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lngua
come problema
nella letteratura
spa noia
del Cinquecento
(con unafrangia cervantina)
Stampatori
Indice
p. IX
Premessa
3 La presa di coscienza (Valds)
5 Parte prima
La cornice del Dialogo de la lengua
24 Parte seconda
La sostanza del Dialogo de la lengua
55 Cuidado vs. Descuido
I due livelli dell'opposizione tra Valds e Boscan
87 Tradizione illustre e lingua letteraria, proble-
ma del Rinascimento spagnolo (da Nebrija a
Morales)
89 Avvertenza
93 Parte prima
La tradizione
117 Parte seconda
Il problema e il materiale
128 Parte terza
I testi
229
Lingua grave, lingua lasciva (Herrera)
285
Una frangia agli arazzi di Cervantes
323
Indice dei nomi
VII
Premessa
Il titolo unificante di questo volume di oggi. I lavori che esso
raccoglie sono di ieri, e anche dell'altro ieri; pubblicati in occasioni
diverse, lungo l'arco di pi di un decennio, tra il 1957 e il 1968
1
.
Si impongono dunque come preliminari sia una riflessione sul loro
carattere pi o meno organico, sia soprattutto una precisazione sulla
loro et e sui restauri che essa esigeva.
1. Che i cinque lavori rientrino in un filone unitario, mi se}-
bra una circostanza oggettiva, al di l di una mia consapevolezza
autobiografica. Anzitutto per i contenuti. Il materiale di analisi
costituito prevalentemente da testi spagnoli tra la fine del Quattro-
cento e la fine del Cinquecento (con una escursione medievale e
una esplorazione cervantina), i quali toccano problemi teorici sul
piano linguistico-letterario. Ma, ed questa la loro caratteristica,
in genere non li toccano in sistematiche esposizioni di carattere
precettistico. Li sfiorano nelle circostanze occasionali di prologhi e
di dediche di altri testi, li disseminano nella concretezza pragmatica
del dialogo, li intrecciano in discorsi e scritture di altro tipo. Ne
possono risultare stridenti contrasti con la solennit precettistica o
inserimenti complessi in trame narrative.
I testi esaminati non sono dunque tappe regolari in una storia
delle idee linguistiche e retoriche nella Spagna del Cinquecento. N
di queste idee i miei lavati intendono fornire una sistematica inda-
gine ed esposizione come quella, per esempio, fatta da Lizaro Carre-
ter per la Spagna del Settecento. Quanto a me interessava non era
la storia delle idee; e neppure, per allettante che fosse, una storia
di parole che scandisse questa storia di idee: gusto, primor e do-
naire, ingenio e juicio, decoro e cuidado, llaneza e descuido, afeites
e afectaci6n, rodeos e artificio, e tutta la linea che unisce e oppone
dulce, blando, tierno, suave a grave e gravedad, ecc. ecc. Pi che
i concetti e le parole a me interessavano i testi; dall'excursus nelle
opere medievali nella prima parte della Tradizione illustre fino al
sondaggio nel Quijote, direi che in queste pagine l'attenzione per
la concretezza dei testi e della scrittura predomina e di molto su
quella per l'astrattezza dei concetti. Il che non toglie che, quanto
ai concetti, essi emergano con una evidenza che va al di l del loro
carattere di luogo comune: lingua imperiale, che le bandiere spa-
gnole estendono geograficamente per il mondo ma che, storica-
IX
mente, si sente priva di antica nobilt letteraria; costituzione di
t'ratti tipologici nella tradizione linguistico-letteraria medievale e
ambiguit e tentennamenti nel loro riconoscimento successivo; at-
teggiamenti competitivi e analisi differenziali nel riguardi dell'ita-
liano e del prestigio della sua letteratura; vanto di primato esterno
per la propria lingua e buoni proponimenti all'interno per la sua
cura; il problema della traduzione, da Valds a Cervantes, ecc.
Tra questi lavori esiste dunque una omogeneit; come del resto
attestano i rimandi all'indietro tra un lavoro e l'altro. In un certo
senso, tutto nato col saggio su Valds; o meglio, detto in modo
meno autobiografico, osservo ora che nel saggio su Valds c'erano
gi molti germi di tutti gli altri.
2. A questa coerenza orizzontale tra i cinque lavori si accom-
pagnano due problemi verticali: quello della loro successione e
quello della loro et.
a) Quanto al primo, non ho proceduto qui a nessun tenta-
tivo di omogeneizzazione. Da un lato, ho lasciato inalterate certe
autocorrezioni operate a distanza di anni (per es. quella tra p. 211
e p. 47 sui rapporti politici e culturali tra il Castiglione e Valds),
proprio come testimonianza di un successivo approfondimento. D'al-
tro lato non ho fatto nulla per evitare ripetizioni nelle citazioni
di passi; appunto perch iterate e ricorrenti, esse possono mettere
in rilievo l'importanza dei passi stessi come tappe d'obbligo in
percorsi differenziati. A loro volta, le citazioni bibliografiche sono
omogenee all'interno dei singoli lavori, non dell'intero volume.
b) Ma il discorso pi esplicito si impone sul secondo punto.
I saggi sono datati. Hanno il primo 22 anni, il secondo e il terzo
una quindicina, gli ultimi due ne hanno Il; inutile nasconderlo.
Un aggiornamento a oggi avrebbe richiesto anni di lavoro. Anzi-
tutto sul piano delle indicazioni bibliografiche; ma anche molto pi
all'interno. Avrebbe significato riprendere a fondo non solo dati
ma problemi e ricerche, da quelli pi vasti a quelli pi minuti.
chiaro che se ripropongo oggi i miei lavori perch, quanto al mio
discorso, penso che regga ancora; ma non mi sono sentita di toc-
carne, spostarne n rafforzarne i puntelli.
Mi trincero dunque dietro una tradizione illustre di non aggior-
natori, dei quali prudentemente in questi mesi sono andata racco-
gliendo una piccola antologia. Ne esibisco solo due. Uno Contini,
che raccoglie i suoi scritti dispersi (1938-68) in Varianti e altra
linguistica (Einaudi, Torino 1970) senza modifiche, non solo perch
il tempo dedicato a raccogliere le vecchie carte sottratto al
x
vergarne di nuove ma per la ragione pi profonda che, nella
cronologia interna dell'individuo , non si pu giudicare come
se tutte le esperienze fossero equidistanti dal nostro presente, come
se le nostre letture, contemplazioni, audizioni fossero contempo-
ranee e la nostra memoria, anche a lasciarne stare la bont quanti-
tativa, si svolgesse fuori del tempo . L'altro Prieto, che pubblica
in italiano i Lineamenti di semiologia (Laterza, Bari 1971) rinun-
ciando a uno scoraggiante aggiornamento del testo originale di al-
cuni anni prima perch consapevole dell'impossibilit di inte-
grare nel testo con una semplice revisione i risultati e i problemi
sorti dalle sue stesse ricerche successive, anche se convinto che
in una nuova versione, basata su uno sfondo epistemologico nuo-
vo , poco di quanto vien detto nel libro dovr essere abban-
donato .
Scartata perci a priori l'idea di un aggiornamento che consen-
tisse di datare i miei lavori 1979, li ho esplicitamente lasciati da-
tati: 1957, 1964-65, 1968.
3. II problema se non di vestirli a nuovo almeno di lavargli la
faccia, come avrebbe detto Morales, mi si posto comunque: e
almeno su tre fasce: una nel testo, una nelle note, e un'altra pi
diffusa 2.
a) Una prima fascia quella dell'espressione, in cui le rughe
erano profonde ma non faticosamente ritoccabili. Soprattutto nei
primi tre lavori ho quindi introdotto energici restauri sul piano
della fonna: dalla punteggiatura alla sintassi e al lessico. Non
questa la sede per imbastire sistematicamente un come scrive-
vamo : eravamo ipotattici, accademici, metaforici. Ho dunque
spietatamente tolto virgole e messo punti; ho proceduto a trasfor-
mazioni paratattiche; ho cercato di eliminare ci che oggi risulta una
patina in parte scrostabile della scrittura di allora. Probabilmente
molto mi sar sfuggito; il lettore sia comunque avvertito della mia
buona volont a questo riguardo.
b) Sul piano del contenuto, per quanto riguarda le note, che
sono parecchie centinaia, ho rinunciato a priori a qualunque inter-
vento di carattere informativo e bibliografico. Un aggiornamento
avrebbe significato in pratica una rassegna sistematica degli
studi usciti in questi decenni su medioevo, rinascimento, manieri-
smo e barocco, su erasmismo, i riformatori, gli eretici, sui trattatisti
del Cinque e Seicento, sulla questione della lingua in Italia, sui
testi e i carteggi del Castiglione, sui rapporti tra Italia e Spagna,
sulla Napoli spagnola, sui vocabolari siciliani, sui singoli autori
spagnoli da Alfonso X a Cervantes e oltre, ecc. ecc. Presa dal pa-
XI
nico, ho deciso di lasciare tutto come stava; la fiducia,
ho pensato che la bibliografia e le eran? essenzialmente u.n sup-
porto, esplicito e datato, per un mlO raglOnamento che mI sem-
brava stare ancora in piedi.
Lasciare tutto come stava ha significato dunque che, per esem-
pio, il libro di G. L. Beccaria sugli i? italial;o, che del
1968, appare come logico solo nelle mIe pagl11e del 68 stesso; e
i miei lavori precedenti vengono qui ristampati coi loro discorsi
pre-Beccaria per es. su sosiego e primor. Lo stesso per i lavori di
E. Asensio e di L. Stegagno Picchio, che appaiono dopo il mio
Valds. Cos, d'altra parte, C. Samon e M. Socrate figurano qui
coi vecchi loro lavori degli anni Sessanta; e ci sono il Segre di
Lingua, stile e societ e il Greimas dei Modelli semiologici, e non
quelli successivi; e cos via.
Lo stesso per le citazioni. Per esempio, Vossler resta citato in
tedesco nel primo lavoro, e in traduzione italiana, intanto uscita,
in quelli successivi; di Bahner si cita l'edizione tedesca, non quella.
spagnola che del 1966; Foucault resta in edizione francese; e,
caso limite, di Segre figura la SyntfJse stylistique ancora in fran-
cese (1967), perch la versione italiana appare nel 1969. Come ho
rinunciato alla rassegna bibliografica, cos a priori ho rinunciato a
stilare un bollettino editoriale.
Lasciare tutto come stava ha significato anche decidere di non
procedere a una revisione del mio discorso che vi introducesse i
risultati, pur importanti, di studi successivi. Cos non tengo pre-
senti per Valds per esempio - oltre alle edizioni di J. M. Lope
Blanch, Porrua, Mxico 1966, e di A. Comas, Bruguera, Barcelona
1972 - il saggio di G. L. Guitarte, Alcance y sentido de las opi-
niones de Valds sobre Nebrija (in Estudios filologicos y lingiiisti-
coso Homenaje a A. Rosenblat en sus 70 afios, Instituto Pedagogico,
Caracas 1974, pp. 247-288); o, per la trattatistica spagnola nel suo
insieme, per esempio, i volumi di A. Marti (La preceptiva retorica
espaiola en el Siglo de Oro, Gredos, Madrid 1972), J. Rico Verdu
(La retorica espaiola de los siglos XVI y XVII, Anejos de la Re-
vista de Literatura , Madrid 1973), K. Kohut (Las teorias litera-
rias en Espafia y Portugal durante los siglos XV y XVI, CSIC,
Madrid 1973); o, per le parole del Rinascimento, il saggio di R.
Mercuri (Sprezzatura e affettazione nel Cortegiano , in Lettera-
tura e critica. Studi in onore di N. Sapegno, Bulzoni, val. II, Ro-
ma 1975, pp. 227-274); e, per uomini dotti del Rinascimento spa-
gnolo, gli studi di Inoria Pepe su Argote de Molina e Alvar Gomez
de Castro; o, al di qua del Rinascimento, le pagine di A. Ruflinatto
sul rapporto di Berceo col suo pubblico. Cos come, per il problema
del pubblico e del suo orizzonte d'attese, restato fuori Jauss o,
per il retro degli arazzi, il Bachtin del mondo alla rovescia, ecc. ecc.
Anzich continuare all'infinito questo elenco in negativo, pre-
XII
ciso che sono intervenuta su altri due piani. Invece di aggiornare,
nel vecchio lavoro su Valds ho sfrondato molte note biblio-
grafiche su questioni generali (biografia di Valds, sua posizione
religiosa, erasmismo, rapporti italo-spagnoli, ispanismi in italiano,
questione italiana della lingua); si trattava in parte di uno sfog-
gio giovanile di erudizione, in parte di rinvii effettivamente troppo
datati. In tutti i lavori, invece, per due testi di frequente uso
ho sistematicamente aggiornato le citazioni su edizioni critiche
recenti: per Valds quella di C. Barbolani, per Morales quella di
V. Scorpioni. Per il Ditlogo de la lengua ci mi ha portato, come
un addio a un vecchio amico, a sostituire sistematicamente il nome
del personaggio Pacheco con Torres.
c) La terza fascia riguardava espressione e contenuto insieme.
A una rilettura, il protostrutturalismo degli ultimi lavori mi s ~
brava ancora reggere anche se datato ai tardi anni Sessanta; invece,
negli strati idealistici dei primi lavori sentivo i segni del tempo, in
un modo che a me stessa riusciva pesante pi che non il mancato
aggiornamento delle note storico-culturali.
Alcuni interventi si potevano operare sul semplice piano termi-
nologico, spostando il discorso dal dentro al fuori. Ho dun-
que ritenuto effettuabili trasposizioni come quella da forma
interna a tipo , carattere , modello . Quanto agli spi-
riti , spero di averli ripescati ed eliminati quasi tutti; o, se non
altro, come nel caso di Geist tmd Kultur di Vossler, di averli op-
portunamente ingabbiati tra virgolette storicizzanti. I sentimenti
ho cercato di eliminarli; mentre senza pudori ho lasciato parecchie
consapevolezze e coscienze : coscienza linguistica (dietro alla
quale sta anche il titolo Spracbbewusstsein di Bahner), coscienza
formale, coscienza normativa.
Ma da questo restauro a fior di pelle esco con una sensazione
di disagio. E mi convinco che ha ragione Prieto sui due fronti del
suo discorso: da un lato l'impossibilit di procedere a un semplice
aggiornamento su uno sfondo epistemologico nuovo, d'altro lato
la probabilit che quanto stato detto possa comunque non venir
abbandonato.
Se dovessi rifare tutto, oggi imposterei il lavoro in termini se-
miotici, passando dall'analisi di problemi di coscienza a quella di
problemi di competenza. Metterei in primo piano le questioni dei
generi e delle poetiche. Parlerei di costituzione dei codici e di enun-
ciati di carattere metalinguistico sui codici stessi. Metterei in rilievo
nel discorso barocco la contraddizione tra il livello metalinguistico,
che rifiuta i codici medievali, e quello poetico che li tiene in piena
funzione. Soprattutto, mi porrei, in modo esplicito e non tra le
righe, un problema di tipologia; non di fronte al grottesco irrigidi-
mento con cui Herrera fissa spagnolo e italiano sui due poli di un
XIII
mondo morale, ma di fronte a tutte quelle pagine in cui Valds,
Garcilaso, Castillejorilevano nello spagnolo tratti caratteristici, a
tal punto da ritenere difficili o impossibili traduzioni, o spostamenti
di codici formali, da altre lingue. Al di l della diversit ricono
sciuta in questi tratti - tendenza alla metafora e all'equivoco, ten
denza alla brevit e alla chiarezza, ecc. - il punto da approfondire
in via teorica mi sembra proprio questa insistenza sulla peculiare
propriet di una lingua. Abbiamo da tempo una tipologia della
lingua, abbiamo ora una tipologia della cultura; mi domanderei che
cosa sia dal punto di vista teorico l'embrionale tipologia della lino
gua letteraria che affiora in queste pagine del Cinquecento; che
cosa sia questa linguistica dei particolari e non degli universali;
che cosa sia questo riconoscimento di tratti tipici, che da un lato si
prestano ad atteggiamenti descrittivi e comparativi, d'altro lato si
sono costituiti lungo la concretezza della storia.
Giro la domanda ai linguisti. Per conto mio confido, con Prieto,
che, anche se la nostra prospettiva oggi diversa, questo libro,
nella sua sostanza, abbia ancora un senso.
Ringrazio i molti amici con cui per anni mi sono consultata su
queste pagine e recentemente su questa ripresentazione. Mi limito
qui per i loro suggerimenti in questa occasione a Cesare Acutis,
Bice Mortara Garavelli, Inoria Pepe Sarno, Dario Puccini, Aldo
Ruffinatto, Carmelo Samon, Cesare Segre. In particolare, ringrazio
le giovani studiose Letizia Bianchi e Marina Camboni che, mentre
su mia richiesta mi hanno segnalato con gentile implacabilit spiriti
e sentimenti troppo di ieri, mi hanno anche rassicurato che il di-
scorso funzionava ancora oggi.
Dedico questo volume alla memoria di Benvenuto Terracini.
Non perch gli ultimi due lavori sono stati pubblicati in circostanze
connesse con la sua morte ma perch, in vita, quasi tutti questi
lavori li ha visti nascere, e molto da vicino.
Torino, 16 ottobre 1979.
l Questa la provenienza dei lavori: 1. Juan de Valds: Dialogo de
la lengua . Ediz. abbreviata, con Introduzione (pp. 5-68) e commento.
In Collez. di Testi e Manuali. Pubblicaz. dell'Istituto di Filologia Ro
manza della Facolt di Lettere dell'Univo di Roma, S.T.E.M., Modena
Roma 1957, di 201 pp. Pubblico qui l'Introduzione (cf. anche n. 2).
2. Valds: cuidado - Boscan: descuido , in Studi di Letteratura
spagnola 1965, pp. 187-209. 3. Tradizione illustre e lingua letteraria
nella Spagna del Rinascimento, in Studi di Letteratura spagnola 1964,
pp. 61-98 e 1965, pp. 9-94. Il lavoro 2 seguito dal 3 come Appendice,
stato raccolto in volume, P.U.G., Roma 1964, di 171 pp. 4. Analisi di
XIV
un confronto di lingue (F. de Herrera, Anotacionesi>, pp. 74-75), in
Archivio glottologico italiano (val. in memoria di Benvenuto Terra-
cini), LIII, 1-2, 1968, pp. 148-200. 5. Una frangia agli arazzi di Cervantes,
in AA. VV., Linguistica e Filologia. Omaggio a Benvenuto Terracini, a
cura di C. Segre, Il Saggiatore, Milano 1968, pp. 281-311.
2 Nell'ordinamento dei saggi, inoltre, ho reso autonomo il secondo
rispetto al terzo, del quale esso era appendice. Ho modificato leggermente
i titoli dei vari saggi; all'interno del primo e del terzo ho introdotto
i titoli dei paragrafi e nel terzo ho distribuito le sezioni in modo legger-
mente diverso. All'inizio del quarto ho tolto riferimenti d'occasione.
Quanto al primo saggio (nato come una Introduzione alla quale seguiva
un testo, qui eliminato), ho inserito nelle note ampie citazioni dal Dialogo
de la lengua e alcune delle mie note al testo stesso.
xv
Elenco delle abbreviazioni
BAE
BHi
BHS
BICC
BRAE
CN
CyR
DCELC
D.L.
HMP
NRFH
PMLA
RFE
RFH
XVI
Biblioteca de Autores espaiioles
Bulletin hispanique
Bulletin of Hispanic Studies
Boletfn del Instituto Caro y Cuervo
Boletm de la rea! Academia espaiiola
Cultura neolatina
Cmz y Raya
Diccionario critico-etimologico de la lengua castellana, a
cura di J. Corominas
DifIlogo de la lengua di J. de Valds, in generale; in parti-
colare, ed. critica a cura di C. Barbolani de Garda, D'Anna,
Messina-Firenze 1967
Homenaje a Menndez Pidal, Madrid 1925.
Nueva Revista de Filologia hispanica
Publications of the Modern Language Association of Ame-
rica
Revista de Filologia espaiiola >,
Revista de Filologia hispanica >,
LINGUA COME PROBLEMA
NELLA LETTERATURA SPAGNOLA
DEL CINQUECENTO
(con una frangia cervantina)
Alla memoria di Benvenuto Terracni
La presa di coscienza ( Valds )
Parte prima
La cornice del Dialogo de la lengua
1. Il dialogo e i dialoganti. ... Porque el sefior
Torres, como hombre nacido y criado en Espafia presu-
miendo saber la lengua tan bien como otto, y yo, como
curioso della desseando sabeda assi bien escrivir, como la
s hablar, y el sefior Coriolano como buen cottesano qui-
riendo del todo entenderla (porque, como veis, ya en Italia
assi entre damas como entre cavalleros se tiene pot genti-
leza y galania saber hablar castellano), siempre halhlvamos
algo que notar en vuestras Cartas... 1. In queste parole
di Marcio viene anzitutto spiegato il motivo occasionale
del Dialogo: si tratta di una serie di domande sulla lingua
spagnola poste a Valds da altri personaggi, spagnoli e ita-
liani, come riflesso di dubbi suscitati in loro dalle sue let-
tere. Da questa stessa impostazione deriva appunto il tono
disperso di conversazione che corre lungo tutta l'opera.
Allo stesso tempo, nella caratterizzazione degli interessi di
ciascuno dei tre interlocutori di Valds, vengono a prospet-
tarsi alcuni aspetti essenziali del suo argomento. Col cenno
a Torres, natural de la lengua, appare da un lato la condi-
zione generale di chi nel parlare la propria lingua materna
crede di non aver bisogno di norme, d'altro lato il pro-
blema storico dello spagnolo dell'epoca, carente di sistema-
zione. A sua volta, il cenno ai due italiani - Coriolano,
l1ovicio, che, per motivi che possiamo definire sociali, desi-
5
dera avete dello spagnolo una conoscenza pratica, Marcio,
curioso 2, mosso da interessi pi eruditi - spalanca le
porte ai pitl vari aspetti deIIa vita e della cultura del Rina-
scimento spagnolo e italiano, in cui il Dialogo va inqua-
dtato.
2. La scena. L'antinomia che qui si prospetta ine-
l'ente aIIa stessa impostazione deII'opeta come dialogo. La
trattazione dottrinale dei problemi diluita - e insieme
drammatizzata - anzitutto dalla cornice narrativa. Anche
se neIIa parte centrale, nei momenti pi serrati deIIa di-
scussione, essa testa sfumata, aIIa fine tutti i particolari
accennati neII'esotdio sono ripresi: i setvi che vengono
aIIontanati e poi chiamati, neIIe ultime battute, coi cavaIli;
i tre intedocutoti che si accordano suIIe domande da sotto-
porte a Valds, che passeggia pensieroso, e aIIa fine come
tre congiurati gli tiveIano la sorptesa di avet nascosto lo
scrivano Aurelio; il commiato finale con le vatie promesse
per la prossima tiunione. A sua volta diluisce e dramma-
tizza il discorso teotico anche l'alternarsi, talvolta quasi
occasionale, di domande e risposte che vanno seguendo
spontanee associazioni di idee. Si ttatta di un effettivo dia-
logare, con scambio di battute tra i vati petsonaggi, che
possono giungete fino al battibecco e amano coglietsi red-
ptocamente in faIIo e sogghignare l'uno dei preconcetti deI-
l'altro, put senza uscite, quasi mai, da un tono di signotile,
un tanto ironica, cottesia. Particolatmente pteziosa in
questo senso una frase di BataiIIon 3: simpatico esbozo
de un ttatado de filologia espafiola, gue consetva toda la
gtada y toda la naturalidad de una libte charIa entre per-
sonas de buen gusto .
Buon gusto tipicamente tinascimentale; e sono qui da
tener presenti le schetmagIie e la vivacit dei dialogo bem-
biano e specialmente l'incedete nobile e insieme vivace
deIIa conversazione nel Cortegiano. Ma vivacit che, trat-
tandosi di un seguace di Erasmo come Valds, anche la
motdadt dei tipo di dialogo lucianesco-erasmiano 4.
6
3. I personaggi. Si discusso a lungo sulla maggiore o
minore realt storica dei personaggi del Dialogo. Ma, molto
pi che un'eventuale identificazione storica S, importa la
loro caratterizzazione entro il Dialogo stesso, nota psico-
logica che li rende appunto personaggi , e allo stesso
tempo determinazione di atteggiamenti tipici davanti ai
problemi linguistici. Se talvolta essi sembrano parlare in
contrappunto, hanno tuttavia ciascuno una personalit mol-
to diversa.
Marcio. stato osservato che il personaggio meno
netto. Effettivamente il Dialogo in grandissima parte co-
stituito da una serie di domande e risposte tra lui e Valds,
in cui Marcio pare talvolta quasi limitarsi a dare la battuta
a Valds e ad accettarne le osservazioni. C' per in lui
qualcosa di pi. Anzitutto lui l'ordinatore della materia,
e tale ordine va custodendo: dichiara concluso un argo-
mento, annuncia l'inizio di un altro, esorta Valds a pro-
seguire, lo rimette in carreggiata; soprattutto coglie al
balzo le questioni importanti 6. Le sue domande si riferi-
scono spesso a finezze, per le quali solo un buon conosci-
tore dello spagnolo poteva afferrare quanto nell'uso di
Valds vi fosse di singolare. La critica di Marcio appunto
autorizzata da una certa conoscenza di cose spagnole, che
egli dimostra anche con la citazione di coplas, di facezie, di
epitaffi, di opere letterarie.
Marcio spesso molto pi vicino a Valds che non agli
altri due, dei quali commenta l'ignoranza o lo stupore, e
che talvolta egli stesso mette bruscamente a tacere. Nella
sua posizione c' qualcosa di molto colto e raffinato, riflesso
di una che appare per pi .ufli-
ciale Marcio cita l'Arte poetica di
Orazio; adduce paralleli latini per le voci citate da Valds;
ha un senso di purismo conservatore; possiede il concetto
di regole cui spesso Valds non d soddisfazione, e
quello di partizioni della teoria grammaticale che a Valds
importano molto poco.
7
Nelle citazioni di Nebrija, cos spesso poste in bocca
sua, c' s senza dubbio il piacere malizioso di punzec-
chiare Valds; ma c' anche !'intenzione di fare di Mar-
cio un simbolo della cultma italiana. Ci rende pi con-
venzionale la sua figura. Perci in bocca a lui viene messo
il nome di Demostene 7, come contrapposto a quello di
Luciano caro ad Erasmo; e sar Marcio a pronunciare il
nome del Bembo 8. In qualche punto il suo linguaggio, ela-
borato secondo le migliori regole retoriche, allude certo alla
solennit della prosa italiana 9. In lui, ancora, la tendenza
a stabilire paralleli con un noi non privo di compiaci-
mento o a ricorrere a un voi che pu talvolta essere
condiscendente, ma pi spesso critico.
Coriolano. C' chi ha visto in lui un censor malvolo
de las bravatas, afan de " ganar homa " y ceremonias espa-
nolas e chi ha sottolineato, in lui e in Marcio, la squisita
cortesia italiana 10. Coriolano sembra essenzialmente rap-
presentare lo straniero . il pi bisognoso dell'insegna-
mento di Valds; non soltanto ignorante di molte cose
spagnole, ma chiuso nel proprio mondo. lui a provocare
con le sue domande una serie di spiegazioni o puramente
linguistiche o pi generiche 11. Pone questioni da princi-
piante nella lingua a lui straniera; inoltre, come nuovo alla
riflessione linguistica, si stupisce di alcuni principi generali
ovvii. Anche lui, da buon italiano, cita Cicerone e Quinti-
liano e sono citazioni accolte con riserva da Valds 12.
Ma soprattutto Coriolano a far scivolare la discussione
su ripicchi nazionalistici: col commento al desiderio degli
spagnoli di ganar homa , ai loro presunti furti di
vocaboli (e qui viene messo a tacere da Marcio), al loro
hacer fieros e alla braveria, malgrado la povert
lessicale della loro lingua; con la rivendicazione della deri-
vazione greca o italiana della sinalefe; con la difesa della
propria ignoranza; e soprattutto con la sfida a Valds 13.
Torres (Pacheco). Uomo d'armi contrapposto agli uomini
di lettere, tra curioso e indifferente per le questioni di lin-
8
gua, non conosce n latino n greco, ha un ingenuo rispetto
dell'autorit e un ingenuo spirito regionalistico 14. Tuttavia
le sue domande mirano talvolta a questioni fondamentali;
lui a provocare le spiegazioni di Valds sul senso di de-
coro, sui concetti di plebeyo y vulgar, di ingenio y juizio 15.
Inoltre Torres ha una chiara coscienza delle condizioni so-
ciali della propria lingua; lui a mettere in evidenza la
lingua della corte e a commentare la tendenza conserva-
trice della Cancelleria di Valladolid.
L'evolversi del suo atteggiamento entro il corso del
Dialogo stato pi volte commentato. C' all'inizio in lui
la presunzione di conoscere la lingua tan bien como
otro , mista alla affermazione, pi volte proclamata, della
propria indifferenza per gramatiquerias (ma gi fin dal
primo momento si interessa per i proverbi). A poco a poco
subentra in lui lo stupore nell'osservare quante volte ab-
bia ragione Valds (<< no habia mirado en elIo ); esso di-
venta poi crescente interesse per le cose di grammatica e
ad un tempo coscienza delle difficolt. Alla fine esplode una
entusiastica compiacenza nell'aver appreso l'uso della ri-
flessione linguistica, in un atteggiamento alla Monsieur
Jourdain. Si instaura cos in Torres il pieno accordo con
Valds, con cui sembra ammiccare 16 contro gli altri due;
fino a mettersi anche lui a dare spiegazioni a Coriolano.
Torres tanto ignorante 17 quanto Coriolano; ma ha qual-
cosa di pi elastico, molto lontano dalla fanfaroneria
soldatesca che talvolta gli stata ritrovata 18.
Direi che in lui Valds abbia visto l'uomo incolto, l'in-
genuo, l'anima vergine che va prendendo, un po' erasmia-
namente, coscienza della propria ignoranza, e diviene do-
cile (la definizione appare in bocca a Marcio 19 forse non
senza ironia) all'insegnamento altrui. Pu essere che, come
stato osservato con una certa cautela 20, ci sia in lui un
riflesso del Messer Ercole del Bembo. Ma direi piuttosto
che, fatte le debite proporzioni, nella figura di Torres in
realt c' qualcosa che ricorda tutto l'atteggiamento di
9
Giulia Gonzaga nell'Alfabeto cristiano 21. Lo stesso esporre
di dubbi, di obbiezioni, e la stessa docile approvazione.
Ed in fondo naturale che sia cos. Anzitutto, entrambi
sono creature di Valds; e inoltre, se il nucleo centrale del
Dialogo costituito dal genio stesso della lingua spagnola
mentre sta prendendo coscienza di s 22, di questa co-
scienza l'evolversi di Torres diventa il simbolo.
Valds. Quanto al personaggio Valds, evidente che
l'autore ama rappresentare se stesso in un atteggiamento
continuo di diffidenza contro la curiosit degli interlocu-
tori; di qui lo schermirsi, il desidetio di tagliar corto 23,
quasi con un gesto di noia pet essere costtetto a parlare
di nifierias de la lengua. L'atteggiamento del personaggio
tiflette, come vedremo, un aspetto ben marcato nella posi-
zione del Valds filologo. Allo stesso modo la tendenza a
interrompere la discussione con battute scherzose rientra
sl in una generica ptopensione pet la facezia diffusa nel suo
tempo, ma risponde anche a un suo gusto personale, come
risulta dalle sue stesse lettere 24.
Il personaggio Valds oscilla tra una estrema equanimit
e una violenza di temperamento. Da un lato nessuno pill
lontano di lui dalla ptosopopea scientifica: sottolinea con-
tinuamente che espone opinioni ottenute por congetura
e por discteci6n , che non sa nulla de cietta ciencia ,
che si ttatta di noticia confusa; ptontissimo ad affer-
mate di non potet stabilite tegole. Lungi dal ptetendete di
venir cteduto ciecamente, vuole ottenete solo el crdito
gue quisitedes e convincete con dimosuazioni: aunque
el cteet sea cottesia, yo huelgo que desto que os he dicho
no cteais mas de lo que vitedes . Anche qui ci sono,
come vedtemo, radici dominali pi profonde: l'impossi-
bilit di stabilite tegole pet una lingua volgate, la mancanza
di ptecedenti. Ma c' anche la cauta consapevolezza petso-
naIe di tutta un'elabomzione originale di una serie di pto-
blemi, di cui Valds non manca di essete fieto quando si
ttatta di sottolinearne l'originalit, chiudendosi in un altez-
lO
no comment di fronte ad alcune obbiezioni, ad af-
tel:m:ue che quanto gli importa l'uso suo.
Para mino ay igual tormento que no poderme enojar
mostrar enojo por lo que oigo o veo que no es segun mi
tatltasla . Le collere che lo assalgono a solo sentire il nome
Nebrija sono allo stesso tempo prodotto di una diversit
concezione e riflesso di un carattere irritabile. Scontro-
e appassionatezza, che a loro volta non sono solo un
tratto psicologico realistico (sappiamo che nella realt il
carattere di Valds era tutt'altro che mite 25 e vediamo, eli-
tra il Dialogo, la sua reazione all'eccessiva cerimoniosit
italiana). Sono anche riflesso di un concetto di libert:
demasiadamente me ofendo quando una persona que yo
quiero bien haze o dize alguna cosa que no me contente, y
soy tan libre, que luego le diga a la clara mi parecer 26.
4. L'ambiente italiano. Quanto alla realt storica del
Dialogo e della sua inscenatura, non ha molto interesse ac-
certare se la camice narrativa sia o no pura convenzione
letteraria e se Valds e i suoi amici si siano davvero riuniti
a conversare su questioni di lingua. Tra l'altro, nulla vieta
di pensare che sia realmente cos, allo stesso modo come
non si dubita che l'Alfabeto cristiano nasca da una conver-
.sazione tenuta tra Valds e donna Giulia dopo una predica
di Bemardino Ochino. L'importante comunque che nel-
l'opera il riflesso di elementi molto reali c': sia il contatto
tra spagnoli e italiani, sia l'esperienza che Valds spagnolo
aveva tratto dal suo saggiamo tra italiani.
Valds 27, educato all'umanesimo di marca erasmiana e
tutto preso dai suoi problemi religiosi e, in parte, dalla sua
attivit di funzionario imperiale, vive in Italia e in partico-
lare a Napoli in un momento in cui la potenza spagnola era
al suo apogeo e con essa la diffusione della cultura e della
lingua spagnola. Gli italiani potevano di quando in quando
deplorare questo influsso, come si dolevano del dominio
politico straniero, e sottopone a critica gli usi e i costumi
di Spagna 28; ma d'altra parte non potevano negare una
11
certa affinit tra loro e gli spagnoli, come fa Castiglione, il
quale appunto pronto ad aprire le porte dell'italiano a
voci castigliane quando la materia lo renda necessario 29.
Valds non soltanto scrive a Napoli, dove la penetra-
zione ispanica aveva ormai profonde radici che risalivano
al tempo aragonese, ma viene da Roma, che dall'epoca di
papa Callisto III si era andata sempre pill ispanizzando 30.
Molti italiani, come gli interlocutoti del Dialogo, conosce-
vano pi o meno profondamente la lingua e le usanze spa-
gnole.
stato osservato che, come le opere religiose di Valds,
anche il Dialogo ha uno scopo eminentemente pratico 31.
La presenza di un pubblico italiano si rivela in primo luogo
in tutta una serie di momenti in cui Valds sente il bisogno
di spiegare usi, istituzioni, cose , insomma spagnole, a
chi non le conosce bene: la storia della Reconquista ,
o del frazionamento regionale del suo paese, le bachille-
rias , ecc. ecc.; fino a certe spiegazioni quasi di carattere
tipologico, come la propensione dello spagnolo all'equivoco
faceto o all'esuberanza metaforica 32. La rassegna letteraria
finale comprende opere quasi tutte assai divulgate in Italia
- per non parlare di quelle che dipingono appunto 1'am-
biente napoletano italo-spagnolo come la Questi6n de
Amor - e la cui critica in Italia costituiva quasi un luogo
comune.
La visibile preoccupazione di adattare quanto scrive a
un determinato pubblico si riflette anche su alcune posi-
zioni linguistiche di Valds: da una parte spiegazioni di
particolarit spagnole mediante un termine di raffronto
italiano 3\ dall' altra, tentativi di evitare ?nfibologie e di
no hacer tropear alletor , che paiono prospettarsi an-
ch'essi, almeno in parte, in funzione di un pubblico stra"
niero. L'estrema chiarezza con cui viene talora svolto il
ragionamento certo risponde in alcuni momenti a uno scopo
analogo. La prospettiva di raffronto bilingue di Valds si
manifesta per soprattutto nella sua principale caratteri-
stica: la preferenza data alla forma pi vicina all'italiano,
si tratti di particolari ortografici o di scelte lessicali.
12
In questo accomodamento c' forse un principio peda-
gogico di moderazione: vengono in mente le parole che
Valdesso rivolge a Giulia Gonzaga cui pesava il consiglio
di lasciare le belle conversazioni: Manco voglio esser
tanto rigoroso che vi dimandi che le lasciate tutte cos in
un tratto; bene saria che le lasciaste, ma, se v' molto mo-
lesto, le potrete lasciare a poco a poco... 34. Certo c' un
fondo di realt constatata 3\ e, addirittura, in questa per-
meabilit da lingua a lingua si potrebbe vedere l'ultimo
riflesso di un senso di unit romanza.
Unit romanza per che proprio allora si andava dissol-
vendo nella nuova coscienza delle nazionalit. Gli italiani-
smi di Valds, come vedremo, rispondono a loro volta a
un senso di larghezza imperiale della lingua, la quale ha il
vanto di rendersi comprensibile anche fuori dei suoi con-
fini. Questo lucido opporsi di nazione a nazione si riflette
sul piano narrativo in tutta la serie di ripicchi e di batti-
becchi destati da pregiudizi campanilistici; non per nulla,
di fronte ai commenti di Coriolano e di Marcio 36, Valds
si crede obbligato a commentare la presunzione italiana di
occuparsi di faccende linguistiche altrui: Siempre vosotros
estais armados de spada y capa, para herirnos quando nos
veis algo descubierto; pues ya sabis que " donde las dan,
alli las toman " 37.
Ma questo tono scherzoso poggia su un fondo di pole-
mica antitaliana molto pi serio, che ha in parte radici an-
che nell'educazione di Valds e nell'influsso dell'ideologia
di Erasmo.
5. Lo sfondo erasmiano. Valds ha un posto di primo
piano nel monumentale studio di Bataillon 38 sulla fortuna
che il pensiero di Erasmo ha avuto in Spagna sia sul piano
religioso e morale sia nei riflessi su tutta la vita e la cul-
tura. Per Valds letterato e grammatico bisogna per sem-
pre tener presente che non possibile distinguere netta-
mente ci che in lui risale direttamente a Erasmo da ci
che egli invece ha assorbito da correnti generiche in seno
13
a tutto l'umanesimo europeo, e da ci ancora che fino a
lui confluisce da correnti di antica tradizione castigliana.
L'unica guida sicura in questo caso la consapevolezza
stessa di Valds; il suo pi o meno cosciente senso di di-
versit nei confronti sia del pubblico italiano, sia di alcuni
strati della cultura spagnola.
Il riflesso pi vistoso di un erasmismo valdesiano an-
zitutto, come si visto, il tipo stesso di dialogo, per cui
Valds trovava i precedenti nel suo De doctrina cristiana
e nei dialoghi del fratello Alfonso. In questo riflesso inoltre
si innesta la generica propensione all'ironia (qui meno con-
tenuta, a detta di Bataillon, che nel Dizlogo de doctrina
cristiana). Ironia che, mescolata al concetto erasmiano che
il monachatus non est pietas , parrebbe avere il suo
esito pi appariscente nella facezia anticlericale. Ma tanto
questa satira antimonastica quanto la generica tendenza
epigrammatica (e limitare a queste l'influsso erasmiano
senza vedere in esso tutto ci che ha di nuova ideologia
umanistica 39 sarebbe una concezione assai ristretta) rien-
trano anche in secolari tradizioni spagnole: l'amore per la
sutileza da un lato, e dall'altro quell' anticlericalismo da
fabliau che sprizza anche nel Lazarillo e nel teatro cosid-
detto erasmista 40.
Il gusto per la sentenza e la agudeza porta anzitutto
Valds alla predilezione per i proverbi 41; un gusto che in
lui trascende l'apprezzamento del loro valore linguistico,
e lo fa continuamente ricorrere ad essi anche come fonte
di antica saggezza 42. Valds ha cura in questo caso di rife-
rirsi esplicitamente a Erasmo; ma non possiamo dimenti-'
care da una parte il Libro de Buen Amor, il Corbacho, la
Celestina e dall'altra la grande fiducia che il razionalismo
umanistico aveva nell'istinto popolare 43, e che in Valds si
manifesta pure con la sua predilezione per uno stile lim-
pido e semplice.
Se la riabilitazione del linguaggio volgare connessa a
tutto il movimento umanistico e naturalistico, il riflettere
su questioni grammaticali e linguistiche, almeno per la
Spagna, stato visto come atteggiamento in gran parte
14
diffuso tra seguaci di Erasmo: Valds, Vergata, Pero Mejla,
J. M. Cordero, Villa16n, ecc. ecc. 44. suggestivo in questo
senso vedere com' facile trovare a concetti esptessi da
Valds precisi tiscontti nelle opere di Erasmo: cos l'uso
linguistico, determinato sia da chi parla la lingua pura-
mente e elegantemente , sia dagli autoti, o la necessit
di curate la propria lingua, poich nessuna cos barbara
da non avere la propria eleganza e forza particolare, se viene
coltivata 45. Allo stesso modo ci sono coincidenze con un
altro fedele seguace di Erasmo, F. de Vergata 46, per l'idea
che, il castigliano avesse una stretta derivazione dal greco,
ecc. ecc.
Ma, pi che rintracciare qui e l eventuali influssi era-
smiani, l'essel1ziale che la posizione linguistica assunta
da Valds viene a essere in ultima analisi un riflesso della
filosofia imparata in Spagna. Per cui ci che a lui im-
porta quella minoranza (scelta non col ctiterio sociale
della casta o della ricchezza ma sulla base morale e razio-
nale dell'essere altos de ingenio y ricos de juizio ) che
si distingue dalla massa costituita da cada plebeyo y vul-
gal' ; cosicch possono essere de baxo ingenio y poco
juizio anche coloro che sono altos de linage y ricos de
renta 47. Proprio questa filosofia Valds dichiara di
averla dimenticata in Italia 48. Eppure appunto qui risol-
veva nel senso voluto da Erasmo una questione lunga-
mente dibattuta in un senso e nell'altro, quella della no-
bit, tanto da essere un luogo comune nella cultura del
tempo, svolto nel Cortegiano (e si potrebbe di qui tisalire
fino al IV libro del Convivio dantesco) 49.
Pi chiara ancora la provenienza da Erasmo in alcuni at-
teggiamenti di Valds in fatto di ctitica letteratia. Soprat-
tutto nei due ctiteri che egli alterna: una critica formale
che, partendo appunto da un ideale di sobriet, chiarezza
e naturalezza, tifugge da tutto ci che o affettato o con-
fuso; e una critica del tutto contenutistica 50. In quest'ul-
tima, se lenita la concezione utilitaria della letteratura
che aveva Erasmo - e quindi Valds non cade nel mora-
lismo intransigente di Vives 51 -, comunque motivo fon-
15
damentale un concetto di verosimiglianza 52,
Dei due motivi della critica erasmiana ai libri di cavalle-
ria, sparisce quindi l'accusa di\jmmoralit.> sussiste quella
di melltira - nuestros libros escritos en 1'0-
mance 53 -, anche se diluita in pi vaghi iiiorallcia e
descuido. In nome della verosimiglianza stilistica, Valds,
pronto ad ammettere che le frias afetaciones e gli ar-
caismi linguistici dell'Amadzs fossero normali all'epoca in
cui visse l'autore, e quindi stilisticamente validi, si ribella
invece all'idea che siano dovuti a un desiderio di acomo-
dar su estilo al tiempo della vicenda, perch cos sareb-
bero artificiosi, dato che in quelle regioni ovvio che allora
non si parlava castigliano. In nome della verosimiglianza
storica, critica nell'Amadzs anacronismi, e in Mosn Diego
de Valera asserzioni storiche imprecise; e alla taccia di
parabolano nel caso che le abbia inventate lui, alterna
quella di inconsiderado se per caso le avesse ttatte da
altri senza vagliarle col suo giudizio. In nome della verosi-
miglianza psicologica critica nel1'Amadzs alcuni episodi che
contrastano stridentemente col tipo ideale impersonato in
Elisena o nel re Peri6n, e deplora in Torres Naharro 54 in-
congruenze nelle descrizioni di ambiente.
Motiyojonc1atnentale nella critica di Valds.iLconcetto
di cio convenienza col proprio e condizione
iil modo di vivere di ciascuno in generale, convenienza
con la realt. psicologica delle persone rappresentate, nella
finzione letteraria 55. Cos per la Celestina. Le definizioni
che ne dnno Vives (<< laena nequitiarum parens ) e Cer-
vantes (<< libro divino si encubriera mas lo humano ), di-
scordanti come sono, contengono comunque entrambe qual-
cosa di decisamente moralistico: si tratti di eredit pi
pura di Erasmo, oppure di reazione controriformistica verso
l'amore sensuale 56. In Valds, invece, l'ardore di Melibea
viene criticato unicamente come mancanza di coerenza psi-
cologica entro il personaggio; Celestina e i servi sono
perfettissimi perch coerenti con se stessi 57,
Nella rassegna letteraria appaiono opere tradotte; e ri-
flessioni sul problema della traduzione che si ricollegano
16
ad altre svolte poco prima 58. & __ __
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i.wigliQli seguai
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o
59. Ma nel Dialogo la questione ha una portata
pi vasta di questo semplice riferimento, e vi ritor-
neremo pi avanti. Ci limitiamo per ora a osservare che
Valds pare dimostrare un certo disdegno per le traduzioni,
e si limita a citarne due 60, affermando di non averne lette
altre; le due citate sono entrambe opere non soltanto fon-
damentali nella sua formazione dottrinale, ma anche pre-
sentate come modello di stile.
sicuro poi che ha origine da Erasmo l'atteggiamento
antiitaliano, cos chiaro nel Dialogo. Valds l'uomo au-
stero che nel suo ideale sobrio e democratico della lingua
si oppone al formalismo dell'italiano, impregnato di tradi-
zione letteraria. Qui si inserisce in pieno la difesa del latino
di Erasmo 61. Se, come nota Montesinos 62, agli italiani
l'erasmismo spagnolo pareva un nuovo aspetto di barba-
rie , per lo spagnolo erasmista Juan de Valds, o per Al-
fonso, nell'antiitalianismo confluiscono due motivi, prove-
nienti da Erasmo entrambi: la reazione a una realt politica
- romana - da cui aborre, e la reazione a una forma di
cultura per lui troppo esteriore.
Gli italianismi fonetici o lessicali di Valds sono una
semplice soluzione pratica di un problema di convivenza
linguistica; ma sul piano della riflessione linguistica al cice-
roniano Bembo Valds anteporr sempre l'anticiceroniano
Erasmo.
6. Valds e le discussioni linguistiche italiane. Non di-
mentichiamo comunque che il Dialogo de la lengua stato
concepito e scritto in Italia, negli anni in cui fervevano le
dispute sulla questione della lingua . Si trattava, per
cos dire, di un tema di moda, oggetto di discussioni e di
conversazioni, cui fanno eco la scena e l'azione drammatica
nelle quali sono immaginosamente inquadrati le Prose della
volgar lingua, il Cortegiano, ecc., e alle quali accenna il
Machiavelli nel prologo del suo Dialogo. In quegli anni
17
era un continuo succedersi e incalzare di opere a stampa
che prima di essere pubblicate circolavano manoscritte,
come accaduto per esempio allo stesso Cortegiano. L'Ita-
lia era quindi un ambiente sommamente favorevole a
un'opera del genere del Dialogo de la lengua; e pu darsi
che Valds fosse al corrente di queste dispute (la sua cri-
tica al Bembo introdotta da un a muchos he oldo
dezir ) assai pi di quanto dal Dialogo non traspaia. Ad
ogni modo possiamo accontentarci degli autori italiani da
lui citati, e cio il Bembo e il Castiglione; il primo esplici-
tamente 63, il secondo solo per dire che non conosce la ver-
sione di Bosdn 64. In questi cenni pi o meno chiari si
riconoscono da una parte gli spunti per cui il Dialogo si
riattacca a una tradizione non paesana; d'altra parte, i mo-
tivi per cui il Dialogo chiaramente o celatamente si oppone
al pensiero italiano e fa parte per se stesso. Il rapido con-
fronto col Bembo e col Castiglione, nelle pagine che se-
guono, pi che addentrarsi in questioni di fonti, intende
semplicemente lumeggiare l'ambiente entro il quale prende
rilievo la spiccata originalit di Valds, storico e descrittore
della propria lingua.
Castiglione. Dei due italiani il pi presente a Valds
in fondo lui, per una innegabile affinit d'impostazione e
di idee, che spesso sottolineata dai pitl :fini interpreti del
Dialogo, Bataillon e Lapesa 65. Lo univa a Valds l'ideale
della lingua, che possiamo continuare a chiamar cortigiana,
purch ricordiamo che il Castiglione intende qualcosa di
molto diverso da quello che andava sotto il nome di
lingua cortigiana e che aveva suscitato la risoluta critica
del Bembo, e lo decanta invece in l!!1
qllesto, al
drh clla pL1ra forma, 1iapresente la realt di una societ
dirigente la politica e il gusto; una societ di gravi diplo-
matici e di piacevoli dame, pi raffinata e pitl composita,
ma .non diversa sostanzialmente di<iellilcl"le]lcel1fro
della norma dettata alla Iinglla second() Valds.
E quel certo spregiudicato eclettismo di Valds che, in
18
certa misura, permette allo spagnolo di prendere il suo
bene dove lo trova, risponde all'eclettismo - pi com-
plesso - del Castiglione, che non solo allarga le basi della
lingua fuori del toscano alle altre regioni, ma egli pure in
certa misura, come abbiamo visto, spalanca le porte a spa-
gnolismi e francesismi secondo l'esigenza di quel momento.
Si deve soprattutto ricordare, inoltre, che il discorso
sulla lingua introdotto nel primo libro del Cortegiano
come digressione e variazione sul tema della mancanza di
affettazione, che dev'essere dote principale del cortegiano;
vedremo quanto a Valds prema questa dote, anche se
intesa solo come fatto di stile. Su questo argomento si
giunge addirittura a una consonanza determinata: l'af-
fermazione, polemica e molto chiara, del Castiglione: e
dico aver scritto nella mia [lingua], e come io parlo, ed a
coloro che parlano come parl'io 66.
Altre coincidenze sono forse dovute semplicemente, co-
me abbiamo visto, a luoghi comuni della cultura umanistica:
il tema della nobilt, quello del contrasto tra l'uomo di
lettere e l'uomo d'armi, il piacere per l'arguzia e la facezia.
Ma su quest'ultimo punto si esce da un puro parallelo ge-
nerico; l'amplissimo sviluppo che il Castiglione d al tema
nel Libro secondo comprende esplicitamente la facezia che
nasce dalle parole ambigue, quelle che Valds chiama, con
terminologia grammaticale, vocaboli equivoci. Non solo
indugiano entrambi, nella compiacenza dell'aneddoto, a
spiegare ciascuna delle arguzie; ma il Castiglione in materia
di questa aneddotica tradizionale lascia agli spagnoli una
parte cospicua. Anzi, alle facezie circolanti in Spagna egli
non solo attinge pi di una volta 67, ma non manca di os-
servare che, se le facezie e i motti sono piuttosto doni di
natura che d'arte, bene in questo si trovano alcune na-
zioni pronte pi l'una che l'altra come i Toscani, che in
vero sono acutissimi. Pare ancor che ai Spagnoli sia assai
proprio il motteggiare 68.
Ma c' un altro punto, pi importante, in cui la sostanza
stessa della materia trattata poneva Castiglione molto vi-
cino a Valds. chiaro che Valds, nel tener presenti gli
19
elementi della disputa che si svolgeva in I taIia, cos come
li depura da ogni complicazione filosofica e letteraria, allo
stesso modo non lascia trasparire nel suo Dialogo alcun
riflesso di quelle questioni che sono state chiamate locali-
stiche, cio sulla fiorentinit o non fiorentinit cui la lingua
dovesse atteggiarsi. Sono infatti questioni che nulla, o quasi
nulla, potevano suggerire a Valds. Ma !'importante invece
che Valds doveva sentire che, rispetto all'italiano, lo
spagnolo si trovava in un certo senso in una posizione af-
fine a quella in cui i toscani consideravano le altre regioni
d'Italia. Appunto su questo terreno pare indubbio che
Valds segua il Castiglione, quando questi, nella Lettera
Dedicatoria, si difende dall'aver usato, come voleva l'esi-
genza della complessa cultura cinquecentesca, termini non
toscani che hanno in s grazia, ed eleganzia nella pronun-
zia, e son tenuti comunemente per boni e significativi 69.
E prosegue:
Oltre a questo usansi in Toscana molti vocabuli chiaramente
corrotti dal latino, li quali nella Lombardia e nell'altre parti
d'Italia san rimasti integri e senza mutazione alcuna, e tanto
universalmente s'usano per ognuno, che dalli nobili sono ammes-
si per boni, e dal vulgo intesi senza difficult. Perci, non penso
aver commesso errore, se io scrivendo ho usato alcuni ... e piut-
tosto pigliato l'integro e sincero della patria mia, che 'l corrotto
e guasto della aliena. N mi par bona regula quella che dicon
molti che la lingua vulgar tanto pi bella, quanto men simile
alla latina; n comprendo perch ad una consuetudine di parIare
si debba dar tanto maggiore autorit che all'altra, che, se la to"
scana basta per nobilitare i vocabuli latini corrotti e manchi, e
dar loro tanta grazia che, mutilati, ognun possa usarli per boni
(il che non si nega), la lombarda o qualsivoglia altra non debba
poter sostener li medesimi latini puri, integri, proprii, e non
mutati in parte alcuna, tanto che siano tolerabili.
Il rilievo che qui si d a una distinzione che corrisponde
esattamente a quella di Valds tra vocablos enteros e
corrompidos , doppia eredit latina dello spagnolo, fa
ritenere che di qui precisamente prenda in parte lo spunto
l'ultima sezione del Dialogo, anche se ben noto che per
20
lo spagnolo furono rinvenuti precedenti a questo vanto di
latinit 70.
Bembo. Ma il testo che dominava la questione in
quel momento erano le Prose della volgar lingua. Nei con-
fronti del Bembo la posizione di Valds pi concreta e
allo stesso tempo pi complessa. C'era un punto di affinit
concettuale che dovette immediatamente conquistarlo, e lo
indica egli stesso: sono i passi nei quali il Bembo prueva
que todos los hombres somos mas obligados a illustrar y
enriquecer la lengua que nos es natural y que mamamos
en las tetas de nuestras madres, que no la que nos es pega-
diza y que aprendemos en libros .
I critici del resto hanno da tempo cercato precisi punti
di riferimento 71; e altri se ne possono aggiungere 72, per
non parlare della consonanza in formule abitudinarie del
ragionare su questioni linguistiche 73. Consonanza pi ge-
nerica ma forse non fortuita il riferirsi a un preciso tratto
di struttura grammaticale che avvicini il volgare all'ebraico;
nel Bembo la mancanza del neutro, in Valds sono la
mancanza di declinazione, l'ossitonia ecc. 74: Per dimostrare
l'autonomia dello spagnolo rispetto al latino, se Valds
presenta tutta una lista di vocaboli spagnoli che secondo
lui non trovano una corrispondenza calzante in latino, il
Bembo aveva scritto: Perci che rivolgendo ogni cosa,
con qual voce i latini dicano quello che da' toscani molto
usatamente valore detto, non troverete 75. Infine nella
trattazione valdesiana colpisce la grandissima estensione
data allo studio dell'elemento lessicale; un elemento che
non manca certo nelle trattazioni grammaticali 76, ma se-
condo schemi di cui invece in Valds non c' traccia. In
Valds il singolo vocabolo, oltre che per l'aggiustatezza del
significato vale soprattutto in sede di scelta tra voce pi o
meno arcaica, pi o meno volgare. Ed appunto in que-
st'ultima sede che nel Bembo appare una trattazione pura-
mente lessicale, com' la critica alle parole volgari usate
da Dante 77.
21
Queste consonanze esterne ci autorizzano a indicarne
altre che riguardano anche l'impianto e la costruzione del
Dialogo. A prescindere da tutta l'impostazione retotica e
teoretica che informa le Prose, Valds dovette essere par-
ticolarmente sensibile al fine pratico, che esse non mancano
di proporsi, e che riaffiora ben chiaro nella chiusa del li-
bro II 78, anche se diverso dal suo: insegnare ai non toscani
l'uso della lingua letteraria. Tanto nelle Prose come nel
Dialogo appunto il pi bisognoso di questo insegnamento
a muovere domande e a far incamminare la discussione.
Inoltre Valds dovette sentini in parte sedotto anche da
quella certa spregiudicatezza e libert nella trattazione
grammaticale che viene al Bembo dall'aver subordinato il
problema esclusivamente grammaticale all'esigenza reto-
rica; cos1 come in Valds, e lo vedtemo pi avanti, esso
subordinato a un criterio selettivo e a una consaoevolezza
sincronica. Come i critici opposero il Bembo a ~ r t u n o 79,
cos1 si pu mettere Valds di fronte a Nebrija, molto pi
ligio, invece, a una trattazione sistematica.
Ma un'analogia pitI determinata la si pu ritrovate nello
stesso schema del Dialogo. La prima sezione di questo cor-
tisponde ai numerosi punti del primo libro delle Prose
dove si fa cenno alle origini storiche dell'italiano. Il nucleo
centrale del Dialogo conisponde agli altri due libri delle
Prose; anche se ne accentua il carattete sincronico e de-
scrittivo e ne appiattisce la prospettiva di quella tradizione
letteraria che per lo spagnolo, secondo Valds, non aveva
ragione di essere. Colpisce appunto la circostanza che Val-
ds, appena citato il Bembo, ha cura di smorzare immedia-
tamente il valore del richiamo e di dichiarare che lo co-
nosce ma non lo segue per il semplice motivo che le Prose
riguardano l'italiano, mentre lo spagnolo, che non stato
illustrato e arricchito por un Bocacio y un Petratca,
richiede tutt'altro discorso. Questo cenno alla tradizione
letteraria dell'italiano non un'ammissione soltanto teo-
rica; della voce italiana corrispondente alla spagnola erguir
Valds affetmer di averla letta nel Petrarca 80. Bench il
punto sia appena accennato, senza dubbio un riconosci-
22
mento del valore letterario dell'italiano, che si comprende
benissimo in chi per il suo ideale linguistico non ambiva
l
, 'd' G 'l 81
se non approvazlOne 1 un arCl aso .
Valds non si sottrae insomma a un certo fascino per
alcuni elementi sostanziali delle Prose; e accenni netta-
mente antibembiani non sarebbe forse facile trovarne nel
Dialogo.
In conclusione, mi sembra indubbio che le Prose sono
servite a Valds soprattutto per fargli vedere pi a fondo,
attraverso un vigile senso differenziale, nel carattere e nel-
l'originalit della p1'Opria lingua e della cultura che la in-
formava. Le Prose sono l'apprezzamento di una tradizione
letteraria che si spinge fino alle origini dell'italiano, sono
tutto un inno all'autorit degli antichi scrittori. Valds,
per conto suo, da un lato insiste sul sangue popolaresco
dello spagnolo nei suoi refranes, dall'altroint1'Oduce la
considerazione della tradizione letteraria spagnola in senso
addirittura opposto a quello del Bembo; cio come difetto
di quella convenienza e di quel decoro, che i suoi contem-
poranei non sempre potevano trarre dalla generazione di
scrittori loro contemporanea o che li aveva appena prece-
duti.
23
Parte seconda
La sostanza del Dialogo de la lengua
Il Dialogo apparentemente molto poco sistematico e
nella divisione interna in otto sezioni alcune di esse non
riescono a distinguersi nettamente dalle altre. Non dun-
que facile rintracciare una chiara ripartizione del contenuto.
All'ingrosso, si pu tentare di distinguere una serie, pi
abbondante, di pagine dedicate a problemi prevalente-
mente linguistici, e un'altra, pi scarna, a questioni di cri-
tica letteraria. Ma la linea divisoria tra le due tutt'altro
che netta.
1. I giudizi letterari. Anzitutto continua in Valds
l'idea che la lingua arrivi a maturit attraverso un'elabo-
razione letteraria; abbiamo visto quanto il Bembo l'abbia
aiutato a giungere a questo concetto. Se - a differenza di
Nebrija, chiuso nella sua illusione della lingua che en
la cumbre - Valds vede la sua lingua ancora incolta, il
motivo di questa immaturit per lui appunto la mancanza
di buona letteratura.
.r""- Al concetto di impero linguistico dell'uso si alterna con-
'tinuamente quello dell'autorit della parola scritta; anzi
! appunto la mancanza di questa autorit a determinare
\1).mportanza dell'uso stesso. Se per la norma dell'uso pu
bastare a chi parla la sua lingua materna, gli stranieri, 10s
que quieren aprender una 1engua de nuevo , devono im-
pararla e farsi buono stile sui libri.
24
...
La rassegna letteraria nasce come naturalmente dalle
considerazioni sullo stile che l'avevano di poco preceduta,
e appare in risposta a due domande di Marcio e Coriolano,
tutte improntate a questo interesse linguistico e didattico.
lo stesso punto di vista che si riflette per esempio nel-
l'introdurre certi criteri di distinzione tra verso e prosa
(uno di essi che el leer en metro non utile agli
aprendices in una lingua); o nell'ammettere per gli ar-
caismi dell'Amadzs la difesa di Torres, ma con la riserva
che si far bene a non imitarli; o nel concludere sull'Amadis
nel suo complesso, sia pure con riserve, que es muy dino
de ser leido de los que quieren aprender la lengua .
La critic delle opere letterarie viene svolta, come si
visto, in gran parte da un punto di vista formale. Cri-
terio del resto pi volte ribadito, almeno genericamente,
dallo stesso Valds: aqui no hablamos sino de lo que
pertenece a la lengua 82; dalla quale spesso si scivola na-
turalmente nello stile. E linguistico pure un altro criterio
di distinzione tra verso e prosa: nella parte dedicata alles-
sico frequente l'osservazione che vi sono voci ben
usate in metro ma non ammissibili in prosa 83. Distinzione
per ben tenue, in quanto l'ideale democratico di lingua
porta Valds alla concezione di una poesia intimamente
legata al linguaggio corrente; di qui la sua affermazione,
tanto commentata, che la gentileza del metro castellano
consiste en que de tal manera sea metro que parezca prosa,
y que lo que se scrive se dize como se dida en prosa 84.
Su un piano lessicale come su un piano sintattico il ripu-
dio per ci che poco naturale o poco chiaro provoca la
critica, da un lato alle frias afetaciones dell'Amadis, ai
latinismi oscuri di Mena e della Celestina, dall'altro alle
cIausulas eclipsadas , all'iperbato col verbo alla fine,
alla non chiara subordinazione, alle parole grosseras di
Mena e all' amontonar vocablos della Celestina, alle pa-
role che nelle coplas servono solo di ripieno, al vuoto uso
di parole cui le cose si devono forzare ad accomodarsi.
Viene criticato, insomma, tutto ci che tipico nella reto-
rica e nello stile di transizione tra medioevo e pieno rina-
25
scimento. Allo stesso criterio obbedisce, a riscontro, la
compiacenza per le Coplas di Manrique e per i romances.
Questo senso, potremmo chiamarlo di decoro stili-
stico, rientra anche qui in un pi vasto concetto di cui-
dado e descuido , per cui gli autori spagnoli non si
possono paragonare a quelli italiani o latini o greci; non
solo Mena se descuid6 nei troppi latinismi, o nei troppi
vocaboli grosseros , ma todos essos librillos... estan
escritos sin el cuidado y miramiento necessario . Fuori di
questa taccia di descuido o di affettazione stanno i pro-
verbi; di qui la grande stima che ne ha Valds. Entro il
concetto del descuido degli scrittori, si inseriscono in-
vece alcune osservazioni sullo stile: da esso soprattutto si
traggono conseguenze per la storia della lingua in quanto
vi si indica appunto una causa della corruzione della
lingua spagnola nei confronti del latino 85.
Con queste premesse, resterebbero da vedere i criteri
di scelta delle opere commentate da Valds; scelta volon-
tariamente delimitata entro un ristretto periodo, il cui ter-
mine a quo Mena e quello ad quem scrittori contempo-
ranei non pi viventi, Naharro, Encina. Scartata da una
parte la letteratura nettamente medievale - per quel mo-
tivo genericamente umanistico di disinteresse per il medio-
evo, pi sensibile forse in lui che in altri 86 -, scartati dal-
l'altra i contemporanei ancora in vita, la critica di Valds
si applica, come abbiamo visto, con criteri derivati pitl o
meno da vicino da Erasmo. stato notato pi volte come
molti giudizi critici di Valds siano ancora validi oggi.
Piuttosto pu essere interessante osservare in lui un certo
atteggiamento, quasi sentimentale, di attaccamento a pro-
duzioni tipiche del suo tempo, o pi ancora della sua gio-
vent: cos per una punta di artificio in poesia, come
le coplas disseminate qua e l nel Dialogo e, pur con ri-
serve, per motes) invenciones) pregtmtas) villancicos. Ci
vale in parte anche per i libri di cavalleria. In essi Valds
distingue quelli mentiroslssimos e mal compuestos
(Esplandim, ecc.) da Amadis, Palmerin e Primale6n, per
i quali gli rimasto, non escludendone la critica, qualcosa
26
della passione giovanile, una pi o meno secreta an-
, 87
ClOn .
Attaccamento sentimentale e allo stesso tempo cntlca
in nome della verosimiglianza, per i romanzi di cavalleria,
che paiono anticipare Cervantes. Anch'egli desiderer di
sottoporli a regole 88 e - un po' erasmianamente - elo-
gier il Tirante perch in esso i cavalieri mangiano, dor-
mono e muoiono nel loro letto dopo aver fatto testamen-
to . A mezza strada tra il Proemio di Santillana e lo
scrutinio della biblioteca di don Chisciotte, Valds si
allontana dal farraginoso entusiasmo, di neonta dell'uma-
nesimo, del primo (che preferisce il metro alla saluta
prosa e ripudia i romances secondo un criterio linguistico
opposto a quello di Valds) per avvicinarsi al secondo in
un comune atteggiamento tra sentimentale e razionale e in
un comune criterio di buon senso e moderazione.
2. Le origini dello spagnolo. Quanto alla sostanza pi
propriamente linguistica del Dialogo, si pronla netta una
distinzione tra il corpo dell'opera, dove la lingua spagnola
considerata per s, e la prima e l'ultima sezione, che sono
di carattere storico o differenziale.
In queste per Valds da un lato l'autonomia dello spa-
gnolo cosa evidente- tanto che non sta a riprendere la
famosa questione se si dovesse scrivere in latino o in vol-
gare e risolve in anticipo quella disputa sulla lingua scien-
tinca che in Spagna trover soluzione solo molto pi tar-
di 89 -; d'altro lato, il latino rimane per lui punto co-
stante di riferimento come tradizione storica.
L'idea stessa di ritrovare le origini del proprio volgare
nel latino guanto mai corrente all'epoca di Valds; cos
come cottente anche la vaga terminologia con cui egli
va esponendo il proprio schema etimologico 90. Schema
per quanto mai chiaro: origine del castigliano dal latino,
con elementi, si sarebbe poi detto, di sostrato preromano, e
successiva corruzione del latino con elementi di super-
strato gotico e arabo. In esso inoltre molto interessante
27
vedere come Valds ha continuamente presente una base
politica e sociale; penso soprattutto alle sue idee sulle
cause di mutamento linguistico (frazionamento geografico,
rapporti con stranieri 91) e sull'importanza del peso nume-
rico dei parlanti una lingua conquistatrice 92, che forse non
sono cos simplistas e ingenuas come pare trovare
Lapesa.
Quanto alle etimologie di Valds, esse valgono in quanto
si inquadrano sia nell'indirizzo del tempo sia nella generale
concezione sua, cio in quanto rispondono appunto a una
serie di preconcetti storici, che Valds non aveva certo
la possibilit di verificare analiticamente.
Cos il postulato dell'origine latina (e greca) acuisce in
lui la facolt di distinguere come arabo 93 tutto ci che dal
mondo latino si scosta, sia in fonetica e in grafia 9\ sia nel
lessico 95; indicazioni queste ultime particolarmente pre-
ziose in quanto riflettono alcuni degli aspetti pi tipici del
suo pensiero linguistico. Anzitutto Valds ammette che
parole arabe siano state introdotte insieme con cose
particolari alla cultura araba. Si potrebbe osservare che
siamo qui davanti a un notissimo criterio classico e umani-
stico; ma quanto importa che la trattazione di Valds
non solo guidata dal suo principio che le parole sono
strettamente legate ai concetti, ma risponde anche a un
atteggiamento realistico di osservazione, in quanto gli ara-
bismi pi vistosi erano effettivamente parole concrete op-
pure tecniche. Cos pure risponde al senso storico di Valds
il decidere - obbedendo al puro criterio di uso - a favore
dell'arabismo per certe oscillazioni che erano ancora co-
muni al suo tempo 96; se pure gi compare la traccia di
quella decadenza dell'elemento arabo, cui pi tardi si ispi-
rer lo zelo di epurazione di Viciana
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