You are on page 1of 12

Demofobia

Il demos come minaccia del kratos



di Pierfranco Pellizzetti

La democrazia origina da, mobilita e ri-d forma al
conflitto popolare. Eppure c una caratteristica fon-
damentale di questa interdipendenza limita in modo
consistente le forme di rivendicazioni collettive e pub-
bliche tali da minacciare la vita e la propriet, sosti-
tuendole con una variet di interazioni altrettanto
visibili ma molto meno distruttive
Charles Tilly
1


In generale, qualsiasi potere, di qualunque
natura esso sia, quali che siano le mani in cui
riposto e in qualunque maniera esso stato
conferito, naturalmente nemico dei lumi
2
.
Marie Jean Antoine Nicolas de Caritat, marchese di Condorcet


Il problema dellassetto liberaldemocratico contemporaneo stato ben stilizzato da
Maurice Duverger quando ha parlato delle due facce dellOccidente, e cio
dellambivalenza di una soppressione dei privilegi aristocratici accompagnata dalla
creazione di nuove oligarchie attraverso la cristallizzazione legalizzata delle
ineguaglianze economiche. Su questa ambivalenza riflette Pierfranco Pellizzetti nel
suo libro, in prossima uscita per Mimesis, "Storia della paura gli inconfessabili
retropensieri dell'Occidente", di cui vi forniamo qui, per gentile concessione
dellautore, unanticipazione.



Plutodemocrazia: Dr. Jekyll e Mr. Hyde
Lo scandalo Datagate, limmenso apparato coperto per il controllo di qualsivoglia
comunicazione veicolata dalle reti mondiali telefoniche e internet, predisposto dalla
National Security Agency americana con il programma informatico PRISM (e ora
smascherato dallex tecnico della CIA Edward Snowden, lultimo di quelli che
Ignacio Ramonet chiama i paladini della libert di espressione
3
), stupisce per le
dimensioni quantitative del fenomeno (svariati miliardi di intercettazioni); non
sorprende certo per le logiche che sottende.

1
C. Tilly, Conflitto e democrazia in Europa, Bruno Mondatori, Milano 2010 pag. 39
2
Condorcet, Elogio dellistruzione pubblica, Manifestolibri, Roma 2002 pag. 7
3
I. Ramonet, Le Monde Diplomatique, Il Manifesto 13 luglio 2013
Saremmo forse in presenza secondo lo stereotipo marxiano rivisitato del solito
governo comitato daffari, strumento del quartier generale legge e ordine?
La faccenda ben pi complicata (e introversa) del semplice quanto consapevole
camuffamento di interessi dominanti. Sebbene saldature tra lites politiche ed
economiche siano perennemente allordine del giorno nella fisiologia del potere e i
governi tengano sempre in estrema considerazione quelli che sono i concreti rapporti
di forza in campo.
Non di questo si parla.
Il tema semmai sottotraccia e quasi subliminale, oltre lappercezione cosciente e
la concettualizzazione legittimata a ortodossia: il segno di una cattiva coscienza,
sempre oggetto di autocensura perbenistica, che accompagna la liberaldemocrazia fin
dai primi momenti della sua instaurazione; una sorta di sindrome duplicativa alla Dr.
Jekyll e Mr. Hyde come archetipo vittoriano della coesistenza schizofrenica di
personalit opposte nello stesso soggetto. Ergo, una patologia che si annida nei
riflessi condizionati e negli automatismi inconsci di unintera civilizzazione;
limmortale ipocrisia dellomaggio del vizio alla virt.
Maurice Duverger la definiva le due facce dellOccidente: lambivalenza della
soppressione dei privilegi aristocratici accompagnata dalla creazione di nuove
oligarchie attraverso la cristallizzazione legalizzata delle ineguaglianze economiche.
Lespressione usata dal costituzionalista francese plutodemocrazia
4
. Quel
particolare ibrido descritto con parole severe (e qualche forzatura polemica) da
Karl Polanyi. Lobiettivo delle grandi rivoluzioni, inglese e francese, era stato
quello di attuare la libert in campo economico; ma tale opera rimasta incompiuta.
Limpianto feudale del monopolio terriero sopravissuto alla rivoluzione sorto
cos il capitalismo, come un ibrido tra violenza e libert
5
.
Sicch, un sistema che alla luce del sole promette eguaglianza dei diritti e di
opportunit, mantenendo sottotraccia disparit di potere che ne contraddicono i
presupposti, abbisogna di un forte controllo sulla propria base sociale e altrettanto
elevati ambiti di segretezza: quellapparato disciplinare, in larga parte composto da
arsenali comunicativi a messa in funzione automatica, esplorato con particolare
acume nella seconda met del secolo scorso da Michel Foucault nelle sue riflessioni
sulla modalit panoptica del potere; che dietro un quadro giuridico codificato e
formalmente egualitario sviluppava procedimenti tali da costituirne il lato oscuro.
La forma giuridica generale che garantiva un sistema di diritti uguali in linea di
principio, era sottesa da meccanismi minuziosi, quotidiani, fisici, da tutti quei sistemi
di micropotere, essenzialmente inegalitari e dissimmetrici
6
. Con relativi strumenti di
controllo e disciplinamento: dapprima lospedale, poi la scuola, pi tardi ancora la
fabbrica
7
.
Contraddizione inconfessabile che sfocia in maniacalit da minaccia incombente: il
rapporto paranoico-schizoide con il demos, ossia il celebrato kratos dellordine

4
M, Duverger, Giano, le due facce dellOccidente, op. cit. pag. 13
5
K Palanyi, Per un nuovo Occidente, op. cit pag 215
6
M. Foucault, Sorvegliare e punire, op. cit. pag.242
7
ibidem pag.244
democratico, la cui sacralizzazione laica si accompagna al timore, ereditato dalle
epoche precedenti e incistato nel subconscio collettivo del privilegio, di quello stesso
demos come potenziale agente di sovversione. Lindicibile che solo ben di rado viene
detto; e con tutte le prudenze dellouting di un vizio infamante.
Ad esempio, agli albori del capitalismo industrialista, il grande sistematizzatore dello
stato nascente Adam Smith nelle sue Lezioni di giurisprudenza definiva
esplicitamente il governo una combinazione dei ricchi per opprimere i poveri e
conservare i propri vantaggi
8
. Mentre eccezioni come quella smithiana a parte - la
retorica pubblica ha sempre promosso argomentazioni finalizzate a rimuovere
consapevolezze destabilizzanti; secondo retoriche organicistiche (format Menenio
Agrippa); quindi tendenti a proporre modelli di rappresentazione che anestetizzassero
le distinzioni e il pensiero critico nei subalterni attraverso la propaganda ecumenica
nelle sue pi svariate modalit conformistizzanti. Il luogo comune del siamo sulla
stessa barca.

Nel DNA liberaldemocratico

I ricostruttori delleccezionalismo liberaldemocratico occidentale nella vulgata
mainstream, narrano come agli albori della modernit il Leviatano fosse preposto al
compito di tenere a bada la ferinit del popolo e che il passaggio successivo fu quello
di porre sotto controllo il Leviatano stesso mediante bilanciamenti e regolazioni. Le
cui fonti filosofiche sono molteplici; nellinventario dello storico del pensiero Robert
Darnton: il dubbio cartesiano, la fisica newtoniana, lepistemologia di Locke, le
cosmologie di Leibniz e Spinosa, la legge naturale di Grozio e Pufendorf, lo
scetticismo di Bayle, la critica biblica di Richard Simon, la tolleranza degli olandesi,
il pietismo dei tedeschi, le teorie politiche e il libero pensiero degli inglesi
9
.
Tutto questo nella dimensione lumeggiata dalla benevolenza. Mentre, nelle penombre
incupite dallavversione, i retropensieri dei ceti privilegiati hanno continuato a
coltivare pregiudizi ansiogeni sulle potenzialit eversive di classi percepite come
pericolose. Da tenere prudentemente e costantemente a bada, intrappolandole in
meccanismi e modelli di rappresentazione che ne depotenziassero la sovversivit;
lantico timore tanto delle secessioni (Aventino) come delle insurrezioni (jacqueries),
allontanato grazie a un abile gioco di specchi deformanti con cui apprestare falsi
bersagli per il risentimento dei subalterni.
Giustamente Alessandro Pizzorno sottolineava gli aspetti di manipolazione insiti
nelle tipiche contraddizioni di identit collettive formatesi sul terreno pluralista e poi
riassorbite dalle strutture della rappresentanza mediante burocratizzazione e
cooptazioni individuali (lorgoglio dellinvenzione politica occidentale, il
pluralismo, appare destinato ad accrescere il cinismo fra i potenti, la segretezza fra i
governanti e lindifferenza fra i membri della citt)
10
.

8
A. Smith, La ricchezza delle nazioni, (prefazione di P. Sylos Labini), Newton Compton, Roma 2010 pag. 21
9
R. Darnton, La dentiera, op. cit. pag. 5
10
A. Pizzorno, Lorganizzazione degli interessi bellEuropa occidentale (a cura di S. Berger), Il Mulino, Bologna 1983
pag. 413
Non a caso come si diceva - sono proprio i Padri Fondatori americani, inventori
della democrazia rappresentativa, a mettere per primi a punto quanto lo storico
Howard Zinn definisce il sistema di controllo nazionale pi efficace dei tempi
moderni associando il paternalismo al comando
11
. Ma essi stessi ne erano
completamente consapevoli? Non ne siamo cos sicuri. Intrappolati nelle proprie reti
argomentative come in un tipico caso di rimozione - definivano patriottismo
quegli apparati di sorveglianza sociale che avevano escogitato per deviare lo sguardo
delle moltitudini (lontano da quel patriziato coloniale che si rappresentava garante
dellinteresse generale).
Forse la risposta sta nellanalisi del DNA liberaldemocratico. Nella ricostruzione di
un percorso politico-ideologico che attiene altres al variare della composizione
sociale di riferimento.
I sistemi liberaldemocratici e quelli semplicemente liberali che li avevano preceduti
poggiavano sullassioma originario stabilito da Locke, secondo cui la funzione
primaria dello Stato era di proteggere la propriet Il liberalismo classico, sia nella
veste inglese e francese, sia in quella americana, era propriamente il prodotto
ideologico e istituzionale dei proprietari del Sei-Settecento, epoca che non aveva
conosciuto la rivoluzione industriale e tutte le sue conseguenze. Intento di questi
proprietari era di opporsi tanto al potere dispotico dei re e delle oligarchie quanto a
quello della maggioranza dei poveri e degli emarginati invidiosi delle propriet
altrui e miranti a impadronirsi di essa mediante la violenza e le leggi agrarie, o
addirittura ad abolire la propriet privata stabilendo il possesso comune delle terre
12
.
Ossia i programmi secenteschi dei radicali inglesi (gli Zappatori, il cui portavoce era
Gerrard Winstanley) e quelli settecenteschi dei protocomunisti francesi come Babeuf
e Marchal.
Ma intanto i proprietari avevano assunto il controllo dello Stato attraverso le
rivoluzioni che saranno chiamate borghesi. Per cui restava da fronteggiare soltanto
linvidia dei meno o per nulla abbienti. Mentre - sempre nel frattempo - erano
venuti modificandosi i contesti sociali dove si riteneva albergasse la minaccia
sovversiva dellinvidia insorgente: nella fase preindustriale la bassa forza lavoro
largamente dispersa nel mondo rurale e facilmente circoscrivibile in quello urbano
(contadini e salariati artigiani), componente che, quando non dava luogo alle rivolte
della miseria e della disperazione sconfitte gi sul nascere, si connotava come una
sottosociet muta e inerte; nella societ industriale in cui avviene il passaggio dal
Liberalismo alla Liberaldemocrazia lorganizzazione degli operai in movimento di
classe consentiva la conquista di soggettivit e diritti in campo sindacale e politico,
da cui i proprietari non potevano prescindere. I pi avveduti dei quali ritennero
opportuno stemperare la virulenza del nuovo conflitto industrialista attraverso
compromessi per il reciproco riconoscimento.
Da quel momento la paura dellinvidia degli strati sociali inferiori, da parte di
quelli superiori, diventata una manifestazione politicamente scorretta; e come tale

11
H. Zinn, Storia del popolo americano, op. cit. pag. 46
12
M. L. Salvadori, Democrazia senza democrazia, Laterrza, Bari 2009 pag. 45
oggetto di camuffamenti perbenistici. Anche se poi qualcuno ha osservato che nel
paradiso pluralista il coro canta con un forte accento altoborghese
13
.
Cerimonialit tendenti allecumenismo mimetico de linteresse generale, siamo
tutti sulla stessa barca; senza riuscire a impedire che tali pensieri inquietanti
alberghino appunto come ossessione occulta nella mente del potere proprietario.
Da cui scaturiscono ricorrenti strategie difensive a vari livelli. Manipolazione
compresa. Sempre e comunque allo scopo di garantire che il sistema di potere
inerente allindividualismo possessivo e ai suoi istituti si mantenga costantemente
off limits dallambito delle decisioni democratiche
14
: la soglia invalicabile per le
classi subalterne rappresentata dallimpossibilit di estendere la democrazia al punto
di invadere la struttura delle imprese e la propriet capitalistica.
Nella cornice di una costituzione materiale condivisa; da parti e controparti.

Servit volontaria

Vale la pena al riguardo di rileggere anche Barrington Moore jr.
Nel 1978 il sociologo di Harvard, dopo la celebre analisi su le origini sociali della
dittatura e della democrazia del decennio precedente, avvi una riflessione sul nesso
che intercorre tra sottomissione e ribellione.
Langolo visuale adottato quello dellinteriorizzazione con effetti autolesionistici
dellordine vigente da parte dei sottomessi e di conseguenza - della
possibilit/capacit o meno, da parte loro, di concepire il concetto stesso di rottura.
Certamente influenzato dalla relazione amicale con lemigrante francofortese Herbert
Marcuse e in linea con la ricerca del collega storico Howard Zinn. Al tempo stesso, si
direbbe per nulla al corrente dei contemporanei lavori sulla stessa materia di Michel
Foucault e degli altri philosophes francesi.
Comunque, una rilettura ricca di spunti utili per interpretare il contesto attuale.
Infatti secondo Moore - a parte celebri e limitate eccezioni del passato (dallAventino
plebeo alle disunioni ateniesi) nelle societ complesse della Modernit
occidentale che si sviluppa quel pensiero critico necessario per sostenere processi
antagonistici in grado di avviare trasformazioni significative nellorganizzazione del
Potere. E anche in questo caso non sempre e non dovunque. Proprio in quanto
lantagonismo richiede condizioni di ben difficile e inusuale realizzazione, che
partono dal come ci si rappresenta il reale: rimuovere le basi su cui la legittimit del
dominio, anche nelle sue forme pi oppressive, viene riconosciuta e accettata proprio
da quanti lo subiscono direttamente. Con le parole di Moore, linteriorizzazione dei
modelli morali delle societ di cui sono vittime
15
.
Questo poich per dirla con unespressione ad effetto, non imputabile al nostro
autore lindagine evidenzia che in genere i dominati risultano affetti da una sorta
sindrome di Stoccolma sui generis; ossia quella sorta di vassallaggio psicologico,
confinante con linnamoramento, dei sequestrati nei confronti dei loro sequestratori.

13
citato da R. D. Putnam, Capitalismo sociale e individualismo, il Mulino, Bologna 2004 pag. 417
14
ibidem pag. 39
15
B. Moore jr. Le basi sociali dellobbedienza e della rivolta, Ed. Comunit, Milano 1983 pag. 82
Vassallaggio da cui ci si libera in un solo modo: abbattendo lautorit morale della
sofferenza e delloppressione (uno dei principali compiti culturali che si pongono a
qualsiasi gruppo oppresso di minare o screditare la giustificazione del ceto
dominante
16
); in primo luogo liberando le persone e i gruppi subalterni dai modelli
di rappresentazione che li trasformano nel principale puntello dellordine che li
opprime: il Potere che si tutela insediandosi nelle menti dei sottomessi come
rassicurazione e insieme come senso di colpa preventivo per eventuali
trasgressioni. Insomma, senza la collaborazione attiva dei dominati, lesercizio del
dominio risulterebbe molto pi costoso e assai meno efficace.
Qualcosa che agli albori dellEvo Moderno gi aveva intuito lamico di Montaigne
Etienne de la Botie parlando di servit volontaria (come possibile che tanti
uomini sopportino un tiranno che non ha forza se non quella che essi gli danno. Da
dove prenderebbe i tanti occhi con cui vi spia se voi non glieli forniste?
17
),
inaugurando un filone di pensiero critico del Potere che induce la sottomissione a
negarsi tale (da cui il celebre commento di Jean Jacques Rousseau: riconoscere le
proprie catene per quel che sono meglio che rivestirle di fiori), ma anche
attraverso il depistaggio della potenziale rivolta indirizzandola verso il falso
movimento dei conflitti per errore, o peggio: secondo Bruno Bettelheim, il massimo
di brutalit nei lager nazisti era proprio quello che i vari gruppi di prigionieri si
infliggevano tra loro, reciprocamente
18
.
Ci premesso veniamo alle faccende dei nostri giorni, in cui gli effetti del contratto
sociale informale (reaganiano-thatcheriano), stipulato nellultimo quarto del XX
secolo, sono ormai sottoposti a contestazioni diffuse e radicali: le proteste indignate a
seguito della profonda delusione indotta dalle sue promesse rivelatesi vane, mentre
immense sottrazioni di ricchezza ai danni dei ceti medi precarizzati emigrano ai
vertici della piramide sociale, nel ristrettissimo gruppo dei privilegiati. Ritorna lo
spettro della povert, mentre le burocrazie di Stato che regolavano il capitalismo
amministrato del secondo dopoguerra hanno definitivamente ceduto il passo
allegemonia dei ceti plutocratici.
A questo punto c da ritenere che ora a sua volta - lobbedienza stia cedendo il
passo alla ribellione per il mutamento? Non si direbbe. Innanzi tutto in quanto non si
vede allorizzonte una qualche forma di soggettivit collettiva organizzata che
assicuri una presenza politica oppositiva nei confronti dellautorit costituita. Ma
prima e pi ancora in quanto non si consolidato un pensiero del cambiamento,
stante il fatto verificabile che tuttora si continua a dare per scontato lambiente
sociale intriso di valori plutocratici. Insomma, ci si indigna, si protesta, ma sempre
allinterno della cornice disegnata ormai quattro decadi fa.
Si potrebbe dire che gli obbedienti, prime vittime delloppressione, sono condizionati
al punto da nutrire una vera e propria paura del cambiamento, tale da far (quasi)
detestare pi degli stessi oppressori lidea di una possibile rottura. Lossessione del

16
ibidem pag. 113
17
E. de la Botie, Discorso sulla servit volontaria, Chiarelettere, Milano 2011 pag. 13
18
B. Bettelheim, The Informed Heart, Mcgraw-Hill Clencoe, New York 1960 pag. 253
vuoto. Di conseguenza osserva Aug - i proletari non sognano pi di abbattere il
sistema: temono che crolli
19
.
Per questo il vecchio regime non minacciato dallinstaurazione di uno nuovo, se
non alternativo almeno in grado di metterne in discussione la pretesa di stabilire le
priorit sociali; dunque, dimostrando una vitalit che discende in primo luogo proprio
dallinimmaginabilit di un cambiamento effettivo. Ed qui che sta probabilmente il
punto critico affrontato (ma non esplicitamente risolto) da Barrington Moore: quando
lobbedienza vira a rivolta?
Forse la risposta pi convincente pu giungerci dal primo esploratore della crisi
dellAncien Rgime, Alexis de Tocqueville: lantico ordine non viene abbattuto,
crolla per consunzione interna: quando la nobilt detiene non soltanto dei privilegi,
ma dei poteri, quandessa governa e amministra, i suoi diritti specifici possono essere
ad un tempo maggiori e meno evidenti Via, via che la nobilt desiste da tali
compiti, il peso dei suoi privilegi sembra farsi maggiore, anzi essi finiscono
collapparire ingiustificati ed incomprensibili
20
. Insomma, lassetto vigente decade
per spossatezza. Cos come ad esempio - la Russia di Nicola II non croll sotto i
colpi di una (ancora embrionale e circoscritta) classe operaia, quanto per la totale
disgregazione organizzativa della polizia e dellesercito zaristi.
Sicch - ci ripete Moore - il malcontento imbocca la via della ribellione solo quando
giunge a formulare e formularsi la domanda cruciale, che mette in crisi meccanismi al
tempo stesso psicologici e sociali: lautorit della classe dominante svolge ancora
funzioni socialmente utili? Lo si ribadisce: la critica veramente sovversiva comincia
proprio da qui, quando la gente si chiede se re, preti, capitalisti e burocrati non siano
soggetti di cui la societ umana pu fare tranquillamente a meno.
Ebbene, ad oggi, nella societ globalizzata/finanziarizzata in crisi, tale domanda non
sembra aver conquistato campo; almeno al punto da determinare un salto di fase
storica. Nonostante levidente bancarotta di quella ormai al lumicino.
Questo perch, nonostante lesaurimento della sua capacit di governo dei processi
socio-economici, ancora perdura labbrivio delloperazione ideologica ad alto impatto
sociale e psicologico promossa a suo tempo per linstaurazione di tale fase; che ha
prodotto la metabolizzazione di messaggi manipolativi in quanto altamente
semplificatori (dunque, perfettamente commisurati a una societ dei grandissimi
numeri), con cui si definivano i criteri di apprezzabilit e di desiderabilit dellepoca:
la ricerca del piacere individuale nellassiomatica dellinteresse possessivo; il
messaggio ingannevole dellarricchitevi per potersi consacrare a un consumo dai forti
tratti dissipatorii. Ci si faccia caso: davanti al crescere di situazioni a rischio sempre
pi esplosive, il pensiero collettivo si riposiziona meccanicamente sulle ricette che
tali situazioni hanno determinato; mentre il pensiero della fuoriuscita, con i bandoli
della matassa che indica (riscoperta del collettivo, beni comuni, socialit), rimane
circoscritto in ambiti ristretti, da cui fuoriesce solo come chiacchiericcio folcloristico.
Insomma, il dominio anche pi oltraggioso vince perch tutti parlano il suo

19
M. Aug, Le nuove paure, cit. pag. 28
20
A. de Tocqueville, LAntico Regime e la Rivoluzione, Scritti Politici Volume I (a cura di N. Matteucci), UTET,
Torino 1969 pag. 638
linguaggio (accreditando cos le categorie che ne sono sottese). Lo scriveva il
solito Marc Aug: gli stessi contestatori, quando fanno sentire la loro voce, sono
prigionieri del mondo delle immagini creato dalla prodigiosa espansione dei media e
della comunicazione elettronica
21
. E le contraddizioni non sono (ancora? Pi?)
foriere di avvenire.

La restaurazione del dominio ipocrita
Imprigionati in questo panopticon che sta imputridendo quale ormai diventato il
turbocapitalismo liquido - non troveremo uscite di sicurezza senza prima ridefinire
tavole dei valori e fissare nuovi criteri di convivenza.
Per ora c solo una collera in cerca di un ragionamento, che la trasformi in forza di
cambiamento. Anche se questo stato danimo, nato dallevidenza che lautorit non
ha mantenuto la sua parola nei confronti dei sottoposti, pu come dice Barrington
Moore jr. - essere una delle emozioni pi intense e far vacillare i troni
22
.
Quanto stava accadendo in Brasile, nella tarda primavera del 2013, con le insorgenze
popolari alla vista degli sprechi e delle opulenze ostentati dallorganizzazione della
Confederation Cup. Brasile, dove vacilla il trono della seleo de futebol, ma dove la
contestazione punta solo agli effetti delloppressione (qualit delle infrastrutture,
sanit, corruzione, salari); non alle radici delle disuguaglianze, accentuatesi -
nellattuale bonanza, apportata dallo sviluppo che aggancia il subcontinente verdeoro
ai flussi della globalizzazione - grazie a mastodontici trasferimenti di risorse verso gli
esclusivi piani alti del Paese.
Tanto da far temere/prevedere che questa primavera tropicalista sia destinata a
seguire il decorso di tante fioriture indignate recenti: saltare a pie pari la stagione
estiva, in cui maturano le rotture che incrinano il Potere, scivolando nel solito
autunno di un riflusso rancoroso e impotente.
Appunto, litinerario a ritroso della collera pietrificata nella sottomissione.
Qui sta il punto. Fino da allora e ancora oggi la strana mescolanza che alimenta il
gioco democratico, fatta di buoni sentimenti inclusivi e inconfessate/inconfessabili
segretezze escludenti, shakerata con un riflesso condizionato: lossessione dei
conflitti sociali distruttivi e non gestibili, da esorcizzare dirottandoli verso falsi
bersagli. Sotto le settecentesche sequoie del New England erano le giubbe rosse di re
Giorgio o i nativi americani; in et industrialista il sottoproletario, limmigrato o
magari lebreo; oggi il terrorista extracomunitario.
Lo si ribadisce: pi reazione automatica che non congiura di Master of Universe o
improbabili power lite alla Wright Mills.
Per dirla ancora con Manuel Castells, il dominio sociale reale in larga misura
connesso a principi di appartenenza, come condivisione dei criteri e dei linguaggi che
aprono laccesso alle strutture del potere
23
. Pensiero pensabile (secondo la formula di
Noam Chomsky
24
); che non deve mai prendere consapevolezza che il retropensiero

21
M. Aug, Futuro, Bollati Boringheri, Torino 2012 pag. 65
22
B. Moore jr., Le basi sociali, op. cit. pag. 597
23
M. Castells, La nascita della societ in rete, op. cit. pag. 477
24
N. Chomsky, Linguaggio e Libert, EST, Milano 2000 pag. 211
su cui si regge lintera impalcatura argomentativa di partecipazioni deliberative,
cittadinanze inclusive e cosmopolitismi vari il chiodo fisso del nemico latente.
Lossessione che nel cervello stratificato del Moderno si annida in quello arcaico da
rettile, istintuale e aggressivo, su cui si sviluppato quello angelicato
liberaldemocratico. Senza mai averlo addomesticato.
Da qui il rovesciamento della massima di Clausewitz la politica la guerra
continuata con altri mezzi
25
: spia dellincubo eminentemente maniacale di un ordine
legale circondato da nemici interni ed esterni, contro cui predisporre in permanenza
guerre segrete.
Sicch tornando alla cronaca di questi tempi - probabilmente il presidente Obama
davvero sincero nel sostenere le ragioni della sua personale crociata contro il
partigiano Snowden, che ha rivelato lo scandalo del Grande Fratello stelle-e-
strisce; minaccia mortale per quellassetto di cui il primo presidente afroamericano
il curatore fallimentare. Anche se resta abbastanza difficile immaginare che il
generale in capo della nazione pi potente del mondo ignorasse gli aspetti di
scoperta mistificazione insiti nella presunta battaglia per la libert di/in internet.
Come ha fatto acutamente notare un giornalista del quotidiano libanese Daily Star
Rami Khouri a proposito dellenorme divario fra la retorica fortemente idealistica
degli americani sul free WEB e lassoluto cinismo insito nella loro politica estera:
non si possono prendere sul serio gli Stati Uniti n nessun altro governo occidentale
che finanzi lattivismo politico online di giovani arabi, mentre alla stesso tempo
fornisce denaro e armi che contribuiscono a cementare il potere di quegli stessi
governi che quei giovani attivisti mirano ad abbattere
26
.
Ma forse Khouri sottovaluta i processi di duplicazione mentale - alla dottor Jekyll e
Mister Hyde - che tendono a incistarsi nelle menti delle lite occidentali,
infantilmente bisognose di convincersi sempre e comunque del proprio ruolo da eroi
buoni di stampo hollywoodiano, garanzia di un sicuro happy end; e quindi ne
sottostima lattitudine allautoillusione.
Commenta Evgeny Morozov: i cyber-realisti crederanno che un mondo fatto di byte
potr anche sfidare la legge di gravit, ma assolutamente nulla impone che debba
sfidare anche le leggi della ragione
27
.

Il mondo salvato dai blogger ragazzini?

22 giugno 2013. Limmagine della studentessa turca dritta e indomita nella sua laica
fermezza di fronte al getto degli idranti manovrati dalla polizia del premier
integralista islamico Tayyip Erdogan, comparsa sulle pagine e sugli schermi di tutto il
mondo, destinata a diventare unicona potente della democrazia negli anni a venire.
Come lo fu in un altro giugno (1989) la diapositiva dello sconosciuto studente
cinese, immobile davanti al blindato in piazza TienanMen.

25
M. Foucault, Bisogna difendere la societ, Feltrinelli, Milano 1998 pag. 22
26
R. Khouri, When Arabs Tweet, International Herald Tribune 22 luglio 2010
27
E. Morozov, Lingenuit, op. cit. pag. 306
La ragazza coraggiosa era una dei manifestanti che a Istambul hanno portato in
piazza la celebre massima di Hikmet il massimo poeta novecentesco loro
concittadino; icona liberatoria anchesso, con la sua storia straordinaria da
rivoluzionario di professione - Muore un albero. Si sveglia una nazione. E la piazza
si chiama Taksim, un nome la cui assonanza ha richiamato subito alla mente dei
commentatori unaltra piazza la cairota Tharir dove due anni prima studentesse
e studenti, non diversi da questi, avevano fatto parlare ancora una volta di
rivoluzione a mezzo Twitter. Facile e consolatoria semplificazione che forse
varrebbe la pena di demistificare.
Infatti a Occidente - dopo la fine della Guerra Fredda - si radicato il sospetto
stereotipo che promuove la fiducia ingenua nel potenziale liberatorio della
comunicazione online. A partire dalla terribile semplificazione per cui lUnione
Sovietica e il Blocco Orientale si sarebbero dissolti grazie al genio comunicativo di
Ronald Reagan (oltre al contrabbando a Est di qualche fax e fotocopiatrice per
leditoria clandestina, accompagnato al sostegno di trasmissioni come Radio Free
Europe e Voice of America), non per le condizioni strutturali e le contraddizioni
interne del sistema sovietico. Dunque una strategia da clonare in ogni contesto,
mettendo a frutto le nuove tecnologie. In particolare quelle impostesi nella nuova fase
di sviluppo dei social network denominata WEB 2.0: la stagione di Facebook e di
Twitter.
Tanto che Mark Pfeifle, gi consigliere per la sicurezza nazionale
dellamministrazione Bush, ha lanciato una campagna per candidare Twitter al Nobel
per la pace, sostenendo che senza Twitter il popolo iraniano non si sarebbe sentito
tanto forte e fiducioso da difendere la libert e la democrazia
28
.
La prova generale del the revolution will be twittered stata fatta nel giugno 2009,
quando migliaia di giovani iraniani, smartphone alla mano, si sono riversati nelle
strade di Teheran chiedendo le dimissioni dellayatollah Khamenei; a seguito delle
elezioni che avevano riconfermato alla presidenza Mahmud Ahmadinejad e che loro
erano certi fossero state truccate.
Come andata a finire la rivoluzione verde su Twitter, che avrebbe dovuto far
collassare il regime iraniano? N pi n meno di come sono andate quelle successive
del fatidico 2011 in Egitto e Tunisia, dette dei blogger, che avrebbero dovuto
sconfiggere le rispettive dittature a colpi di gadget tecnologici: nel rapido
riconsolidamento del regime, che nel frattempo ha imparato a usare le opportunit
ICT in chiave di controinformazione propagandistica. Sicch la teocrazia iraniana
mantiene salda la propria presa su una societ che risprofonda nel fatalismo, in Egitto
i militari restati in sella grazie alla temporanea partnetship con i Fratelli Mussulmani.
E che ora giocano in proprio.
Ci suona a conferma che lOccidente, propugnatore di liberaldemocrazia, non pu
pensare di cavarsela con le scorciatoie dimmagine del cyberutopismo o
dellinternetcentrismo e poi sotto, sotto praticare la logica cinica, ipocrita e pure
suicida del continuare ad appoggiare, nel quadrante mediorientale, assetti che

28
ibidem pag. 6
svolgano la funzione del gendarme regionale; a fronte dei settori giovanili di quelle
societ dove i valori liberaldemocratici hanno ormai fatto breccia (e che si
candiderebbero a essere il migliore alleato nella lotta contro loscurantismo jihadista).
Ma tant, il richiamo delle ricette di controllo sulleffervescenza sociale
(blandamente modernizzante; ci nonostante interpretata dai conservatori occidentali
come sovversiva) risulta sempre prevalente. Anche se gravemente perdente.
Eppure lo si dovrebbe aver capito, magari mettendo a confronto quanto accaduto in
due differenti mesi di giugno. Un giugno antico e laltro pi recente; ma sempre
parafrasando Thomas S. Eliot il pi speranzoso dei mesi, per la terra desolata
dellafflizione (islamica o meno).
26 giugno 1963, nella Berlino Ovest assediata dalle forze del Patto di Varsavia e
ormai attraversata dal muro della vergogna, il presidente americano John Fitzgerald
Kennedy, con a fianco il borgomastro Willi Brandt, proclama al mondo il suo ich
bin ein berliner, io sono un berlinese. E per i ragazzi di allora fu limmagine
coinvolgente di un Occidente che prendeva liniziativa, come Societ Aperta
contrapposta allottusa prevaricazione di un mondo chiuso. Fermo restando che a
quel grido fece seguito la scelta politica conseguente di creare un ponte aereo carico
di medicine e alimentari che sostenne concretamente la resistenza degli altri
berlinesi.
4 giugno 2009, universit Al-Azhar del Cairo: lefficace oratoria del presidente
americano Barak Obama entusiasma i giovani egiziani assiepati attorno al leader
venuto da Occidente, che pronuncia la celebre frase sono qui per cercare di
inaugurare una nuova era. Ma due anni dopo, quando quei ragazzi e quelle ragazzi
hanno cercato loro di dare lavvio al rinnovamento, che cosa stato fatto da parte
delle democrazie dOccidente? Nulla.
I curatori fallimentari dei disastri bellicisti e liberisti a Ovest hanno saputo solo
proferire parole politicamente corrette quanto insignificanti, inerti.
Come quelle rivolte a Erdogan dal segretario di Stato USA John Kerry, preoccupato
per luso eccessivo della forza da parte della polizia turca e che invita il governo di
Ankara a indagare al riguardo (sic!).
Inerzia che si consola con le presunte mirabilie delle tecnologie digitali; le quali
come sempre - tendono a promettere pi di quanto siano in grado di fare
praticamente ogni nuova tecnologia stata osannata per la sua capacit di alzare il
dibattito pubblico, accrescere la trasparenza della politica e condurre tutti noi nel
mitico villaggio globale. Speranze rapidamente infrante dalla forza bruta della
politica, della cultura e delleconomia.
Del resto pure in Turchia la ragione del Potere non si limitata soltanto ad usare gli
idranti e ben presto si sono contati i primi manifestanti morti. Che erano scesi in
piazza a gridare valori di libert e democrazia. Mentre le liberaldemocrazie
occidentali volgono lo sguardo altrove, sussurrando generici inviti a prudenza e
moderazione; mentre pure a casa loro in atto la restaurazione del dominio ipocrita
dei pochi sui tanti. Nel cuore dellOccidente, dove il perbenismo compassionevole
dei privilegiati rifiuta di riconoscere le palesi interdipendenze tra povert e
disuguaglianza, in crescita sinergica.
Pierfranco Pellizzetti

(9 giugno 2014)

You might also like