You are on page 1of 78

  

    
     

 "!$#%'&% ()(+*,(-.&%*0/2143-!057698:!$;=<%*03-&%!


>@?.A #%#%*0"! >0B0B$C
  

"!#%$  '&)
(+*- , (#./ (+012(340657 &)8"./.90:34(+;(+0:*/ <=(#*>0@?A?) (#,8B0"*C12DCE#8@?40"&)(F8/G<34.-<&4(#H<I*J?4012(LK'0:D/*/MN!!O!!P!!!O!!O! Q
"!"!R`QTSUa*J34?4.-<I<&4VW&4<I(#H&)<I<I*C*J;?48B01212(X(c*/b7<?4D2<I?4&)&)*20"df*/eP(Y<IGZ&)8@E#8:H,h./gi(#<I!;;I!<[!O12(L!./!P&)0"!\-!O8@\/!(#!E+( ?^!O8_] !!O!O!!!O!O!!!!!P!P!!!O!O!!!O!O!!!!!O!O!!!O!O!!!P!P!!!!!O!O!!!O!O!! `j
"! k $'&)(+*-, (#./(+012(340657&)8"./.90:34(+;(+0:*/<l12<E+#<[8@H./(#<I;;I<12(X.C&40:\C8@\/(#E (m?68n] !P!!O!!O!!!O!!O!!P!!!O!!O! o
pQ2X!#qrbOq[J?)8@?4s(1/l(LD/*I3A(F3f?)tB<IH u8‚JDC8@ *J?4(F, 0vw,I0"H
<Ox5"y< ?4?4I0:z&4(Xv{12<E+#0
3A
.-8@;I(#012
(}ƒ=(+E#|\-<~&A?„!Oq[!!!Oq[!
!O !!P!!!O!!O! €…
Q2Q2!R! `Q $'†P&)340"34<I./&)&)56(#< 8@?^\/8] (#E M"(-<‡9*/3A<I(F,h&hg/8@<E#(L, 120:(HB3A?)<O86?)0:(X.-<O<&)0:8@3)?43A0"<&)&4(ˆ56*/8"<I\/E#(+E#0(ˆ‡-34.C34(#8",h;IgC(#<Œ01/!O(!ƒ‰!O(#E+\9!<I!O&4?Š!!!!P!P!!!O!O!!!O!O!!!!!O!O!!!O!O!!!P!P!!!!!O!O!!!O!O!p
!p‹"
T`/q[!#†>lX.-uŽ<&)8@?40: &4<P12(X.90:34(+;(+0:*/ <O<OuVW D/*/;I(#0"*C<[1L 0:*C1/8!O!!!O!!O!!O!!!P!!O!!O!!!O!!O!!P!!!O!!O!p/‘Q
`/`/!R! `Qp’”•&h8"<E#348"EF8@;I;I(#0"(#0"*/*C(X(91/34(X.C(+8@*-;12(#< 8"?)E+(L<I&)<‘HB1(#0"*C.98";I<I(#&h0"86*/?40:<&412<l((+Hƒ=<I./(FDC3A<E#34*70“\-<!O&4M!!!O!O!!!O!O!!!O!O!!!!!P!P!!!O!O!!!O!O!!!!!O!O!!!O!O!!!P!P!!!!!O!O!!!O!O!p !p–`
—pkC!#%ac
34.-<&4'(#H‘ <I*J?40˜12|(LK'~0:D/*/M™q[‘!X!Oq[!‘
!O™!!!O!š•!Pl! !O !v{!!OP!!O[!l!OuŽ!l!vw!Pl!!Oqr!!O!! !O!!O!!P!!!O!!O!p2…€
kCkC!R! `Qp”•”•< (+C?)<(#,I3)0"3AE#(#00"*C12<O(X1C128B(+›91/&h0"8@./;(+./0:(#*/0<œ3f?)&)!8@?4!O0ž!!O!O!!!!!O!O!!!P!P!!!O!O!!!!!O!O!!!O!O!!!O!O!!!!!P!P!!!O!O!!!O!O!!!!!O!O!!!O!O!!!P!P!!!!!O!O!!!O!O!% !%Q2Q@‹
Ÿq[j2!#†>lX.-uŽ<&)8@?40: &4<P12(X<Iq[5:0"PE#D/v{;I(#0"*C <l?)<IHuŽ.9 0"&h8@E#<™!!P!!O!!!O!!O!!O!!!P!!O!!O!!!O!!O!!P!!!O!!O!%-Q@`
j2j2!R! `Qpa$‚J&4DC0:8"./;I&4(#(#0"< */?68(L] 12M:<<IEX*/H<&)0@8"?4E+(L0 12!<M"!OE#(X!8@!OD2?)!0:!O3A?)!8@?4!(X12!O<!E+F8!P!ƒ=8"!OHB!(#!E+?40"!O*C!(#8"!O*C!8 !O!!!!!P!P!!!O!O!!!O!O!!!!!O!O!!!O!O!!!P!P!!!!!O!O!!!O!O!% !%Q"Q6kj
ŸOj2!#|%¥~r>DC',I8 86?4?4&h¡86?4?4(#5^8¦C
§x¨©Š‹ª ¢ !!O ! !O£!P!¤!O!qŽ!P>!'!O! !!O!!O ! !O!!!P!!O!!O!!!O!!O!!P!!!O!!O!%-Q6k
j2!RQp¥rDC,I8B&)<I./D/EF34(+568¦/§¨«‹¬!!O!!O!!!O!!P!!O!!!O!!O!!O!!!P!!O!!O!!!O!!O!!P!!!O!!O!%Q@–
­ vso7!#%a v{‚JPDC8";Iq (#0" ®*/<O8@ M:E+(X£8" D2?4uŽ06568@E#0"&) (™!!O!!!O!!P!!O!!!O!!O!!O!!!P!!O!!O!!!O!!O!!P!!!O!!O!%9Q"Q
o7o7!R! `Q ”•¯Ž070@?h0"86&h?)120"(+*-&)<l86?4&)<P(+M:.9(#1/0"0°EF8@&)!P(!!!!O!O!!!O!O!!!O!O!!!!!O!O!!!P!P!!!O!O!!!!!O!O!!!O!O!!!O!O!!!!!P!P!!!O!O!!!O!O!!!!!O!O!!!O!O!!!P!P!!!!!O!O!!!O!O!% "
Q
!%Q"Q Q
  Q
Tv{l  t uŽ lvw   ~
  BO|~>'   
x l  £P  q  -

//!#!RQp
 ¯$Ž0@<I?)*J<I?4*/&)0;(#8"12E+(X(LH88"3A3)(#H348 H< !?4&)!(F8B!O3A!VW<I!O&)(F,I!8 !O!!!!!O!O!!!P!P!!!O!O!!!!!O!O!!!O!O!!!O!O!!!!!P!P!!!O!O!!!O!O!!!!!O!O!!!O!O!!!P!P!!!!!O!O!!!O!O!% !%Q@Q@``
//!! k` bJb7?).98@< ?4?A(X?)&4E#<I0MJ1286<?)(LE+Y*/ 86<I?4EL0:.9H0@0?)<I1/*/(X;(#(#1/8"E+&4<[0:M",I<I0"*CD/0 E#0"<[H 8@\/?4(#0"8"H*/0 (L(F12&)!O0"M"!<!*/0"!O(F12!(ª!O!!!O!O!!!!!P!P!!!O!O!!!O!O!!!!!O!O!!!O!O!!!P!P!!!!!O!O!!!O!O!%

 !%Q@Q@``
/!Rj /!Rj2< ?)!# 0212(‰12./(X.C8"&4./0J./34&)340:(+H3)3A8"(#H;I(#8@0";I*/(#<P0"*C.-< <&A?)D/!O&)!\C86!?)(+!O568 !!P!!!O!O!!!!!O!O!!!O!O!!!O!O!!!!!P!P!!!O!O!!!O!O!!!!!O!O!!!O!O!!!P!P!!!!!O!O!!!O!O!%

  !%Q@Q@``
/!Rj2!RQ ‰./.C&40J3434(+H8";I(#0"*/<P568@&)(#8";I(#0"*C8"E+<s!P!!O!!!O!!O!!O!!!P!!O!!O!!!O!!O!!P!!!O!!O!%Q@`




   
Capitolo 1

PRINCIPIO DI
SOVRAPPOSIZIONE

1.1 Principio di sovrapposizione in ottica ondulatoria: esperi-


mento di Young
Una sorgente S emette un’onda luminosa monocromatica di lunghezza d’onda λ, come illustrato in Fig.1.1.
Il fronte d’onda (piano se distante dalla sorgente) incontra uno schermo Sc dove sono praticate due
fenditure (puntiformi) F1 ed F2 a distanza D ' λ l’una dall’altra. Le due fenditure diventano sorgenti
coerenti (in accordo di fase) di onde sferiche uscenti.

P(x) I

F1
θ
O
S
F2 O x
R

Figura 1.1: Esperimento di Young (sinistra) e figura di interferenza (destra)

Nel punto generico P sul rivelatore R le due onde interferiscono non piu in accordo di fase poiché
hanno percorso distanze diverse per raggiungere il punto P; tuttavia mantengono una relazione di fase,
che è determinata dai rispettivi cammini ottici. Nel punto P i rispettivi campi elettrici hanno la forma
~1 = E
E ~ o ei(kx1 −ωt) (1.1)
~2 = E
E ~ o ei(kx2 −ωt) (1.2)

dove x1 e x2 sono le distanze di P dalla due fenditure e k è il numero d’onda k = 2π λ con λ lunghezza
d’onda. Secondo l’ottica ondulatoria il punto P è sede di un campo elettrico che è la somma vettoriale
dei due campi elettrici (principio di sovrapposizione) e quindi l’intensità luminosa è data dal modulo
quadro del campo risultante
~1 + E
I = |E ~ 2 |2 = 2I0 [1 + cosk(x1 − x2 )] (1.3)

2
CAPITOLO 1. PRINCIPIO DI SOVRAPPOSIZIONE 3

πD
= 4I0 cos2 [ sinθ] (1.4)
λ

dove I0 = |E ~ 1 |2 = |E
~ 2 |2 è l’intensità di ciascuna componente e θ misura la direzione di P rispetto
all’orizzontale (vedi Fig.1.1). Al variare di P (o θ) sul rivelatore R si susseguono massimi (I = 4I0 ) e
minimi (I = 0) di interferenza . Il primo massimo si ha per θ = 0, il secondo per

λ
sinθ = (1.5)
D
Se λ/D ¿ 1 i massimi non sono distinguibili. L’interferenza insieme con la diffrazione sono la prova piu
diretta della natura ondulatoria della luce.

1.2 Interferenza di neutroni: ampiezze di probabilità


Il principio di sovrapposizione non è applicabile a particelle classiche. Immaginiamo infatti di ripetere lo
stesso esperimento con una sorgente S di particelle. Queste, viaggiando su traiettorie definite, o passano
per la fenditura F1 o passano per la fenditura F2 (ignoriamo quelle che non passano), quindi il numero di
particelle (intensità) che arriva nel punto P è la somma di quelle che passano da F1 e quelle che passano
da F2, cioè

I = I1 + I2 (1.6)

Non c’è spazio per nessun fenomeno di interferenza. Tuttavia l’analogo esperimento è stato realizzato
con sorgenti di neutroni lenti in tempi recenti (A. Zeilinger et al. (Rev. Mod. Phys. 60 (1988) 1067). I
risultati mostrati in Fig.1.2 rivelano una struttura d’intensità nei rivelatori con massimi e minimi tipici

4000
Intensity (Neutrons / 125min)

3000

2000

1000

100 µm
0
Scanning slit position

Figura 1.2: Interferenza di neutroni

di un fenomeno di interferenza. Agli albori della MQ per spiegare la presunta natura ondulatoria delle
particelle (esperimento di Davisson e Germer) de Broglie aveva associato a ciascuna particella un’onda
di materia la cui lunghezza d’onda è collegata all’impulso della particella dalla relazione
h
λ= (1.7)
p
CAPITOLO 1. PRINCIPIO DI SOVRAPPOSIZIONE 4

dove h e la costante di Planck. L’ ipotesi di onda di materia si è poi rivelata infondata.


D’altra parte esperimenti come l’effetto fotoelettrico e l’effetto Compton hanno messo in evidenza che
la radiazione (fotoni) può anche manifestare una struttura corpuscolare quand’è in interazione con la
materia .
Quindi il comportamento ondulatorio delle particelle ed il comportamento corpuscolare della radi-
azione richiedono un riesame del principio di sovrapposizione come chiave interpretativa dei fenomeni di
interferenza. in un quadro unitario, che supera la suddivisione onda-corpuscolo lasciata in eredità dalla
meccanica classica (cfr. La Fisica di Feynmann, Vol.III) .
Riferendoci alla Fig.1.1, immaginiamo ora che S emetta particelle, siano esse neutroni o fotoni. Le
particelle siano emesse una alla volta (ipotesi di sorgente debole) di modo che un esperimento con N
particelle equivanga ad N esperimenti con una sola particella, tutti eseguiti nelle stesse condizioni sper-
imentali. In un singolo esperimento la particella attraversa una fenditura e raggiunge un punto x del
rivelatore R. Ripetendo l’esperimento N volte troveremo che le N particelle, che hanno attraversato lo
schermo con le due fenditure (ci possiamo dimenticare delle altre) sono distribuite in tutti i punti del
rivelatore; se N è molto grande potremo definire la probabilità P(x) che la particella raggiunga il rive-
latore nel punto x come il numero di particelle che hanno raggiunto x diviso il numero totale N. Come
già visto la probabilità si distribuisce con massimi e minimi formando una figura di interferenza, che
dobbiamo attribuira alla presenza di entrambe le due fenditure aperte. Se le particelle si comportassero
come particelle classiche il numero di particelle che raggiungono x sarebbe uguale al numero N1 (x) di
particelle che hanno attraversato la fenditura F1 quando F2 è chiusa più il numero N2 (x) che hanno
attraversato la fenditura F2 quando F1 è chiusa e quindi

P (x) = P1 (x) + P2 (x) caso classico (1.8)

Ma la somma delle probabilità non da luogo ad interferenza. E’ come se nel caso dell’ottica ondulatoria
uno sommasse direttamente le intensità invece che i campi elettrici. Quello che si trova è invece

P (x) 6= P1 (x) + P2 (x) caso quantistico (1.9)

Nell’ottica ondulatoria seguendo il principio di sovrapposizione uno prima somma i campi e poi fa il
modulo quadro. Questo genera quel termine addizionale che è responsabile della interferenza. Nel caso
delle particelle l’interferenza ci suggerisce che un analogo principio di sovrapposizione debba presiedere
l’interpretazione del fenomeno. Ma qual’è la grandezza che si deve sovrapporre? Cominciamo col definire
una ampiezza di probabilità associata a ciascun evento fisico. Nell’esperimento in considerazione abbiamo
due possibili eventi: l’evento E1 consistente nella emissione di una particella dalla sorgente S, passaggio
della stessa dalla fenditura F1 e rivelazione nel punto x del rivelatore R, cioè

eventoE1 : S → F 1 → R(x) (1.10)

e l’evento E2 consistente nella emissione di una particella dalla sorgente S, passaggio della stessa dalla
fenditura F2 e rivelazione nello stesso punto x del rivelatore R, cioè

eventoE2 : S → F 2 → R(x). (1.11)

A ciascun evento Ei associamo una ampiezza di probabilità Ai (x), il cui modulo quadro è la probabilità
dell’evento in assenza di eventi alternativi. Quindi nel nostro caso definiamo

P1 (x) = |A1 (x)|2 P2 (x) = |A2 (x)|2 (1.12)


CAPITOLO 1. PRINCIPIO DI SOVRAPPOSIZIONE 5

Osserviamo che l’ampiezze Ai è definita mediante una operazione di misura, cioè il conteggio del numero
di particelle che arrivano in x. Non è però definita la sua fase trattandosi di un numero complesso. Questo
aspetto sarà discusso in seguito.
Quando i due eventi si presentano simultaneamente (entrambe le fenditure aperte), il principio di
sovrapposizione suggerisce di sommare prima le ampiezze e poi fare il modulo quadro

P (x) = |A1 (x) + A2 (x)|2 = P1 (x) + P2 (x) + termine misto. (1.13)

Come nel caso delle onde (vedi Eq. (3)) il termine misto è responsabile della interferenza. L’ipotesi fisica
che soggiace il principio di sovrapposizione è che i due eventi non sono mutuamente esclusivi come vorrebbe
la concezione classica che associa alla particella una traiettoria per cui o questa passa dalla fenditura F1 o
dalla fenditura F2. Dal nuovo punto di vista, volendo adoperare ancora il concetto classico di traiettoria,
è come se la particella, prima di giungere sullo schermo con le fenditure, condividesse simultaneamente
due traiettorie ed al momento di attraversare lo schermo decidesse da quale fenditura passare. La sua
decisione non è arbitraria ma dipende dalle ampiezze di probabilità. Come determinare queste ampiezze
è lo scopo della meccanica quantistica.

1.3 Esperimento di Stern-Gerlach


Il principio di sovrapposizione non si applica solo alla interferenza di neutroni o fotoni, ma a tutti i
fenomeni quantistici. Ne esaminiamo ora uno particolarmente istruttivo, cioè l’esperimento di Stern e
Gerlach.
Un fascetto di atomi di argento preparati dalla sorgente S, attraversa la regione compresa fra le
espansioni di una calamita e raggiunge un rivelatore R, come illustrato in Fig.1.3.

S S
z

Sud
θ

S Nord

a) b)

Figura 1.3: Esperimento di Stern e Gerlach con campo magnetico omogeneo (a) e disomogeneo (b).

Se il campo magnetico B (diretto lungo l’asse z) è costante (Fig.1.3a) il fascetto prosegue indeflesso e si
concentra nel punto O del rivelatore R. Se però si crea una disomogeneità di B lungo l’asse z deformando
per esempio una delle espansioni della calamita , come illustrato in Fig.1.3b, allora si desta una forza
che sdoppia il fascetto ed i singoli atomi si concentrano su due punti del rivelatore simmetrici rispetto
ad O. Questo succede con gli atomi di Ag, mentre in generale il numero di componenti in cui si sdoppia
il fascetto dipende dal momento angolare del tipo di atomi in considerazione, e comunque per atomi
paramagnetici, cioè che hanno un momento magnetico permanente. Finora l’esperimento! Vedremo ora
CAPITOLO 1. PRINCIPIO DI SOVRAPPOSIZIONE 6

che l’interpretazione classica è in disaccordo con il risultato sperimentale. Ciascun elettrone atomico ha
un momento angolare orbitale ~l dovuto alla rotazione attorno al nucleo e un momento angolare di spin
~s dovuto alla rotazione intrinseca. I due momenti angolari si compongono per dare il momento angolare
totale
~j = ~l + ~s (1.14)

I momenti angolari dei singoli elettroni nell’atomo si compongono a loro volta per dare il momento
angolare totale dell’atomo. Generalmente si considerano solo gli elettroni di valenza poiché i momenti
angolari degli elettroni negli orbitali pù interni si cancellano. Nel caso dell’atomo d’argento c’è un solo
elettrone di valenza, che occupa nello stato fondamentale un orbitale s (l = 0). Quindi l’atomo di argento
ha un momento angolare totale pari allo spin dell’ elettrone. Poiché gli elettroni sono particelle cariche
l’atomo ha anche un momento magnetico proporzionale al momento angolare, cioè m ~ = cost ∗ ~j. Sotto
l’azione di un campo magnetico B ~ costante e diretto lungo l’asse z , si esercita sull’atomo una forza lungo
z (ignoriamo le altre componenti che generano una precessione attorno all’asse z) pari a
∂ ~ = m ∂Bz cosθ
Fz = − (−m
~ B) (1.15)
∂z ∂z
dove la quantità in parentesi è giusto il potenziale del campo e θ e l’angolo tra m ~ e l’asse z. Quando Bz
è costante la forza sull’atomo è nulla e il fascetto non viene deflesso, ma se Bz non è costante (campo
disomogeneo nella direzione z) il fascetto subisce una deflessione di un angolo θ. La massima deflessione
si ha quando m ~ e parallelo (verso l’alto) o antiparallelo (verso il basso) all’asse z. Ora, poiché nel fascetto
uscente da S i momenti angolari degli atomi sono distribuiti in maniera isotropa, ci si aspetterebbe
classicamente che gli atomi arrivino su S uniformemente distribuiti in tutti i punti corrispondenti alla
massima deflessione verso l’alto e la massima deflessione verso il basso. Sperimentalmente invece si
osserva che gli atomi si concentrano nei due punti di massima deflessione, diciamo A e B,come se le sole
possibili direzioni di m
~ fossero o parallela o antiparallela rispetto all’asse z (vedi Fig.(1.4). Se per qualche

I I

A O B A O B

Previsione classica Risultato sperimentale


Figura 1.4: Intensita’ di atomi sullo schermo

motivo la distribuzione dei momenti angolari degli atomi nella sorgente non è isotropa, le intensità dei
due fascetti sono diverse, ma i punti in cui si concentrano sono sempre A e B. Se cambiamo atomi invece
di due fascetti se ne possono avere più di due. Vedremo che il numero di fascetti in cui si decompone
il fascio incidente sul campo magnetico disomogeneo dipende dal momento angolare totale degli atomi
in considerazione, ma la distribuzione è comunque concentrata in punti privilegiati. Si parla quindi di
quantizzazione spaziale.
CAPITOLO 1. PRINCIPIO DI SOVRAPPOSIZIONE 7

1.4 Principio di sovrapposizione delle ampiezze di probabilità


Diciamo innanzitutto che l’apparato di Stern-Gerlach serve a misurare il momento angolare totale di atomi
paramagnetici, poiché, come vedremo nel Cap. VII, il numero di componenti in cui si divide il fascetto è
direttamente collegato al valore del momento angolare della specie atomica in considerazione. Ma si può
adoperare anche per misurare il grado di polarizzazione del momento angolare degli atomi nella sorgente
S. Quest’ultimo è dato dall’intensità relativa delle due componenti componenti o equivalentemente dalla
quantità
IA − IB
(1.16)
IA + IB
Nelle condizioni sperimentali di sorgente debole viene emesso un atomo di argento alla volta. Quindi, l’es-
perimento con N atomi equivale ad N esperimenti con un solo atomo eseguiti tutti nelle stesse condizioni
sperimentali. Il singolo atomo qualche volta va in A qualche volta va in B in maniera casuale. Tuttavia
dopo N ripetizioni dell’esperimento (N molto grande) possiamo constatare che le frequenze NA /N e NB /N
non cambiano apprezzabilmente. Possiamo dar loro il valore di probabilità. Questa è una proprietà della
natura su scala microscopica: si comporta in modo probabilistico. In rapporto a questo comportamento
dobbiamo costruire una teoria che descriva i fenomeni naturali in termini di leggi probabilistiche. Non si
tratta, come vedremo , di rinunciare al determinismo, ma al determinismo classico (corrispondenza uno
a uno tra stato iniziale e stato finale).
Vogliamo ora cominciare a descrivere il formalismo della MQ. Per far questo partiamo dal dato
sperimentale costituito dai due stati di polarizzazione dell’atomo di argento osservati (punti A e B nel
rivelatore) e dalle intensità di atomi rivelate in ciascun punto. Chiameremo lo stato in A come ↑ e lo
stato in B come ↓. Per ognuno di essi l’esperimento ci da una probabilità
IA IB
P↑ = P↓ = (1.17)
I I
La probabilità dipende naturalmente dallo stato di polarizzazione degli atomi di argento preparati dalla
sorgente S. Se questi partono già dalla sorgente nello stato di polarizzazione ↑ allora P↑ = 1 e P↓ = 0.
Viceversa, se partono polarizzati ↓ allora P↓ = 1 e P↑ = 0. Come descrivere lo stato di polarizzazione
degli atomi della sorgente nei casi in cui entrambe le probabilità sono diverse da zero? Come nel caso della
interferenza da due fenditure dobbiamo ammettere che il singolo atomo di argento, prima di attraversare
il campo magnetico, condivida i due possibili stati di polarizzazione finali ed al momento di attraversare il
campo ’decida’ in quale stati portarsi. Questo è il modo in cui funziona il principio di sovrapposizione in
MQ. Assumiamo di descrivere gli stati di polarizzazione iniziale e finale con vettori di stato dello spazio
di Hilbert, che indicheremo, seguendo la notazione di Dirac, nel modo seguente

sorgente : |s >, stato in A : | ↑>, stato in B : | ↓> (1.18)

In forza del principio di sovrapposizione scriviamo allora

|s >= A↑ | ↑> +A↓ | ↓> (1.19)

I coefficienti A↑,↓ danno informazione sul peso relativo con cui ciascuno stato finale di polarizzazione
entra nella sovrapposizione. Quindi è plausibile assumere che questi siano in relazione con le probabilità
relative. Definiamo quindi

P↑ = |A↑ |2 P↓ = |A↓ |2 (1.20)


CAPITOLO 1. PRINCIPIO DI SOVRAPPOSIZIONE 8

I coefficienti A↑,↓ sono necessariamente numeri complessi e quindi lo spazio di Hilbert in cui sono definiti
i vettori di stato di polarizzazione è complesso. La ragione di ciò sarà chiarita nel seguito. In questo caso
il prodotto scalare tra due vettori è definito come il prodotto dell’uno per il duale dell’altro (cioè avente
come componenti le complesse coniugate). Il duale del vettore |s > viene indicato con < s|. Seguendo
tale notazione il prodotto scalare si scrive

< s0 | · |s >≡< s0 |s > (1.21)

Da questa definizione segue che il complesso coniugato di < s0 |s > si ottiene scambiando i due stati, cioè

< s0 |s >∗ = < s|s0 > (1.22)

I due stati di polarizzazione finali sono alternativi. Infatti, se gli atomi di argento vengono prima polar-
izzati paralleli all’asse z (mediante un altro Stern-Gerlach) allora verranno deflessi tutti in A, se vengono
polarizzati antiparalleli all’asse z verranno deflessi tutti in B. Questa proprietà si traduce geometrica-
mente nella ortogonalità dei due stati; inoltre si può anche assumere che ciascuno di essi sia di modulo
unitario. Quindi

<↑ | ↓>= 0 (1.23)


<↑ | ↑>=<↓ | ↓>= 1 (1.24)

I due stati formano quindi un insieme completo ortonormale nello spazio di Hilbert bidimensionale asso-
ciato agli stati di polarizzazione della sorgente. Completezza significa che qualunque stato della sorgente
di atomi di argento può essere espressa come combinazione lineare dei due stati finali. Questa è anche
un fatto sperimentale giacché, comunque preparo il fascetto, gli atomi si distribuiscono sempre e solo fra
i due stati | ↑> e | ↓>. Proiettando su ciascuno dei due stati finali si hanno le relazioni

P↑ = |A↑ |2 = | <↑ |s > |2 P↓ = |A↓ |2 = | <↓ |s > |2 (1.25)

che giustificano l’interpretazione di A↓,↑ come ampiezze di probabilità. Consideriamo il modulo quadro
dello stato della sorgente

< s|s >= P↑ + P↓ = 1 (1.26)

che segue dal fatto che non ci sono altri stati finali di polarizzazione. Questa equazione vale qualunque
sia lo stato iniziale della sorgente: le probabilità cambiano ma la loro somma deve essere uguale ad 1.
Segue da qui una proprietà generale degli stati in MQ, cioè solo la loro direzione ha significato fisico. Il
loro modulo, non avendo significato fisico, può essere arbitrario e quindi si può normalizzare ad 1, come
nel caso precedente.
Capitolo 10

PROBLEMA A DUE CORPI:


STATI DEL CONTINUO

Riprendiamo l’equazione di Schrödinger per il sistema di due particelle interagenti con l’intento di cercare
la classe di soluzioni che descrivono stati di diffusioni. In questo caso si deve avere E > 0, affinchè la
probabilità di trovare le particelle lontano dalla regione d’interazione sia finita.
Consideriamo direttamente l’equazione di Schrödinger per il moto relativo

p2
[ + V (r)]|ψ >= E|ψ > (10.1)
2m
Se il potenziale si annulla e |ψ >≡ |~
p > diventa la funzione d’onda di una particella libera di impulso

p = 2mE. Riscriviamo l’equazione di Schrödinger mettendo in evidenza esplicitamente la soluzione di
particella libera
p2
(E − )(|ψ > −|~p >) = V|ψ >, (10.2)
2m
p2
essendo (E − 2m )|~
p >= 0. Allora possiamo scrivere

1
|ψ >= |~
p>+ V|ψ > (10.3)
E ± − p2 /2m

L’introduzione dell’operatore inverso richiede una precauzione: per evitare singolarità nel dominio reale
abbiamo introdotto in E ± = E ± i² una quantità immaginaria infinitesima, che alla fine degli sviluppi
va posta uguale a zero. Il doppio segno corrisponde, come vedremo, alla scelta di condizioni fisiche al
contorno diverse.
L’equazione di Schrödinger per la funzione d’onda si scrive infine
Z
1
< ~r|ψ >=< ~r|~p > + d3~r 0 < ~r| ± |~r 0 >< ~r 0 |V|ψ > (10.4)
E − p2 /2m

10.1 Forma asintotica degli stati nel continuo


L’equazione precedente può essere risolta e la funzione d’onda determinata esattamente. Ma qui ci
poniamo un obiettivo più limitato, cioè quello di determinare la forma asintotica della funzione d’onda
per r → ∞. Questa infatti porta l’informazione sulla collisione che viene elaborata dai rivelatori di
particelle posti appunto lontano dalla regione d’interazione.

51
CAPITOLO 10. PROBLEMA A DUE CORPI: STATI DEL CONTINUO 52

Per determinare la forma asintotica dell’equazione di Schrödinger, dobbiamo studiare il kernel (fun-
zione di Green)
Z p 0 ·(~
i~ r 0 )/~
r−~
1 1 3 3 0e
G(~r, ~r 0 ) = < ~r| ± |~
r 0
>= ( ) d p
~ 02 (10.5)
E − p2 /2m 2π~ E± − p 2m
0
m e±ip|~r−~r |/~
= − (10.6)
2π~2 |~r − ~r 0 |
Ricordiamo che E = p2 /2m.
Il calcolo dell’integrale che porta all’ultima linea viene presentato nell’ Appendice a questo capitolo.
Per r → ∞ possiamo approssimare
1 1
lim ≈ (10.7)
r→∞ |~r − ~r0 | r
p ~r · ~r 0
lim |~r − ~r 0 | = r2 + r 02 − 2~r · ~r 0 ≈ r(1 − ) (10.8)
r→∞ r2
da cui la funzione di Green assume la forma asintotica
0
m e±ipr/~ e∓i~pr ·~r /~
G(~r, ~r 0 ) ≈ − (10.9)
2π~2 r
dove p~r è un vettore di modulo p nella direzione di ~r. In definitiva la equazione di Schrödinger asintoti-
camente si scrive
ψp (~r) ≈ ei~p·~r/~ − fp~p~ 0 e±ipr/~ (10.10)
dove abbiamo introdotto la quantit’a fp~p~ 0 , chiamata ampiezza di diffusione
Z
m 0
fp~p~ 0 = − 2
e−i~pr ·~r /~ V (~r 0 )ψp (~r 0 ) (10.11)
2π~
dove abbiamo scelto il segno + che fissa l’onda sferica come onda sferica uscente. L’ampiezza di diffusione,
come vedremo, descrive tutte le proprietà osservabili di un processo di diffusione quantistico. Osserviamo
che si tratta di diffusione elastica poichè il potenziale cambia solo la direzione della particella incidente
dalla direzione di p~ alla direzione di p~ 0 = p~r essendo i moduli dei due vettori gli stessi (p = p 0 ).

Figura 10.1: Funzione d’onda asintotica di diffusione

La forma asintotica dell’equazione di Schrödinger si interpreta facilmente con l’ausilio della figura
accanto. Si distinguono due parti: l’onda piana incidente corrispondente alle particelle incidenti di
impulso p~ e un’onda sferica uscente dal centro del potenziale che corrisponde alle particelle interagenti
con il potenziale. Queste ultime possono uscire in qualunque direzione, ma con probabilità diversa data
dalla ampiezza fp~,~p 0 . Notiamo che il segno + nell’esponenziale corrisponde ad onde sferiche uscenti,
mentre il segno meno ad onde sferiche entranti.
CAPITOLO 10. PROBLEMA A DUE CORPI: STATI DEL CONTINUO 53

10.2 Sezione d’urto di diffusione elastica


Negli esperimenti di collisione si misura la sezione d’urto per avere informazione sul meccanismo d’inter-
azione. La sezione d’urto è il rapporto tra il numero di particelle rivelate sul rivelatore posto all’angolo Ω
(per unità di tempo) sul numero di particelle incidenti sulla targhetta (per unità di tempo). Teoricamente
è il rapporto tra il flusso uscente per unità di angolo solido dΩ nella direzione p~ 0 ed il flusso incidente
per unità di superficie nella direzione p~
dΦout dΦout
σ(Ω) = dΩ
dΦin
= dS
dΦin
r2 (10.12)
dS dS

dove dS = r2 dΩ Il flusso entrante nella direzione p̂ è uguale alla corrente nella direzione p̂
dΦin ~ p
= p̂ · J~in = p̂0 · [ (ψ ∗ ∇ψ − ψ∇ψ ∗ )] = =v (10.13)
dS 2im m
dove abbiamo solo preso la parte di ψ corrispondente all’onda piana incidente. La corrente uscente nella
direzione p̂ 0 è
dΦout ~ ~ ∂ ∂ v
= pˆ0 · J~out = p̂ · [ (ψ ∗ ∇ψ − ψ∇ψ ∗ )] = (ψ ∗ ψ − ψ ψ ∗ ) = 2 |fp~,~p 0 |2 (10.14)
dS 2im 2im ∂r ∂r r
dove ora abbiamo considerato la parte della funzione d’onda che corrisponde all’onda sferica uscente. Nel

calcolo si è utilizzata la proprietà p̂ · ∇ = ∂r . Si sono trascurati termini dell’ordine di 1/r4 . Considerando
il rapporto tra le due correnti finiamo con

σ(Ω) = |fp~,~p 0 |2 (10.15)

10.3 Approssimazione di Born per la sezione d’urto di diffusione


elastica
L’ampiezza di diffusione, Eq.(8.11), si può porre sotto forma di serie di potenze dell’interazione V , appli-
cando ripetutamente l’equazione di Schrödinger alla funzione d’onda ψ che appare sotto segno d’integrale.
Si ottiene facilmente
Z Z
m p 0 ·~
0 −i~ r 0 /~ 0 i~ r 0 /~
p·~ 0 00 00
fp~,~p 0 = − d~
r e V (~
r )[e + d~r 00 e−i~p ·~r /~ V (~r 00 )ei~p ·~r /~ + .....] (10.16)
2π~2
Se l’interazione è sufficientemente debole, si ci può aspettare che i termini successivi al primo siano
trascurabili. Il troncamento al primo ordine della serie si chiama approssimazione di Born: in pratico
consiste nell’approssimare la funzione d’onda esatta nell’equazione Eq.(8.4) con la sua forma asintotica,
che è l’onda piana. Si ha allora in approssimazione di Born
Z
m 0 0
fp~,~p 0 ≈ − d~r0 e−i(~p −~p)·~r /~ V (~r 0 ) (10.17)
2π~2

La funzione Ṽ è la trasformata di Fourier del potenziale. I due vettori p~ e p~ 0 differiscono solo in direzione.
Indicando con θ l’angolo tra le rispettive direzioni, si ha

p 0 − p~)2 = 2p2 (1 − cosθ) = 4p2 sin2 (θ/2)


(~ (10.18)
CAPITOLO 10. PROBLEMA A DUE CORPI: STATI DEL CONTINUO 54

10.4 Scattering da potenziale nucleare e coulombiano


Consideriamo il caso del potenziale di Yukawa

e−µr
V (r) = V0 (10.19)
r
Osserviamo, en passant, che questo potenziale è il limite statico della interazione tra due nucleoni basata
sullo scambio di mesoni. Il raggio d’interazione è inversamente proporzionale alla massa del mesone
scambiato e quindi l’interazione di Yukawa è a raggio finito diversamente dal caso coulombiano (che è
a raggio infinito). In effetti l’interazione di Yukawa contiene come caso limite l’interazione coulombiana
per µ → 0, che è consistente col modello che anche l’interazione coulombiana sia mediata dallo scambio
di particelle. Queste ultime sono i fotoni, aventi appunto massa nulla. La trasformata di Fourier del
potenziale di Yukawa si calcola facilmente
4πV0 4πV0
Ṽ = = (10.20)
p0
(~ 2
− p~) + µ2 (2psin(θ/2))2 + µ2

Quindi si calcola la sezione d’urto di diffusione elastica. Nel caso limite di diffusione da potenziale
coulombiano (µ = 0) si ottiene
m2 V02 1
σ(θ) = · (10.21)
(2π~ ) sin4 θ2
2 2

che coincide con la formula classica di Rutherford per collisione fra due cariche puntiformi. L’approssi-
mazione di Born per la diffusione coulombiana risulta un’ottima approssimazione poichè l’intensità del
campo coulombiano è piccola. Quest’ultima è governata dalla costante di struttura fine

mce2 1
α= ≈ (10.22)
2~ 137
il cui valore ¿ 1 giustifica appunto il troncamento al primo ordine della ampiezza di diffusione.
CAPITOLO 10. PROBLEMA A DUE CORPI: STATI DEL CONTINUO 55

-∞ * +∞
*

Figura 10.2: Poli della funzione di Green

10.5 Appendice
Effettuiamo l’integrale dell’ Eq.(10.5) facendo uso del teorema dei residui. Posto ~ = 1, r − r 0 = s
l’integrale si scrive
Z −ip 0 s
0 e
I = dp 2 (10.23)
p − p 02
Si estende prima l’integrando nel piano p 0 complesso quindi si chiude il dominio d’integrazione mediante
il semicerchio γ di raggio R → ∞ nel semipiano superiore, come illustrato in figura. L’integrale su γ da
un contributo nullo poichè l’esponenziale converge a zero per Imp 0 > 0. Avendo trasformato il dominio
d’integrazione in un circuito chiuso possiamo applicare il teorema dei residui, secondo cui I é uguale a
2πi per a somma sui residui nei poli interni al circuito
I 0 I 0
e−ip s e−ip s
I= p 0 dp 0
= p 0 dp 0
(10.24)
p2 − p 02 (p − p 0 )(p + p 0 )

Ricordiamo che la piccola quantità immaginaria aggiunta all’energia che ha consentito l’inversione del
kernel si ritrova (scegliamo il segno pi˘) in p + i² quindi abbiamo due poli come in figura di cui solo il polo
p0 = p + i² contribuisce all’integrale. Calcolato il residuo, troviamo

I = πe−ips (10.25)

10.6 Problemi
Calcolare in approssimazione di Born la sezione d’urto di diffusione elastica per il potenziale

V (r) = V0 θ(r0 − r)

e confrontare con la sezione d’urto classica.


 
 

       !"#%$ 


 &&(')+*, !"#-$    .0/1 
2  $ 345

86 7 9;:=<?>A@;BDCFEG9IHJBJKJLNMGOQCFP HGBDEGRF9SO T?<VCWU 9YXZXZ9SO[98O[B\XZC^]D_[>`9YXZ>A_a_N>Abc9SE=_Z9dXaCF]DCeTf9SOgTfChLNM?B=XZ9SbcTG]\B\LSB=XZBiXj_[9SbcB=LSC^bc98]k7 C=XZLSBD]\]i>l_ZCFOZ9


>AO[bmCFEGBiLnCoC ]k7 >A_ZC^bcC H7 BiHJOZCFR^9;EGCp9qLnCFbr<GEs:F<?9tEGC^EuXZ9SbcTGO[9w9tv xl>AE=_[>^R^RFBDC=XaCo>Qx^9;OZ9c]i> XaCF]D<?@SB\C^EG9t9YXZ>A_a_[>oTf9SONLNM 9U
TsC^_ZO[9SyGyf9CFX[Ln<GON>AO[9W]k7 BDE=_Z9;OZT?OZ9S_[>A@;BDCFEG9#zsXaBiLS>tHG9SBO[B\XZ<G]D_[>l_[B|{
} B?CJLSLS<GTGBi>AbcC~:=<GBfHGBs>A]iLn<?EGB?bc9n_[CJHJBfHGBs>AT?TGOZC=XZXZB\bc>^@SB\C^EG9`HJBs€O[9;:=<G9SE=_[9e<J_ZB\]\B_l>GU {ƒ‚„9;EGBi>AbcC~TGO[9;XZ9SE=_Z9…_[<J_a_N>QxhB\>
LNMG9^†GLSC^bc9~XaClxF9SE=_Z9‡XZB Xa<GCF] HJB\OZ9F†GC^RFEGBˆTGOZCFyG]\9Sbt>‰zsXaBiLnCcO[B\LNM?BD9YHJ9‡<GEGCtXaTf9;LSBzfLnCtbc9n_[ChHGCcHGB„>ATGT?OZC=XZXZBDbt>^@SB\C^EG9F{
rŠ Šr‹;Š Œ …Ž)‘p!’“e”gŽƒ•o”8–o—˜Ž)™›šmœo#už`—Ÿg!œo‰œ-pW rWœoe”ƒ
Kh<GTGTfC^EGBi>AbcCtLNMG9]i>c¡W>AbcB\]_[C^EGBi>AEs>‰TfCFX[X[>mX[LnO[B\x^9SONXZBfLSC^bc9‡]\>tXZC^bcbt>‰HGB„HJ<G9‡_[9SO[bmB\EGB
¢ £¤¢p¥W¦u§ ¨j©F©^{\©Yª
HJClx^9¢ ¥ 9‡U ]|7 ¡W>^bmB\]D_ZC^E?B\>^E?>cHJB <GEpXZB\Xa_Z9;bc>mB\bcTs9;Oa_[<GOZys>l_ZCtHJBVLn<GB„XZB LnCFEGCFX[LnCFEGCc>A<J_[ClxQ>^]DCFOZBˆ9YH«>^<J_ZClxF9n_a_[C^O[B
¢p¥?¬ ­I¯‰® ° £²±¯® ¬ ­I¯‰® ° ¨j©F©^{´³^ª
9«§µ9(U <GEu_[9SO[bcBDEG9(Tf9SOZ_Z<GO[y?>l_[BDxFC¶LNMG9(XaB`>FXZXZ<Gbc9«9YXZXZ9SO[9‘TGBiLSLSC^]\C?{ } CFE?XaBiHJ9;OZBi>AbcC <GE·>A<J_[CFXa_[>A_ZC·¬ ­ ¯ ° HJB`¢
LnC^E¸>^<J_ZClxl>A]\C^O[9o± ¯ †…LNMG9o_Z9;E?HJ9 >^H·<GE¸HJ9S_Z9;OZbcB\E?>l_[Cu>A<J_[CFXa_[>l_[C²¬ ­ ¯® ° HJBW¹ ® LnCFE¸>A<J_[ClxQ>^]DCFOZ9o± ¯® {ºK=_ZBi>AbcC
:F<?BDE?HGBe>^X[Xa<Gbc9;E?HJC»LNMG9(± ¯® 9(U <GE¼>A<J_[Clxl>A]\C^O[9‘EGC^E¼HJ9;R^9SE?9SO[9Yª›{·KhxhBD]\<GTGTGBi>AbcC»>A<J_[CFXa_[>A_ZC¶HGBe¢½9;H·>A<J_[Clxl>A]\C^O[9
LnC^O[O[B\XZTsCFE?HJ9;EF_[9oBDE²XZ9SO[BD9 HGB#TfCA_[9SEG@;9 HJ9S]\]|7 B\EF_[9SON>A@;BDCFEG9 >¾T?>^Oa_[BDO[9pHG>u>A<G_ZCFXa_[>A_ZC¾B\bcTs9;Oa_[<GOZys>l_ZC¾9YH¸>A<J_[Clxl>A]\C^O[9
LnC^O[O[B\XZTsCFE?HJ9;EF_[9˜± ¯®
¬ ­ ¯ ° £ ¬ ­ ¯® ° ¦c¬ ­…¯¿ ° ¬ ­Á¯À ° ¦¸ÂAÂF ¨j©F©^{ ÃFª
± ¯ £ ±~¯® ¦u± ¯ ¿ ¦u± ¯À ¦¸ÂFÂA ¨j©F©^{ Ä=ª
ÅVBiX[XaBi>AbcCc]\>mEGCFOZbt>^]DB\@S@Y>A@SB\C^E?9#HJBd¬ ­ ¯ ° _N>A]\9‡LNM?9mÆ·­ ¯® ¬ ­ ¯ ° £Ç©^{8ÈWX[XZ<Gbc9SE?HJCoÆ·­ ¯® ¬ ­ ¯® ° £É©F†GXaB„M?>
Æw­I¯® ¬ ­ ¯ ° £‰ÆÊ­d¯® ¬ ­I¯‰® ° ¦ÇÆw­d¯® ¬ ­ ¯r¿ ° ¦ÉÆ·­I¯® ¬ ­ ¯‰À ° ¦²Â^ÂDÂ=£Ë© ¨j©F©^{´Ì^ª
ÍIX[Xa9;E?HJCmBD] T?OZB\bcC‰_[9SO[bcBDEG9~>^] Xa9YLnCFE?HJCcbc9Sbry?OZCm<GR^<s>A]\9‡>FH(<GEGC?†h_[<J_a_[B„RF]DB >^]_[OZBˆ_[9SO[bmB\EGB„XZC^E?CmEh<G]\]\B
Æw­d¯® ¬ ­ ¯‰¿ ° £‰ÆÊ­I¯® ¬ ­ ¯‰À ° £ÇÂ^ÂAÂ=£¤Î ¨j©F©^{ ÏFª
Äs©


  
 !"# $%& ' %( %)+*',"# $-% ./ 0 % $21
 Ä=³
KhxhBD]\<GTGTGBi>AbcCcC^ON>m]|7 9;:=<?>^@SB\C^EG9‡HJBVKGLNMGOYC=P HJB\EGR^9;OÁB\EpXa9;OZB\9HJBTfCA_Z9;EG@S9
¨ ¢p¥W¦u§oªS¨Z¬ ­ ¯® ° ¦c¬ ­…¯¿ ° ¦c¬ ­Á¯À ° ¦²Â^Â\´ª8£Ë¨|± ¯® ¦Ê±‰¯ ¿ ¦Ê±~¯À ¦¸ÂFÂA´ªn¨Z¬ ­ ¯® ° ¦c¬ ­…¯¿ ° ¦c¬ ­d¯À ° ¦¸ÂFÂD´ª ¨j©F©^{43Aª
5eR^<s>AR^]\Bi>AE?HJCr_Z9;OZbcB\EGB HJ9S]\]\CmXa_Z9YXZXZCrCFO[HJB\EG9‡HJ9S]ˆTGO[B\bmCm9Xa9YLnCFE?HJCrbc9;bryGO[C?†JXZBfC^_a_[BD9;EG9‡<GE?>mLS>l_[9SE?>mHJB9Y:F<s>A@SB\C^E?B|{
Èe]\]|7 C^ONHJB\EG9‰@;9SO[C«XZBVC^_a_[BD9;EG9‰E?BD9;EF_Y7 >^]_[OZC(LNMG9m]|7 9;:=<?>^@SB\C^EG9mHJB8KJLNMGOQCFP HJB\EGR^9;OWTf9SO‡]\C«Xa_[>l_[C«B\bcTs9;Oa_[<GO[y?>l_[C76 >A]gTGO[BDbcC
C^ONHJBDE?9‡XZB C^_a_ZB\9SE?9
¢p¥s¬ ­`¯¿ ° ¦#§¾¬ ­ ¯® ° £²± ¯® ¬ ­…¯¿ ° ¦˜±‰¯ ¿ ¬ ­ ¯® ° ¨j©F©^{ 8Fª
98O[C^B\9n_a_N>AE?HGCmXZ<G]\]DCtXa_[>l_[C ¬ ­ ¯® ° 9>^TGTG]\B\L;>AE?HJCc]k7 9Y:f{\¨a©^©^{ ÏFªÁXZBCA_Z_ZB\9SEG9
± ¯ ¿ £‰Æ·­I¯® ¬ §¾¬ ­I¯‰® ° ¨j©F©^{ :Fª
LNMG9cO[>^TGTGO[9;XZ9SE=_[>q]\>oLnCFOZO[9S@;BDCFEG9‰>^]ƒTGO[BDbcCoC^ONHJB\EG9m>^]D]k7 9SEG9;OZRFB\>«± ± ® ¦¼± ¿ {c6„>oLnCFOZO[9S@;BDCFEG9‰>^]D]k7 >A<J_[CFXa_[>l_[C(XZB
CA_a_[BD9;EG9TGO[C^B\9n_Z_[>AEsHJCmXZ<(_Z<J_Z_ZBVR^]\B >A]D_ZO[B >A<J_[CFXa_[>l_[B HJB„¢p¥s>¨ =@B£ ? AGª <¯ ; ¯ ¯
ÆÊ­ C® ¬ ­…¯¿ ° £ Æ·± ­ C®® §¾¬ ­± ¯® ® ° ¨j©F©^{\©;ÎFª
C+D ¯
E <G9;Xa_[>¶9;:=<?>^@SB\C^EG9oLnBeHG> _Z<G_a_Z9p]\9pLnCFbmTfC^E?9SE=_ZB`HJBr¬ ­ ¯ ¿ ° EG9S]\]i>¶ys>^XZ9(HJ9;R^]\Be>A<J_[CFXa_[>A_ZB`HJBe¢ ¥ LnC^F E =GH £ ? Aˆ†d]\>
LnC^bcTfC^EG9;E=_Z9IA DKJMLON 9;X[XZ9SE?HJCqE=<?]D]i>p¨ Ln€O;{eÍd:s{i¨j©F©^{ ÏFªZª›{`ÈeTGT?OZC=XZXZBDbt>^@SB\C^EGB„XZ<?L;Ln9;X[XZBDxF9~>A]\]\>cTGO[B\bc>qXaBVCA_a_[9SEGRFC^EGC
Xa<G]\]i>mXa_Z9YXZX[>‰ >A]iXZ>^OZB\RF>?{
ŠrŠrQ‹ P Œ …Ž)‘p!’“e”gŽƒ•o”8–o—˜Ž)™›šmœo#už`—Ÿg pe ‰Wœoe”ƒ
Re9S]…LS>FXaC BDEÊLS<GBÁBD]…]\BDxF9S]\]DC B\bcTs9;Oa_[<GO[y?>l_[C BDEwLnC^EsXaBiHJ9SON>A@;BDCFEG9p9q U HG9SR^9;EG9SO[9‘B\]d]\B\bmBD_Z9(Tf9STO SHU Î EGCFEuTsCFOa_N> >^H
<GE·>^<J_ZC=Xj_N>l_[C¶HJ9Sz?EGBD_ZC»Ts9;O[LNM 9«U >^]D]i>¶Xa_Z9YXZX[> 9;EG9SO[R^Bi> LSC^O[OZBiXZTsCFE?HJC^E?C TGBl<·v Xa_[>A_ZBk{ } MGBi>AbcBi>AbcC·¬ ­ W¯® V ° RF]DB`Xa_[>A_ZB
>ATGT?>^Oa_[9SEG9;E=_ZBW>^]D]k7 >^<J_ZClxl>^]DCFOZ9o± ® LSC^YE XËB\E?HJBiLn9¶HJB#HJ9;R^9;EG9SON>A@;BDCFEG9^[{ Z`BDT?OZ9;E?HJBi>AbcC¾]|7 9;:f{i¨j©F©^{ 8Fª›†…LNMG9u9 U >AE?LSC^ON>
xQ>^]DBiHG>?†A_Z9;EG9SEsHJC‰LSC^E=_ZC~LNMG9`]\CrXa_[¯>A_ZC«¬ ­ ¯® ° TG<GOÁ>ATGTs>AOZ_Z9SE?9SE?HJC~>^]sXZCA_Z_ZCFXZT?>^@SB\%C \ ¯ HJ9;R^]\BsXa_[>l_[BsHJBs9SEG9;OZRFB\>‡± ¯® EGC^E
9‡U <GEp>A<J_[CFXa_[>l_[CmHG9nz?EGBD_ZCs{ 98O[C^B\9n_Z_[>AEsHJC‰E?9S]„XZCA_Z_ZCFXZT?>^@SB\2C \ ¯ XZB C^_a_ZB\9SE?9
ÆÊ­ ^¯® ] ¬ ¢p¥s¬ ­…¯¿ ° ¦ÇÆ·­ ^¯® ] ¬ §»¬ ­ ¯® ° £¸± ¯® Æ·­ ^¯® ] ¬ ­`¯¿ ° ¦˜±‰¯ ¿ Æw­ ^¯® ] ¬ ­ ¯® ° ¨j©F©^{\©^©Yª
ÈeTGTG]\BiLS>AEsHJCÊ]\9¶O[9S]i>A@;BDCFEGB#HGB#CFOa_[C^R^CFE?>A]\BD_ _ >wXaCFTGON>Qx=xhB\x^CFEGC¾XaCF]DCÊHG<G9 _[9SO[bmB\EGaB `uB\]#_[9SO[bcBDEG9“LnCFEF_[9SEG9;E=_Z!9 b9;H
BD]d_Z9;OZbcB\EG9«LSC^E=_Z9;EG9SE=_Z9(± ¯ ¿ d{ c E=_ZO[ChHG<?Ln9;E?HJC ]k7 CFTs9;O[>A_ZCFOZ9‘HJBÁTGO[C^B\9S@;BDCFEG9‘B\FE \ ¯ ¨€]\C XaTs>A@SB\C LSC^bcTG]\9Sbc9SE=_[>^OZ9«LnC^E
Afeg £ ? A‘EGCFEpH`>cv LnC^E=_[OZB\yG<J_[C=ª›†GXZB C^_a_ZB\9SE?9
h Æw­I® ¬ §¾¬ ­I®
j¯ ] j¯ ]iƒ° ÆÊ­d^¯® ]ki ¬ ­I¯‰
® ° £º¦˜± ¯ ¿ Æw­d^¯® ] ¬ ­I¯‰® ° ¨j©F©^{\©Y³^ª
]i
KJLnO[B_Z_[>‰BDE«€C^O[bt>rbt>A_ZO[B\LSB\>^]D9˜:F<?9;Xa_[>‰9;:=<?>A@;BDCFEG9‡XaBˆO[B\LSC^EGC=XZLS9#LnCFbc9#<GEs>r9Y:F<s>A@SB\C^E?9˜>^R^]\Bf>^<J_ZClxl>A]\C^O[B)¨€C^bc9S_a_ZBi>AbcC
]|7 BDEsHJB\LS9 lqTf9SOeXZ9SbcTG]\B\LSB_l>FU ª
h S ]7m ] ion ] i £¤± ¿ n ] ¨j©F©^{\©;ÃFª
]i
¯
HJClx^9 n ] XZC^EGCc]\9~LnCFbmTfC^E?9SE=_ZB HJ9;R^]\B >A<J_[Clx^9S_a_ZCFOZBk{
c ]D]\<?Xa_ZO[B\>^bmC«LnC^Ep<?E 9;XZ9SbcTGB\C‘B\]Vbc9S_ZCJHJCqTf9SOZ_Z<?OZy?>A_ZB\x^C‘Tf9SO˜<GEGC(Xj_N>l_[CqHJ9SRF9SEG9;OZ9F{ } C^EsXaBiHJ9SO[Bi>AbcCt<GE¶>A_ZCFbmC
H7 BiHJO[C^RF9SEGCpXZCA_a_[C^TfCFXa_ZC >FH¶<?EuLS>AbcTfC 9S]\9n_Z_ZO[B\LSqC p²LnC=Xj_N>AE=_Z9t9‘HJB\O[9n_a_[C ]\<GEGR^Cp]k7 >^X[Xa9t@F{ E <G9YXj_[C LS>^bmTfC >ARFB\X[Ln9
Xa<G]\]k7 9;]D9S_a_ZO[C^E?9qHJ9S]\]k7 >A_ZC^bcCs†„R^9;EG9SON>AEsHJCo<GEuTfCA_Z9;EG@SBi>A]\r9 S £ Dts p.u £ Dts pwvyxWz|{~}G{ E <G9YXj_N>oTs9;Oa_[<GO[y?>A@;BDCFEG9tEGC^E
TGOZClxFCJLS>»EG9YXZXZ<GE?>uLSC^O[OZ9;@SB\C^EG9 HG9S]˜TGOZB\bcCuC^ONHJB\EG9 >^]D]k7 9;EG9SO[R^Bi>¾HJ9;]D]\CwXa_[>A_ZC¾€CFE?HG>Abc9;EF_N>A]\9ʨ€Eˆ£‰©^† ] £˜Î?† bq£˜ÎFªn†…BDE
:F<s>AE=_ZC
±‰® ¿ £‰Æº©;ÎFÎs¬ St¬ ©YÎ^Î °% Ƥ©YÎ^Îs¬ xWz|{~}s¬©;ÎFÎ °%[€‚kƒ „†®[… ® „ ¿ ® „ ®Z® £¤Î ¨j©F©^{\©SÄ=ª


  
 !"# $%& ' %( %)+*',"# $-% ./ 0 % $21
 FÄ Ã
9;X[Xa9;E?HJC!xWz|{~}  „ ®Z® { } C^E?XZBiHJ9SO[B\>^bcCpBDEhx^9YLn9tRF]DBd9 9n_a_[BÁHG9S]\]\> Ts9;Oa_[<GOZys>A@SB\C^E?9‘Xa<G]dTGO[BDbcC Xa_[>A_ZC 9YLSLnBD_[>A_ZCʨ ¤£
³ £¤Î ;© D L kª›†lbt>‡:F<?9;Xa_ZC‰9dU HJ9;R^9;EG9SO[9dTfC^BiLNM 9ÁU >A]\]|7 9SE?9SO[R^Bi>W± À® LnCFOZO[BiXaTfC^E?HGC^EGC#<GR^<?>^]DBJXa_[>A_ZB¨ „£¤Î L £
 

ÎFª Y¨ e£ © L £ D ©Yª Y¨ e£ © L £ ÎFª Y¨ e£ © L £ ©Yª›{ E <GB\E?HJBIHJCFyGyGBi>AbcC >AT?TG]DBiLS>^OZ9c]i>(_Z9;C^O[B\>(Tf9SOZ_Z<GO[y?>l_[BDxl>


   

  

Ts9;OW<GEGC‘Xa_[>A_ZC‘HJ9;R^9;EG9SO[9^{ } B;Ctv O[B\LNM?BD9YHJ9~HJBVL;>A]iLnCF]\>^OZ9‡R^]\B 9;]D9;bm9;E=_ZBVHGB„bt>l_[OZBiLn92S ]m ] i bcC^]D_ZBgHJ9SBg:=<?>A]\B„XZC^EGCcEh<G]\]DBk{


        

} C^E?XZB\HG9SO[B\>^bmC«BDEG >l_a_[Bƒ]\>«T?>^Oa_[9m>^EGR^CF]\>^OZ9rHGBS ]m ] i Tf9SOHJ<G9tXa_[>A_ZBƒHJBƒbcC^bc9SE=_[C(>^EGR^CF]\>^OZ9r:=<?>^]D<?E?:=<G9^{‰KJB)_ZO[ClxQ>


 >^LnB\]\bm9;E=_Z9
€ kƒ „ i… i ¨ ƒ ª „ ¿ ® ¨ ƒ ª „ ¨ ƒ ª8£ m i © D ¨ D ©Yª i ¨j©F©^{\©YÌ^ª
  
      

]DB<GE?B\LSB‡Xa_[>A_ZBLNMG9FS T?<VC·U >FLSLSC^TGTGBi>AO[9 XZC^EGCw]DC¼Xa_[>l_[C ¬ ³AÎFÎ ° 9“]DC¼Xj_N>l_[C ¬ ³J©;Î ° { } MGB\>^bcB\>^bm-C S ® ¿ £‰Æ


³AÎ^Îf¬ Sq¬ ³G©;Î ° 92S ¿ ® £‰Æ¼³J©YÎs¬ S‘¬ ³^Î^Î ° £ S ¿ … ® †?>^]D]\C^ON>r]i>mbt>l_ZO[BiLn9HG>cHJBi>AR^CFE?>A]\B\@S@;>^OZ9r9U


SË£

Î S®¿ !


S ¿® Î "

Z`B\XZC^]\x^9;E?HJC‡]k7 9Y:F<s>A@SB\C^E?9eXa9YLnC^]i>AO[9^†FXaBJ_[OZClxl>˜ >FLnB\]Dbc9SE=_[9e± ¿ £ S S 9YHcB?O[B\XZTf9n_a_[BDxhBf>A<J_[CFXa_[>l_[B|{)687 9 9n_Z_ZCrHG9S]


LS>AbcTfCt9S]\9n_Z_ZO[B\LSC(9~U HJ<GE?:=<G9rHGB 9S]\BDbcB\E?>AO[9]i>tHJ9SRF9SEG9;O[>^@SB\C^À EG9‡HJ9S]V]DB\x^® 9;¿ ]D]\Ct¿ ® HJB„9;EG9SO[R^Bi>m± À HJ9;]D]\C‘XaTf9n_Z_ZO[C‘HJ9S]\]k7 >A_ZC^bcC
#%$ 

H7 BiHJO[C^RF9SEGCs†hLSBDC?9˜U <GEpXaB\EGR^CF]DCm]\BDxF9S]\]DCtXZB„HJB\x=BiHJ9B\Eq_[OZ9]\B\x^9S]\]\B8¨€9 9n_Z_ZCqK=_N>A^O lGª›{




E1 / 4 + |V01|
E1 / 4 E1 / 4

E1 / 4 - |V01|

E1
ÅgBDRF<GON>q©F©^{\©`ƒÍ 9n_Z_ZCqK=_N>AO^l



  
 !"# $%& ' %( %)+*',"# $-% ./ 0 % $21
 Ä^Ä
rŠ Šr‹ Œ …Ž)‘p š—”8™n— e™S‰œo—~S
 

6„>oxl>A]\B\HGB_l>pU HJ9S]dbm9S_ZCJHJCpTf9SOZ_Z<GO[y?>A_ZB\x^CoOZBiXZBD9YHJ9tEG9S]I >l_Z_ZC LNMG9t]k7 B\E=_Z9;E?XaBD_Q>pU HG9S]ITfCA_[9SEG@;B\>^]D9tTf9SOZ_Z<?OZy?>^E=_Z9‘XZB\>pXZ<J 


zsLnB\9SE=_Z9;bc9SE=_Z9cTGBiLSLSC^]i>G{‰Kh9tLSB CoU >^L;LS>^HG9‰]i>qT?OZCJLn9YHJ<GON>qHJB8L;>A]iLnCF]DC 9‰U yf9SE»HJ9S_Z9SO[bcBDEs>l_[>?{‰ÈW]8LnC^E=_[O[>^OZB\C‘B\]ƒbm9S_ZCJHJC
xQ>^OZBi>A@;BDCFE?>A]\9~LNMG9r>^E?HJBi>AbcCq>‘HG9;X[LnO[BDxF9SO[9EGC^E O[BiLNMGBD9YHJ9rLNMG9rBD]gTsC^_Z9;EG@SBi>A]\9~Tf9SOZ_Z<GO[y?>AE=_[9‰XZB\>tT?B\L;LnC^]\C?†sBD])LNMG9rLSC^b 
TsCFOa_N>»<GE¼9SEGCFOZbc9pxl>AE=_[>^R^RFBDCs†Ibt>»]\>“TGO[CJLn9YHJ<GON>G†…LnC^bc9pxF9;HJO[9SbcC?†ÁLS>^bryGBi>¾>¾Xa9YLnCFE?HG>»HJ9S]#XaBiXj_[9Sbt>“zsXZB\LSC»BDE
LnC^EsXaBiHJ9SON>A@;BDCFEG9^{ } B C¶U EGC^EGC=Xj_N>AE=_Z9 9qU HG> TGOZ9S€9SO[BDO[9‘Tf9SONLNM 9qU XZBd_ZON>l_a_N> HJB…<GEw>ATGTGO[CJLSLSBDC ys>^X[>l_ZC¶Xa<G]\]i> B\EF_[<GB\@SB\C^EG9
zsXaBiLS>?{
 #>A_ZC·<GE XZBiXj_[9Sbt>w:=<?>^E=_ZBiLnC¼HJB~¡W>^bmB\]D_ZC^E?B\>^E?>w¢»{ WB\bcCFXa_ZO[B\>^bcC·LNMG9“]i>ÊO[B\XZC^]\<G@;BDCFEG9“HG9S]\]|7 9;:=<?>^@SB\C^EG9“HJB

KJLNMGO[CsCFP HGBDEGRF9SOeTf9SO#]\>qOZBiLn9;O[L;>tHJ9SRF]DBg>A<J_[CFXa_[>A_ZB)HJBg¢9Y:F<?BDxl>A]\9‰>^]D]i>tO[B\LS9SONLS>tHJ9;BVT?<GE=_ZB)HJBgXa_[>^@SB\C^E?>^OZB\9n_l>tU HJ9S]gxl>A]\C^O
bm9YHJB\CuÆ­˜¬ ¢u¬ ­ ° O[B\XZTs9S_a_[C >A]\]D9qxQ>^OZBi>A@;BDCFEGB8HJ9;]D]\C Xa_[>l_[Cw¬ ­ ° E?9S]\]DC XZT?>^@SB\C HJBÁ¡WBD]\yf9SOZ_;{ E <G9YXj_[Cpbm9S_ZCJHJC xl>
XaC^_a_ZCcB\] EGCFbm9HJB„TGOZB\E?LSBDTGB\CtHJB.Z`BD_Z@`
l±Ç£ Æ·Æw­˜­‡¬ ¢u¬ ­ ¬ ­ ° £²Î ¨j©F©^{\©;ÏFª
°
 

9)C^OZ_ZBi>AbcCm>^]TGO[BDbcCcbc9Sbry?OZCcB\]ˆ >l_a_[C^O[9~HJBEGCFOZbt>A]\B\@S@;>^@SB\C^EG9˜9:=<GBDEsHJB 9 9n_Z_Z<GBi>AbcCt]i>mxQ>^OZBi>A@;BDCFEG9




 l±Æw­‡¬ ­ ° ¦˜±Æ Q­‡¬ ­ ° ¦˜±ÆÊ­˜¬ Q­ ° £‰Æ Q­‡¬ ¢u¬ ­ ° ¦ÇÆw­˜¬ ¢u¬ Q­ °


    ¨j©F©^{\© 3Aª
c bmTfC^E?9SE?HJC l±m£˜ÎG†JCA_Z_Z9;EGB\>^bcC


 ±Æ Q­‡¬ ­ ° ¦˜±Æw­‡¬ Q­ ° £‰Æ Q­˜¬ ¢u¬ ­ ° ¦ÇÆ·­˜¬ ¢u¬ Q­ °


   ¨j©F©^{\~© 8Fª
B\>FLSLNM 9˜U ]i>cxQ>^OZBi>A@;BDCFEG9r9‡U >^OZy?B_[O[>^OZBi>G†hTfCFX[XaBi>AbcCcXaC=Xj_[B_[<GBDO[9‘¬ Q­ ° LnCFEoB ¬ Q­ ° E?9S]\]\>mTGO[9;LS9;HJ9;EF_[9‡9;:=<?>A@;BDCFEG9^†GLNM?9^†
HJC^TfCt>Qx^9SO…9;]DB\bcBDE?>A_ZCt]k7 <?EGB_l>mU BDbcbt>ARFBDE?>^OZBi>G†JHJB\x^9;E=_[>
  

¨ D Æ Q­˜¬ ­ ° ¦ÇÆw­‡¬ Q­ ° ªa±Ë£ D Æ Q­‡¬ ¢u¬ ­ ° ¦ÇÆw­‡¬ ¢u¬ Q­ °


    ¨j©F©^{\©~:Fª
KhCA_Z_ZON>A9SEsHJCcbm9;bryGO[Cc>cbm9;bryGO[CmCA_a_[9SEGBi>AbcC
Æ Q­‡¬ ­ ° ±Ë£‰Æ Q­˜¬ ¢u¬ ­ °  ¨j©F©^{´³AÎFª
9;H(9;X[Xa9;E?HJCc]i>‰xl>^OZBi>A@;BDCFEG9‰Æ Q­˜¬J>^OZy?B_[O[>^OZBi>‰>^OZO[B\x=Bi>AbcCm>A]\]\>m9;:=<?>^@SB\C^EG9‡HJBVKGLNMGOYC=P HJB\EGR^9;O


¬ ­ ° ±Ë£¸¢u¬ ­ ° ¨j©F©^{´³J©Yª
ÈeyGyGBi>AbcCqLSCFX U„HJB\bcCFXa_ZON>l_[C‘LNMG9~B\]„TGO[BDEsLnB\TGBDC«HJB ZeB_[@t9U 9;:=<GB\xl>A]\9SE=_Z9‰>A]\]|7 9;:=<?>^@SB\C^EG9~HJBƒKJLNMGOQCFP HGBDEGRF9SOY{c ]VTGO[BDE?LSBDT?BDC

HJBZ`BD_Z@»9oU ]i>“LSC^E=_ZO[C^Ts>AOZ_Z9«:=<?>^E=_ZBiXj_[B\L;>¶HJ9;]eTGO[BDEsLnB\TGBDC¾HJB`bcB\EGB\bc>¾>^@SB\C^EG9oLn]i>^X[XZB\L;>G{w6V>¶_ZON>AB\9n_a_[C^O[B\>“Ln]i>^X[XZB\L;>u9U
:F<?9S]\]\>~LNM?9`bmB\EGB\bcBD@;@;>]k7 >^@SB\C^EG9F†^RF]DBf>A<J_[CFXa_[>l_[B?HJ9;]D]i>~¡W>^bcBD]D_ZCFEGB\>^E?>XZC^EGC~:=<G9;]D]\BsLNMG9WbmB\EGB\bcBD@;@;>AE?C~BD]sxl>A]\C^O8bc9;HGBDC
HJ9S]\]|7 9SE?9SO[R^Bi>G{ E <G9;Xa_ZBebcB\EGB\bmB‡XZC^EGC¾bcB\EGBDbcB#]DCJLS>^]DB#9;H¼B\]WbcB\EGBDbcCÊHG9SBWbcB\EGB\bmBr9pU ]\CÊXj_N>l_[C»€C^E?HG>^bc9SE=_[>^]D9 HG9S]
XaBiXj_[9Sbt>G{ WB\bcCFXa_ZO[B\>^bmC¶LNMG9‘]k7 9;EG9SO[R^Bi> HJ9;]D]\C Xa_[>l_[Cp€C^EsHG>Abc9SE=_N>A]\9p9‘U bcB\EGC^O[9‘CJH¾<GRF<?>A]\9q>A]Áxl>A]\C^O~bc9YHJBDC“HJB…¢


OZBiXaTf9n_Z_ZCt>^Hq<GEGCcXj_N>l_[Cm:=<?>^]D<GEs:F<?9˜E?9S]\]DCcXaTs>A@SB\CcHJB ¡É¡eB\]Dyf9SOZ_eHJ9SRF]DBXa_[>l_[B HJ9S] XZBiXj_[9Sbt>rB\EoLnC^EsXaBiHJ9SON>A@;BDCFEG9^{)KhBM?>
± £ Æ·Æw­˜­‡¬ ¢u¬ ­ ¬ ­ ° £ h Æ·­˜¬ ¢uÆw¬ ­ ¯ ­‡° ¬ ­ ÆÊ­ ¯ ¬ ­ ° ¨j©F©^{´³^³^ª
° ¯ °
£ h ± ¯ ¬hÆ·Æ·­ ­˜¯ ¬¬ ­­ ° ¬ À ± ® h ¬hÆwÆw­ ­˜¯ ¬¬ ­­ ° ¬ À £²± ® ¨j©F©^{´³AÃFª
¯ ° ¯ °
>Qx^9SEsHJC B\E=_ZO[ChHGCA_a_[C¶<?E?> ON>AT?TGOZ9YXa9;E=_[>A@;BDCFEG9«HG9S]\]|7 B\HG9SE=_ZBD_s>¶v BDEw_Z9;OZbcB\EGBeHJ9;R^]\B…>^<J_ZC=Xj_N>l_[B ¬ ­ ¯ ° { #>»:=<G9;Xa_[>¶TGO[C
 
TGOZB\9n_l>oU Xa9;R^<G9tLNMG9t:=<?>A]\<GE?:=<G9tXa_ZB\bt>(>^TGTGO[CFX[XaB\bt>l_N>«>^]D]k7 9;EG9SO[R^Bi>qHG9S]\]DC Xa_[>A_ZC«€C^E?HG>^bc9SE=_[>^]D9cy?>FXZ>A_[>(Xa<G]Ibm9S_ZCJHJC
xQ>^OZBi>A@;BDCFE?>A]\9‡XZ>^Os>mv Xa9;bcTGOZ9‡<GEs>mXa_ZB\bt>cTs9;O`9;L;Ln9;X[XZCmHJ9;]D]k7 9SEG9;OZRFB\>mx^9;O[>?{


  
 !"# $%& ' %( %)+*',"# $-% ./ 0 % $21
 =Ä Ì
bƒ9;HJBi>AbcCcLnC^bc9˜BD]T?OZB\E?LnB\TGB\CmHGBwZ`B_[@XaBˆTfCFX[XZ>m>^HJCFTs9;O[>^OZ9˜LnC=Xj_[OZ<GB\O[9#>AT?TGOZC=XZXZB\bc>^@SB\C^EGBf>A]\]|7 9SE?9SO[R^Bi>rHJ9;]D]\CmXa_[>A_ZC
€C^E?HG>^bc9SE=_[>^]D9F{¼6I7 BiHJ9Y>w9oU HGBWLn9;O[L;>AO[9«B\]ebcBDE?BDbcC»EGC^E¼B\E·_Z<J_Z_ZC¾]\C»XZT?>^@SB\C»HGBW¡eB\]Dyf9SOZ_;†Ábt>»BDE¼<GE¼XZCA_a_[CFXZT?>A@;BDC
C^TGTfC^OZ_Z<GEs>Abc9SE=_Z9`X[Ln9;]_[C?{)687 9SEG9;OZRFB\>˜O[B\XZ<G]D_[>AE=_[9…X[>AOl>#U _[>^EF_[C‡TGBa<‘U >FLSLS<GO[>A_[>˜:=<?>AE=_ZCT?Ba<oU 7 x=BiLnB\EGCs7h9`U BD]sXaC^_a_ZC=XaTs>A@SB\C‡HJB
TGOZClxl>~>^]D]\C‰Xa_[>A_ZCr€C^E?HG>^bc9SE=_[>^]D9#x^9SO[CrHJ9;]XaBiXj_[9Sbt>G{9)CA_[OZ9;yGyf9SO[9W>AE?LNM?9#XZ<?LSLS9;HJ9;OZ9˜LNMG9#:=<G9YXj_Y7 <G]D_ZB\bcCm>^TGT?>^Oa_[9SEGR=>
>A]XaC^_a_[CFXZT?>A@;BDC 6FB\E‘_N>A]LS>FXaC‰]\>‰xl>AO[B\>^@SB\C^EG9eE?9S] XZCA_a_[CFXZT?>A@;BDCrTsCFOa_N>r>A]\]\CmXa_[>A_ZC~€CFE?HG>^bm9;E=_[>A]\9˜x^9SO[C?{ c EqRF9SEG9;OZ9#EGC^E
9mU LSCFX Uk{ } C^bc9tX[Ln9SRF]DB\9SO[9mBD]8XZCA_Z_ZCFXZT?>^@SB\C«HJB8T?OZClxl> 9mU B\]ƒTGO[C^yG]\9Sbt>(Ln9;EF_[O[>^]D9cHJ9;]8bc9n_ZCJHJCoxl>AO[Bi>A@SB\C^Es>A]\9r9tHJB\Ts9;E?HJ9

HG>A] XZB\Xa_Z9;bt>‰B\EoLnC^EsXaBiHJ9SON>A@;BDCFEG9^{9)9SO…9YXa9;bmT?BDCs†GXa9˜]\>c¡#>AbcBD]D_ZCFEGBi>AE?>cHJ9;] XaBiXj_[9Sbt>mR^CJHJ9‡HJB <GEs>mLS9SOZ_[>mXaB\bcbc9n_ZO[Bi>G†
LnC^EhxhB\9SEG9‡XZLS9SRF]DB\9SO[9e<GEoXaC^_a_[CFXZT?>A@;BDC‰BˆLS<GBXj_N>l_[BR^CJHJC^E?C‰HJ9;]D]i>‰Xa_Z9YXZX[>rXZB\bmbc9S_ZO[B\>?{ C^]D_ZCcHJBDTf9SEsHJ9HG>A]\]|7 B\EF_[<GB\@SB\C^EG9
zsXaBiLS>‰HJ9SBˆbc9;L;LS>^EGB\XZbcBLNMG9#LSC^E=_ZO[C^]\]\>^EGC~]i>~Tf9SOZ_Z<GO[y?>^@SB\C^EG9F{'c E«C^R^E?BfL;>^XZCrB\]fbc9S_ZCJHJCq9#U >AT?TG]DBiLS>^yGB\]D9˜>rTGO[9;X[LnB\E?HJ9;OZ9
HG>A]\]|7 9SE=_[B_l>mU HG9S]\]\>mTf9SOZ_Z<GO[y?>A@;BDCFEG9˜CmHG>^]ˆ >l_Z_ZCtHJB HJB\xhB\HJ9;OZ9‡]i>c¡W>AbcB\]_[C^EGBi>AEs>rB\E«<?E«_[9SO[bcBDEG9‡B\bcTs9;Oa_[<GOZys>l_ZCm9;H«<GE
_Z9SO[bcBDE?9~HJB Tf9SOZ_Z<GO[y?>A@;BDCFEG9^{
ŠrŠr‹  ɜoe”ƒ m™n—  ™ Se r—   pWS j—˜Ž)     ™ W;™n 
 •o   …Ž)‘ ™  ™ —~’
’o”ƒ‰ŸVŸ)™  — e™nmœo5—½ž`‰œ ^”ƒ‰œmŽ)


} C^bc9IB\]D]\<?Xa_ZON>A@;BDCFEG9dHJ9;BFbc9S_ZCJHJBJHJBJ>ATGT?OZC=XZXZBDbt>^@SB\C^EG98LSC^E?XZB\HG9SO[B\>^bmC`B\]JLS>^]\LSC^]\CWHJ9S]\]k7 9;EG9SO[R^Bi>eHJBh]\9SRF>^bc9IHJ9S]\]k7 >A_ZC^bcC


HJBV9;]DB\C?†fLNMG9r> O[C^E=_Z9;OZ9;bcC‘XaBi>tLnCF]„bc9n_[ChHGC‘Ts9;Oa_[<GO[y?>l_[BDxFCqLNMG9rLSC^E :=<G9S]\]\CtxQ>^OZBi>A@;BDCFE?>A]\9^{…687 >l_[C^bcCqHJBV9S]\BDCqM?>t<GE
E=<sLn]\9SCtLnCFEF_[9SEG9;E=_Z9‡HJ<G9TGO[CA_[C^EGBˆ9;H(<GEs>‰Eh<Gyf9‡9S]\9n_Z_ZO[C^EGBiLS>mLnCFEF_[9SEG9;E=_Z9HJ<G99;]D9S_a_ZO[C^E?B|{ƒ6„>cXZ<?>m¡W>AbcB\]_[C^EGBi>AEs>mXZB


XZLSOZB\x^9 `
¢ £¤¢p¥ Á¦Ê¢p¥ e¦ ¬ s À  ¬ ¨j©F©^{´³lÄ=ª
¿ D À
HJClx^9‘¢ ¥  9q¢ ¥  XZC^EGCp]\9q¡W>^bcBD]D_ZCFEGB\>^EG9qHJ9;BÁHG<G9‘9S]\9n_Z_ZO[C^EGBdEG9S]…LS>^bcTsC LSC^<G]\C^b‰yGBi>AEGC >A_a_ZON>l_Z_ZB\x^C HJ9;]IEh<?LS]D9;C?†
]|7 <G]D_ZB\bmCc_[9SO[bcBDEG9c9‡U B\] TfCA_Z9;EG@SBi>A]\9~LnCF<G]\C^bry?B\>^EGCrO[9STG<?]\XZBDxFCm_ZON>‰B HG<G99S]\9n_Z_ZO[C^EGBk{
  !#"%$'&)(&#*+"-,'$/.0,/1023$/4657&
hK 9#]k7 BDE=_Z9;O[>^@SB\C^EG9W_ZON>~BHJ<G9˜9S]\9n_Z_ZO[C^EGBˆXZBfTfCA_[9;X[Xa9W_ZON>^X[Ln<GON>AO[9^†F]DCmXj_N>l_[C~€C^EsHG>Abc9SE=_N>A]\9#HJB LSB\>FXZLS<GEGCrHJBˆ9YXZXZBXZ>^OZ9;yGys9
]DCXa_Z9;X[XZC‡HGBG:F<?9S]\]DCHJ9;]D]k7 >A_ZCFbmCH7 BiHJOZCFR^9;EGC˜LSC^Em]\>‡HJB 9SO[9SEG@Y>˜LNM?9`C^ON>WB\]JEh<?Ln]\9SC>ARFB\X[Ln9…LnCFE‰<?E?>LS>^OZBiLS>‡³l96^:=<GBDEsHJB


­d®® ¨ v  ¿ v  À ª89
 £ v8 : s;=<?> @ >BA CEDF>
 ¨j©F©^{´³^Ì^ª
HJClx^9‡B\]O[>^R^R^B\CmOeXaC=Xj_[B_[<GB\X[Ln9‡B\] ON>AR^RFBDCmHJ=B GÁC^M?O;†J9‡TGO[9;LSB\X[>Abc9SE=_[9˜E?9 9˜v ]i>mbc9n_s>?v †GTfC^BiLNMÁ9 v
À
v£
³ L ¨|H ³ s ªS¨ s ª £ ³ ® ¨j©F©^{´³AÏFª
v

Èe]\]DCFO[>m]k7 9;EG9SO[R^Bi>cBDbcTf9SOZ_Z<GO[y?>A_[>G†sLnB\C?9‡U Xa9;EG@;>c]k7 BDE=_Z9;O[>^@SB\C^EG9˜_[O[>cB„HG<G9~9S]\9n_Z_ZO[C^EGBk†GTf9SO#9 9n_a_[C‘HJ9S]VO[>FHGHJCFTGTGB\CcHG9S]\]\>


LS>AO[BiLS>mEh<?Ln]\9;>^OZ9‡9~HJ9;]VHJB\bc9S@S@Y>Abc9SE=_[C‘HJ9S] ON>ARFR^B\C‰O[BiXa<G]D_[>c9YXZXZ9SO[9:=<?>l_Z_ZO[Ctx^C^]D_Z9‡]k7 9;EG9SO[R^Bi>cHJB„]\9SR=>Abc9HJ9S]\]k7 >A_ZC^bcC


HJB BiHJOZCFR^9;EGC‰Tf9SO`CFR^EGB9;]D9S_a_[OZCFEG9^†?:=<GB\E?HJB
± ®® £ D ³ ¨|³ s v ªS¨ s ª £ D ³ ¨|³ v s ªS¨ ³ s ª £ 8F± K ¨j©F©^{´³ 3Aª
®JI
687 9 9n_a_[C‘HJ9S]\]i>‰O[9ST?<G]\XZB\C^EG9˜_ZON>mB„HJ<G99;]D9S_a_[OZCFEGB XaBT?<VC‘U LS>^]\LSC^]i>AO[9WTf9SOZ_Z<GO[y?>l_[BDxl>^bm9;E=_Z9^†s>ATGTG]\BiLS>AEsHJC‰]k7 9;:f{\¨a©^©F{ :=ª


± ® ¿ £‰ÆÊ­d®® ¬ ¬ L  s À L  ¬ ¬ ­d®® ° £ €  : v  ¿ €  : v  À ¨ v 8 : ª À s ; ¬ vÀ <M> @ v> ACE¬ DF>



¨j©F©^{´|³ 8Fª
D ¿D À
} C^EoBD]VLS>Ab‰yGBi>Abc9SE=_ZCtHJBVxl>AO[B\>^yGBD]\B v  ¿ m À £ {  ¿ m À vh†?]k7 B\E=_Z9SRFO[>^]D9XZB O[9SE?HJ9~>FHJB\bm9;E?XZBDCFE?>l_[Cm9TfCFX[XZB\>^bmCcON>^L;LnC^RF]DB\9SO[9˜]D9
:F<s>AE=_ZBD_s>‰v zsXZB\LNM?9˜B\Eo<GE( >l_Z_ZC^O[9‡TGO[C^TfC^O[@SB\C^E?>^]D9‡>^H(± K
±m® ¿ £¤³^± K © À €  : {  ¿ €  : {  À s ; À <MN@ N6A C £ D ³ ÄÌ ± K
 ¨j©F©^{´|³ :Fª
8


  
 !"# $%& ' %( %)+*',"# $-% ./ 0 % $21
 FÄ Ï
} C^Ep± K £ ©YÃ´Ì S ]|7 9SEG9;OZRFB\>cHJ9;]D]\C‘Xa_[>l_[Cc€C^E?H?>Abc9SE=_[>^]D9~HG9S]\]|7 >l_[C^bcCtHJB„9;]DB\C‘>A] T?OZB\bcCtC^ONHJBDE?9Ts9;Oa_[<GOZys>l_ZB\x^C(9U
± ® ; ± ®® ¦¼D ± ® ¿ £ s ¨ D ©YÎ8¦¼ÃAÄhª s S£ D 3QÄ s Sm†gLNMG9cxQ>oLSC^EJ€O[C^E=_[>A_ZCoLnCF]ƒxQ>^]DCFOZ9cXZTs9;OZB\bc9SE=_[>^]D9 D 3y8 Ï s Sm{ ReC^E
CFXa_[>AE=_[9BD] xl>^]DCFOZ9˜_Z9;C^O[B\LSCtXaBi>c<GE?>cyG<?C^E?>t>^TGTGO[CFX[XaB\bt>A@SB\C^E?9#HJBg:F<?9S]\]DC‘XZTs9;OZB\bc9SE=_[>^]D9F†GB\]_Z9;OZbcB\EG9r>A]T?OZB\bo7 CFO[HJB\EG9
¨ ÃAÄ S~ªeE?C^EÇ9rv TGBiLSLSC^]\CqO[B\XZTs9S_a_[C(>^]gxl>^]DCFOZ9‰BDbcTf9SOZ_Z<GO[y?>l_[Cq9c:=<GBDEsHJB|†V>‘O[BDRFC^O[9^†ˆHJClxhOZ9;bmbcC«TGOZCJLS9;HJ9;OZ9m>A])LS>A]iLnCF]DC
HJ9S]„s XZ9;LSC^E?HGCr_[9SO[bmB\EG9~HJBV>ATGTGO[CFX[XZBDbt>A@;BDCFEG9#± ® À {
 !#"%$'&)(& 523, 4B2-4B&02
B"
c …] L;>A]iLnCF]DC T?OZ9YLn9;HG9SE=_Z9(XaB…TG<eC“v > OZCFE=_[>AO[9q>^E?LNMG9«LSC^]Ábc9n_ZCJHJC¶xl>AO[B\>^@SB\C^E?>^]D9F{!c ]…TGO[C^yG]\9Sbt>pTGO[B\E?LnB\T?>A]\9 9‘U zsX[XZ>^OZ9
BD]ÁXaC^_a_ZC=XaTs>A@SB\CpHJClx^9c9 9S_a_Z<s>AO[9‘]\>oO[BiLn9SONLS>oHJ9;]IbcB\EGBDbcC HG9S]Ixl>^]DCFObm9YHJB\C HJ9S]\]i>p¡W>AbcB\]_[C^EGBi>AEs>p¢+HJ9;]dXZB\Xa_Z9;bt>G{


} C^bc9`>AyGyGBi>AbcC˜xhB\Xa_ZC‡B\E‰TGO[9;LS9;HJ9;EG@;>#]i>˜LSC^O[OZ9;@SB\C^EG9Á>A]\]|7 9SE?9SO[R^Bi>WLS>^]\LSC^]i>l_N>#LSC^Er]i>#€<GEG@;BDCFEG9eH7 C^E?HG>#B\bmTf9SOZ_Z<?OZy?>A_[>




9dU XZCJHGHJBiXj >FLn9SE=_[9^†A:=<GB\E?HJBG:=<G9;Xa_;7 <G]D_ZB\bt>r9dU <GE?>#yG<GCFE?>#>^TGTGO[CFX[XaB\bt>A@;BDCFEG98>A]\]\>W€<GEG@;BDCFEG9…H7 CFE?HG>#x^9;O[>? { #O[>?†Q]|7 9 9n_Z_ZC


HJ9S]\]\>qOZ9;TG<G]iXaB\C^E?9rLnCF<G]DCFbryGBi>Abt>p9rU :=<G9S]\]DC(HJBgBDE?HG9SyfC^]\BDO[9r]k7 >A_a_[O[>^@SB\C^EG9_[O[>«LnBi>^X[Ln<GEp9;]D9S_a_[OZCFEG9r9YHpBD])Eh<?LS]D9;C?†ˆLnC^bc9


Xa9WLSB\>FXZLS<GEt9S]\9n_Z_ZO[C^EG9WBDE=_Z9;O[>^R^BiXZXZ9eLnCFEtBD]ˆXZB\Xa_Z9;bc>rLnC^bcTfCFXa_ZCrH?>A]?Eh<?LS]D9;C~9WHG>^]D]k7 >A]D_ZO[C~9S]\9n_Z_ZO[C^EG9W>QxF9SE=_Z9`<?E?>~LS>^OZBiLS>
_ZCA_N>A]\9c7 9 tL;>^LS9^7  s B\EJ€9SO[BDCFOZ9>t³l9F{ƒÈe] xl>AO[Bi>AO[9˜HJ9;] T?>^O[>^bm9S_ZO[C „†G]i>‰€<GEG@SB\C^E?9~H7 CFE?HG>
­I®® ¨ fªI9£ v 8 : s;=<?>F@ >BA CEDF>
 ¨j©F©^{ Ã^ÎFª
LnC^&E v»£ v ·LnC^T?OZ9«<GEwXZCA_Z_ZCFXZT?>^@SB\C¶HJ9;]D]\C¶XZT?>A@;BDC“HJBe¡eB\]\ys9;Oa_Y†IHJClx^9(>AE?HGB\>^bmC“>¶LS9SONLS>^OZ9‘B\]…xl>A]\C^O[9«HJB ·LNMG9
bmB\EGB\bcBD@;@;>c® B\I] xl>A]\C^O…bc9;HJB\C‘HJ9S]\]k7 ¡#>AbcBD]D_ZCFEGBi>AE?>cLnCFbcTG]D9S_[>
l±q¨ fª £ ÆÊ­d® ¨ fªS¬ ¢u¬ ­I® ¨ fª £¸Î ¨j©F©^{ ÃG©Yª
® ® °
 

 
 
687 9SEG9;OZRFB\>‰LnB\EG9n_[B\L;>‰HJB LSB\>FXZLS<GEq9;]D9S_a_[OZCFEG9#E?9S]\]DCcXj_N>l_[C‰­ ®® ¨ fª…XZBfC^_a_[BD9;EG9HG>A]\]|7 9SE?9SO[R^Bi>rLnB\EG9S_ZBiLS>mHJ9S]\]|7 >l_[C^bcCcH7 BiHJO[C 
R^9SE?C£¤± K D S £À  A XZCFXa_ZBD_Z<?9SE?HJC‘>^]D]i>tLS>^OZBiLS>mHJ9;]„Eh<?Ln]\9SCc9]i>tLS>^OZBiLS> s 9;Hp>^] ON>AR^RFBDCcHJ9;]D]k7 9;]D9S_a_[OZCFEG9v ® B\]
O[>^R^R^B\2C v ® I  { 9)9;Oa_N>AE=_ZCmB\>E« _[9SO[bcBDEGB HGB pXZB M?>
 
¿ ¦  À £ D ³  À ± K ¨j©F©^{ ÃF³^ª
687 9SEG9;OZRFB\>¶TsC^_Z9;EG@SBi>A]\9 HJBWLSB\>FXZLS<GEw9;]D9S_a_[OZCFEG9oEG9S]\CuXj_N>l_[C“­ ®® ¨ sªtXZBeC^_a_ZB\9SE?9 HG>»:F<?9S]\]\>»HJ9;]D]k7 >A_ZCFbmC¾HJBWB\HJO[C^RF9SEGC
S £ Dts À I y³ v¾XZCFXa_ZBD_Z<G9;E?HJCÊ>^]D]i>ÊL;>AO[B\L;>¾HJ9S]‡Eh<?LS]D9;C s ]\>wLS>AO[BiLS>¾HJCFTGTGBi>w³ s ¨ >A_a_[9SEG@;BDCFEG9 `¾EGCF E  s TfC^BiLNM…9 v ]\>
€<GEG@SB\C^E?9~H7 CFE?HG>mEGCFE«]k7 ¡#>AbcB\]_[C^EGBi>AE?>cHJB\Tf9SE?HJ9‰HG>  ªn{ E <GB\E?HJB
¦ S À B£ 8 s± K
S ¿  ¨j©F©^{ Ã^ÃFª
c EJz?EG9#BD]ˆxl>A]\C^Odbm9YHJB\C~BDE«­ ®® ¨ fªIXZBsC^_a_[BD9;EG9#HG>^]D]k7 ÍI:f{\¨a©^©F{ ³ :Fª)XZ9SbcTG]\B\LS9Sbc9SE=_Z9˜XaC=Xj_[B_[<G9SEsHJ2 C v~LSC^!E 7vq¨ s À E?C^E‘xhB\9SEG9
LnC^B\Ehx^C^_ZC‡Ts9;O[LNM 9`U XaBsOZBD€9SO[B\X[Ln9`>^]D]i>‡OZ9;TG<G]iXaB\C^E?9…_ZON>‡BsHJ<G9W9S]\9n_a_[OZCFEGB ª›{ p9n_Z_Z9SEsHJCr>^X[XZBD9;bm9…_[<J_a_[BsBG_Z9SO[bcBDE?B|†hXaBsCA_Z_ZB\9SEG9
±‘¨ fªI£ D ³  À ± K ¦ 8"?± K D ÄÌ ?± K ¨j©F©^{ ÃAÄ=ª
c ]WbcBDE?BDbcCuXZBeM?>»Tf9S# O  ® £"³G¨a© D Ì I ÃF³Fª›{²6„>¾LSC^O[OZ9;@SB\C^EG9oHJB˜LS>AO[BiLS>Ê9U Ì I ÃF³ 9 :=<GBDEsHJBe]k7 9;EG9SO[R^Bi>»HJ9S]\]DCuXa_[>A_ZC
€C^E?HG>^bc9SE=_[>^]D9
±‘¨  ® ªI£ D ³  ®À ± K·¦ 8  ® ± K D ÄÌ  ® ± Kº£ D 3lÏ Ï s S ¨j©F©^{ ÃFÌ^ª
6„>‘HJ9;xhB\>^@SB\C^EG9rH?>A]gxQ>^]DCFOZ9~XZTf9SO[BDbc9SE=_N>A]\9t9‰U ³ S LnC^E=_[OZC‘BVÄ Ï S HJ9;]Vbc9S_ZCJHJCqTf9SOZ_Z<?OZy?>A_ZB\x^Cs{ E <GBDEsHJBVB\]gbm9S_ZCJHJC
xQ>^OZBi>A@;BDCFE?>A]\9^†IEGC^E·CFXa_[>^EF_[9o]\>“9;Xa_ZO[9Sbt>»XZ9Sbcs TG]\B\LSB_l>“U HG9S]WXZCA_Z_ZsCFXZT?>^@SB\C¶HJBeT?OZClxl>“XaB`O[BDxF9S]i>¶XZ<GTf9SO[BDCFOZ9p>^]`bm9S_ZCJHJC
Ts9;Oa_[<GOZys>l_ZB\x^Cs† >A]\bc9SEGCoB\E»:=<G9YXj_[C(L;>^XZC?{ } C^E?LS]D<sHJB\>^bcC«C=XZXZ9SO[xl>AE?HJCoLNMG9F† B\HG9SE=_ZBDzsLS>^E?HJCoB\]ƒxQ>^]DCFOZ9cXZTs9;OZB\bc9SE=_[>^]D9
LnC^EwBD]…xl>A]\C^O[9q9YXZ>A_a_[C¶O[9S]i>l_[BDxFC >A]\]|7 ¡W>^bcBD]D_ZCFEGB\>^E?>“¢»†8BD]…xl>A]\C^O[9qxl>^OZBi>A@;BDCFE?>A]\9 D 3lÏ Ï¶LnC=Xj_[B_[<GB\X[Ln9oLnCFbr<GEs:F<?9q<GE
]DB\bcB_[9~Xa<GTf9SO[B\C^O[9‡>^]xl>A]\C^O[9#9YXZ>A_a_ZCtHJB D 3y8 ÏG{
 
 

            

 !#"%$ &(')"%*+*-,."0/)1324,6587:9-585;1).=<?>@"05?."0A,.10B+,C<?D/)$E10>@"%.,GFH9+,IBC24, KJ LFM9C"%A,.10B-=2+,ON47@P+>R1MQ 24,.B+S0D>T24,I$EBC24BH<?U2-"%


<?/V$E1-W!7@P+X24L5?7>?,.Y035;<8"Z<8,(B+1MB[5;<8"0A,.10B-"0>?,(2+,(9+B\5?,.5;<?D/V"]FH9-"0BM<8,.71-&_^`"]/V,.5?9+>@"a2+,(1M585;D>?YZ"0*+,I.,!bC5?,.7@P-X24,(9+B
5;,65c<8/3"X,.Bd5;<8"%<?,eB+10Bd5c<@"%A,.10BC"%>8,O$E10>?<8"X"_>?,65;9-f<@"Z<?,!7@P+)24,I$EBC2410B+1a2+"%`<?D/V$C1C&Ug1MB-5?,.24D>?,6"%/V13$E>=D5?/V$+,.1_,.
YR"0I1M>=/)L24,.1]2+.."a1M585?>8YR"0*+,.I3hiB-.I1j5;<8"Z<81\k l!mGnG&Vop585;9+/VDB-241j7@P+V,I(5?,65c<8/3"]5;,!<8>?1ZYZ"qB+.I1j5;<8"%<?1rk l!san
"%.tJ ,.5;<8"0BH<?=uvsU5;,PC" w w
l!m:k hxk l!mgnzy l!sHk {q|p}~u€;uvsR?hX{d}‚u€;uvsZk lesƒn }c„R…4&.„L
o5?D7:1MB-241d/)D/ƒ*+>81["%*+*+,6"%/V1†,I‡YZ"%.10>V/VD2+,I1†>?,65?$C<;<?1["%..1†5;<8"%<?1ˆk l s n‰24DI6"†1M585;D>?YZ"0*+,I.ahŠ<?>@"05;‹~10>8/3"Z<@"
$CD>ŒE<;<?1†24.6"j<?>@"05;‹~10>8/3"%AD,I1MB+39+B+,I<8"0>?,6" 7:1M>?>8,65;$E10B-2+BH<?X"0IKJ 1M$CD>8"%<?1M>?X24,#YM10.9+A,.10B-3<?D/)$E10>@"%.0&[Žz9+D5;<8"
1M585;D>?YZ"%*-,I.p<8>8"M5c‹~1M>?/3"%<8"
hXŒ}‚u;yˆ{a|}‚u€;u s 8h3{†}~u€?u s  }c„R…4&‘…0
,IBH<?>814249-739+B\/V14241 "%I<?D>?B-"%<?,.Y01j24,#24D587:>8,IYM>8VtJ YM10.9+A,.10B+X2+,IB-"0/V,.7D"j24,9+B\5?,65c<8/3"+W!7@P+3YZ" 5?1%<;<81j,IgB+10/V
24,T>8"0$+$+>8D5?BH<8"0A,.10B+a24,’D,.5?B“*E>8S-W(,.B”7:9+,TKJ DY01MI9+AD,I1MB+q<?/V$E10>@"%.da• "%<;<?>8,.*+9+,I<8"["%.Ia1M585?>8YR"0*+,.I,‡$+,.94<;<81M5;<?1
7@P+ƒ"%SMI,`5c<@"Z<?,K&–`94<;<@"RYH,6"3.ƒ249+ƒ>8"0$+$+>8D5?BH<8"0A,.10B+,KW-24,e’,65?B“*CD>?S_ƒ24,eN+7@P+>L1HQ 24,.B+S0D>DW-5?10B-13DFH9+,.YR"0IDBH<?,O$E>@7@P •
$C1M>;<@"%B+13"%SMI,5;<?L5?5?, >8,.5?9+I<8"Z<8,—bC5?,.7,t&
^O"=>@"%$+$+>8D5?BH<@"%A,.10B-#24,E’D,.5?B“*E>8SVT• 94<?,..p5;,6"=$E>gFH9-"0BH<?1G>8,ISM9-"%>@2+"˜I1U5?Y“,I.9+$+$E1G<810>8,67:1U24DI6"G™dŽš5;,6"=$E>
,I!7:1MI.SH"%/VBH<?13710Bj6"3/VD77D"%B+,67"_7:6"0585;,67"-W-241ZY0G.ƒ.SMS0,O2+.."X2+,IB-"0/V,.7D"X5;1MB+1_"0B-7@P+GD5?$+>8D585;G,.Bj<8>8/),.B+,e24,
1M585;D>?YZ"%*-,I.,EbC5;,67@P+M&
=› œVD› ž ŸU¡j¡]¢¤£p¥`£p¦V§eŸG¨©:ª)¦]£¬« ©\­®£p©:¥e£p¦X¯†£¢¤°
.6"X>@"%$+$+>8D5?BH<@"%A,.10B-=2+,eN47@P+>R1MQ 2+,IB+SM>SMI,e5c<@"Z<8,`YZ"%>8,6"%B+13B+DO<8/V$E1X/VBH<?>8ƒ.U1M585?>8YR"0*+,.I, >8D5;<8"0B+1X7:1H5c<@"%BH<?,K±
YH,67:DY0D>858"VB+.6"X>@"%$+$+>8D5?BH<@"%A,.10B-=2+,e’p,65;DBH*E>8S_.ƒ1H5?5?>8YZ"%*+,.., YZ"%>8,."0B+1XB+DO<8/V$C1CW—/)DBH<?>8US0.,e5;<8"%<?,e>?L5c<@"%B+1
7:10B-S06"Z<8,("02d9+B[,.5;<8"0BH<?)bC585?"%<?1-&3p.."]>@"%$+$->?L5;DBM<@"%AD,I1MB+Œ24,g’,65?B“*CD>?Sa.31M585;D>?YZ"%*-,I.,ebC5;,67@P+X5?10B+1]24b-B+,I<?
2+"%.tJ DFE&6}c„R…4&‘…0€&zo$+$+.,67"%BC241XKJ LFC&6}t'+& ²HT$E1M585;,6"%/V1X5;<8"0*+,I.,.>?ƒ‹‚"07:,../)DBH<?UKJ LFH9-"%AD,I1MB+ƒ24D`/V1%<81q24DI6"31H5?5?>8YZ"%*+,.I
h ³c´Vµ ³v´)¼
µ u h3¶Œ}~u;(y¸· hX¶ƒ}~u;:?¹j¶)}~u;vº4» ¼ u h3¶Œ}~u; }c„R…4& ½M
241ZY0G6"324>8,.YR"%<8"V$-"0>?AD,."0IU"0S0,65?7U5;1MI135?9+.."X2+,I$EB-2+B+AL"3D5?$+.,.7,f<@"X2+"% <?/V$E1-WEB+e7"M5;1V,.Bx7:9+,¤h¾24,.$CDB-24Œ2-"%
<?/V$E13S0,v")• B+..")>@"%$+$->?L5;DBM<@"%AD,I1MB+z24,eN47@P+>R1MQ 24,.B+S0D>D&
^ ƒLFH9-"%AD,I1MB+,e2+¤/V1%<81q5;<8"%*-,I.,.587:1MB+1_6"_710B-2+,IAD,I1MB+Œ$E>@7@P ƒ• 9+B-"qYR"0>?,6"%*-,I.Œ24,.B-"0/),67"q5;,6"q9+B-"a7:1M5;<8"0BH<?Œ2+
/)10<?1C&(^ G7:1MB-24,.A,.10B+,$E>@7@P ˜• 9+B-"V1H5?5?>8YZ"%*+,.I=5?,.")9+B-"V71M5;<8"%BH<8=2+/V1%<81X5;1MB+1)2+9+
¿4À

  ! #" $
¿&%
' h 24DYEJ D585?>8zL5;$+.,67:,I<8"%/VDBM<8G,IBC24,I$EBC24BH<?U2-"%<8/V$C1
' h 24DY0G7:1M/)/Œ94<8"0>?G710Ba."V’p"0/V,II<?1MB+,."0B-"
(T,.710>@24,6"%/V1r7@P+x5?dh  ¹ 7:10/V/Œ94<8"0B+1rB+.6"[>8"0$+$+>8D5?BH<8"0A,.10B+]24,z’p,65;DB“*CD>?SCW‡710/V/ƒ9+<8"%B-1\"%B-7@P+jB-.."
>8"0$+$+>8D5?B-"%AD,I1MB+g24,-N+7@P+>L1HQ 24,.B+S0D>DWZ$E10,67@P #• IT249-#>@"%$-$+>?L5;DBH<8"%AD,I1MB+,“5;1MB+1z.SH"Z<8‡2-"z9-B-"<8>8"M5c‹~1M>?/3"0A,.10B+g9+B+,I<8"%>8,6"+&
)B-"]<8>8"%<;<@"%A,.10B-X"j$-"%>?<?_/)D>?,I<8" ." ’z"%/V,.f<810B+,6"%B-"-&j‡7"MF“5;1j,.B\7:9+,h ¶ }~u;VX • ."x’p"%/V,.f<810B+,6"%BC" 5c<8D585?"
tJ DFH9-"0A,.10B+G24,O’p,65;DB“*CD>?SV2+" ³c´)µ ³c´V¼
µ u ¹j¶ƒ}~u;gy ¼ u ¹j¶ƒ}~u; }c„R…4& ¿H
N“ƒ6"_’z"%/V,II<?1MB+,6"%B-"3B-10Bx24,.$EB-24)D5?$+.,.7,f<@"%/VBH<8Œ2+"0O<8/V$C1a"%.I1M>8"X,I!5;L7:1MB-241X/V/Œ*+>81jU• B“9+.I1qƒ6"_’z"%/V,I+*
<?10B-,."0B-" q• 9+BC"d71M5;<8"%BH<8a24DT/V1%<?1C& Žz9+L5c<81†"M77"M24]7:10B 9+B”5;,65c<8/3"d,.5?106"Z<81d1[7:1M/ƒ9+B-FH9+a,.BM<8>@"%SMBH<?a7:10B
tJ "%/Œ*+,IDBH<?3D5;<?D>?B-1q$E>U9-B-"]$CD>;<89+>8*-"%AD,I1MB+V,IB-2+,I$EB-2+BH<?X2+"0¤<?D/V$C1C-& ,vB[BH<?>@"%/Œ*+,¤,7"M5;,¤KJ 10/V10SMB+D,f<Z"a• 2+
<?/V$E1]=• $+>8D5?>8YR"%<8"-&
N“‡tJ 1M585;D>?YZ"0*+,I.h #• ,.4S0DB+>@"Z<810>8#2+,49+B-"˜<?>@"05;‹~10>8/3"%AD,I1MB+g24,C5;,./V/)<?>8,."˜"%..10>@"p,.4‹‚"Z<?<?1G7@P+‡6"=P-"%/V,.f<810B+,6"%B-"
7:10/V/Œ94<8"d7:10B”h D5?$+>8,I/Va"%B-7@P+_."d7:10BC24,IAD,I1MB+q/" .3B-7@P X• 6"x’z"%/V,.f<810B+,6"%B-"x5;,6" ,.B“YR"0>?,6"%BH<8X$CD>Œ6"x5?,./)/V<?>8,."
S0B->@"Z<8"G2-"ƒh]& ,vB4‹‚"Z<?<?,E,IBC24,.7@P-,."0/)1U710BX1¹ 0-."U’z"%/V,.f<8³ 10B+,6"%B-"˜<8>8"M5c‹~1M>?³ /3"%<8"˜$CD>6"=<?>@³"05;‹~10>8/3"%AD,I1MB+g,.B4b-B-,f<8D5?,I/3"
24,O5?,I/V/V:<8>?,6"
¹ 0 y { | }‚u€;uvsZc¹j{†}~u€;uvsRy 3} 2=» ´ 4/5 hXc¹r3} 276 ´ 4/5 h_(yˆ¹ » ´ ·‘h]8¹aº }c„R…4&‘'0
Žz9+,IBC24,`/" .VBC7@PG• 1¹ 0—yš¹ ."_’p"%/V,.f<810B+,6"%BC"324YMU7:10/V/Œ94<8"0>?G7:1MB],I`S0B->@"Z<?1M>?=24DI6"V<?>@"05;‹~10>8/3"%AD,I1MB+˜2+,`5?,I/ *
/)<?>8,."-&¤g1MB-7:.9-24,6"%/V1ƒ7@P-."ƒ7:10/V/Œ94<8"0A,.10B+24DI6"U’z"%/V,II<?1MB+,6"%B-"G710B3,.CSMB+D>8"%<?10>8T24,-9-B-"=<?>@"05;‹~10>8/3"%AD,I1MB+T24,
5;,./V/)<?>8,."q˜• B+..1V5;<?L5?5?1Œ<?/V$E1V.")7:1MB-24,.A,.10B+˜$CD>87@P z• 6")’p"%/V,.f<810B+,6"%BC"Œ5?,."Œ,.BHYZ"0>?,6"%BH<?˜$E>TFH9+.."Œ<8>8"M5c‹~1M>?/3"8*
A,.10B+˜24,5;,./V/)<?>8,."Œp6")7:10BC24,IAD,I1MB+$E>@7@P z• ,I—S0DB+>@"Z<810>85;,6"UL5?5?1Œ5;<?L5?5?1U9+BC"Œ71M5;<8"%BH<8z24DE/V10<?1-& (T,I<?>81ZY“,."0/)1
"%.I1M>8"p."˜>86"%A,.10B-(<?>@"=5;,./V/V:<?>8,.##<810>8/V,424,+710B-5?>8YZ"%A,.10B-g5;<8"%*-,I.,f<@"˜S0,v"p• ,.BŒ/VL77"0B+,67"˜7:6"0585;,67"zB+..1˜"0/ƒ*+,I<?1
24.IX<?>@"05;‹~10>8/V"0A,.10B+,(7D"%B+1MB+,67@P+0& Žz9+D5;<8"]$->?1M$+>?,.:<Z"†• 3• 9+B-" 9+f<8>8,I1M>?X710B4‹~D>?/3"j24DI6"],624BH<?,IbC7D"%A,.10B-X,IB\™†Ž
24,!S0DB+>@"Z<810>8,O24,`<?>@"05?."0A,.10B+,KWE>?10<8"%AD,I1MB+, Œ<?>@"05?."0A,.10B+, <?/V$E10>@"%.,e710B KJ ,I/V$+9+65?1X<?10<8"0IMWE,.e/)1M/VBH<?1a"%B+SM106"%>8
<?1%<@"%.=G."V’p"0/V,II<?1MB+,."0B-"+W4>8,65;$E:<?<?,.YR"0/VBH<?MW+,IB]$E>?‹~:<?<8"3"%BC"%.10S0,6"ƒ710Ba."V/VL77"0B+,67")7:6"0585;,67"-&
=› œV€œ 9 ©: ©€§e£<;=:ŸG¥e¥e©;Tª?> §e£ªŒ¢¤£: Ÿ « ©@BA]¢¤£z¦DC%£¥O§
g10B-5?,.2+>8,."0/)1_$CD>=5?/V$+.,67:,I<R"q• 9+B-"q$-"%>?<?,67:DI6"_5?1%<?<?10$E1M5;<8"q"02j9-Bx$E1%<?DB+A,6"%.E†}GF%p,.Bx/V10<?1a9+B+,624,I/VDB-5;,.10BC"%.0&
N“,."0B+I1 H¤}‚u;( J‡}~u;g7:1“10>@24,.B-"Z<@"GD23,./V$+9+65;1V24DI6"U$-"0>;<8,.7.."UB+.."Œ>@"%$+$+>8D5?BH<@"%A,.10B-24,E’p,65;DB“*CD>?Sa}~10/V<;<?,6"%/V1
,I $ED2+,.7U’z€&C^ GDFH9-"0A,.10B+,24D /V1%<81V5?10B-1
³c´!µ H¤}~u;
µ
³c´!µ J‡}~u;u y¸· H¤}‚u;€L K\}~u;vºMy J#}‚u;O NQP }c„R…4& ²M
µ u y¸· J#}‚u;€?¹aºy · J#}‚u;€O E†G} F% º }c„R…4& À%
N“[." $-"0>;<8,.7.."”"%.KJ ,65c<@"%BH<?†u s "RY0DYZ" 9+BC" ‹~9-B+A,.10B+\2 J 1MB-2+" lzG} F%]"%.I1M>8" $C1H5;,.A,.10B+[L2š,./V$+9+65;1”/VD2+,I1
"%.tJ ,.5;<8"0BH<?˜<p5;1MB+1V>?,65?$C<;<?,.YZ"%/VBH<8 w
y R µ FR l T0U} F%V ´ F4}‚u;vl˜U} F%
F4}~u;‡nzS }c„R…4& %M
wXW µ
}~u;#nzy R µ FRl T U} F% ³ µ F lzU} F% }c„R…4& YM
Zz"0I6")DFE&.}‚¿-& À%g$+>8B-2+B-2413,.YZ"%.10>T/VD2+,I13w 5?, P-")tJ DFH9-"0A,.10B+G24D/V1%<?1X2+..")$E1M5?,IAD,I1MB+=/)L24,6"
µ F4}‚u;‡n w[W
µ u y }‚u;#\n N8P }c„R…4&.„ ]M

  ! #" $
&¿ Y

Žz9+D5;<8"ŒDFH9-"0A,.10B+ƒp• ‹~1M>?/3"0I/VBH<8p,624BH<?,67")"%.6"ƒ$+>8,./V"ŒDFH9-"0A,.10B+˜24, ’p"0/V,II<?1MBa710B_.˜YR"0>?,6"%*-,I.,7:6"0585;,67@P+zF—}~<@


z$O}~<@g5?7D"%/Œ*+,."%<?˜7:10B_,CYZ"%.10>8,E/)L24,—24.I˜>8,.5?$C<;<8,IYMpYZ"%>8,."0*+,.I,—FH9-"%BH<?,67@P+M&,vBa"%I<?>8,-<8>8/),.B+,—,.CYZ"%.10>#/VD24,.1Œ2+.."
$C1H5;,.A,.10B+=24,—9+B-"Œ$-"0>;<8,.7.."Œ5;DS09+z9+B-"ƒ<?>@"%,.:<;<810>8,."Œ7:6"0585;,67"-WM,.7@P+˜B+10Ba5;,.S0B+,IbC7D"ƒ7@P+˜."Œ$-"0>;<8,.7.."Œ5;,—/ƒ9-1ZYR"Œ5;9
9+B-"=<8>8"0,I<;<?1M>?,6"G7:6"0585?,.7D"+&¤D24>8/V1U,.B4‹‚"Z<?<?,—7@P+KJ ,.B-24<?D>?/V,.B-"%AD,I1MB+B+DI6"G$E1M5?,IAD,I1MB+B+DC7:1M>85?1U24D+<?D/V$C1ŒP-"G9+B
7:10/V$E10>?<8"0/)DBH<?1V7:6"0585;,67"0/)DBH<?=,IBC7:10/V$+>8BC5;,.*+,.IM&
58"%/V,IB-wX
³c´ µ ,."0W/)}‚1)u;#10n >@"Œ,I YZ"0I1Mw >#/VL24,I1X2+.."V5?D7:1MB-2+"ŒDFH9-"0A,.10´ ³ B+ µ ´ µ
µ u y ´ · J#}‚u;€OE†}GH¤}~u;;vº¤nzy Rl
T%}GF% µ F · X}UF%clz}GF% º6 R
l TMU} F% _U} F% ³ µ F l˜U} F%(y
µ wµ
y ³ R l T }UF% qµ F }UF% lz}GF%(y _µ F }GF% n }c„R…4&.„0„L
–O>81ZY“,."0/)1˜7@P+#."zYZ"%>8,."0A,.10B+#B+H<8/Vw$C1G24D4YZ"%.10>!/VD24,.1˜2+.tJ ,I/V$+9-.5?1)g• >8SM106"Z<@"p2+"0HYZ"0I1M>ew /VL24,I1=24D4S0>@"024,.BH<?
244$E1%<8B+AD,."0IM&¤Žz9+,.B-24,4,.BƒSMB+D>8"0I J‡}~u;Tn\B+10B)P-"z9+BVw 7:10/V$E10>?<8"0/)DBH<?1=7:6"0585;,67:1˜7:10/V H¤}‚u;‡n "˜/VwB+1=7@P+
B+10B 5?,O$E1M585?"3587"0/ƒ*+,6"%>8=,IeYZ"%.10>/VL24,I1q24`S0>@"024,.BH<?  n 710Bj,.OSM>8"M24,IDBH<?U24DOYZ"%.10>/VL24,I1   nG&
g, 13• ‡• $E1M585;,.*+,.IT,.BX"%67:9-B+,-7"M5;,+5?$ED7:,6"%.,KWM7:1M/VT,IE7"05?1=*-"%BC"%.‡2+.."=$-"0>;<8,.7.."=.,.*CD>8"˜,.BX7:9+,+,.-$E1%<8B+AD,."0I=T• B“9+..1-W
,IE7"05?1G24,-9-B-"G$-"0>;<8,.7.."G7D"%>8,.7D"z,./V/V>@5?"=,.B39+BX7"0/V$C1GDI<;<?>8,67:1U7:1H5c<@"%BH<?T$E>#7:9+, E†G} F% y H]1G9+B-"G$-"0>;<8,.7.."
,IB39+B3$E1%<8B+AD,."0Iz24,-1H5?7,I.."%<?1M>?T"%>8/V10B+,67:1 E[U} F% y
H 0WM,.BX"%I<?>8,4<?D>?/V,.B+,-B-,C7D"05?,-24,C$C10<?B-A,6"%.,C7:1H5c<@"%BH<?,KW%.,IB-D"%>8,
1VFH9-"M24>@"Z<?,67:,,.1B H!&
g10B-5?,.2+>8,."0/)1),. 7"05?1V$+,;9a• ,.BH<?D>?Lw 5?58µ"%BH<?=24, $E1%<8B+AD,.w "0IG24,O1M58µ7:,.I6"Z<8w 10>8˜"0>?/V10B-,.71)"0I.10>@"
E[µ U} F% E[} w FŒnp
z
n y 
Hxnzy µ
… }c„R…4&.„L…0
F FŒn
!>?<8"%BH<81Œ$E>T$E1%<8B+AD,."0I,O2+.."Œ‹~10>8/3" H a710w 
µ B W }~u;ˆ#n …ŒtJ DFH9-µ"0E[A,.10} w B+w =Fƒ24Dnp  /V1%<?1V$E>,. YZ"%.10>‡/VD2+,I1X24DIKJ ,I/V$+9+65?1
µ u y 6 µ Fƒn }c„R…4&.„D½M
(• ‹~1M>?/3"%./VBH<?#,624BH<?,67"˜"%.6"z5?D710B-2+"pDFH9-"0A,.10B+‡24,4’p"0/),.I<?10BOW0FH9+,IBC24,+"%B-7@P-g,.“YR"0I1M>!/)L24,.1˜24DIKJ ,I/V$+9+65?1zP-"z9+B
7:10/V$E10>?<8"0/)DBH<?1z7."M5?5?,67:1-&`^ ‡DFH9-"0A,.10B+,E&I&.&.&e71M5;<?,I<?9+,65?710B+1z,I“<81M>?D/V"z24, (P->?DB4‹~D5;<!5?9+“.,I/V,I<?T7:6"0585;,67:1C&`op“2+,4 " •
24,—$E1“7@P-,—7D"05?,C/VDB+A,.10B-"%<?,KW“,I7:1M/V$C1M>;<@"%/VBH<?1Œ24,—YZ"%.10>8,-/VD2+,—2+,EYZ"0>?,6"%*+,..,E24,.B-"0/),67@P+=5;,—587:1M5;<8"ƒ>8"M24,67"%./VBH<?
2+"ƒFH9+DI.1Œ7."M5?5?,.71Uz710/Œ9+B-FH9+z5?,E$C1MB+p,.—$+>?1M*+./3"U5?1%<;<81ŒFH9-"0I,—7:1MB-24,.A,.10B+,—7:,—5;,E$+9`1)• "05?$C<;<@"%>8z7@P+z,I—5;,65;<?/3"
Y01MIYZ"d,IB”/V14241r"%$+$->?1H5?5?,I/3"%<?,.YR"0/VBH<?a7:6"0585;,67:1CW,.B 79+,$E1M585;,6"%/V1[24,.5;<?,.B+SM9+>8]9+B <8>8/V,IB+j7."M5?5?,.71d 2+.I
7:10>8>8A,.10B-,—FH9-"0BH<?,65c<8,.7@P+M&
o w <8"0ObCB+Œ>8,.$+>?DB-24,6"%/V13KJ LFM9C"%A,.10B- FE&6}c„R…4&.„0„LcU5;Y“,.I9-$+$+,6"%/V1X,.e$E1%<8B+AD,."0IŒ,IBd5;D>?,.ƒ24,¤–e" H.10>z"Z<;<810>8B+1_"
F=  y FŒnG&(N“,OP-"
wµ _U} F%
µF n y
µ µ
y R F+k l T0U} F%Dk µ F · X} F0  »  0 } F% U} F6 F% `» …„  0 0 } F% :G} F 6 F%  » ²„  0 0 0 } F% :U} F6 F%  g»  º y
y  0 } F% O» …„  0 0 0 } F% w  R µ F+k l T U} F%Dk U} F6 F%  }c„R…4&.„¿H
241ZY0‡.24>8,IYZ"%<?TYZ"%B+B-1=7D"%67:1M."%<?‡,IB FƒnG& ,v+$+>8,./)1=<8>8/V,IB+=T• ,.4<8>8/),.B+7."M5?5?,.71˜7@P-7:,-2+"=KJ DFH9+,.YR"0IDB+AD"z<8>8"
tJ DFH9-"0A,.10B+#24,4’,65?B“*CD>?Sz$CD>!,HYZ"0I1M>?,H/VD24,424DI.g1H5?5?w >8YZ"%*+,.w .,HFH9-"0BM<8,.5;<?,67@P+#7:10BŒtJ DFH9-"0A,.10B+#24,4’p"0/),.I<?10BŒ$CD>!I
YR"0>?,6"%*-,I.,M7."M5?5?,.7@P-0& ,v0<?>8/V,IB-,.B p5?$-"0>?,65?7¤$C1M,.7@P • F 6 FŒnGnz\y ]-±Z,I0<?D>?AD1T<?D>?/V,.B+(• 6"T$+>8,./V"p7:10>8>8A,.10B-
FM9C"%BH<?,65c<8,.7D"+&ƒŽz9+L5c<LJ 9+I<?,./V1a2+,I$EB-2+V2-"%.."q24>8,IYZ"%<8"_<?>8AD"q24!$E1%<8B+AD,."0I))2-"%`<?>8/V,IB-ŒB+DIKJ ,IBH<?DS0>@"%.ƒ,.B†79+,
>?,67:1MB+1M587:,6"%/V1X.1a587"0>;<81qFH9-"M24>8"%<?,67:1X/VL24,I1]24DI6"_$E1M5?,.A,.10B+" ! F“W7@P+)2-"_9+BC"_/V,65;9+>@"_2+.."qI147D"%.,IADAD"%AD,I1MB+Œ2+
5;,65c<8/3"UB-.I1V5;$C"%A,.1-&!=7:1MB-5?S09-p7@P+0W“$E>TFH9-"%BH<81U."ƒ‹~10>8/3"U24DE$E1%<8B+AD,."0I=5?,."ƒ,I/V$E10>?<8"%BH<80WHB+10Bxp• KJ 9-B+,.7D"ƒ"
24:<8>8/),.B-"0>?=6")710>8>?DA,.10B+˜FH9-"%BH<?,65;<?,67"+&¤opB+A,KW+S0.,:—:<?<?,eFM9C"%BH<?,65c<8,.7,YZ"%B+B+1V$+>8YZ"0IDBM<8/VBH<8="M5?5?147:,6"Z<8,—"" ! F“W
7@P+G5?"0$+$+,6"%/V1VD585;D>?˜Y“,IB-7106"Z<81V2-"%.I=>86"%A,.10B-,—2+, ,IBC24:<8>8/),.B-"0A,.10B+G24,O’p,65;DB“*CD>?SC&

  ! #" $
'/]
 =› œV  ==ŸG¢¤°ƒŸ7: £z¦)§eª «j£= ¡]Ÿ$;
;!A]£‡§O§!ª « ;ªŒ¦]«j£ 

oB-24,6"%/V1j"02dD58"%/V,.B-"%>8V7:10/V)YZ"%>8,."qB+(<?/V$E1 ! F“W B+(7D"05?1a2+.."a$-"0>;<8,.7.."qI,.*E>@"+&XŽz9+D5;<8"a5;,I<?9C"%A,.10B-V5?,


,IB-710BH<?>@")B+SMI,OD5?$CD>?,./VBH<?,e24,O7:1MI.,65;,.10B+U2+10$E1X7@P+GIG$C"%>?<?,67:..G/V>8S0DBM<8,O2+"0I6"V7:10..,.5?,I1MB+GYZ"%B+B-1X"V>8"0S0S0,.9+B *
S0>8V,(>8,IYM6"Z<?1M>?,K&3^(J "%$+$C"%>@"Z<?1j24,>?,.Y0D."0A,.10B+]}‚24,65;<8"%B-AD"j2+"0I6"q<8"%>8S0P-:<;<@"+W`S0>@"%B“9+6"%>8,f<Z"+• W¤&.&I&‘”24YMV<?DB+>ƒ710BH<?1
24.tJ "%.6"%>8SM"%/VDBM<81Œ24D $-"M77@P+<;<?132J 10BC240&
!>‡9+B-")$-"0>;<8,.7..").,I*E>@")IGLFM9C"%A,.10B-,—2+ /V1%<81V$CD>$C1H5;,.A,.10B-˜L2_,./V$+9+65;1X5?10B-1
µ }‚u;
 µ J‡}~u;

 µ u \y ] µ u \y ] }c„R…4&.„L'0
^O"r5?D7:1MB-2+"[LFM9C"%A,.10B- 7:,z2+,.7x7@P+jKJ ,./V$+9+65;1 j• 9+B-"\71M5;<8"%BH<8 24z/)10<?1C& ^`"[$+>?,./3"rDFH9-"0A,.10B+j5?,p,.BH<?SM>8"
‹‚"07:,../)DBH<?
}~u;y }U]H » J‡P U} ]H u






}c„R…4&.„D²M
5?5?>8Y“,."0/)1G7@P+MW0/VBH<8>?.p71H1M>82+,IB-"%<?"˜<8/V$+,E9+S09-"0I,E7:1M/)/Œ94<8"0B+1-WMFM9-´ .Ip"G<?/V$+,—24,.Y0D>85?,+B+1MBX7:10/V/Œ94<8"0B+1-W
U5;,P-"
· c}‚u;€ ;U} ]Mvº—y P · U} ]Mcu€ cG} ]Mvº—y ³ P u
„ W



}c„R…4&.„RÀ%
o$+$+.,67"%BC241[."†5c<8D585?"x$+>81“7D249->8"d7@P+]$C1M>;<@"x"%..a>86"%AD,I1MB+,‡24,T,IBC24:<8>8/),.B-"0A,.10B+_<?>@"x$E1M5?,IAD,I1MB+aD2 ,I/V$+9+65?1-W
$C1H5?5?,."0/V1)24,./V1M5;<?>@"%>8G"%B-"0I1MS0P+z>?D."0A,.10B+, 24,O,IB-2+:<?D>?/V,.B-"%AD,I1MB+˜´ <?>@"V7:1“10>@24,.B-"Z<8˜"Œ<?D/V$+,O24,.Y0D>85?,
} !  m } !  s } 8… P u 
     }c„R…4&.„ %M
Žz9+D5;<8" >?D."0A,.10B+ /V1H5c<8>8"\7@P-xKJ ,.B-24<?>8/V,IBC"%A,.10B-xB+DI6"\.147"%.,.AAD"0A,.10B+d24,z9-B-" $C"%>?<?,67:´ .6"\7:>8D587:x710/Vxu &
Žz9+D5;<?1V‹~DB+10/VB-13$+>?DB-24G,. B+1M/)U2+,`"%.6"%>8SM"%/VDBM<81)2+ $-"M77@P+<;<81X2J 1MB-24M&gDO.,I/V,I<? ]VtJ "%.."0>?SH"%/VBH<81
24 $C"077@P-:<;<8132J 1MB-24=B+1MB]5?,P-"-&

 
 

     !#"$ %  '& % '&( % *)


('+  

#, -/.103254 68797:2<;=;?>@25ACBEDGFH2IDGDJ2<DGBKAC-/DGBMLM>NLM>OFG>QPGB5.@R?S/>@B5T?-ULM-/.@.WV -YXZR=25S/>@B5T?-[LM>N\M]H^?F`B9_ LM>@T?a5-YFb>@Tc4?FJ-YPG-/T=SY2ELM>O4d-/FGDGR?FGe


;=2<SY>8B9T?>f>@T=LM>@4g-YT=LM-YT9DJ>hL=2<. DJ-/AC4dB=ij>8T XZR?-kPlDJBK]/254?>8DGB5.@BCDGFH2IDGDG>Q2<ACBE4d-/FGDGR?FJ;=25S/>@B5T?>fL?>84d-/T=L?-/TZDG>OL?2<.fDG-YA[4dB=6m0nB9TMe
Po>QLM-/FJ>Q2<ACBK>@T 4=25FoDJ>@]/B5.Q2<FJ-p4g-YFoDJR?FJ;=2<SY>8B9T?>h]H^=-:>@T=LMR=]/B5T?BqDGFH2<T=PG>@S/>@B5T?>hX9Rg2<TZDG>Q]H^?-5r]/>8B=-ts DGFH2<TgPo>@S/>@B5T?>uDGFH2E.@>@v5-/.@.@>OL?-/.
Po>QPlDJ-/Aw2#>@AC4g-YFoDJR?FJ;=2IDJB#>8TgLMB<DGDG-xL?2y4dB<DG-YT?S/>Q2<.@>z]H^?-n25a5>QPG]/B5T?By4d-/FhR?T:]/-/FGDGB#DJ-/AC4dB=6h\M>@2bR?T:PG>@PoDG-YAC2m]/25FJ2<DoDG-YFG>@S/Sk2IDJB
L?2<.@.@2C{m2<AC>8.8DGB9T?>Q2<T=2 |~}|€b‚„ƒ†…ˆ‡o‰ … ‰
|€ ƒ…‡o‰ 7kŠ?6@7
LM>h]/R?>OPo>O]‹B9T?B9PJ]‹-p.@BKPG4g-/DoDJFGBqFG-Y.@2<DG>@v5BE25L 6mŒ1V -/d-/DoDGBŽLM-Y.u4dB<DJ-/T?SY>@25.8-:L?>84d-/T=L?-/TZDG-CL?2<.uDG-YAC4gB T?B9FGAw25.‘e
A[-YTZDG-pPG>4?RuBCs DGFH2IDGDJ25FG-’PoB9.8BC>@TŽA[BMLMBC4d-/FGDGR?FJ;=2<DG>@v5B=rzAw2w]‹>“BCs FG>Q]H^?>@-YLM-t]H^?-’.Q2CPoR=2C>@TZDG-YT=Po>8D`2Cs PG>@2[4?>Q]/]/B5.Q2?6
” •w–Y” —~˜p™™ŽšN›bœu›bCžh˜tŸ# ‹¡[Ž›¢¤£G /[žO›#šN˜tŸ# ‹¡[Ž›
… ‰ €d…ˆ‡«ªG‡“¬k‰3}
,#-/.h]/29PoBwLM-Y.8.Q2E{b25AC>8.8DGB9T?>@25T=2wLM-Y.8.¥|V ¦n€ Xd6 7YŠ?6@…7 ‡«ªo‡“4d¬IB9‰ PJPo>Q2<ACBw>@TZDGFJBzL?| R?FGFJ-tLMR?-pB94g-YFJ2<DGB9FG> LM>u-/v9B5.@R?S/>@B5T?-9§©¨
­5®j¯8°3±`²‘³´®d³ˆµo¶·H¸ >@.f]‹R?>fa5-/T=-/FH2IDGB9FG-:-s -p¨ a5-/T=-/FH2IDGBCL?2 6©¦#V=4gBZPGPG>8;=>8.@-tLM-‹¹=T=>8FJ-tR?TºDG-YFGSYB[B94g-YFJ2<DGB9FG-LM>
-/v5B9.8R=S/>@B5T?-’¨q» …ˆ‡«ªG‡ ¬ ‰1} € …ˆ‡«ªG‡ ¬ ‰ …ˆ‡«ªG‡ ¬ ‰ … ‰
¨ ¨ ¨» 7kŠ?6½¼
]H^?-yPlDH2m25.8.Q2b;g25PG-3LM-Y.8.Q2’]‹BZPo>QL?LM-/DoDJ2mFH2<4?4?FJ-/TZDH2<S/>@B5T=-1LV >8TZDG-YFJ25S/>@B5T?-96f¾N-kLMFG-YACB’PGR?;?>8DGB’]H^?-x>@.Ma5-/T=-/FH2IDGB9FG-nLM>?XZR?-YPoDGB
B54d-/FH2IDGB9FG-’LM> -Yv5B9.8R?SY>8B9T?-U-’s >8.4dB<DJ-/T?SY>@25.8-t4d-/FGDG€ R?FJ;=25T9…WDJÁ -tPlDJ-Y‰ PJPoBg6
¿m25.8.@-U-kXZR=2<SY>8B9T?-:LM-Y.hACB5DGBº4g-YF¨À-kLc¨ r ¦1Xd6 6@7Y rj4dB9PJPo>Q2<ACBqL?-‹DG-YFGAC>@T=2<FJ-:.@-:-kXZR=2<SY>8B9T?>hL?-/.OACB<DGBº4d-/F
¨qÃ
‡ …‡«ªo‡ ¬ ‰1} ‡?Ç € …‡«ªo‡ ¬ ‰ …‡«ªo‡ ¬ ‰´È … ‰
ÄlÅ[Æ ¨ ÄlÅCÆ ¨ ¨» 7kŠ?6 Š
,#-p]‹B9T=PG-/a5R=- Æ Æ
| }É| € € ‚ € ‡ … ‰
¨ ¨ ¨ºÃ ¨ Ä“Å Æ ¨ºÃ 7kŠ?6 Ê
-pX9R=>8T=L?> Æ
Ç |€b‚¤ƒ…‡o‰´È ¨ € ¨ à }É|€ ¨ € ¨ à ‚ ¨ € ÄlÅ Æ ‡ ¨ à … Á5‰
7kŠ?6
Æ
Á
7

 

  !"#%$"$&'"# ()* ¼
“TM¹=T?-pPG> ^=2
+
…ˆ‡«ªo‡ ¬ ‰ } ƒ …‡o‰ …‡«ªo‡ ¬ ‰ … ‰
‡
ÄlÅ Æ ¨ºÃ ƒ …‡o‰ } ì ƒ†¨º…ˆ‡oà ‰ € 7kŠ?6 , ‰
Æ Ã …
¨ ®.- ¨ 7kŠ?60/
ΩV -YXZR=2<SY>8B9T?-:LM-Y.OA[B5DGBET=-/.@.@2KFJ254?4?FJ-YPG-/TZDJ25S/>@B5T?-pLV >@T9DJ-/FH2<SY>8B9T?-E-:s XZR?>@T=LM>OFJ-/a9B5.Q2IDJ2wL=2<.h4gB5DG-/T=S/>Q2<.@-:4d-/FGDGR?FJ;=2<TZDJ-5r
AC2:X9R=-YPoDYV R?.‘DJ>8ACBU^=2t>@T=]‹B9FG4dB5FH2IDJBa9.8>g-‹j-‹DGDG>LM>@T=2<AC>Q]‹>gL?BIvZR?DG>g25.8.Q2p{m2<AC>8.8DGB9T?>Q2<T=2’>@AC4g-YFoDJR?FG;g2IDJ2=6 1mR?-YPoDG-#-kXZR=2Ie
S/>@B5T?>OPoB9T?BK25.8.Q2w;=29Po-:L?-/>hA[-/DGBMLM>h4g-YFoDJR?FJ;=2IDJ>8vz>OLM>84d-/TgLM-/TZDG>OL?25.fDJ-/AC4gBg6mŒ1V >@TZDG-/a9FJ25T=LMBw.¥V -kXZR=2<SY>8B9T?-:LM-Y.uACB<DJBK-
Povz>@.8R?4=4=2<T=L?B[>@TPo-YFG>@-tPo>B5DoDJ>8-YT?-
…ˆ‡«ªG‡ ¬ ‰1} Ä 4 ³ ‡ 576 …ˆ‡ 5Q‰f‚… Ä 9‰ 8 4 ³ ‡ 576 …ˆ‡ 5 ‰ 4 ³;: ‡ 5 5<6 …‡ 5 5Q‰f(‚ =>=?= … ‰
¨ºÃ 2 3
Å ³µ Æ » 3
Å ³µ Æ » ³µ Æ » 7kŠ?6 @
”•w–BA C šN˜pŽœO ‹Ÿ# ‹¡[E  DGFŽ˜pCžOI  H%JŽ›
K jFGB9T9DJ>@25ACBtB5FH2mR=Tw4?FGB9;?.@-/Aw2t]H^?-bPG>?4?FJ-YPG-/TZDJ2tL?> LˆFJ-YXZR?-/TZDJ-y>8N T MO1UrZ]‹>@B=-ys XZR?-Y.8.@B:LM>gR?T=2’>@T9DJ-/FH2<SY>8B9T?-#]H^?-#2<a9>@PJ]‹-
PoR?.xPG>@PoDG-YAC2 4g-YFUR?T 4g-YFG>@BMLMBcLM>nDG-YA[4dQB P .8>@AC>‘DH2IDGBg6 ;=;?>@25ACBc… >@T¤AC‰-/TZDG-q4g-YFU-kPo-YA[4=>8B >@.x]/25PGB LM>3R?T 2<DGB9A[B
K
PoB5DoDGB94gBZPlDJB 4d-/F:R=T„DG-YA[4dOB P 29L„R?T¤]/25AC4gB -/.@-‹DoDJFGB9Aw2<a5T=-‹DG>Q]‹B -56 AŽ6 *6 +“.3]Y2<AC4dB -56 AŽ6 >8TZDJ-/FH2<| a5€-YT=LMB ]/B5T„a5.@>
-/.@-‹DoDJFGB9T?>©LM-Y.8.¥V 2<DGB9A[Bgr T?-C4?FJBIv5BM]/2K.@2qDJFJ25T=Po>@S/>@B5T=-[L?2ºR?T.@>8v9-/.@.8B25L R?T†… 2<.8DGFJBºL?-/.@.8BPG4g-/DoDGFJB‰ LM> 6C¾NB9a5.@>@25A[B
PlDJR=LM>Q2<FJ- X9R=>#.8- ]‹B5TgLM>8SY>8B9T?>y4d-/FH]H^-s XZR?-YPoDG-DJFJ25T=PG>8SY>8B9T?>#Po>bFG-k2<.@>8SYSY2<T=B FG-Ya5B5.@- LM>bPG-/.@-/} SY>8S B9T?- -.@- 4?FJB5;g2<;?>@.8>8D`2 s
LM>#DJFJ25T=Po>@S/>@B5T=-56 RO-YFC¹gPJPG25FG-Ž.@- >@L?-/- ]‹B9T=PG>@LM-YFG>Q2<ACB†R?TÉ2<DGB5ACB¤LM>m>@L?FGB9a5-/T=B†]H^=- 2D PG>#DGFJBIvI2T?-/.@.8B¤PoDJ2<DGB
LˆB5T=L?25AC-/TZDJ25.8--’vZ>@-/T=->@FJFJ29LM>@2<DGBU4g-YFyR?TKDJ-/AC4dT B P L?2UR?T]/2<AC4dBU-96 AŽ6NACB5T=Bz]/FGB9Aw2IDG>Q]‹B[LMU> LˆFJ-YXZR?-/T=SY2[2<T?a9B5.Q2<FJ-
V % 6 +“T PG-/a9R?>‘DJBE2<.@.WV >@T9DJ-/FH2<SY>8B9T?-5r?.¥V 2IDGB9ACBEPo>DJFGBIvI2C>@TR?T?BEPoDJ2<DGBE-k]/]‹>8DJ2<DGBELM>u-/T?-YFGa9>@T2 WXM6xŒu2C4g-YFoDJR?FJ;=2<SY>8B9T?-tT?B5T
4gB9FoDH2ºPG-/AC4?FJ-C.WV 2IDJB5ACBºT?-/.@.8BPoDG-kPGPGBºPoDJ2<DGZB YjrfT?-Y.©Po-YT=PGBŽ]H^=-[FJ>@4g-/DG-/TgLMBŽ.WV >8FJFH25LM>Q2<SY>8B9T?-pDH2<TZDG-Cv5B9.‘DJ-5r .¥V 2IDGB9ACBŽPG>
DGFJBIv5-/FI2s ]‹-/FGDG-bv5B5.8DG-y>@TwR?T?BUPlDH2IDGBp]/-/FGDG-yv9B5.8DG-#>@TwR?TE2<.8DGFJB=6 ROB<DJFG-YACB’XZR?>@T=LM>dLM-YPJ]‹FJ>@v5-/FJ-5|r9Po€ R?.@.Q2’;=25PG-#LM-/.g4?FJ>8T=]/>84=>8B
LM>yPoBIvzFH2<4?4dB9PG>8SY>8B9T?-5rh.@B PoDJ2IDJ\B [ ] ³N^ ]‹B9A[-qR?T=2PoBIvzFH2<4?4dB9PG>@B5T?-ELM-Ya5.@>325RMDGBZPlDH2IDJ>3LM> 6¤\z>3DJFJ2<DoDJ2 XZR?>8TgLM>yLM>
LM-‹DJ-/FJA[>@T=25FG-U.@2K4?FGB9;=2<;=>8.@>‘DIN2 s _XELM>hDGFH2<TgPo>@S/>@B5T?-UL?2<.@.8BºPlDH2IDJNB LˆB5TgL?‡y2<a} AC-/S TZDH2<.@-:2<.@.8BºPlDH2IDJGB Yj`6 1mR=-YPoDY¬V R?.‘DJ>8Aw2 -Us L?2<DJ2
‡L?2<.@.@2q2<AC4?>@-/SYSY2ELM>O4?FJB5;g2<;?>@.8>8D`2qs ]H^?-:>@.OPo>QPlDJ-/Aw2?r]H^?-[2<.@.WV >QPlDH2<TZDG- PG>fDJFGBIvI2`vI2wT?-Y.8.@BqPoDJ2<DGbB [ ] ^ 2<.@.WV >QPlDH2<TZDG-
PG>jDGFJBIvz>>8dT [ ] X ^ } 8b} …‡«hª SZ‰ ¬ 8 … ‰
[feg] X [ ¨ 7kŠ?6 Â
^\c
ROB9PJPo>Q2<ACBKPJ]/25A:;?>Q2<FJ-:¨À]‹B9T ¨ºÃ‹i
_ X [!e\] X [ ]
³ ^
[ []
^
[
6 1mR?-kPlDJ>hL?>‘j-/FJ>@PJ]‹B9T?BK>@fT L2<DoDG>N4d-/F’.¥V B94g-YFJ2<DGB9FG-:L?>N-/v5B9.8R=S/>@B5T?-p>@AC4g-YFoDJR?FJ;=2IDJBq-
X9R=-YPoDYV R?.‘DJ>8ACBgrZ4=FG-kPoB:DGFH2:2<R?DGB9PoDJ2<DG>g>8AC4d-/FGDGR?FJ;=2IDJ>WrMPG>dDGFH259P LˆB5FJAC2p>8TEƒ R=NT L2IDGDGB9FG-LMj> L25PG-m]H^?-PG]/B5AC4=2<FJ-#4d-/F3-‹j-‹DGDGB
LM-/. ACBMLMR?.@BwXZR=25LMFJB=6 1mR?>@T=LM>u2<.4?FJ>8ACBCB5FHLM>@T?-’T?-/.@.Q2U>@TZDG-YFJ25S/>@B5T?- Ãy25;?;?>Q2<ACB
} 8 4E¬ k ‡ 5 ƒ …‡ 5Q‰ ¬ 8 … S9‰
_ X Å ® [ Æ e\] X [ à [ ] ^ [ 7kŠ?6@7
} 8 4 ¬ k ‡ 5 ƒ†…ˆ‡ 5 ‰ ¬ 8 … ‰
ƒ Å ® [ Æ e\] X [ [ ] ^ ­ ®mnl ƒ~²poUq`} ®jojƒºµo>€¶ ³;rI: s?[ t ‡ 7kŠ?6@757
,#-/.u]/25PGBC>8TŽ]‹B9T=PG>@LM-YFJ25S/>@B5T?- -’s >@. 4dB<DG-YT?S/>Q2<.@-tLMBIvzRMDGBw25.f]/25A[4dBC-56 AŽ68r V 6©Œ©V >@T9DJ-/a9FJ25.8-tPGR?.jDG-YA[4dB
Po> 4=RuBCs -‹j-‹DoDJR=2<FJ-t-’B<DGDG-/T=>@258A[B
} ƒ € ¬ 8 = ­ ¯²vud… ®wu q µJ¶ k ¬`3 ‰ 7 ­ ®d¯²v… ufx.‚u q µJ¶ k ¬I‰3 7 8 … ‰
_ X Å ® [feg] X [ [ ]
^
[ [
Ä V 3 V ¬X 3 Ä V V X [ 7kŠ?6@7k¼
Œf2ºPlDJFGRMDGDGR?FH2ºFG>QPGB5T=25T9} DJ-US LM>©XZR?-kPlDH2K-kPo4=FG-kPGPG>8B9T?-:4d-/F VdygV X ¬ ]/B5TZDGS -YA[4=.@2ºLMR?-wLM>@v5-YFJPG-[PG>8DGR=25S/>@B5|… T?{ >¥6UŒ1…WÁ V 2<DGB5‰ ACBºLM>
>@LMFJB5a9-/T?‰BUPo>gDGFJBIvI2p2’D T?-/.@.@BUPoDJ2IDJzB LˆB9T=L?2<AC-YT9DH2<.@-5rz2<.@.8B9FJ2 V X ^ >@.d4=FG>@ACBtDG-YFGAC>@T?-mFJ>QPoR?B9T=2 >@a=6 687 Sr 4=~ 2<FGDG€ -
Po>@T?>QPlDJFJ2 -YLC>@.gPG-Y]/B5T=L?BpPo>g4?RuBts DJFJ29} PG]/R?FJ258 FG-9}6 +“TEXZƒ R?-k€ PlDJB:¬ ]/29PozB 8
_= XFJt 254?4?… FJ-YPG-/TZDJ2¬I‰ .Q2t4?FJB58?;=… 25;?>@.8>8D`2ts LM>d-Y]Y]‹>8DJ25S/>@B5T?- … ‰
ƒÄ ‚ … V 3 V X ¬ ‰ ¼
_ X Å ® [!eg] X [ [ ] [ UÊ [ c„ [ 7kŠ?6@7YŠ
^ V 3 V X

 

  !"#%$"$&'"# ()* Š
Ek E0

E0 Ek

{
assorbimento emissione stimolata
@> a5R=FJ2º7YŠ=6879§PuFH2<T=PG>8SY>8B9T?>XZR=2<TZDG>Q]H^?-
}S ¬ S
…|{ 4?4?R?…¥FJÁ -x.W‰ V 2IDJB5ACBtLM>?>QLMFGB9‰ a5-YT?BPG>MDJFGBIvI22bD T?-/.@.8BpPoDJ2<DGB’-Y]Y]‹>8DJ2<DGBmYjr52<.@.8B9FJ2 V X e >@.=PG-Y]‹B9T=LMBmDG-YFGAC>@T?-yFG>QPGR?B5T=2
>8ag6 6@7 r 4=25FoDJ-K€ LM~ -kPlS DJFJ2 -YL„>@.14?FJ>@A[B Po>n4?RuBs DJFJ29PG]/R?FJ25FG-96 +“T t X9R=-Y… PoDGB ‚ ]/29Po¬IB*‰ _ X FH2<4?4=FG-kPo-YT9DH2º.@24=FGB9;=2<;?>@.@>‘DI2s LM>
LM>@PG-Y]Y]‹>8DJ25S/>@B5T?- } 8 ƒ € ¬ 8
= ゠… V ‚ V X ¬ ‰ ¼ 8 … ‰
X_ Å ® [feg] [ [ ] ^ [ jÊ [ V V X c„ [
X 7kŠ?6@7/Ê
¦#VNPGRE]‹>@-/TZDG-LM-kPG]/FG>@v5-YFG-K>8.y4?FJ>@~ A[B†]/29PoBg6 ,#B9FGAw25.8AC-/TZDJ-q>@.xDG-YA[4dB„LM>y-YPG4dB9PG>8SY>8B9T?- P -qs AC>Q]‹FJB9PJ]‹B94?>@]Y2<AC-/TZDJ-
a5FH… 2<T=LM-c-¬ ‰ PG>m4=RuB s 29PGPGR?AC-/FJ- c  6 +“TÉDJ25.]Y25PGB¤.Q2¤4=25FoDJ- DG-YAC4gB9FJ25.8-LM> _X†DJ-/T=L?-25.8.Q2¤LM-Y.‘DH2 LM>’¿m>8FH25]
 V 3 V X r?B9PJPG>@2U.@2[DJFJ25T=PG>8SY>8B9T?-U- s 4dB9PJPG>8;?>@.@-’PGB5.@BwPo-’} .¥V -YT?-/FJa5>Q2[¬ LM-/.. LˆB5DGB9T?-tLM-/.f]Y2<AC4dB[-96 AŽ6y-s DH2<.@-’]H^=- … Á5‰
Å V W X 3dW 7kŠ?6@7
1mR?-YPoDJ2„]/B5T=LM>@S/>@B5T=Z - LˆR 4g-YFK.Q2†4?FG>@Aw2†v5B9.‘DH2„]‹B5T=a5-‹DGDGR?FH2IDH2†L?2„,#>@-/.QP 3B5^=FE4g-YFE.¥V >@TZDG~-/FJ4?FJ-‹DH2<S/>@B5T=- LM-/.@.8-cFG>@a5^?-
Po4d-‹DGDGFH2<.@>3>@T ]/B5T?T=-YPJPo>@B5T?-º]‹B9T .¥V >@4gB5DG-kPo>yLM-Y.8.Q2 PoDGFJRMDGDGR?FH2c2<DGB5AC>Q]/2=d6 +“.3.@>@A[>8DG-º4d-/F c  -ºs -YPJPoBPlDJ-YPJPoB R?T=2
FG-k2<.@>8SYSY2<SY>8B9T?-’LM-/.@.@&2 LˆR?T=S/>@B5T?-pLM-Y.‘DH2CLM>f¿m>8FH25] t 8 ‡
ƒÄ ‚ 8 ‡
} … ‰ … ‰
… ‰ 8
. @
> A  ® -  7kŠ?6@7 ,
³ 

L?2C]‹R?> .¥V -YXd6 7YŠ=687kŠ LM>8v9-/TZDJ2 } ¼ ƒ€ ¬ 8 … ¬‰ … ‰
_ X
Å [!e ] X [ [ ] ^ [  Å V 3QW X c 7kŠ?6@7 /
Œf2C4?FJB5;=25;?>@.8>8D`2ws ]/FG-kPG]/-t.8>@T?-Y25FGAC-YT9DJ-p]‹B9.DG-YA[4dB=rd4d-/FH]H^-’s >8.uTzR?AC-/FJBELM> DJFJ25T=Po>@S/>@B5T=>O-ts 4?FJB54dB5FJS/>@B5T=25.8-t2<.@.Q2wLMR?FH2IDJ2
LM-/.@.WV >@FGFH25LM>Q2<SY>8B9T?-56 R©>oRŽs Po>@a5T?>8¹g]Y2IDG>@vI2q-’s .@2[4?FJB5;=25;?>@.8>8D`2[s 4d-/FyR?T?>8D`2ws L?>DG-YA[4dB=rg]H^?-’T?B5TLM>@4g-YT=LM-pL?25.jDG-YA[4dB=6
” •w–H•  ™™ŽšN¡:œhœh  ˜tŸ# /¡UŽ›¢   ¢  /™¡/¡
+“TEX9R=-YPoDGB’4=2<FH2<a9FJ2?LˆB]Y2<.Q]‹B9.8>Q2<ACB.@2’4=25FoDJ-#Po4g2<S/>Q2<.@-yLM-/.@.Q2’4?FGB9;=2<;=>8.@>‘DI2’ s LM>?DJFJ25T=Po>@S/>@B5T=-5r5L?2t]/R?>=PJ]/2<DGR?FJ>@PJ]‹-xR?TfV 25.‘DJFJ2
>8AC4dB5FGDJ2<TZDJ-#FG-Ya5B9.@2’LM>jPo-Y.8-YS/>@B5T?-96N0nB9T=PG>@LM-YFG>Q2<ACB’4?>oRKs L?2tvz>Q]‹>@T?Bt.Q2p{b25A[>@.8DGB5T=>@25T=2pLM-Y.gPG>8T?a9B5.@Bt-/.@-‹DGDGFJB5T?-b2<DGB9A[>Q]‹B
>8T 4=FG-kPo-YT?SY2wLM-Y.h]Y2<AC4dBE-56 AŽ6b2`v5-YT9DJ-t4gB5DG-YT?} S/>Q2<.@-p… v5-/r Do‰ DJB5FJ-   6 #>@} ]/B5FHLMs`‡>8Aw2w]H^?-UX9R=-YPoDYV R?.‘DJ>8ACBc-ps .@-/a92<DGBE25.u]/25AC4gB
-/.@-‹DoDJFG>Q]‹B -qAw25a5T?-/DG>Q]‹B L=2<.@.8-qFG-Y.@25S/>@B5T?> W  3 7 „  ³    -      6 A[-/DoDJ-/T=LMB.Q2 4=25FoDJ-q2IDJB5AC>Q]/2cL?-/.@.@2
{b2<AC>@.‘DJB5T?>Q2<Tg2?r?PG> ^=2C2<.4?FJ>@A[BCB9FJLM>@T?-’>@ T 
| } 7 … ­r ‰ 8 $# ­ r = … ‰

¼  3 !  " ¼% 3   !  7kŠ?6@7 @
,#-/. ]Y25PGB:>@Tº]/R?>>@. ]/2<AC4dB[L?>FJ29LM>@25S/>@B5T?-:-’s ]‹B9PoDG>8DGR=>‘DJB[L?2[B9T=LM-A[B9T?BM]‹FJB5Aw2IDJ>@]H^=-b4?>Q2<T?-9rM>8.4dB<DJ-/T?SY>@25.8-v5-/DoDJB5FJ-:-s
L?2IDJBCL=2<.@.@2[4=25FoDJ-FJ-Y25.8-tLM-Y.TzR?AC-/FJBC]/B5AC4?.@-YPJPoB } ¬ … ‰
 & ­   ­ ¯(² ' , ' w
+
) * ® uz³ˆ¶ 7kŠ?6@7YÂ

 

  !"#%$"$&'"# ()* Ê
¾NB5a5.@>Q2<ACBUPoDG>@Aw2<FJ-b.Q2:.@R?T?a9^?-/SYSY2:L V B9T=L?2:L?-/.]/25A[4dBCLM>jFJ29LM>@25S/>@B5T?-96RN25FoDJ>@25ACBpL?2<.jL2IDGDGBC]H^?-.WV -/T?-YFGa9>@2tDGFH25PG4gB9Foe
DJ2IDH2CL?2<>.LˆB5DGB9T?> LM-/.u]/2<AC4dBC-58 6 Aº¬ 6©L?-/vjV -kPGPG-/FJ-’LM-/.@.WV B5FHLM>@T?-tLM> a9FJ25T=LM-/SYSY2[LM-/.@.¥V -YT?-/FJa5>Q2U]/B5>@Tzv5B5.8DJ2UT?-Y.8.@-’DGFH2<T=PG>@S/>@B5T?>
-/.@-‹DoDJFGB9T?>Q]H^?-5r?]H^?-C-`s W " ­ „  4d-/Fy.¥V 2<DGB5ACBwLM> >Qr LMFJB5a9-/T?Bgr 6 K .8.@B5FH2Cr Po>^=2
} ¼  } ¼  Å } ¼ 8 Ŭ … S9‰

V W  ­ „ 7kŠ?6½¼
L?2C]‹R?> ¬} 8 … ‰
 ­ r 7 7 7kŠ?6½¼M7
 ¼  Å " ¼  7kŠ /
0n>B¤ ]/B5AC4gB9FoDH2†]H^?->8¬ .]/25A[… 4d}B -s 4?FH2IDJ>@]Y2<AC-/TZDG-‰ ]/B9PoDJ2<TZDJ- PoR PJ]/2<.Q2†2IDJB5AC>@]Y2?rx2<.@AC-/T?B„4d-/FK2<DGB9A[>bT?B5T DGFJB54=4gB
a5FH2<T=LM>j4dB5>Q]H^ -s 
 „ TzR?AC-YFGBC2IDJB5AC>@]/B 6 K .8.@B5FH…2UT?-/.@.8BwPGvz>8.@R?4?4dBC>8TPG-/FJ>8-’LM> ‰ ­ ¯² )+' * , ' r=]H^?>Q2<Aw2<DGBCPovz>@.8R?4=4gB
>8TCA:R=.‘DJ>84dB5.@>Wr94gBZPGPG>Q2<= ACB€ 25FGFJ-YPoDJ25FJ]/>925.8.¥V B9FJL?>8T?-x4?>oR[s ;=25PJPoB 254?4?FJB9PJPo>@Aw2<SY>8B9T?-3L?>?LM>84dB5.@B 6 +“.=4gB5DG-/T=S/>Q2<.@-xL?-/.?]/25AC4gB
-56 Aº6©L?>8v9-/TZDJ2   ! 
+“T[XZR?-kPlDH2254?4?FJB9PJPo>@Aw2<SY>8B9T?-14dB9PJPo>Q2<ACB’]/25.@]/B5.Q2<FJ-n.¥V -Y.8-YAC-/TZDGBtLM>?Aw2<DGFJ>@]/-3LM>?DGFH2<T=PG>8SY>8B9T?-56 +“TwX9R=-YPoDJ2’2<4?4=FGBZPGPG>‘e
AC25S/>@B5T?-34dB9PJPo>Q2<ACBm]Y2<.Q]‹B9.@25FG-©.¥V -/.@-/AC-/TZDGB’LM>zAw2IDJFG>Q]‹-xLM>zDGFH2<TgPo>@S/>@B5T?-9}6 RO-/Fu¹gPJPG25FG-n.8-3>QLM-/-y25PJPGR?AC>@25A[Bm.@2LM>@FG-YS/>@B5T?-
LM-/.@.WV >@A[4=R?.@PGBw.@R?T?a5BCS’-t.Q2[L?>8FJ-/SY>8B9T?-tLM-/. ƒq4dB<€ DJ-/T?¬ SY>@25.8} -tLM-Y.f]/25AC4gBC.@R?T?a5¬ B 6 = K € .@.@B5FH2 … ‰
eg]X[ [ ] ­ r eg]X[  [ ] !  7kŠ?6½¼5¼
^  ^
Œ©V -/.@-/AC-/TZDGBwLM>fAC2<DGFJ>@]/-tPo>f]Y2<.Q]‹B9.@2[]‹B9A[-tPG-/a9R?-
¬ } Ä Ç | €ª È ¬ } Ä … ¬‰ ¬ … ‰
eg] X [  [ ]
^ %¼  Å rs?t
e ] X [
¬  [ ] ^ %¼  Å W X 3bW e\] X [  [ ] ^ 7kŠ?6½¼<Š
Œ©V B54d-/FH2IDGB9FG-  >@TŽ]/BzB5FHLM>8Tg2IDG-4dB5.Q2<FJ>O-s    - rgX9R=>8T=L?>
¬ 4 8 … ‰ ¬z… ‰ 4 ¬ ¬J¬ ¬ … ‰
eg]X[  [ ]
^  Æ  
] X ]
Æ   q  q  -  q  -  q!
   7kŠ?6½¼IÊ
  
}
PfFJBIvz>@25A[BEXZR?>uR?T=2KTZR=BIv`2EFG¬ -Ya5B5.Q2CLM>OPo-Y.8-YS/>@B5T?-9§3.Q2CDJFJ25T=Po>@S/>@B5T=-pPo>h^=2EPGB5.@BKPG-p>8.hACB5AC-/TZDJBK2<T?a9B5.Q2<FJ# - ";X 796m\z-
]‹B5TgPo>QLM-/FJ>Q2<ACB=rz>@TZv9-Y]/-’L?> ] r?R?T=BCPoDJ2<DGTB ]X : .Q2UFJ-/a9B5.Q2UL?>fPo-Y} .8-YS/>@B5T?-tLM>@v5-YTZDJ2 … Á5‰
[ " X 3$" X [ 7 7kŠ?6½¼
:
K T=]H^?-b.@2tFJ-/a9B5.Q2tLM>gPG-/.@-/SY>8B9T?-#PGR?.8.Q2t4?FJB5>@-/SY>8B9T?-#LM-Y.gACB5AC-YT9DJBp2<T?a9B5.Q2<FJ-yPo>dLM-/v9-#a5-YT?-/FH2<.@>8SYSY}25FG-96u\z-b]/B5T=PG>@L?-/FJ>@25A[B
]‹B5AC-:L?>8FJ-/SY>8B9T?-:LM-Y.uACB<DJBKLM-Y.8.¥V -Y.8-/DoDJFGB9T?-:.¥V 29PGPG
- ŽBK.¥V 29PGPG
- %5r25.8.@B5FH2wPo>fDGFJBIvI2E2<T=]H^=- & y 756 +“T a9-/T?-YFJ25.8-pPG>
^=2CX9R=>8T=L?> } S=ª
( … ‰
 X 3  X
: y 7 7kŠ?6½?¼ ,
0nB5T=]/.8R=L?-/T=LMBgr925;?;?>Q2<ACBtACB9PoDGFH2IDGBt25.?4?FJ>8ACBtB5FHLM>@T?-#LM-Y.8.Q2’DG-YB5FJ>@24d-/FGDGR?FJ;=2<DG>@v`2tL?>84d-/T=L?-/TZDG-bL=2<.?DJ-/AC4dB=rz]H^?-yR?T=2
DGFH2<T=PG>8SY>8B9T?-bXZR=25T9DJ>@]Y2DGFH2p.@>8v9-/.@.8>g-/.@-‹DGDGFJB5T?>Q]‹>f-bs PGB5a5a9-‹DGDJ2t2tFJ-/a9B5.@-bLM>gPG-/.@-/SY>8B9T?-5rz]H^?-b]/>d]/B5T=PG-/TZDJB5T?BpLM>jLM>QPlDJ>8T=a5R?-YFG-
.8-’DJFJ25T=Po>@S/>@B5T=>d4d-/FJAC-YPJPo-tL?2wXZR?-Y.8.@-’4?FJB5>@;?>‘DJ-5§
' .¥V -YT?-/FJa5>Q2[LM-/.> LˆB5DGB9T?> LM-/.u]/2<AC4dBC-56 Aº6©L?-/vjV -kPGPG-/FJ-’R?a5Rg2<.@-’25.8.Q2[LM>‘j-/FJ-/T=SY2CLM> -YT?-/FJa5>Q2UDGFH2U> L?R?-t.8>@v5-Y.8.@>¥i
' .Q2CLM>‘j-/FJ-/T=SY2CLM> ACB5AC-YT9DJBw2<T?a9B5.Q2<FJ-#DGFH2[>fLMR?-t.@>@v5-/.@.@> LM-/vjV -YPJPo-YFG-
' .Q2CLM>‘j-/FJ-/T=SY2UDGFH2[.8-t4?FJB5>@-/SY>8B9T?>LM-/>fA[B9AC-/TZDG> 25T?a5B9.@25FG>LM-YvdV -YPJPG-/FJ-mAC>@T?B5FJ-’B[R=a5R=25.8-t25LºR?T=B

 

  !"#%$"$&'"# ()*
 ” •w– Ž¢›yžh›#š $ /Ž˜tŸ# ‹¡[Ž› ›bŽ›bš U ‹˜ ?žO› ™¡
  

0nB5T=PG>@L?-/FJ>@… 25A[Bc4g‰ -YFCPG-/AC4?}(.@>Q]‹S >8D`2 s R?T 4dB<DJ-/T?SY>@25.8-Ž]‹BZPlDH2<TZDG-º]H^?-º25a5>QPG]/-ET?-Y.8.¥V >@TZDG-YFGvI2<.@.@BOP’6%1mR?-kPlDJB ]/29PoB Po>xFJ>@]Y2`v`2


L?2<.@.@2C¦nXg6 7`¼M6@757 ]/B5T V
} 8 ƒº€ ¬ 8
= t ƒÄ ‚ … … V X ¬ ¬ ‰ ‰ ¼ 8 … ‰
_X Å ® [!e\]X[ [ ] [ UÊ [ c
„ [ 7kŠ?6½¼ /
^ … V X‰
Œft m2 Lˆ… R?T=S/¬`>@‰ B5T?-2<(} .gPGS -Y]/B5T=L?BtA[-YA:;?FJBp^=2pB9PJ]‹>@.8.Q2<SY>8B9T?>=PGA[B9FGSk2IDJ- v5-kLM>g¹=a5R?FH2 ]/B5Tw>@TM¹=T?>8DG>jAC>@T?>8AC>j]‹B9FGFJ>@PG4dB5T=LM-YTZDG>=2
ƒÄ ‚ V X ¼ 6 PuFH25PJ]‹R?FH2<T=L?B#>=PG-/AC4?FJ-n4?>oR[s 4?>@]Y]‹B9.8>?]/B5TZDGFJ>8;=RMDG>?LMB94gB’>@.M4?FJ>8ACBA[>@T?>@ACB=r54dB9PJPG>@25A[B’]‹B9T=]‹.@R=LM-YFG-
]H^?-’.@2C4?FJcB5;g„ 2<;?>@.8>8D`2[s PG> -YPoDG-YT=LM-¹=T?BE2 ¬ … ‰
V X c„ ¼ 
 7kŠ?6½?¼ @
]‹>@B -  … ¬‰ … ‰
ƒ W X 3bW 
c
¼Å 7kŠ?6½¼<Â
\z-Ž>8ACAw2<a9>8T?>Q2<ACB.WV 2<SY>8B9T?-ŽLM> 4g-YFwR?T DG-/AC4ddB P]‹B9AC-qR?T ACBMLMB4g-YFwA[>QPGR?FJ25FG-q.WV -/T=-/FJa5>QO2 W X LM-Y.8.@BPoDJ2<DGB
-Y]/]/>‘DH2IDJTB LˆB5T=L?25AC-/TZDJ25.8-9r=2<.@.8B9FJ2U4?>oRs a5FH2<T=L?-[m-s P 4?> RŽ 4?>Q]/]‹B9.8B-s .¥V >8TZDG-YFGvI25.8.@BELM> >@T=]‹-YFoDJ-/SYSY2[T?-/.@.Q2ELM-‹DJ-/FJAC>8T=25S/>@B5T?-
LM-/.@.WV -/T=-/FJa5>Q2w-pvz>@]/-/v9-/FHPG2=6#¦#V=R=T=2KPGB5FGDJ2wLM>h4?FJ>8Tg]‹>@4?>8BqLM>u>@T=LM-/DG-YFGAC>@T=2<SY>8B9T?-tDJ25Fb-YT?-/FJa5>Q2w-tDJ-/AC4gBg6 y>Q]‹B9FJL?>@25A[B
DGRMDGDJ2`vz>@2C]H^?-t>@.jDG-YAC4gBw>@T MO1 T=B5T -’s R?TŽB54d-/FH2IDGB9FG-96
Capitolo 14

ANCORA SUL MOMENTO


ANGOLARE

14.1 Composizione di momenti angolari


Per un sistema quantico costituito da N componenti, ciascuno di momento angolare li (i=1,N), spesso è il
P
momento angolare totale L̂ = li che governa le proprieta’ angolari del sistema piuttosto che i momenti
angolari li dei singoli componenti. Anche nel caso di una singola particella, dotata di spin, spesso piu’
importante è la somma di momento angolare orbitale e di spin j = l + s piuttosto che i due momenti
separatamente.
Consideriamo il caso di due soli momenti angolari e discutiamo le proprieta’ della somma L = l1 + l2
rispetto alle proprieta’ dei singoli. Gli operatori l12 ,l22 ,l1z e l2z commutano e quindi hanno un insieme
completo di autostati simultanei che denotiamo con |l1 m1 l2 m2 >. Gli operatori L2 , Lz , l1 edl2 commutano
e quindi hanno anch’essi un insieme completo di autostati simultanei che denotiamo con |(l1 l2 )LM >. I
due insiemi descrivono lo stesso spazio, cioe’ sono rappresentazioni diverse dello stesso spazio, e pertanto
sono legati da una trasformazione unitaria
X
|(l1 l2 )LM >= |l1 m1 l2 m2 >< l1 m1 l2 m2 |(l1 l2 )LM > (14.1)
m1 m2

I coefficienti della trasformazione vengono chiamati coefficienti di Clebsch − Gordon e sono di ampio
uso in MQ. Le loro proprietá e i lori valori si possono determinare facilmente dal fatto che formano una
trasformazione ortogonale1 .
I valori classici del momento angolare totale L sono compresi nell’intervallo |l1 − l2 | ≤ L ≤ l1 + l2 . Gli
autovalori quantistici sono quantizzati ma e’ ragionevole assumere che i valori estremi siano coincidenti
con quelli classici. Possiamo dare un argomento a favore di questa ipotesi. Il numero totale di autostati,
nella rappresentazione disaccoppiata, e’ N = (2l1 + 1)(2l2 + 1). Nella rappresentazione accoppiata il il
numero totale dev’essere lo stesso, ed in fatti, poiche’ per ogni L si hanno 2L+1 valori di M, allora
lX
1 +l2
1
N= (2L + 1) = [|l1 − l2 | + (l1 + l2 )] · [(l1 + l2 ) − |l1 − l2 | + 1] = (2l1 + 1)(2l2 + 1) (14.2)
2
|l1 −l2 |

ricordando che per una progressione aritmetica la somma degli elementi e’ uguale al semiprodotto della
somma degli elementi estremi per il numero dei termini. Questo risultato conferma l’assunzione fatta.
1i loro valori si possono assumere reali e quindi la trasformazione unitaria diventa ortogonale

57
CAPITOLO 14. ANCORA SUL MOMENTO ANGOLARE 58

I coefficienti < l1 m1 l2 m2 |(l1 l2 )LM > di Clebsch-Gordon sono nulli eccetto che M = m1 + m2 e
|l1 − l2 | ≤ L ≤ l1 + l2 . Essendo che formano una trasformazione ortogonale si ha
X
< l1 m1 l2 m2 |(l1 l2 )LM >< l1 m01 l2 m02 |(l1 l2 )LM >= δm1 m01 δm2 m02 (14.3)
LM
X
< l1 m1 l2 m2 |(l1 l2 )LM >< l1 m1 l2 m2 |(l1 l2 )L0 M 0 >= δLL0 δM M 0 (14.4)
m1 m2

Queste proprieta’ sono fondamentali per determinare i valori dei coefficienti di Clebsch-Gordon. Partico-
lari proprieta’ che seguono applicando l’ortogonalita’ sono le relazioni di ricorrenza

±
CLM < l1 m1 l2 m2 |(l1 l2 )LM ± 1 > = Cl∓1 m1 < l1 m1 ∓ l2 m2 |(l1 l2 )LM > (14.5)
+ Cl∓2 m2 < l1 m1 l2 m2 ∓ 1|(l1 l2 )LM >

dove

±
p
CLM = L(L + 1) − M (M ± 1) (14.6)

14.2 Operatori tensoriali: teorema di Wigner-Eckart


Studiamo alcune proprieta’ generali degli operatori della MQ in relazione al loro comportamento per
rotazione. Solo per fissare le idee consideriamo rotazioni spaziali.
Un operatore Ô si chiama scalare se e’ invariante per rotazione. Un operatore scalare corrisponde ad
uno scalare del calcolo vettoriale. Abbiamo visto dalle rotazioni infinitesime che l’invarianza per rotazione
implica che [L̂i , Ô] = 0. Un operatore scalare non cambia il momento angolare di uno stato, infatti

L̂2 (Ô|τ, LM >) = [L̂2 , Ô]|τ, LM > +ÔL̂2 |τ, LM >= ~2 L(L + 1)(Ô|τ, LM >) (14.7)
L̂z (Ô|τ, LM >) = [L̂z , Ô]|τ, LM > +ÔL̂z |τ, LM >= ~M (M + 1)(Ô|τ, LM >) (14.8)

Il numero quantico τ riassume gli altri numeri quantici che definiscono lo stato in considerazione. Un
operatore scalare soddisfa una notevole proprieta’. In base all’azione degli operatori L̂± sugli autostati
del momento angolare illustrata nel precedente capitolo sul momento angolare si ha
1
< τ 0 , LM |Ô|τ, LM > = [L(L + 1) − M (M − 1)]− 2 < τ 0 , LM |ÔL̂+ |τ, LM − 1 > (14.9)
− 12 0
= [L(L + 1) − M (M − 1)] < τ , LM |L+ Ô|τ, LM − 1 > (14.10)
0
= < τ , LM − 1|Ô|τ, LM − 1 > . (14.11)

cio’ mostra che gli elementi di matrice di un operatore scalare tra autostati del momento angolare non
dipendono dalla proiezione del momento angolare. Ricordando inoltre che Ô non cambia il momento
angolare dello stato, allora questi elementi di matrice sono anche diagonali in L ed M

< τ 0 , L0 M 0 |Ô|τ, LM >= δLL0 δM M 0 < τ 0 ||ÔL ||τ > . (14.12)

Questo e’ il teorema di Wigner − Eckart nel caso di operatori scalari.


Un insieme di tre operatori Ôi formano un operatore vettoriale O se per rotazione si trasformano
come
X
Û + Ôi Û = Rij Ôj (14.13)
j
CAPITOLO 14. ANCORA SUL MOMENTO ANGOLARE 59

dove R e’ la matrice di rotazione (di vettori ordinari) corrispondente all’operatore di rotazione Û .


Analogamente agli operatori scalari, gli operatori Ôi devono obbedire a specifiche regole di commu-
tazione se devono formare un operatore vettoriale. Queste regole si determinano a partire dalle rotazioni
infinitesime. Assumiamo z come asse di rotazione e δα un angolo infinitesimo, allora applicando l’Eq.(13)
si ha
 
1 −δα 0
 
i  
O − δα [L̂z , O] = 
 δα 1 0 O (14.14)
~  
0 0 1

Ricordiamo che O e’ un vettore colonna e quindi la precedente equazione e’ in realta’ l’insoeme di tre
equazioni. Sviluppando si ottiene facilmente

[Ôi , L̂j ] = i~²ijk Ôk (14.15)



Dalle tre componenti cartesiane dell’operatore O si puo’ costruire l’operatore vettoriale Ô1 = −1/ 2[Ôx +

iÔy ], Ô2 = 1/ 2[Ôx − iÔy ], Ô3 = Ôz . Nel caso dello operatore di posizione r/r ≡ x̂/r, ŷ/r, ẑ/r, passando
in coordinate polari e ricordando l’espressione delle armoniche sferiche di momento angolare l=1, l’oper-
(1) (1) (1)
atore posizione si puo’ rappresentare nella forma Y1 (r/r), Y−1 (r/r), Y0 (r/r). In effetti le armoniche
sferiche, come funzioni di operatori, formano una classe dei tensori sferici irriducibili. In particolare il
vettore precedente e’ un tensore sferico di primo ordine a tre componenti. Definiamo, in generale, tensore
(λ)
sferico di ordine λ, Tµ , l’insieme dei 2λ + 1 operatori (−λ ≤ µ ≤ λ, dove µ varia per unita’ intere) che
per rotazione si trasformano secondo la legge
X (λ) (λ)
Û + T̂µ(λ) Û = Rµ,µ0 T̂µ0 . (14.16)
µ0

Questa legge si traduce, come prima, in relazioni algebriche tra le componenti del tensore
± (λ)
[L± , T̂µ(λ) ] = Cλ,µ T̂µ±1 (14.17)

[Lz , T̂µ(λ) ] = µT̂µ(λ) (14.18)

dove
±
p
Cλ,µ = λ(λ + 1) − µ(µ ± 1) (14.19)

Per gli operatori tensoriali vale il teorema di Wigner-Eckart in una forma che e’ la generalizzazione
dell’Eq.(11). La dimostrazione parte dagli elementi di matrice dei commutatori dell’eq.(13) tra autostati
di momento angolare
± (λ)
< n0 , L0 M 0 |[L± , T̂µ(λ) ]|n, LM >=< n0 , L0 M 0 |Cλ,µ T̂µ±1 |n, LM > (14.20)

che applicando, nel membro di destra le proprieta’ degli operatori L̂± , si riscrive

CL∓0 ,M 0 < n0 , L0 M 0 ∓ 1|T̂µ(λ) ]|n, LM > ±


= CL,M < n0 , L0 M 0 |T̂µ(λ) ]|n, LM ± 1 > (14.21)
±1 (λ)
+ Cλ,µ < n0 , L0 M 0 |T̂µ±1 |n, LM > (14.22)

Questa e’ una equazione formalmente identica, cioe’ con gli stessi coefficienti, della equazione di ricorrenza
per i coeffienti di Clebsch-Gordon, dimostrata nel capitolo precedente. La corrispondenza e’ tra gli
CAPITOLO 14. ANCORA SUL MOMENTO ANGOLARE 60

(λ)
elementi di matrice < n0 , L0 M 0 |T̂µ±1 ]|n, LM > ed i coefficienti di Clebsch-Gordon < LM λµ|(Lλ)L0 M 0 >.
Ne segue che i due devono essere uguali a meno di una costante indipendente da M, M 0 , µ. Scriviamo
quindi

< L0 M 0 λµ|(L0 λ)LM >


< n0 , L0 M 0 |T̂µ(λ) ]|n, LM >= √ < L0 ||T (λ) ||L > . (14.23)
2L + 1

Il termine 2L + 1 e’ introdotto per convenienza. Tutte le proprieta’ di momento angolare dell’elemento
di matrice dell’operatore tensoriale sono quindi concentrate nei coefficienti di Clebsch-Gordon, cioe’:

M0 − M = µ (14.24)
0 0
|L − L | ≤ λ ≤ L + L (14.25)

Il teorema di Wigner-Eckart ha una ampia applicazione in MQ; interviene infatti nel calcolo degli elementi
di matrice di operatori di transizione di diversa multipolarita’. Per esempio si applica per calcolare le
transizioni elettromagnetiche in approssimazione di dipolo, che abbiamo trattato prima, cioe’ nel calcolo
degli elementi di matrice di Y1µ tra livelli elettronici. Si ha in tal caso

< l0 m0 1µ|(l0 1)lm >


< n0 l0 m0 |Y1µ |nlm >= √ < n0 l0 ||Y1 ||nl > . (14.26)
2l + 1

con le regole di selezione m0 − m = µ e |l0 − l| = 1 (transizione di dipolo).


Capitolo 2

STATI E VARIABILI DINAMICHE


IN MECCANICA QUANTISTICA

2.1 Stati di un sistema quantico come vettori dello spazio di


Hilbert
Nei capitoli successivi vedremo le leggi della MQ, ma prima dobbiamo fissarne il formalismo, che abbiamo
già iniziato a descrivere nel paragrafo precedente per il caso dell’esperimento di Stern-Gerlach. In generale
un esperimento fisico è finalizzato a misurare una osservabile (per esempio stato di polarizzazione di una
sorgente di atomi paramagnetici). L’apparato sperimentale è formato da una sorgente S che prepara
il sistema fisico in uno stato definito, un opportuno dispositivo con cui il sistema interagisce (campo
magnetico, targhetta,...) ed una serie di rivelatori che definiscono tutti e soli gli stati finali in cui il
sistema viene osservato. L’esperimento viene ripetuto N volte, nel modo in cui si è discusso prima, ed
il risultato finale è costituito dal numero di conteggi Nn su ciascun rivelatore n-imo e dalla rispettiva
probabilità Pn = Nn /N . Qualunque sia lo stato iniziale, lo spettro degli stati finali è sempre lo stesso;
al contrario la distribuzione delle probabilità Pn fra gli stati di rivelazione dipende in maniera essenziale
dallo stato iniziale.
In forza del principio di sovrapposizione possiamo associare agli stati del sistema quantico i vettori
di uno spazio lineare astratto (spazio di Hilbert). L’insieme dei suoi vettori di base è costituito da tutti
i possibili stati in cui il sistema si viene a trovare dopo una misura. Questi vettori formano un insieme
completo ortonormale. La completezza implica che uno stato qualunque |ψ > del sistema preparato dalla
sorgente S possa scriversi come sovrapposizione lineare dei vettori di base
X
|ψ >= An |n > (2.1)
n

e l’ortonormalità dalla relazione

< n|m >= δn,m (2.2)

dove il simbolo δn,m è la delta di Kronecker. L’ortogonalità dei vettori di base riflette l’incompatibilità
dei rispettivi stati di rivelazione. Per esempio nel caso dello Stern e Gerlach con atomi di argento, se la
sorgente prepara atomi polarizzati ↑ (per esempio atomi uscenti da un precedente Stern & Gerlach, dove
la componente ↓ é stata soppressa) si avranno atomi solo nel rivelatore corrispondente alla polarizzazione

9
CAPITOLO 2. STATI E VARIABILI DINAMICHE IN MECCANICA QUANTISTICA 10

↑, come espresso dalla Eq.(1.23). I coefficienti di sovrapposizione An sono fissati (a meno di un fattore
di fase) dalle probabilità Pn associate al numero dei conteggi Nn ottenuti in un insieme di misure, cioè

Pn = |An |2 = | < n|ψ > |2 (2.3)

Va sottolineato che stati di rivelazione e probabilità associate sono definiti da operazioni di misura. Quello
che ancora resta da determinare è la fase delle ampiezze di probabilità.

2.2 Osservabili fisiche come operatori nello spazio di Hilbert


La completezza degli stati |n > si può esprimere in forma simbolica nel modo seguente: consideriamo il
modulo quadro dello stato |ψ > dell’ Eq. (2.1) e applichiamo la Eq. (2.3)
X X
< ψ|ψ >= < ψ|n >< n|ψ >= < ψ|Pn |ψ >= 1 (2.4)
n n

Pn = |n >< n| (2.5)

Il simbolo Pn , applicato ad un vettore di stato |φ >, lo proietta nello stato |n >, e quindi stabilisce una
corrispondenza tra vettori dello spazio di Hilbert. Una corrispondenza è quello che chiamiamo operatore:
quindi Pn è un operatore. Siccome Pn trasforma uno stato qualunque nello stato |n > viene chiamato
operatore di proiezione. Sommando su tutti gli stati di base si ottiene dall’Eq. (2.4)
X
Pn = I (2.6)
n

dove I rappresenta l’operatore identità, che trasforma uno stato in sé stesso. L’Eq.(2.6) è un modo di
esprimere formalmente il fatto che gli stati |n > formano un insieme completo ortonormale. L’Eq. (2.6)
rappresenta non l’unica ma solo una possibile realizzazione dell’operatore identità, come vedremo in
seguito.
Tornando alla descrizione dei dati sperimentali, un apparato è generalmente finalizzato a misurare
una osservabile fisica O. Ad ogni rivelatore è associato uno stato |n > a cui corrisponde un valore definito
per l’osservabile, che chiamiamo On . Ripetendo l’esperimento un gran numero N di volte abbiamo tutto
lo spettro dei possibili valori O1 , O2 , .., On , .., con le rispettive probabilità P1 , P2 , ..., Pn , ... Lo spettro dei
valori, che O puo prendere, non dipende dallo stato |ψ > di preparazione della sorgente, ma vi dipendono
le rispettive probabilità. A causa di questo comportamento probabilistico del sistema dobbiamo invocare
gli ingredienti della statistica per descrivere i fenomeni osservati e i risultati di misura. Primo di tutti
il valor medio dell’osservabile O. Adoperando il formalismo sinora sviluppato e la definizione di valor
medio, si ha
X X X
< O >= On |An |2 = < ψ|n > On < n|ψ >=< ψ|( On Pn )|ψ > (2.7)
n n n

La quantità in parentesi è la somma degli operatori di proiezione sui singoli stati di rivelazione della
osservabile O ciascuno moltiplicato per il corrispettivo valore On associato al rivelatore n-imo. Questa
quantità definisce un operatore O che associamo alla variabile dinamica O.
X
O= O n Pn (2.8)
n
CAPITOLO 2. STATI E VARIABILI DINAMICHE IN MECCANICA QUANTISTICA 11

In questo modo abbiamo introdotto l’operatore corrispondente alla osservabile O nella forma di rappre-
sentazione spettrale di O. Il valor medio si scrive quindi

< O >=< ψ|O|ψ > (2.9)

Altri valori medi associati ai risultati di misura si possono scrivere in maniera altrettanto semplice nel
formalismo di Dirac. Un valor medio particolarmente importante è lo scarto quadratico medio della
osservabile O:
X
(∆O)2 = (On − < O >)2 |An |2 =< ψ|(O− < ψ|O|ψ >)2 |ψ > (2.10)
n

2.3 Proprietà generali di stati e osservabili fisiche


Una volta associato un operatore O nello spazio di Hilbert alla osservabile O, i risultati di misura On ed i
rispettivi vettori |n > acquistano il significato di autovalori ed autovettori, rispettivamente, dell’operatore
O. Infatti si ha
X X
O|k >= On |n >< n|k >= On δnk = |k > Ok (2.11)
n n

o anche

O|Ok >= |Ok > Ok (2.12)

che è l’equazione agli autovalori per l’operatore O. Siccome i valori assunti dalla osservabile O sono
numeri reali l’operatore corrispondente deve essere un operatore autoaggiunto. Definiamo l’aggiunto di
un operatore nel modo seguente

< ψ|O+ |φ >=< φ|O|ψ > (2.13)

il che equivale a scambiare On con On∗ nell’Eq. (2.8). Se gli autovalori sono numeri reali O = O+ e
l’operatore si dice autoaggiunto. Una ulteriore condizione perché un operatore possa rappresentare una
osservabile fisica è che i suoi autostati formano un insieme completo di stati. Infatti se cosı̀ non fosse, ci
sarebbero degli stati che non possono essere espressi come sovrapposizione lineare degli autostati di O e
quindi per questi stati quella osservabile non potrebbe essere misurata.
Il carattere operatoriale delle osservabili in MQ solleva un problema di enorme importanza. Se gli
operatori A e B corrispondenti a due osservabili hanno un insieme completo di autostati simultanei allora
essi commutano. Infatti scrivendo le rispettive equazioni agli autovalori

A|An Bm >= |An Bm > An (2.14)

B|An Bm >= |An Bm > Bm (2.15)

moltiplicando la prima per B e la seconda per A e sottraendo membro a membro otteniamo

(BA − AB)|An Bm >= |An Bm > (Bm An − An Bn ) = 0 (2.16)

poiché i rispettivi autovalori commutano essendo numeri. In generale i due operatori, che non commutano,
sono incompatibili,cioè non si possono assegnare simultaneamente valori definiti per le corrispondenti
CAPITOLO 2. STATI E VARIABILI DINAMICHE IN MECCANICA QUANTISTICA 12

osservabili. Questo succede per la coppia posizione ed impulso di una particella, per le componenti del
momento angolare, etc.
In conclusione, nel formalismo della MQ gli stati di un sistema quantico vengono descritti da vettori
dello spazio di Hilbert e le osservabili fisiche da operatori autoaggiunti. I loro autovalori rappresentano
tutti e soli i possibili risultati di misura ed i corrispondenti autostati gli stati di rivelazione. Il carattere
operatoriale delle osservabili fisiche solleva il problema della commutatività fra le osservabili fisiche.
Capitolo 3

TRASLAZIONI SPAZIALI

3.1 Operatore di posizione e funzione d’onda


Supponiamo di effettuare delle misure di posizione di un sistema quantico preparato dalla sorgente S nello
stato |ψ >. Ripetendo l’esperimento troveremo il sistema nella posizione ~r con probabilità | < ~r|ψ > |2 .
In base al principio di sovrapposizione scriveremo
Z
|ψ >= d3~r ψ(~r) |~r > (3.1)

La funzione ψ(~r) =< ~r|ψ > è una ampiezza di probabilità speciale e prende il nome di funzione d’onda.
Il calcolo della funzione d’onda di un sistema quantico è uno degli obbiettivi fondamentali della meccanica
quantistica. Per esempio la funzione d’onda di un elettrone interagente col nucleo atomico, di una
particella collidente su una targhetta, di un atomo in uno stato condensato e via dicendo.
L’Eq. (3.1) non differisce dall’Eq. (2.1) se non per il fatto che in quel caso gli autovalori della osservabile
formavano un spettro discreto mentre ora formano uno spettro continuo. Quindi la somma va sostituita
dall’integrale. Si trova che lo spettro dei valori (autovalori) dell’operatore di posizione coincide con quello
della meccanica classica: un sistema quantico è localizzabile in qualunque punto, compatibilmente con i
vincoli esterni.
In virtù dell’ipotesi di localizzabilità possiamo assumere che la posizione di un corpo sia una variabile
dinamica anche in meccanica quantistica e che quindi possa rappresentarsi come operatore autoaggiunto
~r i cui autostati siano gli stati in cui il sistema possa essere misurato, cioè

~r |~r 0 >= |~r 0 > ~r 0


(3.2)

dove ~r 0 sono gli autovalori, cioè le possibili posizioni nello spazio in cui il sistema viene rivelato una volta
sottoposto ad osservazione.
Gli autostati formano uno spettro completo, quindi un qualunque stato del sistema |ψ > si può
esprimere come sovrapposizione degli autostati di ~r ,d’accordo con l’Eq. (3.1). Autostati di ~r appartenenti
ad autovalori diversi sono ortogonali,cioè < ~r 0 |~r >= 0 per ~r 6= ~r 0 . Cosa succede nel caso ~r = ~r 0 ?
Proiettiamo l’Eq. (3.1) sullo stato |~r 0 >
Z
< ~r 0 |ψ > = d3 ~rψ(~r) < ~r 0 |~r >
Z
= ψ(~r ) d3~r < ~r 0 |~r >
0
(3.3)

13
CAPITOLO 3. TRASLAZIONI SPAZIALI 14

Nel secondo passaggio abbiamo applicato il fatto che il solo contributo viene dal punto ~r = ~r 0 . L’integrale
che resta deve essere finito, in particolare uguale ad 1. Affinchè ció accada l’integrando dev’essere infinito.
Una possibile realizzazione di questo comportamento si ottiene mediante la funzione a gradino:
1
f (x) = se |x| ≤ L
2L
= 0 se |x| > L (3.4)

che per L → 0 tende all’infinito ma nello stesso tempo mantiene uguale ad 1 l’area del gradino. Questa

Figura 3.1: Funzione gradino. Al limite per L → 0 diventa una funzione δ di Dirac.

funzione è in realtà un funzionale e prende il nome di δ di Dirac.


Dobbiamo osservare che l’operatore autoaggiunto ~r è in realtà un operatore vettoriale, cioe l’insieme
di tre operatori, cioè x,y e z, tanti quanti sono necessari per localizzare nello spazio un corpo (si potevano
anche scegliere per es. le coordinate polari o cilindriche). I tre operatori di posizione sono compatibili tra
di loro nel senso che sono simultaneamente misurabili, ipotesi implicita nella assunzione di localizzabilità.
Questo implica che essi commutano l’un l’altro

[x, y] = [x, z] = [y, z] = 0 (3.5)

Gli stati |~r 0 >= |x0 , y 0 , z 0 > sono quindi autostati simultanei dei tre operatori x, y, z appartenenti agli
autovalori x0 , y 0 , z 0 rispettivamente, cioè

x |x0 , y 0 , z 0 >= |x0 , y 0 , z 0 > x0 (3.6)

y |x0 , y 0 , z 0 >= |x0 , y 0 , z 0 > y 0 (3.7)

z |x0 , y 0 , z 0 >= |x0 , y 0 , z 0 > z 0 (3.8)

Ribadiamo che l’ipotesi che le tre componenti dell’operatore r̃ commutano discende dall’ipotesi di lo-
calizzabilità dei sistemi quantici. Il che non è ovvio, perchè ad esempio vedremo che le componenti del
momento angolare non commutano tra di loro, quindi non sono simultaneamente misurabili.

3.2 Traslazioni spaziali ed operatore impulso


Siamo ora nelle condizioni di costruire l’operatore di traslazione spaziale. Effettuiamo una traslazione
rigida del nostro sistema del vettore −~a nel riferimento O. Questa operazione è equivalente a traslare
CAPITOLO 3. TRASLAZIONI SPAZIALI 15

G
a

G
O O’ r0

Figura 3.2: La distribuzione di probabilità ψ(~r) é la stessa per O ed O’, ma per esempio il massimo che
O vede in ~r0 O’ lo vede in ~r0 − ~a.

il riferimento O di ~a, che sposta l’origine da O in O’. Se non intervengono cause esterne che possano
modificare l’omogeneità dello spazio, le proprietà del sistema restano invariate per traslazione rigida, in
particolare la funzione d’onda traslata è uguale a quella non traslata, quindi come è illustrato in Fig. (3.2)
si ha

ψ~a (~r − ~a) = ψ(~r) (3.9)

dove con |ψ~a > abbiamo indicato il vettore di stato traslato. La traslazione genera una corrispondenza
biunivoca fra vettori di stato dello spazio di Hilbert e quindi sarà descritta in meccanica quantistica da
un operatore U~a . In particolare per gli stati di posizione si ha

U~a |~r >= |~r − ~a > (3.10)

A causa della invarianza delle ampiezze di probabilità, Eq. (3.9), U~a è un operatore unitario, infatti

ψ(~r) = ψ~a (~r − ~a) =< ~r − ~a|U~a |ψ >=< ~r|U~+


a U~
a |ψ > (3.11)

che unita al requisito di esistenza dell’operatore inverso U~−1


a = U−~
a porta alla proprietà che definisce un
operatore unitario

U~a U~+ +
a = U~
a U~
a =1 (3.12)

L’esistenza dell’operatore inverso è garantita dal fatto che una traslazione del vettore ~a seguita da una
traslazione del vettore −~a riporta il sistema nella posizione iniziale, quindi U~a U−~a = 1. Ne segue che
U−~a = U~−1
a .
Possiamo anche introdurre le traslazioni infinitesime assumendo a2 ¿ a, perchè comunque una
traslazione finita si può sempre ottenere da una serie infinita di traslazioni infinitesime e queste ul-
time sono più facili da studiare. Sviluppando l’ Eq.(3.9) (con ~r + ~a al posto di ~r) in serie fino al primo
ordine si ha

~
< ~r|U~a |ψ >= ψ~a (~r) = ψ(~r + ~a) = ψ(~r) + ~a · ∇ψ (3.13)

da cui
i
U~a = 1 + ~a · p̃ (3.14)
~
avendo introdotto l’operatore ~p che gode della proprietà
~~
< ~r|~p|ψ >= ∇ψ (3.15)
i
CAPITOLO 3. TRASLAZIONI SPAZIALI 16

e nel caso in cui |ψ >≡ |~r 0 >

~~ ~~
< ~r|p̃|~r 0 >= ∇ < ~r|~r 0 >= ∇δ(~
r − ~r 0 ) (3.16)
i i
L’operatore ~p prende il nome di generatore della traslazione e risulta autoaggiunto in virtù del carattere
unitario di Uã e per l’introduzione dell’unità immaginaria i. La costante ~ = h/2π, che ha le dimensioni
di una azione, viene introdotta qui per rendere adimensionato il prodotto p~ ·~a, che ha anche le dimensioni
di una azione. Ma vedremo in seguito che h va identificata con la costante di Plank.
In analogia con il caso classico in cui il generatore delle trasformazioni canoniche in-
finitesime corrispondenti alle traslazioni spaziali risulta l’impulso totale del sistema, ora
identifichiamo il generatore delle trasformazioni unitarie infinitesime che descrivono in MQ
le traslazioni spaziali con l’osservabile impulso della MQ.
Una traslazione finita puo essere ottenuta come una successione di traslazioni infinitesime applicando
la legge di composizione:

U~a = U~a1 U~a2 · · · U~aN (3.17)


i i i
= e ~~a1 ·p̃
e ~~a2 ·p̃
e ~~aN ·p̃
(3.18)
i
= e ~~a·p̃
(3.19)
P
dove ~ai (i = 1, N → ∞) sono traslazioni infinitesime tali che ~ai = ~a.
Dalla Eq. (3.15) costatiamo che l’azione dell’operatore impulso sugli stati nella rappresentazione delle
coordinate diagonali, cioè sulle funzioni d’onda del tipo ψ(~r), è quella del gradiente. Possiamo quindi
scrivere l’equazione agli autovalori per l’operatore impulso nella rappresentazione delle coordinate
~
∇ψp~ 0 (~r) = p~ 0 ψp~0 (~r) (3.20)
i
dove p~0 è l’autovalore corrispondente all’autofunzione ψp~0 (~r). Quest’ultima rappresenta la funzione d’onda
di una particella d’impulso definito p~0 , cioè una particella libera. L’equazione precedente è una equazione
differenziale omogenea del primo ordine la cui soluzione generale è
1 3 i p~0 ·~r
ψp~0 (~r) = ( ) e~ (3.21)
2π~
La soluzione esiste per ogni autovalore dell’impulso p~0 e quindi una particella libera può avere qualunque
impulso come nel caso classico. La costante è stata fissata in modo da normalizzare opportunamente lo
stato del sistema. Mentre la funzione d’onda dipende dalla posizione, il suo modulo quadro è costante in
tutto lo spazio, cioè la probabilità di trovare una particella d’impulso definito è la stessa in tutti i punti
dello spazio. La particella è quindi completamente delocalizzata. Naturalmente questa è una situazione
ideale poichè non è possibile preparare un sistema in uno stato con impulso perfettamente definito. In
base al principio di sovrapposizione un sistema può trovarsi nello stesso tempo in più stati d’impulso
il che consente al sistema di trovarsi in una regione limitata dello spazio. Infatti se l’impulso è definito
entro un certo intervallo di valori, allora possiamo sovrapporre le funzioni d’onda ei~p·~r/~ di quell’intervallo
d’impulsi per avere la funzione d’onda del sistema (pacchetto d’onde)
Z
i
ψ(~r) = cost · d~p e ~ ~r·~p cp~ (3.22)

Questa funzione d’onda è piu o meno localizzata nello spazio a seconda della forma della funzione peso
c(~p) .
CAPITOLO 3. TRASLAZIONI SPAZIALI 17

Possiamo considerare anche l’equazione agli autovalori per l’operatore p2 /2m, che vedremo in seguito
corrispondere alla energia cinetica di una particella libera. E’ una proprietà generale che una funzione
f (O) di un operatore O ha come autostati gli stessi autostati dell’operatore e come autovalori la funzione
f (Oi ) degli autovalori Oi dell’operatore O. Ne segue che
2
p2 0 p0
|~ p0 >
p >= |~
2m 2m
o nella rappresentazione delle coordinate
2
~2 2 p0
− 5 ψp0 = ψp0 (3.23)
2m 2m
Quindi le onde piane sono anche autostati della Hamiltoniana di una particella libera. Una situazione
più realistica è quella di una particella libera ma vincolata entro un volume finito. Basti pensare ad un
gas ideale contenuto in un volume V. In questo caso l’equazione agli autovalori dev’essere risolta con
la condizione che la funzione d’onda al di fuori del volume in cui la particella è contenuta sia nulla.
Consideriamo per semplicità il caso unidimensionale in cui la particella è costretta a stare in un segmento
|q| < L. Le soluzione della Eq. (3.21) devono allora soddisfare le condizioni

ψ(−L) = ψ(L) = 0 (3.24)

Separiamo prima la parte reale dalla parte immaginaria dell’equazione agli autovalori. Ciò facendo ci
ritroviamo con due equazioni accoppiate che possono essere disaccoppiate passando alle derivate seconde.
Alla fine parte reale e parte immaginaria di ψ soddisfano entrambe ad una equazione della forma della
(3.23). La soluzione generale sarà una combinazione lineare di due soluzioni particolari, che sono le
funzioni seno e coseno, quindi
p
ψ(q) = u cos(kq) + v sin(kq) (k ≡ ) (3.25)
~
Le condizioni al contorno sono soddisfatte dalle soluzioni
(2n + 1)π
i) ψn (q) = cost · cos(kn q) kn = (3.26)
2L


ii) ψn (q) = cost · sin(kn q) kn = (3.27)
L
con n intero. Incontriamo qui per la prima volta il caso in cui l’impulso e quindi l’energia

~2 kn2
En = (3.28)
2m
sono quantizzati come conseguenza del fatto che il sistema è confinato in una regione limitata dello
spazio. Vedremo che questa è una proprietà generale dei sistemi quantici che si trovano localizzati in
una regione limitata dello spazio, cioè in uno stato legato. Dalle equazioni (27) e (28) risulta che lo
stato di impulso più basso si ha per n=1 ed è proporzionale ad 1/L. Al limite per L molto grande lo
spettro è praticamente continuo, mentre per L molto piccolo il primo valore d’impulso é molto grande.
Questo proprietà importante nello studio delle nanostrutture, dove appunto solo particelle con impulsi
molto elevati posso muoversi.
CAPITOLO 3. TRASLAZIONI SPAZIALI 18

3.3 Relazioni di indeterminazione di Heisenberg


Gli operatori ~p e ~r non commutano, il chè ha profonde implicazioni sulle proprietà delle rispettive variabili
dinamiche. Ricaviamo prima le regole di commutazione. Effettuiamo una traslazione infinitesima sulla
osservabile ~r. L’osservabile traslata ~r~a si può determinare in due modi. Primo:

U~a~rU~†a |~r >= U~a~r|~r + ~a >= U~a |~r + ~a > (~r + ~a) = |~r > (~r + ~a) = (~r + ~a)|~r > (3.29)

da cui segue che


U~a~rU~†a = ~r + ~a; (3.30)

secondo:
i i 1
U~a~rU~†a = (1 + ~a · ~p)~r(1 − ~a · ~p)~r =~r + [~a · ~p,~r] (3.31)
~ ~ ~
Combinando i due risultati, si ottiene ~a = ~i [~a · ~p,~r], ossia

[x, px ] = [y, py ] = [z, pz ] = i~ (3.32)

[x, py ] = [x, pz ] = [y, px ] = · · · = 0 (3.33)

Quindi componenti di posizione ed impulso nella stessa direzione non commutano e pertanto non possono
possedere un insieme completo di autostati simultanei, per cui le rispettive variabili dinamiche non sono
simultaneamente misurabili. La nozione di stato della meccanica classica quindi viene confutata dalla
meccanica quantistica. Precisiamo che il fatto di non essere simultaneamente misurabili significa però
che non si possono misurare con precisione assoluta, ma solo con una certa indeterminazione. Vedremo
ora che questa indeterminazione è fissata dalle proprietà di commutazione appena derivate. I limiti
della simultanea misurabilità di posizione e impulso prendono il nome di relazioni di indeterminazione di
Heisenberg, che andiamo a dimostrare.
Consideriamo un sistema quantico che si trova nello stato [ψ > normalizzato ad uno. Siano q0 e p0
posizione ed impulso medio, rispettivamente ( è sufficiente trattare il caso unidimensionale). Definiamo

|ψq >= (q − q0 )|ψ > |ψp >= (p − p0 )|ψ > (3.34)

Dalle regole di commutazione segue

2iIm < ψq |ψp >=< ψq |ψp > − < ψp |ψq >=< ψ|[q − q0 , p − p0 ] >= i~ (3.35)

da cui
~
Im < ψq |ψp >= (3.36)
2
Ricordando che la parte immaginaria di un numero complesso è minore o uguale al suo modulo, applicando
la diseguglianza di Schwartz si ha
q q
Im < ψq |ψp >≤ | < ψq |ψp > | ≤ ||ψq > | · ||ψp > | = < ψq |ψq > < ψp |ψp > (3.37)

Interpretiamo le quantità in parentesi. Inserendo dentro ciascuna ampiezza una risoluzione dell’identità
in termini di autostati di coordinate e di autostati d’impulso, rispettivamente, si ha
Z
< ψq |ψq >= (q 0 − q0 )2 | < q 0 |ψ > |2 ≡ (∆q)2 (3.38)
CAPITOLO 3. TRASLAZIONI SPAZIALI 19
Z
< ψp |ψp >= (p0 − p0 )2 | < p0 |ψ > |2 ≡ (∆p)2 (3.39)

Le due grandezze rappresentano gli scarti quadratici medi di posizione ed impulso, rispettivamente. Da
(3.37) e (3.38) in definitiva abbiamo

∆q∆p ≥ ~/2 (3.40)

Questa diseguaglianza esprime il principio di indeterminazione di Heisenberg che stabilisce precisi limiti
alla accuratezza con cui possiamo misurare simultaneamente posizione ed impulso di un sistema quantico.
Il suo contenuto è in netto contrasto con la nozione classica di stato, che è appunto basata sul fatto che
posizione ed impulso di una particella possono essere assegnati simultaneamente. Due casi estremi si
presentano: la posizione del sistema è ben definita, cioè ∆q = 0, allora il suo impulso è assolutamente
indeterminato, in altri termini ∆p = ∞ e viceversa se il suo impulso è perfettamente determinato come
nel caso delle onde piane allora il sistema è completamente delocalizzato, cioè ∆q = ∞.
Possiamo illustrare il principio di indeterminazione con svariati esempi come nella diffrazione da una
fenditura, oppure nella costruzione di un pacchetto d’onde. Si può anche mostrare che, se |ψ > è una
funzione d’onda gaussiana l’Eq. (3.41) vale con il segno di uguaglianza e quindi ad uno stato descritto da
una funzione d’onda gaussiana corrisponde la minima indeterminazione nella assegnazione simultanea di
coordinate ed impulsi.
Una istruttiva applicazione del principio d’indeterminazione riguarda la stabilità dell’atomo. Uno
dei problemi della fisica classica era la sua incompatibilità con l’atomo di Rutherford . Infatti dal
punto di vista classico un elettrone non può mantenersi in un’orbita stazionariae attorno al nucleo,
perché, in quanto particella carica, variando la sua velocità dovrebbe emettere onde elettromagnetiche
e, spiralizzando attorno al nucleo da cui è attratto, dovrebbe cadere su di esso. Ma ciò non accade. Il
principio d’indeterminazione ci da una giustificazione qualitativa: infatti, cadendo nel nucleo l’elettrone
avrebbe una posizione localizzata sul nucleo e nello stesso tempo perdendo energia finirebbe con l’avere
anche impulso anche definito, cioè nullo, contro il principio di indeterminazione. Quello che succede è che
l’elettrone va ad occupare uno stato in cui posizione ed impulso sono tali che l’energia totale (cinetica e
potenziale) è la minima possibile compatibilmente con il principio d’indeterminazione. Assumendo che lo
stato dell’elettrone corrisponda alla minima indeterminazione possibile per cui ∆q∆p = ~/2 è possibile
stimare il raggio dell’atomo d’idrogeno. Intanto, poichè il potenziale coulombiano generato dal nucleo è
a simmetria sferica, la funzione d’onda dell’elettrone nello stato di minima energia dev’essere sferica e la
posizione media dell’elettrone deve coincidere con il centro della sfera e quindi con il nucleo stesso posto
nell’origine, cioè q0 = 0. Inoltre anche l’impulso medio deve essere nullo altrimenti l’elettrone col tempo
si allontanerebbe dal nucleo. Calcoliamo l’energia media
< ψ|p2 |ψ > e2
< H >= − < ψ| |ψ > (3.41)
2m r
dove e è la carica dell’elettrone ed anche del nucleo (protone). Definiamo < 1/r >= 1/r, inoltre < p2 >=
(∆p)2 . Assumiamo inoltre che ∆r ≈ r. Dalle relazioni di indeterminazione allora segue
~ ~
∆p = ' (3.42)
2∆r r0
dove abbiamo trascurato il fattore due in questa analisi semiqualitativa. Sostituendo questa espressione
nell’energia media restiamo con una funzione di r. Lo stato fondamtentale è quello di minima energia
per cui uguagliando a zero la derivata determiniamo il raggio dell’elettrone nello stato fondamentale. Si
trova subito
~2
r0 = (3.43)
me2
CAPITOLO 3. TRASLAZIONI SPAZIALI 20

Questa è l’espressione del raggio dell’elettrone nell’atomo di idrogeno, che viene anche ottenuta risolvendo
esattamente l’equazione di Schrödinger per l’atomo di idrogeno. r0 viene chiamato raggio di Bohr.
Capitolo 4

DESCRIZIONE QUANTISTICA DI
FENOMENI ELEMENTARI

Ci occupiamo qui di applicare il principio di sovrapposizione a semplici sistemi fisici. La periodicità


spaziale degli eventi coinvolti in questi esperimenti ci consente di applicare anche le proprietà quantis-
tiche delle traslazioni nello spazio. I sistemi di cui ci occupiamo sono reticoli cristallini, che offrono un
laboratorio naturale per gli esperimenti di interferenza di particelle. Diffrazione da cristalli è ottenibile
con raggi X poichè questi hanno lunghezze d’onda confrontabile con la spaziatura reticolare D ≈ 1Ȧ.
Ci chiediamo quanta energia occorre ad un elettrone per avere una lunghezza d’onda di un Angstrom.
Partendo dalla Eq.(1.7) di de Broglie, rimpiazziamo la velocitá dell’elettrone con la sua energia cinetica
T (al limite non relativistico). Si ottiene

h hc
λ= =√ . (4.1)
2mv 2mc2 T
dove m è la massa dell’elettrone ≈ 0.5 · 103 eV e T è misurata in eV. La costante di Planck vale

h = 6.2410−16 eV · sec (4.2)

Risulta facilmente
12
λ≈ √ (4.3)
T
quindi, per avere una lunghezza d’onda di un Angstrom, l’energia cinetica dev’essere dell’ordine di 144 eV .

4.1 Esperimento di Young


Riprendiamo l’esperimento di Young delle due fenditure. Il fascio emesso dalla sorgente potrà essere
costituito di fotoni, elettroni, neutroni o altro. Ciascuna particella emessa viaggia con impulso costante
p~, quindi si trova il uno stato di onda piana |~
p >. La particella attraversa o la fenditura F1 o la fenditura
F2 cambiando direzione. Lo stato finale è ancora descrivibile asintoticamente con un’onda piana |~ p0>
0
con p = p ma in una direzione che forma un’angolo θ con la direzione di incidenza(vedi Fig.4.1). Il
cambiamento di stato della particella nell’attraversare una o l’altra delle due fenditure si può imputare
ad un operatore A per cui la probabilità di attraversamento della singola fenditura è data da

P0 (x) = |A(x)|2 = | < p~|A|~


p 0 > |2 , (4.4)

21
CAPITOLO 4. DESCRIZIONE QUANTISTICA DI FENOMENI ELEMENTARI 22


p′
G
{
θ
G
p
Figura 4.1: Schema dell’esperimento di Young. Vedi anche Fig. 1.1

dove x è il punto sullo schermo nella direzione di p~ 0 . La natura di A non è importante in questo contesto.
Le due fenditure sono uguali ma spostate l’una rispetto all’altra di D nella direzione û ortogonale a quella
di incidenza, quindi le due ampiezze di probabilità differiscono per una semplice traslazione di D. Se
chiamiamo una A(x), come appare nell’Eq. (1), l’altra sarà data da

AD (x) = < p~|U+ p0>


D AUD |~ (4.5)
− ~i pu D i
~ pu D 0
= < p~|e Ae |~
p > (4.6)
i
0 ~p Dsinθ
= < p~|A|~
p >e , (4.7)

dove pu è l’operatore impulso che genera una traslazione nella direzione û ortogonale alla direzione
dell’impulso delle particelle incidenti e quindi

pu |~
p >= 0 p 0 >= |~
pu |~ p 0 > p sinθ . (4.8)

Una volta note le due ampiezze A(x) e AD (x) il principio di sovrapposizione impone che, quando entrambe
le fenditure sono aperte, l’ampiezza totale sia la somma delle ampiezze e la probabilità che la particella
raggiunga il punto x sullo schermo è
i
P (x) p 0 > + < p~|A|~
= | < p~|A|~ p 0 > e ~ pDsinθ |2 (4.9)
i
= P0 (x)|1 + e ~ pDsinθ
| 2
(4.10)
i
= 4 P0 (x) cos2 ( pDsinθ/2) , (4.11)
~
che coincide con l’Eq. (1.4). In effetti P0 (x) non dipende da x e (quindi dall’angolo) poichè, se la fenditura
è puntiforme, la particella prende con uguale probabilità qualunque direzione (nel caso di diffrazione da
singola fenditura).

4.2 Reticolo di diffrazione


Il reticolo di diffrazione è la idealizzazione unidimensionale della superficie di un cristallo fatta di ato-
mi equidistanziati. La distanza D fra due atomi, detta anche passo rerticolare, è confrontabile con la
lunghezza d’onda di elettroni di poche centinaia di elettronvolt. Questo fatto consentı̀ di rivelare per la
prima volta l’interferenza di elettroni (diffrazione di Davisson e Germer,1927), che non si può ottenere
con le due fenditure dove la distanza non si può tecnicamente rendere cosı̀ piccola come D.
Consideriamo una serie di N centri diffusori (N dell’ordine di grandezza del numero di Avogadro)
disposti lungo la direzione û ad egual distanza D l’uno dall’altro. Questi costituiscono una idealizzazione
CAPITOLO 4. DESCRIZIONE QUANTISTICA DI FENOMENI ELEMENTARI 23

p′
G G
p

ϑ D
Figura 4.2: Diffrazione alla Bragg.

di un reticolo unidimensionale di passo reticolare D. Un fascio di particelle (una alla volta) incide sul
reticolo e, dopo diffusione elastica (|~p 0 | = |~
p|) da uno dei centri diffusori, viene diffratto in una certa
direzione. Vogliamo calcolare la probabilitá di diffusione all’angolo θ. Il fenomeno è simile a quello di
Young eccetto che, invece di avere interferenza da due fenditure, abbiamo interferenza da molteplici centri
diffusori. Chiamiamo < p~|An |~ p 0 > l’ampiezza di diffusione dal centro diffusore n-imo. Ancora una volta
le ampiezze di diffusione di due centri contigui differiscono per una traslazione di D. Generalizzando
l’Eq. (4.7) ad N centri diffusori abbiamo
i i i
P (x) = P0 (x)[1 + e ~ pDsinθ + e ~ p2Dsinθ + e ~ p3Dsinθ + · · ·|2 , (4.12)

essendo N · D = L ed L lunghezza del reticolo(L À D). Sommando la successione di ragione ∆φ =


i
~ pDsinθ si ottiene

sin2 [N ∆φ/2]
P (x) = P0 . (4.13)
sin2 [∆φ/2]
Invece di mettere in evidenza la probabilità associata all diffusione da un singolo centro, mettiamo in
evidenza la probabilità massima che si ottiene per θ = 0(o x = 0). Si ha facilmente
sin2 (N ∆φ/2)
P (x) = P (0) (4.14)
(N ∆φ/2)2
Questa espresione è una generalizzazione dell’Eq. (4.11) a cui si riduce per N=2. Si vede facilmente che
l’interferenza da molteplici centri diffusori esalta l’entitã del fenomeno.

4.3 Riflessione da doppio strato


Consideriamo un fascio di elettroni di impulso p~ che incidono sulla superficie di un cristallo. Gli elettroni si
possono riflettere sul primo piano reticolare o, se hanno sufficiente energia, possono riflettersi sul secondo.
Ogni elettrone emergente con impulso p~ 0 viene o dal primo o dal secondo strato di ioni, come illustrato
in Fig. (4.2). Per determinare la probabilità dell’elettrone con impulso p~ 0 dobbiamo applicare il principio
di sovrapposizione delle ampiezze

p 0 > + < p~|U†s AUs |~


P (θ) = | < p~|A|~ p 0 > |2 (4.15)

poichè i due eventi differiscono solo per una traslazione ~s, come indicata in figura. Applicando le due
equazioni agli autovalori

(~p · ~s) |~
p > = |~
p > p D sinθ (4.16)
0 0
(~p · ~s) |~
p > = |~
p > p D sinθ, (4.17)
CAPITOLO 4. DESCRIZIONE QUANTISTICA DI FENOMENI ELEMENTARI 24

π−θ

π−θ

Figura 4.3: Diffusione di particelle identiche.Sopra: particelle distinguibili. Sotto: particelle


indistinguibili

nella equazione precedente, dopo un pò di trigonometria si arriva a


2i
P (θ) = P0 (θ)|1 + e ~ pDsin[θ] |2 . (4.18)

I massimi di inteferenza si hanno per 2Dsinθ = nλ, dove n è un numero intero e λ = hp , in accordo alla
relazione di de Broglie, Eq. (1.7). Questa legge coincide con la legge di Bragg per la diffrazione di raggi
X da un cristallo.

4.4 Diffusione di particelle identiche


In meccanica classica due particelle identiche sono distinguibili poichè possone essere sempre seguite
nelle rispettive traiettorie. La MQ mette in crisi il concetto di traiettoria e quindi anche il concetto
di distinguibilità di particelle identiche. Le conseguenze di ciò sono profonde sia nella fisica atomica e
subatomica che nella fisica di molte particelle. Due particelle collidono elasticamente. Nel riferimento del
centro di massa la collisione, vista classicamente, cioè adoperando il concetto di traiettoria, si presenta
come illustrato in Fig.4.3. Volendo fare una trattazione quantistica, dobbiamo evitare di far ricorso
alle traiettorie per descrivere la collisione; introduciamo invece un rivelatore nella direzione all’angolo θ.
Se le due particelle sono diverse (una rossa e una blu per esempio, nella parte superiore della figura) il
rivelatore è in grado di identificare il tipo di particella rivelata e quindi possiamo distinguere se la collisione
è avvenuta secondo il processo a sinistra o quello a destra nella figura. Ma se le due particelle sono identiche
(entrambe rosse nella parte inferiore della figura), il rivelatore non è in grado di distinguerle e quindi
non possiamo sapere quale processo è avvenuto, se quello di sinistra o quello di destra. Si presenta qui
una situazione analoga all’esperimento di Young delle due fenditure, dove non sapevamo quale delle due
fenditure era attraversata dalla particella. Come in quel caso, anche ora dobbiamo applicare il principio di
sovrapposizione. Chiamiamo f (θ) l’ampiezza di diffusione della particella di sinistra all’angolo θ (processo
di sinistra) e f (π − θ) l’ampiezza di diffusione all’angolo π − θ (processo di destra). La probabilità che
una particella (non importa quale visto che sono identiche ed indistinguibili) raggiunga il rivelatore sarà
in virtù del principio di sovrapposizione

P (θ) = |f (θ) + eiδ f (π − θ)|2 (4.19)

Il fattore di fase (di modulo uno) è stato introdotto poichè l’ampiezza di diffusione definisce la sezione
d’urto a meno di un fattore di fase (vedremo in Cap.10 che σ = |f |2 ), che diventa essenziale quando la
sezione d’urto scaturisce da più processi come in questo caso. Se effettuo una rotazione di π, si ha

P (θ) = |f (π − θ) + eiδ f (θ)|2 = |f (θ) + e−iδ f (π − θ)|2 (4.20)


CAPITOLO 4. DESCRIZIONE QUANTISTICA DI FENOMENI ELEMENTARI 25

10

dσ/dω, b sr (c.m.)
-1
1

0.1

0 20 40 60 80 100 120
angolo nel baricentro, gradi

Figura 4.4: Distribuzione angolare nella diffusione elastica carbonio su carbonio.La linea continua è la
previsione teorica assumendo che le particelle sono identiche; i cerchi sono i dati sperimenatali.

Poichè il sistema è simmetrico per una rotazione di π le due probabilità devono essere uguali e quindi
e−iδ = eiδ , cioè eiδ = ±1. In definitiva si ha

P (θ) = |f (θ) ± f (π − θ)|2 (4.21)

La sovrapposizione delle due ampiezze da luogo ad effetti di interferenza che vengono normalmente
riscontrati in esperimenti di collisione tra particelle identiche (vedi Fig.4.4 ).
L’ambiguità del segno non si può dirimere se non nel contesto della MQ relativistica. Si trova che il
segno più si ha nel caso di particelle con spin intero (bosoni), il segno meno a particelle con spin semintero
(fermioni).

4.5 Stato di due particelle identiche


Consideriamo ora la funzione d’onda di due particelle, diciamo a e b. Supponiamo per semplicità che le
due particelle siano non interagenti. Se le due particelle non sono identiche allora si ha

ψ(~r1 , ~r2 ) = ψa (~r1 )ψb (~r2 ) (4.22)

Se le due particelle sono identiche, scambiando le due particelle la funzione d’onda deve restare invariata
a meno di un fattore di fase, quindi

ψ(~r2 , ~r1 ) = ψa (~r2 )ψb (~r1 ) = eiδ ψ(~r1 , ~r2 ) (4.23)

Dopo un secondo scambio che porta un altro fattore di fase, la funzione d’onda deve ritornare quella di
prima, per cui si deve avere e2iδ = 1, cioé eiδ = ±1, come prima. Quindi la funzione d’onda o resta
invariata per scambio di due particelle (simmetrica) o cambia segno (antisimmetrica). Queste condizioni
sono soddisfatte automaticamente dalle funzioni d’onda della forma

ψ(~r1 , ~r2 ) = ψa (~r1 )ψb (~r2 ) ± ψa (~r2 )ψb (~r1 ) (4.24)

Il segno + vale per bosoni, il segno − vale per fermioni. La funzione d’onda di due fermioni, per
~r1 = ~r2 , è nulla. Quindi due fermioni identici non possono occupare la stessa posizione. Generalizzan-
do questo risultato possiamo affermare che due fermioni identici non posson occupare lo stesso stato.
Questo è il principiodiesclusionediPauli. Il suo ruolo è fondamentale in molti campi della fisica sia su
scala microscopica (atomi, nuclei,...) che su scala macroscopica (fenomeni quantistici macroscopici come
superconduttività, superfluidità,ecc).
Capitolo 5

TRASLAZIONI TEMPORALI

5.1 Operatore di evoluzione temporale


Rivediamo l’esperimento di Stern-Gerlach nella dimensione temporale. Il sistema (singolo atomo) viene
preparato nello stato |ψ(t0 ) > all’istante t0 , quindi attraversa il campo magnetico disomogeneo e viene
rivelato nello stato |ψk > dal rivelatore k-imo all’istante t. La probabilità di transizione viene rappre-
sentata dal modulo quadro dell’ampiezza < ψk |ψ(t) >. In virtù del principio di sovrapposizione lo stato
|ψ(t) > è dato da X
|ψ(t) >= < ψk |ψ(t) > |ψ(t) > (5.1)

L’evoluzione temporale dello stato da t0 a t si puè pensare come una corrispondenza biunivoca tra stati,
che definisce un operatore nello spazio degli stati

|ψ(t) >= U(t, t0 )|ψ(t0 ) > (5.2)

L’operatore U(t, t0 ) prende il nome di operatore di evoluzione temporale e descrive una traslazione lungo
l’asse dei tempi. La probabilità sommata su tutti i possibili stati finali dev’essere ugual ad 1 a prescindere
dal tempo t per cui si ha
X X
| < ψk |ψ(t) > |2 = | < ψk |U(t, t0 )|ψ(t0 ) > |2 (5.3)
X
= < ψ(t0 )|U† (t, t0 )|ψk >< ψk |U(t, t0 )|ψ(t0 ) > (5.4)
= < ψ(t0 )|U† (t, t0 )U(t, t0 )|ψ(t0 ) > (5.5)
= 1 (5.6)

Ne segue che U(t, t0 ) è unitario.

U† (t, t0 )U(t, t0 ) = U(t, t0 )U† (t, t0 ) = 1 (5.7)

assunto che esiste anche l’operatore inverso U−1 (t, t0 ) = U(t0 , t).
L’esistenza dell’operatore U(t, t0 ) equivale ad assumere che anche in meccanica quantistica le leggi del
moto sono deterministiche.
L’operatore di evoluzione per un tempo molto piccolo δt differisce dall’operatore identità per un
termine proporzionale a δt
i
U(t + δt, t) = 1 − δt H(t) (5.8)
~

26
CAPITOLO 5. TRASLAZIONI TEMPORALI 27

dove H(t) prende il nome di generatore della traslazione temporale, e, in analogia con le corrispondenti
trasformazioni canoniche classiche, va identificato con l’osservabile Hamiltoniana del sistema all’istante t.
La traslazione per un tempo finito t0 − t si ottiene dividendo l’intervallo in N (→ ∞) intervalli infinitesimi
tali che N · δt = t0 − t e quindi dalla legge di composizione segue

U(t0 , t) = U(t0 , t1 )U(t1 , t2 ) · · · U(tN −1 , tN )U(tN , t) (5.9)


− ~i δtH(t0 ) − ~i δtH(t1 ) − ~i δtH(tN )
= e e ···e (5.10)

Questa espressione non è sommabile eccetto che in casi eccezionali, cioè quando l’Hamiltoniana presa a
tempi diversi commuta con se stessa

[H(ti ), H(tj )] = 0 (5.11)

Solo in questo caso infatti il prodotto degli esponenziali è uguale allo esponenziale della somma degli
esponenti, cioè
i 0
U(t0 , t) = e− ~ δt[H(t )+H(t1 )+···H(tN ) (5.12)
R t0
− ~i dτ H(τ )
= e t (5.13)

A questa classe appartiene la Hamiltoniana indipendente dal tempo. In quest’ultimo caso si ha


i 0
U(t0 , t) = e− ~ H·(t −t) (5.14)

Negli altri casi per valutare l’operatore di evoluzione temporale si fa ricorso a metodi di approssimazione
di cui si parlerà nel capitolo sulla teoria perturbativa dipendente dal tempo.

5.2 Equazioni del moto


Nei casi di sommabilità l’evoluzione temporale dello stato di un sistema è governata semplicemente dalla
legge
i
R t0
|ψ(t0 ) >= e− ~ t
dτ H(τ )
|ψ(t) > (5.15)

Osserviamo che per la classe delle Hamiltoniane indipendenti dal tempo U(t0 , t) dipende solo dalla durata
t0 − t e non dai due istanti di tempo t e t’ separatamente. Infatti una Hamiltoniana indipendente dal
tempo non viola l’uniformità del tempo e quindi le proprietà del sistema non dipendono dall’istante scelto
come origine dell’asse dei tempi. Hamiltoniane indipendenti dal tempo corrispondono in genere a sistemi
isolati o sottoposti a perturbazioni costanti nel tempo.
In generale si ha

|ψ(t0 ) >= U(t0 , t)|ψ(t) > (5.16)

sicchè lo stato del sistema all’istante t’ viene determinato univocamente dallo stato all’istante t, ove
sia nota la Hamiltoniana nell’intervallo t0 − t. Pertanto l’evoluzione dinamica di un sistema in MQ è
deterministica come in meccanica classica; quello che è profondamente diversa è la nozione di stato,
che in MQ ha un significato probabilistico. Consideriamo ad esempio una particella. Classicamente
possiamo assegnare una posizione definita ~r(t) allo stato della particella all’istante t, e questa cambia
al trascorere del tempo secondo le leggi della dinamica classica. La posizione ~r(t) evolve in maniera
deterministica. Quantisticamente possiamo assegnare una funzione d’onda ψ(~r, t) alla particella, che
CAPITOLO 5. TRASLAZIONI TEMPORALI 28

assegna la probabilità di trovarla nei vari punti dello spazio all’istante t. Al trascorrere del tempo ψ(~r, t)
varia secondo le leggi della meccanica quantistica. Ora ψ(~r, t) e non ~r(t) varia in maniera deterministica.
L’Eq. (17) è di per se una equazione del moto per lo stato di un sistema quantico; alternativamente
possiamo formulare le equazioni del moto per gli stati come anche per l’operatore di evoluzione temporale
in forma differenziale. Consideriamo una traslazione δt infinitesima
i
|ψ(t + δt) >= U(t + δt, t)|ψ(t) >= (1 − δtH(t))|ψ(t) > (5.17)
~
Isolando al primo membro il rapporto incrementale dello stato, ricaviamo la cosiddetta equazione di
Schrödinger dipendente dal tempo
d
i~ |ψ(t) >= H(t)|ψ(t) > (5.18)
dt
Per un fissato istante di tempo t0 arbitrario, lo stato |ψ(t) si può scrivere U(t, t0 )|ψ(t0 ) >, per cui
l’equazione precedente si trasforma in una equazione del moto per l’operatore di evoluzione una volta
eliminato lo stato ausiliario |ψ(t0 ) >, cioè
d
i~ U(t, t0 ) = H(t)U(t, t0 ) (5.19)
dt
Consideriamo un sistema con Hamiltoniana indipendente dal tempo. Una classe di soluzioni dell’equazione
di Schrödinger è quella per cui la dipendenza dal tempo può essere isolata in un fattore di fase, cioè
i
|ψ(t) >= exp(− E t)|ψ > (5.20)
~
Questi stati, ove esistano, rivestono grande importanza poichè valori medi di osservabili fisiche O (in-
dipendenti dal tempo) rispetto a questi stati son costanti nel tempo. Infatti si verifica immediatamente
che

< ψ(t)|O|ψ(t) > = < ψ|O|ψ > (5.21)

e per questo vengono chiamati stati stazionari. Un sistema che si trova in uno stato stazionario mantiene
nel tempo le sue proprietà fisiche. Applicando su uno stato stazionario l’equazione di Schrödinger
dipendente dal tempo,Eq. (19), si trova subito che

H|ψ > = |ψ > E (5.22)

Questa equazione rappresenta la condizione affinchè uno stato sia stazionario e prende il nome equazione
di Schrödinger indipendente dal tempo. Riconosciamo nella equazione precedente una tipica
equazione agli autovalori, cioè l’equazione agli autovalori per la Hamiltoniana H. Concludiamo allo-
ra che gli stati stazionari del sistema sono gli autostati |ψE > appartenenti ai rispettivi autovalori E. La
ricerca delle proprietà stazionarie nel tempo di un sisitema fisico equivale quindi alla risoluzione dell’e-
quazione agli autovalori per l’Hamiltoniana H. Studieremo nei prossimi capitoli la risoluzione di questa
equazione per una varietà di sistemi quantici.

5.3 Proprietà generali degli autostati della Hamiltoniana


L’equazione di Schrödinger può essere posta in una forma in cui risulta più immediato capire quali
proprietà devono avere le sue autofunzioni affinchè possano rappresentare stati di un sistema reale. Con-
sideriamo per semplicità il caso di una particella in un potenziale. Consideriamo l’Eq. (19) espressa in
termini delle autofunzioni
∂ ~2 2
i~ ψ(~r, t) = − ∇ ψ(~r, t) + U (~r)ψ(~r, t) (5.23)
∂t 2m
CAPITOLO 5. TRASLAZIONI TEMPORALI 29

Moltiplichiamo questa equazione per ψ ∗ (~r, t) e la sua complessa coniugata per ψ(~r, t), quindi sottraiamo
membro a membro. Il termine di potenziale scompare poichè il potenziale è reale (escludiamo nel pre-
sente contesto potenziali complessi che vengono usati in MQ per descrivere fenomeni di assorbimento).
L’equazione risultante è allora

∂ ~2 ¡ ∗ ~2 2 ∗ ¢
i~ |ψ(~r, t)|2 = − ψ (~r, t)∇2 ψ(~r, t) − ψ(~r, t) ∇ ψ (~r, t) (5.24)
∂t 2m 2m
Introduciamo le due grandezze

ρ(~r, t) = |ψ(~r, t)|2 (5.25)


~j((~r, t)) ~ ¡ ∗ ~ r, t) − ψ(~r, t)∇ψ
~ ∗ (~r, t)
¢
= ψ (~r, t)∇ψ(~
2im

(5.27)

in termini delle quali l’equazione precedente si scrive



ρ(~r, t) + div~j(~r, t) = 0 (5.28)
∂t
Questa equazione ha la forma di una equazione di continuità. Per esempio nel caso della fluidodinamica
questa equazione rappresenta la conservazione della materia: se consideriamo un volume V attraversato
da un fluido in movimento la variazione istantanea di fluido all’interno del volumetto ( ∂ρ ∂t ) è uguale al
~
flusso uscente attraverso la sua superficie div j. In questo contesto si ha a che fare con grandezze assodiate
alla funzione d’onda; usando il linguaggio della fluidodinamica, chiamiamo ρ(~r, t) densità di probabilità
e div~j(~r, t) densità di corrente di probabilità. L’equazione di continuità precedente esprime allora la
conservazione della probabilità associata al moto di un sistema quantico. Affinchè una funzione d’onda
possa rappresentare lo stato di un sistema quantico dev’essere continua in ogni punto dello spazio dov’è
definita altrimenti nei punti di discontinuità la probabilità non sarebbe definita o avrebbe due valori
distinti. Inoltre anche la sua derivata dev’essere continua altrimenti la conservazione della probabilità
potrebbe risultare violata. Nel caso in cui il potenziale abbia punti di discontinuità queste due condizioni
devono essere imposte esplicitamente per delimitare la classe delle soluzioni fisicamente accettabili, come
vedremo nel prossimo capitolo.
Capitolo 6

EQUAZIONE DI SCHRÖDINGER
STAZIONARIA: Buche di Potenziale

Consideriamo lo studio di stati stazionari di sistemi elementari. Il sistema più semplice è quello di una
particella libera, la cui Hamiltoniana si identifica con l’energia cinetica
p2
H= (6.1)
2m
Essendo H funzione dell’impulso i suoi autostati sono anche autostati dell’impulso che, come abbiamo
gia visto nel Cap. III, sono le onde piane. La loro espressione completa si ottiene aggiungendo alla parte
spaziale la parte temporale tipica degli stati stazionari. Quindi abbiamo
i
ψt (q) = cost ∗ e ~ (Et−pq) (6.2)

Il sistema più semplice dopo la particella libera è quello di due particelle (di massa uguale, per semplicità)
mutuamente interagenti. Assumendo che il potenziale d’interazione dipenda solo dalla distanza tra le due
particelle, la Hamiltoniana si scrive
p1 2 p2 2
H= + + v(q1 − q2 ) (6.3)
2m 2m
Introducendo, come in meccanica classica, la coordinata del centro di massa Q = (q1 + q2 )/2 e la coor-
dinata del moto relativo q = q1 − q2 ed i corrispondenti impulsi canonicamente coniugati, cioè l’impulso
totale P = p1 +p2 e p = (p1 − p2 )/2 si può separare il moto del centro di massa (CM) dal moto relativo.
Il moto del CM è quello di una particella libera di massa M = 2m, mentre il moto relativo equivale al
moto di una particella di massa pari alla massa ridotta delle due particelle (cioè m/2 nel caso di masse
uguali) sottoposta ad un potenziale centrale con centro nel baricentro. L’indipendenza dei due moti si
riflette nel fatto che la Hamiltoniana del sistema si possa riscrivere come somma di due Hamiltoniane
non accoppiate da coordinate comuni, cioè
P2 p2
H= + + v(q) ≡ HCM (P) + Hrel (p, q) (6.4)
2M m
In termini di autofunzioni l’indipendenza dei due moti si riflette nel fatto che una qualunque autofunzione
del sistema si scriva come il prodotto di una autofunzione del moto (libero) del baricentro per una
autofunzione del moto relativo, cioè (omettiamo la parte temporale)

ψ(q1 , q2 ) = cost · eiP Q/~ · ψrel (q) (6.5)

30
CAPITOLO 6. EQUAZIONE DI SCHRÖDINGER STAZIONARIA: BUCHE DI POTENZIALE 31

dove l’autofunzione del centro di massa è scritta già nella forma di onda piana. In definitiva il problema
del moto delle due particelle interagenti si traduce in quello del moto di una particella in un campo di
potenziale.
Ci occupiamo di studiare prima le proprietà generali dell’equazione di Schrödinger di una particella
di massa m sottoposta ad un potenziale unidimensionale. Il più semplice tipo di potenziale è la buca di
potenziale 

 V0 per |q| < l
V (q) =

 0 altrove

La buca di potenziale si caratterizza per la presenza di punti di discontinuità dove il potenziale varia
bruscamente da zero ad un valore costante non nullo. Potenziali a corto raggio come il potenziale nucleare
o il potenziale ionico si possono approssimare con buche di potenziale; potenziali a lungo raggio come il
campo coulombiano non possono essere approssimati da buche.
La buca è attrattiva per V0 < 0 e repulsiva per V0 > 0 (ricordiamo che la forza f~ = −grad ~ v). E’
importante ricordare sempre che quello che ha significato fisico è la differenza di potenziale tra due punti,
di cui uno si può fissare all’infinito. Quindi V0 < 0 significa V0 (P ) − V0 (∞) < 0. In genere si pone
V0 (∞) = 0
Nonostante le semplificazioni adottate molte proprietà del sistema ancora rivestono carattere generale.
L’equazione di Schrödinger si scrive

~2 d2
[− + V (q)]ψE (q) = EψE (q) (6.6)
2m dq 2
che studieremo nei due casi, di buca attrattiva e buca repulsiva.
Consideriamo prima la regione dove il potenziale è nullo, cioè |q| > l. Qui la funzione d’onda soddisfa
l’equazione

~ 2 d2
− ψE (q) = EψE (q) (6.7)
2m dq 2

La soluzione dipende dal segno di E: se E è positiva la soluzione è di tipo onda piana (oscillante), se E è
negativa e maggiore di V0 la soluzione è di tipo esponenziale (crescente o decrescente); infine se E < V0
non c’è nessuna soluzione fisicamente accettabile poichè si avrebbe un moto con velocità immaginaria,
come nel caso classico.
Il caso E > 0 viene interpretato come lo stato di una particella che si trova non confinata in una
regione finita dello spazio, per esempio una particella che, avvicinandosi alla buca, interagisce con questa,
ma la sua energia è tale che non ne resta intrappolata, ma se ne allontana. Questa situazione clas-
sicamente corrisponde al moto su orbita illimitata, cioè una collisione elastica di una particella da un
centro diffusore. Vedremo che l’equazione di Schrödinger ha sempre soluzione per E > 0: l’insieme degli
autostati appartenenti ad autovalori E > 0 forma lo spettro continuo della Hamiltoniana.
Il caso V0 < E < 0 corrisponde ad uno stato confinato nello spazio poichè la funzione d’onda decresce
esponenzialmente al di fuori della buca (la soluzione esponenzialmente crescente dev’essere scartata perchè
corrisponderebbe ad una probabilità che cresce indefinitamente per q → ∞). Questo stato equivale
classicamente ad un moto su un’orbita chiusa. Essendo E < 0 la particella resta intrappolata entro la
buca anche se esiste una probabilità finita di trovarla nelle immediate vicinanze. Vedremo che stati legati
esistono solo per valori speciali di E (negativo) e quindi formano uno spettro discreto della Hamiltoniana.
Quest’ultima situazione rappresenta la quantizzazione dell’energia e non ha analogo classico. Per E < V0
la particella, come gia’ detto, si muoverebbe all’interno della buca con impulso immaginario, in quanto
CAPITOLO 6. EQUAZIONE DI SCHRÖDINGER STAZIONARIA: BUCHE DI POTENZIALE 32

0.2

-0.2

-0.4

-0.6

-0.8

-1

-1.2

-10 -5 0 5 10

Figura 6.1: Prime autofunzioni di una buca attrattiva

E − V0 e negativo e quindi classicamente questa soluzione va scartata. Va anche scartata dal punto di
vista quantistico perche’ in tal caso la media dell’energia cinetica sarebbe negativa. In pratica l’argomento
fisico è lo stesso.

6.1 Buca attrattiva V0 < 0


Consideriamo in dettaglio il caso di V0 < E < 0, che è descritto in Fig.6.1 con tre autovalori di energia.
Come va affrontata la risoluzione della equazione di Schrödinger? Come abbiamo visto, all’esterno della
buca la soluzione è di tipo esponenziale decrescente per cui la soluzione si scrive

(I) ψE (q) = a ekq per q < −l (6.8)


−kq
(III) ψE (q) = c e per q > l (6.9)
p
dove k = 2mE/~2 . All’interno della buca E − V0 è positivo (E > V0 ). La soluzione è di tipo oscillatorio
e può scriversi come una combinazione di seno e coseno o comunque, con una opportuna ridefinizione dei
coefficienti, nella forma

(II) ψE (q) = b sin(k̃q + φ) per |q| < l (6.10)


p
dove k̃ = 2m(E − V0 )/~2 . Abbiamo quattro coefficienti da determinare. Uno di questi resta arbitrario
poichè , essendol’equazione di Schrödinger una equazione omogenea, la soluzione è determinata sempre
a meno di una costante arbitraria. I tre restanti parametri si determinano dalle condizioni di continuità
della funzione d’onda e della sua derivata nei punti di separazione delle tre regioni, cioè

ψI (−l) = ψII (−l) ; ψI0 (−l) = ψII


0
(−l) (6.11)

0 0
ψII (l) = ψIII (l) ; ψII (l) = ψIII (l) (6.12)

Quattro equazioni sono ridondanti per determinare tre parametri, tuttavia non dobbiamo dimenticare
che stiamo risolvendo una equazione agli autovalori ed i possibili valori del parametro E devono essere
determinati. Una delle equazioni serve allora a selezionare i valori permessi per l’energia. Nel caso
di energia positiva si aveva una equazione in meno per cui qualunque valore di E > 0 era autovalore
CAPITOLO 6. EQUAZIONE DI SCHRÖDINGER STAZIONARIA: BUCHE DI POTENZIALE 33

R
T

I II III

-l +l

Figura 6.2: Buca repulsiva

dell’equazione di Schrödinger. Riscriviamo esplicitamente le quattro condizioni al contorno

a e−kl = b sin(−k̃l + φ); a k e−kl = b k̃ cos(−k̃l + φ) (6.13)


c e−kl = b sin(k̃l + φ); −c k e−kl = b k̃cos(k̃l + φ) (6.14)

Ricavando a/b e c/b dalle prime due e sostituendo nelle seconde due si ottiene


sin(k̃l − φ) = cos(k̃l − φ) (6.15)
k

sin(k̃l + φ) = − cos(k̃l + φ) (6.16)
k
Combinando le due equazioni ricaviamo φ = nπ/2 dove n è un intero arbitrario e sostituendo questo
valore in una delle due restiamo con l’equazione che stabilisce gli autovalori dell’energia


tan(k̃l − nπ/2) = (6.17)
k
Questa equazione non può essere risolta analiticamente. Per ogni fissato valore di n (intero) si determina
numericamente un valore dell’energia En . L’autovettore corrispondente ψn è dato dalle Eq. (8,9,10).
dopo aver sostituito E = En ed i valori dei coefficienti determinati dalle condizioni al contorno. Un caso
interessante di buca attrattiva è V0 = −∞, che simula (nel caso tridimensionale) un box a pareti rigide
contenente un gas ideale.

6.2 Buca repulsiva V0 > 0


In questo caso nessuno stato legato è possibile. Le soluzioni fisiche possono avere solo energia positiva.
La risoluzione dell’equazione di Schrödinger procede allo stesso modo di prima. All’esterno della buca
la forma della soluzione si fissa tenendo conto che lo stato stazionario corrisponde ad una particella che
viene dall’infinito (supponiamo −∞) e, interagendo con la buca, può attaversare la buca e proseguire
o rimbalzare e tornare indietro. Classicamente queste due possibilità sono alternative: se E > V0 la
particella attraversa la buca, se invece E < v0 rimbalza. In MQ ammetteremo che entrambe le cose
possano accadere qualunque sia l’energia. Consideriamo separatamente i due casi E < v0 ed E > v0

• E < V0
In conformità a quanto detto cerchiamo soluzioni della forma


 e−kq + R ekq per q < −l



ψ(q) = a e−k̃ q + b ek̃ q
|q| < l




 S e−k q per q > l
CAPITOLO 6. EQUAZIONE DI SCHRÖDINGER STAZIONARIA: BUCHE DI POTENZIALE 34
p p
dove k = 2mE/~2 e k̃ = 2m(v0 − E)/~2 . Osserviamo che R è il coefficiente dell’onda riflessa
mentre S è il coefficiente dell’onda trasmessa. Calcoliamo la corrente a sinistra ed a destra della
buca. Si ottiene facilmente
~k 2 ~k
j< = |S| j> = (1 − |R|2 ) (6.18)
m m
Ricordiamo che per stati stazionari div j = 0, cioè la corrente è costante in tutti i punti; ne segue

|S|2 + |R|2 = 1 (6.19)

la cui interpretazione è semplice: la probabilità di riflessione |R|2 più la probabilità di trasmissione


|S|2 esauriscono tutte le possibilità. In altri termini la particella o viene riflessa dalla barriera o la
attraversa. Le condizioni al contorno consentono di determinare tutte le quattro costanti a, b, R
ed S. Con semplici calcoli si può determinare il coefficiente di trasmissione che risulta

4E (v0 − E)
T = |S|2 = (6.20)
4E (v0 − E) + v02 sinh2 (2k̃L

Il coefficiente di riflessione viene determinato dalla Eq. (19). Il risultato più importante qui è che |S|2
è diverso da zero. Non ostante l’energia della particella sia inferiore alla altezza della barriera esiste
una probabilità finita che la particella attraversi la barriera. Questo effetto puramente quantistico
viene chiamato tunneling.

• E > V0
In questo caso vanno cercate soluzioni della forma


 e−kq + R ekq per q < −l



ψ(q) = a sin(k̃ q) + b cos(k̃ q) |q| < l




 S e−k q per q > l
p p
dove k = 2mE/~2 e k̃ = 2m(E − v0 )/~2 . Notiamo che dentro la buca le soluzioni sono di tipo
oscillatorio poichè E > v0 . Procedendo analogamente al caso precedente si calcola il coefficiente di
trasmissione. Diamo in alternativa l’espressione del coefficiente di riflessione, che è

v02 sin2 (2k̃L)


|R|2 = 1 − |S|2 = (6.21)
4E (E − v0 ) + v02 sin2 (2k̃L)

In questo caso il risultato più importante è che, non ostante l’energia della particella sia maggiore
dell’altezza della barriera, esiste una probabilità finita che la particella venga riflessa. Questo è
anche un effetto puramente quantistico.
Capitolo 7

Rotazioni e momento angolare

7.1 Rotazioni
In meccanica classica le rotazioni nello spazio costituiscono una classe di trasformazioni canoniche il cui
generatore è il momento angolare orbitale. Una rotazione si può sempre decomporre in tre rotazioni
indipendenti, una attorno all’asse x, una attorno all’asse y ed una attorno all’asse z cosı̀ come una
traslazione si può sempre decomporre in tre traslazioni indipendenti. La differenza sta nel fatto che per
le traslazioni l’ordine in cui si effettuano le tre traslazioni indipendenti è arbitrario e questo implica il
fatto che i generatori px ,py e pz commutano, mentre nel caso delle rotazioni l’ordine è essenziale come è
illustrato nell’esempio della figura. Un corpo posto lungo l’asse y positivo viene sottoposto a tre rotazioni
antiorarie di π/2 nell’ordine Rx (π/2),Ry (π/2),Rz (π/2): il corpo ritorna nella posizione di partenza. Se
effettuiamo le rotazioni in ordine inverso il corpo si colloca lungo l’asse y negativo. La conseguenza di
ciò è, come vedremo sotto, che i generatori lx ,ly ed lz non commutano il chè ha profonde implicazioni
sulle proprietà del momento angolare. Le rotazioni vengono descritte da matrici 3 × 3 nello spazio reale.

z z z z

y y y y
x x x x

z z z z

y y y
y
x

Figura 7.1: Tre rotazioni indipendenti ciascuna di 90 gradi attorno ai tre assi. Sopra l’ordine è Rx , Ry , Rz ;
sotto l’ordine è Rz , Ry , Rx . Il risultato finale dipende dall’ordine!

Indichiamo con Rz (δφ) una rotazione infinitesima di δφ attorno all’asse z. L’effetto della rotazione sul

35
CAPITOLO 7. ROTAZIONI E MOMENTO ANGOLARE 36

vettore ~r in coordinate polari è

x0 = rcosθ cos(φ + δφ)


= r cosθ (cosφ − sinφ δφ − 1/2cosφ δφ2 )
= x − y δφ − 1/2 x δφ2
y0 = rcosθ sin(φ + δφ)
= y + x δφ − 1/2 y δφ2
z0 = z

Analogamente possiamo ricavare le rotazioni Rx (δφ) e Ry (δφ) attorno all’asse x e y rispettivamente.


Adoperando la notazione matriciale possiamo scrivere
 
1 − 12 δφ2 −δφ 0
 
 
Rz (δφ) =  δφ 1− 1 2
0 
 2 δφ 
 
0 0 1

La rotazione Ry (δφ) si ottiene da Rz (δφ) scambiando y con -z (il segno meno per avere sempre una terna
sinistrorsa), quindi
 
1 − 12 δφ2 0 δφ
 
 
Ry (δφ) =  0 1 0 

 
−δφ 0 1 − 12 δφ2

La rotazione Rx (δφ) si ottiene invece scambiando semplicemente x con z e pertanto


 
1 0 0
 
 
Rx (δφ) = 
 0 1− 1 2 .
2 δφ −δφ 
 
0 δφ 1 − 21 δφ2

Il fatto che la rotazione dipende dall’ordine in cui le tre rotazioni indipendenti vengono effettuate
comporta che le matrici di rotazione corrispondenti non commutano. Calcolando i commutatori si trova
facilmente al secondo ordine in δφ

Rx (δφ)Ry (δφ) − Ry (δφ)Rx (δφ) = Rz (δφ2 ) − I (7.1)

Le altre relazioni di commutazione si ottengono permutando circolarmente xyz.


Andiamo ora alla MQ, dove le rotazioni spaziali verranno descritte, come le altre trasformazioni di
simmetria, da operatori unitari. Per una rotazione infinitesima δφ attorno all’asse v̂ scriviamo
i ~
Uv̂ (δφ) = 1 − δφ · l (7.2)
~
~ ha la direzione e il verso di v̂. Identifichiamo il generatore di una rotazione attorno all’asse v̂ con
dove δφ
la proiezione del momento angolare attorno a quell’asse.
Cosı̀ come esistono delle ben definite regole di commutazione delle matrici di rotazione devono anche
esistere altrettanto precise regole di commutazione tra gli operatori di rotazione e quindi tra i rispettivi
CAPITOLO 7. ROTAZIONI E MOMENTO ANGOLARE 37

generatori. Per ottenerle facciamo l’assunzione fondamentale che esista un isomorfismo tra il gruppo degli
operatori di rotazione ed il gruppo delle matrici di rotazione, cioè le regole di commutazione che valgono
per le matrici di rotazione valgono anche per gli operatori di rotazione.
Facciamo una breve digressione. Uno può immaginare di estendere la nozione di rotazione a spazi
diversi dallo spazio reale per cui valgono le stesse regole di commutazione e quindi definire i generatori
chiamandoli ancora momento angolare con analoghe proprietà di quelle che andremo a derivare subito.
Questo è il caso delle rotazioni nello spazio intrinseco di un sistema quantico, chiamato anche spazio
dello spin (o momento angolare intrinseco). Quest’ultimo fu introdotto per spiegare nell’esperimento di
Stern e Gerlach lo splitting di molti atomi in un numero pari di componenti (ma anche altri fenomeni).
Secondo l’ipotesi dello spin infatti il momento angolare totale di un elettrone per esempio si compone del
suo momento angolare orbitale (intero) e dello spin (semintero)

~j = ~l + ~s (7.3)

che da luogo ad un numero pari di componenti secondo la regola 2j + 1 che dimostreremo nel seguito.
Assumiamo allora che le regole di commutazione (Eq.(7.1)) siano soddisfatte dagli operatori di ro-
tazione in meccanica in MQ, cioè

Ux (δφ)Uy (δφ) − Uy (δφ)Ux (δφ) = Uz (δφ2 ) − 1 (7.4)

e circolando si scrivono le altre. Scrivendo esplicitamente gli operatori U in termini dei rispettivi gener-
atori jx ,jy ,jz , troviamo le regole di commutazione tra le componenti del momento angolare (nel seguito
riserveremo il simbolo l al momento angolare orbitale e j al momento angolare totale):

[jx , jy ] = i~ jz , [jy , jz ] = i~ jx , [jz , jx ] = i~ jy . (7.5)

Poichè i generatori delle rotazioni non commutano tra di loro, le rotazioni stesse formano un gruppo non
abeliano.
Generelizzando l’espressione classica potremmo definire il momento angolare orbitale in MQ come
l = r̃ × p̃ da cui potremmo ricavare le regole di commutazione di l dalle regole di commutazione tra
posizione ed impulso. Si trova facilmente che questa procedura porta allo stesso risultato. Ma la procedura
seguita è piu generale perchè interessa non solo l ma j, e quindi altre forme di momento angolare come
discusso prima.

7.2 Proprietà del momento angolare


Dalle regole di commutazione Eq. (7.5) si vede che le componenti del momento angolare formano un’al-
gebra chiusa. Questa è la ragione di fondo per cui le proprietà del momento angolare in MQ si possono
dedurre con metodi puramente algebrici, senza dover ricorrere alla risoluzione di equazioni differenziali.
Partiamo dal fatto che le componenti di j non commutano tra di loro , quindi non si possono deter-
minare autostati simultanei delle tre componenti. In altri termini ad un sistema quantico non si possono
assegnare le tre componenti del momento angolare e nemmeno due. Tuttavia osserviamo che il modulo
quadro del momento angolare j2 = j2x + j2y + j2z è invariante per rotazioni e quindi commuta con ciascuna
delle componenti. Allora si possono determinare autostati simultanei di j2 e di una delle componenti.
Convenzionalmente si sceglie jz . Possiamo quindi risolvere le equazioni agli autovalori

j2 |jm > = |jm > ~2 j(j + 1) (7.6)


jz |jm > = |jm > ~m (7.7)
CAPITOLO 7. ROTAZIONI E MOMENTO ANGOLARE 38

Gli autovalori sono espressi in unità di ~ che, come il momento angolare, ha le dimensioni di una azione;
tuttavia negli sviluppi algebrici che seguono porremo ~ = 1 per semplicità di scrittura. Gli autovalori di
j2 si sono scritti nella forma j(j + 1) (con j > 0) per convenienza ma ciò non porta a restrizioni poiché
devono comunque essere positivi o nulli. Gli stati |lm >, in quanto autostati di osservabili fisiche, devono
soddisfare alle relazioni di completezza ed ortonormalità
X
|jm >< jm| = 1 (7.8)
j,m

< jm|j 0 m0 > = δjj 0 δmm0 (7.9)

Definiamo due operatori ausiliari j± = jx ±ijy , che sono l’uno aggiunto dell’altro. Si dimostrano facilmente
a partire dalle Eq.(7.5) le seguenti regole di commutazione

[jz , j± ] = ±j± (7.10)


[j+ , j− ] = 2jz (7.11)

[j2 , j+ ] = [j2 , j− ] = 0 (7.12)

da cui si deducono le identità

j∓ j± = j2 − jz (jz ± 1) (7.13)

Dall’Eq.(7.12) segue che j± |jm > è autostato di j2 :

j2 j± |jm >= j± j2 |jm >= j(j + 1)j± |jm > (7.14)

Dall.Eq. (7.10) segue che j± |jm > è anche autostato di jz :

jz j± |jm >= [jz , j± ]|jm > +j± jz |jm >= ±j± |jm > +mj± |jm >= (m ± 1)j± |jm > (7.15)

Dalle Eq.(7.13) segue poi che il modulo quadro dei vettori j± |jm >

< jm|j∓ j± |jm >= j(j + 1) − m(m ± 1) ≥ 0 (7.16)

L’equazione precedente equivale ad un sistema di due disequazioni la cui soluzione da

−j ≤ m ≤ +j (7.17)

Applicando p volte l’operatore j+ ad un autostato |jm > si ottiene un autostato con autovalore m+p. Ci
sarà un pmax per cui m + pmax = j, essendo j l’estremo superiore degli autovalori di jz . Analogamente,
applicando q volte l’operatore j− ad un autostato |jm > si ottiene un autostato con autovalore m-q. Ci
sar‘a un qmax per cui m − qmax = −j, essendo -j l’estremo inferiore degli autovalori di jz . Sottraendo
membro a membro le due relazioni segue che 2j = pmax + qmax , quindi i possibili valori di l sono o numeri
interi o numeri seminteri. Gli m sono anch’essi interi o semionteri e variano di unità intere da -j a +j. Il
loro numero è 2j+1.Per esempio per j=2, i possibili valori di m sono:-2,-1,0,1,2. Lo spettro degli autovalori
di jz si osserva sperimentalmente nell’esperimento di Stern e Gerlach: il numero delle componenti in cui si
decompone il fascio di atomi dopo aver attraversato il campo magnetico disomogeneo è uguale al numero
degli autovalori di jz e quindi, in virtù della regola 2j+1, questo numero ci dice quanto vale j, in particolare
se il numero delle componenti è dispari, j è intero, se è pari j è semintero. L’osservazione di un numero pari
di componenti, cioè j semintero, è una evidenza dell’esistenza dello spin s = 21 ~ dell’elettrone. Vedremo
CAPITOLO 7. ROTAZIONI E MOMENTO ANGOLARE 39

dopo che se il momemto angolare è puramente orbitale (no spin) i suoi autovalori sono numeri interi e
cosı̀ anche gli autovalori della sua proiezione jz .
In conclusione abbiamo determinato lo spettro degli autovalori simultanei di j2 e jz . Gli autovettori
si generano applicando ripetutamente l’operatore j+ (operatore di innalzamento) o j− (operatore di
abbassamento) allo stato |jm >. Il problema è che dobbiamo conoscere almeno uno degli autostati per
generare gli altri; vedremo nel prossimo paragrafo come determinare in particolare l’autostato |jj > con
m=j.

7.3 Momento angolare orbitale in coordinate polari


Nel precedente paragrafo si aveva in mente rotazioni che includono anche lo spin come generatore. In
questa sezione restringiamo la nostra analisi al caso delle rotazioni nello spazio il cui generatore è il
momento angolare orbitale l. Vediamo come le funzioni d’onda ψ(~r) si trasformano per rotazioni nello
spazio. Ricordiamo che il vettore di posizione ~r per rotazioni infinitesime dell’angolo δφ attorno alla
direzione û si trasforma secondo la legge

~ × ~r
~r + δ~r = ~r + δφ (7.18)

~ ha la direzione di û il modulo δφ ed il verso è quello da cui si vede la rotazione avvenire


dove il vettore δφ
in senso antiorario. Consideriamo l’effetto della trasformazione infinitesima sulla funzione d’onda

< ~r|Uû (δφ)|ψ > = ~


ψ(~r − δr) (7.19)
= ~ × ~r · ∇ψ
ψ(~r) − δφ (7.20)
= ~ · ~r × ∇ψ.
ψ(~r) − δφ (7.21)

Nella prima linea abbiamo applicato l’operatore di rotazione sul vettore di sinistra e quindi nella seconda
linea abbiamo sviluppato in serie di Taylor al primo ordine in δφ. Nell’ultima linea abbiamo scambiato
il prodotto scalare col prodotto vettoriale. Dalla espressione dell’operatore di rotazione, Eq. (7.2), segue

i ~ · lû |ψ >= δφ
~ · ∇û ψ
< ~r|δφ (7.22)
~
Ricordando che p̃ → (~/i)∇, possiamo esprimere il momento angolare orbitale in termini dell’impulso,
cioè l̃ = ~r × p̃. Questa espressione è equivalente all’espressione classica del momento angolare orbitale.
Consideriamo una rotazione infinitesima attorno all’asse z. In questo caso, poichèφ ~ è nella direzione
~
di z, abbiamo lz = i (x∂y − y∂x ). Ora una rotazione infinitesima attorno all’asse z corrisponde ad una
variazione dell’angolo azimutale φ di δφ senza variazione dell’angolo radiale θ. Si verifica facilmente
~ ~ ∂ψ
(x∂y − y∂x )ψ = (7.23)
i i ∂φ
L’espressione di una rotazione attorno all’asse x o all’asse y in coordinate polari è meno semplice poichè
in questi casi varia non solo φ ma anche θ. Riportiamo semplicemente le espressioni di l+ ed l− che
saranno utili nel seguito
∂ ∂
< ~r|l± |ψ >= e±iφ [± + icotθ ]ψ (7.24)
∂θ ∂φ
Dalle Eq. (7.23) e (7.24) si deduce l’espressione di l2 in coordinate polari

1 ∂ ∂ 1 ∂2
l2 = l+ l− + lz (lz + 1) = −[ (sinθ ) + ] (7.25)
sinθ ∂θ ∂θ sin2 θ ∂φ2
CAPITOLO 7. ROTAZIONI E MOMENTO ANGOLARE 40

Abbiamo ora quanto serve per determinare gli autostati del momento angolare orbitale |lm > nella rapp-
resentazione delle coordinate polari. Chiamiamo ψlm (~r) la funzione d’onda del sistema che è autofunzione
simultanea di l2 ed lz . L’equazione agli autovalori per lz nella rappresentazione delle coordinate polari si
scrive in virtù dell’Eq. ()
~ ∂ψ(r, θ, φ)
= ~mψ(r, θφ) (7.26)
i ∂φ
L’integrale di questa equazione è
Ylm (θ, φ) = flm (θ)eimφ (7.27)

A questo punto possiamo trarre una importante conclusione. Per poterle interpretare come ampiezze di
probabilità queste autofunzioni devono essere ad un sol valore, in altri termini l’esponenziale dev’essere
tale che
eimφ = eim(φ+2π) (7.28)

per cui m dev’essere intero e quindi anche l dev’essere intero. Gli autovalori del momento angolare
orbitale sono quindi numeri interi. Vedremo invece che la dipendenza dallo spin può generale
autovalori del momento angolare totale che sono numeri seminteri.
Consideriamo infine lo stato |ll > che gode della proprietà l+ |ll >= 0 poichè m ≤ l. Quest’ultima in
coordiante polari si scrive
∂ ∂
< ~r|l+ |ll > = eiφ [ + icotθ ]|Yll (θ, φ) = (7.29)
∂θ ∂φ
∂flm (θ)
= ei(1+l)φ [ − lcotθflm (θ)] = 0. (7.30)
∂θ
L’equazione differenziale che ne segue ammette come soluzione sinl θ. Quindi l’autofunzione simultanea
di l2 ed lz è
Ylm (θ, φ) = cost · sinl (θ)eimφ (7.31)

La costante si può fissare imponendo la normalizzazione ad 1. Una volta determinata l’autofunzione


appartenetegli autovalori l ed m=l, si possono determinare le altre autofunzioni appartenti agli autovalori
l ed m < l applicando ripetutamente l’operatore l− , nella forma data dall’Eq. (7.24), all’autofunzione
Yll . Le funzioni d’onda Ylm si chiamano armoniche sferiche e formano un insieme completo ortonormale,
come imposto dal fatto che l2 ed lz sono osservabili fisiche. Quindi
∞ X
X l

Ylm (Ω)Ylm (Ω0 ) = δ(Ω, Ω0 ) (7.32)
l=0 m=−l
Z

dΩ Ylm (Ω)Yl0 m0 (Ω) = δll0 δmm0 (7.33)

dove Ω ≡ (θ, φ) e dΩ ≡ dsinθ dφ Queste equazioni corrispondono alle proprietà di completezza ed


ortonormalità degli stati |lm > date dalle Eq.(7.6) e (7.7).

7.4 Spin
La presenza dello spin si manifesta tutte le volte che atomi (dotati di spin) entrano in interazione con
campi magnetici come nel caso dell’esperimento di Stern e Gerlach o nel caso dell’effetto Zeeman. In
entrambi i casi si deve supporre che ciascun elettrone, oltre a possedere un momento angolare orbitale~l
CAPITOLO 7. ROTAZIONI E MOMENTO ANGOLARE 41

possegga un momento angolare di spin~s dovuto al moto intrinseco. Quest’ultimo ha per l’elettrone un
modulo pari ad 21 ~. I due momenti angolari si accoppiano nel momento angolare totale

~j =~l +~s (7.34)

La presenza dello spin (semintero) genera momenti angolari totali seminteri e quindi la separazione di
fasci atomici nell’espeimento di Stern e Gerlach in un numero intero di componenti corrispondenti alle
2j+1 proiezioni di~j nella direzione del campo magnetico. Analogamente genera nell’effetto Zeeman lo
splitting di un livello elettronico in un numero 2j+1 pari di livelli in presenza di un campo magnetico.
Lo spin dell’elettrone ha tutte le proprietà algebriche del momento angolare. Avendo lo spin valore 12 ~ ci
sono due soli valori della proiezione lungo un asse arbitrario (che assumeremo come asse z), e cio ± 21 ~.
Dal punto di vista geometrico si può assumere che lo spin genera rotazioni nello spazio dello spin, che,
come detto, ha due dimensioni. I due stati di spin sono autostati simultanei di s2 ed sz :

s2 |s, sz > = ~2 s(s + 1)|s, sz > (7.35)


sz |s, sz > = ~sz |s, sz >, (7.36)

dove s = 12 ed sz = ± 12 . Nel seguito poniamo |s, sz >≡ |sz >. I due autostati dello spin formano un
insieme completo ortonormale nello spazio di Hilbert a due dimensioni.
Essendo l’autovalore di s2 uguale a 34 ~2 , si ha anche
1 2
s2x = s2y = s2z = ~ . (7.37)
4
Si introducono poi s± che trasformano uno stato nell’altro. Il loro quadrato, non potendo variare sz di
due unità è identicamente nullo:

s2+ = s2− = 0 (7.38)

Da qui seguono le regole di anticommutazione

sx sy + sy sx = sy sz + sz sy = sz sx + sx sz = 0 (7.39)

Si suole introdurre~s = 12~σ. Le matrici 2x2 che rappresentano σ̃ nello spazio dello spin prendono il nome
di matrici di Pauli e rivestono grande importanza nello studio dello spin. Avendo σz autovalori ±1 la
matrice corrispondente si scrive  
 1 0 
σz =  .
0 −1
Per gli elementi di matrice di σx,y osserviamo che gli elementi diagonali sono nulli di cui ci si convince
scrivendoli in termini di σ± e osservando che < ±|σ+ |± >=< ±|σ− |± >= 0. Gli elementi non diagonali
si ottengono facilmente dalle Eq.i (37)-(39). In definitiva si ottiene
     
 0 1   0 −i   1 0 
σx =   , σy =   , σz =  .
1 0 i 0 0 −1

7.5 Rotatore rigido


Rotazioni nello spazio sono comuni ad atomi e molecole e danno luogo alle cosiddette bande rotazionali, cio
spettri di energia dovuti all’accoppiamento delle transizioni elettroniche con stati di rotazione dell’intero
CAPITOLO 7. ROTAZIONI E MOMENTO ANGOLARE 42

sistema. Per un moto rotatorio in tre dimensioni nello spazio reale la Hamiltoniana si scrive

~2 l2x ~2 l2y ~2 l2z


H = + + , (7.40)
2I x 2I y 2I z

dove~l è il momento angolare orbitale e Ii il momento d’inerzia lungo l’asse i. Se Ix = Iy = Iz il rotatore


è isotropo. Se il momento d’inerzia costante si parla di rotazione rigida. Se la rotazione avviene attorno
ad un asse, diciamo l’asse z, allora interviene l2z nella Hamiltoniana. L’equazione agli autovalori della
Hamiltoniana di un rotatore isotropo rigido è la stessa di quella di l2 ed quindi

~2 l2 ~2 l(l + 1)
H|lm > = = |lm > . (7.41)
2I 2I
Autostati con lo stesso autovalore l ma con diverso di m hanno la stessa energia. Si dice allora che
2
l’autovalore di energia El = ~ l(l+1)
2I è 2l+1 volte degenere, giacchè vi sono 2m+1 autostati distinti
appartenenti allo stesso l.
Considerazioni analoghe si fanno per rotazioni associate allo spin o al momento angolare totale.
Capitolo 8

OSCILLATORE ARMONICO

8.1 Potenziale di oscillatore armonico


L’oscillatore armonico riveste un ruolo di grande importanza, in quanto sistemi stabili nei più svariati
campi della fisica possono effettuare oscillazioni armoniche. Infatti un sistema che si trovi in uno stato di
equilibrio stabile effettua oscillazioni di tipo armonico se viene sollecitato da una debole perturbazione.
Consideriamo per semplicità un sistema unidimensionale sottoposto ad un generico potenziale V (q),
dotato di minimo nel punto q0 . Il sistema, inizialmente in equilibrio in qo , viene perturbato debolmente
in modo che si sposta poco dalla posizione di equilibrio. Il moto del sistema si determina sviluppando
V (q) in serie di Taylor intorno al punto q0 . Poichè V 0 (q0 ) = 0 il primo ordine non nullo è il secondo
ordine, quindi per piccole oscillazioni si può approssimare
1
V (q) = V (q0 ) + V 00 (q)|q=q0 (q − q0 )2 .
2
Ponendo q0 nell’origine,V (q0 ) = 0 e V 00 (q0 ) = mω 2 il potenziale si scrive nella forma
1
V (q) =mω 2 q 2 ,
2
che genera piccole oscillazioni di un corpo di massa m con frequenza angolare ω.
Fenomeni in cui si presentano oscillazioni armoniche sono: oscillazioni di elettroni nel campo coulom-
biano dell’atomo, vibrazioni di atomi in una molecola, vibrazioni di ioni in un reticolo cristallino,
oscillazioni del campo elettromagnetico in una cavità, ecc.

8.2 Oscillatore armonico classico


L’Hamiltoniana di un oscillatore armonico classico è:
p2 1
H= + mω 2 q 2
2m 2
Dalle equazioni del moto di Hamilton si trova la soluzione generale: q(t) = qi cos(ωt + φ) dove qi e φ sono
determinate dalle condizioni iniziali. Quindi si calcola l’energia
1 1
E = m · q 2 + mω 2 q 2 (8.1)
2 2
1 1
= mω qi sin2 (ωt + φ) + mω 2 qi 2 cos2 (ωt + φ)
2 2
(8.2)
2 2
1
= mω 2 qi 2 . (8.3)
2

41
CAPITOLO 8. OSCILLATORE ARMONICO 42

Al variare delle condizioni iniziali l’energia varia con continuità ed assume sempre valori positivi.

8.3 Oscillatore armonico quantistico


Dal punto di vista quantistico dobbiamo sostituire le variabili numeriche classiche q e p con gli operatori
q e p, che soddisfano le regole di commutazione [q, p] = i~. L’operatore Hamiltoniano

p2 1
H= + mω 2 q2 (8.4)
2m 2
determina con i suoi autovalori ed autovettori le proprietà dell’oscillatore quantistico. L’equazione di
Schrödinger

p2 1
( + mω 2 q2 )|ψn > = En |ψn > (8.5)
2m 2
si può risolvere con un metodo algebrico (proposto da P.A.M. Dirac). Introduciamo i tre operatori
r
mω ip
a ≡ (q + ) (8.6)
2~ mω
r
mω ip
a† ≡ (q − ) (8.7)
2~ mω
N ≡ a† a, (8.8)

che soddisfano le regole di commutazione

[a, a† ] = 1 [N, a] = −a [N, a† ] = a† . (8.9)

L’equazione di Schrödinger si riscrive nella forma


1
~ω(N + )|ψn >= En |ψn > (8.10)
2
H ed N hanno gli stessi autostati |ψn >≡ |n >. Se indichiamo con n gli autovalori di N allora gli
autovalori di H sono En = ~ω(n + 21 ).
L’operatore N ha semplici proprietà:

• a+ |n > è autostato di N appartenente all’autovalore n + 1

• a|n > è autostato di N appartenente all’autovalore n − 1

• gli autovalori n sono tutti i numeri interi positivi compreso lo zero.

Le prime due proprietà sono semplici conseguenze delle regole di commutazione Eq.(8.9); la terza proprietà
si dimostra come segue. Intanto n ≥ 0 poichè < n|N|n >=< n|a+ a|n >= ||a|n > ||2 ≥ 0. Inoltre,
dato un autostato n, applicando ripetutamente l’operatore a si arriva necessariamente ad uno stato
am |n >∼ |n − m >= 0 che implica n = m ed essendo m intero anche n è intero. Chiamiamo |0 > lo stato
con autovalore nullo. Applicando ripetutamente l’operatore a† si possono costruire tutti gli autostati di
N:
CAPITOLO 8. OSCILLATORE ARMONICO 43

|1 > = a† |0 >
a† (a† )2
|2 > = √ |1 >= √ |0 >
2 2
a† (a† )3
|3 > = √ |2 >= √ |0 >
3 3!
...... . .............
(a† )n
|n > = √ |0 >
n!
Questi sono anche autostati di H ed i rispettivi autovalori sono
1
En = ~ω(n + ) (n = 0, 1, 2, 3, ...) (8.11)
2
La principale caratteristica dello spettro di energia è che i livelli sono equidistanti l’uno dall’altro con
una distanza pari a ~ω e ciò rende facilmente identificabili le oscillazioni collettive negli spettri nucleari,
atomici e molecolari. L’energia ~ω prende il nome di quanto di eccitazione perchè è l’unità di energia
(più piccola) con cui si costruisce l’intero spettro dell’oscillatore armonico. L’applicazione di a+ (a)
aggiunge (sottrae) un quanto allo stato |n >, da cui il nome di operatore di creazione (annichilazione).
L’operatore N conta il numero di quanti nello stato |n > e prende il nome di operatore numero. Lo
stato fondamentale |0 >, che è il vuoto di quanti , ha energia non nulla, pari a 12 ~ω, chiamata energia
di punto zero. Questa è una conseguenza del principio di indeterminazione ∆q∆p ≥ ~/2, che per lo
stato fondamentale dell’oscillatore armonico vale con il segno uguale (minima indeterminazione). Infatti
consideriamo il valor medio della hamiltoniana in uno stato generico
< p2 > 1
< H >= + mω 2 < q2 > . (8.12)
2m 2
Sostituiamo < p2 > con (~2 /4 < q2 >) e quindi cerchiamo il minimo (il che equivale a determinare
lo stato fondamentale) che si ottiene per < q2 >= ~2 /4m2 ω 2 . Questo valore, sostituito a sua volta in
< H > da giusto l’energia di punto zero, 21 ~ω.

8.3.1 Autofunzioni dell’oscillatore armonico


Per calcolare le autofunzioni dell’oscillatore armonico ψn (q) ≡< q|n > seguiamo un metodo iterativo
che parte dalla determinazione di ψ0 (q) ≡< q|0 >. Consideriamo la relazione che definisce lo stato
fondamentale come vuoto dei quanti d’azione

a|0 >= 0. (8.13)

Moltiplicando a sinistra per < q| e riesprimendo a in funzione di p e q otteniamo:


r r
mω ip mω ~ d
< q|q + |0 >= (q + )ψ0 (q) = 0.
2~ mω 2~ mω dq
Questa è un’equazione differenziale del primo ordine che si integra facilmente. La soluzione con il corretto
fattore di normalizzazione è
 mω  41 1 mω 2
ψ0 (q) = e− 2 ~ q
π~
Una volta determinata la funzione d’onda dello stato fondamentale, le altre funzioni d’onda possono
essere ricavate in maniera iterativa applicando ripetutamente a ψ0 (q) l’operatore a+ espresso in termini
CAPITOLO 8. OSCILLATORE ARMONICO 44

di p e q, con delle semplici operazioni di derivazione. Come illustrazione vediamo come si genera il primo
stato eccitato.Applicando l’eq. (8.7) si ottiene:
r
mω ~ d
ψ1 (q) = < q|1 >=< q|a† |0 >= (q − )ψ0 (q) (8.14)
2~ mω dq
  1/4
4 mω 3 1 mω 2
= q e− 2 ~ q (8.15)
π ~3

Iterativamente si generano tutte le altre autofunzioni dell’oscillatore armonico. I polinomi a fottore


dell’esponenziale (polinomi di Hermite) formano un insieme completo ortonormale.
CAPITOLO 8. OSCILLATORE ARMONICO 45

0.7 0.7
n=0 n=1
classico classico

0.6 0.6

0.5 0.5

0.4 0.4

0.3 0.3

0.2 0.2

0.1 0.1

0 0
-10 -5 0 5 10 -10 -5 0 5 10

0.7 0.7
n=3 n = 10
classico classico

0.6 0.6

0.5 0.5

0.4 0.4

0.3 0.3

0.2 0.2

0.1 0.1

0 0
-10 -5 0 5 10 -10 -5 0 5 10

Figura 8.1: |ψn |2 (q) per quattro autostati dell’oscillatore armonico. La probabilita’ classica, Eq.(18), e’
rappresentata dalla linea tratteggiata.

8.3.2 Limite classico


Consideriamo un sistema sottoposto ad un potenziale di oscillatore armonico unidimensionale. Dal punto
di vista quantistico |ψn (q)|2 rappresenta la probabilità di trovare il sistema nel punto q quando si trova
nello stato eccitato n-imo. Una analoga probabilità può essere definita anche dal punto di vista classico.
Il sistema compie una oscillazione tra qi e −qi in un semiperiodo T /2 = π/ω. Di questo tempo la frazione
dt = dq/q̇ viene spesa per compiere il percorso da q a q + dq. Quindi la probabilità che la particella si
trovi nell’intervallo q, q + dq è data da
dt 2dq
P (q)dq = = (8.16)
T /2 T q̇
Ricordando che q(t) = qi cos(ωt) e q̇ = −qi ωsin(ωt), si ha
s
q2
q̇ = ωqi 1− (8.17)
qi2

da cui
1 1
P (q) = p (8.18)
π qi 1 − q 2 /qi2
La probabilità classica è graficata in Fig.1 assieme alla corrispondente probabilità quantistica, quest’ulti-
ma per diversi autostati dell’oscillatore armonico. Per stati di bassa energia si osserva un forte discrepanza
tra le due grandezze, che tuttavia si affievolisce man mano che l’energia cresce. Si ha perfetto accordo per
n → ∞. In altri termini, ad alta energia la quantizzazione dell’energia diventa sempre meno significativa
poiché En >> ~ω, ed il sistema si comporta classicamente.
Capitolo 9

PROBLEMA A DUE CORPI:


STATI LEGATI DELL’ATOMO DI
IDROGENO

Il sistema più semplice è quello di due particelle interagenti, per esempio un protone ed un elettrone
interagenti per via della forza elettrostatica (campo coulombiano). La Hamiltoniana è

p21 p2
H= + 2 + V (|r1 − r2 |) (9.1)
2m1 2m2
dove 1 si riferisce al protone e 2 all’elettrone. Notiamo che m2 ¿ m1 . A seconda delle condizioni iniziali,
le due particelle formano stati legati (atomo di idrogeno) o stati di diffusione. Entrambe le classi di stati
corrispondono a soluzioni dell’equazione di Schrödinger

H|ψ >= E|ψ > (9.2)

Gli stati legati corrispondono a valori di E < 0, gli stati di diffusione ad E > 0.

9.1 Separazione del moto del centro di massa


Il potenziale regola il moto relativo delle due particelle, mentre il moto del centro di massa è quello di una
particella libera in assenza di forze esterne. I due moti non sono accoppiati, quindi la funzione d’onda
del sistema si scrive
~ ~
ψ(~r1 , ~r2 ) = eiP ·R/~ ψ(~r1 − ~r2 ), (9.3)

dove R ~ e P~ sono coordinata ed impulso del baricentro, rispettivamente. L’equazione di Schrödinger del
moto relativo si scrive
p2
( + V (r))ψ(~r) = Eψ(~r) (9.4)
2m
dove p~ è l’impulso del moto relativo, ~r = ~r1 − ~r2 ed m la massa ridotta. In pratica m è la massa
dell’elettrone, Poichè la massa del protone è molto più grande della massa dell’elettrone, m ≈ m2 e il
moto relativo è in pratica il moto dell’elettrone nel campo del protone. Dato che l’interazione dipende
solo dalla distanza tra le due particelle il potenziale del moto relativo (nel riferimento del baricentro) è a
simmetria sferica.

47
CAPITOLO 9. PROBLEMA A DUE CORPI: STATI LEGATI DELL’ATOMO DI IDROGENO 48

Vcentr

1/r2

r
totale

Vcoul 1/r

Figura 9.1: Potenziale dell’atomo d’idrogeno

9.2 Separazione del moto angolare


Poichè il potenziale è a simmetria sferica il moto radiale ed il moto angolare non si accoppiano e possono
essere trattati separatamente. Infatti, in analogia alla meccanica classica l’energia cinetica si decompone
nell’energia cinetica del moto radiale e nell’energia centrifuga. Quest’ultima è proporzionale ad l2 , quindi
le autofunzioni di H si possono fattorizzare in autofunzioni del moto relativo ψl (r) per le armoniche
sferiche cho sono autofunzioni di l2 per cui
p2 p2r l2
( + V (r))ψl (r)Ylm (Ω) = ( + + V (r))ψl (r)Ylm (Ω) (9.5)
2m 2m 2mr2
2 2
p ~ l(l + 1)
= Ylm (Ω)( r + + V (r))ψl (r) (9.6)
2m 2mr2
Se oil potenziale non fosse a simmetria sferica la funzione d’onda sarebbe una sovrapposizione di armoniche
sferiche.

9.3 Equazione radiale


Resta da risolvere l’equazione per il moto radiale. Daremo qui lo schema di risoluzione e per i dettagli
rimandiamo a Messiah, Cap.IX e Cap.XI. Per ogni fissato valore di l si ha
p2r ~2 l(l + 1)
( + + V (r))ψl (r) = Eψl (r) (9.7)
2m 2mr2
d’accordo con l’Eq.(9.5). Si tratta di studiare per quali valori di E si hanno soluzioni fisicamente ac-
cettabili, cioè che descrivano stati legati. Il problema viene affrontato come segue: si studia la soluzione
ψ(∼ 0) in prossimità dell’origine r ∼ 0, la soluzione asintotica ∼ ψ(∞) per r → ∞ e quindi si cercano le
soluzioni nella forma
ψ(r) = ψ(∼ 0)ψ(∼ ∞)fl (r) (9.8)
in maniera che le condizioni all’origine ed all’infinito siana automaticamente soddisfatte e si deve solo
determinare fl (r).
CAPITOLO 9. PROBLEMA A DUE CORPI: STATI LEGATI DELL’ATOMO DI IDROGENO 49

• comportamento all’origine In prossimità dell’origine la barriera centrifuga, che va come r−2 , prevale
sul potenziale coulombiano, che va come r−1 , e l’equazione radiale si può approssimare
~2 1 d2 ~2 l(l + 1)
(− 2
r+ )ψ(∼ 0) = 0, (9.9)
2m r dr 2mr2
dove il primo termine è p2r . La soluzione fisicamente accettabile è rψ(∼ 0) = rl+1 .

• comportamento all’infinito All’infinito il campo coulombiano ed il campo centrifugo si possono


trascurare e l’equazione radiale si scrive
~2 1 d2
(− r − E)ψ(∼ ∞) = 0 (9.10)
2m r dr2
p
la cui soluzione fisicamente accettabile è rψ(∼ ∞) ∼ e−kr , dove k = −2mE/~2 . L’esponenziale
negativo garantisce una rapida diminuzione della probabilità di trovare l’elettrone allontanandosi
dalla regione d’interazione.

• equazione radiale Incorporando le due soluzioni estreme nella funzione d’onda, l’equazione d’onda
radiale diventa una una equazione di Laplace per la funzione fl (r). Introducendo l’espressione
~
del campo coulombiano V (r) = −e2 /r,dove e è la carica dell’elettrone, e la costante a = 2me 2,

l’equazione radiale si scrive in termini della variabile adimensionata x=kr


d2 d 1
[x 2
+ 2(l + 1 − x) − 2(l + 1 − )]fl (x) = 0 (9.11)
dx dx ka
Sviluppando fl (x) in serie attorno all’origine l’equazione radiale si trasforma in un sistema infinito di
equazioni algebriche per i coefficienti ci (c0 = 1)

1
(2l + 2)c1 = 2(l + 1 − ) (9.12)
ka
1
2(2l + 3)c2 = 2(l + 2 − )c1 (9.13)
ka
....... (9.14)

La soluzione viene chiamata serie ipergeometrica confluente e può essere studiata asintoticamente per
r → ∞. Si trova che fl diverge più rapidamente di quanto e−kr converga. Quindi con questa classe
di soluzioni non ci sono stati legati. L’unica possibilità è che per speciali valori dell’energia la serie si
riduca ad un polinomio, perchè qualunque polinomio per r → ∞ diverge meno rapidamente di quanto
l’esponenziale converga. Questa classe di soluzioni è accettabile. Si vede cosı̀ in dettaglio come nasce
la quantizzazione dell’energia quando si vogliono determinare soluzioni che corrispondono a stati legati,
cioè funzioni d’onde la cui probabilità associata va rapidamente a zero al di fuori di una regione limitata
dello spazio.
Vediamo in dettaglio come nascono gli stati legati. Scegliamo il parametro E tale che ka = 1/l + 1
allora dall’Eq.(9.11) c1 = 0, dall’Eq.(9.12) c2 = 0 e cosı̀ tutti gli altri coefficienti. Per questa scelta di E la
soluzione fl = c0 = 1 e la funzione d’onda radiale completa si scrive a meno del fattore di normalizzazione

ψl (r) = rl e−kr (9.15)


1
Scegliamo ora il parametro E tale che ka = l+2 , allora c1 6= 0, ma c2 = 0 e cosı̀ anche tutti gli altri
coefficienti. Per questa seconda scelta di E la funzione d’onda radiale completa si scrive

ψl (r) = rl e−kr (1 + c1 ) (9.16)

Su questa linea si generano tutti gli autovalori ed autovettori della Hamiltoniama che corrispondono a
stati legati.
CAPITOLO 9. PROBLEMA A DUE CORPI: STATI LEGATI DELL’ATOMO DI IDROGENO 50

continuo
0

-1.5
-3.4 l=2

l=1

-13.6

l=0 Spettro dell'atomo di idrogeno

Figura 9.2: Spettro dell’atomo d’idrogeno

9.4 Spettro dell’atomo di idrogeno


Per induzione dai due casi precedenti si ricava facilmente la formula generale degli autovalori En (n = ν)

~2 kn2 ~2 1
En = = (n0 = 0, 1, 2, ....) (9.17)
2m 2m l + 1 + n0
En dipende da n’ e da l attraverso la combinazione n=l+1+n’, che prende il nome di numero quantico
principale. A un dato n corrisponde un definito autovalore di energia, ma non un singolo autostato che
dipende anche da altri numeri quantici, cioè l ed m. Fissato n, l varia da 0 a n-1 e ad ogni l corrispondono
2l+1 valori di m, per cui la degenerazione del livello energetico En è data da
n−1
X
N = 2l + 1 = n2 (9.18)
0

Concludendo gli autostati dell’atomo di idrogeno sono autostati simultanei di H l2 ed lz caratterizzati


dai numeri quantici n,l ed m:
ψnlm (~r) = ψnl (r)Ylm (Ω) (9.19)

Notiamo che la funzione d’onda radiale non dipende da m. Lo stato fondamentale corrisponde ad
n=1,l=0,m=0 con energia E1 = ~2 /2ma2 , dove a prende il nome di raggio di Bohr, perchè rappresenta
l’ordine di grandezza delle dimensioni dell’atomo di idrogeno. Ricordando la definizione di a si trova
che a ' 0.53A e quindi E1 ' −13.5 eV. L’energia decresce come n2 , quindi E2 = E1 /4,E3 = E1 /9,....
avvicinandosi a zero molto rapidamente. E=0 è la soglia del continuo, cioè il confine tra lo spettro di
energia degli stati legati e quello degli stati non legati. Quest’ultimo prende il nome di continuo perchè
non è quantizzato, in quanto non corrisponde a nessuna condizione di confinamento. In effetti corrisponde
a stati di diffusione come vedremo dopo.

You might also like