You are on page 1of 6

MARX, WALL STREET E LA LOTTA DI CLASSE

di RICCARDO CAVALLO
Da poco apparsa lultima fatica di Domenico Losurdo, La lotta di classe. Una storia
politica e filosofica1 che, muovendosi controcorrente rispetto alla vulgata liberista imperante, si
sofferma su uno dei nodi problematici pi significativi dellopus marx-engelsiano: la teoria della
lotta di classe. Si tratta di un ulteriore tassello che va inserirsi nel ventennale percorso di ricerca del
filosofo urbinate che, oltre a stilare un vero e proprio cahier de dolance sui misfatti dellOccidente
liberal-capitalista, intende intervenire nelle ferite ancora aperte della tradizione marxista
mettendone in evidenza luci ed ombre.
1. What would Marx Think? Questo interrogativo campeggia sulla copertina della versione
europea del Time del febbraio 2009, cio nel momento clou della crisi finanziaria che partita
dallesplosione del sistema dei mutui subprime originatasi negli Stati Uniti, stava per dilagare
anche nel resto del mondo. Non un caso allora che il prestigioso magazine decida di dedicare la
propria cover story ad un possibile ritorno alle tesi marxiste nellepoca di Wall Street. Cos il
celebre ritratto del filosofo di Treviri diviene immagine pop, dai pixel giallo-oro che scorre al posto
dei valori dei titoli azionari sul rullo della Borsa cui si accompagnano altre frasi fluorescenti che
rimandano alla necessit di elaborare nuove idee per uscire dalla crisi e allo spauracchio del ritorno
della povert. Tutto insomma lascia presagire che le tesi di Marx, prima fra tutte quella sulla lotta
di classe, siano pi che mai da riprendere in considerazione come utile strumento per evitare il
baratro generato dalla voracit autodistruttiva dei mercati. Malgrado le apparenze, nel suo articolo
intitolato Rethinking Marx2, leditorialista Peter Gumbel ben lungi dal voler inneggiare ad un
ritorno del marxismo, cercando anzi di evidenziare come le idee di Marx, seppur profetiche e a
tratti geniali, abbiano nella pratica miseramente fallito. A tale scopo Gumbel intraprende una sorta
di itinerario nei luoghi simbolo della vita del filosofo, ovvero le tre citt che hanno avuto un ruolo
determinante durante la sua esistenza: Treviri, sua citt natale, Parigi dove aveva trovato rifugio per
un po di tempo e infine Londra, in cui trascorse gli ultimi trentaquattro anni della sua vita e dove
tuttora possibile visitare la sua tomba su cui scolpita la sua nota citazione, impressa con lettere
dorate: The philosophers have only interpreted the world in various ways. The point however is to
change it. Tuttavia quello che pu sembrare un nostalgico tour in realt sembra avere ben poco
lintento di auspicare un ritorno a Marx traducendosi, al contrario, in un netto rifiuto delle sue
teorie. Alla fine del viaggio di Gumbel ci che rimane una visione del marxismo strettamente
legata alle sue realizzazioni concrete e pi o meno fedeli, nellEx Unione Sovietica e nei paesi
dellEst Europa. Un panorama piuttosto desolante in cui lunica via , nonostante la crisi, non
rinunciare ad un modello economico di tipo capitalistico. Ma laccostamento tra lopera di Marx e
la situazione di impasse generata dalla crisi gi alla fine del 2008 aveva inspirato diversi articoli,
tra cui quello pubblicato sul settimanale The Economist3 che si chiedeva cosa Marx avrebbe
pensato e teorizzato di fronte alla crisi e quello, ancora pi eloquente, intitolato Booklovers turn to
Karl Marx as financial crisis bites in Germany. Qui senza mezzi termini Kate Connolly,
corrispondente da Berlino per la nota testata inglese The Guardian, inizia il proprio articolo4 con la
seguente lapidaria affermazione: Karl Marx is back, per poi dilungarsi sui motivi del successo
editoriale delle opere di Marx, specie tra i giovani studenti universitari tedeschi, alla ricerca di
risposte illuminanti in tempi bui e soprattutto di alternative valide al dominio dellOccidente
liberal-capitalistico. Oltre allimpennata di vendite de Il Capitale fino a sfiorare numeri da best
seller, testimoniata dalle stesse parole del responsabile di uno dei maggiori editori specializzati in
testi accademici in Germania, la Karl-Dietz-Verlag, ci che apparso ancora pi sorprendente
1

D. Losurdo, La lotta di classe. Una storia politica e filosofica, Laterza, Roma-Bari, 2013.
http://www.time.com/time/specials/packages/article/0,28804,1873191_1873190_1873188,00.html
3
http://www.economist.com/node/20019767
4
http://www.guardian.co.uk/books/2008/oct/15/marx-germany-popularity-financial-crisis
2

stato il giudizio espresso da pi della met dei cittadini dellex Germania dellEst che hanno
dichiarato di essere fortemente delusi dal capitalismo che inizialmente li aveva abbagliati con le sue
armi seducenti e ingannevoli mentre unaltra buona parte di loro addirittura spera in un ritorno del
socialismo. Tale sondaggio riportato da un altro giornalista della Reuters in un suo report5 del 2008
costituisce il punto di partenza per un interrogativo pi che legittimo: perch nonostante gli orrori e
le storture del regime sovietico della DDR nascoste dietro unapparenza di giustizia sociale e
miseramente svelati al mondo intero dopo la caduta del Muro di Berlino nel 1989 i cittadini della
Germania dellEst rimpiangono il socialismo e disprezzano le gioie del capitalismo? Se il volto
del socialismo stato a tratti spietato quello del capitalismo si rivela persino peggiore: come un
killer dai modi di fare ammalianti e cortesi ha prima sedotto la prima vittima con promesse tanto
allettanti quanto irrealizzabili e poi lha attaccata e uccisa nel peggiore dei modi. allora
inevitabile che, nel momento in cui in tanti si accorgono del volto mostruoso del capitale, si
riscopra il valore delle teorie marxiste, specie quelle sulla lotta di classe, sia pure rivisitate, o
meglio di un Marx reloaded, come ha affermato con un abile gioco di parole che richiama un noto
film di fantascienza, il pedagogista critico Ramin Farahmandpur un paio di anni addietro in un
saggio che si interroga proprio sulla necessit di far studiare lopera marxista nelle scuole
pubbliche per contrastare linarrestabile (quanto deleteria) avanzata della sfrenata societ
capitalistica6.
2. In questo contesto va collocata lultima fatica di Domenico Losurdo La lotta di classe.
Una storia politica e filosofica7 che, muovendosi controcorrente rispetto alla vulgata liberista
imperante, si sofferma su uno dei nodi problematici pi significativi dellopus marx-engelsiano: la
teoria della lotta di classe. Si tratta di un ulteriore tassello che va inserirsi nel ventennale percorso
di ricerca del filosofo urbinate che, oltre a stilare un vero e proprio cahier de dolance sui misfatti
dellOccidente liberal-capitalista, intende intervenire nelle ferite ancora aperte della tradizione
marxista mettendone in evidenza luci ed ombre.
La domanda fondamentale da cui prende le mosse la riflessione di Losurdo pu essere
riassunta nei termini seguenti: cosa intendono Marx ed Engels per lotta di classe? Per rispondere a
questo interrogativo occorre innanzitutto sapersi orientare nei labirinti marx-engelsiani alla ricerca
di quei frammentari luoghi teorici da cui emergono, nonostante levidente asistematicit, i principicardine di tale teoria e rileggerli nel milieu in cui sono maturati. Operazione a dir poco ardua che
richiede, da un lato, una rigorosa analisi logico-filologica dei testi marx-engelsiani e, in modo
particolare, del Manifesto e, dallaltro, unarticolata disamina del contesto storico, non
dimenticando che la stessa lotta di classe come sottolinea giustamente Losurdo possa essere
usata in maniera strumentale dal potere dominante ed essere quindi inserita nellambito di un
progetto complessivo di segno conservatore e/o reazionario, com stato efficacemente dimostrato
di recente da Luciano Gallino8, il quale identifica loffensiva, messa in atto specialmente
nellultimo trentennio, dalle classi dominanti per rovesciare a proprio vantaggio, come una nuova
lotta di classe atta a scardinare ogni conquista ottenuta dal basso in seguito alle vecchie lotte
sociali. Perci la seria e dettagliata ricostruzione losurdiana, seppure non sempre condivisibile, pu
costituire indubbiamente un utile filo di Arianna per orientarsi nel dedalo marxiano della teoria
della lotta di classe che, agli occhi dellAutore, si presenta come una teoria generale del conflitto
sociale, che operando una radicale rottura con le ideologie naturalistiche colloca tale conflitto sul
terreno della storia. La conseguenza che le innumerevoli forme in cui esso si manifesta nella
realt non possono essere non tenute in debito conto. Del resto, ci di evince dalla scelta,
nientaffatto casuale, operata da Marx ed Engels di utilizzare non il singolare Klassenkampf ma il
plurale Klassenkmpfe. A partire da questa arguta precisazione, la lotta di classe non rinvia solo ed
5

http://www.reuters.com/article/2008/10/16/us-financial-germany-capitalism-idUSTRE49F5MX20081016
R. Farahmandpur, Teaching against Consumer Capitalism in the Age of Commercialization and
Corporatization of Public Education, in J.A. Sandlin, P. McLaren (a cura di), Critical Pedagogies of
Consumption, Routledge, London-New York, 2010, pp. 58-66.
7
D. Losurdo, La lotta di classe. Una storia politica e filosofica, Laterza, Roma-Bari, 2013.
8
L. Gallino, La lotta di classe dopo la lotta di classe. Intervista a cura di Paola Borgna, Laterza, Roma-Bari,
2012.
6

esclusivamente al conflitto tra la borghesia e il proletariato. Questultimo pertanto non lunica


forma possibile della lotta di classe ma una delle possibili forme che essa pu assumere
concretamente nelle diverse epoche storiche. Riconoscere la dimensione plurale della lotta di
classe significa almeno ammettere che le tre grandi lotte di classe emancipatrici sono: 1) la lotta per
lemancipazione del proletariato; 2) la lotta per lemancipazione delle nazioni oppresse; 3) la lotta
per lemancipazione della donna.
Collocarsi sul terreno della comprensione storico-sociale comporta per il rifiuto di ogni
spiegazione che enfatizzi, in modo unilaterale, elementi etnologico-razziali (esemplificati nella nota
opera di Arthur de Gobineau, Saggio sulla diseguaglianza delle razze umane) o psico-patologici (si
pensi alla Psicologia delle folle di Gustave Le Bon) sottese ai paradigmi dominanti nella cultura
borghese della seconda met dellOttocento che, in molti casi, finiscono per intrecciarsi e
sovrapporsi. E proprio contro la reductio agli aspetti biologico-naturalistici degli appartenenti alle
classi subalterne, assimilati a barbari o addirittura a soggetti di rango inferiore e la conseguente
legittimazione dellistituto della schiavit, che viene elaborata la teoria della lotta di classe. Ma
questultima, Losurdo non si stanca mai di ripeterlo, va intesa non in maniera grettamente
economicistica (lotta per la redistribuzione) ma anche e soprattutto come lotta contro i processi
disumani e coercitivi che caratterizzano la societ capitalistica (lotta per il riconoscimento).
Innumerevoli sono le espressioni (anche forti) a cui ricorrono, molte volte, nei loro scritti i due
filosofi e militanti rivoluzionari per denunciare le condizioni miserrime del proletariato che vanno
ben al di l dellangusto orizzonte economicistico (come vuole la tradizione liberale) coinvolgendo
anche ogni ostacolo allaffermazione delluomo in quanto tale e della sua dignit costantemente
calpestata. Qui i riferimenti filosofici a cui ricorre Marx sono piuttosto evidenti e sono rintracciabili
nel paradigma del riconoscimento di hegeliana memoria e, in particolare, nella dialettica tra servo e
padrone immortalata nelle celebri pagine della Fenomenologia dello spirito. Se per un verso Marx
sembra far tesoro della grande lezione hegeliana che considera lindividuo realmente libero solo
quando riconosce e rispetta laltro quale individuo libero, per un altro la traspone dal piano
individuale a quello collettivo. La denuncia dellantiumanesimo che pervade il sistema capitalistico
dunque non pu ritenersi episodica o marginale ma rappresenta una sorta di Leitmotiv che
attraversa il pensiero di Marx ed Engels e non pu essere affatto confusa con la retorica umanistica.
Ad incorrere in un siffatto errore stato, com noto, Louis Althusser, il quale aveva parlato di una
rottura epistemologica nellopera marxiana, laddove Losurdo al contrario scorge solo il passaggio a
un ordine diverso del discorso nellambito del quale la condanna morale dei processi di
reificazione insiti nella societ borghese e del suo antiumanesimo espressa in modo pi sintetico
ed ellittico9.
3. Ma lelemento che pi di ogni altra cosa emerge dal lavoro di Losurdo la costante
attenzione riservata da Marx ed Engels alla questione nazionale che molti studiosi marxisti sulla
base del noto passaggio tratto dal Manifesto in cui si afferma che gli operai non hanno patria,
hanno liquidato in modo piuttosto frettoloso e superficiale. A smentire un siffatto assunto basta
sfogliare le numerose pagine delle loro opere, rinvenibili in ordine sparso, dedicate a tale questione
e, nello specifico, alla lotta del popolo irlandese contro il dominio degli inglesi da un lato e di
quello polacco contro il regime zarista dallaltro. Il significato politico-rivoluzionario di tali lotte,
al di l delle differenze, sta nel fatto che la questione sociale si presenta quasi sempre come
questione nazionale. In particolare, il caso irlandese viene visto da Marx con favore per la sua
potenzialit di divenire una sorta di detonatore in grado di far esplodere la rivoluzione anche
altrove; invece, quello polacco si presenta funzionale a fronteggiare la Russia zarista che allepoca,
per il suo essere lultimo bastione della reazione in Europa, rappresentava la principale minaccia
verso la classe operaia e la democrazia. Non un caso che questepisodio rimanga impresso nella
memoria collettiva grazie alla lapidaria affermazione di Lenin: la Russia era ancora addormentata
mentre la Polonia era in fermento. Allo stesso modo, come non dimenticare il trasporto con cui
Marx segue a pi riprese le vicende dellIndia definita, non a caso, lIrlanda dellOriente, in cui
milioni di operai sono stati costretti a sacrificare la propria vita non per garantire un futuro migliore
al loro paese quanto piuttosto - per riprendere lamara constatazione dello stesso Marx - procurare
9

D. Losurdo, La lotta di classe, cit., p. 91.

al milione e mezzo di operai, occupati in Inghilterra nella medesima industria, tre anni di prosperit
su dieci10. Ci nonostante - Losurdo non manca di rilevarlo - in molti settori del movimento
comunista prevale una sorta di internazionalismo dai tratti utopistici che mira a liquidare come falsi
miti le identit nazionali. Un esempio emblematico di tale forma mentis latteggiamento cinico e
sprezzante dellanarco-socialista francese Pierre-Joseph Proudhon reo, a detta di Marx ed Engels,
di aver irriso e condannato le aspirazioni nazionali dei popoli oppressi. Gi da queste brevi
notazioni si scorge come la loro passione verso lemancipazione delle nazionalit oppresse sia
inscindibile da quella per lemancipazione del proletariato. Del resto, la vittoria della Rivoluzione
di Ottobre non si pu comprendere - per parafrasare Walter Benjamin - omettendo la rilevanza del
sentimento nazionale che il bolscevismo aveva sviluppato in tutti i russi senza distinzione di sorta e
che Losurdo ritiene essere addirittura una delle cause (rectius: la causa) della disgregazione
dellimpero sovietico. In ultima analisi, eludere la questione nazionale vuol dire rovesciare il
preteso cosmopolitismo o internazionalismo in una sorta di sciovinismo acritico e settario.
Un ulteriore aspetto che Losurdo sembra avere a cuore e sul quale si sofferma nelle pagine
conclusive consiste nella messa in guardia dalla ricorrente tentazione populista che, al di l delle
sue diverse varianti, si basa sulla credenza mitologica del valore salvifico del popolo. Credenza
oggi ancora pi pressante a causa della crisi teorica che investe la dottrina marxista. In realt, si
tratta di un fenomeno per niente inedito, in quanto la semplicistica lettura binaria del conflitto la si
ritrova, per esempio, gi durante la rivoluzione bolscevica, laddove lemergere di un rozzo
egualitarismo e un altrettanto grossolano ascetismo universale ci che sembra accomunare, al di
l delle differenze, non solo il fervente cristiano Pierre Pascal e loperaio belga Lazarevi ma molti
altri seguaci del bolscevismo, tra cui lo stesso Lenin come si desume dal tenore letterale di alcuni
discorsi pronunciati in questo periodo. Come non rammentare allora le taglienti parole di Antonio
Gramsci che, nel noto scritto La Rivoluzione contro il Capitale, si scaglia contro il collettivismo
della miseria e della sofferenza? Essa si ripresenta, in modo ancor pi accentuato, negli scritti di
Simone Weil che tende a ridurre la lotta di classe alla riscossa degli umili e dei reietti e che
Losurdo, malgrado lempatia che la filosofa prova nei confronti del movimento operaio, rigetta
ricorrendo a diversi esempi storici (tra cui la Comune di Parigi e la guerra di secessione americana)
che dimostrano con estrema chiarezza la sua inadeguatezza, vista la diversit dei soggetti che, a
seconda delle situazioni concrete, possono incarnare le istanze rivoluzionarie. Losurdo sembra qui
tenere ben a mente il celebre ammonimento marxiano: non c nulla di pi facile che dare
allascetismo cristiano una mano di vernice socialista. Da ultimo, una forma pi o meno latente di
populismo riemerge sia in alcuni lavori di Slavoj iek che non esita a qualificare lapproccio di
Weil, secondo cui solo i mendichi e reietti sono in grado di dire la verit, come semplice e
toccante, sia negli scritti di Antonio Negri e Michael Hardt, in cui il conflitto tra limpero e la
moltitudine assume anchesso unintonazione di tipo moralistico soprattutto quando si celebra
leccellenza morale insita nella figura del ribelle che rimane tale solo fino a quando si tratta di
liberare un popolo oppresso ed umiliato ma viene meno nel momento in cui esso si dismette di tali
panni.
4. La lettura del volume di Losurdo si rivela dunque utilissima quanto affatto consolatoria: lo
scenario che si presenta davanti ai nostri occhi , a dir poco, inquietante se si pensa che la storia
occidentale stata costellata da brutali episodi, da cui emerge in maniera costante la volont di
ridurre laltro in schiavit, sia in forme pi o meno palesi, sia in forme pi o meno subdole.
Nonostante i facili trionfalismi diffusisi subito dopo la caduta del Muro di Berlino e la conseguente
dissoluzione dellimpero sovietico, nuove forme di colonialismo e di imperialismo da parte
dellOccidente che, in realt, ricordano molto da vicino le forme di schiavit otto-novecentesche si
stanno sempre pi affermando. Unanaloga riflessione suscita il riaffiorare, in molte metropoli, di
una figura, a lungo negletta, come quella del working poor appartenente a quella fascia di
lavoratori che, pur percependo un reddito, si avvicinano o si trovano al di sotto della soglia di
povert. A dispetto di quanto si possa pensare, tale fenomeno non riguarda solo coloro che per
mancanza di qualifiche diventano obsoleti rispetto ai lavoratori pi qualificati o in linea con
lavanzamento tecnologico, ma paradossalmente colpisce soprattutto i giovani in possesso di
10

Ivi, p. 12.

rilevanti curricula costretti in molti casi a nascondere i propri titoli, pur di svolgere lavori
sottopagati e privi di prospettive e adeguate garanzie. Tale triste scenario non fa altro che smentire
le rassicuranti litanie sulla fine della lotta di classe nella societ novecentesca avanzate dal
sociologo Ralph Dahrendorf, il quale allinizio degli anni Sessanta la riteneva unanticaglia del
passato da cui bisognava, prima o poi, liberarsi o dal filosofo Jrgen Habermas che, invece, alcuni
decenni dopo, nel sottolineare, ancora una volta, che il superamento di tale conflitto era addirittura
risalente agli anni immediatamente successivi alla seconda guerra mondiale con lavvento dello
Stato sociale, ometteva un particolare non trascurabile, cio le lotte che avevano contribuito
alledificazione di questultimo. In realt, gi agli albori dellOttocento si era diffusa una corrente
di pensiero che sosteneva, dopo il tramonto dellAncien Rgime e lavvento della societ borghese,
linesorabile tendenza verso il livellamento delle differenze e linutilit della lotta di classe. Ben
lungi dallaver eliminato i conflitti di classe come pensavano John Stuart Mill e Alexis de
Tocqueville, la societ borghese come scrivono Marx ed Engels in realt non aveva fatto altro
che riproporli in forme nuove, acuendo, sia a livello nazionale che internazionale, le
diseguaglianze.
La dura lezione che possiamo trarre da queste tragiche vicende, di cui Losurdo ripercorre sia
i passaggi pi conosciuti e studiati, sia quelli dimenticati e condannati alloblio, in cui le
innumerevoli lotte di classe, sviluppatesi a cavallo tra Otto e Novecento, assumono le sembianze
pi disparate (guerre di resistenza o di liberazione nazionale, insurrezioni o rivoluzioni
anticoloniali) sta nel fatto che esse, al di l dei distinguo, sono accomunate dallessere sempre state
lotte nazionali e vanno condotte non solo sul piano politico ma soprattutto su quello economico.
Lesempio paradigmatico, a cui ricorre pi volte lAutore, quello della nascita di Haiti, a
proposito della quale vengono rievocate le gesta di Touissant Louverture che capeggi la
rivoluzione degli schiavi avvenuta alla fine del Settecento a Santo Domingo e la cui eco and ben
oltre i confini del piccolo paese sud americano, innescando un processo a catena di abolizione della
schiavit. La grande vittoria politica ottenuta sconfiggendo uno degli eserciti pi potenti del mondo
come quello napoleonico stata tuttaltro che duratura, poich il sistematico isolamento
diplomatico e la persistente offensiva economica da parte degli USA e degli altri paesi occidentali
hanno provocato il collasso del paese sud americano. Forse per evitare che la storia si ripeta,
Losurdo si concentra sul caso cinese e la sua ascesa nellattuale scenario geopolitico globale che
segna, per molti versi, il tramonto dellepoca colombiana contrassegnata da secoli di dominio
incontrastato dellOccidente e la radicale messa in discussione della divisione internazionale del
lavoro imposta dal capitalismo.
Lo spettro della lotta di classe che il pensiero mainstream sembrava dunque aver esorcizzato
definitivamente nuovamente sotto gli occhi di tutti, come evocativamente afferma di recente il
corrispondente da Pechino Michael Schuman sul Time, in un articolo intitolato Marxs Revenge:
How Class Struggle is Shaping the World11, in cui, anche sulla base dei risultati di un accurato
studio dell'Economic Policy Institute (EPI) di Washington, riconosce il ruolo profetico di Marx
nella teorizzazione dei guasti del sistema capitalista: limpoverimento crescente delle masse e la
concentrazione della ricchezza nelle mani di pochi genera conflitti sempre pi stridenti tra le classi
sociali. Aver narrato i fasti di questa tormentata storia, attraverso la proposta di unaltra narrazione
alternativa a quella dominante, lindubbio merito di Losurdo, che coglie altres nel segno quando
invita provocatoriamente i magnati del capitale e della finanza a rileggersi, di prima o di seconda
mano, Marx. Ma il suo limite sta nellaver affrontato solo di sfuggita la questione ecologica che
appare oggi un indispensabile terreno di confronto a sinistra, quantomeno se si vogliano, anche in
questo caso, sviluppare criticamente le intuizioni di Marx ed Engels, riconoscendo accanto alla
prima contraddizione (capitale/lavoro) anche la seconda (capitale/natura). Se tali idee sono ancora
vive e feconde non forse il caso di considerare le lotte ambientaliste intese lato sensu (ivi
compresa quella per la tutela dei beni comuni) come lultima ed inedita frontiera della lotta di
classe?

11

http://business.time.com/2013/03/25/marxs-revenge-how-class-struggle-is-shaping-the-world/

Riccardo Cavallo svolge attivit didattica e di ricerca con la cattedra di Filosofia del Diritto
presso il Dipartimento di Giurisprudenza dellUniversit degli Studi di Catania. La sua tesi
dottorale si aggiudicata nel 2005 il Premio di filosofia Viaggio a Siracusa. Tra le sue
pubblicazioni pi rilevanti le monografie: Lantiformalismo nella temperie weimariana
(Giappichelli, 2009) e Le categorie politiche del diritto. Carl Schmitt e le aporie del moderno
(Bonanno, 2007).

You might also like