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LINFLAZIONE MONETARIA

Linflazione monetaria quellinflazione determinata dal fatto che il governo stampa moneta per
finanziare il proprio deficit. In un articolo di Rogers e Wang (1993) si tratta il tema
delliperinflazione, approfondendone cause ed effetti. I due autori presentano le crisi
iperinflazionistiche avvenute tra gli anni 80 e 90 in quattro Paesi del Sud America: Argentina,
Brasile, Bolivia e Messico. Liperinflazione e i tentativi di debellarla avevano in comune il fatto che
non c stato alcun beneficio nella crescita del reddito. Un altro punto comune ai quattro episodi
presi in considerazione lelevato livello di deficit pubblico. Infine in tutti e quattro i Paesi cera
una persistente carenza di credibilit nei confronti delle istituzioni.
Nel suo lavoro What has government done to our money M.N. Rothbard illustra con un semplice
esempio ci che succede quando c un incremento dellammontare della c.d. moneta ad alto
potenziale. Per fare questo ipotizza che una banda di contraffattori stampi 2.000 monete in aggiunta
alle 10.000 gi presenti nel sistema. La prima conseguenza un immediato aumento di benessere
per i contraffattori che possono spendere questa moneta in pi per acquistare ci che desiderano.
Questa moneta in pi che circola nel sistema avr quindi un effetto benefico per i rivenditori locali,
per la precisione per tutti coloro che venderanno a questi contraffattori i beni e i servizi di cui
necessitano. A loro volta questi fortunati rivenditori spenderanno questa moneta nella loro impresa
piuttosto che per effettuare acquisti personali; sta di fatto che anche loro incideranno sul bilancio di
altri individui. Lincremento della domanda di quei beni e servizi che i contraffattori e i loro
rivenditori preferiscono acquistare determiner un incremento del prezzo di questi stessi beni e
servizi che a sua volta determiner un aumento generalizzato dei prezzi tramite un effetto a catena.
Questo incremento della moneta in circolazione determiner quindi nellarco di qualche chilometro
un beneficio non indifferente mentre coloro i quali abitano in luoghi pi lontani subiranno una
diminuzione dei loro salari reali a parit di altre condizioni. Linflazione in generale non ha
determinato un beneficio aggregato alleconomia; semmai c stata una redistribuzione della
ricchezza. M.N. Rothbard dice che linflazione innesca un meccanismo paragonabile a quello di una
gara in cui solo chi arriva per primo vince. Lo stesso autore continua dicendo che di fatto coloro che
vedono diminuire la propria ricchezza in seguito a uniniezione di liquidit sono di solito i
professori, gli operai e in generale tutti coloro che hanno dei contratti di durata maggiore rispetto a
quella di altre categorie, i cosiddetti fixed income groups. Dato che laumento della domanda dei
beni acquistati dai contraffattori temporaneo che succeder allequilibrio in questo mercato e negli
altri? Quali sono, insomma, gli effetti a lungo termine di questa redistribuzione della ricchezza? C
anche una redistribuzione dei redditi? In questo esempio, che una semplificazione di ci che
succede quando aumenta lofferta di moneta, non c una permanente redistribuzione dei redditi.
Ci che si verifica un trasferimento della ricchezza verso coloro che ricevono la nuova moneta in
circolazione. Questo aumenta la domanda per tutti quei beni acquistati da questi individui, e questo
potrebbe aumentare nel breve la produzione. Dopo un po di tempo per i prezzi di questi beni
aumenteranno e i redditi reali di chi non vede aumentare le proprie disponibilit monetarie
diminuiranno. Questo determina una diminuzione della domanda dei beni acquistati dal gruppo di
individui impoverito e quindi diminuir anche la produzione di questi stessi beni. Nel complesso
leconomia reale non subir alcun cambiamento permanente e le variabili microeconomiche reali
torneranno al loro livello iniziale. La moneta, insomma, non genera nessun effetto reale e in pi ha
portato con s variazioni nella produzione di alcune imprese. Se per laumento dei prezzi
determinato da una crescita reale delleconomia allora potrebbero esserci effetti redistributivi
permanenti ma solo nellipotesi in cui nelleconomia i redditi da lavoro non sono remunerati in
misura adeguata. Questo argomento sar oggetto del capitolo n inflazione e rigidit-il caso
dellItalia. Inoltre il meccanismo di incremento dei prezzi conseguente allimprovviso eccesso di
domanda che si crea nelleconomia illustrato con maggiore dettaglio nel capitolo inflationary gap.
Largomento sostenuto da Rothbard potrebbe non valere se leconomia non nel suo livello di
pieno impiego. Numerosi autori hanno auspicato infatti lintervento dei policy maker in vista di uno
stimolo alleconomia che permetta di ritornare al livello del reddito potenziale. In questo caso un
ipotetico aumento dellofferta di moneta potrebbe avere degli effetti sulla produzione. Se ad
esempio laumento della moneta in circolazione stimola la domanda di determinati beni che
potrebbero essere prodotti in misura pi consistente date le strutture produttive e la tecnologia
presente allora il discorso cambia. Si innescherebbe un circolo virtuoso in cui aumenta
loccupazione, il reddito, i consumi e quindi la domanda aggregata a beneficio dellintera economia.
Se per leconomia ha un livello di produzione molto vicino a quello di pieno impiego o addirittura
superiore a questo, allora ci che si verifica un aumento dei prezzi e non della produzione con la
conseguenza che non ci sar alcun beneficio per leconomia reale. Quello che succede piuttosto
una redistribuzione dei redditi. Una politica monetaria espansiva dunque ha effetti positivi se
determina un aumento della produzione molto pi consistente rispetto allaumento dei prezzi. In
caso contrario gli effetti saranno negativi.
Ludwig von Mises in uno dei suoi scritti raccolti nel lavoro Ludwig von Mises on Money and
Inflation. A Synthesis of Several Lectures sostiene che un aumento dellofferta di moneta non ha
alcuna ripercussione positiva sulleconomia reale. Secondo lautore gli effetti portati dagli stimoli
monetari sulla domanda aggregata sono temporanei e redistribuiscono il reddito a favore di chi per
primo beneficia dellaumento della moneta in circolazione. Quello che si verifica insomma
anzitutto un forte incremento dei prezzi e uno scarso aumento della produzione a scapito dellintera
economia. Secondo leconomista austriaco un governo non dovrebbe giustificare questa tipologia di
manovre sostenendo che queste aiutano leconomia e non incidono sulle tasche dei cittadini. In
realt infatti linflazione altro non che una tassa sui detentori di moneta.

GLI EFFETTI REALI DELLINLFAZIONE

Gi nel 1690 Francois LeBlanc scriveva: If there is anything in the world which ought to be stable
it is money, the measure of everything which enters the channels of trade. What confusion would
there not be in a state where weights and measures frequently changed? On what basis and with
what assurance would one person deal with another, and which nations would come to deal with
people who lived in such disorder?. LeBLanc mette in evidenza una funzione fondamentale della
moneta: il fatto di essere ununit di misura. Ciascuno di noi in ogni scelta fa delle misurazioni e,
soprattutto in quellinsieme di scelte che riguardano leconomia, lunit di misura con cui valutiamo
ciascun alternativa fondamentale. I prezzi sono un po come dei punti cardinali in base ai quali
ogni agente economico stabilisce la propria rotta. Se questi punti cardinali cambiano continuamente
diventa complicato raggiungere unefficienza nellallocazione delle risorse in particolar modo per
quegli agenti economici che hanno una minore visione organica delleconomia come la maggior
parte degli agenti economici. Alta inflazione significa quindi bassa efficienza nelle scelte e
numerosi economisti nel corso della storia hanno scritto articoli su articoli per identificare con
precisione quali costi linflazione porta con s.
Nel descrivere i costi dellinflazione necessario specificare che spesso si confondono i costi
dellinflazione per lintera economia con i costi dellinflazione per il singolo individuo. Non c
dubbio infatti che linflazione mette in moto dinamiche redistributive e quindi determina dei
cambiamenti nella ricchezza o/e nel reddito di molti individui. In generale qualcuno ci perde e
qualcuno ci guadagna ma il pi delle volte avviene una diminuzione del benessere generale. E
proprio a questo benessere generale che ci si riferisce quando si parla di costi da inflazione. C
inoltre da dire che alcuni costi ci sono perch non si saputo prevedere linflazione, altri invece si
verificano a prescindere da questo.
Modigliani e Fischer nel loro articolo Toward an understanding of the real effects and costs of
inflation (1978) forniscono una lista esaustiva dei costi legati allinflazione. I vari costi elencati
sono divisi in sei categorie che rappresentano diversi scenari economici piuttosto che diversi
soggetti sui quali ricadono i costi di cui sopra. Cos facendo gli autori esauriscono tutte le possibili
sfaccettature di questo fenomeno. Per ogni categoria si distingue inoltre tra gli effetti diretti e quelli
indiretti.
I. Economia totalmente indicizzata e aspettative razionali
Causa Effetto diretto Effetto indiretto (equilibrio
generale)
Costo di detenere
moneta
1. Trasferimento di risorse dagli
individui allo stato (tassa da
inflazione)
Riduzione delle altre imposte o
aumento della spesa pubblica
2. Diminuzione del circolante Shoe leather costs
3. Riduzione della ricchezza
privata netta
Aumento del risparmio e
conseguente diminuzione del
tasso di interesse reale
Necessit di cambiare i
prezzi pi
frequentemente
4. Menu costs

Nellipotesi in cui leconomia sia totalmente indicizzata e linflazione prevista, gli effetti diretti
dellinflazione sono quattro. Innanzitutto c la cosiddetta tassa da inflazione causata dal fatto che
viene stampata nuova moneta. Il valore dei saldi monetari reali degli individui diminuisce a parit di
altre condizioni. Un altro effetto consiste nella diminuzione di circolante, infatti gli individui
saranno pi propensi, ad esempio, a depositare il proprio circolante in banca o in caso di
iperinflazione ad aumentare il numero di transazioni nel timore che, di l a breve, il potere
dacquisto diminuir notevolmente. A causa della diminuzione del valore della moneta in
circolazione inoltre si verifica una vera e propria riduzione della ricchezza privata nella misura in
cui la moneta una delle componenti della ricchezza di un agente economico. Infine abbiamo i
cosiddetti menu costs ossia i costi, soprattutto in termini di tempo, causati dalla necessit di
modificare il valore delle variabili nominali delleconomia. Questi effetti hanno a loro volta altri
effetti. Anzitutto in seguito al trasferimento di risorse allo stato, questultimo avr due possibilit: o
impiegare queste risorse, ad esempio tramite spesa pubblica, o diminuire il valore di altre tasse. Un
altro effetto indiretto della diminuzione del valore della moneta in uneconomia indicizzata il
manifestarsi dei cosiddetti shoe leather cost. Anche in questo caso lespressione non va interpretata
alla lettera. Si tratta piuttosto di tutti quei costi in termini di tempo che un individuo deve sopportare
a causa del fatto che, ora ha meno circolante e quindi si recher pi spesso in banca. La diminuzione
del valore dei saldi monetari reali crea inoltre un incentivo al risparmio cosicch aumenter la
disponibilit di fondi e il tasso di interesse reale diminuir.
II. Effetti reali nellipotesi di istituzioni governative nominali e aspettative razionali
Causa Effetto diretto Effetto indiretto (equilibrio
generale)
Tassazione impostata
su criteri di
progressivit
5. Aumento delle entrate
governative
Riduzione delle altre imposte o
aumento della spesa pubblica
Base imponibile
nominale
6. Riduzione del guadagno reale
da interessi
Cambiamento del costo del
capitale per imprese e individui
con conseguente effetto
sullaccumulazione di capitale.
Tassazione del tasso di
interesse nominale
incassato

Deducibilit dei tassi di
interesse pagati
dallindividuo
7. Riduzione del costo reale
dellindebitamento

Deducibilit dei tassi di
interesse pagati dalle
imprese
8. Aumento dei profitti per gli
imprenditori a parit di debiti.

Ammortamento riferito
al costo storico
9. Aumento della tassazione in
termini reali
Fuga dagli asset con ciclo di
vita elevato
Costo del venduto
misurato rispetto ai
valori iniziali
10. Diminuzione dei profitti
reali
Passaggio dal metodo FIFO al
metodo LIFO
Tassazione del capital
gain nominale
11. Diminuzione dei profitti per
gli azionisti

12. Effetto lock-in
Adozione di metodi di
contabilizzazione
nominali da parte del
governo
13. Interpretazione distorta del
contesto economico


Lanalisi dei due autori in questa seconda sezione si concentra sulleconomia degli Stati Uniti. Per
istituzioni governative nominali si intende che tutte le istituzioni pubbliche che hanno il potere di
determinare il valore di determinate variabili nominali lo fanno in modo da non tener conto dei costi
che linflazione impone agli agenti economici. Questi a loro volta reagiranno in maniera tale da
poter aumentare le inefficienze e di conseguenza pi probabile che la societ subisca una perdita
di benessere nel caso in cui ci sia unelevata inflazione. Linflazione inoltre perfettamente
anticipata perch ci troviamo in un contesto di aspettative razionali. Se il sistema fiscale impostato
su criteri di progressivit allora un aumento dei redditi porta a un aumento delle entrate per il
governo. Questo dovuto al fatto che aumenter il numero di individui sui quali graver unaliquota
pi elevata dato laumento nominale dei redditi. Un'altra variabile da tenere in grande
considerazione in questo contesto il tasso di interesse. Se questo non si adatta allandamento
dellinflazione allora il suo valore in termini reali diminuir. Questo significa che colo i quali hanno
redditi da interessi vedranno subiranno una diminuzione dei guadagni in termini reali. Il contrario
avviene per coloro che corrispondono un certo ammontare di interessi. Questo sistema inoltre
favorisce i debitori sotto un secondo aspetto. Infatti, gli interessi corrisposti sul debito sono
deducibili. Per questo motivo il costo dellindebitamento per gli individui e le aziende diminuir. Le
aziende modificheranno di conseguenze le proprie strategie di finanziamento e di risparmio e ci
avr un impatto sullaccumulazione di capitale. Dato che la maggior parte dei creditori sono
persone fisiche e non imprese il trasferimento di risorse dai creditori ai debitori riduce laumento
delle entrate per lo stato. Nel complesso i due effetti sono molto simili in termini quantitativi.
Un aumento dellinflazione inoltre diminuisce il valore reale degli ammortamenti se questi vengono
calcolati su beni contabilizzati al costo storico. Infatti, il valore nominale dellammortamento
dovrebbe aumentare dato laumento nominale del valore del bene al quale si riferisce. Siccome
lammortamento rimane nominalmente inalterato allora, dal punto di vista del valore reale esso
diminuir. In questo modo la tassazione rimane costante in termini nominali e quindi aumenta in
termini reali. Di conseguenza i profitti dellimprenditore calano. Lo stesso discorso di pu fare per
il costo del venduto dato che il suo valore nominale non aumenta a sufficienza e quindi il suo valore
reale pi basso rispetto a quello presente in bilancio. Di conseguenza i profitti saranno
sovrastimati. Questo significa che rispetto al caso di inflazione nulla i profitti reali sono pi bassi.
Nellipotesi in cui ci sia una tassa sui capital gains questa avr un incidenza reale superiore in caso
di inflazione. Infatti, il capital gain reale pi basso di quello sul quale si applica laliquota dato che
il prezzo reale di acquisto si calcola tenendo conto del livello dei prezzi al momento dellacquisto.
Se si seguisse questo procedimento allora il prezzo reale di acquisto sarebbe superiore e il capital
gain inferiore con la conseguenza che anche limposta sarebbe di minore entit. Questo ovviamente
diminuisce i guadagni reali da capital gains e determina il cosiddetto effetto lock in dato che questo
meccanismo incentiva un aumento della durata media di un investimento.
Infine anche la contabilit nazionale subisce una distorsione se calcolata sulla base di valori
nominali.
III. Effetti reali sulle istituzioni private nominali in caso di aspettative razionali
Causa Effetto diretto Effetto indiretto (equilibrio
generale)
Relazione con i flussi di
cassa previsti da vari
tipi di contratti
14. Diminuzione del valore
reale dei flussi di cassa
Incidenza sulle scelte di
investimento e sui tassi di
interesse reali
Metodi di
contabilizzazione
nominali
15. Distorsione della
valutazione dei profitti. Altre
illusioni monetarie.
Incidenza sulla valutazione del
valore di borsa di unimpresa

Per istituzioni private nominali si intende che gli agenti economici appartenenti al settore privato
compiono le proprie scelte economiche senza tener conto di unipotetica distorsione nel valore reale
dei beni e servizi. Gli effetti reali sulle istituzioni private sono determinati principalmente dal fatto
che il valore reale dei flussi di cassa diminuisce nel tempo e dal fatto che i metodi contabili
utilizzati sono espressi in termini nominali. Per quanto riguarda la prima causa c da dire che
questa determina ancora una volta uninefficienza nelle scelte di investimento. Ad esempio le
banche tenderanno ad imporre tassi di interesse pi alti sui propri mutui in modo da compensare la
diminuzione del valore reale dei flussi di cassa (vedi D. Lessard e F. Modigliani (1975), Inflation
and the housing market: problem and potential solution). Questo ha un impatto negativo sul
mercato del credito e su quello immobiliare (nonostante questo effetto sia in parte compensato dal
fatto che in periodi di alta inflazione gli immobili siano considerati asset rifugio). Linflazione
incide su tutti i progetti di investimento. Come detto i flussi di cassa subiscono una distorsione e
diventa pi complicato stabilire la convenienza di un progetto. Inoltre dato che la contabilit
aziendale impostata su criteri nominali ci sar una distorsione nella percezione del valore dei
profitti conseguiti da unimpresa o del valore reale dei suoi asset. Questo a sua volta avr
unincidenza sul valore di borsa dellimpresa con le conseguenti inefficienze che ricadono
sullintero sistema finanziario.
IV. Effetti reali dellinflazione inattesa sui contratti strutturati su valori nominali
Causa Effetto diretto Effetto indiretto (equilibrio
generale)
Contratti inerenti beni
e servizi non
perfettamente adattati
allinflazione
16. Redistribuzione del reddito e
della ricchezza
Effetti sul livello dellattivit
economica
17. Variazione nelle quantit
prodotte
Allocazione inefficiente delle
risorse
18. Distorsione dei prezzi
relativi causata da rigidit
nominali

Contratti di debito non
indicizzati
19. Redistribuzione dal settore
privato al settore pubblico
Diminuzione della tassazione e
quindi trasferimento
intergenerazionale della
ricchezza
20. Redistribuzione da creditori
privati a debitori privati


In questo contesto gli effetti pi importante sono la redistribuzione del reddito e della ricchezza. Ci
possono essere inoltre cambiamenti sullattivit economica e riallocazioni dovute al variare dei
prezzi relativi. Per quanto riguarda la redistribuzione del reddito le statistiche dicono che
laggiustamento dei salari piuttosto lento in seguito a crisi inflazionistiche. Non si pu per
stabilire a priori quale sar la direzione della redistribuzione perch questa dipende dalla causa
dellinflazione. Il flusso redistributivo della ricchezza invece procede dal settore privato a quello
pubblico. Per prima cosa, come visto anche sopra, il valore reale dei pagamenti diminuisce e quindi
lammontare del debito reale diminuisce. I costi dello stato diminuiranno e di conseguenza il valore
reale delle tasse dovrebbe diminuire. Le nuove generazioni, quindi, avranno una quantit di reddito
reale a disposizione maggiore. In questo modo aumenter il risparmio e lo stock di capitale, il cui
valore reale era diminuito a causa dellinflazione. C quindi una redistribuzione dalle vecchie
generazioni alle nuove. Per quanto riguarda il valore dei debiti aziendali il ragionamento analogo.
In questo caso ci sar una redistribuzione della ricchezza allinterno del settore privato. I due autori
stimano che la redistribuzione della ricchezza causata da uninflazione all1% in quegli ammontava
all1% del PNL.
Infine c da tener conto delleffetto piuttosto consistente sui prezzi relativi. In una situazione di
questo tipo si determinano numerose distorsioni allocative e un aumento delle inefficienze causate
dalla grande quantit di risorse impiegate nella raccolta di informazioni.
V. Effetti reali dovuti allincertezza circa linflazione futura
Causa Effetto diretto Effetto indiretto (equilibrio
generale)
Necessit di prendere
decisioni senza
conoscere il valore
futuro dei prezzi
21. Acquisto di attivit meno
rischiose
Cambiamento nelle scelte
inerenti attivit
22. Diminuzione della durata
dei contratti
Aumento dei costi di
transazione, diminuzione
dellefficienza della
pianificazione

Compiere delle scelte economiche con grande incertezza circa il livello futuro dei prezzi diminuisce
lefficienza delleconomia. Se ci concentriamo in particolare sulle aziende, il fatto che queste non
sappiano quale sar il livello futuro dei prezzi determina una riduzione di tutti quegli acquisti che
riguardano attivit il cui valore pu variare al variare del livello generale dei prezzi. Ci si sposta
insomma verse le cosiddette attivit reali; si investe nel mattone. Unimpresa inoltre stipula un gran
numero di contratti e nello stabilire la durata degli stessi tiene conto del fatto che linflazione in
futuro sar alto o meno. Lincertezza circa il livello futuro dei prezzi porta le imprese a stipulare
contratti di durata non troppo lunga in modo da evitare di acquistare beni o servizi il cui prezzo non
pu essere previsto. Tutto questo si traduce in un aumento dei costi di transazione e in una
diminuzione dellefficienza nella pianificazione aziendale.
VI. Effetti reali determinati dalle politiche di stabilizzazione dei policy maker
Causa Effetto diretto Effetto indiretto (equilibrio
generale)
Politiche di
stabilizzazione dei
policy maker
23. Controllo dei prezzi di beni
e servizi e dei salari
Inefficienze allocative
Costi derivanti
dallaumento dei tassi
di interesse
24. Intervento dei policy maker
nei mercati finanziari
Possibile distorsione nel
mercato del credito e nei
mercati finanziari in generale

I policy maker tentano di frenare linflazione mediante il controllo dei prezzi dei beni o dei salari.
Questo pu portare a delle iniquit piuttosto consistenti in particolare quando queste sono introdotte
in periodi di eccesso di domanda. Un'altra variabile macro che i policy maker tentano di tenere sotto
controllo il tasso di interesse. Allaumentare dellinflazione infatti il tasso di interesse reale
decisamente pi basso di quello nominale. Questo artificioso controllo dei tassi se condotto con
scarsa oculatezza pu portare inefficienze nel mercato del credito e in generale una diminuzione
nellammontare dei crediti concessi.

INCIDENZA DEL CAMBIO DI VALUTA SULLINFLAZIONE

La teoria economica ci dice che quando si verifica un cambio di valuta i prezzi relativi dei beni
prodotti e dei fattori produttivi non dovrebbe subire alcuna variazione con la conseguenza che non
ci dovrebbe essere alcun effetto sul potere dacquisto e sui redditi in termini reali. Il 1 gennaio
2002 leuro inizia ad entrare in circolazione nel sistema economico dellEurozona. Da allora si
percepito una diminuzione dei salari reali. Quali sono le cause di questo fenomeno?
Laggiustamento dei salari nominali troppo lento? Il potere contrattuale del lavoratore medio
troppo basso? Linflazione crea diseguaglianze? I prezzi praticati dai rivenditori sono stati
scorrettamente aumentati? In un articolo del 2004, poi rivisto nel 2008 intitolato The Infationary
Consequences of a Currency Changeover: Evidence from the Michelin Red Guide F.Adriani,
G.Marini e P. Scaramozzino ci dicono che laumento dei prezzi nel mercato della ristorazione
stato eccessivo. Non solo, gli aumenti pi consistenti si sono verificati in quei ristoranti in cui gran
parte dei clienti erano turisti, si pu quindi parlare quantomeno di inefficienze dovute da asimmetrie
informative. Tutte le tabelle mostrate in seguito sono prese da questo articolo. I dati si riferiscono a
661 osservazioni circa i prezzi praticati da un gran numero di ristoranti di Paesi appartenenti
allarea euro e Paesi al di fuori dellarea euro in modo da isolare ulteriori cause dellaumento dei
prezzi. Questi prezzi sono presi dalla Michelin Red Guide. I Paesi sono: Danimarca, Germania,
Francia, Italia, Svezia e Regno Unito. I ristoranti sono divisi in vari gruppi a seconda che tra la
clientela il numero di turisti sia alto o basso. Nelle tabelle che seguono TL rappresenta la variabile
binaria che assume valore 1 se il ristorante ha tutte le caratteristiche per attrare una clientela
composta prevalentemente da turisti. LL indica invece quei ristoranti che verosimilmente avranno
una clientela in cui la quantit di turisti molto bassa. PL un insieme residuale in cui sono inclusi
tutti i ristoranti che non rispettano i requisiti n delluna n dellaltra variabile binaria o che li
rispettano contemporaneamente. I criteri in base ai quali un ristorante da includere nella categoria
TL sono:
a) La Michelin Red Guide lo classifica come tale;
b) Il ristorante si trova in una zona tipicamente frequentata da molti turisti;
c) Il ristorante ha una vista panoramica degna di nota;
d) Il ristorante parte di un hotel.
La categoria LL include invece:
a) Ristoranti che la Michelin Red Guide classifica come non turistici;
b) Ristoranti che la Michelin Red Guide classifica come di quartiere;
c) Ristoranti con rare specialit.
Le statistiche includeranno anche variabili di controllo come il giudizio espresso dalla guida circa la
qualit del ristorante, la necessit o meno di effettuare una prenotazione per poter consumare un
pasto, e il fatto che il giudizio espresso dalla Michelin Red Guida circa la qualit del ristorante sia
variato in meglio o in peggio. Queste variabili ci permetteranno di isolare leffetto derivante da un
aumento della qualit, piuttosto che della domanda, sul prezzo. La variabile dipendente espressa
in percentuale poich la misura dellinflazione la variazione logaritmica del prezzo. La guida
mostra inoltre il prezzo minimo e massimo praticato dal ristoratore e nelle varie regressioni gli
autori tengono conto anche di questo dato in modo da poter avanzare ipotesi specifiche circa i
modelli stimati.
Nella tabella 1 sono riportati i dati sulle osservazioni.


Le figure 1 e 2 riportano la differenza tra le distribuzioni di probabilit cumulate tra ristoranti
dellarea euro e ristoranti non dellarea euro. La 1 si riferisce ai prezzi minimi, la 2 ai prezzi
massimi.



Da questi grafici appare evidente che le variazioni percentuali dei prezzi dei ristoranti dellarea euro
sono maggiori rispetto a quelle dei ristoranti che non si trovano nellarea euro.
I dati inerenti la regressione sono invece i seguenti:


La tabella 3 conferma i dati visti nei grafici prevedenti. In particolare tra il 2002 e il 2003
lincremento percentuale dei prezzi stato mediamente del 5,1% per i prezzi minimi e del 4,4% per
i prezzi massimi.


La tabella 4 confronta la differenza di inflazione tra Paesi euro e non euro prima e dopo il cambio di
valuta. Nella prima met rimane la specificazione circa la tipologia di ristorante nella seconda no.
La variazione percentuale in questo caso del 6,2% per quanto riguarda il prezzo minimo e
dell8,1% per quello massimo. Nella seconda met della tabella i sottoinsiemi riferiti alla tipologia
di ristorante vengono aggregati. In questo caso risulta significativo solo la differenza di incremento
del 4,7% riguardante il prezzo massimo.


La tabella 9 riporta i dati riferiti a ristoranti di hotel. In questo caso limpatto del cambiamento di
valuta nettamente pi intenso. Lincremento medio di prezzo ottenuto da una regressione robusta
alleteroschedasticit (la prima met della tabella) del 19,2% per quanto riguarda il prezzo minimo
e del 13,7% per quello massimo. La regressione OLS riporta un effetto ancora pi intenso, ma
bene tener presente che la prima regressione pi precisa della seconda. Lincremento medio del
33,5% per i prezzi minimi e del 26,9% per quelli massimi.
I dati analizzati finora ci hanno permesso di identificare il risultato che allaumentare delle
asimmetrie informative aumentano i prezzi praticati dai ristoratori. Per questo motivo lutilizzo del
mercato della ristorazione permette di generalizzare i risultati. Possiamo dire, infatti, che in generale
ci che pi facilit questa pratica scorretta dellaumento dei prezzi proprio lasimmetria
informativa. Possiamo immaginare, infatti, che lo stesso sia avvenuta in tanti altri mercati. Le
istituzioni avrebbero potuto fare di pi per limitare tutto ci? Probabilmente la doppia circolazione
della moneta durata troppo poco. Dal punto di vista delle regole del gioco inoltre viene da pensare
che se il legislatore avesse imposto un tetto massimo al livello dei prezzi probabilmente non ci
sarebbe stata questa drastica diminuzione del potere dacquisto del consumatore medio. Tuttalpi
dopo questo aumento artificioso dei prezzi c stata una brusca stabilizzazione, a conferma del fatto
che il suddetto aumento stato appunto artificioso e scorretto. Probabilmente se non ci fosse stato
questa brusca diminuzione del potere dacquisto del consumatore medio, la crisi attuale avrebbe
avuto un impatto meno duro sul tessuto economico dei vari Paesi dellEurozona o quantomeno non
ci sarebbe stato un cos intenso calo della domanda.
I MENU COSTS

Mankiw e Ball nel loro lavoro A sticky price Manifesto (1994) scrivono Walras observed that
prices move to equilibrate supply and demand, and he captured this tendency with the parable of an
auctioneer. Similarly, macroeconomists have noted that many prices are sticky in the short run, and
they capture this fact with the parable of menu costs. It is no more appropriate to insist on an exact
identification of menu costs than it is to demand the social security number of the Walrasian
auctioneer.
I menu costs sono probabilmente gli ultimi che ci vengono in mente quando pensiamo ai costi che
linflazione porta con s. Eppure se allarghiamo la nostra prospettiva notiamo che dal punto di vista
del benessere della societ questi sono rilevanti. Si pu pensare ai menu costs come la causa di tante
piccole imperfezioni che per sommate insieme nel medio termine possono avere un impatto non
indifferente sulleconomia nel suo complesso.
La maggior parte di quanto scritto in questo capitolo ispirato allarticolo di Ball e Mankiw. I due
autori partono da unevidenza empirica per giungere alla dimostrazione della non neutralit della
moneta. Senza dubbio controintuitivo sostenere che, ad esempio, la politica monetaria di Volcker
non sia stata una delle cause principali della recessione degli USA in quegli anni. Da un punto di
vista del ragionamento logico la non neutralit della moneta nel breve quindi appare una verit
incontrovertibile proprio per questo ed altri esempi. Tanti autori nel corso della storia hanno
affrontato questo tema (vedi Friedman e Schwartz, A monetary history of the United States,
1963). Se ammettiamo la non neutralit della moneta allora linflazione ha degli effetti nel breve
periodo sulleconomia reale perch laggiustamento dei prezzi non istantaneo. Lesempio presente
nellarticolo riguarda il prezzo di un taglio dei capelli. Tutti noi ci rendiamo conto che questo tipo di
servizio ha lo stesso costo per tanti anni. Un altro esempio il prezzo dei quotidiani. Da uno studio
di S. Cecchetti (1986) risulta che prima che il prezzo nominale dei quotidiani aumenti, mediamente
il loro prezzo reale deve diminuire del 25%. Ipotizzando un tasso di inflazione del 4% laumento
del prezzo nominale avverr solo dopo sei anni. Questo studio piuttosto datato ma gli studi
effettuati dopo il duemila non contraddicono quelli precedenti. In un working paper del 2005
pubblicato dalla BCE Sticky prices in the Euro Area: a summary of new micro evidence si legge
che in media unimpresa dellarea euro cambia i propri prezzi una volta allanno (negli USA ogni
sei mesi). Nelleconomia per ci sono sia prezzi flessibili (basti pensare alle commodities scambiate
sui mercati finanziari) che prezzi fissi. Nel complesso per Ball e Mankiw uno studio approfondito
delleconomia non pu prescindere dallipotesi di prezzi fissi. Questo dovuto al fatto che
nonostante ci sono tanti prodotti con prezzi flessibili, alcuni beni non sono da tenere in
considerazione nel corso di unanalisi relativa alla rigidit dei prezzi. Uno studio adeguato di questo
argomento dovrebbe concentrarsi soprattutto sui beni inclusi nel paniere riconducibile al
consumatore medio. Lipotesi di forti rigidit oggi potrebbe essere messa fortemente in discussione
dato lavvento di internet. I beni e servizi acquistati on-line infatti hanno prezzi decisamente pi
flessibili ed giusto inserire questi beni nel paniere di cui sopra dato che il loro consumo in forte
aumento.
I due autori continuano dicendo che i prezzi relativi praticati dalle imprese non sono molto sensibili
alle fluttuazioni economiche. Infatti, le imprese con menu costs ridotti - e in generale quelle che
hanno la possibilit di modificare i prezzi in modo repentino - sono indotte a non modificarli.
Questo dovuto al fatto che ci sono tante altre imprese che non modificano i propri prezzi dato che
hanno menu costs troppo elevati. La necessit di mantenere i prezzi relativi costanti impone quindi
alle imprese con prezzi potenzialmente flessibili di adattarsi alle altre imprese che li mantengono
fissi.
Quali sono le cause delle rigidit nominali? La risposta a questa domanda passa per tre argomenti
principali: lassenza di perfetta competitivit nei mercati, la presenza di menu cost, e quella di
rigidit reali. Partiamo dal primo tema. Se i mercati fossero perfettamente competitivi allora tutte le
imprese sarebbero price taker. Ma se tutte le imprese fossero price taker allora non avrebbe senso
interrogarsi circa laggiustamento dei prezzi praticato dalle imprese in seguito a shock esogeni.
Unaltra assunzione fondamentale la presenza di menu costs e di inefficienze nellaggiustamento
dei salari piuttosto che dei cosiddetti implicit contract. I menu costs e la presenza di mercati non
perfettamente competitivi considerati congiuntamente spiegano le rigidit nominali. Come detto in
precedenza pensare che i menu cost possano determinare danni ingenti alleconomia pu apparire
errato. Se per partiamo dal presupposto che mercati non perfettamente competitivi determinano
una discrepanza tra il guadagno sociale e quello privato derivanti dallaggiustamento dei prezzi
lassunzione di cui sopra acquista una propria logica. Infatti, per unimpresa la riduzione del profitto
derivante dal mancato aggiustamento dei prezzi potrebbe essere minore rispetto al costo che
dovrebbe sopportare per aggiustarli. Nonostante ci per leconomia nel suo complesso il mancato
aggiustamento dei prezzi un costo. Questo costo maggiore rispetto al cosiddetto costo privato
cio il costo che la singola impresa sopporta per modificare i prezzi. Ci dovuto al fatto che la
presenza di mercati non perfettamente competitivi determina delle esternalit sulla domanda
aggregata. Questo argomento sostenuto da Blanchard e Kiyotaki (1987) e da Ball e Romer (1989).
Quello che succede che se la quantit di moneta in circolazione diminuisce e i prezzi non si
aggiustano allora diminuiranno i saldi monetari reali. Questa riduzione a sua volta porta a una
riduzione della spesa totale delleconomia, la domanda aggregata quindi diminuisce e i profitti delle
imprese crollano. Secondo questo schema di ragionamento il guadagno privato e quello sociale
derivanti dallaggiustamento dei prezzi sono dunque differenti. Se una singola impresa aggiusta il
proprio prezzo questo non determiner alcun cambiamento nella posizione della curva di domanda.
Ci sar semplicemente uno spostamento verso un punto in cui la quantit venduta maggiore
poich il prezzo relativo diminuito. Cos facendo i profitti di questa impresa aumenteranno. Se
tutte le imprese adattano i propri prezzi in risposta alla variazione della quantit di moneta in
circolazione, il prezzo di equilibrio diminuir, i saldi monetari reali torneranno al livello precedente
la variazione al ribasso della quantit di moneta e la curva di domanda di ogni impresa torner alla
proprio posizione iniziale. Il guadagno per la singola impresa in questo secondo caso maggiore, a
patto che si accetti lipotesi che unimpresa guadagna di pi da uno spostamento della curva di
domanda piuttosto che da uno spostamento lungo la curva di domanda. In realt limpresa per non
tiene conto di questi possibili effetti positivi. Come piccola parte del sistema considerer la spesa
totale e la posizione della curva di domanda come date. da specificare tuttavia che quanto detto
finora valido solo se la curva di domanda e di offerta di lavoro hanno uninclinazione molto bassa.
Stando allarticolo di Ball e Mankiw se la pendenza della funzione di produzione e di quella di
utilit superiore ad una certa soglia tutto questo non si verifica. Infatti, in questo nuovo contesto
economico aumenta il beneficio per la singola impresa derivante dallaggiustamento nel livello dei
prezzi. In questo caso tutto il ragionamento fatto finora circa le rigidit nominali verrebbe meno. Se
per teniamo conto anche delle cosiddette rigidit reali allora le rigidit nominali tornano ad essere
una plausibile minaccia. Ci sono numerose teorie che spiegano perch i prezzi relativi e i salari reali
sono cos insensibili a shock nella domanda (vedi Okun (1982) e Woglom (1982)). Le rigidit reali,
come visto, di per s non determinano rigidit nominali. Quello che fanno in realt diminuire il
costo privato delle rigidit nominali. Infatti, se unimpresa vuole mantenere un prezzo relativo
costante ma i prezzi nominali non variano in seguito a una diminuzione nella quantit di moneta in
circolazione allora sar costretta a diminuire di poco i propri prezzi. In altre parole la necessit di
mantenere i prezzi relativi costanti (che appunto una rigidit reale) scoraggia laggiustamento dei
prezzi per limpresa o, equivalentemente, aumenta il costo di aggiustare i propri prezzi che a sua
volta come dire che diminuisce il costo delle rigidit nominali. molto probabile quindi che il
costo delle rigidit nominali sia pi piccolo dei menu costs.
Unobiezione al ragionamento fatto finora che alcuni studi hanno dimostrato come rigidit
salariali in alcuni settori non determinino affatto una diminuzione delloccupazione e quindi della
spesa complessiva. La risposta di Ball e Mankiw che solo considerando leconomia nel suo
complesso si giunge alla conclusione che le rigidit determinano una riduzione del benessere
sociale. Infatti, vero che non tutti i settori sono caratterizzati da rigidit che impattano
negativamente sulla spesa aggregata; il punto per che la diminuzione della spesa aggregata in
seguito alla diminuzione della moneta in circolazione la conseguenza della somma di tutte le
rigidit nominali presenti nel sistema. Volendo fare un esempio concreto, la diminuzione della
domanda di auto non determinata da rigidit nel settore automobilistico ma dalla somma di tante
inefficienze determinate da rigidit nominali presenti in altre imprese (vedi la rigidit del prezzo di
un taglio di capelli o di quello di un quotidiano).

Non si pu quindi pensare che lespressione menu costs debba essere interpretata alla lettera. I
menu costs non sono solo i costi che unimpresa sopporta a causa del fatto che deve stampare un
nuovo listino dei prezzi. In realt pi che in costo delle stampe i menu costs devono essere misurati
in termini di tempo. Per questo motivo si possono misurare i menu costs, semplicemente
moltiplicando le ore trascorse per stabilire un livello adeguato dei prezzi per il salario orario.
Limpatto dei menu costs sul benessere sociale non sta tanto nel fatto che la singola impresa deve
fronteggiare questi costi. Infatti se ci caliano in un contesto di rigidit nominali i menu costs
scoraggiano gli imprenditori ad adattare i loro prezzi allinflazione dato che il costo
dellaggiustamento dei prezzi (i menu costs appunto) sono maggiori rispetto al costo di non
aggiustarli. Ma il non aggiustamento dei prezzi ha a sua volta delle ripercussioni a differenza dei
menu costs. Si innesca cos un circolo vizioso e la societ nel suo complesso paga un costo pi
elevato rispetto al costo pagato dalla singola impresa in seguito al mancato aggiustamento dei
prezzi.

Ball e Mankiw inoltre tentano di dare una spiegazione teorica a ci che successo negli 70 nel
corso delle cosiddette crisi petrolifere. Numerosi economisti hanno tentato di spiegare la crisi
economica di quegli anni, a posteriori definita come una vera e propria stagflazione. Secondo le
teorie che si basano sulla perfetta flessibilit dei prezzi, infatti, a seguito dellaumento del prezzo
del petrolio, il prezzo di tutti gli altri beni sarebbe dovuti diminuire dello stesso ammontare in modo
da tenere costante il livello generale dei prezzi. Alla base di questo ragionamento c lassunzione
seguente: le variazioni nel livello generale dei prezzi possono essere causate solo da una variazione
nella quantit di moneta in circolazione. Ci a sua volta equivale a dire che le variazioni dei prezzi
relativi sono fenomeni microeconomici che non hanno nessuna ripercussione sul livello generale dei
prezzi. Come detto questo vale solo se i prezzi sono perfettamente flessibili. Alla luce di quanto
detto sopra circa i menu costs appare evidente come numerose imprese avranno optato per una
diminuzione moderata del livello dei prezzi tale da non compensare laumento del prezzo del
petrolio. Nel complesso c stato dunque un aumento nel livello generale dei prezzi a parit di
output: la curva di offerta trasla verso lalto e leconomia cade in recessione.

DALLINFLAZIONE ALLE DISEGUAGLIANZE

In un articolo del 1998 Ale Bul ha documenta il fatto che linflazione spesso porta con s un
aumento delle diseguaglianze in termini di reddito allinterno di un Paese. Lautore inizia larticolo
spiegando che le variabili prese in considerazione nella curva di Kuznets non riescono a spiegarne
in modo preciso landamento. Bul propone quindi di verificare lincidenza di altre due variabili
che sono linflazione e il grado di finanziarizzazione delleconomia. Questultimo misurato dal
rapporto tra M2 e il PIL. La sua ricerca riguarda 75 Paesi. Il grado di diseguaglianza nel reddito
misurato dallindice di Gini.
I dati ci dicono che limpatto della stabilit dei prezzi sullindice di Gini non lineare. Quando
linflazione scende sotto la soglia delliperinflazione diminuisce di molto lindice di Gini. Per livelli
molto bassi dellinflazione invece la diminuzione nel livello dei prezzi porta un beneficio molto
ridotto sullindice di Gini. Per questo motivo nellarticolo si distingue tra vari livelli di inflazione:
liperinflazione - che si verifica quando il tasso annuale di inflazione di oltre il 300% - ,
linflazione elevata - compresa tra il 41% e il 300% -, la bassa inflazione - tra il 5% e il 40% - e
infine si parla di un livello di inflazione molto basso quando siamo sotto il 5%.
La tabella 3 mostra i risultati delle stime condotte dallautore.


Per prima cosa necessario precisare che lequazione 2 si riferisce allimpatto che liperinflazione
ha sullindice di Gini. Lequazione 3 invece misura limpatto sullindice di Gini di una variazione
da un livello di iperinflazione a quello corrispondente alla colonna presa in esame. Quindi per
esempio -6.673 nella riga 3, colonna high inflation indica che mediamente il passaggio da uno stato
iperinflazionistico ad uno di alta inflazione diminuisce lindice di Gini di 6.673 punti. Non stupisce
quindi che il passaggio da uno stato iperinflazionistico a uno di bassa inflazione abbia un effetto
ancora pi intenso (-8.105!).
Lequazione 7 tiene in considerazione anche le osservazioni inerenti i Paesi con un livello di
inflazione molto basso. Lincidenza sullindice di Gini in questo caso pi o meno identica a quella
che si riscontra nel caso di un passaggio da iperinflazione ad alta inflazione. Questo conferma che
limpatto dellinflazione sulla redistribuzione non lineare.
Linflazione quindi ha un effetto negativo sul consumatore medio. Alla luce della crisi attuale
verrebbe da pensare che politiche monetarie espansive possano arrecare un danno ancora maggiore
alleconomia. In realt se si analizza ancora pi in profondit il perch di questa redistribuzione
negativa che linflazione porta con s si scopre che le politiche monetarie espansive in s non sono
un male. Per stabilire questo per non sufficiente verificare che nel medio-lungo periodo
unespansione monetaria determina un aumento proporzionale del livello dei prezzi ma piuttosto si
dovrebbe misurare lincidenza sulle diseguaglianze nei redditi. Quindi indagando sulle cause
dellaumento delle diseguaglianze si scopre che questo si verifica se i salari non si aggiustano in
tempi brevi. Unaltra causa riguarda il fatto che i rivenditori sfruttano a proprio vantaggio le
asimmetrie informative del sistema (vedi gli effetti del cambio di valuta nellEurozona nel 2002-
2003). A tutto questo si aggiunga unaltra variabile da tenere in considerazione: il potere
contrattuale. Il lavoratore medio, infatti, non sempre riesce ad ottenere un aumento nel livello del
suo salario tale da mantener un equilibrio economico. Un argomento simile sostenuto anche da
M.Kumhof e R. Rancir (2010) che nel loro lavoro Inequality, Leverage and Crises (2010)
presentano un modello in cui allaumentare del potere contrattuale degli individui con i redditi pi
alti, aumentano le diseguaglianze nelleconomia. Tornando a quanto detto allinizio quindi
evidente che vista la situazione attuale necessario intervenire con politiche monetarie espansive
ma le istituzioni dovranno giocare un ruolo importante nel frenare le variazioni scorrette nel livello
dei prezzi e nel tutelare il potere contrattuale del lavoratore in modo da non causare un aumento del
potere dacquisto del consumatore medio troppo piccolo rispetto allaumento potenziale. In generale
penso che una Banca Centrale non debba quindi rifiutare categoricamente politiche monetarie
espansive ma che piuttosto debba verificare che ci siano le condizioni socio-economiche per poterle
attuare.
Maggiori diseguaglianze a lungo termie portano a una progressiva diminuzione della domanda
aggregata. Infatti, siccome i redditi della maggior parte della popolazione diminuiscono prima o poi
buona parte della produzione rimarr invenduta. Questo non contraddice il fatto che nel breve
periodo non ci sia alcun impatto sul reddito. Per poter sostenere che ci non accada bisogna
ipotizzare che dopo un po di tempo i redditi medio bassi si aggiusteranno ad un livello tale da
tornare ad un livello del potere dacquisto adeguato. Sta di fatto che questo non sempre si verifica.
Se dunque ammettiamo che le diseguaglianze che si verificano in corrispondenza di episodi
inflazionistici sono notevoli dobbiamo anche ammettere che linflazione pu portare dei costi reali e
senzaltro questi costi sono decisamente pi pesanti di qualsiasi shoe leather costs o menu costs. In
sintesi queste diseguaglianze causano un crollo della domanda a lungo termine e questo crollo della
domanda certamente il costo pi grande che linflazione porta con s. Sarebbe dunque interessante
verificare se effettivamente la risposta dei salari reali almeno nel lungo termine sia adeguata.
Insomma, per stabilire se le diseguaglianze sono o non sono il peggiore costo dellinflazione
bisogna prima stabilire se queste sono o non sono permanenti.
INFLAZIONE E RIGIDITA- IL CASO DELLITALIA
Posto che linflazione incentiva le rigidit nominali, allora questa potrebbe, per il tramite delle
suddette rigidit, incidere sulle variabili reali delleconomia. Se ad esempio c un aumento del
livello dei prezzi e i redditi della maggior parte degli individui non aumentano in misura adeguata,
potrebbero esserci, ad esempio, ripercussioni sulleconomia nel suo complesso. Secondo uno studio
di M. Knell (Nominal and real wage rigidities. In theory and in Europe, 2010) in Italia nel 2009
gli aggiustamenti salariali sono avvenuti in media ogni venti mesi, un valore ben al di sopra di
quello di tutti gli altri Paesi considerati nel suddetto articolo.
Ci si aspetterebbe dunque che nel nostro Paese un incremento del livello dei prezzi porti con s una
redistribuzione dei redditi che procede dal lavoro al capitale. Dallanalisi dei dati riferiti
allinflazione, il salario medio (a prezzi costanti e non) e il PIL reale, risulta che quanto detto
esatto. (Le osservazioni sono prese dal database dellOCSE).

Nel 95 e nel 96 c stato un aumento del PIL reale rispettivamente del 2,1% e del 2,8%. Il livello
medio dei prezzi reagisce con un ritardo di un anno circa cos come il livello del salario nominale.
In uneconomia in cui il reddito si redistribuisce tra i fattori produttivi, il salario medio sarebbe
dovuto aumentare di pi rispetto allaumentato dei prezzi in modo che i lavoratori avrebbero potuto
appropriarsi del reddito reale prodotto dalleconomia in quegli anni. Questo per non succede,
infatti, i salari aumentano circa della stessa percentuale dei prezzi. Una situazione simile si pu
notare nel corso del 2001. Ancora una volta avviene un aumento del PIL reale (del 3,6%) ma ancora
laumento percentuale dei salari non significativamente superiore allaumento dei prezzi. Nel
2001 i salari aumentano del 3,7% mentre i prezzi aumentano dell1,7%, lanno successivo
rispettivamente +3% e +2,5 e infine nel 2003 sono i prezzi ad aumentare di pi (2,8%) rispetto ai
salari (1,6%). Nel corso di questi tre anni - secondo i dati dellOCSE - il PIL reale aumentato
dell8,5%, i prezzi approssimativamente del 7% e il salario nominale dell8,5%.
Per verificare in che modo si distribuisce il reddito prodotto dalleconomia nel nostro Paese
interessante osservare il seguente grafico:
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Tasso di crescita del salario medio Tasso di crescita del PIL reale Inflazione

Nel grafico i valori riferiti alla variazione percentuale del salario reale
1
sono quasi sempre al di sotto
del tasso di crescita del PIL reale. La distanza tra le due curve piuttosto accentuata e i salari reali
rispondono con ritardo ai movimenti del PIL e in misura quantitativamente inadeguata ai valori che
si riscontrerebbero in uneconomia in cui c una distribuzione dei redditi tra i fattori produttivi.
Questo andamento potrebbe aver inciso sulla crisi attuale. Infatti, nonostante questa si sia propagata
a partire dal sistema finanziario, non solo leconomia reale non ha saputo arrestarne la corsa ma
anzi ha contribuito ad inasprirla a causa degli disequilibri che la caratterizzavano. Infatti, laumento
di produzione verificatosi nei suddetti periodi non stato bilanciato da un adeguato aumento dei
redditi dei lavoratori; non sorprende quindi che oggi la domanda sia cos debole.
Senzaltro non si pu sostenere che la mancata redistribuzione del reddito nelleconomia italiana sia
dovuta interamente allinflazione. Da questi dati, per, si evince che in corrispondenza di
uninflazione trainata da una congiuntura positiva la risposta dei salari nominali non n repentina n
quantitativamente adeguata. Di conseguenza, nelleconomia italiana, politiche monetarie espansive
porterebbero dei benefici ma anche grandi rischi.
In base ai dati si pu dire che, in Italia, quando si verifica un aumento del livello dei prezzi,
verosimilmente i lavoratori non trarranno alcun beneficio degli eventuali redditi in aumento. Lo
spostamento proceder da un fattore produttivo allaltro. In particolare i redditi da lavoro
diminuiranno e i redditi da capitale aumenteranno. Questo a sua volta rende instabile il sistema
economico e pu portare a crisi da sovrapproduzione.

1
Il salario medio a prezzi costanti pu essere considerato una buona approssimazione del salario medio reale.
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Tasso di crescita del salario medio a prezzi costanti Tasso di crescita del PIL reale

Questo grafico mette in luce un nuovo aspetto della questione: la produttivit del lavoro rimasta
pressoch invariata nel corso del periodo di tempo preso in esame. Nonostante questo, in alcuni
anni la crescita del salario reale stata decisamente inferiore rispetto alla crescita della produttivit
(vedi il periodo compreso tra il 2000 e il 2002). Questo fenomeno non ha comunque unintensit
eccessiva a dimostrazione del fatto che le rigidit nominali dei salari non sono lunico male che ha
colpito leconomia italiana nel corso di questi anni. Sta di fatto che la produzione aumentata
mentre il potere dacquisto rimasto costante con la conseguenza che la domanda non ha retto a
lungo. I passaggi logici che portano a tale conclusione possono essere riassunti nel modo seguente.
Ipotizziamo che nelleconomia ci sia un continuo incremento della produzione come effettivamente
avvenuto dal 2001 al 2008. Ci che succede un continuo aumento dei prezzi e della domanda,
trainato da un aumento dei redditi da lavoro e non, e da un aumento di altre variabili che incidono
sul reddito aggregato (come ad esempio la propensione al consumo). Dato che, per, lincremento
del PIL reale non corrisponde ad un adeguato aumento dei salari, la domanda interna sar destinata
a crollare. Infatti, i consumatori non hanno le risorse economiche necessarie per soddisfare lofferta
in crescita, sebbene si possa ipotizzare che in un primo momento tentino di migliorare i propri
standard di vita materiali (a motivo, ad esempio, dellapparente stato di benessere in cui versa
leconomia). Se invece il salario reale aumenta in misura adeguata, leconomia si muove verso una
maggiore stabilit poich i lavoratori sono in grado di acquistare ci che producono. Come
anticipato, dunque, ci che succede un forte contraccolpo sul sistema nel suo complesso a causa
della forte riduzione della domanda interna.
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Tasso di crescita del salario medio a prezzi costanti
Tasso di crescita della produttivit del lavoro
Il problema di fondo non sta tanto nellaumento dei prezzi, quanto piuttosto nelle modalit con cui
si redistribuisce reddito in seguito a tale evenienza. Un miglioramento del sistema economico
quindi pu passare solo attraverso un rinnovamento nelle componenti strutturali e reali
delleconomia come pu essere ad esempio un aumento della velocit di aggiustamento dei valori
nominali o una pi adeguata tutela del potere contrattuale dei lavoratori (a patto che non si traduca
in un ulteriore irrigidimento dei salari). Inoltre questi dati ci insegnano che una crescita economica
in cui la produttivit del lavoro e i salari reali non aumentano, destinata non solo a non durare a
lungo, ma addirittura a creare il contesto propizio ad una recessione.
In conclusione dunque linflazione non ha giocato di per s un ruolo deciso nella difficile storia
delleconomia italiana degli ultimi dieci anni. Sta di fatto che un aumento del livello dei prezzi in un
sistema economico come il nostro potrebbe essere nocivo nonostante nel breve possa dare un po di
respiro allItalia. Penso ad esempio allattuazione di politiche monetarie espansive che non
farebbero altro che dare un piccolo impulso alla produzione senza per incidere su variabili
fondamentali come produttivit e salari reali.
opportuno specificare che linflazione porta anche dei benefici in un sistema economico con
rigidit nominali. Prendiamo per esempio una situazione in cui leconomia entra in recessione. In
questo contesto si rende necessario diminuire i salari reali per poter rimanere in piena occupazione
ma nel corso di una recessione tagliare gli stipendi di una certa percentuale piuttosto complicato
specie in un Paese con grandi rigidit nominali. Se invece oltre ad essere in recessione leconomia
caratterizzata da un certo aumento del livello dei prezzi allora laggiustamento dei salari reali
diventa pi semplice. M.Labonte nel suo lavoro Inflation: causes, costs, and current status
illustra con un semplice esempio largomento esposto sopra. Ipotizziamo che in uneconomia in
recessione si renda necessario una riduzione del salario nominale del 2%. A parit di altre
condizioni improbabile che si riesca effettivamente ad imporre una diminuzione del salario ti
questa entit date le numerose rigidit. Se per ci fosse un aumento dei prezzi del 5% allora si
potrebbero aumentare i salari del 3% senza che si mettano in atto tutti quei meccanismi che frenano
la diminuzione dei salari. Questo possibile solo se si parte dallipotesi che gli individui soffrono di
illusione monetaria, ovvero non sono in grado di stabilire con precisione i cambiamenti avvenuti
nelle variabili reali e interpretano laumento del salario nominale come un aumento di quello reale.

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