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FILOSOFIA
Fabio Frosini
Carocci editore
Volume pubblicato con il sostegno della Fondazione Istituto Gramsci di Roma e del Dipartimento di Filosofia dellUniversit di Urbino Carlo Bo.
a edizione, luglio
copyright by Carocci editore S.p.A., Roma
Realizzazione editoriale: Omnibook, Bari
Finito di stampare nel luglio
dalla Litografia Varo (Pisa)
ISBN
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Indice
Premessa
Sigle
Introduzione
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Giustificazione
Politica
Egemonia
Intellettuali
Storicismo
Traducibilit
Immanenza
Religione
Nota al testo
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Premessa
Il contesto dal Primo quaderno agli Appunti di filosofia
I due piani della storia del marxismo
Riattivare il concetto di praxis
La filosofia della praxis
Ideologie e obbiettivit della conoscenza
Che cosa la politica?
Politica e verit
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Quale immanenza?
... e perch?
La modernit, ovvero limmanenza. Sul giovane
Gramsci
Immanenza nei Quaderni. Laccezione generica
Immanenza e teleologia
Intermezzo: immanenza come filosofia della
praxis o neo-umanesimo
Immanenza e terrestrit
Ancora sulla teleologia (e la quistione della cos
detta realt del mondo esterno)
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Le metafore di Marx
Dalla riduzione alla traduzione
La traducibilit dei linguaggi
Ideologia, linguaggio, teoria
Dalla determinazione alla regolarit
Ideologie e rapporti di forze: la scienza della politica e la ridefinizione del rapporto tra storia e
crisi
Il Marx di Gramsci: la rivoluzione in permanenza
Rivoluzione in permanenza, rivoluzione passiva e
guerra di posizione
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La strategia del moderno Principe dalla Riforma alla riforma intellettuale e morale
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INDICE
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Premessa
Ce quil a lu et ce quil na pas lu, tenuta a Parigi nel luglio nellambito del seminario Marx au XXme sicle: lesprit et la lettre, organizzato dal Centre de recherches sur lhistoire des systmes de
pense moderne, dalla rivista ContreTemps (Textuel) e dal Cerphi;
il seminario su Qu es la revolucin pasiva? Notas sobre una categora
gramsciana, tenuto nel giugno nello IESA di Cordova; il seminario su Antonio Gramsci: settanta anni dopo tenuto con Beppe Vacca nello stesso mese presso la Scuola Normale Superiore di Pisa.
Eccedono infine qualsiasi possibile giudizio di importanza, dal mio
punto di vista, per gli incalcolabili vantaggi che ne ho tratto, e per tutto quello che vi ho imparato, i seminari sul lessico dei Quaderni, organizzati dalla IGS Italia: in quella sede ho presentato e discusso per
la prima volta i testi relativi a Filosofia della praxis e a Immanenza, che
ho poi pubblicato in Isonomia. Rivista di Filosofia (Urbino), rispettivamente nel e nel .
Senza immaginare di poter cos saldare il debito, ringrazio Beppe Vacca, per la fiducia e il sostegno; Gianni Francioni, per le sue
osservazioni precise e puntuali; e poi ringrazio, al presente, al passato e al futuro: Dolores, Leire, Eunate, Giorgio Baratta, Alessandro
Carlucci, Alessandro alelalico Errico, Adriano Vinale, Augusto Illuminati, Beppe Giacalone, Chiara Meta, Costanza Orlandi, Derek
Boothman, Eleonora Forenza, Elisa Gallo, Filippo Del Lucchese,
Giannina, Giugio soltantolei Ambrogi, Giuseppe Cospito, Giuseppe Prestipino, Graziella Travaglini, Guido Liguori, Lea Durante,
Lothar Knapp, Ludovico De Lutiis, Marco Vanzulli, Marina Paladini, Max Tomba, Michele Filippini, Miele, Pasquale Voza, Patrick
Boylan, Peter Kammerer, Peter Thomas, Pir, Raul Mordenti, Rita
Medici, Roberto Finelli, Rocco Lacorte, Sandro Mazzone, Sebastian
Rinken, Stathis Kouvelakis, Stefano Visentin, Stphane Toussaint,
Venanzio Raspa, Vittorio Morfino, Emilia Giancotti e Valentino
Gerratana.
Urbino, luglio
Sigle
Appunti di filosofia
CT
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SG
A. Gramsci, Quaderni del carcere, edizione critica dellIstituto Gramsci a cura di V. Gerratana, Einaudi,
Torino , , voll. con paginazione continua.
Quaderni del carcere, edizione critica diretta da G.
Francioni, . Quaderni di traduzioni (-), a cura di G. Cospito, G. Francioni, Istituto della Enciclopedia Italiana, Roma .
Studi gramsciani. Atti del convegno tenuto a Roma nei
giorni - gennaio , Editori Riuniti, Roma .
Nel corso del volume i Quaderni del carcere di Gramsci sono citati come segue: numero di quaderno in corsivo seguito, dopo la virgola, dal numero di
paragrafo in tondo (solo nel caso del Quaderno il rinvio sar integrato con
lindicazione in cifra romana della parte I o II); il rinvio alle pagine delledizione critica avverr come segue: Q seguito da virgola e numero di pagina.
Introduzione
Giustificazione
Chi, per ragioni generazionali, ha iniziato a leggere Gramsci nellItalia degli anni Ottanta del secolo trascorso un decennio del gramscismo che stato definito a luci spente si trovato immediatamente confrontato con un paradosso: da una parte, la maggior parte
degli stimoli ai quali Gramsci aveva reagito, dei riferimenti ai quali
aveva creduto di dover essere fedele, delle sfide che aveva tentato di
affrontare, apparivano irrimediabilmente obsolete; dallaltra, questa
stessa obsolescenza era leggibile come il prodotto, non inevitabile e
non irreversibile, di una lotta ideologica e politica che con Gramsci
poteva e pu essere studiata come una rivoluzione passiva . Insomma, il mondo del comunismo storico tramontava proprio mentre le
categorie dei Quaderni, che di esso erano parte, mostravano la propria vitalit. Di questa vitalit oggi come allora sono testimoni la
notoriet internazionale, le traduzioni, la bibliografia ormai smisurata , la diffusione pervasiva nel mondo degli studi culturali, subalterni e post-coloniali; ma anche (e questo dal mio punto di vista ben
pi importante) la forza di critica attuale delle categorie dei Quaderni, una forza che le mette al riparo da ogni rischio di naufragio.
Eppure quel paradosso rimane, perch una differenza, essenziale, rispetto agli anni della grande stagione del gramscismo italiano c,
e ignorarla equivarrebbe al venir meno di un presupposto essenziale
a ogni ricerca: la sua consapevolezza storica. La differenza tra il mondo italiano di oggi e quello che va dalla Resistenza fino alla fine degli
anni Settanta, sta nel venir meno di una politica (praticata e diffusa)
realmente ancorata al pensiero di Gramsci; ci che, nella cultura comunista italiana, si traduceva in una capillare diffusione e circolazio
INTRODUZIONE
Politica
Il principale motore di senso nellintera opera di Gramsci la politica. I Quaderni non fanno eccezione; anzi sono il luogo in cui, con
unaudacia e una dedizione a lui in precedenza sconosciute, Gramsci tenta di andare alla radice delle aporie disseminate nella politica comunista e, per fare questo, decide di affrontare la questione
della filosofia.
una chiave di lettura da riprendere , se, come credo, la definizione dei Quaderni come opera politica, e del loro autore come un politico pratico, cio un combattente , anche una risposta alla riduzione crociana della politica alla gestione conflittuale degli interessi,
alla lotta per laccaparramento del potere, alla produzione e gestione
politica della verit da parte di una potenza irrazionale . E se,
infine, affrontare la lettura dei Quaderni come unopera politica
congruente con la necessit di replicare alla riduzione, perpetrata da
Benedetto Croce , di Marx a Machiavelli del proletariato, attraverso una rilettura di Machiavelli come Marx del popolo, secondo
la felice definizione proposta da Eugenio Garin .
Questa rilettura di Gramsci come politico, cio della filosofia
della praxis a partire dalla politica, prende dunque le mosse da e si
rispecchia in una parallela rilettura dellintreccio di politica e filoso
INTRODUZIONE
INTRODUZIONE
Egemonia
Ma lo spostamento impresso da Gramsci alla questione dellideologia ha conseguenze pi generali. Se infatti il pensiero non sar pi indipendente dalla trama ideologica in cui viene espresso, e se questa
trama si incorpora sempre, necessariamente, in superstrutture (cio
in rapporti sociali organizzati in un determinato modo), ne seguir
che, per essere correttamente intesa, la questione della verit andr
ripensata come momento dellanalisi dei sistemi egemonici e delle
strutture di potere a cui essi corrispondono e che contribuiscono in
modo decisivo a produrre e riprodurre. Il concetto di potere andr
allora liberato dalla riduzione a pura violenza, di cui lillusionismo
della produzione del consenso una variante; e nel concreto funzionamento dellegemonia andr individuato un legame forte con la verit, intesa come immanenza del pensiero, ovvero, in termini storicopolitici, come capacit di una classe di produrre ununificazione o un
blocco attorno ad un disegno strategico di progresso accettabile come momento direttivo dalla societ intera. Legemonia insomma una fusione reale di subordinazione e liberazione, secondo una
dialettica e una prevalenza di momenti non determinabili, per il caso
concreto, in anticipo e schematizzabili solo entro limiti certi .
La dimensione nella quale legemonia si intrama, e si intrama in
quanto allo stesso tempo esercizio del potere e costituzione di verit,
il linguaggio, inteso sia come determinata lingua nazionale, sia come
sistema di segni. La centralit del linguaggio nella filosofia della praxis
un preciso effetto delloriginaria formazione glottologica di Gramsci, in un senso che travalica di molto il pur importante dato biografico . Gramsci infatti non si limita a utilizzare lo schema linguistico come fonte o come ispirazione analogica per pensare la politica, ma
ne fa il cardine teorico attorno al quale riorganizzare la propria concezione post-metafisica dellimmanenza. Il modo in cui ci avviene,
la riduzione della realt a rete di rapporti linguistici, da intendersi come realt dei rapporti [...] di conoscenza, forma di esistenza concreta dei rapporti ideologici, dunque dei rapporti di potere nel contesto dei sistemi egemonici, come modo storicamente concreto di pro
INTRODUZIONE
I processi ideologici che costituiscono le volont collettive in ultima analisi, le identit politiche intervengono su un territorio gi
segmentato, perch sono parte della dinamica dei rapporti di forze,
che non sono mai vuoti di ideologia (di forma). La costituzione di
una nuova volont collettiva in quanto processo ideologico, non consiste nel delimitare dallesterno una materia prima (il mondo sociale), altrimenti impensabile. Come ha ben riconosciuto Alberto
Burgio , legemonia non si produce solamente nella societ civile, se
per societ civile si intende un piano superstrutturale, come lo stesso Gramsci del resto ancora fa . Egemonia si produce dappertutto,
ove vi sia un rapporto di forze, che sempre gi saturo di rappresentazioni e di funzioni connettive supportate da intellettuali (nellaccezione straordinariamente estesa che alla nozione di intellettuali viene assegnata nei Quaderni).
Qui si apre anche lo spazio per una politica comunista. Infatti, se la
realt gi sempre articolata in relazioni, che sono al contempo di oppressione e di legittimazione, esse sono sempre anche di legittimazione
e di delegittimazione (per lo stesso terreno in cui si pone, la legittimazione implica concretamente la possibilit del suo contrario). Un certo
grado di rappresentazione c insomma gi sempre, perch sempre
c gi una corrispondenza, supportata da funzioni intellettuali (cio
connettive), tra forze e ideologie . Il discrimine non tra verit
e falsit nel rapporto tra soggetto e oggetto , ma nel diverso grado di
forza e coerenza, cio potenza e immanenza di questa strategia di
rappresentazione, elemento in gioco nel conflitto delle forze, in quanto momento del costituirsi egemonico di una di esse. Potere e verit non
possono mai essere separati nellanalisi di un apparato egemonico.
Ma il movimento dellegemonia produce con s anche il proprio
limite. In quanto si innesta su un equilibrio di forze, che sposta a favore di una (o di un blocco guidato da una), legemonia riorganizza politicamente una rete di diseguaglianze in nome di un principio
universale, ma pu fare questo solo grazie al riempimento (che per
sempre una deformazione) di quel principio ideale con nuove diseguaglianze . Perfezione del sistema egemonico e sua instabilit non
sono pertanto contrari che si escludono reciprocamente: la costruzione dellegemonia la costituzione a soggettivit di una forza capace di unificare la societ, rappresentandola in un disegno coerente, razionale; ma questa rappresentazione, proprio perch riformula una
distinzione di dirigenti e diretti, legittima dei rapporti di subordina
INTRODUZIONE
zione, chiedendo e ottenendo il consenso attivo di tutti in breve: formulando politicamente uno spazio veritativo. Parzializzazione della
verit e riproposizione della verit sono i due aspetti costitutivi della
politica, se questa viene pensata alla luce della filosofia della praxis.
Intellettuali
La costituzione politica dello spazio veritativo avviene storicamente con
lo sviluppo della funzione intellettuale. Si detto dello straordinario
ampliamento di questa categoria, realizzato nei Quaderni. Comprendere tale ampliamento in tutto il suo significato di vitale importanza per
afferrare il concetto di egemonia e il progetto della filosofia della praxis.
Qui occorre rifarsi almeno al saggio sulla questione meridionale, scritto nei mesi immediatamente precedenti larresto. In questo testo, nei cui
risultati Gramsci indica il punto di partenza del proprio programma di
ricerca in carcere , lo strato degli intellettuali e il suo sviluppo differenziato nei vari Paesi vengono individuati come funzione decisiva nellorganizzazione dello Stato e nella concreta mediazione tra governanti
e governati . Tale mediazione consiste in unattivit politica e ideologica variamente centralizzata e coordinata (ai diversi livelli e nei diversi campi: economico, politico, religioso, culturale), che controlla e
compensa (in quanto sempre interagisce con) le spinte ribellistiche e disgregatrici della massa dei subalterni, offrendo loro un qualche coordinamento, una qualche forma, a condizione che tale forma sfugga al
controllo delle masse stesse. Grazie agli intellettuali, i subalterni ottengono di essere partecipi di una determinata volont collettiva, superando cos lo stato di mera disgregazione e irrelazione, ma questa volont coincide con lesercizio di un potere su di essi. Dunque il carattere unitario di questa volont e non pu che essere parziale, condizionato, perch mirante a perpetuare una distinzione tra la volont collettiva e il momento della sua articolazione e costruzione, come distinzione che giustifica e fonda un dominio politico.
Nei Quaderni questo problema viene posto al centro della riflessione sulla filosofia, perch nel nesso tra intellettuali e masse Gramsci individua il modo storicistico (cio non metafisico) di formulare il nesso tra teoria e pratica, e dunque nello sviluppo della quistione politica degli intellettuali fissa il modo in cui concretamente pu avvenire una costruzione di volont collettiva, che non coin
INTRODUZIONE
Storicismo
Quando sopra riprendendo una formulazione di Gramsci ho definito il nesso tra intellettuali e masse il modo storicistico di formulare il nesso di teoria e pratica, ho voluto sinteticamente indicare
la specifica accezione che storia, storicit e storicismo acquisiscono
nei Quaderni, accezione sulla quale vale la pena tornare . Mi pare infatti che la lettura che qui se ne propone sia originale, non possa cio
essere ricondotta a unidea di storicismo n come divenire storico di
un soggetto e della verit, originariamente correlati, alla maniera dellhegelo-marxismo di Lukcs; n come evidenziarsi alla coscienza
delle forme circolari, ideali eterne della verit, alla maniera del
neo-kantismo di Croce . Se la verit sempre legata alla politica in
modo che luna non precede e non determina laltra, non vi potr essere un soggetto in qualsiasi modo lo si voglia intendere, come
Spirito o come io penso che ne sia portatore in modo esclusivo, sia
pure nella forma dellalienazione e dello svuotamento, o in quella della limitazione critica, sospingendo gli altri sul terreno della falsa coscienza o della metafisica; perch la verit non si lega essenzialmente
a nessuna sistemazione dei rapporti di potere.
INTRODUZIONE
Di pi, per la stessa ragione non si potr neanche parlare di soggetti (plurali), di soggettivit o soggettivazione (processuale),
secondo le varie forme indebolite del Soggetto metafisico moderno,
se con tutto ci sintendono dei princip reali che unificano e conferiscono significato alla pratica, altrimenti destrutturata, di masse
umane. Il rapporto , se si ragiona con Gramsci, esattamente linverso: non c soggetto che non sia istituito dentro un racconto, cio
unarticolazione di significati; dunque, non c soggetto che non sia
immaginario. La verit di una narrazione s la sua realt, ma una
realt effettuale: la prassi, il manifestarsi della volont collettiva. Parimenti, qualsiasi soggetto storico avr la sua realt nella capacit
di essere attivo, di rovesciare effettualmente un qualche grado di immanenza e potere, tali da consolidarne istituzionalmente lesistenza.
Non a caso, il lessico del soggetto (o dei soggetti) si cercherebbe invano nei Quaderni, dove invece soggettivo si intreccia piuttosto a soggettivismo (lidealismo classico, ma anche la carenza di
realismo pratico), e solo grazie a questi due si intende la soggettivit: come attitudine attiva dinnanzi alla realt, ma anche come costante rischio di cadere nel solipsismo .
Ci non vuole dire, evidentemente, che i soggetti possano essere istituiti arbitrariamente, che ogni narrazione sia egualmente
valida, che la sua verit-potenza-immanenza sia un effetto casuale.
Lanalisi della politica in termini di egemonia mostra, come si visto pi sopra, che la realt sempre gi segmentata in rapporti di
forze, in cui verit e ideologia entrano in una tensione specifica. Di
fatto, lo storicismo assoluto gramsciano non un fondo ultimo
dellessere, unopzione metafisica che decreta luniversale relativit
delle cose umane. Esso precisamente il radicale rifiuto di qualsiasi essenzialismo e di qualsiasi teleologia aprioristica , grazie alluniversalizzazione della contingenza del legame tra verit e politica. Perci, quando tenta di darne una definizione, Gramsci lo caratterizza come assolutizzazione di due tesi: quella del carattere
ideologico della conoscenza (storicismo come liberazione totale
da ogni ideologismo, [...] reale conquista del mondo storico )
e quella dellimmanenza (storicismo come mondanizzazione e terrestrit assoluta del pensiero ). Queste due tesi, gi presenti nella cultura occidentale, possono trovare la loro compiuta, non contraddittoria formulazione teorica, solo perch per la prima volta diventano tesi pratiche.
Si pu pertanto anche dire che lo storicismo gramsciano una risposta a diversi possibili esiti dello storicismo. Anzitutto allesito essenzialistico, di cui si appena parlato. Ma anche a quello nichilistico, come Gramsci se lo trovava dinnanzi nellattualismo gentiliano, a
sua volta debitore della concezione giovane-hegeliana di una filosofia della praxis, e di quella fichtiana dellazione-atto. Tocchiamo
qui il tema della praxis, dellidea stessa del marxismo come filosofia
della praxis, nella forma, immediatamente, dei rischi che ad essa sono legati. Sar bene pertanto affrontare direttamente questo problema esaminando il concetto di attualit, che non casualmente corrisponde a ci che Gramsci nei Quaderni definisce, con sempre maggiore lucidit e consapevolezza, filosofia della praxis.
Lidentit o meglio, per dirla con Gramsci, lunit di teoria e
pratica, di filosofia e politica qualcosa che egli stesso afferma di essersi chiarito solamente nei Quaderni , dunque qualcosa con cui
egli consapevolmente afferma uno stacco rispetto a gran parte del
proprio pensiero precedente. Ora, loriginalit della filosofia della
praxis sta in ci, che questa forma di unit non va intesa n come
distinzione nel quadro di una superiore unificazione (al modo di Croce), n come opposizione dialettica (al modo di tanto marxismo), n
come identit immediata (al modo di Gentile), ma come equazione,
un termine che lo stesso Gramsci usa per indicare il fatto che i due
momenti, come i termini di unequazione matematica, sono la stessa
cosa in forme differenti, laddove tanto lidentit nel contenuto quanto la differenza nella forma (nella formulazione linguistica) svolgono
un ruolo essenziale, dato che, se non ci fossero entrambi, non avrebbe senso porre le due grandezze una dinnanzi allaltra, separate dal
segno di uguaglianza, che le distingue (per la forma) ponendole come identiche (per il contenuto).
Solo se sintende il nesso teoria-pratica come equazione teoriapratica, diventa possibile pensare la storia e la politica come identiche, senza che ci significhi vanificare questa identit in un parallelismo, come accade in Croce, o subordinare una allaltra, come accade nel marxismo sovietico, o cadere in quel misticismo e in quellimmediatismo, di cui Gramsci trova unesemplare comparsa nellattualismo di Gentile e della sua scuola. Storia e politica sono per Gramsci
identiche, nel senso preciso che la storia diventa adeguatamente comprensibile solo se riletta alla luce dellequazione di teoria e pratica, i
fatti e le circostanze vengono risolti in altrettanti rapporti di for
INTRODUZIONE
ze e in altrettante forme pratiche, in ultima istanza politiche, di esercizio del potere (cio, si ricordi sempre, di costituzione di verit). La
storia non perde la sua durezza, non diventa immediatamente e liberamente malleabile come accade in Gentile : i fatti continuano a esercitare il loro dominio, la loro cogenza, ma vengono recuperati alla politica, anzi allapertura e alla contingenza costitutiva di ogni politica,
anche di quella che reduce da una sconfitta catastrofica, anche di
quella che ha impersonato un ruolo perdente e subalterno. Non sono
pi espressione di un processo ineluttabile, n di una logica sulla quale si pu intervenire solo dallesterno; ridiventano espressione
di una lotta sempre aperta, il cui esito pu solo essere provvisorio; una
lotta tra forze, la cui organizzazione e la cui capacit espansiva definiscono in ultima istanza la potenza, e che quindi non possono
neanche essere definite come dei soggetti sempre uguali che si affrontano con alterne fortune nellagone della storia universale.
Traducibilit
Il modello alla base del rapporto teoria-pratica come equazione evidentemente quello linguistico: le lingue dicono in modo differente la
stessa cosa; o meglio, possono dire la stessa cosa, perch sono differenti. C insomma una differenza che non solo non impedisce, ma
anzi ci che rende possibile lidentit, identit che a sua volta si pu
affermare solo nella differenza come traduzione orizzontale, da una
lingua a unaltra e non oltrepassandola verticalmente nel mito di
una lingua universale, o primigenia, o mentale. Le particolarit e datit storiche e geografiche non sono accessorie, n derivate: sono invece tutto ci che di essenziale la filosofia della praxis pu riconoscere nella realt: il livello che Gramsci chiama con Vico filologico
e che per questo non potr mai essere n definitivamente n completamente assorbito nella verit filosofica, che anzi non potr che essere verit di questa contingenza.
Se la filosofia della praxis il tentativo di pensare lequazione di
filosofia e politica come modo per fare presa sullattualit (cio di
collocarsi nella unit di storia e politica), ci che progressivamente le
conferisce uno statuto proprio, rendendola irriducibile a una filosofia del lavoro, a uno storicismo umanistico che intende far emergere la soggettivit dei produttori, proprio linterazione con il pa
INTRODUZIONE
Immanenza
La filosofia della praxis il nome che Gramsci d alla propria personalissima maniera di ripensare il marxismo, insomma al marxismo che
ci consegna. Questa maniera pu essere ricostruita, nella storia dei Quaderni, come una traiettoria che dal materialismo storico conduce verso
la scienza della politica grazie alla progressiva sostituzione dellimmanenza al materialismo come sfondo e fonte della filosofia di Marx.
Lintroduzione di questo nesso rende necessaria qualche spiegazione. Anzitutto, il passaggio dal materialismo storico alla scienza
della politica non un superamento della filosofia. Chiunque ritenga
che la grandezza di Gramsci consiste nellaver preso congedo, nei
Quaderni, dalle bizzarrie della filosofia giovanile, e nellaver prodotto, con la nozione di egemonia, una teoria positiva del funzionamento del potere nelle societ occidentali moderne, riduce in realt
Gramsci a Engels, cio al fondatore del marxismo come materialismo
storico. Tutto lo sforzo teorico di Gramsci consiste proprio nel decostruire il materialismo storico, ci significa appunto decostruire lidea che si possa dare una concezione scientifica della storia, una
concezione sottratta a quel nucleo ideologico (e pertanto pratico, politico) presente in ogni filosofia. La scienza della politica (o scienza politica) poi, dopo quanto detto sopra sulla scienza, non potr
essere confusa con nessuna forma di sapere positivo indipendente da
una dimensione ideologico-politica. Essa, per come Gramsci la sviluppa, una concezione strategica della realt come politica (praxis),
una concezione che cio contiene nel proprio dispositivo teorico un
rapporto costitutivo con la pratica, dunque con la parzialit che il
conflitto sociale incide nella teoria.
Questo passaggio dal materialismo storico allimmanenza, come
credo di aver documentato, pienamente avvertibile negli anni -,
ma non giunge a sistemarsi completamente. In ogni modo, esso reso possibile proprio dallirruzione critica della filosofia della praxis
nel materialismo storico, nel suo platonismo di fondo, nellintera
architettura dualistica che lo percorre (circostanze oggettive e iniziativa soggettiva, essere e coscienza, determinazione in ultima istanza
ecc.). Gramsci avvia la prima serie di Appunti di filosofia con la duplice rivendicazione dellesistenza di una filosofia ricavabile dallinterno del marxismo, e del carattere immanentistico di questa filosofia. Tutta la sua lettura della Prefazione del a Per la critica delleconomia politica, il celebre testo contenente la metafora architettonica di base e sovrastruttura, si costruisce attorno a questa duplice esigenza, ma per ci stesso di quel testo rappresenta una vera e propria
riscrittura: ridando vita alle metafore che Marx in esso utilizza e
perci storicizzandone i concetti, Gramsci ottiene il risultato di
estrarre da quel testo limmanenza dei rapporti di forze. Ma ci
reso possibile dallaver individuato il nocciolo della filosofia di Marx
nel nesso tra Tesi su Feuerbach e Miseria della filosofia, e non in quello tra Miseria della filosofia e Capitale (passando per la Prefazione) .
Mi soffermer a lungo su questi aspetti nel CAP. . Credo per che valga qui la pena richiamare ancora una volta lattenzione sulloriginalit di questa interpretazione di Marx, che non n economicistica
n umanistica (il concetto di alienazione non svolge alcun ruolo nel
pensiero di Gramsci ); e si incentra sulla lettura in chiave di filosofia della praxis di un testo, la Miseria della filosofia (dal punto di vista teorico [...] in parte [...] lapplicazione e lo svolgimento delle Te
INTRODUZIONE
si su Feuerbach ), che stato invece, e viene tuttora letto, quasi sempre come primo saggio del materialismo storico .
A partire da qui, Gramsci pu riattivare un itinerario di Marx, sul
quale lo sviluppo complessivo del suo pensiero ha gettato unombra:
litinerario che dalle Tesi su Feuerbach conduce alle Lotte di classi in
Francia passando per la Miseria della filosofia, Lavoro salariato e capitale e il Manifesto. Facendo riemergere questo Marx precedente la
drammatica svolta rappresentata dal Brumaio, Gramsci giunge a ripensare completamente il rapporto tra storia e crisi, tra struttura e
congiuntura, facendo della storia non la premessa di una crisi, che sarebbe lesplosione di una serie di contraddizioni accumulatesi nel
tempo piatto dello sviluppo, ma la strategia riuscita della sua disattivazione. La crisi diventa la condizione permanente della storia,
che perde il carattere stadiale e unitario che possiede nel materialismo storico, per diventare lintreccio complesso e sempre specifico
di rapporti di forze disposti, intrecciati e contrapposti dato lo spazio scisso e, insieme, interdipendente del potere moderno nei piani nazionale e internazionale.
Vengo cos al secondo chiarimento. Quando parlo di sostituzione
dellimmanenza al materialismo come sfondo e fonte della filosofia di
Marx, non intendo vanificare la tesi gramsciana delloriginalit di
Marx. Quella originalit, scrive Gramsci, consiste non solo nellaver assegnato alla filosofia dei nuovi contenuti, ma nellaver avviato una modalit nuova del fare filosofia . Questa modalit consiste nellessenziale nellaver dichiarato, nella seconda delle Tesi su Feuerbach, che la
quistione se al pensiero umano appartenga una verit obbiettiva, non
una quistione teorica, ma pratica , e (nellottava) che la vita sociale essenzialmente pratica. Tutti i misteri, che sviano la teoria verso il
misticismo, trovano il loro scioglimento razionale nella praxis umana e
nel concetto di questa praxis . Gi Hegel aveva posto il problema
dellimmanenza del pensiero allessere in termini pratici (storici), rifiutando di porre la questione della conoscenza nei termini giuridici della sua legittimit, come aveva fatto Kant; ma solo con Marx che lo
spostamento della questione della verit del pensiero dalla teoria alla
pratica viene formulato come una questione storico-politica . Limmanenza la tradizione sulla quale Marx interviene innovando: per questo essa va posta di nuovo sullo sfondo del suo intervento, se se ne vuole comprendere linaudita forza innovativa. Se invece viene letta nel solco della tradizione materialistica, come propone Engels nellAntidh
ring e nel Ludwig Feuerbach, la filosofia di Marx non potr che aggirarsi intorno alle mille forme risorgenti del dualismo di essere e coscienza, come la storia del marxismo mostra ampiamente.
Limmanenza dunque una tesi filosofica cruciale e ineludibile a
chiunque affronti il compito di una ricostruzione della gramsciana filosofia della praxis. Ma essa stata a lungo liquidata con delle mere
preterizioni, quasi che Gramsci non si fosse nettamente espresso in
proposito . Ho perci dedicato a questo concetto nel CAP. una ricostruzione accurata, in cui spiccano almeno due aspetti. Anzitutto,
la continuit del tema nellintero itinerario intellettuale di Gramsci: si
potrebbe quasi dire che lidealismo volontaristico giovanile e la filosofia della praxis dei Quaderni sono due diverse e per molti versi opposte maniere di dare una risposta alla medesima questione, limmanenza appunto. In secondo luogo, limmanenza si gioca nei Quaderni fondamentalmente attorno a tre accezioni come uso immanente
della ragione (nel senso kantiano), come immanenza di soggetto e oggetto (nel senso neo-idealistico) e come terrestrit assoluta e critica
di ogni ideologismo (nel senso antimetafisico). Ci che credo di aver
mostrato, che le prime due vengono via via rilette alla luce della terza, e ad essa subordinate. Quando questo avviene, la filosofia della
praxis, liberandosi degli idoli negativi (Bucharin, contro cui viene
svolta la tematica kantiana) e positivi (Croce, di cui in un primo tempo si accetta la critica ai residui di metafisica presenti nellidea hegeliana della natura come negativit), si riallaccia finalmente a quei modelli di pensiero che, come nella linea che da Machiavelli conduce a
Bruno e a Spinoza, hanno radicalizzato lumanismo fino a farne unarma di critica dellideologia e quindi della metafisica.
In questo quadro, il passaggio pi delicato senzaltro il rapporto
con Croce. Gramsci avvia la propria decostruzione del materialismo
storico proprio poggiando, in modo contraddittorio rispetto alle proprie premesse, sulla crociana teoria dei distinti. In modo contraddittorio, perch luso di questo modulo critico smentisce loriginalit filosofica di Marx. Nei Quaderni vi dunque una duplice movenza, che
ho tentato di documentare, tra ladozione della concezione neo-idealistica dellimmanenza e il ritorno a Hegel, cio alloggetto polemico
di cui entrambi i neoidealisti nostrani avevano criticato allinizio del
Novecento la concezione insufficiente e incoerente dellimmanenza.
Come intendere questo ritorno a Hegel? Quando Gramsci, nel
, giunge a scrivere che il paragone hegeliano tra Francia e Ger
INTRODUZIONE
mente relegato a mero oggetto di politiche sociali, esattamente quando se ne richiede la mobilit e liniziativa.
Dinnanzi a questa linea, Gramsci formula fin dallinizio una scelta
globalmente alternativa. In questione non qui ovviamente la continuit, da lui presto messa in questione, tra Hegel e Croce, ma la modalit passiva dellegemonia propria allidealismo in tutte le sue manifestazioni. Fuori dal cerchio magico dellidealismo Gramsci cerca dunque fin dallinizio, al di l di tutte le incertezze (si detto dei distinti crociani), le premesse del legame di Marx con limmanentismo. Nel maggio lo indica in Bruno , nel dicembre dello stesso anno, in modo
assai pi impegnativo, in Machiavelli , quindi, dopo uno spunto
goethiano nel marzo , nellaprile dello stesso anno lo trova in Ricardo . Solitamente la conquista di una propria personale posizione
da parte di Marx, con il congedo dallidealismo, viene ricostruita come
abbandono della filosofia. In realt, quella irruzione della storia reale
nellideologia che rese possibile a Marx una scoperta irriducibile a
qualsiasi superamento teorico , viene letta da Gramsci come un fatto che investe dallinterno lo statuto della filosofia, trasformandolo. Gi
in riferimento a Machiavelli filosofo della praxis, lo storicismo marxista si definiva come un realismo che rifiuta elementi metafisici e pensa
il pensiero come efficacia. Quel tanto di ingenuit ancora presente nellidea di una prassi concreta alternativa alle astrazioni ideali, viene eliminata quando, nel confronto di Marx con Ricardo, il fuori della metafisica acquister lo statuto di una vera a propria concezione filosofica, con la teoria dellastrazione determinata come potenza ideologica, pratico-politica e, in quanto tale, forma di conoscenza.
Il Ricardo a cui pensa Gramsci quello della Miseria della filosofia: lideologo della borghesia in ascesa, se con ideologia sintende, come Marx qui fa, non la falsa coscienza, ma la capacit del pensiero
di fare presa sulla realt, pensandone concretamente quanti pi elementi possibile da un punto di vista di classe preciso, che sintende far
trionfare. Ricardo, dunque, un fatalista (cos lo classifica Marx, insieme a Smith), cio potremmo dire un teorico del mercato determinato come spazio di determinismo, perch rappresenta una borghesia che, lottando ancora contro i resti della societ feudale, lotta
per aumentare le forze produttive . Luniversalit della teoria ricardiana sta nellespansivit politica della borghesia capitalistica: il mondo che egli pensa un mondo in cui il capitale mette in moto tutti
i rapporti, assimilandoli a s, il mondo della rivoluzione perma
INTRODUZIONE
nente schizzato nel Manifesto lanno successivo, e che sar alla base,
una volta liberato dai limiti di classe della borghesia (cio una volta assunto nella sua reale universalit e non solo come temporaneo strumento di conquista della supremazia), della stagione politica e filosofica di Marx fino a Le lotte di classi in Francia.
Ecco allora la ragione di questo riferimento a Ricardo. Solo qui
Marx e con lui Gramsci poteva trovare le premesse di unimpostazione realmente alternativa alla rivoluzione passiva, perch in essa
i rapporti teorici e pratici del moderno vengono visti come un insieme globale di relazioni, la cui verit sta non nella sintesi che solo
la sfera separata dellintelligenza sa dare, come afferma lidealismo,
ma nella relazione globale, immanente, di tutto con tutto. La verit
astratta delle categorie delleconomia politica sta infatti nella loro potenza pratica, in quanto riassumono i movimenti della borghesia in
tutti i suoi aspetti e in tutte le sue tendenze, deterministicamente poste come infinite.
Concludendo su questo punto, diremo dunque che sia Ricardo, sia
Hegel sono fonti filosofiche di Marx (in un certo senso mi pare si
possa dire che la filosofia della praxis uguale a Hegel + Davide Ricardo ), perch sono allorigine di due distinti elementi che si ritrovano, rielaborati, nelle Tesi su Feuerbach, che ne sono la somma o pi
precisamente la sintesi: il pensare insieme lunit di teoria (filosofia)
e pratica (politica) e, rispettivamente, il carattere pratico, mondano,
profano, in una parola immanente della verit, ossia una concezione
dellunit di teoria e pratica che non viene pensata a partire dalla teoria, ma come questione essa stessa pratica. Loriginalit filosofica del
marxismo sta insomma nellaver riletto la traducibilit dei linguaggi
(Hegel) in modo realistico (non speculativo) grazie alla immanenza
storicistica o realistica (Ricardo), producendo cos una nuova concezione filosofica, che, strutturalmente, non potr non essere, al contempo, una politica, unegemonia. O si potrebbe anche dire, in altro linguaggio, che loriginalit del marxismo sta nellaver ritrovato, dentro la
rivoluzione passiva (Hegel), la rivoluzione in permanenza che essa neutralizzava, grazie alluniversalit non separata delle categorie delleconomia politica (Ricardo). Avendo laccortezza di aggiungere, beninteso, che questo ritrovamento reso possibile dallaver spinto
limmanenza ricardiana oltre se stessa, dove essa non avrebbe mai potuto giungere: allidea di una permanenza del movimento (della storia)
come unica realt possibile delluniversalit delle categorie.
Religione
A partire da questa, che mi pare la formulazione pi matura della filosofia della praxis, pu essere adeguatamente affrontata la questione
della filosofia come religione, o se si vuole come riforma intellettuale e
morale. Che il marxismo debba presentarsi come una riforma intellettuale e morale, che il moderno Principe debba affrontare, tra le proprie priorit, la questione religiosa: ecco delle affermazioni che, cos
prese, rischiano di essere grossolanamente fraintese. Quando Gramsci
parla di religione intende, esattamente come faceva Machiavelli, non
certo il contenuto di rivelazione della fede in questione, cio la sua verit trascendente, ma il suo contenuto di potenza politica, ossia la sua
verit effettuale. Se spostata su questo piano, la questione religiosa diventa la questione di ogni concezione del mondo che, in quanto credenza, sia capace di motivare allazione masse umane rilevanti.
Porsi la questione religiosa significa dunque per un partito politico confrontarsi con la potenza-realt dellideologia. In definitiva, la
religione la risultante effettuale, dal punto di vista di grandi masse
umane, di un sistema egemonico. Questo infatti determina, come si
visto, le categorie stesse con le quali il mondo viene pensato e in
tal modo determinato, quindi anche il modo in cui queste categorie rendono possibili dei miti, dei racconti che non solo unificano lesperienza altrimenti disgregata di ampie masse umane, ma le
conferiscono una soggettivit unitaria che rende quelle masse capaci di immaginarsi come politicamente attive ed efficaci. Ci sar
dunque un rapporto necessario tra forma dellegemonia e forma della religione. Qui si ripete la medesima struttura incontrata pi sopra
a proposito degli intellettuali, e risoltasi nella dicotomia rivoluzione
passiva/rivoluzione in permanenza. Ci che interessa a Gramsci determinare non il contenuto materiale della politica religiosa del
moderno Principe, ma, si potrebbe dire, la modalit della sua produzione, nellarticolazione complessiva che tiene insieme il progetto
egemonico e la cultura che ad esso si vuole far corrispondere. E qui,
ancora una volta, la dicotomia tra unegemonia costruita sulla base
della separazione tra masse e intellettuali, con la ricaduta culturale
della distinzione tra filosofia per i secondi e religione cattolica per le
prime; e unegemonia costruita, al contrario, come una rivoluzione in
permanenza di tutti i rapporti ideologici, che ponga al suo centro lunit necessaria di intellettuali e masse.
INTRODUZIONE
Ma, una volta passata attraverso la filosofia della praxis, questa tradizione viene riformulata, a questo punto sar chiaro, come unit di
teoria e pratica in quanto forma efficace della critica, perdendo quel
tanto di privativo e di antitetico (in definitiva di subalterno rispetto a una determinata religione) presente nellateismo e nellanticlericalismo moderni, e traducendosi in una forma di cultura superiore che rinnova il laicismo tradizionale, mettendosi in grado di
dare risposte a tutte le domande di unumanit che voglia essere compiutamente moderna . Non pi dunque dire di no allautoritarismo, non pi solo scindersi dalla falsa comunit, ma fabbricare una
propria civilt, con criteri e parametri sorti dal suo interno, dalla sua
forma di vita, a condizione che questa forma di vita attualizzi nella
sua stessa articolazione (nazionale e internazionale) la permanenza
del movimento di tutti i rapporti sui quali, in definitiva, sempre poggia: che una definizione realistica di democrazia.
Nota al testo
Capitoli o parti di capitoli sono stati pubblicati in altra sede. In tutti
i casi, i testi sono stati comunque sottoposti a un lavoro di riscrittura, che ha spesso condotto a integrare o anche a mutare le interpretazioni in essi proposte.
Il CAP. si basa principalmente su La filosofia della praxis nei
Quaderni del carcere di Antonio Gramsci, in Isonomia. Rivista di
INTRODUZIONE
Filosofia, , http://www.uniurb.it/Filosofia/isonomia/%
frosini.pdf (in forma fortemente abbreviata anche in F. Frosini, G.
Liguori, a cura di, Le parole di Gramsci. Per un lessico dei Quaderni
del carcere, Carocci, Roma , pp. -).
Il CAP. si basa su Limmanenza nei Quaderni del carcere di Antonio Gramsci, in Isonomia. Rivista di Filosofia, , http://www.
uniurb.it/Filosofia/isonomia/frosini.pdf.
Il CAP. riprende spunti e spezzoni analitici gi proposti in vari
testi: Sulla traducibilit nei Quaderni di Gramsci, in Critica
marxista, n.s., , , pp. -; Immanenza e materialismo storico
nei Quaderni del carcere di Gramsci, in Quaderni materialisti,
, , pp. -; Come dalle strutture nasce il movimento storico?,
in NAE. Trimestrale di cultura, VI, , , pp. -; Gramsci y la
sociedad. De la crtica de la sociologa marxista a la ciencia de la poltica, in Revista internacional de Sociologa, LXV, , , pp. -.
Il CAP. riprende parti di due testi: Gramsci lettore di Croce e Weber (Rinascimento, Riforma, Controriforma), in C. Lastraioli (d.),
Rforme et Contre-Rforme lpoque de la naissance et de laffirmation des totalitarismes (-), Brepols, Turnhout , pp. -,
e la relazione su Riforma e Rinascimento tenuta al gi ricordato seminario della IGS sul lessico dei Quaderni (una versione fortemente
abbreviata apparsa in Le parole di Gramsci, cit., pp. -).
Note
. Cos intitola G. Liguori il capitolo relativo, nel suo Gramsci conteso. Storia di
un dibattito -, Editori Riuniti, Roma , pp. -.
. In un ambito inevitabilmente pi ampio di quello italiano e anche europeo,
la categoria di rivoluzione passiva si dimostra sempre pi feconda nel rendere visibile, oggi, lintreccio strutturale di mobilitazione e passivizzazione. Cfr., tra i contributi pi recenti: P. D. Thomas, Modernity as passive revolution: Gramsci and the
Fundamental Concepts of Historical Materialism, in Journal of the Canadian Historical Association / Revue de la Socit historique du Canada, XVII, , , pp. -;
T. Barfuss, Active Subjects, Passive Revolution. Agility, Cleverness and Irony in Contemporary Society, in Cultural Studies, XXII, , , pp. -; A. Burgio, Senza
democrazia. Per unanalisi della crisi, DeriveApprodi, Roma , pp. -.
. La Bibliografia gramsciana, a cura di J. M. Cammett, F. Giasi, M. L. Righi, disponibile in linea (http://.../bibliografiagramsci), costantemente aggiornata e conta attualmente quasi . titoli.
. Sul terreno della filologia dei Quaderni del carcere, i due spartiacque sono ledizione critica curata da Valentino Gerratana (Einaudi, Torino ) e il libro di Gianni Francioni, Lofficina gramsciana. Ipotesi sulla struttura dei Quaderni dal carcere, Bibliopolis, Napoli . Francioni ha proseguito e approfondito lo studio del testo dei
Quaderni, approdando a un nuovo progetto di edizione critica, in corso di pubblicazione nellambito dellEdizione nazionale degli scritti di Antonio Gramsci. Sul piano
storiografico, nella produzione e nellanalisi di nuovi documenti si distinto Giuseppe Vacca, con i primi saggi di una ricostruzione che dovrebbe rendere possibile una
nuova biografia. Cfr. il profilo sintetico Gramsci, Antonio, in Dizionario biografico degli italiani, , Istituto della Enciclopedia Italiana, Roma , pp. -.
. Il seminario ha prodotto un primo risultato: F. Frosini, G. Liguori (a cura di),
Le parole di Gramsci. Per un lessico dei Quaderni del carcere, Carocci, Roma ,
con contributi di Giorgio Baratta, Derek Boothman, Giuseppe Cospito, Lea Durante, Fabio Frosini, Guido Liguori, Rita Medici, Marina Paladini, Giuseppe Prestipino, Pasquale Voza. Cfr. ora G. Liguori, P. Voza (a cura di), Dizionario gramsciano -, Carocci, Roma .
. Questa distanza epistemica rispetto alla prima edizione stata sottolineata
a pi riprese da R. Mordenti, di cui si veda il bellissimo saggio Quaderni del carcere di A. Gramsci, in Letteratura italiana: Le opere, IV., dir. da A. Asor Rosa, Einaudi, Torino , pp. -, da integrare ora con Id., Gramsci e la rivoluzione necessaria, Editori Riuniti, Roma , pp. -.
. Cfr. il mio Gramsci e la filosofia. Saggio sui Quaderni del carcere, Carocci,
Roma , Parte prima.
. Non si tratta [...] di descrivere il pensiero di Gramsci, ma di pensarlo; in rapporto alla sua situazione e a quella di oggi, differenzialmente. Cio di mettere alla
prova quelle categorie (C. Luporini, [Intervento], in PSG, II, pp. -, qui ).
. Cfr. evidentemente, per analogia, R. Rosdolsky, Genesi e struttura del Capitale di Marx, trad. it. di B. Maffi, Laterza, Bari .
. , (Q, ).
. Cfr. P. Togliatti, Il leninismo nel pensiero e nellazione di A. Gramsci (Appunti) (), in Id., Scritti su Gramsci, a cura di G. Liguori, Editori Riuniti, Roma
, pp. -.
. Ivi, p. .
. Cfr. gi E. Ragionieri, Gramsci e il dibattito teorico nel movimento operaio internazionale, in Id., Il marxismo e lInternazionale. Studi di storia del marxismo, Editori Riuniti, Roma , pp. -, qui -; e G. Vacca, Gramsci e Togliatti, Editori Riuniti, Roma , pp. s. e nota.
. Togliatti, Scritti su Gramsci, cit., p. .
. Cfr. ibid.: La sua concezione della politica rifugge sia dalla strumentalit, sia
dallastratto moralismo e dalla elaborazione dottrinale astratta. [...] Non vi pu essere dubbio che la politica, in questo modo intesa, [...] non pi momento passionale e non pi meschina mostra di abilit.
. B. Croce, Per la interpretazione e la critica di alcuni concetti del marxismo
(), in Id., Materialismo storico ed economia marxistica (), Laterza, Bari ,
pp. s., ; Id., Machiavelli e Vico La politica e letica (), in Id., Etica e politica (), Laterza, Bari , pp. -.
. E. Garin, Antonio Gramsci nella cultura italiana, in SG, pp. -, qui s.
Cfr. inoltre G. Procacci, Machiavelli rivoluzionario, introduzione a N. Machiavelli,
Opere scelte, a cura di G. F. Berardi, Editori Riuniti, Roma , pp. XIII-XXXVI.
. , (Q, ).
. , (Q, ).
. Laddove il dover-essere ritorna in forma di acre amarezza (Croce, Etica e
politica, cit., p. ). Cfr. anche la lettura della Mandragola come tragedia percor-
INTRODUZIONE
sa dal limitato e tormentato sentire doloroso dellautore, in Id., Intorno alla commedia italiana del Rinascimento, in La Critica, XXVIII, , , pp. -, qui .
. Questi passaggi ne contengono implicitamente un altro, su cui Gramsci non
si pronuncia esplicitamente: la lettura del concetto di una verit effettuale della cosa di Principe, XV come unit di apparenza e verit sul terreno della pratica, che , a
ben vedere, la premessa del concetto di ideologia presente nei Quaderni.
. , (Q, ).
. Ibid.
. , (Q, s.).
. Su questa accezione del termine cfr. F. Frosini, Tradurre lutopia in politica.
Filosofia e religione nei Quaderni del carcere, in Problemi, , n. , pp. -.
. , (Q, s.).
. I, (Q, ).
. Cfr. K. Marx, Miseria della filosofia. Risposta alla Filosofia della miseria di
Proudhon (), trad. it. di F. Rodano, Editori Riuniti, Roma , pp. -.
. Per cui, come scrive Marx, gli economisti hanno un singolare modo di procedere. Non esistono per essi che le istituzioni dellarte e quelle della natura. Le istituzioni del feudalismo sono istituzioni artificiali, quelle della borghesia sono istituzioni naturali. [...] Cos c stata storia, ma ormai non ce n pi (ivi, p. ).
. Tende giustamente a relativizzare la distanza da Marx, senza per riferimenti
alla Miseria della filosofia, G. Liguori, Ideologia, in Frosini, Liguori (a cura di), Le
parole di Gramsci, cit., pp. -.
. Che definizione di Engels, non di Marx. Cfr. la lettera a F. Mehring del
luglio (in MEW, , pp. -, qui ).
. Una rapida ricostruzione delle diverse accezioni di ideologia da Marx a
Gramsci in F. Fergnani, Il concetto di ideologia nel materialismo storico, in Rivista
di Filosofia, LVI, , , pp. -. Cfr. anche Id., Marxismo e filosofia contemporanea, Gianni Mangiarotti Editore, Cremona [s.d., ma ], pp. -.
. Cfr., in questa direzione, E. Balibar, Lieux et noms de la vrit, Editions de lAube, [s.l.] ; e I. Garo, Lidologie ou la pense embarque, La Fabrique, Paris .
. Questa adesione non nulla di naturalistico, consistendo essa nel porre la
realt delle lotte alla base della teoria, ridefinendo contestualmente la verit come universalizzazione pratica (cfr. supra la distinzione tra ideologia arbitraria, ideologia-egemonia e filosofia-egemonia).
. La fortuna che la categoria di egemonia conosce oggi (pari solo a quella gi
ricordata di rivoluzione passiva) non sembra aver ancora condotto a una diffusa
consapevolezza delle sue complessit e originalit. Cfr. per esempio, R. Howson, K.
Smith (eds.), Hegemony. Studies in Consensus and Coercion, Routledge, New York
, in partic. il contributo di H. Matsuda e K. Ohara, Hegemony and the Elaboration of the Process of Subalternity (pp. -). Cfr. invece, per una riflessione capace
di dare conto dellambivalenza costitutiva dei processi egemonici, E. Laclau, Identity and Hegemony: The Role of Universality in the Constitution of Political Logics, in
J. Butler, E. Laclau, S. -i=ek, Contingency, Hegemony, Universality. Contemporary
Dialogues on the Left, Verso, New York , pp. -.
. Sulla formazione linguistica di Gramsci cfr. F. Lo Piparo, Lingua, intellettuali, egemonia in Gramsci, Laterza, Roma-Bari , pp. -; sul rapporto tra egemonia e linguistica: P. Ives, Language and Hegemony in Gramsci, Pluto Press, London , pp. -; e ora G. Schirru, La categoria di egemonia e il pensiero lingui-
INTRODUZIONE
. Proprio nel senso in cui Marx scrive, nella Prefazione a Per la critica delleconomia politica, che le forme ideologiche corrispondono, entsprechen, ai rapporti sociali (MEW, , p. ).
. Soggettivo infatti, per Gramsci, ci che tendenzialmente si circoscrive a
singoli individui reciprocamente irrelati, oggettivo ci che tendenzialmente interessa unitariamente vasti gruppi, al limite il genere umano. Quindi per lui il vero soggetto loggetto, cio linsieme contraddittorio dei rapporti sociali.
. Si ha cio la realizzazione di ununiversalit ideale (sovversione in nome di una rivendicazione egualitaria universale) in ununiversalit fittizia (sistema
egemonico regolato, in cui la libert e lemancipazione possono darsi solo entro stabili quadri ideologici di normalit). Cfr. E. Balibar, La paura delle masse. Politica
e filosofia prima e dopo Marx (), trad. it. di A. Catone, Mimesis Eterotopia, Milano , pp. -.
. Cfr. E. Laclau, New Reflections on the Revolution of Our Time, Verso, London , p. ; Id., Power and Representation, in Id., Emancipation(s), Verso, London , pp. -, qui .
. Laclau, Mouffe, Hegemony and Socialist Strategy, cit., pp. s., con riferimento a Derrida.
. Ivi, p. .
. Ivi, p. . Laclau ha successivamente approfondito la ricerca attorno al carattere negativo della struttura ontologica del sociale, senza modificare la sostanza del proprio argomento. Cfr. New Reflections, cit., pp. -, e Why do Empty Signifiers Matter to Politics?, in Id., Emancipation(s), cit., pp. -.
. Cfr. la lettera a Tania Schucht del marzo , in LC, .
. A. Gramsci, La costruzione del Partito comunista. -, a cura di E. Fubini, Einaudi, Torino , p. .
. Ivi, p. .
. , (Q, ).
. Cfr. G. Vacca, La quistione politica degli intellettuali e la teoria marxista
dello Stato nel pensiero di Gramsci, in Lavoro critico, II, , , pp. -.
. , (Q, ).
. S. Avineri, Hegels Theory of the Modern State, Cambridge University Press,
Cambridge , p. .
. G. W. F. Hegel, Grundlinien der Philosophie des Rechts oder Naturrecht und
Staatswissenschaft im Grundrisse, , in Id., Werke, hrsg. von E. Moldenhauer, K.
M. Michel, Bd. , Suhrkamp, Frankfurt a.M. , p. .
. Sottolinea questo lavoro di mobilitazione e formazione P. Salvucci, Lezioni
sulla hegeliana Filosofia del diritto. La societ civile, nuova ed. riv. e ampl. a cura di
L. Sichirollo, P. Venditti, Guerini e Associati, Milano , pp. - (commento ai
-).
. Nellelemento cetuale del potere legislativo lo stato privato acquisisce significato politico ed efficacia. Cos, esso non pu comparire n come mera massa indifferenziata, n come quantit sciolta nei suoi atomi, ma come ci che esso gi , vale a
dire suddiviso nel ceto fondato sui rapporti sostanziali, sui bisogni particolari e sul lavoro che li media (ivi, , ed. cit., p. ). Qui Hegel rinvia al cit. supra.
. Avineri, Hegels Theory of the Modern State, cit., p. . Cfr. Hegel, Grundlinien, s., ed. cit., pp. s.
. Cfr. Laclau, Power and Representation, cit., pp. -. Sulla strategia hobbesiana come neutralizzazione del potere cfr. Id., Why do Empty Signifiers Matter to Poli-
tics?, cit., pp. , s. Sulle ricadute di questa concezione della rappresentazione politica nella concezione del rapporto tra massa, classe, partito e Stato nella pratica concreta
dellegemonia, cfr. Laclau, Mouffe, Hegemony and Socialist Strategy, cit., pp. s., .
. Per una messa a punto cfr. Liguori, Voza (a cura di), Dizionario gramsciano
-, cit., s.v. Storicismo, di G. Cacciatore.
. Cfr. F. Valentini, La controriforma della dialettica. Coscienza e storia del neoidealismo italiano, Editori Riuniti, Roma , in partic. pp. -, s.
. Cfr. Liguori, Voza (a cura di), Dizionario gramsciano -, cit., s.v. Soggettivo, soggettivismo, soggettivit, di G. Cacciatore.
. Laclau, Mouffe, Hegemony and Socialist Strategy, cit., p. .
. , (Q, ).
. , (Q, ).
. in quel tempo [, scil.] il concetto di unit di teoria e pratica, di filosofia
e politica non era chiaro in me ed io ero tendenzialmente piuttosto crociano ( I,,
Q, ).
. Si giunge cos anche alleguaglianza o equazione tra filosofia e politica,
tra pensiero e azione, cio ad una filosofia della praxis (,, Q, ).
. E nel giovane Gramsci, che su questo punto mostra dei debiti precisi.
. Il principale e pi acuto rappresentante della lettura umanistico-storicistica
stato Nicola Badaloni, che comunque ha nel corso del tempo sempre pi nettamente staccato lumanismo dallo storicismo. Cfr. N. Badaloni, Il problema dellimmanenza nella filosofia politica di Antonio Gramsci, Arsenale Editrice, Venezia .
. Cfr. , (ottobre ), intitolato Idealismo-positivismo. Obbiettivit della
conoscenza.
. MEW, , p. .
. Marx evita il tecnico das Ganze o die Totalitt, spostando lattenzione
anche per lo spiazzamento linguistico dovuto alluso di un termine francese, che
concentra lattenzione sulla capacit significante di esso sullidea di un processo
compositivo e sistematico indefinito, aperto. Cfr. C. Luporini, Introduzione, in K.
Marx, F. Engels, Lideologia tedesca, trad. it. di F. Codino, Editori Riuniti, Roma ,
pp. XI-LXXXVIII, qui LXXXIII s.; Id., Dialettica e materialismo, Editori Riuniti, Roma
, pp. -; E. Balibar, La filosofia di Marx, trad. it. di A. Catone, manifestolibri,
Roma , p. ; P. Macherey, Marx . Les thses sur Feuerbach, ditions Amsterdam, Paris , pp. -. Questo spostamento confermato dal fatto che il termine, non attestato in tedesco, era abitualmente adoperato da Goethe come sinonimo di Ganzes o Totalitt, ma sempre e solo in contesti artistici o tecnici (ensemble di
attori, di strumentisti, di colori in un dipinto, di arnesi ecc.; cfr. Goethe-Wrterbuch,
hrsg. von der Berlin-Brandenburgischen Akademie der Wissenschaften, der Akademie
der Wissenschaften zu Gttingen und der Heidelberger Akademie der Wissenschaften, Bd. -: A-inhaftieren, Kohlhammer, Stuttgart , s.v.), dunque come
equivalente sensibile dellastratta totalit.
. , (Q, ).
. Le forze organizzate sono sempre derivate, in assenza di un originario a
cui fare riferimento. Per questa ragione insoddisfacente anche la lettura di A. Del
Noce, Il suicidio della rivoluzione, Rusconi, Milano , che in realt una variante
ultraumanistica e quindi nichilistica dellumanismo.
. L. Paggi, Le strategie del potere in Gramsci. Tra fascismo e socialismo in un
solo paese. -, Editori Riuniti, Roma , p. .
. Ibid.
INTRODUZIONE
. Ivi, p. .
. Si tratta della tesi su Feuerbach nella traduzione di Gramsci, QT, .
. Questa scelta non infondata, ma poggia sugli effetti reali (fatalismo e passivit accompagnati da attivismo irrazionalistico, separazione di politica ed etica)
prodotti storicamente dalla prevalenza del secondo modulo di lettura, cio dallesser nato il marxismo nella modalit engelsiana.
. Cfr. F. Fergnani, Il contributo filosofico di Gramsci, in Il Pensiero critico.
Problemi del nostro Tempo, X, , , pp. -, qui ; Id., La questione Gramsci:
una proposta di riconsiderazione, in aut aut, XXXI, , , pp. -, qui -, -,
s.; Id., La filosofia della prassi nei Quaderni del carcere, Unicopli, s.l. [ma Milano] s.d. [ma ], p. .
. , (Q, ).
. Mi permetto di rinviare a questo proposito al mio, Da Gramsci a Marx. Ideologia, verit e politica, DeriveApprodi, Roma , pp. -.
. Marx apre una strada completamente nuova, cio rinnova da cima a fondo
il modo di concepire la filosofia (,, Q, ). Il suo pensiero rappresenta il capovolgimento della posizione tradizionale del problema filosofico e la morte della filosofia intesa nel modo tradizionale (,, Q, ).
. QT, .
. Ivi, .
. Cfr., Fergnani, Marxismo e filosofia contemporanea, cit., pp. s., s.
. Cfr. tra le rare eccezioni, Th. Nemeth, Gramscis Philosophy: A Critical Study,
Harvester Press, Brighton ; Badaloni, Il problema dellimmanenza, cit.; P. D.
Thomas, Immanence, in Historical Materialism, XVI, , , pp. -; Id., The
Gramscian Moment. Philosophy, Hegemony and Marxism, Brill, Leiden , cap.
(pp. -); F. Izzo, Democrazia e cosmopolitismo in Antonio Gramsci, Carocci, Roma , pp. , , s., , -.
. Per unampia messa a tema di questi snodi concettuali, cfr. G. Labica, Robespierre. Une politique de la philosophie, PUF, Paris , pp. s., -; D. Losurdo (a cura di), Rivoluzione francese e filosofia classica tedesca, QuattroVenti, Urbino
; R. Racinaro, Rivoluzione come riforma: filosofia classica tedesca e rivoluzione
francese, Guerini e Associati, Milano ; E. Kouvlakis, Philosophie et rvolution
de Kant Marx, PUF, Paris , pp. -.
. Hegel, Grundlinien der Philosophie des Rechts, , ed. cit., p. .
. Cfr. , (Q, ).
. Cfr. , (Q, ).
. Cfr. , (Q, ).
. Cfr. , (Q, s.).
. L. Althusser, Per Marx (), trad. it. di F. Madonia, Editori Riuniti, Roma
, p. .
. Marx, Miseria della filosofia, cit., p. .
. II, (Q, ).
. , (Q, ).
. Questa una lotta per la cultura superiore, la parte positiva della lotta per
la cultura che si manifesta in forma negativa e polemica con gli a-privativi e gli anti(anticlericalismo, ateismo ecc.). Questa la forma moderna del laicismo tradizionale che alla base del nuovo tipo di Stato (,, Q, ).
La filosofia della praxis come
equazione tra filosofia e politica
Premessa
Trattare della filosofia della praxis nei Quaderni del carcere potrebbe
apparire unimpresa disperata. Infatti si pu dire che il senso complessivo del marxismo di Gramsci contenuto in questa denominazione, scelta non a caso, ma non escogitata da lui, bens riconducibile a una precisa tradizione delle letture di Marx, una tradizione italiana (torner su questo punto). Daltra parte, non solo opportuno,
ma indispensabile dedicare attenzione a questa tematica, in quanto
essa rende visibile per cos dire il macchinario che fa muovere i concetti sulla scena dei Quaderni .
Si detto che lo studio dei Quaderni va affrontato anzitutto da un
punto di vista diacronico, e che anzi questo tipo di indagine, se non
viene ottusamente estremizzato, base e premessa imprescindibile a
qualsiasi ricostruzione complessiva di questa opera cos singolare.
Dunque il tema della filosofia della praxis, nonostante la sua ampiezza e centralit, va anzitutto analizzato in un senso ristretto, come ricerca del modo in cui nel testo dei Quaderni compare e si viene affermando luso di questa locuzione; a condizione tuttavia che questo approccio non perda di vista la dimensione sistematica del pensiero di
Gramsci , e che si riduce in definitiva a ricordare che queste parole e
locuzioni di cui tentiamo di ricostruire la storia sono dei concetti, e che
pu anche accadere che un concetto compaia talvolta celato sotto una
veste linguistica difforme, che si tratter allora di riconoscere e segnalare . Tenter dunque, nelle pagine che seguono, di ricostruire il comparire e laffermarsi della locuzione/concetto filosofia della praxis,
tenendo per presente che ci rinvia sempre a un orizzonte pi ampio di quello visibile di volta in volta grazie a questo tipo di approccio, cio al marxismo di Gramsci nel suo senso complessivo.
.
Il contesto dal Primo quaderno agli Appunti di filosofia
Dopo aver portato a termine il Primo quaderno (o poco prima), nel
maggio , Gramsci oltre a proseguire il lavoro parallelo al Q ,
che si prolungher per diversi anni mette mano a due altri quaderni contemporaneamente, il (che gli servir a raccogliere le note
miscellanee secondo il metodo gi inaugurato nell) e il , dividendolo in due met ed avviando la seconda con una sezione intitolata
Appunti di filosofia. Materialismo e idealismo. Prima serie (c. r).
Dunque, dopo aver precisato nel corso di quasi un anno (giugno
-maggio ) i margini e le motivazioni di fondo della propria
ricerca, Gramsci procede a una suddivisione e a un primo ordinamento del lavoro, e inaugura una sezione dedicata alla filosofia. Tale sezione cos il primo (in senso cronologico) spazio dei Quaderni
miscellanei a venir delimitato e ad acquisire unautonomia fisica,
molto prima, ovviamente, che sorgesse lidea dei quaderni speciali. importante sottolineare questo punto, perch la maggior parte delle note raccolte nelle tre serie degli Appunti di filosofia confluir nei Q e , ma ci accadr in un contesto teorico diverso da
quello iniziale.
Lidea di stendere Appunti di filosofia sviluppa la voce Teoria della storia e della storiografia presente nellelenco tematico del Q . Lobiettivo di ridefinire i contorni del marxismo come teoria della storia , cio essenzialmente come concezione materialistica della storia
in confronto da una parte con la sistemazione di Bucharin, dallaltra
con le critiche di Croce, e come unica filosofia possibile dopo Hegel,
unesigenza che scaturisce direttamente dalla meditazione del Q su
ci che Gramsci chiama crisi di egemonia (con i connessi fenomeni della crisi di autorit, dellamericanismo ecc.), e sul modo in
cui a essa reagiscono le principali correnti filosofiche contemporanee
(pragmatismo, attualismo). In questa riflessione emerge immediatamente la capacit, mostrata da Benedetto Croce, di costituire, a differenza di chiunque altro, un punto di riferimento per gli sforzi di costruzione di un nuovo universo ideologico di egemonia borghese. Nel
Q netta la convinzione che la storia etico-politica sia lunica posizione filosofica contemporanea in grado di porsi consapevolmente
sullo stesso terreno del marxismo, quello dellunit di filosofia e storia; dunque di sfidarlo apertamente, senza cadere nel frenetico con
nubio in cui entrarono ideologia e filosofia con la guerra , posizione che invece caratterizza in modo tipico il pensiero gentiliano.
Lidealismo attuale scrive Gramsci nello stesso testo fa coincidere ideologia
e filosofia (ci significa in ultima analisi lunit [da esso] postulata fra reale e
ideale, tra pratica e teoria ecc.), cio una degradazione della filosofia tradizionale rispetto allaltezza cui laveva portata il Croce con le sue distinzioni .
Separando teoria e pratica, Croce si colloca su un piano di mediazione, nel quale solamente sar possibile tornare a porre la questione
dellegemonia: questo il significato politico delle sue distinzioni.
La sua storia etico politica una teoria dellinevitabile egemonia della borghesia come classe non classe e ceto generale , che pertanto ha particolarmente vivo il sentimento del bene pubblico .
Allaltezza del Q , dunque, il programma di ricerca di Gramsci si
presenta come una riformulazione del materialismo storico (teoria
della storia) alla luce della nozione crociana di distinzione, nella
convinzione che in essa sia racchiuso un formidabile potenziale produttivo di egemonia, che si tratta di ripensare per alla luce del conflitto e della lotta delle classi. La linea di continuit tra il Q e la prima
serie degli Appunti di filosofia in questa convinzione, rispetto a cui,
tuttavia, nel Q si introduce un tema nuovo, a quel programma irriducibile. La prima serie di Appunti di filosofia si inaugura infatti con
la rivendicazione dellassoluta originalit filosofica di Marx. Enunciata come programma di ricerca , questa viene immediatamente svolta
con le critiche alle riduzioni materialistiche del marxismo, e linsistenza sullimmanenza come luogo in cui la tradizione filosofica anteriore
viene riattivata e criticamente riformulata . A proposito dellimmanenza Gramsci rinvia a Machiavelli , e pi tardi, come si vedr, a Ricardo . Ma ci significa che, fin dal principio della ricerca sulla filosofia della praxis, matura una distanza critica da Croce come estensore dellimmanenza novecentesca, che produce una singolare situazione di squilibrio tra lincorporazione puntuale della distinzione
nella teoria della storia (come accade in , ), e un quadro generale che sempre pi chiaramente emargina la figura di Croce, per ci
che essa positivamente ha da dire alla filosofia della praxis.
Questo non significa, ovviamente, che venga meno limportanza
di questi come grande filosofo borghese, estensore di un progetto
di egemonia neo-liberale, capace di fagocitare e disattivare il marxismo dentro il proprio discorso. Viene per a mancare, ad un certo
I due piani sono distinti. Nella storia della cultura il marxismo risultato vincente, perch le varie revisioni e i vari assorbimenti pi o meno
impliciti testimoniano della sua espansivit. Certo questa espansivit
non un processo meccanico, ma rende conto delle capacit reattive
del vecchio mondo, come si legge in un testo di poco posteriore:
In realt, il materialismo storico non ha bisogno di sostegni eterogenei: esso stesso cos robusto, che il vecchio mondo vi ricorre per fornire il suo arsenale di qualche arma pi efficace. Ci significa che mentre il materialismo
storico non subisce egemonie, incomincia esso stesso ad esercitare una egemonia sul vecchio mondo intellettuale .
Questa posizione singolare, in quanto Gramsci ben conscio, daltra parte, del fatto che la storia del marxismo in un certo senso un
fallimento:
Il marxismo aveva due compiti: combattere le ideologie moderne nella loro
forma pi raffinata e rischiarare le masse popolari, la cui cultura era medioevale. Questo secondo compito, che era fondamentale, ha assorbito tutte le forze, non solo quantitativamente, ma qualitativamente; per ragioni didattiche il marxismo si confuso con una forma di cultura un po
superiore alla mentalit popolare, ma inadeguata per combattere le altre
ideologie delle classi colte, mentre il marxismo originario era proprio il superamento della pi alta manifestazione culturale del suo tempo, la filosofia
classica tedesca .
Al di l del significato preciso della distinzione tra le due fasi (lotta per
fondare lo Stato e direzione dello Stato), chiara linsistenza con la
quale Gramsci richiama lattenzione sul carattere indispensabile del dispiegamento di tutta la vita culturale, affinch uno Stato possa dirsi tale e non si dissolva: creare unalta cultura , una nuova civilt,
una cultura superiore . In ci, lo Stato operaio non fa eccezione.
La cultura come momento decisivo nellelaborazione dellesperienza delle classi, e particolarmente in quella del proletariato,
classe subalterna che aspira a fondare uno Stato di tipo nuovo, occu
pa una posizione di straordinaria rilevanza nellelaborazione del giovane Gramsci . In essa si trovano anche formulazioni molto simili a
quelle utilizzate nei Quaderni, come la seguente:
I settimanali socialisti sadattano al livello medio dei ceti regionali ai quali si
rivolgono; il tono degli scritti e della propaganda deve per sempre essere
un tantino superiore a questa media, perch ci sia uno stimolo al progresso
intellettuale, perch almeno un certo numero di lavoratori esca dallindistinto generico delle rimasticature da opuscoletti, e consolidi il suo spirito
in una visione critica superiore della storia e del mondo in cui vive e lotta .
listiche: la cultura come conquista del proprio vero io, la volont come spirito, il socialismo come liberazione della creativit e comunione della volont, e cos via . Al contrario, nei Quaderni la cultura viene definita in termini pratici e politici, come organizzazione di rapporti di conoscenza che, in quanto sono sempre attraversati dalla differenza tra dominanti e dominati, non possiedono nessuna neutralit.
La cultura pu dunque essere il terreno su cui si costruisce ununiversalit, solo se la conoscenza, il sapere, vengono intesi per quello
che sono: fatti e processi politici.
Quando dunque nei Quaderni si parla di un legame organico,
strutturale tra esistenza dello Stato e sviluppo della cultura (delle superstrutture), si intende qualcosa di leggermente ma decisivamente
differente rispetto alle tesi simili sostenute dal giovane Gramsci.
Questa differenza verr chiarita attraverso la teoria della traducibilit
dei linguaggi e dellegemonia, che insieme formano il corpo della filosofia della praxis e costituiscono loggetto principale di questo libro. Verr in seguito altres chiarita e documentata la preoccupazione, qui da Gramsci apertamente manifestata, riguardo alla situazione
in cui versa lURSS, Stato operaio dominato da una forma di cultura
un po superiore alla mentalit popolare, esito di una (temporanea?)
involuzione della teoria e della politica. Per il momento, sar sufficiente rilevare, accanto a questa comparsa, allinizio del lavoro sulla
teoria marxista, di un riferimento al nesso complessivo della filosofia
della praxis, anche i limiti di questa occorrenza. Lesposizione che
precede avr infatti sicuramente dato limpressione della presenza,
nellapproccio gramsciano, di un certo evoluzionismo, innegabile per
il verso dal quale limpostazione dipende, come segnalato, dallo schema crociano Riforma-Rinascimento. Scrive ancora Gramsci in ,:
Rinascita-Riforma Filosofia tedesca Rivoluzione francese laicismo liberalismo storicismo filosofia moderna materialismo storico. Il materialismo storico il coronamento di tutto questo movimento di riforma intellettuale e morale, nella sua dialettica cultura popolare-alta cultura. Corrisponde alla Riforma + Rivoluzione francese, universalit + politica; attraversa ancora la fase popolare .
non vi egoismo che non trovi una superiore elaborazione morale. Gramsci eliminer, pi tardi, qualsiasi tentazione di meccanicismo
nel nesso Riforma/Rinascimento, attraverso una duplice mossa teorica. In primo luogo, legger quel nesso alla luce della dialettica del
calvinismo, come viene delineata da Max Weber nellEtica protestante
e lo spirito del capitalismo. Questa dialettica diventer per Gramsci
un modello di comprensione storica con validit generale, capace di
dare ragione anche degli sviluppi sovietici. Ma la dialettica calvinistica di determinismo e volont collettiva verr da lui a sua volta letta
come illustrazione del modello di spiegazione, ricavato in ultima analisi dal testo di Rosa Luxemburg, dellanticipazione teorica: C
sempre una parte del tutto che sempre dirigente e responsabile e
la filosofia della parte precede sempre la filosofia del tutto come anticipazione teorica , scriver nel , in un contesto assai diverso da
quello del , riferendosi a come avvenuto [in URSS] il passaggio
da una concezione meccanicistica a una concezione attivistica . Dunque, quello che a Weber appare un ribaltamento paradossale, e a Croce una necessit metafisica, finalmente identificato da Gramsci come
lattuarsi della dialettica filosofia-senso comune, intellettuali-popolo, in
sintesi: della concezione critica della traducibilit. Questa dialettica,
se trova la propria radice in quel grado di attivit presente in ogni essere umano (perch implicita nel gesto anche pi umile e degradato),
non daltra parte sufficiente, di per s, a garantire il processo delleffettiva liberazione, che invece compito della politica .
In questo modo, luso del modello Riforma/Rinascimento perde
qualsiasi connotazione fatalistica, e diventa possibile comprendere come possa darsi una necessit storica la cui realizzazione sia affidata
alla politica. Dunque, come possa darsi una necessit non deterministica: una necessit ipotetica . Ma va notato che quello che ho illustrato lesito (allaltezza del Q ) di un percorso, i cui elementi sono
presenti, accanto a quelli che ho chiamato crociani, gi nel :
Si pu dire della filosofia del marxismo ci che la Luxemburg dice a proposito delleconomia: nel periodo romantico della lotta, dello Sturm und
Drang popolare, si appunta tutto linteresse sulle armi pi immediate, sui
problemi di tattica politica. Ma dal momento che esiste un nuovo tipo di Stato, nasce concretamente il problema di una nuova civilt e quindi la necessit di elaborare le concezioni pi generali, le armi pi raffinate e decisive.
Ecco che Labriola deve essere rimesso in circolazione e la sua impostazione
del problema filosofico deve essere fatta predominare. Questa una lotta
per la cultura superiore, la parte positiva della lotta per la cultura che si manifesta in forma negativa e polemica con gli a- privativi e gli anti- (anticlericalismo, ateismo ecc.). Questa la forma moderna del laicismo tradizionale
che alla base del nuovo tipo di Stato .
storici hanno rifatto per Marx ci che era stato fatto per Hegel, cio dallunit dialettica sono ritornati al materialismo crudo, mentre, come detto, lalta cultura moderna, idealista volgare, ha cercato di incorporare ci che del
marxismo le era indispensabile, anche perch questa filosofia moderna, a
suo modo, ha cercato di dialettizzare anchessa materialismo e spiritualismo,
come aveva tentato Hegel e realmente fatto Marx .
A parte laccenno allalta cultura idealistica moderna, che tiene conto di Marx per tentare di esorcizzarne limpatto critico (Gramsci nomina Croce, Sorel, Bergson ecc., i pragmatisti ecc. ), il modo in
cui viene ricostruita la storia della filosofia tra Marx e Hegel riproduce fedelmente lottica delle Tesi su Feuerbach, che infatti vengono
non solo citate, ma anche indicate come depositarie del nucleo della
nuova filosofia, cio del superamento di idealismo-spiritualismo e
materialismo crudo, nel concetto di praxis.
Esattamente questo nesso (autosufficienza filosofica della
praxis come superamento di idealismo e materialismo naturalistico, pur senza riferimento diretto alle Tesi) era stato posto da Labriola alla base della sua interpretazione del marxismo come filosofia nel
Discorrendo . E daltra parte, sempre nel Discorrendo, Labriola aveva formulato lesigenza di rimettere in campo il problema della filosofia in generale, notando che il materialismo storico sarebbe rimasto come campato in aria, [...] fino a quando non trovi modo di sviluppare la filosofia, che gli propria, come quella che insita ed immanente ai suoi assunti e alle sue premesse : unimpostazione del
problema, questa, alla quale mi sembra riferirsi lidea di ortodossia
rivendicata da Gramsci poco pi avanti:
Da quanto si detto sopra, il concetto di ortodossia deve essere rinnovato e riportato alle sue origini autentiche. Lortodossia non deve essere ricercata in questo o quello dei discepoli di Marx, in quella o questa tendenza legata a correnti estranee al marxismo, ma nel concetto che il marxismo basta
a se stesso, contiene in s tutti gli elementi fondamentali, non solo per costruire una totale concezione del mondo, una totale filosofia, ma per vivificare una totale organizzazione pratica della societ, cio per diventare una
integrale, totale civilt .
Si noti che proprio quel passo del Discorrendo (sviluppare la filosofia, che gli propria, come quella che insita ed immanente ai suoi
assunti e alle sue premesse ecc.) era stato citato da Giovanni Genti
le allinizio del saggio sulla Filosofia della prassi (), in cui si proponeva la prima traduzione italiana delle Tesi su Feuerbach quale documento del pensiero genuino di Marx da addurre a critica della lettura labriolana del concetto di praxis .
Quale ultimo tassello, si consideri una variante instaurativa contenuta in un passo del Q , che una sorta di glossa a quanto scritto in ,:
Anche da questo punto appare come il Croce abbia saputo mettere bene a
profitto il suo studio della filosofia della praxis. Cosa infatti la tesi crociana
dellidentit di filosofia e di storia se non un modo, il modo crociano, di presentare lo stesso problema posto dalle glosse al Feuerbach e confermato dallEngels nel suo opuscolo su Feuerbach? Per Engels storia pratica (lesperimento, lindustria), per Croce Storia ancora un concetto speculativo;
cio Croce ha rifatto a rovescio il cammino dalla filosofia speculativa si era
giunti a una filosofia concreta e storica, la filosofia della praxis; il Croce ha
ritradotto in linguaggio speculativo le acquisizioni progressive della filosofia
della praxis e in questa ritraduzione il meglio del suo pensiero .
bach). Certo, citando e discutendo , (febbraio ) e II, (giugno-agosto ) rischiamo di sovrapporre momenti temporalmente
distinti della storia del pensiero di Gramsci, eppure nulla impedisce
di pensare che , sia lesplicitazione di qualcosa gi presente nellavvio degli Appunti di filosofia (maggio ), sia per i gi esaminati riferimenti a Labriola nella loro obiettiva connessione con lasserita centralit delle Tesi su Feuerbach; sia perch il loro sottotitolo, Materialismo e idealismo, oltre che a Labriola, allude anche ai primi due
capitoli del Ludwig Feuerbach engelsiano (in appendice al quale erano state pubblicate per la prima volta le Tesi nel ), in cui lalternativa discussa a fondo. Daltronde gi in , , dellagosto-settembre del , una recensione di Giuseppe Tarozzi a un libretto
di Antonino Lovecchio (Filosofia della prassi e filosofia dello spirito )
aveva richiamato lattenzione di Gramsci su tutto il dibattito che da
Labriola, passando per Gentile e Croce, conduceva fino a Mondolfo,
Adelchi Baratono e Alfredo Poggi.
Resta da chiedersi perch Gramsci faccia esclusivamente riferimento a Labriola, lasciando in secondo piano Engels, sul quale ha peraltro nei Quaderni un giudizio articolato, non del tutto negativo .
Credo che la ragione vada cercata proprio nel sottotitolo (Materialismo e idealismo) degli Appunti. Gramsci, vero, apprezza la definizione engelsiana della praxis come lesperimento e lindustria (si
veda il gi ricordato II,) come via per dissolvere le false antinomie della filosofia tradizionale. Ma laccezione e trattazione gramsciana dellopposizione di materialismo e idealismo condotta nello
spirito di Labriola e non in quello di Engels, il quale nella determinazione dello statuto filosofico del materialismo storico aveva sfruttato a fondo la distinzione tra materialismo come visione generale
del mondo basata su una determinata versione del rapporto tra materia e spirito (da accogliere) e la forma particolare nella quale questa visione del mondo si espresse in un determinato grado dello sviluppo storico, nel XVIII secolo (da sottoporre a critica). E si noti
che questa scelta di campo a favore del materialismo faceva coppia in
Engels con la dichiarazione, contenuta nellAntidhring, che la filosofia si era risolta nella scienza positiva della natura e della storia .
Gramsci non concorda con nessuna di queste due tesi, mentre
trova importanti punti di accordo con la definizione che Labriola
aveva dato del superamento di materialismo naturalistico e idealismo
nella praxis, e anche con le obiezioni da lui mosse alla tesi engelsiana
della fine della filosofia . Infatti anche per Gramsci (e la sua lettura
La riflessione sul nuovo significato da attribuire al vecchio termine immanenza chiave di volta del nuovo modo di pensare, e spia della distanza rispetto al vecchio modo di fare filosofia prosegue in ,, e
verr preso in considerazione nel prossimo capitolo. Basti qui registrare che, agli occhi di Gramsci, immanenza e praxis sono strettamente embricate . Per questa ragione, non secondario ricordare un
altro autore moderno a cui nei Quaderni si fa ricorso a questo proposito: Giambattista Vico. A lui Gramsci non assegna un ruolo paragonabile a quello di Machiavelli , ma ne dice in , , intitolato Unit
della teoria e della pratica: La proposizione del Vico verum ipsum
factum, che il Croce svolge nel senso idealistico che il conoscere sia
un fare e che si conosce ci che si fa [...], da cui (nelle sue origini hegeliane e non nella derivazione crociana) certamente dipende il con
Il testo intitolato, si noti, Idealismo-positivismo, e, aggiunto a margine: Obbiettivit della conoscenza. Dunque Gramsci si confronta
con unalternativa tradizionale, e in questo contesto ritiene di riformulare la questione della conoscenza in modo nuovo, come mostrano le virgolette apposte (nel titolo e nel testo) a obbiettivit. Lo
spunto offerto dalla rivista dei Gesuiti viene insomma subito trasferito su un altro terreno: ci che importa non lastratta contrapposizione di idealismo e materialismo, entrambi metafisici, ma il modo in
cui sia possibile ricavare una posizione filosofica, ma diversa da tutte
le alternative filosofiche. Il terreno di riflessione insomma quello
che unisce e divide Labriola e Gentile (e Mondolfo).
Per dare un adeguato commento a questo testo sar opportuno
partire dal riferimento allatto, cio da Gentile e dal suo confronto col
concetto di praxis. Lobiezione principale da questi mossa a Marx
era di aver voluto accoppiare dei principj inconciliabili, quella
forma (= prassi) con quel contenuto (= materia) : se infatti la materia per s inerte , sempre necessaria una forza estranea ad
essa, per cui nonch conchiudere a un monismo materialistico, si riesce a un dualismo pi o meno platonico, che vanifica qualsiasi aspirazione da parte di Marx a guadagnare una dimensione di immanenza . Che la praxis dovesse necessariamente opporsi, in quanto
forma formante, a un contenuto ad essa esterno, Gentile lo ricava peraltro da una serie di disinvolte falsificazioni e forzature nella propria
traduzione, che gli permettono di rovesciare gradualmente il senso di
gegenstndlich (oggettivo) in Marx, fino a farlo coincidere con la pura attivit del pensiero in atto: Il pensiero reale, perch pone e in
quanto pone loggetto. O il pensiero , e pensa; o non pensa, e non
pensiero. Se pensa, fa. Dunque la realt, loggettivit del pensiero,
una conseguenza della sua natura stessa . Ne segue che se la realt
[...] una produzione soggettiva delluomo , nel senso che questultimo lattivit originaria che pone loggetto, tale attivit del
porre sar al tempo stesso un negare dialettico: il soggetto nega s,
ponendo loggetto, in quanto questa posizione una determinazione
singola della sua attivit . La praxis non dunque altro che una riedizione del solito ritmo descritto gi [...] dallidealismo tesi, antitesi, sintesi ritmo identico pur nelle varie vesti ricevute presso i diversi pensatori. Il mondo degli oggetti una singolarizzazione del
pensare-fare puro, assoluto del soggetto, una sua unilateralizzazione, e in quanto tale una sua riduzione a forma statica, a cosa. Loggetto realmente presente dinnanzi a me (Gegenstand) non dunque
altro, nella lettura gentiliana, che una forma del non-Io, di cui lIo ha
Una volta fissato questo dualismo, sar impossibile riuscire a pensare lunit dei due ordini, se non coprendo la difficolt mediante escogitazioni verbali delle quali praxis che si rovescia solo la pi nota . Ma il punto un altro, e sta proprio nella ragione del carattere
incessante secondo Mondolfo di quella conversione del prodotto
del fare umano in condizione e ostacolo che gli si oppone. Si tratta in
altre parole di capire perch il rovesciamento della praxis sia necessario e indispensabile a partire dai presupposti interni allargomentazione di Mondolfo. La risposta nellaffermazione che il rovesciamento
della praxis costituisce lapplicazione alla storia del motivo essenziale del naturalismo umanistico di Feuerbach , il bisogno :
Il Feuerbach, che si colloca ad un angolo visuale naturalistico, pone un rapporto fra luomo e il mondo esterno, il Marx e lEngels, che si collocano ad un
angolo visuale storico, pongono il rapporto della attivit umana successiva di
fronte ai resultati dellattivit precedente: il rapporto della praxis che si rovescia. [...] Il risultato dellattivit umana tende quasi a diventar condizione e
legge della propria creatrice, il prodotto vuol quasi dominare il produttore .
un progetto di governo di una classe, capace di assorbire al suo interno in posizione variamente subordinata un numero cospicuo delle altre posizioni. Essa dunque unideologia enormemente pi complessa e raffinata, in quanto articola lesistenza e il ruolo storico non
solo della classe a cui si riferisce, ma anche di tutte le altre. In questo
senso, legemonia una sostituzione della parte al tutto, che cio non
elimina lo iato, che sempre rimane, tra il punto di partenza (la posizione di una classe che lotta contro le altre per conquistare il potere,
in una parola: lantagonismo), e il punto di arrivo, che leffetto di
unit della societ nazionale sotto una determinata direzione egemonica . La politica dei comunisti e qui veniamo al rovesciamento
della praxis consiste invece nel costruire unegemonia capace, attraversando e sperimentando in un intero periodo storico lo iato tra
parte e tutto, di giungere realmente a far coincidere ideologia di una
parte e tutto sociale, grazie a una teoria (una filosofia della praxis) che
senza interruzione, in permanenza rimetta in gioco il rapporto tra
ideologia di unit e antagonismo reale. Questo ci che Gramsci intende per sistema di ideologie totalitario: esso la filosofia della
praxis, in quanto sia organicamente diventata ideologia di un gruppo sociale che, per ci stesso, rimette dinamicamente in gioco il proprio essere un gruppo, gradualmente assorbendo in s la societ intera e sopprimendo lantagonismo.
A questo punto, e solo a questo punto, i rapporti sociali avranno
una completa efficacia storica, cio lantagonismo politico che sempre li percorre sar diventato quella forza politica organizzata la cui
esistenza consiste nello spingerlo in permanenza fino in fondo. Il
razionale cessa qui di essere tale in modo formale, e lo diventa attuosamente e attualmente , cio concretamente (nella specificit
di quei rapporti materiali-ideologici) ed efficacemente (in quanto si
identifica con una forza politica), nella storia in atto e nella filosofia in atto , che in tal modo, in quanto diventano forze efficaci, si identificano con la politica .
Il rovesciamento della praxis insomma il modo in cui Gramsci sviluppa lidea, contenuta nelle Tesi su Feuerbach, che la verit si
costituisce nella politica. La sviluppa, riducendo la forma a ideologia, e ripensando il divenire efficace dellideologia come processo di
costituzione di verit. Rovesciamento della praxis dunque, dal
punto di vista del rapporto tra forma e contenuto (costituzione di verit), ci che dal punto di vista politico il processo di costruzione del
legemonia (produzione di nuovo movimento storico). E infatti nelle sue altre occorrenze nei Quaderni questa formula descrive il passaggio dalleconomia alla politica , il passaggio dalla vecchia alla
nuova egemonia , il passaggio rivoluzionario dal vecchio al nuovo ,
in quanto questo passaggio si identifichi con un processo di costituzione di verit. Nel Q questo nesso tra verit e rivoluzione trova una
formulazione definitiva. La filosofia della praxis, scrive Gramsci,
non lo strumento di governo di gruppi dominanti per avere il consenso ed
esercitare legemonia su classi subalterne; lespressione di queste classi subalterne che vogliono educare se stesse allarte di governo e che hanno interesse a conoscere tutte le verit, anche le sgradevoli e ad evitare gli inganni (impossibili) della classe superiore e tanto pi di se stesse .
grale di una praxis, facendo lavorare la critica fino a investire dallinterno lideologia e renderla efficace. Ma questo dipende a sua volta
dalla peculiare natura del proletariato, che consiste nel fatto che solo
sviluppando senza interruzione la critica (la costituzione della verit,
ossia la produzione della coerenza) potr trovare la propria liberazione . Dunque, lenunciazione stessa del concetto della filosofia della
praxis non esito di un processo solo teorico (che a un certo punto
avrebbe incontrato la politica), ma esso stesso prodotto complesso di
uninterazione di pensiero e politica . Definendo in questi termini il
rapporto tra verit e politica, Gramsci riprende unaltra traccia che
conduce dalle Tesi su Feuerbach alla Miseria della filosofia e al Manifesto: la tesi che il comunismo non sia, per definizione, unidea particolare accanto ad altre idee particolari; ovvero (sul piano politico) che
la sua realt non possa essere trovata in questa o in quella lotta, ma in
tutte le lotte, e non solo nella loro forma attuale, ma in tutti gli svolgimenti possibili; in una formula, che il comunismo sia una rivoluzione in permanenza. Torner pi avanti su questa formula , mostrando come nella lettura di Gramsci essa venga dilatata, fino a coincidere con la costruzione dellunit di teoria e pratica, dunque con il
processo che conduce al rovesciamento della praxis.
.
Ideologie e obbiettivit della conoscenza
Fin qui Gramsci ha riattivato il pensiero del giovane Marx al di qua
della sua decomposizione ad opera degli interpreti marxisti e non.
Ma a questo punto occorre fare riferimento a un passaggio in cui egli
esplicitamente dichiara di discostarsi dalla lettera del testo di Marx.
Prima ancora, per, va fatta una precisazione. In , Gramsci combina due testi di Marx ben distanti fra loro, sia temporalmente, sia
dal punto di vista teorico. Il passo sulla praxis, cio sulle Tesi su
Feuerbach, infatti preceduto da questo, che fa riferimento alla Prefazione a Per la critica delleconomia politica, del :
Per la quistione della obbiettivit della conoscenza secondo il materialismo storico, il punto di partenza deve essere laffermazione di Marx (nellintroduzione alla Critica delleconomia politica, brano famoso sul materialismo storico) che gli uomini diventano consapevoli (di questo conflitto)
nel terreno ideologico delle forme giuridiche, politiche, religiose, artistiche
o filosofiche. Ma questa consapevolezza solo limitata al conflitto tra le forze materiali di produzione e i rapporti di produzione come materialmen-
te dice il testo marxista o si riferisce a ogni consapevolezza, cio a ogni conoscenza? Questo il problema: che pu essere risolto con tutto linsieme
della dottrina filosofica del valore delle superstrutture ideologiche .
Questo accostamento ha gi qualcosa di audace, dato che la Prefazione era stata tradizionalmente (e non senza giustificazione) la principale prova a favore di una lettura evoluzionistica del processo rivoluzionario dal punto di vista di Marx. Si noti inoltre che nel tradurre
questo testo Gramsci non segue lordine presente nellantologia da
cui lo riprende, ma rimonta i testi secondo un ordine che (almeno in
parte) risulta comprensibile se si tiene conto dellinterpretazione che
egli d del pensiero di Marx: le Tesi , quindi la Prefazione del ,
quindi il cap. (Bourgeois und Proletarier) del Manifesto , che reintitola Teoria della Storia, quindi, dopo Esigenze della politica tedesca
prima del , Lavoro salariato e capitale ecc. Come dire: la
praxis, le ideologie, la lotta di classi, le radici della lotta di classi nelle
condizioni di sfruttamento della forza-lavoro ; ovvero la praxis come categoria alla luce della quale leggere lintero materialismo storico ( il titolo dato da Drahn alla Prefazione del e riprodotto da
Gramsci nella sua traduzione). Ci confermato sia dal modo in cui
Gramsci riproduce a memoria i due princip fondamentali enunciati
nella Prefazione in apertura di ,, invertendoli e sostituendo forze
produttive con forme di vita ; sia dal modo in cui accosta questo
testo alle Tesi e lo interpreta in ,.
Nel Vorwort Marx, riprendendo un complesso ragionamento
consegnato allIdeologia tedesca, fissa una distinzione tra base reale
(la struttura della societ civile), sovrastruttura (rapporti giuridici, forme dello Stato ecc.) e forme ideologiche (forme della coscienza che corrispondono ai conflitti materiali), e assegna alla prima la funzione di presupposto (nel senso dei presupposti reali
definiti nellIdeologia tedesca ), cio di punto di partenza obbligato
per una comprensione e spiegazione scientifica, razionale della storia. Di qui lavvertenza: quando si osservano le epoche di rivoluzione, che sono determinate dal conflitto tra forze produttive sociali
e rapporti di produzione, occorre accuratamente distinguere
il sovvertimento materiale nelle condizioni della produzione economica, che
deve essere constatato fedelmente col metodo delle scienze naturali, e le forme giuridiche, politiche, religiose, artistiche o filosofiche, in una parola: le
forme ideologiche, nel cui terreno gli uomini diventano consapevoli di questo conflitto e lo risolvono .
della posizione politica delle diverse forze, facendo di esse delle classi in possesso di differenti gradi di potenza di porsi rispetto a tutte le altre in modo storicamente attivo.
.
Che cosa la politica?
In un lungo testo di stesura unica del Q (: Machiavelli), databile
tra il novembre e il dicembre del , e dunque di poco posteriore a
,, discusso nei due paragrafi precedenti, lespressione filosofia
della praxis compare per la prima volta in questa forma precisa, in
un contesto che per rimanda chiaramente allelaborazione gi avvenuta in ,. Il testo dedicato a discutere una noticina di certo M.
Azzalini sul Segretario fiorentino che pu essere interessante come presentazione degli elementi tra cui si dibatte lo schematismo
scientifico . Ma Gramsci va presto ben oltre questo livello di discussione, presentando in positivo limportanza della figura e dellopera di Machiavelli dal punto di vista della filosofia della praxis:
Il Machiavelli ha scritto dei libri di azione politica immediata, non ha
scritto unutopia in cui uno Stato gi costituito, con tutte le sue funzioni e
i suoi elementi costituiti, fosse vagheggiato. Nella sua trattazione, nella sua
critica del presente, ha espresso dei concetti generali, che pertanto si presentano in forma aforistica e non sistematica, e ha espresso una concezione del mondo originale, che si potrebbe anchessa chiamare filosofia della praxis o neo-umanesimo in quanto non riconosce elementi trascendentali o immanentici (in senso metafisico) ma si basa tutta sullazione concreta delluomo che per le sue necessit storiche opera e trasforma la
realt .
Proprio in quanto Machiavelli si posto il compito di pensare, secondo la celebre espressione del capitolo XV del Principe, la verit
effettuale della cosa , vale a dire la verit come costituita nella congiuntura politica attuale, nella sua apertura strategica alle possibilit
di intervento, e non di prefigurare speculativamente le condizioni
perfette del vivere politico, il suo pensiero un modello di filosofia
della praxis. Egli si differenzia pertanto non solo da tutti gli scrittori
di utopie politiche vere e proprie (Moro, Campanella ecc.), ma anche
da quei peculiari utopisti che sono i filosofi, proprio in quanto lega la propria riflessione al presente clto nella sua urgenza pratica,
politica. Con ci Gramsci non intende negare che Machiavelli sia filosofo e scienziato della politica. Anzi, egli lo molto pi di altri formalmente a lui superiori; ma lo appunto in un senso tutto peculiare (e anzi in questa peculiarit gran parte della sua eccezionalit): il
suo pensiero teorico e la sua filosofia sono fusi nella concreta analisi
del presente, e pertanto non solo rimangono materialmente a essa legati, ma si costituiscono anche metodologicamente in connessione
con essa (qui il nesso con la filosofia della praxis) .
Ma vediamo meglio. Dal punto di vista teorico, Gramsci distingue in Machiavelli due livelli: i concetti generali, che vengono formulati nel pieno della sua trattazione e critica del presente, e che
pertanto si presentano in forma aforistica e non sistematica (questo il livello di generalizzazione corrispondente allarte e scienza
della politica); e una concezione del mondo originale, che si potrebbe anchessa chiamare filosofia della praxis o neo-umanesimo, in quanto individua nellazione innovativa delluomo (la fondazione di un nuovo principato) il proprio oggetto, senza necessit
di fondarla ulteriormente in modo metafisico. Questa concezione
del mondo non per materialmente distinta dalla critica del presente, in quanto agisce nellintreccio strutturale, in Machiavelli, tra
assenza di riferimenti metafisici (che per da sola non dice molto:
una mera condizione negativa) e la positiva assunzione della praxis a
orizzonte della riflessione; intendendo per praxis (secondo quanto
specificato in ,, e qui ripreso) lazione concreta riferita alle necessit storiche, cio non un agire puro, ma impuro nel senso che
si identifica con la congiuntura in cui sinserisce e con le esigenze politiche che aspira a suscitare, interpretare e compiere .
, dipende teoricamente da ,, ma il riferimento a Machiavelli nasce in , (intitolato Machiavelli e Marx), un testo che precede di qualche mese , . Esso prezioso perch aiuta a capire meglio cosa voglia dire assumere lazione concreta a orizzonte della riflessione. Anche l si nota che Machiavelli ha teorizzato una pratica, e che ci ha il valore schiettamente filosofico di una rivoluzione intellettuale e morale:
Limportanza storica e intellettuale delle scoperte del Machiavelli si pu misurare dal fatto che esse sono ancora discusse e contraddette ancora al giorno doggi: ci significa che la rivoluzione intellettuale e morale contenuta in
nuce nelle dottrine del Machiavelli non si ancora realizzata manifestamente come forma pubblica della cultura nazionale .
Questo nesso tra momento politico e momento filosofico viene esplicitato cos:
Nel Machiavelli sono da vedere due elementi fondamentali: ) laffermazione che la politica unattivit indipendente e autonoma che ha suoi principi e sue leggi diversi da quelli della morale e della religione in generale (questa posizione del Machiavelli ha una grande portata filosofica, perch implicitamente innova la concezione della morale e della religione, cio innova tutta la concezione del mondo);
) contenuto pratico e immediato dellarte politica studiato e affermato con
obbiettivit realistica, in dipendenza dalla prima affermazione .
Dunque il realismo pratico di Machiavelli non immediato, ma discende dalla sua individuazione della politica come attivit indipendente e autonoma: c un momento teorico (una scoperta, come la
chiama Gramsci) che guida tutto il resto. Che qui Gramsci non stia
semplicemente ripetendo il giudizio di Croce, evidente dalla precisazione secondo cui questa nuova determinazione concettuale della
politica implicitamente innova la concezione della morale e della religione, cio innova tutta la concezione del mondo, irriducibile allindipendenza della politica nei termini del distinto crociano.
Mentre Croce sostiene che Machiavelli ha fatto una scoperta di valore filosofico in quanto ha enucleato le leggi distinte e autonome della politica, della politica che di l, o piuttosto di qua, dal bene e
dal male morale , per Gramsci quellindividuazione ha valore filosofico perch implica un rivoluzionamento di tutta la concezione del
mondo, una reinterpretazione anche della morale, della filosofia ecc.,
e in questo senso (e solo in questo senso) una filosofia della
praxis . Quando, pertanto, nello stesso testo, Gramsci nota (con un
riferimento chiarissimo alle tesi e su Feuerbach) che la innovazione fondamentale introdotta da Marx nella scienza politica e storica in confronto del Machiavelli la dimostrazione che non esiste una
natura umana fissa e immutabile , sta in buona sostanza riducendo la distanza teorica tra Marx e Machiavelli a un unico particolare, anche se centrale , assegnando a Machiavelli una centralit teorica sulla quale difficilmente si potrebbe esagerare.
La riflessione sul concetto di politica-praxis come centro di
una nuova concezione della filosofia viene ripresa in ,, intitolato
Machiavelli e lautonomia del fatto politico , in cui Gramsci si
domanda:
Data lautonomia della politica, quale rapporto dialettico tra essa e le altre
manifestazioni storiche? Problema della dialettica in Croce e sua posizione
di una dialettica dei distinti [...].
Larte, la morale, la filosofia servono alla politica, cio si implicano
nella politica, possono ridursi ad un momento di essa e non viceversa: la politica distrugge larte, la filosofia, la morale: si pu affermare, secondo questi schemi, la priorit del fatto politico-economico, cio la struttura come
punto di riferimento e di causazione dialettica, non meccanica, delle superstrutture .
Gramsci forza il pensiero di Croce, perch (in linea con quanto affermato in , e con quanto scrive nel coevo ,) legge contro Croce lautonomia della politica come fondazione di una filosofia della praxis,
cio non come isolamento della politica-pratica ma come rifondazione dellintera filosofia sopra il suo concetto. Lespressione dialettica
dei distinti, che Gramsci riprende dalle critiche dei gentiliani a Croce , viene da lui riutilizzata a indicare il dissidio che attraversa il pensiero crociano, tra il legame con la linea Machiavelli-De Sanctis-Marx
da una parte, e la neutralizzazione degli effetti di esso nel concetto di
distinzione, dallaltra . Limplicazione di arte, morale e religione
nella politica presuppone infatti una comprensione della politicaeconomia non come volizione dellutile, ma come praxis, attivit sensibile umana nei termini delle Tesi su Feuerbach, pensiero vero in
quanto immanente alla vita sociale nel suo complesso, e dunque attivit non arginabile in una sua forma distinta, ma da ritrovare nelle
differenti manifestazioni ideologiche.
In un testo notevolmente posteriore (,, del febbraio ),
intitolato Machiavelli, si trova uno sviluppo significativo di questa
meditazione. Qui Gramsci mette a confronto Croce e Machiavelli,
criticando stavolta esplicitamente il primo per aver confinato la politica alla figura della passione-interesse, cio a quel momento che
nelle glosse a Feuerbach si chiama schmutzig-jdisch . La ripresa dellespressione della tesi non casuale:
Feuerbach vuole oggetti sensibili realmente distinti dagli oggetti del pensiero; ma egli non concepisce la attivit umana stessa come attivit oggettiva.
Perci nellEssenza del Cristianesimo egli considera solo il modo di procedere teoretico come quello schiettamente umano, mentre la praxis concepita e stabilita solo nella sua raffigurazione sordidamente giudaica .
un passaggio molto complesso, e un commento adeguato ci porterebbe molto lontano. Mi limiter perci a sottolineare alcuni punti.
Anzitutto, si noti che il concetto di dialettica dei distinti funziona
qui da cerniera tra autonomia della politica e mediazione di questo
momento in tutta la realt. Essa per, stante il pensiero di Croce, rimane unesigenza insoddisfatta: il momento politico, sebbene colto
nella sua radicalit, non viene dispiegato in riferimento a tutti gli
altri ma sequestrato nella sua autonomia, ci che d luogo a una
condizione di intimo dissidio e di instabilit strutturale . Inoltre, la
definizione della filosofia della praxis come quella concezione per
la quale tutto pratica implica lidentit di storia e politica e
quindi la concezione della politica come radice di tutto il sistema
delle superstrutture. Quindi per una filosofia della praxis (qui il
punto) la distinzione tra struttura e superstrutture si riconfigura come distinzione tra diverse forme della praxis, forme che sono tutte,
nella loro diversit (rapporti economici, giuridici, politici, estetici, fi
losofici ecc.) implicate nella politica. Qui la politica non pi politica-economia, la sua originariet non consiste pi nellessere centro
generatore di una causazione quanto si voglia dialettica. In altre
parole, la centralit della politica non sta nellesprimere leconomia
in termini superstrutturali, ma nel fatto di essere la caratteristica di
ogni fatto sociale in quanto fatto sociale. In termini filosofici: la politica non una superstruttura, ma lontologia del sociale .
Gramsci non trae, vero, esplicitamente questa conclusione.
Continua a definire lattivit politica come distinzione nelle superstrutture, ma ci contraddittorio con quanto da lui stesso affermato sullidentit di storia e politica e quindi sul fatto che tutta la
vita politica. Pi tardi, in effetti, Gramsci giunger a individuare
nel movimento politico organizzato ideologicamente lunica forma di
esistenza della struttura stessa, eliminando virtualmente il dislivello
ontologico tra struttura e superstrutture . Ma gi a questa altezza il
problema almeno nominato nel blocco storico, cio [...] unit tra
la natura e lo spirito, unit di opposti e di distinti. Questo serve a
comprendere il modo in cui lunit delle superstrutture sia identica,
sul piano della storia concreta, al conflitto nella sfera della pratica, dei
rapporti sociali antagonistici. Il blocco storico quindi un sinonimo
per la costruzione di una volont collettiva sulla base di determinati
rapporti di produzione conflittuali nella sfera del concetto di egemonia. Mentre Croce vede solo il momento dellunit (che per lui
non storica, ma la storia), la filosofia della praxis vede il modo in
cui lunit viene di volta in volta costruita sul terreno dellantagonismo, della non-unit: antagonismo, lotta e non-unit che dunque sono sempre concrete, storiche e contingenti. Si conferma cos, anche a
questa altezza, lidea della filosofia della praxis come alternativa tanto ai monismi quanto ai dualismi, perch la teoria del modo in cui
il conflitto e le possibilit del suo superamento non solo possono essere compresenti, ma sono strutturalmente coimplicati.
Si noti, infine, che lidea di una filosofia della praxis si a questa
altezza definitivamente emancipata da qualsiasi tentazione di essere
una filosofia del lavoro e delle sue forme sociali. Al contrario, la
praxis riconosciuta come terreno della politica in quanto tale: attraversa tutti i rapporti sociali, compresi quelli economici. Dunque non
nella produzione e trasformazione della natura luomo costruisce la
propria socialit, ma nella partecipazione a un tempo attiva e passiva
ai rapporti sociali in cui avviene lorganizzazione del dominio e delle
Luomo dunque qualsiasi cosa con cui sia in relazione, perch tutto linsieme di rapporti sociali contribuisce a definire il concetto di
uomo. Ne consegue che luomo non in particolare nessuno degli elementi della vita sociale. La funzione di causa viene nel materialismo storico spostata nel suo stesso statuto. Essa non pi n un
fattore unico, n un complesso multifattoriale pi o meno sofisticato,
ma sono le complesse forme di rapporti attivi/passivi (dai quali ineliminabile la politica) che costituiscono la societ. Pertanto, solo afferrando il concetto di rapporti sociali sar possibile capire che cos
luomo. Ci induce a rifiutare qualsiasi definizione semplice e unitaria della natura umana, perch la forma di esistenza storica della natura umana, il genere umano, sempre disposto in rapporti che realizzano la sua natura unitaria (il suo concetto) solo attraverso una
scissione, espressa da un rapporto tra due determinazioni opposte: i
rapporti sociali sono espressi da diversi gruppi di uomini che si presuppongono, la cui unit dialettica, non formale. Luomo aristocratico in quanto servo della gleba ecc. .
Siamo di fronte, come si vede, a un commento alla tesi su Feuerbach, che ne sviluppa le implicazioni dal punto di vista del materialismo storico. Se la realt umana linsieme dei rapporti sociali,
allora la storia dellumanit, che storia di lotte di classi, il dispiegarsi della natura umana nelle determinazioni antagonistiche a cui i
rapporti sociali corrispondono. Ci conduce allidea che, se non ha
senso parlare n di una natura umana che preceda le sue numerose
conformazioni storiche, n di uomo in generale , ha senso invece porsi il problema dellunificazione del concetto di uomo, che
sar per storica, concreta, raggiunta cio sviluppando politicamente, praticamente, la struttura dialettica dei rapporti sociali.
A questo punto in , c un riferimento alla dialettica hegeliana
come a quel sistema che, pur in forma speculativa (cio pur sempre
parlando di spirito unitario), ha afferrato cosa sia la storicit, perch ha legato la stessa forma del pensiero alla forma contraddittoria,
conflittuale del divenire reale. Linvenzione della dialettica non un
procedimento formale, perch, al contrario, reso possibile, secondo Gramsci, dal fatto che Hegel ha guardato alla storia, accogliendo
nella filosofia in una certa misura anche il punto di vista dei subalterni . Questo nesso chiaramente enunciato in ,:
Nella storia della cultura, che pi larga della storia della filosofia, ogni volta che la cultura popolare affiorata, perch si attraversava una fase di rivolgimenti sociali e dalla ganga popolare si selezionava il metallo di una nuova classe, si avuta una fioritura di materialismo, viceversa le classi tradizionali si aggrappavano allo spiritualismo. Hegel, a cavallo della Rivoluzione francese e della Restaurazione, ha dialettizzato i due momenti della vita
filosofica, materialismo e spiritualismo .
Ma dal nostro punto di vista interessa soprattutto , (ottobre-novembre ), intitolato Struttura e superstrutture, in cui sono gi tutti gli elementi presenti in ,, tranne uno, come subito si vedr:
Tutta la filosofia finora esistita nata [sic] ed lespressione delle contraddizioni intime della societ: ma ogni sistema filosofico a s preso non lespressione cosciente di queste contraddizioni, poich questa espressione pu
essere data solo dallinsieme dei sistemi filosofici. Ogni filosofo e non pu
non essere convinto di esprimere lunit dello spirito umano, cio lunit della storia e della natura: altrimenti gli uomini non opererebbero, non creerebbero nuova storia, cio le filosofie non potrebbero diventare ideologie,
non potrebbero nella pratica assumere la granitica compattezza fanatica delle credenze popolari che hanno il valore di forze materiali . Hegel rappresenta, nella storia del pensiero filosofico, un posto a s, perch, nel suo sistema, in un modo o nellaltro, pur nella forma di romanzo filosofico, si
riesce a comprendere cos la realt, cio si ha, in un solo sistema e in un solo filosofo, quella coscienza delle contraddizioni che prima era data dallinsieme dei sistemi, dallinsieme dei filosofi, in lotta tra loro, in contraddizione
tra loro. In un certo senso, adunque, il materialismo storico una riforma e
uno sviluppo dello hegelismo, la filosofia liberata da ogni elemento ideologico unilaterale e fanatico, la coscienza piena delle contraddizioni in cui lo
stesso filosofo, individualmente inteso o inteso come intero gruppo sociale,
non solo comprende le contraddizioni, ma pone se stesso come elemento della contraddizione, e eleva questo elemento a principio politico e dazione.
Luomo in generale viene negato e tutti i concetti unitari staticamente
vengono dileggiati e distrutti, in quanto espressione del concetto di uomo
in generale o di natura umana immanente in ogni uomo .
Nel testo C (,), che porta il titolo Storicit della filosofia della prassi
(e nel quale materialismo storico sostituito da filosofia della prassi), lespressione eleva questo elemento a principio politico e dazione
sostituita da: eleva questo elemento a principio di conoscenza e quindi di azione . Nella seconda stesura conoscenza e azione, filosofia e
politica vengono equiparate nel concetto, pienamente precisato, di filosofia della praxis come equivalenza di filosofia e politica. Ci che in
effetti nella prima stesura era assente (e che invece presente, come ora
si vedr, in ,), un collegamento organico tra il concetto di praxis
e quello di ideologia . Infatti in , lideologia equivale al carattere
unilaterale e unitario della filosofia, che perci si pu trasformare in
credenza popolare, mentre la filosofia della praxis si dispone in uno
spazio differente, al contempo, per cos dire, pi in alto e pi in basso
delle filosofie-ideologie (cio delle filosofie tradizionali): pi in basso,
perch, in quanto consapevolezza del rapporto del sapere con la praxis,
si schiera nella contraddizione reale e quindi assume consapevolmente
un punto di vista di parte; pi in alto, perch questo suo schierarsi do
vuto a una consapevolezza teorica della contraddizione, cio alla dialettica portata alla sua logica conseguenza (il compimento dellhegelismo),
a un elemento critico assente in qualsiasi altra filosofia.
Ne risulta per il materialismo storico uno statuto ambiguo: se esso tende a essere inteso e ad intendersi come ideologico, questo non
viene per apertamente enunciato e argomentato. Gramsci nota in un
testo di poco precedente (,, che verr unito in seconda stesura a
,) che come filosofia il materialismo storico afferma teoricamente che ogni verit creduta eterna e assoluta ha origini pratiche e ha
rappresentato o rappresenta un valore provvisorio. Ma il difficile
far comprendere praticamente questa interpretazione per ci che
riguarda il materialismo storico stesso . Ne consegue che praticamente [...] anche il materialismo storico tende a diventare una
ideologia nel senso deteriore, cio una verit assoluta ed eterna .
Si pu notare che se la filosofia deve enunciare la propria verit
come assoluta ed eterna per poter acquisire la granitica compattezza
della fede (e diventare quindi credenza popolare), ogni filosofia
(con la parziale eccezione dellhegelismo) unideologia nel senso deteriore, e che pertanto il materialismo storico sarebbe unideologia in
senso non deteriore, essendo unideologia non deteriore quella che
consapevole della propria transitoriet. Questultima per , lo si
visto, una consapevolezza teorica (la dialettica), e non a sua volta
unideologia o un suo momento. Daltra parte il problema di teoria e
pratica, posto cos, appare realmente insolubile: come possibile mediare la consapevolezza critica della propria transitoriet con la fanatica e unilaterale saldezza di convincimenti necessaria allagire?
Ne risulta unambiguit, che allaltezza di , troviamo gi sciolta,
perch qui incontriamo il criterio della praxis-verit gi integrato con
il concetto di ideologia-azione. Queste, che sono le due componenti presenti in ,, attraversano cos tutto il periodo che dalla prima serie degli Appunti di filosofia conduce fino ai Q e , e la ricerca del modo in cui siano integrabili la ricerca stessa della definizione della filosofia della praxis in quanto mediazione concreta di ideologia e conoscenza (critica), pratica e teoria, politica e filosofia.
Torniamo unultima volta alla variante ,/,: che cosa vuol dire che il filosofo della praxis non solo comprende le contraddizioni ma
pone se stesso come elemento della contraddizione, eleva questo elemento a principio di conoscenza e quindi di azione, se non che lessere
elemento della contraddizione non pi, a questa altezza, il momento della cecit agente, ma quello dellagire che, proprio in quan
praticando legemonia, Lenin ha prodotto una nuova verit filosofica: quella, secondo la quale filosofia e politica sono la stessa cosa in
linguaggi diversi, e di conseguenza la superiorit storica di una classe
si misura dalla sua capacit di farsi interprete di questo intreccio, sviluppandone le dinamiche interne fino a universalizzare praticamente e teoricamente la propria posizione. Questa concezione del rapporto tra verit e politica non dunque quella del Che fare?, e si trova, ma solo in forma di spunti, nelle parole dordine della cultura
e dellalfabetizzazione, lanciate da Lenin nei suoi ultimi scritti
(-) , le quali, accanto alla NEP e alla strategia di fronte unico sul piano internazionale, e ad esse organicamente collegate, rappresentano la consapevolezza del fatto che prima e pi dellesercizio della forza decisive per le sorti dello Stato sovietico e della rivoluzione mondiale sono le dinamiche nella societ civile: la competizione delle classi attraverso i rapporti culturali, di conoscenza, cio,
in definitiva, le uguaglianze e le disuguaglianze che valgono in
quanto se ne abbia coscienza individualmente e come gruppo.
Nella proiezione che Gramsci ne fa, la costruzione dellegemonia,
come realizzazione delluguaglianza reale cio unificazione politica
e culturale, pratica e teorica di una societ (del genere umano) dentro un punto di vista di classe la forma classica di un processo di
costituzione di verit. Per il fatto stesso di essere accaduto, tale
processo non solo rende possibile, ma esige una rilettura di Marx,
quindi una riscrittura del marxismo (come ortodossia), che sia
capace di istituire nel movimento comunista internazionale un nuovo intreccio tra teoria e pratica, allaltezza di questa novit storica.
Questo nesso tra politica leninista, costituzione di verit, sviluppo creativo della filosofia marxista, e rilettura, a questa altezza, di
Marx, che si chiarisce nel Q , presente fin dallinizio del lavoro alla filosofia. Essa infatti sviluppa la dottrina filosofica del valore
delle superstrutture ideologiche enunciata in linea generale in
, . Infatti alla fine del testo successivo (,), dedicato ai Rapporti
tra struttura e superstrutture, Gramsci annota:
Questo concetto [di egemonia], data laffermazione fatta pi sopra, che laffermazione di Marx che gli uomini prendono coscienza dei conflitti economici nel terreno delle ideologie ha un valore gnoseologico e non psicologico e morale, avrebbe anchesso pertanto un valore gnoseologico e sarebbe
da ritenere perci lapporto massimo di Ilic alla filosofia marxista, al materialismo storico, apporto originale e creatore. Da questo punto di vista Ilic
avrebbe fatto progredire il marxismo non solo nella teoria politica e nella
economia, ma anche nella filosofia (cio avendo fatto progredire la dottrina
politica avrebbe fatto progredire anche la filosofia) .
egemonia, del passo engelsiano e dellundicesima glossa marxiana : in altre parole, legemonia ha a che fare con la reale dialettica
di una filosofia, quindi con il rivoluzionamento del suo statuto, con
la sua trasformazione in una filosofia della praxis. Ora, come si detto, il concetto crociano di religione rappresenta per Gramsci un
punto di riferimento privilegiato in questa ridefinizione dello statuto della filosofia, ridefinizione che in II, (giugno-agosto ) appare gi conclusa:
La tesi XI [...] non pu essere interpretata come un gesto di ripudio di ogni
sorta di filosofia, ma solo di fastidio per i filosofi e il loro psittacismo e lenergica affermazione di una unit tra teoria e pratica. Questa interpretazione delle Glosse al Feuerbach come rivendicazione di unit tra teoria e pratica, e quindi come identificazione della filosofia con ci che il Croce chiama ora
religione (concezione del mondo con una norma di condotta conforme) ci
che poi non che laffermazione della storicit della filosofia fatta nei termini di unimmanenza assoluta, di una terrestrit assoluta si pu ancora giustificare con la famosa proposizione che il movimento operaio tedesco lerede della filosofia classica tedesca .
Religione in termini crociani equivale dunque a ci che Marx suppone scrivendo la tesi : un nuovo concetto di filosofia come unit
di teoria e pratica. una lettura molto forte, sulla quale inevitabile
soffermarsi, anche perch essa ha reso possibile linterpretazione, secondo cui Gramsci avrebbe attinto alla Storia dEuropa di Benedetto
Croce la soluzione al proprio problema (il rapporto tra teoria e pratica), lasciandosi cos profondamente condizionare dalla sua impostazione, quasi che la lettura di questo volume avesse segnato un passaggio decisivo nellelaborazione del concetto di filosofia della
praxis, facendo di questa una religione secolarizzata destinata a sostituire il cristianesimo nelle coscienze delle masse .
Le cose stanno, in realt, in modo profondamente diverso. Notiamo anzitutto che il processo di assimilazione di religione a filosofia della praxis si avvia proprio nel Q , cio nel luogo in cui dapprima Gramsci riflette concretamente sulla mediazione concreta tra
praxis e ideologia. Infatti il riferimento presente in , al rapporto
Croce-Hegel viene fatto alla luce esattamente di questa mediazione.
Se alla base delle ultime filosofie a base utopistica come quella del
Croce c proprio la tesi secondo la quale la dialettica hegeliana sia
stata un [variante interlineare: lultimo] riflesso di questi grandi nodi
Cosa occorra intendere per filosofia, per filosofia di unepoca storica, e quale sia limportanza e il significato delle filosofie dei filosofi in ognuna di tali
epoche storiche. Assunta la definizione che B. Croce d della religione, cio di
una concezione del mondo che sia diventata norma di vita, poich norma di
vita non si intende in senso libresco ma attuata nella vita pratica, la maggior
parte degli uomini sono filosofi in quanto operano praticamente e nel loro
pratico operare (nelle linee direttive della loro condotta) contenuta implicitamente una concezione del mondo, una filosofia. La storia della filosofia
come si intende comunemente, cio la storia delle filosofie dei filosofi, la
storia dei tentativi e delle iniziative ideologiche di una determinata classe di
persone per mutare, correggere, perfezionare le concezioni del mondo esistenti in ogni determinata epoca e per mutare quindi le conformi e relative
norme di condotta, ossia per mutare la attivit pratica nel suo complesso .
sume, come si visto, nellespressione dialettica dei distinti. La religione della Storia dEuropa non risolve quella difficolt (che Gramsci chiama altrove, si visto, utopia crociana), piuttosto la esaspera mettendola a nudo e paradossalmente facendone unarma politica, trasformandola cio nella bandiera ideologica dellintrascendibilit del mondo liberale delle distinzioni, trasformando insomma il
liberalismo in un partito politico (la cui ideologia la libert politica)
che detiene per, contraddittoriamente, in esclusiva la coscienza metapolitica della necessit del nesso strutturale di storia e dialettica
(cio lidea della storia come identica al concetto metafisico di libert) . La contraddizione in cui cade Croce palese: egli stesso
aveva definito le ideologie e il loro corrispettivo organizzativo, i partiti, degli strumenti pratici di lotta privi di qualsiasi rapporto con la
verit . Ora invece pretende di sottrarre una ideologia allo statuto
comune a tutte le altre, e per fare questo, nella Storia dEuropa, pensa tutte come fedi religiose, mostrando cos di non riuscire pi a
mantenere la distinzione tra teoria e pratica, tra filosofia e politica, tra
verit e ideologia, da lui stesso fissata. La valutazione della Storia
dEuropa, che si compie in un rapidissimo giro di settimane, tra il Q
e il , con la mediazione di una serie di lettere , infatti il momento in cui Gramsci ribalta definitivamente il proprio giudizio su Croce, da esponente dellimmanentismo sia pure speculativo, a rappresentante di un pensiero trascendente e teologico .
A Gramsci non interessa per rilevare astrattamente lincoerenza
di questo passaggio, bens denunciarne la natura politicamente decisiva per le sorti del liberalismo, ed questo il senso del giudizio su
Croce come ideologo della rivoluzione passiva come forma epocale della lotta politica. Quando Gramsci definisce la filosofia di Croce
il momento mondiale odierno della filosofia classica tedesca ,
proprio a questo rinnovato nesso tra politica e filosofia che fa riferimento. A questa altezza si pu comprendere anche il senso dellaccostamento alla filosofia classica tedesca. In , (appena posteriore a
,, in cui come si visto compare per la prima volta linterazione
dialettica di filosofia e senso comune) viene indicato come fonte (le
virgolette sono di Gramsci) della tesi su Feuerbach il paragone hegeliano tra francesi (pratica, politica) e tedeschi (teoria, filosofia) .
Hegel si era posto a suo modo il problema della funzione politica della filosofia, risolvendolo speculativamente e, per ci stesso, assegnando alla Germania il ruolo di capofila della lunga rivoluzione passiva li
berale ottocentesca . Ripigliando il tema dalla filosofia come giustificazione religiosa del liberalismo, Croce aggiorna il programma hegeliano di egemonia passiva. Per assorbire criticamente lurto giacobino, a suo tempo Hegel aveva dialettizzato nello Spirito assoluto
Francia e Germania, Rivoluzione e Restaurazione; Croce ora si pone
alla sua altezza affermando politicamente il primato metapolitico della libert nello spazio passivo aperto in Europa dallesistenza dellURSS e del fordismo nordamericano, e dal confronto del fascismo con
entrambi . Ma non pu evitare di farlo in modo nuovo, tenendo conto di Marx e della sua critica dellideologia. La sua rivoluzione passiva non si limita dunque, come quella di Hegel, a rendere speculativo
il rapporto tra teoria e pratica, ma costretta a confrontarsi direttamente con la rilevanza ideologica della filosofia, a comprendere nella
nozione di religione il momento della propaganda, dellorganizzazione attiva del consenso. Lo slittamento costante tra piano trascendentale e piano politico, sostiene Gramsci, era in realt fin dallinizio
presente nella teoria crociana dei distinti, che unificavano la realt
presentando lantagonismo reale come sempre gi risolto dentro le immutabili forme dello Spirito. Ci che cambia, lurgenza pratica con
la quale quella teoria utopica deve ora confrontarsi con le occorrenze della politica. Di questa urgenza pratica frutto la nozione crociana di religione.
dunque la teoria della traducibilit di filosofia e politica (cio
lindividuazione, nellintreccio di ideologia e conoscenza nei rapporti della societ civile, della loro unit e della loro distinzione), il dispositivo teorico che permette a Gramsci di collocare il pensiero di
Croce al centro della rivoluzione passiva contemporanea, di registrarne la potenza politica e insieme di denunciarne lincoerenza teorica, di capire anzi come luna possa sorreggere e corroborare laltra.
E la traducibilit , allo stesso tempo, ci che qualifica la lotta politica che il moderno Principe deve intraprendere nella societ civile, come una lotta essenzialmente religiosa, in quanto mirante a costruire unegemonia, a costituire uno spazio di verit.
Il concetto di unit di teoria e pratica non dunque riducibile alla religione nel senso di Croce, perch incomprensibile a partire
da questa; mentre viceversa solo presupponendo quel concetto possibile comprendere la paradossale coerenza della religione nei termini crociani. La ragione per la quale Gramsci adotta la terminologia
crociana insomma la stessa che gli permette di denunciarla (di tra
quella di Gramsci n di Labriola. Cfr. A. von Cieszkowski, Prolegomeni alla storiosofia (), trad. it. a cura di M. Tomba, Guerini e Associati, Milano , pp.
s., - (absolutes Thun), s., (Philosophie der Praxis). Sul rapporto
Cieszkowski-Marx cfr. le equilibrate considerazioni nel saggio introduttivo di Tomba (Politica e storia nel Vormrz: August von Cieszkowski, ivi, pp. -, qui -). In
Cieszkowski, come in Hess, lunificazione di teoria e prassi rimane dipendente da
una filosofia della storia, dunque avviene sotto il primato della teoria, come una forma della teoria (cfr. ivi, pp. s., e G. Lukcs, Moses Hess e i problemi della dialettica idealistica, , in Id., Scritti politici giovanili. -, trad. it. di P. Manganaro,
N. Merker, Laterza, Bari , pp. -, qui -, s.).
. Cfr. B. de Giovanni, Sulle vie di Marx filosofo in Italia. Spunti provvisori, in
il Centauro, , , pp. -; e A. Tosel, Marx en italiques. Aux origines de la philosophie italienne contemporaine, Trans-Europe-Repress, Mauvezin .
. R. Mondolfo, La filosofia del Feuerbach e le critiche del Marx, in La Cultura
filosofica, III, , pp. -, -; rist. col titolo Feuerbach e Marx, in Id., Sulle
orme di Marx. Studi di marxismo e di socialismo, Cappelli, Bologna , pp. -;
e ora, in Id., Umanismo di Marx. Studi filosofici -, a cura di N. Bobbio, Einaudi, Torino , pp. - (da cui sempre si citer).
. G. Capograssi, Prassi che rovescia o prassi che si rovescia? (Postilla a Rodolfo Mondolfo), in Rivista internazionale di Filosofia del Diritto, VI, , pp. -,
ora in Id., Opere, VI, Giuffr, Milano , pp. -.
. Cfr. E. Garin, Cronache di filosofia italiana /. Quindici anni dopo
/, Laterza, Bari , pp. -.
. Su Gramsci e Labriola cfr. V. Gerratana, Sulla fortuna di Labriola, in Id.,
Ricerche di storia del marxismo, Editori Riuniti, Roma , pp. -, qui -. Su
Gramsci e Gentile cfr. L. Paggi, Antonio Gramsci e il moderno principe. I. Nella crisi del socialismo italiano, Editori Riuniti, Roma , pp. -.
. Contemporaneamente alla prima serie degli Appunti di filosofia Gramsci avvia (a c. r del Q ) la sezione Il canto decimo dellInferno, destinata tuttavia a non trovare spazio in quaderni speciali. In precedenza, aveva proceduto a suddividere tematicamente il Q A (di sole traduzioni).
. Sebbene non venga mai usata come titolo di rubrica. Il nesso tra titoli di rubrica e contenuti non comunque meccanico. Si prenda per esempio luso flessibile che soprattutto nella prima fase di lavoro Gramsci fa di Riviste tipo e I nipotini di
padre Bresciani.
. , (Q, ).
. Q, .
. B. Croce, Di un equivoco concetto storico: la borghesia (), in Id., Etica e
politica (), Laterza, Bari , pp. -, qui .
. Ivi, p. .
. Cfr. ,, , (e il connesso ,), ,.
. Cfr. ,, ,.
. Cfr. ,, ,, ,.
. Cfr. CAP. .
. Cfr. infra, pp. -.
. , (Q, ).
. Cfr. infra, pp. -.
. , (Q, -).
. Q, s.
. Marx, Lohnarbeit und Kapital, cit.
. Ivi, pp. -.
. Ivi, pp. -.
. Ivi, pp. -.
. Ivi, pp. -.
. Ivi, pp. -.
. Si ricordi che Lavoro salariato e capitale linsieme di una serie di conferenze tenute da Marx a un pubblico operaio nel , nel tentativo di enucleare il significato economico delle lotte politiche in corso. In esse dunque la critica delleconomia politica direttamente innestata su una prassi politica, e i rapporti economici della produzione industriale vengono indagati in quanto capaci di produrre egemonia sul piano sociale.
. Q, . Cfr. infra, la nota a p. .
. Cfr. K. Marx, F. Engels, Die deutsche Ideologie, in MEW, , pp. s.
. Il materialismo storico (Prefazione del ) nella traduzione di Gramsci (QT,
, Q, ).
. Nelledizione francese del Primo libro del Capitale (La Chtre, Paris ), Joseph Roy tradurr (sotto la supervisione di Marx) berbau con difice e
Basis con fondation. Cfr. Marx-Engels Gesamtausgabe (MEGA), Abt. II, Bd. ,
Dietz, Berlin , p. e nota.
. In quel passo. La questione dello statuto dellideologia e del rapporto ideologia-verit (come del carattere ideologico delleconomia politica) in Marx complesso e stratificato, e non si pretende di esaurirlo in questo passaggio.
. QT, (Q, s.). Sui significati di ideologia da Marx a Gramsci cfr. F. Fergnani, Il concetto di ideologia nel materialismo storico, in Rivista di Filosofia, LVI,
, , pp. - e, specificamente su Gramsci, dello stesso, La filosofia della prassi nei Quaderni del carcere, Unicopli, s.l. [ma Milano] s.d. [ma ], pp. , s.
. QT, (Q, ). Il passo tratto dalla Prefazione del .
. Marx usa infatti il termine entsprechen, corrispondono (MEW, , p. ),
che indica un rapporto di immanenza, non una derivazione.
. Q, . Si tratta di La politica, scienza ed arte dello Stato, in Nuova Antologia, LXIV, , , pp. - (NT, ).
. Q, .
. Q, .
. N. Machiavelli, Il Principe, a cura di G. Inglese, Einaudi, Torino , p. .
. Sul carattere pratico del pensiero teorico di Machiavelli cfr. L. Althusser, Machiavelli e noi (-), trad. it. di M. T. Ricci, manifestolibri, Roma , pp. -. Su
Machiavelli come filosofo della prassi cfr. Izzo, Democrazia e cosmopolitismo in Antonio Gramsci, cit., pp. -.
. I precedenti di questa lettura sono in F. De Sanctis, Storia della letteratura
italiana (-), a cura di G. Melli Fioravanti, Rizzoli, Milano , cap. XV, pp. ,
, -, s., , , , . Su Gramsci e De Sanctis cfr. V. Gerratana, De
Sanctis-Croce o De Sanctis-Gramsci?, in Societ, VIII, , pp. -; e C. Muscetta, Gramsci e De Sanctis, in V. Calzolaio (a cura di), Gramsci e la modernit. Letteratura e politica tra Ottocento e Novecento, CUEN, Napoli , pp. -. Sul Machiavelli di De Sanctis cfr. G. Procacci, Machiavelli nella cultura europea dellet moderna, nuova ed., Laterza, Roma-Bari , pp. -.
Immanenza, linguaggio, storia
La nozione di egemonia viene completamente fraintesa se, letta come teoria del consenso e della sua produzione, viene empiristicamente sganciata dalla filosofia della praxis e dalle nozioni di immanenza e traducibilit dei linguaggi, che ne costituiscono lossatura. La
filosofia della praxis il momento propriamente teorico della teoria
dellegemonia , nel senso preciso che ci che rende pensabile il fatto che la costruzione di un apparato egemonico , in quanto processo politico, sempre anche lapertura di uno spazio di verit.
Si aprono qui diverse questioni di grande rilievo. Prima fra tutte:
quale statuto otterr la teoria nel quadro di uno storicismo cos radicale? E quindi quale rapporto tra ideologia e verit ne potr risultare?
In secondo luogo, che ne sar della storia (intesa come insieme delle
res gestae) alla luce di questo storicismo? E quindi quale sar lo statuto del materialismo storico e quale idea di legalit storica ne emerger?
Infine, quale ruolo spetta in tutto ci al linguaggio, fermo restando che
ideologia e linguaggio sono per Gramsci nozioni coestensive, che il carattere sempre metaforico della lingua segna questa coestensione, e
che i rapporti di conoscenza (egemonia) sono rapporti di potere?
A tutte queste domande sar possibile rispondere prendendo in
considerazione il rapporto tra immanenza e linguaggio, e tra immanenza e storia, secondo due direttrici principali di indagine. La prima
di esse mette a fuoco il modo in cui nei Quaderni del carcere si viene
delineando la nozione di immanenza in quanto alternativa al materialismo e come autentico fondamento dello storicismo di Marx. Questo
infatti, una volta riletto a partire dallunit di teoria e pratica, di critica e ideologia, ha bisogno di ridefinire la storia e la storicit in modo
da far emergere la legalit corrispondente a questa altezza teorica,
una legalit, cio, che sia allo stesso tempo diversa da quella positivistica di causa ed effetto e da quella neoidealistica della riduzione del
do in cui da una parte la storia ha sempre un valore attuale (e la storiografia sempre un intervento politico), e dallaltra nella volont
collettiva si riversa o attualizza la necessit storica di volta in volta
efficiente. Questo complesso movimento sintetizzato da Gramsci nella domanda: come dalle strutture nasce il movimento storico?
.
Quale immanenza?
Iniziamo con una precisazione terminologica e con unannotazione
di carattere generale. Quando parliamo di immanenza (e immanentismo) possiamo intendere (come si pu verificare consultando
un qualsiasi dizionario di filosofia) almeno quattro cose diverse. Anzitutto, immanente detta unazione caratterizzata dalla presenza
ad essa del suo fine (actiones in agente manentes secondo Tommaso dAquino), in quanto distinta dallagire transitivo, il cui effetto distinto dallagente. Azioni immanenti sono ci che Aristotele designa come prxis (come il volere o lintendere), azioni transitive sono aristotelicamente forme della poesis (il produrre in genere). Limmanenza in questo primo senso ci che Spinoza intende, parlando di Dio come causa immanente e non transitiva di
tutte le cose. In secondo luogo, immanenti sono nella Critica della ragione pura i princip la cui applicazione si tiene entro i limiti dellesperienza possibile, trascendenti quelli che oltrepassano tali limiti. In
terzo luogo, immanenza designa, nella filosofia idealistica post-kantiana, la presenza di ogni contenuto alla coscienza o pi precisamente allIo. In questo senso il termine usato a partire da Fichte e, in un
senso formale, dal neokantismo posteriore, oltre che dalla fenomenologia e dallidealismo di Croce e Gentile. In questa accezione la
trascendenza un sinonimo di metafisica, in quanto pone dogmaticamente il contenuto al di fuori della coscienza ovvero della sua relazione costitutiva con la coscienza. In quarto luogo, immanenza, in
Spinoza, Feuerbach, Marx, Nietzsche e Freud, indica quella posizione di pensiero che, rifiutando come ideologico il rovesciamento
dellordine delle cause, fonda la libert dellindividuo sulla sua potenza di essere e sulla sua consapevole partecipazione ai processi
storici e naturali.
In riferimento ai Quaderni del carcere sar bene tenere presente
questa quadruplice accezione, in quanto, come si vedr, essa ed
questo gi un fatto abbastanza singolare vi si ritrova presente in tutta la sua ampiezza storico-semantica: il termine e la nozione di immanenza sono nei Quaderni sia: . come immanentismo, sfondo
metafisico generalissimo alternativo alla concezione di una divinit
trascendente; sia ., in accezione kantiana, come limitazione della conoscenza alla sfera fenomenica e come uso non costitutivo della ragione nel giudizio teleologico; sia . come critica della separazione
dogmatica di soggetto e oggetto nella conoscenza (la cosiddetta
realt del mondo esterno); sia infine . come principio di critica di
ogni inversione ideologica e affermazione della filosofia nei termini
di unimmanenza assoluta, di una terrestrit assoluta in stretta
connessione con il principio dellunit di teoria e pratica.
.
... e perch?
Questa attenzione per la nozione di immanenza non ovvia per un
materialista storico e marxista (veniamo cos allannotazione di carattere generale). Le due grandi sintesi del marxismo filosofico degli
anni Venti, Marxismus und Philosophie di Korsch e Geschichte und
Klassenbewutsein di Lukcs, apparse entrambe nel , non fanno
riferimento al problema dellimmanenza. Nelle rispettive peculiarit,
la categoria di totalit nellinterpretazione del materialismo storico
ci che accomuna Korsch e Lukcs, e questo riferimento, mediato
senza dubbio anche dal Lenin di Sul significato del materialismo militante () , discende a sua volta dal Ludwig Feuerbach (), in
cui, com noto, Engels si preoccupa di riattivare la presenza di Hegel, e quindi della dialettica, in un panorama dominato dal positivismo, sottolineando al contempo che la questione fondamentale di
tutta la filosofia, e in special modo di quella moderna, quella del
rapporto tra essere e pensiero, sulla quale si sono divisi lidealismo
e il materialismo . Nello stesso Antidhring (prima edizione ) la
grande opposizione tra dialettica e metafisica, laddove il pensiero metafisico definito sulla base del suo aderire acriticamente al
sano intelletto umano (gesunder Menschenverstand) .
Si tenga conto di questi dati, e non stupir (non una giustificazione) constatare lassenza della voce immanenza dai principali lessici e dizionari marxisti . Da una parte i lessici filosofici ignorano, salvo eccezioni, il contributo di Marx alla storia dellimmanenza, dal
Si pu dire che la riflessione di Gramsci sullimmanenza nei Quaderni del carcere poggia su questi passi, e li radicalizza nella distinzione
tra laccezione marxista dellimmanenza e quella speculativa .
.
La modernit, ovvero limmanenza.
Sul giovane Gramsci
Limmanenza per il giovane Gramsci anzitutto una rivendicazione
di laicismo militante, unopposizione combattiva al cattolicesimo e
alla religione in genere. In questa battaglia Gramsci si schiera a fianco di Benedetto Croce, di quel Croce che aveva parlato della propria
Il testo di Gramsci una recensione a Il Papa in guerra di Mario Missiroli , ed costruito ricalcando talvolta verbatim una recensione che
Gentile aveva dedicato a un altro libro di Missiroli, La monarchia socialista . Va per notato che quanto pi fedeli sono la ripresa dello
schema argomentativo e la ripetizione di singole espressioni, tanto
pi sottilmente eversivo il contenuto dellarticolo rispetto al suo
modello. Gentile, notando che anche secondo Missiroli tutti i partiti guardano, in fondo, a qualche cosa di universale: tutti cio hanno
unidealit religiosa, ne concludeva: Ebbene: si tratta dunque di
paragonare una religione con laltra, e vedere quale vale di pi . Ma
poi per lui questo confronto politica e religione non essendo separabili se non per astrazione si risolveva in una riaffermazione dellidentit di maestro interiore e Stato nella coscienza dogni singolo
cittadino . Al contrario, per Gramsci il confronto acquista la drammaticit di una lotta politica: Le questioni di cultura non sono semplici giuochi di idee da risolversi astrattamente dalla realt , occorre prendere posizione e apertamente lottare per giungere ad affermare il principio della storia e della libert.
C insomma in Gramsci, in un certo senso, gi nel , se non la
sua esplicita teorizzazione, senzaltro una pratica delleresia. Nei Quaderni la presa di distanza rispetto allimmanentismo di Croce e Gentile sar esplicita, passando per la messa a nudo dellintreccio speculativo di pensiero e religione:
Il Pensiero pu essere contrapposto alla Religione di cui la Chiesa lorganizzazione militante. I nostri idealisti, laicisti, immanentisti ecc. hanno fatto
del Pensiero una pura astrazione, che la Chiesa ha bellamente preso sottogamba assicurandosi le leggi dello Stato e il controllo delleducazione. Perch il Pensiero sia una forza (e solo come tale potr farsi una tradizione)
deve creare una organizzazione .
Ma, ripeto, gi allaltezza del questa presa di distanza implicita nel modo in cui i materiali dellidealismo vengono messi a profitto: Hegel sempre la bestia nera dei cattolici perch ha [...] ghigliottinato lidea di Dio e su questo idealismo germanico il socialismo critico poggia graniticamente , quel socialismo che la
religione che deve ammazzare il cristianesimo:
religione nel senso che anchesso una fede, che ha i suoi mistici e i suoi pratici; religione, perch ha sostituito nelle coscienze al Dio trascendentale dei
cattolici la fiducia nelluomo e nelle sue energie migliori come unica realt
spirituale. Il nostro evangelo la filosofia moderna [...] che fa a meno dellipotesi di Dio nella visione delluniverso, quella che solo nella storia pone
le sue fondamenta, nella storia, di cui noi siamo le creature per il passato e
i creatori per lavvenire .
E ancora: Tutto ci che storificabile non pu essere soprannaturale, non pu essere il residuo della rivelazione divina. [...] La nostra
religione ritorna ad essere la storia, la nostra fede ritorna ad essere
luomo e la sua volont e attivit. [...] E cos che ci sentiamo inevitabilmente in antitesi col cattolicismo e ci diciamo moderni .
Le citazioni si potrebbero moltiplicare , tutte del resto concorrendo nel delineare questa immagine della modernit come un campo di tensioni ancora indecise, nel quale la ghigliottina filosofica
(da Gramsci significativamente sottratta al Kant carducciano e consegnata a Hegel) solo una premessa, anche se insostituibile, a partire dalla quale condurre una battaglia pratica, politica e culturale (di
organizzazione culturale) in senso lato, capace di svellere definitivamente la religione in tutte le sue forme e ricondurre luomo a se stesso: ad un tempo al senso del limite tragico della vita e ad operare
come se non si dovesse mai morire .
Questo scarto rispetto allidealismo, che in una formulazione gi
pi matura si esplicita in unosservazione rivelatrice lidealismo non
pu disgiungersi dallazione pratica senza diventare retorica , d
luogo in questi anni a tutta una serie di prese di posizione meno generiche, pi precisamente dirette contro le conseguenze pratiche di un atteggiamento di tipo speculativo, sia esso religioso, sia esso pi in generale fatalistico. Vi insomma unattitudine a individuare nellincapacit di afferrare concretamente la realt come processo contraddittorio, la radice comune a fatalismo economicistico e pensiero religioso. Prendiamo un testo del febbraio , La lingua unica e lesperanto:
Lintransigenza si attua nel pensiero prima che nellazione, e deve attuarsi
per tutto il pensiero come per tutta lazione. Solo quando noi ci siamo allenati a tutte le difficolt della logica, a cogliere tutte le congruenze tra idea e
idea, e tra pensiero e azione, possiamo dire di essere veramente noi, di essere veramente responsabili delle nostre opere, perch allora possiamo prevedere le ripercussioni probabili di ogni nostra opera nellambiente sociale ed
economico, e di queste ripercussioni possiamo lodare o biasimare noi stessi; e non lasceremo allarbitrio, al gioco di forze estranee alla nostra comprensione, il tirare le somme della nostra varia attivit .
Evidentemente qui il tema dellunit di teoria e pratica, in quanto accidentato processo individuale e collettivo, viene svolto in antitesi al
residuo impensato a cui si d il nome di fatale procedere delle cose. Il mese precedente, proprio su questo tema Gramsci aveva preso posizione contro Claudio Treves, paragonandolo al Bruno Bauer
della Sacra famiglia, in quanto, come quello, incapace di cogliere
luomo individuale realmente esistente : al posto dellatto storico, in cui luomo e la realt, lo strumento di lavoro e la volont [...]
si identificano , Treves pone una legge naturale, fatalmente verificantesi allinfuori della volont degli uomini, della loro attivit associativa, delle forze sociali che questa attivit sviluppa, diventando essa stessa determinante di progresso, motivo necessario di nuove forme di produzione .
Solo a partire da questo rifiuto delloggettivit delle leggi economiche , Gramsci formula la questione di un intendimento della storia come immanenza. Nel giugno scrive: Io cos concepisco la
storia, come necessit immanente, che trova giustificazione nella cultura, nelle forme economiche, nei modi di convivenza umana determinati dallo sviluppo del passato ; e nel febbraio il socialismo
viene presentato come lattuazione cosciente di una tendenza immanente al processo di sviluppo della societ, che per il contrario
di una legge naturale:
La dottrina del materialismo storico lorganizzazione critica del sapere sulle necessit storiche che sostanziano il processo di sviluppo della societ
umana, non laccertamento di una legge naturale, che si svolge assolutamente trascendendo lo spirito umano. autocoscienza, stimolo allazione,
non scienza naturale che esaurisca i suoi fini nellapprendimento del vero.
Se la necessit storica trascende larbitrio dellindividuo posto come pura ragione, come cellula empirica della societ, immanente in ogni individuo, momento concreto dello spirito universale che attua lessenziale legge
del suo sviluppo: quindi prassi, superamento continuo, adeguazione
continua dellindividuo empirico alla universalit spirituale .
tegica di prassi e annullamento della distinzione dialettica tra presupposto e risultato, che in Labriola non viene mai meno. In altre parole, in questo momento limmanenza designa per Gramsci la realt,
in quanto essa sia stata compiutamente ripensata come prassi (ma nel
senso di autocoscienza), e viceversa la prassi identit dinamica di
individuo empirico e necessit universale. Ne risulta un cortocircuito tra presupposto e risultato, tra storia e teoria, tra necessit e libert,
nel quale si perde il senso della prassi come produzione dellevento
singolare, che del resto, fin da ora, una grande preoccupazione di
Gramsci (si pensi alla sua attenzione, mediata dalla Sacra famiglia, per
luomo individuale realmente esistente), e che sar di l a poco al
centro (ma con tutti i limiti e le contraddizioni di cui si appena detto) della sua riflessione sui Consigli di fabbrica .
Ne scaturisce una forte tensione tra il tentativo di pensare la specificit della congiuntura e la riproposizione di uno schema di filosofia della storia. Basti pensare, per farsene unidea, a La rivoluzione
contro il Capitale (dicembre ) o ancora prima a Neutralit attiva e operante (ottobre ), testi sospesi tra lapertura allevento rivoluzionario nella sua singolarit, e la spiegazione di esso come rovesciamento della determinazione: dalla determinazione economica
alla libera volont plasmatrice. Insomma il ripensamento della
storia come puro avvenimento, dunque in termini di pura attivit
pratica (economica, morale) si traduce in una sottolineatura della
consapevolezza, che , in questo Gramsci, tanto presa in carico della realt dellideologia (Labriola) quanto, in spiccata controtendenza, retorica dellautocoscienza (Gentile) .
Sarebbe agevole addurre testimonianze per entrambe le direzioni,
ma ci che conta delineare, sia pure per sommi capi, la posizione destinata ad affermarsi nei Quaderni, quella che ho definito labriolana . Per apprezzarla sar bene prendere le mosse dallunica occorrenza esplicitamente forte dellinteressamento di Gramsci per Labriola nel periodo precedente i Quaderni: la pubblicazione, sul Grido del
Popolo del gennaio , del terzo paragrafo del Materialismo storico, con il titolo redazionale Le ideologie nel divenire storico , seguita,
sul numero del gennaio, da un riferimento testuale: Credono [i giovani socialisti, scil.], pertanto, che i canoni del materialismo storico valgano solo post factum, per studiare e comprendere gli avvenimenti del
passato, e non debbano diventare ipoteca sul presente e sul futuro .
Enunciata in questo modo, la questione si risolve nella negazione del
questa una prova che non la struttura economica determina direttamente lazione politica, ma linterpretazione che si d di essa e delle cos dette leggi che ne governano lo svolgimento. Queste leggi non hanno niente di
comune con le leggi naturali, sebbene anche queste non siano obiettivi dati
di fatto, ma solo costruzioni del nostro pensiero, schemi utili praticamente
per comodit di studio e di insegnamento.
Gli avvenimenti non dipendono dallarbitrio di un singolo, e neppure
da quello di un gruppo, anche numeroso: dipendono dalle volont di molti, le quali si rivelano dal fare o non fare certi atti e dagli atteggiamenti spirituali corrispondenti, e dipendono dalla consapevolezza che una minoranza ha di queste volont, e dal saperle pi o meno rivolgere a un fine comune, dopo averle inquadrate nei poteri dello Stato .
Il credere nelle teorie rinvio anche qui ad unepistemologia debole si traduce ora nella realt dellideologia, essendo proprio lideologia linterpretazione della struttura e delle cos dette leggi
economiche. Il carattere pervasivo dellideologia non implica per
leliminazione della distinzione tra vero e falso, semplicemente ne
sposta la definizione. Il tentativo qui abbozzato prelude direttamente ai Quaderni e alla sistemazione che in essi ricever la problematica
dellimmanenza: larbitrio pu essere individuale o collettivo, mentre la volont, organicamente appartenente ai molti, unaltra
cosa: appartiene allambito delle uniformit, delle regolarit,
cio di quella finalit immanente che, pur non avendo nulla di deterministico, delimita lambito di azione possibile alla minoranza capace di mettere a profitto lo spazio politico e giuridico dei poteri dello Stato. Lideologia cos il luogo in cui una determinata interpretazione della volont come fatto singolare lotta per sconfiggere
politicamente larbitrio. In questa linea di continuit tra il periodo
torinese e i Quaderni si pu individuare la principale ragione dellinteressamento di Gramsci allimmanenza e insieme il principale debito contratto con Antonio Labriola.
.
Immanenza nei Quaderni.
Laccezione generica
Delle quattro accezioni di immanenza individuate allinizio di questo
capitolo, nei Quaderni la prima, centrale nel periodo torinese, quella
pi genericamente presente, mai messa a tema esplicitamente, mai resa
realmente problematica ed evocata soprattutto mediante le parole al
Gramsci riporta il passo senza commento. Senza dubbio lo condivide per ci che concerne Hegel, che anche per lui il fondatore dellimmanentismo e dello storicismo moderni. Sicuramente molto meno daccordo per sul nesso di continuit tra Hegel e Croce. Proprio a questo periodo, come si vedr pi avanti, risale una svolta nella sua considerazione dellimmanenza crociana, che si traduce in una
netta presa di distanza.
In ogni modo, ci che a Gramsci nei Quaderni interessa non pi
la lotta per limmanentismo inteso genericamente come antitesi della trascendenza religiosa. A questa altezza tutti i rapporti di conoscenza si traducono per lui in rapporti ideologici, e dunque in ultima
istanza politici (rapporti di forze): su questo terreno materialistico va
impostata la discussione sulle stesse grandi opzioni ideali. Significativo dello scarto che fin da subito separa la sua posizione da quella
dellimmanentismo idealistico ,, dellagosto-settembre , in
cui i nostri idealisti, laicisti, immanentisti vengono severamente
giudicati sulla base della precisa volont di non impegnarsi nella lotta nella societ civile affinch la libert di pensiero divenga una
realt effettiva per il maggior numero . Gramsci conclude: Problema Riforma e Rinascimento altre volte accennato. Posizione del
Croce [...] che non sa (e non pu) popolarizzarsi, cio nuovo Rinascimento ecc. . Questo rinvio alla coppia Riforma e Rinascimento segna esattamente il punto in cui la filosofia della praxis deve criticare distruttivamente la versione borghese di quella stessa tradizione immanentistica alla quale appartiene. Nellaprile del Gramsci
non avesse con s a Turi la Teoria del materialismo storico e che quindi facesse i conti con Bucharin non [...] col testo davanti, ma sulla
base di unesperienza lontana nel tempo , quella della scuola di partito (), fraintendendo per queste ragioni il testo . invece assai
probabile che Gramsci avesse con s il libro nelledizione francese ,
e comunque sia, alla peculiarit di questo approccio pu essere trovata unaltra spiegazione. Diremo subito che essa sta probabilmente
in ci, che a Gramsci non interessa polemizzare con Bucharin o con
questo suo libro: la Teoria del materialismo storico gli interessa in
quanto Saggio popolare, cio in quanto tentativo, salutato da un enorme successo, di presentare una manualizzazione del materialismo
storico. Lesplicito e del tutto arbitrario! paragone tra Bucharin e
Bernheim (in ,), laddove proprio il Lehrbuch der historischen
Methode del secondo, si precisa pi tardi, potr essere tenuto presente come tipo di manuale scolastico o saggio popolare del materialismo storico , pu rendere evidente il tipo di operazione teorica orchestrata da Gramsci. Il Lehrbuch di Bernheim, annota, non
un trattato della filosofia dello storicismo, cio della filosofia moderna, tuttavia implicitamente le legato , e per storicismo
Gramsci intende Hegel e Marx. Se si scorre il Lehrbuch, ci si rende
conto che esso costituisce effettivamente una sorta di sottotesto implicito della lettura gramsciana del Saggio popolare. Questa a mio
avviso la ragione della vaghezza di Gramsci a proposito del libro di
Bucharin: perch in realt non di una lettura vera e propria si tratta,
ma di un costante, ellittico confronto con le posizioni di Bernheim.
Si potrebbe considerare questo confronto implicito tra Bernheim
e Bucharin alla luce di tutta una serie di questioni molto importanti, come lapplicabilit della legge causale alla spiegazione della storia, e pi in generale il confronto tra statuto della storiografia e statuto delle scienze naturali (insomma il radicale antideterminismo di
Bernheim e la sua sottolineatura dellagire come contrassegno specifico dei fenomeni umani), lutilit della sociologia per la storiografia, lutilit o meglio linutilit di quella che lautore definisce
legge del gran numero per la storiografia, il rapporto tra individuo
e tipo e quindi la questione della generalizzazione nella storia . Mi
limiter qui per a far rilevare solamente gli aspetti interessanti per
la questione dellimmanenza.
Anzitutto, il fatto che in tutto il Lehrbuch viene costantemente ribadita la contrapposizione tra impostazione storica immanente e
parte essenziale del materialismo storico non n lo spinozismo, n lo hegelismo n il materialismo francese, ma precisamente ci che non era contenuto se non in germe in tutte queste correnti e che Marx ha sviluppato, o
di cui ha lasciato gli elementi di sviluppo.
Limmanenza tradizionale viene depurata in Marx del suo sfondo metafisico e diventa storicismo in un senso nuovo: storicismo come
liberazione totale da ogni ideologismo, [...] reale conquista del
mondo storico, cio [...] inizio di una nuova civilt originale .
In , Bucharin non viene nominato: che il rinvio allimmanenza
nel senso metaforico sia unallusione alla Teoria, lo ricaviamo per dal
successivo ,, intitolato Limmanenza e il Saggio popolare. Si noti
inoltre che , e il seguente (,, Struttura e superstruttura) sono gi
basati sul Saggio popolare, nonostante il primo riferimento esplicito
sia in ,, Note e osservazioni critiche sul Saggio popolare. Tutto ci
ci aiuta a capire lunit fondamentale della riflessione consegnata al
blocco di testi ,-. Infatti , inizia con losservazione: Ci che
si detto della teleologia si pu ripetere dellimmanenza, ed
un riferimento al precedente ,, intitolato La teleologia nel Saggio
popolare; infine ,, Il concetto di ortodossia, ribadisce il principio dellautonomia filosofica del marxismo.
Mi sembra opportuno dunque tentare unanalisi unitaria dellinsieme di questi passaggi. In , torna, come si detto, il riferimento
allimmanenza in Marx:
Nel Saggio popolare si nota che Marx adopera lespressione immanenza,
immanente, e si dice che evidentemente questuso metaforico. [...] Per-
ch Marx continua a usare questa espressione? [...] Lespressione immanenza in Marx ha un preciso significato e questo occorreva definire [...] Marx
continua la filosofia dellimmanenza, ma la depura da tutto il suo apparato metafisico e la conduce nel terreno concreto della storia. Luso metaforico solo
nel senso che la concezione stata superata, stata sviluppata ecc. .
In entrambi i testi (, e ) Gramsci non accoglie laccezione squalificante di metaforico (nel senso di improprio), come compare
nel testo di Bucharin. Per lui luso metaforico di un termine non
alternativo alluso proprio, ma una forma di uso proprio, quella
forma che traccia nella lingua una discontinuit tra presente e passato, un passaggio depoca o (come in questo caso) uninnovazione
teorica, pur denunciando il proprio debito verso un certo passato.
Dunque Marx farebbe uso del termine e del concetto di immanenza non per imprecisione, n per orrore di creare termini nuovi
(questa osservazione confermata nella seconda stesura, , ), ma
per una scelta teorica. In , si precisava che questo nesso era con il
panteismo, nella seconda stesura di , si aggiunge che luso
metaforico solo nel senso che la vecchia immanenza superata, stata superata, tuttavia sempre supposta come anello nel processo di
pensiero da cui nato il nuovo . Insomma, mentre Bucharin, parlando di metafore, intende banalizzare il nesso con il passato, per
Gramsci le cose stanno esattamente allopposto: la metaforica dellimmanenza indica in Marx un anello al quale agganciare, innovando, la propria originale filosofia. Mentre, pertanto, si insistito
sul materialismo, occorre insistere invece sullimmanenza come
punto di ancoraggio della filosofia della praxis nella tradizione filosofica anteriore .
A questo punto occorre per considerare il testo di Bucharin, dove questo riferimento allimmanenza in Marx non c. Nelledizione
critica dei Quaderni si indica come probabile fonte di Gramsci il seguente passo:
Vale la pena far notare che, se qualche volta Marx e Engels sembrano fare
uso di concezioni teleologiche, in realt si tratta di metafore e di immagini
[cela ne constitue quune mtaphore et une faon image dexprimer la pense]. Quando Marx parla del valore come di un aggregato di muscoli, nervi
ecc., soltanto i pi malevoli nemici della classe operaia, come P. Struve, si
possono sentire autorizzati a giuocare con le parole e a ricercare il valore nei
muscoli veri e propri .
Ci che rende plausibile il suggerimento, comunque la collocazione di questo passo a conclusione del paragrafo I, , intitolato Dottrina della finalit in generale (teleologia) e sua critica. Finalit immanente . Si noti che buona parte di questo capitolo, ivi compresa la
parte che ci interessa, era stata tradotta da Gramsci, nel , per la
seconda dispensa della Scuola interna di partito. In quel caso lunica variante significativa era nella riluttanza di Gramsci a impiegare il termine legge, che ricorre spesso in Bucharin, sostituendolo
quasi sempre con diverse espressioni: normalit, regolarit,
relazione tra causa ed effetto . Ora invece il confronto investe le
stesse premesse teoriche. Bucharin critica luso dellapproccio teleologico nello studio della societ, in qualsiasi forma esso si presenti,
compresa la finalit immanente, definita in questo modo:
La teoria della finalit immanente respinge lidea di una forza misteriosa, nel
senso volgare del termine. Si parla soltanto di un fine che a poco a poco si rivela durante lo svolgersi degli eventi, di un fine interno al processo stesso di
sviluppo [...] Qui il fine [...] si rivela nel processo dellevoluzione. Non predeterminato da una divinit, ma fiorisce come una rosa dal boccio, via via che
il boccio, a seguito di determinate cause, cresce per diventare una rosa .
La teleologia immanente non si contrappone n si sostituisce allapproccio causale, ma lo integra: uno sguardo caratterizzato dal fatto di
prestare particolare attenzione al modo in cui le cause e i sistemi di cause si organizzano o appaiono allesperienza progressivamente organizzarsi, rivelando in tale organizzazione un rapporto di funzionalit reciproca. insomma un principio regolativo di ordinamento del materiale dellesperienza secondo lidea di una finalit immanente alla natura
(cio non introdotta dallesterno, ma esibita dalla natura indagata scientificamente). Non difficile scorgere dietro questo passo un riferimento alla Critica del giudizio, dove si precisa che la teleologia, in quanto principio del Giudizio riflettente, non del Giudizio determinante,
non introduce un principio particolare di causalit, ma aggiunge soltanto alluso della ragione unaltra specie dinvestigazione, diversa da quella secondo
le leggi meccaniche, allo scopo di compensare la deficienza di queste ultime
nella ricerca empirica di tutte le leggi particolari della natura. Perci nella teleologia, in quanto si riferisce alla fisica, si parla giustamente della saggezza,
delleconomia, della preveggenza della natura, senza per farne un essere ragionevole (il che sarebbe assurdo), ma anche senza ardire di mettere al diso-
pra di essa un altro essere intelligente, come artefice, perch ci sarebbe temerario; si designa solamente una specie di causalit della natura secondo una
analogia con la nostra nelluso tecnico della ragione, al fine di aver davanti agli
occhi la regola con cui debbono essere studiati certi prodotti naturali .
steriore , dal titolo Sul Saggio popolare. La teleologia Gramsci torna a riflettere sul tema, il riferimento al terreno della filosofia
della storia diventa esplicito e pertinente: Nella frase e nella concezione di missione storica non c una radice teleologica? E infatti in
molti casi essa assume un valore equivoco e mistico. Ma in altri ha un
significato che, dopo le limitazioni di Kant, pu essere difeso dal materialismo storico . Qui non della teleologia della natura si tratta, ma
proprio di quel tentativo filosofico di costruire la storia universale secondo un disegno della natura [cio della Provvidenza], in vista della
perfetta unione civile della specie umana, che Kant affronta nellIdea
di una storia universale da un punto di vista cosmopolitico . Qui la storia universale viene considerata come un organismo unitario, obbediente a fini razionali, non per secondo luso costitutivo dei princip dellintelletto, bens secondo la logica del giudizio riflettente :
Se lecito ammettere che la natura, anche nel gioco della libert umana,
procede secondo un disegno e uno scopo finale, allora questa idea potrebbe anche riuscire utile; e sebbene noi siamo di vista troppo corta per penetrare il segreto meccanismo della struttura della natura, tale idea ci pu
per servire da filo conduttore per rappresentarci almeno nellinsieme come un sistema quello che altrimenti ci apparirebbe come un informe aggregato di azioni umane .
Questo uso regolativo dellidea di un sistema razionale delle azioni umane nella storia propriamente il millenarismo della filosofia , dunque il suo profetismo, ma al contempo, per come questo
millenarismo formulato, ci che fa s che la ricostruzione romanzesca del corso del mondo umano venga ricondotta sul terreno concreto della storia filosofica, che non ignora la storia empirica, ma
anzi la salvaguarda proprio grazie al dualismo irrisarcibile tra ragione e fatto, tra destinazione dellumanit e agire del singolo individuo:
Che con questa idea di una storia universale avente in certo qual modo un
filo conduttore a priori io abbia voluto toglier di mezzo lelaborazione della
storia propriamente detta, concepita in maniera puramente empirica, sarebbe un fraintendere la mia intenzione. La mia solo unidea di ci che una
mente filosofica (che del resto dovrebbe conoscere assai bene la storia) potrebbe ancora tentare da un altro punto di vista .
Questi passaggi sono il referente ideale dellaccoglimento critico della teleologia nei Quaderni del carcere proprio come antidoto al mil
.
Intermezzo: immanenza come
filosofia della praxis o neo-umanesimo
Torniamo unultima volta a ,. Il testo si conclude con questa annotazione, contenente una precisazione di ci che in , si intendeva per panteismo:
Daltronde limmanenza di Marx completamente una cosa nuova? O non
se ne trovano tracce nella filosofia precedente? In Giordano Bruno, per
esempio, credo si trovino tracce di una tale concezione. Conosceva Marx il
Bruno? O questi elementi dal Bruno passarono nella filosofia classica tedesca? Tutti problemi da vedere concretamente.
critica del presente, ha espresso dei concetti generali, che pertanto si presentano in forma aforistica e non sistematica, e ha espresso una concezione
del mondo originale, che si potrebbe anchessa chiamare filosofia della
praxis o neo-umanesimo in quanto non riconosce elementi trascendentali o immanentici (in senso metafisico) ma si basa tutta sullazione concreta delluomo che per le sue necessit storiche opera e trasforma la realt .
.
Immanenza e terrestrit
Si dovr riconoscere che di questi elementi originari lhegelismo il
pi importante relativamente, specialmente per il suo tentativo di superare le concezioni tradizionali di idealismo e di materialismo .
Questo nel maggio-agosto . Nel novembre dello stesso anno: Risalire allo Hegel: completamente esatta la riforma dello hegelismo
compiuta dal Croce-Gentile? Non hanno essi reso pi astratto lo
Hegel? non ne hanno tagliato via la parte pi realistica, pi storicistica? e non proprio da questa parte [invece] che nato essenzialmente il marxismo? . A proposito del Saggio sullo Hegel Antonio aveva
scritto a Tania in una lettera di poco meno di due anni prima: Un
buon libro su Hegel anche quello del Croce, purch si ricordi, che in
esso Hegel e la filosofia hegeliana fanno un passo avanti e due indietro: viene superata la metafisica, ma si ritorna indietro nella quistione
dei rapporti tra il pensiero e la realt naturale e storica . Superamento della metafisica, cio crocianamente lespunzione della filosofia della storia, la presenza piena dello spirito in ogni sua manifestazione, la ridefinizione della dialettica come logica della distinzione. Il
riferimento alla natura si capisce, ma perch questo dovrebbe comportare proprio una regressione sul piano del rapporto tra pensiero e
realt storica? Di pi, non questa appunto metafisica? Certo, il prezzo che Croce paga per avere la riforma dello Hegel la storicit della coscienza, la riduzione della storia a uneterna combinatoria degli
stessi quattro momenti, insomma uneternizzazione del presente: e forse proprio a questo si riferisce Gramsci, che nel corso del (la seconda serie degli Appunti di filosofia) approfondisce il carattere astratto, speculativo, utopistico, erasmiano del pensiero di Croce.
Questo disagio e questa diffidenza crescono nel corso del , ma
giungono ad un punto di svolta solo nella primavera del , quando Hegel viene sganciato da Croce e si giunge conclusivamente allimportante testo II, del maggio , in cui la formula la filosofia della praxis uguale a Hegel + Davide Ricardo raccolta sotto
il titolo Immanenza speculativa e immanenza storicistica o realistica,
dove si noti lequazione tra storicismo e realismo, come dire: Hegel,
ma solo in quanto sia assimilabile a Ricardo (cio a Machiavelli).
Ricostruiamo in breve i passaggi che conducono a questa svolta e
riformulazione dellimmanenza. Tutto si svolge nella primavera del
Pi tardi, nel marzo (,), Gramsci torna sulla nozione di mercato determinato, nominando Jannaccone. Ma a questa altezza lespressione significa gi qualcosa di profondamente diverso:
Noterelle di economia. Ugo Spirito e C. Laccusa alleconomia politica tradizionale di essere concepita naturalisticamente e deterministicamente. Accusa senza fondamento, perch gli economisti classici non si debbono essere
preoccupati molto della quistione metafisica del determinismo e tutte le loro deduzioni e calcoli sono basati sulla premessa del supposto che. Cos questo supposto che? Lo Jannacone [sic], recensendo nella Riforma Sociale
il libro dello Spirito, definisce il supposto che come un mercato determinato e questo giusto secondo il linguaggio degli economisti classici. Ma cos il mercato determinato e da che cosa appunto determinato? Sar determinato dalla struttura fondamentale della societ in quistione e allora occorrer analizzare questa struttura e identificarne quegli elementi che, [relativamente] costanti, determinano il mercato ecc., e quegli altri variabili e in isviluppo che determinano le crisi congiunturali fino a quando anche gli elementi
[relativamente] costanti ne vengono modificati e si ha la crisi organica .
Il supposto che un mercato determinato. Lespressione supposto che, Gramsci la trae dalla Histoire des doctrines conomiques
di Charles Gide e Charles Rist, dove nel capitolo su Ricardo, dovuto
a Gide, si legge: Il suo libro principale costruito senza piano alcuno: i capitoli sono dei tronconi giustapposti come per caso. Il suo metodo ipotetico, con i suoi supponiamo che... ritornanti senza pausa e che sono come il suo marchio di fabbrica, rendono la lettura molto faticosa . Si noti che Gide attribuisce questo metodo astrattivo
anche ai marxisti (firma anche il capitolo relativo), che intendono sostenere e sviluppare la teoria del valore-lavoro: essi dicono che Marx
ha supposto (riconosciamo qui i supponiamo che di Ricardo!) una societ nella quale il lavoro sia ovunque omogeneo etc. . Va infine
detto che Gide e Rist insistono in generale sul fatto che, pur non essendo un filosofo n un pensatore sistematico, ma un agente di borsa e un pratico di primordine , Ricardo era uno spirito potente
anche se oscuro , che amava lastrazione anche se non riusciva a
padroneggiarla adeguatamente.
Gramsci opera su questi materiali una duplice trasformazione. In
primo luogo, accosta il supposto che al mercato determinato, ovvero assume che il sistema di ipotesi fissate nello schema scientifico
contribuisca globalmente a spiegare la determinazione di un dato
mercato. In secondo luogo, ridefinisce la nozione di determinazione, e quindi, con essa, quella di ipotesi (supposto che). La determinazione, egli afferma, una combinazione di elementi variabili e
costanti, e della loro diversa sistemazione nei diversi contesti. Dunque la validit degli schemi formali viene ricondotta alla realt dei
modi in cui si ricombinano costantemente gli intrecci di rapporti di
forze. La determinazione del mercato unastrazione reale, e non
La necessit, il determinismo, che pure sussiste, qui tutto risolto nellattualit di determinati rapporti di forze, nellunit di struttura e superstruttura . Il concetto di necessit, insieme a quello
di legge, vengono cos a ridefinirsi profondamente in relazione alla pratica, dato che non avr pi senso separare struttura da superstruttura, in quanto la stessa determinazione vigente nella prima
effetto dellunit concreta della prima con la seconda.
Da queste considerazioni si pu trarre argomento per stabilire ci che significa regolarit, legge, automatismo nei fatti storici. Non si tratta
di scoprire una legge metafisica di determinismo, e neppure di stabilire una legge generale di causalit. Si tratta di vedere come nello sviluppo
generale si costituiscono delle forze relativamente permanenti che operano con una certa regolarit e un certo automatismo. Anche la legge dei grandi numeri, sebbene sia molto utile come termine di paragone, non pu essere assunta come la legge dei fatti sociali .
Tutta luniversalit di cui capace la determinazione della legge si costituisce (e si destituisce) insieme allefficacia reale della legge, non la
precede . Lalternativa astratta tra determinismo e indeterminismo
viene a perdere completamente di senso, come non ha pi senso distinguere le pratiche soggettive dalla validit oggettiva delle leggi,
distinguendosi esse esclusivamente per il grado di generalizzazione e di
uniformizzazione, dunque di automatismo e di organizzazione, delle
pratiche stesse; ed essendo inoltre lo Stato, con i suoi apparati, elemento decisivo nel cementare questi processi. Gramsci conclude:
Occorrer studiare limpostazione delle leggi economiche cos come fu fatta da Davide Ricardo (il cosidetto metodo del posto che): in essa certo
da ritrovare uno dei punti di partenza delle esperienze filosofiche di Marx
ed Engels che portarono allo sviluppo del materialismo storico.
Il caso e la legge. Concetti filosofici di caso e di legge: tra concetto
di una provvidenza che ha stabilito dei fini al mondo e alluomo, e del materialismo filosofico che il mondo a caso pone .
La determinazione superstrutturale del mercato occorre dunque intenderla alla luce della teoria gramsciana dello Stato. Questo si identifica con un gruppo sociale in quanto esso capace di esercitare unegemonia, cio di saturare ideologicamente la sfera delle attivit libere
e private. In questo senso preciso si pu allora dire che lintervento statale il mercato determinato, in quanto per intervento statale sintende uno spettro di attivit che eccede largamente la regolazione giuridica della propriet e del lavoro teorizzata da Einaudi (come regolatore giuridico del mercato, cio come la forza che d al mercato determinato la forma legale, in cui tutti gli agenti economici si muovano
a parit di condizioni giuridiche), o anche quella che agli occhi delleconomista liberale unindebita perturbazione statale della concorrenza (lintervento governativo come creatore di privilegi economici,
come perturbatore della concorrenza a favore di determinati gruppi ). Lo spettro delle attivit statali che sidentificano col mercato determinato eccedono tutto ci, perch sono concretamente il modo in
cui la societ viene organizzata, affinch la subordinazione di una classe (il deprezzamento preliminare della merce lavoro) venga posta alla base della regolarit, e dunque non possono che essere pi ampie
e originarie di qualsiasi espressione giuridica egualitaria .
Mostrer pi avanti come ci, che permette a Gramsci di rileggere la causalit ipotetica alla luce della regolarit come generalizzazione di pratiche materiali e ideologiche, sia lo sviluppo della teoria della traducibilit, e quali conseguenze ci abbia nella ridefinizione del materialismo storico e nella presa di congedo dalla coppia base/superstruttura. Qui importa invece mettere in luce le
profonde conseguenze filosofiche che la conquista di questo punto
di osservazione comporta. Anzitutto, in riferimento a Croce. Gramsci procede ora a uninedita critica del suo storicismo come teologico, insistendo pi di quanto non avesse fatto in precedenza su
questo suo lato regressivo. quanto accade in , , intitolato Teologia metafisica speculazione, e il giudizio viene ribadito e approfondito nella seconda stesura ( I, ). Si noti che il citato ,
su Ricardo (nella sezione miscellanea) e , (nella terza serie degli
Appunti di filosofia) sono coevi: entrambi dellaprile . Il giudizio
sul carattere teologico dello storicismo crociano inoltre mediato
dalle considerazioni sul suo carattere utopistico e, come tale, in ultima istanza religioso, come si sviluppa in , , scritto tra il febbraio
e il novembre del , ampiamente discusso nel capitolo precedente. Si tenga infine conto del fatto che , contiene un rinvio a ,,
che dunque precede di pochissimo (come ipotizzato in questa interpretazione) ,. Insomma: il fatto di aver finalmente individuato
un punto di riferimento per limmanenza storicistica di Marx nelleconomia politica ricardiana, ci che rende visibile a Gramsci il carattere trascendente e teologico dellidealismo crociano. , un primo approccio, che sensibilmente riformula, proprio perch lo riferisce in modo inedito a Croce, quanto era stato accennato in ,: Trascendenza, immanenza, storicismo assoluto. Significato e importanza della storia della filosofia . Il tema torna in ,: Oltre la serie
trascendenza, teologia, speculazione filosofia speculativa, laltra
serie trascendenza, immanenza, storicismo speculativo filosofia
della praxis. Sono da rivedere e da criticare tutte le teorie storicisti
che di carattere speculativo ; e significativamente il passo prosegue con il riferimento alla necessit di un Anti-Croce, che fa qui la sua
prima comparsa e verr ribadito nello stesso contesto problematico
(lotta contro la trascendenza di tipo nuovo) in I, e in , .
Nel successivo , Gramsci torna a riflettere sul concetto di
necessit storica [...] nel senso storico-concreto, e si appella allidea, derivata dal metodo del posto che, dellesistenza di una
premessa efficiente, che sia diventata operosa come una credenza
popolare nella coscienza collettiva . Nella seconda stesura di
,, infine, il giudizio sullidealismo ancora pi duro: La speculazione (in senso idealistico) non ha introdotto una trascendenza di
nuovo tipo nella riforma filosofica caratterizzata dalle concezioni immanentistiche? .
In positivo, invece, il discorso su Ricardo avviato in , si dispiega nellimportante testo II,, risalente alla seconda met di
maggio , intitolato Immanenza speculativa e immanenza storicistica o realistica. Marx ha universalizzato le scoperte di Ricardo estendendole adeguatamente a tutta la storia, quindi ricavandone originalmente una nuova concezione del mondo.
La scoperta del principio logico formale della legge di tendenza, che porta a definire scientificamente i concetti fondamentali nelleconomia di homo oeconomicus e di mercato determinato non stata una scoperta di
valore anche gnoseologico? Non implica appunto una nuova immanenza,
una nuova concezione della necessit e della libert ecc.? Questa traduzione mi pare appunto abbia fatto la filosofia della praxis che ha universalizzato le scoperte di Ricardo estendendole adeguatamente a tutta la storia,
quindi ricavandone originalmente una nuova concezione del mondo .
Gramsci trova insomma nei Principles (in un libro che probabilmente non ha nemmeno letto) una chiave per determinare e sintetizzare il
senso della differenza tra Hegel e Croce-Gentile , quellidea di storicismo , di atto impuro, cio reale nel senso profano della parola , di mondanizzazione e terrestrit assoluta del pensiero, di
umanesimo assoluto della storia , di profanit e di mondanit , di terrestrit assoluta , che aveva annunciato fin dal ,
quando aveva reso lespressione die Diesseitigkeit seines Denkens
(il carattere immanente del suo pensiero, secondo la traduzione
italiana invalsa ), della seconda Tesi su Feuerbach di Marx, con il
carattere terreno del suo pensiero, evitando dunque il termine metafisico di immanenza .
Ho detto che Gramsci probabilmente non conosce i Principles di
prima mano. La serie di fonti qui da me discusse (Gide, Rist, Jannaccone, Spirito) rende ragione del modo in cui il concetto di mercato
determinato viene riletto alla luce della tematica dellimmanenza. Resta per da nominare un altro passaggio, che sta nellimputazione del
mercato determinato a Ricardo. A questo proposito la fonte mi pare
debba essere indicata nella Miseria della filosofia, un testo in cui
la struttura plurale della societ civile il rapporto tra identit e differenza che rende pensabile la mediazione concreta di ideologia e conoscenza (critica), pratica e teoria, politica e filosofia; e permette a sua
volta di collocare il pensiero di Croce al centro della rivoluzione passiva contemporanea. La filosofia della praxis dunque il nocciolo della teoria dellegemonia, che sarebbe pertanto errato considerare una
mera teoria positiva del consenso e delle forme della sua produzione.
Ma lo stesso va detto della ridefinizione della determinazione come regolarit pratica. Esente da suggestioni empiriche, elaborata nel quadro della ricerca filosofica sullimmanenza, essa acquista il suo significato solo alla luce dellavvenuta conquista del concetto di praxis come mediazione concreta di ideologia e conoscenza (critica).
.
Ancora sulla teleologia (e la quistione
della cos detta realt del mondo esterno)
Grazie alla conquista di questo concetto di immanenza, trova infine
unappropriata collocazione teorica anche laltro filone della ricerca,
quello che gi negli scritti torinesi, e poi nella prima fase dei Quaderni, abbiamo visto articolarsi attorno al concetto di finalit. Qui il
riferimento a Kant svolgeva la funzione di istanza antispeculativa, lasciando libero campo a un intendimento della storia come svolgimento di possibilit da individuare di volta in volta. Tuttavia laccezione della teleologia come ideale regolativo della ragione, e pi precisamente lidea della storia universale come filo conduttore in
vista di un sistema razionale delle azioni umane, in quanto era, al
contempo, ricostruzione del tessuto dellagire e dei fatti, e intervento
in essi e su di essi, toglieva s di mezzo ogni tentazione ingenuamente
sistematica, ma lasciava ancora del tutto indecisa la questione relativa al rapporto tra empirico e a priori.
Che Gramsci non potesse essere soddisfatto della soluzione kantiana, lo testimonia un testo singolare ( II,), in cui egli riflette sul
noumeno kantiano. Precisiamo che questo termine viene nei Quaderni sempre assunto nellaccezione critica conferitale da Croce, come
sinonimo di dio ascoso o dio ignoto , accezione che si trova riassunta in un testo di Guido Calogero su Il neohegelismo nel pensiero italiano contemporaneo , da cui Gramsci trascrive un lungo passaggio
in II,, parzialmente riprodotto sopra (nel PAR. .). Per Calogero (e
per Gramsci) il noumeno sinonimo di trascendenza, un residuo di inconoscibilit, di teologismo. Ma a questa altezza, come si visto, non
pu pi essere il filone Hegel-Croce, come viene sistemato da Calogero, ad offrire a Gramsci un accesso soddisfacente allimmanenza, perch la continuit tra i due filosofi stata pesantemente messa in questione. Non per caso torna in II, la Sacra famiglia come rivendicazione antispeculativa, stavolta non dellindividuo, ma dellautonomia
del fenomeno sul terreno gnoseologico: Nella Sacra Famiglia si dice
che la realt si esaurisce tutta nei fenomeni e che al di l dei fenomeni
non c nulla, e cos certamente. Ma la dimostrazione non agevole , perch se la realt come noi la conosciamo e la nostra conoscenza muta continuamente, se cio nessuna filosofia definitiva ma
storicamente determinata, difficile immaginare che la realt oggettivamente muti col nostro mutare ed difficile ammetterlo non solo per
il senso comune ma anche per il pensiero scientifico .
Una volta che la questione delloggettivit sia stata ripensata sul
terreno delle superstrutture, ogni riferimento a un mondo esterno
che stia al di l delle conoscenze di volta in volta date (del fenomeno) dovrebbe essere visto come una regressione . Ma proprio
questo accade invece qui:
Posta laffermazione che ci che noi conosciamo nelle cose niente altro che
noi stessi, i nostri bisogni e i nostri interessi, cio che le nostre conoscenze
sono soprastrutture (o filosofie non definitive) difficile evitare che si pensi a qualcosa di reale al di l di queste conoscenze, non nel senso metafisico
di un noumeno, di un dio ignoto o di un inconoscibile, ma nel senso concreto di una relativa ignoranza della realt, di qualcosa di ancora
sconosciuto che per potr essere un giorno conosciuto quando gli strumenti fisici e intellettuali degli uomini saranno pi perfetti, cio quando
saranno mutate, in senso progressivo le condizioni sociali e tecniche della
umanit. Si fa quindi una previsione storica che consiste semplicemente nellatto del pensiero che proietta nellavvenire un processo di sviluppo come
quello che si verificato dal passato ad oggi. In ogni modo occorre studiare Kant e rivedere i suoi concetti esattamente .
La conclusione relativa alla previsione sintomaticamente incongruente rispetto alla premessa . Il fatto che Gramsci non pu essere soddisfatto del dualismo kantiano, ma non sa come rifondare la nozione di
oggettivit, per non cadere in una forma di neo-kantismo (come appunto quello crociano) , se non in una qualche forma di regolarit
celata, da portare alla luce nel movimento della praxis, in una sorta di
relativa ignoranza che ricorda la storicizzazione della cosa in s da
parte di Lenin . Ma se la previsione solamente il ribaltamento nel futuro di un processo di sviluppo trascorso, nessun collegamento pu
realmente essere individuato, su questa base, tra loperazione del prevedere e linstaurazione di una referenza extra-mentale a una qualche
realt che si tratterebbe di portare alla luce. Del resto, in quale modo potrebbe questa realt relativamente sconosciuta realmente essere distinta dal trascendente, cio dallo assolutamente sconosciuto?
Non questo un semplice spostamento del dualismo dal terreno della
conoscenza a quello della pratica, in arretrato rispetto al concetto di
regolarit e necessit, come esso era emerso gi in ,, ed era stato ampiamente sviluppato in II, (entrambi gi discussi)?
Di questa incongruenza Gramsci del resto perfettamente consapevole: laccenno conclusivo alla necessit di studiare Kant indice di un certo imbarazzo, che si esplicita poco dopo, in II,: Esiste una realt esterna al singolo pensatore [...] sconosciuta (cio non
ancora conosciuta, ma non perci inconoscibile, noumenica) in senso storico, e che viene scoperta (nel senso etimologico), oppure nel
mondo spirituale non si scopre niente (cio non si rivela nulla) ma
si inventa e si impone al mondo della cultura? .. Questa, che
qui ancora una domanda avente la risposta nel titolo del testo (La conoscenza filosofica come atto pratico, di volont), corrisponde implicitamente al successivo II,, dellagosto-dicembre : Pare difficile escludere che la cosa in s sia una derivazione delloggettivit
esterna del reale [e del cos detto realismo greco-cristiano (Aristotele S. Tomaso)] [...] Cfr. a proposito della kantiana cosa in s ci
che scritto nella Sacra Famiglia . Il riferimento alla Sacra famiglia
torna, come si vede, in modo sintomatico, e ribadisce, a questo punto
con decisione, la posizione dubitativamente approssimata in II,
(Nella Sacra Famiglia si dice che la realt si esaurisce tutta nei fenomeni e che al di l dei fenomeni non c nulla).
Giunto a questo punto, Gramsci equipara (quanto correttamente dal punto di vista kantiano, qui non importa) cosa in s e noumeno, premessa ontologica realistica e gnoseologia dualistica, in un
unico rifiuto di qualsiasi riferimento a un esterno come realmente
significativo, sia pure per via negativa e privativa. La praxis-politica
il luogo unitario nel quale solamente sar possibile porre e sviluppare gli stessi dualismi, come viene esplicitato nel coevo (agosto-fine
ta come un elemento nellinsieme dei rapporti di forze, nella dinamica religiosa delle ideologie-filosofie. Creativo conclude
Gramsci occorre intenderlo quindi nel senso relativo, di pensiero che modifica il modo di sentire del maggior numero e quindi della realt stessa che non pu essere pensata senza questo maggior numero . Creativo il pensiero che modifica il senso comune, che
ha la forza di trasformarsi in ideologia di massa.
Lesterno dunque sempre gi un interno: il senso comune,
cio lideologia, cio il linguaggio. Ma dire che tutto interno, cio
che tutto ideologia-linguaggio, vuole dire che la filosofia non si
muove in uno spazio liscio e privo di resistenze: esso , al contrario,
sagomato da innumerevoli punti di resistenza, perch tutto si risolve
nella tensione di rapporti di forze che rinviano allesercizio del potere e alla costruzione di egemonie in contrasto. Come nella linguistica
e in stretta relazione con essa, attivit e passivit, creativit e conformismo, idioletto e lingua comune non si oppongono come reciprocamente esterni, ma coincidono nellatto linguistico del parlante, che
pertanto altrettanto attraversato dal linguaggio, quanto ne intrascendibile agente innovatore .
Ma anche allaltro capo della questione, quello della previsione,
Gramsci era intanto giunto ad analoghe conclusioni . In ,, dopo
aver ricondotto la pretesa di operare delle previsioni storiche alla trasposizione ingenua della logica delle scienze naturali sul terreno dellagire, ci che ha condotto alla ricerca delle cause essenziali, anzi
della causa prima, della causa delle cause , annota:
Ma le Tesi su Feuerbach avevano gi criticato anticipatamente questa concezione semplicistica. In realt si pu prevedere scientificamente solo la
lotta, ma non i momenti concreti di essa, che non possono non essere risultati di forze contrastanti in continuo movimento, non riducibili mai a quantit fisse, perch in esse la quantit diventa continuamente qualit. Realmente si prevede nella misura in cui si opera, in cui si applica uno sforzo
volontario e quindi si contribuisce concretamente a creare il risultato preveduto. La previsione si rivela quindi non come un atto scientifico di conoscenza, ma come lespressione astratta dello sforzo che si fa, il modo pratico di creare una volont collettiva .
Ragionieri, Alle origini del marxismo della Seconda Internazionale, in Id., Il marxismo
e lInternazionale. Studi di storia del marxismo, Editori Riuniti, Roma , pp. , qui , , , .
. F. Engels, Herrn Eugen Dhrings Umwlzung der Wissenschaft (Antidhring)
(, , ), in MEW, , pp. -.
. Cfr. Dizionario Marx Engels, dir. da F. Papi, Zanichelli, Bologna ; A Dictionary of Marxist Thought, ed. by T. Bottomore, Blackwell Reference, Oxford ;
Dictionnaire critique du marxisme, directeurs de la publication G. Labica et G. Bensussan, II d., PUF, Paris . Immanenz (o Diesseitigkeit) non compare neppure nel
Sachregister zu den Werken Karl Marx Friedrich Engels, hrsg. und eingel. von H. J.
Sandkhler, Pahl-Rugenstein, Kln (dove per in modo abbastanza sorprendente compare, per fare un esempio, la voce Ironie, Anwendung und Rolle in der Polemik). Uneccezione rappresentata a mia conoscenza dallo Historisch-kritisches
Wrterbuch des Marxismus, Bd. .: Hegemonie bis Imperialismus, hrsg. von W. F.
Haug, Argument Verlag, Hamburg , s.v. Immanenz, di P. D. Thomas; poi anche
in ed. inglese: Immanence, in Historical Materialism, XVI, , , pp. -.
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. Id., Del materialismo storico. Dilucidazione preliminare (, ), in Id.,
La concezione materialistica della storia, cit., pp. s.
. Sul rapporto tra Gramsci e Labriola in riferimento alla coppia praxis-immanenza cfr. A. Jaulin, Gramsci, lecteur de Labriola: Labriola, lexception, in G. Labica,
J. Texier (ds.), Labriola dun sicle lautre. Actes du colloque international, CNRS,
- mai , Mridiens Klincksieck, Paris , pp. -, qui -. Mi permetto di
rinviare anche al mio Dialettica e immanenza da Labriola a Gramsci, in A. Burgio (a cura di), Dialettica. Tradizioni, problemi, sviluppi, Quodlibet, Macerata , pp. -.
. Croce, Teoria e storia della storiografia, cit., p. .
. Lettera a Tania Schucht del agosto (LC, , corsivo mio). Sul rapporto con Cosmo cfr. anche la lettera del febbraio (LC, -).
. Per forma di vita o pi spesso forme di vita Gramsci intende nei Quaderni un complesso di relazioni teorico-pratiche (addirittura da usare come sinonimo di forze produttive: cfr. Q, ) che configura insieme una proposta di ordinamento politico e civile. Cos, la modernit senzaltro una forma di vita opposta a
quella cattolico-teocratica, ma dentro di essa (su un comune terreno di laicit e immanenza) si fronteggiano le forme di vita borghese-capitalistica e proletaria-comunista. Cfr. Q, , , , s., s.
. I, (Q, ).
. Alfa Gamma, Il Sillabo ed Hegel, in Il Grido del Popolo, , gennaio
, in CT, .
. M. Missiroli, Il Papa in guerra, Zanichelli, Bologna .
. Id., La monarchia socialista, Laterza, Bari . Cfr. la nota del curatore in CT,
. La recensione, firmata G. G., pubblicata in La Critica, XII, , pp. s.
. Ivi, p. .
. Ibid.
. CT, .
. , (Q, ).
. La consolata e i cattolici, non firmato, in Avanti!, XX, , giugno , in
CT, .
. Ibid.
. Audacia e fede, non firmato, in Avanti!, XX, , maggio , in CT, .
. La storia, non firmato, in Avanti!, XX, , agosto , in CT, .
. Cfr. per esempio il pi tardo Socialisti e cristiani, non firmato, in Avanti!,
ed. piemontese, XXIV, , agosto , in ON, s.
. Senza crisantemi, non firmato, in Il Grido del Popolo, , ottobre ,
in CT, . Una convincente periodizzazione dellatteggiamento di Gramsci verso la
religione (nel quadro di una continuit di fondo), quella proposta da G. M. Boninelli, Frammenti indigesti. Temi folclorici negli scritti di Antonio Gramsci, Carocci,
Roma , pp. -, che distingue lantitesi polemica tra religione cattolica e socialismo come religione atea (-); la pi distaccata considerazione della religione
come mito in senso crociano (-); e la religione come fatto sociale (-).
. Il sale sulla coda, non firmato, in Avanti!, XXII, , luglio , in NM, .
. A. G., La lingua unica e lesperanto, in Il Grido del Popolo, , febbraio , in CF, .
. A. G., La critica critica, in Il Grido del Popolo, , gennaio , in CF, .
. Ivi, pp. s.
. Ivi, p. .
. Cfr. Leggi economiche, non firmato, in Avanti!, XX, , maggio , in
CT, s. Ma un tema diffuso.
. A. Gramsci, Libero pensiero e pensiero libero, in Il Grido del Popolo, ,
giugno ; e in lAvanguardia, XII, , giugno , in NM, .
. Id., Stato e sovranit, in Energie nove, serie I, -, - febbraio , in
NM, .
. Cfr. La settimana politica [XXIII]. Dove va il Partito socialista?, non firmato,
in LOrdine Nuovo, II, , luglio , in ON, in partic. p. : I dirigenti degli
uffici centrali [...] vedono la storia come svolgentesi per opera di astrazioni ideologiche (le classi in genere, il partito in genere, lumanit in genere) e non per opera
degli uomini reali che si chiamano Pietro, Paolo, Giovanni e sono quello che sono
realmente, e non per opera delle comunit urbane e rurali determinate nello spazio
e nel tempo, che mutano [...] col mutare di luoghi e col volgere dei mesi e anche delle settimane.
. Come attualit, unica forma di esistenza della struttura (o, nei termini dei
Quaderni, identit o identificazione di storia e politica, nel senso di Q, e ). Su
questi concetti cfr. L. Althusser, Per Marx (), trad. it. di F. Madonia, Editori Riuniti, Roma , pp. s., , ; G. Labica, Marxisme et spcificit, in La Pense, ,
, pp. -, qui , , ; E. Balibar, Le moment philosophique dtermin par la guerre dans la politique: Lnine -, in Ph. Soulez (d.), Les philosophes et la guerre du
, Presses Universitaires de Vincennes, St. Denis , pp. -, in partic. .
. A. Gramsci, Il nostro Marx, in Il Grido del Popolo, , maggio , in
NM, .
. Lintreccio tra Labriola e Gentile messo in evidenza da L. Paggi, Antonio
Gramsci e il moderno principe. I. Nella crisi del socialismo italiano, Editori Riuniti,
Roma , pp. -.
. Per il filone idealistico cfr. gli snodi principali in: A. G., La rivoluzione contro il Capitale, in Avanti!, XXI, , dicembre , in CF, in partic. p. ; Il socialismo e la filosofia attuale, non firmato, in Il Grido del Popolo, , febbraio
, in CF, (si tratta di una nuova attribuzione, proposta da Paggi, Antonio Gram-
sci e il moderno principe, cit., p. , e tacitamente accolta da Caprioglio: lart. significativo di un clima, se non del pensiero autentico di Gramsci); Il nostro Marx, cit.,
in partic. pp. s.; Misteri della cultura e della poesia, non firmato, in Il Grido del
Popolo, , ottobre , in NM, in partic. pp. s.
. Cfr. Labriola, Del materialismo storico, cit., pp. -. La circostanza stata
segnalata da Paggi, Antonio Gramsci e il moderno principe, cit., p. .
. La critica critica, cit., in CF, . Cfr. Labriola, Del materialismo storico, cit.,
pp. s. Cfr. anche Paggi, Antonio Gramsci e il moderno principe, cit., pp. s.; e V.
Gerratana, Sulla fortuna di Labriola, in Id., Ricerche di storia del marxismo, Editori Riuniti, Roma , pp. -, qui -.
. Modello e realt, non firmato, in La Citt futura, numero unico della Federazione giovanile socialista piemontese, febbraio , p. , e in Avanti!, XXI,
, febbraio , in CF, , corsivo mio.
. A. G., Utopia, in Avanti!, XXII, , luglio , in NM, s.
. Q, s.
. Q, s.
. Q, .
. , (Q, ).
. , Avvertenza (Q, , corsivi miei).
. G. Mastroianni, Quattro punti da rivedere nel Gramsci dei Quaderni, in
Giornale critico della filosofia italiana, LXIII, , , pp. -, qui . Cfr. anche
Id., Il materialismo storico di N. I. Bucharin, ivi, LXI , , pp. -, qui s.
. La questione della presenza, o meno, del Manuale popolare tra i libri del carcere ha dato luogo a un vivace scambio tra G. Francioni e G. Mastroianni. Cfr., del
primo: Gramsci tra Croce e Bucharin, in Critica marxista, XXV, , , pp. -,
qui ; e Limpaginazione dei Quaderni e le note su Labriola. I, in Belfagor, XLVII,
, pp. -, qui ; del secondo: Falce, martello e corte parole, ivi, XLIII, ,
pp. -, qui ; e Limpaginazione dei Quaderni e le note su Labriola. II, ivi, XLVII,
, pp. -, qui s.
. Cfr. A. Vittoria, Togliatti e gli intellettuali. Storia dellIstituto Gramsci, Editori Riuniti, Roma , p. nota, dove si cita la lettera di A. Donini (allora direttore dellIstituto Gramsci) a Togliatti, novembre (Carte Donini, Fondazione
Istituto Gramsci, Roma), in cui, discutendo dellelenco di libri del Fondo Gramsci
compilata da G. Carbone per il suo articolo su I libri del carcere di Antonio Gramsci
(in Movimento operaio, IV, , pp. -), si precisa: Io ho fatto togliere tre o
quattro titoli di libri di Trotski e Bukharin, ai quali avremmo dato attraverso questa
menzione uninutile pubblicit. Che tra questi tre o quattro titoli vi fosse la Thorie du matrialisme historique (e, sia detto per inciso, lautobiografia di Trockij)
unipotesi a questo punto assai probabile.
. , (Q, ).
. , (Q, ).
. Cfr. E. Bernheim, La storiografia e la filosofia della storia (Manuale del metodo storico e della filosofia della storia), trad. it. di P. Barbati, Sandron, Milano-Palermo-Napoli [s.d. ma ], in partic. pp. s. e nota, , , , s., s., ,
-, ss., , s., s., s., .
. Ivi, passim. Lespressione trascendentale da Gramsci utilizzata come sinonimo di trascendente, in unaccezione ai suoi tempi non peregrina, come documentato dal Grande Dizionario della Lingua Italiana, diretto da Salvatore Batta-
glia, dove trascendentale, in uso non tecnico derivato dal significato medioevale
del termine, significa ci che al di l del darsi concreto, materiale del fenomeno:
soprasensibile, soprannaturale, metafisico.
. Bernheim, La storiografia e la filosofia della storia, cit., pp. s.
. Q, s.
. Che, come si vede, tutto il contrario di una reductio alle fonti di tipo plechanoviano, con cui implicitamente qui Gramsci polemizza. Cfr. G. Plechanov, Die
Grundprobleme des Marxismus, autorisierte bersetzung von Dr. M. Nachimson,
Verlag Dietz Nachfolger, Stuttgart , pp. -; e in , (Q, ) la contrapposizione Plechanov/Labriola in ordine allautonomia filosofica del marxismo.
. , (Q, ), corsivo mio.
. , (Q, ).
. Q, .
. Ibid.
. Q, .
. , (Q, s.).
. Cfr. , (Q, ), e i posteriori , (Q, ), febbraio-novembre , intitolato Saggio popolare. La metafora e il linguaggio, e soprattutto ,, novembre
(Q, ).
. NT, .
. N. I. Bucharin, Teoria del materialismo storico. Manuale popolare di sociologia marxista (), trad. it. di A. Binazzi, La Nuova Italia, Firenze , p. . Il rinvio alla trad. franc. a La thorie du matrialisme historique. Manuel populaire de la
sociologie marxiste, trad. de la me d., Editions Sociales Internationales, Paris ,
pp. s. Cfr. la trad. dal russo: N. I. Bucharin, La teoria del materialismo storico. Testo popolare della sociologia marxista, a cura di G. Mastroianni, Unicopli, Milano ,
p. . Il riferimento a Marx sembra essere a Il capitale. Critica delleconomia politica,
Libro I (, ), Sez. II, cap. ; trad. it. di D. Cantimori, Editori Riuniti, Roma
, p. : La forza-lavoro si realizza soltanto per mezzo della sua estrinsecazione, si attua soltanto nel lavoro. Ma nellattuazione della forza lavoro, nel lavoro, si ha
dispendio di una certa quantit di muscoli, nervi, cervello, ecc. umani, la quale deve
esser reintegrata.
. Bucharin, Teoria del materialismo storico, trad. Binazzi, cit., pp. -; Id., La
teoria del materialismo storico, trad. Mastroianni, cit., pp. -.
. NT, . Cfr. il testo in A. Gramsci, Il rivoluzionario qualificato. Scritti , a cura di C. Morgia, Delotti, Roma , pp. -.
. Bucharin, Teoria del materialismo storico, trad. Binazzi, cit., p. , corsivo mio.
Nessuna variante sostanziale in La teoria del materialismo storico, trad. Mastroianni,
cit., p. . Unica variante di rilievo nel testo tradotto da Gramsci il seguente: al posto di Si parla soltanto di un fine che a poco a poco si rivela durante lo svolgersi degli eventi, di un fine interno al processo stesso di sviluppo si ha: Essa parla solo di
finalit che sono immanenti (insiste [sic, si legga: insite F. F.] nel processo stesso
di sviluppo) e si scoprono a mano a mano con lo svolgersi degli avvenimenti (Gramsci, Il rivoluzionario qualificato, cit., p. ). Tale variante rafforza lipotesi che nei Quaderni Gramsci si riferisse proprio a questo capitolo della Teoria.
. I. Kant, Critica del giudizio (), Parte II, Sez. I, ; trad. it. di A. Gargiulo, riv. da V. Verra, Laterza, Bari , p. . Faccio notare di passaggio che nel Q ,
c. r, in un elenco di libri, si trova anche Antologia kantiana, raccolta e ordinata a
tolo La filosofia italiana nelle sue relazioni con la filosofia europea (Laterza, Bari ,
); e ora nelle Opere di Spaventa, a cura di G. Gentile, con una avvertenza di I.
Cubeddu e S. Giannantoni, II, Sansoni, Firenze , pp. -, qui .
. Ivi, p. .
. B. Spaventa, Principii della filosofia pratica (), in Id., Rinascimento, Riforma, Controriforma (), La Nuova Italia, Venezia , pp. -, qui , -, s.
. Sul quale richiama lattenzione Gerratana in nota a ,.
. Cfr. R. Mondolfo, Feuerbach e Marx, in Id., Sulle orme di Marx. Studi di
marxismo e di socialismo, Cappelli, Bologna , p. . Il rinvio a G. Bruno, Dialoghi italiani, nuovamente ristampati da G. Gentile, III ed. a cura di G. Aquilecchia,
Sansoni, Firenze , II, p. . La stessa lettura presente in un passo di un articolo letto in carcere da Gramsci (vi unallusione generica in ,, Q, ): R. Mondolfo, Razionalit e irrazionalit nella storia. Per una visione realistica del problema
del progresso, in Nuova Rivista Storica, XIV, , -, pp. -, qui , dove si sostiene che in Bruno si delinea per la prima volta facendolo scaturire dal bisogno
quel concetto realistico del progresso che si affermer poi in Spinoza e soprattutto
nella nozione marxiana di rovesciamento della praxis (ivi, p. ), aprendo la strada
a una concezione storicistica dellumanit (ivi, p. ). Legge il passo bruniano in termini di praxis M. Ciliberto, Giordano Bruno, Laterza, Roma-Bari , pp. s.
. Cfr. Bruno, Dialoghi italiani, cit., I, pp. -.
. R. Mondolfo, Lantinomia della coscienza rivoluzionaria (), in Id., Umanismo di Marx. Studi filosofici -, a cura di N. Bobbio, Einaudi, Torino ,
pp. -, qui s. (cfr. anche p. ). Cfr. anche Id., Forza e violenza nella storia
(), ivi, pp. -, qui ; e Id., Il problema sociale contemporaneo (), ivi, pp.
-, qui .
. , (Q, ).
. Q, . Cfr. K. Marx, F. Engels, La sacra famiglia, ovvero Critica della critica critica. Contro Bruno Bauer e soci (), trad. it. di A. Zanardo, Editori Riuniti,
Roma , pp. s.
. Come si visto a p. .
. Cfr. PAR. ..
. , (Q, ).
. , (Q, ).
. Lettera del marzo (LC, ).
. Cfr. P. Jannaccone, Scienza, critica e realt economica, in La Riforma Sociale, XXXVII, , XLI, pp. -.
. Ivi, p. .
. Q, s.
. Q, s.
. Ch. Gide, Ch. Rist, Histoire des doctrines conomiques depuis le physiocrates jusqu nos jours, Librairie du Recueil Sirey, Paris , p. . Sebbene lopera non compaia nel Fondo Gramsci, evidente che Gramsci ha potuto consultarla a Turi.
. Ivi, p. . Si noti che qui Gide rinvia in nota a un saggio di Georges Sorel
(Les polmiques pour linterprtation du marxisme, in Revue Internationale de Sociologie, VIII, , , avril), da cui riporta questo passaggio: In Marx non vi una
vera teoria del valore, nel senso che comunemente si attribuisce a questo termine,
ma una teoria dellequilibrio economico ridotto al caso di una societ straordinaria-
mente semplificata. Si suppone che tutte le industrie siano equivalenti e che i lavoratori siano ricondotti a un tipo uniforme (ibid.).
. Gide, Rist, Histoire des doctrines conomiques, cit., pp. , , .
. Ivi, p. .
. Q, .
. Cfr. , (Q, s.), dicembre . Uno sviluppo di questo ragionamento
, (Q, ), maggio .
. , (Q, s.).
. Su questo tema, e in generale sulla lettura di Ricardo, cfr. N. Badaloni, Due manoscritti inediti di Sraffa su Gramsci, in Critica marxista, n.s., , , pp. -; Id.,
Gramsci e leconomia politica. Discussione con Lunghini, ivi, n.s., , , pp. -.
. , (Q, ).
. II, (Q, , corsivo mio).
. Q, .
. Questultimo passaggio un riferimento a uno degli interventi considerati
da Gramsci: R. Benini, Su lincidenza dellinteresse del capitale, in La Riforma Sociale, XXXVIII, , XLII, pp. -, qui s.
. Cfr. CAP. .
. Q, s.
. Q, s.
. Q, .
. Q, .
. Q, .
. Ci significa che non si pu parlare di Anti-Croce indipendentemente da
questa svolta filosofica, o detto altrimenti: lAnti-Croce la denuncia del carattere
teologico, cio profondamente religioso e profondamente trascendente, dellidealismo crociano.
. Q, .
. , (Q, ).
. Q, .
. Ibid. Cfr. G. Perrotti, Gramsci, Ricardo e la filosofia della prassi, in Lavoro critico, II, , , pp. -, qui -; D. Borso, Marx = Hegel + Ricardo.
Considerazioni intorno a unequazione gramsciana, in Per una storia del moderno
concetto di politica. Teoria politica e critica marxiana, CLEUP, Padova , pp. ; ma soprattutto N. Badaloni, Antonio Gramsci. La filosofia della prassi come previsione, in E. Hobsbawm (a cura di), Storia del marxismo, III., Einaudi, Torino
, pp. -, qui -.
. Q, .
. Q, .
. LC, s. Cfr. la risposta di Sraffa ( giugno ), in P. Sraffa, Lettere a Tania per Gramsci, a cura di V. Gerratana, Editori Riuniti, Roma , pp. -, qui .
. , (Q, ).
. , (Q, ).
. , (Q, ).
. , (Q, ).
. , (Q, ).
. II, (Q, ) e , (Q, ).
. Cfr. OC, V, p. (trad. it. di F. Codino).
. QT, (Q, ). Gramsci recupera cos una dimensione presente nel rapporto tra Marx e Feuerbach, come risulta anche dal seguente passo: Che tale inizio
risulti dal confluire di vari elementi, apparentemente eterogenei, non maraviglia:
Feuerbach, come critico di Hegel, la scuola di Tubinga come affermazione della critica storica e filosofica della religione ecc. Anzi da notare che un tale capovolgimento non poteva non avere connessioni con la religione (Q, ). Su tutto ci mi
permetto di rinviare al mio Da Gramsci a Marx. Ideologia, verit e politica, DeriveApprodi, Roma , pp. -.
. Su Proudhon come ideologo della piccola borghesia, e sul carattere strutturalmente utopistico dellideologia piccolo-borghese nella Misre, cfr. G. Labica, Le
statut marxiste de la philosophie, d. Complexe, Bruxelles , pp. -.
. K. Marx, Miseria della filosofia. Risposta alla Filosofia della miseria di
Proudhon (), trad. it. di F. Rodano, Editori Riuniti, Roma , p. .
. Ivi, p. .
. II, (Q, ).
. Cfr. , (Q, ). Cfr. anche i testi citati nella nota a p. .
. Cfr. PAR. ..
. Cfr. , (Q, ) e II, (Q, ).
. In Nuova Antologia, LXV, , , pp. -, qui s.
. Gerratana annota (NT, ) che questo riferimento in realt poco chiaro, e difficilmente identificabile. Propongo di intenderlo come unestensione del riferimento alla rivendicazione dellindividualit, che come si visto presente in
Gramsci almeno dallarticolo La critica critica ().
. II, (Q, ).
. In questa direzione vanno diversi testi: cfr. ,, febbraio ; ,, novembre
; , e , marzo ; II,.II (Q, ) maggio ; , e , luglio-agosto .
. II, (Q, ).
. Lo stesso accade in , (Q, s., variante instaurativa).
. Cfr. F. Valentini, La controriforma della dialettica. Coscienza e storia del neoidealismo italiano, Editori Riuniti, Roma , pp. -, s.
. Cfr. V. I. Lenin, Materialismo ed empiriocriticismo (), trad. it. di F. Platone, Editori Riuniti, Roma , pp. -, - (rapporto tra verit relativa e
verit assoluta), - (criterio della pratica nella teoria della conoscenza). Ricordiamo che, secondo Togliatti, Gramsci conosceva questa opera (P. Togliatti, Scritti
su Gramsci, a cura di G. Liguori, Editori Riuniti, Roma , p. ).
. Q, .
. Q, .
. Q, .
. Ibid.
. , (Q, s.). Esattamente questo rapporto nazionale-internazionale implicito nel seguente passo di ,, dove Gramsci formula linterrogativo se sia preferibile partecipare a una concezione del mondo imposta dal di fuori, da un
gruppo sociale (che pu andare dal proprio villaggio alla propria provincia, che pu
avere lorigine nel proprio curato o nel vecchione patriarcale [...] o nel piccolo intellettuale inacidito [...]) o preferibile elaborare la propria concezione del mondo
consapevolmente e criticamente e in connessione con tale lavorio del proprio intelletto scegliere il proprio mondo di attivit, partecipare attivamente alla produzione
della storia universale? (Q, ).
. , (Q, ).
. , (Q, ).
. Q, . Su questa problematica cfr. le fini osservazioni di M. Dal Pra, Gramsci e la fine del filosofo individuale, in Rivista critica di storia della filosofia, XXX,
, , pp. -, qui s.
. Imposta in termini linguistici il problema della realt del mondo esterno A.
Jaulin, Le sens commun et la soi-disant ralit du monde extrieur, in A. Tosel (d.),
Modernit de Gramsci? Actes du colloque franco-italien de Besanon. - novembre
, Annales Littraires de lUniversit de Besanon, Besanon , pp. -. Sulla centralit della linguistica nellelaborazione dellegemonia hanno insistito F. Lo Piparo, Lingua, intellettuali, egemonia in Gramsci, Laterza, Roma-Bari , pp. , e P. Ives, Language and Hegemony in Gramsci, Pluto Press, London , pp. . A me pare tuttavia che vada detto di pi, e pi precisamente, che essa centrale nellelaborazione della filosofia della praxis. Cfr. infra, PAR. ..
. In generale su questo concetto cfr. Badaloni, La filosofia della prassi come
previsione, cit.; e A. Tosel, Marx en italiques. Aux origines de la philosophie italienne
contemporaine, Trans-Europe-Repress, Mauvezin , pp. -.
. Q, .
. Q, s., corsivo mio. Il passo una variante instaurativo-sostitutiva, discussa infra, p. .
. Cfr. Valentini, La controriforma della dialettica, cit. Cfr. inoltre, in riferimento a Croce, A. Leone de Castris, Estetica e politica. Croce e Gramsci, Franco Angeli, Milano .
Dal materialismo storico
al movimento storico:
legemonia come concetto analitico
e strategico
.
Le metafore di Marx
Lurgenza, agli occhi di Gramsci, di una critica del materialismo volgare non affatto teorico-speculativa. Linteresse che egli nei Quaderni mostra per Plechanov e Bucharin motivato politicamente e in
quanto tale filosoficamente: teorico perch politico. Questo modo
di impostare la questione del resto lunico coerente con linsieme dei
Quaderni. Ignorare il carattere congiunturale della teoria che in essi viene non solo teorizzata, ma praticata, significherebbe ignorare lunit di teoria e pratica, il concetto stesso di una filosofia della praxis.
In questa luce la storicit del linguaggio, e dunque del pensiero,
qualcosa di pi di un semplice richiamo alla sua variabilit, ma rinvia
al carattere pratico-politico di esso. In concreto, al fatto che ogni parola, ogni espressione significa sempre a partire dai rapporti concreti in cui sorge e che occorre recuperare filologicamente, se si intende comprenderla ed eventualmente criticarla concretamente, dallinterno e non in astratto, in modo meramente verbale; di pi, che
ogni parola ed ogni espressione significa nella misura in cui interviene sui rapporti concreti da cui sorge, modificandoli. La storicit
del linguaggio insomma, per Gramsci, il suo essere ad un tempo condizionato e condizionante entro un orizzonte di rapporti pratici .
Ora, questo criterio ermeneutico vale per ogni formazione discorsiva, quindi per ogni posizione filosofica, dato che la filosofia per
Gramsci in primo luogo linguaggio, e, data lidentit di ideologia e linguaggio, ideologia . Vale dunque anche per la filosofia di Marx. La
critica della deviazione materialistica del marxismo non mette capo a
una conoscenza neutra, oggettiva del testo marxiano. Produrre un
recupero filologico del significato delle metafore da lui usate, equi
MOVIMENTO
STORICO
Linteresse di Gramsci per le espressioni usate da Marx nella Prefazione, in particolare per la parte relativa al modo di giudicare un
individuo, risale al Q , quando ancora egli non laveva tradotta (avverr nel Q , cc. r-r) e la ricordava perci a memoria . In ,
Gramsci nota che questa concezione storiografica pu essere derivata dalla rivoluzione nel diritto penale, che ha condotto a rifiutare la
tortura come mezzo di estorsione della confessione, e a rivolgere tutta lattenzione alle prove oggettive. Lannotazione torna pi volte in
seguito. In , viene accostata allaltra immagine, parimenti presente nella Prefazione, delleconomia come anatomia della societ civile. Gramsci nota che la conoscenza dellorigine della metafora usata per indicare un concetto nuovamente scoperto, aiuta a comprendere meglio il concetto stesso, che viene riportato al mondo culturale e storicamente determinato in cui sorto . Nel testo precedente,
dedicato a La storia del materialismo del Lange, aveva osservato: Si
potr cos vedere come la terminologia ha la sua importanza nel determinare errori e deviazioni, quando si dimentichi che la terminologia convenzionale e che occorre sempre risalire alle fonti culturali
per identificarne il valore esatto, poich sotto una stessa formula convenzionale possono annidarsi contenuti differenti .
E proprio Quistioni di terminologia si intitola ,, in cui dunque viene gi, implicitamente, espresso un giudizio sul valore di posizione originario di entrambe le affermazioni. Nel caso della metafora
anatomica, quel valore di posizione sta nel legame con il linguaggio
delle scienze naturali ai tempi di Marx, con la loro funzione culturalmente progressiva e con lidea forte di verit ad esse legata (e conseguentemente con la potenza polemica che essa portava con s), come viene esplicitato nella seconda stesura, , , Storia della terminologia e delle metafore, dove Gramsci precisa che
la metafora [delleconomia come anatomia della societ civile] era giustificata anche dalla sua popolarit, cio dal fatto che offriva anche a un pubblico non intellettualmente raffinato, uno schema di facile comprensione (di
questo fatto non si tiene quasi mai il conto debito: che la filosofia della prassi, proponendosi di riformare intellettualmente e moralmente strati sociali
culturalmente arretrati, ricorre a metafore talvolta grossolane e violente
nella loro popolarit) ,
e che pertanto occorre sempre precisare il limite della metafora stessa per impedire che essa si materializzi e si meccanicizzi ponen
MOVIMENTO
STORICO
do esclusivamente laccento su qualcosa che era presente nellimmagine iniziale solo come accessorio polemico (la storiografia spiritualistica) . Il contenuto positivo della metafora non eccede invece il richiamo alla necessit di approfondire le ricerche metodologiche e
filosofiche . Infatti, nota Gramsci,
bisogna dimostrare che contenuto e forma sono identici, ma bisogna dimostrarlo ogni volta in atto, individualmente, altrimenti si fanno dei filosofemi
e non si fa storia. Nella scienza naturale ci equivarrebbe a ritornare ad un
periodo in cui le classificazioni avvenivano per il colore della pelle o del piumaggio o del pelo, e non sullanatomia .
Il riferimento al materialismo da criticare evidentemente allunilaterale posizione contemplativa di Feuerbach criticata nelle Glosse del
, mentre lopposizione tra dialettica razionale e mistica, tratta dal
Poscritto alla seconda edizione () del primo libro del Capitale ,
suggerisce che il termine razionale faccia riferimento a una nozio
ne di immanenza. Questa lettura del resto accennata poco pi avanti dallo stesso Gramsci:
Il termine di materialismo occorre in certi periodi della storia della cultura
intenderlo non nel significato tecnico filosofico stretto, ma nel significato che
prese dalle polemiche culturali dellEnciclopedia. Si chiam materialismo ogni
modo di pensare che escludesse la trascendenza religiosa e quindi in realt tutto il panteismo e limmanentismo e infine pi modernamente, ogni forma di
realismo politico. [...] Cos, nella vita sociale, si chiama materialismo tutto
ci che tende a trovare in questa terra, e non in paradiso, il fine della vita .
MOVIMENTO
STORICO
.
Dalla riduzione alla traduzione
Ricostruiamo brevemente il procedere della riflessione di Gramsci
sulla nozione di traducibilit dei linguaggi. A questo proposito sar
opportuno prendere le mosse dal ricorrente riferimento allequazione, formulata nella Sacra famiglia, tra filosofia speculativa tedesca
e pensiero politico intuitivo francese:
Se il signor Edgar [Bauer] paragona per un momento la eguaglianza francese con la autocoscienza tedesca, trover che il secondo principio esprime in
tedesco, cio nel pensiero astratto, ci che il primo dice in francese, cio nella lingua della politica e del pensiero intuitivo .
In questo passo troviamo condensata, sia pure in una formula suggestiva, tutta la complessit problematica nella quale Gramsci tenta di
inquadrare la questione. Il paragone tra la cultura francese e quella
tedesca infatti in qualche modo paradigmatico proprio nel rispettivo rapporto di esse con la filosofia e con la politica, con la teoria e
con la pratica. Il confronto tra francesi e tedeschi, si noti, era vivo gi
prima di Marx ed Engels (e Gramsci lo annota sulla base di un saggio di Croce, La preistoria di un paragone, da lui riassunto in , ).
Sia nelle lezioni sulla Storia della filosofia, sia in quelle sulla Filosofia
della storia, Hegel aveva affermato che, proprio in quanto opposti, il
popolo tedesco e quello francese sono quelli che hanno espresso
compiutamente, ciascuno nella sua maniera peculiare, la presente
forma dello spirito del mondo: i tedeschi in una filosofia che contiene in forma di pensiero la rivoluzione, i francesi, attuando la rivoluzione nella pratica politica e traducendo il concetto nella
realt effettuale .
Evidentemente Marx e Hegel non dicono la stessa cosa, e in questa differenza c lo spazio per il rapporto tra filosofia della praxis e
filosofia speculativa. Questo in qualche modo gi problematicamente formulato in ,, dove Gramsci ricorda laspirazione di Kant
e Croce allaccordo della propria filosofia con il senso comune, accostandovi poi laffermazione appena ricordata della Sacra famiglia:
si tratta pur sempre di unit di filosofia e senso comune, che viene
per formulata in modi opposti : con il paragone tra Francia e Germania, Marx sottolinea la primariet della prassi politica sullautocoscienza, mentre per Kant, Croce e Hegel il paragone tra Francia e
MOVIMENTO
STORICO
teorico delle novit rivoluzionarie e come pensiero che feconda lEuropa post-napoleonica. Ne segue che giacobine nel senso deteriore sono proprio, nellItalia risorgimentale, le correnti che appaiono
pi autoctone, in quanto pare sviluppino una corrente tradizionale
italiana , essendo questa tradizione nazionale fatta di niente altro
che cultura (per il cosmopolitismo degli intellettuali italiani), e restando quindi incapace di unire veramente il popolo-nazione.
Si noti la coppia concettuale formata da assolutizzazione della
propria posizione e reazione alla rivoluzione: questa coppia qui per
cos dire dominata dal suo primo membro, il secondo non ha quasi
rilevanza. Di qui il giudizio conclusivo, duro anche se formulato in
forma dubitativa:
La quistione molto complessa ed irta di apparenti contraddizioni, e perci occorre esaminarla ancora profondamente su una base storica. In ogni
modo gli intellettuali meridionali nel Risorgimento appaiono con chiarezza
essere questi studiosi del puro Stato, dello Stato in s. E ogni volta che gli
intellettuali appaiono dirigere, la concezione dello Stato in s riappare
con tutto il corteo reazionario che di solito la accompagna .
Tutto lultimo capoverso scompare nella seconda stesura (ma le varianti di questi testi sono tutte di fondamentale importanza), e la ragione di questa scomparsa che esso sopprime lambivalenza presente qui e nel testo precedente, riducendola a una sola delle sue
componenti, quella politica; finendo cos per favorire una lettura del
lequazione della Sacra famiglia in termini di riduzione dellastrazione alla politica come smascheramento dellideologia. Di conseguenza tutto lidealismo filosofico si vede privato di qualsiasi realt:
politicamente esso sinonimo di reazione, e teoricamente non altro
che politica privata di sostanza, mentre al contrario, come Gramsci
scrive poco sopra, esso vivifica i movimenti liberali nazionali del
fino al .
In , si esplicita questultimo aspetto, con la registrazione dellimmagine di un Hegel che fa camminare gli uomini con la testa in
gi . Limmagine attribuita erroneamente a Marx (complice un
passo di Croce ), ma di matrice engelsiana . Pi tardi Gramsci attribuisce ancora erroneamente il passo a Marx, rinviando alla Sacra famiglia e insistendo sul carattere di rovesciamento o capovolgimento (Umdrehung) della realt nellidealismo. Ci fa pensare a un
altro rovesciamento, o meglio arrovesciamento (Umstlpung),
del quale Marx parla nel Poscritto alla seconda edizione del Libro I del
Capitale . Insomma, la suggestione crociana viene usata da Gramsci
per legare il rovesciamento operato da Marx ed Engels nei confronti
di Hegel, allaltro rovesciamento, del quale egli ritrova traccia direttamente in Hegel, operato dagli uomini della Rivoluzione francese,
quando fu organizzata la nuova struttura statale e pareva che il
mondo camminasse sulla testa . Si tratta solo di un prestito verbale? Le considerazioni di Gramsci sul parallelo tra Rivoluzione francese e idealismo tedesco inducono a escludere questa eventualit: il rovesciamento della realt, il dominio delle idee teorizzato da Hegel,
scaturisce direttamente dal fatto che la sua filosofia costitu la traduzione nella tranquilla teoria degli eventi che in Francia stavano
cambiando la struttura del mondo. I due processi storici hanno trovato espressioni equivalenti in luoghi diversi, ma queste (qui loriginalit di Gramsci) non ne sono state semplici riflessi: lespressione teoretica fu a suo modo un intervento attivo anche rispetto alla rivoluzione politica. Lopera del tradurre in linguaggio teorico gli elementi della vita storica , implica insomma un trattamento di questi elementi, una loro trasformazione in qualcosa daltro.
Il punto attorno al quale ruota il pensiero di Gramsci che la traduzione, se vista dalla parte giusta (quella di Marx), una riduzione;
e se vista dalla parte sbagliata (quella dellidealismo), un capovolgimento: il rapporto tra filosofia e politica cio analogo a quello tra
volatile illusione e solida realt. chiaro che questa impostazione
confligge frontalmente con lintento teorico fondamentale con il qua
MOVIMENTO
STORICO
le Gramsci scrive i Quaderni, quello cio di combattere leconomicismo e il settarismo teorico e politico. E infatti nella seconda stesura
tutte queste affermazioni vengono radicalmente ridimensionate e riscritte alla luce del concetto di traducibilit.
Ma impossibile non vedere che lidea di traducibilit gi presente a questa altezza, proprio grazie alla strutturale ambiguit presente nel pensare la traduzione a volte come corrispondenza di teoria
e pratica, a volte come capovolgimento della pratica in teoria. Detto
altrimenti: affermare che il rapporto tra Francia e Germania quello
tra politica e razionalit, corrisponde a un giudizio negativo sulla razionalit, solamente se il fatto che questa una politica capovolta
equivale ad assegnare al capovolgimento una realt meramente privativa (come non-concretezza, non-storicit). Diventa invece un giudizio di diverso tenore, quando il capovolgimento venga visto a sua volta come una forma di traduzione, cio come una maniera per realizzare in Germania (in modi e con finalit differenti) la stessa politica
che veniva portata avanti in Francia; insomma, in termini gramsciani,
come una forma anchessa di egemonia, sia pure con segno rovesciato, esattamente come la rivoluzione permanente dei giacobini si
rovescia nella rivoluzione passiva della Restaurazione.
Il concetto di rivoluzione passiva (che in , e non a caso
si annuncia nel riferimento alla formazione degli Stati moderni in
Europa come reazione-superamento nazionale della Rivoluzione
francese e del napoleonismo ) segnala lavvio della riqualificazione
del capovolgimento in termini di traduzione, cio lindividuazione della politicit positiva e non privativa dellastrazione. Una volta conquistato questo nuovo punto dosservazione, i concetti elaborati gi
nel Q potranno essere riletti (cio esplicitati, o se si vuole tradotti) in modo differente. In ,, dellottobre , il passaggio della
Sacra famiglia su Francia e Germania viene giudicato molto importante per comprendere lintimo valore del materialismo storico e per
trovare la via di risoluzione di molte apparenti contraddizioni dello
sviluppo storico e per rispondere ad alcune superficiali obbiezioni
contro questa teoria della storiografia , in quanto rende comprensibile il modo in cui culture, che credono di essere antagonistiche,
diverse, una superiore allaltra, perch adoperano diverse espressioni ideologiche, filosofiche, o perch una ha carattere pi strettamente pratico, politico (Francia) mentre laltra ha carattere pi filosofico,
dottrinario, teorico, in realt sono intercambiabili .
Lenfasi su intercambiabili segnala la conquista, oramai avvenuta, della nuova prospettiva, radicalmente antisostanzialistica, che
pi tardi, in , (febbraio-marzo ), intitolato Traducibilit [reciproca] delle culture nazionali, consente a Gramsci addirittura di ricondurre la versione marxiana del paragone a quella hegeliana, e
quindi di andare a trovare in essa la fonte dellidea filosofica fondamentale delle Tesi su Feuerbach, lunit di teoria e pratica:
Questo passo di Hegel [paragone tra francesi e tedeschi F. F.] mi pare sia
appunto il riferimento letterale del Marx, dove nella Sacra Famiglia accenna a Proudhon contro il Bauer. Ma esso mi pare assai pi importante ancora come fonte del pensiero espresso nelle Tesi su Feuerbach che i filosofi
hanno spiegato il mondo e si tratta ora di mutarlo, cio che la filosofia deve
diventare politica, pratica, per continuare ad essere filosofia: la fonte
per la teoria dellunit di teoria e di pratica .
Il termine fonte posto tra virgolette, ed perci tanto pi significativo che Gramsci labbia usato. Evidentemente egli non vuole sostenere che la teoria dellunit di teoria e pratica sia stata enunciata
da Hegel: se questa fosse la lettura del passo, non avrebbe senso continuare ad attribuire alla filosofia hegeliana lattributo di speculativa. Gramsci intende piuttosto dire che proprio la risposta-superamento della Rivoluzione francese contenuta nel parallelo hegeliano
Francia-Germania, cio lessersi Hegel collocato sul terreno dellinterpretazione del mondo come specifica risposta a chi, oltre Reno,
lo mutava; laver egli insomma equiparato interpretare e mutare, ha prodotto degli effetti di conoscenza criticamente appropriabili da parte del materialismo storico. Questi effetti di conoscenza
Gramsci li riassume in una categoria: rivoluzione passiva.
Qui occorre per fare una precisazione. Si mostrato che la nozione di egemonia sintetizza, nei Quaderni, il momento propriamente teorico e quello propriamente storico, la verit e la politica,
non identificandoli ma articolandoli al modo in cui si articolano dentro lo spazio della societ civile ideologia e conoscenza (critica), pratica e teoria, politica e filosofia, nel gioco di identit e differenze
mobili e in costante ridefinizione di cui la societ civile consiste. Ci
presuppone una concezione filosofica dellimmanenza, che dunque
parte integrante della filosofia della praxis; infatti solo disponendo
tutte le manifestazioni dellattivit la politica come la filosofia
sullo stesso piano della loro capacit di produrre effetti, sar possibi
MOVIMENTO
STORICO
MOVIMENTO
STORICO
mativo (di volta in volta decisivo sotto il profilo storico-politico) della previsione. I suoi canoni, aveva scritto Gramsci nel , non devono diventare ipoteca sul presente e sul futuro . La catarsi dunque una parte integrante del materialismo storico: lo completa nella
politica, svolgendo la serie di sintesi dialettiche risultanti dallunit
reale dei due princip stabiliti da Marx. Ne segue che le uniche asserzioni predittive possibili saranno quelle formulate in termini di catarsi, cio in termini non previsionali, ma strategici, o meglio di una
previsione riformulata come strategia.
Resta per il fatto che la politica diventa decisiva solo in alcune
fasi di passaggio, ci che rappresenta un residuo di essenzialismo.
Questo problema verr discusso pi avanti . importante ora sottolineare il rapporto che la catarsi intrattiene con la teoria della traducibilit dei linguaggi, e tramite essa con il modo in cui Gramsci gradualmente ripensa lo statuto della filosofia idealistica. A questo proposito va ricordato che nelle varie occasioni in cui i due princip della Prefazione vengono ricordati, Gramsci non manca di sottolineare
la necessit di utilizzarli come punto di partenza per la spiegazione di
quegli aspetti della storia, che erano solitamente appannaggio della
filosofia della storia idealistica, ai quali il materialismo storico di Bucharin rimaneva irrimediabilmente estraneo. In ,, trascritto insieme ad altri in ,, Gramsci nota che nel Saggio popolare non trattato il punto fondamentale: come dalle strutture nasce il movimento
storico? Eppure questo il punto cruciale di tutta la quistione del
materialismo storico . E prosegue richiamando i due gi ricordati
criteri fondamentali della Prefazione, per concludere: Solo su questo terreno pu essere eliminato ogni meccanicismo e ogni traccia di
miracolo superstizioso. Anche in questo terreno deve essere posto
il problema del formarsi degli aggruppamenti sociali e dei partiti politici e, in ultima analisi, quello della funzione delle grandi personalit nella storia . Questo terreno dunque ci che in II, (ma
anche in altri testi di I) Gramsci chiamer catarsi, e che permette
di pensare la politica, e al suo interno il ruolo delle grandi personalit nella storia, da sempre appannaggio della filosofia della storia
idealistica (si ricordi Napoleone spirito del mondo a cavallo) e giustamente al centro delle diffusissime Lettere sul materialismo storico
di Engels pubblicate nel da Der sozialistiche Akademiker . nel
quadro di questa riflessione che va letta la successiva parte del testo:
II,.II, Concezione soggettiva della realt e filosofia della praxis, che
ha nel punto III, Realt del mondo esterno, un suo corollario. La filo
MOVIMENTO
STORICO
intellettuali in genere realizzano lunit dialettica e critica di filosofia e senso comune alla luce e nel contesto delle rispettive tradizioni e
dei linguaggi nazionali.
Questo criterio vale su tutti i livelli: nazionale come individuale,
esattamente al modo in cui una lingua nazionale sempre composta
da innumerevoli lingue individuali pi o meno divergenti:
Filosofia politica economia. Se si tratta di elementi costitutivi di una stessa concezione del mondo, necessariamente ci deve essere, nei principii teorici, convertibilit da uno allaltro, traduzione reciproca nel proprio specifico linguaggio di ogni parte costitutiva: un elemento implicito nellaltro e
tutti insieme formano un circolo omogeneo [...]. Da questa proposizione
conseguono per lo storico della cultura e delle idee alcuni canoni dindagine e di critica di grande importanza:
Avviene che una grande personalit esprima il suo pensiero pi fecondo non nella sede che apparentemente sarebbe la pi logica dal punto di
vista classificatorio esterno, ma in altra parte che apparentemente sembrerebbe estranea (mi pare che il Croce abbia parecchie volte sparsamente fatta questa osservazione critica). Un uomo politico scrive di filosofia: pu darsi che la sua vera filosofia sia invece da ricercarsi negli scritti di politica.
In ogni personalit c unattivit dominante e predominante: in questa
che occorre ricercare il suo pensiero, implicito il pi delle volte e talvolta in
contraddizione con quello espresso ex professo. vero che in questo criterio di giudizio storico sono impliciti molti pericoli di dilettantismo e che nellapplicazione occorre andar molto cauti, ma ci non toglie che il criterio sia
fecondo di verit .
Il criterio della traducibilit in grado di mettere in evidenza dei nessi reali, indipendenti e spesso discordanti da quelli che appaiono a uno
sguardo formalistico: di qui il rinvio alla concezione crociana della categorizzazione storiografica e alla sua allergia per i generi. Ma anticrociano il presupposto da cui lantiformalismo gramsciano scaturisce: non lunit dello spirito ma lunit di teoria e pratica, e quindi lidea che la vera filosofia possa, in certe condizioni, essere ritrovata nella sfera che Croce definisce economica. Il circolo omogeneo di
cui parla Gramsci non insomma il circolo espressivo dei distinti, perch la sua unit non risiede nella forma in quanto principio, ma nel
concreto incontro delle virtualit presenti nella materia con una forma (la catarsi) ridefinita in termini di agire strategico. Lunit pertanto sempre contingente e originale, la sua realt individuale e fattuale, e coincide con la sua realizzazione politica. quanto Gramsci
esprime in un passo contenuto in ,, un testo gi citato proprio a proposito della eguaglianza o equazione tra filosofia e politica, tra
pensiero e azione : Neanche la facolt di ragionare o lo spirito ha creato unit o pu essere riconosciuto come fatto unitario, perch concetto solo formale, categorico. Non il pensiero, ma ci che
realmente si pensa unisce o differenzia gli uomini .
Stanti cos le cose, lindividuazione della centralit, del carattere
per cos dire ordinativo di un elemento rispetto agli altri non sar
eseguibile sulla base di un criterio n fisso n aleatorio, ma da motivare di volta in volta, dunque individuale, e fino in fondo storico (proprio nel senso in cui la storia la materia), legato fino in fondo alla
biografia di un individuo come, su scala nazionale, al modo irripetibile in cui in quel contesto si venuto sistemando il rapporto tra economia ed egemonia, tra nazionale e internazionale. Il discorso sulle
culture nazionali, vale a dire sullattivit-cultura o forma di civilt
predominante in ciascuna di esse, non pu essere disgiunto dal problema rappresentato dalla necessit, per lo storico della cultura e
delle idee, di formarsi dei canoni dindagine e di critica capaci di
sventare i pericoli di dilettantismo, cio quella tendenza a forgiare
chiavi che aprano tutte le porte, o a ridurre la storia a qualche formuletta da mettersi in saccoccia, che Gramsci stigmatizza (con Labriola e il Croce revisionista) fin dai tempi torinesi .
.
Ideologia, linguaggio, teoria
C una verit delle ideologie. Per questa ragione Gramsci non pu
fare proprio il dislivello epistemologico tra essere e coscienza presente nella Prefazione del : quel dislivello ignora il linguaggio come dimensione materiale della coscienza, e quindi impedisce di cogliere il fatto che ci che gli uomini dicono di s ha immediatamente
un valore pratico, ed questo, ci che lo storico deve individuare.
Il sistema di ideologie dominante in una nazione o in un intreccio nazionale-internazionale in una data fase storica il risultato dellarticolazione egemonica delle rappresentazioni ideologiche, in
quanto si incorporano in linguaggi che, immediatamente, sono rapporti pratici politici. Questo dire di s ha dunque una realt politica attuale rilevantissima, consistente nellorganizzare i rapporti
ideologici in modo da fondare legemonia di un gruppo sociale.
possibile, certamente, che il significato reale sia diverso da quello let
MOVIMENTO
STORICO
terale, o anche ad esso opposto, ma solo sorprendendo la coscienza, per cos dire, allopera, nella struttura linguistica attuale, sar
possibile allo storico individuare lo scarto tra senso letterale e senso
effettuale, e in quale direzione tale scarto conduce . Questa concezione del linguaggio non implica la passivit del parlante. Anzi, alla
luce di essa la scelta della terminologia diventa un momento delicatissimo, perch, per essere fino in fondo consapevole, essa dovrebbe
tenere in conto non solamente la cultura di chi questa scelta opera,
non solamente il suo obiettivo polemico immediato, ma, insieme a
questi, per quanto possibile anche il modo in cui verr compresa dallinterlocutore che si intende raggiungere (la storicit di questo linguaggio). A questo proposito Gramsci torna ripetutamente sul nodo
rappresentato dalla scelta dellespressione materialismo storico.
Citando Napoleone, nel Q , in un testo intitolato A proposito del nome di materialismo storico, egli nota che
quando nelle scienze si trova qualche cosa veramente nuova, bisogna appropriargli un vocabolo affatto nuovo, acciocch lidea rimanga precisa e distinta. Se date nuovo significato a un vecchio vocabolo, per quanto professiate che lantica idea attaccata a quella parola non ha niente di comune collidea attribuitagli nuovamente, le menti umane non possono mai ritenersi
affatto che non concepiscano qualche somiglianza e connessione fra lantica e la nuova idea; e ci imbroglia la scienza e produce poi inutili dispute .
Nel caso del marxismo, la ricerca del contatto politico con le masse popolari ha favorito la regressione a un modo di pensare in arretrato non solo rispetto a Marx, ma addirittura rispetto alla cultura
moderna tradizionale . Luso di metafore grossolane e violente per raggiungere le masse incolte ha del resto favorito quei fraintendimenti. A ci si aggiunga la tendenza, che gli intellettuali hanno
come ceto e che stata sicuramente accentuata dal bisogno di costruire uno strumento didascalicamente efficace per un vasto pubblico, di cercare sempre delle sistemazioni coerenti e concluse, come
Gramsci sottolinea in ,, intitolato Il termine di materialismo:
Una delle ragioni, e forse la pi importante, della riduzione al materialismo
tradizionale del materialismo storico, da ricercare in ci che il materialismo storico non poteva non rappresentare una fase prevalentemente critica
della filosofia, mentre si ha sempre bisogno di un sistema compiuto e perfetto. Ma i sistemi compiuti e perfetti sono sempre opera di singoli filosofi,
e in essi accanto alla parte storica attuale, cio corrispondente alle attuali
condizioni di vita, esiste sempre una parte astratta, astorica, nel senso che
legata alle precedenti filosofie (pensiero che crea pensiero astrattamente),
che dovuta a necessit esteriori e meccaniche di sistema (armonia interna
e architettura del sistema) e che dovuta a idiosincrasie personali .
Intellettuali e masse si possono insomma ritrovare sul comune terreno della diffidenza verso lo storicismo (dove storicismo equivale a critica ), e quindi nelladesione allidea che il pensiero di per
s possieda forza espansiva, che le parole di per s, per intrinseca
virt, significhino qualcosa dunque che possiedano un significato
fisso, come una propriet che internamente, essenzialmente riposi
nella parola , che insomma vi possa essere pensiero senza linguaggio,
e linguaggio senza storia, perch il linguaggio sarebbe unetichettatura, data una volta per tutte, a delle cose date anchesse una volta
per tutte.
Ci che gli uomini dicono di s, insomma, non va inteso in senso individuale (questo il limite della metafora, il punto in cui essa diventa inservibile), ma collettivo. Non le ideologie-linguaggi individuali, private, sono qui in gioco, ma quelle collettive e pubbliche,
che sono quindi forze storiche, credenze capaci di muovere allazione, di spostare il senso comune. Il significato di queste ideologieforze storiche tutto negli effetti da esse prodotti, che sono effetti
pratici, ideologico-politici anchessi. Pertanto il materialista storico
non ha bisogno di porsi al di fuori della politica-ideologia per comprendere il reale significato delle ideologie. La coscienza dello storico non posta su un livello diverso da quella del proprio oggetto, se
non per la distanza temporale e la conseguente possibilit di cogliere
gli effetti di certe azioni e il loro intreccio complessivo . Daltra parte, in quanto il materialista storico ha un interesse per loggetto che
affronta, anchegli preso nella rete di rapporti e conflitti pratici di
cui quelloggetto intessuto; la sua ricostruzione anzi un intervento
in quella rete di rapporti di forze: una previsione in termini gramsciani, perch la rete di interessi pratici, dentro cui presa la coscienza degli individui coinvolti nelle vicende studiate, si prolunga fino al presente. Anche lintervento dello storico un gesto pratico, ha
un valore politico, un linguaggio che avr un valore letterale e uno
risultante dalla sua traduzione. Anche da questo lato, non si esce
dalla praxis, dal conflitto politico, dalle ideologie. Anche la verit dello storico una verit politica .
MOVIMENTO
STORICO
dunque impossibile isolare un momento propriamente teorico? Tutto ridotto a ideologia e a politica? La risposta non pu che
venire dal ricorso alla seconda delle Tesi su Feuerbach, in cui la verit del pensiero viene equiparata alla sua realt, al suo potere,
al suo carattere terreno. Terrestrit (Diesseitigkeit: la qualit di chi
si colloca nellaldiqua, nella mondanit e finitezza), potere, realt e
verit del pensiero vengono da Marx equiparati, e, come si visto,
Gramsci non fa in definitiva altro che sviluppare questa posizione filosofica. Ci non significa evidentemente eliminare il concetto di verit; significa invece intendere il modo specifico in cui le ideologie
producono politicamente degli effetti di verit. Questa capacit di
individuare la produzione di effetti di verit nella politica il principio della traducibilit reciproca . Si mostrato come Gramsci
arrivi faticosamente, emancipandosi da un iniziale riduzionismo politicistico, a conquistare questa posizione teorica, individuando infine nella teoria unistanza a suo modo politica, dunque al contempo pratica e ideologica, e in questo preciso senso (cio in quanto pratica e ideologica) vera. Ma si deve dire di pi. Si consideri il passo seguente, dedicato al lavoro concreto del materialista storico:
Trovare la reale identit sotto lapparente differenziazione e contraddizione e trovare la sostanziale diversit sotto lapparente identit, ecco la pi essenziale qualit del critico delle idee e dello storico dello sviluppo sociale . Tale lavoro viene qui caratterizzato come distinzione di un piano apparente e uno sostanziale, incrociato
con il rapporto tra diversit e identit. A questo passo se ne possono accostare diversi altri, come ,: i collaboratori stranieri delle riviste, oltre a conoscere le correnti culturali del loro paese, devono essere capaci di confrontarle con quelle del paese in cui la rivista pubblicata, conoscere cio le correnti culturali anche di
questo e intenderne il linguaggio nazionale. [...] dal punto di vista pratico di promuovere la cultura, [...] importante il tipo di collaboratore [...] che sa tradurre un mondo culturale nel linguaggio di
un altro mondo culturale, perch sa trovare le somiglianze anche dove esse pare non esistano e sa trovare le differenze anche dove pare
ci siano solo somiglianze . O come il summenzionato , (la
terminologia convenzionale e [...] occorre sempre risalire alle fonti culturali per identificarne il valore esatto, poich sotto una stessa
formula convenzionale possono annidarsi contenuti differenti), o
come infine ,: Il centralismo democratico [...] consiste nella ri
MOVIMENTO
STORICO
MOVIMENTO
STORICO
dopo un cenno ai Problemi fondamentali del marxismo di Plechanov, cui si allude in , , e che esplicitamente ricordato in ,
per lincapacit di porre correttamente la questione delle fonti
del pensiero di Marx la Teoria del materialismo storico di Bucharin. Tra le altre manchevolezze riscontrabili nel Saggio popolare
ci sono, secondo Gramsci, le seguenti due: la tesi, implicita nellesposizione [...] ed esplicitamente accennata qua e l che la filosofia
del materialismo storico il materialismo filosofico ; e la riduzione della nozione di forze produttive a quella di strumento
tecnico. Neanche questa posizione, come la prima, in Bucharin
immediatamente evidente, e Gramsci la introduce infatti in modo
ambiguo, dato che discute dapprima (in ,) del concetto di struttura materiale della sovrastruttura senza riferimenti allautore russo, quindi (in ,) introduce, in un testo sullo strumento tecnico
nel Saggio popolare, delle feroci critiche di Croce alla concezione
dello strumento tecnico in Achille Loria; infine nella seconda stesura (,) monta insieme i due testi invertendone lordine, e rende esplicita lobiezione a Bucharin, cos concludendo: evidente
che tutta la teoria dello strumento tecnico del Saggio [...] una deviazione infantile della filosofia della praxis, determinata dalla convinzione barocca che quanto pi si ricorre a oggetti materiali tanto pi si ortodossi . Gramsci insomma obietta a Bucharin di avere una concezione non chiara dei concetti di struttura, superstruttura e strumento tecnico; in particolare, questultimo verrebbe concepito
in modo cos generico che esso significa ogni arnese e utensile, fino agli strumenti che adoperano gli scienziati nel loro esperimento e... gli strumenti musicali. Questo modo di porre la quistione rende inutilmente complicate le
cose. Partendo da questo barocco modo di pensare tutta una serie di questioni barocche sorgono ,
come per esempio se le biblioteche appartengano alla struttura o alla superstruttura, o se in questultima vada distinta una struttura
materiale della superstruttura. Tutto ci lo spinge infine a notare
che per questo riguardo [cio in riferimento alla concezione dello
strumento tecnico F. F.], il modo di pensare esposto nel Saggio non
differente da quello del Loria, se non addirittura pi criticabile e
superficiale .
MOVIMENTO
STORICO
uno stacco nello statuto della filosofia; se, in altre parole, marca un
discrimine netto, entro la sfera della filosofia moderna, tra immanenza speculativa e immanenza storicistica o realistica (come recita il
titolo di II,), tra la linea che da Vico conduce a Croce passando
per Hegel, e quella che da Machiavelli conduce a Marx, passando
per Bruno e Spinoza .
I riferimenti al nesso Bruno-Marx fanno ipotizzare che Gramsci
pensasse anche a lui come un filosofo della praxis proiettato al di
l della concezione tradizionale dellimmanenza, ma si tratta di spunti non sviluppati . Il discorso giunge invece a un punto di svolta
quando Gramsci individua una stabile accezione di immanenza realistica nelleconomia politica di Ricardo, assunta come uno dei
punti di partenza delle esperienze filosofiche di Marx ed Engels in
, . Questo testo, dellaprile , contenuto nella sezione miscellanea del quaderno, opportunamente richiamato negli Appunti
di filosofia. Materialismo e idealismo. Terza serie, nel coevo , , e
quindi considerato parte integrante dellelaborazione condotta in
quel contesto. Ora, lidea delle tre fonti e tre parti integranti del
marxismo non aveva mai convinto Gramsci, che laveva criticata
esplicitamente nel Q . Egli infatti non poteva accettare la separazione di filosofia, politica ed economia che tale schema implicava: per
lui tra questi tre momenti vi deve essere convertibilit, vale a dire
traduzione reciproca nel proprio specifico linguaggio di ogni parte
costitutiva . Ecco allora che il metodo del posto che di Ricardo gli offre il destro per individuare una traduzione delleconomia in filosofia, e di farlo ancorando il marxismo a uno schema
di determinazione ipotetica, cio a una concezione della necessit
interamente risolta nei rapporti delle forze di volta in volta dati: solo una volta posti certi rapporti di forze, si avr una determinazione, che non per questo sar meno efficace (vincolante, necessaria).
Limmanenza pertanto una concezione della storia e della sua legalit (che Bucharin cercava nelle scienze naturali), in cui la necessit sempre circostanziale, ed per anche sempre, al contempo, efficace; nella quale lidea di ragione (e la corrispondente idea
di verit) viene spogliata di ogni alone speculativo: automatismo
niente altro che razionalit , niente altro che una scelta libera,
che avviene secondo certe linee direttrici identiche per una gran massa di individui o volont singole, in quanto queste sono diventate
omogenee in un determinato clima etico-politico .
MOVIMENTO
STORICO
va completamente riscritto, dato che la stessa accertabilit quasinaturalistica dellambito della produzione effetto politico della
fissazione superstrutturale. Quel passo va riscritto, si detto, non
per invertendo il senso della determinazione (la sovrastruttura determina la struttura), ma spostando la determinazione
su un piano di effettualit. Questo piano di effettualit non la
rozza evenemenzialit; al contrario, un piano concettuale, poggiante sulla riduzione tanto della base quanto della sovrastruttura a
rapporti sociali che sono sempre, in forme diversamente politiche,
dei rapporti di forze .
.
Ideologie e rapporti di forze:
la scienza della politica e la ridefinizione
del rapporto tra storia e crisi
Una compiuta formulazione della filosofia della praxis non pu dunque aggirare la questione di un ripensamento del rapporto base/sovrastruttura, con leliminazione, assieme ai suoi effetti riduzionistici, della stessa metafora architettonica, e con la rilettura del Marx del
alla luce del Marx del -. Dir subito che questo ripensamento non avviene in modo compiuto. Nei Quaderni infatti presente unattitudine conservativa, con conseguente inerzia delle
vecchie formulazioni (quelle pi letteralmente legate al materialismo storico), che sposta necessariamente il fuoco dellanalisi delle
novit teoriche, alla valutazione delle varianti in sede di riscrittura e
dei testi aggiunti nei miscellanei del - e in quelli dellultima
fase di lavoro . C del resto, per questa inerzia terminologica, una
plausibile spiegazione politica: Gramsci sperimenta direttamente le
reazioni ostili dei compagni di carcere alle proprie idee nel corso delle conversazioni politico-teoriche della seconda met del , e
del resto sa benissimo che la proposta di una riformulazione del
marxismo come filosofia della praxis potr imporsi solo a condizione di presentarsi come una lettura autentica di Marx, non eludendo
la prova dellortodossia . Ma, tutto sommato, i cambiamenti a questo proposito nei Quaderni ci sono, e possono essere mostrati, testi
alla mano.
Un passaggio fondamentale in questa direzione la comparsa
della nozione di rapporti di forze, introdotta in , (ottobre ).
Gramsci nota che stabilire i rapporti tra struttura e superstrutture
il problema cruciale del materialismo storico, e che per risolverlo necessario fare ricorso a quel passo della Prefazione del , in
cui vengono fissati i due principii metodologici del materialismo
storico:
) il principio che nessuna societ si pone dei compiti per la cui soluzione non esistano gi le condizioni necessarie e sufficienti [o esse non siano
in corso di sviluppo e di apparizione], e ) che nessuna societ cade se
prima non ha svolto tutte le forme di vita che sono implicite nei suoi rapporti .
MOVIMENTO
STORICO
apparizione del nuovo e la condizione della sparizione del vecchio. Dunque la validit di quei due princip limitata allinterstizio
(che come si visto pu anche durare a lungo) tra due modi di produzione, quando realmente loscillazione tra vecchio e nuovo allopera, e le due alternative sono entrambe possibili. Solo durante lepoca di rivoluzione sociale i due princip metodologici sono entrambi efficaci nel senso che esistono gi le condizioni materiali (le forze produttive) affinch lumanit si ponga il compito di superiori
rapporti di produzione; ma il vecchio mondo ancora in grado di sviluppare le forze produttive entro i vecchi rapporti di produzione e
di conseguenza la storia concreta unoscillazione tra vecchio e nuovo.
In questo contesto e qui riprendiamo la lettura che Gramsci fa
di queste pagine la politica diventa decisiva, in quanto la struttura
economica in una condizione di instabilit tale che entrambe le soluzioni conservazione dellattuale modo di produzione e sua sostituzione con uno nuovo sono possibili, e loscillazione tra queste opposte soluzioni si riflette sul terreno dei rapporti sociali in un confronto politico tra le classi: la forma storicamente reale delloscillazione della struttura sono i rapporti di forze tra le classi. Questa fusione di economia e politica tuttavia circoscritta alle fasi di passaggio. Gramsci precisa infatti che nello studio di una struttura occorre distinguere ci che permanente da ci che occasionale , discriminando nettamente struttura e congiuntura, la fase di sviluppo
strutturale da quella di rivolgimento nel passaggio da uno stadio a
quello successivo dellevoluzione sociale. Egli in tal modo riprende
di fatto la visione stadiale della storia schizzata nella Prefazione di
Marx, e limita il ruolo della critica politica al terreno delloccasionale (che una nozione derivata da Machiavelli, per tradurre la
nozione marxiana di epoca di rivolgimento sociale). Di qui la crucialit della nozione di crisi:
Esiste una crisi, che si prolunga talvolta per decine di anni. Ci significa che
nella struttura si sono rivelate contraddizioni insanabili, che le forze politiche operanti positivamente alla conservazione della struttura stessa si sforzano tuttavia di sanare entro certi limiti; questi sforzi incessanti e perseveranti (poich nessuna forma sociale vorr mai confessare di essere superata) formano il terreno delloccasionale sul quale si organizzano le forze
che cercano dimostrare (coi fatti in ultima analisi, cio col proprio
trionfo, ma immediatamente con la polemica ideologica, religiosa, filosofica, politica, giuridica ecc.) che esistono gi le condizioni necessarie e suf-
ficienti perch determinati compiti possano e quindi debbano essere risolti storicamente .
MOVIMENTO
STORICO
ne permanente . Loscillazione tra vecchio e nuovo (che poco sopra Gramsci ha rapidamente ripercorso nella serie di rivolgimenti a
ondate sempre pi lunghe: -, -, -, -, ) esige di pensare lunit dei due momenti, per comprendere
infine come continuit e rottura non siano rappresentanti rispettivamente della struttura e della congiuntura, ma siano sintesi (politiche)
di entrambe. Il concetto di rivoluzione permanente insomma la riduzione della storia a rapporti di forze grazie al concetto di verit
enunciato nelle Tesi su Feuerbach. Questa riduzione permette di disfarsi della dicotomia di sviluppo e crisi, e di generalizzare questultima nozione fino a farla coincidere con quella di storia. Questa ridefinizione della storia come crisi, avviata nel Q , conosce un passaggio decisivo nellelaborazione del concetto di mercato determinato, esaminato sopra, ma verr compiuta solo nei Q e .
Si legge spesso in [molte] narrazioni storiche scrive ancora
Gramsci in , lespressione generica: rapporto delle forze favorevole o sfavorevole. Cos, astrattamente, questa espressione non
spiega nulla o quasi nulla: di solito si ripete il fatto che si deve spiegare, si fa una tautologia . la stessa obiezione che Gramsci sulla scorta di Croce rivolge abitualmente alla sociologia : mentre
questa si limita a registrare la vittoria di una o laltra classe, attribuendo ai rapporti di forze a questa favorevoli la causa della vittoria stessa; si tratta invece di usare la nozione di rapporti di forze
come un canone di ricerca e di interpretazione, cio come delimitazione concettuale di un terreno storico-politico, un terreno sul
quale il processo storico venga restituito alla politica.
A questo scopo, Gramsci delimita tre grandi livelli dei rapporti
di forze: . rapporto delle forze sociali strettamente legato alla struttura ; . rapporto delle forze politiche, cio la valutazione del
grado di omogeneit e di autocoscienza raggiunto dai vari raggruppamenti sociali ; . rapporto delle forze militari che quello immediatamente decisivo volta per volta . Si noti che questa tipologia, costruita per venire a capo di un problema contenuto nella Prefazione del , fa ricorso apertamente a un famoso passaggio della
Miseria della filosofia. Torner pi avanti sul significato di questa
interpretazione a ritroso. Qui iniziamo col notare che in tutti e tre i
casi abbiamo dei rapporti di forze cio dei rapporti di potere tra le
classi sociali, disposti su livelli diversi, perch diverso il modo nel
quale la praxis interviene in essi. Il rapporto di forze legato alla strut
MOVIMENTO
STORICO
Questa totale apertura di prospettive, che ricorda un famoso passaggio del Manifesto (e ci significativo, in questo contesto), limitata, si detto, alle fasi di crisi. Ma qual la ragione di questa limitazione? A ben vedere, lo schieramento fondamentale delle forze, quello legato alla struttura, non pu essere inteso come pre-politico. Ci che infatti, dalla parte della classe subalterna, disgregazione incapace di attingere la stessa unit corporativa, dalla parte della classe dominante precisamente legemonia realizzata, la politica
nella sua pienezza. Non dunque il rapporto delle forze a passare
dal sociale, al politico, al militare, ma al contrario lunificazione politica della classe subalterna che, quando c ( in via di compiersi),
mette in questione la natura dellegemonia dominante, costringendola a ristrutturarsi inseguendo la fenomenologia della politica dei
subalterni, per disattivarne le evenienti potenzialit egemoniche.
Non dunque la crisi che rende possibile lunificazione delle clas
Machiavelli. Rapporti di forze, ecc. Losservazione fondamentale che tali analisi non sono fini a se stesse, ma devono
servire a giustificare il lavoro pratico, in
quanto sono fatte per sceverare i punti
su cui applicare la forza della volont.
Perci elemento sempre fondamentale
rimane la forza permanente organizzata che si pu fare avanzare quando la situazione diventa propizia (collasso dellavversario, crisi, ecc.) e compito essenziale attendere sistematicamente a formare, sviluppare, ampliare, rendere
sempre pi omogenea, compatta, consapevole di se stessa questa forza .
MOVIMENTO
STORICO
Ma losservazione pi importante da
fare a proposito di ogni analisi concreta dei rapporti di forza questa: che tali analisi non possono e non debbono
essere fine a se stesse [...] ma acquistano un significato solo se servono a giustificare una attivit pratica, una iniziativa di volont. Esse mostrano quali sono i punti di minore resistenza, dove la
forza della volont pu essere applicata pi fruttuosamente [...]. Lelemento
decisivo di ogni situazione la forza
permanentemente organizzata e predisposta di lunga mano che si pu fare
avanzare quando si giudica che una situazione favorevole (ed favorevole
solo in quanto una tale forza esista e sia
piena di ardore combattivo); perci il
compito essenziale quello di attendere sistematicamente e pazientemente a
formare, sviluppare, rendere sempre
pi omogenea, compatta, consapevole
di se stessa questa forza .
La traduzione di realt in rapporti di forze visibile anche nel seguente passo, variante instaurativa in ,:
Ci si vede nella storia militare e nella cura con cui in ogni tempo sono stati predisposti gli eserciti ad iniziare una guerra in qualsiasi momento. I grandi Stati sono stati grandi Stati appunto perch erano in ogni momento preparati a inserirsi efficacemente nelle congiunture internazionali favorevoli e
queste erano tali perch cera la possibilit concreta di inserirsi efficacemente
in esse .
Vi nel Q una piena reciprocit tra congiuntura e preparazione organizzativa permanente e di lunga lena, e di conseguenza vi identit
tra congiuntura-crisi e realt. La stessa previsione non ha pi nessun contenuto mimetico, ma pienamente riqualificata come processo politico (strategico) costruttivo. Ci pu essere mostrato alla luce di una variante instaurativo-sostitutiva che in , (luglio-agosto
, gi considerato ) viene introdotta sulla prima stesura ,
(febbraio ). Polemizzando con il concetto buchariniano di prevedibilit dei fatti sociali, scrive Gramsci:
Ci che solo prevedibile la lotta, ma
non i momenti concreti di essa, che risulteranno da equilibri di forze in continuo movimento, non riducibili a
quantit fisse .
MOVIMENTO
STORICO
porti di forze, lunico studio concreto di essa dovr non solo rifiutare lo schema stadiale-evolutivo nella sua versione rozza, ma nelle
sue stesse varianti sofisticate.
Questo passaggio a una nuova concezione del nesso tra previsione e congiuntura riscontrabile anche in un altro testo, non casualmente contemporaneo (luglio-agosto ) a ,. Qui Gramsci, riflettendo sul detto la storia maestra della vita, le lezioni dellesperienza ecc. , si domanda che significato ci possa avere, una volta
ripensata la storia al di fuori di qualsiasi schema naturalistico:
Si pu forse dire che la storia maestra della vita e che lesperienza insegna
ecc. non nel senso che si possa, dal modo come si svolto un nesso di avvenimenti, trarre un criterio sicuro dazione e di condotta per avvenimenti simili, ma solo nel senso che, essendo la produzione degli avvenimenti reali il
risultato di un concorrere contraddittorio di forze, occorre cercare di essere la forza determinante .
con quella di storia. Ricordiamo che, con la fissazione della nozione di mercato determinato (,, marzo ), decisivo diventa individuare gli elementi che, in una determinata struttura fondamentale di una societ, sono [relativamente] costanti e quindi
determinano il mercato ecc., e quegli altri variabili e in isviluppo
che determinano le crisi congiunturali fino a quando anche gli elementi [relativamente] costanti ne vengono modificati e si ha la crisi organica . Costanza e variazione sono per, come si visto, entrambe da ricondurre a una fissazione giuridica ecc., che sempre lesito instabile di processi egemonici antagonistici. Dunque la costanza
(che tollera crisi congiunturali) non altro che un caso particolare
(un caso limite) di variazione (che invece si condensa in crisi organica). Lo scambio di elementi costanti e variabili (cio la crisi organica) non inaugura una nuova fase storica (dallo sviluppo alla crisi),
ma mette in luce ci che prima cera gi, ma efficacemente disattivato.
Anche in questo caso, le conseguenze vere e proprie vengono
tratte pi tardi, nel Q , in un testo straordinariamente interessante
intitolato Passato e presente. La crisi, di cui mi limiter a segnalare
larticolazione generale. Riflettendo sugli avvenimenti del ,
Gramsci fissa tre criteri di giudizio: di essi non si pu dare una definizione unica, o che lo stesso, trovare una causa o unorigine unica ; la sua origine risale molto al di qua delle manifestazioni clamorose del crollo di Borsa, al dopoguerra e alla stessa guerra ; infine, la crisi ha origini interne, nei modi di produzione e quindi di
scambio, e non in fatti politici e giuridici , vale a dire (in base alla
nozione di mercato determinato) in uno scambio tra elementi costanti e variabili che ridetermina tutto lequilibrio tra rapporti di
forze economico-sociali, politici e militari.
Lipotesi che la crisi sia un processo complesso, che essa trovi
avvio nella stessa guerra e infine che nasca dal mondo della produzione, equivale a fissare le ragioni dello scambio di dominanza nellintreccio tra il livello economico (la vita economica ha come premessa
necessaria linternazionalismo o meglio il cosmopolitismo) e quello
governativo (la vita statale si sempre pi sviluppata nel senso del
nazionalismo, del bastare a se stessi ecc. ). Insomma: la crisi
non sorge dalla sproporzione tra forze produttive e rapporti di produzione (crisi di sovrapproduzione), e neanche dai contrasti imperialistici. Non determinata dallesaurimento delle capacit di sviluppo
del capitalismo, secondo limpostazione dominante nella Terza Inter
MOVIMENTO
STORICO
nazionale . La crisi sorge dalla determinazione nazionale del mercato, da quella che si potrebbe chiamare la sua nazionalizzazione forzosa, imposta politicamente dalle diverse borghesie come garanzia del
mantenimento di determinati rapporti di forze nazionali e internazionali ; mentre il mercato determinato capitalistico strutturalmente un mercato mondiale . La crisi odierna [...] una resistenza
reazionaria ai nuovi rapporti mondiali, allintensificarsi dellimportanza del mercato mondiale . Lo scambio tra elementi costanti e
variabili nel mercato determinato va dunque letto come passaggio
dalleconomia individualistica alle varie forme delleconomia programmatica, e decifrato come affermazione di una politica economica espansiva che rilanci in modo passivo lo sviluppo e legemonia
borghese: ci che Gramsci tenta di porre in luce sotto la rubrica generale e un po convenzionale di Americanismo e Fordismo .
Ma questo dislivello tra nazionale e internazionale un tratto che
accompagna il capitalismo dal momento della sua nascita. Per questo
motivo Gramsci pu scrivere in ,:
Si potrebbe allora dire, e questo sarebbe il pi esatto, che la crisi non altro che lintensificazione quantitativa di certi elementi, non nuovi e originali, [...] mentre altri che prima apparivano e operavano simultaneamente ai
primi, immunizzandoli, sono divenuti inoperosi o sono scomparsi del tutto.
Insomma lo sviluppo del capitalismo stata una continua crisi, se cos si
pu dire, cio un rapidissimo movimento di elementi che si equilibravano
ed immunizzavano. Ad un certo punto, in questo movimento, alcuni elementi hanno avuto il sopravvento, altri sono spariti o sono divenuti inetti nel
quadro generale. Sono allora sopravvenuti avvenimenti ai quali si d il nome specifico di crisi, che sono pi gravi, meno gravi appunto secondo che
elementi maggiori o minori di equilibrio si verificano .
MOVIMENTO
STORICO
re un effetto necessitante sulle pratiche e sui modi di pensare; ma cogliendo il modo in cui la necessit si realizza solamente nella presenza
di configurazioni etico-politiche capaci di significarla. Verit dellideologia non significa dunque ridurre la storia ad arbitrio, o celebrare la libert del volere umano che tutto plasma e adatta a s. Il significato della formula rivoluzione in permanenza tutto un altro: un
modo per dire lunificazione concreta di attori e circostanze (e
dunque il congedo dallidea che si possa separatamente parlare di attori e di circostanze, di soggetto e di oggetto) nella rete di rapporti pratici da cui la storia costituita, nellunit dinamica, storica (per
dirla con la Miseria della filosofia) di rapporti di produzione e forze
produttive. Questa teoria non mette capo in un relativismo generalizzato: luniversale c, concretamente, nella storia, ma sempre come esito provvisorio di processi di universalizzazione teorico-pratica (si prenda il caso della scienza naturale), processi che restano sempre reversibili e sempre parziali, e non sono mai indipendenti dalla forma ideologicamente concreta che di volta in volta assumono.
.
Il Marx di Gramsci:
la rivoluzione in permanenza
La lettura della Prefazione deve la sua radicalit anche alla contaminazione di questo testo con altri, anteriori: le Tesi su Feuerbach ()
e la Miseria della filosofia () anzitutto. A proposito della Prefazione Gramsci annota in ,, come si visto sopra: la mediazione
dialettica tra i due principii del materialismo storico riportati in principio di questa nota il concetto di rivoluzione permanente . un
riferimento alla parola dordine lanciata da Marx nellIndirizzo al Comitato Centrale della Lega dei Comunisti (Londra ), a cui Gramsci si riferisce gi in , ; ma anche (e questo fondamentale) al suo
presupposto teorico: le Tesi su Feuerbach (la tesi in particolare). Leggiamo ancora in ,:
Un altro punto di riferimento per comprendere i rapporti tra struttura e superstrutture contenuto nella Miseria della Filosofia, l dove si dice che fase importante nello sviluppo di un raggruppamento sociale nato sul terreno
dellindustria quella in cui i singoli membri di una organizzazione economico corporativa non lottano solo pi per i loro interessi economici corporativi, ma per lo sviluppo dellorganizzazione presa a s, come tale (vedere
MOVIMENTO
STORICO
esattamente laffermazione contenuta nella Miseria della Filosofia, in cui sono contenute affermazioni essenziali dal punto di vista del rapporto della
struttura e delle superstrutture e del concetto di dialettica proprio del materialismo storico; dal punto di vista teorico, la Miseria della Filosofia pu
essere considerata in parte come lapplicazione e lo svolgimento delle Tesi
su Feuerbach mentre la Santa Famiglia una fase intermedia ancora indistinta, come si vede dai brani riferentisi a Proudhon e specialmente al materialismo francese. Del resto il brano sul materialismo francese pi uno
spunto di storia della cultura, che un brano teoretico, come spesso si suole
intenderlo e come storia della cultura ammirevole e definitivo). da ricordare insieme laffermazione di Engels che leconomia in ultima analisi la molla della storia (nelle due lettere sul materialismo storico pubblicate anche in italiano), direttamente collegata al brano famoso della prefazione alla Critica dellEconomia Politica dove si dice che gli uomini diventano
consapevoli del conflitto tra forma e contenuto del mondo produttivo sul
terreno delle ideologie .
MOVIMENTO
STORICO
te . Dunque la storia scorre a guisa dun processo naturale, mentre le singole volont, condizionate ciascuna da una quantit di speciali condizioni di vita, da costituzione fisica o circostanze esteriori ed in ultima istanza economiche, si fondono in una media generale che tutte le annulla e ricomprende . La necessit economica
dunque la controfaccia dellaccidentalit del cozzo delle volont
individuali, dellassenza di una volont generale . Di qui la riduzione della comparsa dei cos detti grandi uomini a manifestazione accidentale della necessit dello sviluppo economico . Lultimo
Engels ragiona sul presupposto dellesteriorit di volont e storia, tenute insieme accidentalmente per una parte dal generico (e assunto
in modo adialettico) condizionamento ambientale della volont,
per laltra dal cieco (e inspiegabile) risolversi delle molteplici volizioni individuali nellunico accadimento. Engels insomma assume il
punto di vista dellideologia borghese classica e delleconomia politica borghese , che passa dalla volizione del singolo al vigere della
legge sociale solo grazie ad un salto.
Gramsci, che pure rinvia volentieri a queste lettere per mettere in
guardia dalleconomismo, dallideologismo a buon mercato e dal ricorso alla causa ultima, e per sottolineare la nozione di in ultima
istanza , si muove per in una direzione completamente diversa,
come dimostra il suo riferimento alla Miseria della filosofia. Qui si
trova in effetti, come egli nota, lo sviluppo di quella idea di forze
produttive come base attiva, che nellIdeologia tedesca articolava
storicamente la nozione di praxis delle Tesi su Feuerbach . Contro
Proudhon, nella Miseria della filosofia Marx afferma lintima connessione di rapporti sociali e forze produttive, che sono entrambi prodotti storici transitori perch le forze produttive si sviluppano sempre di pari passo allantagonismo delle classi . La
lotta delle classi il terreno sul quale le classi stesse si costituiscono ,
e dunque in cui si realizza lunit di politica ed economia. A questa
articolazione fa riferimento Gramsci in un altro testo, in cui anche il
tema engelsiano dei cos detti grandi uomini viene ridisegnato alla
luce dellunit di politica ed economia :
Il Saggio popolare. Non trattato il punto fondamentale: come dalle strutture nasce il movimento storico? Eppure questo il punto cruciale di tutta
la quistione del materialismo storico, il problema dellunit tra la societ e
la natura. Le due proposizioni: ) la societ non si pone problemi per
la cui soluzione non si siano gi realizzate le condizioni [(premesse)] neces-
sarie e sufficienti; ) nessuna forma di societ sparisce prima di aver esaurito tutte le sue possibilit di sviluppo avrebbero dovuto essere analizzate in
tutta la loro portata e conseguenza. Solo su questo terreno pu essere eliminato ogni meccanicismo e ogni traccia di miracolo superstizioso. Anche in questo terreno deve essere posto il problema del formarsi degli aggruppamenti sociali e dei partiti politici e, in ultima analisi, quello della funzione delle grandi personalit nella storia .
MOVIMENTO
STORICO
sono eseguibili a piacere, inventando una realt inesistente. Legemonia poggia sempre su determinati rapporti di forze: Legemonia
politica, ma anche e specialmente economica, ha la sua base materiale nella funzione decisiva che il raggruppamento egemone esercita sul nucleo decisivo dellattivit economica . Questa frase, spesso portata come prova a discarico di un Gramsci imputato di idealismo, non una reintroduzione della determinazione della storia da
parte della struttura economica. Essa dice invece che i rapporti di
forze vanno tradotti su tutti i livelli, e che unegemonia sul piano statale pu essere realisticamente esercitata solo quando essa non sia il
pallido sostituto, ma la traduzione (ci che non significa appunto
identit), di unegemonia nei rapporti sociali. Il punto dunque che
i rapporti di forze vanno intesi a tutti i livelli al modo della Miseria della filosofia attivamente, come rapporti pratici. La traduzione (la fissazione del momento catartico ) pertanto unoperazione delicatissima, realizzabile correttamente solo da un organismo storico-politico che abbia non solo compreso teoricamente,
ma assimilato praticamente (collettivamente) lunit di teoria e pratica . Ed il punto di partenza per tutta la filosofia della praxis ,
perch senza la catarsi non pensabile il movimento storico, non
pensabile la politica.
.
Rivoluzione in permanenza,
rivoluzione passiva e guerra di posizione
stato giustamente osservato che quelli che in Gramsci vengono
presentati come due princip che occorre mediare dialetticamente, sono nel testo marxiano un nesso di premessa e conseguenza (ecco perch...). In questo modo si apre, nella lettura gramsciana, uno spazio
per la posteriore interpretazione della Prefazione in connessione con
il concetto di rivoluzione passiva. Ora, in quale rapporto si trovano rivoluzione in permanenza e rivoluzione passiva? Questi concetti
condividono in effetti un tratto peculiare, dato che sono sia dispositivi analitici, sia programmi (o proclami) pratici, di intervento; anzi la
loro efficacia sta proprio nellunificare analisi e strategia, in quanto risolvono criticamente in un rapporto di forze sempre in movimento, ci che da Marx viene pensato, con lausilio dei due princip, come sviluppo. Per questa ragione Gramsci pu accostare senza
MOVIMENTO
STORICO
per identificarli i due concetti: il primo, la rivoluzione in permanenza, la mediazione dialettica tra i due principii del materialismo
storico , il secondo, la rivoluzione passiva, va dedotto rigorosamente dai due principii fondamentali di scienza politica , essendone infatti un necessario corollario critico . In particolare, la rivoluzione passiva pu essere riconosciuta come corollario dei due
princip, solo una volta che questi ultimi siano stati svolti criticamente in tutta la loro portata e depurati da ogni residuo di meccanicismo e fatalismo. Ci si ottiene quando essi vengano
riportati alla descrizione dei tre momenti fondamentali in cui pu distinguersi una situazione o un equilibrio di forze, col massimo di valorizzazione del secondo momento, o equilibrio delle forze politiche e specialmente del terzo momento o equilibrio politico-militare .
costantemente il conflitto sociale, nel metterlo al lavoro per la conservazione dellegemonia borghese, producendo s sviluppo, ma in
modo che le classi subalterne trovino costantemente interdetto, dentro lalveo di possibilit che nello sviluppo comunque si danno, il
cammino verso il passaggio dal livello sociale (disgregato, episodico)
dello scontro, a quello politico.
Alla luce di questo accostamento tra rivoluzione permanente e rivoluzione passiva, acquista anche una nuova sfumatura il concetto di
guerra di posizione. Nel Q esso viene introdotto (febbraio-marzo
) in coppia con guerra di movimento (o di manovra), nel quadro
di una possibile analogia tra arte militare e arte politica , che riprendeva precedenti riflessioni sul rapporto tra direzione politica e
direzione militare dellesercito e sulla fragilit strutturale di questo
rapporto in Italia, come riflesso della particolare forma dellegemonia borghese . Nel Q la guerra di movimento e la guerra di posizione svolgono funzioni estremamente ampie, slegate da precise occorrenze storiche o geografiche, ma utili a illuminare le possibili
estensioni dellanalogia tra guerra e politica (sulla quale del resto
Gramsci ha forti perplessit ):
La resistenza passiva di Gandhi una guerra di posizione, che diventa guerra
di movimento in certi momenti e in altri guerra sotterranea: il boicottaggio
guerra di posizione, gli scioperi sono guerra di movimento, la preparazione
clandestina di armi e di elementi combattivi dassalto guerra sotterranea .
Solo in seguito, in conseguenza della ricerca sugli intellettuali, la societ civile e lo Stato, con lelaborazione del concetto di Stato integrale, la guerra di posizione viene fissata come la quistione di teoria
politica la pi importante, posta dal periodo del dopo guerra e la pi
difficile ad essere risolta giustamente , acquistando cos un preciso riferimento a una forma data di lotta politica.
Gramsci inizia con lincrociare le due forme di lotta politica-militare con laltra coppia, di Oriente e Occidente. In due testi del Q
scritti tra il novembre e il dicembre , la guerra di posizione viene
assunta come denominazione riassuntiva della complessit e solidit
organizzativa delle societ civili occidentali, dove le superstrutture
funzionano come il sistema delle trincee nella guerra moderna ,
rendendo inefficaci le irruzioni catastrofiche dellelemento economico immediato (crisi, depressioni ecc.) . Qui si inserisce il paragone tra Oriente e Occidente:
MOVIMENTO
STORICO
In Oriente lo Stato era tutto, la societ civile era primordiale e gelatinosa; nellOccidente tra Stato e societ civile cera un giusto rapporto e nel tremolio
dello Stato si scorgeva subito una robusta struttura della societ civile. Lo
Stato era solo una trincea avanzata, dietro cui stava una robusta catena di fortezze e di casematte; pi o meno, da Stato a Stato, si capisce, ma questo appunto domandava unaccurata ricognizione di carattere nazionale .
Si noti che la riflessione sul diverso grado di complessit delle societ civili orientali e occidentali viene introdotta per criticare la teoria dello sciopero generale di Rosa Luxemburg, considerata il caso
pi significativo della teoria della guerra manovrata applicata alla
scienza storica e allarte politica , e quella di Trockij della rivoluzione permanente, giudicata il riflesso politico della teoria della
guerra manovrata . Essa si riferisce cio direttamente alle strategie politiche proposte per costruire un legame tra le due rivoluzioni
russe, del e del , e i vari movimenti comunisti nel resto dEuropa. In questo quadro, Gramsci attacca lidea che tale legame consista, da subito, nella strategia dellattacco frontale, da dedurre da
unidea di determinazione diretta delleconomia sulla politica. Queste riflessioni non sono del resto nuove n originali. Il passaggio della forma della lotta politica dalla grande giornata rivoluzionaria di
tipo giacobino, al combattimento di posizione in posizione, era
stato impostato da Engels nellIntroduzione alla ristampa () di Le
lotte di classi in Francia . Qui lidea di un rivolgimento completo
dellarte della guerra e quindi, contestualmente, della lotta di classi, determinava il passaggio dalle rivoluzioni fatte da piccole minoranze coscienti alla testa di masse incoscienti, a quelle che prevedono la partecipazione cosciente delle masse stesse, grazie a un lavoro lungo e paziente . La rivoluzione russa del , segnando
sul suo esempio una ripresa del movimentismo anche in Occidente,
determina il contrasto tra la peculiare complessit e resistenza della
societ civile occidentale, e la fragilit e sporadicit delle istituzioni
nellOriente zarista, illustrato da Bernstein nel in polemica con
Rosa Luxemburg . Lo stesso Gramsci, pur assumendo fin da subito e in pieno il carattere esemplare e discriminante del , inizia
gi nel a fissare i punti fondamentali del rapporto strategico tra
Oriente e Occidente , giungendo a consolidare un quadro analitico originale al pi tardi allinizio del , nellambito di quel ripensamento della sconfitta italiana che lo condurr a elaborare il concetto di egemonia .
Va pertanto sottolineato il tratto di novit presente in queste pagine dei Quaderni. Esso sta in ci, che la distinzione geopolitica (legata al diverso grado di sviluppo di Oriente e Occidente) comincia
a essere riletta alla luce del nuovo concetto di Stato integrale. Come gi qui emerge e verr chiarito in testi di poco successivi, la distinzione che qui Gramsci utilizza morfologica : non si riferisce
cio ad aree ma a forme distinte della lotta politica, che coinvolgono sia lOccidente sia lOriente. La Russia infatti tanto poco sottratta a questo passaggio, che esso un diretto prodotto dellOttobre: Lultimo fatto di tal genere [guerra di movimento F. F.] sono stati avvenimenti del . Essi hanno segnato una svolta decisiva nella storia dellarte e della scienza della politica . Quando
Gramsci scrive che, a differenza di Trockij che rilanci invece la
parola dordine della rivoluzione permanente , Lenin si era reso
conto della necessit di mutare la forma della lotta politica, proponendo la strategia del fronte unico , intreccia di fatto il processo rivoluzionario in atto in Unione Sovietica con i mutamenti intervenuti in Europa come diretto contraccolpo dellassalto rivoluzionario in Russia, rileggendo lintero processo rivoluzionario in Russia e in Europa occidentale nella sua complessa unit sotto la forma dellegemonia.
In questi testi del novembre-dicembre il nesso tra guerra di
posizione ed egemonia solo abbozzato, implicito, ma si presenta in
modo esplicito ed elaborato in un testo dellagosto , in cui la guerra di posizione indica il momento culminante della lotta politica, secondo uno schema di confronto tra il fronte orientale e quello occidentale abbozzato proprio da Trockij al IV Congresso dellInternazionale . Il passaggio dalla guerra di manovra alla guerra di posizione nel campo politico indica che si entrati in una fase culminante della situazione politico-storica, poich nella politica la guerra di posizione, una volta vinta, decisiva definitivamente . Il
ventaglio di situazioni dellEuropa occidentale, ivi compresa la reazione fascista, va dunque inteso sotto la categoria unificante di guerra di posizione. Questa, per le esigenze di ordine vitale (per la classe
dominante) che la lotta politica giunta a formulare, realizza
una concentrazione inaudita dellegemonia e quindi una forma di governo
pi intervenzionista, che pi apertamente prenda loffensiva contro gli
oppositori e organizzi permanentemente limpossibilit di disgregazione
MOVIMENTO
STORICO
interna: controlli dogni genere, politici, amministrativi, ecc., rafforzamento delle posizioni egemoniche del gruppo dominante, ecc. .
Questa politica mobilitante nei confronti della societ indica, e contrario, il livello a cui la classe avversaria ha spinto la sfida per la direzione della societ nazionale: lassedio reciproco, nonostante tutte le apparenze e il solo fatto che il dominante debba fare sfoggio di
tutte le sue risorse dimostra quale calcolo esso faccia dellavversario . In un testo dellottobre Gramsci fissa quindi, con precisione, il nesso tra la comprensione del rapporto tra guerra di movimento e guerra di posizione, e lesatta comprensione di ci che lo
Stato (nel significato integrale: dittatura + egemonia) , esplicitando il nesso organico tra forma di lotta politica e ridefinizione del concetto di Stato. In un testo del febbraio , infine, in cui si riprendono anche le altre fila del discorso (arditismo, giacobinismo), la dicotomia Oriente/Occidente anche formalmente scomparsa, assorbita in quella rivoluzione permanente/egemonia:
Anche la quistione della cosidetta rivoluzione permanente, concetto politico sorto verso il , come espressione scientifica del giacobinismo in un
periodo in cui non si erano ancora costituiti i grandi partiti politici e i grandi sindacati economici e che ulteriormente sar composto e superato nel
concetto di egemonia civile.
La quistione della guerra di posizione e della guerra di movimento,
con la quistione dellarditismo, in quanto connesse con la scienza politica:
concetto quarantottesco della guerra di movimento in politica appunto
quello della rivoluzione permanente: la guerra di posizione, in politica,
il concetto di egemonia, che pu nascere solo dopo lavvento di certe premesse e cio: le grandi organizzazioni popolari di tipo moderno, che rappresentano come le trincee e le fortificazioni permanenti della guerra di
posizione .
A questo punto diventa comprensibile il rapporto tra guerra di posizione e rivoluzione passiva: esso sta in ci, che il passaggio alla guerra di posizione tanto il segnale del fatto che la lotta politica giunge
al suo punto decisivo, quanto del suo arresto; corrisponde tanto al
giungere allassedio reciproco, quanto a una conseguenza, un contrac
MOVIMENTO
STORICO
E in modo ancora pi articolato, nella seconda stesura di questo passaggio (met aprile-met maggio ):
NellEuropa dal al si avuta una guerra di movimento (politica)
nella rivoluzione francese e una lunga guerra di posizione dal al ; nellepoca attuale, la guerra di movimento si avuta politicamente dal marzo
al marzo ed seguita una guerra di posizione il cui rappresentante,
oltre che pratico (per lItalia), ideologico, per lEuropa, il fascismo .
Come si vede, la complessit della societ civile qui solo uno degli
elementi denotanti la guerra di posizione, e neanche quello decisivo.
Unificando, tra lestate e la primavera , problematica della
guerra di posizione, concetto di Stato integrale e rivoluzione passiva,
Gramsci giunge infine a rileggere quella stessa complessit come forma concreta del dispiegarsi dello Stato liberale (inteso ovviamente
nel suo senso integrale come Stato + societ civile) in quanto reazione-superamento del giacobinismo-napoleonismo. La guerra di posizione pertanto una categoria analitica relativa alla forma del conflitto politico, che per rinvia, pi in profondit, a una dimensione
strategica dove ritroviamo i rapporti di forze riassunti nella concezione marxista della rivoluzione in permanenza.
Del resto, lorigine del paragone tra arte politica e arte militare, e
la stessa terminologia relativa alla guerra di trincea, Gramsci li trovava nelle discussioni dellInternazionale comunista relative allarresto
dellondata rivoluzionaria nel , e alle nuove forme della politica in
questo contesto . Si noti, a questo proposito, il limite temporale da
Gramsci posto alla guerra di movimento: si ha guerra di movimento
dal marzo al marzo , cio dallavvio della rivoluzione in Rus
sia (linsurrezione democratica del febbraio/ marzo) al X congresso del Partito comunista (bolscevico) russo, in cui, con il Rapporto sullattivit politica del CC del PCR(b) ( marzo ) , Lenin pose le basi di una svolta radicale nel rapporto tra operai e contadini, e tra Stato ed economia, che trov la sua formulazione definitiva nel discorso
La Nuova politica economica, letto il ottobre . Qui, sulla base di un paragone tra arte militare e politica , si distinguono due fasi: da una parte il periodo che va approssimativamente dallinizio del
alla primavera del , dallaltra il periodo che attraversiamo, che
ha avuto inizio nella primavera del . La situazione politica
della primavera del precisa Lenin ci rivel che per una serie
di questioni economiche non potevamo non ripiegare sulla posizione
del capitalismo di Stato, non passare dallassalto allassedio .
In questo quadro, fortemente condizionato in linea generale dalla
sconfitta subita dallArmata Rossa nellagosto del davanti a Varsavia, si rendeva necessario ripensare radicalmente sia la strategia militare, sia quella politica ed economica, e lintreccio delle tre, come avvenne nel III Congresso dellInternazionale comunista ( giugno-
luglio ) con il lancio della tattica di fronte unico e la sua contrapposizione alla teoria delloffensiva della sinistra tedesca, protagonista dellinsurrezione (sconfitta) del marzo . Azione di marzo in Germania e X Congresso del PC(b)R rappresentano da subito,
agli occhi di Gramsci, due facce della stessa difficolt letta in termini rispettivamente regressivi e creativi rappresentata dalla traduzione del in termini nuovi, imposti dal passaggio morfologico della
lotta politica determinatosi dopo il e come suo effetto .
Dalla ricostruzione che precede si pu dedurre, infine, che esiste
un rapporto organico tra guerra di posizione e rivoluzione passiva ,
nel senso che, se pure i due concetti non si identificano assolutamente (hanno infatti funzioni analitiche distinte), rispondono a una
medesima esigenza strategica e quindi, scrive Gramsci, pu concepirsi tutto un periodo storico in cui i due concetti si debbano identificare . Questa identificazione su cui Gramsci riflette nel Q
(febbraio-agosto ) permette di enucleare un giudizio dinamico [...] sulle Restaurazioni che sarebbero una astuzia della provvidenza in senso vichiano , in quanto in esse comunque avverrebbero modificazioni molecolari che in realt modificano progressivamente la composizione precedente delle forze e quindi diventano matrice di nuove modificazioni .
MOVIMENTO
STORICO
fia classica tedesca , produce qui i suoi effetti grazie alla teoria della traducibilit: lo snaturamento della dialettica un gesto politico
(espressione pratica) da leggersi alla luce di una precisa strategia
volta a rappresentare lo sviluppo estremo della tesi come giusto
mezzo , naturalizzando lo scontro a processo inevitabile, di cui
protagonisti non sono pi le forze politiche ma i fatti:
Risorgimento italiano. Sulla rivoluzione passiva. Protagonisti i fatti per cos dire e non gli uomini individuali. Come sotto un determinato involucro
politico necessariamente si modificano i rapporti sociali fondamentali e
nuove forze effettive politiche sorgono e si sviluppano, che influiscono indirettamente, con la pressione lenta ma incoercibile, sulle forze ufficiali che
esse stesse si modificano senza accorgersene o quasi .
Qui si inserisce il problema vero e proprio, quello di cui Gramsci assume la bruciante attualit: la prospettiva, resa subalterna e ancillare, dellantitesi. Gramsci sa bene che il movimentismo dei democratici del Risorgimento era espressione di subalternit. Il non
aver colto il passaggio dalla guerra manovrata alla guerra di posizione dopo il , imped loro di combattere i moderati ad armi pari.
Essi non compresero che dentro lo spazio della guerra di posizione il
moderatismo combinatorio non era affatto un compromesso con
lavversario, ma precisamente il modo passivo di sviluppare fino in
fondo la tesi e quindi di annientare lantitesi. Annientarla politicamente, beninteso, non socialmente, ch anzi quellannientamento
prevedeva la parziale soddisfazione delle rivendicazioni dellantitesi,
condizionata per alla sua riduzione a momento politicamente subalterno, alla rinuncia alle sue ambizioni di dirigere il processo.
Continuando a richiamarsi a un popolo che non esisteva pi nella
forma attivistica precedente, ma come massa polverizzata e disgregata, i democratici lasciarono ai moderati il campo sgombro per una
strategia che fu capace, infine, di manovrare quella massa mediante una rivoluzione dallalto a cui furono funzionalizzate proprio le
iniziative movimentistiche dei democratici.
In ,, dopo aver svolto le considerazioni citate, relative alla rivoluzione passiva come stravolgimento strategico della dialettica,
Gramsci aggiunge:
Certo da considerare a questo punto la quistione del passaggio della lotta
politica da guerra manovrata a guerra di posizione, ci che in Europa
MOVIMENTO
STORICO
avvenne dopo il e che non fu compreso da Mazzini e dai mazziniani come invece fu compreso da qualche altro; lo stesso passaggio si ebbe dopo il
ecc. .
Vi qui (marzo-aprile ) una rettifica dello schema di periodizzazione abbozzato in I,, e ricordato pi sopra, in cui lintero periodo - veniva considerato guerra di posizione. In realt gi in precedenza (,, dellottobre ) Gramsci aveva tentato una periodizzazione ancora pi dettagliata, ripresa senza sostanziali variazioni in
,, scritto nel corso del -:
Realmente le contraddizioni interne della struttura sociale francese che si
sviluppano dopo il trovano una loro relativa composizione solo con la
terza repubblica e la Francia ha anni di vita politica equilibrata dopo
anni di rivolgimenti a ondate sempre pi lunghe: ------ .
Solo se i democratici avessero lavorato per organizzare capillarmente la pressione popolare, avrebbero potuto, impiantandosi dentro lo
spazio della rivoluzione passiva, ricondurla teoricamente-praticamente ai rapporti delle forze e quindi svolgere un ruolo di antitesi
attiva, reale. Il loro movimentismo teorico corrispose invece alla passivit pratica delle masse popolari, cio proprio al disegno politico
dei moderati , che poterono innovare senza coinvolgere il popolo;
non solo, senza che questa operazione politica venisse rappresentata come operazione politica.
Ma, come si visto, nel processo passivo dei mutamenti comunque accadono: vi un elemento di rivoluzione che sempre
(quando il processo riesce) si afferma. Ed proprio per questa ragione che i rappresentanti delle classi subalterne rischiano di scambiare un terreno di lotta per un metodo, di perdere la capacit di tradurre il processo nei rapporti delle forze, la rappresentazione del
processo nelle strategie egemoniche in esso investite. Sussiste insomma il rischio di una rivoluzione passiva dal basso, consistente nellindividuare in essa un modello di trasformazione sociale dominato
dal non-intervento, dallastensione della volont. Sotto questa luce
viene ripreso nel Q un confronto tra cristianesimo primitivo,
gandhismo e tolstoismo, gi condotto precedentemente in un testo
intitolato Risorgimento italiano (,). Allora questi tre fenomeni erano stati letti come forme di pensiero utopico, cio come reazioni meramente ideali ed evasive a rapporti di forze sfavorevoli:
La coscienza dellimpotenza materiale di una gran massa contro pochi oppressori porta allesaltazione dei valori puramente spirituali ecc., alla passivit, alla non resistenza, alla cooperazione, che per di fatto una resistenza diluita e penosa, il materasso contro la pallottola .
MOVIMENTO
STORICO
Gandhismo e il tolstoismo sono teorizzazioni ingenue e a tinta religiosa della rivoluzione passiva .
La differenza lieve, ma decisiva. Lutopia un tipo di azione politica, di praxis, nella forma della sua impotenza perch meramente negativa, ribellistica, che pu per trovare una traduzione attivistica
e mobilitante in un processo giacobino di costruzione di una politica
di massa, capace di conferire protagonismo al popolo . Ma la stessa utopia era stata ricondotta al modello pi generale della rivoluzione passiva, cio a quella strategia (di cui il prototipo si trova nella
reazione filosofica tedesca alla politica francese) che progetta un rivolgimento che presuppone al contempo lenergia utopica delle masse e la loro passivit, spostando e risolvendo sul piano dello Stato come assoluto razionale i conflitti e le divisioni della societ. Ci che
il Q aggiunge a questo modello insomma lavvertenza critica relativa al rischio che le classi subalterne basandosi sul fatto che una
trasformazione effettivamente avviene, anche in modo non previsto
dalla classe dominante assumano programmaticamente il processo
passivo di trasformazione come attiva forma di politica.
Ci viene confermato da quanto Gramsci aggiunge immediatamente in ,: Sono anche da richiamare alcuni movimenti cos detti liquidazionisti e le reazioni che suscitarono, in rapporto ai tempi e alle forme determinate di situazioni (specialmente del terzo momento) . Il riferimento mi pare qui essere alla polemica condotta
da Lenin nel - contro i menscevichi come liquidatori del partito dopo lo scioglimento della Duma nel giugno e la modificazione della legge elettorale . Con la proposta di rinunciare allorganizzazione illegale, assimilare e controllare criticamente lesperienza della rivoluzione del , e ridurre il partito a un centro di raccolta di informazioni e al solo lavoro parlamentare, agli occhi di
Gramsci i menscevichi propugnavano una forma di astensionismo assimilabile al feticismo dei fatti del Risorgimento italiano. Unica alternativa realistica a questa linea era in rapporto ai tempi e alle forme determinate di situazioni, cio nella Russia zarista linsistenza
sul terzo momento, cio proprio sulla preparazione di unorganizzazione illegale, di uno schieramento politico-militare, come aveva
fatto in Italia il solo Pisacane .
Riassumiamo. Deducibile come programma politico dai due
princip della Prefazione del a condizione che questi vengano de
MOVIMENTO
STORICO
una rinnovata attualit alla rivoluzione in permanenza come programma e dunque anche come realt. Diversamente, rimarr schiacciata nellattesa fideistica dellesplosione delle contraddizioni, e nel
movimentismo altrettanto fideistico della crisi generale del capitalismo, che sono, come si mostrato, due facce della stessa scissione
di teoria e pratica, della stessa assenza di dialettica.
Note
. Sul contenuto di questo capitolo rinvio in generale ai saggi, molto importanti, di G. Cospito, Struttura e sovrastruttura nei Quaderni di Gramsci, in Critica
marxista, n.s., , -, pp. -, e Struttura-superstruttura, in F. Frosini, G. Liguori (a cura di), Le parole di Gramsci. Per un lessico dei Quaderni del carcere, Carocci, Roma , pp. -; e al volume di L. Razeto Migliaro, P. Misuraca, Sociologia e marxismo nella critica di Gramsci. Dalla critica delle sociologie alla scienza della storia e della politica, De Donato, Bari . Unanalisi attenta al rapporto tra analisi delle metafore e ricostruzione teorica dei concetti quella di P. Misuraca, Sulla ricostruzione gramsciana dei concetti di struttura e superstruttura, in Rassegna
italiana di sociologia, XVIII, , , pp. -.
. Cfr. , (Q, s.: ogni lingua una concezione del mondo integrale); ,
(Q, ); , (Q, ); , (Q, ; ogni linguaggio una filosofia); , (Q,
). Tra filosofia e ideologia la distinzione impossibile, [...] non si tratta di due
categorie, ma di una stessa categoria storica e [...] la distinzione solo di grado (
I,, Q, ). Ma gi CT, , CF, ([...] poich il pensiero non pu essere disgiunto
dalla parola, e luomo pensa parlando mentalmente (non potendo immaginarsi un
pensiero astratto che non sia rivestito di parole) ne viene di conseguenza che, se vivere pensare, vivere parlare), CF, s. (sulla semantica).
. Sulle grandi metafore di Marx si veda il capitolo, con questo titolo, in L.
Silva, Lo stile letterario di Marx, trad. it. di A. Pescetto, Bompiani, Milano , pp.
-. Il libro di Silva molto importante in quanto, pur su presupposti differenti e
prendendo in considerazione in parte altre metafore (sovrastruttura, riflesso, religione), si muove, come Gramsci, nella direzione di restituire ai testi di Marx lapertura problematica al di qua della fissazione dottrinaria di immagini che hanno fatto del loro autore un platonico (in termini gramsciani: un materialista tradizionale). Cfr. ivi, pp. -.
. , (Q, ).
. avvenuto cos che il termine materialismo [ stato] accettato col contenuto passato, mentre il termine immanenza [ stato] respinto perch nel passato aveva un determinato contenuto storico-culturale (ibid.), contenuto che invece,
se adeguatamente ripensato, avrebbe potuto essere un valore strumentale [...] utile ad esprimere il nuovo contenuto storico culturale (,, Q, ). , la seconda stesura di ,, e il passo citato una variante sostitutiva intesa a precisare lespressione per cos dire, attiva e passiva.
. La Prefazione era stata utilizzata da Gramsci nel , nella prima dispensa
della Scuola interna di partito. Cfr. A. Gramsci, Il rivoluzionario qualificato. Scritti -, a cura di C. Morgia, Delotti, Roma , pp. s. Una traduzione era nel
MOVIMENTO
STORICO
saggio di A. Labriola, In memoria del Manifesto dei comunisti (), in Id., La concezione materialistica della storia, a cura di E. Garin, Laterza, Bari , pp. s.
. Q, .
. , (Q, ).
. Q, s.
. Q, .
. Ibid.
. Cfr. II,.XII (Q, ), in cui viene anche ricordato il passo della Prefazione
di derivazione giudiziaria: Bisognerebbe studiare contro quali correnti storiografiche la filosofia della praxis ha reagito nel momento della sua fondazione e quali erano le opinioni pi diffuse in quel tempo anche riguardo alle altre scienze. Le stesse
immagini e metafore cui ricorrono spesso i fondatori della filosofia della praxis danno indizi in proposito.
. , (Q, ), ripreso senza variazioni in I, (Q, ).
. Q, .
. Cfr. B. de Giovanni, Il revisionismo di B. Croce e la critica di Gramsci allidealismo di Stato, in Lavoro critico, I, , , pp. -, in partic. -.
. , (Q, ). Cfr. anche , (Q, ); , (Q, ); e , (Q, ): storia in atto o politica.
. Il grande politico perci non pu che essere coltissimo, cio deve conoscere il massimo di elementi della vita attuale; conoscerli non librescamente, come
erudizione ma in modo vivente, come sostanza concreta di intuizione politica
(tuttavia perch in lui diventino sostanza vivente di intuizione occorrer apprenderli
anche librescamente) (,, Q, ). Cfr. anche ,: intuizione, contatto reale
con la realt viva e in movimento, capacit di simpatizzare psicologicamente fino al
singolo uomo. Limiti della conoscenza (non cose inutili), cio conoscenza critica, o
del necessario: pertanto, una concezione generale critica (Q, ).
. , (Q, ).
. K. Marx, Il capitale. Critica delleconomia politica, Libro I (, ); trad.
it. di D. Cantimori, Editori Riuniti, Roma , p. .
. , (Q, ).
. Cfr. Q, , , , , s. ecc.
. K. Marx, F. Engels, La sacra famiglia, ovvero Critica della critica critica. Contro
Bruno Bauer e soci (), trad. it. di A. Zanardo, Editori Riuniti, Roma , p. .
. Gi apparso nella Critica nel , il saggio citato da Gramsci nella ristampa in B. Croce, Conversazioni critiche. Serie seconda (), Laterza, Bari ,
pp. -.
. Cfr. G. W. F. Hegel, Lezioni sulla storia della filosofia, trad. it. di E. Codignola, G. Sanna, La Nuova Italia, Firenze , III., p. ; Id., Lezioni sulla filosofia della storia, trad. it. di G. Calogero, C. Fatta, La Nuova Italia, Firenze , IV, p. .
. Cfr. rispettivamente Kant, Kritik der reinen Vernunft (, ), Meiner,
Hamburg , (A) p. , (B) p. ; Id., Prolegomena zu einer jeden knftigen Metaphysik, die als Wissenschaft wird auftreten knnen, Reclam, Leipzig , (A) pp. ; B. Croce, Il non-filosofo, in Id., Etica e politica (), Laterza, Bari , p. ; Id.,
Concordanze tra la filosofia e detti comuni, in Id., Cultura e vita morale. Intermezzi
polemici, II ed. raddoppiata, Laterza, Bari , pp. -; Id., Filosofia come vita morale e vita morale come filosofia, in La Critica, XXVI, , , pp. -, poi in Id.,
Ultimi saggi, Laterza, Bari , pp. -.
. Q, s.
. In quanto la Francia rappresenta il pensiero intuitivo che d luogo a rivolgimenti pratici, pu essere quasi perfettamente sovrapposta al Gemeinverstand come intelletto pratico, e analoga considerazione vale per la coppia Germania-filosofia. Ci che conta non insomma la diversit di origine delle due coppie, ma il fatto
che vengono da Gramsci fatte convergere.
. Si potrebbe dire meglio, e in modo pi generale: quella della traducibilit
una prospettiva filosofica che esclude strutturalmente loriginario: in essa tutto
derivato, anche la verit, che si d solo nella dimensione machiavellianamente effettuale, cio nel crinale che unisce e divide le diverse lingue (eguagliabili solo in
quanto sono differenti). Cfr. P. D. Thomas, Althusser, Gramsci e la non contemporaneit del presente, in Critica marxista, n.s., , , pp. -.
. Su questa iniziale tendenza cfr. Cospito, Struttura e sovrastruttura nei Quaderni di Gramsci, cit., e Id., Struttura-superstruttura, cit.
. A questo gruppo va aggiunto ,, trascritto in II, insieme a ,. Entrambi sono intitolati Marx ed Hegel.
. Sui quali cfr. L. Mangoni, Le categorie storico-politiche nei Quaderni del carcere, in Studi Storici, XXVIII, , , pp. -, qui .
. Q, .
. Ibid. Tra laltro, il termine reazionario pu e forse deve essere inteso nella
sua natura bifronte: come sinonimo di retrivo e dunque come critica allastrazione antiprogressiva rappresentata dagli intellettuali; ma anche come rinvio alla reazione-superamento nazionale della Rivoluzione francese e del napoleonismo di cui
poche righe sopra, a cui Gramsci aggiunge a margine, in epoca successiva, rivoluzione passiva, integrando cos questo spunto in una visione definitivamente antiriduzionistica della speculazione.
. Q, .
. Q, .
. egli [Marx] disse che lo Hegel pone la storia sulla testa, e che bisogna capovolgerla per rimetterla sui piedi (B. Croce, Sulla forma scientifica del materialismo storico, in Id., Materialismo storico ed economia marxistica, , Laterza, Bari
, p. ).
. Cfr. F. Engels, Die Entwicklung des Sozialismus von der Utopie zur Wissenschaft, in MEW, , p. : Era il tempo in cui, come dice Hegel, il mondo venne posto sulla testa [Es war die Zeit, wo, wie Hegel sagt, die Welt auf den Kopf gestellt
wurde] (qui Engels d in nota il passo hegeliano della Filosofia della storia). Gramsci conosceva questo testo, anche se non lo aveva a disposizione a Turi. Un altro passo interessante nel Ludwig Feuerbach und der Ausgang der klassischen deutschen
Philosophie [...] mit Anhang: Karl Marx ber Feuerbach vom Jahre (), in MEW,
, p. : Con ci per [cio con la critica di Marx F. F.] la dialettica concettuale divenne essa stessa solo il riflesso cosciente del movimento dialettico del mondo
reale, e con ci la dialettica di Hegel venne posta sulla testa, o piuttosto, dalla testa,
su cui si trovava, venne nuovamente messa sui piedi [Und damit wurde die Hegelsche Dialektik auf den Kopf, oder vielmehr vom Kopf, auf dem sie stand, wieder auf
die Fe gestellt].
. In queste ricerche si pu partire dalla stessa posizione assunta dal Marx in
confronto di Hegel: in Hegel, si dice nella Sacra famiglia, si pu finire col vedere la
realt, anche se essa capovolta, come, per dir cos, si vede nella macchina fotogra-
MOVIMENTO
STORICO
fica, in cui le immagini sono rovesciate e il cielo occupa il posto della terra; basta porre luomo sui suoi piedi. Si tratta dunque di prendere la realt crociana e metterla in piedi ecc. (,, Q, ). Marx usa limmagine della camera obscura non nella
Sacra famiglia, ma nel primo capitolo della Deutsche Ideologie (cfr. MEW, , p. ), che,
come si ora accertato (F. Izzo, Democrazia e cosmopolitismo in Antonio Gramsci,
Carocci, Roma , pp. , nota), Gramsci conosceva.
. La mistificazione alla quale soggiace la dialettica nelle mani di Hegel non
toglie in nessun modo che egli sia stato il primo ad esporre ampiamente e consapevolmente le forme generali del movimento della dialettica stessa. In lui essa sta a testa in gi [Sie steht bei ihm auf dem Kopf]. Bisogna arrovesciarla [Man mu sie umstlpen], per scoprire il nocciolo razionale dentro il guscio mistico (Marx, Il capitale, Libro I, cit., p. ; la traduzione stata da me leggermente modificata).
. Q, . Il riferimento a memoria: limmagine certamente in un libro di
Hegel (forse la Filosofia del Diritto: non ricordo) (ibid.). Gramsci tenta subito di
precisarlo filologicamente e trova un punto dappoggio in un passo della ricostruzione del IV Saggio fatta da L. Dal Pane, nel quale Labriola ricorda che gli proprio
quel codino di Hegel che disse come quegli uomini (della Convenzione) avessero pei
primi, dopo Anassagora, tentato di capovolgere la nozione del mondo, poggiando
questo su la ragione (,, Q, ). Cfr. NT, .
. , (Q, ).
. Q, .
. Q, s.
. Q, .
. Q, .
. Cfr. PAR. ..
. Cfr. II, (Q, ): La realizzazione di un apparato egemonico, in quanto crea un nuovo terreno ideologico, determina una riforma delle coscienze e dei metodi di conoscenza, un fatto di conoscenza, un fatto filosofico. Su egemonia e rivoluzione passiva cfr. D. Kanoussi, Una introduccin a los Cuadernos de la crcel de
Antonio Gramsci, Plaza y Valds, Mxico D.F. , pp. -, -, s., -, con
la cui lettura solo in parte concordo.
. II, (Q, ).
. , (Q, ). Sul rapporto tra prassi e traduzione cfr. M. Lichtner, Traduzioni e metafore in Gramsci, in Critica marxista, XXIX, , , pp. -, in partic. . Sul nesso tra la traducibilit e lunit di filosofia e politica, cfr. C. Buci-Glucksmann, Gramsci e lo Stato. Per una teoria materialistica della filosofia, trad. it. di C.
Mancina, G. Saponaro, Editori Riuniti, Roma , pp. -. Sottolinea invece il
rapporto traducibilit-egemonia A. Tosel, Filosofia marxista e traducibilit dei linguaggi e delle pratiche, in B. Baczko et al., Filosofia e politica. Scritti dedicati a Cesare Luporini, La Nuova Italia, Firenze , pp. -, in partic. -.
. Q, .
. Un commento in Kanoussi, Una introduccin, cit., pp. - e -.
. Q, , corsivo mio.
. Ibid.
. Ibid. La traduzione di Gramsci in QT, (Q, ).
. A. G., La critica critica, in Il Grido del Popolo, , gennaio , in CF, .
. Cfr. PAR. ..
. Q, .
. Ibid.
. Cfr. infra, p. e nota .
. , (Q, ).
. , (Q, ).
. D. Boothman, Traduzione e traducibilit, in Frosini, Liguori (a cura di), Le
parole di Gramsci, cit., pp. -.
. , (Q, ).
. Lentit lingua nazionale non daltronde una monade, ma, come Gramsci ben sapeva dagli studi con Bartoli, un processo continuo di irradiazione che riflette le influenze politico-culturali internazionali e si risistema continuamente in base ai rapporti di forze (sociali, politici, culturali) interni. Questa interazione tra dimensione nazionale e internazionale della lingua (unitamente al carattere internazionale del contesto nazionale) condurr nel Q allidea che la grammatica storica non pu non essere comparativa in quanto la storia sempre storia mondiale e [...] le storie particolari vivono solo nel quadro della storia mondiale (,,
Q, ). Cfr. A. Carlucci, Grammatica, educazione linguistica, passivit, in F. Lussana, G. Pissarello (a cura di), La lingua/le lingue di Gramsci e delle sue opere, Rubbettino, Soveria Mannelli , pp. -.
. Questa unificazione sotto la politica non annulla, anzi continua a presupporre,
la diversit dei linguaggi. La politica come luogo unitario esiste solo nelle sue forme discordanti, nei linguaggi nazionali di volta in volta decisivi dal punto di vista storico-politico. La politica non insomma un metalinguaggio alla luce del quale scomparirebbe
il problema di pensare strategicamente il presente nella pluralit dei suoi tempi. Cfr.
Thomas, Althusser, Gramsci e la non contemporaneit del presente, cit., pp. -.
. , (Q, s.).
. Q, .
. Q, . Questa affermazione di materialismo da accostare a quanto C. Luporini scrive a proposito della nozione di coscienza sociale in Marx: Ci che
collettivo per Marx veramente tale: cio legato sempre a un insieme (conglomerato) di individui [...] connessi fra loro organicamente dal rapporto di comuni forme sociali (via via cariche di contenuti storici e mutantisi in parte con questi) sia
che si tratti di rapporti materiali o rapporti ideologici (Dialettica e materialismo,
Editori Riuniti, Roma , p. ).
. Cfr. , (Q, ) sulle critiche di Engels alleconomismo presente nel materialismo storico. Su questi aspetti nel giovane Gramsci cfr. L. Paggi, Antonio Gramsci e il moderno principe. I. Nella crisi del socialismo italiano, Editori Riuniti, Roma
, cap. I.
. Diversamente interpreta Lichtner, Traduzioni e metafore in Gramsci, cit., pp.
s.
. , (Q, s.). Si tratta di unosservazione che Napoleone avrebbe fatto nel
durante una visita allAccademia di Bologna, dinnanzi a un gruppo di scienziati
ivi radunati (tra cui Alessandro Volta). Il passaggio citato da una lettera di Pietro
Giordani, che era anche presente, risalente probabilmente al . Gramsci che trae
il passo da D. Angeli, I Bonaparte a Roma. XI, in Il Marzocco, XXXII, , conclude significativamente: Vedere se il Giordani espone nei suoi libri sulla lingua suoi
concetti su questo argomento (Q, ).
. Cfr. , (Q, s.).
. , (Q, ).
. Q, .
MOVIMENTO
STORICO
. Per avere unidea della distanza che separa questa concezione dal marxismo
della Seconda Internazionale, si prenda un luogo classico come La via al potere ()
di K. Kautsky (trad. it. di A. Panaccione, Laterza, Bari ). Nel capitolo dedicato a
Lo sviluppo economico e la volont Kautsky esclude la nozione di libero arbitrio dal
novero dei concetti marxisti, sostenendo che Marx pensa sempre a una volont determinata. Questa sarebbe in ultima istanza la volont di vivere (ivi, pp. s.).
. Q, s.
. Q, .
. , (Q, ).
. Q, s.
. Q, .
. Ibid.
. R. Bordoli (Vitae meditatio. Gramsci e Spinoza a confronto, QuattroVenti, Urbino , pp. -) argomenta efficacemente la parentela del pensiero di
Gramsci con la metafisica spinoziana.
. Cfr. supra, pp. s.
. Q, .
. Introduzione allo studio della filosofia. Sul concetto di regolarit e di legge
nei fatti storici. Cfr. a p. la nota Scienza economica.
. , (Q, ). Sullo spostamento rispetto a Lenin, e sulla riformulazione in
termini di traducibilit, cfr. Th. Nemeth, Gramscis Philosophy: A Critical Study,
Harvester Press, Brighton , pp. -.
. , (Q, ).
. II, (Q, ).
. Prosegue Gramsci. ma nella parola automatismo il tentativo di dare
un concetto spoglio di ogni alone speculativo ( II,, Q, ).
. Q, , corsivo mio.
. Di cui si tratterebbe, quindi, di spiegare il salto che le conduce a essere
una volont generale. Cfr. a pp. s. la discussione delle lettere di Engels sul materialismo storico.
. , (Q, ).
. Il materialismo storico (Prefazione del ) nella traduzione di Gramsci in
QT, (Q, ), corsivo mio.
. Questa ricostruzione non ha pertanto nulla in comune con quella proposta
a suo tempo da N. Bobbio, Gramsci e la concezione della societ civile, in GCC, I, pp.
-, qui -. Una lettura allaltezza del problema posto da Gramsci invece
quella di C. Luporini, [Intervento], in PSG, II, pp. -.
. Cospito, Struttura-superstruttura, cit., pp. -.
. Come il Q , richiamato nel PAR. precedente.
. I Q , e , scritti tra il dicembre e il giugno .
. Cfr. P. Spriano, Gramsci in carcere e il partito, lUnit, Roma , pp. -.
. Per avere unidea della situazione internazionale, si tenga conto del fatto che
il aprile , in un discorso tenuto dinnanzi al Comitato esecutivo dellInternazionale comunista, V. V. Adoratskij qualific il lavoro di D. Rjazanov (arrestato il
febbraio) come curatore della MEGA, un diretto tradimento della causa del proletariato, in quanto aveva privilegiato la pubblicazione di quei lavori giovanili di Marx
ed Engels, in cui essi erano ancora giovani-hegeliani, o nei quali compirono il passaggio al materialismo dialettico, muovendo solo i primi passi allinterno della nuo-
MOVIMENTO
STORICO
MOVIMENTO
STORICO
che Gramsci addita pi volte come fattore scatenante della depressione del , un
elemento di questi rapporti di forza (nella combinazione nazionale-internazionale)
che resistono al mercato mondiale, di classi dominanti nazionali che rappresentano
uno sfruttamento esercitato da stranieri sulle forze realmente nazionali (,, Q,
s.). Cfr. , (Q, s.), , (Q, s.), II, (Q, -), , (Q, -).
. , (Q, ).
. Q, s.
. , (Q, ), variante instaurativa su ,.
. Cfr. Razeto Migliaro, Misuraca, Sociologia e marxismo nella critica di Gramsci, cit., pp. -; e pi in generale E. Laclau, Ch. Mouffe, Hegemony and Socialist
Strategy. Towards a Radical Democratic Politics, Verso, London , pp. -.
. , (Q, ).
. Nella seconda stesura (,, Q, ) questo punto accentuato.
. Q, .
. Sul rapporto tra materialismo storico e scienza politica nei Quaderni del carcere cfr. Paggi, Da Lenin a Marx (), in Id., Le strategie del potere, cit., pp. -,
qui -; Razeto Migliaro, Misuraca, Sociologia e marxismo nella critica di Gramsci, cit.
. Marx aveva preso in considerazione solo il primo di questi aspetti. Cfr. K.
Marx, Miseria della filosofia. Risposta alla Filosofia della miseria di Proudhon (),
trad. it. di F. Rodano, Editori Riuniti, Roma , pp. s., s.; Id., Il capitale, Libro I, cit., pp. e , e Libro III (), trad. it. di M. L. Boggeri, Editori Riuniti,
Roma , pp. , .
. A. Burgio ha correttamente fatto notare che la produzione di egemonia non
limitata alla sfera sovrastrutturale della societ civile, ma si estende in tutto lo spazio del sociale. Cfr. A. Burgio, Per Gramsci. Crisi e potenza del moderno, DeriveApprodi, Roma , pp. -.
. Q, s.
. La parola dordine di tipo giacobino fu data nel tedesco da Marx: rivoluzione in permanenza (Q, ). Cfr. K. Marx, F. Engels, Indirizzo del Comitato
centrale alla Lega, trad. it. di P. Togliatti, in OC, X, pp. , .
. Q, s.
. Cfr., oltre al Manifesto, K. Marx, Die Klassenkmpfe in Frankreich, bis
, in MEW, , pp. s. Sulla storia del termine cfr. Witnesses to Permanent Revolution: The Documentary Record, ed. and trans. by R. B. Day and D. Gaido, Brill, Leiden-Boston , in partic. Introduction: The Historical Origin of the Expression
Permanent Revolution, pp. -, qui -.
. , (Q, ).
. Cfr. R. Guastini, Marx: dalla filosofia del diritto alla scienza della societ. Il
lessico giuridico marxiano (-), il Mulino, Bologna , pp. - (Guastini
sottrae per qualsiasi valore teorico alluso che Marx fa di questa formula); A. Janvier, S. Legrand, La conjoncture I: Marxisme et blanquisme face : deux lectures de la conjoncture, in Plateforme Recherche Europhilosophie: Publication du Sminaire du Groupe de Recherches Matrialistes, e anne me sance, //
(http://www.europhilosophie.eu/recherche/IMG/pdf/eme_seance.pdf).
. A. Gramsci, Socialismo e fascismo. LOrdine Nuovo -, Einaudi, Torino , p. .
. Non si forse data sufficiente importanza al fatto che per Gramsci la personalit di Marx quella di un politico e in quanto tale di un filosofo della
MOVIMENTO
STORICO
. I, (Q, ).
. Cfr. supra, pp. s.
. II, (Q, ).
. , (Q, ). Si noti che questo passo precede di poche righe il riferimento
al rapporto Tesi su Feuerbach-Miseria della filosofia commentato supra, p. .
. II,.IV (Q, ).
. Cfr. il gi cit. , (Q, ): la realizzazione del centralismo democratico
nella vita di un partito richiede la realizzazione di una organica unit tra teoria e
pratica, tra strati intellettuali e massa, tra governanti e governati. Le preoccupazioni di Gramsci a questo proposito si acuiscono nel tempo. Cfr. il PAR. seguente.
. II,.IV (Q, ).
. Gerratana, Sul concetto di rivoluzione, cit., pp. -.
. , (Q, s.).
. , (Q, ).
. , (Q, ).
. , (Q, ).
. Ci conferma la ricostruzione proposta sopra (PAR. .) della scansione cronologica della rilettura gramsciana della Prefazione: mentre in , convivono due approcci
(determinazione struttura/superstrutture e rapporti di forze), secondo una modalit
teorica ancora volutamente interna al testo di Marx, nel Q si riconosce apertamente
la necessit di enucleare il significato dei due principii depurandoli dal determinismo
del materialismo storico e svolgendoli pienamente sul terreno dei rapporti di forze.
. Cfr. , (Q, -), intitolato Arte militare e arte politica, e , (Q, s.),
intitolato Lotta politica e guerra militare.
. , (Q, s.), intitolato Direzione politica e militare nel Risorgimento.
. , (Q, s.).
. Cfr. , (Q, s.).
. , (Q, ).
. , (Q, ).
. , (Q, ).
. Ibid.
. , (Q, ).
. , (Q, ). Gramsci si riferisce a R. Luxemburg, Lo sciopero generale. Il
Partito e i sindacati, prefazione di C. Alessandri, Soc. Ed. Avanti!, Milano . Lopuscolo era stato pubblicato nel . Lo si veda in Ead., Gesammelte Werke, Bd. .
-Juni , Dietz, Berlin , pp. -. Cfr. M. L. Salvadori, La socialdemocrazia tedesca e la rivoluzione russa del . Il dibattito sullo sciopero di massa e sulle differenze tra Oriente e Occidente, in E. Hobsbwam (a cura di), Storia del marxismo, II,
Einaudi, Torino , pp. -, qui s.
. , (Q, ).
. Trad. it. di P. Togliatti, in OC, X, pp. -, qui e . Su questo testo e
sul suo ruolo nel dibattito della Seconda Internazionale fino alla Luxemburg, cfr. N.
Merker, Engels, la rivoluzione di maggioranza e la socialdemocrazia tedesca, in M.
Cingoli (a cura di), Friedrich Engels centanni dopo. Ipotesi per un bilancio critico, Teti, Milano , pp. -.
. Engels, Introduzione, cit., pp. , , s.
. Cfr. E. Bernstein, Der politische Massenstreik und die politische Lage der Sozialdemokratie in Deutschland. Vortrag gehalten im Sozialdemokratischen Verein Bre-
slau, mit einem Anhang: Zwlf Leitstze ber den politischen Massenstreik, Verlag der
Volkswacht, Breslau , su cui cfr. Salvadori, La socialdemocrazia tedesca e la rivoluzione russa del , cit., pp. -.
. Cfr. Due rivoluzioni, non firmato, in LOrdine Nuovo, II, , luglio ,
in ON, -. Su questo articolo cfr. E. Ragionieri, Gramsci e il dibattito teorico nel
movimento operaio internazionale, in Id., Il marxismo e lInternazionale. Studi di storia del marxismo, Editori Riuniti, Roma , pp. -, qui s.; e G. Vacca,
Gramsci e Togliatti, Editori Riuniti, Roma , p. .
. Cfr. la lettera a Palmi, Urbani e C. datata Vienna, febbraio , in P. Togliatti, La formazione del gruppo dirigente del Partito comunista italiano nel -,
Editori Riuniti, Roma , pp. s. (ora in A. Gramsci, Lettere -, a cura di
A. A. Santucci, Einaudi, Torino , p. ). Cfr. il commento a questo passaggio in
Paggi, Le strategie del potere, cit., p. .
. Cfr. Vacca, Gramsci e Togliatti, cit., pp. -, .
. , (Q, ). Tesi ribadita nella seconda stesura, , (Q, ).
. Cfr. , (Q, ).
. Cfr. , (Q, s.) e , (Q, ). La relazione di Trockij (pubblicata nella Correspondance Internationale, supplemento n. , dicembre ) viene discussa, in relazione a Gramsci, da Paggi, Le strategie del potere, cit., pp. -, s.
. , (Q, ).
. Ibid.
. Ibid.
. , (Q, s.).
. , (Q, ).
. Oppongono invece in modo netto rivoluzione permanente ed egemonia
Buci-Glucksmann, Gramsci e lo Stato, cit., pp. -; e A. Rossi, G. Vacca, Gramsci
tra Mussolini e Stalin, Fazi, Roma , pp. -.
. , (Q, ). Il rapporto lo stesso che passa, in , (Q, ), tra giacobinismo di contenuto e giacobinismo letterario (cfr. anche ,, Q, s.).
. Sul rapporto tra Trockij e A. L. Helphand (alias Parvus) cfr. I. Deutscher,
The Prophet Armed. Trotsky -, Verso, London , cap. (pp. -). Sulla
teoria della rivoluzione permanente cfr. ivi, pp. -, e ora Witnesses to Permanent
Revolution, cit., pp. - (su Trockij e Parvus cfr. ivi, pp. -, -, -).
. Cfr. in questa direzione G. Francioni, Egemonia, societ civile, Stato. Note
per una lettura della teoria politica di Gramsci, in Id., Lofficina gramsciana. Ipotesi
sulla struttura dei Quaderni dal carcere, Bibliopolis, Napoli , pp. -, qui
, e Gerratana, Sul concetto di rivoluzione, cit., p. . Una valutazione pi legata
al tema politico dellattualit quella di Paggi (Le strategie del potere, cit., p. ),
per il quale la rivoluzione permanente corrisponde allinterrogativo principale [...]
se il partito bolscevico sar in grado di [...] mantenere aperto il processo di liberazione cui ha dato inizio, e non di costruire il socialismo, espressione mitologica nei
confronti della quale durante la polemica antimassimalista egli [Gramsci, scil.] ha
manifestato pi volte disinteresse e quasi fastidio.
. I, (Q, ).
. , (Q, ).
. I, (Q, ).
. Sullinteresse per le strategie militari e sullanalogia guerra/politica nellambito del pensiero marxista cfr. la panoramica di C. Ancona, Linfluenza del
MOVIMENTO
STORICO
Vom Kriege di Clausewitz nel pensiero marxista da Marx a Lenin, in Rivista storica del socialismo, VIII, , -, pp. -. Sulla metaforica militare in politica cfr. le osservazioni critiche di Laclau, Mouffe, Hegemony and Socialist Strategy,
cit., pp. -.
. V. I. Lenin, Opere complete, XXXII, trad. it. di R. Platone, A. Pancaldi, Editori Riuniti, Roma , pp. s.
. Rapporto presentato allapertura della VII Conferenza del partito del governatorato di Mosca. Cfr. Lenin, Opere complete, XXXII, cit., pp. -.
. Cfr. ivi, pp. -.
. Ivi, p. .
. Ivi, p. , e cfr. anche ivi, pp. s. Cfr. Paggi, Le strategie del potere, cit., pp.
-.
. Cfr. Paggi, Le strategie del potere, cit., pp. s., e in generale P. Spriano, La
tattica del fronte unico (-), in A. Agosti (a cura di), Problemi di storia dellInternazionale comunista (-). Relazioni tenute al Seminario di studi organizzato
dalla Fondazione Luigi Einaudi (Torino, aprile ), Fondazione Luigi Einaudi, Torino , pp. -.
. Sul modo in cui Gramsci legge lazione di marzo cfr. Paggi, Le strategie
del potere, cit., pp. -.
. Cfr. G. Vacca, Appuntamenti con Gramsci. Introduzione allo studio dei
Quaderni del carcere, Carocci, Roma , pp. s.
. , (Q, s.).
. Q, .
. Ibid.
. Cfr. , (Q, ), , (Q, ), I, Sommario (Q, ), I, (Q, s.),
, (Q, ).
. , (Q, ).
. I, (Q, ).
. Cfr. , (Q, ).
. , (Q, s.).
. Q, .
. Q, .
. Il cenno come invece fu compreso da qualche altro sembra infatti riferirsi a K. Marx, Revue, Mai bis Oktober (), in MEW, , pp. -. Laccostamento suggerito da Paggi, Le strategie del potere, cit., p. (nota ).
. , (Q, ).
. Cfr. anche , (Q, -).
. Q, .
. , (Q, ), aprile-maggio .
. Su ci cfr. il mio Tradurre lutopia in politica. Filosofia e religione nei Quaderni del carcere, in Problemi, , , pp. -.
. Cfr. PAR. ..
. Q, .
. Cfr. soprattutto i seguenti testi di V. I. Lenin: Sulla buona strada, in Proletari, , marzo , in Id., Opere complete, XV, trad. it. di I. Ambrogio, Editori
Riuniti, Roma , pp. -; Per una valutazione della rivoluzione russa, in Proletari, , maggio , ivi, pp. -; Liquidazione del liquidatorismo, in Proletari,
, luglio , ivi, pp. -.
La strategia del moderno Principe
dalla Riforma
alla riforma intellettuale e morale
Il passaggio dalla critica del materialismo storico alla comprensione teorico-pratica del movimento storico, che nel capitolo precedente abbiamo seguito fin dentro il Q , conduce a identificare la
realt con un insieme di rapporti di forze, e questultimo con il continuo processo di (ri)formazione di una volont collettiva. La volont
collettiva infatti in quanto unit di premessa materiale e forza
organizzata il luogo in cui struttura e superstruttura trovano la loro unit concreta (profana); e lideologia che se ne fa promotrice, e
che laccompagna e dirige, la rappresentazione della premessa
materiale come una necessit storica universale, che imperiosamente spinge verso la propria attuazione.
Tutto questo processo da cima a fondo percorso dal tema della necessit storica, su cui, come si visto nel CAP. , Gramsci riflette a lungo con lobiettivo di liberarla da ogni residuo speculativo. Sul terreno della costruzione di una strategia politica, tutto ci
consiste nellelaborazione della nozione di egemonia come traduzione, nel contesto della guerra di posizione e della rivoluzione
passiva, della formula politico-storica di rivoluzione permanente , grazie a una lettura che sottragga questultima alle tentazioni
movimentistiche impersonate nellOttocento da Mazzini, e nel
Novecento da quella forma di napoleonismo anacronistico e
antinaturale (poich non tutte le fasi storiche si ripetono nella stessa forma) che si aspetta Trockij . In Mazzini, Gramsci rintraccia lostinata convinzione di una permanenza del Quarantotto anche quando la fase era cambiata ; in Trockij, la dogmatica ripresa
di una formula letteraria ; in entrambi, unincapacit di concepire storicisticamente il linguaggio, che li rende prigionieri della
letteralit delle sue metafore . Ma la rivoluzione permanente ben
pi di una formula: nel CAP. ho mostrato che per Gramsci essa
lepicentro politico-teorico del pensiero di Marx, come il Quarantotto il suo epicentro politico-storico; in quanto tale, essa il risvolto strategico dellintera filosofia di Marx. Legemonia, come sua
traduzione novecentesca, intende dunque essere una riproposizione dellattualit di questo Marx e insieme un rilancio della politica
comunista.
Il modo in cui Gramsci pensa e progetta la politica del partito comunista non , evidentemente, comprensibile senza la complessa rete di riferimenti orbitanti attorno alla filosofia della praxis, e alla rilettura di Marx, che ho tentato fin qui di fissare. Ci per non vuol
dire che possa essere da quelli meccanicamente dedotta. Qui incontriamo un luogo problematico dei Quaderni in quanto opera politica,
il cui orizzonte coincide cio programmaticamente con quello del comunismo novecentesco. Nel momento in cui, infatti, si passa ad esaminare il modo in cui lURSS e il movimento comunista compaiono nei
Quaderni, in una prospettiva che sempre, allo stesso tempo, storica
(la valutazione delle tendenze in atto) e strategica (il che fare?), si
possono notare delle forti, comprensibilissime oscillazioni, e delle
dissonanze rispetto al piano teorico; quasi che Gramsci tentasse di tacere possibili divergenze sul piano generale e dei princip fondamentali, preferendo spostare la discussione su quello delle differenze nelle analisi concrete .
Lintreccio tra prospettiva politico-strategica e valutazione storico-attuale emerge nei Quaderni, meglio che in qualsiasi altro luogo, nella nozione di Riforma e nella variegata costellazione di categorie storiografiche con cui questa nozione entra in relazione:
Umanesimo, Rinascimento, Controriforma, Rivoluzione francese,
Restaurazione, rivoluzione passiva, infine riforma intellettuale e
morale. Questa rete mobile e in continua risistemazione ha contemporaneamente una dimensione storiografica e una dimensione
politica: funziona come rilevatore sensibilissimo del modo in cui
Gramsci tenta di comprendere la modernit (e il comunismo come di essa partecipe) e del suo tentativo di decifrare i processi in
atto nellUnione Sovietica dei primi anni Trenta, e di porre in un
qualche rapporto con essi la proposta della filosofia della praxis.
Sarebbe errato ridurre il discorso di Gramsci a una delle sue due
dimensioni, politico-storiografica o politico-strategica, perch entrambe sono essenziali alla sua comprensione: la storia non la mascheratura della politica, n per da essa indipendente . Ci del
LA STRATEGIA DEL
MODERNO
PRINCIPE
resto risponde pienamente, in felice coerenza, al modello di comprensione storiografica immersa nel punto di vista ideologico, di
parte, delle lotte e dei conflitti in corso da Gramsci delineato nei
Quaderni.
.
Comunismo, fascismo, americanismo
Nei Quaderni il Rinascimento, la Riforma e la Controriforma svolgono un ruolo importantissimo: sono nozioni che Gramsci recupera da
un suo precedente, assiduo interessamento, soprattutto negli anni torinesi, ma anche pi tardi, e al contempo rielabora e spinge con forza in avanti nel corso del lavoro ai Quaderni. Per Gramsci, il Rinascimento la diffusione della modernit in tutti i campi della vita civile, politica e culturale su scala europea, per lirradiazione dellopera innovatrice degli intellettuali italiani. Proprio questa funzione internazionale per la debolezza del Rinascimento in Italia, dove a
partire dal Cinquecento si instaura un sistema di controllo che spinge le sue propaggini fino al presente (il pensiero corre ovviamente al
Concordato tra Stato e Chiesa del , ma pi in generale a un determinato rapporto tra intellettuali e popolo, alla mancanza in Italia
di unesperienza nazionale popolare, cio giacobina radicale). Ora,
che il Rinascimento sia vivo nelle coscienze l, dove diventato la
Modernit , un chiaro rinvio allaltra grande polarit, qui sottaciuta ma implicitamente raccolta sotto la definizione di un pi ampio
concetto di Rinascimento: intendo evidentemente la Riforma protestante, cio lo spostamento del baricentro della vita spirituale del comune credente dal rito alla fede, dallesteriorit delle opere allinteriorit della coscienza.
La costellazione di Rinascimento, Riforma e Controriforma
dunque non solamente complessa, ma stratificata. Certamente la
preoccupazione che muove la ricerca politica, ma questa dimensione ne porta con s diverse altre. Gramsci si domanda come sia possibile allItalia spezzare la gabbia della Controriforma; pi precisamente, si pone il problema di come sia possibile un ordine nuovo
capace di farsi erede delle forze che in Italia hanno lottato per laffermazione della modernit dunque industria, progresso materiale,
civile e culturale, affermazione del principio della libert come superiore a ogni altro lacerando per linvolucro borghese entro cui
i suoi pi intelligenti fautori Benedetto Croce in primo luogo hanno avuto cura di conservarlo.
Quello del Rinascimento, e dei suoi rapporti con la Riforma e la
Controriforma, dunque per Gramsci un tema al contempo storico
e politico, filosofico e religioso: un nodo di questioni aperte in cui
lurgenza della domanda sul che fare? si intreccia con il bisogno di
costruire degli schemi di interpretazione storica e di forgiare categorie filosofiche nuove.
Non stupisce pertanto il fatto che, fin dal principio del suo lavoro (), ma con una forte accentuazione e urgenza tra lautunno del
e la tarda primavera del , pensando alla Riforma, Gramsci
pensa non solamente al marxismo, ma in particolare allUnione Sovietica. Si potrebbe dire che per lui lUnione Sovietica sta alla Riforma come il fascismo sta alla Controriforma, almeno nel duplice senso che il fascismo in Italia al contempo erede del dispositivo di
soffocamento delle energie nazionali-popolari e protagonista europeo del movimento di reazione al che Gramsci pensa sotto la categoria di rivoluzione passiva.
Da questultimo punto di vista, il fascismo italiano assume agli occhi di Gramsci un significato ben pi ampio, che esorbita nettamente dalla dimensione nazionale e se si vuole provinciale in cui sembra confinato, e dunque in parte anche dalla qualifica di esso come
controriforma dei tempi moderni. C a questo proposito nei Quaderni un passaggio illuminante, contenuto nel Q , databile allaprile-maggio . Aggiungiamo che questo testo una seconda stesura,
ma che il cenno al nesso tra fascismo, filosofia di Croce e rivoluzione
passiva una variante instaurativa:
Siamo in un periodo di restaurazione-rivoluzione da assestare permanentemente, da organizzare ideologicamente, da esaltare liricamente? LItalia
avrebbe nei confronti con lURSS la stessa relazione che la Germania [e lEuropa] di Kant-Hegel con la Francia di Robespierre-Napoleone?
Il fascismo sarebbe lanalogo di quella che fu la Restaurazione dinnanzi alla Rivoluzione francese, possiederebbe cio un significato di
rappresentanza ideologica di valore e significato europei, che si
pu comprendere solo se si inquadra la reazione alla Rivoluzione
russa non pi sotto la categoria della repressione e della restaurazione letterale dello status quo ante, ma sotto quella della reattivit
LA STRATEGIA DEL
MODERNO
PRINCIPE
creativa, dellassorbimento controllato della novit entro quadri abbastanza elastici da permettere al vecchio mondo borghese di continuare a reggersi in piedi e addirittura rilanciare grazie allintroduzione di modificazioni pi o meno profonde per accentuare lelemento piano di produzione la propria egemonia insomma,
quello che Gramsci intende con rivoluzione passiva (ed significativo che, mentre elabora questa categoria, egli viene ridefinendo la
Restaurazione e in parte anche la Controriforma come delle rivoluzioni passive).
Una volta inquadrata lintera fase storica come una rivoluzione
passiva, tutte le sue componenti andranno rilette a partire da questa
categoria; detto altrimenti: qualsiasi interpretazione del quadro internazionale, che postuli la reciproca esteriorit delle sue diverse parti, sar indice di subalternit rispetto alla logica totalizzante e pervasiva della rivoluzione passiva. Dunque la stessa Unione Sovietica dovr porsi e proporsi come un attore di questa scena, offrire soluzioni
ad un problema che non diverso da quello che il fascismo e, come
vedremo, il fordismo affrontano in altre parti del mondo. Esattamente come nel caso del rapporto tra Rivoluzione francese e Restaurazione, la pervasivit della rivoluzione passiva data attualmente in
quello tra guerra di movimento e guerra di posizione, tra assalto e assedio, formulato da Lenin gi nel con lelaborazione della nuova
teoria e pratica dellegemonia, come comprensione del fatto che il
aveva determinato, come reazione e come effetto, lentrata della
lotta politica in una fase nuova, sotto una forma che investiva tutte le parti in lotta. La travagliata, lenta elaborazione nel corso del dei concetti di rivoluzione passiva, guerra di posizione ed egemonia come concetti collegati, che abbiamo seguito nel CAP. , chiarifica dunque agli occhi di Gramsci questo aspetto strategicamente decisivo della lotta politica: il fatto che nella fase attuale non pensabile nessuna esteriorit tra le parti in lotta, se non come mito regressivo e perdente.
La cronologia ci aiuter perci a capire perch, nel corso del
e fino alla primavera del , lUnione Sovietica rappresenti per lautore dei Quaderni del carcere e sia pure con oscillazioni e cautele
lequivalente di una sorta di napoleonismo, cio s uninvoluzione autoritaria della rivoluzione, che tuttavia ne ripropone a scala mondiale
la forza propulsiva; lattore di una guerra di movimento che resiste
ma a quale prezzo e in che modo resta da vedere allassorbimento
nella rivoluzione passiva-guerra di posizione. E perch, a partire dalla primavera del , questa prospettiva problematica non sia pi sostenibile, e il ruolo internazionale dellURSS, in quanto Stato economico-corporativo, carente di elaborazione egemonica, venga ripensato
come subalterno al ciclo passivo di rivoluzionamento dei rapporti di
produzione, al cui centro si colloca il rapporto Europa-America . Il
comunismo, come movimento che combina la prospettiva nazionale e
quella internazionale, dovr di conseguenza essere ripensato in riferimento precisamente a questo quadro di partenza: lelaborazione della filosofia della praxis dovr contribuire, nelle intenzioni di Gramsci,
a rilanciare unelaborazione egemonica intervenendo sia nei rapporti
interni al partito italiano, sia nella realt sovietica.
Vedremo pi avanti come tutto ci si riferisca al rapporto Rinascimento-Riforma. Per ora va sottolineato il nesso su cui Gramsci
insiste a lungo tra il dispositivo politico-ideologico della rivoluzione passiva e il ruolo svolto da Benedetto Croce. Dietro quella domanda sul rapporto tra Italia e Unione Sovietica c proprio il ruolo
che Croce svolge dentro il fascismo: insomma secondo Gramsci tra
Croce e il fascismo c, alla luce della rivoluzione passiva, un contrasto solo superficiale. Discutendo della storia etico-politica, Gramsci
fa nel Q questa riflessione:
Si pone il problema se questa elaborazione crociana, nella sua tendenziosit
non abbia un riferimento attuale e immediato, non abbia il fine di creare un
movimento ideologico corrispondente a quello del tempo trattato dal Croce, di restaurazione-rivoluzione, in cui le esigenze che trovarono in Francia
una espressione giacobino-napoleonica furono soddisfatte a piccole dosi, legalmente, riformisticamente, [...]. Ma nelle condizioni attuali il movimento
corrispondente a quello del liberalismo moderato e conservatore non sarebbe pi precisamente il movimento fascista? [...] Potrebbe essere una delle tante manifestazioni paradossali della storia (unastuzia della natura, per
dirla vichianamente) questa per cui il Croce, mosso da preoccupazioni determinate, giungesse a contribuire a un rafforzamento del fascismo [...] Si
avrebbe una rivoluzione passiva nel fatto che per lintervento legislativo dello Stato e attraverso lorganizzazione corporativa, nella struttura economica
del paese verrebbero introdotte modificazioni pi o meno profonde per accentuare lelemento piano di produzione, verrebbe accentuata cio la socializzazione e cooperazione della produzione senza per ci toccare (o limitandosi solo a regolare e controllare) lappropriazione individuale e di gruppo del profitto .
LA STRATEGIA DEL
MODERNO
PRINCIPE
Dunque il liberalismo, lungi dallessere una fede religiosa opposta al fascismo per riprendere questa celebre espressione crociana , ad esso apparentato nel comune compito di ridefinire
legemonia borghese, scossa a scala continentale dalla sfida rappresentata dallottobre . In questo quadro assume il suo pi
proprio significato lassimilazione che Gramsci compie di Croce ad
Erasmo: non tanto e non solo come accusa di vigliaccheria di fronte alle conseguenze innescate dalla propria opera rinnovatrice sul
piano culturale ed etico-politico, quanto soprattutto come registrazione di una comune posizione passiva, tesa cio a riassorbire con intelligenza e coscienza del fine le novit rivoluzionarie entro i quadri consolidati dellortodossia. E questo, si noti, non contrasta anzi si accorda perfettamente con lattivit da sempre svolta
da Croce, e da Gramsci puntualmente registrata, di leader del revisionismo europeo . Insomma, Croce svolge il proprio ruolo di
catalizzatore di energie, collocandosi in una posizione peculiare,
perch riesce a svolgere un ruolo dirigente rimanendo allapparenza uno sconfitto, senza cio detenere alcun potere effettivo, ma
combinando piano nazionale e internazionale, grazie al fatto che
getta un ponte tra la reazione fascista e le nuove forme di costruzione di egemonia sul piano europeo. In questo modo egli fa da
tramite fra la stabilizzazione del capitalismo, a cui la socialdemocrazia tendeva in Europa fin dal dopoguerra, e quella operata in
Italia dal fascismo .
.
Religione e politica, Europa e America
Nel lavoro di scavo analitico sullintreccio di Rinascimento, Riforma
e Controriforma, Gramsci si trova dinnanzi diversi modelli interpretativi, dei quali si serve e con i quali si confronta. Alcuni vengono da
lui esplicitamente ricordati e messi a tema come Croce e Weber
altri rimangono pi sullo sfondo, ma non per questo sono meno importanti: mi riferisco in particolare alla corrente dei neoprotestanti italiani, che tra la fine della guerra e linizio degli anni Trenta
anim con una vivace campagna di pubblicazioni il dibattito attorno
alla necessit in Italia di una riforma religiosa che, sullesempio di
quella tedesca, servisse a rinnovare e a democratizzare la vita civile
del nostro Paese. Ora, va subito detto che questi modelli non sono
perfettamente congruenti e in alcuni aspetti sono anzi affatto incongruenti. Per capire il senso della riflessione di Gramsci, andr attentamente valutato luso che egli ne fa, e il modo in cui li combina e se
ne serve nei diversi momenti della sua riflessione.
Prendiamo ,, del dicembre -febbraio , intitolato Clero
come intellettuali:
Ricerca sui diversi atteggiamenti del clero nel Risorgimento, in dipendenza delle nuove correnti religiose-ecclesiastiche. Giobertismo, rosminianismo. Episodio pi caratteristico del giansenismo. A proposito della dottrina della grazia e della sua conversione in motivo di energia industriale,
e dellobbiezione che lo Jemolo fa alla tesi giusta dellAnzilotti (da dove
lAnzilotti laveva presa?) cfr. in Kurt Kaser, Riforma e Controriforma, a
proposito della dottrina della grazia nel calvinismo, e il libro del Philip
dove sono citati documenti attuali di questa conversione. In questi fatti
contenuta la documentazione del processo dissolutivo della religiosit
americana: il calvinismo diventa una religione laica, quella del Rotary
Club [...] .
Queste annotazioni vanno inquadrate allinterno di unidea pi generale, che Gramsci condivide con Croce e non solo con lui: il cristianesimo una forma di esperienza storicamente tramontata, che
ha lasciato nelle coscienze un posto vuoto che necessario in qualche modo riempire: occorre sostituire alla religione unaltra forma
di cultura. In altri termini: la forma religiosa dellesperienza e qui
Gramsci pensa a quella cattolica, in particolare nella sua variante gesuitica non riesce pi a fare presa sulla coscienza, che si limita a
controllare dallesterno, in modo autoritario. Il punto di svolta per
questo processo la Controriforma, quando la Chiesa abdic alla
sua funzione democratica , e questo lascia immediatamente trasparire la necessit di una riflessione sulla via alternativa, la Riforma,
e sulle sue conseguenze.
Qui per le cose si fanno pi complicate, e nella differenza tra
cattolicesimo tridentino e mondo delle confessioni protestanti c
sicuramente un motivo del fascino esercitato su Gramsci dalla societ degli Stati Uniti. Del resto noto che anche Weber sent la
necessit di riflettere sulletica protestante a partire dalla conoscenza del mondo americano contemporaneo: lEtica protestante
usc nel , un anno dopo il suo viaggio negli Stati Uniti, e nella
conclusione dellopera egli ricorda che nel paese, dove pi forte
LA STRATEGIA DEL
MODERNO
PRINCIPE
mente si sviluppata, negli Stati Uniti, lattivit economica, spogliata del suo senso etico-religioso, tende ad associarsi a passioni
puramente agonali, che non di rado le imprimono precisamente il
carattere di uno sport . Una caratterizzazione simile del mondo
americano Gramsci la trovava nel libro di Andr Philip su Le problme ouvrier aux Etats-Unis , da lui ricordato nel testo che stiamo commentando. Philip osserva che il mondo americano fondamentalmente imbevuto di pragmatismo (questa osservazione
gi in Weber ), e che perci Dio non [...] altro che un operaio
fordizzato, che produce in serie le virt necessarie al regime capitalistico. Verit e utilit sono strettamente legate, e in questo intreccio la religione serve a giustificare il lavoro volto al conseguimento del profitto: il profitto considerato come il segno del servizio reso dallimprenditore alla societ, come la misura del suo
grado di moralit , dove luso del termine segno rinvia direttamente allinversione calvinistica del rapporto tra opere e grazia,
con la ridefinizione delle opere come segni dellelezione, su cui
Weber aveva insistito a lungo .
Soffermiamoci ancora brevemente sugli altri testi da Gramsci
evocati: si tratta del libro di Arturo Carlo Jemolo su Il giansenismo in
Italia prima della rivoluzione , di Antonio Anzilotti, di cui alle pp.
XXII s. e XXXI Jemolo commenta il saggio Dal guelfismo allidea liberale e la monografia su Gioberti , e di Kurt Kaser, Riforma e Controriforma . Non importa ora discutere le tesi di Jemolo (che rientrano nella storia delle reazioni alla valutazione negativa del giansenismo da parte di Weber), n quelle di Anzilotti, che Gramsci conosceva solo di seconda mano. Interessante invece questo passaggio
di Kaser, il quale, dopo aver illustrato la dottrina calvinista delle predestinazione, nota:
Non dovrebbe una tale dottrina portare al quietismo etico? Eppure a ragione si osservato che appunto sulla predestinazione fu edificata la pi robusta moralmente, la pi disposta alla lotta e al martirio, di tutte le chiese
evangeliche. Solo durante il corso della sua vita si riconosce leletto, ed la
possibilit di agire moralmente che distingue chi in possesso della grazia
divina. Per questo ognuno compie il maggiore sforzo, pur di poter acquistare coscienza di non essere tra i reietti .
Kaser non fa nomi, n indica lopera di Weber nella bibliografia al capitolo (dedicato a Il Calvinismo) , ma il riferimento chiaro.
Dunque, tutta una serie di fonti contribuivano ad attirare lattenzione di Gramsci sul rapporto peculiare che, attorno alla dottrina calvinistica della grazia, riesce a stringersi tra religione e politica, tra etica religiosa ed etica degli affari. Gi da ora per lui un dato di fatto
indiscutibile, che il mondo nord-americano, il mondo del pieno scatenamento del capitalismo come modo di produzione e forma di vita,
va compreso alla luce, per dirla con le sue parole, della dottrina della grazia e della sua conversione in motivo di energia industriale. Nel
mondo anglosassone lesperienza religiosa non si dissolve, non lascia
un vuoto come fa il cattolicesimo; ma si risolve in energia produttiva,
in sete di guadagno, e in questo modo continua a occupare pervasivamente le coscienze, sia pure in una forma nuova. Dunque non propriamente di secolarizzazione si pu parlare, perch ci su cui Gramsci insiste non il passaggio dal terreno teologico a quello economico.
A lui interessa piuttosto rilevare come ci sia una specifica produttivit
della religione per leconomia e per la politica. Laccento posto sulla compattezza del modello americano, sulla mancanza di scissione tra
coscienza privata e vita pubblica, scissione che domina invece nellItalia cattolica: in America la religione una guida per lazione, e viceversa lunica vera religione quella del guadagno. In entrambi i casi,
comunque, tutto ruota attorno al principio della coscienza.
Gramsci mostra insomma un netto disinteresse per gli aspetti tecnici del passaggio dal campo teologico a quello economico, che Weber pone sul terreno psicologico. Il terreno scelto da Gramsci invece quello ideologico: lindustria per lui essenzialmente energia
industriale, cio attivit, prassi; in ultima analisi politica, trasformazione del mondo; e il pragmatismo, pi che calvinismo secolarizzato, appunto una filosofia dellazione, rispetto a cui Gramsci arriva a chiedersi se il marxismo pu diffondersi in America, superando lempirismo-pragmatismo, senza una fase hegeliana , e se (in
specifico riferimento a James) del pragmatismo si potrebbe dire [...]
ci che Engels ha detto dellagnosticismo inglese , che un materialismo che si vergogna.
Fin da ora, insomma, la tesi weberiana che Gramsci conosce solo di seconda mano gli occorre per poter pensare quel particolare
intreccio di pragmatismo, puritanesimo e affarismo che forma la coscienza americana, nel contesto del pi comprensivo problema di
americanismo e fordismo. lamericanismo il tema che indirizza
tutta la riflessione.
LA STRATEGIA DEL
MODERNO
PRINCIPE
.
Riforma, Rinascimento, Controriforma:
i neo-protestanti e Benedetto Croce
Parallelamente a queste considerazioni, Gramsci sviluppa nei Quaderni unanalisi del rapporto di filiazione tra Riforma e Modernit, in
riferimento non a Calvino ma a Lutero, non allAmerica ma allEuropa, anzi alla Germania, non al pragmatismo ma al nesso HegelMarx, non alleconomia ma alla filosofia, non agli industriali ma agli
intellettuali. Per capire questo punto ci dobbiamo brevemente rifare
alla discussione sul rapporto tra Riforma e Modernit, svoltasi con
grande ampiezza nellItalia degli anni Venti. Come al solito, sar bene andare a leggere Croce, che un po il recettore e il sistematore
delle varie tendenze e novit culturali. In un breve testo pubblicato
nel quotidiano Il Resto del Carlino l luglio , riprodotto lo
stesso anno nella Critica , intitolato Verit e moralit, Croce nota:
Forse si rammenter la controversia suscitata anni addietro dalle indagini
di Max Weber, che, ripigliando e approfondendo vecchie osservazioni di
contemporanei (leresia fa prosperare il commercio, dicevano gli spagnuoli) e di pi recenti storici ed economisti, tolse a dimostrare che lo spirito del capitalismo moderno con la concorrenza portata allestremo, e con
la sua dura logica economica, nasce dal calvinismo, dalla dottrina della vocazione e della grazia che assiste, e del perfezionamento da perseguire con
animo indefesso .
LA STRATEGIA DEL
MODERNO
PRINCIPE
approfondimenti e affinamenti, alla filosofia, convertendo i dogmi in filosofemi: il che rese possibile una sorta di euthanasia della religione, e insieme
leredit intellettuale e morale delle religioni serbata nella storia filosofica
moderna. Ma il cattolicismo invece, definendosi e irrigidendosi nella Controriforma, reprimendo e conculcando la filosofia e la scienza moderne, se
le trov poi a fronte fierissime nemiche, armate di razionalismo, ateismo,
materialismo, illuminismo, massonismo, e delle altre cose che si sanno: onde la lotta senza quartiere che nei paesi cattolici i liberi pensatori fecero
ai credenti, e che ebbe per conseguenza i mali che tutti lamentiamo, cos
nella educazione morale come (e ancor pi) nella seriet mentale. Ora,
chiunque si adoperi, nei nostri paesi latini e cattolici, a colmare il hiatus tra
religione e filosofia, a riamicarle e riavvicinarle come madre a figliuola (che
vuol dire anche vecchia a giovane, moritura a erede), investito da spirito
protestante e adotta in modo riflesso metodi che il protestantesimo venne
foggiando e sperimentando in modo spontaneo .
Lessere protestanti altra cosa dallagire come protestanti; lanacronistico tentativo di riesumare leresia altra cosa dalla capacit di tradurre nei termini attuali, concreti, il dissidio tra pensiero e morale,
tra filosofia e religione, che la Controriforma ha lasciato in eredit ai
Paesi cattolici. evidente che qui Croce riprende il tema hegeliano
della conciliazione di religione e filosofia, e del resto tutta la raccolta
Cultura e vita morale e i Frammenti di etica, scritti nel corso degli anni Dieci e Venti, riflettono questo bisogno di colmare il vuoto lasciato nelle coscienze dal cattolicesimo, di individuare una nuova fede, un nuovo habitus culturale, che sia capace di farsi concretamente, nella vita quotidiana delluomo comune, guida dellazione e criterio di giudizio. Dunque non si trattava di contrapporre Riforma e Rinascimento, ma di pensare lunit mediata di queste due facce. Essere protestanti significava insomma non mettere in scena una nuova eresia, una nuova lacerazione, ma ricomporre i disiecta membra
della modernit .
Questo punto trova sviluppo in uno scritto pubblicato da Croce
nel Giornale dItalia tra l e il novembre dello stesso con
il titolo Rinascenza, Riforma e Controriforma , e subito ripreso nella
Critica con il titolo Controriforma . Qui Croce affronta direttamente la questione delleredit di Lutero, del rapporto tra filosofia e
religione e tra Rinascimento e Riforma, risolvendola in modo nettamente differente rispetto ai neo-protestanti. Va notato che questo testo verr ristampato nel come primo capitolo della Storia dellet
barocca in Italia, che, come subito si vedr, di fondamentale importanza per Gramsci.
Qui Croce compie un grande sforzo interpretativo, trasformando la coppia di Rinascimento e Riforma in una coppia dialettica, e dialettica proprio in quanto contenuta nel mondo moderno: nel Rinascimento e nella Riforma, sotto i termini storici e contingenti che
li designano, si celano i termini ideali e fondamentali, di terra e cielo, uomo e Dio, individuo e universo, spirito profano e spirito religioso , per cui in quella diade i termini sono reciprocamente positivi e negativi, e perci correlativi e complementari . Non si possono staccare, e la corretta loro descrizione storica sta nel coglierli
nella loro varia lotta e nel loro vario armonizzarsi ; la modernit
appunto la sintesi riuscita di questi due termini, e farne la storiografia significa porne in evidenza i reciproci, speculari limiti:
Il movimento della Rinascita era rimasto aristocratico, di circoli eletti, e nella stessa Italia, che ne fu madre e nutrice, non usc dai circoli di corte, non
penetr fino al popolo, non divenne costume o pregiudizio, ossia collettiva persuasione e fede. La Riforma, invece, ebbe bens questa efficacia di
penetrazione popolare, ma la pag con un ritardo nel suo intrinseco sviluppo, con la lenta e pi volte interrotta maturazione del suo germe vitale .
LA STRATEGIA DEL
MODERNO
PRINCIPE
viazione rispetto alla questione principale che consiste nella conciliazione di terra e cielo, finito e infinito, e che sidentifica con la struttura problematica della modernit .
Ora, importante notare che nel Q Gramsci trascrive questi
due ultimi passi di Croce, accettandone linterpretazione, per poi
commentare:
Il materialismo storico il coronamento di tutto questo movimento di riforma intellettuale e morale, nella sua dialettica cultura popolare alta cultura. Corrisponde alla Riforma + Rivoluzione francese, universalit + politica;
attraversa ancora la fase popolare, diventato anche pregiudizio e superstizione. Il materialismo storico, cos com, laspetto popolare dello
storicismo moderno .
Che una conclusione singolare, perch in poche righe si sostengono due tesi opposte e Gramsci sembra disdire ci che ha appena accettato. Infatti porre il materialismo storico come la risultante di
Riforma e Rivoluzione francese significa appunto privare la polarit
dialettica mondana di quella divina (rinascimentale) che sola
potrebbe compierla, significa cio ignorare la centralit di quella
dialettica cultura popolare alta cultura che anche Croce aveva indicato. In questo quadro universalit + politica significa allora che
la Riforma equivale alla dimensione di universalit estensiva, la presa di massa garantita dal fatto di essere una religione, mentre la Rivoluzione francese la traduzione in linguaggio politico (libert, galit, fraternit) delle rivendicazioni religiose. La quantit religiosa viene attivata storicamente come qualit politica.
Daltra parte chiarissima agli occhi di Gramsci la necessit che il
materialismo storico superi la fase popolare del pregiudizio e della superstizione, creando da s unalta cultura: solo che questo sviluppo dovrebbe aver luogo senza porre il problema di entrare in rapporto ovviamente critico con il momento rinascimentale della
cultura, per trarne una specifica eredit. Il tema delleredit, che peraltro viene formulato il materialismo storico il coronamento di
tutto questo movimento di riforma intellettuale e morale rimane
insomma campato per aria, posto solo astrattamente .
Insomma, in questo momento sembrano convivere in Gramsci
due diverse e inconciliabili impostazioni. Da una parte egli accetta
lo schema crociano, nel quale il fenomeno calvinista si riduce a un
ramo laterale del grande tronco luterano, che da Wittenberg con
LA STRATEGIA DEL
MODERNO
PRINCIPE
mento; e dato che nei Quaderni Gramsci inclina, almeno in una prima fase, verso una totale svalutazione del Rinascimento, da lui letto in termini desanctisiani (proprio come facevano i neo-protestanti ) come culto vuoto e retorico della forma, a tutto vantaggio della Riforma, evidentemente tra lui e i neo-protestanti c una certa
affinit. Tra Calvino e Lutero la differenza tende a sfumare, perch
ci che Gramsci e i neo-protestanti colgono in entrambi la capacit di legarsi al concreto, alla vita, di produrre effetti sul terreno
della prassi, evadendo dal campo idealistico della forma e delle
ristrette cerchie di intellettuali.
.
La lettura di Weber e il piano quinquennale
La sequenza di testi ,- del novembre , una fase nella
quale Gramsci aveva gi iniziato a leggere il saggio di Weber sullEtica protestante (la cui pubblicazione a puntate, come detto, era
stata avviata nei Nuovi studi nellagosto del ). Qui troviamo di
nuovo, ma in forma assai pi drammatica, lincongruenza gi notata in , tra la rivendicazione di una sintesi di Riforma e Rinascimento, e il privilegiamento unilaterale della Riforma. Dico subito
che laccresciuta drammaticit dellincongruenza scaturisce a mio
avviso da due ordini di ragioni. Anzitutto, nel corso del e del
, Gramsci venuto svolgendo numerose riflessioni sul Rinascimento, sullo Stato e sugli intellettuali, e sul rapporto tra struttura e
superstruttura , che gli hanno chiarito la crucialit in positivo e
in negativo dellalta cultura nelle sorti di una civilt, dissolvendo
qualsiasi illusione esternalistica, che cio sia possibile aggrapparsi alleconomia e alle masse per poter venire a capo del problema
dellegemonia.
Ma questo non significa accettare la tesi crociana degli opposti
dialettici, che appunto un modo per riassorbire i momenti di rottura di irruzione del momento popolare nella storia dentro legemonia dellalta cultura. La risposta che Gramsci viene gradualmente costruendo a Croce la teoria della traducibilit dei linguaggi e delle culture. Secondo questa concezione, la filosofia e la politica, la teoria e la pratica, sono dei linguaggi capaci di esprimere
determinati contenuti, volta a volta di innovazione o di conservazione, di liberazione o di oppressione; ma non sono degli opposti dia
Questo lesordio di ,, una polemica con un articolo programmatico pubblicato da Boris Souvarine (alias Liefscitz) nel primo
numero della rivista, da lui diretta, La Critique Sociale . Prima
che Souvarine fosse espulso, nel , dal Partito comunista francese, probabilmente aveva conosciuto Gramsci a Mosca nel -,
quando erano entrambi rappresentanti dei propri partiti presso lInternazionale . Lo spirito che informa il suo articolo del apertamente critico dellattuale stato del movimento comunista interna
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zionale (da lui definito comunismo volgare e accomunato al riformismo socialdemocratico) , considerato una semplice ramificazione esterna dellUnione Sovietica e contrapposto alla situazione precedente la morte di Lenin, afflitta s da caos postbellico e guerra civile, ma anche arricchita da una vivacit teorica che la fase successiva ha mortificato . Questo ha delle ragioni ben precise: Souvarine definisce lo Stato sovietico come n borghese, n proletario
ma burocratico di transizione, e tuttavia, in quanto materializza la
potenza di questo movimento anche al di l dellepoca nella quale
esso stato potente, fa pesare sulle coscienze una censura incompatibile con la scienza .
La posizione marxista antisovietica di Souvarine viene giudicata
assai severamente da Gramsci, che la definisce superficiale e burocratica (rovesciandogli contro la sua definizione della natura sociale dellURSS):
Il Liefscitz mi pare non abbia capito gran che del marxismo e la sua concezione si potrebbe chiamare veramente da burocratico. Luoghi comuni a
tutto andare, detti con la mutria di chi ben soddisfatto di se stesso e creda
di essere tanto superiore alla critica che non immagina neanche di non dire
continuamente verit strabilianti e originali. Critica (superficiale) fatta dal
punto di vista dellintellettuale (dellintellettuale mezza calzetta) .
Lerrore e il limite di Souvarine starebbero dunque in questa incapacit di interpretare il ruolo dellintellettuale, in questa scelta dellisolamento rispetto alla politica di massa, che fa il paio con la rinuncia a (tentare di) comprendere il processo complesso, contraddittorio, in corso nellUnione Sovietica, sbrigato con la facilit con
cui si evade una pratica. Credo che la ragione della severit di Gramsci vada perci trovata non solo sul piano strettamente politico, ma
anche, congiuntamente, sul piano teorico. Ci che egli infatti contesta non la verit letterale delle affermazioni di Souvarine. Statolatria e bonapartismo, sterilit sul piano teorico e volgarizzazione del
marxismo, incapacit di valorizzare il lavoro specifico degli intellettuali e mancata comprensione del nesso teoria-pratica: questi appunti critici, in gran parte svolti da Souvarine, sono altrettanti elementi dellanalisi che Gramsci a questa altezza (novembre ) in
parte ha gi fissato, in parte si accinge a determinare . Con Souvarine il dissidio sta piuttosto nella sua pretesa che possano continuare ad essere vere una volta staccate arbitrariamente dalla prassi
collettiva, e quindi rese preda degli stessi difetti che esse astrattamente criticano. Il processo molecolare di affermazione di una
nuova civilt che si svolge nel mondo contemporaneo assumer necessariamente forme contraddittorie e apparentemente aberranti:
solo standoci dentro e prendendovi parte in quanto intellettuale
(organizzatore e non osservatore esterno) sar possibile districarne il senso e influenzarne il corso .
Solo collocandosi a questa altezza, sar possibile afferrare lopposizione apparente tra Riforma e Rinascimento come, in realt,
nesso storico Riforma-Rinascimento. A Souvarine, che lamenta la
mancanza di nuovi contributi teorici nellUnione Sovietica staliniana
e nel movimento comunista internazionale , Gramsci risponde:
Il Liefscitz [...] non capisce nulla [...] della quistione che egli malamente imposta: si tratta, vero, di lavorare alla elaborazione di una lite, ma questo
lavoro non pu essere staccato dal lavoro di educare le grandi masse, anzi le
due attivit sono in realt una sola attivit ed appunto ci che rende difficile il problema (ricordare larticolo della Rosa sullo sviluppo scientifico del
marxismo e sulle ragioni del suo arresto); si tratta insomma di avere una
Riforma e un Rinascimento contemporaneamente .
chiaro che in questa critica a Souvarine ha il suo peso anche la posizione politica di Gramsci; ma allora tanto pi significativo che,
pur in queste condizioni, egli riesca a non perdere di vista il fatto
che tra il momento propriamente diffusivo e quello propriamente
critico non ci pu che essere identit, non certo nel senso speculativo, ma in quello politico, fatto della consapevolezza che le energie
di una classe che lotta per la liberazione devono perseguire allo stesso tempo entrambi gli obiettivi, che non possono speculativamente
sintetizzarsi ma restano distinti. Se questo vero, lidentit in
questione non garantita da nulla, perch frutto di una strategia
politica, e pu quindi anche fallire (ed appunto ci che rende difficile il problema ).
Si noti il riferimento al saggio di Rosa Luxemburg Stillstand und
Fortschritt im Marxismus (), presente anche nellarticolo di Souvarine, dove serve a spiegare almeno parzialmente lattuale stasi teorica in campo tanto socialista quanto comunista . Gramsci non poteva non giudicarla una lettura superficiale. Quando in precedenza
egli aveva fatto riferimento a questo scritto in , e in , , risalenti alla primavera-estate del ci era servito a trovare un nes
LA STRATEGIA DEL
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so tra i due piani dellespansione quantitativa del marxismo nella cultura e della sua regressione qualitativa nella teoria . Qui per si va
oltre, dato che il rinvio accade proprio in riferimento alle difficolt
che comporta quel tenere insieme Rinascimento e Riforma, e quindi
non tanto come spiegazione di ci che accaduto, quanto come messa in chiaro di un rischio sempre in agguato sul piano strategico del
che fare?.
Si delinea cos un intero piano di lavoro che, essendo riferito a
quel grandioso tentativo in atto che era lUnione Sovietica nel ,
non pu che presentarsi come strutturalmente aperto e parzialmente indefinito. Gramsci aveva gi scritto in ,, del maggio , che
solo quando si crea uno Stato, veramente necessario creare unalta cultura . Ma nel posteriore ,, dellottobre-novembre dello
stesso anno, il tema torna con ben maggiore drammaticit, come un
campanello dallarme:
Alla fase corporativa, alla fase di egemonia nella societ civile (o di lotta per
legemonia), alla fase statale corrispondono attivit intellettuali determinate, che non si possono arbitrariamente improvvisare. Nella fase della lotta
per legemonia si sviluppa la scienza della politica, nella fase statale tutte le
superstrutture devono svilupparsi, pena il dissolvimento dello Stato .
pu essere mostrato anche con lo studio di aspetti parziali dei due fenomeni. Il nodo storico-culturale da risolvere nello studio della Riforma
quello della trasformazione della concezione della grazia, che logicamente dovrebbe portare al massimo di fatalismo e di passivit, in una pratica
reale di intraprendenza e di iniziativa su scala mondiale che ne fu [invece]
conseguenza dialettica e che form lideologia del capitalismo nascente. Ma
noi vediamo oggi avvenire lo stesso per la concezione del materialismo storico; mentre da essa, per molti critici, non pu derivare logicamente che
fatalismo e passivit, nella realt invece essa d luogo a una fioritura di iniziative e di intraprese che stupiscono molti osservatori (cfr. estratto
dellEconomist di Michele Farbman ). Se si dovesse fare uno studio su
lUnione, il primo capitolo, o addirittura la prima sezione del libro, dovrebbe proprio sviluppare il materiale raccolto sotto questa rubrica Riforma e Rinascimento .
LA STRATEGIA DEL
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Weber:
Logicamente si dovrebbe dedurre il
fatalismo come conseguenza della predestinazione. Ma leffetto psicologico,
in seguito allinserimento del concetto
di riprova della grazia, fu precisamente lopposto .
Il libro di Feiler descrive con occhio critico la realt sovietica contemporanea, dalla coabitazione forzata alla scuola unica, dalla politica della famiglia alla collettivizzazione delle campagne, dalla secolarizzazione dei beni ecclesiastici allindustrializzazione a marce forzate. E proprio al piano quinquennale si riferisce losservazione di De
Ruggiero, alla quale Gramsci ribatte che non c nulla di paradossale, n tanto meno di provvidenziale (questi filosofi speculativi quando non sanno spiegarsi un fatto, tiran fuori la solita astuzia della provvidenza ). Semplicemente si tratta del passaggio da unideologia
dominata dal determinismo alla genesi, nella pratica, di una passione dellideale, come accaduto con il calvinismo studiato da Weber.
Nella seconda stesura di questo testo , scritta tra il giugno e lagosto del , largomento ripreso senza variazioni, ma con una novit: esso viene inserito in una pi ampia discussione sul rapporto tra
filosofia e storia, tra filosofia e senso comune. Loriginalit filosofica
del marxismo sta, scrive Gramsci, nella sua capacit di individuare
nella filosofia una forma di politica, dunque di pratica, e nella politica un contenuto implicitamente teorico. Come si vede, si tratta della
teoria della traducibilit dei linguaggi, teoria nel cui contesto non ha
pi senso opporre ideologia deterministica e pratica antideterministica, perch proprio quegli agenti pratici delle trasformazioni
storiche che, spinti da unideologia fatalistica, cambiano la realt,
ci facendo sviluppano gi nella pratica una diversa ideologia, una diversa filosofia, che trova dapprima solo la forma ingenua del senso
comune, rimanendo filosofia implicita che per sar esplicita in quanto dei filosofi la elaboreranno coerentemente .
Questo ripensamento della filosofia nei termini di unit di teoria e pratica viene definito nello stesso testo identificazione della fi
LA STRATEGIA DEL
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Come si vede, la tesi weberiana stata ricollocata allinterno della teoria della traducibilit: non pi inversione dialettica di teoria e pratica, ma rimando reciproco tra la filosofia espressa in parole e quella
espressa nellazione.
La domanda che a questo punto deve essere posta a Gramsci,
se e fino a che punto la tesi weberiana sul calvinismo sia stata non solo ricollocata, ma anche ripensata. Se infatti la filosofia una concezione del mondo con una norma di condotta conforme, dovr dapprima porsi il problema della coerenza interna di questi due momenti, senza affidare alla sua dialettica la soluzione di eventuali discrepanze. In altre parole: se la prassi di cui danno prova i russi contiene
implicitamente una filosofia antideterministica, allora proprio questa
filosofia dovr anche essere esplicitata.
Questo punto viene affrontato in un testo (,) risalente allo
stesso periodo (giugno-agosto ) nel quale si collocano gli ultimi
due qui discussi. Qui avviene qualcosa di sorprendente: alla luce della tesi weberiana, esplicitamente richiamata , il fatalismo calvinistico viene accostato a quello cattolico, e il meccanicismo giudicato
E si noti che questultima osservazione si riferisce alla lettura deterministica secondo Gramsci mitizzata e scientificamente errata
LA STRATEGIA DEL
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della legge della caduta del saggio di profitto, che era, parallelamente e negli stessi anni del primo piano quinquennale, alla base della
strategia di rottura dei partiti comunisti con i socialisti in tutta lEuropa, e della tattica classe contro classe, elaborata tra il VI Congresso (luglio ) e il X Plenum (luglio ) dellInternazionale comunista, in vista di un rapido peggioramento delle contraddizioni interne al capitalismo .
Con i riferimenti al fatalismo come a uno stupefacente che debilita nel momento in cui sembra esaltare le forze e spingerle allazione, Gramsci ha, si pu dire, chiuso il cerchio, rileggendo il piano
quinquennale alla luce della filosofia della praxis antideterministica. Non forse un caso, se qui egli riprende alla lettera alcune espressioni usate da De Ruggiero nella recensione a Feiler:
Che la Russia doggi abbia il culto dellidea innegabile; solo da vedere se
questideale non sia deviato e se questa deviazione non implichi il lento esaurimento delle fonti da cui glideali si alimentano. Si parla, vero, di febbre,
ma questo termine stesso designa qualcosa di anormale, unesaltazione temporanea e non una fonte costante di energia. In tali condizioni, una delusione potrebbessere fatale. Il regime bolscevico ha bene inteso che doveva galvanizzare le forze verso un trascendente miraggio, per colmare un vuoto interno che con le sue assidue distruzioni veniva creando .
.
Le fonti relative al piano quinquennale
Quali erano le conoscenze che Gramsci aveva dei processi politici e
sociali in corso nellUnione Sovietica? Le vicende relative al primo
piano quinquennale (/-/), e pi in generale i profondissimi sconvolgimenti in corso nella vita del primo Stato operaio, erano certamente al centro di numerose discussioni: la recensione di
De Ruggiero al libro di Feiler ne un esempio. In generale, i segnali
provenienti dallURSS restituivano un quadro drammatico e contraddittorio, ma animato da una fortissima tensione giacobina
verso il futuro, tensione che si incarnava tanto nellindustrializzazione a tappe accelerate quanto nella collettivizzazione delle campagne, tanto nella previsione della radicalizzazione della lotta di
classi nei Paesi capitalistici quanto nella ripresa della lotta di classi,
allinterno, contro i contadini ricchi. Insomma, ci che accadeva in
URSS appariva evidentemente come un passaggio o meglio un ritor
In questo passaggio ci sono, come si mostrato, tanto la dialettica paradossale del calvinismo secondo Weber, quanto le critiche rivolte da
Benedetto Croce al materialismo storico a partire dalla met degli an
LA STRATEGIA DEL
MODERNO
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ni Venti e riprese, come si visto, da De Ruggiero. A fronte di questo doppio riferimento, il rinvio a Farbman ha dei tratti singolari, singolarit che, come vedremo, si pu estendere anche al rapporto con
il saggio di Mirskij, quasi che Gramsci li leggesse in modo selettivo,
enfatizzando alcuni aspetti e mettendone in ombra altri, proprio per
ordinarli in un quadro strategico relativo allURSS, il quale, pur non
essendo falso, non corrispondeva pienamente ai rapporti di forze e
alle dinamiche in corso. Gramsci mette cio in luce alcuni aspetti della complessa e contrastata realt sovietica, capaci di diventare la base per uno sviluppo egemonico nuovo, ma solo se adeguatamente posti al centro di una strategia politica che, quindi, era tutta da costruire e da imporre politicamente.
La singolarit del rinvio al testo di Farbman come risposta pratica alle critiche crociane sta in ci, che esso descrive s il clima del
piano quinquennale in termini di giovanile entusiasmo, dedizione
estrema, frenetico attivismo, concentrazione dello sforzo, vibrazione
degli spiriti e simili , ma presenta tutto questo come effetto di unoculata e pervasiva campagna propagandistica messa in campo dal
PCUS, una campagna che utilizza tutti i mezzi a disposizione dalla
diffusione di miti capaci di accendere limmaginazione delle masse alla coercizione, dalla persuasione e dissuasione morale allinfluenza
psicologica per cambiare la natura umana . Dietro lattivismo
c insomma lo spirito bolscevico, che pu essere riassunto nella
tesi che se qualcosa va male, perch non si dispiegata sufficiente attivit. Liniziativa, lenergia e la perseveranza sono immancabilmente creatrici di successo . Questo spirito si condensa secondo Farbman nelluso della parola tempo:
Limpiego comunista della parola tempo richiede qualche spiegazione.
Non vi altra parola che venga utilizzata oggi in Russia con un accento tanto forte. Essa usata generalmente con lepiteto assalto o Bolscevico ed
ha un senso abbastanza complesso. Tempo non solo lespressione della
credenza che il socialismo permetta un livello di sviluppo impossibile in regime capitalistico; proclama anche la convinzione che lindustria sovietica
batter, in fin dei conti, tutte le industrie del mondo. Ma la teoria e le implicazioni essenziali del tempo bolscevico sono la negazione sprezzante
delle teorie pseudoscientifiche circa la gradualit dello sviluppo economico, e unaffermazione enfatica della necessit assoluta di concentrare la
potenza di volont del lavoratore. E lespressione suprema del tempo bolscevico il Piano Quinquennale .
Il fatalismo alla base del piano di tipo assai diverso da quello socialdemocratico, per molti versi a esso opposto: la necessit del processo economico per tappe sostituita dalla necessit, altrettanto forte, che scaturisce dalluso consapevole della politica come plancia di
comando della storia. Il partito comunista agisce in questo spazio come un manovratore che, servendosi di adeguati strumenti di pressione, pu rivoluzionare completamente lordine della temporalit storica, dei suoi ritmi scansioni flussi, e ridefinirla a partire dalle esigenze della classe operaia. Ma questo manovratore pu agire efficacemente, perch il suo intervento poggia su una corrispondenza tra azione e successo, la cui necessit data a sua volta dal possesso e dalluso di quella scienza della storia e della politica, che il materialismo
storico, in quanto espressione teorica del punto di vista della classe
operaia come classe universale.
Gramsci assume il testo di Farbman come una risposta pratica
alle obiezioni di Croce e De Ruggiero, ma esso le conferma sul piano teorico, dato che il rovesciamento della passivit di massa in
unattitudine attiva dinnanzi alla vita reso possibile dalla ferrea credenza nella necessaria connessione tra politica e realizzazione del comunismo (mediata dalla scienza della storia), e proprio per
questa ragione si ritiene che esso possa venire generato con metodi politico-amministrativi che possono, s, conoscere parziali ritirate , ma sono sempre decisi centralmente e dallalto . Farbman nota infatti una profonda analogia tra la corsa russa, implacabile e
brutale, e i metodi di guerra adoperati in Inghilterra durante lultimo conflitto , restituendo cos i tratti fondamentali di un modello di economia e di societ opposti a quelli della NEP; ci che, del resto, viene esplicitamente affermato, l dove si nota che la NEP aveva
segnato il ritorno, fino ad un certo punto, alle idee del socialismo
evoluzionistico , e che rischiava di tradursi nel termidoro bolscevico predetto da Trotsky .
A questo nesso ordinativo, necessario tra politica e storia fa riferimento anche il saggio di D. P. Mirskij The Philosophical Discussion in the CPSU in -. Esso un resoconto, da un punto di vista stalinista, degli avvenimenti di quel biennio, vale a dire, anzitutto, dello spodestamento (tra il dicembre e il gennaio ) con
laccusa di idealismo e menscevismo, della leadership filosofica dei
dialettici di Sotto la Bandiera del Marxismo, raccolti intorno a
Deborin, che appena nellaprile (godendo dellappoggio del Co
LA STRATEGIA DEL
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mitato Centrale del PCUS) erano riusciti a far ratificare dalla Seconda Conferenza pan-sovietica delle istituzioni scientifiche marxistico-leninistiche la propria vittoria contro i meccanicisti di Timirjazev, e indirettamente contro quel meccanicista sui generis che
era Bucharin. In questo processo, secondo Mirskij, Stalin sarebbe
stato il grande regista . Mirskij riferisce della vittoria dei giovani
bolscevizzatori della filosofia (Mitin, Judin ecc.) dellIstituto dei
professori rossi di filosofia e scienza della natura, i quali riprendono
le direttive di Stalin in favore di una pi stretta connessione tra filosofia-scienza e tutti gli altri aspetti della vita nazionale, propagandato come esigenza di una pi stretta unit di teoria e pratica . Infine,
egli espone i tratti del nascente marxismo-leninismo attraverso la
contrapposizione (da parte di Stalin + bolscevizzatori) di Lenin ai
dialettici e la sua assunzione alla dignit di pi importante filosofo dopo Marx . Ma, appunto, filosofo in quanto politico: il passo avanti in filosofia insomma non andrebbe cercato nelle ricerche
specialistiche dei filosofi dialettici, ma nellessersi la filosofia
marxista incorporata nelle tesi e risoluzioni del partito e negli
scritti di leader come Stalin .
Ora, la discussione filosofica, della quale Mirskij riferisce (e
che considera teoricamente cos centrale per gli sviluppi del marxismo), da lui presentata come un passo ulteriore rispetto al contenzioso meccanicisti-dialettici, risoltosi prima, tra il e il
. Ma un elemento da considerare che, in parziale sovrapposizione temporale con questa campagna, si svolge laltra, contro
Bucharin e tutta la sua impostazione politica ed economica, che
mette capo alla liquidazione definitiva della NEP e alla svolta, con
lapprovazione della versione ottimale del piano (aprile ). In
entrambi i casi, restituiti dalla propaganda ufficiale come lotta contro le deviazioni di destra (Bucharin-meccanicisti) e di sinistra (dialettici), la parola dordine la stessa: subordinazione pi stretta della teoria ai compiti pratici di edificazione del socialismo, mentre la
battaglia teorica pi appariscente contro la deviazione idealistica. Una volta battuta la corrente meccanicistica da parte di unimpostazione che portava gi pienamente i tratti del marxismo-leninismo, a cosa serviva infatti accusare questultima, a sua volta, di
idealismo, se non a tradurre in pratica quella subordinazione senza residui della teoria (filosofia) alla pratica (lo Stato-partito) , che
i dialettici avevano soltanto teorizzato? A questo rinvia la diffi
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c in posizione dominante n verbalmente n concettualmente. Lunico accenno al meccanicismo infatti riferito come a questione ormai chiusa: il contributo indiretto al leninismo dato dai dialettici, con laver essi sconfitto i meccanicisti . Il movimento ulteriore consistito piuttosto in un certo passo indietro: nella critica alla deviazione idealistica di Deborin (che per combattere i meccanicisti si era spinto troppo oltre), al suo scolasticismo dialettico, con
relativo richiamo alle questioni dogni giorno come a un oggetto da lui e dalla sua corrente trascurato.
Non allora pensabile che questo passo indietro sovietico (anti-hegeliano) trovi buona accoglienza presso Gramsci. Piuttosto,
egli poteva usarne un aspetto il richiamo allunit di teoria e pratica in un senso immediatamente collegabile alla sua lettura di
Marx. Ma esattamente su questo punto (sul modo nel quale i bolscevizzatori e Stalin intendono lunit di teoria e pratica) che egli
scorge la carenza principale della recente svolta in filosofia-politica: proprio nel punto che Mirskij (e la propaganda ufficiale) considera invece qualificante.
Esaminiamo un testo nella sua prima (febbraio-marzo ) e seconda (giugno-luglio ) stesura:
Determinismo meccanico e attivit-volont. A proposito dello studio di Mirskij sulle recenti discussioni filosofiche. Come avvenuto il passaggio da
una concezione meccanicistica a una
concezione attivistica e quindi la polemica contro il meccanicismo .
Ho presentato la seconda stesura allinterno del contesto argomentativo che la precede (in corsivo), perch esso ne costituisce un arricchimento a posteriori, ed inoltre una spiegazione della variante instaurativa che compare in fondo (anchessa in corsivo). Soltanto la
presenza di una lite, che abbia gi esplicitato la filosofia implicita
nellagire (nella volont) delle masse, garantisce che questo stesso
progresso filosofico (linnovazione) si estenda. I fatti sovietici
esemplificherebbero una fase iniziale di tale processo: qui trova posto la precisazione limitativa riguardante questultimo caso. La concezione attivistica non insomma, secondo Gramsci, lespressione
filosofica della conquistata unit tra teoria e pratica, ma un avvicinamento, un progresso relativo, si potrebbe dire, rispetto alla concezione meccanicistica (prima stesura) e puramente esteriore (variante instaurativa nella seconda).
Lespressione come si osservato rimanda a un passo che nella seconda stesura precede di poco questo , e nella prima un testo
indipendente, intitolato Unit della teoria e della pratica . In esso sono contenute alcune informazioni importanti sul modo nel quale
Gramsci legge Mirskij:
Anche lunit di teoria e pratica non un dato di fatto meccanico, ma un divenire storico, che ha la sua fase elementare e primitiva nel senso di distinzione, di distacco, di indipendenza. Ecco perch altrove ho osservato
che lo sviluppo del concetto-fatto di egemonia ha rappresentato un grande
progresso filosofico, oltre che politico-pratico.
Tuttavia, nei nuovi sviluppi del materialismo storico, lapprofondimento del concetto di unit della teoria e della pratica non ancora che
ad una fase iniziale: ancora ci sono dei residui di meccanicismo. Si parla
ancora di teoria come complemento della pratica, quasi come accessorio ecc. .
Le espressioni complemento, accessorio, ancella (questultima aggiunta in seconda stesura ) sono tratte (in parte letteralmente) dal saggio di Mirskij (accompaniment, subordination, servant) . Come ho gi notato, in questo saggio esse vengono valutate positivamente, anzi vengono considerate come il vero passo in
avanti fatto compiere da Stalin alla vita filosofica del Paese. Inoltre,
dopo aver notato che la quistione deve essere impostata storicamente, e cio come un aspetto della quistione degli intellettuali,
Gramsci aggiunge:
LA STRATEGIA DEL
MODERNO
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per molto tempo, cio finch la massa degli intellettuali non ha raggiunto una certa ampiezza, ci che significa finch la pi grande massa non
ha raggiunto un certo livello di cultura, appare sempre come un distacco
tra intellettuali (o certi di essi, o un gruppo di essi) e le grandi masse: quindi limpressione di accessorio e complementare. Linsistere sulla pratica, cio, dopo avere nellunit affermata, non distinto, ma separato la
pratica dalla teoria (operazione puramente meccanica) significa storicamente che la fase storica ancora relativamente elementare, ancora la fase economico-corporativa, in cui si trasforma il quadro generale della
struttura .
Se la situazione corporativa, vale a dire se lattivit sociale prevalente non ha ancora affrontato il problema di una rivoluzione culturale o, in termini gramsciani, una riforma morale e intellettuale , ogni movimento autonomo di intellettuali risalter enfaticamente sullo sfondo delle grandi masse incolte, e di conseguenza la distanza tra intellettuali e masse apparir maggiore, nonostante il fatto
che sia minore. Cadere preda di questa apparenza conduce a considerare lancora timido sviluppo autonomo degli intellettuali come
un pericoloso allargamento del divario tra teoria e pratica, e quindi a
voler subordinare la prima (gli intellettuali) alla seconda (la politica),
ad assorbire e soffocare il Rinascimento nella Riforma. Lunit di teoria e pratica, Gramsci la vede, con il tempo, sempre di pi come una
mediazione realizzata dagli intellettuali nel loro modo di interpretare
la funzione organizzativa e connettiva , piuttosto che come unimmediata unit, o peggio unequivalenza dei piani teorico e politicoamministrativo.
.
Dalla predestinazione allegemonia
Quali che siano state le ragioni contingenti, senzaltro complesse,
che hanno spinto Gramsci a legare anche se per un brevissimo
volgere di mesi, tra la fine del e la primavera dellanno successivo le sorti del comunismo alla teoria della predestinazione come giustificazione del primo piano quinquennale, nei Quaderni del
carcere esistevano le premesse di fondo perch ci accadesse. Il
punto di arrivo comunque chiaro. In una variante instaurativa alla fine di , si legge che la teoria della grazia e della predestinazione degli inizi del mondo moderno [...] poi ha per culminato
LA STRATEGIA DEL
MODERNO
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Solo il capo carismatico, dunque la democrazia presidenziale allamericana, potr essere la via duscita dalla meccanizzazione, dal
trionfo dellapparato economico dellAmerica. La trasformazione del
mondo in macchina che si autoproduce trova il proprio contravveleno nella trasformazione della massa in macchina elettorale al
servizio dellenergia creativa del capo carismatico. , come si vede,
un circuito paradossale, ruotante attorno al principio della razionalizzazione esemplato sul mondo produttivo taylorizzato e fordizzato
degli Stati Uniti, in cui alle masse operaie, ridotte a gorilla ammaestrati, corrisponde la figura del magnate creativo, grande ammaestratore e ascetico fondatore dal nulla di imperi economici.
Ora, nei Quaderni Gramsci riflette a lungo sia sul capo carismatico, sia sul cesarismo, sia sullamericanismo; ma pi che entrare nei
dettagli di queste riflessioni, ci che vorrei far notare che, optando
per la traduzione di Rinascimento e Riforma come fondamento del
Moderno, Gramsci non si d affatto a battere un cammino che prescinde dalla crisi e dal conflitto, anche tragico. Sia sufficiente per rendersene conto leggere questo testo, tardissimo:
Solo oggi (), dopo le manifestazioni di brutalit e dignominia inaudita della cultura tedesca dominata dallhitlerismo, qualche intellettuale
si accorto di quanto fosse fragile la civilt moderna in tutte le sue
espressioni contraddittorie, ma necessarie nella loro contraddizione che
aveva preso le mosse dal primo Rinascimento (dopo il Mille) e si era imposta come dominante attraverso la Rivoluzione francese e il movimento
didee conosciuto come filosofia classica tedesca e come economia
classica inglese. Perci la critica appassionata di intellettuali come Giorgio Sorel, come Spengler ecc., che riempiono la vita culturale di gas asfissianti e sterilizzanti .
Non con il processo allIlluminismo (Sorel) o allOccidente (Spengler) si viene a capo della catastrofe della Modernit, ma solo riannodando i fili di uneredit rinascimentale che, si noti, a questa
altezza viene individuata nella civilt comunale del Duecento pi
ancora che nella cultura del Quattro e Cinquecento, quasi a sottolineare la necessit di prendere le mosse dal primissimo manifestarsi di questa crisi: lincapacit della borghesia cittadina di diventare classe egemone, il rapporto subito interrotto tra citt e
campagna. Dunque lintreccio di Rinascimento e Riforma si d fin
dallinizio nel segno della crisi, di una distanza tra intellettuali e popolo che ha da sempre reso fragile la civilt moderna, in ogni sua
manifestazione. Da questa fragilit non si esce n con lamericanismo, n con i vari fascismi, tutti diversamente protagonisti della
stessa rivoluzione passiva; n con quel mito popolare energetico e propulsivo, vera religione di subalterni, che il fatalismo
su cui poggia il grande attivismo del piano quinquennale nellUnione Sovietica.
Qui c probabilmente un livello profondo, direi quasi intimo,
del rapporto di Gramsci con la posizione di Weber, per quel tanto
che questultima pu globalmente essere definita come dominata
dalla potenza esemplare della razionalizzazione (nel senso del
taylorismo), cio della spersonalizzazione [e] meccanizzazione estrema, tanto che si potuto affermare che il capo idealizzato e tipizzato dal Weber ha molti lineamenti del capitalista
ascetico . Per cui si pu dire che la risposta a Weber anche
(o soprattutto) una risposta che Gramsci d a se stesso. NellEtica
protestante si sottolinea che lascesi laica del calvinismo non produsse, a differenza del quietismo mistico luterano, un popolo di
peccatori umili, ma spiccate, potenti individualit di Santi
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consci di se stessi, che noi ritroviamo negli adamantini commercianti puritani di quellepoca eroica del capitalismo ed in taluni
esemplari anche dei nostri tempi . Questo un linguaggio che
Gramsci conosceva benissimo, e che si ritrova per intero ma riferito agli operai torinesi in un articolo intitolato Le democrazie
del lavoro e la civilt della Riforma, che Piero Gobetti pubblica su
Conscientia nel :
Io ricorder sempre limpressione che ebbi degli operai, quando mi capit
di visitare le officine della Fiat, uno dei pochi stabilimenti anglo-sassoni,
moderni, capitalistici, che vi siano in Italia. Sentivo in essi un atteggiamento di dominio, una sicurezza senza pace, un disprezzo per ogni specie di dilettantismo
.
Quale Umanesimo? Quale Rinascimento?
Non un caso allora se, nel corso del e del , cessano nei Quaderni i riferimenti alla coppia Riforma-Rinascimento (e a fortiori alla
sola Riforma), e se essi vengono sostituiti da uninsistente meditazione sul Rinascimento e sul suo rapporto con lUmanesimo. Ci che
conta cogliere il modo in cui i processi di tipo rinascimentale costantemente hanno disattivato al proprio interno in modo passivo
gli spunti per possibili riforme. La questione proposta in , e ripresa in , va dunque riformulata: non tanto di una contemporaneit tra le due modalit si tratta, quanto piuttosto di unintrinsecit,
attingibile passando per una riforma del Rinascimento, una riforma
del suo statuto, che lo trasformi nel pensiero efficace di una prassi,
sottraendolo alla funzionalit passiva della teoria.
Quando definitivamente cade (nel ) la preoccupazione relativa al piano sovietico (Riforma esterna al Rinascimento, momento
napoleonico capace forse di imporre con la forza allEuropa una
diversa temporalit), Gramsci pu perci riprendere il filo dellelaborazione precedente e procedere allapprofondimento del concetto
di Rinascimento, che ora designa in modo sempre pi chiaro lintera
prima fase della modernit, dal Mille fino alla definitiva affermazione degli Stati moderni, in ambito non solo italiano ma europeo; un
processo dunque che non esclude, ma al contrario comprende in s
la Riforma.
Uno snodo importante in questa direzione il gruppo di testi
,, e , del giugno-luglio . I primi due non riguardano direttamente il Rinascimento, ma sono importanti perch, rispettivamente, mettono al centro dellanalisi la dimensione propriamente filosofica come decisiva per comprendere il processo di unificazione
gerarchica della civilt mondiale , e fanno un primo bilancio
della nozione di rivoluzione passiva come criterio di interpretazione in assenza di altri elementi attivi in modo dominante . Sono elementi presenti gi alla fine del nellidea dellUmanesimo come
restaurazione , ma solo ora Gramsci trae tutte le conseguenze
dallidea di traducibilit, col giudicare fondamentale, nella genealogia della filosofia della praxis, lo sviluppo concettuale che culmina in
Hegel piuttosto che i processi culturali che precedettero la Rivoluzione francese.
LA STRATEGIA DEL
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Non siamo di fronte, come si potrebbe sospettare, a una tardiva presa datto dellautonomia della filosofia, ma al contrario alla
storicizzazione radicale di essa, in quanto specifica potenza ideologico-politica, e dunque momento che eminentemente tende (quando tende, si capisce) a elaborare in modo coerente e dunque a
rappresentare come universali (in forma egemonica) gli interessi epocali della classe che ha economicamente e politicamente
unificato il mondo. Questa posizione si riflette in ,, dove si distingue tra il riferimento al mondo classico dellUmanesimo e la
sua reale funzione: esso infatti non altro che linvolucro culturale in cui si sviluppa la nuova concezione della vita e del mondo in
concorrenza e spesso (poi sempre pi) in opposizione alla concezione religiosa-medioevale . Ci tuttavia non impedisce di vedere al contempo la specifica funzione passiva esercitata da questa
forma:
Il movimento originale che luomo nuovo realizza come tale, e che
nuovo e originale nonostante linvolucro umanistico, esemplato sul mondo
antico. A questo riguardo da osservare che spontaneit e vigore di arte si
ha prima che lumanesimo si sistemi, quindi la proposizione altrove prospettata che lumanesimo sia un fenomeno in gran parte reazionario, cio
rappresenti il distacco degli intellettuali dalle masse che andavano nazionalizzandosi e quindi uninterruzione della formazione politico-nazionale italiana, per ritornare alla posizione (in altra forma) del cosmopolitismo imperiale e medioevale .
Non vi solo un contrasto tra il primo Rinascimento (spontaneit comunale) e il tardo Rinascimento (cosmopolitismo umanistico), ma allinterno dello stesso Umanesimo (come allo stesso tempo espressione della spontaneit e sua formalizzazione), e questi due momenti
vanno articolati, come Gramsci tenta di fare in , (settembre gennaio ):
Umanesimo. Rinascimento. Pu esser vero che lUmanesimo nacque in Italia come studio della romanit e non del mondo classico in generale (Atene
e Roma): ma occorre distinguere allora. LUmanesimo fu politico-etico,
non artistico, fu la ricerca delle basi di uno Stato italiano che avrebbe dovuto nascere insieme e parallelamente alla Francia, alla Spagna, allInghilterra: in questo senso lUmanesimo e il Rinascimento hanno come esponente pi espressivo il Machiavelli. [...] Il Rinascimento spontaneo italiano, che
si inizia dopo il Mille e fiorisce artisticamente in Toscana, fu soffocato dal-
lUmanesimo e dal Rinascimento in senso culturale, dalla rinascita del latino come lingua degli intellettuali, contro il volgare, ecc. .
LUmanesimo civile fiorentino, che culmina in Machiavelli, e la cultura degli artisti nel Quattrocento toscano: qui sta la prosecuzione del Rinascimento spontaneo dei Comuni. Gramsci sta isolando
una tradizione repubblicana e popolare, che attraversa tutto il
Rinascimento e che si diffonde in seguito in Europa (Alberico Gentili, Bruno, le cui tracce si ritrovano in Francis Bacon, Spinoza
ecc.) , e accostandola alla proposizione di fatto in taluni casi
esplicita di una nuova cultura, da parte degli artisti-scienziati rinascimentali, una cultura feconda di elementi antiformalistici e politecnici non accolti nella successiva (gi a partire da Michelangelo)
codificazione del sistema delle arti . Queste esperienze culturali sono a pieno titolo rinascimentali, e se in Italia solo prendono avvio, in Europa trovano uno spazio di svolgimento. In due testi di poco precedenti, , (agosto ) e , (agosto-settembre ), questo nesso era stato chiaramente formulato. Nel primo di essi, il Rinascimento definito lespressione culturale di un processo storico nel quale si costituisce in Italia una nuova classe intellettuale di
portata europea , una classe dirigente capace di intervenire politicamente in Italia in funzione anti-nazionale, in Europa in funzione
pro-nazionale, cio in modo di volta in volta reazionario o progressivo, ma sempre su base cosmopolitica . Il cosmopolitismo
non pi, a questa altezza, la secca alternativa allo Stato nazionale
(esattamente come la Riforma non esterna al Rinascimento), ma
si combina con esso in modi che possono essere anche politicamente contrari . Senza il cosmopolitismo dei fuoriusciti italiani non
pensabile un progetto complesso come la costruzione dello Stato
moderno, cio della forma politica in cui trovano soddisfazione, su
un piano di universalit, tutte le esigenze vitali della nuova classe in
ascesa e delle classi sue alleate. Machiavelli scrive Gramsci
rappresentante in Italia della comprensione che il Rinascimento non
pu esser tale senza la fondazione di uno Stato nazionale : egli afferra cio il nesso tra lesistenza di questa nuova classe cosmopolitica e la funzione nazionale che essa lunica, proprio in quanto cosmopolitica, a poter svolgere. La completezza del Rinascimento
non sta insomma nella critica senza la politica, ma proprio nella funzione politica della critica.
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Evidentemente i due interrogativi si sorreggono a vicenda: si potrebbe quasi dire che proprio perch giunto a pensare il Rinascimento come la categoria storicamente e teoricamente decisiva (nella
sua contraddittoria problematicit) per comprendere le dinamiche
politiche di tutto il mondo moderno, che Gramsci pone in forma interrogativa la questione della mancata riforma religiosa . Non che
questo fatto venga valutato positivamente, tuttaltro; semplicemente, non viene pi considerato decisivo. Mentre la doppia natura del
Rinascimento ci che davvero fa capire la costituzione del potere
borghese nellEuropa moderna, compresa la sua intrinseca, insopprimibile fragilit.
.
La riforma intellettuale e morale e il nazionale popolare
LUmanesimo e il Rinascimento furono essenzialmente reazionari
dal punto di vista nazionale-popolare: nella consapevolezza che
questo assunto illumina solo un aspetto della questione, nel -
Gramsci pu, come abbiamo visto, chiedersi se tutto ci sia stato
origine di progresso o di regresso. Alle spalle vi evidentemente la
formulazione della categoria di rivoluzione passiva come chiave interpretativa di ogni epoca complessa di rivolgimenti storici , capace di ricombinare in modi insospettati progresso e regresso e perci di annullare la forma classica dellantitesi di reazione e rivoluzione. E vi lo sviluppo della teoria della traducibilit, come la sola chiave di lettura in grado di decifrare il carattere strategico della rivoluzione passiva, e rendere quindi capaci di agire politicamente al suo
interno senza lasciarsene schiacciare. Ma questo implica che la verit di qualsiasi riproposizione progressiva dellalternativa tra progresso e regresso andr cercata oltre la sua formulazione letterale. Via
via che Gramsci si fa pi avvertito del significato della categoria di rivoluzione passiva, aumentano anche le avvertenze critiche relative alla necessit di sventare qualsiasi rischio di cadere in quelle forme di
sovversivismo sporadico e disorganico che alla rivoluzione passiva sono subalterne. In tempi in cui la strategia di attacco frontale
solo causa di disfatta , solo un cambiamento completo nella
formulazione della prospettiva politica potr restituire a questa una
continuit sul piano dellefficacia materiale, della capacit di rovesciare realmente i rapporti di forze. Al nitore spettacolare della forma concentrata e simultanea dellinsurrezione deve dunque subentrare lopacit della forma diffusa e capillare, apparentemente disgregata, della pressione indiretta .
Una riproposizione del giacobinismo (e con esso della rivoluzione in permanenza) dovr prendere le mosse dallimpraticabilit
di una Riforma pensata come esterna e alternativa al Rinascimento.
Difatti, se si prende in esame il modo in cui viene nei Quaderni progressivamente ripensato il senso della riforma religiosa e della volont collettiva, si pu vedere come si escluda progressivamente la
separazione tra questa coppia e la nozione di critica, perch sempre meglio si chiarisce che attraverso lideologia avviene non solo lesercizio del potere (una politica della verit), ma la conoscenza
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(dunque la verit nella politica). Questo passaggio pu essere agevolmente mostrato fissando tre segnavia. In , (dicembre -febbraio ), nel contesto di una requisitoria contro lincapacit da
parte del Partito dAzione di far poggiare la propria politica sulla rivendicazione della riforma agraria, Gramsci nota che questo
era [...] paralizzato dalle velleit mazziniane di [una] riforma religiosa che
non solo non toccava le grandi masse, ma le rendeva passibili di una sobillazione contro i nuovi eretici. Lesempio della Francia era l a dimostrare che
i giacobini, che erano riusciti a schiantare i girondini sulla quistione agraria
e non solo a impedire la coalizione rurale contro Parigi ma a moltiplicare
nelle provincie i loro aderenti, furono invece danneggiati dai tentativi di Robespierre di instaurare una riforma religiosa .
Lo scollamento tra classe emergente e intellettuali, e il conseguente affidamento dellegemonia alla vocazione antinazionale della
Chiesa cattolica, trova riscontro e contrario nella riforma religiosa
giacobina (precedentemente giudicata in modo negativo) come tentativo sia pure disperato di raccogliere e riorganizzare dallinterno lo Stato nella sua unit di apparato coercitivo e dispositivi egemonici, facendo presa sulla vita popolare attraverso una riforma religiosa. In modo paradossale, e rovesciando quanto affermato in ,,
Gramsci sostiene immediatamente sotto che proprio la riforma religiosa tentata dai giacobini ci che fa affiorare la prima radice dello Stato moderno laico, indipendente dalla Chiesa, che cerca e trova in se stesso, nella sua vita complessa, tutti gli elementi della sua
personalit storica .
Non tutto. In un testo ancora posteriore (,, del gennaio-febbraio ), appartenente al periodo in cui matura lidea della filosofia come rapporto filosofia-senso comune (e dunque anche filosofiareligione), e si annuncia la tematica del Q , Gramsci incorpora questa idea della riforma religiosa nella filosofia della praxis:
Una parte importante del moderno Principe la quistione di una riforma intellettuale e morale, cio la quistione religiosa o di una concezione del mondo.
[...] Il moderno Principe deve essere il banditore di una riforma intellettuale e morale, che il terreno per un ulteriore sviluppo della volont collettiva nazionale popolare nel terreno di una forma compiuta e totale di civilt
moderna [...]. Il moderno Principe, sviluppandosi, sconvolge tutto il sistema di rapporti intellettuali e morali in quanto il suo svilupparsi significa appunto che ogni azione utile o dannosa, virtuosa o scellerata, in quanto ha
come punto concreto di riferimento il moderno Principe e incrementa il suo
potere o lo combatte. Egli prende il posto, nelle coscienze, della divinit e
dellimperativo categorico, egli la base di un laicismo moderno e di una
completa laicizzazione di tutta la vita e di tutti i rapporti di costume .
Come si vede, lidea quella gi esposta in riferimento allEnte supremo, compreso il rinvio al laicismo. Con una differenza: qui
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della Francia nella seconda met del secolo XVIII e in tutto il secolo XIX, funzione internazionale e cosmopolita di irradiazione e di espansione a carattere imperialistico organico, quindi ben diversa da quella italiana, a carattere
immigratorio personale e disgregato che non refluisce sulla base nazionale
per potenziarla ma invece per renderla impossibile .
Questo testo, scritto nel novembre del , va letto alla luce del coevo (ottobre-novembre) ,: bisognerebbe poter fare, per comprendere esattamente il grado di sviluppo raggiunto dalle forze nazionali
in Italia nel periodo che va dal nascere dei Comuni al sopravvento del
dominio straniero, una ricerca del tipo di quella del Groethuysen nelle Origines de lesprit bourgeois en France . Qui unanalisi molecolare di testimonianze ideologiche disparate (le raccolte di prediche e di libri di devozione usciti prima del ) serviva a ricostruire i punti di vista, le credenze, gli atteggiamenti della nuova classe dirigente in formazione , evidenziando quello che Gramsci
chiama la massiccia costituzione intellettuale della borghesia francese nel corso del Settecento .
sulla base di questo ordine di pensieri che la Francia assunta da Gramsci a tipo dello sviluppo organico di economia e ideologia, e dunque della capacit di porre immediatamente il problema
del dominio totale della nazione, cio di un assorbimento senza
residui della societ dentro il nuovo quadro del potere borghese.
evidente pertanto che le energie nazionali sono qui le forze borghesi in quanto rese capaci di porre il problema dellegemonia, cio
dello Stato, cio in quanto costituite (= organizzate) intellettualmente. Il termine energie dunque usato di proposito, dato che ci
che in tal modo si vuole esprimere, una potenza e non una consistenza sociologica, una capacit di agire politicamente e non una
quantit data di individui, unorganizzazione e unarticolazione politica. Lattivit di tipo nazionale che possono sprigionare (la lotta per il dominio totale della nazione) dunque propriamente lessere delle energie nazionali.
La faccia negativa di esse, cio lItalia, questa stessa potenza con
segno rovesciato: una virtualit sempre mortificata. Si vedano , e
, rispettivamente del maggio e dellagosto :
Volontariato-passivit vanno insieme pi di quanto si creda. La soluzione
col volontariato una soluzione di autorit, legittimata formalmente da
un consenso, come si dice, dei migliori. Ma per costruire storia duratura
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Le energie nazionali popolari italiane esistono solo in forma controfattuale: i due problemi rappresentati dalla presenza del volontariato e dallinflusso ideologico della Chiesa cattolica equivalgono
alla loro costante neutralizzazione grazie a un procedimento analogo, consistente nella rinuncia, da parte della classe dirigente, ad
aspirare a un dominio totale della nazione. Ci che la borghesia italiana evita di perseguire, insomma la formazione di un blocco nel
quale, sotto la propria egemonia, trovino posto anche le istanze delle altre classi subalterne. Totalizzazione nazionale non retorica, ma
reale nel senso profano, e blocco rivoluzionario giacobino sono
due facce della stessa realt. In effetti, ci che davvero conta come
tratto differenziale nelle due opposte strategie, non tanto lestensione quantitativa delle forze messe in movimento, quanto il carattere mobilitante del blocco giacobino. Le energie nazionali popolari esistono solamente come processo di fusione o blocco dinamico
di istanze e rivendicazioni disparate, in ununica prospettiva capace di trascinare con s la maggioranza della popolazione rappresentandola come popolo. Nazionale popolare e giacobinismo si
richiamano vicendevolmente e coincidono, data appunto la tipicit
del caso francese.
Qui si apre un problema, legato al concetto di popolo, e sar
solo attraverso una comprensione di esso che si potr gettare luce
sulla peculiare presenza dellideologia nel concetto di volont collettiva. Credo che per affrontare correttamente il tema del popolo nei Quaderni sia indispensabile tener conto della centralit del tema della mobilitazione. Quella di popolo infatti una nozione
strutturalmente ambigua, che Gramsci usa in modo consapevolmente sfumato , e questa ambiguit ci che ne fa appunto una parola dordine mobilitante. Popolo infatti, per come viene utilizzato nei Quaderni riprendendo laccezione giacobina di matrice russoviana, indica una totalit tendenziale, che si realizza in aggregazioni
parziali ma capaci di rappresentare ovvero ma non variante secondaria di diventare il tutto. Ora, la posizione di Gramsci a pro
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pella il popolo come unit (totale), ma per chiamarlo a far trionfare un progetto di classe (parziale) .
Per il fatto di rappresentare una tensione insuperabile tra parte e
tutto come se essa fosse gi stata superata, quella di popolo una nozione ideologica, per definizione incapace di avere una qualsiasi corrispondenza sociologica data, ma sempre posta in relazione produttiva con il contesto nel quale viene adoperata: il popolo non descrive
niente, ma rivendica sempre qualche cosa . Questa funzione peculiarmente ideologica del popolo viene tematizzata in particolare in
due testi. Nel primo di essi (,, dellottobre-novembre )
Gramsci osserva che
la nuova costruzione non pu che sorgere dal basso, in quanto tutto uno
strato nazionale, il pi basso economicamente e culturalmente, partecipi ad
un fatto storico radicale che investa tutta la vita del popolo e ponga ognuno, brutalmente, dinanzi alle proprie responsabilit inderogabili .
Nellappello al popolo, ci che conta non il mero fatto del coinvolgimento, della mobilitazione, ma che questo avvenga in una forma ideologica che appella ogni singolo come obbligato ad assumersi attivamente le proprie responsabilit. Ne deriva una distinzione tra gruppo sociale subalterno (come classe sociale) e popolo
(come parola dordine: programma nazionale) che nellaltro testo
(,, del maggio-giugno ) viene esplicitata in modo ancora pi
chiaro:
Momenti di vita intensamente collettiva e unitaria nella vita del popolo italiano. [...] momenti in cui al popolo italiano si posto da risolvere un compito potenzialmente comune, in cui avrebbe potuto verificarsi unazione o
un movimento collettivi (in profondit e in complessit) e unitari. [...] Ci
che importa nella ricerca il carattere potenziale (e quindi la misura in cui
questa potenzialit si tradotta in atto) di collettivit e di unitariet, cio
la diffusione territoriale [...] e la diffusione di massa [...].
Questi momenti possono aver avuto carattere e natura diversa: guerre,
rivoluzioni, plebisciti, elezioni generali di particolare importanza e significato. Elezioni tipiche: [...] nel in tutto il territorio, in uno stesso giorno,
tutta la parte pi attiva del popolo italiano si pone le stesse quistioni e cerca
di risolverle nella sua coscienza storico-politica. [...] Si pu dire che le elezioni del ebbero per il popolo un carattere di Costituente [...] In realt
i giolittiani furono i vincitori [...] essi impressero il carattere di costituente
senza costituente alle elezioni [...] .
Guerre (si pensi alla lettura gramsciana della prima guerra mondiale) , rivoluzioni, plebisciti, elezioni generali: in tutti questi casi ci
che viene appellato il popolo non come massa indistinta ma come
massa mobilitata, dunque come massa che ha gi una forma, unorganizzazione precisa: il popolo viene ideologicamente costituito
nel momento stesso in cui gli si assegna da risolvere un compito potenzialmente comune, perch lunit popolare-nazionale sorge
come azione collettiva sulla base di problemi sempre determinati.
Come in Gentile, Jnger e Schmitt, la mobilitazione totale dunque per Gramsci legata alla guerra, ma a differenza di ci che accade
nelle loro rispettive elaborazioni, non lo in modo esclusivo. Essa
gi presente nel nucleo della politica dello Stato moderno, come distinzione di societ politica e societ civile, come organizzazione politico-ideologica di una popolazione che altrimenti non avrebbe vincoli naturali in base ai quali strutturarsi internamente. insomma
anchessa equilibrio di guerra e politica, di forza e consenso. Esprime
potenza, ma non si identifica con essa, perch la logica che la fa sorgere non una logica di potenza. Il nesso tra mobilitazione totale e
Stato totale, o tra mobilitazione totale e tecnica, come si trova, con
declinazioni e linguaggi diversi, in Jnger, Schmitt e Gentile , riceve nei Quaderni una risposta nella diversa definizione della mobilitazione stessa, come un processo ideologico che non si risolve nel mito, ma continua a presupporre lintreccio con la verit. Perch diversa, strutturalmente bifronte, la definizione di ideologia che Gramsci mette a punto.
Conta insomma il fatto che la mobilitazione non univoca: appartiene allideologico unambivalenza capace di risolversi in due
sensi opposti. la lotta nellideologia che decide in ultima istanza del
significato che il popolo infine avr acquisito. Lesempio della costituente senza costituente sta a indicare come alla strategia della rivoluzione passiva sia sempre possibile indirizzare la mobilitazione
sganciandola dalla costruzione di una nuova egemonia . Di contro,
sta la presa in carico dellambiguit contenuta nellidea che esista una
parte pi attiva del popolo italiano capace di porsi i problemi della totalit, cio di rappresentarla proprio perch mira a trasformarla.
Questo punto non secondario, perch qualifica il rapporto tra
avanguardia e popolo, in cui vi sempre una forma di rappresentazione che lavanguardia rivendica per s, esattamente nel momento in cui formula rivendicazioni generali volte a trasformare
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Il tema del popolare-nazionale dunque ben distante dallindicare, nei Quaderni, lesigenza di portare a compimento quella unificazione nazionale giacobina in cui la borghesia italiana ha colpevolmente fallito, e questo appunto perch scopo dei comunisti non
insegnare alle rispettive borghesie come si fabbricano le perfette nazioni borghesi . Questa osservazione di Sebastiano Timpanaro
rivolta a Gramsci, ma in realt pu essere assunta come pienamente
gramsciana. A Gramsci non interessa affatto far diventare lItalia
una nuova Francia o una nuova Inghilterra: se ha condiviso in giovent questa ideologia borghese (pensiamo al suo liberismo ai tempi del Grido del Popolo), tutto il senso dei Quaderni del carcere
nella messa in discussione di qualsiasi elemento di subalternit ideologica del movimento operaio rispetto alla borghesia . Ci che gli
interessa la mobilitazione, o meglio una forma di mobilitazione
(volont collettiva nazionale popolare) capace di tradursi in una
nuova forma di Stato e dunque in un rivoluzionamento totale dei
rapporti sociali.
Il nocciolo del popolare nazionale mi pare dunque risiedere nelluso consapevole di un mito per produrre una nuova conoscenza,
consistente nel passaggio allazione (e dunque alla consapevolezza) di
quelle masse subalterne che sono state finora relegate ai margini della storia. Queste masse e qui sta la drammatica attualit delle note di Gramsci sono in realt gi mobilitate, attraverso la serie di processi che si condensano nella guerra e nella crisi del liberalismo, e che
Gramsci chiama crisi di egemonia . Il moderno Principe deve intervenire sulla crisi, elaborandone una soluzione progressiva rispetto allinvoluzione autoritaria che essa ha conosciuto in Italia. Il
tema viene affrontato estesamente in un testo del Q intitolato Osservazioni su alcuni aspetti della struttura dei partiti politici nei periodi di crisi organica , definita, questultima, come situazione nella
quale le classi si staccano dai propri partiti producendo una delegittimazione dello Stato che pu sfociare in una soluzione regressiva di
tipo carismatico:
Il contenuto [del processo di crisi organica, scil.] la crisi di egemonia della classe dirigente, che avviene o perch la classe dirigente ha fallito in qualche sua grande impresa politica per cui ha domandato o imposto con la forza il consenso delle grandi masse (come la guerra) o perch vaste masse (specialmente di contadini e di piccoli borghesi intellettuali) sono passati di colpo dalla passivit politica a una certa attivit e pongono rivendicazioni che
La crisi organica la forma tipica che assume una mobilitazione entrata in stallo: le masse mobilitate non sono in grado di dare una soluzione propria alla crisi di legittimazione che il prodotto immediato della loro stessa mobilitazione, e le classi dominanti, incapaci
a loro volta di fronteggiare la crisi con mezzi normali, si affidano a
una soluzione autoritaria . Ci che qui conta notare, che la crisi
organica una nozione impensabile al di fuori della guerra di posizione. Infatti la crisi organica designa la situazione in cui lesercizio
dellegemonia diventa impossibile, proprio perch la societ civile
attraversata da rivolgimenti che, a differenza di quelli tipici della
guerra di movimento (insurrezioni, barricate, guerriglia), sono tutti risolti nella dialettica interna alla trama privata dello Stato ,
ma in quanto essa cio lapparato egemonico non riesce pi
ad esercitare il controllo e lorganizzazione del consenso al quale
deputata.
Questa situazione molto pi pericolosa della lotta di strada, in
quanto, se in quel caso una puntuale repressione sanguinosa sufficiente a ripristinare una situazione di normalit senza dover fare
ricorso a soluzioni extra-costituzionali, dato che lo stato di mobilitazione interessa uno strato ristretto della popolazione, la crisi di
egemonia in situazione di guerra di posizione, quando la societ
gi tutta (almeno tendenzialmente) organizzata, non pu essere risolta se non in modo eversivo, attraverso lo scardinamento della
struttura giuridica preesistente.
La volont collettiva nazionale-popolare di cui si legge in
,/, dunque non una nazionalizzazione delle masse, ma una mobilitazione totale capace proprio in virt di questa sua totalitariet
di sventare i rischi carismatici attraverso unintensa guerra di posizione sul terreno ideologico; una mobilitazione capace di penetrare tutti i gangli dello Stato + societ civile sottraendo alla classe avversa ogni zona di passivit , organizzando una pressione lenta
e diffusa (questo vuole dire la frase: il moderno Principe, sviluppandosi, sconvolge tutto il sistema di rapporti intellettuali e morali),
e nondimeno, proprio per queste sue caratteristiche, unica risposta
adeguata alla rivoluzione passiva come strategia. insomma lege
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monia come riproposizione attuale nella guerra di posizione della permanenza del movimento in quanto nozione che esprime, al
contempo, il processo di mobilitazione-organizzazione nella societ
civile e la strategia di mobilitazione politica di massa.
.
Lo Stato e il rapporto nazionale-internazionale
Come pensare concretamente la riproposizione di una strategia di tipo rivoluzione in permanenza nei termini della dominanza della
coppia guerra di posizione-rivoluzione passiva? E come pensare tutto ci in presenza di una regressione politica dellURSS che rendeva
necessario, agli occhi di Gramsci, rideterminare profondamente il
rapporto nazionale-internazionale nello sviluppo di una strategia del
movimento comunista italiano? Queste due domande sono solo apparentemente distinte. Esse rinviano a un unico criterio di giudizio
che, al di l delle incertezze che abbiamo documentato in questo capitolo, nei Quaderni infine si impone. Questo criterio di giudizio la
necessaria relazione interna, immanente, tra ideologia e critica, o, per
usare un linguaggio pi strettamente politico, tra forza e consenso.
Ci vuole dire che il partito della classe operaia, in quanto si faccia
carico di organizzare le lotte per vincere la guerra di posizione, dovr sviluppare la propria azione sul terreno della societ civile proprio
mentre proietta questa azione verso la fondazione di un nuovo tipo
di Stato , combinando la dimensione nazionale e quella internazionale, in modo da riorganizzare (rispetto alla forma politica borghese)
il rapporto tra i due piani, e produrre su entrambi un nuovo equilibrio di forze. La coppia formata dalla volont collettiva e dalla riforma intellettuale e morale, come parti indissolubili della strategia del
moderno Principe, indica chiaramente che la lotta va condotta dentro il sistema di trincee e casematte della societ civile, assumendo fino in fondo tanto i metodi di lotta sperimentati da due secoli di battaglie democratiche, guidate dalla borghesia, per leguaglianza e la libert, quanto il fatto che la stessa borghesia ha trovato e trova nella
trama dello Stato liberale i mezzi per realizzare in modo passivo
la propria egemonia.
Questa duplicit segna fino in fondo la lotta politica secondo
langolo visuale del comunismo. Ma essa discende linearmente dalla natura storica del potere borghese, cio del potere nello spazio
dello Stato liberale, irriducibilmente segnato dalla dualit Stato/societ civile. La novit introdotta da Gramsci non sta nellaver individuato questa dualit, ma nellaver riconosciuto, senza per ci annullarla, il suo riferirsi a ununit di ordine superiore. Contro la tradizione liberale Gramsci ribadisce infatti che la societ civile non
esterna allo Stato: anchessa Stato, anzi lo Stato stesso ,
nel senso che lo Stato in quanto capace di realizzare unegemonia.
Lesterno dello Stato rappresentato dalla societ civile (si tratta infatti pur sempre della sfera delle forze private ) dunque in
realt il vero interno, ed in questa interiorizzazione la chiave della strategia egemonica della borghesia, la spiegazione della sua affermazione storica e della sua capacit di far coincidere il proprio
particolare sviluppo (economico, politico, culturale) con lo sviluppo degli ideali universalistici di libert e di eguaglianza. Lo Stato moderno lo Stato-nazione dunque per Gramsci essenzialmente
Stato borghese-liberale, e a questa altezza deve condurre la propria
lotta la classe operaia: allaltezza dei suoi tratti fondamentali come
anche delle sue aporie, e anzitutto della sua crisi, apertasi con la fine della guerra. Ogni altra possibilit ai suoi occhi politicamente e
teoricamente regressiva .
Questo Stato entrato, con la guerra, in una crisi generalizzata,
che introduce nella struttura del potere borghese-liberale una discontinuit, di cui Gramsci valuta tutto il significato. Gi nelle modalit dellaffermazione dello Stato liberale sono contenute le forme
che la sua crisi assumer: nellintreccio strutturale tra potenza e
crisi nel modello borghese del potere , nel fatto che fin da subito la dicotomia tra Stato e societ civile ha funzionato dinamicamente, come sottrazione allocchiuta tutela governativa della libera iniziativa economica, politica e culturale, che rendeva per possibile
una pi solida fondazione del potere statale, dallintimo delle attivit
sociali e non come istanza loro sovraimposta, secondo una dialettica
non formalizzabile in strutture e quindi foriera della loro erosione.
Anche qui Gramsci prende le mosse dalla Rivoluzione francese, e gi
nel Q annota:
Lo sviluppo del giacobinismo (di contenuto) ha trovato la sua perfezione
formale nel regime parlamentare, che realizza nel periodo pi ricco di
energie private nella societ legemonia della classe urbana su tutta la
popolazione, nella forma hegeliana di governo col consenso permanentemente organizzato (collorganizzazione lasciata alliniziativa privata, quin-
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MODERNO
PRINCIPE
duo che andr superato nello sviluppo successivo dello Stato moderno, ma precisamente lessenziale dello Stato educatore nellepoca
del suo dispiegamento pieno, quello in cui occorre organizzare la societ come interna e non esterna allo Stato. Questa duplice natura
coessenziale al fatto che, per la prima volta, si ha una classe dominante non castale, unossimorica classe universalistica, in quanto trova la propria giustificazione nella produzione, dunque in un intreccio
aperto di trasformazioni continue, le cui regole di accesso non sono
regolate da un codice fisso (il lignaggio) ma vanno costantemente
riaffermate su un terreno in senso lato politico: La classe borghese
pone se stessa come un organismo in continuo movimento, capace di
assorbire tutta la societ, assimilandola al suo livello culturale ed economico: tutta la funzione dello Stato trasformata: lo Stato diventa
educatore . Funzione educativa nella duplice natura pubblicaprivata da una parte, dallaltra lespansivit della classe dominante, si
condizionano reciprocamente, nel senso che solo quando una classe
si dispone ad assimilare la societ intera (essendo irriducibile a un sistema di inclusione/esclusione fondato sul sangue), si pone il problema di educarla; e solo quando in grado di educarla mediante gli
organismi privati, questa classe avr superato il momento corporativo dellidentificazione di Stato e governo, cio di educazione e costrizione, e avr compreso la necessit di educare presupponendo la
collaborazione attiva delle classi subordinate (o almeno di quelle socialmente e politicamente decisive), cio infine, in una parola, esercitando su di esse unegemonia. Nellesercizio dellegemonia, nota
Gramsci nel Q ,
lo Stato-governo concepito s come organismo proprio di un raggruppamento, per creare il terreno favorevole alla massima espansione di questo
raggruppamento stesso, ma anche questo sviluppo e questa espansione sono visti concretamente come universali, cio collegati agli interessi dei raggruppamenti subordinati come uno sviluppo di equilibri instabili tra gli interessi del gruppo fondamentale e quelli dei gruppi subordinati in cui gli interessi del gruppo fondamentale prevalgono ma fino a un certo punto, non
cio almeno fino allegoismo economico-corporativo .
Va notato insomma che lestensione del concetto di Stato nei Quaderni non addita unespansione delle competenze statali governative,
e neanche di quelle statali pubbliche, ma di quelle statali private, e il
dispiegamento di un equilibrio in costante movimento tra gli inte
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ressi delle classi, che per ci stesso le sottrae alla reciproca irrelazione corporativa, introducendole in un circuito comunicativo regolato
ogni volta da un centro di irradiazione e direzione. Il carattere privato (non burocratico) delle forze in azione e lequilibrio variabile tra coercizione e consenso sono i due pilastri dellegemonia.
Certo, Gramsci precisa, ad un certo punto, che gli apparati egemonici sono organismi volgarmente detti privati : dato che
svolgono una funzione pubblica, dunque statale, sono anchessi parte dello Stato, anzi sono (come arriver a scrivere nel Q ) lo Stato
stesso . Su questo punto non vi dubbio: Gramsci si schiera contro ogni separazione liberale tra Stato e societ, tra pubblico e privato, tra diritto e morale, ma anche contro lidentificazione frenetica
dei due piani, come accade in Gentile teorico dello Stato totalitario . Precisamente, per Gramsci tra societ civile e societ politica
vi identit-distinzione , ci da cui segue la
identificazione organica tra individui (di un determinato gruppo) e Stato, per
cui ogni individuo funzionario non in quanto impiegato stipendiato
dallo Stato e sottoposto al controllo gerarchico della burocrazia statale, ma
in quanto operando spontaneamente la sua operosit si identifica coi fini
dello Stato (cio del gruppo sociale determinato o societ civile) .
Occorre chiedersi a questo punto in che modo questa progressiva definizione dellunit-distinzione di Stato e societ civile interagisca con
i due modelli di articolazione concettuale della societ, ovvero la coppia base/sovrastruttura e i rapporti di forze. Si mostrato il modo
in cui tra il - e il - si viene delineando una tendenziale sostituzione della prima da parte dei secondi, il che ha profonde implicazioni in ordine allestensione e allo statuto del concetto di ideologia. Questo infatti non pi confinato a momento corrispondente di
rapporti nello spazio superstrutturale, momento non determinante
nello sviluppo storico della dialettica forze produttive/rapporti di
produzione, ma si ritrova a tutti i livelli dei rapporti di forze, da quello economico-sociale a quello militare. Lideologia anzi lesistenza
reale di questi rapporti: essi infatti lavorano con efficacia, solo quando sono attivamente esercitati da forze che si costituiscono ideologicamente nella loro reciprocit. Ma questa struttura ideologica,
che poi sempre una struttura linguistica (larticolazione di un discorso), quando si venga costituendo anche a un solo livello dei rapporti di forze, gi per lo meno il nucleo di un sistema egemonico, la
cui completezza si avr, nel momento in cui una delle forze in lotta
avr saputo collegare discorsivamente, cio ideologicamente, cio infine politicamente in un progetto coerente i rapporti di forze a tutti i
livelli, ivi compresa la relazione nazionale-internazionale.
La cultura si produce non solo nella sovrastruttura, ma sempre, quando ci sia un rapporto di forze. Ragionando in base ai rapporti di forze, la nozione di superstruttura diventa inutile, mentre
quelle di societ civile e di cultura possono essere ampliate, fino a
coprire tutto lo spazio sociale in cui si dia una forma di relazione politico-ideologica. A partire da questa ridefinizione di cultura e di
societ civile si pu rileggere linsistenza sul carattere privato
delle energie da mobilitare per costruire legemonia: il superamento
del corporativismo condizionato dalla messa in comunicazione di
tutti i livelli dei rapporti di forza grazie allelaborazione universalistica delle rappresentazioni ideologiche, come unico modo per ottenere il consenso dei governati, cio per coinvolgerli politicamente in
forma subordinata.
Questa regola vale anche per la classe operaia. Sar solo nella lotta per legemonia condotta con energie volontarie, non burocraticogovernative, che la classe operaia potr dimostrare praticamente la
propria universalit . Ci spiega perch Gramsci insista, gi in testi del , sul fatto che, anche quando un determinato partito ha
fondato uno Stato, e si trova a essere un partito di tipo essenzialmente
nuovo, essendo lunico ammesso, deve tornare a prodursi, in modo
necessariamente nuovo, la dialettica tra forma privata e funzione
pubblica (quindi tra forza e consenso), affinch si possa dare egemonia (e dunque quello sviluppo della cultura senza cui si d il dissolvimento dello Stato) . Ovviamente in questo caso la forma non potr essere realmente privata, identificandosi il partito con lo Stato. Di
qui lidea che il partito debba assumere una funzione di equilibrio
e di arbitrato tra gli interessi del proprio gruppo e gli altri gruppi,
procurando che lo sviluppo del gruppo rappresentato avvenga col
consenso e con laiuto dei gruppi alleati, se non addirittura dei gruppi decisamente avversari . La sua funzione sar equilibratrice di
interessi diversi, nella societ civile , che per, nello Stato postparlamentare di fatto talmente intrecciata di fatto con la societ
politica , da rendere arduo se non impossibile fissare giuridicamente questo passaggio dalla burocrazia alle energie private e viceversa. Quali criteri fissare, dunque?
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Ora, questo sistema di principii non un dover essere, un orizzonte costantemente dislocato rispetto alla politica del giorno per
giorno. Al contrario, Gramsci parla di principii a indicare che qui
non siamo in presenza di valori definibili univocamente e stabilmente. La sparizione dello Stato separato dalla societ civile gi
dentro (come si mostrato nel paragrafo precedente) la struttura del
partito come avanguardia, e precisamente (in gradi diversi, ovviamente) dentro la struttura di qualsiasi partito che non sia una semplice aggregazione di interessi corporativi . Questo intreccio tra
espansivit permanente e struttura dellavanguardia non un dover
essere, sempre in ritardo sui fatti. Come si visto, esso poggia non
sul carattere politicamente augurabile di un certo metodo invece di
un altro, ma sulla natura del potere moderno, sulla dialettica, a esso
interna, tra forza e consenso, tra lespansione della libert e gli argini sempre di nuovo a essa posti.
La dittatura del proletariato non spezza questa dialettica, anzi
essa dimostra la propria vitalit solo svolgendola fino alle sue conseguenze ultime, ci che la borghesia non strutturalmente in grado di fare. Lo Stato operaio pu dunque anche regredire dentro lo
spazio del potere borghese, confermando il carattere non realmente universale dellegemonia teorizzata e praticata dal partitoStato. In questo caso, parlare di egemonia, di socialismo e di comunismo equivarrebbe a creare delle utopie, cio discorsi costitutivamente slegati dalla prassi attuale. Ci che specificamente caratterizza la politica del proletariato , ancora una volta, la capacit di condurre la rivoluzione in permanenza fino alle sue conseguenze ultime:
La concezione di Hegel propria di un periodo in cui lo sviluppo in estensione della borghesia poteva apparire illimitato, quindi leticit o universalit di essa poteva essere affermata: tutto il genere umano sar borghese. Ma
in realt solo il gruppo sociale che pone la fine dello Stato e di se stesso come fine da raggiungere, pu creare uno Stato etico, tendente a porre fine alle divisioni interne di dominati ecc. e a creare un organismo sociale unitario
tecnico-morale .
Come si vede, lo stesso principio che va posto alla base della politica del partito-Stato. Quella di un genere umano tutto borghese
unutopia, che si mostra nel momento in cui la soppressione dei privilegi e delle immunit feudali fa spazio a una serie di nuove dicotomie e dissimmetrie fattuali, che il liberalismo non fa che riflettere e
giustificare come naturali e inevitabili: governanti e governati,
rappresentanti e rappresentati, uomini e donne, repubblica e democrazia, politica e societ, madrepatria e colonie, e cos via, con tutte
le restrizioni del suffragio, della cittadinanza e dei diritti sociali a ci
legate. Solo prendendo in carico il carattere non speculare di queste
dicotomie cio il fatto che le due classi in lotta non si trovano sullo
stesso piano il moderno Principe potr agire al contempo come un
elemento della societ civile e come un elemento che ne rappresenta
la dissoluzione. Per la classe operaia, infatti, ci che conta non occupare il posto occupato dalla borghesia:
Una classe che ponga se stessa come passibile di assimilare tutta la societ,
e sia nello stesso tempo realmente capace di esprimere questo processo, porta alla perfezione questa concezione dello Stato e del diritto, tanto da concepire la fine dello Stato e del diritto come diventati inutili per aver esaurito il loro compito ed essere stati assorbiti dalla societ civile .
In definitiva, in carcere Gramsci riprende i temi e i termini problematici che Lenin and mettendo a fuoco negli ultimi anni di vita: il
fronte unico, la NEP, la lotta contro la burocratizzazione, lalfabetizzazione, il rapporto tra rivoluzione russa e rivoluzione mondiale, tra
Stato operaio e movimento comunista internazionale. Il suo contributo consiste in uno straordinario sviluppo ed estensione organica
di queste tematiche, sulla base di unanalisi delle forme del potere
negli anni Venti e Trenta, a formare un disegno strategico rivolto in
due direzioni: da una parte, a pensare il modo in cui sia politicamente possibile invertire il processo di trasformazione dellURSS in
un agente internazionale obbediente alla stessa logica geopolitica
(dunque allo stesso rapporto tra nazionale e internazionale) degli
Stati borghesi, finendo cos per essere attratto nellorbita della rivoluzione passiva. Questa valenza immediatamente polemica, sul
piano politico, dei Quaderni Gramsci pens sicuramente di renderla esplicita, almeno fino a quando credette nella possibilit di uscire
vivo dal carcere e riprendere la vita politica attiva. Dallaltra parte,
questo disegno strategico rivolto a indicare ai comunisti, sul piano
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to di partenza di Gramsci sta nella reciproca esteriorit dei due momenti, con la rivendicazione della Riforma contro il Rinascimento,
egli giunge pi tardi a teorizzare la necessit della sintesi di essi. Vi
quindi, tra linizio del (Q ) e la fine del (Q ), un forte spostamento verso la comprensione sempre pi precisa del carattere politicamente decisivo delle superstrutture complesse, dovuta per lessenziale allo sviluppo della ricerca sullo Stato consegnata al Q . Liniziale immediatismo si fa tuttavia ancora sentire fino alle soglie del
, come si visto illustrando laccoglienza da Gramsci riservata al
saggio di Weber sullEtica protestante, e il suo tentativo di far reagire
la dialettica paradossale del calvinismo sullattualit sovietica del piano quinquennale.
La via duscita da questa lettura consiste nel definitivo abbandono del mito della politica (intesa crocianamente come politica-economia) come fatto originario e germinale della realt, e il suo ritrovamento/traduzione in tutte le forme della pratica. Questo passaggio, di fondamentale importanza, coincide con lo sviluppo pieno
della teoria della traducibilit, dellegemonia e infine, a quella legata,
della rivoluzione passiva. Si visto infatti come a partire dal
Gramsci rimpiazzi la coppia Riforma-Rinascimento con un concetto
pi complesso e internamente antagonistico di Rinascimento, che nel
suo rapporto con lUmanesimo ripropone la relazione tra politica e
filosofia in una forma sostanzialmente nuova, perch ormai resa compiutamente interna. Si anche mostrato come ci coincida con una
nuova comprensione della politica, come presente in tutti i rapporti di forze, senza nessun privilegio o contrassegno di originariet
per i momenti di spontaneit o di produttivismo, cio per il filone
americanistico che Gramsci si porta dietro dai tempi dellOrdine
Nuovo. Il primato delle mediazioni, cio la repressione delle forze
popolari rappresentato storicamente dallUmanesimo, viene riletto
come una strategia politica potentissima e raffinata, a cui non si pu
pi opporre un principio esterno, pena lessere ricacciati in unideologia da subalterni.
Una traccia precisa di questo passaggio la si ha, confrontando due
testi gi ampiamente commentati, , e ,. Nel primo di essi (novembre ), Gramsci afferma che Riforma e Rinascimento sono
modelli di sviluppo culturale che forniscono un punto di riferimento critico che mi pare sempre pi comprensivo e importante (per
il suo valore di suggestione pedagogica) quanto pi ci rifletto. evi
LA STRATEGIA DEL
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glianza e fratellanza e i suoi libri appariranno come lespressione e la giustificazione implicita di un costituentismo che trapela da tutti i pori di quellItalia quon ne voit pas e che solo da dieci anni sta facendo il suo apprendissaggio politico .
Quella stessa mancanza di una chiara parte ricostruttiva, che rappresenta per i fascisti una sfida imbarazzante, per i ceti popolari un manifesto politico per la Costituente. La stessa vaghezza ricostruttiva in
cui Croce lascia il proprio messaggio, fa spazio a una riproposizione
non passiva, ma attiva dellinclusione delle masse popolari nello Stato. Anche per lui le masse sono mobilitate, e il problema da ci posto non pu pi essere risolto col rinvio alla classica dicotomia tra tutela cattolica (per la plebe) e libero pensiero (per i ceti liberali). Lo
spazio politico si ristrutturato, ed appunto qui che pu fare presa, al livello dellItalie quon ne voit pas , una lettura delle opere crociane che, poggiando anchessa sulla struttura della mobilitazione
permanente, spinga la loro interpretazione in direzione opposta al
riformismo trasformistico.
La strategia che Gramsci assegna al partito comunista poggia anchessa sullassunzione piena di questo spazio politico post-liberale e
post-parlamentare. Non a caso egli afferma che lItalia sta facendo
proprio apprendistato politico solo da dieci anni, cio dal . Il
moderno Principe si muove su questo terreno, in cui lo spazio politico sempre saturo, gi tutto organizzato e mobilitato. Il moderno
Principe, sviluppandosi, sconvolge tutto il sistema di rapporti intellettuali e morali : perch qualsiasi articolazione di forze sociali
(qualsiasi costruzione di egemonia) una riarticolazione, qualsiasi
azione politica va a incidere su unazione gi in corso, su una realt
gi mobilitata.
La sfida del moderno Principe sta nellagire dentro questo spazio,
facendo leva, con la formula della costituente , sullobiettivo antagonismo iscritto nel concetto di una mobilitazione passiva. La costituente dunque una strategia teorico-pratica volta a ricollegare il
processo storico ai rapporti di forze, le masse al potere, a ripoliticizzare la societ, conferendo al popolo formula ideologica e politica inevitabilmente presente in tutte le realt post-liberali, poggianti
su una popolazione mobilitata un significato progressivo che disattivi criticamente tanto le sue accezioni populistiche, quanto quelle neo-liberali .
LA STRATEGIA DEL
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Non stupisce, dunque, che Gramsci, come testimonia Sraffa, vedesse nella costituente una formula adatta alla lotta al regime fascista presente, non quella che si sarebbe aperta dopo la sua fine . E
questo, non solo perch tale formula era stata pensata come traduzione dei fronti popolari nellItalia presente del fascismo trionfante,
non in unipotetica Italia post-fascista; e neanche solamente perch essa intendeva incunearsi nei contrasti di classe che inevitabilmente si
sarebbero riprodotti dentro la trama privata totalmente occupata
dalle strutture fasciste . Se la lettura qui proposta corretta, lattualit di quella formula derivava in primo luogo dallinattualit del liberalismo prefascista, perch nasceva dallassunzione piena della specifica spazialit politica post-liberale e neo-liberale, e nel varco tra queste due forme politiche intendeva inserire in Italia lazione dei comunisti. Lottare per lAssemblea costituente voleva dire, nellItalia fascista, lottare per una democrazia di tipo nuovo, che non mirasse cio a
normalizzare il Paese dalla mobilitazione totale a una struttura rappresentativa, ma spingesse quella mobilitazione ancora pi a fondo ,
sfidandola col nazionale popolare sul suo stesso terreno e politicizzando in permanenza tutte le istanze sociali.
Note
. , (Q, ).
. , (Q, ). unallusione allinsistito riferimento di Trockij, a partire dal
, alluso dei concetti storiografici di termidoro e bonapartismo come categorie analitiche dello svolgimento delle lotte in corso in Unione Sovietica, e del loro
possibile esito in una restaurazione del potere borghese. Secondo Trockij, la degenerazione burocratica del potere era leggibile in URSS secondo unanalogia storica Rivoluzione russa/Rivoluzione francese del resto assai diffusa come un termidoro, mentre, guardando al futuro, tale fase poteva preludere al vero e proprio
ritorno al potere della borghesia grazie allintervento del potere militare con un colpo di stato bonapartistico, al modo di Napoleone I. Una chiara formulazione di
queste idee si trova nello scritto Dove va la rivoluzione sovietica?, datato Costantinopoli, febbraio e pubblicato in francese nella rivista di opposizione La rvolution proltarienne. Actualit du syndicalisme, , maggio (cfr. ora in L.
Trotzki, Schriften, Bd. ., hrsg. von H. Dahmer, R. Segall und R. Tosstorff, Rasch
und Rhring Verlag, Hamburg , pp. -, qui -), oltre che in numerosi scritti successivi, che per non possibile annoverare con una qualche plausibilit fra i
testi letti da Gramsci. Comunque, egli poteva trovare una rapida esposizione di queste idee in La mia vita (tentativo di autobiografia), trad. it. di E. Pocar, Mondadori,
Milano , pp. VIII, s., , s. A questo libro, ricevuto da Gramsci poco dopo il dicembre , come risulta dalla lettera a Tania Schucht in quella data (LC,
), egli fa un riferimento testuale in , (Q, ). Un altro testo di Trockij in cui
LA STRATEGIA DEL
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. Questa tesi sostenuta da Gangale in un libretto, dal titolo Rivoluzione protestante, stampato a Torino da Piero Gobetti Editore nel nei Quaderni della
Rivoluzione Liberale, X (manca il finito di stampare, ma la Nota dichiarativa
dellautore datata Roma, agosto ). Cfr. ivi, pp. s., .
. Cfr. Id., Tesi ed amici del nuovo protestantesimo, pubblicazione di Conscientia, a cura della casa ed. Bilychnis, Roma , pp. -; e Id., Rivoluzione protestante, cit., pp. , (Lo stesso materialismo storico marxista una traduzione in
linguaggio materialistico della ferrea morale calvinistica), .
. Id., Autorit e libert nellora che volge, in Conscientia, II, , , p. .
. M. Rossi, La Controriforma, la sua complessit, le sue caratteristiche, ivi, III,
, , p. .
. Cfr. D. Petrini, De Sanctis, il Rinascimento, la Riforma, ivi, , p. ; Id., Dal
Rinascimento alla Riforma, ivi, IV, , , p. ; M. Rossi, Il mito della Riforma, ivi, ,
p. ; M. Maresca, Rinascimento e Riforma, ivi, V, , , p. .
. M. M. Rossi, Le due facce di Erasmo, ivi, V, , , p. .
. B. Croce, Fatti politici e interpretazioni storiche, in La Critica, XXII, ,
pp. -.
. Id., Cultura e vita morale. Intermezzi polemici, II ed. raddoppiata, Laterza,
Bari , pp. -.
. Ivi, pp. s.
. Pensando la modernit in forma di una scissione da sanare tra il momento riformato e quello controriformato, Croce risponde, anche qui implicitamente, pi che ai neo-protestanti, a un dibattito aperto nel sulla Rivoluzione Liberale da C. E. Suckert (Il dramma della modernit, I, , giugno , pp.
s.), e proseguito sulla stessa rivista con articoli di A. Crespi (Che cos la modernit,
I, , luglio , pp. s.), G. Nicoletti (Sul dramma della modernit. I, ivi, pp.
s.) e M. Fubini (Sul dramma della modernit. II, ivi, p. ). Suckert sosteneva che la
modernit aveva trovato origine in una scissione, procurata dalla ribellione di Lutero, tra principio della critica e dellattivismo, che aveva trovato alloggio presso i
popoli anglo-sassoni, e principio dellautorit e del dogmatismo, che era rimasto appannaggio dei popoli latini e meridionali. Nel mondo contemporaneo il socialismo
sarebbe un elemento nordico che tenterebbe di introdurre la Riforma in Italia (ripresa della tesi di M. Missiroli, da lui esposta in La monarchia socialista, in La Rivoluzione Liberale, I, , maggio , p. ), allo stesso modo di ogni tentativo
di modernizzazione liberale. Pur nella consapevolezza della difficolt del compito, Suckert proponeva quindi un rilancio politico della controriforma come strategia meridionale di approccio alla modernit, esattamente come lortodossia e la
slavofilia avevano permesso al popolo russo di passare al bolscevismo.
. Il Giornale dItalia, XXIV, , e , , e novembre .
. La Critica, XXII, , pp. -.
. B. Croce, Storia dellet barocca in Italia. Pensiero poesia e letteratura vita morale, Laterza, Bari , p. .
. Ivi, p. .
. Ibid.
. Ivi, pp. s.
. Ivi, p. .
. Questa composizione comunque problematica rispetto allimpianto filosofico della storiografia crociana, sia per il fatto di porre nellEuropa il soggetto del-
LA STRATEGIA DEL
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lunit sintetica dello Spirito, materializzando in due aree distinte i suoi momenti opposti, sia per il fatto di usare un concetto di epoca da lui altrove fortemente criticato. Per questo secondo aspetto cfr. D. Conte, Storia universale e patologia dello Spirito. Saggio su Croce, il Mulino, Bologna , pp. s.
. In , (Q, ).
. Q, .
. Ibid.
. Se si confronta , con la sua seconda stesura, ,, si pu notare, a fronte di
unattitudine generalmente conservativa, uno sforzo di enfatizzare il momento specificamente filosofico, recuperando cos questa dimensione allo statuto della filosofia della praxis.
. Cfr. B. Croce, Storia dEuropa nel secolo decimonono (), a cura di G. Galasso, Adelphi, Milano , pp. s.
. , (Q, ).
. Lespiazione del partito socialista, non firmato, in lUnit, III, , settembre , in A. Gramsci, La costruzione del Partito comunista. -, a cura di
E. Fubini, Einaudi, Torino , pp. -; e Dottrina massimalista, non firmato, in
lUnit, III, , luglio , ivi, pp. -, qui .
. Un passo da un saggio di Guido Mazzali, contenuto in questo volume, viene ricordato da Gramsci in Lespiazione del partito socialista, cit., p. . Entrambi i
volumi sono nel Fondo Gramsci.
. , (Q, s.).
. Cfr. P. Gobetti, Il nostro protestantismo, in La Rivoluzione Liberale, IV, ,
maggio , p. .
. Cfr. Petrini, De Sanctis, cit., e A. Cavalli, La Riforma in Italia, in La Rivoluzione Liberale, IV, , settembre , p. . Sulliniziale valutazione gramsciana
del Rinascimento cfr. M. Ciliberto, Rinascimento e Riforma nei Quaderni di Gramsci, in M. Ciliberto, C. Vasoli (a cura di), Filosofia e cultura. Per Eugenio Garin, Editori Riuniti, Roma , II, pp. -.
. Francioni (Lofficina gramsciana, cit.) data il gruppo di testi ,- tra il febbraio e il novembre . Con maggiore precisione nota inoltre (ivi, p. ) che ,
contiene come sostiene Gerratana nellapparato delledizione critica un probabile riferimento a un numero della Critica del novembre . Per questo, e per
le ragioni che addurr pi avanti, propongo di datare ,- alla seconda met di
novembre.
. Mi riferisco rispettivamente ai Q e - e alla prima serie di Appunti di filosofia.
. Cfr. PAR. ..
. Q, .
. Boris Souvarine era lo pseudonimo di Boris Konstantinovic Lif&ic (), ucraino di Kiev ma cresciuto in Francia (la sua famiglia si era trasferita a Parigi allinizio del secolo).
. B. Souvarine, Perspectives de travail, in La Critique Sociale. Revue des
Ides et des Livres, I, , , pp. -. Gramsci aveva ricevuto questo numero al
momento delluscita, nel marzo . Cfr. la lettera a Tania Schucht del luglio
(LC, s.).
. Cfr. NT, ; E. H. Carr, La rivoluzione bolscevica. -, trad. it. di F. Lucentini et al., Einaudi, Torino , p. .
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. De Ruggiero, rec. cit., pp. s., corsivi miei. Si noti che la recensione esce
sul numero della Critica del marzo , e Gramsci ne prende nota, come visto,
in ,, dellaprile, cio poco dopo , (febbraio-marzo) e prima di , e II,
(giugno-agosto), che sembrano nonostante la virulenza dellattacco di Gramsci
proprio tenerne conto.
. Cfr. G. Procacci, Il partito nellUnione Sovietica. -, Laterza, RomaBari , pp. -.
. Cfr. Ch. Bettelheim, Le lotte di classe in URSS. -, trad. it. di L. Baruffi, ETAS Libri, Milano , pp. -. Sulle condizioni ideologiche di avvio del primo piano quinquennale cfr. ivi, pp. ss.
. , (Q, ).
. Proprio alla fine di ottobre del Gramsci inoltra unIstanza a S. E. il Capo del Governo (la minuta a cc. v-v del Q ), in cui chiede che gli vengano concessi in lettura, tra laltro, alcuni libri giunti a Turi e trattenuti dal direttore, tra i quali figurano diverse opere di autori sovietici e due libri di Trockij (si veda anche la lettera a Tania del novembre , in LC, s.).
. Cfr. la lettera a Tania del giugno (LC, ).
. Il primo cenno ad esso in , (Q, ), posto quasi al principio della terza serie di Appunti di filosofia, risalente a questo mese (in , Gramsci scrive in
questo novembre , Q, ).
. Cfr. ,, in cui Gramsci discute il resoconto anonimo del Congresso di Oxford
pubblicato in La Nuova Italia, I, , ( ottobre), pp. s., annotando: il
primo accenno di questo ultimo atteggiamento, a mia nozione, nel volumetto sulla politica [gi prima nella Storia della storiografia italiana nel sec. XIX]), che rappresenta un rinnegamento non solo della prima critica del Croce, ma anche di una parte cospicua della sua stessa filosofia: cio questo nuovo atteggiamento del Croce non
solo un nuovo atteggiamento del Croce verso il materialismo storico, ma anche verso se stesso, verso tutta la sua filosofia precedente (Q, ).
. Si tratta di una stampa separata di pp., senza indicazione di data e recante il titolo An Impression of Russia, in copertina: Reprinted from | THE ECONOMIST |
November st, . Essa riproduce esattamente, a parte laggiunta di numerosi titoli di paragrafo, il Russian Supplement uscito, come dabitudine anonimo, con
The Economist, CXI, , , November , . La stampa separata contiene alle pp. - un Editorial Foreword (assente nel Supplement), alle pp. - una Introduction, anchessa editoriale, alle pp. - il testo di Farbman, e alle pp. - una Statistical Appendix. Dato che Gramsci, Sraffa e Tania Schucht si riferiscono ad esso come estratto, certo che Gramsci ebbe a disposizione questa edizione, che quindi
fu stampata dopo il novembre e prima del giugno . Sul modo in cui Gramsci legge questo saggio cfr. Caprioglio, Gramsci e lURSS, cit., pp. -.
. Cfr. An Impression of Russia, cit., pp. , , , s., s., ; e cfr. anche lo
Editorial Foreword, ivi, p. .
. Ivi, pp. -, , .
. Ivi, p. .
. Ivi, p. ; e cfr. ivi, p. .
. Ivi, p. .
. Ivi, p. .
. il caso dellarticolo di Stalin La vertigine del successo (pubblicato nella
Pravda del marzo ), che ha portato a rivedere i metodi estremistici, ponen-
LA STRATEGIA DEL
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do di nuovo la collettivizzazione delle campagne su base volontaria, e dunque rallentandola (An Impression of Russia, cit., pp. s.).
. Ci non viene smentito dalla pianificazione dal basso introdotta in seguito ai rallentamenti subiti in alcuni casi dalla produzione (ivi, pp. s.). Essa infatti riguarda il dettaglio dei metodi di lavoro e non il carattere centralizzato del piano.
. Ivi, pp. s.
. Ivi, p. .
. Ivi, p. .
. Cfr. le informazioni date su di lui da Sraffa, Lettere a Tania per Gramsci, cit.,
pp. s., e la nota dei curatori in LC, .
. Cfr. D. Joravsky, Soviet Marxism and Natural Science. -, Columbia
University Press, New York , p. .
. Cfr. D. P. Mirskij, The Philosophical Discussion in the CPSU in -, in
Labour Monthly. A Magazine of International Labour, XIII, , , pp. -,
qui , . Sulla discussione e sugli sviluppi ideologici cfr. G. Labica, Il marxismo-leninismo (tra ieri e domani), trad. it di A. Catone, Edizioni Associate, Roma
, pp. -; S. Tagliagambe, Materialismo e dialettica nella filosofia sovietica, Loescher, Torino , pp. -; P. Vranicki, Storia del marxismo, trad. it. di A. Marchi,
L. Costantini, A. Serrai, Editori Riuniti, Roma , II, pp. -; e in generale, V.
Gerratana, Stalin, Lenin e il marxismo-leninismo, in Hobsbawm (a cura di), Storia
del marxismo, III., cit., pp. -.
. Cfr. Mirskij, The Philosophical Discussion, cit., p. , dove lautore si sofferma anche sulla campagna condotta per conseguire questa vittoria: larticolo sulla
Pravda del giugno (ibid.); la discussione assai vivace che ne segu fino alla completa sconfitta dei dialettici, con la riorganizzazione della redazione di
Sotto la Bandiera del Marxismo (ibid.). Cfr. Joravsky, Soviet Marxism, cit., pp. ; e Labica, Il marxismo-leninismo, cit., pp. -.
. Mirskij, The Philosophical Discussion, cit., p. .
. Ibid. Si vedano i testi riprodotti in Joravsky, Soviet Marxism, cit., pp. s.
. Cfr. Mirskij, The Philosophical Discussion, cit., p. .
. Cfr. R. V. Daniels, The Conscience of the Revolution. Communist Opposition
in Soviet Russia, Harvard University Press, Cambridge (MA) , p. .
. Cfr. Joravsky, Soviet Marxism, cit., pp. s.; e Labica, Il marxismo-leninismo, cit., pp. -.
. , (Q, ).
. , (Q, ).
. Si tratta di N. Bukharin, Theory and Practice from the Standpoint of Dialectical Materialism, in Science at the Cross Roads. Papers presented to the International
Congress of the History of Science and Technology held in London from June th to
July rd by the Delegates of the USSR, Kniga, London , pp. -. Gramsci aveva ricevuto questo libro il agosto (cfr. LC, ), e lo cita in , (Q, ), novembre .
. , (Q, , ). In effetti, nel suo saggio Bucharin presenta il piano quinquennale come unificazione di teoria e pratica, di scienza e politica.
. Questa lettura selettiva pu essere stata influenzata da un altro saggio di Mirskij, apparso sulla stessa rivista nel luglio del , e subito letto da Gramsci (D. P. Mirskij, Bourgeois History and Historical Materialism, in Labour Monthly. A Magazine
of International Labour, XIII, , , pp. -). Il saggio, che tratta della storiogra-
fia borghese nel suo confronto con il materialismo storico, contiene dei passi che
hanno sicuramente trovato in Gramsci un lettore simpatetico, come: Lessenza del
marxismo lindissolubile unit di teoria e pratica, che ha come sua conseguenza
lunit di storia e politica (ivi, pp. s.); lattenzione per Croce, la cui filosofia
forse la pi coerente espressione teorica dellagonizzante mondo borghese; e la tesi,
secondo cui la sua concezione radicalmente antiscientifica della storia si era evoluta in diretta opposizione al materialismo storico (ivi, p. ). Nella lettera del agosto , in cui Gramsci commenta il saggio, usa non a caso la formulazione teoria
della storia e della storiografia per designarne il tema (LC, ). La sua reazione di
lieta sorpresa e senza riserve positiva: gli pare sorprendente come Mirskij, del quale aveva gi letto un bel saggio su Dostoevskij, si sia con tanta intelligenza e penetrazione impadronito di una parte almeno del nucleo centrale del materialismo storico, liberandolo dalle incrostazioni culturali positivistiche (ibid.).
. S. F. Cohen, Bucharin e la rivoluzione bolscevica. Biografia politica -,
Feltrinelli, Milano , p. .
. Q, s.
. Mirskij, The Philosophical Discussion, cit., p. .
. Ibid.
. , (Q, ).
. La collaborazione a La Cultura (Il posto di Dostojevskij nella letteratura
russa) si riferisce a un numero monografico (, ) sullo scrittore russo. Cfr. LC,
e .
. , (Q, ), corsivi miei. La dicitura D. S. Mirskij deriva dal fatto che
Dmitrij Petrovic Svijatopolk-Mirskij era noto nel mondo anglosassone come D. S.
Mirsky.
. Q, s.
. , (Q, s.).
. Q, .
. Q, .
. Mirskij, The Philosophical Discussion, cit., pp. -. Ci stato notato da
N. De Domenico, Una fonte trascurata dei Quaderni del carcere di Antonio Gramsci: il Labour Monthly del , in Atti della Accademia Peloritana dei Pericolanti, Classe di lettere, Filosofia e Belle Arti, CCLXII, , LXVII, pp. -, qui s.; ma
prima ancora (senza che De Domenico ne desse conto) da R. Paris, in A. Gramsci,
Cahiers de prison. Cahiers , , , , Gallimard, Paris , p. (nota a ,) e
pp. s. (nota a ,).
. La seconda stesura chiarisce questo passo: Linsistere sullelemento pratico del nesso teoria-pratica, dopo aver scisso e non solo distinto i due elementi
(,, Q, ).
. Q, .
. Cfr. , (Q, ) e , (Q, ), rispettivamente prima e seconda stesura (variante sostitutiva).
. Cfr. Q, (prima stesura) e (seconda stesura).
. Q, , corsivo mio.
. Che il discorso che Gramsci abbozza a proposito dellapporto del pensiero di David Ricardo alla filosofia della praxis, come apporto filosofico relativo allimmanenza. Cfr. PAR. ..
. Weber, Letica protestante, cit., V, , --, p. .
LA STRATEGIA DEL
MODERNO
PRINCIPE
. M. Weber, Politica come professione, in Id., Il lavoro intellettuale come professione, trad. it. di A. Giolitti, Einaudi, Torino , p. .
. , (Q, ). Un punto di ispirazione per questo giudizio su Spengler pu
essere individuato in B. Croce, recensione a O. Spengler, Der Mensch und die Technik, Beck, Mnchen , in La Critica, XXX, , , pp. -, e ristampato in
Orientamenti. Piccoli saggi di filosofia politica, III ed. aumentata, Gilardi e Noto, Milano , pp. -, che Gramsci possedeva.
. D. Cantimori, Nota introduttiva a Weber, Il lavoro intellettuale come professione, cit., pp. VII-XLII, qui XXXIV.
. Weber, Letica protestante, cit., IV, , , p. .
. Conscientia, II, , , p. .
. Capacit politica, non firmato, in Avanti!, ed. piemontese, XXIV, ,
settembre , in ON, .
. Sindacati e consigli, non firmato, in LOrdine Nuovo, I, , ottobre ,
in ON, .
. Cfr. , (Q, ) sullAmerica.
. Cfr. , (Q, s.).
. Q, .
. Q, . Questo testo stato ampiamente commentato nel PAR. ..
. Cfr. per esempio , (Q, ).
. Q, .
. Q, .
. Sulla rappresentazione delluomo nuovo cfr. anche , (Q, ).
. Q, .
. Q, .
. Cfr. in , (settembre ) gli appunti sulla diffusione e sulle ristampe, in
Germania, Francia e Olanda, degli autori italiani proibiti nella Penisola. Cfr. G. Procacci, Sulla funzione cosmopolita deglintellettuali italiani nella Rinascenza, in Societ, VIII, , , pp. -.
. Sullimportanza per Gramsci, fin dagli anni torinesi, della figura di Leonardo come artista politecnico e a suo modo umanista, cfr. L. Paggi, Antonio
Gramsci e il moderno principe. I. Nella crisi del socialismo italiano, Editori Riuniti,
Roma , pp. -; sullattualit di Leonardo cfr. G. Baratta, Le rose e i quaderni.
Saggio sul pensiero di Antonio Gramsci, Gamberetti, Roma , pp. -; e D. Ragazzini, Leonardo nella societ di massa. Teoria della personalit in Gramsci, Moretti
& Vitali, Bergamo , pp. -. Ma la fecondit euristica di queste suggestioni
gramsciane stata mostrata nella ricerca di C. Luporini, La mente di Leonardo, Sansoni, Firenze , in partic. pp. -.
. Q, .
. Scrivendo di questa nuova classe di intellettuali che esercit una funzione
progressiva nei diversi paesi in cui si stabil, Gramsci aggiunge in interlinea a funzione: cosmopolita (Q, ).
. Come in , (Q, ).
. Su questi temi cfr. M. Ciliberto, Cosmopolitismo e Stato nazionale nei Quaderni del carcere, in G. Vacca, M. Litri (a cura di), Gramsci e il Novecento, I, Carocci, Roma , pp. -; e F. Izzo, Democrazia e cosmopolitismo in Antonio Gramsci, Carocci, Roma , in partic. pp. -.
. , (Q, s.).
. Q, .
. Q, .
. Non solo: se si prende in considerazione il rapporto tra classi fondamentali e classi alleate, e lo si complica con lipotesi di una situazione a equilibrio catastrofico, si possono dare movimenti storico-politici [...] che non sono [...] rivoluzioni,
ma non sono completamente reazioni, nel senso almeno che anche nel campo dominante spezzano cristallizzazioni statali soffocanti, e immettono nella vita dello Stato e
nelle attivit sociali un personale diverso e pi numeroso di quello precedente: anche
questi movimenti possono avere un contenuto relativamente progressivo in quanto indicano che nella vecchia societ erano latenti forze operose non sapute sfruttare
dai vecchi dirigenti, sia pure forze marginali, ma non assolutamente progressive, in
quanto non possono fare epoca. Sono rese storicamente efficienti dalla debolezza
costruttiva dellantagonista, non da una intima forza propria, e quindi sono legate a
una situazione determinata di equilibrio delle forze in lotta, ambedue incapaci nel
proprio campo a esprimere una volont ricostruttiva in proprio (,, Q, ).
. , (Q, ), aprile [?] .
. Q, .
. particolarmente attenta al rapporto tra Rinascimento e modernit la ricostruzione di Ciliberto, Rinascimento e Riforma nei Quaderni, cit., pp. -.
. , (Q, ).
. , (Q, ).
. , (Q, s.).
. , (Q, ).
. Q, , corsivi miei.
. Cfr. ,.
. La strategia giacobina consist nellallargare gli interessi di classe della
borghesia, trovando gli interessi comuni tra essa e gli altri strati del terzo stato, [nel]
mettere in moto questi strati, condurli alla lotta, sottraendo alla classe avversa ogni
zona di passivit in cui essa avrebbe certamente creato eserciti vandeani (,, Q, ,
corsivi miei).
. Q, .
. Ibid.
. Q, , corsivo mio.
. Cfr. PAR. ..
. Per cui il processo di nazionalizzazione del territoriale si pu sviluppare a
condizione che il religioso si unisca al razionale, anzi solo dallincontro tra il
religioso popolare e la filosofia delle classi dirigenti che si costituisce la nazione
(Izzo, Democrazia e cosmopolitismo in Antonio Gramsci, cit., p. ; ma cfr. tutte le
pp. -).
. Cfr. ancora ivi, pp. -.
. Su cui cfr. L. Durante, Nazionale-popolare, in F. Frosini, G. Liguori (a cura
di), Le parole di Gramsci. Per un lessico dei Quaderni del carcere, Carocci, Roma
, pp. -.
. , (Q, ).
. Ibid.
. Q, , corsivi miei.
. Q, . E si veda la ripresa di questo spunto in , (ottobre-novembre ),
intitolato Sviluppo dello spirito borghese in Italia. Gramsci aveva con s il libro di
LA STRATEGIA DEL
MODERNO
PRINCIPE
Groethuysen (Gallimard, Paris ) fin dal periodo trascorso nel carcere milanese
di San Vittore (febbraio -maggio ). Cfr. LC, s., s.
. LC, .
. Cfr. B. Groethuysen, Origini dello spirito borghese in Francia, . La Chiesa e
la borghesia, trad. it. di A. Forti, Einaudi, Torino , pp. , , , s., -,
s. Un giudizio estremamente riduttivo su questo libro in Croce, Etica e politica,
cit., pp. -.
. Q, .
. Q, .
. Cfr. a questo proposito le stimolanti osservazioni di Baratta, Le rose e i quaderni, cit., pp. -.
. Riprendo qui le nozioni di incommensurabilit e di universalit contaminata, come vengono sviluppate da Laclau e Mouffe (Hegemony and Socialist Strategy, cit., pp. XII-XIV, -) e da E. Balibar (La paura delle masse. Politica e filosofia
prima e dopo Marx, trad. it. di A. Catone, Mimesis Eterotopia, Milano , pp. ). Balibar distingue universalit reale, fittizia e ideale: la prima designa lintreccio totale di rapporti di forze insieme ai loro contraccolpi ideologici (processi di
unificazione reale e di segregazione ideologica), la seconda quella del sistema egemonico realizzato (processi di emancipazione e di normizzazione), la terza la liberazione realmente universale, che il sistema egemonico pretende di realizzare, e
che lo investe dallinterno mettendone in luce la parzialit.
. G. Duso, Genesi e aporie dei concetti della democrazia moderna, in Id. (a cura di), Oltre la democrazia. Un itinerario attraverso i classici, Carocci, Roma , pp.
-, qui .
. Ivi, p. .
. Ivi, p. .
. Cfr. Laclau, Mouffe, Hegemony and Socialist Strategy, cit., pp. , ; E.
Laclau, Power and Representation, in Id., Emancipation(s), Verso, London ,
pp. -, qui -.
. Lo Stato-nazione e la coppia sovranit/moltitudine (con tutte le aporie che
ci comporta) non sono dunque il fondamento della politica secondo Gramsci. Il paradigma che egli sviluppa prende le mosse dalla societ civile gi articolata in associazioni (dunque in se stessa plurale), che il vero terreno dellesercizio del potere
statale (legemonia, che sar sempre provvisoria e in movimento).
. Il popolo nazione svolge dunque, nelleconomia dei Quaderni, la stessa
funzione di dismisura mobilitante svolta dal popolo come raddoppiamento immaginario della societ nel libro di J. Rancire, La Msentente. Politique et philosophie, Galile, Paris , pp. s., s., , -.
. Q, .
. Q, s., corsivo mio.
. Cfr. A. Strag, Gramsci e la guerra, in il Centauro, , , pp. -; S.
Marino, Le sentiment de la guerre et lavenir chez Gramsci, in Ph. Soulez (d.), Les
philosophes et la guerre du , Presses Universitaires de Vincennes, St. Denis , pp.
-; e ora lampia ricerca di L. Rapone, Antonio Gramsci nella Grande Guerra, in
Studi Storici, XLVIII, , , pp. -.
. Cfr. rispettivamente C. Galli, Ernst Jnger: la mobilitazione totale, in Id.,
Modernit: categorie e profili critici, il Mulino, Bologna , pp. -, qui -;
Id., Genealogia della politica. Carl Schmitt e la crisi del pensiero politico moderno, il
Mulino, Bologna , pp. -, -; e S. Natoli, Giovanni Gentile filosofo europeo, Bollati Boringhieri, Torino , pp. , s., -, -.
. E pi in generale la mancata costituzione intellettuale delle energie in Italia rende il loro investimento al contempo esuberante e fragile. Si veda , (dicembre ), in cui si nota che nelle elezioni italiane [non vi era] nessuna chiarezza nel mandato, perch non esistevano partiti definiti intorno a programmi definiti, per cui ogni elezione sembrava essere quella per una costituente, [e nello stesso tempo] sembrava essere quella per un club di cacciatori. Lo strano che tutto ci
pareva essere il massimo della democrazia (Q, s.).
. , (Q, ), marzo .
. Ibid.
. Ibid.
. Q, . Un commento a questi passi in C. Vasoli, Il giornalismo integrale,
in GCC, II, pp. -, qui s.
. La filosofia della praxis, scrive Gramsci, non lo strumento di governo di
gruppi dominanti per avere il consenso ed esercitare legemonia su classi subalterne;
lespressione di queste classi subalterne che vogliono educare se stesse allarte di
governo e che hanno interesse a conoscere tutte le verit, anche le sgradevoli e ad
evitare gli inganni (impossibili) della classe superiore e tanto pi di se stesse (
II,.XII, Q, , agosto-dicembre , corsivo mio).
. Uno sviluppo delle riflessioni contenute in , in , (Q, s.), aprile-maggio .
. chiaro il nesso tra questa concezione e la nozione di Stato-societ civile.
Quando infatti lavanguardia concepita in modo meccanico, si riflette in piccolo
ci che avveniva su scala nazionale, quando lo Stato era concepito come qualcosa di
astratto dalla collettivit dei cittadini, come un padre eterno che avrebbe pensato a
tutto, provveduto a tutto ecc.; da ci lassenza di una democrazia reale, di una reale
volont collettiva nazionale e quindi, in questa passivit dei singoli, la necessit di un
dispotismo pi o meno larvato della burocrazia (,, Q, s.). Sulla burocrazia di
partito come la forza consuetudinaria pi pericolosa cfr. , (Q, ).
. Cfr. la voce Avanguardia (di A. Asor Rosa), in Enciclopedia, dir. da R. Romano, II, Einaudi, Torino , in partic. pp. -; Laclau, Mouffe, Hegemony and
Socialist Strategy, cit., pp. -. Sulle ricadute politiche cfr. Procacci, Il partito nellUnione Sovietica, cit., pp. -.
. Cfr. V. I. Lenin, Che fare? (), trad. it. di C. Strada e V. Strada, Einaudi,
Torino , pp. s.
. Cfr. G. Galli, Gramsci e le teorie delle lites, in GCC, II, pp. -; V. Sgambati, Per unanalisi del rapporto tra Gramsci e gli litisti, in PSG, II, pp. -; L.
Canfora, Gramsci e lelitismo italiano, in S. Pons (a cura di), Novecento italiano. Studi in ricordo di Franco De Felice, Carocci, Roma , pp. -.
. Su cui cfr. le note autobiografiche in , (Q, -) e , (Q, -). Cfr.
Paggi, Antonio Gramsci e il moderno principe, cit., p. .
. Sulla missione storica cfr. PAR. .. Sul settarismo di partito, cfr. PAR. ..
. , (Q, ), corsivo mio.
. In un testo del Q Gramsci osserva che la parola democrazia non deve essere assunta [...] solo nel significato laico o laicista [...]; ma anche nel significato cattolico, anche reazionario, se si vuole; ci che importa il fatto che si
ricerchi un legame col popolo, con la nazione, che si ritenga necessaria una unit non
LA STRATEGIA DEL
MODERNO
PRINCIPE
zioni della Societ Civile, cio gli individui organizzati. [...] Questo spiega la notevole importanza attribuita da Hegel alle corporazioni, che, essendo il radicamento
del particolare nel generale, costituiscono naturalmente il legame e la conciliazione
dei due elementi antagonistici.
. Cfr. , (Q, ), dicembre .
. Questa dialettica dellegemonia illustrata limpidamente da A. Burgio,
Gramsci storico. Una lettura dei Quaderni del carcere, Laterza, Roma-Bari , pp.
-, -, s., -.
. , (Q, ).
. , (Q, ), gennaio .
. , (Q, ), ottobre .
. , (Q, ).
. , (Q, ). Cfr. anche , (Q, ).
. Cfr. , (Q, ).
. , (Q, ), aprile .
. Ibid.
. Cfr. PAR. ..
. Se questa lettura corretta, risulta anche una correzione da apportare al modo in cui spesso si legge il concetto gramsciano di Stato. La riformulazione che porta
Gramsci a parlare di Stato come Stato + societ civile non implica che quella somma si
faccia e si annulli nel risultato (cfr. G. Francioni, Egemonia, societ civile, Stato. Note
per una lettura della teoria politica di Gramsci, in Id., Lofficina gramsciana. Ipotesi sulla
struttura dei Quaderni dal carcere, Bibliopolis, Napoli , pp. -, qui s.).
Dunque non rivolta a mostrare come lo Stato costruisca il consenso mediante apparati ideologici capaci di formare ideologicamente gli individui (al modo degli apparati ideologici di Stato di Althusser, che suppongono un soggetto assoggettato
passivo rispetto al potere che lo determina), ma al contrario come, per stabilizzare il
proprio potere, la classe dominante sia costretta proprio a supporre lattivit delle
masse, mobilitando le classi subalterne, e dunque allo stesso tempo (e in modo inestricabile) dominandole e aprendo loro spazi di libert e di autonomia prima impensabili. Una giusta sottolineatura del carattere privato della societ civile (inteso per, in
modo a mio avviso troppo unilaterale, come carattere privatistico, di classe) si trova in Burgio, Gramsci storico, cit., pp. -. Cfr. anche C. N. Coutinho, Il pensiero
politico di Gramsci, trad. it. di A. Pelliccia, Unicopli, Milano , pp. -.
. Cfr. , (Q, ) trascritto in , (Q, s.) e , (Q, s.). Cfr. il commento a questi testi in Vacca, Gramsci e Togliatti, cit., pp. -, che ne sottolinea la
trasparente vicinanza alla NEP e la carica critica verso lURSS della rivoluzione dallalto. Cfr. anche , (Q, s.), dicembre -marzo , e , (Q, s.), marzo-agosto .
. , (Q, s.).
. , (Q, ).
. Ibid.
. Ibid.
. Molto chiaramente questo punto viene affermato in , (dicembre ),
dove i partiti in generale vengono definiti scuole della vita statale (Q, ).
. , (Q, s.), dicembre .
. , (Q, ), gennaio .
. , (Q, ), marzo-agosto .
LA STRATEGIA DEL
MODERNO
PRINCIPE
. , (Q, ). Sul rapporto tra potere della burocrazia, mancanza di democrazia reale e appiattimento dello Stato sul governo, cfr. , (Q, s.).
. Cfr. , (Q, s.) e , (Q, s.).
. Q, .
. Q, .
. , (Q, ).
. Cfr. supra, pp. -.
. II, (Q, ).
. U. DAndrea, La storia e la libert, in Critica fascista, X, , , pp. -.
. Q, .
. Cfr. Q, s.
. Q, .
. Q, .
. Lespressione riprende il titolo di un libro di A. Brachet, LItalie quon voit
et lItalie quon ne voit pas, Hachette, Paris , ricordato a memoria da Gramsci nella lettera a Tania Schucht del ottobre (LC, s.).
. , (Q, ).
. Cfr. P. Spriano, Gramsci in carcere e il partito, lUnit, Roma , pp. e
; Id., Gli ultimi anni di Gramsci in un colloquio con Piero Sraffa, in Rinascita,
XXIV, , , pp. -, qui . Sulla continuit del tema della costituente in Gramsci a partire almeno dal cfr. L. Paggi, Le strategie del potere in Gramsci. Tra fascismo e socialismo in un solo paese. -, Editori Riuniti, Roma , pp. s.,
-, , ; sulle novit della sua ripresa nel cfr. Rossi, Vacca, Gramsci tra
Mussolini e Stalin, cit., pp. -.
. Cfr. E. Laclau, On Populist Reason, Verso, London , pp. -.
. Cfr., con alcune differenze rispetto a quanto qui sostenuto, ivi, pp. s.
. G. Vacca, Sraffa come fonte di notizie per la biografia di Gramsci, in Studi
Storici, XL, , , pp. -, qui . Lautore si basa su un dattiloscritto recante la
trascrizione di una conversazione di Piero Sraffa con Paolo Spriano (e correzioni
marginali di Sraffa), svoltasi allinizio dellaprile (Trinity College, Wren Library,
Piero Sraffa Papers, Correspondence C, fasc. C ) in preparazione dellarticolo di
Spriano Gli ultimi anni di Gramsci, cit.: in un caso, nel corso di una visita alla Quisisana, Gramsci gli [a Sraffa, scil.] affid un messaggio verbale per i suoi compagni:
egli raccomandava la parola dordine della Costituente, come quella che avrebbe meglio consentito unazione del partito, e nel paese e nei confronti delle altre forze antifasciste (Vacca, Sraffa come fonte, cit., p. ).
. Cfr. P. Spriano, Storia del Partito comunista italiano, vol. III, Einaudi, Torino , pp. -.
. Nella stessa direzione si muove Togliatti alla met degli anni Trenta, quando elabora la linea del lavoro politico dei comunisti nelle organizzazioni di massa
fasciste: lorganizzazione intensiva delle masse, a cui il fascismo perviene, dispone
elementi che avvicinano la costruzione duna societ socialista quando le forme attuali di organizzazione delle masse venissero spezzate e ribaltate contro il potere ed
il disegno delle classi dominanti. [...] Il regime reazionario di massa impone una tattica definita dalle possibilit di scomporre le forme attuali di organizzazione passiva e separata delle masse, per ricomporle direttamente in forme unificanti ed attive (G. Vacca, Saggio su Togliatti e la tradizione comunista, De Donato, Bari ,
pp. e ).
Bensussan Grard, ,
Berardi Gian Franco,
Bergson Henri,
Bernheim Ernst, -, , -
Bernstein Eduard, ,
Bertrand Michel,
Bettelheim Charles,
Bieler Andreas,
Bloch Joseph,
Bobbio Norberto, , -,
Bodei Remo,
Bhme Jacob,
Bonaparte Napoleone, , , , ,
Bacon Francis,
Badaloni Nicola, -, , , , ,
,
Balibar Etienne, , -, ,
Banfi Antonio,
Baratono Adelchi,
Baratta Giorgio, , , , , , ,
, ,
Barbera Mario,
Barfuss Thomas,
Barth Karl,
Bartoli Matteo G., -
Basch Victor,
Battaglia Salvatore, -
Bauer Bruno,
Bauer Edgar, ,
Benini Rodolfo, ,
Cacciatore Giuseppe,
Calogero Guido, , -
Darwin Charles, ,
Day Richard B.,
Deborin (pseud. di Abram M. Joffe),
,
De Domenico Nicola, ,
De Felice Franco,
de Giovanni Biagio, , , , ,
Dahmer Helmut,
Dal Pane Luigi,
Dal Pra Mario, -
DAndrea Ugo,
Daniele Chiara,
Daniels Robert V.,
Dante Alighieri,
Gaido Daniel,
Galasso Giuseppe, , ,
Galli Carlo,
Galli Giorgio,
Gandhi Mohandas Karamchand,
Gangale Giuseppe, , , -
Garin Eugenio, , , , , , ,
, , ,
Garo Isabelle,
Gentile Giovanni, -, , -, -, ,
, , , -, -, , -,
, , , , , -, , ,
-,
Gentili Alberico,
Gerratana Valentino, , -, -,
, , -, , -, -,
Giannantoni Simona,
Giasi Francesco,
Gide Charles, , , -
Gioberti Vincenzo, , ,
Giordani Pietro,
Gobetti Piero, -, , , ,
Graziadei Antonio,
Grieco Ruggiero,
Grigoreva Irina, , -
Groethuysen Bernard, ,
Guastini Riccardo,
Jannaccone Pasquale, -, ,
Janvier Antoine,
Jaulin Annick, ,
Jemolo Arturo C., -,
Jessop Bob,
Joravsky David,
Judin Pavel F.,
Jnger Ernst,
Kanoussi Dora, ,
Kant Immanuel, -, , , -, , -, , , , , ,
Kaser Kurt, -,
Kautsky Karl,
Korsch Karl, ,
Kouvlakis Eustache,
Labica Georges, , -, , , ,
Labriola Antonio, , -, , , , , , , , -, , , , , , ,
Laclau Ernesto, , -, , , ,
, , -,
Lange Friedrich A.,
La Porta Lelio,
Lassalle Ferdinand, -,
Legrand Stphane,
Lenin Nikolaj (pseud. di Vladimir I.
Uljanov), -, , , , , ,
, , , , , -, -,
, , , , ,
Leonardo da Vinci,
Leone Davidovi, cfr. Trockij Lev D.
Leone de Castris Arcangelo,
Lichtner Maurizio, -
Liguori Guido, -, , , , , , , , , ,
Litri Marina,
Lombardi Pignatari Nella,
Lo Piparo Franco, , ,
Losurdo Domenico, ,
Lovecchio Antonino, ,
Lukcs Gyrgy, , , ,
Luporini Cesare, , , , , ,
Lussana Fiamma,
, , -
Muscetta Carlo, ,
Mussolini Benito,
Natoli Aldo,
Natoli Salvatore,
Nemeth Thomas, ,
Nicoletti Gioacchino,
Nietzsche Friedrich,
Macherey Pierre,
Machiavelli Niccol, -, , , , ,
, -, , -, , -, , ,
, , , -,
Mangoni Luisa, ,
Maresca Marino,
Marino Simonetta,
Marramao Giacomo,
Martinetti Piero,
Marx Karl, -, -, -, -, -,
-, , -, -, -, -, -,
-, -, -, , -, -,
-, , -, , , , , , , -, -, , , , ,
-, , -, -, -, ,
, , -, -, -, , ,
, ,
Masaryk Tom& G., ,
Masi Ernesto,
Mastroianni Giovanni, -
Mathieu Vittorio,
Matsuda Hiroshi,
Mazzali Guido, ,
Mazzini Giuseppe, , , -,
Mehring Franz,
Melli Fioravanti Grazia,
Merker Nicolao,
Michel Karl M.,
Mirskij Dmitrij P., -, -
Missiroli Mario, -, , ,
Misuraca Pasquale, , ,
Mitin Mark B.,
Moldenhauer Eva,
Mondolfo Rodolfo, , , -, , ,
, ,
Mordenti Raul,
Morgia Corrado, ,
Moro Tommaso (Thomas More),
Morton Adam D.,
Mouffe Chantal, , -, , , ,
Ohara Koichi,
Olbrechts-Tyteca Lucie,
Paggi Leonardo, -, , -, , ,
-, , , , -, , ,
Paladini Marina,
Papi Fulvio,
Paris Robert, ,
Parvus Alexander (pseud. di Israel L.
Helphand), ,
Pelger Hans, ,
Perelman Cham,
Perrotti Gabriele,
Petrini Domenico, -
Philip Andr, -,
Pisacane Carlo,
Pissarello Giulia,
Pizzorno Alessandro,
Plechanov Georgij V., , ,
Poggi Alfredo,
Pons Silvio,
Portelli Hugues,
Potier Jean-Pierre,
Prestipino Giuseppe,
Procacci Giuliano, , , , , ,
Rancire Jacques,
Rapone Leonardo,
Razeto Migliaro Luis, , ,
Ricardo David, , -, , , , -,
, -, , ,
Righi Maria Luisa,
Rist Charles, , , -
Rita Medici, ,
Rjazanov David B. (pseud. di David B.
Goldenbach), , ,
Robespierre Maximilien M. I., , ,
Signorini Alberto,
Silva Ludovico,
Smith Adam, , ,
Smith Kylie,
Sorel Georges, , , , ,
Souvarine Boris (pseud. di Boris K.
Lif&ic), -, -
Spaventa Bertrando, -, -
Spencer Herbert,
Spengler Oswald, ,
Spinoza Baruch, , , , , ,
Spirito Ugo, , -, ,
Spriano Paolo, , , ,
Sraffa Piero, , , , , -,
Stalin Josif (pseud. di Josif V. D=uga&vili), , , -,
Starkenburg H.,
Strag Antonio,
Struve Ptr B.,
Suckert Kurt E. (pseud. di Curzio Malaparte),
Sacerdote Gustavo,
Said Edward W.,
Salsano Alfredo,
Salvadori Massimo L., -,
Salvucci Pasquale,
Sandkhler Hans J.,
Santucci Antonio A., , ,
Sapelli Giulio,
Sartori Giovanni,
Savonarola Gerolamo,
Schapiro Leonard,
Schelling Friedrich W. J. von,
Schirru Giancarlo,
Schmitt Carl,
Schucht Giulia (Julija),
Schucht Tania (Tatjana), , , , ,
, , -, -,
Schweitzer Johann Baptist von,
Segall Rudolf,
Sfez Grald,
Sgambati Valeria,
Sichirollo Livio, ,
Sieys Emmanuel-Joseph,
Tagliagambe Silvano,
Tarozzi Giuseppe,
Taubert Inge, ,
Tel Mario,
Texier Jacques, ,
Thomas Peter D., , , , ,
Timirjazev Arkadij K.,
Timpanaro Sebastiano, ,
Togliatti Palmiro, , , , , ,
Tolstoj Lev N.,
Tomba Massimiliano, -
Tommaso dAquino, ,
Tosel Andr, , , , , ,
Tosstorff Reiner,
Treves Claudio, ,
Trincia Francesco S.,
Trockij Lev D. (pseud. di Lev D. Bronstein), , -, , , , , -
Troeltsch Ernst,
Vacca Giuseppe, , , , , -,
, , -
Valentini Francesco, , -
Vasoli Cesare, ,
Venditti Pasquale,
Vico Giambattista, , -, -, ,
,
Vilici, cfr. Lenin Nikolaj
Vittoria Albertina,
Vivanti Corrado,
Volpicelli Arnaldo,
Voza Pasquale, , , ,
Vranicki Predrag,
Weber Max, , , -, , -,
, -, , -, , -
Weydemeyer Joseph, ,
Wittgenstein Ludwig,
Zini Zino,
-i=ek, Slavoj,