========================== Grado della Celebrazione: FESTA Colore liturgico: Rosso Antifona d'ingresso Di nullaltro mai ci glorieremo se non della Croce di Ges Cristo, nostro Signore: egli la nostra salvezza, vita e risurrezione; per mezzo di lui siamo stati salvati e liberati. (cf. Gal 6,14) Colletta O Padre, che hai voluto salvare gli uomini con la Croce del Cristo tuo Figlio, concedi a noi che abbiamo conosciuto in terra il suo mistero di amore, di godere in cielo i frutti della sua redenzione. Per il nostro Signore Ges Cristo... PRIMA LETTURA (Nm 21,4b-9) Chiunque sar stato morso e guarder il serpente, rester in vita. Dal libro dei Numeri
In quei giorni, il popolo non sopport il viaggio. Il popolo disse contro Dio e contro Mos: Perch ci avete fatto salire dallEgitto per farci morire in questo deserto? Perch qui non c n pane n acqua e siamo nauseati di questo cibo cos leggero. Allora il Signore mand fra il popolo serpenti brucianti i quali mordevano la gente, e un gran numero dIsraeliti mor. Il popolo venne da Mos e disse: Abbiamo peccato, perch abbiamo parlato contro il Signore e contro di te; supplica il Signore che allontani da noi questi serpenti. Mos preg per il popolo. Il Signore disse a Mos: Fatti un serpente e mettilo sopra unasta; chiunque sar stato morso e lo guarder, rester in vita. Mos allora fece un serpente di bronzo e lo mise sopra lasta; quando un serpente aveva morso qualcuno, se questi guardava il serpente di bronzo, restava in vita.
Parola di Dio SALMO RESPONSORIALE (Sal 77) Rit: Non dimenticate le opere del Signore! Ascolta, popolo mio, la mia legge, porgi lorecchio alle parole della mia bocca. Aprir la mia bocca con una parabola, rievocher gli enigmi dei tempi antichi.
Quando li uccideva, lo cercavano e tornavano a rivolgersi a lui, ricordavano che Dio la loro roccia e Dio, lAltissimo, il loro redentore.
Lo lusingavano con la loro bocca, ma gli mentivano con la lingua: il loro cuore non era costante verso di lui e non erano fedeli alla sua alleanza.
Ma lui, misericordioso, perdonava la colpa, invece di distruggere. Molte volte trattenne la sua ira e non scaten il suo furore. SECONDA LETTURA (Fil 2,6-11) Cristo umili se stesso, per questo Dio lo esalt. Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Filippsi
Cristo Ges, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio lessere come Dio, ma svuot se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini. Dallaspetto riconosciuto come uomo, umili se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce. Per questo Dio lo esalt e gli don il nome che al di sopra di ogni nome, perch nel nome di Ges ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra, e ogni lingua proclami: Ges Cristo Signore!, a gloria di Dio Padre.
Parola di Dio Canto al Vangelo () Alleluia, alleluia. Noi ti adoriamo, o Cristo, e ti benediciamo, perch con la tua croce hai redento il mondo. Alleluia. VANGELO (Gv 3,13-17) Bisogna che sia innalzato il Figlio delluomo. + Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, Ges disse a Nicodmo: Nessuno mai salito al cielo, se non colui che disceso dal cielo, il Figlio delluomo. E come Mos innalz il serpente nel deserto, cos bisogna che sia innalzato il Figlio delluomo, perch chiunque crede in lui abbia la vita eterna. Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perch chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perch il mondo sia salvato per mezzo di lui.
Parola del Signore Preghiera dei fedeli Come popolo redento invochiamo Dio nostro Padre che nell'albero della croce ci ridona il frutto della vita in Cristo suo Figlio. Preghiamo insieme e diciamo: Per il mistero della croce, salvaci, Signore.
- Per la santa Chiesa, perch in ogni suo gesto, parola, opera annunzi l'immenso amore del Padre, che ha il segno pi eloquente nella croce del suo Figlio, preghiamo. - Per i vescovi, i presbiteri e i diaconi, perch siano servi e testimoni della sapienza dello Spirito, che scaturisce dalla croce, preghiamo. - Per tutti i membri del popolo di Dio, perch nella vita di ogni giorno esprimano la realt della Messa, memoriale perenne della morte e risurrezione del Signore, preghiamo. - Per i perseguitati a causa della fede e della giustizia, perch dalla croce di Cristo attingano la certezza della vittoria dell'amore sull'odio e del bene sul male, preghiamo.
Padre ricco di misericordia, che hai esaltato il tuo Figlio fatto obbediente fino alla morte, infondi in noi la forza dello Spirito, perch possiamo portare quotidianamente il peso e la gloria della croce. Per Cristo nostro Signore. Preghiera sulle offerte Ci purifichi, o Padre, da ogni colpa il sacrificio del Cristo tuo Figlio, che sullaltare della Croce espi il peccato del mondo. Egli vive e regna nei secoli dei secoli. PREFAZIO La croce albero della vita.
veramente cosa buona e giusta, nostro dovere e fonte di salvezza, rendere grazie sempre e in ogni luogo a te, Signore, Padre santo, Dio onnipotente ed eterno. Nellalbero della Croce tu hai stabilito la salvezza delluomo, perch donde sorgeva la morte di l risorgesse la vita, e chi dallalbero traeva vittoria, dallalbero venisse sconfitto, per Cristo nostro Signore. Per mezzo di lui gli Angeli lodano la tua gloria, le Dominazioni ti adorano, le Potenze ti venerano con tremore. A te inneggiano i Cieli, gli Spiriti celesti e i Serafini, uniti in eterna esultanza. Al loro canto concedi, o Signore, che si uniscano le nostre umili voci nellinno di lode: Santo...
Oppure Prefazio della Passione del Signore I. Antifona di comunione Quando sar elevato da terra, attirer tutti a me, dice il Signore. (Gv 12,32)
Oppure: Chi crede nel Figlio di Dio, non muore, ma ha la vita eterna, dice il Signore. (cf. Gv 3,16) Preghiera dopo la comunione Signore Ges Cristo, che ci hai nutriti alla mensa eucaristica, fa che il tuo popolo, redento e rinnovato dal sacrificio della Croce, giunga alla gloria della risurrezione. Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli. Commento Lesaltazione della santa Croce ci fa conoscere un aspetto del suo cuore che solo Dio stesso poteva rivelarci: la ferita provocata dal peccato e dallingratitudine delluomo diventa fonte, non solo di una sovrabbondanza damore, ma anche di una nuova creazione nella gloria. Attraverso la follia della Croce, lo scandalo della sofferenza pu diventare sapienza, e la gloria promessa a Ges pu essere condivisa da tutti coloro che desideravano seguirlo. La morte, la malattia, le molteplici ferite che luomo riceve nella carne e nel cuore, tutto questo diventa, per la piccola creatura, unoccasione per lasciarsi prendere pi intensamente dalla vita stessa di Dio. Con questa festa la Chiesa ci invita a ricevere questa sapienza divina, che Maria ha vissuto pienamente presso la Croce: la sofferenza del mondo, follia e scandalo, diventa, nel sangue di Cristo, grido damore e seme di gloria per ciascuno di noi.
Commento su Giovanni 3,13-17 Gaetano Salvati Gaetano Salvati
Il Verbo, inchiodato sulla croce per amore, ha riunito tutte le genti, di ogni ceto, etnia e cultura, per formare un solo popolo che spera, crede e loda il Signore vincitore del peccato e della morte. Nel suo amore, pi forte di qualsiasi barriera temporale, il credente trova la forza per lottare contro le avversit, contro quelle tentazioni che estraniano il credente dalla realt donataci da Cristo: la vita eterna e la consolazione gi su questa terra. Ecco allora il senso della festa odierna. Esaltare la croce del Signore non significa elogiare il Dio del dolore, dell'indolenza nei confronti delle passioni umane; quanto piuttosto, riconoscere che il Dio rivelato il Venerd Santo il misericordioso, il prossimo alle nostre vicende. Talmente vicino a noi da darci "il Figlio unigenito, perch chiunque creda in lui abbia la vita eterna" (Gv 3,16). E il Verbo ha modificato la realt dell'esistenza, indirizzando ogni pena, ogni affanno, sulla via della croce. Per cui, adesso, ogni croce sparsa per il mondo, ogni ingiustizia invocata da chiunque, non inesaudita, ma accolta e trasformata dall'amore di Dio, dalla presenza dolce e silenziosa del Crocifisso-Risorto. A riguardo, alcuni affermano che le sofferenze fisiche e spirituali sono date da Dio per la nostra purificazione, cio non si ancora degni di fissare il Suo volto ed necessaria la via del dolore e del patire. Ma non questo il senso della croce. Innanzitutto, nel vangelo Ges guarisce le ansie, le malattie, fa ritornare in vita i fanciulli, consola i disperati. In seguito, sulla croce Cristo Ges si sacrifica per noi, muore per donarci la vita, quella eterna, non una prospettiva di dolore: "Dio ha mandato il Figlio non per condannare il mondo, ma perch il mondo sia salvato per mezzo di lui" (v.17). Accogliere e trasformare, quindi, esprime che Dio per mezzo del Figlio dona a tutti la possibilit di una vita nuova che non termina con la morte, che non si dispera di fronte alla malattia, che non ha paura di confrontarsi con i "grandi" del mondo per chiedere la giustizia; ma che si rinfranca in ogni istante nell'incontro con Lui, la nostra vera pace. Il Crocifisso-Risorto chiede la nostra disponibilit ad imitare la Sua obbedienza al Padre (Fil 2,8), vale a dire, amare i nostri fratelli, sacrificarsi per loro, per divenire discepoli di speranza e carit. L'obbedienza implica l'ascolto dei bisogni dei fratelli; ci possibile solo se siamo disponibili ad imitare il sacrificio di Cristo Signore, la Sua capacit di abbassarsi fino a toccare e guarire la nostra miseria. E noi, come cristiani, chiamati per vocazione ad essere santi, perch purificati dal sangue dell'innocente, siamo in grado di spogliarci della sete di carriera, di egoismo, per rivestirci di umilt e aiutare chi ha bisogno di verit, con sincerit? Amen.
Dio ha tanto amato il mondo... don Roberto Rossi "Bisogna che sia innalzato il Figlio dell'uomo, perch chiunque crede in lui abbia la vita eterna. Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perch chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perch il mondo sia salvato per mezzo di lui. "Ges umili se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce. Per questo Dio lo esalt e gli don il nome che al di sopra di ogni nome, perch nel nome di Ges ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra, e ogni lingua proclami: Ges Cristo Signore!, Oggi la festa della esaltazione della Santa Croce, la festa dell'amore infinito che Ges ci ha manifestato offrendo la sua vita sul legno della Croce. "Non c' amore pi grande di chi d la vita per la persona amata"; "Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio"! La celebrazione di oggi assume un significato ben pi grande di tutto questo: la celebrazione del mistero della croce che Cristo, da strumento di ignominia e di supplizio, ha trasformato in strumento di salvezza. La formulazione pi profonda di questo mistero si ha nella seconda lettura di questa festa, tratta dalla lettera di Paolo ai Filippesi: "Cristo umili se stesso fino alla morte e alla morte di croce. Per questo Dio lo ha esaltato e gli ha dato un nome che al disopra di ogni altro nome". Cos pure Giovanni, nel brano evangelico, ci d una lettura preziosa del mistero della croce, quella dell'amore di Dio: "Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perch chiunque crede in Lui non muoia, ma abbia la vita eterna". L' evangelizzazione, operata dagli apostoli, presentazione di "Cristo crocifisso". S. Paolo afferma: "Predico Cristo e Cristo crocifisso", "Di null'altro mi vanto, se non della croce di Cristo". Anche noi possiamo pregare con la liturgia: "Di null'altro ci glorieremo se non della croce di Cristo Ges, nostro Signore: Egli la nostra salvezza, vita e resurrezione. Per mezzo di Lui siamo stati salvati e liberati". Ecco la nostra fede, ecco la nostra salvezza! Per questo ogni nostra preghiera, ogni nostra azione, inizia con il segno della croce. Esso ci aiuta a ricordare, a celebrare, ad accogliere, a vivere l'amore infinito di Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo, come ci dimostrato da Ges sulla croce. Ogni croce o sofferenza che noi stessi viviamo e che l'umanit intera vive, sono partecipazione alla croce di Cristo, per la salvezza del mondo. Dice S. Paolo: "Compio nella mia carne ci che manca ai patimenti di Cristo, a vantaggio del suo Corpo, che la Chiesa". Ci che stoltezza, diventa sapienza; ci che considerato disgrazia diventa grazia e benedizione. Seguiamo con la fede e portiamo nel cuore il sacrificio di tanti cristiani e di tanti poveri della terra che vivono nel pericolo, subiscono persecuzione e danno testimonianza con la vita come i cristiani dell'Iraq e le Suore martiri in Burundi.
Amore e dolore nel segno della croce mons. Antonio Riboldi davvero un grande mistero dell'amore di Dio per noi quello che contempliamo nella Croce su cui il Figlio unigenito don tutto se stesso, per farci partecipi del Suo Amore e della Sua Gloria. La Chiesa, oggi, celebra cantando "il vessillo della croce, mistero di morte e di gloria... o croce unica speranza, sorgente di vita immortale, accresci ai fedeli la grazia, ottieni alle genti la pace". Cos Paolo VI, presto beato, ci interpella: La croce non del tutto scomparsa nei profili dei nostri paesaggi rurali. Riposa anche sulle tombe dei nostri morti.... Non scomparsa dalle pareti di casa nostra (o almeno spero che le mode moderne non l'abbiano sfrattata di casa, per fare posto ad altro che la vanit dell'uomo). Cristo la pendente, morente, con il suo tacito linguaggio di sofferenza redentrice, di speranza che non muore, di amore che vince e che vive. Questo davvero bello. Ancora, almeno con questo segno siamo cristiani. Ma poi, nelle nostre coscienze personali grandeggia ancora questo tragico e insieme luminoso albero della croce?... Noi tutti ricordiamo certamente che, se davvero siamo cristiani, dobbiamo partecipare alla passione del Signore e dobbiamo portare dietro i passi di Ges, ogni giorno, la nostra croce. Cristo crocifisso esempio e guida'. (14 settembre 1971) Tutti noi, che viviamo, senza eccezioni, abbiamo una croce personale. Ciascuno ha la sua. Inutile confrontarsi. Ogni croce fatta su misura per le spalle di ciascuno. Rappresenta la nostra storia di dolore. E ogni croce ha il suo significato, solo se, come quella di Ges, portata con amore. Diversamente diventa disperazione. E tutti sappiamo quali pericoli genera la disperazione. Tutti abbiamo potuto conoscere amici, persone che, non trovando la via dell'amore, soffrono fino all'inverosimile. Ma ogni croce che portiamo, anche se non lo comprendiamo, una storia e pu diventare una meravigliosa storia di amore: quell'amore che non si racconta come una favola, che non evade i problemi, ma si celebra con la ferialit della vita, che sempre contiene gioie e sofferenze. Porto sempre con me l'immagine di un quadro dell'Addolorata, presente nella cappella del mio noviziato al Calvario di Domodossola. Attorno a quella Madonna, che l'icona della sofferenza, scritto: All'amore e al dolore'. Amore e dolore come le due braccia della croce. Ma bisogna avere tanta fede e saper vivere partecipando alla passione del Signore, che porta alla resurrezione. nei momenti della sofferenza che si misura la nostra fede in Ges e il nostro amore per Lui. Dice l'apostolo Giovanni nel Vangelo di oggi: "Ges disse a Nicodemo: Nessuno mai salito al cielo, fuorch il Figlio dell'uomo, che disceso dal cielo.... Bisogna che sia innalzato il Figlio dell'uomo, perch chiunque crede in Lui abbia la vita eterna. Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perch chiunque crede in Lui non muoia, ma abbia la vita eterna. Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perch il mondo si salvi per mezzo di Lui". (Gv. 3, 13-17) Sembra quasi incredibile che Dio ci ami cos tanto! I cristiani che riescono nella vita pratica a penetrare in questo mistero ineffabile di amore, scoprono nella sofferenza un modo di ricambiare tanto amore. Dobbiamo riacquistare il vero senso dell'amore che vive anche di sofferenza, di dolore. Scriveva sempre Paolo VI, parlando della Croce che attira a s: "Siamo tutti in modo e in grado diverso, sofferenti: forse non sentiamo l'invito, che a s ci chiama, dell'Uomo che conosce il soffrire. Il dolore che nel mondo naturale come un isolante, per Ges un punto di incontro, una comunione. Ci pensate fratelli? Voi ammalati, voi disgraziati, voi moribondi? Ci pensate voi uomini aggravati dalla fatica e dal lavoro? Voi, oppressi e solitari dalle prove e dalle responsabilit della vita? Tutti vi possono mancare, Ges in croce, no. Egli con voi. Egli in noi. Di pi, Egli per noi. il grande mistero della croce: Ges soffre per noi! Espia per noi. Condivide il male fisico dell'uomo, per guarirlo dal male morale.... ci parla di misericordia, ci parla di amore, di resurrezione". (giugno 1956) Ges ha detto ai discepoli: "Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua" e in un'omelia Papa Francesco ha sottolineato che questo lo stile cristiano: Noi non possiamo pensare la vita cristiana fuori da questa strada. Sempre c' questo cammino che Lui ha fatto per primo: il cammino dell'umilt, il cammino anche dell'umiliazione, di annientare se stesso, e poi risorgere. Ma, questa la strada. Lo stile cristiano, senza croce non cristiano, e se la croce una croce senza Ges, non cristiana. Lo stile cristiano prende la croce con Ges e va avanti. Non senza croce, non senza Ges.... E questo stile ci salver, ci dar gioia e ci far fecondi, perch questo cammino di rinnegare se stessi per dare vita, contro il cammino dell'egoismo, di essere attaccato a tutti i beni soltanto per me... Questo cammino aperto agli altri, perch quel cammino che ha fatto Ges, di annientamento, quel cammino stato per dare vita. Lo stile cristiano proprio questo stile di umilt, di mitezza, di mansuetudine". Le prove, le croci, le sofferenze di tutti i giorni, se offerte, ci santificheranno e tramite esse il Signore salver molte anime. La Vergine apparsa ai pastorelli di Fatima ce lo ha confermato, chiedendo loro: Volete offrire a Dio tutte le sofferenze che Egli desidera mandarvi in riparazione dei peccati dai quali Egli offeso e per domandare la conversione dei peccatori?. La loro risposta fu immediata: S, lo vogliamo! E Maria continu: Andate dunque perch avrete molto da soffrire, ma la Grazia di Dio vi conforter. (Fatima, 13 maggio 1917) Chiediamo allo Spirito Santo occhi per vedere e cuore per amare. Invochiamo lo Spirito Santo insieme, perch davvero l'Amore di Dio, rivelatosi a noi in Ges Crocifisso, tocchi nel profondo il nostro cuore e cambi la nostra vita.
La scuola della croce: amare non emozione ma dare padre Ermes Ronchi Festa dell'Esaltazione della Croce, in cui il cristiano tiene insieme le due facce dell'unica evento: la Croce e la Pasqua, la croce del Risorto con tutte le sue piaghe, la risurrezione del Crocifisso con tutta la sua luce. Parafrasando Kant: La croce senza la risurrezione cieca; la risurrezione senza la croce vuota. Dio ha tanto amato. questo il cuore ardente del cristianesimo, la sintesi della fede: Dove sta la tua sintesi l sta anche il tuo cuore (Evangelii Gaudium 143). Noi non siamo cristiani perch amiamo Dio. Siamo cristiani perch crediamo che Dio ci ama (L. Xardel). La salvezza che Lui mi ama, non che io amo Lui. L'unica vera eresia cristiana l'indifferenza, perfetto contrario dell'amore. Ci che sventa anche le trame pi forti della storia di Dio solo l'indifferenza. Invece amare tanto cosa da Dio, e da veri figli di Dio. E penso che ogni volta che una creatura ama tanto, in quel momento sta facendo una cosa divina, in quel momento generata figlia di Dio, incarnazione del suo progetto. Ha tanto amato il mondo: parole da ripetere all'infinito, monotonia divina da incidere sulla carne del cuore, da custodire come leit-motiv, ritornello che contiene l'es- senziale, ogni volta che un dubbio torna a stendere il suo velo sul cuore. Ha tanto amato il mondo da dare: amare non una emozione, comporta un dare, generosamente, illogicamente, dissennatamente dare. E Dio non pu dare nulla di meno di se stesso (Meister Eckart). Dio non ha mandato il Figlio per condannare il mondo, ma perch il mondo sia salvato per mezzo di lui. Mondo salvato, non condannato. Ogni volta che temiamo condanne, per noi stessi per le ombre che ci portiamo dietro, siamo pagani, non abbiamo capito niente della cro- ce. Ogni volta invece che siamo noi a lanciare condanne, ritorniamo pagani, scivoliamo fuori, via dalla storia di Dio. Mondo salvato, con tutto ci che vivo in esso. Salvare vuol dire conservare, e niente andr perduto: nessun gesto d'amore, nessun coraggio, nessuna forte perseveranza, nessun volto. Neppure il pi piccolo filo d'er- ba. Perch tutta la creazione che domanda, che geme nelle doglie della salvezza. Perch chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Credere a questo Dio, entrare in questa dinamica, lasciare che lui entri in noi, entrare nello spazio divino dell'amare tanto, dare fiducia, fidarsi dell'amore come forma di Dio e forma del vivere, vuol dire avere la vita eterna, fare le cose che Dio fa', cose che meritano di non morire, che appartengono alle fibre pi intime di Dio. Chi fa questo ha gi ora, al presente, la vita eterna, una vita piena, realizza pienamente la sua esistenza.
Quell'assurda idiozia d'esaltare un Perdente don Marco Pozza Un perdente della peggior specie. Cos fallito d'essere stato appeso al patibolo come gesto d'infamia e avvisaglia per i posteri: per tutti coloro che, nel nome Suo, s'azzarderanno nell'ardua avventura della Verit. Sulla Croce: il disprezzo, la villania; il disgusto manifesto, il ludibrio pubblico, la vergogna nazional-popolare. Perch dunque esaltare Costui, portare a spasso costei - la Croce -, battersi il petto e intonare canti? Perch acclamare un perdente - che poi Il Perdente per eccellenza - col rischio d'apparire ridicoli oltrech illusi prima e disillusi a posteriori? Che significa Ti saluto, o Croce santa, / che portasti il Redentor; / gloria, lode, onor ti canta / ogni lingua ed ogni cuor? Aveva forse ragione donna Mansueta, settant'anni sulla groppa dei quali oltre cinquanta a raffazzonare lezioni di catechesi. Ne era davvero convinta: "se non preghi Dio non t'aiuta. Chiedigli subito scusa. Ci penser Dio a punirti". Forse s'era dimenticata che la Croce non fu il titolo di coda di quell'inimitabile storia d'amore: dopo la Croce del Venerd, ci fu lo sterminato silenzio del sabato e la sorprendente sorpresa della domenica. Quel sepolcro trovato vuoto che divenne la ragione prima della grandezza di Maria, quella di Nazareth: reggere il peso di star sotto la Croce le valse il diritto di guardare in faccia la morte - che da quel giorno divenne la croce pi insopportabile - e sbeffeggiarla assieme al Figlio suo Risorto: Dov', o morte, la tua vittoria? Dov', o morte, il tuo pungiglione? (1Cor 15,55). Dov', o Croce, la tua arroganza? Eccola la Croce per la quale oggi s'imbastisce una festa (al mio paesello addirittura una sagra); festa tanto bella quanto incomprensibile. Ci sarebbe davvero da festeggiare, a ben pensarci. Festeggiare fino alla stordimento, all'eccitazione pi piena, al punto tale da tornarsene a casa con la testa che gira e il corpo sbilenco che traballa tant' la gioia. Quella croce non bella in s: un legno, sporcato di sangue, trafitto dalla menzogna, patibolo di infami. E' un legno che non vale nulla, nemmeno il prezzo di uno scranno che da l qualche bravo falegname potrebbe recuperare. Quel legno vale solo perch ha ospitato l'Amore sbeffeggiato. Al pari di quel vecchio lenzuolo macchiato di sangue: il suo prezzo irrisorio, qualche soldo o poco pi l'avran pagato. Eppure il suo valore divenuto inestimabile per aver coperto il Re per un pugno d'ore. Nessun oggetto ha valore in s: chi gli tributa fama, gloria e sprechi la grandezza e la santit di chi l'indossa. Cos fu anche di quel legno: valeva poco pi di nulla, divenne il simbolo universale dell'Amore folle. Quello che il Vangelo colora di esagerazione: Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito. Non scrisse che "Dio ha amato il mondo". Si concede il lusso di un'esagerazione: "ha tanto amato il mondo". Ha rischiato, ha esagerato, s' quasi fatto passare per scimunito agli occhi dei sapienti. Tanto.
Le tre vittime montarono insieme sugli sgabelli. I tre colli furono infilati nei cappi allo stesso momento. "Viva la libert!" gridarono i due adulti. Ma il ragazzo rimase in silenzio. "Dov' Dio? Dov'?" chiese qualcuno dietro di me. Ad un segno del comandante del campo, i tre sgabelli rotolarono... Cominci la marcia dinanzi alle forche. I due grandi non vivevano pi. Le lingue cianotiche penzolavano gonfie. Ma la terza corda si muoveva ancora; cos leggero, il ragazzo era ancora vivo... Stette l per pi di mezz'ora, lottando tra la vita e la morte, morendo d'una lenta agonia sotto i nostri occhi. E lo dovemmo guardare bene in faccia. Era ancora vivo quando io passai. La lingua ancora rossa, gli occhi non ancora vitrei. Dietro di me, udii lo stesso di prima domandare: "Dov' Dio adesso?" E udii una voce dentro di me rispondergli: "Dov'? Eccolo l - appeso a quella forca..." Quella notte la zuppa sapeva di morto. (E. Wiesel, La Notte) Quel legno davvero da esaltare. Perch stato abitato dall'Amore, perch divenuto il simbolo dell'Amore esagerato, perch ci che gli uomini volevano simbolo del fallimento divenne simbolo del riscatto: della vita che non molla. Di Satana che, imbecille come nessun altro, s'illude sempre d'aver l'ultima parola. Quella che abbassa le serrande. Che, invece, da quella Croce s'alzano solamente: per ospitare - Non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perch il mondo sia salvato per mezzo di lui - e per ricominciare. Per scandalizzare, anche: perch il vero scandalo - con buona pace di Mansueta - non un Dio che muore in croce ma un Dio che risorge e prende a schiaffi la Morte. Che, paradossale quanto ambizioso, piuttosto che spiegare il perch del male, scelse l'unica lezione che si poteva ascoltare senza correre il rischio d'interpretare malamente: scelse d'abitare il dolore pi assurdo e assoluto - la Morte - per poi risorgere. Lasciando la pi splendida tra le eredit possibili: Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto (Gv 19,37). Ovvero contempleranno la Croce dal giardino della Risurrezione. Da una posizione privilegiata.
Dio ha tanto amato il mondo mons. Gianfranco Poma Il 14 settembre la Liturgia celebra la festa della "Esaltazione della S. Croce": la XXIV domenica del tempo ordinario, quest'anno assume un significato particolare, ponendoci con chiarezza di fronte alla sconvolgente "differenza" cristiana. "Esaltare la Croce" non privo di rischi: potrebbe indurre a pensare ad un Dio sadico che gode nel far soffrire il proprio figlio e le sue creature, o alla volont masochista delle creature che ritengono di farsi Dio amico offrendogli sacrifici a lui graditi, o potrebbe, come di fatto avvenuto, diventare la giustificazione al desiderio di usare la Croce di Cristo per le proprie battaglie, come un'arma che assicura la vittoria. Celebrare questa festa per noi significa entrare nel mistero della Croce: la Croce ci libera dal pericolo di teorizzazioni, gnosticismi, utopie consolatorie e ci fa incontrare l'evento cocreto e la persona di Ges di Nazareth. Come "il centurione, che si trovava di fronte, avendolo visto spirare in quel modo, disse: Davvero quest'uomo era figlio di Dio!" (Mc.15,39), anche noi siamo chiamati a porci di fronte alla Croce, a guardarlo morire in quel modo e solo dopo non essere fuggiti, non esserci scandalizzati di lui ed essere scesi con lui nel profondo della nostra umanit, sentire che, nella identificazione con lui, sentire che la nostra vita cambia. Guardando la Croce entriamo nel mistero del figlio dell'uomo, della fragilit senza limite dell'uomo che continua a desiderare l'infinito, e nel mistero di Dio che discende nel limite umano per riempirlo con il suo infinito Amore: nella carne crocifissa di Ges, il mistero di Dio e dell'uomo si incontrano in un infinito abbraccio di Amore. Noi vorremmo che il mistero si sciogliesse: vorremo che Dio facesse il grande miracolo... ma finirebbe la storia, non ci sarebbe il mondo, non ci saremmo noi! Dio continua ad implorarci perch nella Croce di Ges, e nelle nostre croci, spesso terribili, crediamo il suo Amore. Anche a noi, oggi, come a Nicodemo, Ges chiede il coraggio della fede (Giov.3,13-17). Nicodemo il primo dei personaggi che egli incontra, nel Vangelo di Giovanni: uno dei capi dei Giudei, un maestro, rappresentante del sapere teologico giudaico nella sua pi alta espressione. L'incontro con Ges lo guida nel cammino interiore della ricerca del senso della vita: un dialogo perch comprenda che l'uomo che cerca, trova la luce aprendosi all'accoglienza di un dono di Amore che illumina la sua notte. Gradualmente Nicodemo scompare, si oltrepassa il dialogo tra due maestri: solo Ges parla, il suo diventa un discorso di rivelazione. Nella sua notte, Nicodemo cercava Ges come maestro, buon interprete della Parola di Dio, che gli spiegasse la via adeguata per salire a Dio e trovare il senso della vita: Ges lo spiazza, presentandogli la sua impensabile novit. Giovanni scrive quando l'evento finale della vita di Ges gi accaduto: Ges disceso, sino alla morte, sino alla Croce. Adesso annuncia che proprio per questo "salito al cielo": si annientato sino alla morte, ha lasciato spazio all'Amore. Facendosi piccolo l'Amore diventa infinito. Nella sua Croce, simbolo estremo della finitezza umana, Ges mostra che la salvezza che l'uomo cerca, non la trova "innalzandosi", cercando con le proprie forze di trascendere il limite dell'esistenza creaturale, ma percorrendo fino in fondo la sua via, che fa dell'esistenza umana lo spazio all'Amore di cui il Padre riempie il Figlio. Solo "discendendo" l'uomo " innalzato": solo lasciando spazio all'Amore, tutto dell'uomo diventa Amore. Cos, oltrepassando Nicodemo, al mondo, a noi, oggi, Ges presenta se stesso, come lo spazio umano nel quale l'Amore di Dio si completamente donato, perch il mondo sia salvato: tutto il mondo, nella sua fragilit, pieno di Amore, Amore che si fa piccolo, per essere infinito. "Credere l'Amore" la proposta che con insistenza Ges fa alla fine del suo monologo. Continua la storia, non pu esistere un mondo ideale nel quale non ci sono problemi, non c' sofferenza, non c' fragilit morale, non ci sono serpenti... Dio non evita la morte del suo Figlio, Ges ha sperimentato l'angoscia, salito sulla Croce: ma persino nell'oscurit pi profonda, Dio presente con il suo infinito misterioso Amore. Credere l'Amore, vederlo in tutte le cose, nella quotidianit pi fragile, sperimentare un Dio che non condanna, non giudica, ma ci dona una vita che nel tempo ma non rinchiudibile dentro nessun confine tanto inesauribilmente grande.
Commento su Giovanni 3,13-17 Omelie.org (bambini)
Oggi una grandissima festa per noi cristiani! Celebriamo infatti l'Esaltazione della Croce. Vorrei cominciare la riflessione di questo vangelo leggendo assieme a voi il significato della parola "esaltazione". Sapete infatti anche voi che, per capire bene le cose, bisogna innanzitutto conoscerle. In questo vocabolario che ho portato i significati sono: lode, elogio, innalzamento, glorificazione, magnificazione, trionfo... tutte parole che sottintendono gioia, bellezza, grandezza, onore. Generalmente, nel nostro linguaggio quotidiano, quando parliamo di croce, sottintendiamo sofferenza, morte, tristezza... Ed allora, secondo voi, la Chiesa ha istituito questa festa per lodare ed elogiare tutto ci che ci fa soffrire? Certo che no! Quante volte anche papa Francesco ci fa capire che gli amici di Ges vivono nella gioia! Ha scritto pure un libro che s'intitola: "La gioia del vangelo"! Il papa lo inizia cos: "La gioia del Vangelo riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Ges ed invita ad annunciare il Vangelo a tutto il mondo, a portare a tutti l'amore di Dio. Ed allora perch oggi celebriamo l'esaltazione della Croce? Voglio dirvi prima di tutto qualcosa sull'origine di questa festa. La leggenda dice che S. Elena (madre di Costantino, il primo grande imperatore romano che si convert al cristianesimo), fu la prima archeologa cristiana che cerc le tracce della passione di Ges. Sempre secondo la leggenda, Elena trov resti della croce, strumenti di tortura, chiodi e la corona di spine. Questa festa inizia ad essere celebrata il 13 settembre del 335 quando venne inaugurata la grande basilica di Costantino che inglobava al suo interno sia il luogo della croce sia quello della sepoltura. La festa si diffuse prima in Oriente e poi arriv a Milano all'inizio dell'anno 1000. Ancora oggi noi la celebriamo ogni 14 settembre. Allora, tornando a noi, perch esaltiamo la Croce? Perch non il segno della sofferenza di Dio ma il segno del suo amore per noi. Questa domenica non facciamo festa per quello strumento di tortura, ma facciamo festa per l'amore del Signore che si dona fino ad accettare la croce trasformandola, per noi, in strumento di vita eterna. Morendo si fatto uno di noi, risorgendo viene esaltato dal Padre e diventa il nostro salvatore. Fino a questo punto ci ha voluto bene. Potremmo dire dunque che oggi la Festa della Vita. Penso che a ciascuno di voi capiti di dire parole carine, consolanti, di comportarsi affettuosamente con coloro ai quali volete bene... questi sono segni bellissimi! Ma una cosa dimostrare il nostro bene con gesti di affetto, di condivisione, di comprensione, un'altra lasciarsi inchiodare ad una croce. Il Signore, a noi, non chiede certamente di fare questo!!! Per Lui, per noi, l'ha fatto. Egli ha preso il posto degli ultimi ed morto con la morte pi infamante del tempo. Pensate bambini... una volta gli antichi Romani riservavano questo supplizio agli schiavi ed ai criminali pi spregevoli, escludendone sempre chi aveva la cittadinanza romana. Esaltare la croce significa allora esaltare l'amore, significa aprire il nostro cuore alla grandezza di questo dono del Padre, significa essere affascinati da Ges che sta l, innalzato su quel legno, per donarci la salvezza. Vi siete mai messi davanti ad un crocifisso consapevoli di quanto Dio si abbassato, al punto tale da morire in questo modo per noi? Fatelo questa sera davanti al crocifisso della vostra cameretta, fatelo come preghiera, state in silenzio davanti a Ges, guardate bene questa maniera inconcepibile di voler bene di Dio, credete con tutto il cuore che Dio presente nella vostra vita come Ges ce lo ha mostrato, riconoscete che vi vicino in ogni momento, anche in quelli dolorosi. Nel brano del vangelo di oggi, Ges preannuncia a Nicodemo quello che dovr subire. Nicodemo era un dottore della legge ed era andato da lui di notte, in segreto, per non essere visto dagli altri farisei. A questo giudeo Ges dice:" Nessuno mai salito al cielo, se non colui che disceso dal cielo, il Figlio dell'uomo. E come Mos innalz il serpente nel deserto, cos bisogna che sia innalzato il Figlio dell'uomo, perch chiunque crede in lui abbia la vita eterna. Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perch chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna". Ges, quando parla del serpente di Mos, fa riferimento all'episodio dell'Antico Testamento che oggi abbiamo ascoltato nella Prima Lettura. Quando il popolo d'Israele, invece di essere riconoscente a Dio per essere stato liberato dalla schiavit dell'Egitto, cominci a lamentarsi del viaggio nel deserto, fu assalito da serpenti velenosi che uccidevano col loro veleno chiunque veniva morso. Il popolo allora, impaurito e pentito, chiese aiuto a Mos il quale, per ordine del Signore, innalz su un'asta un serpente di bronzo: chiunque, dopo essere stato morso, lo avesse guardato, sarebbe rimasto vivo. Evidentemente ci che teneva in vita quelle persone non era il serpente di bronzo... cosa dite bambini? Era la fede in Dio. Questo episodio dell'Antico Testamento che Ges racconta a Nicodemo ci fa capire ancora una volta quanto Dio ama gli uomini. Come allora il popolo d'Israele aveva la vita se guardava al serpente, cos il Padre, mandando suo Figlio, intervenuto nel viaggio della nostra esistenza: chi guarda al Crocifisso con fede, chi vive secondo il suo amore, vivr nella gioia gi in questa terra e nella vita eterna. Non credo che succeda a voi, ma molti si vergognano di essere cristiani: ad esempio si vergognano di dire che vanno a messa, o al catechismo, o dire che pregano, o si vergognano di fare il Segno della Croce... Il Segno della Croce: il segno della nostra redenzione, l'abbraccio di Dio ad ogni uomo, il segno del cristiano, il segno che il sacerdote ci fa nel giorno del nostro Battesimo, il segno che ci d il coraggio di combattere per far vincere il bene. Fare il Segno della Croce come indossare l'armatura di Dio per la battaglia contro il male. Ce lo prendiamo l'impegno di indossare ogni giorno questa armatura per dire che ci affidiamo a Dio Padre come ha fatto Ges, che ci fidiamo del suo Amore che, sconfiggendo la morte, ci ha donato la Vita "per sempre"? Commento a cura di Maria Teresa Vison
Commento su Giovanni 3,13-17 don Michele Cerutti
Nella nostra Europa c' forte l'esigenza nel popolo di Dio di riscoprire le proprie radici cristiane. Questa una giusta esigenza a cui si spera si accompagni il vedere frutti abbondanti. La festa dell'Esaltazione della Santa Croce ci aiuta proprio nella direzione della riscoperta delle nostre radici. Intorno al 320 d. C, l'imperatrice Elena di Costantinopoli trov la Vera Croce, la croce su cui mor Nostro Signore Ges Cristo. Molti anni dopo, nel 614, il re Cosroe II di Persia invase e conquist Gerusalemme e port via la Croce. Ma nel 628 l'imperatore Eraclio la recuper e la port di nuovo a Gerusalemme, il 14 settembre di quello stesso anno. La Croce fu portata attraverso la citt dall'imperatore in persona. Da allora questo giorno incluso nel calendario liturgico come festa dell'Esaltazione della Croce. La data del 14 settembre comune all'Oriente e all'Occidente. Ma a noi cosa dice oggi la Croce? Ha un significato profondo? Sant'Andrea di Creta afferma: "Noi celebriamo la festa della santa croce, per mezzo della quale sono state cacciate le tenebre ed ritornata la luce. Celebriamo la festa della santa croce, e cos, insieme al Crocifisso, veniamo innalzati e sublimati anche noi. La croce gloria di Cristo, esaltazione di Cristo. La croce il calice prezioso e inestimabile che raccoglie tutte le sofferenze di Cristo, la sintesi completa della sua passione". In questa festa siamo invitati a testimoniare la nostra fede con una vita di umile servizio., per essere pronti a pagare anche di persona per rimanere fedeli al Vangelo della carit e della verit. La liturgia della Parola ci aiuta a entrare in questa dimensione. San Paolo su questo punto ci ricorda che Ges Cristo non ritenne il privilegio di essere come Dio, ma divent simile agli uomini. Allora comprendiamo che la Croce un segno della sofferenza di Dio, ma soprattutto espressione del suo amore. Quindi il passo che c' richiesto da compiere di rispettarne il segno. E' veramente brutto vedere quanti sgorbi impressionanti si fanno e si vedono quando si entra in Chiesa. Il cristiano cerca di fare bene il suo segno di croce Fare il segno di croce significa proclamare la nostra appartenenza a Cristo: siamo stati segnati con la sua croce e siamo felici di manifestarlo. S. Tommaso esprime bene il significato e l'importanza del segno della croce. "Il segno della croce il segno della Passione di Cristo e non lo facciamo soltanto per benedire e consacrare, ma anche per professare la propria fede nella potenza della Passione del Signore" (S. Tommaso). La liturgia piena dei segni di croce e nessuna cerimonia inizia senza questo gesto. Il segno di croce appare di volta in volta o come invocazione alla SS. Trinit o come ricordo del mistero della Passione e morte del Signore. Quindi fare il segno di croce significa chiedere la benedizione a Dio e nello stesso tempo professare la propria fede. Lo facciamo prima della preghiera perch ci introduca nel raccoglimento e ci metta spiritualmente in ordine, concentrando in Dio pensieri animo e volont; dopo la preghiera affinch rimanga in noi ci che Dio ci ha donato, nella tentazione perch ci renda forti, nel pericolo perch ci protegga. "Il segno della croce il segno pi santo che ci sia: dobbiamo farlo bene: lento, ampio, consapevole, in modo che abbracci tutto il nostro essere, corpo, anima, pensieri, volont e tutto venga irrobustito, consacrato nella forza di Cristo nel nome di Dio uno e trino!" (Guardini). Proprio perch rappresenta la Passione di Ges il segno di croce nello stesso tempo un gesto di benedizione. Nel linguaggio biblico benedire ha due significati: - Dio ci benedice, cio Dio ci vuol bene (Gen 28,3; Deut 26,15...) - noi benediciamo Dio, cio lodiamo Dio e a lui rendiamo grazie per tutti i suoi benefici (Gen 4,20; Sal 113). In entrambi i casi ancora il segno della croce che il pi espressivo di questa benedizione perch quale bene migliore Dio pu darci di quello di spandere su di noi la grazia acquistata da Ges sulla croce? Di quale beneficio pi grande possiamo ringraziare Dio se non di quello di averci dato suo Figlio morto in croce per liberarci dai nostri peccati? Il segno della croce quindi senza dubbio il simbolo pi profondo che ci sia nella nostra vita liturgica. il segno della efficacia del Mistero della fede grazie al quale abbiamo accesso a Dio. All'annuncio della lettura o proclamazione del Vangelo i fedeli, mentre rispondono: "Gloria a te Signore", sono invitati a tracciare con il pollice un segno di croce sulla fronte, sulle labbra e sul petto. Questi segni di croce hanno un profondo significato: - segniamo con la croce la fronte per non aver vergogna di ubbidire alla Parola di Dio (Lc 9,26; Ap 14,1-5) - segniamo con la croce le labbra per esprimere che vogliamo conoscere questa Parola di Dio (Lc 18,8; Num 10,10) - segniamo con la croce il petto per significare che questa Parola viva innanzitutto nei nostri cuori (Lc 6,45; 8,15). In conclusione possiamo dire che questo triplice segno di croce vuole auspicare che il Vangelo diriga i nostri pensieri, le nostre parole, le nostre azioni, cio tutta la nostra vita. Facciamo bene questo segno e viviamo in questa dimensione di rispetto.
Un amore da esaltare Paolo Curtaz Avete ragione, scusate. Gi solo la titolazione di questa festa che, quest'anno, sostituisce la domenica ci infastidisce. Come si fa ad esaltare la croce? Il dolore non mai da esaltare, n, bene ribadirlo, ha in s una valore positivo. Davanti al dolore dell'innocente, davanti alla sofferenza inattesa, davanti ai tanti volti di persone che hanno avuto la vita stravolta dalla tragedia di una malattia o di un lutto, le parole diventano fragili e l'annuncio del Vangelo si fa zoppicante. L'unica vera obiezione all'esistenza di un Dio buono, cos come Ges venuto a svelare, il dolore dell'innocente. Molti dei dolori che viviamo hanno la loro origine nell'uso sbagliato della nostra libert o nella fragilit della condizione umana. Ma davanti ad un bambino che muore anche il pi saldo dei credenti vacilla. Al discepolo il dolore non evitato, e non cercate nella Bibbia una risposta chiara al mistero del dolore (Ma davvero cerchiamo una risposta? Noi vogliamo non soffrire, non delle risposte!). Non troviamo risposte al dolore, troviamo un Dio che prende su di s il dolore del mondo. E lo redime. La regina pellegrina Quella di oggi una festa nata da un fatto storico: il ritrovamento da parte della regina Elena, madre dell'imperatore Costantino, primo imperatore convertitosi alla fede (cos pare...), del luogo della crocifissione a Gerusalemme. Quel luogo fu conservato con devozione dai discepoli durante tre secoli, malgrado Roma imperiale avesse fatto di tutto per farlo dimenticare e l, dopo lo scavo del sepolcro, fu ritrovata dalla regina Elena in una cisterna la presunta croce di Ges con il titulum crucis. Grandissimo scalpore suscit quella scoperta e le comunit cristiane si ritrovarono in un ventennio dall'essere perseguitate al vedere portata la croce trionfalmente a Costantinopoli. Per noi oggi, giunge l'occasione di una seria riflessione sulla croce. Dio non ama la sofferenza La croce non da esaltare, dicevamo, la sofferenza non mai gradita a Dio, Dio non gradisce il sacrificio fine a se stesso. Lo dico per scongiurare la tragica inclinazione all'autolesionismo tipica del cattolicesimo, inclinazione che crogiola il cristiano nel proprio dolore pensando che questo lo avvicini a Dio, inclinazione che produce molti danni. La nostra una religione che rischia di fermarsi al venerd santo, perch tutti abbiamo una sofferenza da condividere e ci piace l'idea che anche Dio abbia sofferto come noi. Ma la nostra fede non resta ferma al calvario, sale al sepolcro. E lo trova vuoto. La felicit cristiana una tristezza superata, una croce abbandonata perch ormai inutile e questa croce, ormai vuota, viene esaltata. la croce gloriosa e inutile che oggi esaltiamo. Non quella sanguinante cui ancora vengono appesi mille e mille cristi sanguinanti e morenti. Una croce che ha portato Dio, che diventata il trono da cui ha manifestato definitivamente la sua identit. La croce non il segno della sofferenza di Dio, ma del suo amore. La croce epifania della seriet del suo bene per ciascuno di noi. Fino a questo punto ha voluto amarci, perch altro usare dolci e consolanti parole, altro appenderle a tre chiodi, sospese fra il cielo e la terra. Il paradosso dell'amore La croce il paradosso finale di Dio, la sua ammissione di sconfitta, la sua dichiarazione di arrendevolezza: poich ci ama lo possiamo crocifiggere. Esaltare la croce significa esaltare l'amore, esaltare la croce significa spalancare il cuore all'adorazione e allo stupore. Innalzato sulla croce (Giovanni non usa mai la parola "crocifisso" ma "osteso" cio mostrato) Ges attira tutti a s. Davanti a Dio nudo, sfigurato, cos irriconoscibile da necessitare di una didascalia per riconoscerlo, possiamo scegliere: cadere nella disperazione o ai piedi della croce. Dio - ormai - evidente, abissalmente lontano dalla caricatura che ne facciamo; egli li, donato per sempre. E al discepolo chiesto di portare la sua croce. Ho scoperto che, spesso, la croce sono gli altri a procurarcela. O noi stessi. E noi ci svegliamo ogni mattina e la carteggiamo e la pialliamo. Evitiamo le sofferenze inutili, abbandoniamo i dolori che scaturiscono da un'errata visione del mondo! Portare la propria croce significa portare l'amore nella vita, fino ad esserne crocifissi. La croce non sinonimo di dolore ma di dono, dono adulto, virile, non melenso n affettato. Dio ci ha presi sul serio, rischiando di essere uno dei tanti giustiziati della storia. Questa festa, allora, per noi l'occasione di posare lo sguardo sulla misura dell'amore di un Dio che muore per amore, senza eccessi, senza compatimenti, libero di donarsi, osteso, amici, osteso. Questo, ora, il volto di Dio. Cristi Allora ti rispondo, amico che scrivi urlando a Dio il tuo dolore: alla fine della tua acida preghiera non troverai un muro di gomma, n un volto indurito ma - semplicemente - un Dio che muore con te. E potrai scegliere di bestemmiarlo e accusarlo ancora della nostra fatica oppure - che egli te lo conceda - restare stupito come quel ladro crocifisso che non sapeva capacitarsi di tanta follia d'amore. Tutto qui, tutto qui: la croce l'unit di misura dell'amore di Dio. S, amici, c' di che celebrare, c' di che esaltare, c' di che esultare.
Attirati dall'amore don Luciano Cantini
Il Figlio dell'uomo L'incontro con Nicodemo sembra continuare ma il dialogo diventa un monologo di Ges, o forse una riflessione di Giovanni oppure di entrambi. Ges parla di se stesso come di un'altra persona, non dice "Io", ma "Il Figlio dell'uomo". una espressione antica che troviamo spesso nella Scrittura per indicare l'essere umano come appartenente alla stirpe umana (cfr. Sal 8,5; 80,18; Ez 2,1; ecc.). Questa espressione, per, la ritroviamo nel profeta Daniele con una connotazione nuova (Dn 7,13-14): ecco venire con le nubi del cielo uno simile a un figlio d'uomo. A questo Figlio dell'uomo apparso nel cielo gli furono dati potere, gloria e regno; tutti i popoli, nazioni e lingue lo servivano: il suo potere un potere eterno, che non finir mai, e il suo regno non sar mai distrutto. Ges predilige definirsi Figlio dell'uomo perch insieme rivela la sua umanit e la sua messianicit. Qui sembra introdurre qualcosa di esclusivo che approfondisce l'immagine del profeta Daniele: colui che sale al cielo ne anche disceso. Dice sant'Agostino: Egli non abbandon il cielo, quando di l discese fino a noi; e neppure si e allontanato da noi quando nuovamente asceso al cielo. Bisogna che sia innalzato Al povero Nicodemo, impastato di dottrine farisaiche che immaginavano il Messia come interprete autentico e inviato da Dio per far osservare la Legge, Ges fa memoria della storia di Israele perch in lui si d compimento alle Scritture. Come il serpente innalzato nel deserto (Cfr. Num 21, 4-9) strappava alla morte gli ebrei avvelenati, cos l'innalzamento del Figlio dell'uomo sar segno di salvezza per coloro che credono. "Riverser sopra la casa di Davide e sopra gli abitanti di Gerusalemme uno spirito di grazia e di consolazione: guarderanno a me, colui che hanno trafitto" (Zc 12,10; Cfr. Gv 19,37) La gratuit di uno sguardo si contrappone alla oppressione di una legge che pretende di interpretare la volont divina. Oggi guardiamo con orrore al massacro nel mondo islamico come estrema conseguenza di una pretesa umana ma non ci manteniamo distanti se alla interpretazioni delle leggi, pur necessarie, non affianchiamo la gratuit dello sguardo misericordioso di Dio sull'uomo e lo sguardo di speranza dell'uomo verso Dio. Chiunque crede in lui Per due volte affermata la necessit del "credere" per "avere" la vita eterna, in ambedue l'origine il "dono" di Dio, prima raffigurato dall'innalzamento del Figlio dell'uomo, poi dall'amore di Dio che dona il Figlio unigenito. Per credere non c' la necessit di aderire a qualche dottrina o partecipare di qualche organizzazione, neppure al culto, piuttosto una esigenza pressante di nutrire il cuore di amore, dare spessore all'esistenza, lasciarla dominare dalla gioia di aver trovato, fin da subito, la vita eterna. La Fede libera da ogni costrizione, dalla sottomissione pedissequa alla Legge, per riempire l'esistenza dello stesso amore di Dio: "ama e fa' ci che vuoi; sia che tu taccia, taci per amore; sia che tu parli, parla per amore; sia che tu corregga, correggi per amore; sia che perdoni, perdona per amore; sia in te la radice dell'amore, poich da questa radice non pu procedere se non il bene" (S. Agostino). L'amore di Dio per il mondo non raffigurato nel dono della vita eterna ad ogni uomo, ma dall'offerta del Padre all'umanit intera del suo Figlio unigenito. C' dunque un passaggio, uno sguardo da incrociare, un riferimento imprescindibile: "quando sar innalzato da terra, attirer tutti a me" (Gv 12,32). Dobbiamo lasciarci attrarre dall'amore infinito del Crocifisso, amore che supera ogni misura perch il Figlio e il Padre esprimono nella comunione lo stesso amore per il mondo: Quando avrete innalzato il Figlio dell'uomo, allora conoscerete che Io Sono (Gv 8,28). Perch il mondo sia salvato Il "mondo" quello che non stato capace di riconoscerlo (Gv 1,10; 15,18), quello che lo odia (Gv 7,7), a cui il Signore non appartiene (Gv 8,23; 18,36), eppure Dio lo ama e lo ama tanto. Questo "mondo", profondamente ingiusto nelle sue codificazioni, nei confini che esasperano l'inimicizia, nelle religioni che giustificano la violenza, nell'economia che impoverisce i poveri e arricchisce i ricchi, nei poteri che alimentano l'odio..., questo "mondo" Dio lo ama, e vi manda il Figlio suo quale prova suprema ed evidente di questo amore. Ecco, l'amore di Dio visita il mondo, ne attraversa la storia, lo riempie e lo salva. Se nel progetto di Dio necessario che il Figlio dell'uomo sia innalzato, altrettanto necessario che l'uomo creda in lui per non andare perduto: la salvezza di questo nostro mondo totalmente compromessa con la nostra fede, con la volont di lasciarci avvolgere dal suo amore e liberi da ogni altro compromesso, diventare capaci d'amore.
Cos bisogna che sia innalzato il Figlio dell'uomo Movimento Apostolico - rito romano
Finch Ges rimarr innalzato sulla Croce in mezzo alle nazioni, sempre il sole dell'amore del Padre splender per l'intera umanit. La nostra vita dalla fede. Il Crocifisso il vero sacramento della nostra rinascita, rigenerazione. in Lui, con Lui e per Lui che si passa dalla morte alla vita. Chi guarda con fede Lui, il Crocifisso, compie la sua pasqua dalla schiavit del peccato alla libert dei figli di Dio. Passa dalla non umanit, dalla disumanit, alla vera sua umanit. In Lui si diviene veri uomini. La speranza vera dell'uomo nel Crocifisso, dal Crocifisso. Il Cristo innalzato sulla croce la fonte, la sorgente di ogni vita. da Lui, dal suo costato aperto sulla croce, che sgorga per noi l'acqua che trasforma il nostro deserto spirituale in giardino ricco di ogni frutto di salvezza e di redenzione. Il Vangelo secondo Giovanni a pi riprese annunzia questa infallibile verit. Lui la vita. Noi siamo la morte. Di nuovo disse loro: Io vado e voi mi cercherete, ma morirete nel vostro peccato. Dove vado io, voi non potete venire. Dicevano allora i Giudei: Vuole forse uccidersi, dal momento che dice: "Dove vado io, voi non potete venire"?. E diceva loro: Voi siete di quaggi, io sono di lass; voi siete di questo mondo, io non sono di questo mondo. Vi ho detto che morirete nei vostri peccati; se infatti non credete che Io Sono, morirete nei vostri peccati. Gli dissero allora: Tu, chi sei?. Ges disse loro: Proprio ci che io vi dico. Molte cose ho da dire di voi, e da giudicare; ma colui che mi ha mandato veritiero, e le cose che ho udito da lui, le dico al mondo. Non capirono che egli parlava loro del Padre. Disse allora Ges: Quando avrete innalzato il Figlio dell'uomo, allora conoscerete che Io Sono e che non faccio nulla da me stesso, ma parlo come il Padre mi ha insegnato. Colui che mi ha mandato con me: non mi ha lasciato solo, perch faccio sempre le cose che gli sono gradite (Gv 8,21-29). Ges rispose loro: venuta l'ora che il Figlio dell'uomo sia glorificato. In verit, in verit io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserver per la vita eterna. Se uno mi vuole servire, mi segua, e dove sono io, l sar anche il mio servitore. Se uno serve me, il Padre lo onorer. Adesso l'anima mia turbata; che cosa dir? Padre, salvami da quest'ora? Ma proprio per questo sono giunto a quest'ora! Padre, glorifica il tuo nome. Venne allora una voce dal cielo: L'ho glorificato e lo glorificher ancora!. La folla, che era presente e aveva udito, diceva che era stato un tuono. Altri dicevano: Un angelo gli ha parlato. Disse Ges: Questa voce non venuta per me, ma per voi. Ora il giudizio di questo mondo; ora il principe di questo mondo sar gettato fuori. E io, quando sar innalzato da terra, attirer tutti a me. Diceva questo per indicare di quale morte doveva morire. Allora la folla gli rispose: Noi abbiamo appreso dalla Legge che il Cristo rimane in eterno; come puoi dire che il Figlio dell'uomo deve essere innalzato? Chi questo Figlio dell'uomo?. Allora Ges disse loro: Ancora per poco tempo la luce tra voi. Camminate mentre avete la luce, perch le tenebre non vi sorprendano; chi cammina nelle tenebre non sa dove va. Mentre avete la luce, credete nella luce, per diventare figli della luce. Ges disse queste cose, poi se ne and e si nascose loro (Gv 12,23-36). I figli di Israele, nel deserto, venivano attaccati da serpenti velenosi contro il cui morso non vi era alcun rimedio. Dio stabil via della vita la fede in un serpente di bronzo. Chi lo guardava con fede, sanava dal morso letale. Chi non lo guardava, moriva. Chi guarda il Crocifisso con fede, vive. Chi non lo guarda, rimane nella morte. Senza la fede in Lui non c' alcuna speranza di vita. Il morso del serpente antico uccide anima, spirito, corpo. Quella societ che rifiuta il Crocifisso condannata a sicura morte. Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, dateci uno sguardo di vera fede.
Commento su Giovanni 3,13-17 Omelie.org - autori vari COMMENTO ALLE LETTURE Commento a cura di Rocco Pezzimenti 1. La celebrazione odierna sembra essere fuori moda, anche se costituisce l'essenza stessa del Cristianesimo. Preparata dall'inizio dei tempi e ricordata dai profeti. Non a caso l'evangelista ripropone le stesse parole di Ges: "E come Mos innalz il serpente nel deserto, cos deve essere innalzato il Figlio dell'uomo". Il paragone semplice e non ammette equivoci anche perch gli apostoli non era la prima volta che lo sentivano risultandone scandalizzati. Eppure il Maestro, per fugare ogni dubbio e per farne capire l'importanza e la portata, aggiunge che questo deve avvenire "affinch ognuno che crede in lui abbia la vita eterna". 2. La Croce, con tutto il suo scandalo, diviene la discriminate per chi voglia salvarsi. Non un fatto opinabile. Nostro Signore la presenta come la via della redenzione. Diventa con lui trono sul quale sar incoronato della corona della vittoria. Diciamoci la verit, anche a noi, questo discorso il pi delle volte sembra assurdo. Spesso proviamo a sostenerlo in modo poco convincente perch noi stessi lo affrontiamo distratti da troppi "se" e da tanti "ma". Forse, questo capita perch non riflettiamo sul vero senso della Croce, che segno di amore, dell'incomprensibile amore di Dio che "ha tanto amato il mondo da dare suo Figlio, l'unigenito". 3. Il simbolo della Croce la vicenda stessa della Chiesa e dei suoi fedeli che solo per il tramite di essa possono salvarsi. Lo stesso Ges aggiunge che riconoscere il valore salvifico del suo sacrificio necessario "affinch ognuno che crede in Lui non perisca ma abbia la vita eterna". Scandalizzarsi della Croce, allora come oggi, mettere in discussione la salvezza portata dal redentore. dimenticare che "Dio non mand il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma affinch il mondo sia salvato per mezzo di Lui". La misura dell'amore di Dio data dal sacrificio di s. Non credere nella croce di Cristo non capire, in alcuni casi rifiutare, l'amore di Dio. 4. Paolo canta questo prodigio della Croce operato da Ges che, essendo Dio, "svuot" quasi se stesso - il verbo annientare dice poco - prendendo forma di schiavo, che non da intendere nella ristretta dimensione del sociale, ma che sta a significare che, "divenuto simile agli uomini", si sottopose alla morte, umiliandosi come pi non si poteva. Divenne "obbediente fino alla morte, alla morte di Croce", per riparare con l'obbedienza al peccato originale della superbia. 5. Il paradosso continua: proprio a seguito di questo obbrobrio che "Iddio lo esalt e gli diede un nome che al di sopra di ogni altro nome". Insomma, da qui si genera una nuova regalit, per questo l' Esaltazione della Santa Croce. Il suo nome diviene il nome del Re dei re "perch nel nome di Ges ogni ginocchio si pieghi in cielo, in terra, nell'inferno". Anche questo ci suona strano. Si parla di dimensioni che non sembrano riguardarci pi. Forse perch non diamo il senso che richiede all'espressione che "Ges Cristo Signore a gloria di Dio Padre".
Guardando dritto negli occhi la croce don Alberto Brignoli
Oggi il calendario liturgico ci invita a fare una "pausa", nella celebrazione ordinaria della domenica, perch possiamo celebrare con la solennit che le consona la festa della Esaltazione della Croce di Ges. una festa che ha origini antiche, legate pure ad alcune tradizioni che a noi oggi sembrano poco plausibili e prive di elementi di fede: due imperatori cristiani di Roma, Costantino ed Eraclio, in tempi abbastanza lontani tra di loro, videro nella devota invocazione alla Croce di Cristo il motivo della loro vittoria contro due eserciti nemici, per cui oggi celebriamo una festa che, almeno a livello storico, ha delle origini strane, legate a fenomeni bellici e di violenza. Ma ci che pi mi colpisce e mi sconvolge di questa festa non tanto la sua origine storica, quanto l'oggetto stesso della devozione, ovvero il fatto che si invitino i fedeli ad "esaltare" la croce. Finch si tratta di esaltare la grandezza e la forza salvifica della Croce di Cristo, credo che nessuno di noi sia disposto a farsi da parte o a tirarsi indietro; ma se vero - e non ho alcun dubbio nel credere che sia cos - che la celebrazione del mistero di Cristo pure celebrazione del mistero della nostra fede e della nostra esistenza, dentro di me sento gi un po' pi di resistenza nell'esaltare e celebrare le croci della nostra vita di ogni giorno. Siamo onesti: chi mai se la sente di "esaltare la propria croce quotidiana"? Chi si sente in grado di esaltare una vita fatta di stress e di frenesia, che ti porta a iniziare la giornata con malumore e a terminarla con stanchezza? Chi se la sente di esaltare un lavoro che non c' o che quando c' logora? Come si possono esaltare le preoccupazioni che ci vengono dalla vita di famiglia di ogni giorno? Chi mai in grado di esaltare le sofferenze e i dolori legati a una malattia? Chi, in definitiva, se la sente di celebrare ed esaltare il mistero insondabile, eppure ineludibile, della morte? "Esaltare la croce", tanto quella di Cristo come le nostre: sembra un controsenso, in una societ come la nostra che tende a eliminare i crocifissi dalla propria vista. Ogni tanto si sente parlare di politici che si danno da fare con ogni mezzo per eliminare i crocifissi dalle aule e dai luoghi pubblici adducendo la bieca giustificazione della volont di "non offendere" e "rispettare" le sensibilit e i credi religiosi di tutti (anche chi, per contro, fa le battaglie per rimettere i crocifissi nei luoghi pubblici sono certo che lo fa pi per ripicca politica che per autentiche motivazioni di fede e di rivalutazione della propria identit cristiana); poi, per, nessuno si preoccupa minimamente di rispettare, di non offendere le migliaia di crocifissi viventi, i milioni di persone che nel mondo sono perennemente attaccati alla croce, spesso senza nessuna prospettiva di salvezza! Quei "cristi" costantemente appesi alla croce, chi mai li rispetta e li venera? Malati terminali, senza tetto, barboni, affamati, esiliati, perseguitati, vittime della guerra e del razzismo, donne sfruttate, bambini privati di ogni diritto...e chi pi ne ha, pi ne metta: quante volte i nostri comportamenti tendono pi a eliminarli dalla nostra vista (n pi n meno come si fa con i crocifissi delle aule) che ad esaltarli, a rispettarli, a venerarli come presenza storica, qui e oggi, del Cristo in croce? Ci d fastidio fermarci e guardarli negli occhi, vogliamo eliminarli e addirittura ci rivolgiamo a Dio perch ce ne liberi, senza prima dimenticarci di darne a lui la colpa, come gli israeliti nel deserto: "Perch ci avete fatto salire dall'Egitto per morire in questo deserto?". Come a dire: Perch ci obblighi a fare i conti ogni giorno con la croce e la morte, quando staremmo molto meglio rinchiusi nel nostro mondo di sicurezze? E poi, siccome la risposta di Dio non quella da noi attesa, perch la croce e la morte non solo non se ne vanno, ma entrano a far parte anche della nostra esistenza, oltre che di quella degli altri, allora lo preghiamo: "Supplica il Signore che allontani da noi questi serpenti", ovvero: Signore, molto meglio l'amarezza del deserto che una croce che ci uccide costantemente. E la risposta di Dio sconcertante: ti salverai solo se avrai il coraggio di guardare in faccia alla croce. Gli israeliti nel deserto si salvavano se, morsi dai serpenti, guardavano l'asta con il serpente di bronzo innalzata da Mos, prefigurazione dell'albero che, nella solitudine deserta del Golgota, molti secoli dopo innalzer il "Figlio dell'Uomo, perch chiunque crede in lui abbia la vita eterna". A noi, oggi, dato di salvarci dalla sofferenza e dalla morte se ad essa siamo capaci di guardare in faccia, negli occhi, non con atteggiamenti di sprezzante sfida, e nemmeno con disperata rassegnazione, ma con la speranza che viene dalla fede. Con quella speranza, cio, che viene dalla consapevolezza che Dio non ha eliminato la morte dalla nostra vita, ma ha deciso liberamente (s, perch almeno lui poteva benissimo farne a meno) di assumerla su di s, di accompagnarci nel momento della solitudine, della sofferenza, della malattia, della morte, in definitiva della croce, e di farci sentire che quella croce non siamo pi da soli a portarla. Questo il senso dell'"esaltazione" della croce. Dio consapevole delle croci dell'uomo, non perch sia lui a mandarcele, ma perch lui stesso, nella persona di suo Figlio Ges, le ha provate sulla sua pelle. E continua a provarle, a portarle su di s, in ogni uomo che soffre e che muore, soprattutto in chi soffre ingiustamente. Ed proprio questa condivisione, questa "com-passione" con l'uomo e con le sue croci quotidiane che rappresentano per noi speranza e addirittura fonte di vita nuova. Perch da Cristo in poi, da quel tragico venerd sul Golgota, l'uomo non pi da solo, nella sofferenza: Dio con noi, ci accompagna, ci aiuta, ci conforta, ci redime, ci salva. E la festa di oggi ci dice addirittura che ci risolleva e ci esalta.
Gloriarci della Croce di Ges padre Antonio Rungi
La XXIV domenica del tempo ordinario, quest'anno coincide con la festa dell'Esaltazione della croce. Ogni domenica, Pasqua settimanale, celebriamo l'esaltazione della croce e la risurrezione del Crocifisso. Ma questa domenica, l'esaltazione della croce assume uno speciale significato liturgico. La chiesa chiamata a inginocchiarsi ai piedi del Crocifisso per imparare ad amare, perdonare e ad essere umile senza alcuna assurda pretesa di essere qualcuno. Di fronte al grande mistero dell'amore misericordioso del Signore che rivela tutta la sua potenza nella Croce, noi oggi siamo chiamati a rinnovare questo nostro impegno di spiritualit passiologica, mettendo al centro della nostra vita, proprio Lui il Crocifisso, come l'hanno messo al centro della loro esistenza i santi di ogni tempo e dei nostri giorni. Come non ricordare in questa festa della croce, la morte delle tre suore saveriane, uccise barbaramente in Burundi nei giorni scorsi. Anche in questi atti supremi d'amore si rivela la potenza della croce, non la sua sconfitta, ma la sua vera vittoria. Se seme caduto nella terra non muore, non produce frutto, destinato a marcire nel terreno, senza poter vedere la vita che si sviluppa e cresce attraverso lo stelo, la foglia e la pianta. Ecco la storia di ogni vita che deve morire a se stessa per risorgere e dare semi nuovi. Questo mistero dell'amore che muore e che rivive, lo comprendiamo alla luce di quanto scrive l'Apostolo Paolo nel brano della seconda lettura di questa festa, tratto da lettera agli Efesini. La festa della Croce l'abbassarsi di Dio, attraverso il suo Figlio, alla nostra umile condizione umana, per ridare dignit all'uomo attraverso lo strumento pi ignobile, conosciuto ai tempi di Ges, che era la croce, un supplizio tremendo, considerato che chi era condannato alla crocifissione era considerato, nella logica e del potere del tempo, un nulla, un fallito, uno che non alcun peso e non pu essere considerato. D'altra parte, gi nell'Antico Testamento tutta una linea profetica aveva preannunciata la venuta del Messia e Redentore, non sotto le mentite vesti del povero e del sofferente, ma del vero servo sofferente di Javh. E' Isaia, nel Patriarca Mos, a darci una precisa anticipazione della figura del Messia Redentore rivestito della sofferenza e dell'umiliazione. L'immagine del serpente fissato sull'asta e che libera da ogni pericolo, ci porta immediatamente all'immagine di Ges Crocifisso. Il bellissimo e profondo brano scelto come prima lettura nella liturgia della festa dell'Esaltazione della Croce, tratto dal Libro dei Numeri, ci porta a toccare con mano la grande di questo Dio-Uomo e Uomo-Dio che si incarnato nella storia dell'umanit nella pienezza dei tempi e si fatto uomo come noi. Il serpente di bronzo che Mos portava come a difesa del popolo di Israele e che salvava dalla morte, per avvelenamento, ci porta alla Croce di Ges. Egli issato sulla croce per amore dell'umanit e per ridarci la dignit di figli di Dio perduta con il peccato originale. Ges crocifisso ci libera da ogni veleno spirituale che fa rischiare di infettare tutta la persona e farla morire nello spirito, azzerando in lei ogni possibilit di speranza e riscatto. Ges, innalzato sulla croce, il grande segno dell'amore misericordioso di Dio, il quale, nonostante i nostri fallimenti ed i nostri peccati, ci attende per dialogare con Lui nella carit, che si fa prossimo, vita, speranza e gioia per tutti. Nel sintetico brano del Vangelo di Giovanni, che introdotto nella Liturgia della parola di questa festa, incontriamo forti espressioni che ci aiutano a comprendere il senso il significato di questa festa. E' come rivivere il Venerd Santo, quando Cristo liberamente va al Calvario, dopo essere stato condannato ingiustamente da Pilato. Scrive Papa Francesco in merito a Ges Crocifisso: "L'Uomo della Sindone ci invita a contemplare Ges di Nazaret. Questa immagine - impressa nel telo - parla al nostro cuore e ci spinge a salire il Monte del Calvario, a guardare al legno della Croce, a immergerci nel silenzio eloquente dell'amore. Lasciamoci dunque raggiungere da questo sguardo, che non cerca i nostri occhi ma il nostro cuore. Ascoltiamo ci che vuole dirci, nel silenzio, oltrepassando la stessa morte. Attraverso la sacra Sindone ci giunge la Parola unica ed ultima di Dio: l'Amore fatto uomo, incarnato nella nostra storia; l'Amore misericordioso di Dio che ha preso su di s tutto il male del mondo per liberarci dal suo dominio. Questo Volto sfigurato assomiglia a tanti volti di uomini e donne feriti da una vita non rispettosa della loro dignit, da guerre e violenze che colpiscono i pi deboli". Festeggiare la Croce mettersi dalla parte dei sofferenti, di quanti sono nell'assoluta disperazione per far s che la gioia della redenzione portata a compimento da Ges Cristo, mediante la sua morte in croce e la sua risurrezione, possa raggiungere ogni uomo di questa terra, dove a piantare le croci di morte e di dolore sono altri uomini che uccidono, ammazzano, distruggono, violentano, offendono, privano di ogni dignit e libert altri fratelli che vivono su questa terra. Festeggiare la croce, festeggiare l'amore, la gioia e la giustizia, perch su quella Croce salito il Figlio di Dio e da quella croce ci ha dettato una lezione di amore che nessuno potr mai uguagliare nella sostanza e nella forma. Con san Paolo Apostolo vogliamo lanciare, nel deserto spirituale di questo mondo, questo messaggio di amore e di speranza per tutti: "Di null'altro mai ci glorieremo se non della Croce di Ges Cristo, nostro Signore: egli la nostra salvezza, vita e risurrezione; per mezzo di lui siamo stati salvati e liberati". (cf. Gal 6,14).
Commento su Gv. 3.17 Casa di Preghiera San Biagio FMA "Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo ma perch il mondo sia salvato per mezzo di Lui" Gv. 3.17 Come vivere questa Parola? Riprendere il cammino della PAROLA DI DIO con quest'affermazione fortissima del Vangelo di Giovanni come ossigenarsi l'anima, il cuore e la vita. Molta gente ha buttato ai rovi la propria identit cristiana perch non ha preso mai contatto vero e profondo con quanto vien detto qui. In fondo ci che domina l'uomo ancora oggi la paura. Che si annidi nella sua parte inconscia o che lo assedi dopo errori commessi, non sempre lo si sa appurare. La paura distruttiva, proprio perch come nerofumo di confusione da cui per emerge un guaio serio: la falsa immagine di Dio. Dopo aver ascoltato tante persone so che molte pensano a un "dio" castigamatti, pronto a scagliare fulmini sul peccatore. Non cos! Dio vuole che tu, che io e ognuno di noi sia salvo. La prova? Ascoltiamo ancora Giovanni: "Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio Unigenito perch chiunque crede in Lui non vada perduto ma abbia la vita eterna" (Gv. 3.16). Si, il Padre ci ha dato Ges, Suo Figlio: non su un letto di rose ma su quell'obbrobrio che era il supplizio della Croce. Ges cos aveva preso su di s tutto il marciume del peccato, tutto il male del mondo. E fu questo il modo concreto per dire a ognuno: ti voglio cos bene che muoio per te. Ti voglio salvo, ti libero dalla paura. La voce di una consacrata Signore credo in te, perci mi fido di te. L'abbandono si esprime nel non pretendere di decifrare il futuro, di controllarlo, di conoscerne i risultati. Mi sento al centro del cuore, con te Signore. Sono nella pace. Sr Ivana Marchetti fma. (1944 - 2009) Sr Maria Pia Giudici fma
Esaltiamo l'amore pi grande mons. Roberto Brunelli Esaltazione della Santa Croce: la festa odierna, tanto importante da interrompere il normale ciclo delle domeniche, importante ancor di pi per i cristiani orientali, i quali la considerano quasi una seconda Pasqua. La festa ha avuto origine presso di loro, per ricordare la consacrazione, avvenuta a Gerusalemme l'anno 335, di quella che noi chiamiamo la basilica del Santo Sepolcro; qui si venerava il legno ritenuto la croce di Ges, e quando nel 630 l'imperatore Eraclio riusc a riportarvelo, vincendo i Persiani che l'avevano sottratto, al ricordo della consacrazione si aggiunse quello del felice ricupero. Da allora la festa si estese ai cristiani d'occidente. A parte le memorie storiche, esaltare la Santa Croce significa richiamare insieme i due volti della redenzione compiuta dall'Uomo-Dio: le celebrazioni pasquali li presentano distinti (il venerd santo, la morte in croce; la domenica, la gloria della risurrezione), ma essi costituiscono un unico inscindibile mistero. Se Cristo non fosse risorto, ricorda San Paolo, vana sarebbe la nostra fede; ma risorto perch prima era morto, e nel modo che si sa, e per le ragioni che si conoscono. Due volti dunque dell'unico mistero, come avevano ben compreso gi i primi cristiani, i quali per secoli hanno cercato di esprimerlo raffigurando non il Crocifisso ma la sola croce, d'oro e impreziosita da gemme, o in vari altri modi adorna. Insomma esaltata, in quanto strumento e segno della salvezza, strumento e segno dell'amore pi grande che si possa immaginare. Il passo dei vangeli proposto in questa festa, diversamente da quanto ci si potrebbe aspettare, non scelto tra i resoconti della Pasqua, pur se tutti e quattro gli evangelisti li presentano, e con abbondanza di particolari. Ne stato scelto invece una sorta di preannuncio (Giovanni 3,13-17), fatto dallo stesso Ges a Nicodemo, il notabile giudeo recatosi da lui di notte, in segreto. Da quel predicatore ambulante che tanto l'aveva impressionato da indurlo a rischiare l'ostracismo dei suoi pari pur di conoscerlo di persona, Nicodemo tra l'altro si sent dire: "Nessuno mai salito al cielo, fuorch il Figlio dell'uomo che disceso dal cielo. E come Mos innalz il serpente nel deserto, cos bisogna che sia innalzato il Figlio dell'uomo, perch chiunque crede in lui abbia la vita eterna. Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perch chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna". Due premesse, per capire. "Figlio dell'uomo" l'espressione con cui Ges designa se stesso. E l'accenno al serpente di Mos fa riferimento a un episodio dell'antico testamento (Numeri 21,4-9): quando il popolo d'Israele, invece di esprimere con la fedelt a Dio la sua riconoscenza per essere stato liberato dalla schiavit dell'Egitto, prese a lamentarsi del viaggio nel deserto, fu assalito da serpenti velenosi seminatori di morte; allora, impaurito e pentito chiese aiuto al condottiero, il quale per ordine del Signore innalz su un'asta un serpente di rame: chiunque, dopo essere stato morso, lo avesse guardato, sarebbe rimasto vivo. Evidentemente quello che teneva in vita non era il manufatto sull'asta, ma la fede in Dio che cos aveva disposto; ed facile comprendere che quel singolo episodio assume un valore paradigmatico, passando dalla dimensione fisica a quella spirituale. A Ges bastano le poche parole riportate, per manifestare le verit profonde che riguardano lui stesso e noi in rapporto a lui. Ricapitolando: Dio ha amato gli uomini, tanto da intervenire nel viaggio della loro vita, a liberarli dai morsi delle colpe che darebbero loro la morte spirituale; allo scopo ha mandato il suo Figlio, il quale, prima di tornare al cielo, sar anche lui innalzato su un legno; chi guarda a lui con fede (cio accoglie nella propria vita Colui che per amore ha donato la sua) evita la morte, anzi riceve da Dio la vita senza fine.
Commento su Giovanni 3,13-17 Agenzia SIR Agenzia SIR
Ges parla a Nicodemo, maestro della legge, che per non lo capisce; lo capir - pi avanti - Giovanni il Battista, il profeta primo ad accogliere la parola di Ges e a rinascere dall'alto. Nicodemo un anziano giunto alla sera della vita e va da Ges di notte. Ges, al contrario, vuole farlo venire alla luce e fargli capire che s'innalza per dar vita, non per morire. il problema fondamentale dell'uomo: come vivere per vincere l'angoscia della morte. Nicodemo, ricercatore della legge, non ha trovato risposta e Ges gli dice che si "nasce dall'alto". Le poche parole di Ges non vanno spiegate; esse stesse spiegano nel senso che tolgono le pieghe al nostro animo e portano nelle profondit dello spirito a capire chi siamo noi e chi Lui. una illuminazione sulla pienezza della vita. Quando uno vive veramente? Non quando nasce, perch si nasce mortali e poi si muore. Uno vive veramente quando amato e riama a sua volta. l'incredibile amore di Dio per l'uomo. All'origine dell'esistere non c' il fato, il caso; c' un amore personale di tante persone; questa la prima cosa. Questo il centro del Vangelo. Il Figlio dell'uomo Ges e bisogna che sia innalzato. Essere innalzato vuol dire essere glorificato, ma anche essere appeso sulla Croce. E infatti la sua gloria sar la Croce perch l finisce il male. Sulla Croce si comprende la gloria di un Dio che ci ama talmente da dare la vita anche se lo mettiamo in Croce. Cos Dio, non pu non amarci perch Padre. E il Figlio che conosce l'amore del Padre testimonia la fraternit fra tutti. venuto il Figlio - e non il Padre - proprio per insegnarci che noi siamo figli e dunque fratelli. L'ultimo verso sul tema del giudizio che spetta a Dio che vuole salvare tutti, predestinandoci al bene perch amati come figli. Dio per rispetta la libert degli uomini, non costringere all'assenso. La fede la fiducia che si d all'amore. Commento a cura di don Angelo Sceppacerca
Amore straordinario padre Gian Franco Scarpitta Non certo ad uno strumento ligneo che noi dedichiamo una Festa liturgica. Per quanto bella e monumentale possa apparirci appesa alla parere della nostra chiesa parrocchiale, non ad essa che noi concediamo venerazione e baci. Come si pu infatti lodare e idolatrare un oggetto che stato strumento di morte crudele? Piuttosto, mentre rivolgiamo alla croce di legno tutte le nostre attenzioni, dobbiamo assumere consapevolezza che il vero omaggio rivolto a Colui che non ha disdegnato di caricarsi di un simile strumento per la salvezza di tutti noi. In parole povere, noi non veneriamo la croce quale strumento di morte o di condanna nefasta, ma in essa rivolgiamo il nostro onore all'elemento per mezzo del quale avvenuta la nostra redenzione e la nostra salvezza. E sopratutto noi veneriamo il Crocifisso molto pi della croce stessa. Colui che in essa ha dato la massima espressione dell'amore per l'umanit. Facciamoci caso: fra tutti gli strumenti di tortura concepiti dal genio omicida dell'uomo, quello della croce il pi macabro e raccapricciante. La ghigliottina o la crivellazione di mitra hanno certo la loro crudelt, ma non comportano che si muoia dopo lunghe torture, spasimi e affanni, come quando si sta appesi a lungo in una posizione che distrugge il fisico e il sistema cardio circolatorio. Per non parlare della macelleria umana dei chiodi che si infilzano sugli arti che sgorgano sangue. Qualsiasi altro strumento di supplizio non cos duraturo e massacrante come la croce. Accettare pertanto di essere trafitti sui pali incrociati vuol dire pertanto essere ben coscienti del dolore atrocissimo che si dovr subire, avere consapevolezza di una morte crudele dopo una lunga sofferenza cruenta priva di consolazioni; accogliere di buon grado una sorte dalla quale non si potr assolutamente scappare.. Non per niente Ges pregava il Padre che, ferma restando la Sua indomita volont, "passasse da lui questo calice" (Mt 26, 39). Quando poi il dolore accompagnato dallo scherno e dagli sberleffi altrui, diventa ancora pi insormontabile. Ma seppure Ges abbia avanzato la suddetta richiesta al Padre di liberarlo da una fine cos ignobile, non ha ricusato di avviarsi ad essa con fare coraggioso e risoluto, senza opporvi resistenza e senza usufruire delle certissime difese di Dio Padre che avrebbe potuto ben liberarlo. Ha voluto affrontare la croce per essere, a detta di Paolo, "scandalo per i Giudei stoltezza per i pagani, ma per coloro che Dio ha chiamati, Giudei o pagani, Cristo sapienza e potenza di Dio..." (! Cor 1, 22-24). In questo strumento di grandi atrocit, Cristo ha mostrato che Dio sceglie ci che il mondo tende a fuggire, abbracciando ogni sorta di avversit e di umiliante sconfitta che mai si riterrebbe concepibile agli occhi dell'umano. Un Dio che potrebbe piegare tutti alla sua volont con la coercizione e con il predominio, e che invece preferisce morire su una croce per favore nostro. La ragione di tutto ci non pu essere che una sola: sebbene l'uomo debba delle scuse a Dio a motivo del suo peccato, Dio si atteggia nei suoi riguardi quasi chiedendo scusa egli stesso, come se a ricevere l'offesa fosse stato l'uomo. E sulla croce la scusa di Dio l'Amore. Rivolto ai Romani, Paolo sottolinea con forza che, cos come si paga il riscatto per la liberazione di un ostaggio, cos sulla croce di Cristo Dio paga il prezzo di riscatto per i peccati dell'umanit e il sangue del suo Figlio la moneta di questo pagamento: Cristo nella croce espia i nostri peccati. Ma cosa caratterizza questa decisione puramente divina se non l'Amore straordinario che solo in Dio pu sussistere? Solo il Dio che ama l'uomo fino in fondo pu sacrificarsi per lui accogliendo uno strumento di morte crudele e l'accettazione del patibolo la prova del nove di questo Amore straordinario che sconfina con la pazzia. Come Mos innalz il serpente nel deserto (I lettura) per salvare gli Israeliti dai meritati morsi dei serpenti; cos adesso il Figlio Ges Cristo sar innalzato dopo la croce: risusciter e ascender al cielo per essere sempre con noi una volta vittorioso sulla morte e sul peccato. La croce quindi necessaria. Se lo stata per Cristo, certamente lo sar anche per noi. Se prestiamo un momento di attenzione, gli altri la chiamano sotto diversi appellativi: difficolt, affanno, lotta, inquietudine... ma sempre quella . La croce del quotidiano. Quale la differenza fra coloro che non la definiscono croce e noi cristiani che la denominiamo con tale termine? Semplicemente questa: a differenza degli altri, noi guardiamo in essa Ges il Crocifisso, colui che destinato a resuscitare e a liberarsene mostrandone addirittura i segni da risorto; e questo ci incute fiducia e speranza. Nell'affrontare le vicissitudini negative di ogni giorno e nel subire i torti e le ingiustizie e le cattiverie di ogni sorta, ci di consolazione rivolgere lo sguardo verso Colui che stato trafitto e ripensare a quanto Egli ha sofferto in materia di persecuzione, per comprendere che come Lui anche noi siamo destinati a ricevere il giusto compenso in questa vita e la remunerazione eterna al termine del nostro itinerario terreno.
Commento su Giovanni 3,13-17 fr. Massimo Rossi Quest'anno la solennit dell'Esaltazione della S.Croce cade di domenica: quale migliore congiuntura, per parlare del mistero della nostra salvezza?...a cominciare dal testo dell'Orazione Collett: si afferma che Dio Padre ha voluto la morte di suo Figlio per salvare l'umanit; il testo originale della Preghiera Eucaristica III - ne ho gi parlato in altre occasioni -, ribadisce il principio che, in sostanza,Dio volle essere placato con la morte di Ges: ho detto anche che, in fase di traduzione dell'originale latino in italiano, inglese, francese e tedesco, questa espressione particolarmente forte ed esplicita stata cancellata dal testo (della preghiera eucaristica). Fu una scelta dettata da prudenza? Quale sarebbe stata e quale sarebbe ancora la reazione dei fedeli, nel sentir proclamare dall'altare un'affermazione simile? E come potremmo ancora parlare di colpevolezza, da parte di coloro che materialmente agirono contro Ges, a cominciare da Giuda... e poi Pietro, Caifa', Pilato, Erode, i soldati, il popolo che chiese la morte in croce del Signore...? Se Dio voleva questo, se era scritto che Ges sarebbe morto, come Lui stesso annunci in tempi non sospetti, quando cio era all'apice della notoriet, allora vuol dire che c'era un destino gi segnato, non solo per il Figlio di Dio, ma anche per gli uomini che collaborarono direttamente, o indirettamente, alla morte di Lui. Qualcuno ricorder il famoso film "Jesus Christ Superstar", che fece discutere il mondo e la Chiesa alla fine degli anni 70: ebbene, all'inizio del film, Giuda innalza a Dio la sua protesta: "Perch io? perch hai scelto me?": non si tratta solo di battute ad effetto, in gioco il delicato e sempre difficile rapporto tra la libert degli uomini e la conoscenza che Dio ha del passato, del presente, ma anche del futuro nostro e di tutti. Se Dio sapeva, perch non lo ha impedito? Lui che onnipotente, non poteva intervenire per salvare Suo Figlio da quella morte tragica e ingiusta? E se non l'ha fatto, significa forse che condivideva, in tutto o in parte, il complotto e la decisione di uccidere Ges? Sappiamo bene che un conto consentire, permettere, accettare... e un altro conto condividere. Tuttavia questi distinguo' non convincono del tutto; e il problema del valore della volont di Dio in ordine alla passione di suo Figlio rimane aperto. In ultima analisi, quale era la volont di Dio nei confronti di Ges? (Dio) ha voluto s, o no la passione di Cristo? Alla domanda non risponder in questa sede, la lascio alla vostra riflessione personale. Anche perch la solennit di oggi celebra la S.Croce, non per esaltare il patibolo sul quale Ges salito ed morto - un patibolo in quanto tale non si pu n si potr mai esaltare! -; ma per celebrare ci che la croce di Cristo ci ha guadagnato, la salvezza! La Chiesa, fedele al mandato di Cristo contenuto nel Vangelo, insegna che c' una salvezza presente e una futura: quella presente la salvezza dai peccati; quella futura la vita eterna. Tanto la prima che la seconda sono vincolate alla nostra volont di collaborare a questo piano di salvezza che Dio ha ordinato per ciascuno di noi e per l'umanit intera. Ora, senza nulla togliere alla sovrana e assoluta libert di Dio, la nostra salvezza dipende anche dalla nostra libert e volont di realizzarla con ogni mezzo, in sostanza, scegliendo il bene ed evitando il male. Certo, la sola volont umana, per quanto forte, determinata e audace nel ricercare il bene da fare e il male da evitare, (la volont umana) non in grado di guadagnare la salvezza. necessaria la misericordia di Dio, misericordia compiuta dalla passione di Cristo. Ma la Passione di Cristo ci interpella ad entrare nella salvezza facendo la nostra parte. Ci che di buono possiamo fare non costituisce alcun titolo di merito e non aggiunge nulla ai meriti di Cristo. Cos pure, ci che noi possiamo patire in nome della fede, non aggiunge nulla ai patimenti di Cristo: l'apostolo Paolo scrive ai Colossesi (cfr Col 1,24), per ricordare loro che la sua propria passione altro non che una cammino di purificazione personale, finalizzato a portare a compimento nel suo proprio corpo ci che ancora manca della passione di Cristo; ci che manca in lui-Paolo, non in Cristo! una precisazione doverosa: i fedeli devono fuggire la tentazione dell'orgoglio di accampare diritti sulla salvezza; quasi che Cristo avesse bisogno di un ulteriore contributo umano. Le sofferenze, la perseveranza, la fede non aggiungono qualcosa alla passione di Cristo, ma la rendono efficace per il singolo credente e per la comunit tutta. Diventando sempre pi conformi alla persona di Ges, in vita e soprattutto in morte, noi apriamo la porta alla salvezza, ci arrendiamo all'amore di Dio, con-sentiamo che questo Amore ci raggiunga e, con esso, la salvezza. Concludo con un'ultima precisazione, diretta soprattutto a coloro che intendono la salvezza nei termini di giudizio di Dio: la precisazione non mia, ma emerge dalle parole che il Signore rivolge a Nicodemo: "Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perch il mondo sia salvato per mezzo di lui.". Mi piace pensare che, al termine della vita, ciascuno possa ricevere l'abbraccio del Padre, come san Luca descrive al capitolo 15 del suo Vangelo: lacrime di gioia, il vestito pi bello, l'anello al dito, i sandali ai piedi, e.... tutti dentro, a far festa! Romantico? no, evangelico!
Commento su Nm 21,4-9; Fil 2,6-11; Gv 3,13-17 CPM-ITALIA Centri di Preparazione al Matrimonio (coppie - famiglie) Oggi la liturgia ci propone la festa dell'esaltazione della santa croce, che si celebra in questa data e, trovandosi di domenica, ha precedenza sulla liturgia ordinaria. La sua origine storica e ricorda il ritrovamento del luogo della crocifissione a Gerusalemme da parte della regina Elena, madre dell'imperatore Costantino. I nostri fratelli orientali celebrano questa festa con una solennit paragonabile a quella della Pasqua. Il discorso della croce un discorso difficile, irto di possibili malintesi, ma centrale nella nostra fede. La croce non da esaltare, la sofferenza non mai gradita a Dio. La croce il segno dell'amore di Dio per ciascuno di noi. Esaltare la croce significa esaltare l'amore. Nel Vangelo san Giovanni ci dice che Ges innalzato sulla croce attira tutti a s. Ecco perch la Croce va esaltata, perch solo la Croce strumento di salvezza. la Croce che ci contraddistingue come cristiani, il nostro simbolo, la nostra vita, perch esprime non solo la morte, ma anche la Risurrezione di Ges. Nella prima lettura troviamo il brano al quale Ges fa riferimento nel suo discorso con Nicodemo: gli israeliti dopo essersi ribellati a Dio e a Mos, vengono puniti. Rientrati in s chiedono a Mos di intercedere presso Dio. Il serpente, segno di morte, di terrore, di fallimento, di sofferenza, diventa allora un segno di vita, allo stesso modo in cui la croce, segno di paura, di morte, diventa segno di vita. Nella seconda lettura, tratta dalla Lettera ai Filippesi, la croce vista come il motivo di "esaltazione" di Cristo. Dio, in Ges, si spogliato della sua divinit ed venuto in mezzo a noi come colui che serve. Il nostro Dio un Dio che scende dai cieli per raggiungere la nostra realt, per venirci incontro e vivere accanto a noi le tante difficolt della vita. Il Padre esalta il Figlio che ha accettato di obbedire fino al dono supremo della vita; la croce cos diventa segno dell'obbedienza come adesione che accompagna tutta la sua avventura terrena. Nel Vangelo Ges dice al suo visitatore Nicodemo che "bisogna che sia innalzato il Figlio dell'uomo, perch chiunque crede in lui abbia la vita eterna."(Giov.3,14b-15). sulla croce che troviamo la manifestazione pi alta dell'amore di Dio. Sulla croce Ges in tutto simile al serpente di bronzo issato su un'asta al centro dell'accampamento. Chi guarda con fede a Cristo Ges salvo. La testimonianza, l'impegno, il sacrificio, la solidariet, il coraggio, l'amore e il perdono devono diventare allora le caratteristiche e i comportamenti di vita per seguire Ges, che ha saputo abbandonarsi al progetto di Dio Padre per la salvezza dell'umanit. La croce segna la diversit tra il modello di vita egoistica delle promesse e dei diritti e quello cristiano della responsabilit e dell'impegno. Quando si devono affrontare i nodi seri dell'esistenza, quando si vuole costruire una famiglia unita, una convivenza umana nel segno della solidariet, un futuro di pace, cio quando si vuole amare si ha bisogno di punti di riferimento che non sempre coincidono con le sicurezze umane. Ecco allora che la Croce, segno di dolore, di morte, di contraddizione, diventa segno di amore e donazione totale e pu esserci di aiuto nei momenti di difficolt. Ges muore per testimoniare la seriet con la quale la vita va vissuta, la radicalit con cui va vissuto l'impegno di promuovere una vita veramente umana in famiglia, sul lavoro, nella societ e nelle nostra comunit in cui viviamo ed operiamo. Ricordiamoci di questo quando facciamo il segno della croce, un segno non formale, ma che comprende tutto quanto la liturgia di oggi ci ha aiutato a capire. Per la riflessione di coppia e di famiglia: - La parola "croce" suscita in me pi atteggiamenti negativi o la collego a uno strumento di salvezza? Perch? - Nicodemo era un uomo in sincera ricerca della verit. Gli mancava per un'ulteriore apertura che gli poteva venire solo dall'incontro con Ges. Fino a quando noi riduciamo la nostra fede a una discussione da salotto o pensiamo che sia una scelta di vita, una testimonianza e condivisione tra coniugi, in famiglia, sul lavoro, nella societ? Don Oreste, Anna e Carlo - CPM Torino
Commento su Giovanni 3,16 Casa di Preghiera San Biagio FMA Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perch chi crede in Lui non muoia, ma abbia la vita eterna. Gv 3,16 Come vivere questa Parola? Icona del Crocifisso e simbolo del mistero pasquale di morte-vita e di umiliazione-glorificazione, ben presto la Croce fu considerato lo strumento della nostra salvezza e segno distintivo dei cristiani. Il 13 settembre del 335 a Gerusalemme avvenne la consacrazione delle due basiliche erette da Costantino sul Golgota e sul Santo Sepolcro. Il 3 maggio del 628 l'imperatore Eraclio riconquist le reliquie della Croce che i Persiani avevano trafugato. Di qui la festa della Esaltazione /Presentazione della Croce, che i nostri fratelli orientali celebrano con una solennit paragonabile a quella della Pasqua. La festa di oggi si prefigge di entrare nella vita dei fedeli per educarli a porre al centro del proprio cuore l'umiliazione-esaltazione di Cristo in croce per leggere ogni avvenimento, ogni oggi in questa luce. Non difficile rendersi conto se la Croce al centro della vita e dei pensieri dei fedeli, perch allora cresce e si diffonde inesauribilmente la speranza. La Croce ci mostra l'amore sconfinato che Dio ha per noi: se Dio disposto a dare se stesso per la nostra salvezza, vuol dire che ci ama; quindi non abbiamo pi nulla da temere. Aggrappati alla Croce noi salviamo la nostra esistenza: un legno, una zattera che ci permette di navigare anche nei mari pi tempestosi della vita. Tenere gli sguardi fissi su Ges Crocifisso ci abitua e ci abilita a guardare a tutti i crocifissi di cui l'umanit ha cosparso il suo cammino ( quelli crocifissi dall'ingiustizia, dalla prepotenza e dalla sopraffazione dei forti e dei signori della guerra, dalle malattie e dalla povert... ) e battersi con tutte le forze perch siano liberati e redenti. Certo, la Croce sofferenza, ma pu diventare redenzione. Affidarsi a Ges, credere in Lui fa s che nessuna lacrima resti senza frutto. Su quella Croce Dio raccoglie tutte le croci della storia per trasformarle in strumenti di salvezza: solo nella Croce di Cristo il mondo si salva. Salve o Croce, unica speranza ( O Crux, ave, spes unica ) Inno ai vespri della Settimana Santa . La voce di un Teologo Siriano Dottore della Chiesa La Croce di Ges Cristo la chiave del Paradiso San Giovanni Damasceno
Nessuno mai salito al cielo, se non colui che disceso dal cielo Movimento Apostolico - rito romano Conoscere Dio per sentito dire, per immaginazione, pensiero immanente, filosofico ed anche teologico, e conoscerlo invece per visione eterna, per abitazione nel suo seno, per unit di natura divina, per perfetta ed eterna comunione nello Spirito Santo, non sono la stessa cosa. Vi la stessa differenza che regna tra essere una cosa e immaginare una cosa. L'uomo immagina Dio e parla per pensiero sempre analogico. Cristo Ges Dio e parla per essenza, sostanza, verit, unit, comunione, carit, misericordia, fedelt, santit, eternit, divinit, che lui stesso. Questa differenza va affermata verso tutte le religioni esistenti nel mondo. Tutte parlano di Dio conoscendolo come a tentoni. Ges invece parla di Dio parlando di se stesso, pi che un uomo parla di se stesso, perch Ges si conosce perfettamente nello Spirito Santo. Ecco cosa insegna San Paolo agli Ateniesi. Ateniesi, vedo che, in tutto, siete molto religiosi. Passando infatti e osservando i vostri monumenti sacri, ho trovato anche un altare con l'iscrizione: "A un Dio ignoto". Ebbene, colui che, senza conoscerlo, voi adorate, io ve lo annuncio. Il Dio che ha fatto il mondo e tutto ci che contiene, che Signore del cielo e della terra, non abita in templi costruiti da mani d'uomo n dalle mani dell'uomo si lascia servire come se avesse bisogno di qualche cosa: lui che d a tutti la vita e il respiro e ogni cosa. Egli cre da uno solo tutte le nazioni degli uomini, perch abitassero su tutta la faccia della terra. Per essi ha stabilito l'ordine dei tempi e i confini del loro spazio perch cerchino Dio, se mai, tastando qua e l come ciechi, arrivino a trovarlo, bench non sia lontano da ciascuno di noi. In lui infatti viviamo, ci muoviamo ed esistiamo, come hanno detto anche alcuni dei vostri poeti: "Perch di lui anche noi siamo stirpe". Poich dunque siamo stirpe di Dio, non dobbiamo pensare che la divinit sia simile all'oro, all'argento e alla pietra, che porti l'impronta dell'arte e dell'ingegno umano. Ora Dio, passando sopra ai tempi dell'ignoranza, ordina agli uomini che tutti e dappertutto si convertano, perch egli ha stabilito un giorno nel quale dovr giudicare il mondo con giustizia, per mezzo di un uomo che egli ha designato, dandone a tutti prova sicura col risuscitarlo dai morti. Quando sentirono parlare di risurrezione dei morti, alcuni lo deridevano, altri dicevano: Su questo ti sentiremo un'altra volta. Cos Paolo si allontan da loro. Ma alcuni si unirono a lui e divennero credenti: fra questi anche Dionigi, membro dell'Arepago, una donna di nome Dmaris e altri con loro (At 17,22-34). bene che ricordiamo anche ci che Ges dice alla Samaritana, anche lei in qualche modo ricercatrice di Dio, ma colma di tante confusioni nella mente e nel cuore. I nostri padri hanno adorato su questo monte; voi invece dite che a Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare. Ges le dice: Credimi, donna, viene l'ora in cui n su questo monte n a Gerusalemme adorerete il Padre. Voi adorate ci che non conoscete, noi adoriamo ci che conosciamo, perch la salvezza viene dai Giudei. Ma viene l'ora - ed questa - in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verit: cos infatti il Padre vuole che siano quelli che lo adorano. Dio spirito, e quelli che lo adorano devono adorare in spirito e verit. Gli rispose la donna: So che deve venire il Messia, chiamato Cristo: quando egli verr, ci annuncer ogni cosa. Le dice Ges: Sono io, che parlo con te (Gv 4,20-26). La Samaritana dice bene. Quando il Messia verr ci insegner ogni cosa. Il Messia ci parla di Dio dalla croce, dalla sofferenza per amore, dalla sua passione, dalle sue trafitture, dai suoi chiodi. Il suo un discorso vero, perch un discorso di dono. Ges parla a noi dalla verit di Dio e dell'uomo. Molti parlano anche della verit di Dio, ma dalla loro falsit. La loro una verit su Dio che non fa veri quanti la dicono. Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli Santi, fateci veri della verit di Dio.
Commento su Giovanni 3,13-17 Paolo Curtaz Un evento storico sta all'origine della festa dell'Esaltazione delle croce: la regina Elena, madre dell'imperatore Costantino, cristiana, approfitt della sua posizione per organizzare un imponente pellegrinaggio in Terrasanta con la benedizione (e moltissimi denari) del figlio. La sua devozione la spinse a visitare tutti i luoghi in cui si era conservata la memoria della presenza del Signore e ad ordinare la costruzione di imponenti basiliche. Sopra il luogo della crocifissione sorgeva un tempio pagano che la regina non esit a far demolire per ritrovare la collina del Golgota e le tombe adiacenti. Secondo una pia tradizione, in una delle cisterne contigue agli scavi vennero trovate delle croci fra cui quella di Ges che venne portata trionfalmente a Costantinopoli, un 14 settembre. Quello che resta di questa tradizione il significato profondo dell'evento: la croce che celebriamo quella gloriosa, non lo strumento di tortura ma la manifestazione della misura dell'amore divino. Non esaltiamo la sofferenza, che Dio non ama e non gradisce, ma la testimonianza dell'amore di Dio che Ges ha manifestato morendo in croce.
Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perch il mondo si salvi per mezzo di lui Riccardo Ripoli Ogni persona giudica gli altri, le loro azioni. Non a caso i reality sono tanto seguiti, c' infatti la bramosia di sapere ogni cosa che accade ovunque per poter esprimere giudizi che vanno ben al di l del fatto stesso, ma si basano sulla persona. Il rovescio della medaglia di questa mania di giudicare tutti che ognuno pensa di essere continuamente sottoposto a giudizio da parte degli altri. Mi capita spesso di dover criticare azioni fatte dai miei ragazzi, ma ogni volta che li accuso di qualcosa, ogni volta che giudico una loro azione tacciandola per cattiva, mi premuro sempre di far loro capire che non un parere sulla persona, bens sull'azione in s stessa. Ognuno di loro poi tirer le somme e valuter se nel complesso sta camminando su una buona o una cattiva strada. I ragazzi capiscono, ed anche se mi arrabbio sanno che gli voglio bene, li apprezzo ed accetto per quello che sono e, sgridandoli, svolgo il ruolo di padre che fa capire loro gli errori portandoli a riflettere sulle conseguenze che certi gesti possono avere. Per il mio carattere spesso critico, specie nelle persone a me pi vicine, atteggiamenti o pensieri che ritengo sbagliati, esprimendo il mio parere anche su come avrei affrontato una certa situazione. Purtroppo capita sovente che tale critica sia presa come un giudizio alla persona, un parere negativo non tanto sull'azione in s stessa, quanto sull'insieme, sul modo di vivere o su quello di pensare. Questo purtroppo ci che oggi respiriamo, un continuo giudizio che ci porta a non essere sereni e tranquilli nel valutare, magari insieme ad altri che ci vogliono bene, le nostre azioni. Cos da una parte si assiste a litigi che prendono piede da una foglia per poi incendiare un bosco intero e talvolta mettere in crisi lo stesso rapporto, dall'altra c' la falsit di chi, per evitare liti, decide di non dire pi nulla e tenersi tutto dentro, con la conseguenza che basta una scintilla per far uscire dal cuore mille cose del passato, ed allora si che sono litigate. Avete mai letto di quei re del passato che assumevano ogni giorno qualche goccia di veleno? Lo facevano affinch il loro corpo si abituasse, in modo tale che se qualcuno un giorno avesse tentato di assassinarli non ci sarebbe riuscito. Una critica alla volta, a piccole dosi, non fa male, anzi fortifica. Purtroppo in questa smania di giudicare e sentirsi giudicati ci mettiamo anche Dio. Lo immaginiamo sul Suo grande trono con lo scettro in mano pronto a condannarci e punirci per ogni nostra azione. E in moti si allontanano da Lui per paura. E' vero che il Signore alla fine del mondo giudicher le nostre azioni e decider dove la nostra anima trascorrer l'eternit, ma anche vero che pi volte ci dice che Ges non venuto per giudicare, ma per salvare. Vedetelo come un Padre che vuole bene ai Suoi figli. Li critica, li sferza, gli da regole e comandamenti, ma poi buono con loro. Ditemi, quante volte avete sbagliato nella vita? E quante volte avete ricevuto in cambio la punizione che vi sareste umanamente aspettati di ricevere? Non sono state pi le carezze delle punizioni o delle prove che avete dovuto subire? Il Signore venuto per salvarci, non per condannarci, e ci ha dato tanti strumenti da utilizzare per suonare la nostra canzone, qualunque essa sia nel massimo rispetto della nostra libert. Il Vangelo il vademecum con le regole da seguire per giocare al meglio questa bellissima partita che la vita.
Bisogna che il Figlio dell'uomo sia innalzato Ileana Mortari - rito romano L'evangelista Giovanni fu l'unico degli apostoli che rimase fino alla fine con Ges, anche dopo il suo arresto, anche sotto la croce: quando con i suoi stessi occhi lo vide morire, cap, per dono dello Spirito Santo, che la salvezza degli uomini non poteva venire per altra via. Ecco perch nel brano di Nicodemo, da cui tratto il vangelo odierno, troviamo: "bisogna che sia innalzato il Figlio dell'uomo, perch chiunque crede in lui abbia la vita eterna."(Giov.3,14b-15) "Bisogna", in greco "dei" (= necessario), un termine senza equivalente semitico, che compare un centinaio di volte nel N.T. quasi sempre in riferimento al progetto di Dio, al Suo piano di salvezza universale inserito nella storia degli uomini. Ma perch mai "erano necessarie" la passione e la morte di Ges? non c'era altro modo per salvare gli uomini? E, se cos "doveva" succedere, dove sta la libert di Ges? E' il Cristo solo una "marionetta" nelle mani di Dio? Per rispondere a tutte queste domande dobbiamo ripensare a quella che la "storia della salvezza", cio "l'ingresso di Dio nella storia, per condurre l'essere umano al suo fine ultimo - la piena realizzazione di s - mediante l'offerta all'uomo della Sua alleanza". Tale storia dimostra chiaramente qual l'amore di Dio per la sua creatura: un amore davvero eccezionale, che non si ferma davanti a nessun ostacolo. Infatti, in una prima fase (Antica Alleanza o Primo Testamento) accade che, sia nel lontano periodo delle origini (Gen.1-11), che nelle vicende dei Patriarchi e poi nel periodo monarchico, esilico e post-esilico, l'ostinazione dell'uomo nel male e nel peccato sia pi forte dei continui richiami di Dio (anche attraverso i profeti) al Suo amore portatore solo di bene. E allora Dio decide di inviare il suo stesso Figlio, "in una carne simile a quella del peccato e in vista del peccato, per condannare il peccato nella carne" (Romani 8,3) Di qui il fatto storico dell'incarnazione del Verbo (2 persona della Trinit) e la Sua missione tra gli uomini: rivelare il volto di Dio, e dunque il Suo amore, e rivolgere loro l'ultima chiamata, l'estremo appello a ricambiarlo (Nuova Alleanza o Nuovo Testamento). In questa sua missione Ges si trov a dover fronteggiare il terribile avversario del Male/Maligno, incontrando fin da subito incomprensioni, ostilit, persecuzioni. Egli per non esit mai un momento a seguire la via indicatagli dal Padre; con totale libert and fino in fondo nel suo compito di testimoniare la Verit e rifiut recisamente le vie alternative che di tanto in tanto gli si presentavano e lo tentavano: usare il suo potere per un successo facile, popolare e immediato, che gli avrebbe evitato la passione e morte (cfr. ad esempio Giov.6,15). Invece, giorno dopo giorno, il Nazareno ha costantemente optato per l'obbedienza al Padre. A un certo punto si reso ben conto che le sue parole e i suoi comportamenti suscitavano nelle autorit religiose ebraiche un'ira e una collera tali da farlo considerare un sovversivo da eliminare; ma ancora una volta ha seguito con coerenza e coraggio la sua strada: non ha evitato di andare a Gerusalemme, sede del Sinedrio, non ha tentato la fuga, n opposto una resistenza armata insieme ai suoi; piuttosto andato incontro ad una morte annunciata con sovrana libert; si lasciato arrestare, interrogare, flagellare, appendere alla croce. "Perch mai - si domander l'uomo fino alla fine dei tempi - un Dio ha lasciato che si infierisse cos su di Lui? Perch non sceso dalla croce, come gli intimavano i suoi sbeffeggiatori, per mostrare la sua potenza?" L'avrebbe potuto fare? Certamente, visto che in vita aveva guarito e resuscitato tante persone! Ma non l'ha fatto, perch - paradossalmente - proprio in questo non salvare se stesso ha salvato gli altri, gli uomini, tutti gli uomini, ciascuno di noi! E come ci ha salvati? Compiendo la profezia di Isaia: "Egli stato trafitto per i nostri delitti....Il castigo che ci d salvezza si abbattuto su di lui" (Is.53, 5) Come in vita Ges ha preferito soggiacere Lui, innocente, all'iniqua macchina giudiziaria giudaica, piuttosto che fare anche una sola vittima ricorrendo alla difesa armata, cos ora, sulla croce, preferisce non salvare se stesso (pur potendolo fare!), ma offrire totalmente la sua esistenza per amore degli uomini. E infatti proprio sulla croce totale e perfetta la manifestazione dell'amore di Dio: "Dio dimostra il suo amore verso di noi perch, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo morto per noi" (Rom.5,8) Ges "ha dovuto" - e nello stesso tempo "ha voluto" - scendere nell'abisso del male, per distruggerlo alla radice con la sua libera conformit al piano del Padre e con il suo amore agli uomini. Immergendosi nella morte, conseguenza e "salario" del peccato, egli ha preso su di s il peccato del mondo, cio tutto il male della storia umana, e in tal modo lo ha svuotato dall'interno, cio lo ha "tolto", e ha anche sradicato l'odio dal cuore dell'uomo. Sublime mistero! Non decifrabile dalla nostra razionalit, ma forse un po' pi comprensibile attraverso due immagini: "Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto"(Giov.12,24); il frutto quella "vita eterna" (Giov.3,15) che prima abbiamo ricordato come conseguenza dell'innalzamento sulla croce del Figlio dell'uomo; e "vita eterna" in Giovanni significa la vita stessa di Dio in noi, vita che salvezza, gioia e felicit. Seconda immagine. In una gelida mattina d'inverno un nonno e il suo nipotino si trovarono a passeggiare lungo uno stagno ghiacciato; il piccolo volle provare a pattinarvi sopra, ma il ghiaccio non tenne ed egli cadde nell'acqua gelata; immediatamente il nonno stacc un ramo, lo porse al bambino e con uno sforzo immane riusc ad estrarre il nipote dal crepaccio; egli per soffriva di cuore e nella notte un attacco cardiaco gli fu fatale. Il bambino volle recuperare quel pezzo di legno con cui il parente ad un tempo gli aveva salvato la vita ma aveva perso la sua, e lo pose su una parete comesegno del grande amore del nonno per lui, il nipotino amato, che in quel tragico momento aveva potuto essere salvato solo in quel modo! Ecco, credo che questo raccontino dica molto bene il significato e il valore della croce, strumento di cui si servito l'Amore di Dio per salvarci (dal male, dal peccato, dalla morte spirituale e dal non senso), e dunque ben degna dell'onore tributatole nella odierna festa liturgica.
Bisogna che il Figlio dell'uomo sia innalzato Ileana Mortari - rito romano
L'evangelista Giovanni fu l'unico degli apostoli che rimase fino alla fine con Ges, anche dopo il suo arresto, anche sotto la croce: quando con i suoi stessi occhi lo vide morire, cap, per dono dello Spirito Santo, che la salvezza degli uomini non poteva venire per altra via. Ecco perch nel brano di Nicodemo, da cui tratto il vangelo odierno, troviamo: "bisogna che sia innalzato il Figlio dell'uomo, perch chiunque crede in lui abbia la vita eterna."(Giov.3,14b-15) "Bisogna", in greco "dei" (= necessario), un termine senza equivalente semitico, che compare un centinaio di volte nel N.T. quasi sempre in riferimento al progetto di Dio, al Suo piano di salvezza universale inserito nella storia degli uomini. Ma perch mai "erano necessarie" la passione e la morte di Ges? non c'era altro modo per salvare gli uomini? E, se cos "doveva" succedere, dove sta la libert di Ges? E' il Cristo solo una "marionetta" nelle mani di Dio? Per rispondere a tutte queste domande dobbiamo ripensare a quella che la "storia della salvezza", cio "l'ingresso di Dio nella storia, per condurre l'essere umano al suo fine ultimo - la piena realizzazione di s - mediante l'offerta all'uomo della Sua alleanza". Tale storia dimostra chiaramente qual l'amore di Dio per la sua creatura: un amore davvero eccezionale, che non si ferma davanti a nessun ostacolo. Infatti, in una prima fase (Antica Alleanza o Primo Testamento) accade che, sia nel lontano periodo delle origini (Gen.1-11), che nelle vicende dei Patriarchi e poi nel periodo monarchico, esilico e post-esilico, l'ostinazione dell'uomo nel male e nel peccato sia pi forte dei continui richiami di Dio (anche attraverso i profeti) al Suo amore portatore solo di bene. E allora Dio decide di inviare il suo stesso Figlio, "in una carne simile a quella del peccato e in vista del peccato, per condannare il peccato nella carne" (Romani 8,3) Di qui il fatto storico dell'incarnazione del Verbo (2 persona della Trinit) e la Sua missione tra gli uomini: rivelare il volto di Dio, e dunque il Suo amore, e rivolgere loro l'ultima chiamata, l'estremo appello a ricambiarlo (Nuova Alleanza o Nuovo Testamento). In questa sua missione Ges si trov a dover fronteggiare il terribile avversario del Male/Maligno, incontrando fin da subito incomprensioni, ostilit, persecuzioni. Egli per non esit mai un momento a seguire la via indicatagli dal Padre; con totale libert and fino in fondo nel suo compito di testimoniare la Verit e rifiut recisamente le vie alternative che di tanto in tanto gli si presentavano e lo tentavano: usare il suo potere per un successo facile, popolare e immediato, che gli avrebbe evitato la passione e morte (cfr. ad esempio Giov.6,15). Invece, giorno dopo giorno, il Nazareno ha costantemente optato per l'obbedienza al Padre. A un certo punto si reso ben conto che le sue parole e i suoi comportamenti suscitavano nelle autorit religiose ebraiche un'ira e una collera tali da farlo considerare un sovversivo da eliminare; ma ancora una volta ha seguito con coerenza e coraggio la sua strada: non ha evitato di andare a Gerusalemme, sede del Sinedrio, non ha tentato la fuga, n opposto una resistenza armata insieme ai suoi; piuttosto andato incontro ad una morte annunciata con sovrana libert; si lasciato arrestare, interrogare, flagellare, appendere alla croce. "Perch mai - si domander l'uomo fino alla fine dei tempi - un Dio ha lasciato che si infierisse cos su di Lui? Perch non sceso dalla croce, come gli intimavano i suoi sbeffeggiatori, per mostrare la sua potenza?" L'avrebbe potuto fare? Certamente, visto che in vita aveva guarito e resuscitato tante persone! Ma non l'ha fatto, perch - paradossalmente - proprio in questo non salvare se stesso ha salvato gli altri, gli uomini, tutti gli uomini, ciascuno di noi! E come ci ha salvati? Compiendo la profezia di Isaia: "Egli stato trafitto per i nostri delitti....Il castigo che ci d salvezza si abbattuto su di lui" (Is.53, 5) Come in vita Ges ha preferito soggiacere Lui, innocente, all'iniqua macchina giudiziaria giudaica, piuttosto che fare anche una sola vittima ricorrendo alla difesa armata, cos ora, sulla croce, preferisce non salvare se stesso (pur potendolo fare!), ma offrire totalmente la sua esistenza per amore degli uomini. E infatti proprio sulla croce totale e perfetta la manifestazione dell'amore di Dio: "Dio dimostra il suo amore verso di noi perch, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo morto per noi" (Rom.5,8) Ges "ha dovuto" - e nello stesso tempo "ha voluto" - scendere nell'abisso del male, per distruggerlo alla radice con la sua libera conformit al piano del Padre e con il suo amore agli uomini. Immergendosi nella morte, conseguenza e "salario" del peccato, egli ha preso su di s il peccato del mondo, cio tutto il male della storia umana, e in tal modo lo ha svuotato dall'interno, cio lo ha "tolto", e ha anche sradicato l'odio dal cuore dell'uomo. Sublime mistero! Non decifrabile dalla nostra razionalit, ma forse un po' pi comprensibile attraverso due immagini: "Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto"(Giov.12,24); il frutto quella "vita eterna" (Giov.3,15) che prima abbiamo ricordato come conseguenza dell'innalzamento sulla croce del Figlio dell'uomo; e "vita eterna" in Giovanni significa la vita stessa di Dio in noi, vita che salvezza, gioia e felicit. Seconda immagine. In una gelida mattina d'inverno un nonno e il suo nipotino si trovarono a passeggiare lungo uno stagno ghiacciato; il piccolo volle provare a pattinarvi sopra, ma il ghiaccio non tenne ed egli cadde nell'acqua gelata; immediatamente il nonno stacc un ramo, lo porse al bambino e con uno sforzo immane riusc ad estrarre il nipote dal crepaccio; egli per soffriva di cuore e nella notte un attacco cardiaco gli fu fatale. Il bambino volle recuperare quel pezzo di legno con cui il parente ad un tempo gli aveva salvato la vita ma aveva perso la sua, e lo pose su una parete comesegno del grande amore del nonno per lui, il nipotino amato, che in quel tragico momento aveva potuto essere salvato solo in quel modo! Ecco, credo che questo raccontino dica molto bene il significato e il valore della croce, strumento di cui si servito l'Amore di Dio per salvarci (dal male, dal peccato, dalla morte spirituale e dal non senso), e dunque ben degna dell'onore tributatole nella odierna festa liturgica.
Nessuno mai salito al cielo, se non colui che disceso dal cielo Movimento Apostolico - rito romano Ges sale al cielo con la sua gloriosa risurrezione. Discende dal cielo con la sua Incarnazione. Ecco come l'Apostolo Giovanni presenta la vita del Verbo nel Cielo prima, durante e dopo la creazione del mondo. Prima, durante e dopo la sua incarnazione. Questa verit solo sua e di nessun altro, n in Dio n fuori di Dio, N nel Cielo e n sulla terra, n prima e n dopo l'Incarnazione. Solo Ges il Verbo eterno, il Figlio unigenito del Padre per generazione, solo Lui il Dio Incarnato. In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Egli era, in principio, presso Dio: tutto stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla stato fatto di ci che esiste. In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l'hanno vinta. Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo. Era nel mondo e il mondo stato fatto per mezzo di lui; eppure il mondo non lo ha riconosciuto. Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto. A quanti per lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali, non da sangue n da volere di carne n da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati. E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre, pieno di grazia e di verit. Giovanni gli d testimonianza e proclama: Era di lui che io dissi: Colui che viene dopo di me avanti a me, perch era prima di me. Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto: grazia su grazia. Perch la Legge fu data per mezzo di Mos, la grazia e la verit vennero per mezzo di Ges Cristo. Dio, nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che Dio ed nel seno del Padre, lui che lo ha rivelato. (Gv 1,1-18). Ges non sale al cielo attraverso una via di esaltazione, di gloria, onore, magnificenza. Vi sale attraverso una porta strettissima: quella della sua crocifissione, del rifiuto, della consegna ai pagani, del rinnegamento, della condanna a morte per idolatria ed empiet. Non sale al cielo per se stesso. Sale per tutti noi, per prepararci un posto. Sale per far discendere sull'umanit intera lo Spirito Santo di Dio. Sale innalzato su una croce. la croce la scala che dovr condurre Ges al Paradiso. Gli Israeliti si mossero dal monte Or per la via del Mar Rosso, per aggirare il territorio di Edom. Ma il popolo non sopport il viaggio. Il popolo disse contro Dio e contro Mos: Perch ci avete fatto salire dall'Egitto per farci morire in questo deserto? Perch qui non c' n pane n acqua e siamo nauseati di questo cibo cos leggero. Allora il Signore mand fra il popolo serpenti brucianti i quali mordevano la gente, e un gran numero d'Israeliti mor. Il popolo venne da Mos e disse: Abbiamo peccato, perch abbiamo parlato contro il Signore e contro di te; supplica il Signore che allontani da noi questi serpenti. Mos preg per il popolo. Il Signore disse a Mos: Fatti un serpente e mettilo sopra un'asta; chiunque sar stato morso e lo guarder, rester in vita. allora fece un serpente di bronzo e lo mise sopra l'asta; quando un serpente aveva morso qualcuno, se questi guardava il serpente di bronzo, restava in vita. (Num 21,4-9). Sulla croce Ges in tutto simile al serpente di bronzo issato su un'asta al centro dell'accampamento. Chi lo guardava con fede, non moriva. Chi invece si ostinava nella sua non fede, era condannato a sicura morte. Cos anche per ogni uomo. Chi guarda con fede Cristo Ges salvo. Chi non lo vuole guardare con fede, condannato. Ges la via della vera salvezza per l'umanit intera. Ogni uomo se vuole entrare nella vita eterna, oggi e dopo la sua morte, dovr passare necessariamente per la fede in Cristo Ges Crocifisso e Risorto, dono di Dio per la nostra redenzione. Il morso del drago antico nessun uomo lo potr guarire, sanare, solo Ges Signore. Solo Lui la nostra medicina, il farmaco della nostra immortalit. questione di fede. Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, dateci la vera fede in Ges.
Commento su Filippesi 2,7-8 Casa di Preghiera San Biagio FMA Svuot... umili se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce Fil 2,7-8 Come vivere questa Parola? "Svuot... umili se stesso fino alla morte e a una morte di croce". Tra le righe si legge quasi lo stupore, lo sgomento di chi ben conosce l'orribile supplizio della croce: strazio del corpo, ma pi ancora lacerazione dell'animo di chi si sente rigettato dagli uomini e da Dio. S, questo rappresentava per un ebreo la morte in croce! E a questo andato consapevolmente incontro Ges: fin qui arrivato il suo volontario annichilimento! Istintivamente ci ritraiamo dalla rude crudezza di questa realt e cerchiamo di esorcizzarla: basta guardare molti Crocifissi delle nostre chiese, resi pi opera d'arte da contemplare che oggetto di culto da adorare in silenzio. Gi, il silenzio: dinanzi al Crocifisso non dovremmo star l a sprecare parole. Non l'intelligenza, ma tutta la persona che deve lasciarsi interpellare da quel grido di amore che raggiunge il cuore. Solo ascoltandolo ci si rende conto che era quello che aspettavamo, quello di cui avevamo inconsapevolmente bisogno, perch tutti, indistintamente tutti abbiamo bisogno di palpare l'amore di Dio per ciascuno di noi, per me. E quel Crocifisso dice inconfutabilmente che sono amato. In questo identificarsi della massima espressione dell'annichilimento con l'amore il principio della resurrezione, in cui Ges ha coinvolto anche l'amato, l'uomo, ciascuno di noi. Non si pu contemplare il Crocifisso senza scorgervi i tratti del Risorto, come non si pu pensare a un amore che non conosca la rinuncia e insieme il gaudio di un di pi di vita. Nel mio rientro al cuore, mi tratterr in un umile e riconoscente "a tu per tu" con Ges. Ges: eccomi ai piedi della tua croce, in silenzioso ascolto di quella parola d'amore che sei tu stesso. Voglio restare cos, dinanzi a te, in muta contemplazione. La voce di una santa Ges Crocifisso dev' essere l'oggetto di ogni tua brama, di ogni tuo desiderio, di ogni tuo pensiero.Edith Stein
Commento su Filippesi 2,9-11 Casa di Preghiera San Biagio FMA Dalla Parola del giorno Per questo Dio lo esalt e gli don il nome che al di sopra di ogni nome, perch nel nome di Ges ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra, e ogni lingua proclami: Ges Cristo Signore! (Fil 2,9-11) Come vivere questa Parola? La festivit odierna accosta due termini che sembrano l'uno la negazione dell'altro: esaltazione e croce. Nel linguaggio comune, infatti, croce sinonimo di sofferenza e ai tempi di Ges rappresentava un patibolo infame e infamante. La Bibbia stessa la stigmatizzava dichiarando maledetto chi pendeva da essa (cf Dt 21,23), mentre i Romani riservavano questo supplizio agli schiavi e ai malfattori pi abietti, escludendone comunque sempre chi aveva la cittadinanza romana. Qualcosa, dunque, dinanzi alla quale ritrarsi inorriditi. Eppure proprio sulla croce che si rivela la sovrana signoria di Cristo. Ges stesso a dichiararlo: "Quando avrete innalzato il Figlio dell'uomo, allora conoscerete che Io Sono" (nome proprio di Dio) (Gv 8,28), e Paolo, nella lettera di oggi, completa: dinanzi al suo inabissarsi fino ad assaporare la morte e la morte di croce, ogni ginocchio si pieghi e ogni lingua proclami che egli il Signore. Un rovesciamento totale di prospettiva che non indifferente. L dove la sapienza umana si ritrae gridando allo scandalo e all'insipienza (cf 1Cor 1,23), la sapienza di Dio apre un varco di luce capace di riscattare dal non- senso e di rilanciare verso una pienezza di vita gi qui e ora. Soster, quest'oggi, dinanzi alla croce, lasciando emergere ci che essa provoca dentro di me: scandalo e ripulsa o umile e riconoscente amore? Ti adoro, o croce santa, feritoia da cui filtra la luce della vita, tacito invito ad accogliere l'amore e a rifrangerlo nei pi umili frammenti del quotidiano. La voce di un Dottore della Chiesa La Croce la massima rivelazione della potenza di Dio. La potenza di Dio infatti la potenza del suo Amore. Ora la potenza dello amore non consiste nel dimostrare una tale forza da costringere il cuore dell'amato a corrispondere, togliendogli ogni libert. La forza dell'amore consiste semplicemente nel dimostrarsi: nulla pi forte dell'amore nella sua debolezza, nulla pi debole nella sua forza. S. Pietro Crisologo.
Obbediente fino alla morte di croce. Monaci Benedettini Silvestrini L'ignominia della croce, l'esservi inchiodati, era riservato agli schiavi e ai condannati per le peggiori malefatte. Da sempre l'uomo in quel segno ha visto la morte peggiore e non solo per il tipo di tortura che comportava, ma ancor pi per l'umiliazione che infliggeva. Significava essere esposti al pubblico ludibrio e alla peggiore umiliazione. Oggi noi cristiani celebriamo la croce e la sua esaltazione: celebriamo quel legno perch da strumento di morte stato reso da Cristo segno visibile di vittoria. L'uomo Dio s stato anch'Egli legato e crocifisso, ma quando dopo tre giorni, si definitivamente sganciato da quella croce, ha liberato se stesso e tutti noi dai vincoli della schiavit e della morte. Ges ha vinto la morte e ha fatto risplendere la vita e l'immortalit, dice San Paolo. Lo stesso Ges aveva preannunciato: Quando sar innalzato sulla croce attirer tutti a me. Questi sono i motivi della nostra festa, per questo noi guardiamo la croce s per ricordare l'amore che stato profuso per noi su quel legno, ma ancor pi per magnificare il Signore per la sua e nostra risurrezione. Cos radicalmente cambiata la nostra vita, la vita del mondo: le croci che sempre e comunque ci affliggono e crocifiggono non sono pi solo dolore e sconfitta per noi, ma solo passaggio verso una vita nuova. Il dolore senza motivo genera solo disperazione o al pi passiva rassegnazione, da quando Cristo ha illuminato di vita la sua croce, noi sappiamo quali finalit sublimi possiamo dare alle nostre pi assurde vicende: le condividiamo con Lui per rinascere con lui a vita nuova. Cos quella croce ormai definitivamente piantata nel cuore e nella vita di ognuno di noi, ma ormai diventato albero di vita, da cui sgorga energia divina e grazia che santifica. Ai piedi di un albero era iniziata la nostra tragica storia di peccato, da un albero crociato e rinverdito dall'amore di Cristo, obbediente ed immolato per noi, riprende vita la nostra rinascita. Cristo si schioda dalla croce e noi siamo liberati da tutte le nostre schiavit. Abbiamo ragione di fare festa oggi e di segnarci ogni giorno con il segno della croce per ricordare la tragedia del peccato e il trionfo dell'amore. Dovremmo ripetere il gesto devoto di gratitudine che compiamo il Venerd Santo quando adoriamo la croce di Cristo e imprimiamo su di essa l'impronta del nostro amore.
Cos bisogna che sia innalzato il Figlio dell'uomo Movimento Apostolico - rito romano Il Figlio dell'uomo salito al cielo con la sua gloriosa risurrezione: "Detto questo, mentre lo guardavano, fu elevato in alto e una nube lo sottrasse ai loro occhi. Essi stavano fissando il cielo mentre egli se ne andava, quand'ecco due uomini in bianche vesti si presentarono a loro e dissero: Uomini di Galilea, perch state a guardare il cielo? Questo Ges, che di mezzo a voi stato assunto in cielo, verr allo stesso modo in cui l'avete visto andare in cielo" (At 1,9-11). disceso dal Cielo perch Lui il Verbo eterno del Padre: "In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Egli era, in principio, presso Dio: tutto stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla stato fatto di ci che esiste. In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l'hanno vinta. Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo. E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come del Figlio unigenito che viene dal Padre, pieno di grazia e di verit. Dio, nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che Dio ed nel seno del Padre, lui che lo ha rivelato" (Cfr Gv 1,1-18). Questa la duplice verit di Cristo Ges: Verbo Incarnato disceso, Verbo Incarnato Risorto asceso. Verbo che sempre discende per noi nel mistero dell'Eucaristia. Nessuno mai salito al cielo, se non colui che disceso dal cielo, il Figlio dell'uomo. E come Mos innalz il serpente nel deserto, cos bisogna che sia innalzato il Figlio dell'uomo, perch chiunque crede in lui abbia la vita eterna. Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perch chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perch il mondo sia salvato per mezzo di lui. Come si crede in Cristo Ges per avere la vita eterna? Come si accoglie questo dono del Padre? In Ges si crede, credendo in ogni sua Parola. Lui si accoglie, accogliendo ogni sua Parola. Ges e la Parola sono una cosa sola. Tutto per dalla sua Parola. Si ascolta la sua Parola, la si accoglie, si crede in essa, la si vive in ogni sua parte, anche nei minimi precetti, Cristo viene a noi con tutta la sua potenza di grazia e di verit, viene a noi come verit, via, vita. Con Lui prendono dimora in noi il Padre e lo Spirito Santo. Con l'abitazione in noi della Beata Trinit la vita si trasforma, inizia ad elevarsi nella fede, nella speranza, nella carit. L'uomo acquisisce una nuova sensibilit morale. Il suo spirito si affina e si trasforma, fino a raggiungere le vette della perfetta conformazione alla volont di Dio. Tutto dalla Parola e tutto in essa. Tutto anche per la Parola. Quando il discepolo di Ges entra nella Parola, questa lo spinge ad essere suo missionario, invitando il mondo intero ad accogliere Lui per avere la vita eterna. Il cristiano diviene un vero messaggero di speranza, alla maniera di Paolo: "Rendo grazie a colui che mi ha reso forte, Cristo Ges Signore nostro, perch mi ha giudicato degno di fiducia mettendo al suo servizio me, che prima ero un bestemmiatore, un persecutore e un violento. Ma mi stata usata misericordia, perch agivo per ignoranza, lontano dalla fede, e cos la grazia del Signore nostro ha sovrabbondato insieme alla fede e alla carit che in Cristo Ges. Questa parola degna di fede e di essere accolta da tutti: Cristo Ges venuto nel mondo per salvare i peccatori, il primo dei quali sono io. Ma appunto per questo ho ottenuto misericordia, perch Cristo Ges ha voluto in me, per primo, dimostrare tutta quanta la sua magnanimit, e io fossi di esempio a quelli che avrebbero creduto in lui per avere la vita eterna". (1Tm 1,12-17). Chi non si trasforma in missionario, in creatore di vera speranza, ancora non crede veramente in Cristo. Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli e Santi, dateci la vera fede in Ges.
Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito Movimento Apostolico - rito romano Tutti i nostri mali iniziarono per un atto di non fede. Ma cosa esattamente la fede? La fede accoglienza di una Parola di Dio esatta, puntuale, specifica, chiara, fatta risuonare al nostro orecchio. Fede non credere in Dio. Tutti possono credere in Dio, o in un Dio. Fede credere nella Parola del vero Dio e Signore, del vero Creatore dell'uomo. Dove non c' la Parola del vero Dio, l non c' neanche la fede. Mai ci potr essere. Perch sarebbe posta in una falsit, in qualcosa di inesistente. Questa sarebbe idolatria, superstizione. Mai potrebbe chiamarsi fede. Il Signore aveva detto ad Adamo: "Se ne mangi, muori!". Adamo non ascolt e fu la morte per lui e per tutto il genere umano. Con la morte furono anche ogni sorta di sofferenza e di dolore. Con quella disobbedienza la terra si trasform in una valle di lacrime, in un cimitero di morti, in una distesa di ossa aride. Dio, ricco di misericordia e di bont, non ha lasciato l'uomo in balia della sua sofferenza, del suo dolore, della sua povert umana, della sua morte. Non vuole che rimanga in eterno fuori della sua casa. Ancora una volta e sempre gli propone la fede come vera via di vita, salvezza, redenzione, giustificazione, elevazione, dono della dignit smarrita e perduta. Questa volta per cambia qualcosa. Non pi nella sua Parola che gli uomini dovranno credere. Sono invece chiamati a credere in un Crocifisso particolare, speciale, unico al mondo. Questo Crocifisso unico, particolare, speciale il Figlio dell'uomo. Questi sar innalzato sulla croce. Chi lo contempler come il suo Dio e Signore, chi si lascer inondare dalla sua grazia e verit, chi lo riconoscer come il suo Salvatore e lo guarder con occhio di purissima fede, sar salvato, entrer nella vita, otterr la riconciliazione con il suo Dio e Signore, sar reso partecipe della divina natura, sar ricolmato di Spirito Santo, diventer amico e familiare di Dio. Cristo Ges oggi la via attraverso la quale la salvezza di Dio discende sull'intera umanit. Noi per, ancora una volta, come Adamo, come Eva, vogliamo essere disobbedienti al suo Comando. Non vogliamo accogliere Cristo. Lo rifiutiamo. Lo rinneghiamo. Ci vergogniamo di Lui. Non lo guardiamo con occhi pieni di fede. La moderna societ non solo non vuole pi guardare verso il Crocifisso, esige che il Crocifisso non guardi verso di essa e per questo lo vuole togliere fisicamente dalla sua presenza. Dove regna la moderna societ il Crocifisso deve essere abolito, tolto, nascosto, eliminato. In nome di chi? Della libert dell'uomo, della sua autonomia, della sua civilt, nella quale non c' pi posto per la vera salvezza. La via della vita non l'uomo a costruirsela. L'uomo nella morte, nel cimitero spirituale. L'uomo una valle di ossa aride. Lui pu aggiungere solo morte e a morte, fetore a fetore, puzza a puzza, putridume a putridume, ai quali poi dona il nome di progresso, di civilt, di elevazione culturale. Quali sono oggi le vie umane del progresso, della civilt, della salvezza? Aborto, divorzio, eutanasia, omosessualit, coppie di fatto, abolizione del Crocifisso, della Domenica, della Legge morale. Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli e Santi di Dio, fateci di vera e convinta fede.
Il "Magnificat" di Dio don Luciano Sanvito L'esaltazione della Santa Croce, attraverso Ges, che dalla croce strumento di condanna viene esaltato nello Spirito come il Cristo che rende la croce vessillo di vittoria, ci conduce all'intimit e identit di Dio. E' il Padre, che nel Figlio esprime attraverso la via della croce le sue scelte di vita, i suoi pensieri, i suoi sentimenti, i suoi orientamenti dell'animo, della sua mente e del suo cuore, sigillandoli nel suo "magnificat", nell'esultare di gioia attraverso lo Spirito Santo, di fronte alla potenza salvifica, sanante e risuscitante della Croce divina. Ogni croce che si accosti a questo cammino divino, in un modo o in un altro, si illumina a sua volta, brilla e riluce dello stile del magnificat di Dio, intravedendo sempre e comunque la vittoria su ogni realt contraria. E cos, la croce divina esalta il meglio non solo di Dio, ma dell'umanit. Senza la croce come garanzia, ogni verit che voglia dirsi tale solo parvenza e chimera del momento. Quante belle verit, e forse a partire proprio dalla Chiesa, non rientrano pi nell'esperienza della Croce! Se incontri un disagio, una croce, in te o attorno a te, osservali con l'occhio dello Spirito. Vedrai subito brillare, al di l della prova, della sofferenza e della croce stessa, quello che il Padre ci invita a contemplare, a percepire come vittoria in atto, in quel panorama che attraverso la croce si dispiega agli occhi della fede: la immensa realt del mistero di Dio che si fa in noi, unendoci alla gioia del suo Magnificat.
Dio ha tanto amato il mondo! Il pane della domenica
Bisogna che il Figlio dell'uomo sia innalzato Diciamo "croce" e vogliamo dire "dolore". Diciamo "Crocifisso", ma dobbiamo dire "amore". proprio cos: nella croce di Ges dolore e amore sono inseparabili, come le due facce di quel patibolo a forma di Tau su cui inchiodato il Crocifisso: quella croce dice "dolore" - il dolore pi atroce e straziante che mai sia stato sofferto sulla terra - ma mai come in quel 14 di nisan dell'anno 30 dell'era cristiana "dolore" ha fatto rima baciata con "amore", l'amore pi grande, pi forte, pi puro che mai sia stato espresso nella storia dell'umanit. 1. Ma chi il soggetto di questo amore? La risposta ovvia: Ges che "ci ha amati e ha dato se stesso per noi" (Ef 5,2), ma poich ci ha amati con amore universale e personale, cio ci ha amati tutti e ciascuno, allora Paolo pu declinare al singolare lo stessissimo versetto appena citato, e scrivere ai Galati: "mi ha amato e ha dato se stesso per me" (Gal 2,20). E per, se rileggiamo il vangelo appena proclamato, ci rendiamo conto che il soggetto dell'amore che si esprime all'ennesima potenza sulla croce, il Padre: "Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito" (Gv 3,16), dove la parola "Dio" significa - come abitualmente nel NT - "Padre" e l'aggettivo "unigenito" sarebbe meglio renderlo con la traduzione rivista della CEI "l'unico", espressione che - come vedremo -rinvia con un'allusione finissima al sacrificio di Abramo (Gn 22,16). Dunque non possiamo separare nella croce il Figlio e il Padre: l'uomo non separi ci che in Dio unito! E noi crediamo che Dio uno e unico perch in lui Padre e Figlio sono "uno" (Gv 17), al punto che "chi vede il Figlio, vede il Padre" (cfr. Gv 14,9). Questa unit talmente stretta e forte che neanche la croce la pu spezzare. vero: al sopraggiungere dell'ora nona sul Golgotha il Figlio sperimenta l'abbandono del Padre, si sente abbandonato affettivamente, ma non lo effettivamente, anzi l'ultima volont di Ges sulla croce - per cui si lascia spremere fino all'ultima goccia di sangue - che i suoi discepoli accolgano finalmente il messaggio capitale di tutto il suo insegnamento e che egli ha ripetuto fino all'ultima cena: "il Padre vi ama!" (Gv 16,27). Detto in altre parole: per Ges non c' offesa pi grave che lo possa ferire, non c' colpo mortale che lo possa colpire al cuore pi di questo: pensare che, s lui, Ges, ci ha amato fino al vertice supremo dell'amore, ma il Padre se ne sarebbe rimasto inerte e impassibile o addirittura indifferente nel vedere il Figlio morire sulla croce... 2. Volgiamo "lo sguardo a colui che stato trafitto" (Gv 19,37) e prendiamo di petto la domanda: non proprio la croce l'obiezione pi inquietante contro la paternit di Dio? Il polemista pagano Celso l'aveva formulata nel II secolo d.C. con sferzante ironia: "Che razza di padre questo Dio che non ha potuto salvare suo figlio dal supplizio pi infamante?". Si concentra in questa obiezione tutto il rifiuto di Dio che viene dal dolore innocente: o Dio non pu liberarci dal male o non lo vuole; se non lo pu, allora non pi Dio, cio "onnipotente"; se non lo vuole, allora non pi Padre. Proviamo ora a guardare la croce non dal basso, ma dall'alto, dalla prospettiva del Padre, e vi leggeremo scritta a lettere di sangue una sola parola: Amore. Infatti il Padre non se ne sta impassibile ad attendere che il Figlio gli presenti il prezzo del nostro riscatto, per potersi finalmente riconciliare con noi. Non un Dio arrabbiato a... morte, che si placherebbe solo alla vista del sangue del Figlio. Un mostro cos crudele e sanguinario sarebbe solo degno di stare nel pantheon degli dei "falsi e bugiardi": come riconoscere in lui il volto di Ges di Nazaret? Anzi il Padre talmente coinvolto nella sofferenza del Figlio che proprio lui il primo a pagare il prezzo della nostra liberazione facendoci dono del suo bene pi prezioso, appunto il Figlio. Afferma s. Paolo: il Padre "non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti noi" (Rm 8,32); come a dire: non se lo risparmiato, non l'ha tenuto per s come un tesoro geloso... Anche questa espressione paolina richiama il sacrificio di Isacco, quando Dio riconosce che Abramo ha superato la prova e gli dice: "non mi hai rifiutato tuo figlio, il tuo unico figlio" (Gn 22,16), con la differenza che ad Abramo stata chiesta solo la disponibilit a lasciarsi privare del figlio, mentre Dio Padre "ha dato" effettivamente il suo Figlio, l'unico (Gv 3,16). Insomma il Padre colui che "fa" il sacrificio del Figlio, nel senso che fa il grande sacrificio di rinunciare a lui e di consegnarlo alle nostre mani omicide. Certo, il dolore di Dio non del tipo del dolore nostro: Dio Padre non fa l'offeso, non si sente colpito nell'orgoglio paterno, in ragione dell'attaccamento a se stesso; soffre unicamente perch il nostro male fa male a noi, non a lui. Infatti il nostro peccato non offenderebbe Dio se, per assurdo, non facesse del male a noi, come scrive s. Tommaso: "Dio viene offeso da noi in quanto operiamo contro il nostro proprio bene". 3. Il frutto di questa festa della Esaltazione della Croce quello di non leggere la croce... a met, al massimo come rivelazione del Figlio. La croce anche svelamento del Padre. Ma per ottenere questo frutto dobbiamo affidarci alla grazia dello Spirito Santo, che invochiamo con le parole del Veni Creator: "fa' che per mezzo tuo conosciamo il Padre (per te sciamus da Patrem)"; "fa' che conosciamo il cuore del Padre". Allora arriviamo alla "sapienza della croce" che faceva pregare la piccola Nennolina (Antonietta Meo) - una bambina morta a sette anni, in concetto di santit - con queste parole: "Caro Ges, io sopra al calvario ci voglio stare proprio con tutto il mio amore, e per fare la tua volont. Caro Ges, d a Dio Padre che mi voglio abbandonare nelle sue braccia e anche nelle tue... Caro Ges, tanti saluti, baci e carezze dalla tua Antonietta". Se non guardiamo cos alla croce di Ges, non possiamo nemmeno guardare nella giusta prospettiva alle nostre croci e a quelle delle persone care, e allora corriamo la terribile tentazione di covare un rancore sordo contro Dio a causa del dolore che abbiamo dovuto sopportare o a cui abbiamo dovuto assistere impotenti. Mentre solo la fede ci permette di scorgere sopra la croce il Padre che fa con noi come faceva con il Figlio: ci avvolge con il suo abbraccio, ci sostiene sul letto del dolore, impaziente di poter asciugare le lacrime dai nostri occhi e di farci entrare nella sua gioia. Il sentimento che deve prevalere al termine di questa contemplazione del Padre "che ha tanto amato il mondo" e della sua misteriosa ma reale sofferenza proprio come "Padre", quello di una commossa gratitudine. La vogliamo esprimere con le parole di s. Agostino: "Quanto ci hai amato, o Padre buono! Non hai risparmiato il tuo proprio Figlio, ma lo consegnasti per noi empi!'. Quanto ci hai amato!". Commento di mons. Francesco Lambiasi tratto da "Il pane della Domenica. Meditazioni sui vangeli festivi" Anno C Ave, Roma 2009
XXIV Domingo del Tiempo Ordinario La Exaltacin de la Santa Cruz 14 de septiembre de 2014 La homila de Betania
1.- TANTO AM Por Pedro Juan Daz 2.- LA CRUZ, SIGNO DE AMOR Por Jos Mara Martn OSA 3.- LA REUNIN DE LOS HIJOS DISPERSOS Por Antonio Garca-Moreno 4.- LAS CRUCES CON AMOR SALVAN, SIN AMOR DESTRUYEN Por Gabriel Gonzlez del Estal 5.- NADA COMO LA CRUZ Por Javier Leoz 6.- SU CRUZ, NUESTRA CRUZ Por ngel Gmez Escorial
LA HOMILA MS JOVEN
QU OCURRENCIA LA DE DIOS! Por Pedrojos Ynaraja
1.- TANTO AM Por Pedro Juan Daz 1.- Hoy celebramos una fiesta del Seor, la exaltacin de la Santa Cruz. Y al coincidir en domingo, tiene prioridad sobre la liturgia dominical. Esta fiesta nos habla de la Cruz, signo de maldicin y de condena para los judos, pero que Jess convirti en signo de salvacin para nosotros, hasta tal punto, que es nuestro signo de identidad. Muchos llevamos la Cruz en el cuello o en otros lugares, o la tenemos en imgenes o fsicamente, porque para los cristianos la Cruz es el signo del amor ms grande. Por eso, al hablar de la Cruz de Jess, el texto que mejor la define es el que acabamos de escuchar en el evangelio: Tanto am Dios al mundo que entreg a su Hijo nico para que no perezca ninguno de los que creen en l, sino que tengan vida eterna. 2.- San Pablo explica este gesto con este himno tan bonito de la Carta a los Filipenses que hemos escuchado en la segunda lectura. Y lo explica con un doble movimiento de Jess: descenso y ascenso. El primer momento ocurre en la Encarnacin. Dios se hace hombre y se abaja, se vaca, se despoj de su rango y tom la condicin de esclavo, pasando por uno de tantos. Y ese fue el estilo de toda su vida. As lo contina diciendo San Pablo: Y as, actuando como un hombre cualquiera, se rebaj hasta someterse incluso a la muerte, y una muerte de cruz. El primer movimiento es un abajamiento, una entrega. Jess entrega toda su vida por amor a la humanidad, a cada persona, a ti y a m. La vida de Jess, desde el principio, hasta el final, es una entrega por amor. Y cuando Jess se lo est explicando a Nicodemo (texto del evangelio), se lo dice usando dos palabras: tanto am. Tanto 3.- Y como consecuencia de ese amor, que es gratuito, desinteresado, sin lmites, puro el amor ms verdadero (porque nadie tiene amor ms grande que el que da la vida por sus amigos) Dios abraza y acoge a su Hijo Jess, que ha hecho de su vida una entrega sin lmites. Y viene el segundo movimiento: el ascenso, la exaltacin. Por eso (por ese amor tan grande) Dios lo levant sobre todo de modo que al nombre de Jess toda rodilla se doble. Dios no deja a su hijo en la muerte, sino que lo resucita, lo ensalza, lo eleva sobre todo. La exaltacin de la Santa Cruz es la exaltacin del amor ms grande, la elevacin del que se haba abajado y anonadado (todo el que se humilla ser ensalzado). La Cruz, siendo un lugar de condena y maldicin, se transforma por Jess en lugar de salvacin. 4.- Las vctimas de este mundo, de todo tipo, pueden encontrar en Jess y en su Cruz un signo de esperanza. Porque la Cruz slo se puede entender desde el amor por las personas, especialmente por las vctimas de este mundo. Por eso para los cristianos la cruz es signo de amor, es nuestro signo distintivo. Y venimos a la Eucarista a dar gracias por ese amor tan grande, por tanto amor.
2.- LA CRUZ, SIGNO DE AMOR Por Jos Mara Martn OSA 1.- Signo de liberacin. La cruz en el Imperio Romano era un signo de tortura reservado a los peores malhechores. Jess, que no haba cometido ningn delito, muri en la cruz por nosotros. El Evangelio predicado por El es una Buena Noticia liberadora para los oprimidos, pero pona en tela de juicio el poder establecido. La cruz fue la consecuencia de la vida de Jess. Fue consecuente, y por eso le mataron. Ahora este instrumento de tortura se ha convertido para nosotros en signo de amor y liberacin. Por eso hoy celebramos su Exaltacin. Glorificacin y levantamiento frente a la humillacin y abajamiento. En las tres lecturas subyacen dos adverbios que resumen el itinerario seguido por Jess: abajo-arriba. 2- Signo de salvacin. La primera lectura, del libro de los Nmeros, nos sita junto al pueblo de Israel en el camino hacia la tierra prometida. El pueblo, que tiene hambre y sed en el desierto, murmura contra Dios y contra Moiss. La murmuracin es su gran pecado, pues expresa la desconfianza en el amor y el poder de Dios para cumplir lo que ha prometido: sacarles de la esclavitud y llevarles a una tierra fecunda, que mana leche y miel. Entonces le sobreviene al pueblo un castigo: serpientes venenosas provocan la muerte de muchos. El pueblo reconoce su pecado y pide a Moiss que interceda ante Dios por ellos. Dios les da la curacin a travs de un signo: una serpiente de bronce elevada sobre un mstil, a la que todos los mordidos deban mirar para vivir. El evangelista Juan vio en esta serpiente alzada una figura de Cristo levantado en la Cruz y Resucitado. El verbo "levantar" es sinnimo de "resucitar" Fijmonos en el dinamismo de vida de Jess. San Pablo en la Carta a los Filipenses nos dice que l es "el que baj del cielo, se despoj de su rango, y tom la condicin de esclavo, pasando por uno de tantos. Y as, actuando como un hombre cualquiera se rebaj hasta someterse incluso a la muerte, y una muerte de cruz". En el evangelio de Juan Jess preexiste en la intimidad del Padre y es igual a l, uno con l y Dios como l. Del seno del Padre baja y se hace carne, por amor a nosotros, para darnos la vida abundante. 3.- Abajamiento y exaltacin. La cruz es, en esa historia de amor, el mayor abajamiento y despojamiento del Hijo (knosis) y su mayor exaltacin, pues es ah donde nos mostr que su amor no tena lmites y que ni siquiera el miedo a la muerte poda hacerle retroceder en su compromiso por la salvacin de todos. Esa humillacin de morir en cruz, como un maldito, siendo el Hijo amado del Padre, fue el comienzo de su glorificacin, pues el Padre mismo lo "levant" de entre los muertos y lo resucit como primicia de nuestra propia resurreccin. 4.- Proclamacin del amor de Dios. La fiesta de la exaltacin de la cruz no significa que el cristianismo proclame una exaltacin del sufrimiento, del dolor o del sacrificio por el sacrificio. Si as fuera, el Dios que pide esto de nosotros sera un Dios sdico que no merecera nuestro amor. Lo que exaltamos en esta fiesta no es la cruz (un instrumento ms de tortura y ejecucin como el cadalso o la silla elctrica). Lo que exaltamos es el amor incondicional de un Dios que comparti nuestra condicin humana y se comprometi con la realizacin del Reino hasta el final. Exaltamos al Crucificado que, habiendo amado a los suyos, los am hasta el extremo. Y exaltamos al Dios que, como Abrahn, entreg a su Hijo nico, a su amado, para que todos tengamos vida en su nombre.
3.- LA REUNIN DE LOS HIJOS DISPERSOS Por Antonio Garca-Moreno 1.- LA SERPIENTE DE BRONCE.- Para Juan es evidente que, como la serpiente de bronce en el desierto curaba, de la misma forma quien mire con fe a Cristo crucificado y atravesado se salvar. Por tanto, en este pasaje Juan pone la salvacin en la Revelacin del amor del Padre, manifestado sobre todo en Cristo crucificado. De tal manera que, quien al mirar a Jess crucificado en lo alto de la Cruz, reconoce su amor y cree en l, se salvar. En esta lnea estn las palabras de Jess al decir que cuando fuera exaltado atraer a todos hacia s. De hecho la prueba inequvoca de su divino amor es la entrega que hace del Hijo, a fin de que sea sacrificado para la redencin y regeneracin de los hombres de todo el mundo. Hay aadir que, sin embargo, con ser infinito el valor salvfico de la muerte redentora de Cristo, la redencin puede quedar frustrada si el hombre se empea en no reconocer y corresponder a la atraccin divina. Por tanto, el amor divino puede ser rechazado por el hombre y, en consecuencia, no alcanzar la salvacin. Por ello deca San Agustn que Dios nos hizo sin nosotros, no podr salvarnos sin nosotros. En efecto, el Seor slo podr salvarnos si correspondemos a su inefable amor, mostrado en el zenit de su esplendor a travs de Cristo, clavado en lo alto de la Cruz. El signo supremo y conmovedor de Dios-Amor. Qu bien lo expresa el mstico castellano al decir: T me mueves, Seor; muveme el verte clavado en esa cruz y escarnecido; muveme el ver tu cuerpo tan herido, muvenme tus afrentas y tu muerte?. 2.- MIRARN AL QUE TRASPASARON? Son palabras del profeta Zacaras quien, al final de su libro habla de la restauracin de Jerusaln y del castigo de cuantos la atacaron. Al ser citado por Jn 19,37, en clara relacin con la Pasin y Muerte de Cristo, no resulta sorprendente que Za 9-14 haya formado pare de los textos bblicos testimonios conservados por la Iglesia primitiva. Objeto de intensa reflexin teolgica fue utilizado a propsito de la pasin de Cristo y de su parusa .As el texto de Zacaras es una profeca sobre la salvacin, pues la mirada vuelta hacia Yahv expresa la esperanza de la salvacin. La cita se aclara si tenemos en cuenta que el testimonio solemne, dado por el evangelista, se refiere a la plenitud de la fe de quien mira al que ha sido traspasado y reconoce en l una fuente inagotable de vida. Esta interpretacin est confirmada por varios textos del IV Evangelio. En especial en el texto evanglico de la fiesta de la Exaltacin de la Santa Cruz, donde Jess habla de la serpiente de bronce, enroscada en lo alto de un palo por Moiss, que miraron los mordidos por las serpientes venenosa del desierto y sanaron de la terrible picadura. Tambin al hablar Jess del grano de trigo que cae en tierra y muere, brota, se yergue de esa tierra y atrae a todos los hombres. En Jn 8, 28 dice el Seor: Cuando sea levantado el Hijo del Hombre entonces conoceris que yo soy. Con esta cita se cierra propiamente el relato de la Pasin. Es un acontecimiento en el que, segn San Juan, confluyen los grandes temas de la salvacin : La exaltacin de Cristo en lo alto de la Cruz (12,32); la congregatio fidelium?, la reunin de los hijos dispersos (11,52) y la formacin del Pueblo mesinico o Iglesia de Cristo (19,24-27); el don del Espritu (19,30.34); el testimonio de la fe de los creyentes en la mirada al Crucificado y traspasado (19,37); esa fe en Jess que no slo les redime sino que tambin les salva, esto es, les limpia del pecado y le infunde una vida nueva. En el Calvario Jess entreg su espritu, no slo porque expira sino porque dona el Espritu. El brotar de la sangre y el agua prefigura la entrega permanente del Espritu ms all de su muerte.
4.- LAS CRUCES CON AMOR SALVAN, SIN AMOR DESTRUYEN Por Gabriel Gonzlez del Estal 1.- Tanto am Dios al mundo Para entender bien el significado cristiano de esta fiesta de la Exaltacin de la Santa Cruz debemos tener en cuenta algunas cosas. La cruz por s misma no salva; lo que nos salv fue el amor con el que y por el que Cristo acept morir en la Cruz. Exaltamos hoy la santa cruz en la que muri Cristo porque Cristo, muriendo en la cruz, nos dio la ms grande prueba de su amor: nadie ama tanto a sus amigos como el que da la vida por ellos. En el famoso soneto a Cristo crucificado se dice que lo que mueve realmente al que contempla a Cristo en la cruz es el amor: muveme, en fin, tu amor, y en tal manera que aunque no hubiera cielo yo te amara, aunque no hubiera infierno te temiera. La religin cristiana no es una religin dolorista: no amamos el dolor por el dolor, no nos gusta sufrir; amamos el dolor que salva, no porque duele, sino porque salva. Dios es amor y slo por amor nos ha salvado: tanto am Dios al mundo que entreg a su Hijo nico para que no perezca ninguno de los que creen en l, sino que tengan vida eterna. Cuando pedimos a Dios, todos los das, que por la seal de la santa cruz nos libre del mal, lo que realmente le pedimos es que sea su amor misericordioso el que nos guarde del mal. Dios quiere nuestro bien y que seamos felices, porque Dios no mand su Hijo al mundo para condenar al mundo, sino para que el mundo se salve por l. Cruces no nos van a faltar a lo largo de nuestra vida y nosotros, con amor y por amor, debemos hacer de estas cruces instrumentos de salvacin, porque las cruces, llevadas con amor nos salvan, pero, si nos falta el amor nos destruyen. En esta fiesta de la exaltacin de la santa cruz, ensalcemos el amor de Dios que, para salvarnos, acept, con amor y por amor, morir en una cruz. La cruz cristiana es una cruz redentora porque es la expresin mxima del amor redentor y misericordioso de Dios, nuestro Padre. 2.- Lo mismo que Moiss elev la serpiente en el desierto, as tiene que ser elevado el Hijo del hombre, para que todo el que crea en l tenga vida eterna. En la Biblia, la serpiente casi siempre es presentada como signo del mal y de la tentacin, en recuerdo del primer pecado del hombre, cuando Eva y Adn fueron tentados por la serpiente, para que comieran del rbol el fruto prohibido, en el paraso. Pero aqu, en el libro de los Nmeros se nos habla de una serpiente de bronce, venenosa, que alzada en estandarte, curaba a los que la miraban, cuando haban sido mordidos por serpientes venenosas. En el evangelio de hoy, segn san Juan, es el mismo Cristo el que cita este texto del libro de los Nmeros para referirse a s mismo, cuando sea elevado sobre el rbol de la cruz. Los cristianos siempre debemos mirar la cruz de Cristo como al autntico rbol sobre el que estuvo grabada nuestra salvacin, la salvacin del mundo. El rbol de la cruz, para los cristianos, es siempre un rbol de salvacin y de gracia. 3.- Cristo, a pesar de su condicin divina, no hizo alarde de su categora de Dios; al contrario, se despoj de su rango y tom la condicin de esclavo, pasando por uno de tantos. Y as, actuando como un hombre cualquiera, se rebaj hasta someterse incluso a la muerte, y una muerte de cruz. En este himno cristolgico que cita san Pablo, en su carta a los Filipenses, se nos habla de un Cristo que se humilla y se rebaja, y al que Dios eleva y ensalza sobre todo nombre. La cruz de Cristo debe ser siempre para nosotros signo de la humildad del hombre Cristo, al que el Padre eleva a la categora de Dios. Por la humildad del Cristo hombre nos lleg la salvacin del Cristo Dios. Mirando hoy al Cristo que, humillado, pende del rbol de la Cruz, pidamos a Dios que nos conceda la virtud de la humildad, para que as, por medio de Cristo exaltado en la Cruz, Dios pueda concedernos la gracia de la salvacin.
5.- NADA COMO LA CRUZ Por Javier Leoz 1. No estamos acostumbrados a escuchar, cantar o decir un viva la cruz. Y, en cambio, si hay algo que nos ha trado vida, futuro, eternidad y redencin total, fue precisamente el valor de la cruz. *Dios, en la noche de Beln, quiso dejar el cielo y hacerse humanidad en la tierra. *Dios, en la hora nona en el Calvario, quiso derramarse en sangre de amor sobre la tierra. En la cruz y en la noche de Beln, convergen un mismo deseo de Dios: todo por el hombre. Con razn, en este domingo, la Iglesia venera y se vuelve hacia la cruz. Cuando en muchos lugares tienen lugar las labores de la vendimia, la cruz, es para los cristianos esa vid que, al exprimirse, nos da el vino de una entrega fecunda, sacrificada: el buen vino de la Redencin del hombre. Somos conscientes de ello? Qu hemos hecho de la cruz? Un adorno o un estilo de vida? Una gran leccin o algo estticamente bello? Un modelo de referencia para encarar la vida o algo que ya no significa nada? Viva la Cruz! Esos dos maderos, que cruzados entre s, pretenden abrazar al hombre para siempre en un abrazo iniciativa de Dios. Viva la Cruz! Esos dos maderos que, cuando uno los mira sin fe, es escndalo, demasiado, un sin sentido, una locura Viva la Cruz! Esos dos maderos que, cuando uno los mira, sabe que Alguien naci, creci y sufri para elevar a la humanidad a las mismas cumbres de los cielos. 2.- Si Dios, que es bueno, ha querido humillarse naciendo pobre en Beln; si Dios, que es grande, ha querido humillarse en una cruz, ser por algo. El rostro de Dios es el amor. La cruz es la prueba suprema, el no va ms, de lo mucho que Dios nos ama. Esa es la sabidura, el tesoro, la razn de ser, lo que sostiene desde hace casi 2000 aos en pie la Santa Cruz. Slo as, desde ese pensamiento: Dios lo ha hecho por m, podemos gritar un Viva la Cruz del Seor! Hoy exaltamos este gran smbolo de nuestra fe cristiana porque, entre otras cosas, detrs de la puerta de la muerte, se encuentra la antesala de la vida. Hoy exaltamos la cruz porque, ella, sostiene un cuerpo que nos trae libertad, afn de superacin, fe, esperanza y ganas de resucitar. La cruz nos recupera, nos rescata nos redime! Hoy exaltamos la cruz porque, cuando las cosas se nos presentan en contra, sabemos que cumplir la voluntad de Dios y ver a Dios en todo- nos hace esperar un maana ms feliz, una maana de resurreccin, un amanecer con respuestas. Hoy exaltamos la cruz porque, entre otras cosas, los cristianos sabemos que, el amor de Dios, ha sido roturado, sacrificado, molido por el hombre en beneficio del propio hombre. Tal vez nunca lleguemos a entender en toda su profundidad el Misterio que ello abarca. Hagamos una oracin: DIOS LO HA HECHO POR MI. DIOS SE HA DEJADO CLAVAR POR M. No nos sugiere esto fe, conformidad, emocin, agradecimiento y no despierta muchos sentimientos de fe hacia Cristo? Viva la Cruz! Y cmo no! El fruto de la cruz! En ella Dios nos levanta, como al tercer da, levant a Jess de la muerte. A veces, Dios, nos levanta sobre el madero, pero otras tantas , Dios, de igual manera, Dios nos levanta de esas situaciones de amargura, de pena y de tristeza. Si al Seor, siendo Seor, no le fue ahorrado el sufrimiento, algo de bueno tiene que tener la cruz cuando, Dios, permiti que su nico Hijo subiera al madero. En Beln, Dios, se hizo amor entre un pesebre de madera. En el Calvario, Dios, se deshizo en amor en dos trozos de madera en forma de Cruz. Aprenderemos esta leccin para nosotros mismos y en generosidad hacia los dems? Con San Pablo decimos: Estoy seguro de que nada ni nadie "podr separarnos del amor de Dios que se nos ha manifestado en Cristo Jess, Seor nuestro" Viva la Cruz! 3.- GRACIAS POR TU CRUZ, SEOR! Gracias, Seor! Por subir a ella, cuando nosotros no nos atrevernos Gracias, Seor! Por bajar, a esos infiernos a los que estbamos llamados Gracias, Seor! Porque, tus dolores, evitan los nuestros Gracias, Seor! Porque, sin conocer el pecado, cargas con los de todos nosotros Gracias, Seor! Porque pudiendo decir tanto, nos haces llegar escasas 7 palabras Gracias, Seor! En la cruz, sigues empeado en regalarnos: una Madre y un amigo, Mara y Juan Gracias, Seor! En la cruz, haces lo que siempre nos enseaste, Perdnales, no saben lo que hacen! Gracias, Seor! En la cruz se funde la llave del infierno para que, ningn hombre, pueda encontrarla y slo se d con la que abre las puertas del mismo cielo Gracias, Seor! Porque, desde la cruz, la cuerda que sobra es empleada para rescatarnos y no dejarnos abandonados a nuestra suerte Gracias, Seor! Qu gran amor! Qu gigantesco amor cuando, adems de ofrecerse, es colmo y el no va ms cuando deja clavarse! Djanos, Seor, por lo menos desde lejos acompaarte y, nunca olvidar, que por nosotros T has sido clavado en esa cruz. Djanos sentir, Seor, que todos somos clavados en tu amor, con tu amor y por tu amor- en ella. No ests solo, Seor.
6.- SU CRUZ, NUESTRA CRUZ Por ngel Gmez Escorial 1.- Al coincidir la fecha de este domingo el 14 de Septiembrecon la fiesta de la Exaltacin de la Cruz, prevalece esta celebracin sobre la habitual que sera la del Domingo 24 del Tiempo Ordinario, del ciclo A. El culto sobre la Exaltacin de la Cruz ha ido siempre unida a la dedicacin de dos baslicas de los tiempos del Emperador Constantino: la del Glgota y la de la Resurreccin. Y ello tuvo lugar el da 13 de septiembre del ao 355. Y al da siguiente fue expuesta ante los fieles la reliquia de la Cruz de Cristo. La tradicin ha marcado que la cruz fue encontrada un 14 de septiembre. La madre del Emperador Constantino, Santa Helena dedic mucho tiempo y muchos recursos para encontrar en Jerusaln los restos de la cruz en la que muri Jess de Nazaret. Y consigui encontrarla y de ah que se construyeran las citadas baslicas. La inauguracin de las mismas, un 13 de septiembre, de cara a la presentacin de la cruz ante los fieles al da siguiente, demuestra que ya haca tiempo que se conmemoraba la fecha en que la cruz apareci. Estamos pues ante una fiesta muy antigua, una de las ms antiguas de la cristiandad. Y, desde luego, merece la pena darle la amplitud y relevancia que siempre tiene un domingo, donde en la Eucarista se renen muchsimos ms fieles que en las fiestas cristianasan las ms importantes celebradas en das laborables. 2.- Y, en fin, las cuestiones histricas importan y mucho, pero en la fiesta de este domingo nos vamos a encontrar con la significacin que la Cruz de Cristo tiene para cada uno. Bien podra parafraseando la pregunta de Jess a sus apstoles --y que es Cristo para ti?hacrnosla respecto a la Cruz: qu es la Cruz para ti?. Es verdad que resulta difcil pensar en la cruz y no recordar el da difcil y aciago del Viernes Santo. La muerte de Jess en la Cruz es un hecho doloroso, difcil e, incluso, incompresible a veces. Para que tuvo que morir? Es una pregunta que muchos nos hacemos de manera inevitable, aun comprendiendo la importancia redentora de la Cruz. Pero, claro, no es esa la cuestin. 3.- Las lecturas de hoy junto al resto de los textos litrgicosmanifiestan la importancia de la Cruz como smbolo de salvacin. En la primera lectura, que procede del captulo 21 del Libro de los Nmeros, se nos muestra el camino que llevara a la cruz a ser estandarte de salvacin. Tras ser atacados los israelitas por serpientes venenosas en el desierto, la serpiente de bronce, construida por Moiss y expuesta como bandera, curaba a todos. Bastaba con mirarla. En el Evangelio de Juan, Jess habla con Nicodemo y le pone el ejemplo de la serpiente- estandarte. Promete que todo aquel que mire a la Cruz, que crea en l, tendr vida eterna. Y aade la clave ms sublime que origin la salvacin del gnero humano: Tanto am Dios al mundo que entreg a su Hijo nico para que no perezca ninguno de los que creen el l, sino que tengan vida eterna. Porque Dios no mand su Hijo al mundo para condenar al mundo, sino para que el mundo se salve por l. Por eso es necesario acercarse a la cruz con la alegra de que va a salvar, que va a llevarnos a la felicidad. 4.- San Pablo por su parte tambin nos aporta una definicin portentosa. Y es como un Dios se abaja hasta lo ms profundo, hasta someterse a la muerte, y una muerte de cruz. La ponderacin de que hasta muri en la Cruz no demuestra lo terrible y degradante que la muerte en cruz era entre judos y griegos, entre los contemporneos de Jess. Y Pablo nos ayuda a configurar el sacrificio y como Dios, el mismo Dios, lo levanto sobre todo. Dios Padre muestra la salvacin desde su Hijo resucitado al modo de cmo Moiss levant el estandarte de la serpiente en el desierto. Todas estas lecturas nos ensean el significado de la cruz, su poder salvfico. Hemos de tenerlo muy en cuenta 5.- El otro aspecto que hoy no podemos dejar de mencionar es que Jess en varios lugares de los evangelios menciona su cruz y la de otros. Nos anuncia que nosotros tendremos que asir nuestra propia cruz. No se trata ayudarle a l a transportar Su cruz, como lo hizo Cirineo. Hemos de tomar la nuestra y seguirle. Que en la vida humana hay grandes cruces no cabe la menor duda: el dolor, la enfermedad, el infortunio, la muerte de los seres queridos. Esas son cruces fcilmente visibles y apreciables. El ejemplo de Jess al aceptar el sufrimiento de la crucifixin y muerte es un buen ejemplo para el que sufre, es una compaa en el difcil trance. Pero no hemos de pensar que no tenemos cruz aquellos que estamos sanos o somos aceptablemente felices. Nuestra cruz tambin est ah y tiene importancia, dimensin. Nuestra cruz es el pecado, tantas veces repetido y que no somos capaces de erradicarlo. Es el defecto habitual del que habla Ignacio de Loyola. O es nuestra incapacidad para comprendernos y aceptar nuestras propias limitaciones. Siempre habr algo que verdaderamente nos crucifique. Y cada uno deber para conocer su cruz, y aceptndola, llevarla, junto a Jess, por esta vida. 6.- Hoy es una buena fecha para perseverar en la Cruz de Cristo, en su efecto terrible y doloroso para el Maestro. Pero tambin en su condicin de vehculo de salvacin. Ser necesario que meditemos tambin es la realidad de nuestra propia cruz y que seamos capaces de asumirla y comprenderla. Aceptndola, seguiremos el consejo que Jess nos da, pero adems iniciaremos un camino de felicidad que nos llevar a la vida eterna.
LA HOMILA MS JOVEN
QU OCURRENCIA LA DE DIOS! Por Pedrojos Ynaraja 1.- Lamentablemente, estos das han sido noticia unos crueles asesinatos. Todos lo son, pero estos han tenido la particularidad de que, en principio, fueron difundidos mediante YouTube. La familia solicit que por delicadeza y piedad, se eliminaran de este medio, y as se hizo. Se ha degollado a un hombre por odio a su condicin y como maniobra poltica. No creo que a nadie le gustar conservar, si lo encuentra, el YouTube al que he hecho referencia. Pese a ello, las imgenes fijas han conmovido al mundo y se han acentuado los dispositivos para librar a la humanidad de tales y semejantes horrores. Tal vez un da se recuerden estos hechos como cruciales para la supresin de los mtodos terroristas. 2.- Ambientados en estos acontecimientos, mis queridos jvenes lectores, quisiera que os detuvieseis a meditar la fiesta que se incluye en este domingo. A nadie se le poda ocurrir, si estuviera en sus manos, inventar una religin cuyo lder fuera un ajusticiado. A Dios, s. Una de las primeras reacciones histricas sociales, iniciada la Iglesia, fue la supresin de cualquier imagen que hiciera referencia a la cruz. Criterio semejante al que ha movido a suprimir el citado YouTube. (A este respecto dir que un maleducado chiquillo de Roma, quiso ofender a un compaero cristiano, dibujando con un punzn en un muro del monte Palatino, un blasfemo garabato, es el llamado grafito de Alexamenos, pero esto fue una excepcin). Prohibir representaciones del Jess crucificado, fue decisin comprensible. 3.- Tmidamente empieza a aparecer por Siria el signo de la Cruz. Le haba ya precedido la cruz csmica, la vean en paredes de la Nazaret los primeros peregrinos, relacionados con la Casa de la Sagrada Familia (se trata de la que se acostumbra a llamar Cruz de Tierra Santa o de Jerusaln, en realidad es una gran cruz que ampara a cuatro ms pequeas, sealando los cuatro puntos cardinales, para expresar la universalidad de la redencin). 4.- En Occidente el arte romnico se atreve a poner, en la espalda del Cristo-Majestad, una simblica cruz. Gracias al gtico, se extiende en tallas y pinturas la imagen del Seor crucificado, desde entonces las conmovedoras imgenes evolucionan piadosamente (una de las vergonzosas realidades de nuestro tiempo es la banalizacin de la Cruz de Nuestro Seor Jesucristo, convertida a veces, en simple adorno que acompaa a actitudes o desvestidos erticos). Os he explicado todo esto para que ahora os situis, mis queridos jvenes lectores, en el significado que tiene para el cristiano la Cruz de Nuestro Seor Jesucristo y comprendis que su fiesta la celebremos este 14 de septiembre, interponindose a la solemnidad del domingo XXIV. 5.- Que la cruz pudiera haberla encontrado Santa Elena y est hoy en da repartida por mltiples lugares, podis creroslo o no. Dos maderos, dos troncos o dos tablas, pueden ser evocadora imagen de lo que celebramos. Autentica imagen, sin que sea reliquia. Mirando este objeto y recordando imgenes de otras maneras de ajusticiar, podremos recordar y reconocer que mediante una cruz semejante, Cristo nos salv. Anlogamente, a cada uno se nos ofrece una cruz, que no es excesivamente pesada, nos lo anticip el Seor. Aceptarla humildemente, pese a que nos parezca inoportuna, pese a que no entendamos el porqu, es docilidad, confianza, seal de esperanza, salvacin en fin. 6.- Supongo que la mayora de vosotros conoceris el himno Victoria, tu reinars, oh cruz, t nos salvars. Nunca olvidar que al da siguiente de la llegada a Jerusaln, en mi primer viaje, a los pocos minutos de haber entrado en la baslica de la Resurreccin, observ a un grupo francs que suba los empinados peldaos que llevan al Calvario, cantando este precioso himno. Es el ms apropiado que podis cantar vosotros este domingo este domingo. 7.- Ante el desencanto y desorientacin, ante la ausencia de alegra esperanza, es preciso afirmar y comunicar a los dems, que Cristo reina gracias a su cruz y que por ella nos salva y, por consiguiente, recobramos la ilusin de vivir y de servir a los dems. Es un reto, una paradoja, pero autentica arma de salvacin.