You are on page 1of 34

1

SCIPIONE GUARRACINO, Le et della Storia. I concetti di Antico, Medievale, Moderno


e Contemporaneo, Milano, Mondadori 2001, pp. 149-203
3.1 Il Medioevo oscuro
Il Medioevo degli umanisti e degli artisti e scrittori del Rinascimento, da Petrarca a
Vasari, era stato appena individuato e circoscritto, quando subito a esso si sovrappose
quello definito dalla Riforma protestante. Anche in questo caso si trattava di un'epoca
negativa, dalla quale si doveva uscire il pi presto possibile, ma le ragioni di questo
giudizio non erano pi le stesse. Il Medioevo umanista serviva a condannare la
barbarie intellettuale, nelle lettere e nelle arti, dei secoli germanici e gotici. Quello
protestante condannava invece la corrnzione della Chiesa, con l'introduzione di
istituzioni, credenze, riti che sempre pi si allontanarono dallo spirito originario del
cristianesimo. L'invito a tornare ad fontes, eliminando le deformazioni, volontarie o
meno, e il principio stesso del commento, riguardava per gli urnanisti i testi
dell'antichit classica, per i protestanti le Sacre scritture. Dal punto di vista della
periodizzazione, il Medioevo urnanista ha un inizio preciso, con il sacco di Roma, e
una conclusione pi indistinta. Solo con il tempo si afferm la data del 1453, la
conquista turca di Costantinopoli: fuggendo verso l'Italia, gli intellettuali greci
portarono con s una parte cospicua del patrimonio culturale antico e dettero un
contributo decisivo alla rinascita delle buone lettere. Al contrario, quello protestante
ha un inizio vagamente compreso fra Costantino e Carlo Magno, mentre la sua fine
a corrispondere a una data e ad un evento determinato, il 1517 e la rivolta di Martin
Lutero contro le indulgenze
Cos Giorgio Falco ha riassunto. i temi dominanti di questa nuova visione dell'et
oscura, desumendoli dalla Cronaca universale di Filippo Melantone (1558-1560, dal-
la Creazione a Carlo Magno): l'ottenebrarsi della pura dottrina, il sopravvento di
molte superstizioni, come le messe per i defunti e il culto dei santi, l'inizio del mona-
chesimo e l'incremento della potenza papale. In questo elenco fissiamo l'attenzione
soprattutto sulle superstizioni, che non figuravano nell'immagine umanista del Me-
dioevo e che, separate dal quadro della polemica protestante, avranno poi una parte di
primo piano in quella illuminista. Tutte le pratiche religiose dei cattolici hanno la
tendenza a degenerare verso il ritualismo e la superstizione, e mentre, fra i
protestanti, i teologi volgeranno le loro cure alla messa romana e agli arredi degli
edifici ecclesiastici cattolici, gli storici si indirizzeranno sull'origine deI culto dei
santi e delle reliquie e sull'invenzione di santi mai esistiti. Un secondo allettante
campo di indagine fu per gli storici protestanti quello dei vizi e delle degenerazioni
del papato, e si pu dire che risalga a loro l'individuazione di un'epoca oscurissima
2
all'intero dell'oscuro Medioevo, il IX-X secolo, quella che (recuperando la serie
discendente dei metalli) verr chiamata l'et ferrea del papato. Come simbolo del
Medioevo protestante si pu perci scegliere la leggenda della papessa Giovanna, che
gli autori della luterana Histona ecclesiastica (pubblicata nel 1559-1574 e meglio
nota come Centurie di Magdeburgo) raccolsero dalle fantasie medievali e presero per
buona, affermando che alla met del IX secolo la Chiesa scese cos in basso da essere
governata da un papa che in realt era una donna.
Dopo quello umanista e quello protestante, il Medioevo degli illuministi a produrre
la pi stabile immagine negativa del Medioevo. Gli umanisti italiani deprecavano la
barbarie nella lingua, nelle arti, nella filosofia, ma salvavano la storia comunale; i
protestanti attribuivano alla Chiesa corrotta i vizi e le superstizioni medievali, ma
salvavano l'autorit imperiale considerandola come la forza politica e morale che
aveva tentato, invano, di opporsi alla degradazione della vita religiosa. Il Medioevo
degli illuministi, che esamineremo attraverso le opere di tre fra gli autori pi
rappresentativi (Voltaire, Robertson, Condorcet), acquista quella compattezza
negativa che era fino ad allora mancata: alla barbarie culturale e agli abusi del clero si
aggiungono la pi generale tendenza all'abbrutimento dei costumi, la crudelt unita
alla rozzezza, l'ignoranza unita al fanatismo e all'intolleranza.
Il titolo definitivo dell'opera di Voltaire, Saggio sui co stumi e lo spirito delle nazioni
e sui principali fatti della storia da Carlomagno a Luigi XIII, comparve solo
nell'edizione del 1769, ma con il titolo di Abreg de l'histoire universelle essa era gi
stata pubblicata nel 1753. Neppure in questa prima edizione (che andava da Carlo
Magno a Carlo V) il periodo storico trattato corrispondeva al Medioevo propriamente
detto, anche senza contare l'interesse di Voltaire per le civilt extraeuropee. Il Saggio
aveva in ogni caso ben chiari i limiti cronologici e i caratteri generali del Medioevo
europeo. All'inizio vi era la caduta dell'impero romano (titolo del capitolo II), le
cui cause andavano rintracciate nelle invasioni barbariche e nell'indebolimento
dell'impero provocato dalle lotte religiose fra ariani e trinitari. Dopo di allora
l'intelletto umano si abbrut nelle superstizioni pi insensate [...]. L'Europa intera
ristagna in questo avvilimento fino al XVI secolo e non ne esce che attraverso
convulsioni terribili (vol. I, ed. 1990, cap. 12, p. 310). Nella prefazione al tomo III
(nell'edizione del 1754) leggiamo poi che i due tomi precedenti riguardano tempi
oscuri che richiedono ricerche ingrate; pi difficile di quanto si pensi trovare nelle
macerie della barbarie di che costruire un edificio attraente (vol. Il, p. 888).
Il riferimento al Medioevo evidente nel titolo del libro di William Robertson I
progressi della societ europea dalla caduta dell'impero romano agli inizi del secolo
XVI, pubblicata nel 1769 e concepita come una lunga premessa all'opera dedicata al
regno dell'imperatore Carlo V. Come negli umanisti italiani del XV-XVI secolo, la
"barbarie" dell'epoca trattata dallo storico scozzese dipende in principio dalle
invasioni germaniche. Mentre Robertson disposto a riconoscere ai germani almeno
le virt della dignit e del coraggio, con l'instaurarsi del sistema feudale che ci
imbattiamo nei caratteri propri del Medioevo, l'anarchia universale e la riduzione del
popolo in servit (p. 15), cui si aggiunge la scomparsa di ogni traccia di cultura e
3
civilt. Dopo la breve parentesi di Carlo Magno e Alfredo il Grande, l'oscurit
ricomparve e torn a stendersi sull'Europa pi profonda e pi greve di prima (p. 17).
La terza opera che qui consideriamo, Abbozzo di un quadro storico dei progressi
dello spirito umano di Condorcet, fu pubblicata postuma nel 1795, l'anno dopo che
l'autore era rimasto vittima del terrore giacobino. L'epoca disastrosa della "decadenza
dei lumi" comincia con l'Occidente che cade in mano ai barbari, ma anche con il
disprezzo dei sacerdoti per le lettere umane.
Lo spirito umano [discende] rapidamente dall'altezza cui si era elevato, e l'ignoranza
[trascina] dietro di s qui la ferocia, altrove una crudelt raffinata, dappertutto la
corruzione e la perfidia. Appena qualche bagliore di talenti, qualche tratto di
grandezza d'animo o di bont, possono squarciare questa notte profonda.
Fantasticherie teologiche, imposture superstiziose, sono il solo genio degli uomini;
l'intolleranza religiosa la loro sola morale; e l'Europa, schiacciata tra la tirannide
sacerdotale e il dispotismo militare, attende nel sangue e tra le lacrime, il momento in
cui dei nuovi lumi le permetteranno di rinascere alla libert, all'umanit e alle virt.
(p. 76)
Attraverso le notazioni di Voltaire, Robertson e Condorcet non difficile mettere
insieme il complesso di caratteri che abitualmente si associano all'aggettivo
"medievale". Un punto molto importante da notare che in nessuno di questi tre
autori fa spicco l'uso di termini come medievale o Medioevo. "Medievale" in effetti
un neologismo che si afferma solo dopo il 1870. Il Dictionnaire di mile Littr
(1873), dove figura "Mdiviste", non ammise "Mdival" (che compare invece nel
supplemento del 1877, con un'occorrenza datata al 1874); Tommaseo lo incluse nel
suo Dizionario, ma lo giudic n necessario n. bello. Pi sorprendente l'assenza
di "Medioevo". In Robertson la parola compare una sola volta Ancora pi notevole
era l'ignoranza del Medioevo riguardo alla situazione geografica dei paesi lontani, p.
237), in Voltaire e in Condorcet mai. Nella seconda delle "Osservazioni
supplementari" aggiunte nel 1763, Voltaire osserva che la guerra dell'impero e del
sacerdozio va considerata come il filo conduttore attraverso il labirinto della storia
moderna, da Carlo Magno ai tempi recenti (vol. II, p. 904); la storia si divide qui
solo in antica e moderna, con una divisione binaria che continuer a lungo a fare
concorrenza alla grande tripartizione. Di storia del Medioevo (storia barbara dei
popoli barbari che, divenuti cristiani, non diventano per questo migliori) Voltaire
parla invece nella voce "Histoire" scritta nel 1757 per l'VIII volume
dell'Enciclopedia. Quanto a Condorcet, il suo "Medioevo" corrisponde alla sesta delle
dieci epoche in cui suddiviso il quadro dei progressi umani, fra l'originario riunirsi
delle famiglie in trib e i prossimi avanzamenti che dovranno seguire alla
Rivoluzione francese.
Le opere che hanno trasferito l'espressione "Medioevo" dal campo della metafora al
linguaggio storiografico sono nel Settecento i manuali a uso dei collegi e delle uni-
versit. Primo fra tutti viene riconosciuto quello di Christopher Keller (o Cellarius),
rettore dell'Universit di Halle e professore di storia ed eloquenza, che nel 1675
4
aveva scritto un compendio di storia antica subordinato alle esigenze (vedi capitolo 2,
paragrafo 1) degli studenti pi giovani impegnati nella lettura degli autori classici.
Successivamente Keller ampli il suo piano di lavoro e alla seconda edizione della
Historia antiqua (1685) fece seguire nel 1688 e 1696 altri due volumi di Historia
medii aevi e Htstoria nova. Il titolo esatto del secondo volume era Historia meiti aevi
a temporibus Constantini Magni ad Constantinopolim a Turcis captam e fissava
all'anno 1453 il ter minus ad quem della trattazione, seguendo il rilievo che nel XVI
secolo molti umanisti europei. avevano attribuito a quella data. In realt Keller
prolungava la sua esposizione fmo alla fine del XV secolo e teneva conto di pi punti
di vista: quello umanista (il 1453 e la fme delle "tenebre" nelle lettere), quello
protestante (il profilarsi di una nuova piet religiosa) e anche quello della "modernit"
determinata dalle invenzioni e scoperte di fine Quattrocento (sul quale torneremo nel
prossimo capitolo). Rispetto alle rappresentazioni variamente costruite solo sullo
spirito polemico, il libro di Keller faceva ricorso a criteri eterogenei di perio-
dizzazione e accennava a un Medioevo un po' pi "neutro" e anche pi arido, cio a
quello dei compendi scolastici basati sulla piatta successione di eventi, personaggi e
date.
Questo Medioevo puramente scolastico si afferm nel corso del XVIII secolo,
venendosi a combinare in maniera molto esteriore, appunto secondo la natura dei
compendi, con quello degli umanisti, dei protestanti e degli illu-ministi. L'edizione
originale della Cyclopaedia, pubblicata nel 1728 a Londra da Ephraim Chambers,
non contiene la voce Medioevo, aggiunta poi nel volume di supplemen-to del 1753.
Bisogna aspettare l'edizione del 1798 perch il Dictionnaire dell' Acadmie de France
introduca la voce "Medioevo". In entrambi i casi il periodo viene delimitato fra
Costantino e la rinascita delle lettere del 1453.
La storia del concetto di Medioevo non finisce qui. Dopo l'originaria invenzione da
parte degli umanisti, il Medioevo stato reinventato una decina di volte e di esso si
pu parlare in molti modi.
Anche solo limitandosi all'immagine originaria dei secoli bui, l'ignoranza e la
barbarie sono cose ben diverse se riferite al V-VI secolo, con il sacco di Roma e i
longobardi, o invece al XIII-XIV, con la filosofia scolastica e l'architettura gotica.
Gi dalla fine del Settecento, inoltre, attorno al Medioevo oscuro si sviluppata non
solo la repulsione razionalista, ma anche il torbido coinvolgimento dei noiosissimi
romanzi gotici che con le loro tetre atmosfere e ambientazioni hanno aggiunto - a
cominciare dal Castello di Otranto di Horace Walpole (1764) e da Il monaco di
Matthew Lewis (1796)- un ulteriore tocco alla figura dell'oscurit. poi seguito il
Medioevo del romanticismo cattolico, con la trasformazione del termine "gotico" da
insolenza a nome di un ammirato stile architettonico e con la riscoperta della societ
cristiana, organica e gerarchica, rifugio ideale dopo una generazione di guerre e
rivoluzioni.
In una successione di modelli che non si interrotta fino ai giorni nostri, si sono
combinati tra loro gli aspetti pi disparati, fino a produrre, come ha ben scritto Giu-
seppe Sergi, la duplice immagine, di un "altrove" positivo e di uno negativo:
"Nell'altrove negativo ci sono povert, fame, pestilenze, disordine politico,
5
soperchierie dei latifondisti sui contadini, superstizione di popolo e corruzione del
clero. Nell' altrove positivo ci sono i tornei, la vita di corte, elfi e fate, cavalieri fedeli
e principi magnanimi". Senza forzare molto le cose, si pu dire che non ci sia
simbolo dell'et medievale, attraverso tutto il suo percorso, che non si presti a una
duplice lettura. A volte questa apparente, perch compiuta accostando fenomeni o
momenti diversi, a volte insita nella complessit delle cose e suggerita dalle fonti
stesse; ma spesso legata agli atteggiamenti contraddittori che assumiamo di fronte a
un'identica realt e fra i quali non riusciamo a decidere. Al Medioevo barbaro si
contrappone cos il suo doppione positivo costituito dal Medioevo giovane e
turbolento (le fresche energie germaniche immesse nel decrepito corpo del basso
impero romano); all'anarchia feudale la societ organica degli ordini; al mondo
economicamente e culturalmente chiuso dell'et feudale quello delle citt, dei
mercanti, dei viaggi di Marco Polo; alla crociata come guerra santa motivata
dall'intolleranza e condotta con violenza sanguinaria, la crociata come avventura
dello spirito che ha l'involontario effetto di far confrontare due culture; all'esercito di
monaci, sempre pronti a esaltare con le loro imposture i terrori superstiziosi
(Condorcet, op. cit., p. 79), l'estremo razionalismo della filosofia scolastica. Ma il
caso pi emblematico di duplicit costituito dalla figura del cavaliere, difensore
della fede e dei deboli o invece avventuriero e criminale, del quale gi nel 1135
Bernardo di Chiaravalle smascherava la vocazione di malitia nascosta dietro la
retorica della militia cristiana.

Bibliografia di riferimento:

La storia dell'idea di Medioevo trattata da G. Falco, La polemica" sul Medioevo
(1933), Guida, Napoli 1977 (che resta l'opera pi importante sull'argomento; la
citazione tratta dalla p. 71); R. ManselIi, Il Medioevo. Introduzione storiografica,
Giappichelli, Torino 1967; L. Gatto, Viaggio intorno al concetto di Medioevo, Bul-
zoni, Roma 1977, 1995; Mario Sanfilippo, Dentro il Medioevo, La Nuova Italia,
Firenze 1990, pp. 4.10; P. Delogu, Introduzione allo studio della storia medievale, il
Mulino, Bologna 1994, pp. 17-64.
La codificazione del X secolo come et allo stesso tempo di massima superstizione,
barbarie intellettuale e corruzione del papato fu compiuta da F. Gregorovius nel libro
VI della Storia della citt di Roma nel Medioevo (1859-1872), Einaudi, Torino 1973.
La formazione della leggenda della papessa Giovanna esposta da A. Boureau, La
papessa Giovanna (1988), Einaudi, Torino 1991. Le citazioni dell'Essai sur le
moeurs di Voltaire sono tratte dall'edizione a c. di R. Pomeau, Garnier-Bordas, Paris
1990,2 voll.; quelle de I progressi della societ europea di W. Robertson dalla trad.
di G. Agosti con una "Introduzione" di G. Falco, Einaudi, Torino 1951; quelle
dell'Abbozzo di Condorcet dall'ed. it. a c. di M. Minerbi, Einaudi, Torino 1969. Le
informazioni su Cellarius sono desunte da G. Falco, op. Clt., pp. 104-107. Il passo di
G. Sergi si trova in L'idea di Medioevo. Tra senso comune e pratica storica, Donzelli,
Roma 1998, p. 13. Anche D. Cantimori aveva osservato: Chi non sente e non vede
ancora in questa parola e neI corrispondente concetto qualcosa di cupo, di terribile, da
6
una parte, di romanticamente attraente dall'altra? (Sulla storia del concetto di
Rinascimento, 1932, in Id., Storici e storia, Einaudi, Torino 1971, p. 413).
All'opposizione "oscurit e awentura" R. Bordone (Lo specchio di Shalott.
L'invenzione del Medioevo nella cultura dell'Ottocento, Liguori, Napoli 1993, pp. 13-
16) aggiunge quella tra il catastrofismo (Medioevo storico come anticipazione di
quello "prossimo venturo") e il miraggio (il Medioevo come alternativa all'et
postindustriale).
W. Robertson parlava dei pellegrinaggi come di una superstiziosa devozione e
diceva delle crociate che di esse non rimane oggi che un monumento dell'umana
follia. Ma nel suo giudizio era presente un aspetto di duplicit, perch i crociati
vennero anche a conoscenza di civiit superiori e ampliarono le loro vedute:
Dobbiamo a queste assurde spedizioni, frutto di superstizione e di follia, i primi
raggi di luce che contribuirono a dissipare la barbarie e l'ignoranza (p. 22). Sulle
crociate e sul cavaliere, F. Cardini, La crociata, in Id., Minima mediaevalia, Ar-
naud, Roma 1987, pp. 85-115, e "Introduzione" a M. Keen, La cavalleria, Guida,
Napoli 1986, pp. 5-20.
La duplicit della figura deI cavaliere espressa in maniera ingenua ma efficace dal
cinema di Hollywood: basta confrontare il Lancelot du Lac perfetto cavaliere
interpretato da Robert Taylor ne I cavalieri della tavola rotonda di Richard Thorpe
(1953) con i bruti che compaiono in Excalibur, diretto da John Boorman nel 1981 e
sempre basato sulle vicende della corte di re Art. In generale si veda Matteo
Sanfilippo, Il Medioevo secondo Walt Disney. Come l'America ha reinventato l'Et di
Mezzo, CasteIvecchi, Roma 1993.

3.2 Il Medioevo "non medievale"
Nonostante l'indubbia duplicit interna alla nozione di Medioevo recepita dal senso
comune, forse opportuno non mettere sullo stesso piano la rappresentazione positi-
va e quella negativa. La prima ha avuto la sua originaria sistemazione nella cultura
controrivoluzionaria e nell'Europa della Restaurazione, definendosi in opposizione ai
caratteri della modernit (la bruttezza e volgarit della. citt industriale o il disordine
permanente legato all' avanzata della democrazia) giudicati particolarmente
sgradevoli da intellettuali di varia estrazione. Si poi mantenuta come una variante
nella ricerca dell' evasione fantastica da un mondo meschino, borghese, prosastico.
Agli aspetti ideologici e letterari della rappresentazione positiva corrisponde
l'automatismo incolto di quella negativa, che fa ricondurre al Medioevo tutto ci che
nella societ e nel costume appare come una sopravvivenza di sorpassati tempi di
ignoranza e sopruso. Il tutto reso dalle espressioni come "non siamo pi nel
Medioevo", "questo si faceva nel Medioevo", "stiamo tornando al Medioevo".
Per opporsi all'immagine del Medioevo oscuro si possono adottare diverse strategie.
Si pu far notare che un Medioevo che si estende per un millennio mantenendosi
identicamente oscuro per tutta la sua durata va contro l' evidenza dei fatti. Si possono
invece valorizzare, come appunto fa la strategia romantica, alcuni aspetti dell'epoca
proprio per la loro natura tipicamente "medievale". Si pu infine rovesciare lo stesso
7
presupposto della critica razionalista e mostrare, con un provocatorio ossimoro, la
solida esistenza di un Medioevo "non medievale". La concezione romantica ci tiene a
far apprezzare nell'et di mezzo proprio la sua non modernit, l'eroico idealismo e
senso dell'onore della cavalleria contro il borghese dominio dell'interesse materiale,
la magia contro la tecnica, il fantastico contro la razionalit. La strategia ricordata per
ultima non ha niente a che fare con i periodici revival in chiave fantasy o New Age e
intende mostrare proprio la modernit, non diciamo del Medioevo dei manuali scola-
stici con tutti. i suoi mille anni, ma certamente dei secoli XII-XIV, con i loro artisti,
filosofi, scrittori politici, scien- ziati, mercanti, viaggiatori.
Ci a cui miravano le rivendicazioni dei medievisti avanzate gi dagli anni venti del
XX secolo era infatti mostrare che le radici della modernit non stanno nella
riscoperta della cultura antica cominciata, secondo quanto preteso dalla storiografla
dominante, solo con il Rinascimento. Al contrario, la rinascita del Quattrocento era
stata preceduta e preparata da un'altrertanto fondamentale rinascita del XII secolo.
Secondo questa visuale, inoltre, moderni o comunque fondamento della modernit
vanno giudicati gli uomini d'affari del Duecento e del Trecento, che con le loro
innovazioni nella pratica commerciale e nella tenuta dei libri contabili hanno aperto
la strada al capitalismo e alla razionalit economica. Ancora, moderni sono i comuni
e gli organismi politici cittadini, che hanno reinventato la politica e l'economia
monetaria e creato il rivoluzionario strumento della politica economica, ignoto agli
antichi, che il debito pubblico. A loro modo sono moderni anche i parlamenti
medievali, che hanno introdotto le istituzioni e le procedure della rappresentativit,
del tutto estranee alla mentalit degli antichi; ugualmente essi hanno fatto valere il
fondamento pattizio della soggezione ai sovrani, ben diverso dai principi
dell'assolutismo che si affermarono con lo stato del Rinascimento. Allo stesso modo,
si detto, la scienza moderna si ricollega meglio a quella del Trecento che non
all'interesse per la magia e l'astrologia cos diffuso fra gli uomini di cultura del
Rinascimento.
Alla validit di queste tesi e ai loro punti deboli dedicheremo pi avanti, in questo e
nel prossimo capitolo, una discussione pi particolareggiata. In questo paragrafo ci
limiteremo a indicare come la visione del Medioevo oscuro conduca a far commettere
puri e semplici errori di fatto, a cominciare dalla scarsa attenzione prestata al culto
della luce e dei colori proprio dei costruttori delle cattedrali gotiche. Ovviamente
esiste anche un Medioevo "medievale" e istituzioni come l'Inquisizione non possono
essere ricondotte solo alle polemiche e alle calunnie dell'anticlericalismo illuminista e
positivista. Quel che viene considerato "tipicamente" medievale si rivela per spesso
frutto di leggende o tipico piuttosto di periodi posteriori. Ci stato ben mostrato da
Rgine Pernoud in un'appassionata apologia di quei secoli troppo bistrattati. Restando
su uno solo dei suoi argomenti, dobbiamo ammettere che difficile presentare le
battaglie per l'emancipazione femminile cominciate nel XIX secolo come un "uscire
finalmente dal Medioevo". Se non ci limitiamo agli stereotipi antifemministi coltivati
dagli ambienti monastici, si deve riconoscere che la condizione della donna in termini
di capacit giuridica (possibilit di esercitare attivit economiche, stipulare contratti e
via dicendo) andata progressivamente peggiorando dopo il XIV secolo e che,
8
ugualmente, fenomeni come la clausura totale delle monache e la monacazione
forzata furono assai pi diffusi dopo il XVI secolo che nel XIII.
Uno straordinario accumulatore di luoghi comuni sul Medioevo il cinema. Sergio
Bertelli ha mostrato bene che non solo la fretta, la disponibilit di scarsi mezzi, la
sciatteria mentale e la semplice ignoranza a spingere gli autori di film di
ambientazione medievale a commettere anacronismi ed errori di ogni genere nella
ricostruzione di ambienti, comportamenti, modi di pensare. Spesso si tratta di scelte
volontarie per aderire all'immagine corrente del Medioevo e far sembrare al pubblico
inequivocabilmente "medievali" i personaggi e le vicende cui sta per assistere.
Per verificare questa tendenza sceglieremo prima di tutto Il settimo sigillo di Ingmar
Bergman (1956), un'intensa riflessione filosofica e teologica sulla morte. Del ca-
valiere Antonius Block, il personaggio principale, veniamo a sapere che sta tornando
da una crociata. Successivamente la processione dei flagellanti, sullo sfondo di un'e-
pidemia di peste, uno dei momenti costruiti con maggiore maestria registica. In pi
Bergman inserisce a un certo punto il rogo di una strega, che assume un'importanza
centrale nel contesto drammatico del film. L'insieme "crociate, peste, streghe" appare
funzionale a rappresentare sinteticamente il Medioevo, ma quanto di pi eterogeneo
si possa immaginare. La peste ci fa collocare nel 1350, quando la "morte nera"
raggiunse i paesi scandinavi; ma il 1350 un anno da una parte troppo tardivo
rispetto all'epoca delle crociate e dall'altra troppo precoce rispetto all'epoca della
"caccia alle streghe". Tutto questo irrilevante se parliamo del valore artistico del
film e se intendiamo discutere le ragioni che, in questa e in altre occasioni, hanno
spinto Bergman a cercare una particolare ambientazione storica per la sua opera. Non
lo , invece, se l'oggetto della discussione un certo modo di rappresentare il
Medioevo.
Prendiamo allora come secondo esempio Il nome della rosa di Jean-Jacques Annaud
(1986), una traduzione puramente commerciale del fortunato e complesso romanzo di
Umberto Eco. In questo caso gli avvenimenti narrati hanno una precisa collocazione
nel tempo, il 1327, e l'insieme che deve rendere il Medioevo costituito fra l'altro da
un'abbazia benedettina particolarmente cupa e gotica, dalla sinistra figura
dell'inquisitore domenicano Bernard Gui, dalle torture e dalla condanna al rogo
inflitte da costui a un eretico e a una strega. Prendendosi molte libert nei confronti
sia del romanzo sia della realt storica (Bemard Gui realmente esistito, ma mor di
morte naturale nel 13 31), il fIlm mostra come la crudelt dell'inquisitore susciti una
sollevazione contadina che lo costringe a fuggire e alla fine lo punisce provocandone
la morte. Non insistiamo su que-ste falsificazioni inserite per garantire meglio la
partecipazione emotiva del pubblico e soffermiamoci invece sugli altri aspetti di
questo Medioevo "tipico".
La tortura dell'eretico presentata con esibizione di particolari efferati, ma, come
mostra Bertelli, con scarsa aderenza alla realt giudiziaria del momento. Tutta la
questione sta prendendo in effetti un andamento imbarazzante. I medievisti di
professione non hanno difficolt a mostrare che la rappresentazione degli inquisitori
come torturatori sadici e psicopatici piuttosto fantastica e che le cifre delle vittime
dell'Inquisizione medievale date da alcuni storici di fine Ottocento non hanno alcun
9
fondamento. Ma la ferocia della crociata del 1209 contro i catari e i roghi collettivi
ordinati da inquisitori fanatici rimangono fatti incontestabili; questo particolare
revisionismo storico insiste un po' troppo sui limiti precisi che aveva il ricorso alla
tortura e sulla necessit di smontare la sinistra fama dell'Inquisizione, che non
somigliava molto a un tribunale britannico del XIX secolo. Ma resta anche il fatto che
la tortura comparve nei tribunali laici solo al principio del XIII secolo e in quelli
dell'Inquisizione solo dopo il 1252 e che questo Medioevo torturatore rimasto in vi-
ta fino al XVIII secolo.
esistito anche un altro Medioevo, precisamente quello pi barbarico dei secoli
altomedievali, che per gli uomini liberi non ammetteva n la tortura n le pene corpo-
rali, ma solo la composizione in denaro e la dimostrazione di innocenza tramite il
"giudizio di Dio".
Ancora pi complessa la questione dei processi alle streghe. di nuovo il
Medioevo pi "barbaro" a sorprenderci. Verso il 1012 Burcardo, vescovo di Worms,
scrisse un "penitenziale", cio una raccolta di penitenze canoniche (per lo pi un certo
numero di giorni da passare a pane e acqua) che dovevano essere inflitte ai peccatori.
Burcardo prevede pene molto severe per chi si rivolga a maghi per avere fortuna o
per scacciare il malocchio e per chi frequenti luoghi incantati (sorgenti, dolmen,
alberi, crocicchi); e inoltre domanda: Hai forse creduto anche tu all'esistenza di una
donna che la superstizione popolare chiama "strega"?. Ma il punto essenziale che
per Burcardo maghi e streghe sono solo residui pagani e superstizioni: Troppe
persone, disgraziatamente, sono ingannate da quella superstizione [che fa credere a
certe donne di cavalcare bestie insieme alla dea pagana Diana] e credono che sia tutto
vero. Il peccato da condannare con la penitenza non il partecipare a simili pratiche,
dato che si tratta di fantasie che provengono dalla nostra immaginazione, ma
proprio il credere che siano cose vere.
La convinzione che maghi e streghe potessero realmente ricorrere a pratiche di
"magia nera" e provocare dei malefici era comunque abbastanza radicata da
provocare a volte l'intervento dei giudici ordinari, che procedevano, quando era il
caso, a pronunciare delle condanne. Fino al principio del XIV secolo il compito
essenziale degli inquisitori ecclesiastici (istituiti nel 1231) fu la caccia agli eretici, e
solo occasionalmente essi si occuparono di fatti di stregoneria, quando sorgeva il
dubbio di una loro connessione con l'eresia. Vediamo che cosa ha da dire in pro-
posito Bemard Gui, che per diciassette anni (dal 1307 al 1324) esercit funzioni di
inquisitore nella Francia sud- occidentale e che scrisse un libro di istruzioni su come
dovevano essere condotti gli interrogatori dei sospetti. Il manuale si occupa quasi
esclusivamente di catari, valdesi e "apostoli" adepti della povert volontaria, e dedica
solo poche pagine ai maghi e indovini e all' errore pestifero di incantesimi,
divinazioni e invocazioni di demoni. In linea di principio la faccenda gli sembrava
da liquidare come fantasie e false credenze dovute alla leggerezza di individui
superstiziosi, ma una maggiore attenzione era riservata ad alcune pratiche che
potevano suonare come offesa ai sacramenti della Chiesa; la formula di abiura
imposta a chi prometteva di desistere dai propri errori presupponeva che le pratiche
degli accusati avessero incluso a volte l'adorazione o la reverenza [di demoni]. La
10
parificazione fra magia e patto con il diavolo venne affermata pi frequentemente
dopo il 1350, ma dobbiamo attendere il XV secolo perch siano le donne a occupare
il centro dello scenario stregonesco, con la formazione della precisa dottrina delle
streghe, del loro patto con il diavolo e delle loro riunioni notturne denominate
"sabba". La dottrina in questione ebbe infine il crisma dell'ufficialit con la bolla
"Summis desiderantes affectibus", emanata il 9 dicembre 1484 da papa lnnocenzo
VIII. Nel 1488 due inquisitori domenicani, Heinrich Institor e Jakob Sprenger,
teorizzarono nel ponderoso volume Malleus maleficarum un preciso rapporto tra
l'inferiorit morale della donna e la sua propensione alla stregoneria.
Quattro anni dopo cominciava l"'et moderna" dei manuali di storia. Di fatto la caccia
alle streghe non un aspetto significativo del Medioevo, ma piuttosto del Ri-
nascimento o perfino dell'et cartesiana, cui siamo soliti collegare il fiorire della
modernit. Fu solo dopo il 1660 che i colti magistrati francesi, i quali si erano
riservati i processi di stregoneria, cominciarono a rifiutare di prendere in esame le
denunce.

Bibliografia di riferimento:
Il libro di R. Pernoud, Pour en finir avec le Moyen Age, Editions du Seuil, Paris
1977 (trad. it. Medioevo, un secolare pregiudizio, Bompiani, Milano 1983), un
eccellente antidoto all'idea di Medioevo compattamente oscuro, barbaro e
intollerante.
L'indagine svolta da S. Bertelli e I. Florescu ha prodotto il volume Corsari del
tempo. Quando il cinema inventa la storia, Ponte alle Grazie, Firenze 1993, una
puntigliosa contestazione degli errori commessi non solo per distrazione (le comparse
che portano l'orologio in film di ambientazione romana) da registi, sceneggiatori,
scenografi. Per i film medievali e in particolare per quel che riguarda la
rappresentazione di processi (compresi quelli ereticali) , torture, pene ed esecuzioni si
vedano il capitolo 3, "Mille anni al buio", pp. 136-174, e le pp. 220-230. Bertelli con-
cede tuttavia poco o niente alla specificit del linguaggio filmico e non ammette
alcuna esigenza diversa da quella dell'esattezza storica, ponendo cos sullo stesso
piano le molte varianti hollywoodiane sui cavalieri della tavola rotonda e il forte e
profondo Lancillotto e Ginevra di Robert Bresson. Sui due film discussi nel testo (Il
settimo sigillo e il Nome della rosa), si vedano F. Cardini, Il Medioevo nei films di
Ingmar Bergman, in Id., Minima mediaevalia, cit., pp. 413-420 e gli interventi di R.
Bordone, C. Segre in "I viaggi di Erodoto", n. 1, 1987. Di F. Cardini si veda inoltre
Medievisti di professione" e revival neomedievale, in op. cit., pp. 421-434.
Il Penitenziale di Burcardo di Worms stato edito in traduzione italiana con il titolo
A pane e acqua. Peccati e penitenze nel Medioevo. a c. di G. Picasso, G. Piana e G.
Motta, Europa, Novara 1986 (citazioni dalle pp. 82-84, 86-87). All'edizione della
parte pi sostanziosa del Manuale del!' inquisitore (Practica inquisitionis heretice
pravitatis) di Bernard Gui curata da G. Mollat, Champion, Paris 1926-27,2 voll., si
aggiunta recentemente la traduzione italiana con testo latino a fronte curata da N. Pi-
11
notti, C. Gallone edizioni, Milano 1998 (citazione da p. 191). La leggenda nera e la
realt storica il titolo del saggio introduttivo di F. Cardini, pp. XV-XXXVII.
Sulla stregoneria nel Medioevo, si vedano P. Brown, Magia, demoni e ascesa del
cristianesimo dalla tarda antichit al Medioevo, in M. Douglas (a c. di), La
stregoneria (1970), Einaudi, Torino 1980, pp. 51-81; N. Cohn, Il mito di Satana e
degli uomini al suo servizio, in ivi, pp. 35-49; R. Manselli, Le premesse medievali
della caccia alle streghe, in M. Romanelli (a c. di), La stregoneria in Europa, il
Mulino, Bologna 1975, pp. 39-62; R. Manselli, Magia e stregoneria nel Medio Evo,
Giappichelli, Torino 1976; A. Borst, Le origini della stregoneria nelle Alpi, in Id.,
Barbari, ereti ci, artisti nel Medioevo (1988), Laterza, Roma-Bari 1990, pp. 126-154;
G. Federici Vescovini, Stregoneria e magia cerimoniale nei secoli XIII e XIV, in
Aa.Vv. Stregoneria e streghe nell'Europa moderna, Pacini, Pisa 1996, pp. 23-47. Del
Martello delle streghe (Malleus maleficarum) di H. Institor e J. Sprenger si pu
leggere la traduzione italiana edita presso Marsilio, Venezia 1977.
Va osservato che la strega del film Il nome della rosa non un'invenzione del regista,
perch compare anche nel romanzo (Bompiani, Milano 1981), alla fine del Quarto
giorno. Eco pu approfittare della fortunata coincidenza fra l'anno di ambientazione
del romanzo (1327) e l'anno della costituzione di papa Giovanni XXII Super illius
specula (1326), il primo documento che faceva ricadere sorto la competenza degli
inquisitori le streghe. Come primo e ancora raro esemplare della sua specie, la "strega
inquisitoriale" del 1327 non pu perci essere considerata "normale".
3.3 Il Medioevo come civilt a s
L'idea di Medioevo nata come un insulto, un'invettiva, una denuncia, e, bench sia
stata talora convertita in un mito o in un ideale, tale prevalentemente rimasta. I
medievisti hanno cercato con successo di mostrare che l'oggetto dei loro studi non
corrisponde bene a nessun genere di idea preconcetta. Il Medioevo delle
periodizzazioni scolastiche per troppo lungo e diversificato per poter essere
esaurito con uno stereotipo negativo o con la sua confutazione. Si pu allora proporre
un terzo modo per "pensare" il Medioevo, considerandolo come una civilt a s,
ovvero come un'epoca a s nella storia della civilt. In questo caso bisogna cercare di
dimenticare il significato originario di "Medioevo" e conservare questa espressione
come un contrassegno abitudinario e convenzionale, lasciando alla storia della
storiografia le sue origini e tutta la susseguente polemica.
Ci convenuto, occorre ugualmente delimitare l'epoca, con la sua unit e i suoi
sottoperiodi, alla quale riservare la denominazione di Medioevo. A questo proposito
esistono gi usi consolidati. C' prima di tutto, analoga alla distinzione fra "alto" e
"basso" (nel senso di iniziale e finale) impero romano, quella fra alto e basso
Medioevo, segnata spesso dall'anno Mille e a volte dalla definitiva separazione fra
Chiesa cattolica e Chiesa ortodossa (scisma d'Oriente del 1054). Ma c' anche una
divisione triadica, adottata dagli storici inglesi e tedeschi e accolta spesso anche da
quelli italiani. In questo caso "alto" (high in inglese e hoch in tedesco) vale non come
"iniziale", ma come "pienamente sviluppato" e si ha allora la successione di "primo,
12
pieno e tardo Medioevo". In entrambi i casi va tuttavia chiarito se la scelta dei due
momenti di svolta (per esempio il 1000 e il 1300) ancora puramente convenzionale
o se invece intende affrontare la pi impegnativa e compromettente ricerca di una
periodizzazione sostanziale, relativa cio ai tempi di una determinata civilt, ovvero
sistema sociale, economico e culturale. "Civilt" pu, in effetti, sembrare un concetto
troppo vago o, al contrario, ben determinato e applicabile solo su scale temporali
molto pi ampie. Siamo con ci ri-mandati alla difficile questione dei rapporti fra
Antichit e Medioevo e fra Medioevo ed Et moderna come fasi di un'unica civilt
"occidentale", sulla quale avremo ancora qualcosa da dire nel prossimo paragrafo.
Limitiamoci per ora a riconoscere che non pochi studiosi sono piuttosto propensi a
considerare come una civilt a s il loro Medioevo. La definizione delle sue coor-
dinate temporali richiede prima di tutto di ridare un po' di vita a fossilizzate
convenzioni come quella "dal 476 al 1492" dei nostri manuali. I caratteri specifici
dell'epoca sono, quasi per definizione, quelli del pieno o "alto" Medioevo, dei secoli
XI-XIll. Intitolandosi La civilt dell'Occidente medievale, l'opera di sintesi pubblicata
nel 1969 da J acques Le Goff poneva appunto una specifica civilt come oggetto
della sua indagine e la delimitava spazialmente riferendosi all' "Occidente" (cosa che
lascia supporre che il Medioevo sia anche una ripartizione interna a un'entit pi
ampia). Dal punto di vista temporale, inoltre, pi di quattro quinti del libro erano
dedicati al periodo compreso fra il 950 e il 1330. Questo il Medioevo in senso
stretto. Esso ha naturalmente degli antecedenti, ma il suo "inizio" non pare
collocabile pi indietro del Vll secolo. La scoperta della "Tarda antichit", uno
specifico periodo della storia del mondo antico che si prolunga per diversi secoli, ha
scavalcato e cancellato il 476 e ogni altra cesura riferita al V secolo. Citando Paolo
Delogu, si pu dire che:
L'unit del Medioevo deve essere ravvisata non tanto nella permanenza invariata di
alcuni caratteri fondamentali, quanto nella coerenza della loro evoluzione, secondo
un andamento che pu essere considerato come una curva che parte molto in basso
tra vi e vii secolo, tende verso l' alto e raggiunge il culmine tra xii e xiii secolo, per
poi cambiare direzione volgendo verso il basso, senza per tornare ai livelli di
partenza ed anzi predisponendosi per un nuovo cambiamento di direzione verso la
fine del Quattrocento.
Lasciamo per ora in sospeso la questione della "fine del Medioevo" (ci torneremo nel
paragrafo 5). Un punto di estrema importanza da mettere in rilievo che, dopo aver
visto un Medioevo poco "medievale", il Medioevo che stiamo ora discutendo non
particolarmente "medio", n nel senso letterale, n in quello metaforico della
tradizione storiografica. "Medio" un termine relativo, che non pu fungere da
predicato semplice di un soggetto, cos come, per esempio, di una societ si dice che
industriale o agricola; la denominazione di "medievale" presuppone tre termini, l'et
di mezzo, l'antichit e il rinasciment,o modernit. Anche se per affezione
continuiamo a parlare di Medioevo, vedere quell'epoca come una civilt a s
comporta parlare del suo inizio senza riferirsi all' Antichit. Prima, nei secoli III-VII,
13
il mondo antico si trasform e scomparve; poi, stabilitesi fra il 700 e il 950 le
condizioni di un nuovo inizio (secondo l'espressione di Aldo Schiavone gi ricor-
data nella nota bibliografica in fondo al paragrafo 6 del capitolo 2), venne la civilt
del tutto originale del Medioevo.
Vicolo cieco o falsa partenza, il mondo antico si arrest di fronte ai propri "limiti
dello sviluppo" economici e tecnologici, determinati in parte dalla schiavit e in parte
dal modo in cui si configuravano le attivit degne di uomini liberi. Nel suo nuovo
inizio, il Medioevo prima di tutto un mondo scarsamente popolato e dominato dalle
foreste e dalle paludi. Ma questo precario nuovo inizio fa da fondamento a
un'originale civilt, con la sua vitalit demografica e il suo sviluppo agricolo e
urbano, con i suoi aratri pesanti, i mulini ad acqua e a vento, gli archi rampanti, gli
orologi meccanici, gli occhiali, i telai a pedali, con la sua abbondante (relativamente
al mondo antico) produzione di ferro, con i suoi tre secoli di espansione sulla
frontiera dell'Europa centro-orientale e la sua rivoluzione commerciale e nautica del
XIII secolo. notevole il fatto che ai secoli XI-XIV appartengono la grande mag-
gioranza se non la totalit dei motivi istituzionali e culturali che vengono
comunemente associati all'immagine positiva del Medioevo: l'urbanesimo, i comuni,
la cultura cittadina, la letteratura cavalleresca, le universit, la ricerca filosofica e
scientifica."
vero che a questo Medioevo appartengono, oltre alla cavalleria e alle crociate,
anche fenomeni sui quali grava una cattiva fama: il feudalesimo e la servit,
l'Inquisizione e la caccia all'eretico, i pogrom antiebraici. Ma alla fine bisogna anche
riconoscere che fra il Medioevo oscuro e quello luminoso esistono rapporti molto
complessi. La cattedrale gotica, summa dell'intera civilt, non precisamente
un'oscurit squarciata dalla luce, uno sforzo per togliere il peso alla bruta materia?
La natura propria della civilt medievale viene misconosciuta tutte le volte che si
impone il linguaggio fuorviante della "rinascita" dopo il Mille, della "ripresa" della
popolazione, delle citt, dell'economia, dei commerci (in questa prospettiva il
"rinascimento" diventa un fenomeno plurisecolare, concluso nel XV secolo dal
Rinascimento in senso stretto, quello delle lettere e delle arti). Quanto compare fra il
X e il XI secolo invece una realt nuova, diversa da quella che esisteva "prima", nel
mondo antico. Questo va verificato non semplicemente mettendo a paragone
Antichit e Medioevo per stabilire chi dei due ha raggiunto le migliori prestazioni in
fatto di sviluppo demografico, economico o tecnologico; l'Europa medievale risulta in
molti casi vincente, ma rispetto al Mediterraneo ellenistico e romano non ha mai
avuto citt della taglia di Roma o Alessandria o strutture paragonabili agli acquedotti
e alle strade romane. Pi interessante invece rimarcare la diversit qualitative fra le
due civilt.
Ci soffermeremo brevemente su due esempi di caratteri specifici della civilt
medievale, cominciando con il caso della rete urbana e delle citt. Un primo
confronto, che tenga conto delle citt romane scomparse e di quelle medievali del
tutto nuove, mostrer che le due reti non coincidono. Ma anche nei casi di continuit
fra i due sistemi urbani, questa si rivela piuttosto apparente non appena andiamo a
constatare che le maggiori citt dell'Europa medievale, a cominciare da quelle
14
italiane, erano per lo pi centri secondari in epoca romana. Ancora pi importante
la comparazione fra la citt antica e quella medievale dal punto di vista delle loro
funzioni e del ruolo della cittadinanza. La citt antica era prima di tutto una citt
politica, mentre dal punto di vista economico si configurava pi come un centro di
consumo e di residenza che di produzione. Una parte delle attivit produttive e
commerciali era lasciata agli schiavi e agli stranieri; per gli uomini liberi la loro veste
di cittadini restava in ogni caso qualcosa di distinto dalla loro veste di produttori. La
citt medievale riusc invece a integrare le sue funzioni politiche ed economiche. Non
solo essa dette pari dignit alla piazza economica e a quella politica (aggiungendovi
come terza e distinta quella religiosa), ma fece derivare il ruolo di cittadino
direttamente da quello di soggetto economico, richiedendo l'iscrizione a un'arte come
prerequisito per l'esercizio pieno delle funzioni di cittadinanza. D'altra parte, per gli
antichi la cittadinanza era legata all'idea di uguaglianza fra tutti i liberi (pi o meno
numerosi) che godevano di questo diritto; il "popolo" delle citt medievali non era
invece un insieme di individui, ma (come ha ben messo in rilievo Pietro Costa) un
insieme di insiemi (quartieri, consorterie, conjurationes, corpi, arti, "universit",
confraternite). Come tutte le libert medievali, anche la cittadinanza era concepita
come un privilegio, uno status eccezionale, che escludeva tutti coloro che vivevano
fuori delle mura, nel contado, ed era riservato a una parte ristretta degli stessi
residenti in citt.
Non c' bisogno di una lunga discussione per collegare il feudalesimo al Medioevo. I
due termini (che si scambiano cos le loro implicazioni negative) vengono di solito
identificati fmo a rendere il feudalesimo una presenza piuttosto invadente: nel
Medioevo lunga la lista delle cose da qualificare come "feudali", i castelli, i signori,
le guerre, la servit, i privilegi e, a coronamento, l'anarchia. Valga quel che diceva
Condorcet, che trovava le espressioni anarchia feudale e tirannia feudale come i
nomi pi adatti a rappresentare la sostanza della sua sesta epoca (Abbozzo di un
quadro storico, pp. 80 e 90). I confini temporali di questo Medioevo feudale sono
molto incerti e a volte esso risulta persino pi ampio di quello lungo mille anni dei
manuali di storia. Nello schema marxista di periodizzazione si ha direttamente un
passaggio dalla societ schiavista a quella "feudale", che equivalente in pratica a
quella "servile". Ma sono innumerevoli gli storici che hanno proposto una datazione
molto alta del feudalesimo, riferendosi a fenomeni gi in atto nel IV secolo, come
l"'accasamento" degli schiavi e la trasformazione delle grandi propriet in villae
relativamente autosufficienti, gi prossime alle signorie di seicento anni dopo. Nel
saggio gi citato precedentemente (capitolo 2, paragrafo 6) Max Weber afferm che
lo sviluppo della societ feudale era gi nell'aria nella tarda et imperiale (p. 134) e
consider un lontano prodromo dd feudo l'assegnazione di terre, secondo criteri di
una completa economia naturale, alle truppe che sorvegliavano i confini (p. 140).
In un senso pi stretto il feudalesimo deve almeno presupporre il feudo ed perci
pi frequente che esso venga fatto decorrere dal VII-VIII secolo. Quel che in ogni ca-
so parso indubbio a molte generazioni di storici la sua precedenza cronologica
rispetto alla "rinascita" della citt, cos da poter leggere il filo delle vicende
successive al Mille come una lotta fra aristocrazia feudale e borghesia comunale.
15
Collocare invece l'epoca della "mutazione feudale" proprio nei decenni attorno al
Mille, e vederla come un fenomeno parallelo alla nascita delle citt, conduce in un
certo senso a riabilitare il feudalesimo e a farne un'originale "invenzione" del
Medioevo. Il feudalesimo fu anche una risposta a suo modo efficace a un'anarchia di
cui non era l'unico responsabile, divenendo un principio di riorganizzazione del
territorio e dell'economia che, e sempre a suo modo, produsse sicurezza e si intrecci
positivamente con lo sviluppo della popolazione, dell'agricoltura e dell'economia
degli scambi.

Bibliografia di riferimento
Alla periodizzazione interna del Medioevo sono dedicati i contributi al volume di P.
Delogu (a c. di), Periodi e contenuti del Medioevo, Il Ventaglio, Roma 1988.
Considerazioni molto sensate sui criteri di delimitazione nd tempo della societ
medievale sono state svolte dallo stesso Delogu nel paragrafo "Unit e variet
dell'epoca medievale" della sua Introduzione allo studio della storia medievale, il
Mulino, Bologna 1994, pp. 65-72 (la citazione nel testo tratta dalla p. 72). La civilt
dell'Occidente medievale di J. Le Goff, comparsa originariamente nella collezione
"Le grandi civilt", Arthaud, Paris e Sansoni, Firenze 1969, stata riedita nd 1981
presso Einaudi, Torino.
Esagerando leggermente, J. Gimpel ha intitolato La rvolution industrielle au Moyen
Age il suo libro sulle innovazioni tecniche dei secoli medievali, Editions du Seuil,
Paris 1975. Gli occhiali per correggere la presbiopia furono inventati verso il 1285. I
primi orologi meccanici comparvero in questo stesso periodo. Il mulino ad acqua
un'invenzione antica, ma fu l'Europa medievale ad attuare, oltre a una diffusione su
larga scala, la sua conversione da strumento per macinare il grano a macchina
industriale, per fabbricare la carta, frantumare i minerali grezzi, tagliare il legno,
follare i tessuti. Di quest'ultimo uso si occupa P. Malanima, I piedi di legno, Angeli,
Milano 1988.
Il gotico ha scritto O. von Simson pu essere descritto come un'architettura
trasparente, e ancora: Se il verticalismo gotico sembra ribaltare il movimento di
gravit, la finestra a vetrate colorate, per analogo paradosso estetico, nega in
apparenza l'impenetrabilit della materia, traendo la sua esistenza visiva da un'energia
che la trascende (La cattedrale gotica. Il concetto medievale di ordine, 1962, il
Mulino, Bologna 1988, p. 14). Nd suo celebre libro Architettura gotica e filosofia
scolastica (1951), Liguori, Napoli 1986, E. Panofsky ha esaminato i caratteri di
razionalit comuni alle cattedrali e alle summae: totalit, disposizione sistematica di
parti omologhe, divisioni e suddivisioni, cogenza deduttiva.
Per il confronto fra l'urbanesimo romano e quello medievale in Italia da consultare
il ricco dossier raccolto da E. Sestan in La citt comunale italiana dei secoli XI-XIII
nelle sue note caratteristiche rispetto al movimento comunale europeo (1960), ora in
Id., Italia comunale e signorile, Le Lettere, Firenze 1989. Su scala europea, si veda J.
Reers, La citt nel Medioevo (1990), Jaca Book, Milano 1995. Per il confronto in
termini socioculturali fra la citt antica e quella medievale bene tornare alle analisi
16
di M. Weber in Economia e societ (1922), Ed. di Comunit, Milano 1974, vol. Il,
pp. 530-679, pubblicate anche a s con il titolo La citt (1920), Bompiani, Milano
1979. Sulla cittadinanza medievale, si veda P. Costa, Civitas. Storia della
cittadinanza in Europa, vol. I, Laterza, Roma-Bari 1999, cap. 1, specie pp. 9-11. La
contrapposizione fra citt antica consumatrice e quella medievale (e moderna)
produttrice incontra comunque parecchie eccezioni; viene del tutto negata da A.
Carandini, Manifatture rurali e urbane, in Id., Schiavi in Italia, cit., pp. 327-338.
La tesi di una "rivoluzione feudale" awenuta in Francia alla fine del X secolo stata
argomentata da G. Duby in Una societ francese nel Medioevo. La regione di Mcon
nei secoli XI e XII (1953), il Mulino, Bologna 1985. Sui dibattiti attorno al
feudalesimo si vedano: J.P. Poly, E. Boumazd, Il mutamento feudale. Secoli X-XII
(1980), Mursia, Milano 1990; G. Sergi, Lo sviluppo signorile e l'inquadramento
feudale, in La Storia, Il. Il Medioevo, diretta da N. Tranfaglia e M. Firpo, Utet,
Torino 1988, pp. 369-393; D. Barthelmy, La mutation de l'Am Mil a-t-elle eu lieu?,
Fayard, Paris 1997.

3.4 il Medioevo e la nascita dell'Europa
Trattare il Medioevo come una civilt a s non dispensa dal confrontarsi con la
domanda pi impegnativa se il Medioevo sia anche un periodo interno a una pi
ampia unit storica. Mentre il rapporto fra modernit/rinascimento e antichit
prevalentemente di natura culturale (e pi nel senso di "cultura dotta" che in quello
storico-antropologico), quelli fra antico e medievale e fra medievale e moderno
richiedono invece un esame di tipo sostanziale.
Del passaggio fra Antichit e Medioevo si gi detto che esso comporta una rottura
di continuit: cosa che resta vera sia che pensiamo a rotture catastrofiche (le inva-
sioni germaniche o la serie di epidemie di peste bubbonica cominciata nel 541), sia
che pensiamo a una lunga fase intermedia quale si configura la Tarda antichit. In en-
trambi i casi sono ampiamente provati fenomeni come la riduzione della popolazione
e il mutamento del regime demografico, la disurbanizzazione e il degrado del pae-
saggio rurale. A marcare la discontinuit bisogna aggiungere la profonda
trasformazione della carta etnolinguistica dell'impero romano e dell'intera
Europa avvenuta fra il V e il VIII secolo, con le migrazioni germaniche, slave, arabe
e berbere (cui dobbiamo aggiungere la coda del X- XI secolo, con le migrazioni
scandinave e magiare). Un'attenzione particolare deve inoltre essere prestata al fatto
che l'impero romano era stato in certo modo un punto di arrivo della storia del mondo
antico, non diciamo creando ma certo consolidando una civilt relativamente unitaria
nell'ambito del Mediterraneo. All'impero furono annesse regioni via via pi estranee a
questo teatro originario, fino al caso estremo della Britannia, ma la sua struttura
fondamentale rest sempre l'unit del Mediterraneo. Tale unit era limitata
dall'esistenza di due lingue ufficiali (il latino e il greco) e di molte lingue locali non-
ch dalle molteplici differenze che permasero fra Occidente e Oriente; ma questi
limiti pesavano solo fino a un certo punto, perch il bilinguismo e il polilinguismo
17
erano diffusi e perch i movimenti di persone, merci e idee fra le diverse parti
dell'impero erano intensi e non incontravano frontiere di nessun genere.
Pur essendo riuscito ad annettere gran parte del continente europeo, portando il
proprio confine fino alla linea Reno-Danubio, l'impero romano continuava a restare
politicamente ed economicamente centrato sul Mediterraneo. Nel II secolo d.C. le
province imperiali situate in Europa (nel senso geografico dell'espressione)
rappresentavano pi dei due terzi del territorio totale, ma meno della met della
popolazione. Se ci riferiamo alla parte propriamente mediterranea dell'impero,
comparandola alla sola Europa continentale, troveremo che il suo peso territoriale,
demografico, economico e politico era ancor pi nettamente preponderante. In queste
condizioni si capisce perch sia storicamente sensato ricondurre, come faceva Henri
Pirenne, il passaggio dall' Antichit al Medioevo alla fine della civilt mediterranea e
alla nascita di una civilt europea e vedere quindi nel Medioevo stesso il primo vero
atto della storia dell'Europa. In altre parole, la fine dell'impero romano e del mondo
antico comport anche la separazione dell'Europa continentale geografica dai destini
del Mediterraneo e l'emergere di un'Europa come nuova area di civilt.
Questo fatto va tenuto presente da chi fosse portato a vedere, pi di quanto sia lecito,
l'Europa come erede universale del mondo antico. In realt fra il IV e l'VIII secolo il
Mediterraneo si divise in tre parti, quella latina, quella greca e quella araba; se vero
che la disponibilit della civilt islamica ad accogliere elementi di quella antica fu li-
mitata ad alcuni aspetti della filosofia e della scienza e si esaur nel giro di quattro
secoli, invece difficile dire quale delle altre due ha pi diritto a rivendicare l'eredit
antica. Cos pure, difficile attribuire maggiore autenticit a una o all'altra delle due
confessioni cristiane, quella cattolico-romana, adottata dall'Europa occidentale, e
quella greco-ortodossa (anche senza considerare le altre chiese cristiane, quelle
monofisite e nestoriane). D'altra parte, la stessa saldatura fra Europa e Mediterraneo
latino stata complessa e problematica fino a tempi relativamente recenti. Volendo
esprimere in maniera molto schematica che cosa costituisce la prima identit culturale
dell'Europa dovremmo indicare una miscela composta da un terzo della civilt antica,
da meno della met della religione cristiana e infine dal contributo germanico.
La nascita dell'Europa non pu peraltro ridursi solo a un dosaggio di questi tre
elementi, ma va ricondotta anche ad altri fattori. Henri Pirenne invit a tener conto di
quelli di ordine geografico-ambientale. Diversi aspetti della sua tesi su "Maometto e
Carlo Magno" (senza Maometto Carlo Magno inconcepibile), proposta anche
prima di far da titolo all'opera postuma del 1937, non possono reggere di fronte ai
fatti che la contraddicono. In primo luogo, anche se accettiamo di assolvere le
invasioni germaniche dal ruolo di fattore catastrofico nella storia finale del mondo
antico, non possibile affermare che le strutture di fondo di questo mondo erano
ancora sostanzialmente intatte al principio del VII secolo. La stessa "rottura dell'unit
mediterranea" era cominciata prima di Maometto e non pu essere considerata l'unica
causa del disfacimento del mondo antico. Infine Pirenne dava troppa importanza al
solo aspetto commerciale di quella rottura, che era stata peraltro meno prolungata e
drastica di quanto egli pretendeva. Ma accettare queste correzioni certo non marginali
non significa anche dover respingere la parte davvero essenziale della tesi di Pirenne,
18
quella che contrappone l'impero romano e in genere il mondo antico mediterraneo
(la vita si concentra intorno alle rive del grande lago [...]. A misura che ci si
allontana dal mare, la civilt si va rarefacendo) al Medioevo europeo e continentale
(l'Occidente fu imbottigliato e costretto a vivere su se stesso, in condizioni di vaso
chiuso).
Fra i molti caratteri di questo spazio di civilt europeo colto ai suoi albori dell ' VIII -
IX secolo vi sono certamente il cristianesimo e il tentativo di ricollegarsi, con
l'impero e la cosiddetta "rinascenza carolingia", alla prestigiosa tradizione politica e
culturale del mondo romano. Ma bisogna evitare di affrettare troppo i tempi, parlando
di nascita dell'Europa gi con Carlo Magno e con la sua renovatio dell'impero
cristiano. Roberto S. Lopez ha fatto notare che fra il progetto imperiale carolingio e
l'immagine corrente dell'Europa esistono due differenze fondamentali: Oggi chi dice
Europa non pensa a una confessione unitaria o uno stato universale. Lo stesso
impero romano, con le sue autonomie municipali e la sua cultura urbana, era stato
meno compattamente "imperiale" degli imperi dell'Oriente antico. L'identit politico-
culturale dell'Europa fu in ogni caso trovata pi con l'unit religiosa (cos che
l'Europa si chiam prima di tutto "Cristianit") che con i vari e falliti tentativi di
unificazione imperiale, da Carlo Magno a Carlo V. Dal punto di vista politico tale
identit si manifesta lungo tutta la storia europea come la presenza contemporanea di
stati dalle pi diverse dimensioni e forme, regni, principati, repubbliche, stati
cittadini, confederazioni. Questa configurazione si costitu precisamente sulle
macerie del dissolto impero carolingio e si afferm nei secoli del pieno Medioevo,
riuscendo poi a sopravvivere a tutti i tentativi egemonici che si sono succeduti nel-
l'et moderna. Dalla met del xvii secolo il principio religioso pluriconfessionale e
quello politico dell'equilibrio fra molti stati divennero elementi essenziali della
"costituzione materiale" della complessiva "repubblica europea".
Un altro carattere dell'identit europea quello della separazione fra potere politico e
potere religioso. Nessun impero europeo fu stabilmente costituito perch, da una
parte, il cristianesimo non riusc mai a ridursi al supporto teocratico del potere
politico e, dall'altra, i sovrani rivendicarono il valore autonomo delle loro funzioni
secolari di pace e giustizia rispetto a quelle di salvezza per la vita eterna proprie della
Chiesa. La fine dell'impero carolingio comport anche il progressivo estinguersi delle
sue pretese teocratiche, se mai vi sono state, ma anche da altri punti di vista che
importante prendere atto del suo rivelarsi un gigante dai piedi d'argilla, cos che
(ancora con le parole di Lopez) non si pu chiamare preludio d'Europa quello che
pi esattamente va definito come una falsa partenza. La vera alba europea va vista
pensando ad altri caratteri essenziali di questo nuovo mondo. Esso fu una civilt di
pionieri e dissodatori, che part da basi quasi esclusivamente rurali e si dette spiccate
strutture comunitarie (che la differenziano dalla propriet agricola pi individualista
dell'antico mondo mediterraneo), procedendo allo stesso tempo a creare un
urbanesimo originale, molto diverso da quello del mondo antico. L'opera di Carlo
Magno possiede una sua grande e duratura importanza, che ne fa un momento
effettivo della storia dell'Europa, ma come tentativo di definire uno spazio politico fu
troppo in anticipo sulla costruzione di uno spazio materiale. L'avvio con successo
19
della creazione dell'Europa rurale riusc invece precisamente sul fallimento del
precoce esperimento carolingio, a cominciare, prima che dal troppo simbolico anno
Mille, dalla seconda met del X secolo. Cade opportuna qui l'osservazione che il
successo di questa civilt rurale dipese anche dall'affermazione del "feudalesimo" ,
ovvero della signoria terriera, con le sue forme di organizzazione economica e
politica del territorio. La crisi etnica ininterrotta dei secoli V-VIII, la falsa
partenza dell' et carolingia e la ricostruzione dal basso cominciata con
l'affermazione del feudalesimo (secondo le espressioni di Stefano Gasparri e Roberto
S. Lopez) fanno tutte parte, come prologo a scena chiusa, introduzione e primo
effettivo atto della storia d'Europa. E' superfluo avvertire che questa lettura della
storia del Medioevo non deve essere forzata, creando l'illusione di scorgere gi nella
carta dei popoli e dei regni del IX o anche del XII secolo gli stati nazionali
dell'Europa moderna. L'atto di nascita delle nazioni europee non sta nel giuramento di
Strasburgo dell'842 e cos pure le "nazioni" delle universit europee o anche dei
concilii ecumenici non hanno niente a che fare con le nazioni nel senso ottocentesco
della parola. La Germania fu a lungo solo la "Francia (nel senso di regno dei Franchi)
orientale"; per parecchi secoli la "Francia" corrispose solo a una parte non grande
della Gallia a nord della Loira. Come ha ben mostrato Yves Renouard, ancora al
principio del XIII secolo molti tratti decisivi della futura Europa occidentale
restavano assai incerti: la Spagna meridionale era pi legata al Marocco che
all'Europa; in Inghilterra la dinastia regnante parlava il franco-normanno e stava per
consolidare l'unione fra i domini normanni e inglesi e quelli posseduti sul lato
atlantico della Francia; i legami fra la Catalogna e la Linguadoca erano ben pi forti
di quelli che l'una e l'altra avevano con la Spagna e con la Francia. Strade ben diver-
se da quelle che sarebbero state seguite verso gli stati e le nazioni europee erano
ancora del tutto aperte e lo sarebbero rimaste fino al XIV e anche fino al XV secolo.
L'unione Castiglia-Portogallo poteva realizzarsi al posto di quella Castiglia-Aragona
e lo stesso vale per quella tra Borgogna e Paesi Bassi al posto di quella tra Francia e
Borgogna.

Riferimenti bibliografici:
Sui limiti dell'unit linguistica del mondo romano, si vedano E. Campanile, Le lingue
dell'impero, in Storia di Roma diretta da A. Momigliano e A. Schiavone, vol. IV,
Caratteri e morfologie, Einaudi, Torino 1989, pp. 679-691 e C. Mango, La civilt
bizantina (1980), Laterza, Roma-Bari 1991, cap. 1, "Popoli e lingue".
Al libro di H. Pirenne, Maometto e Carlomagno (1939), Laterza, Bari 1969 (le
citazioni sono tratte dalle pp. 225, 3-4, 276), ancora legato l'intervento
particolarmente stimolante di G. Petralia, A proposito dell'immortalit di "Maometto
e Carlo Magno" (o di Costantino), in "Storica", 1995, n. 1, pp. 37-87.
Il Medioevo viene presentato spesso in termini di "nascita dell'Europa", ma con
angolature tematiche e demarcazioni cronologiche molto diverse. C. Dawson, La
nascita dell'Europa (1939), il Saggiatore, Milano 1969, affermando che bene ri.
cordare che l'unit della nostra civilt non poggia soltanto sulla cultura laica e sul
20
progresso materiale degli ultimi quattro secoli e che bisogna saper risalire oltre i
trionfi superficiali della civilt moderna (p. 334), tratt il periodo V-XI secolo e
dette un'importanza cruciale alla formazione della cristianit occidentale L. Febvre,
L'Europa. Storia di una Civilt (1944.45), Donzelli, Roma 1999, dedic gran parte
del suo corso universitario rimasto a lungo inedito al tema "l'Europa sorge quando
l'impero romano crolla", R.S. Lopez, La nascita dell'Europa. Secoli V-XIV, Einaudi,
Torino 1966 (citazione da p. 107) port la sua esposizione fino al principio del XIV
secolo. Alla questione Nascita dell'Europa ed Europa carolingia: una equazione da
verificare stata dedicata la XXVII settimana di studi del Centro italiano sull'alto
Medioevo, Spoleto 1981. R. Fossier, Enfance de l'Europe, Puf, Paris 1982, che
concorda con Lopez nel negare a Carlo Magno il ruolo di "padre dell'Europa", si
concentra sui secoli X-XII. M. Banniard, La genesi culturale dell'Europa (1989),
Laterza, Roma-Bari 1994, pone l'oggetto specifico della sua indagine nel periodo
compreso fra il 400 e l'800, a cavallo fra la Tarda antichit e l'alto Medioevo. J. Le
Goff intervenuto due volte sul tema, con L'Europa medievale e il mondo moderno,
Laterza, Roma-Bari 1994 e Il Medio Evo. Alle origini dell'identit europea, Laterza,
Roma-Bari 1996. La storia del termine "Europa", da espressione puramente
geografica a nome di una peculiare civilt, stata oggetto di una serie di opere che
mantengono la loro importanza anche al di fuori del particolare momento in cui
furono scritte, i dibattiti europeisti all'indomani della Seconda guerra mondiale: F.
Chabod, Storia dell' idea d'Europa, Laterza, Bari 1961; C. Curcio, Europa, storia di
un'idea, Vallecchi, Firenze 1958; D. Hay, Europe, the Emergence of an Idea,
Edinburgh University Press, 1957, 1968; J.B. Duroselle, L'idea d'Europa nella storia,
Milano Nuova, Milano 1964.
Sul rapporto fra nazioni medievali e nazioni moderne, si vedano K.F. Werner, Les
nations et le sentiment national dans l'Europe mdivale, in "Revue Historique",
1970, t. 244, pp. 285-304 e S. Gasparri, Prima delle nazioni. Popoli; etnie e regni fra
Antichit e Medioevo, La Nuova Italia Scientifica, Roma 1997, il lavoro di Y.
Renouard ricordato nel testo 1212-1216. Comment les traits durables de l'Europe
occidentale moderne se soni dfinis au dbut du XIII sicle (1958), in Id., Etudes
d'histoire mdivale, Sevpen, Paris 1968, vol. I, pp. 77-91.
3.5 Il lunghissimo Medioevo: il concetto di Ancien Rgime
Quando finisce il Medioevo? Presa alla lettera e nella sua forma pi generale, la
domanda non ha alcun senso. Riusciamo a dargliene uno se abbandoniamo la vaga
idea di et di mezzo e leghiamo il termine "medioevo" solo a processi storici
deteminati avvenuti a partire dal X secolo, come la conquista del territorio rurale, la
crescita demografica, urbana, economica, e a determinati caratteri culturali, sociali,
politici. Di questa ben individuata realt storica, l'Europa medievale, possiamo dire
che cominci a volgere al tramonto quando ancora era intenta a progettare un futuro
ottimista e grandioso.
21
Alcuni esempi che spesso vengono ricordati non possono fare a meno di
impressionare. Vediamo per primo quello di Firenze. Nel 1284, supponendo che il
grande sviluppo economico e demografico della citt fosse destinato a continuare, le
autorit comunali ordinarono la costruzione di una nuova cerchia muraria, che port
la superficie urbana da 97 ettari (ai quali vanno per aggiunti i numerosi borghi sorti
fuori delle vecchie mura) a 630 ettari. I lavori furono completati nel 1333, quando
Firenze doveva contare circa 100mila abitanti, ma la pi ampia superficie rest
totalmente non edificata e occupata solo da orti e giardini; dopo essere stata
dimezzata dalla peste del 1348, la popolazione oscill per quattro o cinque secoli fra
le 40 e le 80mila unit e il livello del 1330 fu superato solo dopo il 1830. Un secondo
esempio quello di Siena al principio del Trecento. Negli anni trenta il governo co-
munale commission ad Ambrogio Lorenzetti l'esecuzione del celebre affresco sugli
Effetti del buon governo, che mostrava fra l'altro i segni della vitalit edilizia della
citt. Allo stesso tempo il comune decise di intervenire ancora sul duomo, che era
appena stato soggetto ai lavori di ampliamento conclusi a fine Duecento con la
costruzione. della facciata; la vecchia cattedrale sarebbe ora diventata solo il transetto
di una assai pi grande. Ma anche in questo caso l'immagine del futuro si rivel
ingannatrice; la prima fase del progetto, la ristrutturazione della piazza, dovette essere
abbandonata nel giro di pochi anni.
Sull'orizzonte del breve periodo, in entrambi i casi gli insuccessi sono da ricondurre
agli effetti della peste del 1348. Ma a sua volta la peste un aspetto della "crisi ge-
nerale" del Trecento, cominciata gi prima del 1348 e proseguita oltre i termini
cronologici del secolo, fino alla met del Quattrocento e oltre. Preso nel suo insieme
il periodo 1300-1450 o anche 1300-1500, il "basso Medioevo" delle periodizzazioni
triadiche dell'intero Medioevo, si presenta come una sorta di terzo e ultimo tempo
rispetto alla ricerca di un "nuovo inizio" del VII-X secolo e alla vera e propria civilt
medievale del X-XIV secolo. Questo basso Medioevo appare inoltre come un
"autunno", un periodo che si dilunga cos interminabilmente da assumere quasi
caratteri propri: nella prospettiva dell'analisi culturale di Johann Huizinga, il sogno
di una vita pi bella che deve coprire i toni crudi della vita.
Le carestie, la peste e le guerre riassumono i bene i "toni crudi" dell'epoca. A essi
dobbiamo aggiungere i disordini sociali nelle campagne e nelle citt e la diffusione di
movimenti di panico e angoscia collettiva. Fra questi aspetti esistono sicuramente
concreti rapporti, cos da fame un sistema unitario della catastrofe, ma non fino al
punto da far scomparire la loro specificit. La peste fu un fenomeno esogeno alla
storia dell'Europa e quasi alla storia come tale. li sistema pulce-bacillo della peste,
che si install fra i roditori delle steppe centroasiatiche e coinvolse la storia umana
solo accessoriamente, divenne endemico in alcuni climi asiatici ma non in Europa,
dove ogni epidemia dovette essere reimportata dall'Oriente. In secondo luogo il grado
di letalit della peste del tutto indipendente dalle condizioni delle societ nelle quali
viene a imbattersi; se l'epidemia fosse comparsa nel pieno del pi felice secolo XIII
non avrebbe avuto effetti molto meno funesti.
Diverso invece il discorso che si deve fare per le carestie, che non sono
riconducibili solo al fattore, ugualmente esogeno, del peggioramento climatico
22
cominciato nel XIV secolo. in esse he la civilt medievale mostr di aver
raggiunto i limiti del proprio sviluppo. Questo problema stato spesso presentato in
termini di rapporto fra popolazione e risorse primarie, secondo un semplice modello
malthusiano di maggiore crescita della prima rispetto alle seconde. Se siamo restii ad
attribuire alla popolazione il ruolo di variabile indipendente, possiamo invece
chiederci perch a un certo punto la societ medievale non fu in grado di aggiungere
una crescita intensiva a quella estensiva perseguita con successo per tre secoli. In
ogni caso difficile sottrarsi all' ammissione che accanto ai limiti posseduti in quanto
societ feudale, l'Europa medievale era soggetta a quelli posseduti in quanto societ
preindustriale agricola. Appartiene ai primi il modo con cui l'aristocrazia cavalleresca
reag di fronte alle trasformazioni, come il maggior potere dei re e la diffusione del-
l'economia monetaria, che la stavano emarginando; essa accrebbe la sua pressione sul
mondo contadino e partecip con comportamenti sempre pi banditeschi alle guerre
del XIV e XV secolo. Rimanda ai secondi ci che Archibald R. Lewis, trasferendo al
Medioevo europeo un concetto creato per la storia nordamericana, ha comples-
sivamente chiamato chiusura della frontiera. Nei secoli X-XIII la frontiera esterna
dell'Europa era avanzata continuamente, a occidente con la riconquista spagnola e a
oriente con i movimenti di colonizzazione nella regione fra Elba e Oder e poi in
quella baltica. I limiti di questa frontiera furono raggiunti con la fine della
reconquista e con la temibile installazione dei mongoli a est della linea Cracovia-
Transilvania. I limiti della frontiera interna si avvicinarono quando la crescita della
superficie coltivata prese a minacciare le essenziali fonti energetiche di una societ
preindustriale: i pascoli naturali, dai quali dipendeva la forza motrice bovina ed
equina dei suoi aratri, e i boschi, dai quali dipendevano le sue costruzioni edilizie e
navali, le attivit produttive di ogni genere, il riscaldamento, la cottura dei cibi.
Questo modello di spiegazione non privo di punti deboli; va notato in particolare
che, se anche la crisi del basso Medioevo cominci come chiusura della frontiera, si
mantenne poi in condizioni ben diverse da quelle di partenza, perch l'Europa
posteriore al 1380, con la popolazione permanentemente ridotta di un buon terzo, non
era pi quella del 1300, prossima alle grandi carestie del 1315-1345. In ogni caso, il
punto essenziale di questa discussione che la crisi trecentesca dell'Europa medievale
ben diversa dalla fine del mondo antico, perch nonostante i suoi aspetti catastrofici
essa resta una fase interna alla storia dell'Europa. Preso nel suo insieme il basso Me-
dioevo condusse a rendere in gran parte obsoleto quel che aveva caratterizzato la
civilt medievale, a partire dagli stati cittadini, dal feudalesimo (inteso come
frammentazione locale dei poteri pubblici) e dalla cavalleria, che dovettero cedere di
fronte alle nuove istituzioni politiche e militari degli stati regionali e delle monarchie
nazionali. Tutto questo e altro ancora viene normalmente classificato sotto la
denominazione di "moderno" e ci ha indubbiamente le sue ragioni. Ma per altri e
non secondari aspetti il basso Medioevo anche una fase di un lunghissimo
"medioevo" che si prolunga fino al Settecento, fino alla Rivoluzione francese e anche
oltre. Il terzo tempo dell'et medievale innanzitutto il primo tempo del periodo
1350-1700 (e oltre), un altro esempio, accanto al Tardoantico, di periodizzazione
costruita proprio ignorando il confine fra le et della tradizionale storia tripartita, cos
23
da far perdere il suo risalto alla canonica "et moderna". L'unitariet di questo
periodo data dalla ripetizione di due cicli che si presentano con caratteri di forte
comparabilit: al ciclo medievale concluso dalla crisi del Trecento segue un nuovo
ciclo, con il ramo ascendente dello sviluppo economico e demografico cin-
quecentesco e la nuova crisi generale del Seicento, ancora segnata dalla triste
associazione di carestia, peste (e altre epidemie) e guerra. .
Il XVII secolo stato per gli storici il terreno di scoperta e verifica delle singole
periodiche "crisi di antico regime", oggetto di studio congiunto di economisti e demo-
grafi. In esse una carestia alle origini di una crisi economica, che dall'agricoltura si
estende alle manifatture e alle attivit finanziarie, e di una crisi di "mortalit", che
variamente connessa con le epidemie dei tempi difficili (tifo, gastroenteriti) e con la
peste. Ci che produce una crisi generale il ripetersi con intensit maggiore, a di-
stanza pi ravvicinata e in connessione con grandi guerre, di tali "crisi di antico
regime". La disponibilit di documenti demografici ed economici permette di
rintracciarle pi facilmente nel XVII e anche nel XVI secolo, ma non c' dubbio che
ugualmente il Trecento e il Quartrocento ne offrono occorrenze esemplari. Ma
quando finisce esattamente l'epoca di queste crisi? Nei decenni fra Seicento e
Settecento la peste scomparve dall'Europa per ragioni sulle quali ancora si discute.
Inoltre dopo il 1720 le guerre assunsero un carattere pi limitato e non incisero molto
sul nuovo ciclo di sviluppo economico e demografico che si stava aprendo. Ci non
toglie che anche il XVIII secolo abbia visto il ripetersi di sequenze di crisi innescate
da una carestia, e una di queste fu precisamente connessa con gli eventi rivoluzionari
del 1789. L'Europa rurale di Antico regime aveva raggiunto due volte i limiti dello
sviluppo, verso il 1300-1320 e verso il 1600-1620; restava elevata la probabilit che
il nuovo ciclo di crescita agricola e demografica cominciato dopo il 1720 si
concludesse in maniera analoga ai due precedenti, portando il Medioevo-Antico
regime fin dentro il XIX secolo. Si pu supporre che nel non verificarsi di una terza
crisi abbiano giocato la loro parte la "riapertura" della frontiera interna (con la
rivoluzione industriale) e di quella esterna (con l'emigrazione oltre Atlantico di 50
milioni di europei fra il 1820 e il 1914).
Il protrarsi del lunghissimo Medioevo ben oltre la fine del XV secolo presenta
comunque molti altri aspetti, oltre a quelli economici e demografici. L'espressione
Ancien rgime divenne di uso comune nella Francia rivoluzionaria del 1790-91,
avendo lo stesso significato di "regime feudale", ci che l'Assemblea nazionale aveva
dichiarato completamente distrutto con i decreti discussi e approvati fra il 4 e l'11
agosto 1789. A sua volta "regime feudale" era una nozione molto pi estesa della
speciale condizione giuridica cui erano soggette le terre denominate feudi (e in
genere del complesso delle norme che limitavano la propriet privata borghese e
contadina) e costituiva in gran parte l'essenza del Medioevo oscuro condannato dagli
illuministi. Ma mentre i feudi erano un'istituzione che era riuscita a sopravvivere per
mille anni, altri aspetti dell'Antico regime erano storicamente pi recenti e
riconducevano alla societ di ordini, di "stati" o di "corpi" i cui tratti stabili si erano
venuti definendo nel Duecento se non nel basso Medioevo. Fanno parte dell' Antico
regime cos inteso i privilegi, che riguardavano in primo luogo la nobilt, ma che per
24
ogni "corpo" (le citt, le province, le universit, le corporazioni) costituivano un
possesso da difendere accanitamente; e ancora la superiorit delle distinzioni sociali
fondate sull'onore e sul rango rispetto a quelle fondate sul profitto; la venalit delle
cariche, gli appalti delle imposte, le assemblee rappresentative degli "stati".
Soffermiamoci in particolare sul sistema della rappresentanza. Esso riusc a rendere
nuovamente attuale la democrazia sulla scala dei grandi stati nazionali, ma Rousseau
non aveva torto a dire che ci derivava dal governo feudale, da questo iniquo e
assurdo governo nel quale la specie umana degradata (p. 802 dell'edizione citata
nel capitolo 2, paragrafo 4). In quanto sistema degli "stati", l'Antico regime si
mantenne in Europa ben oltre il 1789. Il moderno sistema parlamentare inglese non
ebbe fino al 1832 modifiche sostanziali rispetto a quello derivato direttamente dal
Medioevo, e la riforma elettorale che garant alla borghesia commerciale e industriale
una prima presenza nella camera dei comuni fu percepita come non molto lontana da
una rivoluzione.
In tutti gli stati del XIX secolo nei quali esisteva un senato di nomina regia rest
anche in vita un pezzo di Medioevo. Un caso limite, che riguardava peraltro la
maggiore potenza continentale europea, era quello della legge elettorale della Prussia;
in questo stato, divenuto dopo il 1870 il centro politico del Reich tedesco, ancora al
principio del XX secolo il Landtag continuava a essere eletto secondo il sistema
medievale degli "stati", che garantiva un terzo dei seggi alla nobilt terriera degli
Junker.

Bibliografia di riferimento:
Per gli esempi di Firenze e Siena, si vedano: G. Fanelli, Firenze, architettura e citt,
Vallecchi, Firenze 1973; D. Balestracci, G. Piccinni, Siena nel Trecento: assetto
urbanistico e strutture edili zie, Clusf, Firenze 1977; C. Frugoni, Il governo dei Nove
a Siena e il loro credo politico nell'affresco di Ambrogio Lorenzetti, in "Quaderni
medievali", 1979, n. 7, pp. 14-42, e n. 8, pp. 71-103. Dell'Autunno del Medioevo di J.
Huizinga (1919), Sansoni, Firenze 1966, sono stati citati i titoli dei due primi capitoli.
L'articolo di A.R. Lewis The Closing o/ the Medieval Frontiel; 1250-1350, in
"Speculum", 1958, pp. 475-483.
La tesi di un lungo Medioevo che giunge fmo al XIX secolo stata argomentata
dal. Le Goff, Intervista sulla storia, a c. di F. Maiello, Laterza, Roma-Bari 1982, pp.
81-86. P. Goubert ha de- finito l'origine e la portata del concerto di Ancien Rgime
un magma confuso di cose vecchie e recenti nel primo capitolo di L'Ancien Rgime
(1969),Jaca Book, Milano 1976, vol. I, pp. 17- 43 (la 2' edizione di quest'opera, 1984,
trad. it. 1989, scritta in collaborazione con D. Roche).
L'Europa tra due crisi (Einaudi, Torino 1980) il titolo sotto il quale R. Romano ha
raccolto i suoi studi sulla crisi del Trecento e del Seicento. La letteratura sui due cicli
di crisi, variamente affermati e negati dagli storici, ovviamente immensa e bisogna
rinunciare a darne un resoconto anche sommario. Il concetto di "crisi di antico
regime" stato introdotto dal. Meuvret, Les crise de subsistance et la dmographie
de la France d'Ancien Rgime (1946), in Id., Etudes d'histoire conomique, A. Colin,
25
Paris 1971, pp. 271-278. La mancanza di connessione fra carestie ed epidemie di
peste facilmente verificabile anche per il XVII secolo; invece evidente il ruolo
delle guerre, con i movimenti di truppe appestate, nella trasmissione da una regione
all'altra della peste bubbonica.
La "societ di ordini" come ben distinta dalla "societ di classi" ha costituito l'oggetto
degli studi di R. Mousnier, in particolare Le gerarchie sociali dal 1450 al nostri
giorni (1969), Vita e Pensiero, Milano 1971 e Les institutions de la France sous la
monarchie absolue, 1598-1789, Puf, Paris 1974-1980, 2voll.
Lo "stato di ceti" o anche lo "stato di stati" occupa una posizione centrale anche in O.
Brunner, Terra e nobilt (1939, 1965), Giuffr, Milano 1983 (in particolare le pp.
561-588), che si serve della sua peculiare nozione di storia costituzionale per
esaminare le strutture politico-territoriali austriache nel periodo 1250-1600. A.I.
Mayer, Il potere dell'Ancien Rgime fino alla prima guerra mondiale (1981), Laterza,
Roma-Bari 1982, ha mostrato come l'aristocrazia terriera e militare dell' Antico
regime abbia conservato per tutto il XIX secolo un ruolo determinante nelle
istituzioni politiche europee.

3.6 Il Medioevo, l'Europa e l'Asia
Nelle cinque accezioni di "Medioevo" fm qui esaminate ci siamo sempre limitati alla
storia europea. Qualunque tentativo di.parlare di Medioevo al di fuori dell'Europa non
ha molte speranze di presentarsi come un'indagine legittima, se quel che compiamo
attraverso questa nozione una definizione di identit culturale, volta cio a sta-
bilire un rapporto fra noi e i "nostri antichi" oppure a porre una distanza polemica fra
la nostra modernit e i secoli bui (o altro ancora). Abbiamo per anche visto che
possibile fare un uso non convenzionale dell'idea di Medioevo, parlando di prima et
nella specifica storia dell'Europa invece che di et di mezzo. Ma non appena
l'obiettivo dell'indagine diventa quello di definire i tempi dell'Europa, non si pu
respingere a priori il tentativo di estendere il campo di osservazione ai tempi del
mondo, ricercando gli intrecci fra diverse aree geografiche e fra diverse storie di
civilt e, quando possibile, proponendo periodizzazioni che cerchino di
sincronizzarle tutte su un'unica storia del mondo.
Il nuovo Medioevo che compare da questo punto di vista, quello della World History,
dovr necessariamente fare a meno di un nome troppo compromettente e figurer in
principio solo come il periodo compreso fra il III e il XIV secolo. Questo per quanto
riguarda la dimensione temporale, che cercheremo pi avanti di giustificare. Per ci
che riguarda la dimensione spaziale, non dobbiamo attenderci dalla World History
un'assunzione di garanzia circa l'unit della storia del mondo in qualsiasi epoca. Nel
periodo considerato la nostra attenzione si concentrer, oltre che sui rapporti fra
Europa e Mediterraneo, su quelli fra Europa e Asia, non solo, naturalmente,
limitandosi alle aree dei due continenti che avevano fatto parte da millenni della
storia comune mediterranea. Affinch si stabiliscano relazioni fra l'Europa e l' Africa
subsahariana dobbiamo invece aspettare epoche successive; a partire dall'VIII secolo
e pi ancora dall'XI cominci tuttavia a esistere un'area di storia comune fra l'Africa e
26
il mondo islamico, sia attraverso i rapporti che correvano con il Nordafrica e la
Spagna dalla parte del Sahara, sia attraverso quelli tra Africa orientale, Arabia e
Medio Oriente dalla parte dell'oceano Indiano, del golfo Persico e dal mar Rosso.
Ancora di pi dobbiamo aspettare per il primo stabilirsi di relazioni fra l'America e
l'Europa e (dopo quelle originarie avvenute prima di 15mila anni fa) fra l'America e
l'Asia, escludendo quelle non durevoli che possono essere esistite prima dell'epoca
della "scoperta". Per ci che riguarda i rapporti fra l'Europa e l'Asia, si gi detto
(capitolo 2, paragrafo 2) del ruolo strategico ricoperto dalla Bactriana lungo la via
della seta. Nel I secolo d.C. diversi testi latini e greci davano notizie dettagliate sui
vari percorsi terrestri che conducevano dalla Siria a Bactra e nel Il secolo la
Geografia di Claudio Tolomeo aggiunse una precisa descrizione del percorso
successivo, da Bactra a Kashgar, l'oasi situata alle soglie del deserto centroasiatico
del Taklamakan. Verso la fine del I secolo a.C. navigatori greci scoprirono le pratiche
della navigazione monsonica fra il corno d'Africa e l'India occidentale, da dove
arrivavano il pepe e le spezie; Roma, che si era appena impadronita dell'Egitto in
seguito alla vittoria di Azio, dette la giusta importanza a questa scoperta considerando
essenziale per i propri interessi strategici il controllo del mar Rosso. Nel I e Il secolo
d.C. lungo le vie terrestri e marittime il Mediterraneo e la Cina si scambiarono,
accanto alle merci, almeno alcune sommarie informazioni sui rispettivi popoli e
imperi: i romani chiamavano "seres" i cinesi, mentre la storia ufficiale degli Han
posteriori menziona con il nome di "Ta Ch'in" l'impero romano e con quello di "An-
Tun" l'imperatore Marco Aurelio Antonino.
Questo primo incrociarsi fra l'Europa e l'Asia orientale rest comunque episodico e i
rapporti diretti fra Roma e l'India, e a maggior ragione la Cina, furono certo minimi in
confronto a quelli condotti tramite i rami occidentali delle piste carovaniere e le rotte
dell'oceano Indiano, le une e le altre soggette al controllo dei parti. Per trovare
sincronie rivelatrici di veri e propri momenti unitari nella storia dell'Eurasia
dobbiamo spostarci al iv-v secolo, un avvio di Medioevo segnato ovunque dalla crisi
di grandi imperi, con il duplice sconvolgimento delle crisi generali interne ed esterne.
In questo periodo la pressione di popoli "barbari" provoc il crollo quasi simultaneo
dell'impero cinese, di quello romano e di quello indiano dei Gupta, mettendo inoltre
in serio pericolo quello persiano dei Sasanidi. I circa trecento anni che vanno dal 220
(crollo dell'impero cinese degli Han posteriori) ai decenni attorno al 500 (invasioni di
nomadi in India e in Persia) sono forse un po' troppi perch si possa parlare di un'u-
nitaria grande crisi eurasiatica; l'espressione "simultaneit" non sembra usata nel suo
significato letterale, pur ammettendo che alle grandi dimensioni degli spazi coinvolti
devono avere corrisposto relazioni temporali non istantanee. D'altra parte non del
tutto provato che gli xiong-nu presenti nelle fonti cinesi dal III secolo a.C. al III d.C.
e gli unni delle fonti romane siano lo stesso popolo, e qualche dubbio si ha anche
sull'identificazione fra gli unni invasori dell'impero romano e gli huna (o eftalidi) e
gli hyon invasori dell'India e della Persia.
Nonostante il peso di questi argomenti, gli storici dell'Asia centrale continuano a
mostrarsi favorevoli a vedere come legate fra di loro le serie di avvenimenti che sono
state pi sopra ricordate. Per affermare qualche relazione fra i diversi popoli che
27
portarono il nome di "unni" o le sue varianti, non necessario considerarli uno stesso
popolo in movimento da un capo all'altro dell' Asia centrale. Il nome "unni" pu
essere ben circolato da un gruppo etnico e linguistico all'altro; si pu anzi considerare
un dato di fatto che il nome "unni" sia passato e ripassato dal I al IV secolo da gruppi
europoidi (gli "unni bianchi") a gruppi proto-turchi e proto-mongoli. Se poi
consideriamo il protrarsi delle invasioni nomadi in Cina nel III e IV secolo e delle
lotte continue fra gruppi diversi, l'intervallo fra il 220 e il 375 (l'anno in cui gli unni
comparvero per la prima volta a Occidente) non appare del tutto incolmabile. Non
molto tempo dopo l'Asia centrale offr un altro esempio (questa volta maggiormente
provato) di spostamento su lunghe distanze e su un lungo arco di tempo di uno stesso
impero nomade: gli avari comparvero in Cina settentrionale al principio del V secolo
(venendo chiamati "juan-juan" o "ruan-ruan") e ricomparvero nella seconda met del
VI secolo ai confini settentrionali della Persia e poi sulla frontiera fra la Pannonia e
l'impero bizantino.
interessante osservare che adottando il punto di vista della crisi generale eurasiatica
si costretti a rivedere in parte il ruolo dei germani nella dissoluzione dell'impero
romano d'Occidente. Tutto ci che abitualmente si dice sulle cause interne, profonde
e di lunga data, della crisi dell'impero resta naturalmente vero, e lo stesso vale per la
capacit di sopravvivere dell'impero d'Oriente, che pure fu in principio assai pi
esposto alla minaccia degli unni. Ma anche quel che viene suggerito dal confronto fra
le scorrerie germaniche del III secolo e le "grandi invasioni" del IV-V va tenuto nel
debito conto. La prime, indipendenti dalle vicende del nomadismo centroasiatico,
furono alla fme arrestate dallo stato romano; le seconde, provocate dal terrore che
incuteva l'avanzata degli unni, svelarono drammaticamente la debolezza dell'impero
d'Occidente. Le scorrerie degli avari nell'VIII secolo e quello degli ungari nel X,
sempre a partire dalla Pannonia/Ungheria, furono le estreme (e anche le ultime in
ordine cronologico) frange del nomadismo centroasiatico a toccare l'Europa. Nel
corso del VI secolo l'attacco dei nomadi delle steppe alla fascia delle civilt urbano-
agricole che correva dalla Cina all'impero romano si era andato esaurendo.

Medievale
Il "medioevo barbarico" condiviso da tutte queste civilt era finito. Per trovare
un'altra epoca nella quale la storia del continente eurasiatico appare muoversi
secondo un unico "tempo del mondo" dobbiamo attendere l'XI secolo. Fra il 600 e il
1000 l'Europa rimase in rapporto solo con la parte pi occidentale dell' Asia, prima
quella inserita nell'impero bizantino e successivamente quella conquistata dagli arabi.
In entrambi i casi evidente che solo l'Europa a essere collocata in un'epoca
"medievale". Compiendo solo in parte un abuso concettuale, gli storici hanno a volte
presentato la relazione fra l'Europa dell'alto Medioevo e gli imperi bizantino e arabo
come una relazione fra un'area sottosviluppata e societ sviluppate. Dal punto di vista
economico l'Europa scambiava materie prime e prodotti agricoli (ferro, legname,
forza-lavoro schiavile, grano) contro prodotti manifatturieri e agricoli pi daborati
(tessuti preziosi, spezie, zucchero). Dal punto di vista intellettuale l'arretratezza
28
europea era anche maggiore, perch fu solo dalla fine del X secolo e dall'XI che
l'Occidente cominci a "importare" dalla Spagna e dall'Italia meridionale testi
filosofici e scientifici tradotti dall'arabo e dal greco. La seconda fase di una storia
eurasiatica con tratti unitari compresa pi o meno fra il 1000 e il 1350 e corri-
sponde dalla parte dell'Europa al pieno dispiegarsi dei caratteri propri della civilt
medievale, dalla parte dell' Asia alla serie di eventi che molto sommariamente si
possono riassumere come segue. Per prime, nell'XI-XII secolo, vengono le grandi
migrazioni turche verso occidente, nel "Turkestan" sorto nelle regioni storiche della
Sogdiana, Corasmia e Bactriana (corrispondenti circa agli attuali Uzbechistan e
Mghanistan settentrionale), nd califfato di Baghdad e nell'Asia minore bizantina (la
futura Turchia). Nel XII-XIII secolo fu la volta dei mongoli. Verso il 1130 la trib dei
Kara-Khitai emigr in direzione dell' Asia centrale; dal 1206 Gengis Khan cominci
la costruzione dell'impero mongolo, che a sud-est si estese fino alla Cina e a ovest e
sud-ovest conquist il regno Kara-Khitai, l'impero turco-persiano della Corasmia, la
Russia meridionale e il califfato di Baghdad.
Ci che si verifica in questo periodo qualcosa di pi intenso di occasionali
accostamenti fra storie che restano sostanzialmente indipendenti e anche di pi
complesso del "medioevo barbarico" eurasiatico del III-VI secolo. vero che
l'espansione dei turchi selgiuchidi (a differenza. di quanto accadr nel XIV-XV
secolo per i turchi ottomani) non tocc il continente europeo e che esso fu toccato
marginalmente, nel 1241, dall'avanzata mongola; le conseguenze indirette di questi
avvenimenti sull'Europa furono nondimeno molto forti. Le crociate sono in gran parte
un sottoprodotto delle migrazioni/invasioni turche nel Medio Oriente (alle quali va
ricondotto l'inizio del "Medioevo arabo", su cui torneremo nel paragrafo seguente).
Ugualmente la "rivoluzione commerciale" europea del XIII-XIV secolo certo una
conseguenza della vitalit della civilt medievale, ma anche un momento interno
alla storia complessiva dell'Eurasia, nell'epoca della pax mongolica e del pieno
ristabilimento della funzionalit della via della seta.
Fra il 1250 e il 1340 le relazioni Europa-Cina raggiunsero il pi alto grado di
intensit mai verificatosi fino ad allora. Fu nel secolo dell'unificazione dell'Asia
centrale sotto l'impero mongolo che, secondo alcuni studiosi, l'Europa import
dall'Oriente non solo sete e spezie, ma anche alcune decisive tecnologie cinesi (la
tecnologia il tratto culturale pi facile a trasmettersi), che includono fra l'altro i tre
fondamenti della modernit: la bussola, la stampa, la polvere da sparo; e fu in questo
stesso periodo che si venne formando il duraturo mito dell'Oriente favoloso, che
rimanda alle visioni di Cristoforo Colombo e di nuovo all'inizio canonico dell'et
moderna. Un ultimo aspetto della storia eurasiatica del XIV secolo, cui abbiamo gi
fatto riferimento nel paragrafo 5, quello della diffusione della peste. Bench non
tutto sia chiarito in questo meccanismo, si pu considerare come un dato certo il
ruolo giocato dai pi intensi rapporti fra l'Asia centrale e il mar Nero, dove si
trovavano le pi importanti stazioni terminali della via della seta. Fu nella colonia
genovese di Caffa che, nella primavera del 1347 , comparve l'epidemia di peste che si
sarebbe poi diffusa in tutta l'area mediterranea e nell'Europa continentale.
29
Di poco successiva alla peste fu la fine della pax mongolica lungo la via della seta.
Dal 1359 il khanato dell'Orda d'oro cominci a dissolversi in principati fra di loro
rivali. Nel 1368 le rivolte cinesi si conclusero con l'espulsione dei mongoli; la nuova
dinastia Ming si dimostr poco favorevole alla presenza di missionari europei. Si
chiudeva cos un'intera epoca della storia eurasiatica. Le relazioni fra Europa e Cina
sarebbero riprese solo sul finire del xvi secolo.
Bibliografia di riferimento:
Le notizie sui contatti fra l'impero romano e la Cina sono raccolte e commentate da J.
Innes Miller, Roma e la via delle spezie (1969), Einaudi, Torino 1974, cap. 7; G.
Borsa, La nascita del mondo moderno in Asia Orientale, Rizzoli, Milano 1977, pp.
13-18, 461-463; M. Poinsotte, Les romains et la Chine: ralits et mythes, in
"Mlanges de l'cole Franaise de Rome. Antiquit", 1979, pp. 431-479; C. Nicolet,
L'inventario del mondo. Geografia e politica alle origini dell'impero romano (1988),
Laterza, Roma-Bari 1989, cap. 4.
Al parallelismo fra gli avvenimenti dell'Occidente romano e quelli dell'Oriente cinese
d un certo rilievo R.S. Lopez, La nascita dell'Europa, cit., pp. 31-34. Anche M.
Bussagli, L'Asia centrale e il mondo dei nomadi, in L'Asia centrale e il Giappone,
Utet, Torino 1970, cap. 2, parla di crisi generale eurasiatica. L.N. Gurnilev, Gli unni
(1960), Einaudi, Torino 1972, studia i rapporti fra unni e xiong-nu. I.P. Roux, L'Asie
centrale. Histoire et civilisations, Fayard, Paris 1997, la pi recente sintesi sull' A-
sia centrale. La ricerca di una causa unica per i movimenti dei nomadi nel III-V
secolo (in particolare una fase di inaridimento del clima e quindi di contrazione dei
pascoli) non ha comunque portato ad alcun risultato.
I saggi raccolti nel volume D. Lombard, J. Aubin (a c. di), Marchands et hommes
d'a/faire asiatiques dons l'Ocan lndien et la Mer de la Chine, trattano l'oceano
Indiano come un'area di World History sul lungo periodo XIII-XVI secolo, portando
il loro orizzonte cronologico anche fino al xx. Ai rapporti dell'Europa con Bisanzio e
con l'impero islamico nell' alto Medioevo sono dedicati R.S. Lopez, Bysantium and
the World around it, Variorum Reprints, London 1978 e M. Lombard, Espace et
rseaux du Haut Moyen Age, Mouton, Paris-La Haye 1972. C. Cahen, Oriente e
Occidente ai tempi delle crociate (1983), il Mulino, Bologna 1986, presenta le
crociate non solo come un episodio della storia europea, ma anche dal punto di vista
della storia dell' Asia nei secoli XI-XIII.
Sui rapporti Europa-Asia e in particolare Europa-Cina nel Medioevo, si vedano: J.
Needham, Scienza e civilt in Cina, vol. I, Uneamenti introduttivi (1954), Einaudi,
Torino 1981; J.P. Roux, Gli esploratori nel Medioevo (1985), Garzanti, Milano 1990;
R. Etiemble, L'Europe chinoise, vol. I, GaIlimard, Paris 1988.

3.7 Il Medioevo come modello teorico universale :
30
Un ulteriore (e ultimo) passo in direzione di una definizione sempre pi larga di
"Medioevo" si pu azzardare con la proposta di un vero e proprio modello teorico,
applicabile a tempi e spazi del tutto indipendenti da quelli dell'originaria applicazione
del concetto. Ci pu essere fatto in due modi distinti. Il primo, conforme allo stile
della World History, ci riporta alle idee di "nuovo inizio" (o semplicemente di inizio)
e di conquista della frontiera, specialmente di quella "esterna" (vedi paragrafi 3 e 5).
Si tratta della costruzione di uno spazio rurale di villaggi e campi coltivati partendo
dall'ambiente selvaggio e quasi disabitato delle grandi foreste, degli acquitrini nelle
grandi pianure alluvionali, delle paludi, dei mari d'erba delle steppe e procedendo poi
con le opere di disboscamento, dissodamento, bonifica. Lynn White jr. ha presentato
la conquista del "selvaggio West" americano come una sorta di proseguimento del
Medioevo europeo e come fondato su una sua solida eredit. Nel disparato insieme di
fattori indicato da White troviamo tecnologie come il mulino a vento e il carro dei
pionieri, che discende dai carri medievali e dalle innovazioni (ferratura dei cavalli e
sistema di attacco basato sul collare da spalla e sul timone) con le quali dall'XI-XII
secolo il Medioevo europeo si assicur un controllo degli spazi terrestri superiore a
quello che ebbero i romani; ma anche segni distintivi come il gioco delle carte,
un'invenzione del XIV secolo, e il whisky, che deriva dalle procedure di distillazione
scoperte in Italia nel XII secolo e applicate al grano fermentato al principio del XV
secolo in Boemia e successivamente in Scozia. L'analogia fra il Wild West e l'Europa
medievale (presa anche a rovescio, utilizzando il primo come termine di paragone)
pu essere anche spinta oltre, pensando alla storia della frontiera dal X al XIV secolo
nel "selvaggio est" al di l del fiume Elba, dal Meclemburgo e dalla Pomerania alla
Prussia e alla Livonia: anche qui abbiamo i pionieri, gli "indiani" (prima i polacchi,
poi i prussiani e gli altri popoli baltici), la "cavalleria" (prima quella degli Ottoni, poi
quella di Enrico il Leone, infine gli ordini dei cavalieri Teutonici e Portaspada) e le
citt e le postazioni militari di frontiera (come Lubecca nel XII secolo o Marienburg
nel XIV). Un forte limite a questa analogia parrebbe essere costituito dal fatto che
nell'Europa centro-orientale dei secoli medievali c'era il feudalesimo (nel senso di
relazioni vassallatiche con un prevalente contenuto militare), mentre, secondo
l'immagine pi comune, nel Wild West americano vigeva una libert molto prossima
all'anarchia, nonch, come sostenne Frederick J. Turner, a una peculiare forma di
democrazia. Ma va tenuto presente che le istituzioni feudali trasferite sulla frontiera
orientale dell'Europa medievale riuscirono a lungo a convivere non solo con i
privilegi garantiti nelle citt a borghesi e mercanti, ma anche con la relativa
condizione di libert dei piccoli pos- sessori contadini di fronte ai proprietari laici ed
ecclesiastici, Fu solo a partire dal XV secolo che feudalesimo e servit contadina
vennero a ricongiungersi e a identificarsi. notevole, come stato spesso osservato
dagli studiosi dell'Europa orientale, che la servit contadina si sia qui
progressivamente rafforzata assieme ai grandi latifondi granari essenzialmente
orientati all'esportazione verso occidente; anche la frontiera americana vide nelle
colonie e poi negli stati del sud il procedere simultaneo dell'economia delle
piantagioni e della schiavit.
31
Un' altra situazione storica che si presenta come leggibile attraverso il modello
Medioevo/frontiera quella dell'Ucraina, della Russia meridionale e per ultimo del
Kazakistan settentrionale nel periodo compreso fra la fine del XVI secolo e la fine del
XVIII o anche la met del XIX. Anche qui abbiamo la lenta avanzata di una societ
rurale, nuova in un enorme spazio potenzialmente dotato di terra fertile, ma poco
abitato perch adibito unicamente a pascolo dalle popolazioni nomadi che lo
controllavano. Anche qui, inoltre, lo spazio della frontiera si identifica in principio
con uno spazio della libert, verso il quale sono attratti i contadini della Polonia e
della Russia settentrionale che cercano di sfuggire ai processi di asservimento. In
questo mondo di fuggiaschi e fuorilegge, collocato cio al di fuori di ogni costrizione
legale, i tartari di Crimea e gli altri nomadi turco-mongoli ricoprono il ruolo dei "sel-
vaggi da sloggiare e i cosacchi figurano in un ruolo paragonabile in parte a quello
dei cavalieri teutonici e della cavalleria americana, assumendo spesso di fatto il ruolo
di protettori dei contadini fuggiaschi. Ma la frontiera ucraino-russa ebbe
un'evoluzione ben diversa rispetto a quella americana e anche a quella orientale
dell'Europa medievale, anche a non voler tener conto di quanto dipendeva dai
differenti contesti politico-religiosi (ortodosso, calvinista, cattolico medievale). I
turco-mongoli erano un avversario ben pi pericoloso degli indiani d'America e
inoltre potevano godere dell'aiuto dell'impero ottomano; per conseguenza il mondo
della frontiera della Russia meridionale non pot fare a meno di dipendere dall' aiuto
politico-militare degli zar. In secondo luogo l'emigrazione verso le regioni dei bassi
corsi del Dnepr, del Don e del Volga cominci quando la servit contadina si trovava
in Russia a uno stadio gi assai pi avanzato di quello della Germania orientale
nell'XI-XII secolo. Che quella russa non sarebbe stata una frontiera di libert sociale
e politica era in gran parte scritto ben prima della fallita ribellione dei cosacchi e dei
contadini nel 1773-1774.
Esiste anche un secondo modo per parlare di Medioevo al di fuori dello spazio-tempo
europeo; con esso rischiamo di entrare nel generoso terreno dei problemi inesistenti,
ma possiamo anche recuperare alcuni aspetti del significato originario del concetto.
Torniamo dunque a ripetere che, in questo senso, un "medioevo" una fase in-
termedia fra altre due et. La prima, un'epoca antica o forse meglio "classica",
fornisce le basi religiose e culturali di una civilt, viene troncata da un'epoca di
disordini interni e invasioni "barbariche" dall'esterno e seguita da un'et di mezzo dai
volti molteplici, oscura eppure costretta a essere creativa. La seconda caratterizzata
dal fatto di essere allo stesso tempo nuova e rivolta al futuro ("moderna") e
desiderosa di ricollegarsi con le proprie radici di classicit ("rinascimento").
Di un "medioevo" cos inteso si parlato per la prima volta a proposito della storia
ellenica antica, facendo seguire a un'et "classica" micenea un'et "oscura" com-
presa fra il 1150 e il 900 a.C. e poi, preceduta da una fase arcaica che include anche
la diffusione dei poemi omerici (VIII secolo), una nuova epoca classica, quella della
polis. L'espressione "et oscura" si giustifica in parte con il fatto che essa appare
piuttosto priva di documentazione e che vide anche la scomparsa del sistema di
scrittura detto "Lineare B" in uso nell'et micenea. evidente che fra gli storici ebbe
anche una gran presa l'immagine delle invasioni barbariche, rappresentate in questo
32
caso dai dori. Ma su alcuni altri esemplari di medioevo che vorremmo soprattutto
richiamare l'attenzione, a cominciare da quello cinese. Jacques Gernet ha intitolato "Il
medioevo" la parte del suo libro Il mondo cinese sul periodo compreso fra la fine del
II secolo e il 589, con il ristabilimento dell'unit della Cina sotto la dinastia Sui,
oppure il 626, con il consolidamento della dinastia T'ang. Il paragone con il
Medioevo europeo ovviamente limitato dal fatto che quello cinese molto pi
breve, perch dura solo poco pi di quattro secoli. Ma gli elementi che rendono inte-
ressante una comparazione sono troppo numerosi per essere considerati secondari:
non solo la divisione in molti regni barbarici, ma anche una crisi religiosa di portata
simile all'estinzione del paganesimo ellenistico-romano di fronte al cristianesimo.
Come ha scrirto Gernet, il medioevo cinese anche un periodo di grande fervore
religioso e si pu dire che la Cina di quell'epoca fu buddista cos come fu cristiana la
nostra Europa medievale. La fine del Medioevo cinese comport nell'VIII secolo un
ritorno alle fonti della tradizione classica, nel senso di un "rinascimento" letterario
e filosofico; la Cina and anche pi in l, perch il governo imperiale ridette il posto
che competeva alle religioni tradizionali e si oppose attivamente al buddismo, fino a
vietare completamente questo culto. D'altra parte, come fanno notare Mario Sabattini
e Paolo Santangelo nella loro Storia della Cina, se il concetto di medioevo si applica
utilmente alla storia cinese, anche vero che questo Medioevo non conobbe n il feu-
dalesimo n la capacit del buddismo (a differenza di quanto fece il cristianesimo in
Occidente) di porsi come potere autonomo nei confronti dello stato.
Un'altra differenza con il Medioevo europeo consiste nel fatto che questo accaduto
storicamente una sola volta, mentre la Cina ne ha attraversati ancora due o tre. An-
che per il mondo arabo si pu parlare con qualche utilit di una o pi et medievali,
ma solo sulla prima di queste che svolgeremo qualche rapida considerazione,
osservando prima di tutto che il "medioevo barbarico" arabo comincia poco dopo che
quello europeo si era avviato a finire. Nel corso dell'XI secolo l'Islam dovette subire
la pressione dei barbari cristiani (spagnoli, franchi, normanni) in Spagna, in Sicilia, in
Palestina. Ma l'analogia pi interessante va trovata piuttosto nelle migrazioni dei
turchi selgiuchidi. Come era gi accaduto all'impero romano con i germani, i turchi
erano stati da principio ammessi come soldati a Baghdad e nei principati islamici
persiani dei Samanidi e dei Ghaznavidi; si erano inoltre convertiti all'Islam, avevano
costituito dei principati barbarici dalla Bactriana alla Persia e infine dal 1055 erano
diventati i protettori militari del califfo di Baghdad, un po' come i franchi avevano
fatto nei confronti della Chiesa della Gallia e pi tardi dello stesso papa di Roma. Ma
fu nel XIII secolo che il medioevo arabo e persiano raggiunse il suo punto pi basso,
con le incursioni dei mongoli, la distruzione di Baghdad e la soppressione del
califfato. Dopo la nuova fase di guerre distruttive avvenute al tempo di Tamerlano,
alcuni studiosi hanno potuto parlare di un "rinascimento" islamico (letterario,
artistico, religioso) nel XV-XVI secolo, a Samarcanda, nella Persia sciita, nel-
l'impero ottomano e nell'India Moghul; Jean-Paul Roux ha potuto anche azzardare un
paragone fra Lorenzo il Magnifico e alcuni timuridi (discendenti di Tamerlano) di
Samarcanda. Un'ultima osservazione riguarda il Giappone, le cui istituzioni militari
hanno colpito l'attenzione di studiosi come Marc Bloch e Robert Boutruche per la
33
loro somiglianza con quelle del feudalesimo europeo. Ma il Giappone si segnala
anche per aver posseduto un feudalesimo senza passare attraverso nulla di
comparabile a un medioevo. precisamente il caso inverso della Russia, che ha
conosciuto un medioevo barbarico con le invasioni turche dell'XI- XII secolo e pi
ancora durante l'et del dominio mongolo, dal XIII al XV secolo, ma senza nulla di
comparabile al feudalesimo occidentale. Nessuno dei tratti che abitualmente gli
associamo (le istituzioni cavalleresche, gli aspetti quasi-contrattuali dei rapporti
feudali, con la fedelt del vassallo e i corrispondenti doveri del signore) si ritrovano
nella Russia. Quando qui si afferm l'autocrazia degli zar, i boiardi divennero
anch'essi suoi servi e la Russia non conobbe mai niente di lontanamente somigliante
al Parlamento inglese o agli Stati generali francesi.

Bibliografia di riferimento:
L'articolo di L. White jr. The legacy of the Middle Ages in the american Wild West
(1965), in Id., Medieval Religion and Technology, University of California Press,
Berkekey 1978, pp. 105-120. Alle implicazioni della "grammatica sociale della
frontiera" sono dedicate le penetranti analisi di W.H. McNeill, The Great Frontiel:
Freedom and Hierarchy in Modern Times, in Id., The Global Condition, Princeton
University Press, Princeton 1983. Entrambi questi scritti fanno naturalmente
riferimento a RJ. Turner, La frontiera nella storia americana (1920), il Mulino, Bo-
logna 1975, respingendo per il carattere deterministico della "sfida ambientale"
rappresentata dalla frontiera; in alternativa White pensa al primato dell'attrezzatura
mentale, emozionale e tecnica dei pionieri americani, mentre McNeill tiene a
mostrare i fattori che in situazioni apparentemente simili producono effetti diversi e
anche opposti (come espresso dalla contrapposizione fra libert e gerarchia nel
titolo del saggio). Una qualche propensione per il determinismo ambientale mostra, in
riferimento al caso della storia russa, R. Pipes, La Russia. Potere e so- ciet dal
Medioevo alla dissoluzione dell'Ancien Rgime (1974), Leonardo, Milano 1992, cap.
1, "Condizioni ambientati e loro conseguenze". Con una periodizzazione che include
anche l'et omerica e i primi tempi della polis, un "medioevo ellenico" figura quale
periodo a s in un'opera classica come G. De Sanctis, Storia dei Greci dalle origini
alla fine del secolo V (1939), La Nuova Italia, Firenze 1961, vol. I, libro II; M.I.
Finley, Il mondo di Odisseo (1953, 1977), Marietti, Casale Monferrato 1992, presenta
il mondo degli eroi omerici, collocato fra l'et oscura e l'et arcaica della polis, come
una ricostruzione mitica del lontano passato miceneo. Le opere ricordate a proposito
del Medioevo cinese sono J. Gernet, Il mondo cinese (1972), Einaudi, Torino 1978,
libro III (citazioni dalle pp. 155 e 252) e M. Sabattini, P. SantangeIo, Storia della
Cina, Laterza, Roma-Bari, cap. 3 (citazioni dalle pp. 217 e 218). Per il mondo
islamico, si vedano M. Lombard, Splendore e apogeo dell'Islam, VIII-XI secolo
(1971), Rizzoli, Milano 1980; M.G.S. Hodgson, Rethinking World History. Essays on
Europe, Islam and World History, Cambridge University Press, New York 1993 e
J.P. Roux, Histoire deI Grands Moghols, Fayard, Paris 1986 (citazione da p. 55). Per
il feudalesimo giapponese e quello russo, si vedano: J. W. Hall, L'impero giapponese,
34
Feltrinelli, Milano 1968, pp. 83-96; C. Goebrke, Russtiz, Feltrinelli, Milano 1973, pp.
126-128; N.V. Riasanovsky, Storia della Russia (1984), Bompiani, Milano 1989, pp.
121-126.

You might also like