi in
essa generati, che sono certamente equilibrati con il momento torcente applicato (od equivalenti,
cambiandone segno).
Nel caso di sezioni costituite da lamiere con spessore differente, come nella maggior parte delle
realizzazioni pratiche, lintegrale si sostituisce ovviamente con una sommatoria.

Nel caso pi generale di sezioni a pi celle, o per il calcolo del gradiente di torsione di sezioni
(chiuse) sollecitate a taglio e torsione, cio non sollecitate semplicemente da una coppia torcente
pura, si applica ancora la seconda formula di Bredt, ma si deve considerare che esistono flussi
diversi nei diversi pannelli che pertanto devono essere inseriti dentro lintegrale o la sommatoria:

1
2G

qi li
si

dove si utilizzato lindice i per identificare le quantit riferite al generico pannello che costituisce
la sezione resistente.
Nellanalisi di sezioni chiuse utilizzeremo la prima formula di Bredt per calcolare il singolo flusso
agente quando avremo una sezione monocella e, in generale, per esprimere un equilibrio alla
rotazione di una sezione chiusa qualsiasi (mono o pluricella).
La seconda formula di Bredt serve invece a quantificare la rotazione dovuta alla torsione di una
sezione chiusa, mettendola in relazione con la rigidezza torsionale G, larea sottesa e il flusso. Ma ci
utile anche nelle sezioni a pi celle. Infatti, per garantire la congruenza, cio continuit del nostro
corpo e per impedire compenetrazioni, dovremo andare ad imporre che il gradiente di torsione sia
uguale per tutte le celle. In questo modo avremo una nuova equazione per ogni cella supplementare
che ci permette di calcolare i flussi, rappresentando ogni cella supplementare una incognita
iperstatica ai fini del calcolo dei flussi con la sola prima formula di Bredt (vedasi esercizi risolti sul
semiguscio per i dettagli).
SEZIONE CIRCOLARE PIENA E RETTANGOLARE PIENA

Per completezza, e anche perch i risultati per la sezione rettangolare si possono estendere, almeno
in prima approssimazione, per calcolare la rigidezza torsionale e Lecint il gradiente di rotazione a
torsione di strutture a semiguscio aperte, o meglio di strutture aperte realizzate con pannelli sottili,
si riportano sommariamente i risultati delle teoria dellelasticit per questi due casi.
Si ricorda comunque che la rigidezza torsionale delle sezioni aperte molto limitata, per cui nelle
strutture degli aerei si cerca, quando possibile, di chiudere i vani di accesso nel senso che si crea un
vano, ma si ripristina la continuit della struttura intorno ad esso (come ad es. il vano per
lalloggiamento dei carrelli retrattili nelle ali), in modo da ripristinare la continuit della struttura,

perdendo solo una porzione dellarea resistente a torsione, invece che trasformare la sezione da
chiusa in aperta.

Consideriamo una sezione circolare piena sollecitata a torsione da coppie pure e la sua cinematica
della deformazione:

In questo caso le sezioni ruotano una rispetto allaltra rimanendo piane, mentre la generatrice si
deforma in unelica circolare. Ovviamente se la porzione considerata di lunghezza infinitesima,
lelica pu essere assimilata ad una retta. Poich le sezioni ruotano senza ingobbarsi, la sola
sollecitazione agente la tensione tangenziale , che genera uno scorrimento . Trattandosi di una
rotazione rigida, la tensione e lo scorrimento sono nulli sullasse di rotazione e crescono in
proporzione alla distanza da esso. Le linee iso-stress e iso-deformazione sono rappresentate da
superfici cilindriche, aventi valori massimi al bordo. Nel caso di piccole deformazioni (si rammenta
che a contingenza, cio in condizioni di volo, le strutture devono essere elastiche, quindi le
deformazioni sono comunque piccole e devono scomparire quando si tolgono i carichi, mentre a
robustezza la struttura deve resistere solo 3 secondi prima di cedere) lo scorrimento si calcola dalla
lunghezza dellarco A-B, calcolato sulla faccia e sulla generatice:
R d = dz

Poich = d / dz , si scrive

Poich per un materiale isotropo =G , il momento delle distribuite linearmente sulla faccia,
rispetto al centro di rotazione, coincidente con il centro della sezione circolare, si calcola
R

M=

r dr d

da cui definendo Jp= r 2 d ed essendo d = 2 r dr , si ottiene

M r
Jp

da cui si deduce lespressione del gradiente di torsione

M
GJ p

La sezione rettangolare, a differenza di quella circolare si ingobba durante la torsione.

Permettendo alle sezioni di ingobbarsi liberamente, anche in questo caso la sollecitazione


costituita dalle sole tensioni tangenziali , ma i raggi non restano rettilinei, cio langolo formato
tra due direzioni qualsiasi sulla faccia cambia e la distribuzione delle non pi lineare. Inoltre, la
tensione tangenziale massima nel punto medio del lato pi lungo

dove vale

M
ab 2

In questo caso il gradiente di torsione si esprime

M
Gab 3

essendo

Jt =

ab 3

Il modulo di rigidezza torsionale che sostituisce Jp. Questo risultato viene utilizzato per calcolare in
prima approssimazione la rigidezza torsionale G Jt delle sezioni aperte costituite da un insieme di
pannelli sottili, come somma delle rigidezze dei singoli pannelli calcolate come se fossero dei
rettangoli molto allungati. I valori di e si ricavano dalla seguente tabella o dalla figura

DIVENTA
PANNELLO CURVO SEDE DI FLUSSO COSTANTE

Un pannello curvo sede di un flusso di taglio un componente strutturale di una sezione a


semiguscio, che noi abbiamo isolato dal resto della struttura. In quanto tale, esso deve essere in
equilibrio; quindi per noi rappresenta una sezione aperta sede di un flusso di taglio. Poich il flusso
(costante lungo il pannello) rappresenta una forza elementare per unit di lunghezza, il pannello
sede di una forza (forza nera)

che si ottiene componendo le forze elementari distribuite ottenute moltiplicando il flusso per
porzioni infinitesime dellascissa curvilinea del pannello, che costituisce uno sforzo di taglio. Tale
sforzo, che pu essere interpretato come equilibrante o equivalente, in base alla definizione dei
flussi, dovr rappresentare lazione di sforzi (cio risultanti di forze) applicati alla sezione a
semiguscio di cui il pannello parte, o essere in equilibrio con essi, rispettivamente.
Il pannello curvo sede di flusso, in quanto sezione aperta non in grado di resistere a torsione
nellambito della teoria del semiguscio ideale. In realt ha una scarsissima resistenza a torsione che
risulta del tutto trascurabile ai fini pratici, la sua rigidezza torsionale essendo quella di un rettangolo
allungato ottenuto appiattendo nel piano il pannello. Per la sua incapacit di resistere a torsione,

occorre che la risultante delle forze esterne, quando si considera il pannello isolato, sia applicata in
un punto specifico (forza rossa). Lequilibrio alla traslazione essendo automaticamente soddisfatto
dalla composizione delle forze elementari dovute ai flussi, occorre assicurare solo lequilibrio alla
rotazione. Questo lo si ottiene con la prima formula di Bredt (anche se la sezione aperta: infatti
qui stiamo solo applicando lo stesso equilibrio che origina la formula di Bredt, ma non le
attribuiamo il senso che ha nel definire il flusso in una sezione chiusa). Se chiamiamo la forza
risultante (forza rossa) T avremo che per lequilibrio alla rotazione la sua retta dazione dovr
trovarsi ad una opportuna distanza b da un polo qualsiasi O utilizzato per scrivere lequilibrio alla
rotazione
T b -2 q =0

Da cui si calcola b, avendo inteso il flusso in figura come equivalente (cio che origina T) e quindi
q come il flusso equilibrante, cio che equilibra T alla traslazione. La posizione della forza rossa
cos determinata quella che non sottopone il pannello a torsione, quindi lunica possibile nella
teoria del semiguscio ideale (la stessa della struttura reale vista la scarsissima resistenza a torsione)
Questo discorso prelude al calcolo del centro di taglio affrontato qui di seguito.

Centro di taglio delle sezioni a semiguscio


Come le sezioni circolare e rettangolare, che ruotano attorno al loro centro a seguito
dellapplicazione di un momento torcente, anche le sezioni a semiguscio (chiuse o aperte) ruotano
intorno a un punto, che viene chiamato centro di taglio. Questo significa che se si applica uno
sforzo di taglio sul centro della sezione circolare, o rettangolare, o sul centro di taglio delle sezioni a
semiguscio, tali sezioni non ruotano. Poich ci significa che il gradiente di torsione nullo, si
sfrutta la definizione di tale gradiente fornita dalla seconda formula di Bredt per determinare la
posizione del centro di taglio delle sezioni a semiguscio, come illustrato di seguito.
Si precisa che il calcolo del centro di taglio essenziale per le sezioni aperte, in quanto esse non
devono essere sollecitate a torsione. Pertanto bisogna applicare solo forse (il che significa tagli)
passanti per, o sul centro di taglio. Le sezioni chiuse, che invece possono resistere agevolmente a
torsione, possono essere caricate al di fuori del centro di taglio. In tal caso, il centro di taglio serve
per definire i punti intorno a cui ruotano le singole sezioni e lentit del momento torcente, che pu
essere valutato conoscendo il punto di applicazione delle forze e la posizione del centro di taglio.

Le equazioni che si utilizzano sono le seguenti; viene applicato dapprima un taglio esploratore
orizzontale, determinando la coordinata verticale del centro di taglio; poi separatamente, si applica
un taglio esploratore verticale
SEZIONI APERTE

equilibri alla traslazione dei correnti;


equilibrio alla rotazione della sezione introno ad un polo qualsiasi, (i) assumendo
separatamente prima un taglio esploratore orizzontale (di intensit qualsiasi, perch la
posizione del centro di taglio non dipende dallentit del taglio esploratore) ottenendo la
coordinata verticale del centro di taglio dallequilibrio alla rotazione e poi (ii) un taglio
orizzontale, riscrivendo lequilibrio alla rotazione per ottenere la coordinata orizzontale del
centro di taglio.
SEZIONE CHIUSA MONOCELLA

supponendo che la sezione abbia n correnti, si scrivono n-1 equilibri alla traslazione dei
correnti, lequilibrio n-esimo essendo combinazione lineare dei precedenti;
si impone un equilibrio alla rotazione della sezione rispetto a un polo qualsiasi;
si impone lannullamento del gradiente di torsione; queste equazioni si utilizzano
separatamente con un taglio esploratore prima orizzontale e dopo, separatamente, con un
taglio esploratore verticale.
SEZIONE CHIUSA A PIU CELLE

Si scrivono le stesse equazioni della sezione monocella e si aggiunge una o pi equazioni di


congruenza (se ci sono m celle si impongono m-1 equazioni di congruenza), imponendo (a
due a due) che il gradiente di torsione di una cella sia uguale a quello della cella attigua. Il
tutto sempre prima con un taglio esploratore orizzontale e poi, separatamente, verticale. Ad

esempio nel caso di una sezione a 2 celle, si impone che 1 = 2 . Da questo discorso si
deduce che il grado di iperstaticit di una sezione a m celle m-1.

Se esistono simmetrie o antisimmetrie nella distribuzione dei pannelli (non importa se le aree dei
corrsnti sono simmentriche o antisimmetriche per il calcolo del centro di taglio) il centro di taglio si
trova sugli assi di simmetria o antisimmetria. Ad esempio, se esistesse un asse di simmetria
verticale, sarebbe necessario determinare la posizione verticale del centro di taglio su tale asse,

utilizzando un taglio esploratore orizzontale. Viceversa se esistesse un asse di simmetria


orizzontale. Se invece esistono due assi di simmetria o antisimmetria, il centro di taglio si trova
sulla loro intersezione.

ESERCIZI SUL SEMIGUSCIO


RICHIAMI DI STATICA DELLE SUPERFICI
Consideriamo una sezione alare schematizzata come semiguscio ideale che sia riferita a un generico
sistema di assi cartesiani ortogonali , del tutto generici:

Le coordinate del baricentro, G, delle aree resistenti a flessione si calcolano con le formule:

Le tensioni nelle varie aree si calcolano con le formule della teoria della flessione del semiguscio
dopo aver applicato un sistema di assi ortogonali x,y nel baricentro. I momenti dinerzia rispetto a
questo secondo sistema si calcolano come:

Lorientazione degli assi principali dinerzia si calcola ruotando il sistema di assi baricentrico x,y di
un angolo opportuno, , che si calcola come segue. Si indichi il sistema degli assi principali
dinerzia con x1 , y1 . Dalla relazione tra x,y e x1 , y1

si ricava langolo imponendo lazzerarsi del momento dinerzia centrifugo

ottenendo

STRUTTURE RASTREMATE
Poich le sollecitazioni non sono le stesse dappertutto, occorre dimensionare diversamente le varie
parti al fine di limitare il peso delle strutture. Nel caso delle ali, le massime sollecitazioni
evidentemente si verificano nella zona di attacco con la fusoliera, dove sono massimi il momento
flettente e torcente e lo sforzo di taglio. Se si prescinde da effetti locali dovuti ad aperture, forze
concentrate rilevanti, bruschi cambiamenti di sezione ecc., che richiedono irrobustimenti localizzati,
le strutture alari si assottigliano progressivamente dalla radice allestremit. Questa rastremazione
pu essere effettuata riducendo le dimensioni dellintera sezione alare, riducendo le aree resistenti
(correnti e pannelli) o riducendo il numero di correnti. Qui si considera il caso di variazione delle
dimensioni dellintera struttura, che richiede una particolare attenzione come sar evidente dalle
considerazioni seguenti, mentre negli altri casi non richiesta nessuna cura particolare oltre il
considerare le dimensioni effettive in ogni sezione. Consideriamo un singolo longherone con le sue
solette e supponiamo che le aree delle solette e lo spessore dellanima non varino, poich il
problema che vogliamo affrontare si pone gi bene in evidenza. Laltezza del longherone varier

linearmente da quella maggiore vicino alla fusoliera a quella minore allestremit (longherone
rastremato in altezza).

essendo la posizione z della generica sezione intermedia di altezza h misurata a partire da sinistra,
cio dallestremit libera dellala. La componente assiale P dello sforzo dei correnti risulta essere

da cui risulta

avendo indicato con Ta la parte dello sforzo tagliante assorbita dallanima (quando il longherone
non rastremato rappresenta tutto il taglio; essa costituita dal primo addendo) e con Ts la parte
assorbita dalle solette (nulla quando il longherone non rastremato; essa costituita dal secondo
addendo). Se ne conclude che se le solette concorressero in un punto, lanima sarebbe inutile
perch scarica; se le solette fossero divergenti si aggraverebbe la solleditazione dellanima, mentre
succede il contrario quando le solette convergono. Non considerando la rastremazione, se questa
fosse presente, si sottostima lo sforzo nei correnti e si sovrastima la sollecitazione nellanima.

CALCOLO DELLE SOLLECITAZIONI DI FLESSIONE IN UNA SEZIONE ALARE

ESERCIZIO
Determinazione dei flussi di taglio, delle tensioni tangenziali a robustezza e del centro di taglio
delle due seguenti strutture a semiguscio. (z entrante nel foglio)
2

y
275

R150

s
6

q2

q3

275

q1
R150

q4

q6

q5

5
T

Si supponga poi che i correnti abbiano le seguenti caratteristiche.


s=1 mm
Corrente
Sezione S (mm2)
1
1000
2
1000
3
3000
4
3000
5
1000
6
1000
T=3000 kg (positivo).

150

Per il calcolo dei flussi di taglio necessario conoscere il gradiente di flessione applicato nelle
sezioni dei correnti, le quali resistono alla flessione. In entrambe le sezioni da studiare, la parte
resistente a flessione la stessa, quindi il gradiente lo stesso.
Si noti che lasse x (orizzontale) anche asse di simmetria della sezione e quindi asse principale di
inerzia: la retta dazione del taglio ci assicura che questo alle x un asse neutro e dalla formula di
Navier si evince immediatamente che:
M
z = x y
Jx
Per la determinazione dei flussi di taglio, siamo interessati allincremento di sforzo assiale; in un
tronchetto di trave di lunghezza dz si ha:
dM x
yi
d i z =
Jx
Il valore del momento di inerzia Jx pu essere calcolato in modo semplice:
6

J x = Si yi2
i =1

Poich per tutte le sezioni y=R=150, abbiamo che:


6

J x = R 2 Si = 2.25e8 mm 4
i =1

La relazione fondamentale per determinare il momento a partire dal taglio :


dM x = Tdz
Dalla quale possiamo subito dedurre il gradiente di sforzo normale dovuto al taglio:
d i z Tyi
=
dz
Jx
dPi z
d i z
Ty
= Si
= Si i
dz
dz
Jx
Per ogni corrente avremo i seguenti risultati (sia per la sezione aperta che per la sezione chiusa).
Jx
s
R
L
T

2,25E+08
1,00E+00
150
275
3000

CORRENTE Area
1
2
3
4
5
6

mm4
mm
mm
mm
kg
dPi/dz
[kg/mm]

yi
1000
1000
3000
3000
1000
1000

150
150
150
-150
-150
-150

2
2
6
-6
-2
-2

Noti i gradienti di sforzo assiale per ogni corrente, possibile calcolare i flussi di taglio con una
metodologia diversa tra sezione aperta e sezione chiusa.

SEZIONE APERTA

Il calcolo dei flussi di taglio per ogni pannello unoperazione piuttosto semplice; infatti
sufficiente imporre lequilibrio alla traslazione lungo lasse z dei vari correnti, con laccortezza di
considerare il principio di Reciprocit di Cauchy, secondo il quale ogni flusso nel piano x-y genera
un flusso identico in direzione z.
Per ogni corrente, allora scriviamo lequazione alla traslazione, dove i flussi e gli incrementi di
sforzo assiale sono gi stati considerati nel verso corretto.
Corrente 1
dP
q1 q2 = 1
dz
Corrente 2
dP
q 2 q3 = 2
dz
Corrente 3
dP
q3 = 3
dz
Corrente 4
dP
q5 = 5
dz
Corrente 5
dP
q 6 q5 = 5
dz
Corrente 6
dP
q1 q6 = 6
dz

Risolvendo le 6 equazioni nelle 5 incognite, abbiamo determinato pienamente il valore dei flussi di
taglio nei pannelli della sezione aperta. Infatti una equazione linearmente dipendente dalle altre.
Dal flusso, ricordandone la definizione, immediato risalire al valore della tensione di taglio nel
relativo pannello:
q = s

Poich, infine, le tensioni vengono richieste a robustezza, occorrer ancora moltiplicare il valore
cos ottenuto per il fattore 1.5.

Jx
s
R
L
T

2,25E+08
1,00E+00
150
275
3000

mm4
mm
mm
mm
kg
si intende q
che arriva su i
da i-1

CORRENTE Area
1
2
3
4
5
6

dPi/dz
[kg/mm]

yi
1000
1000
3000
3000
1000
1000

150
150
150
-150
-150
-150

q [kg/mm]
2
2
6
-6
-2
-2

10
8
6
--6
8

rob
[kg/mm2] [kg/mm2]
10
8
6
--6
8

15
12
9
--9
12

Per determinare ora il centro di taglio della struttura, occorre individuare il punto in cui possibile
applicare T senza generare un momento torcente, che la struttura, essendo aperta, non pu
sopportare. Per risolvere questultimo punto, imponiamo la condizione di equivalenza a due sistemi
di forze:
- sistema caricato con il taglio T
- sistema caricato dalle tensioni a taglio nei pannelli
Questi due sistemi devono allora generare uguale momento torcente rispetto ad un punto scelto
arbitrariamente. Ad esempio prendiamo come polo il baricentro del corrente 4; sappiamo che il
momento risultante di un sistema di tensioni distribuite dato dalla prima formula di Bredt:
M t = 2q
dove il significato dei simboli usati chiarito in figura.
Avremo quindi che:
Te = 2q11 + 2q2 2 + 2q33
e=

2q11 + 2q2 2 + 2q33


T

si intende q
che
arriva su i da
i-1

rob
dPi/dz
[kg/mm2] [kg/mm2]
CORRENTE Area yi
[kg/mm] q [kg/mm]
1 1000 150
2
10
10
15
2 1000 150
2
8
8
12
3 3000 150
6
6
6
9

[mm2]
Mt [kg mm]
117842,9174 2356858,35
41250
660000
41250
495000

4
5
6

3000
1000
1000

-150
-150
-150

-6
-2
-2

--6
8

--6
8

--9
12

--0
0
e [mm]

--0
0
1170,61945

Come prevedibile, il centro di taglio della sezione esterno ad essa ed dalla parte opposta
allapertura (vedi sezioni a C).
1

q2

q1

q3

R150
1

q6

q5

SEZIONE CHIUSA

Nella sezione chiusa non si pone pi il problema di applicare il taglio nel centro di taglio, perch la
sezione, essendo chiusa, in grado di sopportare momento torcente (Bredt). Rispetto al caso
precedente, abbiamo una incognita in pi, il flusso 4, dal corrente 3 al 4, dove prima non cera il
pannello. Possiamo quindi scrivere come prima 6 equazioni alla traslazione, ma solo n-1, cio 5,
saranno linearmente indipendenti; le incognite sono invece 6. In questo, caso quindi ci manca una
equazione per poter determinare i flussi in tutti i pannelli. Ancora una volta ricorriamo alla
equivalenze tra due sistemi di carichi:
- sistema caricato con il taglio T (con il braccio ora noto)
- sistema caricato dalle tensioni a taglio nei pannelli
Le equazioni alla traslazione dei correnti sono, analogamente a quanto fatto per la sezione aperta:
Corrente 1
dP
q1 q2 = 1
dz
Corrente 2
dP
q 2 q3 = 2
dz
Corrente 3
dP
q3 q4 = 3
dz
Corrente 4

q5 q 4 =

dP4
dz

Corrente 5
dP
q 6 q5 = 5
dz
Corrente 6
dP
q1 q6 = 6
dz

La VI equazione , analogamente al caso precedente, lequivalenza dei carichi rispetto al corrente 4:


Te = 2q11 + 2q2 2 + 2q3 3
Dove e questa volta noto e vale 150 mm.
Possiamo riscrivere le equazioni in un sistema lineare:

1
0

0
0

21

matrice

inversa

1
1

1
1

0
2 2

0
2 3

dP1
dz

0
0 0 q1 dP2


0
0 0 q 2 dz
dP
1 0 0 q3 3
= dz
1 1 0 q 4
dP4

0 1 1 q 5
dz
0
0 0 q 6 dP
5

dz
Te

1
0
0
0
0
235685,8347
0,411793944
-0,588206056
-0,588206056
-0,588206056
-0,588206056
-0,588206056

-1
1
0
0
0
82500
0,205896972
0,205896972
-0,794103028
-0,794103028
-0,794103028
-0,794103028

0
-1
1
0
0
82500
0
0
0
-1
-1
-1

0
0
-1
-1
0
0
0
0
0
0
1
1

0
0
0
1
-1
0
0
0
0
0
0
1

0
0
0
0
1
0
2,49572E-06
2,49572E-06
2,49572E-06
2,49572E-06
2,49572E-06
2,49572E-06

termine noto

soluzione

2
2
6
6
2
450000
2,35845622
0,35845622
-1,6415438
-7,6415438
-1,6415438
0,35845622

Ottenuti i flussi di taglio, si procede come prima alla determinazione delle tensioni di taglio a
robustezza.
1
2

[kg/mm2]
rob [kg/mm2]
q [kg/mm]
2,358456222
2,358456222 3,537684333
0,358456222
0,358456222 0,537684333

3
4
5
6

-1,641543778
-7,641543778
-1,641543778
0,358456222

-1,641543778
-7,641543778
-1,641543778
0,358456222

-2,462315667
-11,46231567
-2,462315667
0,537684333

Infine, valutiamo la posizione del centro di taglio della sezione chiusa, ricordando che non
necessario applicare in esso il taglio, come nella sezione aperta. La seconda formula di Bredt
permette di calcolare il gradiente di torsione:

& =

q
1
dl

2G s

Nel nostro caso, la funzione integrando assume valori a tratti, quindi possiamo trasformare
lintegrale in una sommatoria, dalla quale portiamo gi fuori i termini costanti:

& =

1 6 qk
lk
2G k =1 sk

Ora, sapendo che lapplicazione del taglio nel centro di taglio non genera torsione, per la
definizione stessa di centro di taglio, possiamo imporre che il taglio agisca ad una distanza e* dal
corrente 4 (invece che a 150 mm) e che il gradiente di torsione che ne deriva sia nullo; avremo
quindi le equazioni di equilibrio ai correnti (6 di cui 5 linearmente indipendenti), lequazione di
equivalenza:
Te* = 2q11 + 2q 2 2 + 2q3 3

E ci servir una settima equazione, poich ora le incognite sono 7 (6 flussi ed e*): questa equazione
sar proprio lannullamento del gradiente di torsione quando il taglio T applicato in e*; abbiamo
indicato con * anche i nuovi flussi, che saranno diversi da quanto calcolato nella prima parte di
questa sezione. Lesercizio non richiede di indicare il valore dei nuovi flussi, ma solo della
posizione del centro di taglio, la quale calcolata a partire dal corrente 4. Otteniamo e*=284.7m

ESERCIZI DESAME

Modelli per lanalisi strutturale:

SEMIGUSCIO IDEALE
Metodo matriciale
Dopo avere affrontato lanalisi della risoluzione di strutture a semiguscio secondo il metodo
classico andiamo ad affrontare lo studio alla metodologia matriciale.
Il metodo di risoluzione che segue sar una diretta conseguenza dello studio fatto nei paragrafi
precedenti, ma sar potenziato, in quanto la simbologia matriciale e laggiunta di considerazioni di
tipo energetico renderanno il metodo notevolmente pi duttile e pi facilmente implementabile su
supporti di tipo informatico.
Questa caratteristica render questa tipologia di calcolo adatta alla risoluzione di strutture ben pi
complesse di quelle analizzabili col metodo precedente evitandoci la scrittura delle equazioni di
equilibrio.
Inoltre questo metodo ci dar la possibilit di determinare le deformazioni delle strutture grazie
allapplicazione dei teoremi della teoria dellelasticit.
Lenergia di deformazione elastica pu essere vista come il lavoro fatto da una forza generica P che
crea un generico spostamento .
Vediamo quindi che per le leggi della meccanica possiamo scrivere:

U=

Pd
0

Se ora andiamo a prendere un corpo perfettamente elastico possiamo definire un legge di


proporzionalit tra il carico e lo spostamento

P = k

Riportando graficamente la relazione tra le due grandezze si ottiene:

Possiamo ottenere la formulazione per lenergia di deformazione scritta sia in funzione del carico
agente sul corpo, sia in funzione della deformazione:

k 2 P 2
U=
=
2
2k
Se ora noi dobbiamo scrivere lenergia di deformazione di una struttura a semiguscio dobbiamo
andare a sommare tutti i contributi portati dalle diverse componenti, pannelli e correnti, in quanto
lenergia una quantit scalare.
Se scriviamo lenergia in funzione dei flussi nei pannelli e degli sforzi nei correnti, che indicheremo
genericamente come quantit q otteniamo una formulazione che ci permetter di andare a impostare
il problema in termini matriciali.
Infatti, possiamo scrivere la seguente formulazione generale per una struttura con n flussi:

U=

2a q q
ij i

i, j=1

da cui otteniamo i termini aij che opportunamente ordinati in una matrice daranno origine alla
matrice di flessibilit [Aij].

Strutture iperstatiche risolte col metodo matriciale.

Per fissare le idee sul metodo, andiamo a studiare il metodo matriciale riferito ad una struttura
isostatica. Il metodo utilizzato, per semplicit, sar esposto in modo schematico andando a
descrivere passo a passo le operazioni da compiere e specificando i teoremi applicati.

Innanzitutto andiamo ad applicare delle forze fittizie nei punti dei quali ci interessa ricavare la
deflessione, pi tardi potremo andare a definire la vera intensit di questi carichi. Definiti i carichi
applicati alla struttura possiamo procedere come segue:
1- Per prima cosa si definisce una distribuzione interna di forze rispetto alla quale si andr a
scrivere la formulazione dellenergia di deformazione elastica, dalla quale si estrarranno i
termini della matrice [Aij] detta matrice di flessibilit. Fatto ci possiamo andare a
riscrivere in forma matriciale lenergia di deformazione che assumer la formulazione:
2U = [qi ][Aij ][qi ]

dove indichiamo con [qi] il vettore con i carichi interni.


qi = [q1,q2 ,........,qn ]

2- Tramite le equazioni della statica viste nella trattazione del metodo classico si mettono in
relazione i carichi esterni con i flussi interni ottenendo un sistema di equazioni che pu
essere scritto in forma matriciale come:

[q1 ]

= [Gim ][Pm ]

dove la matrice [Pm] rappresenta la matrice dei carichi esterni e la matrice [Gim] mi indica i
valori assunti dai flussi per un carico unitario.

3- Ora possiamo andare a riscrivere lenergia di deformazione elastica in funzione dei carichi
esterni, infatti, sostituendo in (j) lequazione (k) otteniamo:
2U = [Pm ][Gim ] [Aij ][Gim ][Pm ]
T

Se ora andiamo a sostituire la matrice:

[Amn ] = [Gim ]

[A ][G ]
ij

im

otteniamo:
2U = [Pm ][Amn ][Pm ]

4- Ora se applichiamo il teorema di Castigliano (che recita derivando lespressione


dellenergia di deformazione elastica rispetto alle forze si ottiene lespressione degli
spostamenti) possiamo ottenere gli spostamenti dei punti di applicazione delle forze
derivando:

[ ] =

dU
T
= [Amn ][P m ]
d[Pm ]

Per le strutture isostatiche questo metodo ci permette di andare a calcolare sia le sollecitazioni
interne alla struttura attraverso lequazione (k), sia le deflessioni nei punti di applicazione delle
forze attraverso lequazione (l).
Questo metodo pu essere utilizzato anche nella risoluzione delle strutture iperstatiche se ci serve
ricavare solo il valore della deflessione, per il calcolo dei flussi interni dovremo affrontare invece il
problema in modo diverso, come si vedr nel seguito.

STRUTTURE A SEMIGUSCIO RISOLTE COL METODO MATRICIALE


Andiamo ora ad espandere la trattazione fatta in precedenza per le strutture a semiguscio isostatiche
a strutture a semiguscio che sono staticamente indeterminate.
La differenza si trova nella difficolt di correlare i flussi [qi] con i carichi esterni, poich le sole
equazioni della statica non sono pi sufficienti data la presenza di ridondanze.
Per la risoluzione delle strutture iperstatiche utilizzeremo la tecnica dei carichi fittizi unitari, che ci
porta a suddividere il nostro problema in 2 parti distinte:
1- Lo studio della struttura in cui i flussi scelti come ridondanti sono posti uguali a zero.
2- Lo studio della struttura in cui i flussi ridondanti sono posti uguali a 1.
Prima di iniziare, andiamo a definire quantit che ci serviranno in seguito:

[gim ] Matrice dei valori q1 per un carico unitario nella struttura resa isostatica.
[gir ] Matrice dei valori q1 per [qr]=1.

[a ]

Matrice di flessibilit

ij

Riprendendo il metodo dei carichi fittizi unitari, lequazione:

Sreale = S + Xux
pu essere opportunamente tradotta in notazione matriciale per i semigusci, ottenendo

[qi ]

= [gim ][Pm ] + [gir ][qr ]


T

Il primo termine della somma indica i carichi presenti nella struttura resa isostatica dallassunzione
[qr]=0; il secondo invece indica i carichi conseguenti dallapplicazione di una forza unitaria al posto
dei flussi ridondanti.
Se ora andiamo a riprendere la formulazione dellenergia di deformazione elastica vista in
precedenza:
2U = [qi ][Aij ][qi ]

otteniamo:

2U = [Pm ][gim ] + [qr ][gir ]


T

][A ][[g
ij

][Pm ]

im

+ [gir ][qr ]

Se ora andiamo a sviluppare il prodotto, abbiamo:


2U = [Pm ][gim ] [Aij ][gim ][Pm ] +
T

2 * [qr ][gir ] [Aij ][gim ][Pm ] +


T

[qr ][gir ] [Aij ][gir ][qr ]


T

Andando a sostituire le matrici:

[amn ] = [gim ] [Aij ][gim ]


T

[arn ] = [gir ] [Aij ][gim ]


T

[ars ] = [gir ] [Aij ][gir ]


T

possiamo riscrivere lequazione precedente come:


2U = [Pm ][amn ][Pm ] + 2 * [qr ][arn ][Pm ] + [qr ][ars ][qr ]
T

Ottenuta questa formulazione, andiamo ad applicare il teorema di Menabrea:

U
=0
qr
ottenendo:

[arn ][Pm ] + [ars ][qr ] = 0


T
T
[arn ][Pm ] = [ars ][qr ]
T
T
[qr ] = [ars1][arn ][Pm ]
T

Se definiamo la nuova matrice:

[Grn ] = [ars1][arn ]
otteniamo:

[qr ]

= [Grn ][Pm ]

Con questa serie di operazioni siamo riusciti a risalire al valore del carico ridondante, quindi
possiamo andare a riprendere le formulazioni iniziali per arrivare alla risoluzione della struttura;
infatti otteniamo:

[qi ]

[ ][a

= [gim ][Pm ] [gir ] ars


T

][Pm ]

rn

Definendo la matrice:

[Gim ] = [gim ] [gir ][ars1 ][arn ]


giungiamo alla formulazione finale compatta:

[qi ]T = [Gim ][Pm ]T


Calcolati i flussi [qi ] agenti, possiamo determinare le deformazioni della struttura nei punti scelti:
T

[Amn ] = [Gim ]

[a ][G ]
ij

im

[m ] = [Amn ][Pm ]

Analisi di un cassone alare con i metodi classico, matriciale e FEM


Nel seguito si effettuer unanalisi strutturale di un generico cassone alare ai fini di applicare il
metodo matriciale a casi pratici e per focalizzare le differenze delle metodologie di calcolo con cui
lanalisi pu essere condotta. Verr presa in considerazione una struttura elementare, che sar
studiata con le metodologie classica e matriciale e, in seguito, col F.E.M. (metodo degli elementi
finiti), non appena tale metodo, che costituisce il modello strutturale maggiormente valido
attualmente disponibile, sar stato studiato. Intanto si riporteranno i risultati dei tre metodi citati, in
modo da avere unidea dei loro pregi e difetti gi prima di affrontare lo studio del F.E.M. che qui
rappresenta una soluzione di riferimento.

Nel modello in esame sono presenti 4 correnti con sezione a L e 4 pannelli piani. La geometria e le
dimensioni sono schematizzate nelle figure seguenti [mm]:

Non sono presenti altri elementi di rinforzo longitudinale (correnti), o trasversale (centine). Il
cassone considerato ha profondit (asse z) di 1000[mm].
Il cassone costruito con una lega di alluminio avente le seguenti caratteristiche meccaniche:

E [N/mm2]

G [N/mm2]

02[N/mm2]

r[N/mm2]

[Kg/mm3]

73100

0,33

26700

340

450

2,79E-6

Saranno considerate differenti condizioni di carico, ai fini di vagliare meglio le caratteristiche dei
metodi utilizzati.
CASO 1

Cassone caricato simmetricamente, tale da non


generare torsione, con due forze applicate agli estremi
di componenti vettoriali F1,2= <0,10000,0> [N].
Incastro nel piano xy per z=0, cio dietro (sia correnti
che pannelli)

CASO 2

Cassone caricato da una forza sola, tale da generare


torsione,

applicata ad un estremo,

di componenti

vettoriali F1= <0,20000,0> [N].


Incastro nel piano xy per z=0 (sia correnti che
pannelli)

La soluzione tramite metodo classico sviluppata utilizzando un processo iterativo per la corretta
determinazione dellasse neutro della sezione, e quindi delle aree collaboranti. I valori mostrati
saranno quelli risultanti alla fine delle iterazioni. In figura sono mostrate le convenzioni di segno
adottate e il modello per la risoluzione classica nei due casi di carico (caso 1 a sinistra, 2 a destra).

I calcoli sono stati svolti utilizzando un foglio di calcolo MS-Excel, ottenendo i seguenti risultati:

Caso 1 metodo classico

Corrente
1
2
3
4

i/ [N/mm2]
-58,173356
-58,173356
34,201110
34,201110

Si riporta di seguito la programmazione utilizzata

Flusso
1
2
3
4

[N/mm2]
27,777778
0
-27,777778
0

I risultati per il secondo caso sono i seguenti, che sono stati ottenuti con il seguente foglio di calcolo
Hexcel

Caso 2 metodo classico


Corrente
1
2
3
4

i/ [N/mm2]
-54,065357
-32,466158
55,2 2342
33,623144

Flusso
1
2
3
4

[N/mm2]
39,00054183
13,18433407
-13,18433407
13,18433407

Verr ora condotto lo stesso studio con metodologia matriciale. Lo sviluppo di metodi di questo
tipo sicuramente da attribuirsi alla facilit di implementazione al calcolatore e allinserimento di
considerazioni di tipo energetico, che rendono questo metodo maggiormente versatile pur essendo
basato sul modello del semiguscio ideale e quindi soggetto alle approssimazioni in esso presenti.
Per il modello sono stato utilizzate aste e pannelli e limplementazione stata effettuata tramite il
programma Matlab, di cui si riportano le stringhe di calcolo necessarie ad eseguire il programma e i
risultati cui si pervenuti in forma tabulare.
Gli spostamenti nel punto di applicazione delle forze corrispondono alla traslazione verticale dei
correnti interessati. Le convenzioni di segno sono mostrate in figura.

Il codice Matlab per il Caso 1 il seguente:


clc;clear all;format long;
%INSERIMENTO DATI
E=71000;
v=0.33;
G=E/(2*(1+v));
L=1000;
C=500;
B=180;
S=2;
A1=955;
A2=955;
A3=1624.3787;
A4=1624.3787;
T=10000;

Z=[T;T];
%PROCEDURA ANALITICA
Aij=[(L*B)/(G*S) 0 0 0 0 0 0 0;0 (L*C)/(G*S) 0 0 0 0 0 0;0 0 (L*B)/(G*S) 0 0 0 0
0;0 0 0 (L*C)/(G*S) 0 0 0 0;0 0 0 0 L/(3*A2*E) 0 0 0;0 0 0 0 0 L/(3*A1*E) 0 0;0
0 0 0 0 0 L/(3*A4*E) 0;0 0 0 0 0 0 0 L/(3*A3*E)];
gim=[1/(B) 0;0 0;0 -1/(B);0 0;-L/B 0;0 -L/B;0 +L/B;+L/B 0];
gir=[1;-1;1;-1;-2*L;+2*L;-2*L;+2*L];
amn=gim'*Aij*gim;
arn=gir'*Aij*gim;
ars=gir'*Aij*gir;
asr=inv(ars);
grn=-(asr*arn);
giim=gim-(gir*grn);
qr=grn*Z;
q=giim*Z;
AAmn=giim'*Aij*giim;
d=AAmn*Z;
%RISULTATI:
disp('RISULTATI:')
%incrementi di sforzo assiale
disp('Incrementi di sforzo assiale:')
Sforzo_corrente_1=q(5)/(A1*L)
Sforzo_corrente_2=q(6)/(A2*L)
Sforzo_corrente_3=q(7)/(A3*L)
Sforzo_corrente_4=q(8)/(A4*L)
%flussi nei pannelli
disp('Flussi nei pannelli:')
Pannello1=q(1)
Pannello2=q(2)
Pannello3=q(3)
Pannello4=q(4)
disp('Deformazioni:')
Max_deform_corrente1=d(1)
Max_deform_corrente2=d(2)

mentre quello per il Caso 2 il seguente


clc;clear all;format long;
%INSERIMENTO DATI
E=71000;
v=0.33;
G=E/(2*(1+v));
L=1000;
C=500;
B=180;
S=2;
A1=955;
A2=1624.3787;
A3=955;
A4=1535.6213;
T=10000;
Z=[T;T];
%PROCEDURA ANALITICA
Aij=[(L*B)/(G*S) 0 0 0 0 0 0 0;0 (L*C)/(G*S) 0 0 0 0 0 0;0 0 (L*B)/(G*S) 0 0 0 0
0;0 0 0 (L*C)/(G*S) 0 0 0 0;0 0 0 0 L/(3*A2*E) 0 0 0;0 0 0 0 0 L/(3*A1*E) 0 0;0
0 0 0 0 0 L/(3*A4*E) 0;0 0 0 0 0 0 0 L/(3*A3*E)];
gim=[1/B 1/B;0 0;0 0;0 0;-L/B -L/B;0 0;0 0;L/B L/B];
gir=[1;-1;1;-1;-2*L;2*L;-2*L;2*L];
amn=gim'*Aij*gim;
arn=gir'*Aij*gim;
ars=gir'*Aij*gir;

asr=inv(ars);
grn=-(asr*arn);
giim=gim+(gir*grn);
qr=grn*Z;
q=giim*Z;
AAmn=giim'*Aij*giim;
d=AAmn*Z;
%RISULTATI:
disp('RISULTATI:')
%incrementi di sforzo assiale
disp('Incrementi di sforzo assiale:')
Sforzo_corrente_1=q(5)/(A1*L)
Sforzo_corrente_2=q(6)/(A2*L)
Sforzo_corrente_3=q(7)/(A3*L)
Sforzo_corrente_4=q(8)/(A4*L)
%flussi nei pannelli
disp('Flussi nei pannelli:')
Pannello1=q(1)
Pannello2=q(2)
Pannello3=q(3)
Pannello4=q(4)
disp('Deformazioni:')
Max_deform_corrente1=d(1)
Max_deform_corrente4=d(2)

Si ottengono i seguenti risultati

Caso 1 metodo matriciale


Corrente
1
2
3
4

i/ [N/mm2]
-58,173356
-58,173356
34,201110
34,201110

Flusso
1
2
3
4

Corrente
1
2

Spostamenti/ [mm]
3.45
3.45

[N/mm2]
27,777778
0
-27,777778
0

Caso 2 metodo matriciale


Corrente
1
2
3
4

i/ [N/mm2]
-66,484210
-29,315017
49,862502
41,346405

Flusso
1
2
3
4

Corrente
1
4

Spostamenti/ [mm]
4.39
4.39

[N/mm2]
43,650883
11,904673
-11,904673
11,904673

Nel seguito si presentano i risultati del F.E.M., che consta in una discretizzazione della struttura in
elementi piastra (pannelli) e barra o trave (correnti). Sia i calcoli F.E.M.che i calcoli precedenti
sono stati tutti effettuati con un computer portatile di caratteristiche medie. Per i calcoli F.E.M. si
fatto uso del codice MSC Nastran-Patran. Si anticipa che tanto pi fine la discretizzazione e tanto
pi accurati sono i risultati (di solito, ma non sempre; ma questa una lunga storia), ma anche
tanto pi lunghi sono i tempi di elaborazione. La discretizzazione utilizzata la seguente

Si sono seguite due strade, per meglio mettere in mostra limportanza di una scelta corretta del
modello: i correnti sono stati modellizzati con elementi asta (Rod, Bar2) o trave (Beam) e i pannelli
con elementi membrana (Membrane; nessuna rigidezza flessionale) o piastra (Quad4; rigidezza
flessionale realistica). Le condizioni di carico e di vincolo sono indicate nelle figure seguenti:
Caso 1

Caso 2

Anche se non appare evidente (essendo stati rimossi per evitare un eccessivo numero di
informazioni che rendeva la figura illeggibile) tutti i nodi sono stati incastrati per simulare le stesse
condizioni usate con gli altri metodi. Si ottengono col F.E.M. i seguenti risultati per le tensioni di
Von Mises (esse rappresentano una combinazione di tensioni normali e tangenziali che esprimono il
livello di sollecitazione triassiale da confrontare con la tensione al limite di propozionalita e di
snervamento della prova di trazione uniassiale con cui si valutano il modulo elastico e la resistenza
dei materiali isotropi).

Caso 1, Von Mises, Beam-Shell

Caso 1, Von Mises, Rod-Membrane

Caso 2, Von Mises, Beam-Shell

Caso 2, Von Mises, Rod-Membrane

Il confronto con i risultati degli altri due metodi si pu effettuare una volta che dalle tensioni si
risale ai flussi moltiplicando per lo spessore del pannello (e si vede che contrariamente allipotesi
del semiguscio ideale, i flussi non sono costanti in generale, anche se in alcuni pannelli lo sono) o si
risale allo sforzo assiale moltiplicando per larea dei correnti.
Gli spostamenti, da confrontare con quelli previsti dai metodi precedenti, sono i seguenti:

Caso 1, Displacements, Beam-Shell

Caso 1, Displacements , Rod-Membrane

Caso 2, Displacements, Beam-Shell

Caso 2, Displacements , Rod-Membrane

da cui si rileva come in assenza di centine (eliminate per facilitare i calcoli con il metodo classico e
matriciale) la struttura subisce rilevanti e inaccettabili deformazioni locali, che gli altri metodi non
colgono. Lo stato di sollecitazione dei correnti rappresentato nelle figure seguenti

Caso I, comparazione ZZ corrente 2

Caso I, comparazione ZZ corrente 3

Caso 1, ZZ, Beam-Shell

Caso 1, ZZ, Rod-Membrane

Caso 2, ZZ, Beam-Shell

Caso 2, ZZ, Rod-Membrane

Caso 1, corrente 2

Caso 2, corrente 1

Caso 1, corrente 3

Caso 2, corrente 4

Le tensioni di taglio nei pannelli, che originano i flussi, sono distribuite come segue:

Caso 2, ZX, Beam-Shell


Caso 1, ZX, Beam-Shell

Caso 2, ZX, Rod-Membrane


Caso 1, ZX, Rod-Membrane

da cui si rileva ancora che non sono costanti, contrariamente a quanto corrisponde allipotesi di
semiguscio ideale. Le precedenti figure si prestano per un confronto col metodo classico e
matriciale per i pannelli orizzontali. Per quelli verticali le tensiuoni di taglio si rilevano dalle
seguenti figure:

Caso 1, YZ, Beam-Shell

Caso 1, YZ, Rod-Membrane

Caso 2, YZ, Beam-Shell

Caso 2, YZ, Rod-Membrane

Caso1, YZ pannello 3

Caso 2, YZ pannello 1

Le deformazioni e le tensioni non risultano sempre coerenti al variare del modello risolutivo
impiegato. Comunque, si rilevano differenze minori nel Caso 1 rispetto al Caso 2. Il modello
classico non permette il calcolo diretto degli spostamenti, per cui si deve utilizzare il Principio dei
Lavori Virtuali applicando dei carichi esploratori fittizi nei punti di interesse. Essendo la cosa
abbastanza complessa si evitato di applicarla. Il metodo matriciale permette di trovare gli
spostamenti solo nei punti di applicazione del carico, per possibile applicare in modo
relativamente semplice carichi fittizi esplorativi per valutare gli spostamenti in altri punti. Si
riportano qui di seguito i risultati delle deformazioni nei punti di applicazione dei carichi in formato
tabulare, al fine di confrontare i risultati dei metodi usati:

Spostamenti load case I [mm]


Corrente

Metodo matriciale

F.E.M.(Rod-Membrane)

F.E.M. (Beam-Shell)

3.45

3.74

3.62

3.45

3.74

3.62

Caso 1: spostamenti

Spostamenti load case II [mm]


Corrente

Metodo matriciale

F.E.M.(Rod-Membrane)

F.E.M. (Beam-Shell)

4.39

7.78

6.99

4.39

7.78

6.99

Caso 2: spostamenti

Piastra di attacco ala-fusoliera


Vediamo ora un metodo approssimato per la valutazione delle sollecitazioni in particolari critici
come le piastre si attacco di ali motori carrelli etc., sede sempre di notevoli concentrazioni di
tensione, il cui cedimento sarebbe fatale, che non possono essere schematizzati con il modello trave,
essendo generalmente tozzi.
Lapplicazione del metodo viene presentata considerando la piastra di attacco ala-fusoliera del
velivolo Pialtus Turboporter, i cui carichi sollecitanti sono statti calcolati negli esercizi
precedentemente svolti.

Il problema che vogliamo risolvere quello di determinare la tensione tangenziale massima di


taglio nei bulloni e della pressione specifica nei fori della piastra di attacco ala-fusoliera del
velivolo in esame, per il punto A del diagramma di inviluppo n-V, nella configurazione di peso
massimo.
Il problema tuttaltro che semplice, in quanto lo stato di deformazione e la distribuzione delle
tensioni che ne risulta sono tridimensionali e influenzati dallazione reciproca che i bulloni
esercitano sulla superficie del foro e viceversa.
Ricorriamo quindi ad ipotesi semplificative, che daranno, seppur con risultati approssimati,
unidea dello stato di tensione della struttura:
1. La piastra si comporta come un corpo infinitamente rigido.
tutti i punti si spostano rigidamente e il moto della piastra composto da una traslazione e da
una rotazione.
2. I bulloni sono corpi elastici.
3.
scarichiamo tutte le deformazioni sui bulloni, anche se gli spostamenti sono piccolissimi e
rientrano nel campo lineare; nella realt i bulloni sono costituiti da un materiale pi rigido della
piastra, quindi dovrebbe essere proprio questultima a deformarsi.
Inoltre la normativa per parti imbullonate di applicazione aeronautica ci fornisce una prima
indicazione:
1. I bulloni non devono lavorare a compressione, flessione etc, ma solamente a taglio.

se si aumenta la coppia di serraggio sul dado per stringere il longherone tra le due piastre, lo
stelo del bullone lavora a trazione, piuttosto che a taglio; inoltre occorrerebbe considerare lattrito
tra piastra e longherone. Invece ipotizziamo che il carico Ha e Va che arriva dal longherone sia
trasferito per deformazione allo stelo dei bulloni.
2. Assenza di attrito nei collegamenti piastra-bulloni
.
si suppone che non ci sia alcun trasferimento di carico per attrito.

Dati:
spessore s=7 mm
Fx=9528 kg
Fy=1506.1 kg
Materiale piastra Al2024
Materiale bulloni Acciaio 5CrMoV
Supponiamo che la piastra si muova di moto rigido lungo lasse x: tutti i punti della piastra, quindi
anche i fori, subiranno lo stesso spostamento u. Avendo ipotizzato che il bullone lavori solo a
taglio, esso non dovr inflettersi, cio a deformazione avvenuta, la sua linea dasse non si deve
presentare incurvata; se questo avvenisse, la testa del bullone seguirebbe la rotazione dello stelo,

schiacciando la piastra e causando linsorgenza dellattrito: questa situazione violerebbe le ipotesi


da noi formulate.
Pensiamo invece che la deformazione dellasse del bullone sia tale da mantenerlo rettilineo;
supponiamo quindi che i piani immaginari di cui pensiamo sia costituito lo stelo del bullone
scorrano uno sullaltro come rappresentato alla figura seguente.

Sua u lo spostamento, lo scorrimento che misura la deformazione a taglio del bullone.


Poich lo spessore della piastra costante, tutti i punti subiscono la stessa deformazione, cio:
u
tg = con lipotesi di essere nel campo delle piccole deformazioni e quindi nel campo lineare
s
La tensione che sollecita i bulloni 8costituiti tutti dello stesso materiale) si calcola applicando la
legge di Hooke:
u
= G = G con G modulo di elasticit tangenziale
s
Fatte queste premesse occorre:
A. Trasportare le due forze Ha e Va nel baricentro della distribuzione delle aree dei
bulloni
Per prima calcoliamo il baricentro G della distribuzione delle aree dei bulloni:
i Ai xi
XG =
Ai
i

Ay
=
A
i

YG

Scegliamo di prendere le coordinate xi e yi dallocchio della piastra, secondo il riferimento della


figura.
Bolt

xi
1
2
3
4
5
6
7

yi
60
60
60
85
183
183
121

i/2
35
5
-30
-155
-15
35
35

6
6
6
7
6
6
6
somma

Ai
113,0973
113,0973
113,0973
153,938
113,0973
113,0973
113,0973
832,5221

xi Ai
6785,84
6785,84
6785,84
13084,73
20696,81
20696,81
13684,78
88520,66

yi Ai
3958,407
565,4867
-3392,92
-23860,4
-1696,46
3958,407
3958,407
-16509,1

Xg
Yg

106,3283
-19,8302

-50

-100

-150

-200

50

50

1
2

100

4
CG

3
4
5
6

150

5
200

CG

B. Trasporto delle due forze Ha e Va


Le forze Ha e Va che agiscono sulla piastra sono in realt solo la met del valore riportato Fx e Fy,
poich lattacco ala-fusoliera garantito da due piastre, uguali tra loro.
F
H a = x = 4914 kg
2
Fy
Va =
= 753.1 kg
2
Trasportare queste due forze nel baricentro significa spostare tali forze e aggiungere il momento di
trasporto che ne deriva: questa operazione consentita dallipotesi di rigidit della piastra. Allora,
essendo valido il principio di sovrapposizione degli effetti (siamo in campo lineare), lo sforzo di
taglio che sollecita il bullone ha tre componenti:
- componente dovuta a Ha H
- componente dovuta a Va V
- componente dovuta al momento di trasporto M M
Abbiamo gi Ha e Va (dagli esercizi svolti in precedenza), occorre trovare M (per i versi vedere la
figura che segue).

M = Va X G + H a YG
Ha
Va
M

4914 kg
753,05 kg
177516,1 kg mm

A. Calcolo dello sforzo di taglio sui bulloni dovuto a Ha e Va


La forza che agisce su ogni singolo bullone ad opera delle traslazioni indotte da Ha e Va :
Fi = Fix i + Fiy j
Con

Fix = x Ai

Fiy = y Ai
Per lequilibrio alla traslazione orizzontale e verticale, possiamo scrivere il seguente sistema:
H a = Fix = x Ai

i
i

Va = Fiy = y Ai
i
i

La non dipende dal bullone che considero, in quanto abbiamo detto che = G , con G dipendente
dal materiale del bullone (in questo caso uguale per tutti) e lo scorrimento uguale per tutti (vedi
ipotesi); possiamo allora portare la fuori dalla sommatoria e indicando con A larea totale, va la
seguente uguaglianza:
H a = x A

Va = y A
Da cui:
H
x = a
A
Va
y =
A
x
y

5,902546 kg/mm2
0,904541 kg/mm2

Ora, tornando alla definizione di Fxi e Fyi, possiamo calcolarli per ogni bullone:
Fix = x Ai

Fiy = y Ai
Bolt

Ai

Fxi

Fyi

1 113,0973 667,5623 102,3011


2 113,0973 667,5623 102,3011
3 113,0973 667,5623 102,3011
4 153,938 908,6264 139,2432
5 113,0973 667,5623 102,3011
6 113,0973 667,5623 102,3011
7 113,0973 667,5623 102,3011

NB Le Fxi e Fyi dovute alle traslazioni sono proporzionali alle aree dei bulloni e non dipendono
dalla posizione dei bulloni stessi rispetto al CG.
B. Calcolo dello sforzo di taglio sui bulloni dovuto al momento di trasporto M
Quando la piastra ruota rigidamente, il centro della generica sezione del bullone descrive una
circonferenza e la rotazione caratterizzata da un angolo di rotazione uguale per tutti i bulloni e
da uno spostamento che invece proporzionale alla distanza ri del foro dal baricentro, secondo lo
schema della figura seguente.
Lo scorrimento dipende dallo spostamento di ogni bullone ui, il quale proporzionale a ri
attraverso (si veda la figura). Abbiamo quindi che:

ui
ri

i =

ui ri
=
s
s

i = G i = G

ri
s

Ai
ui

ri

CG

ui

Allora su ogni bullone agiranno la forza Ti e il momento Mi:


ri
Ti = i Ai = G
Ai
s
ri 2
M i = Ti ri = G
Ai
s
Perch lequilibrio globale della piastra sia rispettato, occorre che:

=0

M
i

=M

La prima verificata, perch

Ar

i i

rispetto al CG nulla per definizione (verificare!).

La seconda invece ci fornisce una condizione per determinare lo sforzo di taglio.


NB Rispetto al punto precedente, lo sforzo di taglio ora dipende dalla posizione (ri) del bullone e
non quindi costante per tutti i bulloni.
ri 2

i M i = i G s Ai = G s i Ai ri 2 = G s J P = M
Dove J P = Ai ri il momento dinerzia polare delle arre dei bulloni rispetto al baricentro.
2

Siano i dati del materiale:


E bulloni 2,10E+07 kg/m2

0,33
G
7894737 kg/m2
G
7,894737 kg/mm2
s
7 mm

Avremo che:
Bolt
1
2
3
4
5
6
7

Ai
113,097
113,097
113,097
153,938
113,097
113,097
113,097

Xgi
Ygi
ri^2
-46,33
54,83 5152,66
-46,33
24,83 2762,85
-46,33
-10,17 2249,74
-21,33 -135,17 18725,77
76,68
4,83 5901,88
76,68
54,83 8884,90
14,68
54,83 3221,61
Jp

Ai ri^2
582752,2
312471
254439,2
2882609
667486,9
1004858
364355,3
6068972
0,025935

ri
71,78
52,56
47,43
136,84
76,82
94,26
56,76
mm4
rad

i
i [kg/mm2] Ti [kg]
Mi [kg mm]
0,266
2,099609 237,46
17045,373
0,195
1,537451 173,88
9139,7055
0,176
1,387358 156,91
7442,2902
0,507
4,002602 616,15
84315,669
0,285
2,247076 254,14
19523,843
0,349
2,757076 311,82
29391,883
0,210
1,660194 187,76
10657,312

Ora per ogni bolt conosciamo la forza complessivamente agente, composta nelle due direzioni x e y.
Il taglio Ti appena calcolato dal momento di trasporto una risultante che agisce con un certo
angolo rispetto al sistema di coordinate di partenza, angolo che dobbiamo determinare per scrivere
correttamente i contributi nella direzione x e in y.
Calcoliamo allora per ogni bullone langolo , secondo le convenzioni in figura.
NB era una deformazione, quindi un angolo di rotazione dovuto al momento di trasporto
applicato; invece un angolo geometrico, dato dalla geometria delle aree dei bulloni, esso indica
solo una direzione.
Y

CG

Bolt
1
2
3
4
5
6
7

Xgi
-46,328302
-46,328302
-46,328302
-21,328302
76,6716981
76,6716981
14,6716981

Ygi
54,830189
24,830189
-10,16981
-135,1698
4,8301887
54,830189
54,830189

[rad]
2,2723463
2,6495914
3,3576814
4,5558903
0,0629152
0,6208079
1,3093374

[]
130,19585
151,8104
192,38097
261,03329
3,6047744
35,569675
75,019508

A. Calcolo della risultante su ogni bullone nella direzione x e y


Alla forza dovuta al momento occorre aggiungere leffetto delle due traslazioni, indotte da Ha e Va.
Per come sono stati scelti i segni Fx e Fy in figura sono quelli che la piastra riceve dal longherone e
sono negativi. Come era intuibile, il bolt che stato dimensionato con un diametro maggiore
quello che prende pi carico, a causa della sua lontananza dagli altri bolt e dal centro di gravit.
Bolt
1
2
3
4
5
6
7

[rad]
Fxi
2,27234633
-667,5623
2,64959137
-667,5623
3,35768142
-667,5623
4,55589032
-908,6264
0,06291518
-667,5623
0,62080795
-667,5623
1,30933741
-667,5623

Fyi
-102,3011
-102,3011
-102,3011
-139,2432
-102,3011
-102,3011
-102,3011

Txi
-153,2573
-153,2573
-153,2573
-96,03395
253,63548
253,63548
48,53503

Tyi
Ri (abs) [kg]
181,3822 824,620307
82,14005 821,067174
-33,6425
832,0009
-608,623 1252,45599
15,97861
422,83207
181,3822 421,413333
181,3822 624,058115

Calcoliamo la risultante e non teniamo separate le due componenti perch siamo interessati
allazione complessiva sullo stelo di ciascun bullone, il quale, avendo sezione circolare, non
sensibile alla direzione, ma solo allintensit. Infatti vogliamo calcolare la tensione tangenziale
massima di taglio nei bulloni e la pressione specifica nei fori.
B. Calcolo della tensione tangenziale massima di taglio nei bulloni e la pressione specifica
nel foro
La tensione media si calcola spalmando la Ri sullarea Ai resistente del bullone:
R
mi = i .
Ai
Si assume la tensione massima si calcoli maggiorando del 40% la tensione media:

max i
= 1 .4
mi
Se vogliamo dimensionare a robustezza, poi, occorre moltiplicare ancora la tensione massima per
1.5 coefficiente di sicurezza e per 1.15, fitting factor:
Ri = max i 1.15 1.5 .
Infine, la pressione specifica sul foro (sforzo di bearing) si calcola dalla forza di taglio che lo stelo
vede, dividendola per larea del foro che la sopporta, ovvero spessore per diametro:
PSi =

Ri
;
si

lutilizzo di questa formula spiegabile con la seguente considerazione: non conosciamo la


superficie di contatto tra foro e bullone (area=semicirconferenza*spessore*percentuale in contatto);
allora assumiamo come area resistente il diametro per lo spessore, ovvero la proiezione sul diametro
della semicirconferenza e siamo sicuri di essere conservativi.
Bolt
1
2
3
4
5
6
7

max
m [kg/mm2] [kg/mm2]
7,291244336 10,20774207
7,259827746 10,16375884
7,356503104 10,29910435
8,136104535 11,39054635
3,73865634 5,234118876
3,726111948 5,216556727
5,517885213 7,725039298

R
[kg/mm2]
17,6083551
17,532484
17,765955
19,6486925
9,02885506
8,99856035
13,3256928

Ps
P robustezza
9,8169084 23,70783383
9,7746092 23,60568127
9,9047726 23,92002587
12,780163 30,86409393
5,0337151 12,15642203
5,0168254 12,11563333
7,4292633 17,94167082

Risultato dellanalisi F.E.M

Sono rappresentate le tensioni sulla struttura deformata. Per rendere visibile la deformazione, che
risulta essere frazioni di millimetro, stato usato un fattore moltiplicativo. Come si vede, le tensioni
(N/mm2) risultano essere in campo elastico per lacciaio, ma abbastanza elevate. Si nota come il
F.E.M. rilevi le concentrazioni locali delle tensioni intorno allocchio, che il metodo approssimato
non in grado di cogliere; inoltre, il F.E.M. prevede tensioni mediamente pi alte, quindi il metodo
approssimato non risulta essere conservativo, riuscendo a prevedere solo il livello medio (bianco)

che il F.E.M. prevede lontano dai fori (bianco). Questo ci suggerisce di affinare il modello F.E.M.
passando a una modellizzazione con elementi solidi.

Modelli per lanalisi strutturale:

METODO DEGLI ELEMENTI FINITI


(F.E.M.)
La modellizzazione ad elementi finiti ha assunto una importanza eccezionale nell'ingegneria a
partire dai primi anni settanta del novecento, quando l'evoluzione delle tecnologie informatiche ha
reso possibile affrontare i problemi dell'analisi strutturale per mezzo dei calcolatori. Il metodo
degli elementi finiti, nella formulazione che viene illustrata in questo capitolo, trova la sua base
teorica nel Metodo degli Spostamenti. Tale metodo (anche detto Metodo dell'Equilibrio), duale del
Metodo delle Forze (o della Congruenza), individua nel campo di spostamenti l'incognita del
problema strutturale, da determinarsi attraverso la soluzione di una o pi equazioni di equilibrio.
Nel caso generale il campo di spostamenti una funzione vettoriale continua della posizione dei
punti di un corpo, per cui le equazioni di equilibrio sono espresse in modo differenziale.
Per quanto la forma delle equazioni sia relativamente semplice, quando la forma del corpo da
studiare arbitraria generalmente impossibile trovare una soluzione analitica (in forma chiusa) del
problema. Si verifica cos il paradosso per cui le leggi fondamentali che regolano il comportamento
dei corpi elastici sono ormai note da due secoli, ma la soluzione di specifici problemi, riguardanti
corpi e strutture di forma assegnata e con una data condizione di carico, non possa quasi mai essere
trovata in forma analitica. Per ovviare a questo problema sono state messe a punto delle tecniche di
tipo numerico, ossia dei procedimenti per ottenere soluzioni approssimate in forma di dati numerici
piuttosto che di funzioni analitiche: fra questi il Metodo degli Elementi Finiti senz'altro uno dei
pi versatili e potenti. Il rapporto fra metodi numerici (cio algoritmi di risoluzione approssimata
dei problemi matematici) e calcolo automatico effettuato attraverso il computer, molto stretto, dal
momento che le soluzioni approssimate richiedono in genere l'esecuzione di grandi quantit di
calcoli. E' per questo che la formulazione dei metodi numerici, come si vedr in seguito, fa largo
impiego della scrittura matriciale per gestire e manipolare grandi quantit di operazioni.

Prima dellavvento dei calcolatori digitali, la sola strada percorribile era quella di introdurre delle
semplificazioni attraverso delle ipotesi che permettessero di ottenere delle equazioni analiticamente
risolubili e di utilizzare delle tecniche di calcolo approssimate come il metodo dei residui pesati o di
Galerkin. Ci ha portato in alcuni casi ad ottimi risultati e a teorie come quella di Bernoulli in
idraulica, di De-Saint Venant e di Kirchoff in campo strutturale, frutto di ipotesi semplificative, ma
ancora oggi utilizzate e valide nei casi in cui tali ipotesi vengano ritenute realistiche. Il FEM
utilizzato, oltre che nellanalisi strutturale, anche in campi quali la trasmissione del calore, la
fluidodinamica, la lubrificazione e lelettromagnetismo, e trova in generale applicazione in ogni tipo
di problema, elastico, plastico, viscoplastico, statico, stazionario, dinamico o impulsivo.
Per determinare il campo di spostamenti a partire dalle forze esterne e dalle condizioni di vincolo
in generale necessario risolvere un sistema di equazioni differenziali e algebriche che
complessivamente costituiscono quello che si definisce il problema elastico. Come dicevamo la
risoluzione analitica del problema elastico possibile solo in un numero molto limitato di casi,
quando la forma del corpo e la distribuzione delle forze esterne siano sufficientemente regolari.
Ad esempio, nel caso dei solidi di De Saint Venant ci possibile (entro certe limiti), grazie al
fatto che la loro geometria chiaramente definita (prismi retti con altezza molto maggiore delle
dimensioni della base) e che le forze esterne sono applicate solo sulle basi.
Nel caso in cui il corpo che si vuole studiare abbia una forma qualsiasi, non generalmente
possibile risolvere il problema in forma chiusa, n ottenere esplicitamente la funzione che
descrive il campo di spostamenti. Diviene perci necessario adottare metodi matematici che
consentano di arrivare almeno ad una soluzione approssimata, possibilmente controllando l'errore
che si introduce.
Il concetto che sta alla base del Metodo degli Elementi Finiti quello di discretizzazione: invece di
cercare una funzione continua che esprima il campo degli spostamenti in tutti gli infiniti punti del
corpo, si ricerca la soluzione in un numero finito di punti, detti nodi, scelti arbitrariamente: al
problema continuo viene perci sostituito un problema discreto.

Per fare ci dobbiamo suddividere il corpo in un numero finito di porzioni elementari, gli elementi
finiti, immaginando che queste parti siano fra loro collegate solo in corrispondenza dei nodi. A
partire dalla soluzione trovata in un numero finito di punti si pu poi risalire alle deformazioni
all'interno dei singoli elementi e quindi agli spostamenti anche in tutti gli altri punti della struttura,
attraverso un processo di interpolazione.
Il risultato finale sar quindi un campo di spostamenti definito a tratti, cio definito separatamente
su ogni elemento a partire dagli spostamenti dei nodi.
Riferendoci per semplicit solo a due dimensioni, questa operazione illustrata in Figura A.8; nel
caso pi complesso di un corpo tridimensionale, le parti elementari non saranno figure piane
(triangoli) ma figure solide (tetraedri).. La suddivisione in nodi ed elementi si chiama con termine
anglosassone mesh. Da quanto detto sopra chiaro che, nel caso generale, l'accuratezza della
soluzione dipende dalla mesh che si adottata, in particolare dal numero di nodi e di elementi in cui
stata suddivisa la struttura.

Discretizzazione del continuo

Si riportano di seguito le operazioni che conducono alla risoluzione approssimata mediante il


calcolo ad elementi finiti:

Discretizzazione della struttura (forma, nodi e orientazione dellelemento)


Caratteristiche del materiale, condizioni al contorno e iniziali
Individuazione del sistema di riferimento locale del singolo elemento
Calcolo della matrice di rigidezza dellelemento nel sistema di riferimento locale
Calcolo della matrice di rigidezza dellelemento nel sistema di riferimento globale

Individuazione dei coseni direttori e calcolo della matrice di trasformazione del singolo elemento
Assemblaggio delle matrici di rigidezza di tutti gli elementi della struttura per ottenere la matrice di
rigidezza della struttura intera
Eliminazione dei gradi di libert di corpo rigido per ottenere la matrice di rigidezza ridotta
Inversione della matrice di rigidezza ridotta
Trasformazione dei carichi distribuiti in forze concentrate ai nodi
Calcolo di forze di natura termica e piezoelettrica
Assemblaggio dei vettori delle forze nodali dei singoli elementi
Calcolo degli spostamenti della struttura
Calcolo di spostamenti, deformazioni e tensioni nel singolo elemento
Risoluzione con il Metodo degli Elementi Finiti

Elemento nel riferimento locale.


Il FEM porta alla formulazione, per il singolo elemento come per lintera struttura, della seguente
relazione:

{F } = [K ]{U }
dove {F} il vettore delle forze nodali, [K] la matrice di rigidezza, {U} il vettore degli
spostamenti nodali.
Occorre quindi definire le relazioni che esistono tra gli spostamenti nodali e gli spostamenti interni,
le tensioni e le deformazioni. Per fare ci si segue per ogni elemento questo procedimento:
1. descrizione dellelemento attraverso i nodi e i gradi di libert
2. scelta delle funzioni di approssimazione degli spostamenti
3. legame tra spostamenti interni e spostamenti nodali tramite le funzioni di forma
4. relazione tra le deformazioni e gli spostamenti
5. relazione tra le deformazioni e le tensioni
6. relazione tra carichi nodali e spostamenti nodali
7. relazione tra le tensioni e gli spostamenti nodali

Una volta scelto lelemento si vanno ad individuare i suoi nodi e i relativi gradi di libert e si
impone un sistema di riferimento locale di coordinate x, y e z .
Dal momento che i nodi sono i punti in cui vengono concentrate le caratteristiche dellintero

) (

elemento, per individuare le funzioni spostamento u x, y, z , v x, y, z

e w x, y , z dei punti

dellelemento, in direzione rispettivamente x, y e z , necessario che queste vengano espresse in


funzione degli spostamenti nodali, che diventano le vere incognite del problema, definiti dai vettori:

dove il pedice sta ad indicare un generico elemento e-esimo.

Il metodo agli elementi finiti prevede la scelta a priori di funzioni di forma Nj x, y, z associate al
grado di libert qj, in modo tale che esse rappresentino la deformata dellelemento quando lunico
grado di libert non nullo sia proprio qj.
Le funzioni di forma devono garantire la convergenza della soluzione verso quella esatta e per farlo
devono soddisfare i 3 requisiti seguenti:
1. Non devono generare deformazioni quando gli spostamenti nodali sono dovuti a moti
di corpo rigido;
2. Poich al diminuire delle dimensioni degli elementi e alla conseguente crescita del
numero di elementi lo stato di deformazione approssima quello costante, si richiede
alle funzioni di forma di poter rappresentare tale stato quando gli spostamenti nodali
siano corrispondenti ad esso;
3. La deformazione al passaggio dellinterfaccia tra elementi deve mantenersi finita, ad
esempio, nel caso di deformazioni definite dalle derivate prime degli spostamenti, gli
spostamenti devono essere continui, quindi anche le funzioni di forma lo devono
essere.

Per convergenza si intende che al crescere del numero di elementi le funzioni incognite possano
essere approssimate al limite, e ci si tramuta in un criterio di completezza delle funzioni di forma,
solitamente polinomi lineari, quadratici o cubici.
Quello che si otterr sar quindi un andamento approssimato delle reali incognite di spostamento
allinterno dellelemento.
Le funzioni di forma dipendono da alcuni fattori:
-

grado del polinomio: influisce sulla bont del modello di spostamento,


migliorandola allaumentare del numero di termini presi in considerazione. Va
tuttavia osservato che spingersi troppo oltre in questa direzione pu essere
dannoso, in quanto ne deriva un calcolo estremamente appesantito.

scelta dei parametri nodali: sono le incognite del problema e dipendono dal
problema trattato e dai risultati finali che si vogliono ottenere.

modello di spostamento: deve soddisfare alcuni requisiti che devono garantire


la convergenza della soluzione numerica verso quella analitica man mano che
la discretizzazione si infittisce.

.
Nella scelta delle funzioni di forma pu capitare che pur essendo rispettata la compatibilit, cio la
congruenza degli spostamenti, allinterno dellelemento, essa non sia verificata nei punti, linee o
superfici di demarcazione, generando in questo modo una violazione della congruenza a livello
locale. Questa scelta, da parte di chi sviluppa un elemento, ha anche un impatto sulla precisione del
calcolo e sul numero di elementi in cui si costretti a suddividere il dominio ai fini di ottenere
risultati congrui al problema che si voglia affrontare.
Da tali considerazioni si ottiene quindi la relazione che lega gli spostamenti {u} di un elemento con
quelli dei suoi nodi {q e }:

{u} = [N ]{qe }
In base alla scelta delle funzioni di forma vengono creati elementi finiti dalle caratteristiche
differenti:

elementi completi: sono quegli elementi le cui funzioni di forma assicurano la


continuit degli spostamenti allinterno dellelemento e tra elementi contigui, con
polinomi completi;

elementi conformi o compatibili: sono quegli elementi le cui funzioni di forma


assicurano la continuit degli spostamenti e delle derivate delle funzioni sino allordine
n-1 se n lordine massimo.

Noti gli spostamenti dei punti dellelemento si possono determinare le deformazioni semplicemente
derivando gli spostamenti rispetto alle coordinate x, y , z , da cui seguono le seguenti relazioni:

{ } = {u} = [S ]{u} = [S ][N ]{qe } = [B]{qe }


dove [S ] una matrice di operatori differenziali e [B] la matrice derivata delle funzioni di forma

[N ].

Si passa poi alla relazione tra deformazioni e tensioni; la deformazione allinterno

dellelemento crea la nascita di tensioni, in base alla legge di Hooke:

{ } = [D]{ }
e nel caso di stato tensionale residuo

{ } = [D]({ } { 0 }) + { 0 }
con [D] matrice di rigidezza che dipende da E (modulo di Young) e (modulo di Poisson).

E da notare che occorre scegliere opportunamente le componenti della tensione in modo che siano
in accordo con quelle della deformazione: per problemi di elasticit in elementi piani e solidi, lo
stato tensionale esprimibile mediante le tensioni normali e tangenziali, derivate direttamente da
allungamenti e scorrimenti; per problemi flessionali di elementi piani, fuori dal piano di giacitura,
occorre scegliere come grandezze i momenti flettenti per unit di lunghezza, legati quindi anche alla
curvatura.

Passo successivo la determinazione delle forze nodali relative al campo di spostamenti {} del
corpo e quindi al campo di spostamenti nodali {U}.
Ci si basa ora sul principio dei lavori virtuali (vedi Appendice A) per cui:
Lest = Lint
Lelemento risulta infatti sottoposto a carichi che possono essere forze nodali {F}, forze di volume
{}, forze di superficie {p}, tali da generare un campo di spostamenti virtuali {U*} e {*}, un
campo di deformazioni virtuali {*}, un campo di tensioni reali {}.
Si possono quindi esplicitare le espressioni dei lavori virtuali interno ed esterno:

{ } {F } + { } {v}dV + { } {p}dS

Lest = U *

{ }

{ } {p}dS

T
T
= Lest = U * {F } + {N } {v}dV + *

{ } { }dV

Lint = *

{ } ([D]({ } { }) + { })dV

= *

{ } [B] ([D ]({ } { }) + { })dV


= {U } ( [B ] [D][B]dV {U } [B] [D]{ }dV ( [B] { }))
= U*

* T

Luguaglianza tra i due lavori porta alla formulazione compatta:

{Fn }+ {Fs }+ {Fv }+ {F

}+ {F }= [K ]{U }
0

dove i vari addendi hanno il seguente significato

{Fn } = {F }

vettore delle forze nodali

{Fs } = [N ]T {p}dS

vettore delle forze nodali di superficie

{Fv } = [N ]T {v}dV

vettore delle forze nodali di volume

{F }= [B] [D]{ }dV

vettore delle forze nodali delle deformazioni iniziali

{F } = [B] { }dV

vettore delle forze nodali delle tensioni iniziali

[K ] = [B]T [D][B]dV

matrice di rigidezza dellelemento

La matrice di rigidezza dellelemento

[K]

risulta quindi derivata dalle funzioni di forma e

normalmente, salvo casi particolarmente semplici, deve essere calcolata con integrali numerici, ad
esempio tramite lutilizzo degli algoritmi di integrazione di Gauss-Legendre.
Se si considera, tra le forze di volume, la presenza di forze dinerzia, espresse nella forma:

{v} = { ' '}


il lavoro virtuale delle forze di inerzia diventa:

{ }

{ } [N ] [N ]dV {U ' '}

Li = * { ' '}dV = U *
T

da cui si ottiene il vettore delle forze nodali di inerzia:

{Fi } = [N ]T [N ]dV {U ' '} = [M ]{U ' '}


dove [M] la matrice di massa dellelemento.
Lespressione completa dellequazione risolutiva diventa infine:

[M ]{U ' '}+ [K ]{U } = {F }


A questo punto occorre solo pi definire la relazione che lega le tensioni interne dellelemento agli
spostamenti nodali:

{ } = [D]{ } = [D][B]{U } = [H ]{U }


dove [H] una matrice i cui termini, ricordiamo, dipendono dalle funzioni di forma.

Trasformazione al sistema globale.


Si trasformano matrici e vettori determinati del sistema locale dellelemento in matrici e vettori nel
sistema globale della struttura.
Si introduce la matrice di trasformazione [] che contiene i coseni direttori del sistema di
riferimento locale rispetto a quello globale.
in questo modo si pu scrivere:

{U }loc = [ ]{U }glo


{F }loc = [ ]{F }glo
[K ]glo = []T [K ]loc []
da cui si ricava lequazione risolutiva di ogni singolo elemento nel sistema di riferimento globale:

{F }glo = [K ]glo {U }glo


Si pu notare che matrice di rigidezza globale derivata da quella locale e dalla matrice dei coseni
direttori.
Una volta effettuati questi passaggi per ogni elemento costituente la struttura, si procede con
lassemblaggio, andando a considerare il contributo di rigidezza di ogni elemento nella struttura
completa.
Tale passaggio viene effettuato tramite la matrice di connectivity, che contiene le informazioni
relative alla numerazione dei nodi del singolo elemento rispetto alla posizione nella struttura totale,
in modo tale da attribuire correttamente gli apporti dei singoli elementi alle matrice di rigidezza
globale.

Assemblaggio della matrice di rigidezza.


A partire dalle matrici di rigidezza locali, ruotate nel sistema di riferimento globale, ora possibile
costruire un'unica grande matrice quadrata di coefficienti che rappresenta globalmente il
comportamento dell'intera struttura. Ci significa che, dato il vettore {F}n di forze nodali, in cui n
rappresenta il prodotto del numero di nodi per il numero di gradi di libert di ogni nodo, e
considerando il vettore {U}n che contiene gli n spostamenti nodali incogniti, il problema strutturale
prende la forma:
{F}n = [Kglob]nxn {U}n
Se consideriamo la struttura descritta in Fig. A.9, la dimensione della matrice globale sar 2 (gradi
di libert per nodo) x 4 (nodi) = 8. Poich la struttura costituita da tre elementi a due nodi, avremo
a disposizione tre matrici di rigidezza locali [K1]4x4, [K2]4x4, [K3]4x4.

Esempio di struttura risolta col F.E.M.

L'assemblaggio, cio la costruzione della matrice globale, consiste nel collocare i coefficienti delle
matrici locali nelle opportune posizioni della matrice globale, seguendo la numerazione dei nodi.
Come si vede in Fig. A.10, la matrice locale [K1] dell'elemento 1 che collega i nodi 1 e 2, si
posiziona nella matrice globale in corrispondenza dei nodi 1 e 2; la matrice [K2] dell'elemento 2 si
posiziona in corrispondenza dei nodi 2 e 3, mentre la matrice [K3] si separa e si posiziona in
corrispondenza dei nodi 2 e 4. Dove le matrici locali si sovrappongono i coefficienti di rigidezza si
sommano: questo perch in ogni nodo la forza nodale esterna equilibrata dalla somma delle

reazioni interne di tutti gli elementi che convergono in quel nodo. Con l'assemblaggio quindi si
sommano i contributi di rigidezza che offre ogni elemento convergente nel nodo.

Fig. A.10 Processo di assemblaggio della matrice globale

Volendo formalizzare questa operazione da un punto di vista matematico opportuno suddividerla


in due fasi distinte:
Espansione delle matrici di rigidezza locali alla dimensione globale;
Somma delle matrici locali espanse.
La prima operazione, schematizzata in Fig. A.11, consiste nel portare una ad una le matrici locali
alla dimensione di quella globale, collocando i termini nelle posizioni opportune.

Fig. A.11 Processo di espansione della matrice locale

Ci si ottiene moltiplicando le matrici locali per delle matrici rettangolari, dette matrici di
connectivity, contenenti solo 1 e 0:

Analogamente i procede per tutte le matrici di rigidezza locali.


Il problema si sposta quindi sulla costruzione delle matrici di connectivity, ove la posizione degli
uno e degli zeri facilmente determinabile a partire dal numero dell'elemento considerato e dai
numeri dei nodi che esso collega. Il passo successivo solo pi una somma:

Nel ragionamento condotto fino a questo punto non sono mai state prese in considerazione le
condizioni di vincolo. In effetti nei nodi vincolati lo spostamento nullo, o al pi ha un valore noto,
nel caso di un cedimento vincolare. Le equazioni che costituiscono il sistema di equazioni {F}n =
[Kglob]nxn {U}n sono quindi di due tipi distinti: quelle in cui la forza nodale nota e quelle in cui la
forza nodale incognita. Come illustrato in Fig. A.12 il vettore {U} degli spostamenti nodali pu
essere suddiviso nel vettore {UL} degli spostamenti liberi (in rosso) e nel vettore {UV} degli
spostamenti vincolati, nulli o di valore assegnato (in giallo). Ugualmente il vettore {F} pu essere
suddiviso nel vettore {FL} delle forze libere (in verde) e nel vettore {FV} delle forze vincolate, cio
delle reazioni vincolari (in fucsia).
Anche i coefficienti della matrice di rigidezza si possono suddividere in quattro sottomatrici in base
alle righe e alle colonne in cui si trovano: la sottomatrice [KLL], ottenuta incrociando le righe con gli
spostamenti liberi con le colonne corrispondenti alle forze libere (in rosso); la sottomatrice
[KVV], ottenuta incrociando le righe con gli spostamenti vincolati con le colonne corrispondenti alle
forze vincolate (in giallo) e le due sottomatrici [KLV]e [KVL], ottenute incrociando spostamenti liberi
con forze vincolate (in azzurro) e forze libere con spostamenti vincolati (in verde-acqua).

Fig. A.12 Partizione della matrice di rigidezza e dei vettori {U} e {F}

Il sistema di equazioni viene scomposto per righe in due sistemi di equazioni separati:

Scomposizione per righe della matrice di rigidezza e dei vettori {U} e {F}

successivamente per colonne, separando i diversi contributi:

Dal

primo

sistemi

dei

due

di

equazioni si

ricavano gli

spostamenti

liberi,

che

Scomposizione per colonne della matrice di rigidezza e dei vettori {U} e {F}

costituiscono la soluzione vera e propria del problema:

E' importante notare che la parte onerosa dal punto di vista del calcolo data dall'inversione della
matrice [KLL]. Una volta trovati gli spostamenti dei nodi liberi sufficiente sostituirli nel secondo
sistema di equazioni per trovare le reazioni vincolari.

A questo punto la soluzione del problema ottenuta, in termini di spostamenti dei nodi liberi e di
reazioni vincolari. Dagli spostamenti nodali quindi possibile risalire alle forze nodali sui singoli
elementi procedendo a ritroso nella trattazione.
Funzioni di forma.
Le funzioni di forma permettono di descrivere il comportamento dellelemento a partire dal
comportamento dei suoi nodi. Queste funzioni vengono utilizzate sfruttando linterpolazione
numerica: si approssima cio una funzione tra valori noti della stessa mediante luso di funzioni
interpolanti.
Normalmente sono dei polinomi e come tali richiedono il requisito di completezza: devono
comparire tutti i termini fino allordine scelto, senza trascurarne alcuno, in quanto solo in questo
modo si pu assicurare la convergenza della soluzione approssimata a quella esatta.
Un polinomio completo di grado n se in esso compaiono tutti i termini, puri e misti, tali che la
somma dei loro esponenti sia pari ad n, secondo quanto previsto dal triangolo di Pascal.
Il campo di spostamenti incogniti viene approssimato da una espressione polinomiale del tipo:

{ } = [N ]{U }
dove {U} il vettore degli spostamenti e [N] la matrice che deriva dalle funzioni di forma.
La scelta dei parametri nodali obbligata dalla forma assunta dallenergia di deformazione elastica,
poich in essa compare lordine massimo di derivazione delle variabili in gioco e lordine del
polinomio che costituisce le funzioni di forma imposto dal numero di parametri nodali scelti.
Se ad esempio si prende un elemento a 2 nodi ciascuno dei quali dotato di 2 gradi di libert, esso
risulta fornito di 4 parametri nodali; un elemento del genere richiede unespansione polinomiale al
pi con 4 costanti, cio un polinomio del terzo ordine.
Si deve pertanto fare uso di espansioni con il pi alto ordine possibile del polinomio completo, in
modo da avere una convergenza rapida alla soluzione; se allinterno di un elemento di dimensione h
come funzione di forma di un generico spostamento u si assume un polinomio di ordine p, lordine
di convergenza dello spostamento O(hp+1), mentre quello delle deformazioni e delle tensioni, che
sono definite da derivate m-esime degli spostamenti (generalmente m=1), inferiore o pari a
O(hp+1-m).

Nellambito della discretizzazione delle strutture in quella che definita mesh, si possono utilizzare
diversi elementi di divisione. In pratica quello che si fa discretizzando la struttura non altro che
dividerla in elementi aventi ben determinate propriet che possano consentire limplementazione,
attraverso codici di calcolo, su calcolatori.
In questo paragrafo andremo brevemente ad analizzare quelli che sono alcuni degli elementi
disponibili per la diversa tipologia di mesh adottabile durante unanalisi agli elementi finiti.

Considerando il caso di un elemento rettangolare a quattro nodi, bidimensionale, le cui incognite


sono rappresentate dagli spostamenti dei punti interni e dipendono dalle coordinate di posizione
(x,y). Poich sui quattro lati i nodi di connessione sono solo due, sono sufficienti dei polinomi
lineari in x e y. Nei nodi lo spostamento corrisponde agli spostamenti nodali:

{u} = [A]{a}

per i punti interni dellelemento si pone:


u = [ ]{a} = [ ][A] {u} = [N ]{u}
1

Se per il calcolo della matrice [A] risulta complesso, si pu procedere semplicemente scrivendo
le funzioni di forma come prodotto di due polinomi lineari: uno in x e laltro in y.
Nella formulazione di questi polinomi bene normalizzare le coordinate e utilizzare le nuove
variabili adimensionali cosi ottenute.
Tra gli elementi 2D ricordiamo in particolare: lelemento rettangolare lagrangiano, lelemento
rettangolare Serendipity e lelemento triangolare.
- Gli elementi rettangolari lagrangiani possono presentare dei nodi disposti oltre che nei vertici
anche lungo i lati e allinterno dellelemento. Le funzioni di forma vengono espresse in funzione di
coordinate normalizzate adimensionate, date dal prodotto di polinomi che hanno un grado pari al
numero di nodi meno 1 che si hanno in tale direzione.
Questi polinomi hanno la caratteristica di assumere valore unitario nel nodo in cui si desidera
conoscere la funzione di forma e nullo negli altri nodi e sono noti appunto come polinomi di
Lagrange. Risultano piuttosto semplici da ottenere, ma presentano un numero elevato di termini e
quindi rendono abbastanza pesante il calcolo.

Lutilit della famiglia di questi polinomi limitata dal fatto che, nonostante il numero elevato di
nodi coinvolti, le propriet di interpolazione sono povere. Confrontando con il triangolo di Pascal,
si pu notare come il numero di termini polinomiali sia maggiore di quello necessario per ottenere
unespansione completa.
- Gli elementi rettangolari Serendipity sono caratterizzati dallavere un numero di nodi minore
rispetto ai lagrangiani, disposti solo sul contorno e non allinterno dellelemento stesso per limitare
il numero di termini polinomiali in soprannumero rispetto a quanto previsto dal triangolo di Pascal.
Le funzioni di forma serendipity sono state ottenute in modo euristico, non discendono cio da
una procedura generale, la quale stata determinata a posteriori, dopo la loro scoperta.
- Lelemento triangolare ha la caratteristica di possedere un numero di nodi pari al numero esatto di
termini richiesto dal triangolo di Pascal. Normalmente per il calcolo di questo elemento si utilizzano
le coordinate di area, come sistema normalizzato, definite come rapporto tra aree: la somma delle
tre coordinate ha valore unitario ed ogni punto dellelemento pu essere individuato tramite queste
coordinate. Le funzioni di forma vengono ottenute come prodotto tra polinomi lagrangiani espressi
in funzione delle tre coordinate di area.

Gli elementi 3D sono formulati alla stessa maniera di quelli 2D, con laggiunta di una coordinata
adimensionalizzata relativa alla terza dimensione.
Tra gli elementi

3D

ricordiamo in particolare: lelemento solido prismatico rettangolare

lagrangiano, lelemento solido prismatico rettangolare Serendipity, lelemento tetraedrico.


- Lelemento solido prismatico rettangolare lagrangiano presenta delle funzioni di forma date dal
prodotto di polinomi lineari in una dimensione.
- Lelemento solido prismatico rettangolare Serendipity ha la caratteristica di possedere nodi solo
sulle facce e quindi le funzioni di forma devono assicurare la continuit degli spostamenti solo su
queste ultime.
- Lelemento tetraedrico presenta delle funzioni di forma basate sulle coordinate di volume, che
permettono di individuare la posizione dei punti interni allelemento e che contengono tanti termini
quanti sono necessari in base al triangolo di Pascal.

Vantaggi del metodo degli elementi finiti


I vantaggi che il calcolo strutturale ad elementi finiti presenta sono diversi e possono essere
riassunti nei seguenti punti:
-

massima precisione dei risultati e conseguente aumento della sicurezza

possibilit di ottimizzare la costruzione riducendo il materiale in eccesso ed il peso


dell'intera struttura assicurando allo stesso tempo che il progetto risponda ai criteri di
sicurezza

possibilit di analizzare in tempi molto brevi ogni variante di una soluzione base per
poi scegliere quella ottimale

considerevole risparmio economico complessivo

In ambito industriale l'analisi statica FEM viene utilizzata per la progettazione e verifica strutturale
seguendo i seguenti passi:
-

generazione del modello FEM

applicazione delle condizioni di carico (statici, semi-statici, ecc..)

analisi dei valori delle deformate e delle tensioni

analisi di stabilit (buckling)

Le principali applicazioni sono:


-

costruzioni metalliche civili ed industriali (norme UNI)

organi meccanici (norme UNI)

apparecchi di sollevamento (norma UNI, FEM, ABS,)

In ambito aeronautico lanalisi statica FEM viene utilizzata per la previsione globale delle tensioni e
delle deformate della struttura dellaeromobile. Essa viene divisa nei seguenti passi:
-

generazione del modello FEM

applicazione delle condizioni di carico e al contorno

analisi dei valori delle deformate e delle tensioni

analisi di stabilit

Non minore importanza assume la previsione di buckling, raggiunta con lanalisi di instabilit:
una trave soggetta a carico assiale o una parete sottile compressa possono essere soggette a
fenomeni di instabilit. La semplice analisi del comportamento statico non sufficiente a prevedere
questi fenomeni poich la struttura pu manifestare piccoli spostamenti fino al raggiungimento di
un carico critico che porta al collasso della struttura. L'esperienza insegna che alla presenza di
tensioni di compressione elevate va sempre ricercato il coefficiente di stabilit.
Le analisi, inoltre, spesso non si limitano ai fenomeni lineari; infatti sovente occorre studiare
fenomeni complessi, non ragionevolmente semplificabili con funzioni lineari. Esempi tipici di
analisi nonlineari sono il comportamento elastico lineare delle strutture, ipotizzato nella pratica,
non sempre applicabile; si pensi allo studio di un corpo in gomma o di una struttura soggetta ad
azioni che ne richiamino le riserve plastiche (snervamento dei materiali). Sempre pi
frequentemente si analizza il comportamento delle strutture in prossimit della rottura (prove crash
degli autoveicoli ad esempio).
Occorre in aggiunta prendere in considerazione i carichi termici e gli effetti dei transitori sulle
strutture: in molti progetti, appunto, l'effetto dei carichi esterni trascurabile rispetto a quello delle
condizioni termiche dove dilatazioni e contrazioni non possono essere trascurati. Ad esempio nel
caso di una scheda di un circuito elettronico o di un serbatoio in pressione le deformazioni indotte
dall'espansione termica possono essere disastrose. Con questo tipo di analisi ad elementi finiti si
pu facilmente determinare l'andamento delle temperature. In molti altri progetti fondamentale lo
studio del flusso del calore come ad esempio negli stampi.
I casi di generazione di calore per attrito tra mezzi meccanici oppure i casi di brusco raffreddamento
vengono affrontati con l'analisi termica transitoria.
Altro aspetto saliente dellanalisi strutturale lottimizzazione strutturale, statica e dinamica: in
base ai risultati dell'analisi previsionale statica e dinamica si procede all'ottimizzazione della
struttura con l'obiettivo di migliorare in termini di sicurezza e rendimento la struttura.
Infine,

soprattutto

in

aeronautica,

assume

particolare rilievo la previsione delle vibrazioni.


In

questa

direzione,

lanalisi

dinamica

composta dalle seguenti fasi:


-

analisi modale (frequenze proprie)

risposta in frequenza

analisi delle velocit di vibrazione

modifiche strutturali nel caso di livelli di vibrazione elevati

Lanalisi modale, a sua volta, composta dalle seguenti fasi:


-

generazione del modello agli elementi finiti dellintera struttura

distribuzione delle masse in accordo allesponente di carico

definizione degli elementi bagnati

analisi delle deformate modali

La risposta in frequenza invece viene eseguita considerando le principali sorgenti di vibrazioni a


bordo. Come risultato dell'analisi vengono generati gli spettri di vibrazione per tutte le aree pi
caratteristiche del velivolo. Sull'analisi degli spettri vengono basate tutte le opportune conclusioni
per poter eseguire le modifiche strutturali necessarie.

Instabilit strutturale
(buckling)
Lo studio del buckling e della stabilit in generale si occupano dellanalisi degli stati di equilibrio
delle strutture in relazione ai carichi applicati in esercizio. Linstabilit allequilibrio quel
fenomeno per il quale la struttura, non riuscendo a sopportare un ulteriore aumento dei carichi a cui
sottoposta, tende a sottrarsi allo stesso modificando la propria geometria attraverso deformazioni
di entit anche elevata. Risulta quindi molto importante in fase di progettazione per alcuni tipi di
strutture (certamente tutte quelle a parete sottile, quindi il buckling un fenomeno tipico per le
strutture aeronautiche, dove stato per primo individuato e studiato da un punto di vista pratico,
mentre i primi studi teorici si devono a Eulero) riuscire a determinare non tanto il carico di rottura,
quanto il carico al quale la struttura collassa per instabilit, detto carico critico, che in genere
inferiore al carico di rottura. Lo studio di quelli che vengono chiamati carichi critici, ossia i carichi
oltre i quali sulla struttura si verificano fenomeni di instabilit (buckling), risulta essere di
importanza vitale ai fini della progettazione in campo aeronautico e spaziale, poich possono
portare a un imprevisto collasso strutturale con i normali carichi di esercizio.

Buckling di un elemento strutturale

Tutto dipende dal fatto se il punto critico rappresenta una condizione stabile (non problematica) o
instabile

(rottura

esplosiva)

da

come

si

ridistribuiscono gli sforzi una volta che la struttura


raggiunto il carico critico si deformata.
Si osservano 3 tipi di instabilit strutturale: (a)
biforcazione, (b) snap e (c) softening.
Il

caso

(a),

la

biforcazione,

comportamento (teorico) di

rappresenta

il

un cilindro perfetto

sollecitato a compressione; rappresenta anche unasta


o un pannello compressi se la retta al punto A, il
punto di biforcazione, verticale. Dal punto di vista
matematico, cio quello di Eulero che per primo ha
studiato il fenomeno, A rappresenta un punto in cui
esistono due o pi soluzioni (che quindi si biforcano
da quella banale, che in realt rappresenta ci che
modernamente chiamiamo il path primario, mentre
chiamiamo le soluzioni che si biforcano path
secondari) sotto gli stessi carichi e vincoli. Quindi
si tratta di punti anomali in cui possono esistere pi
soluzioni

partire

dagli

stessi

dati.

Questo

ovviamente implica che le soluzioni al punto di


biforcazione non possono pi essere lineari. La
determinazione del punto di biforcazione si conduce
risolvendo un problema agli autovalori, poiche la
biforcazione rappresenta un problema omogeneo,
Esempi di instabilit strutturale

come conseguenza del fatto che le condizioni di

carico e di vincolo rimangono immutate mentre si cerca lesistenza di una soluzione diversa da
quella imperturbata del path primario. Questo significa che i problemi di biforcazione conducono ad
una equazione che rappresenta la condizione critica, in cui il carico critico rappresenta lautovalore
e la forma della soluzione (ma non la sua ampiezza, che rimane incognita) rappresenta
lautosoluzione. Nella realt, a causa delle imperfezioni iniziali e dell'eccentricit del carico,
2

possiamo osservare raramente il comportamento biforcativo. In realt le strutture seguono un


comportamento asintotico indicato in (a) come comportamento reale, saltando la biforcazione.
Dal punto di vista di unasta perfettamente rettilinea e sollecitata in asse da un carico di
compressione (carico di punta), al punto critico si ha la possibilit per lasta di rimanere ancora
diritta o, se interviene un qualsiasi disturbo, di passare istantaneamente a una forma curva (come
quella dei saltatori con lasta). Se lasta inizialmente imperfetta, cio gi curva, raggiungendo il
punto critico si ha un rapido incremento delle flessibilit. Fino a che la tangente del grafico caricodeformazione verso lalto, il comportamento stabile, cio al cessare del disturbo si ritorna nella
stessa configurazione prima che il disturbo fosse applicato. Quando la tangente verso il basso, si
ha comportamento instabile: non si riesce pi a trovare una configurazione di equilibrio andando
oltre al carico che individua il punto critico. Quando la tangente orizzontale, la struttura ha
rigidezza nulla: anche un piccolissimo carico provoca grandi deformazioni.
Nel caso (b) non si ha biforcazione, ma la rigidezza della struttura subisce delle variazioni; in
particolare avvicinandosi al punto dove la tangente diventa orizzontale (punto limite), per poi
diventare negativa. si ha un improvviso incremento della deformazione. Lintervento di una
qualsiasi piccola perturbazione (basta una piccola vibrazione) induce la struttura a deformarsi di
scatto in una configurazione molto diversa (come una lattina di bibita vuota che cede a colpo sotto
il peso di un uomo), da cui il termine snap, la quale rappresenta la prima configurazione
nuovamente stabile, cio a tangente rivolta verso lalto, che si incontra dopo il punto limite. Lo snap
il comportamento tipico delle strutture a guscio sottili (come ali e fusoliere) compresse, poich il
punto limite corrisponde a un carico pi basso di quello di biforcazione.
Nel caso (b) si ha un incremento della deformazione improvviso ad un determinato valore di carico.
Come si vede in figura la deformazione cresce da UA a UB al valore PA, e questo fenomeno
chiamato snap. Tale configurazione di equilibrio propria delle strutture a semiguscio, ed
calcolabile solamente con una analisi F.E.M. nonlineare, in cui si fa uso di una parametrizzazione
adattiva, che oggetto dei corsi di studio del quinto anno. In pratica, per lo studio del caso (b)
necessario calcolare tutta la successione di equilibri (stabili e, cosa pi complessa, instabili).
Nel caso (c) infine si ha il fenomeno del softening (ammorbidimento). Come illustrato in figura,
esiste un picco di sopportazione del carico P, oltre il quale la resistenza della struttura si deteriora.
Si osserva spesso questo fenomeno quando si hanno dei cedimenti di componenti in strutture
complesse. Anche in questo caso lo studio si deve compiere mediante analisi F.E.M. nonlineari,
calcolando tutta la successione degli equilibri.
3

Ma tale analisi nella pratica molto complessa e costosa, al contrario dellanalisi agli autovalori
utilizzata per il calcolo del carico di biforcazione.
Si sottolinea che i casi (a), (b), (c) si verificano solo quando ci sono delle zone, se non lintera
struttura, sollecitate a compressione, indipendentemente dal tipo di carichi applicati. Se ne deduce
che la compressione ha effetti instabilizzanti, mentre la trazione , allopposto, stabilizzante.
Si riporta di seguito lo studio dellinstabilit di un asta caricata di punta, esempio classico di
buckling con risoluzione in forma chiusa (metodo dellequilibrio adiacente o di Eulero). Si
escludono volutamente dalla trattazione i casi di buckling laterale e flesso-torsionale, che risultano
decisamente pi complessi e di cui si riporteranno solo i risultati. Come necessaria premessa, si
discutono le equazioni di biforcazione, che conducono alla definizione del carico critico come
autovalore e della forma del path secondario come autosoluzione, allo scopo di rassicurare gli
studenti sul fatto che, seppur molte cose cadono dallalto senza quasi giustificazione, in realt
esistono gli strumenti matematici per determinare rigorosamente le soluzioni, sebbene non se ne
faccia uso per semplificare le cose. Altrimenti succede come con i bambini, a cui si spiegano le cose
della vita con le api e i fiori, il cavolo ecc., e loro giustamente ci guardano con compassione perch
a 6 anni chattano in rete col gli amichetti e le amichette col portatile del babbo e la internet key, e
quindi leggono wikipedia.

BIFORCAZIONE: METODO DELLEQUILIBRIO ADIACENTE


Si definiscano preliminarmente le seguenti grandezze:

(si indicata una integrazione in z per strati in quanto i materiali moderni sono stratificati;
possiamo sempre considerare i materiali isotropi come costituiti da strati tutti uguali). Si
introducano quindi le definizioni delle seguenti rigidezze
4

dove i Qij rappresentano i coefficienti elastici E (i,j=1,2,6) e G(i,j=4,5). Nel seguito useremo il
modello classico piastra (da cui si ricava la trave di Eulero-Bernoulli come caso particolare
eliminando ogni dipendenza da y nelle equazioni che otterremo, avendo supposto x come asse della
trave), per cui non faremo uso delle potenze oltre z3.
Occorre precisare, a questo punto, che nel modello piastra x e y sono le coordinate nel piano della
piastra, mentre z la coordinata nella direzione dello spessore. Il sistema di riferimento viene
assunto sul piano di mezzeria della piastra, con origine in uno spigolo. Per conformit con quanto
fatto nei corsi precedenti, non si voluto considerare lasse x come asse della trave fino a questo
punto, e si considerato essere z. Dovendo ricavare le equazioni della trave come caso particolare
dal modello piastra, ora dobbiamo adeguare la simbologia.
Prima di proseguire, soffermiamoci un attimo sul significato di Aij, Bij e Dij..Il primo termine Aij
rappresenta la rigidezza membranale (assiale per la trave), mentre il terzo Dij rappresenta la
rigidezza flessionale della piastra e della trave (nel caso della trave si ha la sola rigidezza D11=EI). Il
secondo termine rappresenta una rigidezza di accoppiamento; questo termine sta a significare che in
generale flettendo una piastra (o una trave) questa si torce e si allunga o accorcia. Nel caso delle
travi, se la loro sezione trasversale simmetrica sopra-sotto, come nel caso di una sezione a I,
flettendole esse non si allunga o accorciano e non si torcono (Bij=0), come viceversa succede ad
esempio con una sezione a T (Bij 0). Questo fatto non mai stato menzionato prima, ma
importante ai fini pratici, come risulta evidente.
Si introducono, inoltre, le seguenti definizioni esplicite delle risultanti in termini degli spostamenti
che intervengono nel modello trave:

Le equazioni di equilibrio che si ottengono dal PLV sono le seguenti due equazioni nel piano:

e la seguente equazione flessionale:

dove il termine a secondo membro rappresenta il carico trasversale distribuito sulla piastra (come se
fosse sabbia o neve, o semplicemente la pressione aerodinamica). Nelle precedenti equazioni si
sono indicate con una virgola seguita dalle lettere x e y le derivate degli spostamenti. Ad esempio,

rappresenta una derivata terza dello spostamento trasversale, quello che chiamiamo freccia, doppia
rispetto a x e semplice rispetto a y.
Nel caso della trave si conservano solo i termini con gli indici 11 e si elimina la seconda equazione
e tutto ci che coinvolge y nelle rimanenti. Il che significa che lequilibrio di una trave
rappresentato dalle equazioni:

che una volta risolte, ci dicono come variano gli spostamenti allinterno della trave; dagli
spostamenti si risale alle deformazioni e da queste alle tensioni, attraverso la legge elastica. In
effetti non necessario considerare la prima equazione (lequilibrio assiale) se, come in tutti i casi
generalmente trattati Bij=0. Comunque essa ci dice che lo sforzo normale Nx costante lungo lasse
della trave. Se agisse uno sfrzo di assiale Nx, la prima equazione invece che essere uguagliata a
zero sarebbe uguagliata a Nx.. La seconda equazione ci pi familiare nella forma
EIw,0xxxx = p
che rappresenta lequazione della linea elstica della trave. Sino ad ora gli equilibri della trave erano
stati rappresentati come equilibri di forze; ora siamo passati alla visione analitica dellequilibrio
mediante equazioni derivate da funzionali (nel nostro caso il PLV).
Esaurite le definizioni, possiamo finalmente partire con il problema dellequilibrio adiacente.
Indicheremo con lapice primo le grandezze relative allequilibrio iniziale (path primario) e con
lapice asterisco le grandezze dello stato perturbato, detto adiacente (path secondario). Le tre
componenti spaziali dello spostamento, u secondo x, v secondo y e w secondo z, si esprimono nello
stato perturbato che rappresenta lequilibrio adiacente come la somma dello spostamento
imperturbato e di una piccola perturbazione, che rappresenta uno spostamento virtuale dovendo
soddisfare agli stessi vincoli (matematicamente alle stesse condizioni al contorno) della soluzione
imperturbata, ed essendo arbitraria:
6

Consideriamo il caso in cui agiscano solo degli sforzi membranali Nx Ny Nxy (se agisse il carico
trasversale non si avrebbe pi biforcazione; anche se non lo sapessimo, ce lo direbbe lequazione
finale, ma scopriremmo di avere perso inutilmente il nostro tempo per ricavarla). Per definizione
questi carichi non variano mentre applichiamo la perturbazione. Se uno stato di equilibrio
perturbato esiste sotto gli stessi carichi e vincoli dello stato imperturbato, per esso deve valere il
principio dei lavori virtuali, come per lo stato imperturbato. Definiamo gli spostamenti virtuali
come

essi essendo arbitrari e chiamati solo a soddisfare i vincoli. Come gli spostamenti, anche le
deformazioni e le tensioni sono costituite dalla somma di una componente con apice primo e di una
con apice asterisco. In questo caso specifico avremo per la variazione virtuale della deformazione (
uguale alla deformazione a cui si applica davanti il simbolo della variazione virtuale):

Poich lo spostamento virtuale arbitrario, per semplicit di notazione stata considerata solo la
variazione virtuale dello stato perturbato con lasterisco, visto che questa semplificazione non
comporta nessuna approssimazione o perdita di generalit. Analogamente, le tensioni si esprimono:

Nel caso delle tensioni non trattandosi di una variazione virtuale non si trascura alcun termine. I
simboli che appaiono nelle definizioni delle deformazioni e delle tensioni indicano: () i termini
dellequilibrio imperturbato (che per i matematici rappresenta la soluzione banale); apice ()*1 i
termini lineari nello stato perturbato (si considera le deformazione nonlineare di von Karnan
1
2

1
2

1
2

x = u , x + w, 2x y = v, y + w, 2y xy = u , y +v, x + w, x w, y ); apice()*2 i termini nonlineari nello stato


perturbato. Quindi il principio dei lavori virtuali si scrive nello stato perturbato:

dove il secondo membro rappresenta simbolicamente il lavoro fatto da Nx Ny Nxy. Poich lesistenza
dellequilibrio adiacente viene messa in luce anche da una piccolissima perturbazione ( come in
auto: non abbiamo bisogno di addentraci per kilometri in una strada che si biforca a un incrocio,
per renderci conto che lincrocio esiste; ce ne accorgiamo sullincrocio stesso) possiamo trascurare i
termini di ordine superiore al secondo nelle grandezze asteriscate (se eliminassimo tutti i termini
lineari otterremmo lequazione di equilibrio banale), ottenendo:

Poich lo stato imperturbato in equilibrio, il lavoro virtuale delle forze esterne deve uguagliare la
variazione virtuale dellenergia di deformazione elastica, che rappresenta il lavoro interno:

Pertanto lequilibrio nello stato perturbato si riduce allequazione:

In termini espliciti, per una trave compressa (che chiamiamo asta caricata di punta) questa
equazione si scinde dopo integrazione per parti e raccogliendo tutti i contributi che moltiplicano
ogni singolo spostamento virtuale arbitrario

dove N x rappresenta il carico di compressione agente sulla trave, di cui vogliamo calcolare il
valore critico. Evidentemente, il terzo termine della seconda equazione svanisce per effetto della
prima equazione. Con i simboli usato correntemente per una trave, la seconda equazione diventa:

EIw, xxxx + N x = 0

(di solito si usa P= N x ). Questa equazione che esprime lequilibrio dello stato perturbato, si risolve
facilmente se si considerano vincoli di appoggio (fisicamente dei carrelli, matematicamente come
dei vincoli che impongono w = 0 ; w, xx = 0 ) poich la soluzione rappresentata da una semplice
sinusoide
8

w = A w sin(

mx
)
L

perch in tal modo lequazione di campo, cio lultima equazione scritta per lequilibrio perturbato
e le condizioni al contorno sono soddisfatte esattamente. Non sar per possibile ricavare
lampiezza della deformazione flessionale A w . Nella precedente espressione dello spostamento
trasversale m rappresenta il numero di semionde. Sostituendo la soluzione nellequazione di
equilibrio si ottiene
Pcrit =

m 2 2
EI
L2

che fornisce il minimo valore del carico critico, quindi il primo che si verifica, con m=1. Lultima
equazione fornisce il carico critico Euleriano, che assume il significato di autovalore, mentre lo
spostamento trasversale precedentemente definito rappresenta lautovettore, detto anche modo o
forma modale.
Evidentemente si giunge alla stessa soluzione utilizzando metodi equivalenti.
METODO BASATO SUGLI EQUILIBRI
Consideriamo di nuovo un'asta caricata con un carico di compressione P, che schematizziamo come
in figura. Questo schema, come tutti i modelli, semplifica la realt, ma in grado di cogliere
laspetto essenziale, qui rappresentato dal punto critico. Lasta considerata infinitamente rigida
assialmente e la sola reazione elastica rappresentata da una molla, la cui rigidezza simula la
rigidezza flessionale dellasta Applicando un disturbo infinitesimo (base del metodo
dellequilibrio adiacente), possiamo calcolare il momento intorno al punto B, MB e poich
infinitesimo (linearizzazione), possiamo scrivere:

Il metodo identifica il punto critico considerando il richiamo elastico. In pratica, se perturbato


lequilibrio primario nasce unazione di richiamo che tende a riportare la configurazione a quella
primaria, lequilibrio considerato stabile. Viene considerato instabile se non si ha il ritorno alla
configurazione stabile e indifferente se non si ha alcuna azione (non viene richiamato, ma non si
allontana).
9

Sulla base di osservazioni sperimentali, possiamo affermare che il sistema stabile quando MB
agisce in direzione opposta al disturbo , che instabile quando MB e sono concordi, e che si in
uno stato di equilibrio neutro se non vi MB, identificando il punto critico attraverso questultima
situazione. In termini matematici:

L'equazione sopra scritta implica che al crescere di P, lo stato del sistema cambi dall'equilibrio
stabile all'equilibrio instabile, passando attraverso lequilibrio neutro. Il passaggio da equilibrio
stabile a instabile per lasta si legge come il fatto che, arrivati al carico critico, la soluzione diritta
che costituisce il path primario diventa instabile, mentre il path secondario stabile, ma nellintorno
del punto di biforcazione esso neutro (tangente orizzontale). Con gli strumenti utilizzati (si
trascurano i termini nonlineari di ordine superiore = linearizzazione) non possibile vedere la
stabilit del path secondario, cio la sua pendenza positiva. Ma si vede il punto a tangente
orizzontale che biforca. Il carico critico kL rappresenta la configurazione a cui corrispondono
molteplici deformate, cio =0 e 0. Cos il carico critico identifica un punto di biforcazione nelle
possibili configurazioni di equilibrio.

Schema dellasta caricata di punta

Considerando uno stato di equilibrio nell'asta, possiamo scrivere:

10

Tale equazione evidentemente soddisfatta per qualsiasi valore di P nel caso in cui si annulli, tale
soluzione chiamata triviale. Per 0 otteniamo invece il carico a buckling.

Un approccio rigoroso al problema del buckling sarebbe piuttosto complesso e ci metterebbe di


fronte alla risoluzione di equazioni nonlineari, si rende quindi utile l'analisi linearizzata, giustificata
in caso di comportamento lineare della struttura prima del raggiungimento del carico critico.

A titolo esemplificativo cerchiamo il carico a Buckling


della trave semplicemente appoggiata.
A tal fine, si considera l'equilibrio al momento nella
configurazione leggermente deformata; si ottiene:

Ove

EI la rigidezza flessionale della colonna. La


soluzione generale :

Fig. A.18 Trave semplicemente appoggiata

Le costanti arbitrarie A1 e A2 devono essere determinate tramite le condizioni al contorno:

ottenendo tramite semplici passaggi:

11

Di qui si ottiene per sostituzione il carico di Buckling:

Sebbene n sia variabile ed identifichi pi carichi e relativi modi di deformazione, l'interesse ricade
sulla soluzione per n=1, che costituisce da un punto di vista pratico il carico critico della struttura.
Tale carico spesso chiamato carico critico euleriano.
Il modo di deformazione dato dall'autosoluzione (detta anche autofunzione) associata:

ove A1 rappresenta l'ampiezza della deflessione e pu assumere qualsiasi valore.


E' importante notare che prima del raggiungimento del carico critico non si ha (nel caso ideale)
deformazione. Tale analisi pu essere ovviamente condotta in maniera del tutto analoga al variare
delle condizioni al contorno.
BUCKLING DI UN PANNELLO PIANO (attraverso gli equilibri)

Il carico a buckling di un pannello ottenuto, come per il caso precedente, considerando una
configurazione leggermente deformata:

ove Nx, Ny, Nxy sono

12

positivi a compressione.

Come esempio si riporta il caso di pannello semplicemente appoggiato caricato a compressione


uniforme come mostrato in figura

Pannello compresso semplicemente appoggiato

L'equazione di governo in questo caso si trasforma in:

Ove

e le condizioni al contorno sono:

13

Sviluppiamo la soluzione in serie di Fourier:

dove m e n sono interi. Poich questa soluzione soddisfa le condizioni al contorno, dobbiamo
solamente assicurare che soddisfi anche l'equazione di governo.
Sostituendola nellequazione di governo otteniamo:

che conduce a

e poich siamo interessati al carico minimo imponendo n=1 il buckling di questo pannello consta in
una singola semionda in direzione y e

il carico critico. Passando alla tensione relativa si ha

ove

14

Il coefficiente k chiamato coefficiente di tensione a buckling. Si noti come il valore di m che


fornisce il minimo Nxc dipende dal rapporto a/b. Per esempio, il valore di m ottimo per un pannello
di rapporto a/b=2 1. Per un pannello di valore elevato di a/b, k=4 risulta una buona
approssimazione.

Coefficiente di tensione a buckling per varie condizioni di vincolo

k1 =

k 2
12(1 2 )

Criterio energetico
La studio della stabilit del punto critico si effettua con il criterio energetico. Tale criterio associa il
concetto di stabilit al segno della derivata seconda dellenergia potenziale. Quando questa risulta
positiva si avr una concavit verso lalto con un conseguente equilibrio stabile, il contrario accade
15

quando essa assuma valore negativo. Il punto critico viene identificato come il valore del carico per
il quale lenergia potenziale totale del sistema cessa di essere definita positiva.
In questa sede ci limiteremo ad una breve esposizione di tale metodo per la risoluzione di pannelli
sottili caricati a compressione e quindi soggetti al fenomeno di buckling.
Assumiamo che il pannello sia caricato con forze agenti solo sul piano medio. A questo punto
dobbiamo considerare solo lenergia di deformazione e il corrispondente lavoro fatto dalle forze
agenti sul pannello. Quindi se tale lavoro risulta essere minore dellenergia di deformazione
corrispondente, la condizione di equilibrio in cui si trova il pannello stabile. Al contrario invece se
si inverte la disuguaglianza la struttura diverr instabile, causando il buckling.
Per calcolare il valore critico del carico per cui insorge il fenomeno appena descritto si impone che:

Il primo termine indica il lavoro fatto dalle forze applicate sul piano medio del pannello, mentre il
secondo lenergia di deformazione dovuta a tali forze.
Esplicitando i termini delluguaglianza:

La soluzione si ottiene andando ad imporre espressioni di w che soddisfano alle condizioni al


contorno imposte (trial functions).
Nel caso di un pannello appoggiato ai lati e uniformemente compresso, lequazione di governo si
scrive:
Nx 2w
4w
4w
4w
+2 2 2 + 4 =
D x 2
y
x y
x 4

Ricordando che
16

Con E modulo di Young e modulo di Poisson.


Assumendo che sotto lazione delle forze il pannello si imbozzi in m semi-onde sinusoidali,
prendiamo la soluzione dellequazione appena scritta nella forma:

w = f ( y ) sin

mx
a

Ove f(y) funzione della sola y, da determinarsi in seguito.


Tale w soddisfa le condizioni al contorno:

w=0 e

2w
2w

=0
+
y 2
x 2

per x = 0 e x = a

Sostituendo si ha lequazione differenziale ordinaria da cui determinare f(y) :

4 f 2m 2 2 2 f m 4 4 N x m 2 2
f =0

D a 2
y 4
a 2 y 2 a 4
Usando la notazione

possibile ricondurre la soluzione generale nella forma:

17

f ( y ) = C1e ay + C 2 e + ay + C 3 cos y + C 4 sin y

Le costanti di integrazione dipenderanno ovviamente dalle condizioni di vincolo sugli altri due lati.

Lati y=0 e y=b incastrati (Caso A)

Nel caso di lati incastrati, le condizioni al contorno di questo problema risultano essere:

Dallimposizione di queste condizioni di vincolo si ottiene:

2
A questo punto esplicitando N x si ricava finalmente lespressione del carico critico ( N x )cr:

( N x ) cr = k x ,cr

2D
b2

E quindi

( x ) cr =

( N x ) cr
2D
= k x ,cr 2
h
b h

Pannello in condizioni di vincolo A

18

Lato y=0 incastrato e lato y=b libero (Caso B)

Nel caso di lato y=0 incastrato e lato y=b libero, le condizioni al contorno di questo problema
risultano essere:
2w
2w

=0
+
x 2
y 2
per y=0

3w
3w
(
2

)
= 0 per y=b
+

x 2 y
y 3

Dallimposizione di queste condizioni di vincolo si ottiene:

2ts + ( s 2 + t 2 ) cos b cosh b =

( 2 t 2 2 s 2 ) sin b sinh b

con
m 2 2
t = +
a2
2

m 2 2
s =
a2
2

A questo punto esplicitando N x si ricava finalmente lespressione del carico critico ( N x )cr:

( N x ) cr = k x ,cr

2D
b2

( x ) cr =

( N x ) cr
2D
= k x ,cr 2
h
b h

Pannello in condizioni di vincolo B

19

Lato y=0 appoggiato, lato y=b libero (Caso C).


In questo caso le condizioni al contorno risultano essere:
2w
2w

=0
+
x 2
y 2
2w
2w

= 0 per y=0
+
x 2
y 2

3w
3w
(
2

)
=0
+

x 2 y
y 3

per y=b

Imponendo queste condizioni di vincolo si ottiene:

m 2 2
2
a2

m 2 2
tanh b = 2 +
a2

tanh b

A questo punto esplicitando N x si ricava finalmente lespressione del carico critico ( N x )cr:

( N x ) cr = k x ,cr

2D
b2

( x ) cr =

( N x ) cr
2D
= k x ,cr 2
h
b h

Pannello in condizioni di vincolo C

20

APPLICAZIONI ED ESERCIZI SULLA STABILITA

21

22

23

24

25

26

27

28

29

30

31

VERIFICA DI UN PANNELLO ALARE COMPRESSO

32

33

34

35

36

INSTABILITA A TAGLIO DEI PANNELLI

37

38

39

40

41

42

43

PANNELLO COMPRESSO STUDIATO COL F.E.M.


Si riportano nel seguito i risultati dellanalisi F.E.M. del pannello compresso con varie condizioni di
vincolo Il pannello modellizzato in MSC Nastran-Patran con elementi piastra a 4 nodi quad4, con
mesh uniforme di 50 elementi per lato, per un totale di 2500 elementi, e quindi la si carica
uniformemente con forze esplorative di 100N sui lati.

Modello F.E.M. per pannello compresso caso A

Si riportano i dati del modello F.E.M.

Nodi di applicazione della forza n


Forze nodali

50

F 100 N

Dati modello F.E.M. per pannello compresso

Assegnate le condizioni di vincolo relative ai vari casi da considerare, ponendo attenzione ad


evitare la singolarit della matrice di rigidezza impedendo i moti di corpo rigido, si richiede a
Nastran il calcolo degli autovalori del sistema.
Nastran fornisce in output lautovalore atteso e gli autovettori ad esso associati; per calcolare la
( x ) cr quindi si dovr moltiplicare tale fattore per il carico distribuito esplorativo assegnato:
44

( x ) cr =

( N x ) * autovalore
h

Ove

(N x ) =

F *n
carico distribuito imposto
b

A questo punto mediante lapplicazione a ritroso delle formule viste in precedenza si calcola:

k=

( x ) cr b 2 h
2D

E per la definizione di k1 nel diagramma di k


( ) b
k1 = x cr
E h

ricordando che

k 2
k1 =
12(1 2 )

Si vuole tuttavia sottolineare che vi sono centinaia di modi di deformazione a Buckling di ordine
superiore al primo che possibile ottenere grazie allausilio di codici ad elementi finiti.
Ad ogni modo di deformazione corrisponde un carico critico diverso, e la previsione dei modi di
deformazione assume un ruolo fondamentale quando essa sia di importanza preliminare per il
funzionamento di esercizio di una struttura (si pensi ad esempio al problema fluidodinamico).
In questottica si riportano ulteriori modi di deformazione di ordine superiore al primo visualizzati
tramite il codice F.E.M. (Caso C)

45

Modi di deformazione di ordine superiore al primo per i casi in esame

Modi di deformazione di ordine superiore al primo per i casi in esame

Analogamente a quanto fatto per la metodologia classica, si riportano i risultati del modello F.E.M.
al variare delle condizioni al contorno e del parametro Q.

46

Lati y=0 e y=b incastrati (Caso A)

Caso A

( x ) cr [N/mm2]

k1

1.0

1,961

6,91

1.1

1,905

6,71

1.2

1,858

6,54

1.3

1,874

6,60

1.4

1,884

6,64

1.5

1,895

6,68

cr e coefficiente k1 caso A metodo classico

Lato y=0 incastrato e lato y=b libero (Caso B)

Caso B

( x ) cr [N/mm2]

k1

1.0

0,446

1,57

1.1

0,385

1,36

1.2

0,370

1,31

1.3

0,344

1,21

1.4

0,333

1,17

1.5

0,330

1,16

Tab. B.14 cr e coefficiente k1 caso B metodo classico

Lato y=0 semplicemente appoggiato e lato y=b libero (Caso C)

Caso C

( x ) cr [N/mm2]

k1

1.0

0,389

1,37

1.1

0,367

1,29

1.2

0,337

1,19

1.3

0,298

1,05

1.4

0,252

0,89

1.5

0,230

0,81

cr e coefficiente k1 caso C metodo classico

47

Confronto tra i metodi classico e F.E.M.


Si riportano in seguito i grafici che mostrano landamento del coefficiente k1 in funzione del
metodo di calcolo.
Lati y=0 e y=b incastrati (Caso A)
7
Metodo classico

6,9

Metodo F.E.M.

6,8

K1

6,7
6,6
6,5
6,4
6,3
1

1,1

1,2

1,3

1,4

1,5

Q (a/b)

Confronto caso A tra metodo classico e F.E.M.


Lato y=0 incastrato e lato y=b libero (Caso B)
1,7
Metodo classico

1,6

Metodo F.E.M.

K1

1,5

1,4

1,3

1,2

1,1
1

1,1

1,2

1,3

1,4

1,5

Q (a/b)

Confronto caso B tra metodo classico e F.E.M.

48

Lato y=0 semplicemente appoggiato e lato y=b libero (Caso C)


1,5
Metodo classico

1,4

Metodo F.E.M.

1,3

K1

1,2
1,1
1
0,9
0,8
0,7
1

1,1

1,2

1,3

1,4

1,5

Q (a/b)

Confronto caso C tra metodo classico e F.E.M.

Si nota come il metodo F.E.M. e quello classico siano generalmente concordanti sullandamento del
coefficiente k1 (scostamento medio minore del 10%).
Il punto di minimo del Caso A per il F.E.M. spostato verso sinistra, tuttavia possibile affermare
anche in questo caso che i risultati siano in buon accordo, in quanto colgono landamento globale.
Allontanandosi da Q 1 1.5 insorgono problematiche dovute a errori di approssimazione troppo
grandi, correlati allimplementazione del metodo sul calcolatore. Si deve osservare come con i
codici a elementi finiti sia pi facile simulare la realt, piuttosto che simulare le condizioni di una
trattazione teorica. Si consideri a titolo di esempio il fatto che la teoria considera vincoli, ad es. lati
appoggiati, senza minimamente tenere conto del fatto che agli spigoli sarebbero impediti del tutto
gli spostamenti e che non si potrebbe applicare i carichi, perdendo luniformit. Una situazione
irreale del genere pu essere solo approssimata col F.E.M.
Allavvicinarsi ai punti di cuspide delle deformazioni, si rende necessario un infittimento della
mesh, poich il codice di calcolo non ha un modo di deformazione che rappresenti il carico critico
corrispondente e ci essenzialmente dovuto al fatto che anchesso viziato da
unapprossimazione causata dalla discretizzazione che si obbligati ad inserire per rendere
possibile la modellizzazione di una struttura. Ovviamente questo errore si ridurrebbe se si andasse
ad infittire la mesh, in quanto ci permette di far visualizzare a Patran, se esistono, modi intermedi a
quelli gi visualizzati ed i relativi autovalori ed autovettori.
49

Si nota come vi sia una generale sovra-stima del coefficiente k1 del metodo F.E.M. nei confronti di
quello classico, mentre questo andamento venga invertito nel caso C. Questo fatto dovuto alla
necessit di imporre un incastro al centro della piastra per rimuovere i moti di corpo rigido,
altrimenti si avrebbe una matrice di rigidezza singolare.
Per quanto detto in precedenza luso di codici ad elementi finiti si rivela nuovamente uno strumento
affidabile e potente, permettendo, sottolineiamo, la modellizzazione di strutture ben pi complesse
di quelle trattate in questa sede, ed evitando lo sforzo di creare un modello matematico risolubile
analiticamente in forma chiusa soggetto a tutte le approssimazioni del caso.
Una analisi dettagliata infatti rende necessario luso di tali codici ai fini di prevedere le possibili
configurazioni che il pannello pu assumere in esercizio, mettendo evidentemente in secondo piano
un approccio con approssimazioni troppo onerose, che si distacchi significativamente dal modello
fisico.
Tale trattazione sicuramente utile a prevedere lincipienza del primo modo di deformazione a
Buckling, ma di scarsa utilit in campo pratico, essendo costretti dal basso modulo di ( x ) cr a
lavorare sempre in campo post-critico.

OSSERVAZIONI SUL F.E.M.


Shear locking.
Il locking si pu definire in generale come leffetto di una rateo ridotto di convergenza per mesh
rozze dipendente da un parametro che diventa critico. Gi la definizione ci fa pensare che si tratti di
un fenomeno complesso; giusto per avere una prima informazione di base si omette la trattazione
teorica, analizzando solamente i risultati. Rappresenta una malattia del F.E.M. che porta a risultati
errati, quindi di importanza fondamentale studiarlo accuratamente e tenerne conto nelle analisi.
Nel caso dello shear-locking, quando le strutture diventano molto sottili, come espresso dal rapporto
L/t tra una lunghezza di riferimento L e lo spessore dellelemento considerato t, contrariamente alla
realt, non si ha deformazione flessionale, ma erroneamente di taglio. Mentre un qualsiasi muratore
sa che quando una tavola, su cui deve camminare con la sua carriola, troppo sottile si flette e
probabilmente si rompe (quindi ne inchioda due o pi una sullaltra) il F.E.M. dice che pi diventa
sottile e pi diventa rigida!
50

Come mostrato dallanalisi matematica dellerrore per elementi di un certo ordine polinomiale, un
rateo ottimale di convergenza non raggiunto finch la dimensione degli elementi utilizzati non
scende sotto un certo limite.
Dal punto di vista pratico si vuole ottenere un errore assoluto basso con il minimo numero possibile
di elementi, anche quando si verificano fenomeni di locking.
Il rateo di convergenza gioca in questo un ruolo fondamentale, rappresentando landamento della
soluzione verso un certo risultato in funzione dellaccuratezza della mesh utilizzata nella
discretizzazione della struttura in esame.
Il modo pi semplice per spiegare le origini del locking probabilmente leffetto della presenza di
stress parassiti. Con stress parassiti si intendono stress che non vengono considerati nella soluzione
esatta di un certo problema, e sono, ad esempio, le forze di taglio trasversale nel caso di flessione
pura di elementi piastra, o stress membranali nel caso di flessione di elementi guscio.
Il non considerare tali stress nel calcolo della soluzione esatta, porta ad una rigidit addizionale
dellelemento. Il rapporto tra questa rigidezza addizionale e la rigidezza dellintera struttura pu
facilmente tendere a 1 per il tendere ad infinito di alcuni parametri, inficiando irrimediabilmente il
comportamento del modello discretizzato della struttura, che si allontana dal comportamento fisico.
Da un punto di vista matematico, il fenomeno del locking considerato piuttosto un mal
condizionamento del sistema di equazioni alle derivate parziali, ovvero la presenza di termini molto
piccoli che portano ad un elevato rapporto tra i coefficienti (le rigidezze) nel sistema discretizzato di
equazioni. Questi termini, cos, tendono ad essere enormemente ampliati in base allinterpolazione
delle funzioni di forma.
Lelemento presenta locking, per un determinato parametro, se non si presenta convergenza
uniforme rispetto a questultimo.
Si riporta come esempio il caso di transverse shear-locking per gli elementi trave di Timoshenko.
Scrivendo lequilibrio al momento si ha che:

51

Per uno spessore molto piccolo, il secondo termine, contenente il modulo di elasticit tangenziale G
(e cos il modulo di rigidezza a taglio), relativamente grande se confrontato al primo, che
rappresenta la flessione.
Il loro rapporto proporzionale a 1/t2, che tende a infinito relativamente in fretta al tendere
di t a 0.

Ogni piccola deviazione dalla soluzione corretta, che consta in definitiva in un valore diverso da
zero tra le parentesi, porta ad una assoluta dominanza della componente tagliante sulla componente
flessionale.
Piccoli errori nella variabili prime w e B sono estremamente amplificati, come tipico per problemi
mal condizionati.

Modello F.E.M. di pannello caricato a taglio

52

Rateo di convergenza della posizione del centro di deflessione

Consideriamo ora lanalisi di una piastra rettangolare di 3x5 m2 e di spessore t=20cm,


completamente incastrata lungo tutti i lati e soggetta a carico uniforme, scalato con t3 in modo da
rendere il risultato indipendente dallo spessore.
Il diagramma mostra il rateo di convergenza (in scala bi-logaritmica) del centro di deflessione
allaumentare del numero di nodi per tre differenti elementi : lelemento bi-lineare Q1, lelemento
bi-quadratico Q2 e lelemento Q1-ans, basato sulla cosiddetta tecnica ANS (Assumed Natural
Strain). I risultati sono confrontati con quelli del modello della piastra di Kirchhoff.
Possiamo immediatamente notare come lelemento Q1 presenti il fenomeno dello shear-locking in
modo critico (con enormi oscillazioni del valore dei flussi di taglio che non seguono la soluzione
esatta) . Neanche lelemento Q2, per quanto permetta una buona approssimazione dei risultati,
tuttavia completamente libero dal fenomeno di shear-locking, presentando anchesso oscillazioni,
sebbene pi contenute, rispetto allandamento esatto del valore dei flussi.

53

Andamento oscillante negli stress di taglio trasversale

Da quanto fin qui visto, ed in riferimento alla definizione data in precedenza, il locking affligge il
rateo di convergenza piuttosto che un particolare risultato o errore.

In ogni caso, al raffinarsi della mesh, sia gli elementi locking-free che gli elementi che ne
soffrono presenteranno lo stesso rateo di convergenza dato dallordine delle funzioni di forma.
I risultati ottenuti dallelemento Q1-ans, dimostrano come luso di formulazioni avanzate per il
problema ad elementi finiti, (sebbene in contrasto con la formulazione classica agli spostamenti
nodali) possano risolvere il problema del locking senza richiedere sforzi numerici addizionali.

Concentrazioni di tensioni
La fase di pre-processing molto importante per una corretta risoluzione del problema elastico ad
elementi finiti. Presupponendo una mesh abbastanza raffinata e luso di elementi consoni ai risultati
che si vogliono ottenere, la modellizzazione della struttura sicuramente un punto molto
54

importante.
In questottica la modellizzazione ad elementi finiti di giunzioni strutturali un problema molto
frequente, e di enorme interesse ingegneristico.
Poich il metodo ad elementi finiti impone la scelta di elementi con campo di spostamento imposto,
si deve fronteggiare anche il problema di semplificare tali giunzioni senza inficiare troppo i risultati
ottenuti per effetto di fenomeni di tipo locale (ex. presenza di forze puntuali, bulloni, rivetti etc..)
Si riporta come esempio una analisi volta a vagliare la validit di ipotesi di incollaggio ideale dei
pannelli sui correnti di un cassone. Lanalisi precedentemente condotta non pu cogliere fenomeni
di tipo locale, dovuti al fissaggio tramite rivettatura in un numero finito di punti (si noti che vi sono
in realt numerosissime tecniche di incollaggio, ma si voglia in questa sede porre solo lattenzione
sulle conseguenze del trascurare fenomeni di tipo locale).
Questi punti saranno perci luogo di singolarit, dove le tensioni si concentreranno e
creeranno dei picchi, potenzialmente dannosi (accumulo di danno in servizio e cedimento
prematuro per fatica).

Sforzi nel cassone indotti dalla presenza dei rivetti

Si pu notare come vi siano dei picchi di tensione in corrispondenza dei rivetti nella soluzione
F.E.M. mostrata in figura.
55

Analisi F.E.M. degli sforzi nellintorno di un rivetto

Andamento delle tensioni sul pannello superiore dovute alla presenza dei rivetti

Tali picchi di tensione sono pericolosi per lintegrit della struttura in quanto potrebbero creare
linsorgere di cricche in corrispondenza dei rivetti. Aumentando il numero dei rivetti si ottiene un
effetto benefico di riduzione di tali picchi, e di un aumento della frequenza di oscillazione della
tensione lungo il corrente. Tuttavia, oltre un certo infittimento la struttura si rompe (effetto carta
igienica).

56

Andamento delle tensioni nel pannello superiore allaumentare del numero dei rivetti

La fase di post-processing una fase in cui un software apposito traduce i risultati ottenuti dal
software di processing (che risolve il problema elastico) in forma grafica in modo da facilitare la
lettura dei risultati.
Essendo i risultati da elaborare in fase di post-processing relativi a grandezze definite sui nodi
(semplificazione che sta alla base del metodo F.E.M) il compito dei programmi specifici diviene
quello di interpolare correttamente i risultati contenuti nei file di output del software di processing.
Si riporta in figura un esempio di interpolazione degli stress degli elementi nellintorno di un foro
rettangolare ottenuto dal cassone analizzato in precedenza.

57

Esempio di visualizzazione grafica dellinterpolazione dei risultati ottenuti tramite il processing

File di output

Si vuole chiudere questa parte facendo il punto sullaspetto informatico di una progettazione del
tipo C.A.E. I software in fase di processing generano i file di output nel proprio formato
proprietario, che pu per essere aperto con un comune editor di testo per comprendere se vi siano
stati problemi nellesecuzione dello script e gestire tali problemi.
Nel caso di MSC.Nastran il file di output nominato in genere jobname.f06, del quale si riporta
una parte a titolo di esempio.
Da esso possibile risalire infatti a problemi che non vengono riportati dal software di postprocessing, quali ad esempio la singolarit della matrice di rigidezza (dovuta in genere a moti di
corpo rigido). Ritroviamo nel file di output ogni risultato richiesto in fase di creazione del deck di
analisi, dagli spostamenti nodali, ai modi di deformazione, agli stress, alle risultanti.
Possono sorgere quindi problemi in caso si vogliano utilizzare per la stessa analisi programmi di
software-house differenti, a causa della ancora scarsa compatibilit tra applicativi del settore, anche
dovuta allinteresse di questultime alla vendita di pacchetti applicativi all-in-one.

58

Parte del file .f06 di output

59

1903-2003 100 ANNI DI AVIAZIONE:


LA STORIA DEL FUTURO 1
Il primo volo dei fratelli Wright il risultato di molti tentativi volti a portare luomo a volare, ma
anche il coronamento di un sogno dellumanit da sempre, che ha le sue radici mitologiche nel volo
di Icaro e che ha cominciato ad essere scienza e tecnica, non sol attraverso Leonardo da vinci
I concetti fondamentali che hanno guidato consentito alluomo di volare, centanni or sono,
vengono oggi ripresi in considerazione, per permettere allaeronautica di iniziare una nuova fase.
Infatti, a partire dallala utilizzata dai pionieri del volo, si pensato nellultimo ventennio di
realizzare ali capaci di cambiare profilo, spessore, simmetria e curvatura, allo scopo di adattarsi
alle condizioni di volo e ottimizzare le prestazioni del velivolo. Il motivo di questa ripresa da
ricercarsi nella modellabilit delle ali dei Wright, fatte di tele e governate da tiranti; esse
potevano bene adattarsi, cambiando forma e non necessitavano di superfici di comando
indipendenti dallala stessa: leffetto dei tiranti poteva modificare curvatura e simmetria ai fini
del controllo e dellottimizzazione del volo.
Poich lispirazione per il progetto di nuove ali per il futuro partita proprio dalla rilettura in chiave
moderna dellaereo dei fratelli Wright, si ritiene opportuno sottolineare la portata di questa
invenzione, tracciandone una breve storia.

Dallaquilone allaliante
Nell'estate del 1899, poco dopo aver a lungo studiato la letteratura sul volo e sulle forze
aerodinamiche (si studiava e si era arrivati quasi al nostro livello di conoscenze teoriche, ma
nessuno aveva ancora avuto il coraggio, la pazzia, la fortuna o la capacit di realizzare
effettivamente un aereo), i Wright costruirono il loro primo manufatto aeronautico: un aquilone
biplano di 152,5 cm (5 piedi) d'apertura alare.

Materiale non oggetto desame

60

Avevano infatti deciso di usare gli alianti come tappa intermedia per giungere ad un aeroplano
motorizzato che funzionasse. In quest'ottica, l'aquilone era stato costruito come banco di prova per
stabilire la fattibilit del sistema di controllo che avevano progettato di usare per il loro primo
aliante a grandezza naturale. Questi controlli sarebbero stati una caratteristica primaria del loro
successivo aeroplano motorizzato.
Invece di controllare il mezzo modificando il centro di gravit spostando il peso del pilota come
avevano fatto i precedenti pionieri del volo i Wright intendevano bilanciare aerodinamicamente il
loro aliante. Dato che un'ala sviluppa una portanza quando investita da un flusso d'aria, pensarono
che se si fosse prodotta una portanza asimmetrica alle estremit delle ali ci avrebbe fatto alzare una
semiala pi dell'altra e di conseguenza l'intero velivolo avrebbe virato. Un sistema meccanico che
avesse causato questa portanza asimmetrica avrebbe dato al pilota un efficace controllo laterale
dell'aeroplano.
I Wright raggiunsero lo scopo svergolando in direzioni opposte le estremit delle ali, con una serie
di cavi collegati ad esse e manovrati dal pilota. L'idea fece progredire in modo significativo la
sperimentazione aeronautica, perch forn un efficace modo per pilotare un aeroplano in uno spazio
tridimensionale e perch, essendo basato su forze aerodinamiche, non limitava la dimensione
dell'aeromobile, come ovviamente faceva lo spostamento del peso del pilota. La soddisfacente
prestazione dell'aquilone del 1899 dimostr la praticabilit del sistema di controllo mediante lo
svergolamento dell'ala.
Incoraggiati dal successo del loro piccolo aquilone, nel 1900 e 1901 i due fratelli costruirono e
pilotarono due alianti a grandezza intera.
Oltre alla questione della manovra, dovettero sviluppare un efficiente profilo aerodinamico e
risolvere fondamentali problemi di progetto strutturale. Come l'aquilone, anche questi alianti erano
biplani. Per controllare la salita e la discesa essi avevano degli equilibratori montati
orizzontalmente; nessuno dei due aveva la deriva.

Verso il primo volo


A Dayton (Ohio), dove abitavano i Wright, non c'erano le
condizioni adatte per far volare gli alianti. Una richiesta
di informazioni presso l'Ufficio meteorologico degli Stati
Uniti identific Kitty Hawk, nel North Carolina, come il
luogo ideale per effettuare le prove, con i suoi spazi ampi
e sabbiosi e i suoi venti
forti e costanti.
Sebbene il sistema di
manovra funzionasse bene
e il progetto strutturale del

61

manufatto fosse adatto, la portanza degli alianti dei Wright era parecchio inferiore a quanto previsto
dai calcoli ed essi iniziarono a dubitare dei dati aerodinamici che avevano usato.
Giunti ad un punto critico, Wilbur e Orville decisero perci di effettuare una gran numero di prove
sui profili alari. Nella primavera del 1901 costruirono una piccola galleria del vento con la quale
raccolsero moltissimi dati aerodinamici, che usarono nella progettazione del loro successivo aliante.
Il cuore della galleria del vento dei Wright era una coppia di strumenti che misuravano, su piccoli
modelli di profili alari, i coefficienti di portanza e di resistenza,
ossia i termini delle equazioni aerodinamiche su cui i due fratelli
avevano dei dubbi.
Il terzo aliante dei Wright, costruito nel 1902 e basato sugli
esperimenti con la galleria del vento, fu un incredibile successo. I
problemi di portanza erano stati risolti e con poche migliorie al
sistema di manovra, di cui la principale fu una coda verticale
manovrabile, poterono effettuare parecchie planate controllate e
su lunga distanza. Nello stesso anno fecero fra i settecento ed i
mille voli, di cui il migliore dur 26 secondi e percorse quasi 190
metri (622,5 piedi, per la precisione). I due fratelli erano ormai
convinti di essere ad un passo dalla realizzazione del volo
meccanico.
Durante la primavera e l'estate del 1903 i Wright costruirono il
loro primo aeroplano propulso a motore. Esso era essenzialmente
una versione pi grande e robusta dell'aliante del 1902, il cui unico importante nuovo componente
era il sistema propulsivo.
Con l'aiuto di Charles E. Taylor, noto anche come
Charley Taylor, un meccanico della loro officina di
biciclette, i fratelli Wright realizzarono un piccolo motore
a benzina, della potenza di 12 hp, che fu posizionato
centralmente sull'ala inferiore del Flyer.
Anche se il motore era un bel passo in avanti, la vera
caratteristica
innovativa
del
sistema
propulsivo furono
le eliche. I due
fratelli
le
pensarono come ali che ruotavano e che producevano
aerodinamicamente una forza spingente orizzontale. Il
ragionamento fu il seguente: se si mette in verticale la
sezione di un'ala e poi la si ruota opportunamente per
creare un flusso d'aria sulla superficie allora si genera una
forza "portante" orizzontale che spinge in avanti l'aeroplano. Quest'idea fu uno degli aspetti pi
originali
e
creativi
del
lavoro
aeronautico
dei
Wright.
L'aeroplano del 1903, denominato Flyer, fu dotato di due eliche montate posteriormente alle ali e
collegate al motore con una trasmissione a catena e ruota
dentata.
Per l'autunno il Flyer era pronto e nel settembre 1903 fu
spedito a Kitty Hawk. Numerosi problemi col sistema di
trasmissione del motore ritardarono il primo tentativo di
volo fino a met dicembre. Dopo aver scelto, lanciando
una moneta, chi dei due fratelli avrebbe fatto il primo
tentativo di volo, il 14 dicembre 1903 Wilbur si mise al
62

posto di pilotaggio. L'aeroplano, messo controvento, era montato su di un carrello che scorreva su
un binario di lancio, posizionato a terra, lungo 18,30 metri (60 piedi).
Per la scarsa confidenza coi comandi, durante il decollo Wilbur sollev con troppa decisione il
Flyer, che stall e cadde, rompendo un pattino ed altri piccole parti; Wilbur rimase incolume. Il
primo tentativo era fallito, ma ormai il fatidico momento si avvicinava e le riparazioni necessarie
avrebbero solo posticipato di qualche giorno il primo vero volo.
La mattina del 17 dicembre 1903 pilotarono il Flyer, sfidarono la sorte. Furono fortunati: migliaia
di piloti, dopo di loro, non lo furono altrettanto: alle 10.30 i Wright e gli altri uomini avevano
posizionato il Flyer sul binario di lancio, che lo teneva staccato dal terreno di una ventina di
centimetri. Wilbur e Orville fecero girare le eliche e il motore si avvi scoppiettando.
Era il turno di Orville di provare a volare, ed egli si
sistem sul Flyer. Istintivamente fece quello che da allora
ogni buon pilota ha fatto prima di decollare: controll il
funzionamento dell'equilibratore, del timone di direzione
e del sistema di svergolamento delle ali. Mentre Orville
faceva questi controlli, Wilbur incaric Daniels di scattare
una foto nell'istante in cui il Flyer avesse raggiunto la fine
del binario.
Alle 10.35 circa, Orville moll il cavo che lo tratteneva e
la macchina inizi a muoversi sulla rotaia, contro un
gelido vento che soffiava a circa 27 miglia all'ora. Wilbur
correva a lato dell'aeroplano. Dopo aver percorso poco pi di 12 metri (40 piedi), ossia i due terzi
della rotaia, il Flyer si sollev in aria e tutti i presenti gridarono d'entusiasmo. Come aveva fatto
Wilbur tre giorni prima, anche Orville sottostim l'efficacia dell'equilibratore, e la macchina cabr
velocemente. Altrettanto velocemente Orville contrast la cabrata con l'equilibratore e la macchina
picchi. Di nuovo su, di nuovo gi, per 12 secondi, finch il Flyer atterr a circa 36,5 metri (120
piedi) dalla fine della rotaia, il pilota e l'aeroplano intatti, eccetto un pattino rotto. Per la prima volta
una macchina volante aveva decollato da terra, viaggiato in aria ed aveva atterrato sotto il controllo
del suo pilota. Orville Wright fu il primo uomo a volare con una macchina pi pesante dell'aria
propulsa da un motore. Sicuramente, il pilotaggio era stato ondivago ed incerto, ma era in ogni caso
pilotaggio. Orville e Wilbur erano euforici, ma non
soddisfatti.
Alle 11.20 circa fecero un secondo volo, di poco pi di 53
metri (175 piedi), con Wilbur ai comandi. Venti minuti
pi tardi Orville vol per la terza volta ed atterr a 61
metri (200 piedi) dal punto di partenza. Infine, a
mezzogiorno, Wilbur decoll per la quarta volta. L'inizio
del volo fu pi o meno come gli altri tre. Il Flyer inizi a
ballare mentre il pilota lottava per controllare
l'equilibratore.
Ma dopo circa
90 metri (300 piedi), Wilbur finalmente prese confidenza
con l'equilibratore e il Flyer cominci a stabilizzarsi.
Aveva superato il segno dei 244 metri (800 piedi) quando
l'aeroplano fu colpito da una raffica di vento e ricominci
il suo volo selvaggio. Wilbur lott con esso per pochi
secondi, cercando di riprendere il controllo, quando il
Flyer precipit improvvisamente al suolo. Il velivolo
atterr a quasi 260 metri (852 piedi) di distanza dal punto

63

di partenza, dopo un volo durato 59 secondi. Il brusco atterraggio ruppe i pattini ed i supporti
dell'equilibratore frontale, ma tutto il resto era intatto. Wilbur e Orville erano soddisfatti: il Flyer
aveva volato.
Trasportando l'aeroplano verso il punto di lancio, gli uomini discussero sulla possibilit di riparare
l'equilibratore e di fare un volo ancora pi lungo. Sfortunatamente, appena appoggiarono la
macchina a terra, per riposarsi, un'improvvisa raffica di vento sollev un'ala. Il velivolo si
danneggi completamente, la raffica lo ridusse ad un mucchio di legna da ardere e di tela strappata:
non poteva essere fatta nessuna riparazione immediata. Daniels, fortunatamente, non si fece
neppure un graffio. I voli a Kitty Hawk furono interrotti e la macchina danneggiata fu rispedita a
Dayton. Il Flyer, il primo vero aeroplano al mondo, non avrebbe mai pi volato.
I Wright si recarono a piedi fino all'Ufficio meteorologico di Kitty Hawk per spedire il seguente
telegramma al padre, a Dayton:
SUCCESSO QUATTRO VOLI GIOVED MATTINA TUTTI CONTRO VENTO VENTUNO
MIGLIA PARTITI SUOLO SOLO FORZA MOTORE VELOCIT MEDIA ARIA TRENTUNO
MIGLIA MAGGIORE 57 SECONDI INFORMA STAMPA NATALE CASA. OREVELLE
WRIGHT.
Molto tempo dopo il volo di Kitty Hawk, gli ingegneri aeronautici hanno analizzato le
caratteristiche di volo del Flyer e hanno scoperto che l'equilibratore, eccessivamente sensibile, lo
rendeva quasi incontrollabile. Una simulazione col computer mostr che il pilota aveva bisogno dei
riflessi di un atleta professionista per tenere il velivolo in aria. Sotto tutti gli aspetti, i fratelli Wright
erano dei piloti meravigliosi.

Il diario di Orville Wright


Cos Orville Wright registr sul suo diario la giornata del 17 dicembre 1903:

Quando ci svegliammo soffiava da nord un vento fra le 20 e le 25 miglia. Tirammo fuori la


macchina molto presto ed esponemmo il segnale per gli uomini della stazione. Prima che fossimo
pronti arrivarono John T. Daniels, W. S. Dough, A. D. Etheridge, W. C. Brinkley di Manteo e
Johnny Moore di Nags Head. Dopo aver fatto girare per alcuni minuti il motore e le eliche per
riscaldarli, salii sulla macchina alle 10:35 per il primo tentativo. Il vento, secondo i nostri
anemometri in quel momento, stava soffiando a poco pi di 20 miglia, a 27 secondo gli anemometri
statali di Kitty Hawk. Mollata la fune la macchina part accelerando probabilmente fino a 7 o 8
miglia di velocit. La macchina si sollev dal carrello proprio quando giunse alla quarta traversa.
Il signor Daniels fece una fotografia nel momento in ci lasciava i binari. Trovai il controllo
dell'equilibratore piuttosto difficile a causa del suo bilanciamento troppo vicino al centro, avendo
perci la tendenza a ruotare quando azionato, cosicch si gir troppo da una parte e poi troppo
dall'altra. Di conseguenza la macchina si sollev improvvisamente a circa 10 piedi e poi altrettanto
improvvisamente, ruotando l'equilibratore, si diresse verso terra. Un'improvvisa caduta quando era
a circa 100 piedi dal termine dei binari mise fine al volo. Tempo di circa 12 secondi (non
64

conosciuto con sicurezza perch l'orologio non fu immediatamente fermato). La leva per togliere
motore si ruppe, e il pattino sotto il timone s'incrin. Dopo le riparazioni, alle 11 e 20 Will fece il
secondo tentativo. Il percorso fu pressappoco come il mio, su e gi ma un po' pi lungo in volo
sebbene circa lo stesso come tempo. Distanza non misurata ma circa 175 piedi. Velocit del vento
certamente non cos forte. Con l'aiuto degli uomini della stazione presenti, sollevammo la macchina
e la riportammo al punto di partenza. Alle 12 meno 20 feci il terzo tentativo. Quando fui pi o meno
alla stessa distanza di Will, incappai in una raffica di vento che sollev l'ala sinistra e devi
energicamente verso destra la macchina. Immediatamente ruotai l'equilibratore per far scendere la
macchina e poi agii sui controlli d'estremit. Con nostra grande sorpresa, l'ala sinistra colp terra
per prima, rivelando che il controllo laterale di questa macchina era molto pi efficace di quello di
qualsiasi altra nostra precedente. Al momento della sua deviazione si era alzata ad un'altezza
probabilmente fra i 12 e 14 piedi. Alle 12 in punto Will inizi il quarto ed ultimo viaggio. La
macchina part con le sue salite e discese come aveva fatto precedentemente, ma dopo aver
percorso trecento o quattrocento piedi la controllava molto meglio, e faceva un percorso
abbastanza rettilineo. Procedette in questo modo finch raggiunse un piccolo rilievo che distava
circa 800 piedi dal punto di partenza, ed allora inizi nuovamente il suo beccheggio e precipit
improvvisamente al suolo. L'equilibratore si ruppe malamente, ma la struttura principale non ebbe
assolutamente danni. La distanza sul terreno fu di 852 piedi in 59 secondi. Il regime di rotazione
del motore era 1071, ma ci comprende parecchi secondi quand'era ancora al punto di partenza e
probabilmente mezzo secondo dopo l'atterraggio. L'urto dell'atterraggio riazzer lo strumento sulla
macchina cosicch non abbiamo un'esatta registrazione per i 1071 giri. Will fece una fotografia del
mio terzo volo proprio prima che la raffica colpisse la macchina. La macchina lasci con successo
le guide di scorrimento ad ogni tentativo, e la coda non si impigli mai nel carrello come avevamo
temuto.
Dopo aver tolto il timone anteriore, riportammo la macchina verso la baracca. Appoggiammo la
macchina a pochi piedi dal lato occidentale dell'edificio, e mentre eravamo in piedi a discutere
dell'ultimo volo, un'improvvisa raffica di vento colp la macchina ed inizi a rovesciarla.
Corremmo tutti per fermarla. Will che era vicino ad un'estremit corse sul davanti, ma troppo tardi
per combinare qualcosa di buono. Il signor Daniels ed io afferrammo i longheroni dietro, ma senza
risultati. La macchina si rovesci gradualmente su di noi. Il signor Daniels, che non aveva
esperienza nel maneggiare una macchina di questo tipo, si aggrapp ad essa dall'interno e di
conseguenza fu rovesciato e ribaltato continuamente con essa. La sua salvezza fu miracolosa, dato
che era insieme al motore e alle catene. I supporti del motore erano tutti staccati, le guide delle

65

catene malamente piegate, parecchi montanti, e quasi tutte le estremit delle centine erano
spezzate. Si ruppe un solo longherone.

Il Flyer
Il 17dicembre 1903 i fratelli Wright inaugurarono a Kitty Hawk, North Carolina, l'era dell'aereo,

con i primi voli di una macchina volante pi pesante dell'aria. Questa macchina nota come Wright
Flyer, Flyer 1, Flyer 1903 o anche Kitty Hawk Flyer. L'aeroplano era il risultato finale di un
sofisticato programma di ricerca e sviluppo durato quattro anni, che Wilbur e Orville Wright
avevano iniziato nel 1899. Il Flyer era praticamente una versione ingrandita ed irrobustita
dell'aliante del 1902, a cui era stato aggiunto un motore e delle eliche.
Durante il progetto e la costruzione dei loro aeromobili sperimentali, i due fratelli furono fra i primi
a utilizzare molti dei principi e delle tecniche fondamentali della moderna ingegneria aeronautica,
come l'uso della galleria del vento o la progettazione basata sui risultati di voli di prova.
Il Flyer 1 fu l'unico aeroplano che i Wright cercarono di conservare. Danneggiato dopo il quarto
volo, lo imballarono e rispedirono a Dayton, dove rimase immagazzinato in un capanno dietro la
loro officina di biciclette, senza essere pi toccato per oltre un decennio. Nel marzo del 1913
Dayton fu colpita da una grave inondazione, durante la quale le casse contenenti il Flyer furono
sommerse dall'acqua e dal fango per undici giorni. Nell'estate del 1916 l'aeroplano fu sballato, per
la prima volta dopo Kitty Hawk, e Orville (Wilbur era morto nel 1912) lo ripar e riassembl per
una breve mostra al Massachusetts Institute of Technology, usando quanti pi pezzi originali gli fu
possibile. Successivamente il velivolo apparve in parecchie altre mostre, come il New York Aero
Show nel 1917, l'incontro della Society of Automotive Engineers a Dayton nel 1918, il New York
Aero Show nel 1919 e le National Air Races a Dayton nel 1924. Ogni volta il Flyer fu preparato e
montato per la mostra da Jim Jacobs, un meccanico della
Wright Company che lavorava sotto la supervisione di
Orville.
Nel 1928 Orville Wright invi in prestito il suo aeroplano
al Museo della Scienza di Londra. Prima di spedirlo in
Europa, Orville e Jim Jacobs restaurarono estensivamente
il Flyer. Il rivestimento di tessuto fu completamente
rimpiazzato da nuovo materiale, anche se dello stesso tipo
dell'originale mussolina "Pride of the West". Il tessuto
originale del 1903 che ricopriva l'aeroplano fu tuttavia
preservato.
66

Orville Wright mor il 30 gennaio 1948.


Attraverso un'originale ricerca scientifica i fratelli Wright scoprirono i principi del volo umano; da
inventori, costruttori e piloti svilupparono ancor pi l'aeroplano, insegnarono all'uomo a volare e
inaugurarono l'era dell'aviazione.

La tecnica del Flyer 1


Il Flyer un biplano monoposto e monomotore, con architettura canard, propulso da
due eliche spingenti, la cui massima efficienza aerodinamica pari a circa 8.
La struttura dell'ala costituita da 2 longheroni in abete rosso e 38 centine in frassino.
Il longherone anteriore vicino al bordo d'attacco, il posteriore a circa il 70% della
corda. Il bordo d'uscita costituito da un filo metallico su cui vincolato il tessuto di
rivestimento, che tirando crea la caratteristica dentellatura. Il tessuto utilizzato
mussolina, di color naturale e non trattata, tagliata di sbieco, che copre sia l'estradosso
sia l'intradosso dell'ala. Una caratteristica interessante che l'intelaiatura "fluttua"
dentro delle tasche di tessuto cucite internamente, il che rende la copertura parte
integrante della struttura e fa s che l'aeroplano sia leggero, forte e flessibile.
L'ala presenta un diedro negativo di 1 18' (a terra) ed ha un'apertura di 12,29 metri; la
semiala destra pi lunga di quella sinistra di 10,1 cm per compensare l'eccentricit del peso del
motore. L'ala superiore e quella inferiore sono collegate fra loro da 9 coppie di montanti verticali in
abete rosso, fissati ai longheroni ed irrobustiti da un'abbondante controventatura in fili d'acciaio. La
distanza fra le ali 1,89 metri. Il profilo alare concavo-convesso. La corda 1, 98 metri e lo
spessore massimo percentuale 1/20. La superficie alare complessiva del Flyer 47,38 metri
quadri; l'allungamento dell'ala 6,2.
Le travature in frassino che costituiscono il pattino d'atterraggio si prolungano anteriormente e
sorreggono l'equilibratore biplano, completamente mobile, di 4,46 metri quadri di superficie
complessiva. Il doppio timone di direzione verticale, posto posteriormente, ha una superficie
complessiva di 1,95 metri quadri. Sia gli equilibratori sia i timoni sono ricoperti con lo stesso
tessuto usato per l'ala.
L'altezza del Flyer 1 2,81 metri e il suo peso a vuoto 274 chilogrammi, che salivano a circa 342 a
pieno carico. La grande superficie alare e il basso peso gli
conferiscono un ridottissimo carico alare, di poco superiore
ai 7 kg/m.
L'impianto propulsivo costituito da un semplice motore a
benzina progettato e costruito in sei settimane dai fratelli
Wright, aiutati da Charles E. Taylor, un meccanico loro
dipendente a cui sono collegate, mediante ruote dentate e
catene di bicicletta, 2 eliche spingenti. Il rapporto di
riduzione pari a 0,28.

67

Le eliche, fissate a dei montanti, sono posizionate dietro l'ala e sono controrotanti, per annullare la
coppia di reazione. Sono costruite con due strati di abete rosso, ciascuno spesso 4,5 centimetri (1,75
pollici), incollati insieme. Il loro regime di rotazione massima 450 giri al minuto e il diametro
2,44 metri. Le eliche hanno un eccellente rendimento, pari al 66%. Il motore, di poco pi di 3.300
cc di cilindrata, ha 4 cilindri con corsa ed alesaggio di 101,6 mm (4 pollici). raffreddato a liquido
ed ha un caratteristico radiatore, disposto verticalmente
a guisa di montante fra le due ali. La sua potenza di
circa 12 cavalli a 1020 giri al minuto. Il motore
sistemato sull'ala inferiore, attaccato ai longheroni, in
posizione asimmetrica rispetto all'asse di mezzeria del
velivolo. L'eccentricit del peso e dell'ingombro
aerodinamico compensata dall'opposta simmetria del
posto di pilotaggio, nonch dalla maggiore lunghezza
della semiala destra, su cui posizionato il motore.
Il pilota manovra l'aeroplano stando prono sulla
semiala inferiore sinistra, con il viso volto in avanti. Il
controllo laterale si ottiene svergolando in direzioni
opposte il bordo d'uscita delle estremit alari. Esse sono
collegate con dei cavi ad una sella scorrevole lateralmente, montata sull'ala inferiore, su cui il pilota
appoggia i suoi fianchi. Spostando i fianchi a destra o sinistra, il pilota svergola le ali e muove
contemporaneamente anche il doppio timone di direzione, pure lui collegato alla sella. Il controllo
68

verticale, infine, ottenuto manovrando con la mano sinistra una leva collegata con dei cavi
all'equilibratore biplano.

Caratteristiche tecniche del Flyer 1


Costruttore

Wilbur e Orville Wright Dayton, Ohio

Anno di costruzione

1903

Apertura alare

12,30 m (40 ft 4 in). La semiala destra pi lunga


di 10 cm (4 in) per compensare l'eccentricit del
peso del motore.

Lunghezza

6,40 m (21 ft)

Altezza

2,81 m (9 ft 3 in)

Peso a vuoto

274 kg (605 lb)

Diedro, a terra

- 1 18'

Corda alare

1, 98 m (6 ft 6 in)

Spessore relativo del profilo alare 1/20


Separazione fra le ali

1,89 m (6 ft 1 in)

Superficie alare

47,38 m (510 sq ft)

Equilibratori

due, orizzontali, di 4,46 m (48 sq ft) di superficie


complessiva, posti anteriormente

Timoni di direzione

due, verticali, di 1,95 m (21 sq ft) di superficie


complessiva, posti posteriormente

Motore

Wright, 4 cilindri a benzina, 12 hp

Il Flyer 1 attualmente conservato al National Air and Space Museum, sezione Milestones of Flight
Gallery, della Smithsonian Institution.

Voli effettuati dal Flyer 1


Data

Distanza

Durata

Pilota

17 /12/1903 ore 10.35

36,5 m (120 ft)

12 s

Orville Wright

17 /12/1903 ore 11.20

53 m (175 ft)

Wilbur Wright

17 /12/1903 ore 11.40

61 m (200 ft)

Orville Wright

17 /12/1903 ore 12.30

260 m (852 ft)

59 s

Wilbur Wright

In tutta la sua carriera il Flyer 1 percorse in volo solo 410 metri e rimase in aria per meno di due
minuti. Come termine di paragone per valutare il progresso aeronautico basti ricordare che il Rutan
69

Voyager, il primo aereo ad effettuare il giro del mondo senza scali intermedi e senza rifornimento in
volo, nel suo record percorse 40.212 km volando continuativamente per 9 giorni, 3 minuti e 44
secondi. Il volo fu effettuato dal 14 al 23 dicembre 1986, cio 83 anni dopo il primo volo dei fratelli
Wright.

L'evoluzione del Flyer


Una raffica di vento mise fine alla carriera del Flyer 1, distruggendolo. Ma i Wright avevano gi
raggiunto quello che si erano prefissi: dimostrare la bont della loro formula per una macchina
volante pi pesante dell'aria.
Nel 1904 e 1905 costruirono delle versioni migliorate del Flyer. L'ultima versione era un aeroplano
finalmente pratico e i due fratelli avevano ormai risolto i problemi fondamentali del volo meccanico
portanza, propulsione e manovrabilit concludendo cos il
loro programma sperimentale iniziato nel 1899 con il primo
aquilone.
Il Flyer 2 era leggermente pi grande e robusto del Flyer 1 ed
aveva un nuovo motore della potenza di 16-17 cavalli. Con
quest'aeroplano i fratelli Wright compirono pi di cento voli, di
cui notevoli furono quello del 15 settembre 1904, durante il quale
Wilbur effettu con successo la prima virata, e quello del 9
novembre, che dur oltre 5 minuti coprendo una distanza di 4.600
metri. I voli si svolsero vicino a Dayton, sui prati di Simms
Station.
La prima versione del Flyer 3, che Orville port in volo il 23
giugno 1905, aveva una nuova cellula ma usava lo stesso sistema propulsivo del Flyer 2.
Essenzialmente era lo stesso progetto ed aveva le stesse prestazioni del Flyer 1 e del Flyer 2. Il 14
luglio 1905 il Flyer 3 ebbe un grave incidente. Nel ricostruirlo i Wright modificarono radicalmente
il progetto: quasi raddoppiarono sia le dimensioni degli equilibratori e dei timoni di direzione sia la
loro distanza dalle ali; aggiunsero due pannelli verticali, che chiamarono "paraocchi", fra gli
equilibratori; diedero all'ala un leggerissimo diedro positivo; scollegarono infine i timoni di
direzione dal controllo di svergolamento delle ali e, come si usa ancor oggi, li collegarono ad un
comando separato.
Il 5 ottobre 1905 Wilbur vol per 39,5 minuti e percorse 38,6 km (24 miglia), pi di tutti i voli
del 1903 e 1904 messi insieme. Il Flyer 3 fu smontato il 7 novembre 1905 e fu successivamente
rimontato nel 1908, volando a Kitty Hawk dal 6 al 14 maggio 1908. Charley Furnas, che fu il
secondo meccanico ingaggiato dai fratelli Wright per aiutarli a costruire aeroplani, divenne il primo
passeggero
al
mondo
di
un
aeroplano.
Quasi non esistono fotografie dell'epoca con primi piani o
dettagli del Flyer 3. Infatti i fratelli Wright avevano
bisogno di fotografie per dimostrare che avevano volato,
ma non volevano che potenziali concorrenti vedessero
com'era costruito il loro aeroplano.
Il Flyer 3 fu restaurato fra il 1947 e il 1950, inizialmente
sotto la supervisione di Orville Wright. Oggi l'aeroplano
in mostra alla Wright Hall del Carillon Park di Dayton,
Ohio.
Le caratteristiche della seconda versione del Flyer 3 sono:
70

apertura alare 12,35 m; separazione fra le ali 1,83 m; superficie alare 46,73 m; due equilibratori
orizzontali frontali di 7,71 m di superficie; due timoni di direzione verticali posteriori di 3,23 m di
superficie; lunghezza totale 8,54 m; peso a vuoto 322 kg, motore della potenza di 20 cavalli.

Il Flayer ancora attuale


Dallosservazione della tecnica usata dal Flayer, emerge come le attuali ricerche stiano andando
nella stessa direzione, e cio un certo verso le strutture deformabili a comando e adattabili,
poich attualmente si rende necessario ottenere profili ottimizzati per ogni condizione,
adattandosi senza brusche interruzioni di continuit o movimenti intermittenti alle richieste di
cambiamento della configurazione, diversamente dagli attuali sistemi di comando. E per questo
che oggi laeronautica tanto interessata alla creazione di unala adattiva, che coniughi
resistenza e capacit di mutare la propria forma, come quella del Flayer.
Ovviamente la mussolina e i cavi impiegati allepoca oggi trovano validi sostituti, tra compositi
e leghe superleggere. In particolare il passo che ora si tenta di compiere di svincolare il
controllo dallerrore umano e dallimprecisione insita in un comando manuale (vedasi il
traballante volo dei Wright), affidandolo ad un processore, capace di comunicare agli attuatori i
dati elaborati dalle necessit di volo e dalle condizioni atmosferiche. A questi ultimi spetta il
compito di agire da tiranti, imponendo spostamenti e forze alle superfici che compongono le ali.
Si auspica in tal modo di eliminane flap e slat, o meglio di integrarli nella struttura, come parte
integrante di essa.
La ricerca dellottimo profilo, inoltre, potrebbe portare a ottimizzare laerodinamica e quindi
migliorare prestazioni e acustica, inducendo un ritardo nella separazione del flusso e riducendo
lattrito.

71

MAW-Mission Adaptive Wing

72

73

74

La teoria quando si sa tutto e niente


funziona. La pratica quando tutto funziona
e nessuno sa il perch. In questo caso
abbiamo messo insieme la teoria e la pratica:
non c' niente che funziona... e nessuno sa il
perch!"
Albert Einstein (1879-1955)

75

DIAGRAMMI DELLE SOLLECITAZIONI


Consideriamo una struttura qualsiasi, per esempio una trave appoggiata, sollecitata da carichi
generici. Dopo avere trovato le reazioni vincolari, il prossimo passo da fare quello di disegnare i
diagrammi delle sollecitazioni.
La trave per effetto dei carichi (carichi applicati e reazioni vincolari) subir delle deformazioni e
allinterno della trave nasceranno delle tensioni ; se queste tensioni superano quelle che il
materiale di cui essa composta, allora la trave si rompe.
Quando applichiamo i carichi alla trave, succede che essa viene sollecitata cio si vengono a creare
delle sollecitazioni che deformano la trave. Le sollecitazioni che noi considereremo sono:
-

Sforzo normale (dovuto alle forze parallele alla trave)


Taglio (dovuto alle forze perpendicolari alla trave)
Flessione (dovuta alle forze perpendicolari alla trave e/o ai momenti applicati)

Ci sarebbe unaltra sollecitazione : la torsione dovuta ai momenti che ruotano attorno allasse della
trave, ma questa meno frequente.
Vediamo adesso come si disegnano i diagrammi delle sollecitazione nella trave di cui sopra. Il
metodo generico cio la metodologia che andremo a vedere,vale per qualsiasi trave comunque
caricata e comunque disposta o vincolata.
CARICHI CONCENTRATI

Diagramma dello Sforzo Normale N:

NA = 2t
NC = 2t
NB = 2t

2
Si parte da unestremit della trave per esempio dal punto A e si immagina di camminare sulla trave
procedendo a ritroso, guardando sempre avanti. Si sommano algebricamente (cio col segno meno
se producono compressione e pi se producono trazione) passo passo, tutte le forze parallele alla
trave. In ogni punto della trave lo sforzo normale sar uguale alla somma algebrica di tutte le forze
incontrate sino a quel punto. Attenzione a considerare soltanto le forze che stanno alla sinistra
del punto in cui ci si trova.
Si traccia una linea parallela alla trave (A-B) che si chiama fondamentale e si assume per
convenzione il verso positivo sopra la fondamentale e negativo di sotto. Quindi in scala opportuna
si riporta perpendicolarmente alla fondamentale in ogni punto il valore dello sforzo normale.
Questo diagramma, quando completato, ci fa vedere come varia lo sforzo normale lungo lasse
della trave, cio dove maggiore, dove minore dove nullo e in quali parti costante.
Diagramma del Taglio T :

TA = + 5 t
TCs= + 5 t
TCd= + 5 t 10 t = 5 t
TBs = + 5 t 10 t = 5 t

-Quando il carico concentrato il diagramma del taglio rettangolare.


Si parte da unestremit della trave per esempio dal punto A e si immagina di camminare sulla trave
procedendo a ritroso, guardando sempre avanti. Si sommano algebricamente (cio col segno meno
se dirette verso il basso e pi se dirette verso lalto) passo passo, tutte le forze perpendicolari alla
trave. In ogni punto della trave lo sforzo di taglio sar uguale alla somma algebrica di tutte le forze
incontrate sino a quel punto. Attenzione a considerare soltanto le forze che stanno alla sinistra
del punto in cui ci si trova.
Si traccia una linea parallela alla trave (A-B) che si chiama fondamentale e si assume per
convenzione il verso positivo sopra la fondamentale e negativo di sotto. Quindi in scala opportuna
si riporta perpendicolarmente alla fondamentale in ogni punto il valore dello sforzo di taglio.
Questo diagramma, quando completato, ci fa vedere come varia lo sforzo di taglio lungo lasse
della trave, cio dove maggiore, dove minore dove nullo e in quali parti costante

3
Diagramma del Momento Flettente M :
Si parte da unestremit della trave per esempio dal punto A e si immagina di camminare sulla trave
procedendo a ritroso, guardando sempre avanti. Si sommano algebricamente (cio col segno meno
se antiorari e pi se orari) passo passo, tutti i momenti che ci sono applicati sulla trave compresi
quelli creati dalle forze perpendicolari alla stessa, fatti rispetto al punto che si sta considerando. In
ogni punto della trave lo sforzo di flessione (momento flettente) sar uguale alla somma algebrica di
tutti i momenti sino a quel punto calcolati ed eventualmente presenti. Attenzione a considerare
soltanto le forze e i momenti che stanno alla sinistra del punto in cui ci si trova.
Si traccia una linea parallela alla trave (A-B) che si chiama fondamentale e si assume per
convenzione il verso positivo sotto la fondamentale e negativo di sopra. Quindi in scala opportuna
si riporta perpendicolarmente alla fondamentale in ogni punto il valore del momento flettente
calcolato in quel punto.
Questo diagramma, quando completato, ci fa vedere come varia lo sforzo di flessione lungo lasse
della trave, cio dove maggiore, dove minore dove nullo e in quali parti costante.
Quando c una cerniera in quel punto il momento zero.
MA = 0 ; MB = 0 ; MC = YA * l/2 = P/2 * l/2 = P * l/4 = 25 tm
Quando il carico concentrato il diagramma del momento triangolare.

4
CARICHI RIPARTITI

Consideriamo la semplice trave appoggiata con carico uniformemente ripartito su tutta la lunghezza
Diagramma del Taglio T :
-Quando il carico uniformemente ripartito il diagramma del taglio triangolare. Inoltre
quando il carico simmetrico il diagramma del taglio emisimmetrico (cio simmetrico e
capovolto).TA = YA = 500 Kg ;

TBs = YA- q *l = 500 Kg 100 Kg /m * 10 m = - 500 Kg

5
Diagramma del Momento M :
-Quando il carico uniformemente ripartito il diagramma del momento parabolico.
-Quando il carico simmetrico il diagramma del momento simmetrico.-Quando c una cerniera in quel punto il momento zero.
- Dove il taglio zero il momento massimo (cio fa la pancia).
MA = 0 ;

MB = 0 ;

MC = YA * l/2 (q * l/2 ) * l/4 = (q * l/2) * l/2 (q * l/2 ) * l/4 = q * l2 /8


MC = 500 Kg * 5 m ( 100 Kg/m * 5 m * 2,5 m ) = + 1250 Kgm

6
Nel caso della trave appoggiata con carico rettangolare, il momento avr quindi andamento
parabolico. Della parabola si conosce il vertice V ed i due punti per cui deve passare A e B.
La parabola si pu disegnare con la costruzione geometrica seguente:
Si divide il segmento AB in un numero qualunque di parti (per esempio in 6 parti,
individuate dai punti A, 1, 2, C, 4, 5, B).
Si traccia la perpendicolare ad AB per C e si riporta il valore di MC fino al punto V.
Si divide la perpendicolare CV nello stesso numero di parti della AC .
Dai punti 1 , 2 , 4 e 5 si mandano le parallele alla CV.
Dai punto A e B si manda le congiungenti detti punti con i punti D , E , V .
I punti in cui le verticali incontrano le congiungenti sono punti della parabola.

NA = - 50 Kg
NB = - 50 Kg

TAd= +YA = +100 Kg


TBs = + YA = + 100 Kg

MA = - MA = - 300 Kgm
MB = - MA + YA * 3 = - 300 + 100 * 3 = 0
Il momento all'estremit libera della mensola
sempre zero.

NA = - 50 Kg
NB = - 50 Kg

La parabola non pu essere quella trattegiata


perch dove il taglio zero il momento fa la pancia.

10

11

12

..aaaaaaaaaaaaa

10

11

12

13

14

15

16

17

18

19

20

21

22

23

24

25

26

27

28

29

30

31

32

33

34

35

36

37

38

39

40

41

42

43

44

45

46

47

48

APPENDICE: CARICHI AERODINAMICI


Il rapporto di rastremazione, definito come il rapporto fra la corda d'estremit e la corda di radice
(mezzeria), viene indicato con la lettera greca .

l
= e

lo

L apertura alare b la distanza tra le due estremit alari;


l angolo di freccia dei quarti anteriori,

, langolo che forma la linea dei quarti anteriori dei

profili con lasse y, mentre S la superficie dellala in pianta (includendo la porzione interna alla
fusoliera);
Lallungamento alare definito dal seguente rapporto:

b
S

Sezionando la superficie esterna dellala con un piano parallelo al piano di simmetria ( x, z ) si


ottiene una curva chiusa detta profilo alare. Questa curva presenta un parte anteriore arrotondata ed
una posteriore, appuntita per le ali dei velivoli subsonici; per gli aerei supersonici entrambe le
estremit sono teoricamente appuntite.

In un profilo alare si possono individuare alcune linee particolari che consentono di definire
univocamente un certo profilo.

Si scelga lasse x con origine in A e passante per B . Consideriamo larco di curva che si estende
dal punto A al punto B : esso prende il nome di linea media o linea dasse del profilo. Il punto A
della linea media, investito per primo dalla corrente, viene detto bordo dattacco, mentre il punto
B , bordo di fuga o bordo duscita. Si effettui lungo tale linea unopportuna distribuzione di

spessore riportando per ogni punto, verso lalto e verso il basso e normalmente alla linea stessa, due
segmenti di lunghezza a : congiungendo gli estremi di questi segmenti si ottengono il dorso e il
ventre del profilo. Il segmento AB dellasse x , detto corda del profilo, viene indicata con la lettera

l.
Langolo che il vettore velocit V della corrente indisturbata allinfinito forma con la corda
viene indicato con il termine di incidenza geometrica.
Se la linea media rettilinea, essa coincide con la corda ed il profilo risulta simmetrico rispetto alla
corda.
Il rapporto f / l tra la massima freccia

f della linea media e la lunghezza della corda viene

indicato come inarcamento relativo del profilo.


Il rapporto t / l tra il massimo spessore t del profilo e la lunghezza della corda viene detto spessore
relativo del profilo.
Questi

due

parametri,

essendo

adimensionali,

permettono

di

paragonare

due

indipendentemente dalle loro effettive dimensioni fisiche.

COEFFICIENTI ADIMENSIONALI
Si considerino le risultanti delle azioni aerodinamiche, portanza, resistenza e momento. Per

profili

diminuire i parametri da cui esse dipendono (geometria del corpo, velocit, massa volumica,
viscosit, modulo di compressione adiabatica), si ricorre ai seguenti coefficienti adimensionali:

cl =

cd =

cm0 =

L
1
V2 l
2
D
1
V2 l
2

M0
1
V2 l 2
2

che prendono rispettivamente i nomi di coefficiente di portanza, coefficiente di resistenza e


coefficiente di momento focale.
Tali coefficienti adimensionali possono dipendere solo da parametri anchessi adimensionali:

dalla forma del corpo

dal posizionamento del corpo rispetto alla direzione della velocit indisturbata (espresso
dallangolo di incidenza)

dagli effetti della compressibilit (misurati dal numero di Mach)

dagli effetti della viscosit (misurati dal numero di Reynolds)

Si pu dimostrare che per un fluido ideale non viscoso la resistenza di un profilo alare risulta nulla
(paradosso di DAlembert), pertanto il coefficiente di resistenza sar ignorato.
1
Per quanto riguarda il termine ( V2 ), esso ha le dimensioni fisiche di una pressione, ma non
2

una pressione: esso rappresenta lenergia cinetica dellunit di volume e pu trasformarsi in energia
di pressione dellunit di volume se la velocit diminuisce o si annulla. Questo termine viene
denominato pressione dinamica della corrente.
Nel caso di ala di allungamento finito, interviene a denominatore anche una superficie caratteristica,
che sempre la superficie alare in pianta; poich si tratta di un profilo alare e in particolare un tratto
di profilo di profondit unitaria, la superficie in pianta risulta pari a l 1 = l .

Nella definizione del coefficiente di momento compare un l 2 , che il prodotto della superficie
caratteristica l 1 per la lunghezza caratteristica, assunta pari alla corda l .
Per il tipo di corpi in esame, la geometria rappresentata dallincidenza e dalle caratteristiche di
forma dellala. Si definisce ancora lincidenza di portanza nulla come lincidenza alla quale si ha
cl = 0 .
Esaminando il caso di fluido ideale, si devono considerare solamente le incidenze per le quali
landamento del cl risulta rettilineo: la pendenza della curva del cl , cio

cl
, indicata col simbolo

cl' , prende il nome di coefficiente angolare di portanza. Per il tratto rettilineo si ha:
cl = cl' ( 0 )

Per la pressione si pu individuare unanaloga dipendenza dai parametri precedentemente indicati.


Si pu in questo caso far ricorso al coefficiente di pressione definito come:
p p
1
V2
2

cp =

Esso risulta, pertanto, come il rapporto tra la pressione relativa alla corrente indisturbata e la
pressione dinamica della stessa. Ricorrendo al teorema di Bernoulli, valido solo per fluidi
incompressibili, il coefficiente di pressione diventa:

V
c p = 1
V

I coefficienti adimensionali di portanza, momento e resistenza si ottengono anche per


integrazione delle pressioni:
l

cl = c p
0

dx
l

c mA = c p
0

x dx
l l

avendo definito c p = c p c p + come il salto di coefficiente di pressione tra ventre e dorso.


In ogni profilo esiste poi un punto, detto fuoco del profilo, appartenente alla corda e prossimo alla
linea dei quarti anteriori, rispetto al quale il momento indipendente dallincidenza. Si pu
trasportare il coefficiente di momento rispetto al fuoco x 0 nel modo seguente:

c m 0 = c mA + cl

x0
l

Vengono ora introdotte delle approssimazioni riguardanti la natura della corrente fluida che investe
il profilo per poi passare alla descrizione delle ipotesi riguardanti lala.
Prima di tutto si assuma di lavorare con un fluido ideale, caratterizzato da viscosit dinamica e
coefficiente di conducibilit termica nulli. Questa assunzione comporta alcune conseguenze: la
condizione di aderenza viene sostituita dalla condizione di tangenza (il vettore velocit deve
risultare in ogni punto tangente alla superficie bagnata) e, poich due filetti fluidi contigui non
possono scambiare calore, ogni filetto fluido si comporta come un sistema adiabatico.
Il moto stazionario ed irrotazionale (ovvero potenziale) in quanto il campo di moto pu essere
determinato come derivata di unopportuna funzione potenziale.
Nel nostro caso inoltre, ci si muove in campo subsonico incomprimibile: questo ammissibile per i
gas in generale se il numero di Mach piccolo rispetto allunit. Lestensione per moti comprimibili
(ma sempre subsonici) ottenuta attraverso fattori di scala dipendenti dal Mach.
Le ali verranno studiate isolate: non si terr quindi conto delleffetto della fusoliera, ma si
considerer anche la porzione dala interna ad essa.
Si considerano ali a pianta trapezia e si assume siano costruite con un profilo costante e che non
presentino svergolamento, per studiare cos leffetto della sola rastremazione; perci esse si
distingueranno unicamente per una diversa distribuzione delle corde lungo lala l(y).

Come ulteriore ipotesi si assume che le ali siano diritte di grande allungamento o che non presentino
un forte angolo di freccia. Ci permette di studiarle applicando lo schema di Prandtl, che con
queste caratteristiche in grado di fornire ottimi risultati.
Le ali diritte sono caratterizzate da un angolo di freccia Q = 0 . Ci significa che la linea dei quarti
anteriori allineata con l'asse y.
Lallungamento alare richiesto 10 mentre langolo di freccia deve essere 5.
Poich questo schema introduce un errore in prossimit dell'estremit alare, lipotesi di grande
allungamento alare risulta molto importante; essa rende lerrore tollerabile, dato che la zona diventa
trascurabile rispetto al resto dellala.
I risultati sono tuttavia accettabili anche per i seguenti valori:

10 > 5
5 < 30

SCHEMA DI PRANDTL
Lequazione integro-differenziale di Prandtl che fornisce il valore della circuitazione ( y ) in
ciascuna sezione alare :

( y) = k ( y) V l ( y) [a ( y) i ( y) ]

V la velocit con la quale il fluido investe lala, mentre le seguenti grandezze si riferiscono alle
varie sezioni dellala, identificate dalla coordinata (y), e sono riportate graficamente in figura 3.5:
k ( y)

il fattore correttivo del coefficiente angolare per il cl del profilo;

l( y)

la lunghezza della corda del profilo;

eff lincidenza aerodinamica con cui viene investito il profilo;


i rappresenta langolo di incidenza indotto dai vortici che si piegano per entrare in scia;

Viene ora effettuato un cambio di variabile che permette di identificare le varie sezioni alari tramite
l'angolo anzich utilizzare la variabile y . Esso definito come segue:

y = b2 cos( ) = arccos( 2b y )
e potr assumere valori nel seguente intervallo:

0
Anzich considerare la circuitazione ( ) , in seguito verr presa in considerazione la circuitazione
adimensionale g ( ) la quale permette di svincolarsi dallapertura alare e dalla velocit del fluido,
definita come:

g ( ) =
La funzione

( )
V b

g ( ) dovr essere simmetrica rispetto alla mezzeria ( = 2 ) , cos come lo l'ala,

e nulla alle estremit. Ci ci permette di esprimere la funzione g ( ) con un polinomio


trigonometrico del tipo:

g ( ) = a sin(n )
1, 3, 5,...

Si pu adesso riformulare lequazione integro-differenziale di Prandtl, andando a sostituirvi queste


espressioni di

g ( ) .

Cos facendo essa assume la seguente forma:


n h( )

a sin(n ) 1 + 2 sin = h( ) ( )
n

1, 3, 5,...

dove

h( )

Il termine noto

h( ) ( )
a

c' ( ) l ( )
2b
l

c' ( ) l ( )
( )
2b
l

contiene tutte le caratteristiche

aerodinamiche e geometriche della sezione alare individuata dalla coordinata

( ) .

Imponendo che l'espressione sopra sia soddisfatta in diverse sezioni alari (cio per diversi valori
dell'angolo , si ottiene un sistema algebrico-lineare nelle incognite

Sapendo che

dL =

1
cl V2 l dy
2

e che

dL = V ( y ) dy
si ottiene:

an .

cl ( y ) =

2 ( y )
V l

e sostituendo la circuitazione con quella dimensionale si ottiene:

cl ( y ) =

2 b g ( y)
l ( y)

Poich sia la circuitazione sia la corda sono funzione di y, si avr anche il cl in funzione delle
varie sezioni.
Conoscendo il cl e dividendolo per 2k, con k un po minore di 1, si ottiene proprio langolo
cercato.

TEORIA DELLE PICCOLE PERTURBAZIONI


Un qualsiasi corpo impermeabile posto in un fluido in movimento, costituisce un ostacolo per il
fluido, per effetto della sua presenza; in tal senso il corpo genera un disturbo allinterno del fluido.
Visivamente si nota che il fluido costretto a deviare dalla sua traiettoria originaria;
matematicamente, il disturbo generato dal corpo, influisce sulle propriet termofluidodinamiche del
fluido.
Limitandosi ad un campo di moto bidimensionale e irrotazionale di un fluido incomprimibile, se la
r
corrente indisturbata di velocit V subisce una qualche perturbazione, in certi punti del campo di
moto si avr
r r
r
V = V + V '
r
r
r
dove V ' = u ' i + v ' j la cosiddetta velocit aggiuntiva o di perturbazione.

Se la perturbazione piccola si deve avere:

V ' << V

u ' << V

v' << V

Tra le cause di perturbazione possiamo individuare lincidenza a cui investita la lamina piana
senza spessore, linarcamento di una lamina senza spessore e senza incidenza e lo spessore di un
profilo non inarcato ad incidenza nulla.
La teoria delle piccole perturbazioni, dovuta a Glauert, si fonda su unipotesi non dimostrabile ma
generalmente accettata, perch conduce a risultati in buon accordo con lesperienza. Tale ipotesi
consiste nellammettere che la velocit aggiuntiva provocata in un certo punto del campo di moto
da un dato profilo, sia ottenibile come somma vettoriale delle velocit aggiuntive che
provocherebbero separatamente in quel punto tre profili, con la corda coincidente con la corda del
profilo di partenza e che possiedono ciascuno una sola delle tre cause di perturbazione
(sovrapposizione degli effetti).
Il pi generico profilo inarcato, con spessore ed investito con incidenza, si pu allora studiare
componendolo come:
1.

lamina piana di corda uguale a quella del profilo investita allincidenza uguale a
quella del profilo;

2.

lamina inarcata e priva di spessore coincidente con la linea media del profilo e investita
senza incidenza;

3.

profilo simmetrico investito senza incidenza con legge di distribuzione dello spessore
attorno alla corda uguale a quella del profilo.

Affinch questa teoria possa dare risultati soddisfacenti occorre che i disturbi generati siano piccoli,
e ci si verifica se il corpo immerso nella corrente fluida sottile, ovvero se piccolo il suo
ingombro nella direzione normale alla direzione della dimensione maggiore. Per questo motivo la
teoria di Glauert impropriamente definita anche con il nome di teoria dei profili sottili.
Con la teoria dei piccoli disturbi si ha che, se il corpo rispetta determinati parametri, allora il
disturbo generato "piccolo", ossia si stabilisce un legame di causa effetto tra corpo e disturbo
della corrente. Pi in dettaglio il nostro corpo deve essere aerodinamicamente sottile: ci vuol dire
che geometricamente e posizionalmente il profilo deve offrire il minimo ingombro possibile in
modo da rispettare la regola secondo cui "piccole cause generano piccoli effetti".
Per poter determinare il campo di moto attorno ad un generico profilo, occorre individuare quello
attorno a tre profili elementari. Il primo passo consiste nel determinare il campo di moto indotto da
infinite sorgenti o pozzi infinitesimi e ad infiniti vortici infinitesimi disposti su una linea.
La condizione di tangenza in un punto P posto sul profilo di equazione y( x ) si esprime nel modo
seguente:

u
dy ( x )
= tan =
v
dx

Osservando la figura si ricava anche:

dy( x ) V sin + v'


=
dx
V cos + u '
Poich un angolo molto piccolo, si pone sin e cos 1 ; inoltre u ' pu essere omesso a
denominatore in modo da ottenere:

dy( x ) V + v'
v'
=
= +
dx
V
V
che costituisce lequazione di tangenza per i profili sottili.
Per ricavare lespressione del coefficiente di pressione, si opera come segue:

(V cos + u ') + (V sin + v')


V2
u2 + v2
= 1
cp = 1 2 = 1
2
V
V
V2
2

(V + u ')2 + (V + v')2
V2

u ' 2 + v' 2 2(u '+v' )


= 1 1 + 2 +
+

2
V
V

Trascurando i termini di ordine superiore, questa si riduce allespressione del coefficiente di


pressione valida nella teoria dei profili sottili:

cp =

2u '
V

Si tratta di una funzione lineare in u ' ; poich la velocit aggiuntiva totale data dalla somma delle
singole velocit aggiuntive di tre profili, lo stesso discorso vale per il coefficiente di pressione.
Esso pu essere determinato come somma del coefficiente di pressione dei tre profili elementari in
cui possibile scomporre il generico profilo:
c p = c p1 + c p 2 + c p 3

Si osservi che non casuale che nellequazione di tangenza compaia la sola componente v' della
velocit di perturbazione mentre nellespressione del coefficiente di pressione compaia solo la
componente u ' . Si intuisce, infatti, che v' influenza sensibilmente la direzione della velocit e poco
il suo modulo, mentre u ' influisce molto sul suo modulo e poco sulla sua direzione.
Il modulo della velocit circa uguale alla sola componente lungo lasse x . Considerando due
punti corrispondenti sul dorso e sul ventre di un profilo, la differenza tra i moduli delle loro velocit
diventa:

V+ (x ) V (x ) u + ( x ) u ( x ) (V + u ' + ) (V + u ' ) = u ' + u '


ovvero si riduce alla differenza delle componenti u ' della velocit di perturbazione.
Prendiamo come esempio il profilo simmetrico NACA 0012, la cui geometria riportata in

termini di coordinate adimensionali X =

x
y
e Y=
in tabella e applichiamo la teoria fin qui
l
l

esposta.

tab. 1: Dati relativi al profilo simmetrico NACA 0012


X

0.0125

0.01894

0.0250

0.02615

0.050

0.03555

0.075

0.04200

0.10

0.04683

0.15

0.05345

0.20

0.05737

0.25

0.05941

0.30

0.06002

0.40

0.05803

0.50

0.05294

0.60

0.04563

0.70

0.03664

0.80

0.02623

0.90

0.01448

0.95

0.00807

0.00126

In corrispondenza di X = 0.30 si legge che il massimo di Y vale circa 0.06. Tenendo conto anche
del ventre lo spessore percentuale massimo vale 2Y = 0.12 = 12% , un valore sufficientemente
piccolo per poter ricorrere alla teoria dei profili sottili.
E utile ricordare che per un profilo simmetrico, investito senza incidenza, si ha c p + ( X ) = c p ( X ) ;
dovendo studiare soltanto il dorso, il pedice + sar omesso.
Un profilo simmetrico investito ad incidenza nulla si pu schematizzare con una distribuzione di
sorgenti; in queste condizioni si ha:

c p (X ) =

( )

Y' X'
dX '
'
XX

Non avendo per unespressione analitica della pendenza del profilo Y ' (X ' ) , lintegrale andr
risolto per via numerica, affrontando tre problematiche:
1.

la pendenza del profilo non nota nemmeno per punti e va dedotta dai dati della tabella

2.

per questo tipo di profilo con bordo di attacco arrotondato si ha Y ' (0) = , valore che
non pu essere trattato numericamente

3.

in corrispondenza di X = X ' la funzione integrando tende nuovamente ad infinito.

Per ottenere Y ' ( X ') si consideri un polinomio passante per un certo numero di punti noti, di
cui poi sar determinata analiticamente la derivata. Si sceglie di lavorare con un polinomio di

secondo grado, in modo da avere:


Y = aX 2 + bX + c e Y ' = 2aX + b .

Per determinare le due costanti a e b sufficiente imporre che la parabola passi per tre punti
contigui del profilo:
2

Y1 = aX 1 + bX 1 + c
2

Y2 = aX 2 + bX 2 + c
2

Y3 = aX 3 + bX 3 + c

Con alcuni passaggi algebrici, si ottengono le espressioni delle due costanti in funzione delle
coordinate dei punti prescelti:

a=

Y1 Y2
Y Y
1

1 3
X 2 X 3 X1 X 2 X1 X 3

b=

Y1 Y2
a( X 1 + X 2 )
X1 X 2

Determinate le costanti a e b possibile calcolare la derivata in ogni punto del profilo compreso
tra X 1 e X 3 . Ci si limita ad effettuare i calcoli solo in corrispondenza dei valori assegnati, con
laccortezza di fare in modo che il valore di X per il quale si calcola Y ' ( X ) sia il punto intermedio
tra i tre scelti, in modo da non perdere eccessivamente in precisione. Solo in corrispondenza del
bordo di fuga necessario usare anche il punto di destra.
Si inizia a calcolare il valore della derivata dal punto X 1 = 0.025 . Utilizzando un computer
possibile automatizzare il calcolo della Y ' ( X ) in ogni punto.
Per poter integrare nellintorno del bordo dattacco, quindi per X 0.025 , si cerca una
funzione analitica che approssimi il profilo in questa zona. Si pu pensare di utilizzare un arco

di parabola di equazione:

Y= f

X gX

Y '=

f
2 X

Queste equazioni devono essere soddisfatte anche per X = X 1 .


Sostituendo i valori e risolvendo il sistema ricaviamo i valori delle due costanti f e g :

f =

2 Y1 X 1Y1'
X1

) = 0,14125

g=

Y1 2 X 1Y1'
= 0.02214
X1

Sostituendo questi valori nella seconda equazione si ottiene lespressione della derivata nellintorno
del bordo dattacco, per 0 X ' X 1' :
Y ' (X ' ) =

0.070625
X

0.02214

che ora integrabile in corrispondenza di X ' = 0 .


Per aggirare il problema della singolarit che si presenta nella funzione integrando per X = X ' , si
somma e si sottrae al numeratore il termine Y ' ( X ) . Si ottiene cos:
c p (X ) =

( )

X
X1
Y' X'
dX '
2 1 0.070625 X ' 1 / 2
'
'
dX =
dX 0.02214
'
0
X X'
X X'
0 X X

( )

1
Y ' X ' Y ' (X ) '
dX '
'
(
)
+
dX
+
Y
X
X X '
X X'
X1
X1

Il primo, il secondo e il quarto integrale possono essere risolti analiticamente:

X1

1
X ' 1 / 2
'

dX
=
ln
X X'
X

X1

X + X'

X X ' 0

X1

dX '
= ln X X '
'
XX

dX '
'
X X X ' = ln X X
1

X1

X1

Il terzo integrale va invece risolto numericamente. Per X = X ' , la funzione integranda


f (X ; X ' ) =

Y ' (X ' ) Y ' ( X )


X X'

assume la forma indeterminata 0 / 0 ; essa per pu essere valutata assumendo per f (X ; X ' ) il
valore medio che essa assume in due punti prossimi a X .
Nota la funzione integrando, possibile calcolare il terzo integrale con la formula dei trapezi
N 1

I (X ) =
i =1

) (

)(

f X ; X i' + f X ; X i'+1
X i'+1 X i'
2

dove N il numero di punti in cui nota la funzione integranda.


Il valore che si ottiene per il valore di X assegnato :

I (0.25) = 0.38458
Non resta che effettuare tutte le sostituzioni per ottenere:

c p3 ( X ) =

2 0.070625
ln

X + X1
X X1

0.02214 ln

X X1
X
+ Y ' ( X ) ln
+ I ( X )
X X1
X 1

con la quale si calcola il coefficiente di pressione nel punto voluto:


c p 3 (0.25 ) = -0.28538

Per ottenere il coefficiente di pressione del profilo completo si sommano i vari contributi per il
dorso e per il ventre:
c p + (0.25) = c p1+ (0.25) + c p 2 + (0.25) + c p 3 (0.25)
c p (0.25) = c p1 (0.25) + c p 2 (0.25) + c p 3 (0.25)

Si ottiene infine:
c p + (0.25) = 0.63706 0.28538 = 0.92244
c p (0.25) = +0.63706 0.28538 = 0.35168

Noto il valore di c p sul dorso e sul ventre del profilo, facile determinare il c p corrispondente:
c p (0.25) = c p c p + = 0.35168 + 0.92244 = 1.2741

COMUNQUE SIA CALCOLATA LA DISTRIBUZIONE DEL COEFFICIENTE DI PRESSIONE


(CON LA PRECEDENTE TEORIA SEMPLIFICATA O CON METODI PIU SOFISTICATI), O
ANCHE QUANDO SIA VALUTATA SPERIMENTALMENTE, I CARICHI AGENTI SULLA
STRUTTURA SI OTTENGONO DALLINTEGRAZIONE DELLE PRESSIONI SULLALA.
E POSSIBILE DETERMINARE IN OGNI SEZIONE LA RISULTANTE DELLE FORZE
SECONDO X E Y (RISPETTO AL FUOCO) E IL MOMENTO RISULTANTE. QUESTE
GRANDEZZE RAPPRESENTANO LE DUE COMPONENTI DEL TAGLIO E IL MOMENTO
TORCENTE INTEGRANDO UNA PORZIONE dz DELLAPERTURA ALARE

Una volta noti questi sforzi agenti su ogni sezione si possono applicare le tecniche classiche del
semiguscio, o effettuare lanalisi F.E.M. Nellultimo caso occorre ripartire la distribuzione dei
carichi aerodinamici ai nodi, invece di determinare gli sforzi risultanti su ogni sezione.

La seguente tabella rappresenta la distribuzione delle forze secondo le 3 direzioni che risulta dalla
distribuzione delle pressioni aerodinamiche che si applica a una griglia schematizzata col F.E.M.. In
altre parole rappresenta la distribuzione delle forze nodali su una struttura alare schematizzata col
F.E.M.
X (mm)
Y (mm) Z (mm)
1100,2806 1417,02017 47,21802
1346,5606 1417,02017 47,21802
1592,8406 1417,02017 47,21802
1839,1156 1417,02017 47,21802
2085,3906 1417,02017 47,21802
919,4406 1166,84017 47,21802
1165,0806 1166,84017 47,21802
1410,7106 1166,84017 47,21802
1656,3456 1166,84017 47,21802
1901,9806 1166,84017 47,21802
738,6056 916,66017 47,21802
983,5956 916,66017 47,21802
1228,5856 916,66017 47,21802
1473,5756 916,66017 47,21802
1718,5706 916,66017 47,21802
542,8456 645,84017 47,21802
787,1456 645,84017 47,21802
1031,4356 645,84017 47,21802
1275,7306 645,84017 47,21802
1520,0256 645,84017 47,21802
347,0906 375,02017 47,21802
590,6906 375,02017 47,21802
834,2906 375,02017 47,21802
1077,8906 375,02017 47,21802
1321,4806 375,02017 47,21802
161,6856 118,52017 47,21802
404,6256 118,52017 47,21802
647,5656 118,52017 47,21802
890,5006 118,52017 47,21802
1133,4356 118,52017 47,21802

FX (N)
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0

FY (N)
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0
0

FZ (N)
2008,3562
1104,9386
849,20266
113,45739
44,86826
2141,7618
1221,071
947,95898
185,39555
86,696392
1907,571
978,68167
704,53398
238,40521
121,42094
2221,5142
1137,8477
821,39157
325,28691
175,95085
1662,7074
740,67261
474,99739
312,45396
176,04918
1438,5056
491,65051
529,08295
365,02459
219,92137

Vista in pianta della distribuzione di pressione aerodinamica su unala

Si suddividere il carico aerodinamico fra dorso e ventre e applicare le pressioni direttamente sul
rivestimento, come avviene nella realt.

Visualizzazione delle pressioni applicate (per chiarezza si mostra solo il ventre)

You might also like