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di Roberto Bianchi*
Circa un milione e mezzo di anni fa,
lHomo Erectus possedette il controllo
del fuoco e questa conoscenza
tecnologica gli dette la capacit di
adattarsi a diversi ambienti e forse gli
permise di migrare, colonizzando tutte
quelle parti del mondo che sono in
collegamento diretto con l'Africa:
l'Europa e lAsia.
Il fuoco ha poi continuato a essere, nel
trascorso dei millenni, uno strumento di
civilizzazione dimostrandosi
indispensabile per il progredire
dellumanit.
Oggi ci si deve per chiedere se davvero questo elemento debba ancora rappresentare una
fonte obbligata cui attingere per supplire al fabbisogno quotidiano dei popoli che abitano la
terra, o se la tradizione preistorica possa finalmente essere superata a favore dello sviluppo
sostenibile del pianeta.
Il progredire delle conoscenze tecnologiche permetterebbe, infatti, un graduale e rapido
cambiamento nelluso delle fonti energetiche e si potrebbe quindi prevedere labbandono
definitivo della dipendenza dai combustibili fossili e dal fuoco al fine di ristabilire una giusta
relazione delluomo con lambiente.
Gli interessi sono per altri e per fini corporativi si ancora costretti a subire le conseguenze
Il fuoco, infatti, non costa niente ed facile strumento di utilizzo, ma la pratica continuata
delluso di questo ha irrimediabilmente impoverito col tempo il fertile suolo e costretto alla
povert i piccoli produttori rurali che, privi di nozioni tecniche e in perenne lotta con lambiente,
hanno vissuto e continuano a vivere in situazioni economiche precarie o di sopravvivenza.
Nonostante la produzione rurale familiare rappresenti uno dei pi importanti vettori economici
dei paesi che costituiscono la regione amazzonica, poco si fa per migliorare le condizioni di
vita delle comunit rurali e tantomeno si promuovono azioni a favore della sostenibilit
territoriale.
Uno tra i problemi originati dallassenza di un vero piano di sviluppo per la crescita
dellagricoltura familiare la vendita delle piccole propriet rurali e questo porta a credere
che le aspettative economiche dei governi e dei gruppi economici, riguardo alla regione
amazzonica, siano ben altre.
In questo senso si deve considerare che le piccole propriet rurali, insieme al taglio illegale
della foresta, costituiscono spesso la base di partenza per lespansione dellallevamento
bovino e della frontiera agricola, in altre parole dellagro business che acquista o occupa i
territori semi aperti dellarea amazzonica per una rapida e facile penetrazione della grande
produzione nella foresta, attivit questa che assicura a pochi individui la possibilit di
immensi guadagni in cambio di limitati investimenti.
La destinazione a riserve indigene di ampi territori ricchi di falde acquifere minerali preziosi e
idrocarburi suscita, poi, inquietanti domande sui propositi delleconomia dominante, sempre
pi interessata ad allungare il periodo dei possibili guadagni inerenti allutilizzo dei
combustibili fossili e delle materie prime.
Le etnie indigene rimaste, rese ormai fragili dallassedio dei grandi proprietari terrieri dediti
allallevamento estensivo o alla coltura intensiva, possono, infatti, rappresentare un facile
ostacolo da superare in futuro, quando sar considerato necessario usufruire della ricchezza
dei territori che sono oggi in loro possesso.
In questo ambito giusto chiarire, a chi non abbia conoscenza della regione, cosa sia la
foresta Amazzonica.
Questa rappresenta nellimmaginario collettivo una selva scura e impenetrabile, la parte
selvaggia del pianeta, qualcosa di immenso, misterioso e indistruttibile. Ma la realt ben
diversa, lAmazzonia un ecosistema estremamente fragile, i grandi alberi che costituiscono
la foresta tropicale si sostengono lun con laltro, hanno radici poco profonde e per questo,
con poco sforzo, si possono distruggere in poche settimane migliaia di ettari di vegetazione.
La parte fertile del suolo, utilizzabile in agricoltura, di poco spessore, la terra pu essere,
quindi, approfittata per un periodo limitato di anni, condizione che determina lavanzare del
fronte di sfruttamento della foresta.
Di fatto i territori disboscati e incendiati vengono usati per lallevamento del bestiame o per la
coltivazione della monocultura transgenica (soia, biocombustibili) e poi abbandonati per
proseguire con lapertura di nuove aree che vengono progressivamente rubate alla foresta.
Le riserve indigene, apparentemente oasi intatte di foresta originaria, confinano con le
propriet rurali e spesso, per la scarsit della caccia e della pesca, non sono sufficienti al
fabbisogno delle popolazioni che in esse risiedono. I fiumi e i corsi dacqua che attraversano
le riserve sono spesso inquinati dai veleni usati in agricoltura, dal mercurio utilizzato
nellestrazione delloro, oppure trasformati per linstallazione di grandi dighe o mini turbine per
la produzione di energia elettrica.
In questo scenario, protagonista dello scempio amazzonico il Brasile, quarto tra i paesi che
pi contribuiscono al riscaldamento globale. La causa principale che determina il ruolo
negativo del paese riguardo allemissione dei gas serra sono gli incendi che interessano la
regione amazzonica e gli allevamenti presenti nella regione, che ospita 60 milioni di capi di
bovini. Questi ultimi immettono nellatmosfera una quantit di gas metano pari a tre volte la
citt di San Paolo e la carne di produzione brasiliana che contribuisce al consumo giornaliero
statunitense di 150 milioni di hamburger, costa alla comunit mondiale la perdita di milioni di
ettari di foresta e laccelerazione nel processo dei cambiamenti climatici.
Ma anche Per, Bolivia, Ecuador, Colombia, Guyana, Suriname e Venezuela, non sono da
meno e le problematiche riguardanti la devastazione della foresta si ripropongono uguali e
costanti.
Il Brasile perde pi di ventimila chilometri quadrati di foresta lanno, la Bolivia ha perso nove
milioni di ettari negli ultimi dieci anni e la somma della devastazione nel suo complesso porta
ad una diminuzione di un quinto della superficie boschiva amazzonica.
La progressiva scomparsa della foresta amazzonica e delle foreste tropicali presenti nei
diversi continenti del pianeta, le aggressioni al patrimonio ambientale determinate da
interessi immediati, inducono ad una attenta, obbligatoria riflessione sullattuale rapporto
delluomo con lambiente che lo circonda e sul futuro della specie umana in relazione agli
obiettivi che questa si prefigge.
Davvero lebbrezza dei guadagni e del consumo continuer a spingerci nel vicolo cieco di una
societ senza futuro? O la parte migliore dellumanit avanzer nella corretta relazione
delluomo con la natura ponendo fine allEra del fuoco?
Roberto Bianchi
Copyright 2012
*Ambientalista, esperto nel trasferimento delle metodologie per lo sviluppo sostenibile della
Regione Amazzonica.
Foto: Copyright Roberto Bianchi
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