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qualit tecnologica:
riguarda i caratteri che rendono la car-
ne idonea alla conservazione quali il pH
e la ritenzione idrica;
qualit nutrizionale:
riguarda lapporto dei vari nutrienti ed
il valore biologico delle proteine;
qualit organolettica:
quella su cui si basa il consumatore
al momento dellacquisto e comprende
il colore, la grana, il grasso di infiltra-
zione, la tenerezza, laroma, la succu-
lenza, ecc.
2 . Questi aspetti sono molto spesso
c o rrelati ed interdipendenti, inoltre
la qualit igienico-sanitaria, garan-
tita da sistemi di produzione ade-
guati e dai controlli effettuati dal si-
stema sanitario pubblico, condi-
zione imprescindibile affinch un
alimento possa giungere sulle no-
s t re tavole; senza di essa viene me-
no limportanza e linteresse per gli
altri aspetti.
3. I sistemi di tracciabilit che consen-
tono di risalire alluomo-allevatore
che ha dato da mangiare allani-
male che stiamo mangiando, i di-
sciplinari di produzione, i Consorz i
con i loro marchi ed i loro contro l l i ,
i sistemi di produzione tradizionali e
s t rettamente legati allambiente so-
no tutti fattori suppletivi a garanzia
dei consumatori che oggi il mercato
richiede sempre pi e che in part e
sono resi obbligatori da norme di
legge. Per quel che concerne la re-
gione Marche basti pensare che da
un censimento fatto dallAssocia-
zione Regionale Allevatori nel 1994
risulta che su 6.538 allevamenti di
bovini da carne censiti (di cui 4.894
di razza Marchigiana), 4.634, pari al
71%, ha meno di 10 capi. Si tratta
quindi certamente di allevamenti
non di tipo industriale.
4. Relativamente alla produzione di
carne bovina, gli allevatori della Re-
gione Marche producono e allevano
meno della met dei soggetti richie-
sti dal mercato. Ci significa che le
stesse garanzie devono venire degli
animali provenienti da allevamenti
situati fuori della nostra regione.
5 . La qualit organolettica dipende
non solo dallallevatore e dallani-
male ma anche da come la carn e
viene trattata dagli altri soggetti
della filiera compreso lutilizzatore
f i n a l e .
P remesso quanto sopra vengono
descritti di seguito i risultati di una
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R A Z Z A M A R C H I G I A N A ,
VA L U TA Z I O N I Q U A L I TAT I V E
L
r i c e rca svolta dallARA Marche at-
traverso il proprio laboratorio nel-
lambito delle iniziative di support o
tecnico allassistenza negli alleva-
menti, in collaborazione con lAsso-
ciazione Italiana Allevatori, appli-
cando i risultati della ricerca re a l i z-
zati dal P.F. RAISA (Progetto Finaliz-
zato Ricerche Avanzate per Innova-
zioni nel Sistema Agricolo) del
C.N.R. con il coordinamento scien-
tifico del Dipartimento di Zootecnia
Generale dellUniversit degli Studi
di Torino e del Dipartimento di Pro-
duzione Animale dellUniversit de-
gli Studi di Bari.
Il lavoro ha coinvolto 50 soggetti
maschi di razza Marchigiana ed
stato finalizzato alla determ i n a z i o n e
della incidenza dei due sistemi di al-
levamento prevalenti nelle Marche -
semibrado e stabulazione fissa - e
dellet di macellazione su alcuni
aspetti qualitativi legati a parametri
chimico-fisici importanti per il con-
s u m a t o re (tenore in grasso e pro-
teine, durezza, colore, collagene,
p o t e re di ritenzione idrica) e sui pa-
rametri produttivi.
PARAMETRI OGGETTO
DELLO STUDIO
Soggetti impiegati:
50 vitelloni maschi di razza Marc h i g i a-
na iscritti al Libro Genealogico del peso
tra 600 e 800 Kg. macellati in 5 matta-
toi aventi bollo CEE ad unet compre s a
tra 20 e 25 mesi.
Tipologie di allevamento
e di alimentazione:
1 Semibrado - animali allevati pre v a l e n-
temente al pascolo - basso livello nu-
tritivo, uso prevalente di foraggi (n. 3
allevamenti provincia di Pesaro ) ;
2 Stabulazione fissa - animali allevati
p revalentemente in stalla - alto livel-
lo nutritivo, uso di concentrati (n.
13 allevamenti provincia di Ancona).
Parametri chimico-fisici determinati
Sulla Carcassa:
1 pH; ad unora, 1 giorno e 6 giorn i
dalla macellazione.
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Clo tB Gb Lt
pH 1h 6.82 6.83 6.85
pH 24h 5.53 5.54 5.53
pH 6 gg. 5.58 5.59 5.59
Colore: L 41.58 42.50 41.69
aL 24.41 24.34 24.23
bL 10.70 11.01 10.87
Rit. Idrica -
Perdite di Conservaz.(%) 2.85 2.69 2.57
Rit. Idrica -
Perdite di Cottura(%) 39.15 38.70 35.07
Resistenza al Taglio (Kg/cm2) 2.45 2.63 1.95
Grasso (%) 1.52 1.70 1.55
Proteine(%) 18.23 17.84 19.25
Umidit(%) 74.73 74.61 74.13
Et Peso macellazione Peso Carcassa Resa Lorda a freddo
(Kg) a freddo (Kg) (%)
1 657.9 405.3 61.5
2 687.3 429.3 62.4
3 699.1 435.7 62.3
Tipo Allevamento
Stabulazione Fissa 701.8 436.4 62.1
Semibrado 661.1 410.5 62.0
Tab. 1 Rilievi alla Macellazione
Tab. 2 Analisi chimico-fisiche. (* )
(*) Per semplicit di esposizione non sono stati riportati ulteriori valori di elaborazione statistica (D.S.-CV).
Su campioni dei muscoli
Longissimus Thoracis (Lt)
Caput Longum Triceps Branchii
(Clo TB)
Gluteo biceps (Gb)
( p relevati dopo la refrigerazione eff e t-
tuata per 7 giorni a temperatura tra OC
e 2C presso il punto vendita):
2 Colore:
parametri L (Luminosit),
aL (indice del rosso),
bL (indice del giallo) del sistema
Hunter;
3 Umidit (%);
4 Estratto Etereo (% grasso);
5 Ritenzione Idrica
P e rdite di Conservazione (Drip losses)
P e rdite di Cottura (Water bath losses)
6 Resistenza al Taglio (Kg/cm2);
7 Proteina grezza (%);
8 Collagene tot (ug/mg);
9 Collagene Solubile (%).
RISULTATI
Al fine di valutare sia lincidenza del-
let di macellazione (in quanto nella
consetudine i soggetti di razza Marchi-
giana vengono macellati ad et molto
diverse) oltre a quella del tipo di alleva-
mento ed alimentazione (pascolo, sta-
bulazione fissa) gli animali sono stati
suddivisi in tre classi di et:
1) 20 - 21 mesi
2) 22 - 23 mesi
3) 24 - 25 mesi
Le tabelle seguenti evidenziano i princi-
pali risultati ottenuti.
CONCLUSIONI
La resa dei vitelloni Marchigiani ma-
cellati a 24-25 mesi non differisce in
misura significativa da quella dei
soggetti macellati a 20-21 mesi; lin-
c remento in peso molto limitato
(40 Kg.), il costo sostenuto per ali-
m e n t a re gli animali per ulteriori 4
mesi non giustificato dal ricavo at-
tendibile da tale incremento.
La diff e rente tipologia di allevamento
e di alimentazione non ha determina-
to diff e renze significative sui princi-
pali caratteri qualitativi.
Solo per la resistenza al taglio si
hanno su tutti i muscoli valori
meno elevati, e quindi una carn e
pi tenera, per gli animali alleva-
ti al pascolo, contrariamente a
quanto ci si sarebbe aspettato.
Il contenuto di collagene totale
e solubile aumenta con let di
macellazione, ma non signifi-
cativamente diverso nelle due
tipologie di allevamento.
Vengono confermati gli ottimi
valori dei principali costituenti
nutritivi: basso valore della % di
grasso, elevato valore % di proteine.
In conclusione riteniamo importante le
seguenti considerazioni: la necessit
della conoscenza da parte dei consuma-
tori del prodotto che giunge sulle pro-
prie tavole, e limportanza della sua
s t a n d a rdizzazione, rende insufficiente a
ns. avviso, il soddisfacimento della do-
manda di qualit ottenuto esclusiva-
mente attraverso il marchio e la garan-
zia di origine del prodotto (tracciabilit).
E essenziale infatti una esatta qualifi-
cazione e certificazione delle caratteri-
stiche chimico-fisiche e sensoriali della
c a rne proveniente da genotipi noti, da
animali di et definita e che subiscano
p rocessi standardizzati di macellazio-
ne, sezionatura e commercializzazione.
Stefano Boni
ARA regionale
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Clo tB Gb Lt
Stabulaz. Fissa Semibrado Stabulaz. Fissa Semibrado Stabulaz. Fissa Semibrado
L 42.05 41.49 42.80 43.14 41.29 42.23
aL 24.10 24.40 24.18 24.44 24.45 24.52
bL 10.70 11.04 10.99 11.30 10.18 11.58
Perdite di conservazione 2.47 2.76 2.42 2.99 2.47 2.32
Perdite di Cottura 33.96 35.73 39.90 39.46 39.00 39.39
Resist. al taglio (Kg/cm2) 2.07 1.84 2.83 2.36 2.50 2.37
Et Collagene Collagene
tot. Solubile
ug/mg %
1 17.45 15.10
2 18.65 16.47
3 20.48 18.45
Tipo allevamento
Stabulazione Fissa 18.36 16.50
Semibrado 19.36 16.80
Tab. 3 Analisi Fisiche
Clo tB Gb Lt
Stabulaz. Fissa Semibrado Stabulaz. Fissa Semibrado Stabulaz. Fissa Semibrado
pH 1h 6.84 6.85 6.81 6.85 6.83 6.82
pH 24h 5.55 5.52 5.55 5.53 5.53 5.51
pH 6gg 5.60 5.59 5.60 5.59 5.60 5.57
Grasso (%) 1.68 1.48 1.71 1.75 1.61 1.40
Proteine (%) 19.65 18.48 17.62 17.71 18.57 17.62
Umidit (%) 74.14 74.03 74.85 74.36 74.80 74.57
Tab. 4 Analisi Chimiche
Tab. 5 Collagene Totale e Solubile
nel muscolo Longissimus Thoracis
Il caso mucca pazza sta cam-
bi ando le nostre abitudi ni
al i mentari : nessun appel lo
medico, nessuna indicazione
a l i m e n t a re, nessun l ibricino
divul gati vo pu o ha potuto
quanto la paura. Una nuova
paura per una affezione anti-
ca, di cui dovremmo sapere
ben pi di quanto sappiamo,
e che apre i l campo a molte
considerazioni e domande.
v remmo dovuto
o c c u p a rci di zoo-
tecnia biologica,
a p p rofondendo gli
aspetti tecnici e le
indicazioni del Decreto ministe-
riale 4 agosto 2000 Modalit di
attuazione del Reg. CE 1804/99
sulle produzioni animali biologi-
che, ma la realt ci ha scavalcati di un
salto.
Le indicazioni del decreto, pi re s t r i t t i-
ve del Regolamento stesso, avevano
suscitato polemiche perch sembrava-
no porre lItalia in una situazione di
svantaggio rispetto ai partners comu-
nitari. Oggi sembrano invece quasi lun-
gimiranti rispetto ad una situazione in
cui un punto di forza applicare le nor-
me comunitarie prima e meglio degli
altri Paesi.
Ve rrebbe da dire: fortuna che il re g o l a-
mento 1804/99 in vigore, che ope-
rativo in questi giorni di confusione e
che il Decreto ministeriale 4 agosto
2000 esiste, nonostante le sue imper-
fezioni.
Non vogliamo toccare gli aspetti scienti-
fici della vicenda, ma fare alcune bre v i
o s s e rvazioni di ordine generale aff i d a n-
doci poi ai documenti ed ai pareri di
operatori, per ragionare riguardo alle
p rospettive che questemergenza apre
per il futuro del settore in generale, ma
pi in part i c o l a re per quello delle carn i
biologiche, che gi in questi giorni sta
segnando un boom nelle vendite e nelle
richieste, come si desume dalle notizie
apparse nella stampa locale e nazionale.
Parl i amo un po di car n e
In origine il consumo di carne era ri-
tuale, e le antiche civilt, che si nutriva-
no essenzialmente di cereali e vegetali,
consumavano carne solo dopo i sacri-
fici che si svolgevano nelle cerimonie
religiose. Oggi il consumo di carne
s p ro p o rzionato rispetto al bisogno,
latto di uccisione non solo non pi
rituale e non viene operato da chi poi
consumer la carne, ma viene persino
relegato in posti delimitati e quasi na-
scosti, lontani dallesperienza quotidia-
na di ciascuno di noi. Lassenza di
qualsiasi coinvolgimento emoti-
vo nella faccenda ci porta ad ac-
c e t t a re uno spreco senza pre c e-
denti ed una disattenzione asso-
luta per la provenienza dellani-
male, per le sue pre g resse con-
dizioni di vita e per la sua ali-
mentazione.
Come per altri alimenti si veri-
ficata nel mondo industriale una
sconnessione fra produzione e
consumo, dannosa in quanto
educa al disinteresse pi assolu-
to per le zone di pro v e n i e n z a
dellalimento, per le tecniche di
p roduzione, per la qualit globa-
le del prodotto. E un discorso
gi aff rontato altre volte sulle pa-
gine del nostro giornale per altri
alimenti, come i formaggi. Oggi
la carne che richiede un mo-
mento di riflessione: il consuma-
t o re dovr imparare, com stato
ad esempio per il vino dopo lo scandalo
metanolo (1986), a consumare meno
ed a consumare meglio.
Ed in questottica ben venga la carne bio-
logica con tutte le sue garanzie. ( g . m . )
Occuparsi adesso di zootecnia bio-
logi ca si gni fi ca anche riflettere su
tutta una seri e di aspetti che ora
sono tornati prepotentemente al la
ri bal ta: come e dove tenere gl i
ani mali , come al i mentarl i e come
t r a s p o rtarli, come curarli e con co-
sa Probl emati che di cui aveva-
mo comi nci ato ad occuparci , gi
dal n. 2/99 del l a Ri vista. Ri pre n-
di amo i l di scorso con l auguri o
che il ragionamento su un compar-
to desti nato a ri manere di ni c-
chia possa comunque serv i re agli
i n t e ressi pi general i del settore
z o o t e c n i c o .
ZO O TECNI A BI O LO G I CA
11
IL BIOLOGICO CI REGALA
SPUNTI DI RIFLESSIONE
A
e di zootecnia biologica
parliamo con gli espert i .
Stefano Bart o l u c c i
dellAssociazione dei pro d u t t o r i
Te rra Sana e Luigi F i n o
responsabile dellEnte di
C e rtificazione IMC (Istituto
M e d i t e rraneo di Cert i f i c a z i o n e )
Bartolucci: Al di l
del biologi c o , lo standard
di qualit va ga ra n t i t o
Qual l o stato della certifi cazione del-
le carni biol ogiche nell a Regi one Mar-
che? Ci sono allevamenti certificati?
In base ai dati della nostra Associazione
non esistono nella Regione Marche carn i
biologiche certificate secondo il
Reg.1804/99 e successivo decreto di at-
tuazione. Le uniche fonti disponibili di
c a rne biologica vengono da quelle azien-
de che hanno gi applicato disciplinari
privati oppure regolamenti interni agli
O rganismi di controllo. Alcune aziende,
gi in biologico, hanno richiesto la con-
versione dellallevamento dopo luscita
del decreto ministeriale, mentre altre
hanno rivolto lattenzione al biologico
dopo lo scandalo B.S.E.. Le motivazioni
sono il sensibile calo delle vendite e la ri-
c e rca prodotti alternativi da off r i re al
mercato.
Quindi nel panorama attuale ci sono:
aziende biologiche che hanno lalleva-
mento in fase di conversione, aziende
biologiche che stanno ancora valutando
la convenienza ed aziende zootecniche
convenzionali che cercano soluzioni al-
ternative per superare la crisi da B.S.E.
E poi ci sono aziende, biologiche e non,
che gi in epoca non sospetta avevano
puntato allottenimento di un prodotto di
qualit e garantito dal nome stesso della-
zienda di provenienza. Sono soprattutto
piccole e medie aziende che off rono ga-
ranzie proprie a consumatori abitudinari.
Questo modello di produttori orientato su
uno standard di qualit, hanno oggi avuto
un incremento nella richiesta di carne, a
p re s c i n d e re dalla certificazione.
Il problema B.S.E. ha soltanto amplificato
quello gi esistente della mancata ricerc a
di standard qualitativi, che stava port a n-
do ad una pro g ressiva riduzione dei con-
sumi di carne e cambiando le regole di
m e rcato. Oggi la maggior parte delle
aziende stanno pensando di cambiare
rotta ricercando standard qualitativi che
possano forn i re garanzie collegate alla
p rovenienza, e in questa ottica dovre b b e
inserirsi anche il discorso biologico.
Di norma, che tipo di al imentazione vie-
ne seguita nell e aziende della re g i o n e ?
Sul tipo di alimentazione dobbiamo fare
una distinzione. Per esempio nellalleva-
mento bovino, dove prevista la stabula-
zione semi-libera, gli animali sono tenuti
al pascolo nei mesi estivi, integrando la
razione alimentare con eventuali mangi-
mi, nuclei proteici e integratori. Nei pe-
riodi invernali gli animali in stalla sono
alimentati con fieno, farine di erba medi-
ca disidratata, mangimi. Solo alcuni alle-
vamenti limitrofi allindustria alimentare
utilizzano i sottoprodotti della lavorazio-
ne. Nelle situazioni in cui non pre v i s t o
il pascolamento, cio nelle stalle a posta
fissa, la razione alimentare apporta so-
stanza secca con fieno, erba, insilati oltre
ai mangimi e integratori.
Qual la si tuazi one dei mangi mi ? E
possi bi l e re p e r i re mangimi bi ol ogici
con facilit?
Attualmente la disponibilit di mangimi
biologici scarsa e forse una pro g r a m-
mazione avviata nellanno in corso potr
a c c re s c e re le quantit disponibili dalla
p rossima annata agraria. Al momento
sono esauriti il mais biologico ed il favi-
no, e questultimo viene sostituito in par-
te da pisello proteico. E ancora re p e r i b i-
le orzo, farro, avena, erba medica disi-
dratata e fieno, ma le richiesta e le off e r-
te sono talmente dinamiche che re s t a
difficile fornire indicazioni precise.
I l decreto mi nisteri al e 4 agosto 2000
sul l e modal it di appl i cazi one del re-
gol amento sul l a zootecni a bi ol ogi ca
stato criti cato da molti per linterpre t a-
zi one restri tti va fatta dal Mi paf, che
sembrava favorire gli altri Stati membri
ri spetto al l I tal i a. Non l e sembra che
oggi questa severi t sia quasi un van-
taggio?
Non metterei Il problema su questo pia-
no. Il regolamento1804/99 contiene re-
gole precise per lallevamento nel rispet-
to di un ciclo di vita naturale e di condi-
zioni di benessere ed igiene. E vero, al-
cuni produttori gi in conversione consi-
12
Si riporta una sintesi del testo
del decreto ministeriale
4 agosto 2000 sulle modalit
di attuazione del Reg. CE
1804/99 sulle pro d u z i o n i
animali biologiche, nella
p a rte relativa alla tracciabilit
e rintracciabilit degli
alimenti biologici di origine
animale (bovini), come
esempio delle garanzie che
ci sono per il consumatore
di carni bovine biologiche.
Analoghe indicazioni sono
p resenti nello stesso allegato
per le carni suine, ovine,
per gli avicoli, uova, latte e
m i e l e . Si ricorda a tale
p roposito che lalimentazione
degli animali destinati alla
p roduzione di carne biologica
non prevede luso
di organismi geneticamente
modificati (ogm).
BOVINI
Gli animali identificati devono essere re g i s t r a t i
sul re g i s t ro aziendale e nello spazio disponibile
v e rr indicata lappartenenza dellanimale al cir-
cuito biologico.
I soggetti vengono avviati al macello scort a t i
dai documenti di legge ()
Il documento didentificazione del bovino sar
corredato dalla dichiarazione del detentore degli
animali dellappartenenza al circuito biologico e
della data di ingresso in detto circuito del sog-
getto specifico.
Gli automezzi adibiti al trasporto, oltre ad esse-
re puliti e disinfettati, devono essere dotati di
dispositivi atti a dividere gli animali di diversa
provenienza.
Macellazione, identificazione
e classificazione delle carcasse
Il macellatore deve assicurare lidentificazione
p e rmanente degli animali e delle carcasse, dal
momento della ricezione degli animali fino allab-
battimento ed eventuali lavorazioni successive.
Durante la sosta deve essere garantita la non
p romiscuit con gli animali non appartenenti al
circuito biologico.
La documentazione di trasporto () sar rac-
colta e verificata nella sua congruit e corr i-
spondenza dai Veterinari preposti allispezione
delle carni della Az.ASL di competenza, il ma-
c e l l a t o re deve assicurare la connessione tra il
n u m e ro di matricola dellanimale riportato sulla
m a rca auricolare e nei documenti accompagna-
derano il Regolamento troppo re s t r i t t i v o ,
soprattutto per alcune realt in cui lalle-
vamento si svolge con cicli piuttosto for-
zati. Ma le norme in esso contenute sono
finalizzate a limitare tutte quelle forzature
che portano a rapidi accrescimenti in pe-
so penalizzando unalimentazione corre t-
ta e idonee condizioni di vita, e che ten-
dono a considerare prioritario il rapporto
costi/benefici sottovalutando invece lim-
p o rtanza di pro m u o v e re la ricerca di uno
standard qualitativo della carne.
Quindi non direi che il Regolamento fa-
vorisce lallevamento biologico in cert i
Stati a scapito di altri, direi che alcuni
Stati, come alcune zone del nostro Pae-
se, hanno ambienti pi vocati ad ospitare
lallevamento. In questo contesto vedo
bene lallevamento biologico, finalizzato
ad ottenere uno standard qualitativo su-
p e r i o re della carne e chiare indicazioni
sulla tracciabilit, sulle linee di alimenta-
zione impiegate, sulle metodica seguita;
il tutto integrato in un ambiente naturale,
idoneo, tale da garantire un impatto am-
bientale minimo e condizioni di sinerg i-
smo con le altre attivit agricole della-
zienda. Con questa personale imposta-
zione di fondo, anche il re g o l a m e n-
to1804/99 e il decreto dapplicazione
possono essere considerati non penaliz-
zanti o restrittivi ma una garanzia ag-
giuntiva.
Quindi vi va il biol ogico, ma comunque
ben venga la qualit?
C e rto, e ben vengano anche tutte quelle
f o rme di allevamento convenzionale che
hanno gi fatto della qualit e della sele-
zione delle razze il loro cavallo di batta-
glia per vincere la sfida di mercato.
Considerando inoltre il pare re di alcuni
e s p e rti nel settore, che condivido, ag-
giungerei anche che in base agli obbietti-
vi da raggiungere, in alcuni casi il meto-
do biologico risulta restrittivo e limitante,
in altri bisognerebbe invece rivedere in
senso restrittivo tutte le deroghe pre v i-
ste. Il problema rimane complesso. Co-
munque il pro d u t t o re biologico non po-
tr mai perd e re di vista la difesa della
qualit dei propri prodotti. Ed il consu-
m a t o re dovr riconoscere questo lavoro
aggiuntivo.
E i l futuro cosa ci prepara? Penso ad
esempi o ai ri schi relati vi al le nuove
fonti di protei ne, al fatto che possano
e s s e re i mportate da paesi esteri che
non danno suffi ci enti garanzie, e che
magari possano essere variet modi fi-
cate geneticamente. Pu fornirci garan-
zie maggi ori , BSE a parte, consumare
carne biologica?
Al momento attuale difficile fare pre v i-
sioni per il futuro. Certo che la posta in
gioco alta sia per salvaguard a re la tipi-
cit e la genuinit dei nostri prodotti sia
per aff ro n t a re la concorrenza di un mer-
cato globale. Penso che tutte le linee di
p roduzione che ricercano standard quali-
tativi certificati saranno i nuovi stru m e n t i
per aff ro n t a re la concorrenza di merc a t o ,
nel rispetto di migliori condizioni di vita.
E in questo meccanismo entriamo in gio-
co tutti: non solo i produttori, ma anche i
c o n s u m a t o r i e tutti gli Enti preposti al
c o n t rollo, che devono garantire una buo-
na attendibilit dei metodi. I rischi riman-
gono comunque tanti. La carne biologica
avr una certificazione che ne garantisce
il metodo e i materiali utilizzati, parallela-
mente ci saranno altre produzioni con-
venzionali con marchi garantiti secondo
disciplinari privati altrettanto validi. Il bio-
logico potr risultare quindi una garanzia
a l t e rnativa o aggiuntiva del pro d o t t o .
13
tori ed il numero pro g ressivo di macellazione
attribuito alla carcassa dello stesso animale.
Le carcasse e le frattaglie provenienti dalla zootec-
nia biologica devono essere trattate, con succes-
sione completa, allinizio della giornata o in gior-
nate dedicate, su catena pulita e disinfettata ().
Su ogni parte della carcassa che verr sezionata
dovranno essere apposte etichette inamovibili
riportanti il numero progressivo di macellazione
attribuito allanimale, la data di macellazione e
lindicazione biologico.
Lidentificazione visiva della carcassa, e/o delle
sue parti, pu essere effettuata anche attraver-
so luso di sistemi laser, oppure tramite limpie-
go di strisce di carta speciale non riutilizzabile
o, ancora, utilizzando marchi a fuoco, purch ri-
portanti le indicazioni di cui sopra.
Le etichette didentificazione delle carcasse, ol-
tre alle indicazioni obbligatorie della regolamen-
tazione comunitaria, devono riport a re il riferi-
mento al metodo di produzione biolgico.
Le carcasse o i quarti devono essere corre d a t i
di un attestato di macellazione.
Lattestato di macellazione, oltre a riport a re le
indicazioni di biologico, riporter il numero di
matricola dellanimale, il sesso, let alla macel-
lazione, il peso della carcassa, lallevamento di
provenienza, il luogo in cui avvenuta la macel -
lazione e la data della stessa.
Detto attestato di macellazione pu essere forn i t o
sia in forma cartacea sia in formato magnetico.
Le carni e le frattaglie derivanti da animali in
zootecnia biologica devono essere riposte in
celle frigorifere dedicate o, in mancanza di que-
ste, potranno essere utilizzate le normali celle
p u rch vi siano zone dedicate e ben evidenziate
per il prodotto biologico.
Il trasporto delle mezzene e/o dei quarti ai labo-
ratori di sezionamento o direttamente ai punti
vendita deve avvenire nel rispetto della norm a t i-
va vigente, consentendo la separazione fisica
della carne biologica da altra eventualmente tra-
sportata.
Deve essere inoltre garantita la possibilit di in-
dividuazione immediata della carne biologica,
eventualmente attraverso luso di sacchi di ma-
teriale adeguato a perdere.
I documenti di trasporto della carne devono
c o n s e n t i re, senza erro re, la connessione con
lanimale abbattuto.
I macelli ed i laboratori di sezionamento e con-
fezionamento si impegnano a garantire la conti-
nuit del sistema di tracciabilit ed a sottoporsi
ai relativi controlli; fa parte del sistema di trac-
ciabilit la conservazione degli attestati di ma-
cellazione, dei documenti accompagnatori della
c a rne biologica e lattivazione di una pro c e d u r a
( i n f o rmatica o cartacea) che assicuri una re g i-
strazione documentale sistematica e tempestiva
del carico e scarico.
Sezionamento e confezionamento
Il sezionamento ed il confezionamento devono
avvenire in laboratori riconosciuti ().
La carne biologica dovr essere conservata in zo-
na apposita dei locali di conservazione e lavorata
separatamente rispetto alle altre partite di carn e .
Sulle singole confezioni pronte per la vendita al
dettaglio dovranno essere applicate etichette
con le indicazioni relative al metodo di pro d u-
zione biologico e quelle presenti sullattestato di
macellazione.
Nel caso di tagli confezionati, la confezione re-
cher la scritta biologico e allinterno della stes-
sa verr posto lattestato di macellazione.
Il trasporto delle confezioni deve avvenire nel ri-
spetto della normativa vigente, consentendo la
separazione fisica della carne biologica rispetto
ad altra eventualmente trasportata e lindividua-
zione della stessa attraverso imballaggi dedicati.
Vendita e distribuzione del prodotto
Le mezzene, i tagli anatomici e le loro porz i o n i
confezionate, sono biologiche se rispettano
quanto prima indicato. Ogni partita di carni bio-
logiche deve essere accompagnata dallattesta-
to di macellazione compilato in ogni sua parte a
cura di chi ha immesso la carne sul mercato.
La distribuzione della carne deve avvenire attra-
verso macellerie che si impegnano a garantire
la continuit del sistema di tracciabilit ed a
sottoporsi ai relativi controlli; fa parte del siste-
ma di tracciabilit la conservazione degli atte-
stati di macellazione, dei documenti accompa-
gnatori della carne biologica e lattivazione di
una procedura (informatica o cartacea) che as-
sicuri una registrazione documentale sistemati-
ca e tempestiva del carico e scarico.
Le macellerie non esclusiviste dovranno espor-
re la carne biologica in una apposita sezione del
banco di vendita, dove saranno visibili gli atte-
stati di macellazione.
La carne se non preventivamente confezionata,
dovr essere tagliata e preparata solo allatto
della richiesta da parte del consumatore.
LO STATO DELLA CERT I F I C A Z I O N E
DELLE CARNI BIOLOGICHE
NELLE MARCHE
Gi agli inizi degli anni novanta gli operato-
ri biologici marchigiani, pur in assenza di
una legislazione comunitaria o nazionale,
hanno applicato metodi di produzione bio-
logici nel proprio allevamento: era insito
nellidea stessa di agricoltura biologica che
anche gli allevamenti, in quanto parte inte-
grante dellazienda agraria, dovessero es-
s e re condotti con norme rispettose del-
lambiente e del benessere degli animali. Al
consolidamento di questa idea hanno con-
tribuito significativamente le leggi re g i o n a-
li, la nascita di disciplinari privati e le ri-
chieste dei consumatori; in altre parole, la
p resenza di norme certe, a fronte delle
quali intrapre n d e re liter di certificazione, e
lo sviluppo del mercato dei prodotti biolo-
gici.
Prima dellentrata in vigore del re g o l a m e n t o
CE n. 1804/99 (24 agosto 2000) che disci-
plina gli allevamenti biologici, e del decre t o
attuativo del MiPAF 4 agosto 2000, le nor-
me seguite erano quelle dei disciplinari pri-
vati come, ad esempio, Garanzia Biologico
AMAB, Garanzia AIAB eccconform i
agli standards internazionali IFOAM, oppure
le norme contenute nelle poche leggi re g i o-
nali pro m u l g a t e .
Nellanno 2000 erano circa 40 le aziende
m a rchigiane, controllate dallIstituto Medi-
t e rraneo di Certificazione, che seguivano il
d i s c i p l i n a re Garanzia Biologico AMAB,
ma solo alcune di esse hanno chiesto la
c e rtificazione dei propri prodotti perc h
hanno trovato sbocco sul mercato. IMC
nello stesso anno ha certificato le pro d u-
zioni di 12 aziende, emesso 25 cert i f i c a t i ,
rilasciato 14 autorizzazioni alla stampa di
etichette per i seguenti prodotti: vitelloni;
suino leggero; carne bovina; latte vaccino,
caprino, ovino, formaggi e ricotta; miele.
Il numero delle aziende che hanno chiesto la
c e rtificazione stato inferiore, quindi, a quel-
lo delle aziende potenzialmente cert i f i c a b i l i .
Tale situazione si venuta a cre a re anche
per lassenza della regolamentazione comu-
nitaria, associata alla scarsa conoscenza da
p a rte dei consumatori della possibilit di
c e rt i f i c a re secondo disciplinari privati.
Dopo lentrata in vigore del re g o l a m e n t o
comunitario il nostro lavoro decisamente
aumentato, sia in conseguenza del fatto
che le aziende gi controllate sono state ri-
valutate secondo le norme ora in vigore sia
p e rch nuove aziende hanno scelto di ap-
p l i c a re il metodo di produzione biologico
nei loro allevamenti, chiedendo di entrare
nel sistema di controllo. Su questa scelta
ha sicuramente pesato il caso BSE che ha
fatto conoscere a molti consumatori lesi-
stenza della zootecnia biologica ed ha fatto
aumentare la domanda dei prodotti.
Attualmente, quindi, oltre alle aziende sto-
riche ve ne sono altre che si trovano nella
fase di conversione.
ALIMENTAZIONE E MANGIMI
Per quanto riguarda lalimentazione, il re-
golamento comunitario prescrive che gli
animali debbano essere alimentati con ali-
menti biologici preferibilmente aziendali,
m e n t re il decreto del MiPAF impone, per i
poligastrici, che almeno il 35% della so-
stanza secca della razione annuale pro v e n-
ga dalla stessa azienda o dal comprensorio
costituito. Fondamentale lapporto del
pascolo nella dieta. Pertanto, lallevatore
deve aver gi una base aziendale da cui ot-
t e n e re gli alimenti; solo quando questi non
sono sufficienti pu ricorre re ad alimenti
provenienti da altre aziende biologiche e, in
ultima istanza, ai mangimi prodotti dallin-
dustria.
La conduzione biologica dellallevamento,
p roprio perch legato alla terra, non consi-
ste nel sostituire i mangimi convenzionali
con quelli biologici. Tuttavia, non si potr
fare a meno dellapporto esterno dei mangi-
mi biologici per soddisfare le esigenze ali-
mentari dellallevamento.
A tale scopo la Commissione europea ha
p reso limpegno di elaborare delle norm e
per la produzione di mangimi biologici. In-
tanto, il MiPAF ha predisposto una bozza di
d e c reto interministeriale per la pro d u z i o n e ,
p reparazione e controllo dei mangimi da
u t i l i z z a re negli allevamenti biologici, che
attualmente sottoposta allattenzione del-
le parti interessate.
Nel frattempo, laccresciuto interesse per
la zootecnia biologica da parte degli alleva-
tori ha indotto alcune industrie mangimi-
stiche a pro d u rre alimenti adatti alla con-
duzione biologica. In questi casi per la
c e rtificazione di questi mangimi consiste
nel dichiarare in etichetta che le materie
prime di partenza sono state ottenute con
metodo biologico e quali sono le loro per-
centuali.
Nelle Marche gli allevatori biologici preferi-
scono utilizzare, per i bovini, foraggi fre-
schi ed il pascolo piuttosto che gli insilati,
poich questi ultimi peggiorano la qualit
della carne. Generalmente i mangimi non
vengono utilizzati per i vitelloni. Attualmen-
te, gli allevatori biologici marchigiani non
incontrano difficolt ad approvvigionarsi.
IL REGOLAMENTO
E LA SUA APPLICAZIONE
Il Regolamento CE n. 1804/99 ha finalmente
emanato le tanto attese norme per la pro d u-
zione zootecnica, lasciando ad ogni Stato
m e m b ro la gestione delle deroghe, la cui
concessione permette alle aziende di eff e t-
t u a re gli adeguamenti strutturali e gestionali
necessari e non realizzabili a bre v e .
A tale scopo il gi citato D.M. 4 agosto
2000 ha provveduto a re g o l a m e n t a re le
suddette deroghe, ha stabilito le linee gui-
da per la tracciabilit e rintracciabilit degli
alimenti biologici ed ha stabilito la moduli-
stica necessaria per il controllo delle pro-
duzioni zootecniche.
Con le norme introdotte dal suddetto de-
c reto gli allevatori biologici italiani sono
soggetti a restrizioni pi severe, sia in ter-
mini di tempi di concessione delle deroghe
che in termini di adempimenti per la ge-
stione dellallevamento, rispetto a quanto
previsto dal regolamento comunitario.
Tale situazione ha suscitato non poche criti-
che da parte di alcuni in quanto penalizzere b-
be gli allevatori italiani rispetto agli euro p e i ;
secondo altri, invece, norme pi re s t r i t t i v e
q u a l i f i c h e re b b e ro meglio il prodotto italiano.
14
Fino: I disciplinari danno le garanzie
ma centrale il ruolo di che certifica
Secondo il nostro pare re non tutte le nor-
me pi restrittive contenute nel decre t o ,
sebbene possano essere considerate appe-
santimenti burocratici, sono ragionevol-
mente criticabili, dato che alcune di esse
sono alla base delle garanzie richieste dai
consumatori e delle esigenze del contro l l o
e della certificazione.
Alcune norme potre b b e ro qualificare ulte-
r i o rmente il prodotto italiano, rispetto a
quello ottenuto negli altri Paesi comunitari,
qualora sul prodotto venisse specificato il
paese di nascita e di allevamento.
Infatti, va ricordato che i prodotti animali
biologici certificati potranno circ o l a re libe-
ramente nellambito della Comunit euro-
pea (dato che le certificazioni dei singoli
Paesi comunitari sono equivalenti) comun-
que, ben inteso, conformi al re g o l a m e n t o
comunitario. Quindi in Italia potranno arr i-
v a re prodotti certificati ai sensi di norm e
meno restrittive di quelle vigenti in Italia.
Fino a che non sar obbligatoria lindica-
zione in etichetta del paese in cui vengono
allevati gli animali, il consumatore non po-
tr scegliere.
A l t re norme, infine, seppur apprezzabili nei
principi ispiratori si scontrano con la strut-
tura produttiva delle aziende italiane: oc-
c o rre rebbe, cio, tenere conto maggior-
mente della realt degli allevamenti italiani
e consentire loro un tempo pi congru o
per ladeguamento ai requisiti richiesti. In
a l t re parole, ben vengano norme pi re-
strittive di quelle comunitarie a patto che
siano applicabili e non portino molte azien-
de fuori dal regime di controllo perch non
conformi.
Tuttavia, attualmente in fase di discussio-
ne presso il MiPAF una proposta di revisio-
ne di alcune norme contenute nel decre t o
ministeriale come richiesto da pi parti.
IL VALORE DELLA
CERTIFICAZIONE
Per quanto riguarda la zootecnia biologica,
la sostituzione delle farine animali con altre
fonti proteiche non rappresenta un pro b l e-
ma dato che queste erano gi bandite nei
disciplinari privati e non sono previste dal-
la legislazione vigente, fatta eccezione per
la farina di pesce e i derivati del latte. Luti-
lizzo della soia, quale fonte proteica, con il
rischio che questa sia modificata genetica-
mente, disciplinato sia dal re g o l a m e n t o
comunitario che dal decreto ministeriale
anche qualora provenga da pro d u z i o n e
convenzionale. Infatti, il re g o l a m e n t o
1804/99 vieta luso di organismi genetica-
mente modificati e i loro prodotti sia per le
p roduzioni vegetali che animali. In part i c o-
l a re il decreto ministeriale prevede che,
qualora vengano utilizzati alimenti di origi-
ne convenzionale, lallevatore deve esibire
allorganismo di controllo unanalisi che at-
testi che il prodotto o la miscela siano
esenti da O.G.M.. Il controllo del rispetto
delle suddette norme fa parte nel nostro la-
v o ro e dellimpegno che abbiamo assunto
nei confronti dei consumatori.
Leliminazione delle farine animali dalla die-
ta alimentare del bestiame sicuramente
un passo avanti verso il ripristino dei cicli
naturali nel processo produttivo e verso la
s i c u rezza alimentare .
Ma questo non basta poich questa pre-
cauzione nulla ci dice circa gli altri aspetti
della produzione.
Sappiamo che esistono delle tecniche pro-
duttive suggerite dalla ricerca scientifica,
una legislazione che regolamenta luso dei
mezzi tecnici da impiegare, i limiti di so-
stanze indesiderate presenti nel prodotto fi-
nito, e lo Stato con i suoi organi che con-
t rolla, inevitabilmente a campione, il pro-
dotto finito. Per, nulla sappiamo sulle mo-
dalit con cui si sono svolte le varie fasi del
processo produttivo, della capacit del pro-
d u t t o re di tenerlo sotto controllo, attraver-
so la messa in atto di azioni preventive e
correttive, attraverso un piano di rintraccia-
bilit del prodotto che leghi le materie pri-
me al prodotto finito, attraverso un piano di
analisi per garantire, innanzitutto se stesso,
e poi il consumatore che il prodotto corr i-
sponda alle sue aspettative. Ma, anche qua-
lora tutto ci venga fatto da un pro d u t t o re
s c rupoloso e conscio del suo ruolo, manca
levidenza oggettiva.
Il senso ed il valore della cert i f i c a z i o n e
consiste proprio in questo: da una part e
esiste un disciplinare di produzione nel
quale vengono descritte le norme di produ-
zione; dallaltra esiste lOrganismo di cert i-
ficazione che controlla i processi produttivi
in tutta la filiera, accerta la capacit del
produttore di gestire un suo sistema effica-
ce e ne certifica la conformit alle norm e
del disciplinare. Questultimo un docu-
mento pubblico che deve essere portato a
conoscenza del consumatore e, pert a n t o ,
trasparente.
L o rganismo di certificazione quellorg a-
nizzazione sopra le parti, in un processo di
certificazione in cui sono rappresentati pro-
duttori, trasformatori, distributori, consu-
matori ed enti di ricerca, che deve possede-
re i requisiti necessari per poter dare il va-
l o re giusto alla certificazione; la corre t t e z z a
della sua attivit garantita da un Ente
pubblico e, qualora lo si desideri, da un or-
ganismo privato gerarchicamente superiore
(in Italia il Sincert) e pertanto altre t t a n t o
trasparente.
Questo ci che avvenuto per la cert i f i c a-
zione dei prodotti ottenuti con il metodo
biologico: stato il primo esempio di pro-
dotto agro a l i m e n t a re certificato. Si passa-
ti, cio, da un mercato di prodotti alimentari
convenzionali controllati ai sensi della legi-
slazione nazionale generale, ad un merc a t o
di prodotti alimentari biologici certificati ai
sensi di un disciplinare di pro d u z i o n e .
In generale, quindi, il vantaggio di un pro-
dotto biologico rispetto ad un suo omolo-
go convenzionale risiede nel fatto che il
primo contiene una garanzia aggiuntiva
circa il rispetto di quanto stabilito dal disci-
p l i n a re. Da questo punto di vista la cert i f i-
cazione un diritto del consumatore che
sceglie di acquistare un prodotto biologico.
Le motivazioni per lacquisto di un pro d o t-
to biologico, e pi specificatamente un
prodotto di origine animale, sono moltepli-
ci e risiedono proprio nei contenuti del di-
s c i p l i n a re: il rispetto dellambiente, il be-
n e s s e re degli animali allevati, le caratteri-
stiche organolettiche, lassenza di org a n i-
smi geneticamente modificati e di re s i d u i
di presidi sanitari non ammessi, eccnon
solo una questione di presenza o meno
di farine animali nei mangimi.
Lintero servizio, di queste pagine, sulla
Zootecnia Biologica stato curato da
Gabriella Malanga
15
l Reg. (CE) 1260/99
istituisce lIniziativa
Comunitaria LEA-
DER +i cui campi di
applicazione sono
stati adottati dalla
Comunicazione agli stati
membri 2000/C 139/05.
Il 18 novembre 2000 la Re-
gione Marche ha inviato il Pia-
no LEADER Regionale (PLR)
2000-2006 alla Commissione
E u ropea, Direzione Generale
Agricoltura. Il programma
stato ricevuto uff i c i a l m e n t e
dai servizi della Commissione
in data 20/11/2000. Nei 5 me-
si successivi a questa data la
Commissione valuter il piano
e con Decisione stabilir la
p a rtecipazione del FEOGA
sez. Orientamento.
E n t ro i 3 mesi successivi al-
l a p p rovazione del PLR la Re-
gione dovr stendere il Com-
plemento di Pro g r a m m a z i o n e
che consentir di indicare in
modo pi preciso e completo
gli obiettivi e le strategie.
Il LEADER +agir nelle are e
montane e in quelle a pi ele-
vato indice di ruralit, facen-
do coincidere le prime con
quelle ricadenti nel terr i t o r i o
delle Comunit Montane e le
seconde con le aree gi indi-
viduate ai sensi dellob. 5b
del precedente periodo di
programmazione.
I Comuni che ricadono nella-
rea LEADER +regionale sono
158, distribuiti in tutte le pro-
vince e rappresentano il 69%
della superficie della nostra
regione.
I territori selezionati da cia-
scun GAL dovranno costituire
un insieme omogeneo dal
punto di vista fisico, geografi-
co, economico e sociale, ave-
re un numero di abitanti non
i n f e r i o re a 45.000 e non su-
p e r i o re a 100.000 e una den-
sit media non superiore ai
120 abitanti per km
2
ed esse-
re contigui.
Il contributo pubblico massi-
mo di 67 euro per abitante.
Lobiettivo generale del PLR
r a p p resentato dal pro m u o v e-
re uno sviluppo sostenibile ed
integrato tramite strategie pi-
lota ad elevata trasferibilit.
Le strategie che saranno at-
tuata per raggiungere lobietti-
vo generale sono le seguenti:
miglioramento della com-
petitivit e dellefficienza dei
sistemi economici al fine di
c o n t r i b u i re alla cre a z i o n e
e/o mantenimento di posti
di lavoro;
tutela e valorizzazione del
paesaggio rurale e delle ri-
sorse ambientali e culturali;
sostegno alle azioni volte al
r a ff o rzamento delle capa-
cit organizzative dei siste-
mi economici e sociali pre-
senti sul territorio.
Il LEADER + caratterizzato
da 3 Assi prioritari:
1 ) strategie di sviluppo ru r a l e ;
2) cooperazione tra i territori;
3) assistenza tecnica.
ASSE 1
Strategia e sviluppo rurale
I Piani di Azione Locale (PA L )
che saranno presentati dai
G ruppi di Azione Locale (GAL)
dovranno contenere uno dei 4
temi catalizzatori indicati dalla
regione Marche e gi pre v i s t i
nella Comunicazione che sono:
1 ) utilizzazione di nuovi know-
how e nuove tecnologie e
per aumentare la competi-
tivit dei prodotti e dei ser-
vizi dei territori intere s s a t i
da LEADER;
2) miglioramento della qua-
lit di vita nelle zone rurali;
3 ) valorizzazione dei pro d o t t i
locali, in part i c o l a re agevo-
lando mediante unazione
collettiva laccesso ai mer-
cati per le piccole stru t t u re
p ro d u t t i v e ;
4 ) valorizzazione delle risorse
naturali e culturali, com-
p resa la valorizzazione dei
siti di interesse comunita-
rio NATURA 2000.
Senza per attivare interv e n t i
che possano ripetere azioni
gi sostenute con altri aiuti
siano essi comunitari, nazio-
nali o regionali.
I GAL nello sviluppare il tema
c a t a l i z z a t o re scelto attiveran-
no una o pi delle misure che
sono previste nel PLR:
1) aiuti alle imprese per lin-
troduzione di metodi inno-
vativi, di processo e di
prodotto;
2) aiuti alle imprese per mi-
g l i o r a re il rapporto tra il
p rocesso produttivo e
lambiente;
3) aiuti per favorire laccesso
al mondo del lavoro e mi-
g l i o r a re il profilo qualitati-
vo degli occupati;
4) miglioramento ed intro d u-
zione di servizi ai terr i t o r i
interessati al Leader +;
5) servizi alla popolazione;
6) miglioramento dei villaggi
rurali;
7) c o m m e rcializzazione, va-
lorizzazione e pro m o z i o n e
dei prodotti locali e del
territorio;
8) valorizzazione delle risor-
se culturali delle aree Lea-
der +;
9) s a l v a g u a rdia del paesag-
gio;
10)animazione.
ASSE 2
Cooperazione tra i territori
Lobiettivo quello di attivare la
cooperazione tra operatori lo-
cali e operatori di territori della
stessa regione, di altre re g i o n i
italiane o di altri stati membri
della Comunit Euro p e a .
16
NO RM ATI VA
LEADER +
IN COMMISSIONE
I
17
Infatti si possono individuare
due tipi di cooperazione,
quella infraterritoriale, cio
tra territori dello stesso stato
m e m b ro e quella trasnaziona-
le tra territori di diversi stati
membri.
Tutte le azioni che saranno in-
t r a p rese dovranno essere
c o e renti e complementari al
contenuto del tema scelto da
ciascun GAL.
ASSE 3 - Assistenza tecnica
Nellambito di questasse sa-
ranno finanziati supporti al-
lattuazione dellI.C. LEADER
+e il beneficiario sar la Re-
gione Marche.
Ilaria Mantovani
Nel passato periodo di pro-
grammazione hanno operato
6 GAL:
GAL Montefel tro LEADER
occupa il territorio dellalto
p e s a rese ai confini con Emi-
lia Romagna, Toscana e Um-
bria ad esso hanno aderito
comuni come Urbino, San
Leo, Acqualagna e Carpegna.
Il contributo pubblico che i
GAL ha gestito di circ a
L.12.300.000.000.
Il PAL stato incentrato su
temi importanti quali lam-
biente e la destagionalizzazio-
ne del turismo che non deve
a v e re. Inoltre, solo la citt di
Urbino come unico punto di
i n t e resse del terr i t o r i o .
GAL Colli Esini San Vicino
il territorio del GAL a caval-
lo tra le province di Ancona e
Macerata e interessa comuni
quali Genga, Serra San Quiri-
co, Arcevia, Cingoli e Mateli-
ca. Il contributo pubblico di
circa L.11.000.000.000.
Iniziative interessanti sono la
realizzazione del pro g e t t o
Paese Albergo, gli aiuti agli
investimenti innovativi nelle
i m p rese artigiane con 97 im-
p rese finanziate, e le azioni
nel settore viticolo molto im-
portante per la zona.
GAL Piceno occupa un pic-
colo territorio a ridosso del-
l a rea costiera che va da Fer-
mo a San Benedetto e questo
spiega anche limport a n z a
che il b&b ha assunto in
q u e s t a rea. Un altro pro g e t t o
innovativo la creazione di
una rete di franchising che
unisca operatori nei settori
d e l l a rtigianato, del turismo,
nel settore agricolo e agritu-
ristico. Il contributo pubblico
che il GAL ha gestito di cir-
ca L.6.100.000.000
GAL Flaminia Cesano il
t e rritorio del GAL, situato nel-
la provincia di Pesaro Urbino,
compreso tra i fiumi Cesano
e Metauro e comprende co-
muni come Fossombro n e ,
P e rgola, Frontone e Saltara, Il
contributo pubblico che il
GAL ha gestito di circ a
L.6.000.000.000. Il tema ca-
t a l i z z a t o re del PAL quello di
c a r a t t e r i z z a re larea che stori-
camente non ha elementi di
omogeneit e questo sia dal
punto di vista turistico che at-
traverso i prodotti locali tipici.
GAL Stel l a dei Si bi l l i ni - il
t e rritorio del GAL, situato in
p rovincia di Macerata, va dal
Comune di Treia a quelli di
Fiuminata e Serravalle del
Chienti passando attraverso
San Severino e Camerino. Il
contributo pubblico asse-
gnato al GAL di circ a
L.4.100.000.000. Iniziative
i n t e ressanti sono rivolte alla
p romozione dei prodotti tipi-
ci dellarea e allincre m e n t o
di posti letto sia nei centri
storici che in campagna.
GAL Sibilli ni Marche il ter-
ritorio a cavallo delle pro-
vince di Macerata e Ascoli Pi-
ceno ed interessato dalla
p a rte marchigiana del Parc o
dei Sibillini, ne fanno part e
Comuni quali Visso, Ussita,
San Ginesio, Amandola, Ar-
quata del Tronto e Acquasan-
ta Te rme. Il contributo pub-
blico assegnato al GAL di
c i rca L.5.200.000.000. Il turi-
smo ha avuto grande impor-
tanza come incremento del-
l o ff e rta saia attraverso b&b
(17 progetti finanziati su 51
richieste pervenute), case per
ferie, ostelli e agriturismi.
I GAL che hanno ope rat o
Tab. 1 Piano finanziario per asse prioritario periodo 2000-2006
Tab. 2 Piano finanziario per anno periodo 2000-2006
TABELLA FINANZIARIA GENERALE INDICATIVA E CALENDARIO DI ESECUZIONE
ome si pu desume-
re dalla tabella finan-
ziaria che riporta la
p revisione di spesa
indicativa per anno pre v e d e
lavvio concreto del Piano Lea-
der dal 2002, in considerazio-
ne che le fasi di appro v a z i o n e
del presente PLR e la succes-
siva selezione dei GAL non po-
tranno concludersi prima di
tale data. La quota di part e c i-
pazione finanziaria dello Stato
M e m b ro ammonta al 60% del
costo totale, questo sulla base
di una stima effettuata re l a t i-
vamente alla presenza perc e n-
tuale di investimenti generato-
ri di entrate, sia di tipo infra-
s t rutturale, che del tipo di aiuti
alle imprese. La quota re g i o-
nale corrisponde al 30% della
quota nazionale
C
l termine biodi-
versit fa riferi-
mento alle diff e-
renze tra ecosi-
stemi, al numero
di specie presenti in ciascun
ecosistema e alla diversit
genetica presente allintern o
di ciascuna specie, popola-
zione e individuo.
La diversit biologica, risul-
tato di milioni di anni di evo-
luzione dinamica determ i n a-
ta dalle mutazioni, dalla ri-
combinazione genica e dal-
l e ffetto delle pressioni se-
lettive, uneredit che la
natura ci ha lasciato e che
non pu essere ricreata in
laboratorio: se questo capi-
tale antico viene distru t t o
non potr essere ricostituito
e sar perso per sempre. Da
qui la necessit di sviluppa-
re strategie concrete ed eff i-
caci volte a salvaguard a re la
diversit esistente sul no-
stro pianeta.
Le risorse genetiche agra-
rie sono una parte di diver-
sit biologica, quella sfru t t a t a
dalluomo nei sistemi coltiva-
ti (agroecosistemi). Una rap-
p resentazione schematica
delle diverse forme di risorse
genetiche riportata nella
Tabella 1. La diversit delle
specie coltivate stre t t a m e n-
te legata alla selezione opera-
ta dalluomo fin dal Neolitico
quando dalla selezione delle
f o rme spontanee hanno trat-
to origine le specie coltivate
(domesticazione).
La riduzione della diversit
genetica (erosione genetica)
delle specie coltivate avve-
nuta in relazione a due feno-
meni principali:
1) labbandono totale o la
m a rginalizzazione di
molte di esse (r i d u z i o n e
del la vari abi l i t i nter-
specifica);
2) la sostituzione parziale o
totale - con pochissime
variet a stretta base ge-
netica - della miriade di
variet locali (l a n d r a c e)
p resenti allinterno di
singole specie, che ca-
ratterizzavano determina-
te aree agricole (r i d u z i o-
ne dell a di versi t i ntra-
specifica).
Ci ha comportato la perdita
di fonti di adattamento am-
bientale, come resistenze a
parassiti e ad altre avversit;
allo stesso tempo si sono
perdute anche particolari ca-
ratteristiche qualitative e or-
ganolettiche spesso legate
alle tecniche tradizionali di
utilizzazione delle piante.
La riduzione di diversit, tut-
tavia, non solo un fatto ge-
netico, ma il risultato di
p rocessi socio-culturali, eco-
nomici e politici che pro d u-
18
LA RI CERCA
I
Molte variet locali di specie coltivate
p rese i n consi derazi one i n questa
r i c e rca rischiano di scomparire .
E importante mettere in atto una eff i-
cace azione di conservazione che pre-
veda anche l a l oro col ti vazi one nel
luogo di origine (in situ) .
DIVERSIT GENETICA,
CONSERVAZIONE
E UTILIZZAZIONE
Variet locali (landraces)
Variet tradizionali, coltivate dagli agricoltori che ne ripro-
ducono la semente. Non sono state oggetto di migliora-
mento genetico, fatta eccezione per quello condotto dagli
stessi agricoltori. Sono popolazioni eterogenee, in rap-
p o rto dinamico con lambiente naturale e le tecniche col-
turali. La struttura della diversit genetica delle l a n d r a c e s
ha perci due dimensioni: la diversit fra popolazioni e
quella entro popolazioni.
Variet migliorate
P rovengono da programmi di selezione condotti dai mi-
glioratori genetici. Sono popolazioni omogenee, spesso
costituite da un solo genotipo (linee pure, ibridi semplici,
cloni).
Progenitori spontanei delle forme domesticate
Popolazioni di piante da cui sono state domesticate le for-
me coltivate, molto spesso appartengono alla stessa spe-
cie della forma coltivata rappresentando, quindi, una ricca
fonte di germoplasma per il miglioramento genetico.
Specie spontanee affini a quelle domesticate
Specie molto vicine a quelle coltivate, ma non sono i di-
retti progenitori. Possono essere utilizzate, pi o meno
facilmente, per il trasferimento, tramite programmi di in-
crocio, di geni utili nelle forme domesticate.
Specie spontanee non domesticate
Specie spontanee utilizzate dalluomo come tali. Non han-
no subito il processo di domesticazione (ad esempio
molte piante medicinali, forestali e foraggere).
Tab. 1 Tipi di risorse genetiche
Pianta di moco
cono un notevole calo di ric-
chezza poich, insieme con le
specie e le variet, scompaio-
no paesaggi, sistemi pro d u t-
tivi, saperi e culture locali ad
esse legati. Conserv a re le ri-
sorse genetiche significa
quindi non solamente mante-
n e re la diversit delle colture
che caratterizzano un terr i t o-
rio, ma anche il patrimonio
culturale ad esse legato e
dunque questo intervento im-
plica necessariamente una-
zione di valorizzazione del pa-
trimonio culturale locale,
spesso detentore della chiave
della loro utilizzazione.
Lunica strategia adottata fi-
no ad oggi per la salvaguar-
dia delle risorse genetiche,
tranne rare eccezioni, stata
quella della conserv a z i o n e
ex si t u, cio al di fuori del
l o ro ambiente di origine. I
semi o altri organi di pro p a-
gazione sono raccolti e op-
p o rtunamente mantenuti al-
l i n t e rno delle banche del
g e rmoplasma, dette anche
banche del seme. Tale siste-
ma, tuttavia, non in grado,
da solo, di fare fronte al
s e m p re pi rapido pro c e s s o
di erosione genetica delle
piante coltivate, poich le li-
mitate disponibilit di spazio
e di risorse finanziarie con-
sentono di interv e n i re solo
su una minima parte del pa-
trimonio genetico esistente.
I n o l t re, i materiali cos con-
s e rvati vengono sottratti al
processo evolutivo condizio-
nato dalle variazioni climati-
che e dalle dinamiche evolu-
tive degli altri organismi vi-
venti (coevoluzione): si trat-
ta, quindi, di un sistema sta-
tico di conservazione.
Una strategia di complemen-
t a re quella in situ, che impli-
ca la conservazione delle po-
polazioni (gruppo di individui
della stessa specie) nellam-
biente di origine; in part i c o l a-
re, per le specie coltivate ci
vuol dire la permanenza - in
d e t e rminate aree - della colti-
vazione delle variet locali
(l a n d r a c e) da parte degli agri-
coltori, che riproducono in
azienda (on far m) la semente
destinata alla risemina (tabel-
la 2); questo processo com-
p o rta un rapporto dinamico
con lagroecosistema. Nella
c o n s e rvazione dinamica, il
n u m e ro di piante ripro d o t t e
deve essere re l a t i v a m e n t e
elevato per consentire di
m a n t e n e re nella popolazione
un sufficiente numero di ge-
notipi diff e renti fra loro (il ge-
notipo linsieme delle carat-
teristiche genetiche di un in-
dividuo, vedi riquadro sotto).
Esistono anche forme di
c o n s e rvazione dinamica non
in situ, come la conserv a z i o-
ne massale (tabella 2). In
questo caso si tratta di colti-
v a re popolazioni etero g e n e e ,
o p p o rtunamente pre d i s p o-
ste, al fine di costituire una
r i s e rva di diversit genetica
in evoluzione con lambiente,
una sorta di popolazione lo-
cale artificiale. Tale caratteri-
stica diff e renzia la conserv a-
zione dinamica ex si tu d a
quella nei campi catalogo
( r i p roduzione su piccole su-
p e rfici in aziende sperimen-
tali) dove non si persegue lo
scopo di conserv a re la diver-
sit presente entro popola-
zioni, ma solo quella fra
popolazioni. La conserv a-
zione massale ha mostrato
risultati molto interessanti in
una sperimentazione re c e n-
temente condotta in Francia
su frumento. Tale strategia
di conservazione risulta in-
fatti, part i c o l a rmente utile
per quelle specie, come il
f rumento in Europa, dove le
variet locali sono state or-
mai quasi interamente sosti-
tuite da quelle commerc i a l i .
Un progetto simile, su popo-
lazioni di orzo, in corso
p resso lazienda sperimenta-
le Pasquale Rosati della
Facolt di Agraria di Ancona.
Gli aspetti discussi re n d o n o
evidente limportanza e lur-
genza di un intervento coord i-
nato fra le diverse strategie di
c o n s e rvazione, sia in situ c h e
ex situ, in grado di valorizzare
al meglio la diversit genetica,
a ffinch questa possa essere
c o n s e rvata, utilizzata per uso
locale e come materiale per
p rogrammi di miglioramento
genetico. E quindi necessario
che tale intervento si basi su
una seria pro g r a m m a z i o n e
scientifica e territoriale che
ponga al centro la figura degli
a g r i c o l t o r i .
19
Tipo di Specie coltivate Specie spontanee
conservazione (Specie domesticate)
In situ Variet locali (landrace) Nelle comunit
coltivate nelle aziende vegetali naturali
agricole (on far m)
delle aree di provenienza
Ex situ
Conservazione massale Popolazioni introdotte
(Riservegenetiche) dalluomo
Semi conservati nelle banche del seme o del germoplasma
Piante allevate negli orti botanici e nei campi catalogo
Cellule, tessuti, colture di meristemi, polline
Tab. 2 Strategie di conservazione della diversit
biologica in specie coltivate e spontanee
La diversit che si osserv a
fra gli organismi viventi
(es. una pianta alta e una
bassa) dovuta sia a fatto-
ri genetici ereditabili (geni)
sia a fattori ambientali (es.
condizioni climatiche, fert i-
lit del suolo, disponibilit
idriche). Linsieme della di-
versit osservabile fra indi-
vidui detta di versit fe-
notipica, mentre la frazio-
ne ereditabile detta d i -
versit genetica.
La costituzione genetica di
un individuo, determ i n a t a
dalla sequenza del DNA,
viene detta genotipo. In-
dividui caratterizzati dallo
stesso genotipo (es. due
gemelli identici) pre s e n t a-
no sempre alcune diff e re n-
ze dovute a fattori ambien-
tali, tali diff e renze non po-
tranno per essere ere d i t a-
te dalla prole.
Quindi, per conserv a re la
diversit genetica (genotipi
e geni diff e renti), molto
i m p o rtante che il numero
di individui della popolazio-
ne sia sufficientemente ele-
vato (superiore a 500-
5000). Al contrario della
specie umana, nelle specie
vegetali frequente che di-
versi individui abbiano lo
stesso genotipo come nel
caso delle specie pro p a g a-
te per via vegetativa, ad
esempio molte specie ar-
b o ree (talea, innesto), nu-
m e rose specie foraggere
p e renni (stoloni, rizomi) e
specie in cui gli individui si
autoimpollinano (specie
autogame) come il frumen-
to, lorzo, il fagiolo. Per tali
specie il numero minimo di
individui necessario per
g a r a n t i re la conserv a z i o n e
della diversit genetica do-
vr essere quindi maggiore
rispetto alle altre specie.
Che cos l a di versi t genet i ca
n molti casi le va-
riet locali conti-
nuano ad essere
coltivate anche in
p resenza di una-
gricoltura industrializzata. E
il caso di molte regioni del
C e n t ro-Italia e delle stesse
M a rche dove, part i c o l a rm e n-
te nelle aree montane e pe-
de-montane, ancora possi-
bile re p e r i re un elevato nu-
m e ro di variet locali. Q u e s t o
il pri nci pale risul tato di
una ricerca condotta dalla-
rea di Genetica Agrari a del
D i p a rtimento di Biotecnolo-
gi e Agrari e ed Ambiental i
dell Universi t degli Studi
di Ancona, fi nanzi ata dal la
Regi one Marche ( fondi 5B
del Reg. CEE 2081/93) .
Le specie vegetali per le qua-
li stato ritrovato il maggior
n u m e ro di variet locali sono
il fagi olo comune e il f a g i o-
l o bi anco di Spagna d e t t o
anche ciavattone o fagiolo
t u rco, il m a i s utilizzato per
la produzione di polenta e il
p o m o d o ro.
N e l l a rea dei Monti Sibillini
stata ritrovata una variet di
fagiolo comune chiamata
Monachello (Figura 1), con
una part i c o l a re colorazione
del seme, di colore bianco
con una estesa macchia ne-
ra, conformazione a cui
p robabilmente legato il no-
me. E part i c o l a rmente ap-
p rezzato per le sue caratteri-
stiche org a n o l e t t i c h e .
Lungo tutta la fascia pede-
montana e di alta collina che
c o rre parallela alla dorsale
appenninica, attraverso le
q u a t t ro province marc h i g i a-
ne, possibile tro v a re pic-
coli appezzamenti di mais
(Figura 2), destinati pre v a-
lentemente allautoconsumo
f a m i l i a re e spesso coltivati
con variet locali da polenta.
A nord della regione, fra le
p rovince di Pesaro e Anco-
na, stato ritrovato il cosid-
detto mais quarantino
(chiamato cos perch di ci-
clo molto breve). A sud, so-
prattutto nella provincia di
Ascoli Piceno, stata identi-
ficata unantica variet loca-
le a otto file (dal numero
delle file delle cariossidi sul-
la spiga). In part i c o l a re in-
t e ressante notare come in
questo caso la conserv a z i o-
ne delle variet locali sia le-
gata alla persistenza di for-
me tradizionali di trasform a-
zione e consumo, legata so-
prattutto alla presenza di
piccoli mulini a pietra.
Anche per il pomodoro (Fi-
gura 3) sono state collezio-
nate diverse variet locali, in
p a rt i c o l a re nella provincia di
Ascoli dove il pomodoro a
pera risulta molto diffuso e
a p p rezzato per la pro d u z i o-
ne di conserva; anche il po-
m o d o ro cuore di bue sta-
to frequentemente ritrovato.
P a rt i c o l a rmente intere s s a n t e
stato il ritrovamento di spe-
cie ormai credute scomparse
come la roveja (Figura 4) e il
moco (foto a pag. 18). La pri-
ma, anche detta rubiglio,
una sorta di pisello selvatico,
veniva tradizionalmente utiliz-
zata per la preparazione di
una polenta molto appre z z a t a
nella zona, detta fare c c h i a t a
che oggi si sta attestando in
alcuni agriturismi come una
nuovissima, ricercata, pre l i-
batezza tradizionale.
Il moco invece una specie
simile alla veccia ed era lar-
gamente utilizzata in passato
20
I
LE RISORSE GENETICHE
V E G E TALI DELLE MARCHE
Fig. 1 - Semi del fagiolo Monachello , una variet locale ritrovata nellarea del Parco Nazionale dei Monti Sibillini, part i c o l a rm e n t e
a p p rezzata per le sue caratteristiche org a n o l e t t i c h e .
come specie da sovescio e
foraggera, talvolta la granella
era usata per lalimentazione
degli animali da ingrassare ,
soprattutto agnelli e volatili.
Sono state infine identificate
anche popolazioni locali di
a l t re specie quali erba medi-
ca, orzo, sia nudo (orz o
mondo) sia vestito (orz e l-
la), cece, pisello, lenticchia,
veccia, cicerchia, fava, cavo-
lo, bietola, insalate, finoc-
chio, porro e frumento tene-
ro (Tabella 3). Nel corso delle
indagini stato possibile os-
s e rv a re anche la perm a n e n z a
di molte vecchie cultivar di
specie arboree, in part i c o l a re
melo, pero, ciliegio e noce.
La prima fase del pro g e t t o
ha riguardato lindagine e la
r i c e rca sul territorio con le
visite alle aziende. Questo
l a v o ro sistematico stato
possibile grazie alle infor-
mazioni fornite da tecnici e
divulgatori, da gente comu-
ne con unottima conoscen-
za del territorio, ma soprat-
tutto allaiuto e allestre m a
disponibilit degli agricoltori
interpellati, elementi questi
che sono stati decisamente
p reziosi. Inoltre, part i c o l a r-
mente utile stata la colla-
borazione con un gruppo di
a n t ropologi dellUniversit
degli studi di Perugia che ha
consentito di documentare
n u m e rosi aspetti socio-cul-
turali e storici delle risorse
genetiche marchigiane, indi-
cando come molte specie e
le loro relative nomenclature
riflettano una lunga storia di
p e rmanenza sul terr i t o r i o ,
grazie anche allesame di
n u m e rose fonti storiche lati-
ne, testi classici di agro n o-
mia (La divina villa di Cor-
niolo della Cornia o il Tr a t-
tato sullagricoltura di Pier
De Crescenzi) ed inchieste
agrarie (lottocentesca Iacini
o le monografie INEA sulle
famiglie rurali). Sono stati,
i n o l t re, evidenziati diffusi fe-
nomeni di abbandono o di
crisi di molte coltivazioni,
come il caso, appunto, della
roveja. Questa era una volta
l a rgamente diffusa nella fa-
scia di alta montagna di tut-
ta la dorsale appenninica
u m b ro - m a rchigiana, mentre
oggi permane solo in alcuni
appezzamenti.
I materiali collezionati, una
volta classificati ed inventa-
riati, sono stati inseriti in
una collezione pi ampia di
risorse genetiche vegetali
m a rchigiane, custodita at-
tualmente presso il DIBIA-
GA. Si proceduto allinfor-
matizzazione del re p e rt o r i o
documentale, delle interviste
raccolte, del materiale foto-
grafico concernente i mate-
riali raccolti e il contesto
tecnico, culturale ed ecolo-
gico ad esse relativo.
Una parte dei materiali rac-
colti stata valutata in cam-
po (campi catalogo) per de-
t e rm i n a re le caratteristiche
m o rfologiche e agro n o m i-
che; una parte stata sotto-
posta ad analisi con marc a-
tori molecolari al fine di v a-
l u t a re la diversit genetica li-
vello della molecola del DNA.
I metodi di analisi molecola-
re permettono di indagare
sul livello di diversit geneti-
ca presente fra ed entro po-
polazioni, sulle relazioni fra
diverse popolazioni e variet
e sulla storia evolutiva dei
materiali esaminati.
Se si mettono insieme alcuni
degli elementi emersi dal
p rogetto, quali la coltivazione
delle variet locali in are e
m a rginali, la frequente desti-
nazione del prodotto a usi di
21
F i g . 2 - Popolazioni locali
di mais da polenta.
F i g . 3 - Popolazione locale di pomodoro caratterizzata da evidente diversit
m o r fologica dei frutti.
nicchia, la presenza di popo-
lazioni rurali molto anziane
fautrici di questa conserv a-
zione, appare un forte rischio
di erosione genetica. Pert a n-
to evidente lurgenza di
unadeguata azione di con-
s e rvazione che preveda un
i n t e rvento ex situ come pre-
supposto di un pi ampio in-
t e rvento in si tu al fine di sal-
v a g u a rd a re al meglio la di-
versit genetica, consenten-
do una conservazione dina-
mica con lagro e c o s i s t e m a .
Alla luce di quanto sottoli-
neato in questa nota tale in-
t e rvento deve risultare coor-
dinato sul territorio, deve es-
s e re volto alla valorizzazione
del prodotto anche sotto il
p rofilo economico e quindi
s o s t e n e re lagricoltore nella
coltivazione di queste variet.
22
Nome comune Nomi locali Nome scientifico
Fagiolo comune Phaseolus vulgaris
Fagiolo di Spagna Fagioli turchi, Ciavattoni Phaseolus coccineus
Cece Cicer arietinum
Lenticchia Lens culinaris
Moco Mocio, Mocerone, Cervio Vicia ervilia
Pisello Pisum sativum
Roveja Rubiglio, Corbello Pisum ar vense
Cicerchia (*) Lathyrus sativus
Veccia Vicia sativa
Pomodoro Lycopersicon esculentum
Mais da polenta Zea mais
Orzo nudo Orzo mondo, Orzo da caff Hordeum vulgare
Orzo vestito Orzella Hordeum vulgare
Frumento tenero Triticum aestivum
Erba medica (*) Medicago sativa
Bietola Beta vulgaris
Fava Vicia faba
Insalata Lactuca spp.
Cavolo Brassica spp.
Finocchio Foeniculum vulgare
Porro Allium porrum
Tab. 3 Lista delle specie collezionate dal DIBIAGA sul territorio regionale
* Queste specie sono state oggetto di altri progetti specifici condotti dallArea di Genetica Agraria del DIBIAGA
Fig. 4 - La roveja ancora coltivata in
pochi appezzamenti del compre n s o r i o
dei Sibillini dove viene ancora utilizzata
per la produzione di un tipo di polenta
detta fare c c h i a t a
Bellucci E. , Bulfon D. ,
Cappella G. , DAmico T. ,
Ferradini N. , Nanni L. ,
Piermattei S.
(* )
, Porfiri O. ,
Rossi, M. , Papa R.
D i p a rtimento di Biotecnologie
Agrarie ed Ambientali (DIBIA-
GA), Area di Genetica Agraria,
Universit degli Studi di Ancona,
email: rpapa@popcsi.unian.it
(*) Sezione Antropologica del
D i p a rtimento Uomo & Te rr i t o r i o ,
Universit degli Studi di Peru g i a .
LA RI CERCA
23
causa del par-
t i c o l a re indi-
rizzo politico -
e c o n o m i c o
c o m u n i t a r i o ,
che ne aveva previsto il so-
stegno, e le peculiarit di una
d i s c reta semplicit ed econo-
micit di coltivazione, il gira-
sole ha assunto, negli ultimi
anni, sempre maggiore rilie-
vo fino a divenire la pi im-
p o rtante oleaginosa coltivata
sul territorio nazionale.
Nonostante il mutamento
delle strategie comunitarie,
con lavvento di Agenda
2000, di cui i primi veri ef-
fetti potranno manifestarsi a
p a rt i re dalla prossima cam-
pagna di commerc i a l i z z a z i o-
ne, difficilmente si riuscir a
s u rro g a re, almeno nel bre v e
periodo, una essenza che
arrivata ad occupare un ruo-
lo fondamentale negli ord i-
namenti colturali del nostro
paese, soprattutto nelle re-
gioni centrali.
P roprio per questo fatto il
n u m e ro delle costituzioni
immesse nella rete commer-
ciale aumentato negli anni
in misura considerevole, co-
s come quello dei genotipi
iscritti nel Registro naziona-
le delle variet che, nellulti-
mo decennio, pi che rad-
doppiato (al 31/12/1990 ri-
sultavano iscritte 191 costi-
tuzioni; al 15/5/2000 ne ri-
sultavano invece 418).
Orientarsi in una cos folta
giungla di nomi non aff a t-
to facile e troppo spesso
questo compito viene de-
mandato dallagricoltore a
f i g u re non prettamente tec-
niche. La scelta varietale, in-
vece, resta uno dei criteri
fondamentali per una corret-
ta tecnica agronomica. Essa
assume, nellattuale contin-
genza, un valore ancora pi
i m p o rtante laddove la gi
spinta semplificazione della
tecnica colturale, nellottica
di una drastica riduzione dei
costi, non consenta ulteriori
snellimenti per la quadratura
del bilancio aziendale.
La Sezione di Osimo dellIsti-
tuto Sperimentale per le Col-
t u re Industriali provvede an-
nualmente, ormai da pi di
due decenni, ad eff e t t u a re
p rove di valutazione delle
cultivar di girasole in com-
m e rcio allo scopo di saggiare
le novit varietali, ponendole
a confronto con altre gi af-
f e rmate e collaudate, allo
scopo di sfru t t a re al meglio
le caratteristiche delle culti-
var in funzione degli ambienti
di coltivazione e utilizzare
tempestivamente le novit.
LA SPERIMENTAZIONE
La prova del 2000 ha pre v i-
sto il confronto fra quaran-
tadue variet di girasole, di
cui nove a carattere alto
oleico, proposte nellambito
del progetto Valutazione di
cultivar di girasole alto olei-
co finanziato dalla Regione
M a rche, trentatr comuni,
nellambito del pro g e t t o
Qualit girasole finanziato
dallAssociazione Italiana
Sementi (AIS) e 5 contro l l i ,
( S a n b ro, Gloriasol, Vi d o c ,
Ketil e Select) scelti fra i pi
p roduttivi nelle varie classi
di precocit da una gradua-
toria redatta nellambito di
una rete di prove nazionali,
allestita annualmente nelle
principali aree elianticole ita-
liane, alla quale partecipa la
Sezione di Osimo.
Si adottato uno schema
sperimentale a blocco ran-
domizzato con 4 ripetizioni.
Le tesi sono state seminate
meccanicamente il 14 aprile
in parcelle di 15,12 m
2
d i
s u p e rficie, con una densit
dinvestimento, ottenuta in
seguito a diradamento ma-
nuale allo stadio di 2-4 fo-
glie vere, di 5,5 piante/m
2
.
Contestualmente stata ef-
fettuata la geodisinfestazio-
ne con diazinone (Basudin
G).La concimazione stata
eseguita distribuendo 90
Kg/ha di anidride fosforica
in presemina e 100 Kg/ha di
azoto alla semina. Per il
c o n t rollo chimico delle infe-
stanti stata utilizzata la mi-
scela trifluralin pi linuro n
(Triliane) in presemina.
Durante lo svolgimento della
p rova sono stati rilevate le
date di emergenza, fioritura
e maturazione, laltezza delle
piante e le principali fitopa-
tie. Alla raccolta, eff e t t u a t a
manualmente e scalarm e n t e
alla maturazione delle va-
riet, a part i re dal 7 agosto,
su 9,36 m
2
di superficie, so-
no stati determinati peso ed
umidit del campione rac-
colto, peso di 1000 acheni,
contenuto percentuale di
olio e calcolati resa ettariale
in acheni ed olio.
Il terreno di prova, in localit
Campocavallo di Osimo, a
giacitura pianeggiante e tes-
situra francolimosa, pre-
sentava un pH alcalino, una
eccessiva dotazione di cal-
c a re, scarsa di sostanza or-
ganica, buona di azoto tota-
le, ricca in fosforo e potas-
sio assimilabili.
PROGRAMMIAMO LE
SEMINE DEL GIRASOLE
A
Riportiamo i dati della sperimentazione 2000 delle cultivar di gira-
sole. Numerose vari et hanno forni to otti me prestazi oni : re s t a
aperto il problema della mancata remunerazione della percentuale
in olio da parte dellindustria di trasformazione. Gli ibridi ad alto
oleico hanno ottenuto notevoli miglioramenti, tanto da poter com-
petere con le pi produttive cultivar comuni, con indubbi vantaggi
qualitativi per il prodotto.
Landamento stagionale re l a-
tivo al ciclo della coltura
decorso part i c o l a rmente cal-
do e asciutto: le temperature
medie sono sempre risultate
superiori a quelle poliennali,
tranne che nel mese di luglio
e nella prima decade di ago-
sto. Le precipitazioni sono
risultate scarse: in primavera
non si sono raggiunti i 35
mm, mentre nella 3 decade
di giugno e nella 2 di luglio
si sono registrati apport i
idrici preziosi per le fasi di
allegagione e riempimento
dei semi. Ne la dimostra-
zione il fatto che la buona
p roduzione media non si
d i ff e renziata molto da quella
dellanno precedente, con
piovosit superiore .
I RISULTATI
A causa dellandamento sta-
gionale part i c o l a rm e n t e
asciutto, laltezza delle piante
risultata fortemente conte-
nuta, anche se si manife-
stata una certa variabilit tra
le cultivar; nessuna delle
principali fitopatie ha rag-
giunto livelli di patogenicit
rilevanti; si sono riscontrati,
per, diffusi attacchi di Pho-
ma sp. responsabile delle ca-
ratteristiche lesioni nerastre
sui fusti (dati non riport a t i ) .
Ben 25 variet non si sono
diversificate statisticamente
dal miglior controllo che ha
raggiunto, in assoluto, la
m a g g i o re resa in acheni
(38,3 q/ha). Tra queste figu-
rano otto ibridi al primo an-
no di prova, di cui sei, Fleu-
ret, Ibis, Tuscania, Paola,
Kasol e Superal, hanno su-
perato la media pro d u t t i v a
dei controlli (34,2 q/ha), co-
s come quattro variet ad
alto contenuto in acido olei-
co (Albion, Olsavil, Olbaril,
Marko). Lo scarto tra la mi-
g l i o re e la peggiore resa
stato di 8,8 q/ha, eviden-
ziando che la scelta varietale
pu influenzare il 25% del
risultato finale, nonostante
le condizioni ambientali non
del tutto favorevoli al pieno
estrinsecarsi delle potenzia-
lit produttive delle cultivar.
Sette accessioni hanno pre-
sentato il migliore contenuto
in olio, senza diff e renze stati-
stiche dalla migliore variet
di controllo per questo carat-
t e re, che ha raggiunto, in as-
soluto, la pi alta perc e n t u a l e
(55,8%). Il valore medio si
attestato sul 52,5%, risultan-
do abbastanza elevato; ben
29 tesi in valutazione lhanno
superato o eguagliato.
La graduatoria per la pro d u-
zione dolio riflette, gro s s o
modo, landamento di quella
per la resa in acheni. Fanno
eccezione nove cultivar che,
a causa della pi scarsa per-
centuale in olio, non riesco-
no ad aff i a n c a re la pi pro-
duttiva in assoluto, Floralie
(18,9 q/ha) la quale, pro p r i o
grazie al miglior tenore in so-
stanza grassa, scavalca il
c o n t rollo che la superava, in
assoluto, per gli acheni. Ve n-
titr ibridi, di cui tre contro l l i ,
non hanno raggiunto la pro-
24
Ibridi Ditte Fioritura Durata ciclo Prod. acheni Contenuto Produzione
sementiere sem. - racc. al 9% di um. olio s.s olio s.s
data indice giorni indice q/ha indice % indice q/ha indice
CONTROLLO 15-6 ij 97 126 jl 99 38,3 a 113 50,4 mn 96 17,6 ac 109
FLORALIE Asgrow 15-6 ij 97 126 jl 99 37,4 ab 111 55,3 ab 105 18,9 a 117
ALBION (2) Agra 23-6 cd 102 134 bd 106 37,0 ac 109 44,5 p 85 15,0 dg 93
FLEURET Asgrow 18-6 fg 99 134 bd 106 36,6 ad 108 55,2 ac 105 18,4 ab 114
MASCOTTE Semfor 19-6 ef 99 117 o 92 36,1 ae 107 52,3 fk 100 17,2 ad 107
KATARINA Verneuil 19-6 ef 99 133 ce 105 35,4 af 105 51,6 hm 98 16,6 af 103
IBIS Isea 22-6 d 101 127 ik 100 35,3 af 104 52,9 ei 101 17,0 ae 106
OLSAVIL (2) Pioneer 25-6 ab 103 132 df 104 35,3 af 104 53,6 cg 102 17,2 ad 107
TUSCANIA Kws 15-6 ij 97 127 ik 100 35,2 af 104 52,8 fi 101 16,9 ae 105
ALBERO Novartis 15-6 ij 97 128 hj 101 35,1 af 104 50,2 mn 96 16,0 bg 99
PAOLA Cerealtoscana 18-6 fg 99 130 fh 102 35,1 af 104 55,1 ac 105 17,6 ac 109
ISAR Advanta 24-6 bc 102 131 eg 103 35,0 af 104 51,7 hm 98 16,5 af 102
HERCULES Danisco 19-6 ef 99 124 ln 98 34,8 af 103 52,7 fi 100 16,7 ae 104
OLBARIL (2) Pioneer 22-6 d 101 126 jl 99 34,6 af 102 53,3 dh 102 16,8 ae 104
STARSOL Isea 20-6 e 100 126 jl 99 34,6 af 102 53,3 dh 102 16,8 ae 104
CONTROLLO 19-6 ef 99 126 jl 99 34,6 af 102 55,8 a 106 17,6 ac 109
KASOL Agra 19-6 ef 99 135 bc 106 34,5 af 102 54,9 ad 105 17,2 ad 107
MARKO (2) Agra 26-6 a 103 138 a 109 34,5 af 102 51,7 hm 98 16,3 bg 101
SUPERAL Emilseme 18-6 fg 99 128 hj 101 34,4 ag 102 51,3 in 98 16,1 bg 100
MASAI Semfor 25-6 ab 103 125 km 98 34,2 ag 101 53,1 eh 101 16,6 af 103
SABRINA Verneuil 18-6 fg 99 124 ln 98 34,0 ag 101 55,0 ac 105 17,1 ad 106
SUPER 25 Advanta 19-6 ef 99 122 n 96 34,0 ag 101 52,5 fk 100 16,3 bg 101
VIDOC Semfor 17-6 gh 98 123 mn 97 34,0 ag 101 48,0 o 91 14,9 dg 93
CONTROLLO 17-6 gh 98 123 mn 97 34,0 ag 101 48,0 o 91 14,9 dg 93
MORENO Emilseme 16-6 hi 98 128 hj 101 33,8 ag 100 53,9 bf 103 16,5 af 102
BLUMIX Dekalb 23-6 cd 102 125 km 98 33,5 ag 99 51,4 im 98 15,7 cg 98
SARITA (2) Verneuil 24-6 bc 102 124 ln 98 33,5 ag 99 53,7 bg 102 16,4 bg 102
SOLAL (2) Emilseme 23-6 cd 102 131 eg 103 33,4 ag 99 50,6 ln 96 15,4 cg 96
TRIDENT Kws 23-6 cd 102 128 hj 101 33,2 bg 98 52,6 fj 100 15,9 cg 99
FLORA Asgrow 14-6 j 97 127 ik 100 33,1 bg 98 53,6 cg 102 16,2 bg 101
INEDI Apsov 23-6 cd 102 129 gi 102 32,9 bg 97 53,3 dh 102 16,0 bg 99
TRISUN 860 (2) Verneuil 23-6 cd 102 118 o 93 32,9 bg 97 47,1 o 90 14,2 fg 88
VIVIANA (2) Maisadour 24-6 bc 102 127 ik 100 32,9 bg 97 53,8 bg 102 16,2 bg 101
AKILES Agra 17-6 gh 98 128 hj 101 32,6 bg 96 52,5 fk 100 15,6 cg 97
PANTER Isea 19-6 ef 99 123 mn 97 32,6 bg 96 53,1 eh 101 15,8 cg 98
AMERIL Pioneer 17-6 gh 98 122 n 96 32,5 bg 96 52,9 ei 101 15,6 cg 97
GRIFFON Verneuil 23-6 cd 102 136 ab 107 32,4 cg 96 51,0 jn 97 15,0 dg 93
LUCIL Pioneer 19-6 ef 99 123 mn 97 32,4 cg 96 52,5 fk 100 15,5 cg 96
LUNASOL (2) Asgrow 20-6 e 100 127 ik 100 32,4 cg 96 52,5 fk 100 15,5 cg 96
MAGIAR Agra 17-6 gh 98 117 o 92 32,3 cg 96 50,9 kn 97 15,0 dg 93
CONTROLLO 25-6 ab 103 131 eg 103 32,2 cg 95 49,8 n 95 14,6 eg 91
CONTROLLO 22-6 d 101 134 bd 106 32,0 dg 95 53,8 bg 102 15,7 cg 98
FLOROM 350 Sis 19-6 ef 99 126 jl 99 31,6 eg 93 54,8 ad 104 15,8 cg 98
DK 3900 Dekalb 24-6 bc 102 136 ab 107 31,5 eg 93 54,5 ae 104 15,6 cg 97
SONRISA Dekalb 16-6 hi 98 112 p 88 31,1 fg 92 52,9 ei 101 15,0 dg 93
SIDRA Sis 18-6 fg 99 126 jl 99 30,5 fg 90 53,1 eh 101 14,8 dg 92
MANILLE Sivam 25-6 ab 103 131 eg 103 29,5 g 87 52,1 gl 99 14,0 g 87
Media 20-6 100 127 100 33, 8 100 52, 5 100 16, 1 100
Tab. 1 - Data di fioritura, durata del ciclo biologico, produzione di acheni, contenuto e
rese di olio con relativi indici (1) in cultivar di girasole saggiate nel 2000.
I valori con a fianco lettere diverse sono statisticamente diff e renti per P<=0,05 secondo il criterio di Duncan.
(1) = Gli indici sono stati calcolati ponendo le medie dei caratteri pari a 100,
(2) = Cultivar ad alto contenuto di acido oleico,
duzione media (16,1 q/ha).
Sonrisa ha presentato linter-
vallo semina - raccolta pi
b reve, con 112 giorni; suc-
cessivamente si sono posizio-
nate Mascotte e Magior, con
cinque giorni di ritardo e Tr i-
sun 860, con sei. Due variet
hanno concluso il ciclo prima
del controllo pi precoce, che
ha presentato un scarto di
undici giorni da Sonrisa.
Marko, con 138 giorni, ri-
sultato il pi tardivo, insieme
a Griffon, DK 3900 (136 gior-
ni) e Kasol (135); il contro l l o
con il ciclo pi lungo ha rag-
giunto 134 giorn i .
Flora ha fiorito per prima, il
14 giugno, il giorno dopo
anche Floralie, Tuscania e
A l b e ro. Anche re l a t i v a m e n t e
allinizio dellantesi Marko si
posizionato agli antipodi
(26 giugno) con un ritard o
di 12 giorni.
Una stima sommaria della
stabilit produttiva delle cul-
tivar nel tempo pu esser
desunta dallanalisi dei dati
ottenuti nellultimo triennio.
S a n b ro, Floralie, Isar, Albe-
ro, Ameril, Katarina, Select,
H e rcules e Starsol sono le
cultivar che forniscono le
migliori rese in acheni ed
olio; ad esse possono ag-
giungersi Gloriasol e Panter
con una produzione in olio
fra le pi alte ed una resa in
acheni comunque non infe-
riore alla media.
Gloriasol presenta il pi alto
contenuto in olio, Albion, inve-
ce, pur risultando molto pro-
duttiva in acheni, il pi scarso;
S a n b ro, al contrario, pur con
una percentuale di olio fra le
pi basse riesce, grazie alla
notevole produttivit in ache-
ni, a compensare tale deficien-
za e risultare tra i migliori an-
che per la resa in olio.
Solo Select, fra le nove culti-
var pi produttive, risulta
ascrivibile fra le variet tar-
dive, con il pi lungo inter-
vallo semina raccolta (135
gg); Isar e Katarina fra le
medie (128 gg); tutte le altre
p resentano un ciclo medio
precoce.
Sia Floralie che Sanbro rag-
giungono per prime la fiori-
tura, ma poi prolungano lin-
tervallo semina maturazio-
ne, favorendo la fase di
riempimento dei semi.
CONCLUSIONI
La sperimentazione del 2000
ha messo in evidenza inte-
ressanti indicazioni per
o r i e n t a re gli agricoltori nella
scelta varietale.
N u m e rose variet hanno
e s p resso perf o rmance soddi-
sfacenti. Fra queste, sei culti-
var ad alto contenuto di acido
oleico (Albion, Olsavil, Olba-
ril, Marko, Sarita, Solal) e ot-
to comuni in prova per la pri-
ma volta (Fleuret, Ibis, Tu s c a-
nia, Paola, Kasol, Superal,
Super 25 e Moreno), le cui
rese, seppur soddisfacenti,
d o v re b b e ro esser testate an-
che successivamente.
Maggiori affidabilit forn i-
scono gli ibridi che hanno
c o n f e rmato la loro buona
p roduttivit nellarco del
triennio: Sanbro, Floralie,
I s a r, Albero, Ameril, Katari-
na, Select, Hercules e Star-
sol sono quelli che hanno
f o rnito le maggiori rese in
acheni ed olio, superiori ai
32 q/ha le prime, e ai 14,5
q/ha, le seconde.
A tal proposito va ricord a t o
che, nonostante la marc a t a
d i ff e renziazione varietale re-
lativa al tenore perc e n t u a l e
di olio, allagricoltore viene
comunque corrisposto per il
girasole un prezzo totalmen-
te svincolato dal contenuto
lipidico del seme, cosa che,
invece, risulterebbe pi cor-
retto re m u n e r a re, dato che
la destinazione finale del
p rodotto proprio lotteni-
mento della sostanza gras-
sa, sia per la destinazione
alimentare che industriale.
Una menzione a parte va fat-
ta per le cultivar alto oleico
per cui il settore industriale
s e m b re rebbe, appare n t e-
mente, non aver pi intere s-
se, almeno non al punto di
c o rr i s p o n d e re un compenso
in pi allimpre n d i t o re agri-
colo per la loro coltivazione.
Nellultimo decennio tali ibri-
di hanno subito notevoli mi-
glioramenti, prima re l a t i v a-
mente alla resa in acheni, poi
anche riguardo al loro conte-
nuto in olio, tanto da aff i a n-
c a re, ultimamente, le migliori
cultivar comuni, dal punto di
vista produttivo, con indubbi
vantaggi qualitativi, sia nella
sfera f o o d che non food.
Da questo settore potre b b e
scaturire limpulso di un rin-
novato interesse per la com-
posita per superare lorm a i
imminente declino che sem-
bra profilarsi allo stato del-
lattuale scenario politico
economico.
Andrea Del Gatto, Sandro
Pieri, Domenico Laureti.
Istituto sperimentale
colture industriali
Sezione di Osimo (AN)
25
Ibridi Ditte Fioritura Durata ciclo Prod. acheni Contenuto Produzione
sementiere sem. - racc. al 9% di um. olio s.s olio s.s
data indice giorni indice q/ha indice % indice q/ha indice
SANBRO Novartis 20-6 k 98 124 df 99 35,8 a 110 47,8 ef 97 15,7 ab 106
FLORALIE Asgrow 20-6 k 98 124 df 99 34,5 ab 106 51,9 ab 105 16,5 a 111
ISAR Advanta 26-6 ce 101 128 bd 102 34,5 ab 106 51,2 ad 104 16,4 a 111
ALBERO Novartis 20-6 k 98 123 eg 98 34,1 ac 105 46,6 f 94 14,6 ag 99
AMERIL Pioneer 21-6 jk 98 123 eg 98 33,7 ad 104 51,3 ac 104 16,0 a 108
KATARINA Verneuil 24-6 eh 100 128 bd 102 33,5 ae 103 48,5 cf 98 15,3 ad 103
ALBION (2) Agra 26-6 cf 101 130 bc 104 33,0 af 102 43,5 g 88 13,1 fg 89
SELECT Sis 26-6 ce 101 135 a 108 33,0 af 102 52,2 ad 106 15,7 ab 106
HERCULES Danisco 24-6 eh 100 122 fg 98 32,7 af 101 50,1 be 101 15,2 ae 103
STARSOL Isea 24-6 eh 100 123 eg 98 32,7 af 101 50,0 be 101 15,0 af 101
GLORIASOL Isea 24-6 ei 100 124 df 99 32,6 bf 101 53,1 a 107 15,7 ab 106
PANTER Isea 22-6 hk 99 122 fg 98 32,4 bf 100 51,9 ab 105 15,5 ac 105
MARKO (2) Agra 29-6 a 103 132 ab 106 32,2 bf 99 49,2 bf 100 14,6 ag 99
OLBARIL (2) Pioneer 25-6 dg 101 127 ce 102 32,2 bf 99 51,1 ad 103 15,1 ae 102
GRIFFON Verneuil 26-6 ce 101 132 ab 106 32,1 bf 99 49,6 be 100 14,5 ag 98
OLSAVIL (2) Pioneer 28-6 ac 102 131 ac 105 32,0 bf 99 51,1 ad 103 15,2 ae 103
SABRINA Verneuil 22-6 hk 99 122 fg 98 31,9 bf 98 51,7 ab 105 15,2 ae 103
TRISUN 860 (2) Verneuil 26-6 ce 101 119 gh 95 31,6 bg 98 43,9 g 89 12,9 g 87
KETIL Pioneer 29-6 ab 103 128 bd 102 30,9 cg 95 48,4 df 98 14,0 bg 95
VIDOC Semfor 23-6 gj 99 121 fg 97 30,8 dg 95 46,5 f 94 13,3 eg 90
SOLAL (2) Emilseme 27-6 ad 102 128 bd 102 30,3 eg 94 47,7 ef 97 13,3 eg 90
SONRISA Dekalb 21-6 jk 98 116 h 93 29,8 fg 92 49,8 be 101 13,6 cg 92
VIVIANA (2) Maisadour 27-6 ad 102 124 df 99 28,6 g 88 50,0 be 101 13,4 dg 91
Media 24-6 100 125 100 32, 4 100 49, 4 100 14, 8 100
Tab. 2 - Data di fioritura, durata del ciclo biologico, produzione di acheni, contenuto e
rese di olio con relativi indici (1) in cultivar di girasole saggiate nel triennio 1998-2000.
I valori con a fianco lettere diverse sono statisticamente diff e renti per P<=0,05 secondo il criterio di Duncan.
(1) = Gli indici sono stati calcolati ponendo le medie dei caratteri pari a 100,
(2) = Cultivar ad alto contenuto di acido oleico,
26
SPAZI O APERTO
l primo summit
i n t e rn a z i o n a l e
dedicato allolio
doliva si svolto
dal 26 al 28 gen-
naio a J esi, che per due in-
t e re giornate ha svolto il
ruolo di capitale intern a z i o-
nale dellolio doliva.
Le Marche sono state quindi
p rotagoniste e pro m o t r i c i
delle Giornate Mediterr a n e e
dellolio dando appuntamen-
to, allauditorio del Federico
II, a quindici Paesi (Port o-
gallo, Spagna, Francia, Slo-
venia, Croazia, Albania, Gre-
cia, Tu rchia, Egitto, Siria,
Palestina, Tunisia, Algeria,
M a rocco e Italia). I pi im-
p o rtanti paesi produttori del
M e d i t e rraneo si sono con-
f rontati sulle tecnologie e le
innovazioni nella coltivazio-
ne e produzione dolio extra
v e rgine doliva e si sono in-
contrati a J esi per ritro v a re
e valorizzare la millenaria ci-
vilt dellolivo.
Una sessione del convegno
stata dedicata allolivicol-
tura Italiana di qualit e alle
innovazioni mirate alla valo-
rizzazione dei nostri oli. An-
cora una volta emerso, da
p a rte dei qualificati re l a t o r i ,
che la corsa al pro g re s s o
tecnologico deve puntare al-
la qualit perch off re n d o
olio extra vergine con alte
caratteristiche org a n o l e t t i-
che si pu essere competiti-
vi in un mercato sempre pi
globale e lolio pu essere
un pro p u l s o re della valoriz-
zazione complessiva del ter-
ritorio, delle tradizioni e dei
beni culturali.
Il Ministro dellAgricoltura
P e c o r a ro Scanio si colle-
gato in video conferenza con
la sala congressi per ribadi-
re il concetto di terr i t o r i a l i t
e rintracciabilit del pro d o t-
to agricolo. E necessario -
ha detto il Ministro - che an-
che per lolio doliva, come
per gli altri prodotti agricoli,
sia rintracciabile e si cert i f i-
chi la provenienza e lorigi-
ne. Solo cos si off rono ga-
ranzie al consumatore e il ri-
conoscimento ai pro d u t t o r i
seri e responsabili. Il Mini-
s t ro si anche impegnato a
p ro p o rre al Consiglio dEu-
ropa letichetta agricola del-
lolio extra vergine doliva.
Dal convegno Gennaro Pie-
ralisi, leader del gru p p o
omonimo che produce mac-
chine per la lavorazione del-
le olive, ha lanciato lidea
della borsa dellolio da
d i ff o n d e re per via telemati-
ca. Una struttura che do-
v rebbe essere in grado di
determinare la qualit dello-
lio doliva e fungere da tra-
mite tra il pro d u t t o re e il
c o m m e rciante o la grande
distribuzione. Un sistema di
valutazione e cert i f i c a z i o n e
che, su base intern a z i o n a l e ,
possa globalizzare un pro-
dotto tipico; non unulteriore
c e rtificazione da sovrappor-
re alle denominazioni comu-
nitarie Dop e Igp, ma uno
s t rumento per mettere in
contatto e garantire pro d u t-
tore e rivenditore.
JESI CAPITALE
INTERNAZIONALE DELLOLIO
I
I comuni italiani che hanno olivi sul loro territorio sono 3600.