You are on page 1of 50

Metalogicon (2001) XIV, 2

181
Mondi possibili e calcolo divino
in Leibniz


Giuseppe Giannetto


1. Dall'idea di un super mondo all'identit metafisica

Un aspetto di certo rilevante della Corrispondenza fra
Leibniz e Arnauld riguarda - tenendo presente l'esempio di Adamo
che appare in alcune lettere fra i due filosofi
1
- l'interpretazione del
rapporto Adamo-mondi possibili, dove le possibili interpretazioni
sono: o Adamo non fa parte di alcun mondo o Adamo appartiene
ad un ambito che entro l'intelletto divino e da cui l'Essere
supremo combina gli infiniti mondi possibili. Se, infatti, Adamo,
considerato in senso generale, facesse parte di un mondo, la genesi
dei mondi possibili verrebbe messa sullo sfondo dal mondo in cui
Adamo in genere rientra che renderebbe le diverse serie delle cose
determinazioni differenti di uno stesso ambito che, diversamente
articolato nei molteplici rimandi, starebbe a loro fondamento. I
mondi possibili cos sarebbero subordinati a un mondo fondante di
cui costituirebbero solo diverse delimitazioni; ci comporterebbe
l'esistenza di un super mondo e di infiniti mondi ideati a partire da
questo super mondo che, per conto suo, sarebbe staticamente
presente nell'intelletto divino.
Il super mondo avrebbe la consistenza di un abbozzo, di uno
schema essenziale, che potrebbe essere determinato in modi diversi
a seconda dei predicati aggiunti da Dio, che, intesi in serie ordinate,
rappresenterebbero gli infiniti mondi. Questa idea di un super
mondo essenziale tradurrebbe l'infinit dei mondi pi in uno
schema orizzontale che verticale, tale da mettere sullo sfondo la

1
C. GERHARDT, Die philosophischen Scriften von G . W. Leibniz, 7 voll.
Berlin 1857, repr Hildesheim, 1960-61, II, 25-58.
Metalogicon (2001) XIV, 2
182
raffigurazione geometrica della piramide
2
che, secondo Leibniz,
nella Teodicea, individua l'infinit dei mondi: al sopra e al sotto
propri di una visione verticale, che fa leva sui differenti livelli di
perfezione appartenenti ai mondi, al cui vertice sta il mondo pi
perfetto che viene scelto da Dio, alla luce del criterio del meglio, fa
contrasto una teoria che interpreterebbe il mondo pi perfetto
come una delimitazione di un disegno essenziale che costituirebbe
il suo vero fondamento.
Dio, in questa prospettiva, sceglie una determinata con-
nessione di cose che rinvia a una struttura essenziale, comune a
tutti i mondi: la genesi dei mondi possibili, in tal modo, non
avrebbe tanto un valore dinamico, quanto statico e farebbe pensare
all'esempio, portato da Leibniz nei Nuovi saggi sull'intelletto
umano, dove la statua di Ercole sbozzata dal soggetto
3
che fa
emergere quanto era gi presente, seppure in modo avviluppato,

2
Nella Teodicea Leibniz afferma: "Gli appartamenti erano disposti a piramide:
diventavano via via pi belli, a mano a mano che si saliva verso il vertice, e
rappresentavano mondi migliori. Si giunge, infine, al supremo, che pone
termine alla piramide, ed il pi bello di tutti. Infatti la piramide aveva un
inizio, ma non se ne vedeva la fine; essa aveva un vertice, ma non aveva basi:
andava crescendo all'infinito. Ci avviene (spiega la dea) perch, tra un'infinit
di mondi possibili, c' il migliore di tutti, altrimenti Dio non si sarebbe affatto
determinato a crearne uno; ma non c' n' nessuno che non ne abbia altri, ancora
meno perfetti, ai di sotto di s. Per questo la piramide scende sempre
all'infinito". G. W. LEIBNIZ, Teodicea, a c. V. Mathieu, Bologna 1973, p. 438.
(GERHARDT, Phil Schr, VI, 363).
3
Leibniz nella prefazione ai Nuovi Saggi scrive: "Mi sono servito anche del
pagone di un blocco di marmo che abbia delle venature, piuttosto che di un
blocco di marmo uniforme o di vuote tavolette, ovvero di ci che i filosofi
chiamano tabula rasa. Poich se l'anima somigliasse a queste tavolette vuote, le
verit sarebbero in noi come la figura di Ercole in un blocco di marmo, quando
il marmo del tutto indifferente a ricevere questa figura o un'altra. Ma se ci
fossero venature nel blocco che segnassero la figura d Ercole a preferenza di
altre figure, questo blocco sarebbe pi disposto a riceverlo ed Ercole vi sarebbe
in certo modo innato, per quanto si rendesse necessario del lavoro per scoprire
queste venature e per metterle in evidenza con la politura, togliendo via ci che
impedisce loro di mostrarsi. E' cos che le idee e le verit sono innate in noi, alla
stregua di inclinazioni, disposizioni, abitudini o virtualit naturali, e non come
della azioni" G. W. LEIBNIZ, Nuovi saggi sull'intelletto umano, a c. M. Mugnai,
Roma 1982, p. 47 (GERHARDT), Phil. Schr., V., 45).
Metalogicon (2001) XIV, 2
183
nel marmo. Il rapporto fra il super mondo i mondi possibili
assumerebbe l'aspetto del nesso fra ci che potenzialmente
determinato e ci che viene attualizzato, a partire da quanto
contenuto in un disegno essenziale che porrebbe in rilievo non ci
che possibile, ma ci che in potenza e consente una determinata
serie di delimitazioni; queste, poi, se non seguissero ci che
schematicamente presente, anche se in modo indeterminato, non
farebbero passare all'esistenza un disegno virtualmente delineato,
seppure in modo solo in parte chiaro al soggetto finito.
Abbiamo affermato che il super mondo , come schema
essenziale, un concetto che fa pensare al virtuale perch, anche se
pu essere individuato in differenti modi, non pu essere
determinato in maniera incondizionata visto che, se non venissero
tenute in vista certe note essenziali, tipiche delle nozioni - per
Adamo, ad esempio, quella di primo uomo, posto da Dio nel
Paradiso terrestre -, non si avrebbe alcun mondo possibile: le
nozioni complete, aggiungendo note particolari a quelle generali, le
individuano, senza che sorga alcuna contraddizione fra queste
ultime e quelle particolari che valgono a dare uno spessore pi
definito a quelle generali. Il nesso fra il super mondo e i mondi
possibili, segue, in parte, come appare, il principio di non
contraddizione che non consente, tenendo presente l'esempio di
Leibniz, che Adamo sia, ad un tempo, primo uomo, posto da Dio
nel Paradiso terrestre
4

e primo uomo, non posto da Dio nel
Paradiso terrestre: l'estensione della nozione primo uomo pu
essere diversamente delimitata, aggiungendo note non logicamente
opposte, che, in tal modo, possono coesistere con la nozione
essenziale che assume il significato di un ambito entro cui rientrano
le note non fondamentali, senza negarla.
Il super mondo, secondo la prospettiva indicata, verrebbe
caratterizzato da un insieme di sfere nozioni concepite sub ratione
generalitatis
5

- fra loro compatibili che rendono possibili molteplici
e, ad un tempo, limitati predicati non essenziali che non possono
andare oltre le sfere cui appartengono, per non cadere in

4
GERHARDT, Phil. Schr., II, 42.
5
Ibid.
Metalogicon (2001) XIV, 2
184
contraddizione e attuare un mondo privo di senso. L'aspetto
inventivo dei mondi possibili rispetto al super mondo, incontra,
come appare evidente, dei limiti ben precisi posti dall'esistenza,
nell'intelletto divino, delle nozioni generali che possono essere
individuate in modi diversi, a partire da un nucleo immutabile che
non esclude taluni predicati non essenziali entro una definita sfera,
mentre ne esclude altri.
A questa considerazione, per, opportuno aggiungerne
un'altra: se vero che i predicati non essenziali appartengono alle
nozioni generali, che rappresentano un'estensione diversamente
definibile, anche vero che alcuni predicati, siano essi essenziali o
non essenziali, possono riguardare pi di una nozione generale che,
per questa via, rende problematica l'affermazione di un super
mondo, definito da un insieme di nozioni compatibile, entro il cui
ambito ricadono gli altri predicati non essenziali. Alla struttura del
super mondo che ha un insieme di nozioni generali fra loro
compatibili, che hanno il molteplice - i predicati essenziali - entro il
loro ambito, si contrappone una visione diversa che coglie la
dimensione comune - un insieme di predicati - alle differenti
nozioni generali, entro cui possono rientrare molteplici nozioni
concepite sub ratione generalitatis: le nozioni generali, che
sembrano sfere che hanno il molteplice entro, rinviano a un'altra
sfera ancora pi generale che sta a loro fondamento. Questo
discorso, poi, non vale solo per le nozioni generali, visto che
possiamo pensare a pi predicati non essenziali che appartengono
a nozioni generali fra loro differenti - si pensi, ad esempio,
all'affermazione che Cesare un cittadino romano che riguarda
anche Pompeo e molti altri soggetti -.
Per superare la difficolt emersa sulle nozioni generali, a
proposito di quello che denominiamo super mondo, il caso di
tener presente che le nozioni caratterizzate da note generali, che
poi valgono per tutte le altre nozioni complete dei mondi possibili,
sono collegate in un determinato modo; ci vuol dire che non
tanto l'affermazione di predicati generali che vale a renderli
intelligibili, quanto la loro stretta combinazione - Adamo,
ricordando l'esempio di Leibniz, non solo caratterizzato dal
Metalogicon (2001) XIV, 2
185
predicato uomo, ma dai predicati primo uomo che scelto da Dio
nel Paradiso terrestre e cos via -.
La struttura comune alle nozioni generali, che non tendono
all'individuazione pensate fuori della scelta divina, non li rende
comprensibili, salvo a sostenere che il processo dell'intelletto
divino che produce i mondi possibili non inizia dalle nozioni
generali, che devono essere individuate nei vari mondi - Adamo in
genere -, ma da nozioni ancora pi universali, come ad esempio,
uomo da cui, poi, - anche se il termine poi va inteso a partire
dall'essere finito che cerca di intendere il procedere dell'Essere
perfettissimo - Dio porrebbe Adamo in genere, Pompeo in genere,
Cesare in genere ecc. per arrivare alle diverse nozioni complete che
fanno parte dei mondi possibili, rappresentati dall'intelletto divino
e, in fine, alle nozioni complete poste in essere nel mondo
esistente.
Sennonch, prendendo in considerazione la risposta di
Leibniz ad Arnauld, si vede che il filosofo non passa, nel procedere
del suo discorso, da nozioni universali a nozioni meno universali
per arrivare alle nozioni complete del mondo scelto, cio non
passa, ad esempio, da uomo a primo uomo, ma da primo uomo a
questo Adamo possibile e, poi, a questo Adamo reale nel mondo
attuato da Dio. Si pu sostenere, per cercare di superare la
difficolt, che uomo, per Leibniz, significa un'essenza eterna
dell'intelletto divino, mentre Adamo in genere e gli Adami possibili,
pur essendo eterni, in quanto pensati dall'intelletto divino,
manifestano un diverso significato ontologico rispetto all'essenza
uomo: le essenze eterne sono diverse dai possibili eterni, le prime
non consentono alcuna attivit dell'Essere supremo, i secondi
consentono l'azione di Dio che, combinando diversamente i
predicati e collegandoli fra loro, sceglie infiniti possibili in infiniti
mondi. Le essenze, infatti, sono come una struttura immutabile
dell'intelletto divino che, se la cambiasse o potesse cambiarla,
finirebbe col mutare il contenuto del suo stesso intelletto
6
.

6
Sulle verit eterne come contenuto dall'intelletto divino, nella Monadologia,
Leibniz scrive. "Tuttavia non bisogna figurarsi, come fanno alcuni, che, essendo
le verit eterne dipendenti da Dio, esse siano arbitrarie e soggette alla volont di
Metalogicon (2001) XIV, 2
186
Questo, da dimensione eterna e immutabile, a partire dalla
quale pensabile l'operare divino che fonda il mutamento dei
possibili, diventerebbe ci che mutato da un'attivit divina
onnipotente che creerebbe anche il contenuto del suo stesso
intelletto.
Il timore di cadere in posizioni volontaristiche - che su-
bordinano l'intelletto e l'ambito del pensato alla volont divina
7

-
pu spiegare in Leibniz la concezione che intende le essenze come
eterni, essendo entro l'intelletto divino e non poste dall'intelletto
divino che non pu mutare la sua natura, mentre la mutabilit dei
possibili, che, da nozioni generali, passano a nozioni complete, pur
dando un carattere dinamico all'intuizione suprema che non si
limita a rappresentare le essenze, non porta alla subordinazione
dell'intelletto alla volont: i possibili sono combinati dall'intelletto
divino che, operando entro se stesso, rinvia alla volont che attua il
miglior mondo rispetto ai tanti ideati.
Se i possibili, d'altra parte, fossero, allo stesso modo delle
essenze, da sempre dati nell'intelletto divino che li contemplerebbe,
non sarebbe comprensibile la risposta di Leibniz ad Arnauld che
rivela, a nostro avviso, una concezione genetica dei mondi possibili
volta ad attribuire a Dio e al suo intelletto una capacit non solo
contemplativa, ma produttiva, dove, per, da notare che la
distinzione tra essenze immutabili e possibili, rappresentati dal
principio assoluto divino, rende spiegabile, ad un tempo, la

Lui, come pare abbia sostenuto Cartesio, e poi il Poiret. Ci non vero che
delle verit contingenti, il cui principio la convenienza o scelta del meglio,
non delle verit necessarie, che dipendono unicamente dall'intelletto divino, e
ne sono l'oggetto interno". G. W. LEBNIZ, Saggi filosofici e lettere, a c. V.
Mathieu, Bari 1963, p. 376 (GERHARDT, Phil. Schr, VI, 614).
7
Sul rapporto e sulla distinzione fra intelletto e volont in Dio e sulla negazione
della subordinazione dell'intelletto alla volont cf. le annotazioni di Leibniz alla
lettera inviatagli da Eckhard nel maggio 1667, dove respinge le argomentazioni
di Eckhard volte ad accentuare, seguendo Cartesio, la volont sull'intelletto
divino. (GERHARDT, Phil. Schr, I, 228).
Su questa lettera e sulle annotazioni di Leibniz cf. anche A. BAUSOLA, A
proposito del perfezionamento leibniziano dell'argomento ontologico: il
Carteggio Leibniz Eckhard, in "Rivista di filosofia neoscolastica", 53, 1961, e
S. LANDUCCI, La teodicea nell'et cartesiana, Napoli 1986, pp. 197-206.
Metalogicon (2001) XIV, 2
187
diversit tra le facolt - intelletto e volont -, la non subordinazione
della prima alla seconda e l'attribuzione di un compito dinamico
all'intelletto divino che, non solo vede i possibili, ma anche agisce
sul loro campo per produrre le infinite serie di cose.
La produzione dei possibili che, come visto, non equivale alla
loro creazione concepita da Leibniz come combinazione di
predicati e attribuzione di determinate note alle nozioni generali;
questa concezione del filosofo si pu spiegare sia con l'intento di
ribadire la teoria dell'inerenza, nell'ambito dei mondi possibili, che
constano di nozioni complete compatibili, entro cui rientrano
molteplici predicati essenziali e non essenziali, sia con l'intento di
dare dinamicit ai mondi possibili, senza cadere nel volontarismo,
ritenuto caratteristico di un Essere supremo, che, facendo leva su
un agire onnipotente, accentua un procedere incondizionato, non
necessariamente limitato dall'intelletto e per questo motivo
trascendente ogni possibile spiegazione intelligibile da parte
dell'uomo. Dalla inerenza dei predicati ai soggetti si passa, cos, alla
posizione dell'inerenza dei predicati ai soggetti
8
, cio alla teoria
dell'infinit dei mondi prodotti dall'intelletto divino, combinando i
possibili fra loro con i diversi predicati, che diventano tutti
egualmente essenziali per caratterizzare le nozioni complete che
non possono passare da un mondo possibile a un altro, nonostante
sia teoreticamente pensabile l'esistenza ideale di mondi che hanno
aspetti simili, al di l della loro diversit.
Giova ricordare, a questo proposito, che Leibniz, nei Nuovi
saggi sull'intelletto umano, ipotizzando la possibilit di due mondi
che non differiscono in modo evidente fra loro, cos da essere
apparentemente sostituibili l'uno con l'altro, afferma: Vi saranno
allora contemporaneamente pi di cento milioni di coppie di
persone simili, vale a dire coppie di persone con le medesime
apparenze e coscienze, e Dio potrebbe trasferire i soli spiriti, o
anche i loro corpi da un globo all'altro, senza che se ne
accorgessero. Ma, sia che vengano trasferiti, sia che si lascino dove
sono, che si dir delle loro persone o del loro s, secondo voi? si

8
Sulla diversit tra inerenza e posizione dell'inerenza ci permettiamo di rinviare
a G. GIANNETTO, Pensiero e Disegno, Leibniz e Kant. Napoli, 1990.
Metalogicon (2001) XIV, 2
188
tratta di due persone o della medesima? poich la coscienza e le
apparenze interne ed esterne degli uomini dei due pianeti non
potrebbero dar luogo a distinzioni.
9

La risposta di Leibniz - che esclude la possibilit che esi-
stano due mondi simili, abitati da coppie di persone corrispondenti
che siano trasferibili da un mondo all'altro, senza che nulla cambi -
si basa sulla distinzione tra prospettiva umana, prospettiva divina
e conoscenza, propria di spiriti non limitati come gli uomini, e sulla
differenza tra la coscienza, da un lato, e l'identit metafisica,
dall'altro. Dio in modo assoluto e gli spiriti in modo sempre
limitato, avendo una parziale conoscenza chiara e distinta,
comprenderebbero che persone simili, poste nei due mondi, a
prima vista non differenti, in realt non sono possibili perch ci
sono sempre tra i due mondi differenze di tempo e di luogo, di leggi
fisiche scelte da Dio - anche se le verit eterne rimangono valide in
tutti i mondi possibili - e di nozioni complete che, includendo tutti
i predicati attribuibili nel passato, nel presente e nel futuro alle
sostanze individuali, non possono coerentemente essere trasferite
da un mondo all'altro, senza che lo stesso mutamento di mondo
non faccia parte delle nozioni complete che, cos,
contraddittoriamente non apparterrebbero a un mondo, ma a due
mondi
10
.
Se fosse possibile trasferire una nozione completa da un
mondo all'altro, ci significherebbe che questa nozione come una

9
G. W. LEIBNIZ, Nuovi saggi sull'intelletto umano, cit. p. 233 (GERHARDT,
Phil. Schr, V, 288).
10
Sull'impossibilit di mutare le nozioni complete si tenga conto di quanto
Leibniz sostiene nella lettera ad Arnauld del giugno 1686: "Del resto, se nella
vita di qualche persona, ed anche in tutto questo universo, qualcosa andasse
altrimenti da come va, nulla ci impedirebbe di dire che Dio ha scelto un'altra
persona o un altro universo possibile. Si tratterebbe, quindi effettivamente di un
altro individuo; d'altro canto occorre che vi sia una ragione a priori
(indipendentemente dalla mia esperienza) per cui si possa dire, con verit, che
proprio io sono stato a Parigi, e ancora io mi trovo ora in Germania: e, di
conseguenza, occorre che la nozione di me leghi o comprenda i diversi Stati.
Altrimenti si potrebbe dire che non si tratta pi dello stesso individuo, sebbene
sembri esserlo". G. W. LEIBNIZ, Corrispondenza con Arnauld, in Saggi
filosofici e lettere, cit., p. 159 (GERHARDT, Phil. Schr, II, 51).
Metalogicon (2001) XIV, 2
189
parte che non ha in s il rinvio al tutto, cio che non strutturata
secondo un nesso parte-tutto, dove il mondo il vero soggetto cui
tutto ci che riguarda un determinato insieme inerisce. La
possibilit di sostituire una nozione completa con un'altra,
apparentemente simile, esclude la teoria dell'inerenza che ha,
concepita in rapporto al mondo, un significato organico e non
astratto che d rilievo all'omogeneit e mette sullo sfondo
l'eterogeneit. La prospettiva divina e quella raggiunta da spiriti
superiori pongono in risalto che una parte non un elemento
omogeneo con le altre, cio che ogni parte strettamente situata nel
mondo cui appartiene e, come tale, insostituibile e non
modificabile: la teoria della identit metafisica non consente di
sostituire una sostanza individuale di un mondo con un'altra,
illusoriamente simile, e di spostare una sostanza individuale da un
mondo a un altro, senza che ci porti a una contraddizione tra
l'inerenza dei predicati essenziali a un soggetto e la nozione
completa che comprende l'insieme di tutti i predicati attribuibili,
noti e non noti, all'ente finito. Questo, non possedendo l'intuizione
intellettuale, ha bisogno di ricorrere ai documenti e al tempo,
concepito come successione, per cercare di raggiungere, anche se in
una maniera sempre incompleta, quanto Dio possiede
immediatamente nella sua trascendente visione.
Lo scarto tra prospettiva divina e prospettiva umana, da tale
aspetto, rivela anche la diversit tra la considerazione di una parte
che rinvia a un tutto, che rimane nascosto ai poteri conoscitivi
dell'uomo, e la conoscenza del tutto a cui ogni parte legata e che
rappresenta il vero soggetto dell'inerenza. L'uomo e Dio
manifestano, in tal modo, due aspetti diversi dell'inerenza: il primo,
fa leva su un tipo di inerenza che inevitabilmente inizia dal
soggetto indagato e attribuisce sempre pi predicati a quest'ultimo
in un processo che non giunge mai a compimento, il secondo,
accentua una visione adeguata che coglie completamente l'inerenza,
tanto che alla parte che ha come sfondo un mondo, non compreso
nell'insieme dei suoi rimandi, fa contrasto il mondo in cui ogni
parte, con suoi molteplici rapporti, rientra.
Metalogicon (2001) XIV, 2
190
La teoria dell'inerenza che, in realt, essendo fondata
dall'Essere supremo, diventa teoria dell'identit metafisica viene
riaffermata nella considerazione di Leibniz, in parte gi ricordata,
riguardante i mondi possibili: "ma secondo le vostre ipotesi, dal
momento che la sola coscienza discerne le persone, senza che
occorra darsi pena dell'identit o diversit reale delle sostanze, o
anche di ci che apparirebbe agli altri, come impedirsi di concludere
che queste due persone che sono nel medesimo tempo nei due
pianeti simili, ma separate l'una dall'altra da una distanza
inesprimibile, non sono che una sola e la stessa persona? Il che,
per, un'assurdit manifesta. Del resto, parlando di ci che
possibile da un punto di vista naturale, i due pianeti simili e le due
anime simili dei due pianeti, non rimarrebbero tali che per un certo
tempo. Poich, dal momento che vi una diversit individuale,
bisogna che tale differenza consista almeno nelle costituzioni
insensibili, che si devono sviluppare nel corso del tempo"
11
.
L'identit metafisica, nondimeno, che collega una sostanza
individuale a un mondo e che, come visto, non rende possibile il
passaggio di una sostanza individuale da un mondo a un altro,
senza far perdere il riferimento al mondo cui appartiene ed entro
cui strutturata, fa diventare problematica la genesi dei mondi
possibili; essa, infatti, tenendo presente la teoria della nozione
intesa sub ratione generalitatis, pone in luce la diversit tra le varie
sostanze individuali, a partire da una diversa combinazione di
predicati attribuiti alla nozione generale che rimane l'aspetto
costante cui far riferimento. I mondi, possibili, poi, interpretati
mediante una concezione genetica, presentano, ad un tempo,
dinamismo, perch prodotti dall'intelletto divino, e staticit, perch
ogni nozione completa connessa in modo strutturale a un mondo
che risulta immutabile, nonostante sia posto geneticamente
dall'Essere supremo.
D'altra parte, per superare questo contrasto tra interpre-
tazione dinamica e interpretazione statica, genesi delle nozioni
complete e immutabilit delle stesse, nell'ambito del mondo cui

11
G. W. LEIBNIZ, Nuovi saggi sull'intelletto umano, cit., pp.233-34
(GERHARDT, Phil. Schr., V, 288).
Metalogicon (2001) XIV, 2
191
fanno parte, tra produzione delle nozioni complete e insieme dei
mondi e impossibilit che queste passino da una serie di cose a
un'altra, non sufficiente rinviare alla distinzione tra prospettiva
divina e prospettiva umana, l'una assoluta e incondizionata, l'altra
limitata e condizionata dalla conoscenza di un definito numero di
predicati, dal momento che - a parte il fatto che Dio non pu
produrre le essenze, le quali, costituendo il contenuto
immodificabile del suo intelletto, sono eterne - l'impossibilit di
trasferire una nozione completa da un mondo a un altro vale tanto
per l'intelletto finito dell'uomo, quanto per l'intelletto infinito di
Dio che finisce col palesare delle condizioni che egli stesso non
pu non seguire, quasi limiti posti alla sua trascendente attivit.

2. Adamo in generale e i mondi possibili

La precisazione di Leibniz ad Arnauld, in base alla quale gli
Adami possibili vanno intesi, tenendo presente una nozione
generale Adamo che contiene alcuni predicati essenziali, comuni a
tutti gli Adami possibili, in realt, come abbiamo gi avuto
occasione di indicare, metteva sullo sfondo che gli Adami possibili
fanno parte, ognuno per conto proprio, di un mondo possibile
diverso in cui - visto che vale il nesso parte-tutto, che esclude una
visione che accentua l'omogeneit, di tipo aritmetico o geometrico,
che astrae dalle qualit secondarie e dalle diverse relazioni, proprie
degli enti possibili - ciascun Adamo assume la veste di una parte
cos legata al tutto, cio, in questo caso, a un mondo possibile, da
non essere mutabile, anche per lo stesso Essere supremo che
aporeticamente, per un verso, pone gli Adami possibili, per un
altro, non li pu modificare, se non perdendo il riferimento all'idea
di mondo che guida, invece, la sua azione.
Quando, del resto, Dio pone gli Adami possibili, pone, a ben
intendere, i mondi possibili che, avendo precise caratteristiche,
connesse anche a un determinato ambito, internamente articolato,
oltre a rivelare i decreti trascendenti di Dio, non danno luogo ad
alcun mutamento, ad esempio, di un Adamo possibile in un altro
Adamo, saldamente situato in un certo mondo e non in un altro.
Metalogicon (2001) XIV, 2
192
Ci significa che la posizione degli Adami possibili, a partire dalla
nozione generale Adamo che vale per tutti gli Adami, solo in
apparenza riguarda una parte, laddove, come notato, essendo
connessa a un determinato insieme che comporta molteplici
caratteristiche e relazioni, palesa l'agire di una visione organica che
ha, come soggetto, non una parte che rinvia a un mondo, ma un
mondo che ha entro di s una parte, insieme con molte altre che
cadono nella sua sfera: Dio non pone un Adamo possibile in un
mondo possibile, ma un mondo possibile entro il quale rientra un
Adamo possibile.
Il limite notato, in base al quale Dio non pu portare una
nozione completa da un mondo a un altro, comprensibile con il
procedere dell'Essere supremo che non pone e sceglie parti entro
un tutto, ma determinate totalit entro cui ogni parte viene situata
e individuata
12
. A ci si pu obiettare che se vero che Dio,
seguendo una visione-produzione caratterizzata in modo organico,
dopo quanto visto, non pu mutare una parte se non mutando il
tutto cui la parte si riferisce, anche vero che, una volta concepito
in modo assoluto, ribadendo posizioni cartesiane, non limitato,
essendo onnipotente, alle regole da Lui stesso scelte che sono
vincolanti per l'uomo e non per l'Essere supremo.
Il discorso sembra cos spostarsi al contrasto tra l'agire di un
Essere che, pur libero, non assolutamente libero, da negare
improvvisamente le regole scelte, e un agire, proprio di un Essere,
che, essendo incondizionato, non solo non determinato da
condizioni finite, ma anche da condizioni legate a una visione-

12
Sul concetto di organismo si veda la Monadologia: "Cos il corpo organico di
ogni vivente una specie di macchina o d'automa naturale, che sorpassa
infinitamente qualunque automa artificiale. Infatti una macchina costruita
dall'arte umana non macchina in ciascuna delle sue parti; per esempio, il dente
di una ruota d'ottone consta di parti o frammenti che non sono pi nulla di
artificiale, e non hanno pi alcuna cosa che conservi i caratteri della macchina,
relativamente all'uso a cui la macchina era destinata. Ma le macchine della
natura, cio i corpi viventi, sono ancora macchine nelle loro minime parti, fino
all'infinito. In questo riposta la differenza tra natura ed arte, cio tra l'arte
divina e la nostra". G. W. LEIBNIZ, , Scritti filosofici e lettere, cit., pp.379-80.
(GERHARDT, Phil. Schr., VI, 618).
Metalogicon (2001) XIV, 2
193
produzione che rimane libera dalle regole originariamente scelte e
seguite liberamente. Il contrasto tra le due concezioni manifesta
anche un conflitto tra un soggetto apparentemente assoluto, che
non pu non seguire certe regole, se non vuole cadere in
contraddizione e far perdere un senso intelligibile alle sue
operazioni, e un soggetto, veramente assoluto, che pu non seguire
lo stesso principio di non contraddizione e fare una nozione
individuale che appartiene a un mondo e contemporaneamente
spostarla in pi mondi che sembravano, essendo, come
considerato, strutture organiche intimamente collegate, impedire
questa possibilit.
Eppure tra queste due concezioni che accentuano o un Essere
che segue certi criteri o un Essere che non costretto a seguire
alcun criterio, anche se originariamente scelto, si fa strada una
visione differente che, fra staticit delle nozioni complete, riferite a
un solo mondo, e affermazione di un dinamismo assoluto che
rischia di sfociare nell'arbitrio e in ci che inintelligibile, presenta
una nozione generale - Adamo, secondo l'esempio di Leibniz - che,
non facendo inizialmente parte di alcun mondo, pu rendere
intelligibile gli Adami possibili, propri di mondi differenti, unendo,
in tal modo, dinamismo e staticit che sembravano fra loro termini
opposti, non spiegabili da una stessa concezione e, come tali,
inconciliabili. La genesi dei mondi possibili, del resto, rinvia una
nozione generale che non situata in alcun mondo e che,
nondimeno, proprio per questa caratteristica di non appartenere ad
alcun modo, consente di dare un carattere dinamico ai mondi
possibili che, diversamente, se concepiti come contenuti
dell'intelletto divino che si limiterebbe a conoscerli in tutti i loro
complessi rimandi, rappresenterebbero strutture statiche, da
sempre date all'intelletto divino, che, per conto suo, non andrebbe
oltre una mera visione, seppure immediata e penetrante.
La non situabilit di Adamo in genere che, inizialmente
considerata, sembrava contrastare la concezione di tipo organico,
presente in Leibniz con l'idea dei mondi concepiti alla luce del
rapporto parte-tutto, dove ogni parte, per mantenere la salda
struttura del tutto, immutabile, finisce col rappresentare una
Metalogicon (2001) XIV, 2
194
nozione, non contrastante con la teoria che il filosofo ha dei mondi
possibili, che riesce, cos, a superare il conflitto tra immutabile
identit dei mondi, solo rappresentati e gi compiuti nell'intelletto
divino, anche se solo per Dio e non per l'uomo, e incomprensibile
combinazione che rischia di cadere nell'arbitrarismo di un Essere
non condizionato, anche di fronte alle sue libere scelte, nella misura
in cui non costretto a seguirle: fra l'idea del Dio onnipotente e
dell'Essere che nell'agire segue quanto l'intelletto si limita a rappre-
sentare, Leibniz pare seguire una terza via che, ponendo insieme
permanenza e mutamento, tende a uscire dal conflitto indicato,
presentando un'altra soluzione.
Il superamento dell'opposizione tra arbitrarismo divino e
inintelligibilit delle scelte di Dio, che, tenendo presente quanto
rappresentato dall'intelletto supremo, non crea, diversamente da
Cartesio, le verit eterne
13
, appare anche nel Carteggio con Arnauld
quando il filosofo, alle stringenti obiezioni di Arnauld sul
significato dei possibili, afferma: Son d'accordo con voi, contro i
cartesiani, che i possibili sono tali prima di tutti i decreti attuali di
Dio, ma non senza che presuppongano qualche volta gli stessi
decreti intesi come possibili. Infatti le possibilit degli individuali o
delle verit contingenti racchiudono nella loro nozione la possibilit

13
Sulle verit eterne Cartesio, in una lettera inviata a Mersenne il 15 aprile
1630, sostiene: Non mancher di accennare nella mia fisica a parecchie
questioni metafisiche e, particolarmente, a questa: le verit matematiche, che
voi dite eterne, sono state stabilite da Dio e ne dipendono interamente, al pari di
tutto il resto delle sue creature. Sarebbe infatti parlare di Dio come di un Giove
o di un Saturno ed assoggettarlo allo Stige o al Destino, sostenere che queste
verit sono indipendenti da Lui. Non abbiate timore - vi prego - di assicurare e
di pubblicare ovunque che Dio che ha stabilito queste leggi in natura, come un
re stabilisce leggi nel suo regno.
Non ve n' nessuna in particolare che non possiamo comprendere se la nostra
mente si pone a considerarla, ed esse sono tutte mentibus nostris ingenitae,
nello stesso modo in cui un re stamperebbe le sue leggi nel cuore di tutti i suoi
sudditi, se ne avesse effettivamente il potere. Al contrario non possiamo
comprendere la grandezza di Dio, per quanto ne siamo consapevoli". R.
DESCARTES, Opere filosofiche, voll.2, a c. E. Loiacono, Torino 1994, I, p.365.
Oeuvres de Descartes, publies, par C. Adam et P. Tannery 12 voll., Paris
1987-1913. I, 144).
Metalogicon (2001) XIV, 2
195
delle loro cause, e cio liberi decreti di Dio. In ci differiscono dalle
possibilit delle specie, o verit eterne, che dipendono dal solo
intelletto di Dio, senza presupporne la volont, come gi ho
spiegato pi sopra
14
. All'idea che i possibili non siano prodotti da
Dio, Leibniz aggiunge una distinzione tra decreto attuale e decreto
possibile, dove il primo rinvia all'esistenza dei possibili, il secondo
qualche volta, sostiene Leibniz, viene prima degli stessi possibili: i
possibili sono in funzione dei decreti possibili, cio i possibili,
sono decretati da Dio, diversamente dalle verit eterne che, essendo
rappresentate eternamente da Dio, non possono essere mutate
perch non richiedono l'agire divino. Le verit, eterne sono i
possibili immutabili, mentre i possibili, come, ad esempio, Adamo,
Cesare ecc., sono in relazione all'operare divino, non essendo
concepibili alla luce del solo intelletto divino che vede, senza
mutare, le verit eterne.
Come si vede, il termine possibile riguarda sia le verit
eterne, sia le nozioni possibili, solo che, nel primo caso, possibile
significa ci che pu essere rappresentato in modo immutabile dal
soggetto, sia esso finito o infinito, nel secondo caso, ci che, pur
non essendo prodotto in modo univoco da Dio, intelligibile
mediante i decreti divini. Con ci non si vuole affermare che
Leibniz, nonostante sembri criticare l'arbitrarismo divino, finisca
col cadere in concezioni da lui stesso criticate, ma si vuol sostenere
che il filosofo teorizza, in merito ai possibili e ai mondi possibili,
una terza posizione che esclude tanto l'arbitrarismo, quanto una
visione che ritiene che Dio rappresenti solo in modo chiaro e
distinto, oltre che in modo adeguato, per il tramite dell'intuizione
divina, quanto presente nel suo intelletto.
L'emergere, poi, del decreto divino non significa
l'accentuazione della volont a scapito dell'intelletto, visto che
Leibniz, quando si riferisce ai decreti divini"
15
, adopera anche i
termini disegno o scopo che pongono in luce non solo un aspetto
volitivo, ma anche intellettivo, unendo insieme rappresentazioni e

14
G. W. LEIBNIZ, Carteggio con Arnauld, in Scritti filosofici e lettere, cit.,
p.156. (GERHARDT, Phil. Schr., II, 51).
15
Ibid.
Metalogicon (2001) XIV, 2
196
attuazione delle rappresentazioni, che, in tal modo, non sono
staticamente date all'intelletto divino che non andrebbe oltre una
penetrante visione, volta a cogliere la diversa complessit dei
possibili, senza modificarli in alcun modo.
La precisazione di Leibniz ad Arnauld chiarisce che i pos-
sibili non si identificano sempre con le verit eterne e che sono
posti da Dio da un intelletto, ad un tempo, rappresentativo e
attivo: "ma per farmi meglio capire, aggiunger che io ammetto
un'infinit di modi possibili di creare il mondo, secondo i diversi
disegni che Dio poteva formare: e che ciascun mondo possibile
dipende da qualche disegno principale, o scopo di Dio, ad esso
proprio: vale a dire, da qualche decreto libero primitivo (concepito
sub ratione possibilitatis), o leggi dell'ordine generale di tale
universo possibile, a cui queste convengono, e di cui determinano
la nozione, cos come la nozione di tutte le sostanze individuali che
devono entrare in quello stesso universo. Poich tutto rientra
nell'ordine, compresi gli stessi miracoli, nonostante che essi siano
contrari a qualche massima subalterna, o legge di natura"
16
.
L'unione, nella stessa frase, di termini quali decreto, disegno,
scopo palesa che l'idea che Leibniz ha di Dio supera la distinzione
tra l'intelletto divino che rappresenta e la volont che pone in
essere quanto rappresentato dall'intelletto: dalla separazione e dal
rapporto di queste due facolt Leibniz passa all'attribuzione allo
stesso intelletto divino di una capacit, nello stesso tempo,
contemplativa e attiva che accomuna il vedere al fare, evitando
tanto l'arbitrarismo, quanto l'idea di un operare divino fuori dei
limiti di qualsiasi criterio e, come tale, espressione di
un'onnipotenza assoluta e intrascendibile.
La risposta di Leibniz ad Arnauld, pur nell'inevitabile
complessit della precisazione del filosofo tedesco, chiarisce due
punti: c' differenza tra essenza ed esistenza, perch quest'ultima
richiede un decreto divino che la caratterizza rispetto alla mera
essenza c', inoltre, distinzione tra necessit metafisica, e che segue
un criterio logico, e necessit fisica
17
che comporta alcune leggi

16
Ibid.
17
Ibid., 49.
Metalogicon (2001) XIV, 2
197
fisiche, scelte da Dio, che avranno validit per l'Adamo attuato e la
sua storia e non per Dio stesso che le ha poste nel mondo
esistente.
Resta, ad ogni modo, saldo un punto, in base al quale Dio sceglie
l'Adamo concreto, a partire da un'essenza possibile Adamo che
comune all'Adamo reale nel mondo decretato e agli Adami
possibili, appartenenti ai diversi mondi possibili: dalla nozione
possibile Adamo si arriva agli Adami possibili, dall'adamit, che
sembra una propriet comune, si hanno gli Adami possibili, da una
nozione astratta si passa alle nozioni complete, a seconda del
mondo cui fanno parte, e alla nozione completa del mondo
esistente. Il passaggio dalla nozione possibile Adamo agli Adami
possibili segue, per un verso, la teoria dell'inerenza dei predicati al
soggetto, per un altro, intende il soggetto come somma o
moltiplicazione di predicati che sono essenziali - primo uomo, ad
esempio, a proposito di Adamo - e non essenziali per tutti i
mondi, laddove l'essenza possibile Adamo sullo sfondo dei
mondi possibili che, per questo motivo, hanno una struttura
comune, legata all'unione di certi predicati essenziali che non
possono mancare in questi mondi.
3. Le nozioni generali e la visione parte-tutto

Oltre alla teoria dell'inerenza dei predicati ai soggetti e alla
teoria che considera il soggetto come somma o prodotto di
predicati, opportuno indagare se in Leibniz c', anche se non
immediatamente in primo piano, un'altra concezione che
condiziona il procedere del discorso riguardante il modo con cui da
una nozione generale si procede ai diversi mondi possibili e al
mondo esistente in cui quella nozione viene diversamente
determinata.
La nozione generale - Adamo, seguendo l'esempio di Leibniz
- include in s predicati essenziali e non essenziali in altri mondi e
solo essenziali in quei mondi cui si riferiscono: dall'Adamo in
genere si hanno i differenti Adami per somma o sottrazione di
predicati, operazioni queste che non possono mutare le
caratteristiche essenziali, salvo a passare ad un'altra nozione. I
Metalogicon (2001) XIV, 2
198
predicati essenziali ineriscono ai soggetti in modo differente
rispetto ai predicati non essenziali che sono propri dei soggetti in
modo necessario solo rispetto ai mondi entro cui questi sono
situati e in modo non necessario rispetto agli altri mondi, mentre i
predicati essenziali, che appartengono a una nozione in tutti i
mondi, sono note comuni che non possono mancare, tranne a non
riferirsi alle stesse nozioni generali.
Ci significa che la somma e la sottrazione di predicati
incontra un limite, rappresentato dalle note caratteristiche, anche
se generali, di una nozione concepita sub ratione generalitatis:
dalla determinazione di predicati, che attribuiscono sempre pi
note a una nozione generale, si ottiene, inversamente, con un
processo di soppressione di predicati, non l'indeterminazione, ma
la generalit di una nozione generale.
Da quanto detto, l'aspetto che va compreso legato al-
l'interpretazione delle nozioni generali che svolgono un ruolo
rilevante nella genesi dei mondi possibili e che, essendo concepite
in rapporto alla teoria dell'inerenza e a quella che considera il
soggetto come somma o prodotto di predicati, presentano
difficolt interpretative non trascurabili se si pone in rilievo che, da
un lato, il soggetto uguale a una somma o prodotto di predicati,
dall'altro, i predicati rientrano nel soggetto che, per suo conto, non
equivalente alla somma o al prodotto dei predicati in quanto il
loro fondamento.
Al di l di questa difficolt, connessa all'interpretazione della
sostanza come somma e moltiplicazione di predicati o come
fondamento trascendente tutti i predicati attribuiti, la nozione
concepita sub ratione generalitatis pu assumere un significato
diverso, quando si intende per generale il prodotto di
un'operazione astraente che, da taluni Adami possibili, ad esempio,
coglie alcune note comuni che diventano cos essenziali in rapporto
a questa operazione. Adamo in genere, secondo la prospettiva
indicata, lungi dall'essere una nozione precedente gli Adami
possibili, fra cui Dio sceglie il pi perfetto, seguendo il criterio del
meglio, in realt sarebbe logicamente successivo agli Adami
possibili di cui rappresenterebbe una mera astrazione.
Metalogicon (2001) XIV, 2
199
Leibniz, secondo questa interpretazione, muterebbe il
prodotto di un'astrazione, che tiene presente le note comuni di una
nozione e non considera quelle diverse, in una nozione originaria
che fonderebbe le stesse nozioni possibili, poste nei diversi mondi:
presente, anche in questo caso, come appare, il contrasto tra
visione che accentua la trascendenza della sostanza e visione che
coglie la sostanza come insieme equivalente di predicati ad essa
sostituibile.
Se si segue la seconda concezione, ogni nozione generale
ottenuta con la combinazione di pi predicati da parte del-
l'intelletto divino; se, invece, si segue la prima, che pone in rilievo
l'originariet delle nozioni generali rispetto a ci che da esse deriva
aggiungendo predicati, queste manifestano uno spessore ontologico
che va ben oltre ogni mera attivit combinatoria o astrattiva: le
nozioni generali, in quest'ultimo caso, pur essendo diverse dalle
immutabili verit eterne, fanno parte dell'intelletto divino non come
risultati di un procedimento astrattivo o di una combinatoria
divina, che opererebbe collegando in tutti i modi possibili i
predicati ideati dallo stesso essere supremo, ma come strutture
essenziali.
Tenuto presente il contrasto indicato tra le due visioni, che,
pur non ben distinte dal filosofo tedesco, appaiono con la nozione
generale che fa da sfondo ai mondi possibili, il caso di tentare di
dare un'interpretazione, che, unendo in modo diverso strutture
fondanti, da un lato, e processo combinatorio di addizione e
sottrazione di predicati, dall'altro, riesca a spiegare la sostanza
come fondamento dei predicati, insieme con il soggetto considerato
quale risultato di un'operazione combinatoria.
Le nozioni generali, alla luce di quanto emerso dalla nostra
indagine, non appartengono a un mondo e, come note comuni a pi
mondi, rivelano un'attivit divina che, mediante accrescimento o
diminuzione di taluni predicati attribuiti alle nozioni generali,
produce pi serie di cose fra loro collegate, ma non compresenti se
non nel suo intelletto: ogni serie di cose come una sfera compiuta
che non entra in rapporti con le altre serie di cose che sono
Metalogicon (2001) XIV, 2
200
indipendenti le une dalle altre e che solo l'Essere supremo vede
immediatamente in tutti i loro molteplici rimandi.
Laccrescimento e la diminuzione di predicati, ferme restando
le note comuni delle nozioni generali, hanno un significato ideale-
ontologico nell'intelletto divino: l'attribuzione di un predicato, oltre
quelli essenziali, a una nozione generale e la sottrazione di un
predicato palesano un'attivit produttiva che d vita a mondi
possibili fra loro differenti. In tale ambito, i mondi possibili, fra i
quali Dio sceglie, per il tramite del criterio del meglio, il pi
perfetto per farlo passare all'esistenza, richiedono il riferimento al
campo delle nozioni generali che, sebbene non costituiscano alcun
mondo, contribuiscono a spiegare la genesi degli infiniti mondi.
Ogni mondo possibile ha un legame parte-tutto che non
consente il mutamento di qualsiasi parte, anche quella appa-
rentemente pi accidentale, se non perdendo l'identit e le strutture
caratteristiche di un mondo in riferimento agli altri che, oltre a una
dimensione comune, rappresentata dalle verit eterne, hanno
aspetti diversi, quali le leggi fisiche
18

che, essendo come massime
subalterne rispetto al disegno divino, non sono necessarie in ogni
mondo e come i decreti particolari di Dio che individuano un
mondo nei confronti degli altri.
I mondi, secondo questa prospettiva, manifestano pi serie
di cose fra loro connesse in modo organico dove ogni parte
entro un tutto e si riferisce al tutto - come totalit fra loro
indipendenti e autosufficienti in cui una parte non pu passare da

18
Riguardo alle massime subalterne Leibniz ritiene: Poich, dunque, non pu
fare nulla che non sia nell'ordine, possiamo dire che i miracoli non sono meno
nell'ordine che le operazioni naturali, chiamate cos perch conformi a talune
regole subordinate, che chiamiamo natura delle cose. Di questa natura si pu
dire che non altro che un'abitudine di Dio, di cui egli si pu dispensare in vista
di una ragione pi forte di quella che l'ha spinto a servirsi di quelle regole.
Quanto al carattere generale, o particolare della volont si pu dire, a seconda di
come si consideri la cosa, che Dio fa tutto secondo la sua volont pi generale.
che conforme all'ordine perfettissimo da Lui scelto, oppure anche che Egli ha
volont particolari, che sono eccezioni a quelle regole subordinate di cui si
detto: perch la pi generale delle leggi di Dio, che regola il tutto delluniverso,
non soffre eccezioni". G. W. LEIBNIZ, Discorso di metafisica, in Saggi
filosofici e lettere, cit., p.109. (GERHARDT, Phil. Schr., IV, 432).
Metalogicon (2001) XIV, 2
201
un mondo a un altro e ogni totalit non pu accogliere entro di s
qualsiasi parte, come se fosse una struttura indifferente a qualsiasi
cambiamento e, come tale, indeterminata e diversamente
individuabile. Limpossibilit di una parte di passare da un mondo
a un altro non vale solo per il pensiero finito che comprende,
seguendo una concezione che fa leva su un nesso parte-tutto, che
ogni parte entro il tutto che, per conto suo, non indipendente
dalle parti, anche se non ad esse riducibile, ma anche per l'intelletto
divino non in grado, allo stesso modo di quello finito, di portare
una parte, saldamente legata a un mondo, in un altro mondo che ha
differenti legami caratterizzanti.
Limpossibilit notata, anche per l'Essere supremo, di spo-
stare un elemento di un mondo in un altro, va, ad ogni modo,
illuminata, al fine di capire se essa rivela pi che una limitazione,
una caratteristica essenziale al procedere divino che segue un
determinato criterio che non contrasta con quanto osservato
considerando il legame fondamentale di ogni mondo il quale, come
visto, ha un significato organico. In tal modo, l'impossibilit di non
agire alla luce di un criterio organico - spostare un elemento da un
mondo, definito da una certa totalit, in un altro mondo,
caratterizzato da una diversa totalit pu diventare intelligibile se
si pone in luce che ci che vale per ogni mondo, vale anche per Dio
che opera in modo ordinato; sennonch, fra il procedere organico di
Dio e la strutturazione organica, anche se differente, di ogni
mondo, opportuno fare una distinzione che spieghi il nesso
parte-tutto, proprio di ogni mondo, e l'agire, secondo un rapporto
parte-tutto, dell'Essere supremo che, per tale via, rivela non una
limitazione, ma una caratteristica costante che lo individualizza, al
di l di ogni riconosciuta trascendenza del creatore rispetto alle
creature.
Volendo chiarire questo aspetto della teoria leibniziana
riguardante l'Essere assoluto e i mondi possibili, torniamo a
riconsiderare le nozioni generali che, come indicato, pur essendo
propri dei mondi possibili, non fanno parte di alcun mondo.
Quest'affermazione, che esclude l'appartenenza delle nozioni
generali ai diversi mondi possibili che manifestano un nesso parte-
Metalogicon (2001) XIV, 2
202
tutto, non esclude, per, che le strutture organiche, immanenti in
ciascun mondo, coesistano con il modo di fare complesso, seguito
dallEssere supremo, a proposito delle nozioni generali, che,
secondo tale prospettiva, lungi dall'essere il prodotto di un'attivit
astrattiva che muta il prima - gli Adami possibili - nel poi -
Adamo, inteso in senso generale, come dotato di attributi essenziali
- palesano un agire che opera secondo un nesso parte-tutto.
Con questa affermazione, vogliamo porre in rilievo che le
nozioni generali hanno una struttura internamente connessa,
nonostante possano, ad una prima considerazione, essere
interpretate come risultati raggiunti da un procedimento che coglie
ci che comune e astrae da ci che diverso. Le nozioni generali,
che consentono, con l'aggiunta di predicati non essenziali in ogni
mondo ed essenziali in un solo mondo, molteplici nozioni
complete, vanno interpretate come se fossero modelli originari,
rappresentati dall'Essere supremo, che, con l'aggiunta di ulteriori
tratti, - che sono, nel caso della teoria leibniziana dei mondi
possibili, i predicati non essenziali in ogni serie di cose e propri di
un solo mondo produce le nozioni complete che, oltre ai
predicati essenziali, hanno predicati accidentali nei confronti degli
altri mondi, tranne in quello cui appartengono.
Nell'ambito di questa interpretazione, ci che rimane co-
stante al variare, con l'aggiunta di predicati non essenziali, delle
nozioni generali, il legame con il piano divino che caratterizza
tanto le nozioni generali, quanto le nozioni complete da esse otte-
nute combinando in modo differente i predicati, senza mutare
quelli essenziali che sono immutabili, se non si vuole passare ad
altre nozioni generali che presentano un diverso insieme di
predicati immutabili.
LEssere supremo, da questo aspetto, mostra un criterio che
segue il rapporto parte-tutto e che pone in essere strutture
organiche immanenti, cio i mondi possibili, fra quali fa passare
all'esistenza il pi perfetto; sennonch, anche l'Essere supremo non
pu modificare, come notato, un elemento di un mondo e farlo
passare in un altro mondo, cio non pu, visto che ogni elemento
Metalogicon (2001) XIV, 2
203
strutturato in rapporto a una determinata totalit, inserire una
totalit, presente anche in un singolo elemento, in un'altra totalit.
Questa impossibilit attribuita a Dio pu suscitare meraviglia
al soggetto finito perch sembra un limite che Dio non pu
superare e che occorre, da tale aspetto, interpretare per vedere se,
sotto questo limite, si nasconde una caratteristica, propria
dell'Essere supremo, e non dell'ente finito. Dio non pu, ad
esempio, inserire un soggetto, Cesare, che in un mondo passa il
Rubicone e conquista il potere a Roma in un altro mondo in cui
Cesare non passa il Rubicone e non ottiene il potere a Roma; Dio,
cio, sembra seguire il principio di non contraddizione che non
consente di affermare e negare insieme uno stesso predicato di un
determinato soggetto: l'onnipotenza dellEssere assoluto non
incondizionata, tale da rendere possibile, seppure teoricamente,
l'assurdo.
Il limite, nondimeno, attribuito a Dio , in questo senso, il
segno non di una mancanza - assolutezza incondizionata -, ma di
un'azione fondata e, come tale, intelligibile, anche per i limitati
poteri conoscitivi dell'uomo che non pu ammettere la possibilit
dell'assurdo e del non senso. Dopo quanto visto, cerchiamo,
nondimeno, di andare oltre la caratteristica individuata, propria
anche dell'Essere supremo, e chiediamoci se l'affermazione del
principio di non contraddizione, valido anche per Dio, riveli un
principio assoluto o se, invece, vi sia un altro aspetto fondante che
lo spieghi.
Nell'ambito della prospettiva indicata, da considerare che la
visione divina e il procedere divino, diversamente da quanto
avviene per l'uomo, escludendo il tempo come successione di
prima e dopo, fanno leva sull'immediatezza e sulla coesistenza
simultanea di passato, presente e futuro: pensare un soggetto come
Cesare che passa il Rubicone e, ad un tempo, non passa il
Rubicone significa vedere immediatamente uno stesso soggetto che
fa e non fa una determinata azione.
In tal modo, non il principio di non contraddizione a
fondare il procedere divino, ma l'immediatezza della sua visione e
della sua azione che impediscono la coesistenza di azioni opposte
Metalogicon (2001) XIV, 2
204
e l'inserimento di un elemento di un mondo in quello di un altro
mondo che ha un diverso sviluppo e differenti nessi essenziali. La
diminuzione di potenza, attribuita anche a Dio, manifesta, come
appare, accentuando il rinvio del principio di non contraddizione
alla visione immediata divina, una caratteristica essenziale: la
capacit dell'Essere assoluto di rappresentare, senza mediazioni,
ci che al soggetto finito appare con la storia, come successione
collegata di eventi, dove il prima condiziona il dopo e il dopo
connesso al prima in un processo successivo.
Il non inserimento di un elemento di un mondo in quello di
un altro mondo non toglie, tuttavia, che Dio sia in grado di vedere
immediatamente un Cesare che non passa il Rubicone e un Cesare
che passa il Rubicone, purch non sia la stessa nozione completa
di Cesare che opera in un solo mondo, ma due nozioni complete di
Cesare fra loro diverse, sebbene abbiano note comuni essenziali,
che si trovano in mondi differenti. In quest'ultimo caso, la
contraddizione non sorge non perch Dio, cos come inteso da
Leibniz, da un lato, segue il principio di non contraddizione e,
dall'altro, non lo segue, causando difficolt interpretative legate
all'affermazione, a seconda degli ambiti, e alla negazione dello
stesso principio, ma perch la visione e l'azione divina sono
immediate, sicch Dio non pu fare coesistere in uno stesso mondo
un Cesare che passa e che non passa il Rubicone, mentre pu
vedere, sempre in modo immediato, un Cesare che in un modo
attraversa il Rubicone e in un altro non lo attraversa, quando i
mondi sono concepiti come coesistenti nella rappresentazione
divina.
La contraddizione riguarda un solo mondo, qualora si pensi
di inserirvi elementi di un altro mondo che sono diversamente
strutturati, nonostante le somiglianze, nei confronti dell'altro
mondo, non pi mondi, contemplati contemporaneamente
dall'intelletto divino che in grado di abbracciarli tutti con un solo
sguardo, senza cadere, in tal modo, in contraddizione
19
.

19
Si tenga conto dei paragrafi 14 e 15 della Causa Dei: nel primo, Leibniz
afferma che la "scienza dei possibili quella che viene chiamata scienza di pura
intelligenza e che si occupa delle cose e dei loro rapporti, sia che le une e gli
Metalogicon (2001) XIV, 2
205
La capacit, inoltre, di rappresentare gli infiniti mondi
immediatamente richiede altre due caratteristiche, gi presenti nella
esclusione di un elemento di un mondo in un altro mondo, cio
l'indipendenza dei mondi fra loro e la loro autosufficienza, tale che
ogni mondo sembra una sfera compatta che opera e agisce, senza
essere condizionata dal fatto che altre sfere sono egualmente
compatte e fondate in se stesse e ordinate secondo un nesso parte-
tutto, proprio, come visto, di tutti i mondi.
In aggiunta alle caratteristiche individuate che valgono per
tutti i mondi, il caso di metterne in rilievo un'altra: tutti i mondi,
quantunque abbiano note comuni fondamentali, - verit eterne
immutabili, leggi fisiche, decreti divini, anche se fra loro differenti,
e nozioni complete tutte compatibili - non comunicano fra loro,
come se ogni mondo fosse l'unico, tranne che per la visione divina
la quale in grado di comprenderli insieme immediatamente nella
loro individualit e nella loro apparente assolutezza.


4. Le nozioni generali come modelli essenziali

Le nozioni generali, poi, non essendo termini comuni
raggiunti dopo un procedimento astrattivo, volto a cogliere
l'identico e a non tener conto del diverso, fanno pensare a schemi
essenziale che, variamente definiti, consentono differenti
determinazioni. Ci significa che Leibniz, con le nozioni generali
che sono strutturate in un modo internamente connesso, anche se
non fanno parte di alcun mondo, ma stanno a fondamento dei
mondi possibili, intende porre in luce non tanto il tema delle
propriet essenziali e accidentali espresse dalle nozioni complete,

altri siano necessari o contingenti, nel secondo, che i possibili contingenti
possono essere considerati sia separati che coordinati in una infinit di mondi
possibili e completi, ciascuno dei quali stato perfettamente conosciuto da Dio,
anche se poi egli ne ha fatto esistere uno solo. Non serve a nulla allora tentare di
immaginarsi lesistenza di pi mondi: per noi ce n uno solo che abbraccia la
totalit delle cose create in ogni luogo e in ogni tempo, e in ogni modo questo
il senso che si d al termine mondo. G. W. LEIBNIZ, Monadologia, Causa Dei,
a G. Tognon, Bari., 1991, pp.130-131. (GERHARDT, Phil. Schr., VI, 440).
Metalogicon (2001) XIV, 2
206
proprie dei mondi e fra loro compatibili alla luce del disegno
divino, quanto il processo di determinazione che rende possibile, a
partire dalle nozioni generali, comuni a pi mondi, le nozioni
complete dei vari mondi.
La validit di questa posizione leibniziana sta nell'intendere
in modo dinamico gli infiniti mondi che, in tal modo, non sono solo
rappresentati dall'intelletto divino che non si limita a vederli entro
la regione dei possibili come gi da sempre dati e immutabili: fra la
staticit di un intelletto che vede i mondi possibili, da sempre
compiuti e costituiti da una serie di rimandi e di nessi fondamentali
che sono ordinati secondo il nesso parte-tutto, e un agire divino,
privo di regole, che d rilievo all'onnipotenza divina,
incomprensibile per l'uomo, Leibniz sceglie una via intermedia che,
da una parte, evita di affermare l'assolutezza incondizionata
dell'Essere, che porta, estremizzata, alla negazione di un senso
intelligibile e della stabilit del mondo esistente, dall'altra,
impedisce di sostenere una concezione solo riproduttiva, volta a
cogliere ci che contenuto nell'intelletto divino in modo eterno e
immodificabile.
La teoria di Leibniz, che non cade mai in queste due po-
sizioni estreme, mette in rilievo le nozioni generali possibili che,
non essendo identificabili con le verit eterne, valide in tutti i
mondi possibili, rendono comprensibile, conservando un nucleo
immutabile, rappresentato da alcune note essenziali attribuite a
determinati modelli, un'attivit divina che va oltre un semplice
vedere ci che entro il proprio intelletto: Dio non rappresenta
nozioni complete, gi definite nei loro differenti predicati e posti
negli infiniti mondi possibili, perch compie un'attivit che le pone
in essere.
Il vedere divino, anche in questo caso, rimane, solo che un
vedere ci che Dio stesso fa nel suo processo rivolto a determinare
le nozioni generali che, lungi dall'essere il risultato di un processo
astrattivo che rinvia alla rappresentazione delle nozioni complete
dei diversi mondi, sono in rapporto a un operare divino intento a
delimitarle: le nozioni complete dei vari mondi sono fatte da Dio,
Metalogicon (2001) XIV, 2
207
combinando in diverse maniere taluni predicati cori quelli
essenziali, attribuiti alle nozioni generali.
Alla luce di tale prospettiva, si spiega anche per quale
motivo le nozioni generali, pur essendo internamente collegate, non
fanno parte di alcun mondo, quantunque appaiano determinate nei
mondi possibili: Leibniz, allorch si riferisce alle nozioni generali
mette sullo sfondo i mondi cui poi esse faranno parte, una volta
definite, aggiungendo ai predicati essenziali predicati non essenziali
in tutti i mondi, perch individua una condizione, propria di tutti i
mondi, che, nondimeno, non appartiene esclusivamente ad alcuna
serie di cose rispetto alle altre.
Alla dimensione immutabile in ogni mondo, rappresentata
dalle verit eterne, e alle leggi che, come massime subalterne
rispetto al piano divino, sono scelte da Dio, si aggiungono le
nozioni generali che, differentemente compiute, sono presenti nei
mondi possibili: l'attivit divina non sta solo nello scegliere certe
leggi fisiche, tipiche dei mondi e non comuni a tutti i mondi, ma
anche nel porre le nozioni complete, tenendo in vista le nozioni
generali.
Lagire divino, in virt di tale interpretazione, per quanto
non sia assoluto, visto che non crea l'essenza, ad esempio, uomo
come animale razionale, che per Leibniz una verit eterna
dell'intelletto divino
20
, in grado, determinando una nozione
generale, di situare diverse nozioni complete in vari mondi possibili

20
: Gli antiche ravvisavano nella materia, che essi consideravano increata e
indipendente da Dio, la causa del male: dove dobbiamo trovare questa causa
noi, che facciamo derivare ogni essere da Dio? La risposta suona: essa da
ricercarsi nella natura ideale della creatura. in quanto detta natura contenuta
nelle verit eterne che si trovano nellintelletto di Dio, indipendentemente dalla
sua volont. Si deve, infatti, considerare che, gi prima del peccato, c' nella
creatura una imperfezione originaria, perch la creatura essenzialmente
limitata; n quindi, pu sapere tutto, anzi, pu ingannarsi e commettere altri
errori. Platone dice, nel Timeo, che il mondo ha la sua origine nell'intelligenza
congiunta con la necessit; altri collegarono Dio e la natura. A ci si pu dare
un senso accettabile: Dio lintelletto, e la necessit - cio la natura essenziale
delle cose - l'oggetto dell'intelletto, in quanto tale oggetto consiste nelle verit
eterne. Ma quest'oggetto interiore e si trova nell'intelletto divino".
(GERHARDT, Phil. Schr., VI, 104).
Metalogicon (2001) XIV, 2
208
che hanno certe note essenziali. La genesi delle nozioni, poste nei
differenti mondi, avviene tramite un processo che aggiunge e
sottrae predicati non essenziali alle nozioni generali che diventano
una dimensione non in primo piano, propria di ogni mondo, pur
non essendo entro alcun mondo, diversamente dalle nozioni
complete.
Limpossibilit di riferire le nozioni generali ad un mondo,
che sembra porre uno iato nella teoria dei mondi possibili, dopo le
considerazioni fatte, assume un significato diverso se viene intesa
come genesi delle nozioni complete. Le nozioni generali che non
fanno parte di alcun mondo e che, tuttavia, stanno a fondamento di
ogni mondo e che spiegano le nozioni complete fra loro
compatibili, svolgono, in tal modo, nel discorso di Leibniz, un
ruolo fondamentale, come schemi essenziali determinabili in
differenti modi dall'Essere supremo che, oltre a rappresentare il
contenuto immutabile del suo intelletto, pone le nozioni complete
nei mondi possibili, componendo pi predicati non essenziali con
quelli essenziali, propri delle nozioni generali.
Con ci non si vuole affermare che la posizione di Leibniz sia
esente da difficolt ermeneutiche e risolva tutti gli aspetti
problematici, emersi con la teoria dei mondi possibili, solo che con
tale posizione il filosofo d rilievo a una concezione che,
quantunque sostenga l'agire dell'Essere supremo, non cade
nell'arbitrarismo, tipico di un Essere che non tenuto a seguire
alcun criterio comprensibile, e, allo stesso modo, per quanto
ribadisca l'immutabilit delle verit eterne, presenta, con le nozioni
generali concepite come fondamento delle nozioni complete, un
processo produttivo che, sebbene ancora sia concepito nell'ambito
di un'operazione combinatoria compiuta da Dio, come addizione e
sottrazione di predicati, va oltre sia una visione contemplativa del
fondamento, sia una teoria che vede nel principio assoluto un
incomprensibile creatore.
Quanto, poi, alla difficolt di interpretare il significato delle
nozioni complete situate nei mondi possibili, opportuno
ricordare che l'idea di un Essere supremo in grado, tenendo presenti
talune nozioni generali, di porre in essere le nozioni complete,
Metalogicon (2001) XIV, 2
209
presenta non poche analogie con l'agire di un soggetto finito che,
nei suoi processi ideativi, individua in modo diverso uno stesso
progetto generale, al fine di scegliere la soluzione migliore: le
determinazioni possibili di uno stesso progetto non sono fra loro
in contraddizione, dal momento che il soggetto ne sceglie una, fra le
tante possibili rappresentate, che far passare all'esistenza. La
contraddizione sussisterebbe se pi di una soluzione passasse
all'esistenza, laddove, se una sola di esse diventa reale, non c'
contraddizione: con termini diversi, per Leibniz la contraddizione
non concerne il possibile ideato, ma l'esistente attuato che esclude
la contemporanea presenza e apparizione nel reale degli altri
possibili non compatibili.
La nozione generale, in tal modo, fa pensare a un piano
essenziale che, pur non essendo completamente definito, consente
diverse determinazioni, ottenute aggiungendo alcune note, non
presenti nel piano originario, che si limita a porre in luce alcuni
tratti o predicati - cercando di tradurre questo discorso nella teoria
leibniziana - che possono essere meglio definiti, con la
combinazione di altri tratti, - predicati non essenziali per Leibniz -:
i tratti aggiunti individuano il piano generale, senza che alcuni di
essi siano esclusivi rispetto ad altri tratti collegati, cio una stessa
nozione - piano originario - pu essere definita con note diverse,
tutte egualmente possibili, se si tengono in vista gli elementi o
tratti o predicati originari secondo Leibniz. Questi, infatti, fissano i
limiti entro cui pu operare il processo di individuazione,
compiuto da un soggetto che, in tal senso, non segno di creazione
assoluta, ma di progressiva specificazione, sulla base di nozioni
generali per il filosofo tedesco, che diventano schemi essenziali da
definire in modo diverso nel processo ideativo-produttivo.
In tale concezione i tratti originari sono fra loro in stretto
rapporto, sicch, se si toglie un tratto e si lasciano immutati gli
altri, tutto lo schema originario muta: si pu aggiungere e sottrarre
note non essenziali e non si pu mutare quelle essenziali che sono
come una dimensione immutabile entro la quale pu riferirsi una
molteplice - taluni tratti non essenziali - e non al di l della quale,
visto che condiziona il processo volto a determinarla in modi
Metalogicon (2001) XIV, 2
210
sempre diversi: l'attribuzione di nuove note o tratti , come si vede,
chiaramente limitata, nonostante ammetta differenti possibili
combinazioni di aspetti non originari con quelli originari.
Le nozioni generali, inoltre, fanno apparire, rispetto alle
verit eterne, caratteristiche diverse, individuate sia da un modello
essenziale che pu essere variamente compiuto, tenendo conto
delle note essenziali non modificabili, sia da un concetto che
meno esteso nei confronti delle essenze eterne - si pensi, ad
esempio, all'essenza uomo concepito come animale razionale e a
Cesare come nozione generale che, pur avendo le note tipiche
dell'essenza uomo, presenta anche altre note, proprie di Cesare, e
non, poniamo, di un altro cittadino romano -, sia da un termine
medio che fa da tramite fra l'essenza universale immutabile e,
poniamo, i diversi singoli Cesari dei mondi possibili, fra i quali Dio
sceglie questo Cesare del mondo esistente.
Al di l delle caratteristiche considerate riguardanti le nozioni
generali, ad ogni modo, queste vanno interpretate in rapporto a
un'attivit svolta dall'Essere supremo che, tenendo presente
l'essenza immutabile uomo, seguendo l'esempio sopra fatto, per
rendere intelligibili i singoli uomini che operano nei mondi
possibili, si rappresenta una nozione che ha note tanto dell'essenza
universale - uomo secondo l'esempio portato -, quanto di ci che
comune a diverse nozioni, che fanno parte dei mondi possibili, e a
questo uomo, situato in un determinato mondo attuato. Le nozioni
generali, come rappresentazioni divine, esprimono una capacit
dell'Essere supremo che ha un valore ontologico, in quanto
l'intelletto divino appare non solo come attivit combinatoria, in
grado di separare e unire predicati di un soggetto, ma anche come
attivit che pone vedendo e vede ponendo, sicch una nozione
generale assume pi l'aspetto di una figura essenziale delineata, che
potr essere ulteriormente determinata, a seconda delle note
aggiunte, che di un concetto su cui si esercita un'operazione
generalizzante eseguita dall'intelletto divino.
Lintelletto divino, secondo la prospettiva esaminata, pone
in rilievo, in Leibniz, una capacit che pensa e vede, ad un tempo,
cio che accomuna le funzioni attribuite in genere al-
Metalogicon (2001) XIV, 2
211
l'immaginazione
21

che, in questo senso, non un segno di
limitazione e finitezza, ma di pienezza e creativit, dove il vedere
un raffigurare e il pensare un pensare raffigurante: le nozioni
generali, sono concetti essenziali e insieme figure che fanno pensare
a un modello dinamico mediante il quale, con la delineazione di
alcuni tratti fondamentali, sono ideate diverse possibili
determinazioni che, poi, per Leibniz, sono proprie dei mondi
possibili entro cui Dio sceglie il migliore, portandolo all'esistenza.
La mediazione, espressa dalle nozioni generali, fra essenza
universale e immutabile e rappresentazione degli esseri finiti,
situati nei vari mondi, non avendo un significato statico, non
ottenuta a partire, da un lato, dall'essenza universale ed eterna e,
dall'altro, dai singoli esseri possibili, in quanto posta dall'Essere
supremo che si rappresenta un elemento essenziale, anche se non
dotato dello stesso valore delle verit eterne, che assume la veste di
schema fondante per le nozioni complete dei mondi possibili.
Se, poi, si vuole indagare il motivo che spinge Leibniz a
teorizzare le nozioni generali come schemi che stanno alla base
delle nozioni complete, opportuno far presente che Leibniz, con
le nozioni generali, trova un elemento in grado tanto di ribadire
l'idea di un Essere che sceglie, nell'ambito di infinite possibilit,
questo mondo a preferenza di altri, quanto di dare una spiegazione
che intende geneticamente i mondi possibili, rappresentati
dall'intelletto divino: le nozioni generali, come modelli essenziali,
sono concepite dal filosofo quale origine, anche se non assoluta -
visto che occorre sempre considerare la validit immutabile delle
verit eterne e la scelta delle massime subalterne nei mondi
possibili - delle nozioni complete che, dopo le considerazioni fatte,
non sono da sempre date in modo immutabile nell'intelletto divino

21
Sull'immaginazione in Leibniz cf. una lettera del filosofo alla regina Sofia
Carlotta successiva ai Nuovi Saggi, dove l'immaginazione comprende sia le
nozioni dei diversi sensi che sono chiare e confuse, sia le nozioni del senso
comune che sono chiare e distinte. Limmaginazione, tuttavia, in Leibniz ha
anche un significato ontologico quando si pone in luce la concezione di un Dio
che rappresenta e combina infiniti mondi possibili. (GERHARDT, Phil. Schr.,
VI, 501).
Metalogicon (2001) XIV, 2
212
si limiterebbe solo a rappresentarle in modo chiaro e distinto e
anche adeguato in tutte le loro complesse relazioni.
Oltre ai due motivi indicati, che cercano di dare un'in-
terpretazione del significato, nel pensiero di Leibniz, delle nozioni
generali, anche il caso di rilevare che queste nozioni, essendo, ad
un tempo, concetti visti e figure essenziali pensate, palesano la
presenza, nell'Essere, di una dimensione intellettivo-ideativa che
rinvia all'agire di una capacit pensante, visiva e produttiva che, in
tal modo, non comprensibile come un modo di operare solo
astrattivo e meramente combinatorio di predicati compatibili.


5. Calcolo metafisico ed espressivit divina

Del resto, se si considera la nota frase di Leibniz, scritta dal
filosofo in margine al manoscritto, pubblicato dal Gerhardt con il
titolo Dialogus, che stato composto nel 1677, secondo la quale
cum Deus calculat et cogitationem exercet, fit mundus
22
, si vede
che il termine calculat in rapporto ai termini cogitationem exercet
che fanno pensare a un'attivit espressivo-rivelativa dell'Essere,
non spiegabile solo nell'ambito di una mera capacit combinatrice
di predicati attribuibile a un soggetto, seppure incondizionato. Una
semplice combinazione di predicati, poi, richiede il soggetto che
dovrebbe spiegare, cio, per un verso, il soggetto il prodotto di
determinati predicati fra loro combinabili, senza cadere in
contraddizione, per un altro, i predicati vengono riferiti a un
soggetto che loro preesistente. Le due concezioni, che pongono in
luce o la trascendenza del soggetto rispetto ai predicati che pure gli
vengono attribuiti, o l'equivalenza del soggetto con determinati
predicati ad esso riferiti, che danno rilievo a una considerazione
aritmetica, dove, ad esempio, un numero pu essere concepito

22
GERHARDT, Phil. Schr., VII, 191. Sull'interpretazione di questa frase si veda
D. MAHNKE, Leibnizens Synthese von Universalmathematik und
Individualmetaphysik, Halle, 1925, p.43. Heidegger cos interpreta la frase di
Leibniz: Quando Dio gioca si genera il monido. M..HEIDDEGGER , Il
principio di ragione, a c. F. Volpi, Milano. 1991, p. 191.
Metalogicon (2001) XIV, 2
213
come equivalente alla somma di altri determinati numeri in esso
compresi, rivelano o la trascendenza di un'attivit espressiva
rispetto a quella combinatoria o la trascendenza di un'attivit
espressiva nei confronti di quella combinatoria che rinvia a un
nucleo che, pur a fondamento delle combinazioni, non ad esse
equivalente. Ci significa, con termini diversi, che non c' identit -
a parte il problema o di accentuare il calcolare sull'esprimere il
pensiero, in questo caso proprio di Dio, seguendo la nota di
Leibniz, o, inversamente, l'esprimere sul calcolare - fra il calcolare e
l'esprimere che palesano due attivit compiute dall'Essere supremo
che, sebbene siano in rapporto, non sono fra loro sostituibili.
Oltre a questa considerazione, se ne pu fare un'altra che,
tenendo presente la difficolt di intendere il calcolare divino come
una combinazione di predicati che richiedono un soggetto che vi
stia a fondamento, problematizzi ci cui si rivolge il calcolare. Il
calcolare, infatti, non solo interpretabile come quantit di
predicati in relazione a un soggetto che viene sempre pi
determinato, ma anche come combinazione di possibili che, in tal
modo, consentono infiniti mondi, tutti fra loro diversi, nell'ambito
di una struttura immutabile, data dalle verit eterne, valide in tutti i
mondi.
Anche in questo caso, non c' equivalenza fra il calcolare e
l'esprimere visto che Leibniz, nella frase ricordata, d risalto al
processo che porta al mondo reale e mette sullo sfondo gli infiniti
mondi possibili fra cui Dio decreta il migliore, facendolo passare
all'esistenza. Se vi fosse equivalenza fra il calcolare e l'esprimere, si
perderebbe la concezione, tipica di Leibniz, di un Dio che
rappresenta infiniti mondi possibili fra i quali sceglie: dalle infinite
combinazioni di possibili che danno vita a infiniti mondi ideali, il
filosofo passa a dilucidare il mondo esistente che, cos, la
determinazione di un'estensione pi ampia che sta a fondamento
del mondo esistente, senza essere ad esso riducibile.
Intendere la combinazione dei possibili come espressione
compiuta del pensiero divino significa identificare il possibile con il
reale, laddove per Leibniz il possibile non equivale al reale, che
solo una determinazione di un campo pi ampio che alla base
Metalogicon (2001) XIV, 2
214
della scelta divina. Lespressione del pensiero divino non riguarda
solo il mondo reale, ma anche i mondi possibili che non diventano
esistenti alla stessa stregua del mondo scelto, essendo meno
perfetti di quello reale; questo, del resto, non comprende l'intera
attivit espressivo-rivelativa dell'Essere supremo, che sta a
fondamento del reale e del possibile, che concepito come regione
delle verit eterne, identiche all'intelletto divino inteso in senso
oggettivo.
Da tale aspetto, se i mondi possibili, come combinazioni di
nozioni, esprimono il pensiero divino e se il mondo reale, come
combinazioni di possibili che diventano esistenti, rivela, parimenti,
il pensiero divino, da considerare per quale motivo Leibniz
privilegi il mondo reale rispetto a quelli possibili che palesano
anche - visto che tanto i mondi possibili, quanto quello reale
richiedono l'agire dell'Essere supremo - il fondamento assoluto
nell'operare con l'insieme delle sue facolt.
Si potrebbe a ci obiettare che il mondo reale presenta, nei
confronti dei mondi possibili, la nota dell'esistenza che ha qualche
caratteristica non propria dei mondi possibili, una volta che non
concepita come mero predicato che rimane nell'ambito del
pensiero: il mondo reale rinvia non solo all'intelletto divino, che
combina possibili e li rappresenta immediatamente in modo
distinto e adeguato, ma anche alla volont che pone in essere il
possibile. Lesistenza, secondo la prospettiva considerata, il
frutto di una volont che, pur seguendo la rappresentazione dei
possibili, attua quelli pi perfetti: il possibile, a sua volta, rinvia
all'intelletto che rappresenta ed esclude l'agire della volont che
esistentificante.
Tale concezione, tuttavia finisce, nel tentativo di cogliere ci
che in pi presenta l'esistenza
23

rispetto all'essenza, col negare
l'agire della volont, per quanto riguarda il possibile, e con
l'affermare la presenza attiva, ad un tempo, di intelletto e volont
per quanto concerne il reale. All'idea di un Essere che vede e

23
Riguardo al nesso possibilit - esistenza in rapporto al principio di ragione
sufficiente cf. lo scritto senza titolo di Leibniz che si trova in GERHARDT, Phil.
Schr., VII, 289-291.
Metalogicon (2001) XIV, 2
215
rappresenta i possibili e le loro combinazioni fa contrasto un
Essere che contempla e attua talune combinazioni di possibili,
nell'ambito di una determinata serie di cose scelte.
Da quanto gi notato, invece, anche il Dio di Leibniz, che
rappresenta i possibili e le loro serie, manifesta l'operare della
volont che non solo limitabile al campo dell'esistenza. Le
combinazioni possibili, del resto, che producono gli infiniti mondi
possibili, ideati dall'intelletto divino, se non sono concepite come
staticamente date entro la natura dell'intelletto divino, che si
limiterebbe a vederle nelle loro complesse relazioni, palesano
l'operare di un'attivit che coglie sia gli enti ideali, sia le loro
combinazioni, ottenute mettendole in serie complesse, fra loro
diverse, ma tutte compatibili entro le singole combinazioni: i mondi
possibili non sono solo contemplati in modo distinto e adeguato,
oltre che immediato, ma anche prodotti da un Essere supremo che,
in tal modo, vede sia le verit eterne immutabili del suo intelletto,
sia le combinazioni dei possibili raggiunte collegandoli, visto che,
come indicato, questi hanno un significato pi ampio rispetto al
campo delle verit eterne immodificabili.
Dio, secondo l'interpretazione proposta, vede i risultati del
suo intelletto rappresentativo e attivo che non assolutamente
altro dalla volont, condizione essenziale per spiegare l'esistenza
nei confronti dell'essenza. L'esistenza, poi, che comporta il rinvio
all'intelletto e alla volont di Dio, attua la serie pi perfetta
combinata e ideata da Dio, cio l'esistenza concepita in funzione
di un criterio che non solo logico, come massima compatibilit di
possibili che passano all'esistenza, ma anche assiologico che tiene
conto, seguendo quest'ultima prospettiva, della distinzione. ad
esempio, tra uomo e animale, tra anima e spirito.
Tornando all'interpretazione della frase, gi citata, del
Dialogus, non si pu, a nostro avviso, cogliere lintero senso del
pensiero di Leibniz rendendolo cos: quando Dio calcola e
manifesta i suoi pensieri, sorge il mondo, perch, dopo ci che
abbiamo detto, il pensiero divino si esprime anche con la
combinazione infinita dei possibili e non solo con l'attuazione di
una determinata serie di possibili che diventa reale. Se, invece,
Metalogicon (2001) XIV, 2
216
proviamo ad interpretare il termine exerceo non tanto come
manifestare, quanto come tenere in esercizio, far muovere e lo
sostituiamo a manifestare, si ha che quando Dio calcola e fa
muovere il suo pensiero, sorge il mondo: il mondo richiede l'agire
divino, cio la negazione di un possibile stato di riposo che viene
superato con il dinamismo del principio divino.
Seguendo la sostituzione del termine exerceo con far muovere
al posto di manifestare, emerge un aspetto essenziale dell'Essere
supremo che ha in s la possibilit di agire - cos si attua il mondo
reale - o di non agire, tanto da non porre in essere il mondo reale.
L'attribuzione di una duplice possibilit all'Essere supremo,
che pu agire o non agire, pone all'interprete il problema di
intendere non tanto il significato dell'operare che appare con
l'attuazione della serie pi perfetta delle cose, quanto il senso da
attribuire al non agire divino che sembra, se accentuato, ridurre
l'Essere ad uno stato di quiete e identica immobilit.
Nel caso dell'Essere supremo, a nostro avviso, la quiete e
identica immobilit non va intesa come eternit statica e assenza di
vita, ma - seppure parzialmente, come meglio vedremo nel seguito
del nostro discorso - come stato di autocontemplazione che non
produce ci che nuovo e diverso rispetto allo stato iniziale, cio
Dio vede e rappresenta se stesso immediatamente nel complesso
della sua natura, dove l'intelletto divino svolge un ruolo
fondamentale, essendo concepito da Leibniz in senso soggettivo,
come attivit rappresentativa, e in senso oggettivo, come insieme
delle verit eterne, regione dei possibili pensati dall'intelletto,
considerato in modo soggettivo.
Dio, da questo aspetto, vede con l'intelletto il suo stesso
contenuto che riguarda le verit eterne immutabili e i possibili,
senza mutarli o porli in rapporto fra loro come, al contrario,
comporta il combinare, espresso dal termine calcolare, che produce
un'infinita serie di cose fra loro diverse in relazione ai diversi gradi
di perfezione: il vedere divino non mera riproduzione di quanto
gi presente nella sua natura, in quanto esprime, pur nell'ambito di
una compiuta rappresentazione, un'attivit che, per, - e questo
un aspetto essenziale che diversifica la rappresentazione intuitiva
Metalogicon (2001) XIV, 2
217
divina da quella intuitivo-combinatoria, svolta dallo stesso Essere -
non collega i possibili fra loro per produrre gli infiniti mondi
possibili.
Facendo agire tale considerazione, il calcolare divino significa
il far muovere i possibili, solo che, anche in questo caso, il far
muovere, proprio dell'Essere, ha un significato pi ampio rispetto
alla posizione del mondo reale che in relazione a una estesa
combinazione e rappresentazione dei possibili e dei mondi da essi
costituiti.
Resta non spiegata, intendendo exerceo con far muovere, la
corrispondenza fra calcolare e far muovere, visto che il far muovere
presente anche nella combinazione delle serie possibili che non
passano all'esistenza, tranne che exerceo significhi - e non ci pare
di poterlo sostenere mettere in atto, come passaggio all'esistenza,
che d rilievo al reale e mette sullo sfondo la pi vasta sfera del
possibile: il calcolare produce il reale solo se rinvia a un calcolare
ideale che non rimanda necessariamente a ci che esiste che, da
questo aspetto, solo una determinazione di un campo pi vasto.
E' vero, comunque, che Leibniz, con il termine exerceo, vuole
porre in luce un aspetto dinamico, che porta alla scelta del mondo
reale fra i tanti possibili, e il passaggio del possibile allesistente,
sicch , a nostro avviso, quanto meno riduttivo, interpretare il
calcolare come sinonimo dellattivit espressa dal termine exerceo,
sia esso inteso come mettere in movimento o come porre in atto
nell'esistenza: Leibniz, con la frase del Dialogus gi indicata, non
mira a dare rilievo ai risultati - mondo esistente - rispetto alle
condizioni che consentono la sua attuazione, ma al processo che,
stando a fondamento degli stessi risultati, rende possibile il
superamento del conflitto tra staticit rappresentativa e dinamicit
volitivo-ideativa, tra essenza ed esistenza, mondi possibili e
mondo reale.
In tal modo, come se Leibniz sostenesse, cercando di
interpretarlo: con il processo del calcolare si mette in movimento il
pensiero divino e sorge il mondo reale.
Questa interpretazione ha la caratteristica di evitare che il
calcolare ponga immediatamente il mondo esistente perch pone in
Metalogicon (2001) XIV, 2
218
risalto l'estensione dei mondi possibili che rinviano, a loro volta,
all'agire delle combinazioni fatte dall'Essere supremo che non
diventano attuali: fra il combinare divino e la scelta del mondo
migliore che passa all'esistenza, ci sono i mondi possibili che sono,
anch'essi, il risultato di un calcolo divino che abbraccia, cos, sia il
reale che il possibile.
Si potrebbe a quanto detto aggiungere che il calcolo divino,
pur essendo pi esteso rispetto al reale e riguardando anche il
possibile, in funzione del mondo reale da decretare, cio che il
calcolo divino, sebbene non sia immediatamente esistenzializzante,
nella misura in cui fa leva sulle molteplici serie di possibili, intende
i possibili, combinati come sfondo per l'esistenza che, da tale
aspetto, ha sempre una priorit rispetto agli stessi possibili che
non solo la preparano, ma sembrano anche predisposti ad attuarla.
La considerazione fatta, nondimeno, che intende i possibili in
relazione all'esistenza da attuare, non trova completa rispondenza
nel pensiero d Leibniz che, nella Monadologia, per quanto affermi
che il mondo esistente intelligibile, mediante l'agire del principio
di ragion sufficiente, seguito da Dio nel porlo in essere - dove il
principio di ragion sufficiente concepito come criterio della
convenienza, legato ai diversi gradi di perfezione, propri dei vari
mondi possibili - sostiene il rapporto fra mondi possibili e mondo
esistente, alla luce della serie migliore attuata da Dio nel passaggio
dal possibile all'esistente.
Leibniz, del resto, cos esprime il suo pensiero: Ora, poich
v' un'infinit di universi possibili nelle idee di Dio, e non pu che
esisterne uno solo, necessario che vi sia una ragion sufficiente
della scelta di Dio, la quale lo determini a scegliere l'uno piuttosto
che l'altro
24
.
Gli universi possibili sono rappresentati dalle idee di Dio,
indipendentemente dal problema posto dall'esistenza del mondo
decretato da Dio, che, per questo motivo, non spiega la pi vasta
estensione dei mondi ideati, oggetto del pensiero divino; oltre a ci,
se si interpretasse l'estensione dei mondi possibili in rapporto di

24
G. W. LEIBNIZ, Monadologia, in Saggi Filosofici e lettere, cit., p.377
(GERHARDT, Phil. Schr., VI, 615-116).
Metalogicon (2001) XIV, 2
219
dipendenza da quello reale, si cadrebbe in una posizione di tipo
antropomorfico - pur presente in Leibniz - che considererebbe
l'operare divino alla stessa stregua dell'agire di un essere finito,
quale l'uomo, visto che proprio di un essere finito, che procede
in modo razionale e non istintivo, prospettare varie soluzioni
possibili, prima di agire, a un determinato problema da risolvere
per scegliere, poi, per mezzo di una rappresentazione il pi
possibile chiara e distinta, quella soluzione che appare pi
opportuna a risolvere un problema.
Dio, accentuando tale impostazione che spiega il possibile in
funzione del reale da scegliere, assumerebbe anche, ad esempio,
l'aspetto di un abile artigiano che si rappresenta varie soluzioni
ideali per l'esecuzione di un'opera, prima di seguire quella che
ritiene pi idonea a porre termine alla sua visione intellettuale
25
. Se
i mondi possibili dipendessero da quello reale, si perderebbe sia lo
spessore ontologico dei possibili pensati da Dio - che verrebbero
concepiti come differenti finzioni significative fino a quando non
fossero superati dal mondo reale che li ridurrebbe a mero prodotto
di una capacit immaginativa, non dotata di un valore ontologico
autonomo rispetto alla soluzione scelta dal soggetto assoluto fra le
tante possibili ideate -, sia la distinzione tra possibile,
compossibile ed esistente, posto che tutti i mondi possibili, non
diventando esistenti, tranne uno, sarebbero intelligibili e non
contraddittori anche se restassero ideali.
In questo ambito, l'affermazione che Leibniz fa nella
Confessio philosophi quando intende distinguere possibilit da
verit, necessit da contingenza, significativa per il nostro
discorso: "LArgenide di Barclay possibile, ovvero immaginabile
in modo chiaro e distinto, anche se certamente ella non mai
vissuta, n credo vivr mai. A meno che non si propenda per quella
dottrina secondo la quale tutti i possibili esisteranno nell'infinito
decorso dei tempi futuri e non si pu sognare alcuna favola che non
abbia prima o poi a verificarsi nel mondo, sebbene in un
amplissimo lasso di tempo. Ma, anche se lo concedessimo, resta il

25
Su Dio come artigiano si veda il Discorso di metafisica, S 22 (GERHARDT,
Phil. Schr., VI, 615-116).
Metalogicon (2001) XIV, 2
220
fatto che Argenide non era impossibile in passato e tuttavia non
ancora esistita. Coloro che sostengono il contrario fanno
necessariamente cadere ogni discrimine tra possibile e vero, tra
necessario e contingente, e, servendosi di un distorto significato dei
termini, si oppongono all'uso invalso presso il genere umano"
26
.
Il romanzo l'Argenide di Barclay possibile in quanto pre-
senta personaggi e vicende fra loro non in contraddizione sia
singolarmente intesi, sia nell'insieme dei loro rapporti e, in questo
senso, rappresenta un insieme compatibile, anche se non passer
mai all'esistenza; l'esistenza, in tal modo, non svolge una funzione
egemone nei confronti della possibilit la quale, per conto suo,
dotata di uno stato autonomo rispetto all'esistenza: il possibile e il
suo campo non vanno concepiti alla stessa maniera di molteplici
tentativi fatti da un essere ragionevole prima di raggiungere un
determinato scopo - soluzione di un romanzo o azione scelta dopo
una lunga deliberazione - perch, seguendo una tale
interpretazione, si finirebbe col ridurre all'immaginario le diverse
possibilit ideate dal soggetto.
Fra l'esistenza del mondo e la possibilit di infiniti mondi che
non giungono all'esistenza c' una differenza: il mondo reale il pi
perfetto rispetto ai mondi possibili che mostrano diversi gradi di
perfezione fra i quali Dio sceglie. La diversit tra i mondi possibili
e quello reale , come si vede, ad un tempo, ontologica - i mondi
possibili sono idee dell'intelletto divino increato - e assiologica,
cio fra i mondi possibili vale il criterio verticale dell'alto e del
basso cui fa pensare l'immagine che Leibniz usa, nella Teodicea
27
,
della piramide che ha un vertice - il mondo pi perfetto - e una
base non definita che, fra l'altro, consente di non ridurre gli infiniti
mondi possibili a un numero determinato di serie possibili
comprese fra la base e il vertice.
Quanto Leibniz sostiene, negli Elementi della vera piet, a
proposito dei mondi possibili, riconferma, a nostro avviso, queste

26
G. W. LEIBNIZ, Confessio philosophi e altri scritti a c. F. Piro, Napoli 1992,
p. 35 (G. W. LEIBNIZ, Confessio philosophi. La profession de foi du
philosophe, texte, traduction et notes par Y. Belaval, Paris, 1961, p.55).
27
GERHARDT, Phil. Schr., VI, 432.
Metalogicon (2001) XIV, 2
221
distinzioni indicate: Altrimenti detto, se cos non fosse, non si
potrebbe rendere ragione del perch esiste questa serie di cose e
non piuttosto un'altra qualsivoglia. Almeno finch possono
immaginarsi diverse serie di cose e finch non da ritenersi che
tutti i possibili esistano. Chi, infatti, creder che non pu
immaginarsi nessuna favola che non sia esistita di fatto in qualche
tempo o che non esister in futuro? E d'altronde necessario che
tra le diverse serie una sia eminente rispetto alle altre, altrimenti
perch sarebbe questa ad esistere piuttosto che un'altra
qualsivoglia? Sar dunque eminente per perfezione e sar scelto ci
che pi perfetto perch Dio, che l'autore delle cose,
perfettissimo
28
.
L'esistenza del mondo reale non concepita in funzione della
compatibilit dei possibili, visto che anche i mondi possibili sono
compatibili, ma non per questo esistenti: il mondo esistente attua
la serie di cose pi perfetta e i mondi possibili presentano diversi
livelli di perfezione, sebbene siano tutti egualmente compatibili, al
di l di una maggiore o minore complessit di relazioni ad essi
sottesa.
Il principio di ragion sufficiente
29

fonda il mondo reale pi
perfetto, quando per perfezione non si intende la quantit di
essenza concepibile con le altre essenze, proprie del mondo scelto,
ma la perfezione morale che d rilievo non tanto alla quantit dei
possibili fra loro compossibili, seguendo il principio della coerenza
logica, quanto al valore complessivo dei possibili passati
all'esistenza.
Il Dio di Leibniz, in questo caso, non assiste a un conflitto di
possibili che si svolge nell'ambito della sua trascendente visione,
senza aggiungere o modificare ci che avviene nel suo stesso
intelletto, che, per tale concezione, finirebbe quasi con l'essere uno

28
G. W. LEIBNIZ, Confessio philosophi e altri scritti cit., p. 104 (G. W.
LEIBNIZ, Textes inditis dapres les manuscrits de la Bibliothque provinciale
de Hanovre, publies et annots par Gaston Grua, 2 voll., Paris 1948, I, p. 17)
29
Sul principio di ragion sufficiente in Leibniz con la relativa letteratura rin-
viamo al nostro G. Giannetto, Principio di ragione e metafisica in Leibniz e
Kant, Napoli, 1996.
Metalogicon (2001) XIV, 2
222
specchio neutrale che rappresenterebbe quanto si compie nella sua
natura, in quanto in grado non solo di vedere i possibili nelle loro
interne complessit, ma anche di metterli fra loro in relazione. Ci
richiede l'agire di un criterio qualitativo che mira alla serie pi
perfetta, indipendentemente dall'insieme dei possibili che sono
concepibili, seguendo un principio meramente logico che si basa
sulla maggiore o minore compossibilit, senza cadere in
contraddizione: alle relazioni logiche si oppongono le relazioni di
valore, dove l'estensione non sinonimo di perfezione, la quantit
di qualit. la dimensione orizzontale, cio pi possibili fra loro in
rapporto, di dimensione verticale, vale a dire pi possibili dotati di
diverso grado di elevazione morale, al di l di una semplice
considerazione aritmetica volta a porre in luce la quantit e non il
valore dei possibili fra loro collegati.


6. Piano divino e calcolo

Dopo aver notato che il termine exerceo della frase
leibniziana del Dialogus non pu essere solo individuato dalle
operazioni legate al mostrare e al porre in movimento, intendendo
il possibile in funzione dell'esistente, proviamo a interpretare
exerceo con non lasciare in riposo, tener vivo, far muovere, dove
da rilevare che il significato del termine "riposo" non in grado di
spiegare il mondo esistente.
Operando la sostituzione di significato indicata, la nota frase
di Leibniz assumerebbe questo senso: quando Dio calcola e non
lascia in riposo il suo pensiero, sorge il mondo; tale sostituzione,
per, finirebbe col ricadere nelle interpretazioni gi considerate che
mettono in rilievo l'esistente e pongono in ombra il ruolo del
possibile, ampiamente presente nel pensiero di Leibniz.
Se, infatti, riteniamo che calcolare sia sinonimo di non
lasciare in riposo e di mettere in movimento i possibili, si ha che
quando Dio calcola, sorge il mondo esistente, cio il calcolo
rivolto a porre in essere il mondo migliore, mettendo sullo sfondo
la complessit dei mondi ideati che, pur diversamente perfetti, a
Metalogicon (2001) XIV, 2
223
seconda dei gradi di elevazione, sono rappresentati dall'intelletto
divino che combina i possibili fra loro, al di l della tendenza
all'esistenza.
Per cercare di risolvere il complesso rapporto possibilit-
esistenza, presente nella considerazione di Leibniz. anche
opportuno intendere che cosa significa, per il filosofo tedesco, il
termine cogitatio che pu essere inteso non solo con pensiero, idea,
riflessione, meditazione, ma anche con piano e progetto, sicch
quando Dio calcola e non lascia in riposo il suo piano, sorge il
mondo. Il mondo reale , da questo aspetto, l'attuazione del piano
divino, senza che il calcolare sia sempre sinonimo di porre in
essere, come passaggio all'esistenza del mondo migliore
rappresentato, visto che, fra le tante combinazioni possibili fra
loro compatibili e dotate di diversa altezza di livello, solo quella
pi perfetta diventa reale: il calcolare, in tal modo, non
identificabile completamente con il porre in movimento, allorch si
considera che solo uno, fra i tanti calcoli, essendo pi perfetto,
passa all'esistenza.
Tale interpretazione, poi, oltre a far emergere la pi ampia
estensione del possibile rispetto all'esistente, che solo una sua
determinazione, seppure pi perfetta nei confronti delle altre,
spiega quello che, su un piano metafisico, appare come un
contrasto, entro l'Essere supremo, tra "riposo" e "movimento": il
"riposo" non indica soltanto uno stato contemplativo dell'Essere,
che in grado di cogliere i possibili in tutti i loro diversi e pi o
meno complessi aspetti, in quanto va sempre compreso in
rapporto al piano divino che esclude una visione meramente
rappresentativa dell'intelletto divino che sta pago della sua eterna e
immutabile quiete.
Con termini diversi, solo quando Dio calcola e mette in
movimento il suo piano, si ha il mondo decretato, dove il calcolare
non ha necessariamente una portata esistenzializzante e il possibile
non inevitabilmente proiettato verso l'esistenza: solo se la
combinazione dei possibili ottenuta in rapporto al piano divino
che procede secondo il criterio del meglio, sorge il mondo reale,
diversamente si ha un'infinit di mondi possibili coesistenti
Metalogicon (2001) XIV, 2
224
nell'intelletto divino che, nondimeno, non passano all'esistenza,
anche se sono combinati e immediatamente visti nei loro specifici
nessi.
Con tale discorso intendiamo sostenere che il calcolo
compiuto da Dio pi esteso del calcolo che porta al mondo reale,
in virt del criterio del meglio: il "riposo" del piano divino non
esclude il calcolo eseguito dall'Essere che continua ad agire
nell'ambito dei possibili. Abbiamo, alla luce di questa
interpretazione, due tipi di calcolo: uno porta all'esistenza un altro
non porta all'esistenza e avviene entro l'intelletto divino, vale a dire
il "riposo" del piano significa un'attivit combinatoria assoluta e
infinita, propria del principio incondizionato, priva del limite o
della guida, a seconda della prospettiva seguita, del criterio che si
basa sulla perfezione che non ha come fine il mondo passato
all'esistenza.
La difficolt di comprendere la concezione leibniziana che
cerchiamo di interpretare, che lascia sullo fondo, nella frase gi
citata, il problema se calcolare significa combinare per porre in
essere i possibili o combinare, al di l del passaggio dei possibili
dell'esistenza - problema gi apparso, nell'ambito dell'ermeneutica
leibniziana, a proposito della delucidazione teoretica del termine
exerceo che pu essere diversamente reso -, anche legata
all'individuazione del ruolo svolto da Dio nel pensiero del filosofo
tedesco.
L'Essere, infatti, se combina i possibili, mediante il criterio
della perfezione. richiama alla mente il Dio perfetto che decreta il
mondo migliore - dove la volont guidata dall'intelletto, senza che
una facolt escluda l'apporto dell'altra -, se collega, invece, i
possibili al di l di ogni criterio di perfezione, che finirebbe col
rappresentare un limite alla sua natura, fa pensare al Dio
onnipotente, privo di qualsiasi condizionamento, sia esso anche
rappresentato dall'idea del bene che ispira la sua azione.
La potenza assoluta di Dio spiega la non identificazione del
calcolo con la combinazione dei possibili che porta al mondo reale;
la perfezione divina, al contrario, finisce con l'orientare la pi
ampia estensione dei possibili verso l'esistenza, rischiando di
Metalogicon (2001) XIV, 2
225
vanificare lo stesso campo dei possibili che verrebbero concepiti
come condizioni che preparano il mondo esistente.
Questo, una volta attuato, li renderebbe non pi validi, come
rappresentazioni proprie di un soggetto, quasi soluzioni diverse a
un determinato problema che, se fosse risolto, attuando una fra le
tante soluzioni ideate, finirebbe col relegarle a ricordi o elementi
preparatori, non pi agenti nel pensiero di un essere che
rappresenta e opera in funzione del reale.
Ad ogni modo, in base al significato attribuito al pensiero
come piano o disegno, dove piano non vuol dire progetto migliore
che fonda l'esistenza del mondo, si ha che quando Dio calcola e
mette in movimento il piano migliore, sorge il mondo, mentre,
quando Dio calcola e mette in movimento un piano che non il
migliore, anche se richiede una visione comprensiva che mette in
rapporto una serie di possibili rispetto ad altre, non sorge il mondo
esistente che il risultato non di un piano, quale che sia, che segue
un nesso parte-tutto, ma di un piano che ha in vista la maggiore
perfezione attuabile fra le diverse serie di possibili fra loro
compossibili.
L'interpretazione proposta della concezione leibniziana che,
a nostro avviso, riesce a distinguere e a porre in rapporto
l'estensione dei possibili con il mondo decretato, vedendo in Dio
non solo la capacit di porre in essere, con il mondo scelto, la serie
pi perfetta di possibili, ma anche la capacit di fare combinazioni
infinite di possibili - che, tuttavia, pur non diventando reali,
rivelano l'onnipotenza di un Essere supremo in grado tanto di
attuare ci che pi perfetto, nell'ambito delle diverse serie di
possibili, quanto di combinare e rappresentare serie fra loro
connesse che rinviano a differenti piani che vi stanno a
fondamento, anche se non tutti egualmente perfetti - finisce, per,
col mettere sullo sfondo che Leibniz attribuisce un senso
chiaramente dinamico a quel piano che porta al mondo esistente,
senza escludere, nondimeno, che i piani che stanno alla base degli
altri mondi possibili che non diventano reali manifestano, anche
essi, un valore dinamico, dato che richiedono, allo stesso modo del
mondo reale, una determinata combinazione di possibili.
Metalogicon (2001) XIV, 2
226
Riappare, in sede di interpretazione, il tema del riposo e
quello del movimento attribuiti all'Essere e che abbiamo spiegato
in senso relativo e non assoluto - considerando che la
rappresentazione dei mondi possibili, da parte di Dio. non rimane
su un piano contemplativo, come visione di ci che si svolge nella
natura divina, indipendentemente dallo stesso soggetto assoluto
che si limiterebbe a cogliere, con il suo intelletto, quanto avviene
entro la regione dei possibili che, come noto, costituiscono
l'intelletto divino in senso oggettivo - una volta concepiti in
funzione di un'attivit combinatoria che progetta le diverse serie di
possibili.
Se la spiegazione del concetto del riposo dell'Essere su-
premo sostenibile, come noi riteniamo, resta ancora da con-
siderare ulteriormente il senso dinamico riconosciuto da Leibniz al
piano divino che d esistenza a un determinato mondo in rapporto
agli infiniti mondi ideati, rappresentati dall'intelletto divino, e tutti
dotati, secondo la nostra interpretazione, di dinamicit, come
manifestazioni di un'originaria attivit combinatrice svolta da Dio.
In base a questa prospettiva, che accentua l'attivit del-
l'Essere supremo che collega e pone in essere la serie pi perfetta,
la complessa dinamicit del piano divino non comprensibile
contrapponendo l'intelletto divino, solo rappresentativo della
regione dei possibili, alla saggezza divina che sceglie e attua il
miglior mondo ideato, come opposizione tra piano migliore e
mancanza di un piano, visto che ogni mondo manifesta un piano,
come accordo di molteplici relazioni, anche se ciascun piano, da
tale aspetto, diverso dagli altri, propri dei diversi mondi possibili.
Il piano migliore che si concretizza con il mondo pi perfetto
scelto, differente dagli altri piani dei vari mondi, anche se
conserva alcune note caratteristiche, tipiche di ogni mondo
possibile, come, ad esempio, la presenza di un certo numero di
relazioni che rinviano a pi sostanze individuali. Le sostanze, a
loro volta, non sono riducibili a predicati inclusi in altre sostanze,
cio le sostanze hanno una tale struttura ontologica che esclude, in
questo senso, la loro implicazione, come predicati di un altro
soggetto.
Metalogicon (2001) XIV, 2
227
Ogni mondo comporta, in tal modo, pi relazioni che
tengono ferma la distinzione tra le sostanze, solo che le relazioni
che rinviano a un fuori delle sostanze escludono la possibilit che
ciascuna di esse se ne stia in modo indipendente dalle altre: ogni
mondo richiede rapporti
30
che non diventano implicazioni, alla luce
della teoria dell'inerenza dei predicati al soggetto, e rapporti che
non rimangono assolutamente esterni.
Nel primo caso, si avrebbe una super sostanza che inclu-
derebbe tutte le altre entro la sua natura, nel secondo, pi sostanze
che, non entrando in rapporto fra loro, come se fossero tanti
mondi, ognuno autosufficiente e chiuso in se stesso, privo di nessi
con gli altri. Fra l'inclusione che, in realt, finisce con l'annullare
ogni mondo e l'assoluta esteriorit, che pone in luce una concezione
in cui ogni sostanza indipendente, essendo chiusa in se stessa,
dalle altre, e che, parimenti, toglie la possibilit di un mondo, anche
se solo ideale, come nesso fra sostanze, il caso di porre in rilievo
alcuni limiti che fondano la possibilit di ogni mondo e che
consistono, considerati in modo essenziale, in relazioni che non
diventano inclusioni e in inclusioni che fanno posto alle relazioni,
come se queste fossero state progettate col piano divino e fossero
propri di un mondo e non, poniamo, degli altri mondi ideati.
Quest'ultimo limite mette insieme due aspetti che, anche da quanto
gi notato, sembrano, a una prima considerazione, non poter
coesistere, cio, da un lato, la teoria dell'inerenza dei predicati al
soggetto che non lascia spazio alle relazioni. dall'altro, la presenza
di relazioni che non consentono la teoria dell'inerenza.

30
Cf., ad esempio, quanto Leibniz sostiene nel carteggio con Arnauld, nella
lettera del giugno 1686: tutti gli avvenimenti umani non potevano fare a meno
di accadere come sono effettivamente accaduti, supposta fatta la scelta di
Adamo; ma non tanto a causa della nozione individuale di Adamo, per quanto
tale nozione li racchiude, bens a causa dei disegni di Dio, che entrano anche in
tale nozione individuale di Adamo, e determinano quella di tutto questo
universo, e conseguentemente tanto quella dl Adamo, quanto quella di tutte le
altre sostanze individuali di questo universo, dato che ogni sostanza individuale
esprime l'universo intero, di cui, fa parte secondo un certo rapporto, per la
connessione che vi fra tutte le cose in virt del legame tra le decisioni o
disegni di Dio . G. W. LEIBNIZ, Scritti Filosofici e lettere, cit., pp.156-157
(GERHARDT Phil. Schr., II, 51).
Metalogicon (2001) XIV, 2
228
Per superare l'opposizione tra la teoria dell'inerenza dei
predicati al soggetto e la concezione che d rilievo alle relazioni che
richiedono sostanze fra loro differenti, ma in connessione, il caso
di porre in evidenza che, da una parte, ogni mondo manifesta una
teoria dell'inerenza, nella misura in cui nessun avvenimento, anche
quello che sembra meno essenziale, mutabile se non modificando
lo stesso mondo, dall'altra, ogni mondo consta di una certa serie di
relazioni, viste da Dio nella sua onnisciente rappresentazione; ci
significa, con termini diversi, che in ogni insieme di cose vale la
teoria dell'inerenza dei predicati ai diversi soggetti che non esclude
per, una serie di relazioni, tutte essenziali, per individuare un
mondo rispetto agli altri.
L'inerenza, da quanto notato, non vale fra le relazioni che
comportano sostanze distinte che non diventano mai le une
predicati delle altre, ma per un soggetto che, non dato dalle diverse
sostanze, individuato dallo stesso mondo che rappresenta ci che
rende intelligibile la predicazione entro la quale tutto inerisce. Tale
prospettiva in grado di far coesistere le relazioni fra le sostanze
con l'inerenza dei predicati ai soggetti, perch le relazioni non sono
ideali, come espressioni soggettive di un soggetto considerante e,
nello stesso tempo, non sono ridotte all'inerenza: l'inerenza, se mai,
non fra le sostanze, ma fra il vero soggetto - il mondo - che tutto
comprende entro di s e che, per la presenza delle relazioni, risulta
articolato al suo interno.
Alle relazioni ideali, come si vede, Leibniz contrappone
relazioni ontologiche che, lungi dall'esprimere un punto di vista
mentale - proprio di chi coglie le sostanze dall'esterno e non riduce
le une alle altre, come predicati propri di un soggetto, tali da
rientrare in esso -, costituiscono la struttura di un mondo - insieme
con le immutabili verit eterne che valgono per tutti i mondi
possibili - che viene, cos, diversificato da tutti gli altri che hanno
relazioni strutturali diverse.
Le relazioni ontologiche rimandano ad un Essere assoluto che
rappresenta e sceglie un mondo rispetto agli altri e che in grado di
andare oltre l'opposizione tra teoria dell'inerenza dei predicati al
soggetto e visione solo mentale e soggettiva delle relazioni che non
Metalogicon (2001) XIV, 2
229
diventano predicati di sostanze. Questa caratteristica, tuttavia,
riguardando tutti i mondi possibili, oltre al mondo reale decretato
dall'Essere supremo, non in condizione di spiegare la dinamicit
del piano, caratteristico del mondo possibile posto in esistenza: la
coesistenza di inerenza dei predicati ai soggetti e pluralit delle
relazioni vale in ogni mondo, posto che il soggetto non dato dalle
diverse sostanze, ma dall'insieme strutturato, individuato da
ciascun mondo, che, come sappiamo, non comunica con gli altri
inondi, tutti egualmente rappresentati, anche se diversamente
complessi, alla luce del criterio del meglio e della scelta divina pi
conveniente.
La dinamicit del piano attuato con il mondo esistente non ,
da questo aspetto, tanto spiegabile con le note consistenti
nell'inerenza di tutti i predicati al soggetto - in questo caso, ogni
mondo un soggetto diverso dagli altri mondi - e nella molteplicit
di relazioni, dove ogni mondo manifesta una certa serie di relazioni
differente dalle altre, proprie degli altri mondi, quanto con
molteplici caratteristiche che, all'interno di una identit di base,
tipica di ogni connessione di cose, sono in grado di diversificare un
mondo dagli altri.
L'inerenza e la pluralit di relazioni, strutture comuni ad ogni
mondo, assumono significati particolari se si pone in rilievo il
numero e la qualit delle relazioni e l'estensione dell'inerenza, che
pu essere pi o meno ampia, a seconda dei diversi mondi, sicch,
se vero che possibile affermare di ogni mondo le note strutturali
dell'inerenza e della pluralit di relazioni, anche vero che
linerenza di un mondo, concepita come insieme di predicati che
sono impliciti in un soggetto - il mondo -, altra dall'inerenza di un
altro mondo che palesa un altro insieme di predicati, proprio di
quel mondo.
Allo stesso modo, la pluralit di relazioni ontologiche che
riguarda ogni mondo, va individuata prendendo in considerazione i
differenti insiemi che richiedono serie di relazioni non comuni in
tutti i mondi, ma solo in ciascun mondo. La maggiore o minore
estensione di relazioni ontologiche, a sua volta, fa assumere un
valore diverso all'inerenza, che pu essere pi o meno complessa in
Metalogicon (2001) XIV, 2
230
rapporto ai mondi in cui appare: ai mondi semplici, dotati di un
numero limitato di relazioni, si contrappongono i mondi complessi
individuati da molteplici relazioni.
La semplicit o complessit dei mondi legata, ad ogni
modo, concludendo in modo seppur parziale, alla semplicit o
complessit dei piani divini che vi stanno a fondamento e che
comportano, dopo ci che abbiamo notato, una originaria capacit
combinatrice dell'Essere supremo che, decretando di porre in essere
il piano pi perfetto, che dotato di una maggiore articolazione
rispetto agli altri piani che sono a fondamento dei diversi mondi -
dove per articolazione si intende sia complessit di relazioni, sia
corrispondente maggiore estensione dell'inerenza di un mondo
rispetto agli altri - finisce sempre pi col manifestare la sua
continua attivit che opera tanto nel possibile, quanto nel reale.

You might also like