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Stewart
Il
Argomento
soprattutto,
ma non
mi fermer
la
mia
analisi su
un esempio, quello
1,
1980
16
II
tutto lo svolgimento della commedia nessuno dei personaggi riesce a capire interamente quel che sta accadendo: soltanto il
pubblico al corrente di tutta la verit. In alcune scene, il dialogo
Durante
sembra
ridursi a dei
frammenti
di
monologhi divergenti,
loro piani,
e l'azione
al
una
pubblico, olimpi-
camente divertito
atto, la serva
di
nuovo
capire
la
la
di quest'ultimo, e
non pu
quale a sua volta non sa e non riesce a capire di che cosa Samia
parlando. Nelle due scene seguenti, Ruffo, lo pseudo-negromante, Lidio femmina e il suo servo Fannio tramano un inganno ai
la
stia
danni
familiare (o "favellano,
come
lo
un suo
spirito
la
fa e disf ci
17
simmetria
a sottolineare la
della
Lo svolgimento
due gruppi a incontrarsi e
di "Lidio femina."
di questi
conoscere cos l'altra met della verit: ma ci accade alla fine. Per
quanto poi riguarda Calandro e Ruffo
anch'essi simmetricamen-
te collocati,
Lidio
femmina
essi
conoscere n Luna n
non conoscono
l'altra
femmina
si
agitano,
non
sa
che
e s'innamora di lui.
Ruffo non sa che Lidio femmina femmina, crede che sia maschio e
pensa di potersene servire per convalidare la sua fama di negromante. Entrambi si credono furbi e sono le vittime delle beffe degli
altri
trastullo, di riso e di
parola
adoperata da
pp. 87,88).
La situazione si
Fannio,
come
femmina, da
"merdafiorito,"
"barbafiorito"
(111.17,
03
lui
pu riassumere schematicamente
cos:
18
Ho
lasciato
appaiono
una
il
facchino e
la
il
il
primo
quale
della
si
atto, e,
chiude
commedia
il
primo
atto.
(l'intreccio,
il
suo sviluppo,
la
sua conclusione)
Ili
segreto,
il
carattere specifico, di
un
Calandria rientra nel tema, che ha avuto tanta fortuna nel teatro,
al
19
del doppio destinatario e del diverso livello d'informazione, o
almeno del diverso punto di vista e del diverso contesto, che
dall'altro.
certamente
la
famosa predica di
pi comuni vengono
fatti
luoghi e
gli
avvenimenti
il
sole";
come
fu mai, e
il
ciuffetto
Gherubini, e
de' vestimenti della Santa F cattolica, e alquanti de' raggi della
stessa che apparve a' tre Magi in oriente," e cos via (c'era anche
"uno de' denti della Santa Croce, e in una ampolletta alquanto del
suono delle campane del tempio di Salamone," VI. 10.46). Giuocando cos, nell'un caso e nell'altro, sul duplice destinatario del
discorso: "la stolta moltitudine" dei Certaldesi, con la loro credulit, da una parte, e dall'altra, i suoi amici beffardi, presenti anch'essi
alla predica,
nonch l'incredulo e
divertito lettore.
non come
essi te."
"Ohioh!" disse
cacheremo."
il
monaco
ben
la
"Gnaffe! cotesto bene assai!" disse Ferondo "e per quello che mi paia,
noi dovremmo essere fuor del mondo tanto ci ha." (III. 8. 60-63)
E similmente soprattutto
quio, in Vili. 3, fra
Maso
il
20
contrada di Bengodi
un compagno
di
(v.
Maso
il
la presenza di
quale presumibilmente assiste, consapevo-
lettore
meraviglie dell'andare
in corso:
la
la
rincresciuta,
Per non dire degli elogi ambigui fatti a maestro Simone (Vili. 9. 15,
"l'amor che io porto alla vostra qualitativa mellonaggine da
Legnaia," Vili. 9. 47, "Per certo con voi perderieno le cetere de'
sagginali, s artagoticamente stracantate," ecc.) e del seguito della
novella, quando a Bruno si aggiunge Buffalmacco e insieme
conducono
il
maestro
alla
la
"la contessa di
trovasse in tutto
si
il
Sono
con
meno,
(VI. 10.22)"
se, in
12
ci
il
discorso indiretto
non
si
21
Era questo Ciappelletto di questa vita: egli, essendo notaio, aveva grandisside' suoi strumenti, come che pochi ne facesse,
fosse altro che falso trovato; de' quali tanti avrebbe fatti di quanti fosse stato
richiesto, e quelli pi volentieri in dono che alcuno altro grandemente
salariato.
(1.
1.10,
IV
Vero
ora
che,
citati e
del Boccaccio,
utilizzazione in
modo
sua presenza,
narrativa in teatro, o
la
II. 7
la
necessit
(p.50):
FULVIA. Samia!
l lo
Oppure,
II.6(p.50):
Samia, che
sull'uscio
O ancora, III. 1
(p.60):
22
questo conto. Et eccola che a me ne viene. E vedi anco
facchino [nel forziere racchiuso Calandro]. 14
l,
col forzieri, el
scena, con
"anco
l."
lettore viene,
Il
di luogo:
dunque,
naggi. Cito da
LIDIO
II. 1
F. E,
(p.34):
dicendomi
el
doman
l'altro, io
FANNIO.
noi viene,
non
che costei
Samia], che
afflitta
verso
L'identificazione del servo e della nutrice, pi utile per lo spettatore che per il lettore, non cambia sostanzialmente la situazione. Il
supplemento d'informazione non intacca l'autosufficienza della
lettura e tende se mai a rendere indifferente la scelta fra lettura e
rappresentazione.
la
termino-
15
logia di Alessandro Serpieri e dei suoi collaboratori)
dunque,
non ,
come
come
io
ho
dove
la deitticit
17
sottoli-
neano
la
maschio, e Fessenio, in
POLINICO.
El fo
FESSENIO. E che
1.1
(p.15):
potresti tu
mai farmi
in cen'anni?
23
POLINICO.
El
gesto di
il
batterlo].
come
si
il
CALANDRO.
E dove
si
scommette l'omo?
giunture]:
CALANDRO.
la
nelle
[cio
sia
tanta
dissi
pure
un
II.
passo:
CALANDRO.
ancora, dal
Io
son morto,
III. 2
i'
son morto.
(p.63), le parole di
soltanto
maggiore complessit
evidente
il
giuoco
fra
si
testo,
presenta con
si fa pi
vari destinatari e
domanda
di
il
Calandro:
la
24
CALANDRO.
Messer
s.
mano
occhi e
al volto; e,
la
Anche qui
la
mimica
dell' attore
ovviamente indispensabile
Ma
un'ulteriore compli-
Questa ulteriore complicazione dovrebbe riflettersi nell'integrazione mimica del testo, raddoppiando cos l'appello alla complicit
del pubblico e l'effetto comico della scena.
Particolare rilievo acquistano anche le implicazioni sceniche
degli avverbi e delle altre indicazioni di luogo, quando non si
riferiscono ad un luogo qualunque realisticamente possibile, ma a
quel luogo o a quei luoghi della scena ai quali si attribuisce il
privilegio di rendere il personaggio invisibile agli altri personaggi
ma non al pubblico: "Voglio un poco starmi cos da parte e udire
quel che ragionano" (1.1, p.12); "Io, aspettando quel che avvenir di
questo fatto deve, qua da parte mi ritirer soletto" (V.4, p.124); e
cos via. Questa assurda divisione di un unico spazio in zone noncomunicanti, diversamente privilegiate
evidentemente connessa con la tecnica del doppio destinatario
pu esser resa accettabile ed acquistare evidenza drammatica soltanto nell'esecuzione
scenica del testo. Si tratta, nel caso della Calandria, di una divisione
ampiamente
utilizzata per
personaggi,
come abbiamo
il
movimento
due gruppi
di
trovare
scena,
intreccio,
la
messa
in scena
due
parti e col
si
conclude con
mutuo riconoscimento;
e infine al
25
giuoco velocissimo e complicatissimo (solo faticosamente comprensibile alla lettura) degli scambi di vestiti, attraverso cui i due
padroni e il servo Fannio, sotto la calcolata regia del servo Fessenio,
riescono a venire in possesso dei panni che loro convengono, quasi
a celebrare, a riconoscimento gi avvenuto, il trionfo estremo del
un episodio solo superficialmente motivato
puro ritmo comico
dalla notizia che i fratelli di Calandro (di cui non si mai parlato
prima) hanno trovato (come? quando?) Lidio con Fulvia "e mandato per Calandro e li fratelli di lei che venghino a casa per
svergognarla" (V.4, p.122).
Ma che conclusione si pu trarre da tutto questo? Si pu forse
concludere che la tecnica del doppio destinatario a richiedere di
per se stessa l'integrazione della rappresentazione scenica? O non
piuttosto il particolare uso che vien fatto di essa, nella Calandrici o in
altre opere teatrali? Se si ripercorre mentalmente la serie degli
esempi ora citati (si tratta di scene superflue per l'intreccio e per
l'impostazione fondamentale della commedia e del giuoco dei vari
destinatari), la sola conclusione che si pu ricavare proprio
quest'ultima. E cio che il Bibbiena ha utilizzato quella tecnica in
modo da sfruttare al massimo tutte le possibilit offerte dall'integrazione scenica: mimica dell'attore, luogo scenico e sua divisione
in zone non-comunicanti, immediatezza dell'evidenza visiva, ecc.
Le eventuali implicazioni sceniche della tecnica del doppio destinatario non giustificano, quindi, l'assunzione di questa tecnica a
segno, o simbolo, della teatralit. Anche lasciando da parte l'esemsi pensi all'episodio
pio di Boccaccio e altri esempi possibili
dell'arresto di Renzo (Promessi sposi, cap. XV), dove le voci del
notaio, di
Renzo
richiedono. La
specificit
del
testo
teatrale sta,
26
Mi
si
considerazioni.
II
testo teatrale
mente
pu
essere in
Ma
dovrebbe esser chiaro che l'integrazione scenica e l'esigenza di essa possono configurarsi in modi molto
diversi. Certo, se vero in generale che totus mundus agit histrionem,
ci vero in modo eminente del teatro e degli attori: ". .ora forse
indovino anche
dice il Padre nei Sei personaggi
perch il
nostro autore, che ci vide vivi cos, non volle poi comporci per la
scena." Ma, con buona pace di Pirandello, non c' motivo di
credere che l'istrionismo degli attori abbia possibilit di variazione
pi limitate dell'istrionismo del mondo: "tragedy, comedy, histoquesto caso fuorviante.
vy,
nor
Plautus
too
light"
Hamlet
II. 2),
Shakespeare.
2
variazioni quantitative.
varia da
ci
si
avvicina
al
primo,
pu leggere come un
si
al
polo
qualsiasi
dove
27
realizzando
testo,
efficacia, tutto
testo,
il
sostituendosi cos
al
necessariamente da critico del testo teatrale in critico dello spettacolo teatrale. L'ufficio del critico del testo teatrale per definizione
vincolato
al
testo.
Ma
l'aderenza
al testo
assume un
significato
diverso nel caso del testo teatrale, da quello che ha nel caso del
testo narrativo. E se in quest'ultimo caso si risolve in un richiamo
alla intrinseca
caso dell'opera
teatrale,
implica di
necessit
l'attenzione alla
eteronomia.
McGill University
NOTE
1
V., per esempio: O. Zich, Estetika dramaticeskno umetti (Estetica dell'arte drammatica, Praha, 1931); J. Mukdfovsky, "Pokus o strukturni rozbor hereckno
zjevu" (Tentativo di analisi strutturale del fenomeno dell'attore), 1931, ora in
Studili z estetiky
it.
in
J.
Mukurovsky,
//
P.
(Bruxelles, 1975); T.
Kowzan,
Littrature
et
spectacle
J.
L.
"Dramma /spettacolo,
1978);
il
Numero
20 di
Biblioteca
(Milano, 1978).
Come
si
comunica
il
teatrale
dedicato a
volume di saggi
Kemeny, M. Pagnini,
il
teatro:
Dal
testo alla
di
R.
scena
28
2
e Intronati,
2 ediz. accresciuta
a cura di G.
Padoan
(Bibbiena, 1970).
4
G. Padoan, "Il senso del teatro nei secoli senza teatro," Concetto, storia, miti e
immagini del Medio Evo, a cura di V. Branca (Firenze, 1973), pp. 325-338.
I.6,p!28
poesia d'arte,
veda
II. 2
Si
SivedaII.l-3,pp.34-38.
e,
argomento
di
il
doppio
di Studi tenuto
"La Calandria o
il
10
11
Ma
al frate.
12
13
E' questa, mi sembra, la tesi sostenuta con molta finezza dal Borsellino. Egli
considera l'intervenire del doppio destinatario nella narrativa, e in particolare
nel Decameron (pp. 31, 32), come un vero e proprio procedimento teatrale, che
presuppone "un reale condizionamento scenico" (p.22) e la trasformazione del
lettore in spettatore (o in "lettore-spettatore," p.33). Il racconto della beffa di
Bruno e Buffalmacco ai danni di maestro Simone sarebbe "il testo scenicamente
pi elaborato del Decameron," e cio l'esempio pi riuscito di una teatralit
portata "al limite del pi audace effettismo" (p.33). Il Borsellino parla di
"animazione spettacolare della battuta comica, ingiustificata narrativamente e
si
p.30).
non
assimilabile per intero dall' interlocutore, cui in realt non diretta" (p.27),
Ferondo; di "ambiguit" e di "sottintesa complicit
dialogo, agli spettatori invisibili della novella, nuovi pretesti per la derisione di
Calandrino," come anche dei "grulli devoti" nella novella di frate Cipolla
(p.28); di "parlato scenico
il
pubblico"
29
nel
Decameron (Vicenza, 1970), pp. 271, sgg.; G. Padoan, "Il senso del teatro nei
Al Borsellino si ricollega direttamente lo studio
Decameron come pubblico teatrale," Studi sul
14
V.
15
Mi
anche
le
II.
9 e di
Come comunica
il
III. 2.
teatro:
Dal
testo alla
16
Si
il
zione del testo teatrale," pubblicato per la prima volta in Strumenti critici, N.3233 (1977). La dimensione deittico-performativa, inscritta nel testo
come
insiste a pi riprese il Serpieri (pp. 17, 20, 25, ecc.)
dovrebbe costituire la base
di una segmentazione, intesa a preparare il testo teatrale alla messinscena,
mettendo in evidenza "la primaria virtualit scenica del testo scritto" (p.29).
Questa ipotesi teorica illustrata da una serie di esempi di segmentazione di
testi, per lo pi shakespeariani. Il Serpieri non distingue, per,
casi in cui (1)
l'orientamento deittico-performativo tende a risolversi nell'esigenza dell'integrazione scenica, mettendo in evidenza l'incompletezza del testo, da quelli in
cui, invece, (2) tende a sostituirsi all'integrazione scenica, assicurando la completezza del testo in se stesso, indipendentemente dalla rappresentazione. Il suo
discorso rimane cos ambiguo. La specificit del testo teatrale risulta evidente,
infatti, soltanto nel primo caso. Nel secondo caso, niente vieta che deitticit e
performativit si riscontrino in testi non teatrali. Criterio discriminante ,
quindi, non la dimensione deittico-performativa, ma appunto l'incompletezza,
che risulta da un uso particolare della deissi, come anche da ogni altro
riferimento implicito e esplicito all'integrazione scenica.
17 Si veda ci che detto delle didascalie nel saggio, ora citato, del Serpieri (p.51,
n.4). Particolarmente interessante quel che egli osserva a proposito delle
didascalie "troppo circostanziate," che sarebbero "segno di una dfaillance
teatrale." Analogo mi sembra il caso di un'articolazione deittico- performativa
che tenda ad esaurirsi in se stessa. Non si dovrebbe, anche in questo caso,
considerare l'iperdeterminazione come indizio di una scarsa teatralit del testo?
18 Da questo stesso punto di vista, si dovrebbe riprendere e sviluppare ulteriormente la breve ma acuta analisi, che G. Padoan fa del linguaggio teatrale della
Venicxiana, nell'introduzione alla sua edizione della commedia: La Veniexiana,
Testo critico, tradotto e annotato, a cura di G. Padoan (Padova, 1974), pp. 9-10.