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Convegno Interassociativo CGS-PGS-TGS e VIDES

della Regione Lombardia


Etroubles, 21-24 agosto 2010

LE RISPOSTE DEL SISTEMA PREVENTIVO


NELLA SITUAZIONE ODIERNA
Riccardo Tonelli

1. UNA SCELTA DI CAMPO: UNA MEMORIA SAPIENTE

Alla scoperta di un modo sapiente di fare memoria:


la scelta di fare memoria per ritrovare nel passato (che il vissuto, sofferto e glorioso, di tanti nostri amici) i suggerimenti e lispirazione per decifrare e affrontare i
problemi delloggi;
un modo speciale di fare memoria per evitare il rischio di scegliere la via della nostalgia e della ripetizione in una stagione in cui tutto sembra tanto diverso da quello
che abbiamo sperimentato e realizzato.
Qui si colloca la ragione e lo stile del riferimento a don Bosco che desidero proporre.
Coerenti con la scelta di campo, facciamo memoria sapiente di don Bosco.

1.1. Il racconto di don Bosco


Don Bosco per formare i suoi amici, ha scelto una strada molto interessante: ha raccontato quello che ha sognato, realizzato, sofferto allinizio della sua avventura. Per questo, per capire
il senso e la qualit della passione educativa di Don Bosco, dobbiamo fare riferimento ad un documento formidabile: Le memorie dellOratorio di San Francesco di Sales il racconto quasi
autobiografico dei primi 40 anni della vita di don Bosco scritto dal 1873 al 1875.
Don Bosco dice chiaramente le sue intenzioni:
prendere lezioni dal passato per superare le difficolt presenti e future,
far conoscere come Dio stesso ha guidato i passi di don Bosco
allietare i suoi figli attraverso una lettura piacevole.
Alcune caratteristiche:
orfano a due anni un grande bisogno di paternit e coraggioso esperto di paternit;
la profonda esperienza di ambienti formativi: la mamma, alcuni sacerdoti incontrati, gli anni del seminario
un evento che segna: il confronto con i giovani delle carceri la ragione: nessuno
che li ami e poi la grande occasione:lavventura con Bartolomeo Garelli
non far cos: il rapporto con gli educatori del seminario di Chieri
una passione che servizio di restituzione: da oggi ogni respiro della mia vita per
i giovani
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don Bosco e la biografia di Domenico Savio e di altri ragazzi dellOratorio: il ritratto dellazione educativa di don Bosco alla prova dei fatti.

1.2. Don Bosco ci consegna un progetto originale


Il progetto originale di don Bosco si muove su tre orizzonti:
la dimensione religiosa dellesistenza
limpegno di trasformazione sociale e culturale
la scelta delleducazione per esprimere la fiducia verso i giovani.
Il progetto fondamentale di don Bosco era religioso (la salvezza dell'anima, come diceva lui). Interpretarlo sotto altre preoccupazioni, tradire la sua esistenza. Ma di fronte ai giovani
concreti di cui si occupa, il suo cuore di prete pieno di sollecitudine per i loro bisogni quotidiani. Per questo reagisce con interventi nell'ambito sociale e politico.
Non fa teorizzazioni, ma fatti.
Non contento (anzi molto preoccupato) di come stiano evolvendo in Italia e in Europa le scelte politiche:
Nei primi anni: era forte in don Bosco l'impegno per recuperare i giovani pi emarginati. Don Bosco considerava la societ che conosceva, in cui era forte l'integrazione
tra trono e altare, sostegno alla vita buona.
Di fronte ai cambi culturali e politici del Piemonte, scatenati dalla rivoluzione del '48,
don Bosco spinge i giovani a prendere le distanze dalla societ. Avverte con disagio il
distacco crescente tra Chiesa e societ (cultura e organizzazione del potere). Il suo
contributo per l'educazione dei giovani si tinge di sospetto verso la societ e si concentra nell'invito a distaccarsi dalle logiche dominanti.
Verso la fine della sua vita, in don Bosco cresce la coscienza della necessit di una rigenerazione globale della societ italiana (progressivamente allontanata dalla reli-gione
e dai suoi valori): per questa operazione considera i giovani educati la forza di rigenerazione.
Don Bosco avverte con chiarezza lurgenza di intervenire per assicurare una forte inversione di tendenza. Vuole trasformare il sistema sociale e culturale.
importante scoprire il modello di intervento che don Bosco realizza e si impegna a consolidare.
Possiamo prendere le distanze dal modello di societ che don Bosco perseguiva. Resta per decisivo prendere atto del modo globale di azione politica che don Bosco assume e verso cui
impegna.
Per attuare il suo progetto di trasformazione, don Bosco ha scelto la strada dell'educazione. La valuta esplicitamente come un'alternativa seria rispetto ad altri modi di intervento, presenti tra i suoi contemporanei.
La sua scelta educativa e religiosa diventa concretamente una scelta politica". Se vuolsi,
noi facciamo anche della politica. [...] L'opera dell'Oratorio in Italia, in Francia, in Spagna,
nell'America, in tutti i paesi dove si gi stabilita, esercitandosi specialmente a sollievo della giovent pi bisognosa, tende a diminuire i discoli e i vagabondi; tende a scemare il numero dei
piccoli malfattori e dei ladroncelli; tende a vuotare le prigioni; tende in una parola a formare dei
buoni cittadini, che lungi dal recar fastidii alle pubbliche Autorit saranno loro di appoggio, per
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mantenere nella societ l'ordine, la tranquillit e la pace (D. Bosco, discorso adexalunni in occasione della festa onomastica, 24 giugno 1883).
Questo il dato forte da sottolineare e da recuperare: la scelta dell'educazione e la scommessa che attraverso l'educazione noi possiamo intervenire per operare la trasformazione personale e sociale.
Andando in profondit sul presente, noi scopriamo le tante cose belle che manifestano la
realizzazione progressiva del progetto di Dio sulla storia, ma scopriamo anche i segni di morte
che purtroppo percorrono la nostra storia concreta. I discepoli di Ges colgono nel quotidiano
anche una serie di provocazioni che chiedono risposte e interventi urgenti.
Come intervenire? Non possiamo certamente accontentarci di constatare la presenza dei
segni di morte e delle sfide. Avvertiamo forte il bisogno di intervenire con coraggio, sapendo arrivare alla radice del male.
Le possibilit di intervento sono molte. Diventa urgente scegliere, sapendoci collocare al
punto giusto.
A questo livello si colloca il carisma della nostra famiglia. Facciamo discernimento alla luce del carisma. Questo che aiuta a cogliere quali sono i segni di vita e quali sono i segni di morte.
E soprattutto ci suggerisce un modo preciso di intervenire per modificare la realt. Questo modo di intervento per noi l'educazione. Altri possono fare scelte diverse. I figli e le figlie di don
Bosco scommettono sulla forza trasformatrice dell'educazione e giocano nell'educazione tutte le
loro risorse. In quest'orizzonte possiamo chiederci in concreto cosa vuol dire far educazione, in
che modo intervenire per essere fedeli all'educazione.

2. IL SISTEMA PREVENTIVO OGGI

La memoria sapiente di don Bosco ci consegna alcune linee operative per loggi:

2.1. La fiducia nelleducazione


L'educazione ha la pretesa di restituire l'uomo a se stesso. Lo rende cos artefice, serio,
competente, coraggioso, della trasformazione. Per questo la consideriamo una forza politica, incidente ed efficace.
Certo, non l'unica. Spesso pu risultare improduttiva e alienante, soprattutto se viene
vissuta come alternativa rispetto alle altre modalit e agenzie di azione.
Produce per qualit di vita e strutture nuove se produce uomini nuovi, restituiti alla propria responsabilit e ad una inesauribile capacit progettuale. Vale perci la pena di impegnare
nell'educazione energie e risorse.
La scommessa sulla forza trasformatrice dell'educazione si trascina dietro una seconda
scommessa: la definizione di educazione. Il riconoscimento della sua incidenza politica legato
infatti ad una comprensione della sua natura.
L'educazione per noi quel processo, concordato e intenzionale,che investe persone e istituzioni, con lo scopo di farle maturare attraverso la progressiva restituzione ad ogni persona
di un protagonismo responsabile.
Questo modello di educazione assume una forte sensibilit preventiva:
anticipa le esperienze, in modo accorto, per portare verso la maturit,
accompagna nella fatica di realizzazione personale attraverso una ricca e stimolante
proposta di valori,
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restituisce ad ogni persona consapevolezza della propria dignit.


La persona viene cos sollecitata a scoprire le sue aspirazioni pi autentiche e promozionali, e a realizzarle con creativit, nel confronto interpellante con le libert e le attese degli altri
uomini e nel realismo delle diverse mediazioni istituzionali.

2.2. L'autorevolezza dell'educatore


L'educazione una relazione. Ma attivata, sostenuta, garantita dalla figura dell'educatore.
La figura dell'educatore va urgentemente ridisegnata, superando la tentazione del silenzio
rinunciatario e quella dell'autoritarismo troppo facile.
L'educatore invade il santuario intimissimo dell'esistenza di una persona, con una proposta che sconvolge le logiche dominanti, come una folata improvvisa di vento.
Per farlo, soprattutto in un tempo come il nostro, egli ha bisogno di una dose alta di autorevolezza.
Dove pu recuperarla? La risposta non facile in una stagione in cui loscillazione tra autoritarismo e permissivismo sembra lunica soluzione praticabile.
Alla scuola di don Bosco possiamo recuperare quattro suggerimenti operativi:
L'educatore fonda la sua autorevolezza su una competenza acquisita nella quotidiana fatica della disciplina, dello studio, dell'aggiornamento.
Leducatore fonda la sua autorevolezza in un impegno continuo e costante di diventare accogliente, convinto che, buttando le braccia al collo in un abbraccio
gratuito e pieno, diventa proposta forte e inquietante verso il cambio di vita.
La fonda sulla disponibilit fattiva a porre concretamente gesti dalla parte della
promozione della vita.
La giustifica perch ha il coraggio di riconoscere di essere al servizio di un progetto, che supera persino i propri sogni e che inquieta, perch costringe a misurare la
distanza che separa il vissuto dal desiderato.

2.3. Ricostruire luoghi educativi


A Valdocco lamorevolezza (che presto entrata come una componente irrinunciabile del
sistema educativo di don Bosco) veniva respirata a partire da tre riferimenti:
La presenza di don Bosco: Basta rievocare le funzioni esercitate da don Bosco nei
confronti dellOratorio di Valdocco: direttore, educatore, confessore, direttore spirituale.Don Bosco ha riempito la sua esistenza e la sua passione educativa di una fiducia
amorevole e accogliente nei confronti dei giovani.
La fiducia originalissima verso i giovani. E la costatazione pi facile e immediata.
Sono commoventi alcune espressioni di lettere di don Bosco ai suoi giovani, quando
gli impegni lo tengono assente da Valdocco: Sebbene qui a Roma non mi occupi unicamente della casa e dei nostri giovani, tuttavia il mio pensiero vola sempre dove ho il
mio tesoro in Ges Cristo, i miei cari figli dellOratorio. Io vivo qui col corpo, ma il
cuore, i miei pensieri e fin le mie parole sono sempre allOratorio, in mezzo a voi.
Il modo di fare (raccomandato e criticato quando non funzionava: si veda la Lettera da Roma) degli educatori. vidi lOratorio e tutti voi che facevate ricreazione.
Ma non udiva pi grida di gioia e cantici, non vedeva pi quel moto, quella vita, come
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nella prima scena. Negli atti e nel viso di molti giovani si vedeva una noia, una spossatezza, una musoneria, una diffidenza, che faceva pena al mio cuore (MB XVII, 109).
Alla scuola di don Bosco possiamo oggi condividere alcune linee concrete:
La scelta, continua e sofferta, di mostrare la nostra fiducia verso i giovani stando
con essi;
una fiducia nei confronti dei giovani, riconoscendo fattivamente ad essi una dignit
costitutiva (per le ragioni dellamore e della fede) che nessuna devastazione in
grado di distruggere;
la fiducia operativa verso i giovani per immaginare una trasformazione culturale e
sociale in ascolto delle loro attese e in riconoscimento delle loro esperienze.;
un impegno educativo giocato sulla doppia convergente preoccupazione di restituire dignit a chi ne stato deprivato e affidare responsabilit concreta, attivando un
reale e consapevole protagonismo, anche critico.
Tutto questo ci porta a reinventare e consolidare i luoghi educativi come spazi dove poter
sperimentare vita e speranza.
Don Bosco un grande costruttore di opere educative per i giovani. Lo ha fatto per raccoglierli dalla strada, per assicurare esperienze di crescita, abilitarli ad una professione che potesse rassicurarli verso il futuro. I frutti di questo coraggio si sono disseminati velocemente per il
mondo.
Oggi questi modelli sembrano in crisi per mancanza di domanda e di significato: nei nostri contesti culturali sono sempre meno i ragazzi e i giovani che hanno bisogno di una ospitalit
come quella che don Bosco ha riservato a tanti. Certo, laffermazione non pu essere generalizzata: vale per il nostro contesto sociale, in linea di massima; vale molto meno per i tanti contesti
del sud del mondo in cui siamo presenti e operiamo.
Non mi piace per concludere con lipotesi che dobbiamo restare disoccupati o specializzarci in altre frontiere.
Sono convinto della necessit di costruire luoghi dove poter sperimentare in modo concreto la speranza verso il futuro. Sono luoghi dove si respirano fatti di speranza, nel coraggio di
affrontare le questioni della vita quotidiana secondo modalit alternative a tante dominanti.
Forse non abbiamo bisogno di inventare luoghi di aggregazione: nascono e muoiono
spontaneamente. Spesso per questi luoghi sono non-luoghi dal punto di vista del senso, della
speranza, delle relazioni una piazza su cui scorrono le proposte pi disparate o una discoteca
dove la relazione viene assicurata solo alzando a dismisura il tono della voce o lasciandosi sedurre dal clima di branco.
Nello stile di don Bosco, in una prospettiva molto diversa dalla sua, possiamo continuare
la sua presenza trasformandoli in luoghi dove sperimentare la speranza.

2.4. Verso una nuova esperienza religiosa


Una affermazione centrale nelle dichiarazioni e nella prassi di don Bosco: l'educazione
"cosa di cuore", ma Dio padrone del cuore.
Questa constatazione rappresenta una delle intuizioni pi decisive di don Bosco, fino al
punto che ho limpressione per perdiamo don Bosco se la dimentichiamo e, nello stesso tempo,
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uno dei momenti in cui don Bosco risulta molto legato alla teologia e alla antropologia del suo
tempo.
2.4.1. I fatti
La vita quotidiana a Valdocco punteggiata da fatti che costruiscono continuamente il
clima e la proposta religiosa fondamentale:
lebuonenotti servivano a rilanciare linsegnamento religioso e morale di don Bosco, alle luce di quello che conosceva dai colloqui con i suoi giovani;
i sogni che facevano diventare racconto la preoccupazione continua di don Bosco;
lideale di buon cristiano era incarnato nei santi che allietavano la vita a Valdocco;
limpegno personale era sostenuto dalla pratica dei sacramenti della Confessione e
Comunione;
lincontro con Ges era suggerito dai modelli devozionali del tempo: la visita al SS. Sacramento, la devozione al S. Cuore, il ricordo di Ges redentore e salvatore dal peccato;
una grande devozione mariana e la pratica del Rosario.
2.4.2. Uno stile rinnovato
Oggi noi abbiamo una sensibilit assai diversa da quella di don Bosco. Essa ci porta a separare gli ambiti educativi da quelli religiosi e, di conseguenze, non ci piace assolutamente mescolare le competenze. Non possiamo per rigettare il modo di pensare dei tempi di don Bosco
con latteggiamento sconsiderato di chi si lascia sedurre dal nuovo e dai limiti evidenti
dellantico. Unoperazione del genere denuncia la mancanza di discernimento. Riproduce,
dallopposto, lenfasi sulla tradizione e su quello che altri hanno vissuto prima di noi.
Nel profondo della prassi e delle espressioni di don Bosco presente qualcosa che attraversa i modelli culturali e giunge fino a noi, come un dono prezioso: la consapevolezza di quanto
sia centrale nella vita il vissuto e lesperienza religiosa. Questo don Bosco affermava quando
metteva al centro del suo impegno educativo la grazia di Dio e la salvezza dellanima.
Abbiamo davvero un gran bisogno di recuperare questa dimensione dellesistenza. La sua
perdita ci impoverisce tutti e fa terribilmente scadere la qualit della nostra vita. Va in crisi il significato dellesperienza cristiana perch ci siamo rassegnati a convivere con un livello scarso di
qualit di vita quotidiana.
Siamo abituati, infatti, a considerare vero e reale solo quello che possiamo manipolare. Per
questo siamo diventati presuntuosi e saccenti. Per ogni cosa abbiamo una spiegazione e di ogni
avvenimento sappiamo responsabilit, positive o negative. Se qualche male ci sovrasta, ne conosciamo il rimedio o, almeno, solo questione di giorni: presto o tardi, troveremo il nome giusto
per identificarlo e gli strumenti adeguati per risolverlo.
L'uomo maturo - e il cristiano, soprattutto - non si trova davvero a proprio agio in questo
modo riduttivo e falso di vedere la realt. Si impegna per comprenderla fino in fondo, felice di
poter utilizzare tutto quello che la scienza e la sapienza dell'uomo hanno saputo produrre. Riconosce per l'esistenza di un altro mondo, fatto di eventi un po' misteriosi, la cui trama ci sfugge
completamente e di cui possiamo parlare solo secondo le logiche originali del linguaggio religioso.
Le vie educative attuali sono diverse da quelle don Bosco.
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Per esempio:
attenzione profonda al senso
la qualit della vita nella capacit di invocazione
sfondare la sicurezza sul posseduto
collegare con la Chiesa (anche attraverso piccole esperienze ecclesiali e religiose)

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