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SPED. IN ABB. POST. D.L. 353/2003 (conv. in L.27/o2/2004 n46) art.

1, comma 1, DCB ROMA


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Il capitalismo come religione
(Benjamin, Agamben)
Il paese di fronte, lAlbania
(Devole, Klosi, Leogrande,
Lubonja, Sejko, Vehbiu)
Il nuovo Papa (Gaeta, Scaramuzzi)
Nuova povert e nuove ingiustizie
(Boarelli, Grossi, Guerriero, Toma)
Su Achebe (Jedlowski) e Jannacci (Fofi)
Una nuova sezione,
IL RACCONTO
(Cattaneo, Garrone,
Lanaro, M. M. da Warry,
Montagno, Montesano,
Rabbani, Volos)
5 Il capitalismo come religione
Walter Benjamin
7 Un commento, oggi
Giorgio Agamben
PERSUASIONI
12 Cosa ci hanno detto dellItalia le elezioni
Carlo Donolo
16 Quel che resta del Tav
Enzo Ferrara
20 Mobilit sociale e opportunit di crescita
Andrea Toma
22 Perch oggi c chi si ammazza
Stefano Guerriero
24 Azzardo di Stato
Alberto Grossi
Un papa nuovo
28 Col nome di Francesco
Gancarlo Gaeta
31 Quel che sappiamo di lui
Iacopo Scaramuzzi
PAESECHEVAI
38 LAlbania, il paese di fronte
Alessandro Leogrande
40 Il Bllok, senza nostalgia
Fatos Lubonja
56 Un paese di plastica
Ardian Klosi
155
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Mensile anno XVII n. 155
maggio 2013
Redazione via degli Scialoia, 3 00196 Roma
tel: 06-32828231; fax: 06-32828240
e-mail: lo.straniero@contrasto.it;
redazione@lostraniero.net
sito web: www.lostraniero.net
Editore Contrasto s.r.l.
via degli Scialoia, 3 00196 Roma
tel: 06-328281
sito web: www.contrastobooks.com
Stampa Arti Grafiche La Moderna
Promozione Promedi
Piazza Malpighi, 6 40123 Bologna
tel: 051-344375
Distribuzione Messaggerie Libri
via Verdi, 8 20090 Assago (MI)
tel: 02-45774200
Redazione Goffredo Fofi (direttore),
Vittorio Giacopini, Nicola Lagioia, Alessandro
Leogrande (vicedirettore), Emiliano Morreale
Segretaria di redazione Anna Branchi
Grafica Fausta Orecchio
Collaboratori Cecilia Bartoli, Giuliano Battiston,
Ornella Bellucci, Marcello Benfante, Gianfranco
Bettin, Giacomo Borella, Andrea Brazzoduro,
Maurizio Braucci, Marisa Bulgheroni, Franco
Carnevale, Marco Carsetti, Domenico Chirico,
Francesco Ciafaloni, Giorgio De Marchis, Nicola
De Cilia, Carlo Donolo, Enzo Ferrara, Grazia Fresco
Honegger, Giancarlo Gaeta, Piergiorgio Giacch,
Roberto Koch, Stefano Laffi, Luca Lambertini,
Franco Lorenzoni, Marcello Lorrai, Luigi Manconi,
Giulio Marcon, Carlo Mazza Galanti,
Paolo Mereghetti, Giorgio Morbello, Luigi Monti,
Maria Nadotti, Andrea Nanni, Renato Novelli,
Fausta Orecchio, Antonio Pascale, Lorenzo Pavolini,
Luca Rastello, Angela Regio, Alberto Rocchi,
Nicola Ruganti, Rodolfo Sacchettini, Paola Splendore,
Carola Susani, Neliana Tersigni, Alessandro Triulzi,
Emilio Varr, Cristina Ventrucci, Nicola Villa,
Dario Zonta, Giovanni Zoppoli
Direttore responsabile Goffredo Fofi
Si collabora su invito della redazione; i manoscritti
non vengono restituiti. Leditore si dichiara disponibile
a corrispondere il pagamento dei diritti di cui
non stato possibile raggiungere i detentori.
Finito di stampare aprile 2013
Reg. Tribunale di Roma n. 201/99 del 27.04.99
5 Il capitalismo come religione
Walter Benjamin
7 Un commento, oggi
Giorgio Agamben
PERSUASIONI
12 Cosa ci hanno detto dellItalia le elezioni
Carlo Donolo
16 Quel che resta del Tav
Enzo Ferrara
20 Mobilit sociale e opportunit di crescita
Andrea Toma
22 Perch oggi c chi si ammazza
Stefano Guerriero
24 Azzardo di Stato
Alberto Grossi
Un papa nuovo
28 Col nome di Francesco
Gancarlo Gaeta
31 Quel che sappiamo di lui
Iacopo Scaramuzzi
PAESECHEVAI
38 LAlbania, il paese di fronte
Alessandro Leogrande
40 Il Bllok, senza nostalgia
Fatos Lubonja
56 Un paese di plastica
Ardian Klosi
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Mensile anno XVII n. 155
maggio 2013
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Finito di stampare aprile 2013
Reg. Tribunale di Roma n. 201/99 del 27.04.99
Il capitalismo come religione di Walter Benjamin
traduzione di Gianfranco Bonola eMichele Ranchetti
Questo frammento, databile alla met del 1921, tratto da: Walter Benjamin, Sul concetto
di storia, a cura di Gianfranco Bonola e Michele Ranchetti, Einaudi 1997. Una nuova e bella tra-
duzione del solo frammento con testo a fronte stata pubblicata di recente da Il Melangolo
a cura di Carlo Salzani.
Nel capitalismo si deve vedere una religione, vale a dire che il capitalismo serve essenzialmente
allappagamento proprio di quelle preoccupazioni, tormenti, inquietudini a cui davano rispo-
sta un tempo le cosiddette religioni. La prova di questa struttura religiosa del capitalismo, non
solo di una conformazione condizionata religiosamente, come pensa Weber, bens di un
fenomeno essenzialmente religioso condurrebbe ancora oggi sulla cattiva strada di una smi-
surata polemica universale. Non possiamo chiamare in causa la rete in cui ci troviamo. Pi tardi
tuttavia di questo ci si potr fare unidea.
Per tre tratti di questa struttura religiosa sono gi al presente riconoscibili. In primo luogo
il capitalismo una pura religione cultuale, forse la pi estrema che si sia mai data. Tutto in
esso ha significato solo in relazione diretta al culto, esso non conosce alcuna dogmatica
particolare, alcuna teologia. Da questo punto di vista lutilitarismo assume la sua colora-
zione religiosa. A questa concrezione del culto connesso un secondo tratto del capitali-
smo: la durata permanente del culto. Il capitalismo la celebrazione di un culto sans rve
et sans merci. Qui non c nessun giorno feriale, nessun giorno che non sia un giorno di
festa nel senso terribile del dispiegamento di tutte le pompe sacrali, dellestremo impegno
delladorante. Questo culto , in terzo luogo, generatore di colpa. Il capitalismo , presumi-
bilmente, il primo caso di un culto che non toglie il peccato, ma genera la colpa. In ci questo
sistema religioso sta nella caduta di un immenso movimento. Unimmensa coscienza della
colpa, che non sa togliersi il peccato, fa ricorso al culto non per espiare in esso questa colpa,
bens per renderla universale, martellarla nella coscienza e infine e soprattutto includere
Dio stesso in questa colpa per infine interessare lui stesso allespiazione. Questultima non
la si deve qui attendere nel culto stesso, e nemmeno nella riforma di questa religione, che
dovrebbe potersi attenere a qualcosa di sicuro in essa, n nel rinnegarla. Inerisce alles-
senza di questo movimento religioso, che il capitalismo, il perdurare fino alla fine, fino alla
finale, piena colpevolizzazione di Dio, il raggiunto stato di disperazione del mondo che per ora
ancora si spera. In questo risiede lo storicamente inaudito del capitalismo, che la religione non
pi riforma dellessere, ma la sua distruzione. Lespansione della disperazione a stato reli-
gioso del mondo dal quale si debba attendere la salvezza. La trascendenza di Dio caduta.
Ma egli non morto, egli incluso nel destino delluomo. Questo passaggio del pianeta
uomo attraverso la casa della disperazione nellassoluta solitudine della sua orbita lethos
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Mensile anno III n.17
settembre 2001
Editore: Contrasto 2
Direzione: via della Farnesina 13, 00186 Roma
tel: 06-3336545; fax: 06-3336385
e mail: minimumfax @ flashnet.it
Direttore responsabile
Goffredo Fofi
Redazione
Vittorio Giacopini, Monica Nonno.
Corrispondenti
Torino: Giorgio Morbello, Luca Rastello;
Milano: Stefano Laffi, Luca Mosso;
Veneto: Federica Bellicanta, Nicola De cilia;
Firenze: Carmelo Argentieri, Enrico Nosei;
Roma: Roberto Koch, Michele Colucci,
Giulio Marcon; Perugia: Piergiorgio Giacch;
Napoli: Giuseppe Fonseca, Luca Rossomando;
Bari: Antongiulio Mancino;
Taranto: Alessandro Leogrande;
Palermo: Marcello Benfante, Emiliano Morreale.
Progetto grafico
Fausta Orecchio
llustrazione di copertina
Mimmo Palladino
Illustrazioni
Oreste Zevola
Impaginazione
Monica Nonno
Stampa
Graffiti, Roma
Pubblicit:
Francesca Dolceamore
Hanno collaborato alla realizzazione di questo
numero: Monica Campardo, Marco Cassini,
Marco Carsetti, Davide De Santis,
Daniele Di Gennaro, Elena Fantasia,
Alessandra Francioni, Theo Nelki,
Sabrina Ranucci, Elisa Serra.
Abbonamenti:
a quattro numeri lire 70.000; sostenitore:
da lire 150.000; per lestero: lire 140.000,
da versare sul c.c./p. n 4549000 intestato
a Minimum fax specificando : abbonamento
per Lo Straniero.
Finito di stampare
Maggio 1997
Si collabora su invito della redazione;
i manoscritti non vengono restituiti. Leditore
si dichiara disponibile a corrispondere
il pagamento dei diritti di cui non stato
possibile raggiungere i detentori
N 1 in attesa di registrazione
presso il Tribunale di Roma
60 Dentro lEuropa
Ardian Vehbiu
65 Gli albanesi in Italia
Rando Devole
73 Il cinema, prima e dopo
Roland Sejko
OPERE/GIORNI
78 Un romanzo-fiaba di Capitta
Goffredo Fofi
79 Glissant e la letteratura antillese
Paola Splendore
80 Il Gattopardo, romanzo e film
Paolo Mereghetti
82 Diritti e lattesa di Dio
Emiliano Morreale
85 Una storia di Gabriella Giandelli
Alessio Trabacchini
87 Pirandello illustrato da Rocchetti
Marcello Benfante
89 Ricordo di Chinua Achebe
Alessandro Jedlowski
94 Ricordo di Enzo Jannacci
Goffredo Fofi
96 Ricordo di Lucia Zannino
96 Letto, visto, ascoltato
Richard Ford, Paolo Di Paolo / Arendt,
Caffi, Goodman e MacDonald,
Tomaso Montanari
IL RACCONTO
100 I beati momenti
Giuseppe Montesano
104 Straniero fra i suoi
Andrej Volos
a cura di Sergio Rapetti
116 Il mio miglior amico
Carmelo Montagno
118 Vicenza, cento versi
Paolo Lanaro
121 Per fare presenza
Matteo Garrone
125 Alloro
Paolo Cattaneo
136 Rivivrei tutto da capo
Dalia Mouin Rabbani
140 M. M. da Warry
Francesco Carchedi e Luca Scopetti
La copertina di questo numero
di Alessandro Sanna,
le illustrazioni sono
di Marco Lafirenza,
i disegni in apertura di sezione
sono di Oreste Zevola,
il logo di Mimmo Paladino.
Hanno collaborato a questo numero:
per il dossier albanese: Irida Cami,
Arlinda Dudaj, Luigi De Luca e lIstituto
di culture mediterranee della Provincia
di Lecce; e inoltre Beatrice Buzi,
Edo Chieregato, Ever Fadlon, Francesca
Ferretti, Gloria Grandinetti, Roberto
La Forgia, Ludovico Orsini, Daniele
Papalini, Simona Parisi, Lorenzo
Pavolini, Hanan Rabbani, Mariuccia
Salvati, Carola Susani, Federico Varese,
le case editrici Jaca Book e Alessandro
Berardinelli, e per il fumetto lantologia
autoprodotta delebile HOME.
Il capitalismo come religione di Walter Benjamin
traduzione di Gianfranco Bonola eMichele Ranchetti
Questo frammento, databile alla met del 1921, tratto da: Walter Benjamin, Sul concetto
di storia, a cura di Gianfranco Bonola e Michele Ranchetti, Einaudi 1997. Una nuova e bella tra-
duzione del solo frammento con testo a fronte stata pubblicata di recente da Il Melangolo
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Nel capitalismo si deve vedere una religione, vale a dire che il capitalismo serve essenzialmente
allappagamento proprio di quelle preoccupazioni, tormenti, inquietudini a cui davano rispo-
sta un tempo le cosiddette religioni. La prova di questa struttura religiosa del capitalismo, non
solo di una conformazione condizionata religiosamente, come pensa Weber, bens di un
fenomeno essenzialmente religioso condurrebbe ancora oggi sulla cattiva strada di una smi-
surata polemica universale. Non possiamo chiamare in causa la rete in cui ci troviamo. Pi tardi
tuttavia di questo ci si potr fare unidea.
Per tre tratti di questa struttura religiosa sono gi al presente riconoscibili. In primo luogo
il capitalismo una pura religione cultuale, forse la pi estrema che si sia mai data. Tutto in
esso ha significato solo in relazione diretta al culto, esso non conosce alcuna dogmatica
particolare, alcuna teologia. Da questo punto di vista lutilitarismo assume la sua colora-
zione religiosa. A questa concrezione del culto connesso un secondo tratto del capitali-
smo: la durata permanente del culto. Il capitalismo la celebrazione di un culto sans rve
et sans merci. Qui non c nessun giorno feriale, nessun giorno che non sia un giorno di
festa nel senso terribile del dispiegamento di tutte le pompe sacrali, dellestremo impegno
delladorante. Questo culto , in terzo luogo, generatore di colpa. Il capitalismo , presumi-
bilmente, il primo caso di un culto che non toglie il peccato, ma genera la colpa. In ci questo
sistema religioso sta nella caduta di un immenso movimento. Unimmensa coscienza della
colpa, che non sa togliersi il peccato, fa ricorso al culto non per espiare in esso questa colpa,
bens per renderla universale, martellarla nella coscienza e infine e soprattutto includere
Dio stesso in questa colpa per infine interessare lui stesso allespiazione. Questultima non
la si deve qui attendere nel culto stesso, e nemmeno nella riforma di questa religione, che
dovrebbe potersi attenere a qualcosa di sicuro in essa, n nel rinnegarla. Inerisce alles-
senza di questo movimento religioso, che il capitalismo, il perdurare fino alla fine, fino alla
finale, piena colpevolizzazione di Dio, il raggiunto stato di disperazione del mondo che per ora
ancora si spera. In questo risiede lo storicamente inaudito del capitalismo, che la religione non
pi riforma dellessere, ma la sua distruzione. Lespansione della disperazione a stato reli-
gioso del mondo dal quale si debba attendere la salvezza. La trascendenza di Dio caduta.
Ma egli non morto, egli incluso nel destino delluomo. Questo passaggio del pianeta
uomo attraverso la casa della disperazione nellassoluta solitudine della sua orbita lethos
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Mensile anno III n.17
settembre 2001
Editore: Contrasto 2
Direzione: via della Farnesina 13, 00186 Roma
tel: 06-3336545; fax: 06-3336385
e mail: minimumfax @ flashnet.it
Direttore responsabile
Goffredo Fofi
Redazione
Vittorio Giacopini, Monica Nonno.
Corrispondenti
Torino: Giorgio Morbello, Luca Rastello;
Milano: Stefano Laffi, Luca Mosso;
Veneto: Federica Bellicanta, Nicola De cilia;
Firenze: Carmelo Argentieri, Enrico Nosei;
Roma: Roberto Koch, Michele Colucci,
Giulio Marcon; Perugia: Piergiorgio Giacch;
Napoli: Giuseppe Fonseca, Luca Rossomando;
Bari: Antongiulio Mancino;
Taranto: Alessandro Leogrande;
Palermo: Marcello Benfante, Emiliano Morreale.
Progetto grafico
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Illustrazioni
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da versare sul c.c./p. n 4549000 intestato
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Finito di stampare
Maggio 1997
Si collabora su invito della redazione;
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N 1 in attesa di registrazione
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73 Il cinema, prima e dopo
Roland Sejko
OPERE/GIORNI
78 Un romanzo-fiaba di Capitta
Goffredo Fofi
79 Glissant e la letteratura antillese
Paola Splendore
80 Il Gattopardo, romanzo e film
Paolo Mereghetti
82 Diritti e lattesa di Dio
Emiliano Morreale
85 Una storia di Gabriella Giandelli
Alessio Trabacchini
87 Pirandello illustrato da Rocchetti
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89 Ricordo di Chinua Achebe
Alessandro Jedlowski
94 Ricordo di Enzo Jannacci
Goffredo Fofi
96 Ricordo di Lucia Zannino
96 Letto, visto, ascoltato
Richard Ford, Paolo Di Paolo / Arendt,
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IL RACCONTO
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104 Straniero fra i suoi
Andrej Volos
a cura di Sergio Rapetti
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Dalia Mouin Rabbani
140 M. M. da Warry
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le illustrazioni sono
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Arlinda Dudaj, Luigi De Luca e lIstituto
di culture mediterranee della Provincia
di Lecce; e inoltre Beatrice Buzi,
Edo Chieregato, Ever Fadlon, Francesca
Ferretti, Gloria Grandinetti, Roberto
La Forgia, Ludovico Orsini, Daniele
Papalini, Simona Parisi, Lorenzo
Pavolini, Hanan Rabbani, Mariuccia
Salvati, Carola Susani, Federico Varese,
le case editrici Jaca Book e Alessandro
Berardinelli, e per il fumetto lantologia
autoprodotta delebile HOME.
Metodologicamente si dovrebbe innanzitutto indagare quali collegamenti con il mito abbia
istituito il denaro nella storia, fino a che dal cristianesimo ha potuto trarre a s cos tanti
elementi mitici da poter costituire il proprio mito.
Guidrigildo / Thesaurus delle buone opere / compenso che dovuto al prete. Plutone come
dio della ricchezza.
Adam Mller: Reden ber die Beredsamkeit 1816 p. 56 ss.
Connessione con il capitalismo del dogma della natura risolutiva, per noi in questa [sua]
qualit al tempo stesso redentiva e omicida, del sapere: il bilancio come il sapere redenti-
vo e liquidatorio.
Contribuisce alla conoscenza del capitalismo come religione il richiamare alla mente che il
paganesimo originario di sicuro ha concepito in primo luogo la religione non come un interesse
superiore, morale bens come linteresse pi immediato, pratico, che cio, in altre paro-
le, proprio come lodierno capitalismo, non stato affatto in chiaro circa la propria natura
ideale o trascendente, e anzi nellindividuo irreligioso o eterodosso della sua comunit
vedeva un membro certo di essa, proprio nel senso in cui la borghesia odierna lo vede nei
suoi appartenenti non produttivi.
Un commento, oggi di Giorgio Agamben
1. Vi sono segni dei tempi (Mt.16, 2-4) che, pur evidenti, gli uomini, che scrutano i segni nei
cieli, non riescono a percepire. Essi si cristallizzano in eventi che annunciano e definiscono le-
poca che viene, eventi che possono passare inosservati e non alterare in nulla o quasi la realt
a cui si aggiungono e che, tuttavia, proprio per questo valgono come segni, come indici stori-
ci, semeia ton kairon. Uno di questi eventi ebbe luogo il 15 agosto del 1971, quando il gover-
no americano, sotto la presidenza di Richard Nixon, dichiar che la convertibilit del dollaro
in oro era sospesa. Bench questa dichiarazione segnasse di fatto la fine di un sistema che
aveva vincolato a lungo il valore della moneta a una base aurea, la notizia, giunta nel pieno
delle vacanze estive, suscit meno discussioni di quanto fosse legittimo aspettarsi. Eppure, a
partire da quel momento, liscrizione che tuttora si legge su molte banconote (per esempio
sulla sterlina e sulla rupia, ma non sulleuro): Prometto di pagare al portatore la somma di
controfirmata dal governatore della banca centrale, aveva definitivamente perduto il suo
senso. Questa frase significava ora che, in cambio di quel biglietto, la banca centrale avrebbe
fornito a chi ne avesse fatto richiesta (ammesso che qualcuno fosse stato cos sciocco da richie-
derlo) non una certa quantit di oro (per il dollaro, un trentacinquesimo di unoncia), ma un
biglietto esattamente uguale. Il denaro si era svuotato di ogni valore che non fosse puramen-
te autoreferenziale. Tanto pi stupefacente la facilit con cui il gesto del sovrano americano,
che equivaleva ad annullare il patrimonio aureo dei possessori di denaro, fu accettato. E, se, come
stato suggerito, lesercizio della sovranit monetaria da parte di uno Stato consiste nella sua
capacit di indurre gli attori del mercato a impiegare i suoi debiti come moneta, ora anche quel
debito aveva perduto ogni consistenza reale, era divenuto puramente cartaceo.
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che costituisce Nietzsche. Questuomo il superuomo, il primo che riconoscendo la reli-
gione capitalistica inizia ad adempierla. Il quarto tratto di essa che il suo Dio devessere
tenuto segreto, ci si pu rivolgere a lui solo allo zenit della sua colpevolizzazione. Il culto
viene celebrato davanti a una divinit ancora immatura, ogni idea, ogni pensiero rivoltole
ferisce il mistero della sua maturazione.
La teoria di Freud appartiene anchessa al dominio sacerdotale di questo culto. pensata
in modo totalmente capitalistico. Il rimosso, lidea peccaminosa per la pi profonda analogia,
ancora da chiarire pienamente, il capitale che paga gli interessi allinferno dellinconscio.
II tipo del pensiero religioso capitalistico si trova espresso magnificamente nella filosofia di
Nietzsche. Lidea del superuomo sposta il salto apocalittico non nella conversione, nel-
lespiazione, nella purificazione, nella penitenza bens nellincremento apparentemente
costante, ma nellultimo suo tratto esplosivo, discontinuo. Perci sono inconciliabili lincre-
mento e lo sviluppo nel senso del non facit saltum. Il superuomo luomo storico arrivato
senza conversione, quello cresciuto oltre il cielo. Questo far esplodere il cielo per mezzo di
umano intensificato, che religiosamente e rimane (anche per Nietzsche) produzione di
colpa, lo ha pregiudicato Nietzsche. E analogamente Marx: il capitalismo che non si con-
verte diviene, con gli interessi e gli interessi composti, che sono in quanto tali funzione della
colpa/debito (vedi la demoniaca ambiguit di questo concetto), socialismo.
Il capitalismo una religione di puro culto, senza dogma.
II capitalismo come devesser da dimostrare non solo nel calvinismo, ma nelle restanti dire-
zioni cristiane ortodosse in occidente si sviluppato parassitariamente sul cristianesimo e
in modo tale che alla fine nellessenziale la sua storia quella del suo parassita, del capitalismo.
Confronto tra le immagini dei santi di diverse religioni da un lato e le banconote di diversi stati
dallaltro.
Lo spirito che parla dellornamentio delle banconote.
Capitalismo e diritto. Carattere pagano del diritto. Sorel Reflexions sur la violence p. 262
Superamento del capitalismo tramite la migrazione Unger Politik und Metaphysik p. 44
Fuchs: struttura della societ capitalistica o s.
Max Weber: Ges. Aufstze zur Religionssoziologie 2. Bd. 1919/20
Ernst Troeltsch: Die Soziallehren der chr. Kirchen und Gruppen (Ges. W. 1912)
Vedi innanzitutto la letteratura citata in Schnberg sotto II Landauer: Aufruf zum Sozialismus
p. 144
Le preoccupazioni: una malattia dello spirito che propria dellepoca capitalistica. Assenza
spirituale (non materiale) di via duscita nella povert, monachesimo vaganti mendican-
ti. Uno stato che cos privo di via duscita e colpevolizzante. Le preoccupazioni sono lin-
dice di questa coscienza della colpa dellassenza di via duscita. Preoccupazioni insorgo-
no nellangoscia dellassenza di via duscita commisurata alla comunit, non in quella indi-
viduale-materiale.
Il cristianesimo dellet della Riforma non ha favorito il sorgere del capitalismo, bens si
tramutato nel capitalismo.
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Metodologicamente si dovrebbe innanzitutto indagare quali collegamenti con il mito abbia
istituito il denaro nella storia, fino a che dal cristianesimo ha potuto trarre a s cos tanti
elementi mitici da poter costituire il proprio mito.
Guidrigildo / Thesaurus delle buone opere / compenso che dovuto al prete. Plutone come
dio della ricchezza.
Adam Mller: Reden ber die Beredsamkeit 1816 p. 56 ss.
Connessione con il capitalismo del dogma della natura risolutiva, per noi in questa [sua]
qualit al tempo stesso redentiva e omicida, del sapere: il bilancio come il sapere redenti-
vo e liquidatorio.
Contribuisce alla conoscenza del capitalismo come religione il richiamare alla mente che il
paganesimo originario di sicuro ha concepito in primo luogo la religione non come un interesse
superiore, morale bens come linteresse pi immediato, pratico, che cio, in altre paro-
le, proprio come lodierno capitalismo, non stato affatto in chiaro circa la propria natura
ideale o trascendente, e anzi nellindividuo irreligioso o eterodosso della sua comunit
vedeva un membro certo di essa, proprio nel senso in cui la borghesia odierna lo vede nei
suoi appartenenti non produttivi.
Un commento, oggi di Giorgio Agamben
1. Vi sono segni dei tempi (Mt.16, 2-4) che, pur evidenti, gli uomini, che scrutano i segni nei
cieli, non riescono a percepire. Essi si cristallizzano in eventi che annunciano e definiscono le-
poca che viene, eventi che possono passare inosservati e non alterare in nulla o quasi la realt
a cui si aggiungono e che, tuttavia, proprio per questo valgono come segni, come indici stori-
ci, semeia ton kairon. Uno di questi eventi ebbe luogo il 15 agosto del 1971, quando il gover-
no americano, sotto la presidenza di Richard Nixon, dichiar che la convertibilit del dollaro
in oro era sospesa. Bench questa dichiarazione segnasse di fatto la fine di un sistema che
aveva vincolato a lungo il valore della moneta a una base aurea, la notizia, giunta nel pieno
delle vacanze estive, suscit meno discussioni di quanto fosse legittimo aspettarsi. Eppure, a
partire da quel momento, liscrizione che tuttora si legge su molte banconote (per esempio
sulla sterlina e sulla rupia, ma non sulleuro): Prometto di pagare al portatore la somma di
controfirmata dal governatore della banca centrale, aveva definitivamente perduto il suo
senso. Questa frase significava ora che, in cambio di quel biglietto, la banca centrale avrebbe
fornito a chi ne avesse fatto richiesta (ammesso che qualcuno fosse stato cos sciocco da richie-
derlo) non una certa quantit di oro (per il dollaro, un trentacinquesimo di unoncia), ma un
biglietto esattamente uguale. Il denaro si era svuotato di ogni valore che non fosse puramen-
te autoreferenziale. Tanto pi stupefacente la facilit con cui il gesto del sovrano americano,
che equivaleva ad annullare il patrimonio aureo dei possessori di denaro, fu accettato. E, se, come
stato suggerito, lesercizio della sovranit monetaria da parte di uno Stato consiste nella sua
capacit di indurre gli attori del mercato a impiegare i suoi debiti come moneta, ora anche quel
debito aveva perduto ogni consistenza reale, era divenuto puramente cartaceo.
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che costituisce Nietzsche. Questuomo il superuomo, il primo che riconoscendo la reli-
gione capitalistica inizia ad adempierla. Il quarto tratto di essa che il suo Dio devessere
tenuto segreto, ci si pu rivolgere a lui solo allo zenit della sua colpevolizzazione. Il culto
viene celebrato davanti a una divinit ancora immatura, ogni idea, ogni pensiero rivoltole
ferisce il mistero della sua maturazione.
La teoria di Freud appartiene anchessa al dominio sacerdotale di questo culto. pensata
in modo totalmente capitalistico. Il rimosso, lidea peccaminosa per la pi profonda analogia,
ancora da chiarire pienamente, il capitale che paga gli interessi allinferno dellinconscio.
II tipo del pensiero religioso capitalistico si trova espresso magnificamente nella filosofia di
Nietzsche. Lidea del superuomo sposta il salto apocalittico non nella conversione, nel-
lespiazione, nella purificazione, nella penitenza bens nellincremento apparentemente
costante, ma nellultimo suo tratto esplosivo, discontinuo. Perci sono inconciliabili lincre-
mento e lo sviluppo nel senso del non facit saltum. Il superuomo luomo storico arrivato
senza conversione, quello cresciuto oltre il cielo. Questo far esplodere il cielo per mezzo di
umano intensificato, che religiosamente e rimane (anche per Nietzsche) produzione di
colpa, lo ha pregiudicato Nietzsche. E analogamente Marx: il capitalismo che non si con-
verte diviene, con gli interessi e gli interessi composti, che sono in quanto tali funzione della
colpa/debito (vedi la demoniaca ambiguit di questo concetto), socialismo.
Il capitalismo una religione di puro culto, senza dogma.
II capitalismo come devesser da dimostrare non solo nel calvinismo, ma nelle restanti dire-
zioni cristiane ortodosse in occidente si sviluppato parassitariamente sul cristianesimo e
in modo tale che alla fine nellessenziale la sua storia quella del suo parassita, del capitalismo.
Confronto tra le immagini dei santi di diverse religioni da un lato e le banconote di diversi stati
dallaltro.
Lo spirito che parla dellornamentio delle banconote.
Capitalismo e diritto. Carattere pagano del diritto. Sorel Reflexions sur la violence p. 262
Superamento del capitalismo tramite la migrazione Unger Politik und Metaphysik p. 44
Fuchs: struttura della societ capitalistica o s.
Max Weber: Ges. Aufstze zur Religionssoziologie 2. Bd. 1919/20
Ernst Troeltsch: Die Soziallehren der chr. Kirchen und Gruppen (Ges. W. 1912)
Vedi innanzitutto la letteratura citata in Schnberg sotto II Landauer: Aufruf zum Sozialismus
p. 144
Le preoccupazioni: una malattia dello spirito che propria dellepoca capitalistica. Assenza
spirituale (non materiale) di via duscita nella povert, monachesimo vaganti mendican-
ti. Uno stato che cos privo di via duscita e colpevolizzante. Le preoccupazioni sono lin-
dice di questa coscienza della colpa dellassenza di via duscita. Preoccupazioni insorgo-
no nellangoscia dellassenza di via duscita commisurata alla comunit, non in quella indi-
viduale-materiale.
Il cristianesimo dellet della Riforma non ha favorito il sorgere del capitalismo, bens si
tramutato nel capitalismo.
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smo con gli interessi semplici e composti, che sono funzione della colpa si trasforma
immediatamente in socialismo.
3. Proviamo a prendere sul serio e a svolgere lipotesi di Benjamin. Se il capitalismo una reli-
gione, come possiamo definirlo in termini di fede? In che cosa crede il capitalismo? E che
cosa implica, rispetto a questa fede, la decisione di Nixon?
David Flsser, un grande studioso di scienza delle religioni esiste anche una disciplina con
questo strano nome stava lavorando sulla parola pistis, che il termine greco che Ges e
gli apostoli usavano per fede. Quel giorno si trovava per caso in una piazza di Atene e a
un certo punto, alzando gli occhi, vide scritto a caratteri cubitali davanti a s Trapeza tes
pisteos. Stupefatto per la coincidenza, guard meglio e dopo pochi secondi si rese conto di
trovarsi semplicemente davanti a una banca: trapeza tes pisteos significa in greco banco
di credito. Ecco qual era il senso della parola pistis, che stava cercando da mesi di capire:
pistis, fede semplicemente il credito di cui godiamo presso Dio e di cui la parola di Dio gode
presso di noi, dal momento che le crediamo. Per questi Paolo pu dire in una famosa defi-
nizione che la fede sostanza di cose sperate: essa ci che d realt e credito a ci che
non esiste ancora, ma in cui crediamo e abbiamo fiducia, in cui abbiamo messo in gioco il
nostro credito e la nostra parola. Creditum il participio passato del verbo latino credere:
ci in cui crediamo, in cui mettiamo la nostra fede, nel momento in cui stabiliamo una relazione
fiduciaria con qualcuno prendendolo sotto la nostra protezione o prestandogli del denaro, affi-
dandoci alla sua protezione o prendendo in prestito del denaro. Nella pistis paolina rivive, cio,
quellantichissima istituzione indoeuropea che Benveniste ha ricostruito, la fedelt perso-
nale: Colui che detiene la fides messa in lui da un uomo tiene questuomo in suo potere
Nella sua forma primitiva, questa relazione implica una reciprocit: mettere la propria fides
in qualcuno procurava, in cambio, la sua garanzia e il suo aiuto.
Se questo vero, allora lipotesi di Benjamin di uno stretta relazione fra capitalismo e cristia-
nesimo riceve una conferma ulteriore: il capitalismo una religione interamente fondata sulla
fede, una religione i cui adepti vivono sola fide. E come, secondo Benjamin, il capitalismo una
religione in cui il culto si emancipato da ogni oggetto e la colpa da ogni peccato e, quindi,
da ogni possibile redenzione, cos, dal punto di vista della fede, il capitalismo non ha alcun
oggetto: crede nel puro fatto di credere, nel puro credito (believes in the pure belief ) cio:
nel denaro. Il capitalismo , cio, una religione in cui la fede il credito si sostituita a Dio: detto
altrimenti, poich la forma pura del credito il denaro, una religione il cui Dio il denaro.
Ci significa che la banca, che non nientaltro che una macchina per fabbricare e gestire
credito (Braudel, 368), ha preso il posto della chiesa e, governando il credito, manipola e
gestisce la fede la scarsa, incerta fiducia che il nostro tempo ha ancora in se stesso.
4. Che cosa ha significato, per questa religione, la decisione di sospendere la convertibilit
in oro? Certamente qualcosa come una chiarificazione del proprio contenuto teologico para-
gonabile alla distruzione mosaica del vitello doro o alla fissazione di un dogma conciliare
in ogni caso, un passo decisivo verso la purificazione e la cristallizzazione della propria
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Il processo di smaterializzazione della moneta era cominciato molti secoli prima, quando le esi-
genze del mercato indussero ad affiancare alla moneta metallica, necessariamente scarsa e
ingombrante, lettere di cambio, banconote, juros, goldschmiths notes, eccetera. Tutte que-
ste monete cartacee sono in realt titoli di credito e vengono dette, per questo, monete fidu-
ciarie. La moneta metallica, invece, valeva o avrebbe dovuto valere per il suo contenuto di
metallo pregiato (peraltro, com noto, insicuro: il caso limite quelle delle monete dar-
gento coniate da Federico II, che appena usate lasciavano scorgere il rosso del rame). Tuttavia
Schumpeter (che viveva, vero, in unepoca in cui la moneta cartacea aveva ormai sopraffatto
la moneta metallica) ha potuto affermare non senza ragione che, in ultima analisi, tutto il
denaro solo credito. Dopo il 15 agosto 1971, si dovrebbe aggiungere che il denaro un cre-
dito che si fonda soltanto su se stesso e che non corrisponde altro che a se stesso.
2. Il capitalismo come religione il titolo di uno dei pi penetranti frammenti postumi di
Benjamin.
Che il socialismo fosse qualcosa come una religione, stato notato pi volte (tra laltro, da
Schmitt: Il socialismo pretende di dar vita a una nuova religione che per gli uomini del XIX
e XX secolo ebbe lo stesso significato del cristianesimo per gli uomini di due millenni fa).
Secondo Benjamin, il capitalismo non rappresenta soltanto, come in Weber, una secolariz-
zazione della fede protestante, ma esso stesso essenzialmente un fenomeno religioso,
che si sviluppa in modo parassitario a partire dal Cristianesimo. Come tale, come religione della
modernit, esso definito da tre caratteri: 1. una religione cultuale, forse la pi estrema
e assoluta che sia mai esistita. Tutto in essa ha significato solo in riferimento al compimen-
to di un culto, non rispetto a un dogma o a unidea. 2. Questo culto permanente, la cele-
brazione di un culto sans trve et sans merci. Non possibile, qui, distinguere tra giorni di
festa e giorni lavorativi, ma vi un unico, ininterrotto giorno di festa-lavoro, in cui il lavoro coin-
cide con la celebrazione del culto. 3. Il culto capitalista non diretto alla redenzione o alle-
spiazione di una colpa, ma alla colpa stessa. Il capitalismo forse lunico caso di un culto non
espiante, ma colpevolizzante Una mostruosa coscienza colpevole che non conosce reden-
zione si trasforma in culto, non per espiare in questo la sua colpa, ma per renderla universale
e per catturare alla fine Dio stesso nella colpa Dio non morto, ma stato incorporato nel
destino delluomo.
Proprio perch tende con tutte le sue forze non alla redenzione, ma alla colpa, non alla spe-
ranza, ma alla disperazione, il capitalismo come religione non mira alla trasformazione del
mondo, ma alla sua distruzione. E il suo dominio nel nostro tempo cos totale, che anche i
tre grandi profeti della modernit (Nietzsche, Marx e Freud) cospirano, secondo Benjamin, con
esso, sono solidali, in qualche modo, con la religione della disperazione. Questo passaggio
del pianeta uomo attraverso la casa della disperazione nellassoluta solitudine del suo per-
corso lethos che definisce Nietzsche. Questuomo il Superuomo, cio il primo uomo che
comincia consapevolmente a realizzare la religione capitalista. Ma anche la teoria freudia-
na appartiene al sacerdozio del culto capitalista: Il rimosso, la rappresentazione peccami-
nosa il capitale, su cui linferno dellinconscio paga gli interessi. E, in Marx, il capitali-
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smo con gli interessi semplici e composti, che sono funzione della colpa si trasforma
immediatamente in socialismo.
3. Proviamo a prendere sul serio e a svolgere lipotesi di Benjamin. Se il capitalismo una reli-
gione, come possiamo definirlo in termini di fede? In che cosa crede il capitalismo? E che
cosa implica, rispetto a questa fede, la decisione di Nixon?
David Flsser, un grande studioso di scienza delle religioni esiste anche una disciplina con
questo strano nome stava lavorando sulla parola pistis, che il termine greco che Ges e
gli apostoli usavano per fede. Quel giorno si trovava per caso in una piazza di Atene e a
un certo punto, alzando gli occhi, vide scritto a caratteri cubitali davanti a s Trapeza tes
pisteos. Stupefatto per la coincidenza, guard meglio e dopo pochi secondi si rese conto di
trovarsi semplicemente davanti a una banca: trapeza tes pisteos significa in greco banco
di credito. Ecco qual era il senso della parola pistis, che stava cercando da mesi di capire:
pistis, fede semplicemente il credito di cui godiamo presso Dio e di cui la parola di Dio gode
presso di noi, dal momento che le crediamo. Per questi Paolo pu dire in una famosa defi-
nizione che la fede sostanza di cose sperate: essa ci che d realt e credito a ci che
non esiste ancora, ma in cui crediamo e abbiamo fiducia, in cui abbiamo messo in gioco il
nostro credito e la nostra parola. Creditum il participio passato del verbo latino credere:
ci in cui crediamo, in cui mettiamo la nostra fede, nel momento in cui stabiliamo una relazione
fiduciaria con qualcuno prendendolo sotto la nostra protezione o prestandogli del denaro, affi-
dandoci alla sua protezione o prendendo in prestito del denaro. Nella pistis paolina rivive, cio,
quellantichissima istituzione indoeuropea che Benveniste ha ricostruito, la fedelt perso-
nale: Colui che detiene la fides messa in lui da un uomo tiene questuomo in suo potere
Nella sua forma primitiva, questa relazione implica una reciprocit: mettere la propria fides
in qualcuno procurava, in cambio, la sua garanzia e il suo aiuto.
Se questo vero, allora lipotesi di Benjamin di uno stretta relazione fra capitalismo e cristia-
nesimo riceve una conferma ulteriore: il capitalismo una religione interamente fondata sulla
fede, una religione i cui adepti vivono sola fide. E come, secondo Benjamin, il capitalismo una
religione in cui il culto si emancipato da ogni oggetto e la colpa da ogni peccato e, quindi,
da ogni possibile redenzione, cos, dal punto di vista della fede, il capitalismo non ha alcun
oggetto: crede nel puro fatto di credere, nel puro credito (believes in the pure belief ) cio:
nel denaro. Il capitalismo , cio, una religione in cui la fede il credito si sostituita a Dio: detto
altrimenti, poich la forma pura del credito il denaro, una religione il cui Dio il denaro.
Ci significa che la banca, che non nientaltro che una macchina per fabbricare e gestire
credito (Braudel, 368), ha preso il posto della chiesa e, governando il credito, manipola e
gestisce la fede la scarsa, incerta fiducia che il nostro tempo ha ancora in se stesso.
4. Che cosa ha significato, per questa religione, la decisione di sospendere la convertibilit
in oro? Certamente qualcosa come una chiarificazione del proprio contenuto teologico para-
gonabile alla distruzione mosaica del vitello doro o alla fissazione di un dogma conciliare
in ogni caso, un passo decisivo verso la purificazione e la cristallizzazione della propria
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Il processo di smaterializzazione della moneta era cominciato molti secoli prima, quando le esi-
genze del mercato indussero ad affiancare alla moneta metallica, necessariamente scarsa e
ingombrante, lettere di cambio, banconote, juros, goldschmiths notes, eccetera. Tutte que-
ste monete cartacee sono in realt titoli di credito e vengono dette, per questo, monete fidu-
ciarie. La moneta metallica, invece, valeva o avrebbe dovuto valere per il suo contenuto di
metallo pregiato (peraltro, com noto, insicuro: il caso limite quelle delle monete dar-
gento coniate da Federico II, che appena usate lasciavano scorgere il rosso del rame). Tuttavia
Schumpeter (che viveva, vero, in unepoca in cui la moneta cartacea aveva ormai sopraffatto
la moneta metallica) ha potuto affermare non senza ragione che, in ultima analisi, tutto il
denaro solo credito. Dopo il 15 agosto 1971, si dovrebbe aggiungere che il denaro un cre-
dito che si fonda soltanto su se stesso e che non corrisponde altro che a se stesso.
2. Il capitalismo come religione il titolo di uno dei pi penetranti frammenti postumi di
Benjamin.
Che il socialismo fosse qualcosa come una religione, stato notato pi volte (tra laltro, da
Schmitt: Il socialismo pretende di dar vita a una nuova religione che per gli uomini del XIX
e XX secolo ebbe lo stesso significato del cristianesimo per gli uomini di due millenni fa).
Secondo Benjamin, il capitalismo non rappresenta soltanto, come in Weber, una secolariz-
zazione della fede protestante, ma esso stesso essenzialmente un fenomeno religioso,
che si sviluppa in modo parassitario a partire dal Cristianesimo. Come tale, come religione della
modernit, esso definito da tre caratteri: 1. una religione cultuale, forse la pi estrema
e assoluta che sia mai esistita. Tutto in essa ha significato solo in riferimento al compimen-
to di un culto, non rispetto a un dogma o a unidea. 2. Questo culto permanente, la cele-
brazione di un culto sans trve et sans merci. Non possibile, qui, distinguere tra giorni di
festa e giorni lavorativi, ma vi un unico, ininterrotto giorno di festa-lavoro, in cui il lavoro coin-
cide con la celebrazione del culto. 3. Il culto capitalista non diretto alla redenzione o alle-
spiazione di una colpa, ma alla colpa stessa. Il capitalismo forse lunico caso di un culto non
espiante, ma colpevolizzante Una mostruosa coscienza colpevole che non conosce reden-
zione si trasforma in culto, non per espiare in questo la sua colpa, ma per renderla universale
e per catturare alla fine Dio stesso nella colpa Dio non morto, ma stato incorporato nel
destino delluomo.
Proprio perch tende con tutte le sue forze non alla redenzione, ma alla colpa, non alla spe-
ranza, ma alla disperazione, il capitalismo come religione non mira alla trasformazione del
mondo, ma alla sua distruzione. E il suo dominio nel nostro tempo cos totale, che anche i
tre grandi profeti della modernit (Nietzsche, Marx e Freud) cospirano, secondo Benjamin, con
esso, sono solidali, in qualche modo, con la religione della disperazione. Questo passaggio
del pianeta uomo attraverso la casa della disperazione nellassoluta solitudine del suo per-
corso lethos che definisce Nietzsche. Questuomo il Superuomo, cio il primo uomo che
comincia consapevolmente a realizzare la religione capitalista. Ma anche la teoria freudia-
na appartiene al sacerdozio del culto capitalista: Il rimosso, la rappresentazione peccami-
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fede. Questa nella forma del denaro e del credito si emancipa ora da ogni referente ester-
no, cancella il suo nesso idolatrico con loro e si afferma nella sua assolutezza. Il credito
un essere puramente immateriale, la pi perfetta parodia di quella pistis che non che
sostanza di cose sperate. La fede cos recitava la celebre definizione della Lettera agli
ebrei sostanza ousia, termine tecnico per eccellenza dellontologia greca delle cose spe-
rate. Quel che Paolo intende che colui che ha fede, che ha messo la sua pistis in Cristo,
prende la parola di Cristo come se fosse la cosa, lessere, la sostanza. Ma proprio questo
come se che la parodia della religione capitalista cancella. Il denaro, la nuova pistis, ora
immediatamente e senza residui sostanza. Il carattere distruttivo della religione capitalista,
di cui Benjamin parlava, appare qui in piena evidenza. La cosa sperata non c pi, stata
annientata e deve esserlo, perch il denaro lessenza stessa della cosa, la sua ousia in
senso tecnico. E, in questo modo, viene tolto di mezzo lultimo ostacolo alla creazione di un
mercato della moneta, alla trasformazione integrale del denaro in merce.
5. Una societ la cui religione il credito, che crede soltanto nel credito, condannata a
vivere a credito. Robert Kurz ha illustrato la trasformazione del capitalismo ottocentesco,
ancora fondato sulla solvenza e sulla diffidenza rispetto al credito, nel capitalismo finan-
ziario contemporaneo. Per il capitale privato ottocentesco, con i suoi proprietari personali
e con i relativi clan familiari, valevano ancora i principi della rispettabilit e della solvenza, alla
luce dei quali il sempre maggior ricorso al credito appariva quasi come osceno, come linizio
della fine. La letteratura dappendice dellepoca piena di storie in cui grandi casate vanno
in rovina a causa della loro dipendenza dal credito: in alcuni passi dei Buddenbrook, Thomas
Mann ne ha fatto addirittura un tema da premio Nobel. Il capitale produttivo di interessi era
naturalmente fin dallinizio indispensabile per il sistema che si stava formando, ma non
aveva ancora una parte decisiva nella riproduzione capitalistica complessiva. Gli affari del
capitale fittizio erano considerati tipici di un ambiente di imbroglioni e di gente disonesta,
al margine del capitalismo vero e proprio Ancora Henry Ford ha rifiutato per parecchio
tempo il ricorso al credito bancario, ostinandosi a voler finanziare i suoi investimenti solo
con il proprio capitale (R.Kurz, La fine della politica e lapoteosi del denaro, Roma 1997,
p.76-77; Die Himmelfahrt des geldes, in Krisis, 16,17, 1995).
Nel corso del XIX secolo, questa concezione patriarcale si completamente dissolta e il capi-
tale aziendale fa oggi ricorso in misura crescente al capitale monetario, preso in prestito
dal sistema bancario. Ci significa che le aziende, per poter continuare a produrre, devono per
cos dire ipotecare anticipamente quantit sempre maggiori del lavoro e della produzione
futura. Il capitale produttore di merci si alimenta fittiziamente del proprio futuro. La religio-
ne capitalista, coerentemente alle tesi di Benjamin, vive di un continuo indebitamento, che
non pu n deve essere estinto. Ma non sono soltanto le aziende a vivere, in questo senso,
sola fide, a credito (o a debito). Anche gli individui e le famiglie, che vi ricorrono in maniera
crescente, sono altrettanto religiosamente impegnati in questo continuo e generalizzato
atto di fede sul futuro. E la Banca il sommo sacerdote che amministra ai fedeli lunico sacra-
mento della religione capitalista: il credito-debito.
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Carlo Donolo si chiede cosa ci hanno svelato le ultime elezioni del nostro paese
e dei suoi politici, Enzo Ferrara parla del Tav a partire dallinchiesta
di De Benedetti e Rastello. Andrea Toma esamina i dati sulla mobilit sociale,
Stefano Guerriero riflette sul triplice suicidio da nuova povert di Civitanova Marche
e Alberto Grossi ci offre dati impressionanti sulla voga del gioco dazzardo.
Sul nuovo Papa, esprime attenzione e speranza Giancarlo Gaeta
mentre Iacopo Scaramuzzi, vaticanista, racconta
il contesto della sua inattesa elezione.
fede. Questa nella forma del denaro e del credito si emancipa ora da ogni referente ester-
no, cancella il suo nesso idolatrico con loro e si afferma nella sua assolutezza. Il credito
un essere puramente immateriale, la pi perfetta parodia di quella pistis che non che
sostanza di cose sperate. La fede cos recitava la celebre definizione della Lettera agli
ebrei sostanza ousia, termine tecnico per eccellenza dellontologia greca delle cose spe-
rate. Quel che Paolo intende che colui che ha fede, che ha messo la sua pistis in Cristo,
prende la parola di Cristo come se fosse la cosa, lessere, la sostanza. Ma proprio questo
come se che la parodia della religione capitalista cancella. Il denaro, la nuova pistis, ora
immediatamente e senza residui sostanza. Il carattere distruttivo della religione capitalista,
di cui Benjamin parlava, appare qui in piena evidenza. La cosa sperata non c pi, stata
annientata e deve esserlo, perch il denaro lessenza stessa della cosa, la sua ousia in
senso tecnico. E, in questo modo, viene tolto di mezzo lultimo ostacolo alla creazione di un
mercato della moneta, alla trasformazione integrale del denaro in merce.
5. Una societ la cui religione il credito, che crede soltanto nel credito, condannata a
vivere a credito. Robert Kurz ha illustrato la trasformazione del capitalismo ottocentesco,
ancora fondato sulla solvenza e sulla diffidenza rispetto al credito, nel capitalismo finan-
ziario contemporaneo. Per il capitale privato ottocentesco, con i suoi proprietari personali
e con i relativi clan familiari, valevano ancora i principi della rispettabilit e della solvenza, alla
luce dei quali il sempre maggior ricorso al credito appariva quasi come osceno, come linizio
della fine. La letteratura dappendice dellepoca piena di storie in cui grandi casate vanno
in rovina a causa della loro dipendenza dal credito: in alcuni passi dei Buddenbrook, Thomas
Mann ne ha fatto addirittura un tema da premio Nobel. Il capitale produttivo di interessi era
naturalmente fin dallinizio indispensabile per il sistema che si stava formando, ma non
aveva ancora una parte decisiva nella riproduzione capitalistica complessiva. Gli affari del
capitale fittizio erano considerati tipici di un ambiente di imbroglioni e di gente disonesta,
al margine del capitalismo vero e proprio Ancora Henry Ford ha rifiutato per parecchio
tempo il ricorso al credito bancario, ostinandosi a voler finanziare i suoi investimenti solo
con il proprio capitale (R.Kurz, La fine della politica e lapoteosi del denaro, Roma 1997,
p.76-77; Die Himmelfahrt des geldes, in Krisis, 16,17, 1995).
Nel corso del XIX secolo, questa concezione patriarcale si completamente dissolta e il capi-
tale aziendale fa oggi ricorso in misura crescente al capitale monetario, preso in prestito
dal sistema bancario. Ci significa che le aziende, per poter continuare a produrre, devono per
cos dire ipotecare anticipamente quantit sempre maggiori del lavoro e della produzione
futura. Il capitale produttore di merci si alimenta fittiziamente del proprio futuro. La religio-
ne capitalista, coerentemente alle tesi di Benjamin, vive di un continuo indebitamento, che
non pu n deve essere estinto. Ma non sono soltanto le aziende a vivere, in questo senso,
sola fide, a credito (o a debito). Anche gli individui e le famiglie, che vi ricorrono in maniera
crescente, sono altrettanto religiosamente impegnati in questo continuo e generalizzato
atto di fede sul futuro. E la Banca il sommo sacerdote che amministra ai fedeli lunico sacra-
mento della religione capitalista: il credito-debito.
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Carlo Donolo si chiede cosa ci hanno svelato le ultime elezioni del nostro paese
e dei suoi politici, Enzo Ferrara parla del Tav a partire dallinchiesta
di De Benedetti e Rastello. Andrea Toma esamina i dati sulla mobilit sociale,
Stefano Guerriero riflette sul triplice suicidio da nuova povert di Civitanova Marche
e Alberto Grossi ci offre dati impressionanti sulla voga del gioco dazzardo.
Sul nuovo Papa, esprime attenzione e speranza Giancarlo Gaeta
mentre Iacopo Scaramuzzi, vaticanista, racconta
il contesto della sua inattesa elezione.
governati. Predilezione antica questa, che ha fatto parlare di non-governo, di tirare a cam-
pare, e simili. Oggi in verit difficile negare la necessit di essere governati, ovvero di
farsi governare, se possibile bene (sul problema del governare e del farsi governare ho
scritto in Larte di governare, edito da Donzelli), data la natura dei problemi e la loro urgen-
za. Ma molti italiani sono evidentemente convinti che meglio rinunciare alla speranza di
un governo, o meglio ancora smetterla di dover temere di esser governati (e qui vale non solo
Monti, ma gi il lontano ricordo di Prodi). Si tratta di un 40% dellelettorato tra berlusconiani
di lungo corso e astensionisti cronici. Diciamo che questo blocco che preferisce non esse-
re governato (la restituzione dellImu come non-governo) ritiene che le rendite accumula-
te vadano ben difese e permettano anche una sopravvivenza fino a un dopo i cui contorni
sono troppo incerti per meritare di essere delineati. Possiamo parlare di un partito implicito,
e non tanto, di elettori che preferiscono il malgoverno al buon governo, il poco governo al
tanto, o magari anche un governo forte con i deboli e galante con i forti. Questo blocco c
sempre stato, gi quandera nascosto nel ventre molle della balena bianca, e poi ha tro-
vato la sua collocazione ideale tra astensione, Berlusconi, centrismi caserecci e inconclu-
denti, velleit giustizialiste. Questa grossa parte del populismo nostrano quel moderatismo
radicalmente menefreghista e defezionista che caratterizza larghe zone dei ceti medi infoia-
ti e sempre alla ricerca sia di capri espiatori, sia di capi dal carisma notoriamente fasullo
(fa sempre bene rileggersi il Gadda di Eros e Priapo). La paura che questa vasta palude
trasmette ai progressisti li ha sempre frenati e casomai tentati a concessioni, offerte e
imbruoglie. Essa opera, quando non direttamente al potere come negli anni di Berlusconi,
per interdizione e potere di veto, tra rivolta, secessione ed evasione fiscale.
E si pu notare ancora che, sebbene non si sia parlato mai tanto di un centro moderato
come asse del governo del Paese, esso dopo la Dc non sia mai davvero esistito. Il cen-
trismo moderato in senso proprio una piccola minoranza, un po come lo erano i vecchi libe-
rali. Il centro politico invece occupato da estremisti: qualunquisti, giustizialisti, egoisti, affa-
risti del risentimento, pieni di pregiudizi sociali e culturali, fino alla xenofobia e al razzi-
smo, cattolici atei in tutto e per tutto, laici mai. Ora sappiamo con certezza che il centro
non c. Al suo posto c un triangolo di attori politici reciprocamente incompatibili. Si pu
almeno fare la previsione che queste tre formazioni sono altamente instabili: il Pdl in primis,
e appena il suo padrone uscir forzatamente di scena; il Pd perch eterogeneo e pronto a
implodere, non essendoci una cultura riformista condivisa; i 5 stelle perch sono appena nati
e crescendo si differenzieranno. Per arrivare da qui a un certo bipolarismo attenuato, ma
comunque finalizzato alla governabilit, ce ne vuole. Anche di tempo.
Ancora va notata la fine delle ali estreme, dato che ora tutto concentrato nel nuovismo
grillino. Restano al margine, ma ormai quasi non pi in Parlamento, massi erratici della
glaciazione della sinistra che fu. Politicamente non pesano, ed bene passarne la curate-
la agli storici. Sembra che in gran parte anche i movimenti pi contestatari siano confluiti
sui 5 stelle, dal contro alla tabula rasa. Si vedr.
Ma si potrebbe obiettare che la domanda di discontinuit c stata ed il dato principale.
Molte cose politiche davvero sono nuove. Forme di comunicazione, parole, slogan, perfino
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Cosa ci dicono dellItalia
le elezioni e il dopo elezioni di Carlo Donolo
Disponiamo di molte interpretazioni delle elezioni politiche recenti, in termini di mutamento del
sistema dei partiti, di flussi elettorali, di mutanti forme del discorso e della comunicazione.
Per certi versi ne sappiamo anche troppo, e alla fine vorremmo saperne anche meno. Siamo
passati dalla padella alla brace, dallipergovernabilit tecnica allassenza di governo. Anche
se in questo marasma (sto scrivendo nei primi giorni di aprile) crediamo di capirci qualco-
sa, resta il disorientamento di fondo, lincertezza delle prospettive si mangia ogni illusione
di futuro, e siamo nellinsieme pi frustrati che indignati. Ma di quale noi sto parlando?
Penso che si riferisca non solo alla platea decrescente degli elettori progressisti, ma anche
a quelle minoranze di gente perbene che presumo alligni anche e fin dentro le altre forze
politiche. Del resto solo a loro la grande minoranza del paese vale la pena qui rivolgersi,
tentando di orientarsi in una situazione oggettivamente molto compromessa e con poche
vie duscita.
1. E allora? Tra le tante cose che si potrebbero ricavare dalla lettura dei fatti e dei dati, fina-
lizzata innanzitutto per chiarire a se stessi il punto di svolta e/o di inabissamento cui siamo
prossimi, eccone alcune, quasi scelte a caso.
E gi la prima ci mostra come possibile e probabile che non ci sar n svolta n caduta
finale. Queste cose accadono pi a teatro che nella vita dei regimi politici. La crisi grave
ma gli infiniti intrecci, legami, vincoli, paraurti e paracadute che sono gi tesi rendono
improbabile la caduta finale. Anche la fine della Prima repubblica stata pi buffonesca
che tragica. Ugualmente la svolta, le riforme, come vengono chiamate quelle che nella
loro sostanza sociale sono davvero controriforme, il rinnovamento, addirittura una Terza
repubblica, appaiono tutte cose possibili, ma improbabili, e piuttosto sembra che ci sar un
trascinamento, un procedere vischioso, uno sbandare continuo. Perch un conto pro-
clamare voglie di riforma, un conto realizzarle, e la divaricazione tra intenzioni e risultati
in materie cos complicate deve essere data per scontata. difficile avviare un nuovo per-
corso per il quale manca un blocco riformistico degno di questo nome. Ci sono numerosi
nuovisti, ma tra di loro anche tanti incapaci. Il mutamento per imperativo e quindi qual-
cosa sembra che debba accadere, anche se lesito elettorale non lo rende probabile. Anche
la quasi equivalenza delle tre parti in gioco non aiuta. Per questo si invocano nuove ele-
zioni, di esito ancora pi incerto: i 5 stelle in ascesa o discesa? Il Pdl rampante o declinante
(quanti miracoli deve fare ancora il protagonista prediletto dei sarcasmi ipercolti di Cordero?),
e il Pd in declino melanconico o in rilancio ghibellino (o guelfo)? giusto porsi domande, ma
al momento inutile, forse anche impossibile, dare risposte.
Allora proseguiamo nella lettura. Un aspetto che mi colpisce, forse per i miei lontani studi
su governo debole e governabilit, che senza volerlo (?) gli elettori hanno distribuito le carte
in modo che sia difficile comunque governare, volendo quasi dire che meglio non essere
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