Arri oii Coxvicxo Fiiiaia :; xaizo :oo, Diiizioxi Ricioxaii iii i Bixi Cuiruiaii i Paisaccisrici oiiiExiiia-Roxacxa Mixisriio iii i Bixi i ii Arrivir\ Cuiruiaii R E S T A U R I
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E M I L I A - R O M A G N A RESTAURI IN EMILIA-ROMAGNA ATTIVIT DEGLI ISTITUTI MiBAC NEL 2008 Arri oii Coxvicxo Fiiiaia :; xaizo :oo, Diiizioxi Ricioxaii iii i Bixi Cuiruiaii i Paisaccisrici oiiiExiiia-Roxacxa Mixisriio iii i Bixi i ii Arrivir\ Cuiruiaii R E S T A U R I
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E M I L I A - R O M A G N A RESTAURI IN EMILIA-ROMAGNA ATTIVIT DEGLI ISTITUTI MiBAC NEL 2008 Atti del Convegno organizzato dalla Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici dellEmilia-Romagna nellambito del XVI Salone del Restauro e della Conservazione dei Beni Culturali e Ambientali (Ferrara, 25-28 marzo 2009) a cura di Paola Monari e Andrea Sardo Presentazione di Carla Di Francesco ATTI DEL CONVEGNO FERRARA 27 MARZO 2009 Diiizioxi Ricioxaii iii i Bixi Cuiruiaii i Paisaccisrici oiiiExiiia-Roxacxa Mixisriio iii i Bixi i ii Arrivir\ Cuiruiaii RESTAURI IN EMILIA-ROMAGNA ATTIVIT DEGLI ISTITUTI MiBAC NEL 2008 a cura di Paola Monari e Andrea Sardo Direttore editoriale: Roberto Mugavero Graca e impaginazione di Paolo Tassoni 2009 Minerva Soluzioni Editoriali srl, Bologna Propriet artistica e letteraria riservata per tutti i Paesi. Ogni riproduzione, anche parziale, vietata. ISBN: 978-88-7381-285-2 Mixiiva Eoizioxi Via Due Ponti, 2 - 40050 Argelato (BO) Tel. 051.6630557 - Fax 051.897420 http://www.minervaedizioni.com e-mail: info@minervaedizioni.com Diiizioxi Ricioxaii iii i Bixi Cuiruiaii i Paisaccisrici oiiiExiiia-Roxacxa I NDI C E CARLA DI FRANCESCO Presentazione 5 FRANCESCA BORIS, MANUELA MATTIOLI Il globo terrestre di Vincenzo Coronelli dellArchivio di Stato di Bologna 9 ANTONIETTA FOLCHI Un esempio di restauro: larchivio notarile antico di Ferrara 2 3 GIANLUCA BRASCHI Il restauro del Cabreo AB 265 Terreni appartenti ai Pavolotti di Rimini 3 7 ANDREA DE PASQUALE Le carte nautiche della Biblioteca Palatina di Parma 4 5 SILVANA GORRERI Le carte nautiche della Biblioteca Palatina di Parma: un piano strategico di restauro 5 3 CORRADO AZZOLLINI, LUCIANO SERCHIA Inediti dal restauro: paesaggi dipinti nel Palazzo del Giardino di Parma 5 7 GRAZIELLA POLIDORI Il duomo di Modena capolavoro del genio creatore umano. Il restauro del paramento lapideo 6 9 ANTONELLA RANALDI Restauri della chiesa del SS. Salvatore a Bologna 8 3 ANDREA CAPELLI Il palazzo ex Enpas a Bologna. Restauro delle superci esterne 9 9 GIANFRANCA RAINONE Gli altari delle chiese di S. Giuliano a Bologna e di S. Domenico a Budrio 1 1 1 ANTONELLA RANALDI I chiostri di S. Pietro a Reggio Emilia. Note sui restauri 1 2 3 ELENA DE CECCO, VALTER PIAZZA, CETTY MUSCOLINO La chiesa dellabbazia di S. Leonardo a Monteti, Sogliano al Rubicone 1 4 1 MANUELA CATARSI, CRISTINA ANGHINETTI, PATRIZIA RAGGIO, GIOVANNI SIGNANI, BARBARA ZILOCCHI Il recupero strutturale delloratorio di S. Enrico di Calcaiola di Valmozzola 1 5 5 MARIA GRAZIA MAIOLI, MAURO RICCI, MONICA ZANARDI, CETTY MUSCOLINO, CLAUDIA TEDESCHI Il complesso archeologico in piazza Ferrari a Rimini. Situazione attuale e ipotesi di restauro 1 6 5 ANTONELLA POMICETTI La Stele delle Spade: aspetti conservativi 1 7 5 SCHEDE TECNICHE 1 8 3 L a pubblicazione degli Atti del convegno Restau- ri in Emilia-Romagna: attivit degli Istituti Mi- BAC nel 2008, svoltosi a Ferrara in occasione del Salone del Restauro 2009, presenta ad un pubblico di esperti, studiosi e conoscitori una selezione di interventi tra i numerosi svolti allinterno delle attivit istituzionali di Soprintendenze, Archivi di Stato, Biblioteche e Direzione regionale dellEmilia-Romagna nel corso del 2008. Si tratta di lavori di restauro e conserva- zione che hanno interessato manufatti (chiese, conventi, complessi archeologici, documenti, libri, ecc.) e materiali (dalla carta al lapideo, dallintonaco al legno, dagli areschi al mosaico) tra loro eterogenei e diversi e che, proprio per questo, costituiscono una signicativa esemplicazione di quel lavoro ordinario che la ragione stessa dellesistenza degli uci di tutela ed il fondamento della loro attivit. Ciascuno per la propria competenza - archeologi, archi- tetti, archivisti, bibliotecari, restauratori, storici dellarte - ha spiegato, semplicemente, un caso di studio scelto tra quelli dei quali si occupato durante lanno. Progetto e realizzazione hanno seguito un percorso metodologico or- mai codicato dalla moderna riessione sulla teoria e sulla prassi del restauro: una metodologia che parte dall indi- viduazione dei valori storico culturali, dalla lettura e dallo studio del manufatto, nalizzati ad acquisire le conoscenze necessarie sia alla valutazione storico-critica che alle scelte per lintervento pi appropriato e, passando per le inda- gini di laboratorio sui materiali e lo studio delle tecniche esecutive, arriva allindividuazione delle tipologie e delle cause del degrado che rendono necessario lintervento. Un percorso normalmente seguito, come si comprende leggen- do i singoli contributi, sia quando si tratti di specici e puntuali problemi di conservazione di materiali cartacei o lapidei, come nei casi pi complessi di restauro e migliora- mento strutturale di un grande complesso architettonico, o di approccio alla manutenzione di pavimenti mosaicati in ambito archeologico. Una unit di metodo che , davvero, P R E S E NTA Z I ONE il linguaggio comune per la conservazione delle diverse for- me in cui si presenta il patrimonio storico e artistico. Restauro e conservazione sono mezzo fondamentale per il raggiungimento della nalit pi alta della tutela, la tra- smissione alle future generazioni del bene culturale. In un momento storico in cui il dibattito sulle funzioni e sul fu- turo del Ministero sembra ripiegarsi su se stesso, tra con- tinue e contraddittorie riforme organizzative, la Direzio- ne regionale dellEmilia-Romagna ha sentito il bisogno di riunire gli Istituti territoriali del Ministero nella giornata ferrarese per tornare a riettere insieme su questo concetto primario: infatti la tutela oggi pressoch assente dalle pre- occupazioni generali, si d per scontata, quasi non avesse bisogno per essere attuata con eettivi risultati di perso- nale tecnico-scientico adeguatamente preparato e moti- vato e di sucienti risorse economiche, che invece ne sono lindispensabile nutrimento. Nel recente dibattito sui beni culturali, tutto sbilanciato verso la valorizzazione, questa complessa attivit denita dal D.Lgs. 42/2004 sembra es- sere interpretata dai pi soprattutto come mostre spettaco- lari, grandi eventi, numero di visitatori eccezionale, ribalta dei media, anzich come atto conclusivo del processo che inizia con il riconoscimento di valore del bene e si adopera per la sua conservazione. Proprio in questo dicile momento gli Istituti del Ministe- ro in Emilia-Romagna hanno risposto alla proposta di con- vegno della Direzione regionale con grande partecipazione, mostrando tra laltro, anche attraverso lattento ascolto dei temi proposti, il bisogno di uno scambio di esperienze e di pi approfondita conoscenza delle tematiche conserva- tive arontate dai colleghi di altra professionalit: non c dubbio infatti che una delle conseguenze positive della ri- forma organizzativa del MiBAC introdotta con il D.P.R. 233/2007 deve essere riconosciuta nel ricongiungimento di tutti gli Istituti presenti sul territorio allinterno della Direzione regionale, e quindi nella rinnovata possibilit di conoscenza tra il settore arti e quello archivi e biblio- Caiia Di Fiaxcisco 7 teche, nella certezza che la discussione nella pluralit dei temi tecnico-scientici costituisce un arricchimento reci- proco. Il convegno, intenso e serrato nei tempi e nei contenuti, stato un modo semplice per riaermare la vitalit mai persa dei compiti di tutela adati agli Istituti del territorio, pro- prio, e soprattutto, nel 2009, anno in cui si celebra il primo centenario della legge 364/1909, varata dallancor giova- ne Stato italiano dopo anni di dibattito a salvaguardia del suo immenso patrimonio storico e artistico, un caposaldo i cui principi si sono riversati senza modica nei successivi provvedimenti di legge, dalla 1089/1939 al decreto legi- slativo 42/2004, oggi in vigore. Dalle relazioni annuali di Raaele Faccioli, primo direttore dellUcio regionale per la conservazione dei monumenti dellEmilia, ai contributi raccolti in questo volume sono passati decenni di lavoro, di studio, di risultati, di crescita di qualit tecnico scientica a cui purtroppo non ha fatto seguito altrettanta crescita dellAmministrazione. Per questo, a maggior ragione, va un ringraziamento sin- cero per il loro impegno ai soprintendenti, ai direttori di archivi e biblioteche e a tutto il personale che ha dato il suo apporto alla realizzazione del convegno e del volume che ne raccoglie gli Atti. Carla Di Francesco Piisixrazioxi 8 LE VICENDE CONSERVATIVE S u Vincenzo Coronelli (Venezia 1650- 1718) si accentrano curiosit e interessi ed anche una associazione, la Interna- zionale Coronelli, fondata a Vienna nel 1952, che si occupa della ricerca scientica sulle antiche rappresentazioni terrestri e celesti. Coronelli, geografo, cartografo, editore e inventore, fu inoltre un religioso e superiore dellOrdine francescano dei Frati Minori Con- ventuali, teologo del collegio San Bonaventura di Roma e cosmografo della Repubblica di Venezia. Costru i primi globi che rappresentavano la terra e i corpi celesti per il duca di Parma, Ranuccio II Farnese. In seguito ne costru altri che oggi si tro- vano in varie citt dItalia e dEuropa. I pi famo- si sono forse i grandi globi attualmente conservati alla Bibliothque Nationale de France: Coronelli si rec a Parigi a costruirli per Luigi XIV, dal 1681 al 1683, su commissione del cardinale DEstres, ambasciatore francese a Roma. Le due sfere de- dicate al re Sole erano coperte in tela, rappresen- tavano uno la terra allora conosciuta e laltro il cielo al momento della nascita di Luigi, con le costellazioni dipinte e miniate da Jean-Baptiste Corneille; misuravano 3 metri e 80 di diametro e pesavano circa 2 tonnellate ciascuna. Erano cave allinterno e, si dice, capaci di sostenere il peso di 30 uomini 1 . La loro prima sede fu il castello di Marly, e poi il Louvre, Versailles, la Villette; ora sono esposti, sospesi, allingresso Ovest della sede Franois Mitterrand della Bibliothque Nationa- le, a Tolbiac. Fu forse la loro bellezza a diondere per tutta Europa la fama di Vincenzo Coronelli, che scrisse varie opere. Pubblic, tra laltro, un Atlante Veneto, di cui faceva parte un Libro dei globi, e una Epitome Cosmograca dove pure de- scrive in maniera dettagliata le tecniche di realiz- zazione dei globi e i materiali da utilizzare 2 . In Italia i globi Coronelli si trovano in biblioteche e musei di tutta la penisola. A Venezia, dal settem- bre 2007 al febbraio 2008, si svolta al Museo Correr la prima interessante mostra sullargomen- to 3 , che ha illustrato la nascita dellet doro dei globi terrestri avviata dalle scoperte scientiche del secolo XVI e proseguita nel XVII con i graci ed editori olandesi. A Bologna i globi Coronel- li erano, a met dellOttocento, almeno sette; e varrebbe forse la pena di riallacciare le la di un racconto lacunoso, ricostruendo lattuale situa- zione delle opere coronelliane bolognesi. Si po- trebbe partire dalla descrizione delle sfere italiane tracciata da un professore universitario, Matteo Fiorini. Nella sua opera Sfere terrestri e celesti di autore italiano oppure fatte e conservate in Italia, edita dalla Societ Geograca Italiana nel 1899, si parla di due globi alla Biblioteca Comunale, due allArchivio di Stato, due al Convento dellOsser- vanza e uno solo, terrestre, in una libreria privata, la libreria Liuzzi 4 . I due dellArchivio di Stato, ter- restre e celeste, vengono descritti da Fiorini come gi danneggiati dai traslochi subiti 5 , mentre anche quelli dellOsservanza sono, dice lautore, in uno stato miserando. A tuttoggi, i globi dellOsser- vanza e quelli dellArchiginnasio risultano man- IL GLOBO TERRESTRE DI VINCENZO CORONELLI DELL ARCHIVIO DI STATO DI BOLOGNA 01. Il globo prima del restauro * La prima parte del saggio, sulle vicende conservative del globo, di Francesca Boris, la seconda, sul restauro, di Manuela Mattioli. 10 10 Ii ciono riiiisrii oi Vixcixzo Coioxiiii oiii Aicuivio oi Sraro oi Boiocxa canti, forse distrutti da bombardamenti, mentre non si hanno notizie del globo Liuzzi. Trasferimenti rischiosi, intrighi politici, bombar- damenti, vicende conservative al limite del perico- lo si intrecciano anche nellavventura secolare dei globi di propriet dellArchivio di Stato. Il globo celeste che aancava il terrestre in seguito fu se- parato dal nostro e viene considerato perduto. I due globi, dal diametro di poco superiore al metro, apparivano intatti, ma come due mappa- mondi in cattivo stato 6 , nel 1877, fra le suppel- lettili conservate nellArchivio Demaniale, presso lantico convento dei Celestini, che raccoglieva gli archivi delle Corporazioni religiose soppresse nel periodo napoleonico e oltre. Erano quindi un retaggio proveniente dal mondo dei conventi e 02. Ege del Coronelli 11 11 Fiaxcisca Boiis, Maxuiia Marrioii delle chiese bolognesi. Da unopera recente 7 sta- to supposto, ma senza citare prove documentarie, che il Senato di Bologna avesse ricevuto lomag- gio dei due globi Coronelli dal Senato venezia- no, intorno alla ne del Seicento o allinizio del Settecento, e li avesse poi esposti in una chiesa, Santa Maria dei Servi. In ogni caso, come si visto, nella seconda met dellOttocento i globi, gi malconci, si trovavano allArchivio Demania- le, nellex convento dei Celestini; quindi molto probabile che provenissero da una chiesa. E con tutto il materiale archivistico delle Corporazioni religiose conuirono nellappena costituito Ar- chivio di Stato, nella sua prima sede di palazzo Galvani, di anco allArchiginnasio. Qui vengo- no appunto segnalati nel 1899 da Matteo Fiorini, 03. Particolare di un cartiglio 12 12 che nota come soprattutto uno di loro sia stato ulteriormente danneggiato dal trasporto. Tali condizioni conservative precarie indussero pro- babilmente la Direzione dellArchivio a ordinare un intervento di restauro nei primi decenni del Novecento, come risultato dalla analisi del glo- bo terrestre nel corso delle indagini attuali: ma anche di questa operazione non rimasta traccia documentaria. Dalla successiva sede dellArchivio di Stato, di nuovo il convento dei Celestini, i globi dovevano ripartire dopo pi di sessantanni, nel novembre 1941, per unaltra complessa spedizione, che sa- rebbe stata fatale per il globo celeste. Il ministe- ro dellInterno li reclamava a Roma, per un ina- spettato quanto necessario restauro: si ricordi che lIstituto di Patologia del Libro era stato fondato da pochi anni, per espressa volont del regime 8 . La comunicazione era secca: Essendo intenzione di questo Ministero di provvedere al restauro dei due mappamondi esistenti in codesto Archivio, si dispone che i mappamondi stessi siano trasmes- si allArchivio di Stato di Roma 9 . I globi furono ingabbiati per il trasporto e spediti separatamen- te ai loro sostegni, che li raggiunsero nellaprile del 1942. Nel fascicolo di aprile-giugno 1942 del Bollettino del R. Istituto di Patologia del Libro (Anno 4, n.2) il restauro viene gi dato per termi- nato. Nella relazione di quellanno del Direttore dellIstituto, il professor Alfonso Gallo, si preci- sa che il lavoro stato eseguito dal cav. Man- cia dellAmministrazione degli Archivi 10 . Nel cavalier Mancia forse da riconoscere Renato Mancia, che fu dirigente dei Laboratori di ricer- che scientiche dellAccademia Nazionale del Re- stauro, ed autore di diverse pubblicazioni sullarte del restauro 11 . Non si parlava per di un ritorno a Bologna dei due oggetti restaurati. Gli intenti dovevano essere altri per i globi, i quali (come aermano fonti orali) si vociferava fossero destinati ad avere sede, una volta pronti, a Palazzo Venezia. Si occup della loro sorte in particolare 04. Interno del globo 05. Immagine del degrado Ii ciono riiiisrii oi Vixcixzo Coioxiiii oiii Aicuivio oi Sraro oi Boiocxa 13 13 lallora sottosegretario agli Interni Guido Buarini Guidi, personaggio di spicco della cerchia di Mus- solini e membro del Gran Consiglio del Fascismo, che arriv a separare i due globi portando a Pisa, dove risiedeva la sua famiglia, il forse pi aasci- nante globo celeste. Questo si deduce da una lette- ra del Ministero allArchivio del 1950, dove si parla della distruzione del globo celeste sotto i bombar- damenti: Venne a suo tempo sequestrato presso il magazzino della ditta Marcacci, di Pisa, ove lave- vano depositato i familiari dellex sottosegretario di Stato Buarini, ma and poi disgraziatamente distrutto in Pisa stessa in seguito allincursione aerea del 31 agosto 1943 12 . Non pare siano state svolte ulteriori inchieste sulla scomparsa di questo bellissimo manufatto, forse appartenente alledi- zione del globo celeste dedicata da Coronelli nel 1692-93 al cardinale Pietro Ottoboni, nipote di papa Alessandro VIII e illustre mecenate; denita come edizione convessa, cio in cui le costellazioni sono rappresentate come osservate dallesterno, e la posizione delle stelle quella dellanno 1700 13 . La stessa lettera del Ministero dellInterno che comunica la perdita del globo celeste indica la so- pravvivenza di quello terrestre, che risultava nel 1950 conservato allArchivio di Stato di Roma, e di cui si stava completando il restauro. Ma dovevano passare ancora diciassette anni, e le proteste di mol- ti studiosi, perch lArchivio di Bologna riuscisse a ottenere la restituzione del globo superstite 14 , da allora collocato nel corridoio della Direzione, e in seguito allinterno del locale stesso della Direzione. Le condizioni del globo, nonostante o forse pro- prio a causa di operazioni di restauro interrotte e riprese pi volte attraverso il tempo, rimanevano precarie, e non sono migliorate nei successivi qua- rantanni. Sul nire del 2007 la necessit urgente di un restauro conservativo moderno e di una nuova collocazione pi adeguata dal punto di vista della conservazione hanno indotto la Direzione dellAr- chivio di Stato di concerto con la Soprintendenza per i Beni storici, artistici ed etnoantropologici di Bologna ad adare il restauro del globo terrestre a un laboratorio bolognese di provata esperienza, e a richiedere la sua successiva esposizione presso il Museo di Palazzo Poggi, dove gi si trova un glo- bo Coronelli di provenienza privata, e dove potr essere meglio ammirato dalla citt a cui fu donato alcuni secoli fa. LUniversit si dimostrata lieta di accogliere la proposta. E ora il globo collocato in una delle sale pi suggestive del Museo, la sala IV, antica sede della biblioteca dellIstituto delle Scien- ze, fra arredi settecenteschi e preziosi volumi che ne costituiscono uno sfondo adeguato, in un gioco di rimandi allusivi allambiente illuminista che accol- se la visione del mondo illustrata dalla sfera. Una teca di plexiglass lo racchiude in un microclima controllato che consentir di prolungare i beneci del recente restauro e di assicurare le modalit di una conservazione preventiva. Il restauro ha consentito di apprezzare in pieno gli splendidi cartigli, con tracce di colore fra cui un rosso pastoso, e lespressivo ritratto dellau- tore. Il globo terrestre di Vincenzo Coronelli, restituito alla sua primitiva bellezza dal restauro eseguito con perizia da Manuela Mattioli, con la sua supercie dorata gremita di cartigli e ra- gurazioni fantasiose di popoli e paesi, insieme uno sguardo sulla cultura eclettica del Seicen- to e il ritorno alla luce di unopera importante del patrimonio artistico e scientico bolognese, di cui si erano in parte perse le tracce, e che ha percorso una lunga storia avventurosa prima di tornare fra noi. Fiaxcisca Boiis, Maxuiia Marrioii 14 14 IL RESTAURO Coronelli deniva se stesso cosmografo, lo pren- diamo ora in esame come ingegnoso costrutto- re di globi. La datazione del globo si pu de- durre dal grande cartiglio posto sotto la Nuova Hollanda, dove abbiamo la dedica che celebra il Doge Morosini e ai piedi del putto, la cita- zione dellAtlante Veneto, che il nostro pubblica nel 1690. Le lastre per realizzare i fusi dei globi della dimensione di tre piedi e mezzo, venne- ro utilizzate solo no alla morte dellautore, ma le stampe dellultima edizione vennero montate anche successivamente. I globi del Coronelli eb- bero molta fortuna e vennero anche copiati. Se ne conoscono riproduzioni settecentesche ma- noscritte. 06. Fase di pulitura Ii ciono riiiisrii oi Vixcixzo Coioxiiii oiii Aicuivio oi Sraro oi Boiocxa 15 15 I globi sono aascinanti oggetti polimaterici. Pro- blematici in ambito conservativo e con la doppia valenza di essere stati usati come strumenti di stu- dio e oggetti di grande prestigio. Nel suo tempo Coronelli sfrutt completamente questa opportu- nit anche dal punto di vista commerciale. Ci che dierenzia un globo da una carta geograca o da un documento la complessit e la peculiarit dellesecuzione e del montaggio che assembla ma- teriali diversi e richiede diverse competenze. Lattuale restauro ha mostrato chiaramente tutto questo. Inoltre ha dato la possibilit di entrare anche materialmente dentro alloggetto, di arric- chire la nostra conoscenza sul modo di operare dellautore. stata indagata la supercie del glo- bo con uorescenza ultravioletta e riettograa infrarossa per acquisire informazioni preliminari. Successivamente utilizzando il frammento rinve- nuto allinterno, privo di sostanze sovrammesse nei precedenti restauri, stato possibile eseguire la spettroscopia infrarossa FTIR-ATR e la mi- crospettroscopia Raman, in laboratorio 15 . Con la spettroscopia si evidenziata la presenza di ossa- lato di calcio. una sostanza inorganica, prodotta dalla mineralizzazione di sostanze organiche (par- ticellato atmosferico, patine etc.) esposte allaria. Con la seconda indagine, si denitivamente accertata la presenza di gommalacca fortemente ossidata, riconosciuta come la vernice originale. NOTE COSTRUTTIVE Quasi mai coerente e lineare nellesecuzione, Co- ronelli realizza la struttura interna di questo glo- bo in legno, secondo lo schema da lui descritto e maggiormente usato. Di fattura un po grossolana, questa struttura stata rivestita di cartapesta. Man- ca qui la tela sotto la cartapesta, come descritta ed stata ritrovata in altri suoi globi. Internamente notiamo che in pi ci sono delle stecche poste dia- gonalmente, da riferire a interventi di restauro. La struttura lignea serviva per creare il guscio, sostene- re lasse centrale ed irrobustire tutto linsieme. Al contempo era abbastanza leggera per essere traspor- tata facilmente. Abbiamo numerato i fusi partendo dal primo, il meridiano di Greenwich e una iscri- zione di Coronelli lo rammenta. Alcuni studiosi iniziano la numerazione dal cartiglio dedicatorio al Cardinale DEstres ma purtroppo questo cartiglio a noi manca, assieme a tutto il rispettivo fuso nell emisfero Sud. Il fuso n12, emisfero Nord, risulta sezionato e montato in due porzioni. Vediamo sbordature della colla usata per incolla- re i fusi e tracce degli inconvenienti di montaggio. Anche se le carte venivano bagnate si formavano spesso pieghe lungo il margine. Durante il restau- ro queste irregolarit vanno rispettate. Sotto ai fusi abbiamo uno strato a modo di fodera, costituito da fogli stampati, meno spessi, forse unopera del Coronelli stesso. In altre occasioni ha ripetuto que- sta procedura e ha anche usato pagine di un suo diario 16 . Le carte poggiano su di un sottile ed irre- golare strato di gesso, che serviva per regolarizzare la supercie della sfera. Coronelli descrisse detta- gliatamente le colle, i colori e le vernici da usare per i suoi lavori, anche se poi si adattava ai materiali che trovava in loco e alle possibilit economiche del committente La collatura era data sulla carta stampata prima di acquerellarla, per evitare che il colore trapassasse le carte. Qui abbiamo poche tracce delle acquerel- lature originali e notiamo che la vernice originale, gommalacca, si meglio ancorata dove c il colo- re. I pigmenti usati sono i consueti: rosso, bruno, ocra, giallo, verde. Fiaxcisca Boiis, Maxuiia Marrioii 16 16 07. La sfera a restauro concluso Ii ciono riiiisrii oi Vixcixzo Coioxiiii oiii Aicuivio oi Sraro oi Boiocxa 17 17 Un oggetto curioso, trovato allinterno, potrebbe riferirsi alle fasi costruttive. Si tratta di un dischet- to di pergamena manoscritta (molto pi antica dellepoca di Coronelli) tenuto da un laccetto in pelle annodato. Potrebbe trattarsi di una sorta di tirante usato per facilitare alcune operazioni di ssaggio. Altrove abbiamo legacci in corda per s- sare le calotte al resto. Originale il contrappeso, un mattone scavato ai lati per essere legato ad uno dei traversi della struttura; restano corde e lo di ferro appesi in un punto appena sotto allequatore. Non tutti i globi di Coronelli erano forniti di contrappeso. Dopo lattuale restauro, montato nel basamento, ri- mosso il contrappeso, orientabile a piacere. stato fermato quindi nella posizione prescelta. Il globo ha un meridiano di legno e carta manoscritta recante i gradi, dove si innestano in apposite sedi di ottone i perni metallici inseriti nellasse centrale della struttu- ra. Molto belle le carte poste sul circolo dellorizzon- te che evidenziano i segni zodiacali e i mesi. STATO DI CONSERVAZIONE Si riscontrano strati di sporcizia, particellato atmo- sferico su tutte le superci cartacee con maggiore concentrazione sullemisfero Nord. Abbiamo an- che abrasioni, consunzioni della carta con perdita di leggibilit, causate da manipolazioni, contatto con lanello meridiano e tentativi di pulitura. Strati tenaci e di diverso tipo di colle dei precedenti in- collaggi, soprattutto allequatore ed emisfero Sud; incollaggi eseguiti maldestramente con arricciature e deformazioni della curvatura della calotta, sbra- mento della carta resa fragile dalle colle. Residui discontinui e frammentari della vernice ori- ginale che sulle carte dellorizzonte molto scurita ed alterata. Le stuccature del precedente restauro, eseguite con bre di carta e colla animale forte, sono ricoperte di carta giapponese debordante. Ci sono un paio di fenditure dovute a strappo dal materiale originale, con conseguente rottura della calotta. I fusi sono in molti punti staccati dal supporto, poich lo strato di gesso sottostante, molto sot- tile, si sbriciolato a seguito di traumi e ha per- so elasticit. Distacchi notevoli anche sulle carte dellorizzonte. PRECEDENTI INTERVENTI DI RESTAURO Restauri individuati e/o documentabili: -Primo quarto del XX secolo in ambito bolognese. -Anni quaranta e sessanta del XX secolo presso lIstituto di patologia del libro di Roma. Sembra ci siano state riparazioni di fratture e scollature della carta eseguite precedentemente rispetto allintervento dellIstituto di patologia del libro. Nelle zone periferiche delle lacune e degli incollaggi si notano tracce di colla forte tenacissima e molto scura, diversa da quella uti- lizzata per impastare lo stucco di bre e collare la carta a ne lavoro. C un vecchio innesto car- taceo manoscritto conservato anche nellultimo restauro romano. Risalenti a un primo restau- ro sono parte degli interventi, dicilmente da quanticare, allinterno del globo. Testimoniati dai frammenti cartacei tardo-ottocenteschi re- periti. Questi sono manoscritti, probabilmente degli elenchi, riciclati in ambito archivistico per le riparazioni da eseguire allinterno. Infatti al- cuni sono sagomati come le parti della struttura interna e sarebbero la prova che alcuni pezzi di legno sono stati rifatti o aggiunti. La cosa pi in- teressante ci che leggiamo su queste carte: ap- pare il cognome Ranuzzi, di ambito bolognese. Il mattone venne ancorato meglio alla sua sede. Fiaxcisca Boiis, Maxuiia Marrioii 18 18 Questo primo importante restauro venne eet- tuato dopo che il Fiorini descrisse questi globi gi in pessime condizioni, e forse molti anni pri- ma della sfortunata partenza per Roma durante la guerra, nel 1941. Lautore di questo restauro avrebbe potuto documentarsi visionando la rara copia del Libro dei Globi di Coronelli gi presen- te allArchiginnasio dal 1907. certo che anche durante il restauro romano sia- no entrati allinterno del globo. Vediamo una ri- parazione fatta in un legno tipo compensato. Al- cuni dei vecchi incollaggi sono stati ripresi poich sotto alle carte riposizionate abbiamo trovato lo stesso stucco a base di bre di cellulosa impiegato nelle grandi lacune. Stesse modalit di restauro le troviamo sulle carte dellorizzonte. MATERIALI E METODI Il restauro ha dovuto arontare ed in parte accetta- re, i danni irreversibili causati non solo dal tempo, ma dalluso e da gravi traumi subiti durante i vari spostamenti. Scriteriati e ormai obsoleti interventi di riparazione hanno favorito il degrado. Il criterio scelto stato prettamente conservativo. Si deciso di rispettare alcuni dei precedenti interventi poi- ch la rimozione avrebbe causato ulteriori traumi alla struttura e soprattutto alla carta, in molte parti abrasa e deteriorata da procedure e colle inadatte. stato necessario entrare allinterno per rimuovere linedito contrappeso, un mattone, che staccatosi, stava causando danni alla struttura. La pulitura di tutte le superci cartacee da sporco, vecchie colle e maldestre integrazioni, ha permes- so di recuperare la leggibilit del globo e delloriz- zonte. I residui della vernice originale del globo sono stati conservati, rimossi invece sulle carte dellorizzonte dove erano fortemente alterati ed anneriti. Sono stati fatti saggi di pulitura prelimi- nari per individuare le sostanze sovrammesse e le migliori metodologie da usare. Ai gel acquosi pre- scelti sono state addizionate piccole percentuali di sostanze basiche. Migliorano leetto detergente e hanno azione deacidicante. Per alleggerire e rimuovere la vernice alterata sulle carte delloriz- zonte, sono stati necessari impacchi con gel al- colico 17 . In molte parti gli stessi eteri di cellulosa in acqua o alcol sono serviti come consolidante e protettivo per la supercie cartacea. Ulteriori residui di cera e di sporco sono stati alleggeriti a secco, cautamente, con lausilio di un bisturi. A seconda delle zone sono stati variati i prodotti e i materiali per ottenere un migliore risultato. I residui di colle, per lo pi nellemisfero Sud, sono stati parzialmente rimossi con acqua calda. Il mi- stero di una persistente patina grigiastra stato poi risolto dalle indagini diagnostiche, che ci han- no anche confortato nella decisione di conservare quasi interamente i residui di vernice originale. Alcuni dei precedenti incollaggi sono stati revi- sionati, per ripristinare una migliore curvatura della supercie, consolidarla e appianare le carte dei fusi. Gli adesivi oggi a disposizione, a dieren- za da quelli usati nel passato, sono perfettamente compatibili con carta e cartapesta e pi facilmen- te reversibili nel tempo. Sono state fatte prove di incollaggio per trovare un adesivo compatibile con i vari materiali, che con- solidasse lo strato di gesso e cartapesta e al tempo stesso in grado di penetrare bene e di essere iniet- tabile, oltre ad essere tenace, poco igroscopico e reversibile nel tempo. La scelta caduta su una miscela variabile di beva e di klucel G. 18 Questa formula in dispersione acquosa, a dierenza di al- tre resine acriliche o viniliche garantita reversibi- oiii Aicuivio oi Sraro oi Boiocxa 19 19 le nel tempo in solventi polari 19 . Lintervento si concluso con unintonazione neutra ad acquerello delle vaste lacune, opportunamente ripristinate. Durante questo restauro sono state fatte delle scelte operative, motivate dalle condizioni critiche delloggetto. Abbiamo usato il criterio rigoroso di non asportare o modicare nulla di quanto fatto e da Coronelli costruito, fatta eccezione per il con- trappeso, per le motivazioni gi illustrate 20 . Tutti i distacchi di porzioni di carta sono stati eettuati dove gi erano stati rimossi nei precedenti restau- ri e solo dove possibile senza ulteriori rischi, per migliorare ladesione o la planarit delle superci. Nessuna nuova vernice stata applicata poich la teca svolger una buona protezione. stata valutata questa opera di Coronelli nella sua peculiarit di essere una creazione cos etero- genea e in un certo modo unica per la sua storia conservativa. Molti materiali e vicende si interse- cano, sarebbe un errore pensare di circoscriverne latto del restauro nell esclusivo ambito dei ma- teriali cartacei. 8. Particolare dellorizzonte Fiaxcisca Boiis, Maxuiia Marrioii 20 20 Ii ciono riiiisrii oi Vixcixzo Coioxiiii oiii Aicuivio oi Sraro oi Boiocxa 21 21 10 ICPAL, Archivio dellIstituto di Patologia del Libro, Re- lazione del Direttore, 1942. Per le informazioni e la ri- cerca ringrazio Cinzia Pacilli dellIstituto centrale per il restauro e la conservazione del patrimonio archivistico e librario. 11 R. Mancia, Lesame scientico delle opere darte e il loro restauro, Milano 1944. 12 ASBo, Archivio della Direzione, 1950. 13 Sul restauro di un globo celeste concavo di Coronelli, N. Scianna, Restaurare il cielo. Il restauro del globo celeste faentino di Vincenzo Coronelli, Bologna 2007. 14 dell8 aprile 1967 la lettera del Ministero dellInterno con cui si comunica che Questo Ministeroha disposto che il mappamondo del Coronelli, inviato a Roma circa 30 anni or sono per lesecuzione di alcuni restauri, sia resti- tuito a codesto Archivio di Stato, al quale originariamente apparteneva (ASBo, Archivio della Direzione, 1967). 15 Si ringraziano la Dott.ssa Rosa Brancaccio del Dipar- timento di Fisica dellUniversit di Bologna e il Dott. Diego Cauzzi della Pinacoteca di Bologna. 16 Comunicazione verbale del Prof. N. Scianna, che si rin- grazia. 17 Klucel G.(idrossipropilcellulosa) in acqua distillata, am- moniaca, alcol. 18 BEVA etilvinilacetato, idrossipropilcellulosa, acqua di- stillata. 19 Es. in alcol e acqua. 20 depositato assieme agli altri reperti rinvenuti allinter- no, presso lArchivio di Stato. 1 F. Bonoli, Coronelli astronomo ed i globi celesti, in Vin- cenzo Coronelli astronomo e intellettuale, a cura di M. G. Tavoni, Pieve di Cento 1998, pp. 2-12. 2 F. Bonoli, Vincenzo Coronelli e il globo terrestre Giovanni Enriques, Bologna 1991; L. Franco, Vincenzo Coronelli: vita e opere. Aggiornamenti, in Nuncius 1994, pp. 517- 541; F. Bonasera, Per una classicazione dei globi celesti di Vincenzo Coronelli, in Coelum 1951, pp. 161-164. 3 Sfere del cielo sfere della terra. Globi celesti e terrestri dal XVI al XX secolo Venezia, Museo Correr, 28 settem- bre 2007- 29 febbraio 2008. 4 M. Fiorini, Sfere terrestri e celesti di autore italiano fatto o conservate in Italia, Roma 1899, p. 474. 5 Ibidem, p. 352. 6 ASBo, Archivio della Direzione, Inventario degli ogget- ti mobili che trovansi nellArchivio Demaniale gi esi- stente nellex convento dei Celestini ed ora trasportato nel Palazzo Galvani, dati in consegna, per ordine del Ministero delle Finanze, al Direttore dellArchivio di Stato di Bologna, 1877. 7 F. Nicolini Di Marzio, Vincenzo Coronelli (1650-Vene- zia-1718). Epitome storica veneziana nel culto ambivalente della loro identit. Memorie e risonanze, Napoli 2005. 8 LIstituto nasce a Roma nel 1938 per iniziativa di Alfon- so Gallo, con la nalit di coniugare discipline scienti- che e studio storico dei materiali librari. 9 ASBo, Archivio della Direzione, 1941. Per la ricerca archi- vistica sul fondo della Direzione in Archivio di Stato, de- sidero ringraziare Alessandra Scagliarini e Licia Tonelli. Note 9. Il globo al museo 22 P resso lArchivio di Stato di Ferrara si conserva il fondo degli Atti dei notai di Ferrara, Codigoro e Co- macchio, e frammenti di atti nota- rili di Argenta, il cui archivio and distrutto durante la seconda guerra mondiale. costituito da circa 9.000 pezzi tra buste, mazzi, volumi e registri, per un arco cronologico com- preso tra 1334 e il 1907 (Fig. 1). Allinterno del fondo si conserva la serie dei protocolli in cui i notai scrivevano le minute dei loro atti (dette anche imbreviature), da cui si traeva poi latto denitivo. Il notaio stabilivano gli Statuti 1 - doveva indicarvi la data, il luogo del contratto, i nomi dei testimoni e il contenuto del negozio con tutte le precisazioni formali e sostanziali op- portune. Doveva inoltre il notaio porre al principio del suo protocollo e comporre di sua mano il pro- prio segno di tabellionato e sotto tale segno far seguire la descrizione: questo il libro o il protocollo di me tale, - glio del tale, del tale luogo, pubblico e autentico notaro secondo lautorit apostolica o imperiale o collegiato inscritto nella matricola dei notari della citt di Ferrara, contenente in s tutte e singole imbreviature, dei contratti e degli scio- glimenti di contratti e delle ultime volont, delle quali sar incaricato; scritto e descritto e confe- zionato nel millesimo e sotto la tale indizione e nei mesi e nei giorni infrascritti (Fig. 2). Accanto ai protocolli e da essi distinte, si conser- vano le schede che costituiscono una prima stesu- ra per esteso del contratto o di ciascun istrumen- to. Occorreva infatti, stabilivano gli Statuti, che le imbreviature fossero scritte bene e per esteso, ordinatamente e distintamente, parola per paro- la, con tutte le formalit solenni e le clausole op- portune che siano proprie della natura e sostanza di quel contratto o istrumento. Il notaio teneva perci un libro o quaderno di schede che dove- va provvedere a conservare bene rilegandole ogni millesimo. Anche in questo quaderno il notaio doveva apporre il segno di tabellionato. Si trat- ta, in altre parole, delle scritture notarili servite di base alla redazione dellinstrumentum dotato di publica des (Fig. 3). Nel fondo notarile si con- servano anche gli indici dei nomi delle parti con- traenti (1613-1816), i repertori e le matricole dei UN ESEMPIO DI RESTAURO: L ARCHIVIO NOTARILE ANTICO DI FERRARA Antonietta Folchi 01. Archivio di Stato di Ferrara. Atti di Notai 02. Esempi di signum tabellionis di notai ferraresi 24 24 Ux isixiio oi iisrauio: i aicuivio xoraiiii axrico oi Fiiiaia notai (Fig. 4) nonch le serie delle copie degli atti registrati, sec. XIX, di Codigoro e Comacchio. Per quanto riguarda invece Ferrara, in seguito agli eventi della ne della guerra, sono andate distrut- te nel 1945 le copie degli atti versate allucio estense dei Memoriali (1422-1613) e poi a quello ponticio del Registro (1613-1796), nonch le copie di atti di epoca napoleonica. Lesercizio del notariato a Ferrara, che com noto, risale allordinamento comunale, poi signorile, fu disciplinato negli statuti di Obizzo II, 1287 (li- bro II) che furono successivamente adeguati alle mutate condizioni politiche attraverso le parziali riforme del 1320 e 1456 (Borso) e le successive revisioni no al 1534, sotto Ercole II, e al 1567, sotto Alfonso II dEste (Fig. 5). I punti di riferi- mento della regolamentazione a Ferrara della pro- fessione notarile, in epoca medioevale e moderna, sono gli statuti del 1287 e quelli del 1534. Non intervennero infatti sostanziali modiche nel suc- cessivo periodo della Legazione ponticia no alla Rivoluzione francese. 03. Schede del notaio Girolamo Bonsignori, 1571 25 25 Axroxiirra Foicui 04. La matricola dei notai di Ferrara, 1458-1514 26 26 Il regolamento napoleonico del 17 giugno 1806 disciplin organicamente la materia del notariato e degli archivi notarili nellallora Regno dItalia, fra cui rientrava Ferrara. Furono aboliti i collegi e i consigli notarili (poi ricostituiti con la prima legge unitaria sul notariato del 1875); fu istituito a Ferrara, capoluogo del dipartimento, un archi- vio generale notarile e furono creati archivi no- tarili sussidiari a Codigoro e Comacchio, con il compito di concentrare tutte le scritture dei notai cessati dallesercizio. Per la ricchezza del materiale custodito e le vastis- sime possibilit di utilizzazione delle scritture in ogni settore degli studi storici, in campo politico o economico, per la storia del diritto o per quella dellarte, gli archivi notarili costituiscono, com noto, fonti insostituibili su tutto il territorio na- zionale. Il fondo notarile ferrarese, che tra i pi cospicui e indenni da perdite tra quelli conservati presso lArchivio di Stato, anche uno dei pi consultati e ci ha rappresentato un criterio, non il solo, che ha guidato nella scelta del materiale da 05. Statuti della citt di Ferrara, 1567 06. Il progetto di restauro Ux isixiio oi iisrauio: i aicuivio xoraiiii axrico oi Fiiiaia 27 27 07. Rilevamento dello stato generale sottoporre allopera di recupero: ha inciso infatti limportanza del fondo, ma anche la constatazio- ne del precario, spesso pessimo, stato di conserva- zione in cui versavano le carte prima dellacqui- sizione da parte dello Stato, in particolare, come vedremo, per i danni provocati dallumidit. Pertanto sono stati nanziati dal Ministero per i beni e le attivit culturali tre interventi conser- vativi. Essi sono stati realizzati su progetto del Centro di fotoriproduzione legatoria e restauro di Roma, e hanno riguardato la documentazione pi antica e pi danneggiata conducendo in tal modo al recupero di circa 36.000 carte di atti (protocolli e schede) dei notai che rogarono a Ferrara tra il 1399 e il 1641. Tra di essi gurano quelli che ste- sero atti anche per gli Este, signori di Ferrara no al 1598, i quali sono di particolare importanza per le ricerche in loco, in quanto tutto larchivio segreto estense fu trasferito a Modena quando il ducato di Ferrara pass sotto il diretto dominio della Santa Sede. Aggiungo che con il nanziamento dello Stato sono stati realizzati anche altri interventi di re- stauro cos sulla serie Mappe del Catasto gregoria- no che proseguiranno anche questanno grazie alle somme stanziate dal Ministero nella programma- zione dei lavori pubblici, per un importo di circa 52.000 euro. I lavori di restauro sono stati adati a ditte esterne e ci ha comportato lo svolgimento di una serie di adempimenti di natura tecnico-amministrativa svolti dalle due archiviste preposte al Servizio di conservazione dellIstituto. In primo luogo lindi- viduazione del materiale da sottoporre al restauro, che presuppone lelaborazione di una mappa ag- giornata dei fondi darchivio in precario stato di conservazione e la determinazione delle priorit di intervento. La cartulazione ex novo dei pezzi sele- zionati, quindi la progettazione e linserimento dellintervento nella programmazione triennale dei lavori pubblici. Segue lindizione della gara dappal- to che d luogo ad unaltra serie di adempimenti: direzione dei lavori, sopralluoghi in corso dopera, consegna, riconsegna e collaudo nale. Per queste ultime operazioni e per la progettazione, ci si av- valsi del personale tecnico-scientico del Centro di fotoriproduzione legatoria e restauro, con sede a Roma. Al centro di tutto il procedimento resta natural- mente il progetto di restauro che spetta allarchi- vista e che rappresenta il momento metodologi- co di riconoscimento del bene culturale nella sua consistenza sica e nella sua duplice valenza estetica e storica in vista della sua trasmissione al futuro 2 . Il restauro, che il momento estremo della conser- vazione, si denisce pertanto nel riconoscimento del valore archeologico del supporto scrittorio, Axroxiirra Foicui 28 28 della legatura e di tutte le tracce delle vicende alle quali il documento stato sottoposto attraverso i secoli, e nella consapevolezza che la scomposizione dellunit determina la perdita delle informazioni storiche in esso contenute che non potranno mai pi essere ricostruite interamente nella loro status originale 3 . Il progetto assume anche una forte valenza am- ministrativa: le oerte delle ditte invitate alla gara devono essere formulate sulla base del progetto medesimo e ci pone tutti i partecipanti sullo stesso piano; inoltre parte integrante del con- tratto per le obbligazioni poste a carico dellap- paltatore Il progetto sul quale ci soermeremo riguarda 14 pezzi della serie Atti dei notai di Ferrara (1456- 1594), per un totale di 8.476 carte. Il progetto stato elaborato dallarchivista Cecilia Prosperi con la collaborazione dei tecnici Silvia Di Franco, Ga- briella Rava e Ciro Di Simone (Fig. 6). I documenti erano conservati allinterno di pac- chi in carta paglierina, chiusi con una fettuccia, sui quali sono riportati il numero di matricola del notaio, il cognome e nome, gli estremi cronologi- ci del protocollo e il numero del pezzo allinterno della serie dei protocolli degli atti rogati dal me- desimo notaio (Fig. 7). Allinterno di ogni pacco erano contenuti una serie di fascicoli e/o volumi raggruppati per anni (dal 1456 al 1594). I fascicoli erano a volte conservati in coprifascicoli di carta-paglia con lindicazione a matita dellanno di appartenenza. A volte erano cu- citi ognuno singolarmente e in questo caso aveva- no una coperta in cartoncino pesto leggero o erano privi di coperta. In altri casi ancora i fascicoli erano cuciti insieme con nervi in pelle o con ancoraggio diretto con o senza tassello in pergamena e avevano coperte in pergamena oscia o in cartoncino. A una rilevazione a campione della solubilit de- gli inchiostri, gli stessi sono risultati stabili, ma il test stato comunque eseguito sistematicamente prima di ogni trattamento per via umida. I danni maggiormente riscontrati sono stati cau- sati dallumidit e da inltrazioni dacqua che 08. Stato di conservazione 09. Stato di conservazione Ux isixiio oi iisrauio: i aicuivio xoraiiii axrico oi Fiiiaia 29 29 hanno reso i supporti fragili, feltrosi (fenomeno per cui le bre cellulosiche si uniscono tra loro) e gorati no, talvolta, a scolorire gli inchiostri e a causare la perdita di parti del supporto (Figg. 8-10). Sporadicamente si rilevata la presenza di erosione murina e di camminamenti di anobidi. Le carte erano generalmente sporche, soprattutto in prossimit dei margini che, a causa di un non idoneo pregresso condizionamento, erano anche sfrangiati e indeboliti. Sono presenti anche tagli e lacune, specie sulle prime e sulle ultime carte (Fig. 11). Anche le coperte in pergamena erano danneggia- te. Qui vediamo il volume della. 1571 del notaio Girolamo Bonsignori che presenta una coperta in pergamena oscia con 3 corregge - di cui una mancante - in cuoio con intreccio in pelle alluma- ta (Fig. 12). Le operazioni preliminari al restauro sono state: 1. la cartolazione, ovvero la numerazione progres- siva delle carte mediante matita di grate. Il nu- mero viene posto generalmente in alto a destra sul 10. Stato di conservazione 11. Stato di conservazione recto della carta. Loperazione di competenza del soggetto appaltante; 2. la fascicolazione, che consiste nel controllo dei fascicoli costituenti il volume da eettuarsi anno- tando su apposito diagramma la composizione dei fascicoli, le particolarit della sequenza delle carte e leventuale presenza di allegati; 3. la documentazione fotograca a campione dello stato di conservazione del pezzo prima del restau- ro con particolare riguardo agli elementi visibili che lo compongono, legature e danni presenti. Le operazioni di restauro sono state le seguenti: -scucitura da eettuare recidendo, allinterno dei fascicoli, i li di cucitura con bisturi o forbici a punta sottile; -spolveratura da eseguire utilizzando un pennello a setole morbide; -test di solubilit degli inchiostri nei confronti dei prodotti solventi o soluzioni successivamente utilizzati, che viene eseguita in pi punti di cia- scun pezzo e di norma per ciascun tipo di inchio- stro presente; Axroxiirra Foicui 30 30 -lavaggio in acqua deionizzata ad una temperatu- ra massima di 30; -deacidicazione (trattamento a base di sostanze alcaline che neutralizza lacidit e fornisce alle carte una riserva alcalina per preservarle da future insorgenze di acidit) per immersione delle car- te in soluzione di carbonato di calcio (o,3g/l) e acqua deionizzata, fatta gorgogliare con anidride 12. Stato di conservazione carbonica no alla trasformazione del carbonato in bicarbonato; -leafcasting che ha riguardato oltre la met delle carte. Per leafcasting si intende una serie di operazioni eseguite utilizzando unapparecchiatura costituita da una macchina ponitrice di bre di cellulosa che consente di risarcire le lacune, suturare le lacera- Ux isixiio oi iisrauio: i aicuivio xoraiiii axrico oi Fiiiaia 31 31 13. I nuovi contenitori -ricomposizione delle carte in fascicoli, ricontrol- lando e rispettando la numerazione e lassemblag- gio degli stessi secondo la sequenza originaria. Per i fascicoli restaurati manualmente, dopo la deacidicazione, sono state eseguite: a) la ricollatura (operazione di consolidamento e rinforzo successiva ai lavaggi); b) lo spianamento per eliminare ondulazioni e ar- ricciamenti; c) il mending, che consiste nel risarcimento ma- nuale della carta, ovvero operazione di restauro di carta lacera o lacunosa mediante apposizione, con adesivo, di carta giapponese di grammatura idonea e di tono cromatico adeguato alloriginale e rinforzo dei margini con velo giapponese, che uno speciale tipo di carta fatta a mano, di bre vegetali e con altre caratteristiche che la rendono durevole e stabile nel tempo; d) velatura parziale o totale ove necessario; e) rilatura; f ) ricomposizione dei fascicoli. La diversit originaria dei tipi di cucitura e legatu- ra delle carte ha comportato una dierenziazione delle tipologie di condizionamento. Passando dagli originari pacchi di carta paglierina a contenitori rigidi (scatole) si ritenuto di ridur- re al minimo lo spessore totale delle nuove cami- cie utilizzate per separare gli anni allinterno del- lo stesso nucleo. Mentre un cartoncino durevole (0,76mm) stato riservato al condizionamento dei fascicoli di carte sciolte lasciando naturalmen- te i fogli non cuciti (Fig. 13). Precise indicazioni sono state date anche per la cucitura dei fascicoli determinando, per esempio, lo spessore del dorso, no a 2,5 cm per la cucitura diretta dei fascicoli alla coperta in cartone durevo- le e no ad un numero di tre fascicoli. zioni, ricostruire i margini. Sostituisce alcune fasi del tradizionale restauro manuale, reintegrando le zone mancanti del documento 4 ; -velatura indiretta totale, ovvero operazione di consolidamento e rinforzo del supporto consisten- te nellapplicazione di un velo giapponese sulla supercie delle carte. Si proceduto alla velatura delle carte restaurate dopo leafcasting applicando i veli precedentemente collati e posti ad asciugare applicata su tutta la supercie di una facciata del supporto (e scegliendo naturalmente, ove possibi- le, quello con minore presenza di testo). -rilatura delle eccedenze di velo e carta giappo- nese nel rispetto dei margini originali; Axroxiirra Foicui 32 32 Per gli 8 volumi originariamente con coperta in pergamena oscia sono state previste nuove coperte in pergamena semioscia con lacci di chiusura e ribattiture ssate con punti in pelle allumata. Per ciascun pezzo stato previsto un contenitore del tipo a conchiglia in cartone Cagliari, rivesti- to esternamente in tela Buckram e internamente in carta barriera (dello spessore di 0, 38 mm). La progettazione prende in dettagliato esame il singolo manufatto sia esso registro, codice, lza, protocollo, ecc., in ogni sua componente, come possiamo vedere dalla scheda progetto n. 10 delle quattordici predisposte (legatura, nervi, ribattiture, piatti, carte di guardia, dorso, cu- citura, capitello, materiale del capitello, danni alle coperte, stato di conservazione delle carte, danni alle carte, danni ai fogli membranacei, in- 14. Scheda progetto n.10 - Notaio Giacomo Ferrarini, 1543 Ux isixiio oi iisrauio: i aicuivio xoraiiii axrico oi Fiiiaia 33 33 chiostri) (Fig. 14). Una scheda assai complessa e articolata, che tuttavia, stato osservato 5 , pre- senter sempre delle lacune, perch non tutto pu essere previsto e contemplato. Da ci deriva che il restauro del libro o del do- cumento diventa unoperazione di recupero del pezzo e delle informazioni deducibili dallogget- to attraverso la lettura storica del manufatto e si realizza, nel migliore dei casi, nel consolidare le strutture originali riducendo al minimo le opera- zioni invasive 6 . Trattandosi di un bene che assol- ve la propria funzione quando viene consultato, unulteriore nalit che deve perseguire lopera del restauratore quella di restituire un bene nuovamente fruibile. Nel dicile equilibrio tra le due esigenze, cio rispetto delloriginalit e del- la fruibilit, solo quando risulti indispensabile, sono studiate e ammesse minime variazioni ri- spetto alla struttura originaria 7 . A tale regola fondamentale stata improntata lopera di recupero dei protocolli notarili ferraresi come possiamo constatare dalle immagini ante e post restauro di alcuni di essi (Figg. 15-19). auspicabile che lazione di restauro e di salva- guardia del patrimonio documentario custodito nellArchivio di Stato di Ferrara possa contare anche sul contributo di altri enti e istituzioni sensibili alla conservazione delle memorie stori- che in unera, qual quella attuale, in cui, se da un lato il cartaceo sta cedendo sempre di pi il passo ad altre forme di comunicazione e trasmis- sione delle informazioni - con tutti i pericoli che luso delle nuove tecnologie comporta quanto a durevolezza delle medesime, dallaltro, senza unecace azione di conservazione del patrimo- nio, si rischia di non poter pi leggere neanche le testimonianze delle epoche passate per rico- struirne la storia. 15. Protocollo del notaio Giacomo Ferrarini, 1543 ante restauro 16. Notaio Giacomo Ferrarini, 1543 dopo il restauro 34 34 17. Schede del notaio Giovanni Battista Codegori 1568-1579 ante restauro 18. Notaio Giovanni Battista Codegori 1568-1579 dopo il restauro 19. Scheda progetto n. 9 - Notaio Marco Bruno Anguilla 1547-1575 dopo il restauro Ux isixiio oi iisrauio: i aicuivio xoraiiii axrico oi Fiiiaia 35 35 4 C. Prosperi, Il restauro dei documenti di archivio. Dizio- narietto dei termini, Roma, 1999. 5 F. Alloatti, art. cit. 6 Ibid. 7 E. Tonetti, Il restauro delle carte notarili dellArchivio di Stato di Venezia alluvionate nel 1966, in www.archivio- distatodivenezia.it 1 A. La Rosa, Il notariato ferrarese negli statuti comunali del 1287 e del 1534, Ferrara, 1968 (Deputazione provinciale ferrarese di storia patria, Atti e memorie, serie III, vol. VIII). 2 C. Brandi, Teoria del restauro, Torino, 1970. 3 F. Alloatti, Restauro: un concetto in evoluzione, in Bi- blioteche oggi, a. XXII n.5, 2004. N 36 F in dallinizio, la manifestazione Terra nostra. Quattro passi nella storia di Ri- mini, stata pensata come un evento culturale complesso: complesso per- ch, promosso e ospitato dallArchivio di Stato di Rimini, stato, in realt, reso possibile dalla determinante e stretta collaborazione dellAs- sociazione Quei de borg ad SantAndrea e del Co- mune di Rimini e dai contributi accordati a diverso titolo dalla Fondazione Cassa di risparmio di Rimi- ni e dallEnte Fiera di Rimini, con il patrocinio del Fondo per lAmbiente Italiano, degli Ordini Rimi- nesi degli Ingegneri e degli Architetti, pianicato- ri, paesaggisti e conservatori, e dellIstituto Storico della Resistenza e della Storia Contemporanea di Rimini. Un evento complesso soprattutto perch, oltre alla pubblicazione di un libro e del DVD Cera una volta, a Rimini, la Fornace Fabbri, catalogo l- mato della mostra a cura di Manuela Fabbri e altri, ha compreso la mostra documentaria Porte aper- te allArchivio di Stato. II territorio della fabbrica di mattoni in Borgo SantAndrea, la proiezione del lm Cera una volta, a Rimini, la Fornace Fabbri, una vi- sita guidata alla chiesa di san Bernardino (uno fra i monumenti pi interessanti e probabilmente meno conosciuti della citt) e la presentazione della pub- blicazione I Poderi della Ghirlandetta a Rimini: dai Malatesta ai fratelli Davide e Luigi Fabbri, di Oreste Delucca nella magnica cornice della piazzetta San Bernardino, per loccasione sgomberata dalle auto e chiusa al traco, pedonalizzata e ricondotta, grazie a un sapiente e scenograco arredo urbano, al suo ruolo di punto di incontro e pubblico salotto del rione Montecavallo. E proprio da questesperienza ha preso le mosse lorganizzazione della mostra documentaria, Porte Aperte allArchivio di Stato. II territorio della fabbri- ca di mattoni in Borgo SantAndrea, e della relati- va pubblicazione di Oreste Delucca (peraltro gi presente, col suo contributo, nel catalogo lmato). Seguendo la propria vocazione, IArchivio di Stato ha trascelto dal suo vasto patrimonio documenta- rio i documenti pi adatti a tracciare la storia del territorio su cui, poi, sorta la Fornace Fabbri: atti notarili del XV e XVI secolo, nonch cabrei del XVIII secolo, sono stati esposti in virt della loro importanza storico-documentaria, ma anche con un occhio alla particolare valenza estetica (in- negabile nel caso dei cabrei settecenteschi). Non a caso come gi provveduto per tutte le pergame- ne del Diplomatico Riminese, ora integralmente riprodotte in formato digitale ad alta denizione e presto disponibili in linea nel Sistema informati- vo degli Archivi di Stato (www.archivi-sias.it) si pensa a unacquisizione digitale anche per i cabrei. Il saggio di Oreste Delucca sui Poderi della Ghir- landetta rende conto di questa complessa e puntua- IL RESTAURO DEL CABREO AB 265 TERRENI APPARTENENTI AI PAVOLOTTI DI RIMINI Gianluca Braschi 1. Lo stato di conservazione della copertura esterna del Cabreo * Cabreo AB 265, 2r, Saludecio (dopo il restauro) 38 38 Ii iisrauio oii caniio an :o riiiixi aiiairixixri ai Pavoiorri oi Ri xi xi le ricerca documentaria, tracciando la storia di una specica area urbana dal XV secolo ai nostri giorni, unarea bene ricordarlo su cui gi erano pre- senti insediamenti romani, se proprio nel territorio della fornace stato ritrovato un ritratto bronzeo di Agrippina Minore, ora al Metropolitan Museum di New York. Si prola cos una linea ideale tra il passato romano e il presente contemporaneo. La successione dei vari passaggi di propriet (da quan- do, il 27 luglio 1452, Isotta degli Atti acquista per 250 lire un podere di sei tornature e poi, il 21 mag- gio 1471, un altro podere di otto tornature espres- samente citato come Ghirlandetta, no ai nostri giorni) mette in mostra ( proprio il caso di dirlo) un bel pezzo di storia locale, evidenziando, oltre alle consche e agli espropri di epoca napoleonica, i pesanti interventi sul territorio passato e presen- te: la deviazione del ume Ausa, i vari inserimenti edilizi, i nuovi tracciati viari e la stessa costruzione della fornace e relativa cava, di cui rimane traccia tuttoggi nel cosiddetto laghetto PEEP. Lidea di abbinare il restauro di un documento tanto importante quanto nora cos poco consultato come il Cabreo AB 265 pi noto come Cabreo del Borgo di santAndrea allesposizione Porte Aperte allArchi- vio di Stato: il territorio della fabbrica di mattoni in Borgo SantAndrea sorta spontaneamente proprio durante le ricerche darchivio che hanno portato e alla mostra e alla pubblicazione di Oreste Delucca. Due erano, infatti, gli obiettivi cui si mirava collal- lestimento della mostra: sviluppare una tematica di storia locale sia secondo la modalit espositiva o, se vogliamo, visuale tipica di una mostra secon- do un percorso che insieme didascalico e narra- tivo sia secondo quella di un saggio storico nato da un lavoro di attento scavo e studio accurato delle fonti conservate presso questIstituto. Se da una parte una mostra documentaria come quella che stata allestita nei locali dellArchivio ren- de visibili, anzi tangibili, i documenti che con la tta trama delle loro interrelazioni costituiscono concretamente ogni storia, se non addirittura la Storia, viene presto il momento di trarre le la di questa trama e farne una narrazione completa. Attraverso lescussione di quelle che sono le serie documentarie pi importanti sia per laspetto gra- 02. Cabreo AB 265, 3r, Dichiarazione dellestensore del ca- breo Alessandro Bertolucci, scrivano (dopo il restauro) 03. Cabreo AB 265, 6v, Santa Giustina e Cabreo AB 265, 7r, Saludecio (prima del restauro) 39 39 Giaxiuca Biascui co e visuale sia per quello documentario e di te- stimonianza fra quelle conservate presso lIstituto si snoda un percorso narrativo che aronta passo per passo la linea delle successioni di propriet e delle destinazioni duso del podere della Ghirlandetta sui cui stata costruita ed ha operato la Fornace e su cui in un futuro ormai prossimo saranno costruiti il Pala Congressi e lAuditorium della citt di Rimini nel solco di una tradizione che pare non volersi mai estinguere per questo lembo di territorio un tempo. II rispecchiamento puntuale fra la mostra docu- mentaria e la pubblicazione, che da quegli stessi documenti tratta, ha in primo luogo un intento didascalico: vuole svelare al pubblico quella che potremmo denire Iocina dello storico, gli at- trezzi del mestiere di cui si serve per raccontare le sue storie. sembrato un modo abbastanza concreto di mostrare quale sia Iimportanza di un Archivio di Stato e, soprattutto, di darne unim- magine pi amichevole e, se possibile, dinamica. sembrato, per tanto, ovvio portare alla luce un reperto cos importante e cos particolarmente attinente al tema trattato dalla mostra anche in considerazione del fatto che il documento non aveva nora ricevuto lattenzione che gli sarebbe spettata sia in virt della sua importanza docu- mentaria sia in virt della sua valenza per cos dire estetica condivisa, per altro, dalla grande maggioranza dei documenti di questo tipo (ca- brei, mappe catastali) del periodo. Sembra su- peruo rammentare che in archivistica parlare di reperti sempre un po fuorviante. Dal punto di vista di un archivio i vari documenti sono sempre l: solo la ricerca che li porta allattenzione di volta in volta e portare allattenzione di volta in volta i documenti prima di tutto e fondamen- talmente unavventura intellettuale. Se come si dice niente pi inedito delledito, per quanto vero che il Cabreo da sempre era rego- larmente registrato negli inventari dellArchivio di Stato di Rimini (allInventario del Comune di Rimi- ni e delle congregazioni religiose soppresse compilato nel 1865 da G. Corsi deve, infatti, la sua attuale de- nominazione), solo col restauro che potuto en- trare a tutti gli eetti fra i documenti normalmente consultabili in sala di studio: in un certo senso, diventato, solo cos, pienamente documento. Il documento compare, appunto, negli inventari con la segnatura AB 265 (che indicava allora una collocazione sica) e la dicitura Terreni appartenenti ai Pavolotti di Rimini nel fondo Corporazioni Reli- giose Soppresse ed datato 1775 ed relativo allarea dellallora Borgo di SantAndrea attualmente par- te del tessuto urbano di Rimini immediatamente a ridosso della restaurata Porta Montanara. I Frati Minimi di san Francesco di Paola (volgarmente, appunto, chiamati Paolotti) hanno lasciato questo cabreo dei loro possedimenti in Rimini redatto il 22 gennaio 1775. Lestensore Alessandro Bartolucci, primo scrivano dello studio de signori Calindri riporta che le sue rilevazioni trattano delle pian- te de terreni di questo venerabile convento di san Francesco di Paola, estratte dalle mappe originali () alloccasione del nuovo appasso eseguito dalli geometra signori Serano e Giovanni, fratelli Ca- lindri. La rilevazione , dunque, parte delle grandi rilevazioni attuate dal geometra Serani Calindri per conto del Comune di Rimini che vanno sotto il nome, appunto, di Catasto Calindri pure conservate presso lArchivio di Stato di Rimini. Il documento in seguito alle soppressioni napoleoniche del 1813 conuito nel grande fondo collettaneo in via di reinventariazione e ordinamento delle Corporazioni Religiose Soppresse. 40 40 Purtroppo, la consultazione ha subito messo in evidenza il precario stato di conservazione dello stesso, che stato, comunque, riprodotto digi- talmente e messo in mostra. Grazie al nanzia- mento di due sponsor riminesi Tina & Mary e Hotel Memory stato possibile restaurarlo. Ha provveduto al restauro integrale del documento il dott. Riccardo Bolognesi della Cooperativa Socia- le Centoori onlus. importante mettere in evidenza come solo grazie alla manifestazione stato possibile con- tattare e interessare gli sponsor e sensibilizzare la cittadinanza sullimportanza dei documenti conservati presso lArchivio di Stato di Rimini e, soprattutto, sullimportanza del loro restauro. Consultato probabilmente per la prima volta in epoca moderna proprio in questoccasione iI vo- lume del Cabreo AB 265 si presentava con cucitu- ra salda e coperta non particolarmente deteriorata o, comunque, in grado di assolvere la sua funzio- ne di protezione delle carte. I piatti della coperta risultavano deformati probabilmente a causa della conservazione del volume in un luogo particolar- mente umido. La pelle della coperta era mancante di varie porzioni di ore e nel complesso risultava essere in supercie. Tutti gli angoli avevano perso rigidit. La pelle del piatto anteriore presentava una piccola lacuna centrale provocata da rosura di insetti cosi come risultava leggermente intaccato anche il cartone sottostante. La pelle del morso nella zona del piede posteriore era fessurata. Man- cavano tutti i lacci in pelle allumata di chiusura del volume tranne quello anteriore lato testa. Molte carte risultavano essere incollate a causa della solubilizzazione della vernicetta posta a pro- tezione delle mappe colorate, solubilizzazione do- vuta probabilmente alla permanenza del volume in un luogo umido. In particolare, le carte contrassegnate in colla- zione con i numeri 6v-7r con le mappe rispetti- Ii iisrauio oii caniio an :o riiiixi aiiairixixri ai Pavoiorri oi Ri xi xi 04. Cabreo AB 265, 9r, SantAndrea dellAusa (prima del restauro) 05. Cabreo AB 265, 2r, Saludecio (prima del restauro) 41 41 vamente di S. Giustina e di Saludecio presenta- vano entrambe due notevoli strappi dovuti pro- babilmente al tentativo di apertura delle carte incollate. Le carte con i numeri 8v-9r, 10v-11r, 14v-15r, 16v-17r, 18v-19r, 22v-23r, 24v-25r, 26v-27r, ri- sultavano incollate. Le carte con le altre mappe presentavano numerosi distacchi provocati presumibilmente dallapertura delle stesse dopo ladesione anomala della verni- cetta. Solo la mappa contrassegnata in collazione con il numero 48v-49r (Verucchio) si presentava in buone condizioni. Il lo di cucitura era spezzato fra le carte 38v- 39r. Sono stati, pertanto, eettuati i seguenti inter- venti. Il distacco delle carte incollate mediante solubi- lizzazione della vernicetta attraverso impacchi di alcol etilico 50% e acqua 50% (lintervento non ha potuto eliminare completamente le macchie dovute al precedente assorbimento del pigmento fra le bre della carta). Nelle carte che presentavano mappe con lacune di colore dovuto presumibilmente ad una forza- tura in apertura si provveduto al distacco dei frammenti dalla pagina opposta con impacchi di acqua e alcol al 50% e successiva riapplicazione nelle rispettive mancanze, utilizzando come ade- sivo la Tylose MH 300p. Dopo avere riposizionato i frammenti nelle zone di distacco si provveduto a uniformare ad ac- querello le piccole mancanze di colore per le quali non stato trovato il frammento corrispondente. stata ripristinata la cucitura fra le carte 38v -39r. Il volume stato condizionato con dei pesi e de- gli spessori per fargli riassumere la forma origina- ria corretta. La coperta in pelle a stata parzialmente distac- cata per permettere: i1 rinsaldo degli angoli eettuato con iniezioni di Tylose MH 300P al 2% circa; il risarcimento della lacuna nel piatto anterio- re con un frammento di pelle nuova; colorata con anilina ed incollata con Tylose MH 300P al 6% addizionata con 10% di vi- navil 59; il risarcimento della rosura nel sottostan- te cartone con stucco di cellulosa in Tylose MH300p al 6%; la riadesione della fessurazione al morso con brachetta di carta giapponese incollata su tela di cotone adesa con Tylose MH 300P al 6% e 10% di vinavil 59; ripristino dei lacci di legatura con pelle allu- mata nuova. Giaxiuca Biascui 06. Cabreo AB 265, 1v, Santa Giustina particolare, (prima del restauro) 42 42 Esternamente sono state incollate con Tylose MH 300p al 6% le porzioni di bre distaccate e dove mancanti stato ristabilita luniformit cromatica con limitate riprese ad acquerello. Per limitare gli eventuali danni dovuti ad un im- magazzinamento in condizioni climatiche critiche si provveduto a montare tra i bili dipinti, dei fogli di carta giapponese da 11gr/mq ssati con 3 punti di Tylose MH 300p al 6% che potranno essere eliminati con estrema facilit. Si optato per questa soluzione in quanto lin- troduzione di fogli di maggiore spessore avrebbe fatto aumentare eccessivamente lo spessore del corpo delle carte con conseguente tensione ano- mala sulla coperta. Tutti gli interventi sono stati documentati foto- gracamente. Completato il restauro, il documento stato ri- messo in consultazione ed esposto. Come rientra tra i compiti istituzionali, che ogni Archivio di Stato si riserva, quello della conserva- zione del documento in quanto bene culturale cos rientra pure quello della sua valorizzazione. Valo- rizzare un documento comunicarlo, ridargli la di- gnit del suo contesto e renderlo fruibile al pubbli- co sia come contenuto e testimonianza materiale di un fatto storico sia come forma, anche estetica, con cui il contenuto stesso si manifesta. Ecco perch lo strumento della mostra e delle pubblicazioni che da questa scaturiscono naturalmente, risultato Ii iisrauio oii caniio an :o riiiixi aiiairixixri ai Pavoiorri oi Ri xi xi 07. Cabreo AB 265, 1v, Santa Giustina e Cabreo AB 265, 7r, Saludecio (dopo il restauro) 43 43 particolarmente adatto allillustrazione dellargo- mento e allillustrazione dellIstituto stesso: si va a mettere in mostra non solo la Fornace Fabbri attra- verso i documenti che se ne conservano la storia, ma anche lArchivio di Stato stesso. Molte sono le iniziative che, recentemente, lAr- chivio di Stato di Rimini ha potuto mettere in cantiere nellambito della valorizzazione e della tutela del patrimonio documentario che ha in consegna come la digitalizzazione, appena com- pletata, di tutte le circa 5000 pergamene del co- siddetto Diplomatico Riminese (anche col soste- gno della Fondazione Carim) o col nanzia- mento della Provincia di Rimini delle mappe del Catasto Calindri: due acquisizioni che si spera di potere presto presentare alla cittadinanza con la dovuta risonanza in altre occasioni. Ed proprio in considerazione dellimpegno di questArchivio nellambito della conservazione digitale che an- che per il Cabreo AB 265 si pensa a una copia digitale da mettere a disposizione del pubblico sul sito dellArchivio di Stato di Rimini (http://www. archiviodistato.rimini.it). Laugurio certamente quello che - ancora una volta grazie alla collaborazione dei vari enti e realt locali (Comune, Provincia, Regione, Fondazione Carim tanto per fare qualche esempio) in unot- tica di collaborazione e complementarit - questa manifestazione sia soltanto linizio di un dialogo fra lArchivio e la Citt di Rimini che si vuole quanto pi serrato e duraturo possibile e che il restauro del Cabreo del Borgo di SantAndrea sia il primo di una lunga serie di documenti restaurati e restituiti alla cittadinanza e agli studiosi. Giaxiuca Biascui 08. Cabreo AB 265, 1v, Santa Giustina e Cabreo AB 265, 7r, Saludecio, visione dinsieme (dopo il restauro) 44 LE CARTE NAUTICHE DELLA BIBLIOTECA PALATINA DI PARMA Andrea De Pasquale L e carte nautiche, disegnate e miniate su pergamena in fogli sciolti o orga- nizzate su pi unit per formare un atlante, indicando le rotte da seguire e i porti e gli approdi sicuri, rappresen- tavano tra Medioevo ed et moderna lo strumento fondamentale per eettuare la navigazione lungo le coste del Mediterraneo e dei territori europei che si aacciano sullAtlantico. Contraddistinte dal fatto di non recare, se non ra- ramente, perch inutile, la toponomastica allinter- no delle regioni, la loro precisione si arricch con lavanzare delle scoperte geograche che portarono ad esplorare lAtlantico e ad individuare il Nuovo Mondo e arcipelaghi no a quellepoca ignoti, e a perfezionare la conoscenza delle coste africane. Cos, da una primitiva rappresentazione del Medi- terraneo con il posizionamento dei rombi di venti, esse si trasformarono in vere e proprie carte piane con lindicazione dellEquatore, dei Tropici e delle latitudini. Le tecniche di produzione, cos come i luoghi, i principali porti del Mediterraneo, non mutarono comunque nel corso dei secoli, cos come rima- se invariato il fatto che la fabbricazione continu a concentrarsi nelle mani di pochi individui che generalmente tramandavano i saperi di padre in glio. Tali carte recano spesso elementi decorativi acces- sori, di pressoch nulla utilit per la navigazione, che denotano sia le dierenti committenze, sia la maestria dei cartogra: oltre a cartigli e nastri, spes- so, generalmente dal XVI secolo, si riscontrano, so- prattutto sulle carte sciolte, soggetti religiosi quali il Crocisso, la Madonna con Bambino o Santi, e rappresentazioni pi o meno stilizzate o realiste di citt, anche localizzate non sul mare, bandiere dai vivaci colori, rappresentazioni di sovrani sia eu- ropei, generalmente in trono o appoggiati ad uno scudo con emblemi araldici, sia africani o asiatici, seduti su un cuscino o un tappeto e aancati da tende arabescate, navi di vario genere, animali re- ali (elefanti, dromedari, cammelli, leoni, scimmie, ecc.) e mitologici (draghi, unicorni, sirene ecc.), catene montuose e foreste, elementi vari oreali o altri particolari (teste di putti che soano, cornici varie). Leccezionale raccolta di portolani della Biblioteca Palatina di Parma, composta da 14 pezzi circoscri- vibili cronologicamente tra la seconda met del XIV secolo e poco oltre la met del primo venten- nio del XVII, rappresenta emblematicamente una signicativa esemplicazione di tale particolare produzione documentaria. Essa deve la sua costituzione allindefessa opera dei principali e pi celebri bibliotecari dellistituzione, il padre teatino Paolo Maria Paciaudi, chiamato a Parma dal duca don Filippo per costituire la Biblio- teca, ne bibliografo e gura di eccezionale impor- tanza per la storia della biblioteconomia italiana, e Angelo Pezzana, il bibliotecario che contraddistin- se la storia dellistituzione per buona parte del XIX secolo. merito del primo avere individuato sul mercato antiquario e acquisito il maggior numero dei pezzi (Ms. parm. 1612-1621) (Fig. 1) e di aver- ne disposto linserimento allinterno della raccolta Parmense procedendo pure ad interventi conser- vativi. Anche se non disponiamo di informazioni speciche sugli eettivi canali di acquisizione per tutti i pezzi, ma soltanto per la celebre carta nauti- ca redatta da Francesco e Domenico Pizigano (Ms. parm. 1612), datata 1367, che venne donata al padre Paciaudi nel 1770 dallamico Girolamo Za- netti, professore di diritto a Padova, archeologo e * Il Ms. parm. 1616 prima del restauro (part.) 46 46 Li cairi xauricui oiiia Biniiorica Paiarixa oi Paixa storico veneziano, e per altri non individuabili cin- que pezzi, che fonti darchivio indicano acquistati da Annibale degli Abati Olivieri di Pesaro, insieme al rotolo greco di San Giovanni Crisostomo (Ms. parm. 1217/2), il 2 gennaio 1769, possiamo a ra- gione pensare che si debba far risalire allintervento del Paciaudi lacquisizione dei primi dieci pezzi del fondo sia per le omogenee caratteristiche relati- ve al trattamento conservativo e alla modalit di montaggio subite, sia soprattutto per il fatto che risultano oggetto di studio da parte sua attraverso la redazione di speciche schede dettagliate descrit- tive e di commento individuate allinterno dei suoi manoscritti. Questi materiali infatti sono stati quasi tutti dispo- sti in cartelle di cartone ricoperto di cuoio marezza- 01. Il Ms. parm. 1616 prima del restauro 47 47 Axoiia Di Pasquaii to, decorate con i gigli borbonici e con indicazione di datazione e di numerazione progressiva impressa con numeri romani, per le quali ben evidente la mano del legatore di corte Antoine Louis Lafert. Tale paternit documentata da fonte contabile del 1768 che indica il pagamento a tale legatore di 7. cartelle carte nautiche; quali cartelle ritrouasi ora coperte di bazana. Anche la carta dei Pizigano (Ms. parm. 1612) era protetta da cartella con le medesime caratteristiche ancora nel 1907, ma essa and perduta in anni successivi in concomitanza ad un maldestro intervento di restauro; altra fon- te darchivio indica infatti che, per commissione del 15 giugno 1771, venne realizzata dal legatore una cartella di grandezza di quatro cartoni impe- riale coperta in bazana marmorata, con sfrigi larghi doro bordata dentro e fuori con una inscrizione in damaschino e cordoni verde di detta, dentro la quale incolata una famosa antica mapa del mondo donata dal R.do P.dre Paciaudi alla Reale Bibliote- ca. Dellimportanza e della pregevolezza di questi materiali il Paciaudi si gloriava, e a ragione, nella Memoria sulla R. Biblioteca di Parma, da lui redatta verosimilmente nel 1770 per difendersi dalle accu- se di mala gestione della Biblioteca da lui diretta, ricordandoli come Tavole nautiche nel capitolo sui Manoscritti, con il quale intendeva confutare laccusa di aver trascurato nella sua politica degli acquisti questo specico patrimonio. In eetti si tratta di pezzi di straordinaria impor- tanza per la storia della cartograa nautica. in- fatti fondamentale per la cartograa veneziana del XV secolo la carta Ms. parm. 1612 caratterizzata da una controversa iscrizione che la indicherebbe compilata il 12 dicembre 1367 da Francesco e Do- menico Pizigano, membri di una quasi sconosciuta famiglia appartenente forse al ceto marinaresco. Due portolani si collocano nel secolo seguente: mentre il primo anonimo (Ms. parm. 1621), laltro (Ms. parm. 1613) (Fig. 2), datato al luglio 1435, una delle due testimonianze, la pi recen- te, dellattivit di un poco noto cartografo genove- se, Battista Beccari. Ancora a produzione della citt ligure si deve attri- buire il Ms. parm. 1614, redatto dal genovese Ve- sconte Maggiolo, attivo tra il 1504 circa e il 1559, capostipite di una delle pi celebri dinastie di car- togra professionisti originaria di Rapallo, che tra il 1511 e il 1516 trasfer temporaneamente la sua attivit a Napoli, allettato da un mercato orente e dalla presenza di un grande porto. Proprio a questi anni si deve la compilazione del portolano palatino, del 10 marzo 1512, uno dei tre sopravvissuti della sua attivit napoletana, interes- sante anche per recare una maldestra cancellatura del circolo a matita di piombo, fatto che denota si- curamente limpiego di un lavorante poco esperto. Si colloca invece nellItalia meridionale la realizzazio- ne di due portolani prodotti da Jacopo Russo, uno datato 1540 (Ms. parm. 1615), il secondo invece senza indicazione cronologica, ma verosimilmente pi tardo (Ms. parm. 1620). Tale cartografo risulta attivo a Messina, altro porto importante e strategico per le rotte del Mediterraneo, per un arco temporale amplissimo, dal 1520 al 1588, tanto esteso che in passato si pure ipotizzata lesistenza di due omo- nimi cartogra, ed noto per aver prodotto carte geograche contraddistinte da una ricca toponoma- stica, tanto che si pu ipotizzare che queste fossero non tanto utilizzate dai marinai, quanto piuttosto da studiosi come veri e propri atlanti. Sempre allambi- to dellItalia meridionale, messinese in particolare, si deve assegnare pure il portolano, datato 1608 (Ms. parm. 1618) di Joan (Giovanni) Oliva, carto- grafo verosimilmente appartenente ad una celebre famiglia di cartogra di Majorca,
attestato conti- 48 48 nuativamente nella citt siciliana tra il 1592 e il 1599 e quindi ancora tra il 1606 e il 1608, ma attivo anche in numero- si altri porti del Medi- terraneo, e distinto dal quasi coevo Joan Riczo Oliva, anchegli operan- te a Messina tra il 1590 e il 1594. A produzione majorchese attribuibi- le un altro pezzo, rap- presentante il bacino del Mediterraneo e contrad- distinto da prospetti di citt tra cui emerge, per grandezza, Venezia (Ms. parm. 1617), del 1581, siglato da Matteo Griu- sco, cartografo altrimen- ti sconosciuto. Ad area toscana invece si attri- buisce un atlante di tre carte del 1654, redatto a Livorno da Giovanni Battista e Pietro Caval- lini (Ms. parm. 1619), evidentemente padre e glio, forse opera esclu- siva di Pietro, attestato da sette atlanti rmati datati tra il 1665 e il 1668, per la mancanza della correzione dellasse del Medi- terraneo, caratteristica costante dellopera del primo, noto cartografo di origine genovese attivo a Livorno tra il 1635 e il 1656. Spettacolare per la ricchezza della decorazione latlante nautico (Ms. parm. 1616) del 1574, siglato dallo sconosciuto Aloisio Cesani che si qualica ydruntinus (di Otran- to), ma verosimilmen- te discendente della famiglia di cartogra veneziani de Cesanis attiva nel XV secolo, il quale reca, unico caso del lotto della Biblio- teca Palatina, la sua originaria coperta in marocchino rosso con lo stemma impresso in oro della famiglia Gonzaga del ramo di principi di Molfetta e marchesi di Guastalla. Il Frabetti ne aveva at- tribuito lacquisizione al padre Ireneo A, successore del Paciau- di nella direzione del- la Biblioteca (1778- 1785) e originario di Busseto, terra nel feu- do dei Gonzaga, ma sicura lacquisizione del pezzo da parte del padre Paciaudi, forse per tramite dellA stesso, allepoca sotto- bibliotecario, visto che il teatino compil per il pez- zo una scheda descrittiva manoscritta ritrovata tra le sue carte. Tale pezzo inoltre di straordinaria im- portanza poich lintervento di restauro ha permesso di ritrovare allinterno della foderatura della coperta alcuni disegni originari preparatori dellopera realiz- zati a punta dargento, fatto eccezionale e di estremo 02. Ms. parm. 1613 Li cairi xauricui oiiia Biniiorica Paiarixa oi Paixa 49 49 interesse per lo studio della fabbricazione di questo materiale. Per la mancanza di fori in corrispondenza dei disegni che implicherebbero lutilizzo della tec- nica dello spolvero, sembra verosimile pensare che il trasferimento del disegno sulla pergamena sia stato ottenuto attraverso una delle tecniche illustrate da Bartolomeo Crescenzio nella sua Nautica mediterra- nea, e cio che il foglio disegnato e la pergamena fos- sero stati entrambi tesi in un telaio e che, agevolati dalla vicinanza di una sorgente luminosa, sia stato eettuato il ricalco per trasparenza. A anni successi- vi alla direzione del Paciaudi, ma se ne ignorano le circostanze, si collocano le acquisizioni dei portolani Ms. parm. 1622, Ms. parm. 1623, Ms. parm. 1624 (di anonimo, della met XV secolo). Il primo invece lunica testimonianza, del 1494, dellattivit di un cartografo veneziano altrimenti sconosciuto, attivo alla ne del XV secolo, Giorgio di Giovanni. Il secondo una produzione genovese del gi citato cartografo Vesconte Maggiolo, che, per la prima volta, in questa occasione, dell8 luglio 1525, si associava a Giovanni [Antonio], verosimil- mente il giovane glio maggiore, dichiarandone quindi lintenzione a eleggerlo suo successore nella gestione dellattivit. Ben documentato larrivo del portolano Ms. parm. 1624, recante una pregevole coperta in cuoio decorato con fregi impressi a secco del XVI secolo (Ms. parm. 1624). Attraverso la corrispon- denza del bibliotecario Angelo Pezzana, direttore tra il 1804 e il 1862, artece di notevoli incremen- ti di fondi e materiali bibliograci grazie ai nan- ziamenti ottenuti dalla duchessa Maria Luigia, si sa che esso venne sicuramente acquisito nel 1840 dal marchese Francesco Albergati Capacelli di Bologna (1728-1804), il quale propose al Pezza- na lacquisto di molte lettere duomini illustri, le pi indiritte al celebre suo avo Francesco Albergati (notissimo autore drammatico), e di un portolano del sec. XV, e di altri manoscritti. Scrivendo ve- rosimilmente al ministro Mistrali per giusticare lacquisto il Pezzana sottolineava che il portolano che si aggiugnerebbe alla magnica nostra serie di Carte nautiche manoscritte, molto pregevole, e parmi del principio del Sec. XV., ed sicuramente anteriore allo scoprimento delle Azzorre, ch niuna ve n indicata; lE.V. sa che niuna nera conosciuta avanti il 1492. Tuttaltra storia ha invece la pi grande carta nautica posseduta dalla Biblioteca Pa- latina, il portolano del 1561 realizzato da Diogo Homem (Ms. Pal. 0), prolico cartografo porto- ghese, attivo tra il 1557 e il 1576, glio di Lopo e fratello di Andr, entrambi cartogra. Noto per la sua vita avventurosa, nel 1544 venne coinvolto in un omicidio e costretto allesilio in Marocco, da cui fugg, dirigendosi in Inghilterra; dopo aver ot- tenuto il perdono dal re del Portogallo nel 1547, continu a lavorare, ma non si sa in quale citt, per mancanza di informazioni sulle carte prodotte, per poi operare a Venezia sicuramente tra il 1568 e il 1576, anche se alcuni studiosi hanno retrodata- to la sua attivit nella Serenissima dal 1557, fatto che consentirebbe di ricomprendere anche il pezzo in questione. La carta pervenne in Biblioteca nel 1865, dopo lUnit dItalia, a seguito dellacquisi- zione del fondo Palatino, originariamente propriet personale dei duchi di Borbone, caldamente soste- nuta dal bibliotecario del tempo Federico Odorici (1862-1876). Leccezionale raccolta di portolani della Biblioteca Palatina di Parma stata oggetto di studi importanti n dal XVIII secolo. Dopo il padre Paciaudi che, come si visto, fu il primo ad analizzare tali carte redigendo apposite schede conservate allinterno di una sua raccolta di studi intitolata Illustrazione dei codici della Parmen- se, anche il Pezzana risulta autore di uno studio sul Axoiia Di Pasquaii 50 50 Li cairi xauricui oiiia Biniiorica Paiarixa oi Paixa 51 51 mappamondo dei Pizigano, atto a confutare le ac- cuse del padre Pellegrini di non autenticit, come pure lOdorici, dedic al fondo due saggi nuova- mente relativi ai materiali pi antichi. Successivamente il fondo venne censito da Gusta- vo Uzielli nel 1875 e da Mario Longhena del 1907, in occasione del Congresso tenutosi a Parma della Societ geograca della Societ Italiana. A questul- timo si deve pure la redazione di altri tre contributi sullargomento. Il contributo pi esaustivo resta comunque quello del Frabetti del 1978, il quale costitu la base per linclusione del fondo allinterno di unesposizio- ne pi generale sui fondi cartograci parmensi dei secoli XIV-XIX tenutasi in Biblioteca, in collabo- razione con lArchivio di Stato di Parma, del set- tembre dellanno successivo, dal titolo Il territorio rappresentato, in concomitanza con il XV Conve- gno Nazionale di Cartograa. Ancora nel 1992 al- cuni portolani della Biblioteca parteciparono alla mostra su Cristoforo Colombo e lapertura degli spazi tenutasi a Genova in occasione del quinto centena- rio della scoperta dellAmerica. Da tempo la raccolta non suscitava particolare in- teresse da parte degli studiosi sia del manoscritto 03. Ms. parm. 1623 che di storia della geograa. Recentemente essa stata oggetto di una mirata campagna di restauri diretta da Silvana Gorreri, che ne hanno restitui- to loriginaria lucentezza dei colori e la loro fun- zionalit e fruibilit, consentendo di apprezzarne particolari ed aspetti nora inediti. Tale campagna stata realizzata con nanziamenti statali e spon- sorizzazioni private, quali la Societ Value Retail Management (Fidenza Village) per il Ms. parm. 1616 e la Banca Popolare dellEmilia Romagna per il Ms. parm. 1623 (Fig. 3), ed adata per la quasi totalit allo Studio Paolo Crisostomi di Roma. Contestualmente, grazie alla collaborazio- ne con la casa editrice MUP, impresa strumentale della Fondazione Monte di Parma, si dato vita alla prima collana di volumi di alta divulgazione scientica inerenti la Biblioteca Palatina, dal ti- tolo Mirabilia Palatina: stato quindi spontaneo dedicare il primo numero alla collezione dei por- tolani (Carte per navigare. La raccolta di portolani della Biblioteca Palatina di Parma, 2009) e orga- nizzare, per loccasione, unapposita esposizione nella splendida Galleria Petitot, che ha permesso di ripresentare al pubblico leccezionale raccolta in una veste inedita e completa. Axoiia Di Pasquaii 52 52
risaputo tra gli studiosi che a Parma, presso la Biblioteca Palatina, con- servata una consistente e prestigiosa raccolta di antiche testimonianze cartograche; nel 1907 la citt aveva ospitato il I Congresso della Societ Italiana per il progresso delle Scienze e in quelloccasione era stata allestita nelle sale della biblioteca unesposizione di carte nautiche, atlanti e portolani presenti a Parma e Piacenza; nel 1978 ben dodici carte nau- tiche della Palatina erano state censite da Pietro Frabetti nel suo studio sistematico (Carte nautiche italiane dal XIV al XVII secolo conservate in Emilia Romagna, Firenze 1978), ancor oggi valido stru- mento di valutazione scientica; nel settembre 1979 era stata organizzata di concerto con lAr- chivio di Stato di Parma la mostra storico-docu- mentaria Il territorio rappresentato, nella quale, in concomitanza con il XV Convegno nazionale di Cartograa, erano stati proposti temi e problemi della cartograa nelle collezioni pubbliche par- mensi dei secoli XIV-XIX. Questo patrimonio, fortemente suggestivo, popo- lato da velieri, teste di uomini soanti, guerrieri, citt turrite, tende, animali fantastici e bandiere sventolanti tra rotte marittime, rose dei venti e localit costiere, che documenta le conoscenze pratiche, frutto di esperienze personali di mari- nai, mercanti ed esploratori, unite alle informa- zioni fantasiose e alle credenze leggendarie della cultura contemporanea, non era noto tuttavia al grande pubblico. Nellintento di promuoverne la conoscenza e di valorizzarlo adeguatamente, stata realizzata nella primavera del 2009 in colla- borazione con il FAI una mostra nella quale sono state presentate le carte nautiche appartenenti alla Biblioteca Palatina, comprese le due carte, una di Matteo Griusco (Ms. parm. 1617) e una di Diogo Homem (Ms. pal. 0), trascurate dal Frabetti. Grazie a un felice connubbio tra risorse nanziarie pubbliche e private, con la direzione della scriven- te, con competenza quasi trentennale nel campo del restauro, e la professionalit di un laboratorio esterno, al quale stata adata lesecuzione dei lavori (lo Studio Paolo Crisostomi di Roma), si realizzato il risanamento dellintera raccolta con ladozione di soluzioni conservative innovative. Dieci carte nautiche (Mss. parm. 1612-1621) - gurano entrate nella Bibliotheca parmensis nel pri- mo periodo della sua istituzione con Paolo Maria Paciaudi (1710-1785), successivamente le altre: una ancora nel 1837 apparteneva al Marchese Francesco Albergati Capacelli (Ms. parm. 1624), mentre la carta di Homem fu acquisita con linte- ro Fondo Palatino dei Borbone Parma nel 1865, ma persosi lantico numero di inventario (Pal. 40), fu elencata tra i cimeli con nuova segnatura. Tutte le carte nautiche del nucleo originale, nellintento di preservarle meglio, furono adate da Paciaudi a Louis Antoine Lafert, legatore di corte, che le organizz, quelle singole, ripiegandole in due o tre e incollandole a cartoni in cartelle ricoperte in cuoio marezzato, mentre quelle multiple degli atlanti le ripieg in due e le incoll met delluna alla met dellaltra, verso contro verso, con le pri- me e ultime met utilizzate spesso come contro- guardie, in una struttura a libro, con uguale co- perta; solo per lAtlante nautico di Aloisio Cesani (Ms. parm. 1616) fu mantenuta la legatura ori- ginale in marocchino rosso con super libros della famiglia Gonzaga; su tutti i piatti anteriori venne impresso in oro il super libros della Biblioteca con LE CARTE NAUTICHE DELLA BIBLIOTECA PALATINA DI PARMA: UN PIANO STRATEGICO DI RESTAURO Silvana Gorreri 01. Il Ms. parm. 1618 nella fase di distacco 54 54 Li cairi xauricui oiiia Biniiorica Paiarixa oi Paixa: ux iiaxo sriaricico oi iisrauio 55 55 S G 02. Il Ms. parm. 1618 restaurato i tre gigli borbonici. Dei successivi acquisti, due rimasero arrotolate (Mss. parm. 1622-1623), una (Ms. parm. 1624) conserv la struttura a libro con coperta coeva su assi decorati a secco, mentre la carta di Homem rimase appesa in cornice per oltre centanni ad una parete della stanza adibita a Direzione. Ancora nel 1907 testimoniato che la Carta nau- tica di Francesco e Domenico Pizigano del 1367 (Ms. parm. 1612) conservava lassetto settecen- tesco, ma negli anni a seguire fu la sola ad esse- re staccata dai cartoni della grande cartella e ad essere conservata arrotolata in un grosso cilindro in cartone; nel 2007 fu oggetto di un importante intervento di restauro, del quale si dato conto nelledizione ministeriale di Restaura di quellan- no a Venezia. Un esame della situazione nella sua globalit palesava che non era idonea n la sistemazio- ne settecentesca a cartella o a libro, che aveva determinato lacerazioni nelle linee di piegatura delle tavole, parziale distacco della pergamena dai cartoni, e a volte grossi strappi per leccessiva tensione meccanica conseguente allapertura dei lembi ripiegati, gore da colla e generalizzate ero- sioni da anobidi, acidit da tannino nei punti di rimbocco della pelle della coperta; n oriva ga- ranzia di migliore stoccaggio il condizionamento a volumen: tagli, strappi e lacune marginali per movimentazioni meccaniche, erosioni da rodito- re, ondulazioni del supporto diventato nel tem- po oltremodo rigido e srotolabile con dicolt, cadute o trasferimenti di colore per le abrasioni prodotte dalle mani nello srotolamento e per le sollecitazioni meccaniche conseguenti alla posi- zione srotolata forzata nella consultazione. Era necessario intervenire quindi al loro restauro realizzato con il distacco dai cartoni di tutte le ta- vole, e a seguire test di solubilit e ssaggio, am- morbidimento, distensione su telaio con barre magnetiche, asciugatura a temperatura ambiente e risarcimento delle lacune; ma cruciale a livello progettuale era soprattutto adottare una corretta metodologia di conservazione; si optava per una sistemazione delle varie tavole sciolte e distese singolarmente in cartelline in carta Barriera Ja- pico con riserva alcalina; per il mantenimento di ogni unit bibliograca con lallestimento di una cartella in tela Bukram verde per le carte nautiche singole comprensiva anche delle loro legature, se preesistenti; con lesecuzione di una custodia rigida, sempre in tela Buckram verde, caratterizzante lintera raccolta, a contenimento di tavole e vecchia coperta per le strutture a li- bro: una metodologia di conservazione che evita forzature di apertura nella consultazione e che favorisce la visione contemporanea delle tavole degli atlanti, senza perdita di informazioni sul pregresso. Questa soluzione, frutto di una lunga meditazione progettuale, stata corroborata da uneccezionale e imprevista scoperta: tra le tavole incollate luna allaltra dellAtlante nautico di Aloisio Cesani (Ms. parm. 1616) sono stati rinvenuti ulteriori quattro fogli cartacei con il disegno a penna dei contorni costieri tracciato nella fase di preparazione delle carte nautiche stesse, lavoro propedeutico alla loro realizzazione del quale si conservano poche testimonianze e che fanno luce sulla metodologia adottata, in questo caso a ricalco e non a spolvero, altra tecnica utilizzata. 56 INTRODUZI ONE I lavori di restauro al Palazzo Ducale di Par- ma (noto anche come Palazzo del Giar- dino), sono iniziati nel novembre 2007, grazie ad un nanziamento straordinario del Ministero per i Beni e le Attivit Cul- turali, nellambito della Programmazione Lotto del triennio 2004-2006 di cui alla Legge n. 662 del 1996. Lintervento curato dalla Direzione regionale per i beni e le attivit culturali dellEmilia-Ro- magna e diretto dalla Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici di Parma. I lavori sono stati aggiudicati mediante selezio- ne con procedura aperta a cui hanno partecipa- to circa 60 ditte. Il consorzio CIPEA, vincitore dellappalto, ha poi indicato quale Impresa con- sorziata, esecutrice dei lavori, la Idroter con sede in S. Lazzaro di Savena (BO). Limporto complessivo del progetto di restauro ammonta a circa 750.000,00 euro, distribuito su due annualit nanziarie (2004 e 2006), con interventi che inizialmente avrebbero interessato la facciata sud, latrio a piano terra, lo scalone donore, e le salette poste a nord del piano terra. Lorganizzazione e le dimensioni artigianali della ditta esecutrice dei restauri pittorici ha permesso il mantenimento di un buon livello di qualit. Nel campo del restauro, infatti, com noto, la necessit di tener conto anche di problematiche storiche, artistiche, estetiche, oltre che, natural- mente, di quelle tecnologiche, nonch del fatto che la valutazione dei possibili eetti futuri di un intervento vada dilatata nel tempo, impone di seguire alcuni principi operativi (quali quel- lo di reversibilit, di compatibilit e di minimo intervento), che non hanno equivalenza in altri settori, anche se tecnologicamente pi avanzati. Spesso, purtroppo, i soggetti concessionari di grandi opere di restauro, sembrano privilegiare un atteggiamento produttivistico, a scapito del raggiungimento di un livello minimale di quali- t, che un fattore essenziale per il buon anda- mento del cantiere di restauro. Gli interventi di descialbo, eettuati nelle sa- lette a piano terra, hanno rivelato la presenza di importanti areschi e, come quasi tutti i cantie- ri di restauro che si rispettino, anche quello in questione si sta rivelando una preziosa fonte di informazioni sia di carattere storico che tecnico, riferibili talvolta non soltanto al monumento og- getto di restauro ma, pi in generale, alla storia dellarte e alle caratteristiche costruttive e decora- tive dellepoca in questione. Daccordo con il progettista e direttore dei la- vori, dopo aver vericato che alcune lavorazioni previste nel progetto iniziale non rivestivano ca- rattere durgenza, si deciso di intervenire con una variante in corso dopera e un contestuale recupero del ribasso dasta, per poter meglio ri- denire, fra le altre, il restauro delle due salette arescate. Successivamente, a lavori quasi ultimati, attin- gendo alle somme a disposizione (poche ma suf- cienti) del quadro economico dellintervento, si deciso di operare sulle pavimentazioni dei due ambienti, al ne di eliminare i dislivelli che si erano creati nelle manomissioni precedenti e per ridare unitariet alle due salette, vere e pro- prie proiezioni anticipatrici del paesaggio circo- stante. INEDITI DAL RESTAURO: PAESAGGI DIPINTI NEL PALAZZO DEL GIARDINO DI PARMA Corrado Azzollini, Luciano Serchia * Paolo Ponzoni, Pianta di Parma, 1572, particolare 58 58 Ixioiri oai iisrauio: iaisacci oiiixri xii Paiazzo oii Giaioixo oi Paixa Lattenzione e la costante dedizione, dimostrate dal direttore dei lavori e dai restauratori, hanno reso pos- sibile la restituzione, nel grande ambiente occupato dallo scalone monumentale, di emozionanti atmo- sfere celate sotto incauti interventi ottocenteschi. Nel cantiere in questione, vero e proprio cantiere di progetto, grazie alle possibilit oerte dallat- tuale normativa sui lavori pubblici, in particolare gli articoli riguardanti il settore dei beni culturali, si potuto aggiornare il progetto, modicandolo giorno dopo giorno, scoperta dopo scoperta. Corrado Azzollini 01. Paolo Ponzoni, Pianta di Parma, 1572, particolare con il giardino e il castello 59 59 Coiiaoo Azzoiiixi, Luciaxo Siicuia IL CONTESTO: PAESAGGI DIPINTI NELLA DELIZIA DEL DUCA OTTAVIO FARNESE I restauri diretti da chi scrive e tuttora in corso nel- la cinquecentesca residenza del Giardino di Parma, voluta dal duca Ottavio Farnese (1524-1586) che nel 1561, allindomani del raggiunto equilibrio politico, economico e nanziario conseguente alla pace europea di Cateau Cambrsis, acquist i terreni circostanti lantico castello e ne ad il progetto a Vignola, hanno portato alla luce inte- ressanti areschi con paesaggi in due sale al piano terreno. Non sono ancora del tutto chiare le vicende co- struttive della delizia farnesiana ultra umen, nota anche come Palazzo del Giardino, visibilmente mo- numentale nella sua magnicenza, il cui ideatore, il duca Ottavio di concerto con il fratello, il gran cardinale Alessandro (1520-1589), vi ha trasferito la cultura del Rinascimento e lideologia della vil- la sviluppatasi nella Roma successiva al Sacco del 1527, ma gi codicata nella trattatistica e nella pratica architettoniche rinascimentali. Il riferimen- to a villa Giulia, nel cui cantiere documentato Vignola, apprezzato architetto dei Farnese a Capra- rola, a Parma e a Piacenza. Senza entrare nel merito delle vicende del cantiere farnesiano, la cui complessit e durata si evincono dallo spoglio dei Mastri Farnesiani, e della cultu- ra romana che sostanzia linvenzione della celebre fontana in costruzione nel 1569 (e oggi scompar- sa), sottolineo limportanza del disegno del palaz- zo, di pianta approssimativamente quadrata, ra- gurato entro un quadrilatero bastionato, ma mai realizzato, nella notissima pianta di Parma incisa dal piacentino Paolo Ponzoni (1572). La pianta la prima a registrare la nuova forma urbis, forte- mente caratterizzata dallampio settore farnesiano, ossia dal castello e dal giardino, nelloltretorrente, nella parte nord occidentale della citt. Rispetto alliconograa precedente, nuovo anche il punto di vista settentrionale. Esso rispecchia la volont di enfatizzare il settore farnesiano del Giardino, ter- mine con il quale, nei documenti, spesso si usava riassumere lintero sistema palazzo-giardino. Il palazzo ritorna, con buona attendibilit, ma con sensibili varianti, nella mappa che Smeraldo Smeraldi, ingegnere ducale, esegue nel 1592. Il palazzo, che vi compare con lannessa fontana, pare gi ampliato verso i lati e sul retro. Le decorazioni connotano le due sale terrene (sala est e sala ovest) come vere e proprie stanze-paese ante- litteram, poich la narrazione dipinta oltre a propor- re unariosa ambientazione naturalistica nella dilata- zione del campo visivo, con luminosi paesaggi dagli orizzonti lontani, coinvolge lo spazio, distendendosi dalle volte a botte alle pareti con una rappresentazio- ne continua, rivestendo completamente la supercie muraria scandita in parte anche da elementi archi- tettonici dipinti intorno alle porte di accesso. Il tema della stanza paese, ossia il giardino in una stanza, cui si dedicheranno, con esiti di indiscus- sa qualit, numerosi pittori sul volgere del Sette- cento, ha per una antica tradizione e origini re- mote nella cultura romana, non senza riferimenti espliciti nel trattato di Vitruvio. Il teorico dellet augustea suggeriva di dipingere porti, promonto- ri, spiagge, umi, fonti, rocce, villaggi, monti.... Paesaggi uviali con una sapiente esecuzione delle architetture e della verit botanica della vegetazio- ne, sono quelli dipinti sulle pareti della sala sud est del Palazzo Ducale del Giardino. Particolarmente interessante limpaginazione dello spazio condotta sulla parete verso lingresso principale della sala: qui la trama disegnativa e lo 60 60 stesso programma iconograco denunciano unin- venzione colta e ricercata in cui il paesaggio non citazione erudita o divagazione fantastica. Tema ancora raro, condotto su modelli di cultura gu- rativa che coniugano suggestioni amminghe a elementi di cultura decorativa di ambito romano. Dagli areschi recuperati si evince che il paesaggio si sviluppava maestosamente sulla volta, su tut- te quattro le pareti e, su quella fra le due nestre, con invenzioni di seducente bellezza. Il pittore ha infatti impaginato la scena con un unico, arioso paesaggio, attraversato da un ume e popolato da alberi in un lussureggiante giardino, nellesibita, implicita celebrazione della natura e dellacqua, ar- ricchendola con inserti architettonici, con cavalli e popolandone il cielo con volatili dai colori ac- cesi. A due successivi interventi, cronologicamente scalati nel XVII e nel XVIII secolo, si devono le decorazioni emerse sugli sguinci delle nestre, in origine pi piccole di quelle attuali, sia nella sala sud est, o Camera degli Uccelli, sia in quella sud ovest, o Camera delle architetture dipinte. 02. Parma, palazzo Ducale, particolare della decorazione della volta della Camera degli uccelli (sala est) Ixioiri oai iisrauio: iaisacci oiiixri xii Paiazzo oii Giaioixo oi Paixa 61 61 Si tratta di un fregio di verdi racemi che si intrec- ciano scivolando lungo la parete e di un pi artico- lato fregio a volute, interrotte da grandi medaglie che, sullarchitrave, simulano uno sfondato archi- tettonico. Il Palazzo del Giardino stato infatti interessato da interventi di ristrutturazione riferi- bili a due dierenti ambiti cronologici. La prima, profonda modica della delizia farnesiana avvenne verosimilmente entro gli anni ottanta del Seicen- to. A questa fase risale lintervento decorativo sugli sguinci delle nestre. Il duca Ranuccio II Farnese fu responsabile di signicative trasformazioni nel giardino e nella residenza suburbana di la dallac- qua, dopo il relativo disinteresse per gli interventi architettonici manifestato da suo padre Odoardo. Sono invece riconducibili alla fase settecentesca post farnesiana e allepoca dellarchitetto di corte E. Ale- xandre Petitot, altri lavori, avvenuti intorno al 1767, in seguito ai quali sono state ulteriormente amplia- te le nestre degli ambienti terreni e occultati sia le pitture di paesaggio sulle pareti sia ci che restava dellappartato decorativo seicentesco sugli sguinci. 03. Parma, palazzo Ducale, Camera degli uccelli, particolare della parete Coiiaoo Azzoiiixi, Luciaxo Siicuia 62 62 Allinterno dellantica dimora farnesiana che n dallorigine era al centro di una estesa area di orti, poi trasformati in sontuoso giardino, e che le te- stimonianze documentarie ricordano con i ter- mini di castello e di fontana, la decorazione cinquecentesca, tra articio e natura, delle sale terrene e di altri ambienti, mirava alla gradevole fusione di esterno e interno, giardino e residenza, con riferimenti anche allelemento idrico. La villa suburbana di Ottavio Farnese, circonda- ta da un ampio giardino, ospit un articolato e ranato cantiere pittorico allinterno del quale operarono protagonisti e comprimari della scuola bolognese e artisti attenti alla tradizione parmen- se di eleganza e vaghezza di forme di memoria parmigianinesca. Nel 1601, il cronista e poeta Francesco Maria Violardo, ricorda alcune stanze meraviglio- samente depinte dal Mirola e principalmente duna rovina che opera stupenda in pittura. Si tratta del bolognese Girolamo Mirola (1535/40- 1570), pittore nonch gi collaboratore, a Bolo- gna (1552-1553), di Pellegrino Tibaldi (1527- 1596) nella cappella Gozzadini della chiesa dei Servi. A contatto con i Farnese dal 1557, Mirola pittore regolarmente stipendiato dal duca Ot- tavio Farnese dal 3 aprile 1561 no alla morte (1570). Una precedente, autorevole testimo- 04. Parma, palazzo Ducale, Camera delle architetture dipinte (sala ovest), decorazione sugli sguinci della nestra Ixioiri oai iisrauio: iaisacci oiiixri xii Paiazzo oii Giaioixo oi Paixa 63 63 nianza relativa alla sua presenza nel cantiere del Palazzo del Giardino quella di Giorgio Vasa- ri. Lo storiografo aretino, in visita a Parma nel 1566, ricorda anche che Girolamo Mirola aveva dipinto a fresco molte storie in un palazzotto che ha fatto fare il () signor duca nel castello di Parma. Dalla recente ricostruzione cronologica e documentaria Mirola si congura come il vero responsabile del cantiere della decorazione, con un ruolo di indiscusso prestigio, ideatore dellim- paginazione pittorica di un numero maggiore di stanze, oltre la Sala dellAriosto e quella del Ba- cio, o del Boiardo, al primo piano. Allo stesso artista stata attribuita la stanza della Rovina, dipinta nel 1563, verosimilmente aancato da Jacopo Zanguidi, detto il Bertoja (1544-1573?), cui sono state ricondotte larescatura della sala di Perseo e quella della sala del Paesaggio (1571), al piano nobile sul lato sud occidentale del Pa- lazzo. La stanza della Rovina una delle nume- rose sale del piano nobile ricordate dallarchitet- to svedese Nicodemus Tessin che nel 1687-1688 descriveva compiaciuto le stanze ornate dagli af- freschi ispirati ai poemi di Ariosto e di Boiardo, ricordando anche unampia loggia, alta, intera- mente coperta a volte ove Giovanni Fiammingo aveva dipinto grandi paesaggi con taluni palazzi []e alberi che svettano attraverso lintera vol- ta. Oltre alla loggia ricorda una sala chiamata Stanza della Ruina perch gli stucchi si presenta- no come fossero rotti e rovinati. Nel Palazzo del Giardino aveva dipinto anche un altro artista, linfaticabile frescante attivo nei ca- stelli di Torrechiara, Soragna e S. Secondo: Cesare Baglione (Bologna, 1550 c.-Parma,1613), stipen- diato sso del duca a partire dal 1574 di cui Cesare Malvasia, suo biografo, ricorda labilit nellimitare i paesaggi dipinti dai amminghi. Di Baglione, at- tivo al piano terreno del Palazzo Ducale del Giar- dino ove gli spazi di servizio, quali cucine e lavan- derie, erano ambienti consoni ad ospitare soggetti meno aulici, si conservano i sotti arescati in tre sale, con prospettive, sfondati, fregi e animali. Sono elementi propri del repertorio di questo fecondo frescante che aveva meritato lelogio di Malvasia. un viaggiatore inglese, Richard Symonds, in visi- ta al Palazzo del Giardino nel settembre 1651 che ricorda, ammirato, il Camerino del Vento del Ba- glione. Puttini che soano, emergono dal restauro, tuttora in corso, nella sala terrena sud ovest, le cui pareti conservano ampie tracce di paesaggi e precise testimonianze di lussureggianti alberature. Queste decorazioni, venute alla luce dopo labbattimento di una parete che impropriamente divideva in due parti distinte la sala sud ovest del Palazzo del Giar- dino, invadono interamente la supercie muraria. Si tratta di unacquisizione di indubbia rilevanza scientica. Anche in questo caso, come nella sala sud est, le ragurazioni naturalistiche non costitu- iscono lo sfondo di scene di soggetto storico, lette- rario e/o mitologico, nelle quali i veri protagonisti sono le gure umane. Il paesaggio non subordina- to o parte integrante della scena principale. esso stesso protagonista. Il cielo solcato da soci nubi, i bellissimi uccelli in volo presenti in entrambe le sale, le architetture e gli specchi dacqua oltre alle fronde leggere degli alberi resi con pennellate di tocco, sono del tutto confacenti a un luogo di de- lizia, e in linea con quanto suggeriva Leon Battista Alberti. In particolare, le pareti della sala sud ovest, tra volatili, vegetazione e architetture si spalancano su ariose vedute inondate da ampi spettri di luce di straordinaria modernit. Il richiamo al nord sembra ineluttabile nella tematica, negli aspetti spaziali e Coiiaoo Azzoiiixi, Luciaxo Siicuia 64 64 nei particolari, e sollecitano a ripensare alcune del- le lunette arescate provenienti dalla rocca Boiardo di Scandiano, considerati i primi paesaggi cono- sciuti di Nicol dellAbate, intorno al 1540 circa. La concezione dello spazio, articolato in primo o in secondo piano da alberi con fogliame di fattura sottile, le piccole architetture sullo sfondo, proprio come quelle dipinte nella sala sud est del Palazzo di Parma sono, bench non esclusivamente, propri della pittura amminga. E rapporti con la pittura di paesaggio nordica sono rintracciabili, sulla met del Cinquecento, nel fregio della sala dei Paesaggi di Pa- lazzo Poggi a Bologna (1550-1552). La conoscenza della cultura nordica sostanziata dalla rilettura della pittura di Nicol dellAbate, si evince anche nei bel- lissimi fregi con paesaggi in una sala della palazzina adiacente Palazzo Vitelli a S. Egidio, restituiti a Ce- sare Baglione e datati 1565-1570 c. Il paesaggio recuperato sulla volta e i lacerti visi- bili sulle pareti della sala sud ovest del Palazzo del Giardino, ancorch non brani di un paesaggio re- ale e inequivocabilmente identicabile, le puntuali citazioni di architetture oltre gli speroni di roccia presenti nella sala sud est che dominano la pianura solcata da un corso dacqua, le tonalit del cielo, il disegno dei volatili e, soprattutto, limportanza conferita allarchitettura dipinta intorno alle porte di accesso, funzionale a suggerire la piena integra- 05. Parma, palazzo Ducale, Camera delle architetture dipinte, particolare Ixioiri oai iisrauio: iaisacci oiiixri xii Paiazzo oii Giaioixo oi Paixa 65 65 zione fra interno e giardino esterno, attingono a un repertorio di sfondi classici e amminghi. Gli elementi architettonici dipinti, che lartista inserisce con maggiore evidenza in questa sala, se- condo quanto gi emerso dal restauro, rimandano ad un vocabolario classico, come bene si evince dallarchitrave dalla quale si aaccia un putto gio- ioso, cos come il frammento di cornice centinata ben visibile vicino alla nestra. La qualit e la sapienza descrittiva con le quali lartista ha reso sia le fronde degli alberi mosse dal vento, ottenute con un gioco di tocchi leggeri, la luminosit del cielo nel quale volano uccelli va- riopinti, gli inserti architettonici ben visibili sulla parete sulla quale si riconosce anche il disegno di una recinzione con inserti oreali, ed altre trac- ce di decorativismo architettonico illusionistico connotano questi ambienti, nonostante le lacune, nella complessit della narrazione, con il prestigio e lappeal di una decorazione preziosa ed esclusi- va. I restauri confermano la sfolgorante bellezza di questi paesaggi che avevano ammagliato i viag- giatori stranieri in visita a Parma ben prima del- le ampie ristrutturazioni condotte dallarchitetto E. Alexandre Petitot, per Ferdinando di Borbone (1751-1802), nella seconda met del Settecento. CONSIDERAZIONI SULLA CULTURA E SULLA PITTURA DI PAESAGGIO In Italia gli umanisti relegavano il genere pae- saggistico a un ruolo secondario, a parerga, ossia accessori, secondo il termine, mutuato da Plinio, che Paolo Giovio utilizza per Dosso Dossi. La pittura di paesaggio, ad opera di specialisti nor- dici o di pittori versatili, era comparsa nella orna- mentazione di spazi sacri, a conferma del successo di questo genere in ambito manierista. In attesa che ulteriori approfondimenti possa- no meglio denire le coordinate geograche e temporali, oltre che di cultura artistica, nonch la sionomia dellartista o degli artisti attivi nel Palazzo del Giardino, ritengo si possano avanzare alcune ipotesi di lavoro. La cultura e la tecnica pittorica che supportano queste decorazioni sembrerebbero riconducibili ad un contesto nord italiano, se non addirittura ammingo, e ad un arco cronologico intorno alla met del Cinquecento, quello stesso cui apparten- gono Lambert Sustris, autore delle marine e degli ariosi paesaggi nella villa dei Vescovi, a Luvigliano (Padova) e Cornelis Loots, ammingo attivo per i Farnese e ben inserito nellambiente romano degli anni sessanta del Cinquecento. Le piccole architetture e il paesaggio dipinto nel- la sala sud est del Palazzo del Giardino di Parma potrebbero forse essere indagate a confronto con quelle dipinte da Girolamo Mirola sulla volta della Sala del Bacio (1561-1563) al piano nobile dello stesso Palazzo. La Sala del Bacio e la Sala dellArio- sto sono infatti le due stanze del nucleo centrale del palazzo non interessate dai rifacimenti settecente- schi. Le note decorazioni di questi due ambienti costituiscono allegorie dal preciso signicato, e il travestimento letterario funzionale a dilettare e istruire, secondo precetti di oraziana memoria (ut pictura poesis). Ci nonostante, la componente na- turalistica e gli sfondi paesaggistici, sulla volta e lungo le pareti, hanno grande importanza nellite- rato rimando e nellelogio dellacqua e del giardi- no. Anche i paesaggi dipinti sulla volta della Sala del Bacio sembrerebbero riconducibili ad artisti amminghi, forse al pittore Cornelis Loots, e la cronologia, ipotizzata da Meijer entro i primi anni sessanta del Cinquecento, non solo avvalorerebbe Coiiaoo Azzoiiixi, Luciaxo Siicuia 66 66 lintervento dellartista, ma rientrerebbe nella logi- ca del cantiere farnesiano. Originario di Malines, Loots documentato a Parma dallottobre 1563 al novembre 1566 (Meijer 1988, p. 30 nota 41). Del resto la presenza nei Paesi Bassi di Margherita Farnese, moglie del duca Ottavio, in qualit di go- vernatrice delle Fiandre dal 1559, favor larrivo a Parma di artisti amminghi e di dipinti. Dallaprile 1575 documentato paesaggista di corte Jan Soens, e dello stesso Giovanni Fiamengo si tramanda che fossero anche gli areschi raguranti ampi pae- saggi () con alberi () alla volta (Meijer 1988, p.238) che ornavano il loggiato soprastante la fon- tana di Giovanni Boscoli e nel vicino casino eretto sopra la Porta di Santa Croce (De Grazia 1987). I restauri della Camera degli uccelli (sala sud est) e quelli della sala sud ovest del Palazzo hanno consen- tito di recuperare ampie porzioni di areschi cinque- centeschi e brani di decorazioni riferibili cronologi- camente alla met, o poco oltre, del XVII secolo. A seguito di questi lavori si aprono nuove prospetti- ve. Il Palazzo del Giardino si congura come realt architettonica unitaria, al cui interno tuttavia sono documentati dalle fonti, e si individuano, tempi e aspetti della vicenda architettonica e della deco- razione dierenti per cronologia, per provenienza geograca e ambito culturale degli artisti. La decorazione delle sale terrene sud est e sud ovest, verosimilmente opera di uno stesso frescante, ae- risce al medesimo clima di cultura che ha prodotto i pi noti e celebrati areschi con paesaggi visibili al piano nobile del Palazzo. La luminosit degli af- freschi appena riscoperti nelle due sale terrene, pri- vi delle grottesche tipiche del repertorio decorativo di Cesare Baglione, lesecuzione brillante e la viva- ce cromia della vegetazione e dei volatili, la sedu- cente bellezza di un paesaggio dilagante e i dettagli studiati con cura, confermano la sapiente e colta regia esecutiva di un artista, forse ammingo e ag- giornato sulle novit che si andavano elaborando nellambiente romano, la cui identit va ricercata nellambito dei pittori che operarono nel Palazzo intorno alla met del Cinquecento. IL RESTAURO Lintervento di restauro nella Camera degli Uccel- li, o camera sud est, condotto da Felsina Restauri srl, ha comportato in primo luogo la demolizione del muro che divideva questo ambiente, premessa necessaria alla rimozione dei vari strati di into- naco e di colore che ricoprivano interamente gli areschi. Dopo il consolidamento dellintradosso con iniezioni di acqua di calce e primal diluito in acqua, e linietto di ledan, si sono ssate le pitture su un supporto pi solido. Il ssaggio del colore stato realizzato con prodotti reversibili; le cam- piture neutre nelle zone in cui laresco era del tutto scomparso o sostituito da rattoppi di nuovo intonaco, sono state eettuate con colori a base di calce albazzana, mantenendo lo stesso livello tra supercie dipinta e supercie neutra. Nella Camera delle architetture dipinte, o sala sud ovest, ove il restauro in fase di ultimazione, lintervento stato preceduto dalla rimozione del- la parete divisoria, dalla riapertura delloriginario varco di comunicazione con la sala contigua con- tornato da stipiti e architravi dipinti, e dallaspor- tazione dellintonaco che ricopriva interamente le pareti e gli areschi. Per la fase di consolidamento la procedura e i materiali utilizzati sono gli stessi di quelli impiegati nelloperazione condotta nella Camera degli Uccelli (sala sud est). Luciano Serchia Ixioiri oai iisrauio: iaisacci oiiixri xii Paiazzo oii Giaioixo oi Paixa 67 67 B S. Bguin, Jan Soens paysagiste oubli, in Ould Holland, 76, 1961, pp. 202-205. S. Zamboni, Baglioni Cesare, in Dizionario Bio- graco degli Italiani, vol.5, Roma 1963, pp. 186- 187. A. Ottani Cavina, Il paesaggio di Nicol dellAbate, in Paragone, 245, 1970. E. 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I l Duomo di Modena, il monumento pi insigne della citt, fra le massime espres- sioni della cultura medievale e modello esemplare dellarchitettura romanico- padana, dal dicembre 1997, su richie- sta della Soprintendenza per i beni architettoni- ci e paesaggistici di Bologna, un bene protetto dallUnesco. infatti inserito, con esso la Ghirlandina e la Piazza Grande, nella lista delle meraviglie uni- versali da proteggere per i suoi caratteri di uni- cit e di originalit nel contesto della scultura e dellarchitettura romanica italiana, in un insieme omogeneo e inscindibile di insediamento urbano legato ai valori della civilt comunale, con il suo peculiare intreccio di funzioni economiche, reli- giose e civili. Quindi un maggior prestigio internazionale, un maggior credito presso gli organismi europei, un nuovo veicolo attraverso il quale la citt turistica potr trarre vantaggi. Liscrizione comunque un impegno gravoso e impone obblighi conservativi del bene pena leliminazione dallelenco dei beni inseriti nel patrimonio mondiale dellUmanit. Nellambito della salvaguardia e della promozione del patrimonio culturale un obiettivo che le au- torit responsabili del sito modenese intendono perseguire, aderendo alle direttive dellUnesco, lattuazione del Piano di Gestione redatto nel 2007 dal gruppo di lavoro composto da rappre- sentanti della Direzione regionale per i beni cul- turali e paesaggistici dellEmilia-Romagna, del Comune di Modena, del Capitolo Metropolitano del Duomo e delle Soprintendenze territoriali. importante per, prima di entrare nel merito del restauro in corso, osservare come gli interventi realizzati a partire dalla ne dellOttocento abbia- no in parte modicato loriginale stato chimico- sico della materia. Fino a quel momento gli in- terventi avevano avuto un carattere episodico ma con listituzione dellUcio regionale per la con- servazione dei monumenti dellEmilia, avvenuta nel 1891, il restauro fu ricondotto nellambito di una attivit programmata. Tre sono stati i progetti che hanno visto realizzare importanti interventi sulla facciata del Duomo. Il Barberi inizi nel 1877 la stesura del program- ma di restauro, per conto del Capitolo, con una serie di progetti il primo dei quali fu sottoposto alla Commissione Provinciale nel 1887 dopo una sistematica ricerca sul Duomo durata 15 anni e tra- dotta in massima parte in rilievi e studi graci. Il Barberi nella sua relazione esponeva gli inter- venti ritenuti pi urgenti: I due pinnacoli che sinnalzano nel lato orientale e la grande rosa della facciata principale essendo gravemente dan- neggiati dalle ltrazioni dell acqua e dellazione del gelo, abbisognano di riparazioni per evitare il deperimento. Le linee del suo programma di restauro individuavano le operazioni di ripristino da anni sollecitate da artisti e architetti locali. Il progetto di riparazione della facciata del Barbe- ri fu valutato dal direttore dellUcio regionale Raaele Faccioli per stabilire il grado di compati- bilit con i criteri conservativi richiesti dal Mini- IL DUOMO DI MODENA CAPOLAVORO DEL GENIO CREATORE UMANO RESTAURO DEL PARAMENTO LAPIDEO Graziella Polidori 01. Il Duomo di Modena dopo il restauro del 1893-94 70 70 Ii ouoxo oi Mooixa caioiavoio oii cixio ciiaroii uxaxo iisrauio oii iaiaxixro iaiioio stero della pubblica istruzione; lo stesso Faccioli fece alcune riserve sullintervento di scrostatura totale delle pareti della navata dove coesistevano antiche pitture murali. Solo nel 1891 venne dato corso ai lavori di re- stauro ed il Ministero chiam lUcio regionale ad occuparsi direttamente dei restauri del Duomo in base al progetto del Barberi, rivisto successi- vamente anche dal Genio Civile. Si intervenne quindi sulla copertura con leliminazione dei sopralzi in muratura protetti da coppi situati sui salienti minori della facciata e con la copertura delle cornici dentellate con fogli di rame oppor- tunamente adattati. Gli interventi sulla facciata interessarono le due nestrelle quadrilobate poste sopra i portali laterali, la cui demolizione permise di ritrovare la traccia delle antiche monofore alte 193 cm e larghe 26 cm. Limportanza dei ritrovamenti convinse il Faccioli ad attuare il ripristino delle monofore in una ver- sione pi corta che non interferisse con i rilievi della genesi. I lavori poterono proseguire sino al 1893 con la totale riparazione del rosone: la grande rosa campionese di pietra fu ampiamente rappezza- ta, in particolare nel semicerchio inferiore, con nuovi blocchi di biancone di Verona tagliati e torniti sul modello di quelli esistenti. A prote- zione delle vetrate istoriate della raggiera furo- no applicati i telai con rete che si conservano ancora oggi. Il paramento laterizio dei loggiati fu scrostato dellintonaco imitante la pietra, mentre alcune lastre del paramento di facciata, nascoste no a quel momento da manifesti e annunci funerari, vennero sostituite con nuove lastre di pietra di Verona. (Fig. 1) Negli anni a seguire no ai primi anni del No- vecento furono intrapresi molti altri lavori come lisolamento del Duomo e le demolizioni al suo interno. Unulteriore tornata di restauri venne promossa dal progetto del Barbanti e da Tommaso Sandon- nini, segretario del Comitato promotore per il re- stauro del Duomo, che gi negli anni 1893-1894 aveva auspicato il recupero dei due leoni romani sostituiti nel 1851 con copie dello scultore Luigi Righi. Nonostante la richiesta presentata in quegli anni dal Faccioli, i leoni stilofori, nel frattempo trasferiti nel lapidario, vennero eettivamente ri- collocati nel protiro della facciata solo nel 1923. Lo stato incompleto dei due torrini, dovuto al terremoto del 1671, port il Comitato ad aprire una sottoscrizione per ricostruire, su progetto del Barbanti, le edicolette cuspidate con otto colon- ne che insistevano in origine su basi prismatiche. Il progetto teneva conto delle ricerche darchivio e delliconograa storica. Lapprovazione del Mi- nistero venne emessa a condizione che venisse utilizzata una pietra diversa dalle pietre istriane e veronesi usate in Duomo. Fu usato cos il mar- mo bianco bronzetto ma ci non ferm le critiche successive. I capitelli a foglie delle colonnette e tutte le modanature delle edicole furono giudi- cate troppo nite e perci falsicanti da Gustavo Giovannoni nel 1938. Il ciclo di restauri che interessarono il Duomo di Modena riprese, dopo la parentesi bellica, nel corso degli anni Cinquanta, per la necessit di in- terventi con opere di restauro per la salvaguardia delle sculture e dei prospetti esterni, pi diretta- mente minacciate dallazione di degrado. Pi tar- di, nel 1968, lattenzione si spost sui fenomeni di degrado localizzati in facciata e in particolare 71 71 G P sui bassorilievi della Genesi che cominciavano a dare segni di deperimento. Dopo numerosi studi e convegni la Soprinten- denza per i beni architettonici e paesaggistici di Bologna predispose il progetto di restauro ma i nanziamenti tardarono ad arrivare, tanto che si ritenne opportuno installare un ponteggio a pro- tezione della facciata. Proprio grazie a tale struttu- ra fu possibile constatare il gravissimo stato di de- grado in cui versava la grande rosa campionese, in particolare il semicerchio inferiore, gi ricostruito in epoca ottocentesca. Il progetto di restauro della Soprintendenza pre- vedeva tecniche di restauro adottate a quellepoca ed in particolare la pulitura ed il trattamento con- solidante, secondo modalit gi sperimentate in altri importanti monumenti come ad esempio nel Portale di Palazzo Schifanoia, nella facciata della cattedrale di Ferrara, nei portali di San Marco a Venezia e nel rivestimento lapideo della basilica di San Petronio a Bologna. Come consolidamento e protezione delle super- ci esposte venne applicata a pennello una soluzio- ne di resina paraloid dosata al 5% mescolata con clorotene e diluente nitro con laggiunta dell1% di silicone; una soluzione concentrata delle due resine, rispettivamente 15% di paraloid e 5% di silicone, venne applicata nelle piccole fessurazio- ni no a riempimento; quale strato di nitura fu eseguita una protezione a base di cera vergine di- luita in soluzione al 10% in essenza di trementina stesa a pennello. Al riguardo il comitato di studiosi composto da Cesare Brandi, da Cesare Gnudi e da Raaella Rossi Manaresi del Centro per la conservazione delle sculture allaperto di Bologna, convocati per prendere visione dei rilievi del Wiligelmo, con- venne di rimuovere lo strato ceroso steso sui rilie- vi di Wiligelmo e di optare per la sola protezione, analogamente a quanto fatto per San Petronio a Bologna, a base di paraloid e silicone, perch la patinatura a base di cera avrebbe provocato un ra- pido scurimento. Anche il Comitato di Settore del Ministero per i beni e le attivit culturali, con la nota del 1979 che approva gli interventi per il Restauro della Facciata del Duomo, ritiene che dovesse essere evitata lapplicazione di cere perch attirano la polvere. La caduta di una porzione di materiale lapideo, avvenuta nel 2005 in corrispondenza della cor- nice dello spiovente destro del tetto della faccia- ta, ha determinato lavvio, da parte della Soprin- tendenza per i beni architettonici e paesaggistici di Bologna, di una serie di indagini scientiche sullo stato di conservazione delle strutture del Duomo e del successivo intervento di consoli- damento e restauro della facciata. Le indagini petrograche, chimico-siche e la ricostruzione storica degli eventi hanno permesso di sviluppa- re lintervento di restauro sulla facciata e succes- sivamente sul lato settentrionale, dove i lavori sono potuti continuare con nanziamenti della Fondazione Cassa di Risparmio di Modena. At- tualmente (marzo 2009) stato avviato sempre a cura della Soprintendenza per i beni architetto- nici e paesaggistici di Bologna, il cantiere di re- stauro del lato meridionale del Duomo, su piaz- za Grande, del portale wiligelmico e dei portali laterali della facciata. Questo progetto prevede un dicile intervento di pulitura dalle croste nere presenti su tutto il lato della navata centrale, coerentemente a quan- to eettuato sul lato nord, secondo le modalit 72 72 operative gi condivise con lIstituto superiore per la conservazione e il restauro (Fig. 2). Le metodologie del restauro e i materiali saranno deniti solamente a seguito dei riscontri ottenuti dalle analisi chimiche che hanno gi preannunciato un elevatissimo fenomeno di solfatazione in atto sul paramento lapideo interessato dalle croste nere. Anche qui gli interventi da realizzare sul para- mento lapideo, articolati nelle fasi canoniche di pulitura, consolidamento ed eventuale protezio- ne, saranno preceduti, come consuetudine, dalla fase propedeutica di documentazione e di ricerca e dalla realizzazione di mappature grache di lo- calizzazione dei fenomeni di degrado. Questa fase di documentazione e di ricerca, in re- lazione ai lavori sulla facciata e sul lato settentrio- nale, ha permesso di acquisire dati ad oggi scono- sciuti mediante lo sviluppo di rilievi graci per 02. Lato sud interessato da croste nere Ii ouoxo oi Mooixa caioiavoio oii cixio ciiaroii uxaxo iisrauio oii iaiaxixro iaiioio 73 73 lidenticazione litotipica dei singoli elementi del il paramento lapideo del Duomo. (Fig. 3) I rilievi fotograci generali e particolareggiati e la mappatura graca delle forme di degrado hanno permesso inoltre di catalogare le varie pietre in base alla natura dei processi degenera- tivi riscontrati; insieme alle ricerche darchivio tendenti a risalire agli eventuali trattamenti su- biti in passato ed alle indagini chimico-siche nalizzate alla caratterizzazione composizionale dei prodotti del degrado ed al loro legame con gli ultimi interventi di restauro, si ottenuta la documentazione necessaria per sviluppare gli in- terventi in atto. A soli trentanni dallultimo intervento, si posso- no osservare forme degenerative quali decoesioni, erosioni, esfoliazioni, croste nere, dilavamenti e alterazioni cromatiche. 03. Mappatura dei Litotipi a cura di Stefano Lugli (Universit degli studi di Modena e Reggio Emilia) G P 74 74 Sono state individuate vaste zone lapidee ricostru- ite con malte cementizie e stucchi sintetici ed aree interessate da disomogenee patinature alterate e viranti in gialli traslucidi, originate dalla polime- rizzazione delle resine sintetiche e delle cere uti- lizzate come protettivi. La cera si presenta come un lm staccato dalla supercie, quindi non as- sorbito mentre il paraloid totalmente assorbito nelle zone pi protette ed visibile sottoforma di variazioni cromatiche. (Fig. 4) Il principale degrado riscontrato sulla facciata e sul lato settentrionale era generato dalla mancanza di traspirabilit da parte della pietra, che risultava pi o meno accentuato a seconda della densit del litotipo interessato. In particolare la ricostruzione storica degli eventi ha permesso di appurare che il lato settentrionale del Duomo era stato segnato da numerose sostituzioni lapidee con elementi in pietra tenera di Vicenza, a grana ne, a dierenza della facciata caratterizzata per lo pi dalla stessa pietra di Vicenza ma a grana grossa. In occasione del sopralluogo eettuato dallIsti- tuto superiore per la conservazione ed il restauro sono emerse osservazioni interessanti in merito allo stato conservativo del paramento lapideo pri- ma dellattuale intervento. Stranamente le parti protette della facciata e del lato settentrionale, sia lisce che modellate (sotto mensole e retro delle colonne), risultavano prive di depositi coerenti e di croste nere, a dierenza del paramento laterizio interno alle archeggiature. (Fig. 5) Il lato settentrionale su via Lanfranco fu oggetto nel corso degli anni Settanta-Ottanta di una puli- tura con impacchi AB57 per rimuovere il comple- to annerimento testimoniato dalle foto scattate in precedenza ma che non interess la parete della navata centrale. Lesame di queste due zone, interessate da vicen- de conservative diverse, ha messo in evidenza che la supercie lapidea restaurata negli anni Ottanta ha avuto un intervento di restauro forse troppo aggressivo, come emerge dalla scabrosit della su- percie lapidea. I riscontri ottenuti successivamente, con le inda- gini scientiche eseguite proprio per lidentica- zione dei processi di degrado in atto, hanno con- fermato tale ipotesi. Infatti un prelievo eseguito su una lastra di pietra di Vicenza caratterizzata da supercie scabra con rigature e microcavit irre- golari ha messo in evidenza un incipiente feno- meno di solfatazione: la consistente concentrazio- ne di solfati pari a 1,74% e la presenza di una alta percentuale di ione ammonio sono imputabili 04. Il degrado presente sulla facciata Ii ouoxo oi Mooixa caioiavoio oii cixio ciiaroii uxaxo iisrauio oii iaiaxixro iaiioio 75 75 allutilizzo di una sostanza corrosiva che potrebbe aver provocato una forte aggressione della pietra. Ulteriori analisi stratigrache hanno messo in luce la presenza in diverse zone del paramento lapideo di una scialbatura a base di calce pigmentata stesa anche al di sopra di residui di crosta nera, pro- babilmente al ne di coprire alcuni risultati non soddisfacenti della pulitura e di rendere omoge- neo il risultato estetico nale. Le campagne diagnostiche hanno inoltre confer- mato la ricostruzione storica sui precedenti inter- venti di restauro, riscontrando la presenza di resine acriliche, in particolare di paraloid, una delle resi- ne acriliche pi utilizzate tra gli anni Settanta e gli anni Ottanta per operazioni di ssaggio e consoli- damento dei materiali litoidi. Sono state esaminate quindi tutte le patine osservabili sulla supercie, sottoponendone i campioni prelevati allo studio al microscopio elettronico a scansione, alla microana- lisi chimica elementare, alla microsonda elettronica in dispersione di energia e al FT/IR (microanalisi spettrofotometrica allinfrarosso). Tutte le patine sono formate da quantit variabili di gesso e da ossalati, questultime derivanti dal degrado di sostanze organiche proteiche utilizzate in passato sia per la protezione superciale sia per la stesura di scialbature a calce; i saggi immuno- enzimatici hanno individuato in maniera diver- sicata la presenza di caseina di capra, caseina di vacca, colla di bue e di albume. Nellimpossibilit, da parte del laboratorio, di se- zionarle in stratigraa, si cercato di collocarle nello spazio temporale in base alle notizie storiche in nostro possesso. Lalbume ritrovato sulle torrette da datare suc- cessivamente al 1937, anno in cui i torrini furono ricostruiti; la stessa sostanza proteica stata ritro- vata sia sul rosone che sul rilievo di Wiligelmo, probabilmente utilizzata come legante degli strati pittorici e quindi di origine pi antica. La presen- za della colla di bue signicativa nella zona bas- sa dei contraorti in facciata, sostituiti intorno al 1924, e successivamente scialbati come riportato nella ricostruzione storica delle edizioni Panini. La presenza di una scialbatura a calce, ora com- pletamente solfatata, stata riscontrata in alcuni 05. Particolare delle Loggette prima del restauro G P 76 06. Il degrado del rosone in arenaria 07. Particolare del rosone prima del restauro campioni di colore bianco-avorio ed in quelli di colore giallo-aranciato a causa della presenza di ocre, come nel campione prelevato dalla secon- da metopa di facciata. Lultima patinatura delle superci lapidee, documentata dalla ricostruzione Panini, pu essere fatta risalire al restauro eseguito nellimmediato dopo-guerra. Lutilizzo della casei- na di capra, ritrovata in particolare sul prospetto Nord nel corso dellintervento di restauro conclu- sosi nel novembre del 1985 con le stesse modalit tecniche adottate per la facciata, pu essere ascri- vibile a tale fase di lavori. La presenza di resina acrilica conferma lintento dellultimo intervento di restauro degli anni 80 di impermeabilizzare le superci. Al contrario che sulla facciata sul lato nord, nessun prelievo ha mostrato la presenza di cera microcristallina. Ritornando ai processi di degrado riscontrati e campionati durante la fase diagnostica, partico- larmente grave si presentava lo stato conservati- vo degli elementi in arenaria, in particolare del rosone nel semicerchio inferiore completamente ricostruito nellOttocento; questo tipo di arenaria (denominato formazione di Pantano) ha subito numerosi interventi di restauro che comunque non sono riusciti ad arginare il problema. Lare- naria si presentava con profonde spaccature, di- sgregazioni e distacchi in corrispondenza delle vecchie stuccature a base di resina sintetica, de- laminazione del substrato e interi conci sollevati senza pi continuit materica e presenza di piante infestanti. (Figg. 6-7) Il degrado materico in cui versava larenaria del rosone ha reso indispensabile un lungo e metico- loso intervento di consolidamento volto a ridare al substrato incoerente la compattezza perduta, con leliminazione delle resine sintetiche delle Ii ouoxo oi Mooixa caioiavoio oii cixio ciiaroii uxaxo iisrauio oii iaiaxixro iaiioio 77 77 malte non pi idonee e coerenti utilizzate negli ultimi interventi. A dierenza di molti interventi di restauro in- dirizzati verso la ricostruzione di quei modanati architettonici che per varie concause sono andati perduti, si preferito non interferire ulteriormen- te con malte riportate o con ricostruzioni arbi- trarie. Si scelto quindi di limitare lintervento alla sola chiusura delle vie dinltrazione di acqua con mal- te idonee con un accenno di modellato solo in al- cune parti completamente degradate e di trattare adeguatamente le zone con creste pericolose che avrebbero potuto creare problemi di inltrazioni dacqua. (Figg. 8-9) Al restauro completo del rosone che ha riguar- dato anche la parte interna del Duomo, ha fatto seguito il dicile lavoro di restauro delle vetrate istoriate quattrocentesche. Le vetrate sono state smontate dalla struttura ob- soleta che le conteneva, pulite dai depositi e dalle incrostazioni di vecchie malte e siliconi, consoli- date nella pellicola pittorica in supercie, ricollo- cate nella posizione originaria tramite una nuova griglia di contenimento in piombo. Sono state eliminate le incongruenze storico-stilistiche cre- ate dai precedenti restauri in particolare i tasselli vitrei ricostruiti con resina e le tessere disposte a caso senza un nesso stilistico-graco. Di natura pi strutturale stato lintervento che ha riguardato il cornicione in pietra di Vicenza e le torrette sommitali. Il cornicione soggetto a continue inltrazioni di acqua piovana stato an- corato nelle parti disgregate (Fig. 10) e successiva- mente ne stata migliorata la protezione superio- re. Gli aggetti esterni (capitello del saliente) erano stati ricostruiti con cemento grigio e sabbia grossa 08. Il rosone dopo il restauro 09. Particolare dopo il restauro G P 78 78 ed erano stati ancorati allarenaria con perni let- tati in acciaio di dimensioni spropositate rispetto alla consistenza lapidea. Per evitare inoltre ulte- riori cadute di materiale stata applicata una rete metallica tassellata direttamente al capitello del saliente. Per quanto riguarda le torrette soggette a disgrega- zione materica per la natura marmorea della pie- tra utilizzata sono stati studiati dei rinforzi esterni in acciaio inox per aiutare le colonnine e le lastre superiori nella loro funzione strutturale. (Fig. 11) Le foto mostrano la colonnina in marmo bron- zetto del torrino di facciata e la colonnina in mar- mo di Verona del torrino absidale ed evidenziano forme di degrado simili molto preoccupanti con fenomeni di fessurazione verticale e veri e propri distacchi di parte del materiale. Il restauro delle superci del paramento e degli orna- ti ha previsto una prima fase di preconsolidamento realizzata su quelle porzioni lapidee con avanzati fe- nomeni di disgregazione, esfoliazione e scagliatura a cui seguita la messa in sicurezza di scaglie, schegge e frammenti di maggiori dimensioni. Le zone inte- ressate da patine biologiche, concrezioni di muschi e licheni, sono state trattate con soluzioni biocide idonee scelte dopo lindividuazione dellagente pa- togeno. Le stuccature eseguite con malte cementizie che non assicuravano pi una perfetta chiusura del- la lacuna sono state rimosse e sostituite con impasti costituiti da calce idraulica esente da sali ed inerti a granulometria e composizione variabile, a seconda del litotipo da reintegrare. I prodotti utilizzati per lattuale restauro sono stati oggetto di unaccurata campagna di analisi chimiche condotta sia in laboratorio sia in can- tiere: in particolare stata vericata la capacit di penetrazione nei diversi tipi di materiale lapideo dei consolidanti, lassenza di variazioni cromati- che dopo lapplicazione e la corretta esecuzione della pulitura nel rispetto delle patine ad ossalati e delle varie scialbature. Sono stati utilizzati materiali conosciuti e impie- gati nel campo del restauro da anni, i cui risultati 11. A sinistra, torrette absidali; a destra torrette lato ovest 10. Particolare del rosone disgregato Ii ouoxo oi Mooixa caioiavoio oii cixio ciiaroii uxaxo iisrauio oii iaiaxixro iaiioio 79 79 sono ancora oggi visibili su importanti monu- menti, limitandone comunque lutilizzo in fun- zione della reale necessit riscontrata dalle analisi di laboratorio. Di tutto lintervento di restauro sono stati svilup- pati una serie di rilievi graci che riportano lesat- ta localizzazione degli interventi con le speciche chimiche dei materiali utilizzati e le relative sche- de tecniche al ne di lasciare ai posteri tutta la documentazione necessaria per futuri interventi. A seguito delle lesioni riscontrate nella zona dei matronei di facciata il Comitato Scientico del Duomo, composto da docenti universitari e dai rappresentanti dalla Soprintendenza di Bologna e della Direzione Regionale, ha valutato gli oppor- tuni interventi di consolidamento strutturale. Su queste lesioni, (Fig. 12) presenti da tempo nella zona dei matronei erano gi intervenuti in passato (presumibilmente nellOttocento) con cuciture in stae di ferro e resine naturali: un particola- re interessante lanalisi eettuata su uno stucco utilizzato per ladesione di un pezzo distaccato da una colonnina, che ha rilevato lutilizzo di resina colofonia. Lintervento di consolidamento strutturale appe- na ultimato ha previsto la posa di cerchiature di acciaio in corrispondenza delle fratture nelle co- lonnine e negli architravi e la posa di prolo di ac- ciaio lungo il bordo del cornicione a doppia pelta collegato alla muratura delle loggette con stae e tiranti in acciaio. (Fig. 13) Il tutto completamente nascosto dalla vecchia copertina in piombo che stata riposizionata sui matronei e stagnata nelle giunture. Per vericare inoltre la struttura costruttiva del Duomo sono state eseguite indagini video-endo- scopiche sulla facciata che hanno portato a interes- 12. Particolare delle lesioni presenti nella zona matronei 13. Consolidamento strutturale G P 80 santi scoperte ancora in fase di approfondimento; al momento i prelievi, che hanno raggiunto una profondit di 136 cm, sono stati eseguiti in tre se- zioni del Duomo per determinarne la consisten- za muraria: sulle arcature superiori dei matronei, nella zona interna ai matronei in corrispondenza del laterizio e prossimit degli archetti pensili. Il primo dato interessante lo spessore del rivesti- mento lapideo che, mentre nella zona delle arca- 14. Particolare delle lesioni sul anco nord Ii ouoxo oi Mooixa caioiavoio oii cixio ciiaroii uxaxo iisrauio oii iaiaxixro iaiioio ture superiori varia da 13 a 36 cm, al di sotto dei matronei diminuisce partendo da un minimo di 7 cm ed arrivando ad un massimo di 30 cm. La muratura dietro al rivestimento lapideo in tutte e tre le sezioni costituita da alternanze di mattoni messe in piano e a coltello e giunti di malta di dimensioni variabili. Tra le mappature che si stanno realizzando di notevole importanza quella del quadro fessurati- 81 15. Particolare delle lesioni sul anco nord vo presente su tutti i prospetti del Duomo che fornir informazioni pi dettagliate sulle proble- matiche inerenti al fenomeno della subsidenza del complesso costituito dal Duomo e dalla Ghirlan- dina. (Fig. 14) Il Comitato dovr arontare anche il tema della salvaguardia del bene dal rischio sismico poich noto che del nostro patrimonio culturale, quindi anche del Duomo, sappiamo qualcosa sullo stato di conservazione, ma quasi nulla sul modo di pre- servarlo. A tale proposito lazione del Comitato dovr mirare ad unadeguata attivit conoscitiva della fabbrica del Duomo per garantirne la prote- zione e la conservazione per ni di pubblica fru- izione. Per arontare questargomento sono di grande aiuto le Linee Guida per la valutazione e riduzione del rischio sismico del Patrimonio culturale denite dal Ministero per i beni e le attivit culturali in coerenza con lordinanza del Presidente del Con- siglio dei Ministri del 12.11.2007 che consentono di agire in modo metodologicamente corretto. G P SINTESI STORICO-CRITICA A ppartenente sin dalle sue antichis- sime origini allordine dei Cano- nici Regolari del SS. Salvatore, poi acquisita al Demanio statale nel 1866, la chiesa fu ricostruita dapprima nel 1473-78 e poi tra il 1605 e il 1623 su progetto del milanese Giovanni Ambrogio Mazenta, padre barnabita. Ne segu lesecuzione, adattando il progetto originario di Mazenta alle condizioni del luogo, il bolognese Tommaso Mar- telli, indicato nei documenti come architetto della nostra chiesa. La fama di Mazenta in quegli anni confermata dallessere stato larchitetto prescel- to dal capitolo della cattedrale bolognese di San Pietro per il progetto di ricostruzione della preesi- stente chiesa romanica, in continuit con lopera di rinnovamento avviata con la realizzazione della cappella maggiore di Domenico Tibaldi del 1570. Si deve a Mazenta inoltre la chiesa di San Paolo dellordine barnabita a cui apparteneva, sita nelle vicinanze del SS. Salvatore, su via Barberia. Le alterne e controverse vicende della realizzazione seicentesca del SS. Salvatore seguirono in parallelo quelle coeve della cattedrale bolognese, tanto che la prima pu dirsi lalter ego della seconda, con la dierenza che nel SS. Salvatore il compimento fu perseguito in modo pi coerente ai propositi del Mazenta, tanto da potersi considerare come il suo capolavoro. N incisero pi di tanto sullidea spa- ziale generale i successivi interventi (tranne quelli moderni di cui si dir), fatto di per s eccezionale se si considera quanto siano rari gli esempi dellepoca che non hanno subito nel tempo, anche in modo invadente, laggiunta di decorazioni ed ornamenti, come avvenuto in molte chiese della Controrifor- ma, che in origine ne erano prive. I restauri eseguiti dalla Soprintendenza nel SS. Salvatore hanno di fatto privilegiato laspetto delle niture e coloriture chiare del primo Seicento che sono state trattate come un aresco da riportare in luce, operando una scelta selettiva su quelle suc- cessive. Insieme ai lavori stata condotta linda- gine storico documentaria, pervenendo a nuove acquisizioni sul controverso dibattito che accom- pagn la realizzazione, documentato nei carteggi della fabbrica, che tra oppositori e fautori meglio chiarisce lapporto originale di Mazenta e il sen- so e il signicato di questa architettura 1 . stato inoltre possibile ricostruire la sequenza dei lavori, le fasi di preparazione e allestimento del cantiere, gli accorgimenti per utilizzare quanto pi possibile le muraglie preesistenti nuovamente sottofondate. Nuove osservazioni, come si vedr, evidenziano la particolare tecnica utilizzata nelle niture interne. I riscontri iconograci restituiscono inoltre come doveva essere il sagrato, rimosso nellOttocento, che ne costituiva il podio sopraelevato. Il SS. Salvatore appare solo in parte conforme al mo- dello delle chiese della Controriforma, sul tipo del Ges a Roma. Laula a sviluppo longitudinale alta il doppio della larghezza, con tre cappelle sui due lati; il transetto, compreso nel perimetro rettangola- re del corpo della chiesa, coronato da una cupola nascosta allesterno da un tiburio ottagonale (Ma- zenta lavrebbe voluta estradossata e a collo lungo); labside si presenta semicircolare allinterno e poli- gonale allesterno. A partire da queste componen- ti, similari a molte chiese congregazionali di quegli anni, con signicative varianti Mazenta seppe eman- RESTAURI DELLA CHIESA DEL SS. SALVATORE A BOLOGNA Antonella Ranaldi * Chiesa del SS. Salvatore a Bologna, linterno dopo i restauri 84 Risrauii oiiia cui isa oii SS. Saivaroii a Boiocxa cipare lo schema di partenza, orientando la ricerca verso inedite soluzioni. Innanzitutto vari il passo delle tre campate dellaula, enfatizzando la campata centrale resa pi larga rispetto alle altre e coperta a crociera, dilatata nei due vani delle cappelle laterali a tutta altezza, con nestroni che inondano di luce diretta lambiente interno. Tale accorgimento con- ferisce allaula longitudinale unidea di centralit, creando inoltre unasse trasversale, a formare quasi un secondo transetto (Fig. 1). Lidea risulta ancora pi chiara nel disegno dellarticolata facciata lungo il anco della chiesa. I due alti volumi, corrispondenti al transetto e alla campata centrale, sono denunciati allesterno duplicandone il disegno in modo specu- lare, separati dai corpi pi bassi delle due campate pi strette, alle quali si accompagnano le cappelle laterali con le nestre a serliana, alternate a doppie nte nestre rettangolari, secondo il ritmo bina- 01. Gio. Carlo Sicinio Galli Bibiena, chiesa del SS. Salvatore a Bologna, pianta (1752) 85 A R raste e dellimpaginazione parietale (Fig. 2). A questa sapiente e composta articolazione, si aggiungono le spettacolari otto colonne libere che allinterno se- gnano il passo delle campate dellaula, in luogo delle pi tradizionali paraste o semicolonne. Mazenta svi- luppa qui i presupposti di soluzioni appena enun- ciate in San Salvatore in Lauro a Roma di Ottaviano Mascherino, in San Fedele a Milano di Pellegrino Tibaldi, nella cappella maggiore della cattedrale bo- lognese di San Pietro di Domenico Tibaldi, in paral- lelo al SantAlessandro milanese di Lorenzo Binago, dove grandi colonne monolitiche in marmo rosso furono poste nel 1623, in adiacenza dei pilastri sotto la cupola, volgendo ad esiti di ricerche convergenti che contraddistinguono il contributo degli architetti barnabiti del tempo Binago e Mazenta. Proprio le novit introdotte, la variazione del passo delle campate dellaula, con quella centrale 02. Gio. Carlo Sicinio Galli Bibiena, chiesa del SS. Salvatore a Bologna, prospetto laterale (1752) 86 pi dilatata, e limpiego delle colonne libere, at- tirarono le critiche del tempo, tanto che la chiesa rischi di non essere portata a termine. Si voleva da Roma cambiare il progetto a favore di uno pi conforme alle chiese che, in quegli stessi anni, si andavano realizzando nella citt della sede pon- ticia. Le controverse vicende, che accompagna- rono i momenti pi dicili nel corso dei lavori, sono documentate nei carteggi e nelle missive tra il priore del SS. Salvatore Alfonso Bavosi e il canonico Candido Avanzi, mandato a Roma a difendere la causa del progetto di Mazenta e la prosecuzione dei lavori. La disputa che ne emerse mette in luce il dibattito di quegli anni su temi di squisita natura architettonica, a partire dalle scelte compositive dellimpianto biassiale e del- la colonna libera. Su questi temi si espressero a proposito del SS. Salvatore i maggiori architetti del tempo, Onorio Longhi e Carlo Maderno, il primo insindacabilmente critico, il secondo pi indulgente; le loro posizioni dimostrano quanto le soluzioni del Mazenta, antesignane dei futuri sviluppi, non fossero in quegli anni comprese a pieno, e in una certa misura anche osteggiate. Mazenta stesso, che nel frattempo aveva assunto ruoli di maggiore responsabilit come genera- le dellordine dei barnabiti, scese in campo per controbattere alle critiche rivolte al suo proget- to. E di questo, difese le proporzione, lordine architettonico, il ricorso alle colonne libere, ar- gomentando le sue scelte e dichiarando ancora una volta, come aveva fatto nei suoi appunti au- togra al disegno di progetto iniziale del 1605, i propri modelli di riferimento, ripresi dallarchi- tettura tardo imperiale romana della Basilica di Massenzio, che si riteneva a quel tempo fosse il Tempio della Pace, e delle Terme di Diocleziano, che evidentemente Mazenta doveva conoscere nellaspetto conferitogli da Michelangelo nel mirabile e rispettoso adattamento della chiesa di Santa Maria degli Angeli (Fig. 3). Nel SS. Salva- tore si volle dunque ricreare, e la scelta di portare le colonne fuori dai pilastri lo conferma, leetto delle aule termali antiche, quali si potevano solo immaginare, in uno spazio architettonico lumi- noso e arioso, destinato alla liturgia religiosa. Pur rifacendosi quindi ad uno schema ampiamente diuso, Mazenta introdusse alcune signicative no- vit nellarticolazione planimetrica e nellalzato del- la navata, che resero il SS. Salvatore un modello ri- prodotto in molte chiese emiliane 2 , per divenire poi il punto di avvio delle sperimentazioni barocche sul tema della pianta composita e della colonna libera, che da l si svilupperanno a pieno e con eetti ben pi scenograci. Tanto che pu rintracciarsi, come riconosciuto da Wittkower 3 , una linea evolutiva che dal SS. Salvatore di Mazenta porta alla realizzazione della chiesa romana di Santa Maria in Campitelli di Carlo Rainaldi. E al meglio delle sue qualit, la chiesa venne apprezzata da numerosi e colti visita- tori. Jean Mabillon a Bologna nel maggio del 1686 la deniva una splendida basilica, darchitettura moderna. Filippo Juvarra, di passaggio a Bologna nel 1716, ne riportava la pianta nel suo taccuino 4 . Secondo Montesquieu, a Bologna nel 1729, la chie- sa per larchitettura una delle pi belle di Bolo- gna 5 . Charles De Brosses, appassionato cultore delle antichit romane, a Bologna nel settembre del 1739, non esitava a denirla tra le chiese bolognesi la pi bella chiesa di tutte paragonandola allanti- ca architettura greca e romana 6 . Seguirono da l a poco gli interventi settecen- teschi. Dapprima nel 1744 venne nuovamente pavimentato il sagrato che correva sui due lati Risrauii oiiia cui isa oii SS. Saivaroii a Boiocxa 87 liberi della chiesa, davanti alla facciata e sul an- co lungo la via delle Asse, dal mirabile disegno a forme geometriche e stellari, documentato nella pianta di Sicinio Galli Bibbiena, pubblicata da G. G. Trombelli nel 1752 (Fig. 1). Dopo la caduta di un fulmine il 15 giugno 1758, che danneggi le coperture e le volte, si eseguirono nel 1759-60 consistenti restauri e vari abbellimenti interni. La cronaca di Pedini riferisce che i restauri compiuti dallabate Clemente Ambrosi, costati lire ottomi- la, iniziarono il 2 luglio del 1759 e terminarono il 10 settembre. Riguardarono la sagrestia, tutto il coperto della chiesa e il tiburio, la facciata e il anco della chiesa 7 . Nel 1760 i lavori prosegui- rono allinterno, dove fu rifatto laltare maggiore in marmo e in bronzo dorato, costato circa lire ventimila, e rinnovate le dorature delle ancone in legno delle cappelle. Nel transetto i lavori interes- sarono anche le quattro cantorie che, riportate in luce negli ultimi restauri, mostrano la nezza degli ornati e degli stucchi in bianco e oro e le coloritu- re a nto marmo azzurre e rosse. Il restauro termi- n nel 1760 in occasione del capitolo tenutosi il 28 aprile, che port alla nomina del nuovo priore del monastero Giovanni Grisostomo Trombelli. Appassionato cultore delle arti, egli aveva gi de- dicato alla chiesa approfondite ricerche pubblica- te nelle Memorie istoriche del 1752, corredate dalle belle incisioni di Sicinio Galli Bibbiena, che illustrano la chiesa in pianta, sezione e prospetti (Figg. 1-2) 8 . Di altro tenore furono le vicende che interessaro- no la chiesa dopo le consche napoleoniche e le soppressioni post unitarie del 1866. Il complesso abbaziale divenne da allora di propriet dema- niale e la chiesa appartiene oggi al Fondo degli edici di culto (FEC). Alla ne dellOttocento, lIntendenza di Finanza esegu una nuova pavi- mentazione in mattonelle esagonali di graniglia di cemento, sovrapposta a quella preesistente in ammattonato a spina di pesce, e nel 1899 fu ri- tinteggiato linterno. Allinizio del Novecento, la chiesa torn ad ospitare i canonici (divenuti dal 1823 canonici regolari lateranensi). Fu allora che il nuovo rettore pose mano al rinnovamento delle mense degli altari delle cappelle (1907 e 1918), e nel 1927-28 fu realizzata ad ornamento dellaltare maggiore una pavimentazione in marmo cipolli- no delimitata da una nuova balaustra. Durante lultima guerra laula fu utilizzata come deposito sanitario e militare, proteggendo le cappelle con paratie in laterizio 9 . Sebbene colpita, si salv mi- racolosamente dai bombardamenti. Una mina infatti ne for la cupola, ma cadde rimbalzando A R 03. Maerten Fransz van der Hulst, veduta dellaula trasversa della chiesa di S. Maria degli Angeli a Roma, come si presenta- va dopo gli interventi di Michelangelo allinterno della sala a tre crociere delle Terme di Diocleziano (da Storia dellarchitet- tura italiana. Il secondo Cinquecento, a cura di C. Conforti e R. Tuttle, Milano 2001, p. 41) 88 senza esplodere. Seguirono i lavori di riparazione e pi tardi furono tamponate le nestre che illu- minavano labside. A chiusura di questa sintetica illustrazione delle principali fasi storiche della chiesa, preme qui evi- denziare come la ricerca documentaria e storico- critica sia stata condotta in parallelo ai restauri, co- stituendone un essenziale momento conoscitivo e di approfondimento critico. Rimandando agli esiti di queste ricerche 10 , e auspicando la pubblicazione del signicativo apparato documentario sulla chie- sa, lesperienza dei lavori compiuti si pone secondo gli assunti brandiani del restauro come momento metodologico del riconoscimento dellopera darte, nella sua duplice polarit estetica e storica. Appare quindi utile disvelare con il restauro della materia, i signicati e gli strumenti per apprezzarne lestetica e comprenderne la storia, nella fattispecie collocan- do lopera del SS. Salvatore nella sua giusta dimen- sione nel panorama ampio della storia dellarchi- 05. Linterno dopo i restauri 04. Linterno dopo i restauri Risrauii oiiia cui isa oii SS. Saivaroii a Boiocxa tettura, un posto di rilievo gi riconosciutogli in primis proprio da Wittkower, tra le selezionate ec- cellenze bolognesi dellarchitettura del Seicento 11 . IL RESTAURO Il restauro degli interni stato impostato e avviato nel 2000 e portato a termine nel 2008 12 , grazie ai fondi della programmazione ordinaria del Ministe- ro per i beni e le attivit culturali, suddivisi in sei lot- ti di intervento (Figg. 4-6). Si scelto di procedere a piccoli passi, senza mai interrompere lattivit litur- gica propria della chiesa, mettendo a frutto i nan- ziamenti distribuiti negli anni, piuttosto che aggre- dire il monumento con un unico intervento, dagli esiti dicilmente valutabili sin dallinizio, con fondi che sarebbe stato improbabile ottenere se elargiti in una unica soluzione. Questa strategia si rilevata 89 A R 06. Linterno dopo i restauri coerente, alla luce dei risultati raggiunti, e pi adatta alle modalit di intervento proprie della Soprinten- denza, pervenendo al completamento del restauro di tutte le parti interne con esiti unitari e coerenti allimpostazione iniziale. Prima degli ultimi restau- ri, la Soprintendenza si era gi presa cura di questo importante monumento gi a partire dagli ultimi anni Ottanta, con interventi che sebbene non siano visibili ne costituiscono il presupposto. Nel 1984 si pose mano al consolidamento delle volte e alla sistemazione dellintera copertura, assicurando la stabilit complessiva, agendo sulle cause delle gra- vose inltrazioni dacqua che provenivano dal tetto a danno degli intonaci interni, localmente ammalo- rati con visibili macchie di umidit. Furono inoltre sostituite le grandi vetrate con nuovi inssi. Avvian- do quindi il restauro degli interni, nel 2000 si scelse di procedere allintera descialbatura delle successive tinteggiature sovrapposte nel tempo, riportando in luce le coloriture chiare della chiesa del primo Sei- cento, riconoscendo in esse un valore primario da restituire in modo coerente allarchitettura. Prima del restauro, linterno si presentava unifor- memente di colore marrone-verde; si trattava della tinteggiatura eseguita dallIntendenza di Finanza nel 1899, dopo che era stata realizzata la nuova pavimentazione 13 . Il colore dellultima tinteggia- tura si presentava ulteriormente scurito dal tem- po e dai depositi superciali, le parti alte e le volte erano interessate da macchie di umidit dovute alle inltrazioni dal tetto. Laspetto complessivo comprometteva la resa spaziale dellarchitettura, nellinsieme luminosa e ariosa, uniformando sfon- dati, membrature, risalti, partiture e decorazioni, il tutto coperto da un colore pesante e omogeneo, scurito dal tempo. Il restauro stato esteso a tutte le superci interne con trattamenti di descialbatura e consolidamento degli stucchi. Gli intonaci si pre- sentavano di per s di ottima fattura e ben aderenti al supporto murario, con una nitura originale di colore chiaro con sottili dierenziazioni negli orna- ti e nellordine architettonico. Lesame in sito e in laboratorio delle stratigrae 14 ha permesso di evidenziare la particolare tecnica esecu- tiva delle niture interne, che porta ad ipotizzare il ricorso a sistemi, gi utilizzati in area milanese da Pellegrino Tibaldi, sperimentati a Bologna da Ma- zenta sia nella cattedrale, che nel SS. Salvatore. Il trattamento si dierenzia nelle parti lisce degli sfon- dati e nelle parti a rilievo degli apparati decorativi dellordine architettonico. Sulle pareti, al normale strato nale dellarriccio dellintonaco si sovrappone la scialbatura a calce; diversamente nelle membratu- re architettoniche (colonne, capitelli e trabeazione), si nota, applicato sopra il rinzao, uno strato ben lisciato di colore rosso mattone, costituito da malta di calce e polvere di mattone (Fig. 8). A questo into- nachino in cocciopesto si sovrappone la scialbatura a calce data a quattro mani, nita con una velatura 90 07. Stratigraa sulla trabeazione con la coloritura marrone- verde precedente al restauro sottile colore ambrato. interessante quindi notare che il trattamento in polvere di mattone, tradizio- nalmente riservato allesterno, come nella maggior parte delle fabbriche bolognesi, si ritrova in questo caso anche allinterno e consisteva nella sfregatura e sagramatura richiamata nei documenti della fab- brica a cui seguiva limbiancatura. Questo strato in cocciopesto nissimo assolveva ad una funzione idraulica che consentiva soprattutto alle parti mo- dellate di far presa in tempi rapidi 15 , consentendo lapplicazione della successiva scialbatura di calce stesa a quattro mani con applicato sopra un velo di patinatura ambrata, raggiungendo cos un eetto pregiato di trasparenza e vibrazione della supercie, che nobilitava il modellato degli elementi architetto- nici, lisci e a rilievo, in modo da farli apparire come se fossero realizzati in materiale lapideo. Invece la maggior parte degli elementi sono in muratura - nita ad intonaco e a stucco, le uniche parti in pietra di macigno (arenaria) si trovano nelle basi delle co- Risrauii oiiia cui isa oii SS. Saivaroii a Boiocxa lonne e nella cornice della trabeazione. Le colonne sono in muratura di mattoni con scanalature, diver- samente da quanto previsto da Mazenta, che aveva pensato di realizzare le colonne interne in rocchi di macigno. Anche i capitelli sono in stucco, realizza- ti da Giovanni Tedeschi, autore anche delle statue interne. Quelle sulla facciata invece sono di Orazio Provaglia. Ma tornando allaspetto tecnico ed esecutivo, se la sagramatura applicata alle murature esterne faceva parte di una tradizione bolognese di lunga data, la nitura a cocciopesto macinato nissimo estesa alle superci interne trova motivi di stretta parentela con alcune fabbriche milanesi tardo cinquecentesche, in particolare quelle di Pellegrino Tibaldi, che oltre ad aver lavorato a Bologna, era anche il fratello di Do- menico Tibaldi, attivissimo a Bologna, in particolare nella cattedrale di San Pietro, dove lavor Mazenta negli stessi anni del SS. Salvatore, e dove si ritrova unanaloga stratigraa con sottofondo in polvere di mattoni e scialbatura a calce. Particolarissimo inoltre il fondo delle superci nella terza cappella a sinistra, la cappella Orsoni, che presenta una sagra- matura estesa per intero alle superci interne, del tutto rara e singolare per la qualit del trattamento. Fu realizzata allo scopo di difendere le murature dal- la risalita dellacqua per capillarit dal terreno (sotto la chiesa scorre un canale). Si tratta di uno strato in cocciopesto nito con patinatura ad olio, lisciato alla perfezione tanto da apparire come una ceratura lu- cida, applicato in aderenza ai mattoni, che appaiono in trasparenza soprattutto nelle parti basse, creando in altre parti leetto di una supercie marmorizzata, perfettamente idraulica, sulla quale era data la scial- batura di nitura. Nella cappella Orsoni fu risolto in questo modo il problema dellumidit, che invece rimase nelle altre parti della chiesa. Un altro felice 91 08. Microfotograa della sezione di un campione prelevato su una lesena del transetto. La stratigraa al microscopio mostra sopra lintonaco (-a, rinzao); uno strato (-b) in cocciopesto su cui sono applicate 4 mani di scialbatura in grassello di calce, che costituiscono le niture pi antiche. Tra lo strato (- c) e (- d) insiste uno stacco costituito da uno strato di polvere Si sovrappongono poi gli strati a calce addizionata a gesso con terre di colore verde e nero carbone (indagini eseguite dal laboratorio della Fondazione Cesare Gnudi). A R ritrovamento stato quello delle niture in stucco e oro e delle coloriture in nto marmo rosso e az- zurro dei coretti aggiunti nel Settecento, anchessi irriconoscibili perch coperti dalla stessa tinta verde- marrone data sul resto della chiesa. DEUMIDIFICAZIONE Tra le varie indicazioni progettuali autografe di Mazenta nelle note del disegno redatto a Mila- no il 27 febbraio 1605, cera quella che sotto alla chiesa ci fosse una sotterranea chiesa luminosa e asciutta, che invece non fu realizzata. probabi- le che pensasse a tale soluzione per le sepolture e per isolare meglio la chiesa superiore e preservar- la dallumidit proveniente dal terreno. Sotto la chiesa corre infatti un canale sotterraneo, per cui siologico che la chiesa sia interessata da feno- meni di risalita dellacqua per capillarit. Tanto pi che questa fu una delle ragioni per cui sulle pareti interne della cappella Orsoni, lultima ad essere realizzata, si esegu il particolare trattamen- to idraulicizzante in cocciopesto sopra descritto. Prima dei lavori di restauro, si vericato che lac- qua arrivava per risalita capillare ad unaltezza di ca. m. 1,20 su tutte le murature perimetrali, con la formazione di eorescenze, esfoliazioni e distac- chi, con il risultato che nel giro di poco tempo si sarebbe presentato lo stesso problema anche dopo il restauro. Si pensato al modo meno invasivo di intervenire, ricorrendo al sistema brevettato Ka- libra dry con limpiego di piccoli apparecchi ali- mentati ad elettricit. Se ne sono utilizzati cinque a coprire lintera supercie della chiesa di mq. 1.790; essi creano un leggero campo elettro-magnetico che 92 impedisce la risalita dellacqua agendo su un raggio sferico di 15 metri. Nel corso dei lavori si dappri- ma utilizzato un solo apparecchio, in modo da mo- nitorarne lecacia nel tempo con la misurazione periodica del contenuto dellacqua nella muratura; sulla scorta dei risultati raggiunti, nel 2008 si sono poi installati gli altri 4 apparecchi. Le ultime misu- razioni, compiute nel gennaio 2009, provano lab- battimento del contenuto dellacqua pari all80% rispetto al dato iniziale per lapparecchio installato nel 2006 e del 69% per quelli montati nel 2007. Si sono salvati in questo modo gli intonaci della parti basse, dove pi facile che cada locchio, evitando il formarsi di eorescenze e di esfoliazioni. ILLUMINAZIONE E VALORIZZAZIONE Per ultimo si sono rimontati gli storici lampadari in vetro di Murano, di cui si aveva testimonianza in alcune fotograe degli anni Cinquanta. Questi erano stati smontati e smembrati in tanti pezzi e accatastati in alcuni scatoloni. Il rimontaggio non stato aatto facile, ma sulla scorta delle fotogra- e se ne venuti a capo, grazie alla pazienza dei restauratori che vi hanno lavorato. Si tratta dei lampadari originali, presumibilmente degli anni Venti-Trenta, in tutto otto, posti ognuno davanti alle cappelle, e altri due grandi ai lati dellabside e dellaltare. Leetto di luce e atmosfera che essi creano non ha eguali e porta anche a confron- tarne lecacia rispetto agli attuali e pi in voga moderni sistemi di illuminazione degli edici di culto. I lampadari pendenti, ssati allestradosso delle volte, sono stati dotati di argano che ne per- mette la calata per le operazioni di manutenzione. Lilluminazione si completa con quella installata allinizio dei lavori sopra il cornicione che rigira lungo il perimetro della chiesa. Linaugurazione non uciale di questi ultimi lavo- ri stata a pasqua del 2008 con la rappresentazione della Passione di Cristo da parte del coro Arcanto, nella suggestiva cornice della chiesa illuminata a tratti con candele, a tratti con i lampadari, collau- dati in quelloccasione: uno spettacolo che ricrea lambientazione scenograca della chiesa seicente- sca che era, insieme allannesso monastero dei ca- nonici, un centro vitale di cultura e spiritualit. A restauri pressoch conclusi, c stato il pericolo che la chiesa rimanesse chiusa e lasciata a s stessa, per labbandono nel 2008 da parte dei canonici della loro sede originaria. Per interessamento dellArcidiocesi, la chiesa stata invece adata ai frati della giovane comunit di S. Giovanni, che insediatasi nel marzo 2009 siamo sicuri assicurer con rinnovata energia la continuit di una tradizione cos signicativa, nella spiritualit della celebrazione liturgica. La chiesa coa- gula attorno a s una serie di attivit culturali, tra cui quelle promosse dal Centro culturale e spirituale del SS Salvatore, erede della Congregazione dei bambini di Ges, che ha celebrato nel 2005 il suo centesimo anno. Eventi e spettacoli hanno luogo nellex com- plesso abbaziale, grazie alle iniziative della compa- gnia teatrale Il Chiostro e dellAssociazione culturale Novarcanto. La vocazione al canto e allo studio, che contraddistingueva labbazia, si rinnova nella chiesa restaurata che, specialmente in occasione delle so- lennit liturgiche e di incontri e visite guidate, tra cui quelle organizzate dalla Soprintendenza, senza troppi clamori mediatici raduna gli aezionati vec- chi e nuovi al SS. Salvatore. In particolare, si segna- lano: il nutrito programma di spettacoli teatrali della compagnia Il Chiostro e i concerti del coro Arcanto, che da alcuni anni propone nel SS. Salvatore un re- pertorio tradizionale e sacro, in una forma di ricerca corale e scenica itinerante allinterno della chiesa. Il Risrauii oiiia cui isa oii SS. Saivaroii a Boiocxa 93 loro scopo giocare con il pubblico attraverso echi di canti vicini e lontani che risuonano fra le colonne, le navate e le cappelle: architetture di corpi sonori in movimento. Da valorizzare inoltre il prezioso organo seicentesco. PROSPETTIVE DI RIQUALIFICAZIONE DEL CONTESTO CIRCOSTANTE La chiesa del SS. Salvatore occupa una posizione di prestigio negli itinerari turistici e culturali della citt di Bologna. Situata circa a met strada tra S. Petronio e S. Francesco, si raggiunge seguendo gli stessi itinerari battuti dai pellegrini e dai nu- merosi visitatori stranieri e non. Venendo da S. Francesco, superati lantica seliciata della II a circla (attuale piazza Malpighi) e il Torresotto della Porta Nova, si arriva proseguendo su via Porta Nova allo slargo dove sorge la bella chiesa del SS. Salvatore. Dalla parte opposta si raggiunge venendo da piaz- za Maggiore, seguendo lantica via delle Asse (at- tuale via IV Novembre). Allinterno della chiesa si conservano importanti opere darte, dal trittico dellIncoronazione della Vergine di Vitale da Bolo- gna (1353), alla pala daltare con il SS. Salvatore di Guido Reni e Francesco Gessi (1620), insieme a numerose opere del Cinquecento e del Seicen- to 16 . Visitando la chiesa si rende omaggio inoltre al Guercino, sepolto nella chiesa e commemorato nella lapide tombale posta al centro della chiesa. Liscrizione sul anco della chiesa ricorda che nella zona vi erano, nei secoli XIII, XIV e XV, le sedi delle scuole di medicina, losoa, retorica e delle altre arti. Mentre proprio di fronte, la lapide po- sta sulla facciata di palazzo DallArmi-Marescalchi, sede della Soprintendenza, ricorda che l nacque Guglielmo Marconi. Accanto alla chiesa si estende lex monastero che occupa lintero isolato compre- A R so tra via IV Novembre, via del Volto Santo, via Santa Margherita, via Cesare Battisti. Rinnovato a partire dal 1517, il monastero ricordato nel- la guida dItalia di Leandro Alberti del 1550 tra i pi considerevoli in Italia. LAbate Trombelli nel 1752 ne elogia larchitettura, dimostrando il suo stupore per limpiego esteso dei marmi, tanto rari a Bologna, notando nel chiostro le colonne in pietra dIstria, i tondi in verde serpentino tra le arcate e le tracce, gi consunte a quellepoca, delle decorazio- ni ad arabeschi che ne ornavano le facciate. Nel primo Seicento lintera area fu oggetto di un radicale rinnovamento, qualicato dalla contestua- le riedicazione della chiesa. Si aprirono circa negli stessi anni tre imponenti cantieri adiacenti luno allaltro: nel 1601-1603 quello di palazzo Caprara, attuale sede della Prefettura; nel 1605 si inizi la riedicazione del SS. Salvatore, portata a termine nel 1623, dopo la sospensione dei lavori durata dal 1607 al 1613; mentre nel 1613 si rinnov il pa- lazzo DallArmi, per le cui similitudini con Palazzo Zani si fatto il nome di Floriano Ambrosini, senza escludere un possibile contributo di Mazenta, con cui del resto lAmbrosini aveva collaborato nel pri- mo progetto per la cattedrale di S. Pietro. Ne emer- ge un piano di riedicazione di unarea nevralgica della citt, che a ragione pu leggersi come portato avanti sotto ununica regia, e per la quale, ancora una volta a fronte dellassenza di prove documenta- rie certe che riportino i nomi degli architetti che vi lavorarono, si pu supporre il contributo del nostro padre barnabita Mazenta, esperto architetto anche nellarontare problemi tecnici, esecutivi e strut- turali, come dimostrano i suoi scritti, ma quanto mai schivo a farsi pubblicit, in quanto investito nel ruolo conferitogli dallordine a cui apparteneva. Per cui la sua partecipazione nei maggiori cantieri bo- 94 lognesi di quegli anni, in particolare a partire dal 1605 in quello della stessa cattedrale, era supportata dagli architetti locali, Floriano Ambrosini e Nicco- l Donati, nei lavori per la cattedrale, e Tommaso Martelli per il SS. Salvatore. Si vuole qui sottende- re un legame dellarchitettura bolognese di quegli anni con quella di area milanese, in continuit con quanto avevano impostato i due fratelli Pellegrino e Domenico Tibaldi, nei loro reciproci scambi tra Milano e Bologna. Questo legame con Milano, che abbiamo avuto modo di leggere anche nelluso della particolare tecnica di nitura interna a cocciopesto, trov nel primo Seicento motivi di raorzata conti- nuit con lingresso a Bologna di Mazenta. Questi doveva essere ben conosciuto dai Caprara, quando a Bologna gi nel 1602-03 risiedeva nel vicino col- legio di S. Michele Arcangelo su via Agresti, e fu proprio un esponente della stessa famiglia, Giusep- pe Caparara, a chiedergli il progetto per la chiesa del SS. Salvatore, che Mazenta gli mand da Mila- no il 27 febbraio del 1605. Si riconosce nelle facciate, comprese quelle delle re- sidenze senatorie dei Caprara e dei DallArmi, luni- tariet di stile al volgere del passaggio nel segno della continuit tra larchitettura della seconda met del 500 con quella del primo 600, con una certa in- essione verso partiture pi monumentali, segnate da una maggiore rigidit, accentuata anche dai re- stauri compiuti nel tardo Ottocento e nel Novecen- to. Ma preme qui evidenziare la scala urbana che si volle imprimere a questi interventi, soprattutto ad opera dei canonici del SS. Salvatore, che per dare maggiore luce e prospettiva al bel prospetto sul an- co della chiesa si convinsero a demolire le case di loro propriet ivi addossate. Venne cos retticato il prolo della strada che costeggiava il lato lungo della chiesa, in modo da creare uno slargo davanti al palazzo DallArmi, chiuso dallo spigolo ben enun- ciato nel cantonale bugnato di palazzo Caprara. E sul lato libero della chiesa, al posto delle case, venne creato un sagrato che rigira ad L davanti alla facciata, originariamente pavimentato a riquadri campiti in quadrelli di cotto, poi rifatto nel 1744 e nobilitato dal disegno del nuovo selciato di forme geometriche e stellari. La colonna isolata allangolo esterno del sagrato, qui posta nel 1624 a conclusione dei lavori della fabbrica seicentesca, ne caratterizzava il cannoc- chiale visivo da via Porta Nova, fornendo il segnale visivo da cui guardare in prospettiva angolata lintera fabbrica, ad abbracciare la facciata ed il anco (Fig. 8). Rinviando a quanto gi evidenziato in altra sede sul signicato di questo sagrato, come spazio sacro proprio della chiesa al pari di quello interno, oltre che intervento alla scala urbana e architettonica, - nalizzato a creare, fatto raro a Bologna, un vero e proprio piazzale che valorizza le architetture che pro- spettano su di esso, si vuole qui sottendere alla sua riproposizione, come momento di riqualicazione dellarea e come atto dovuto per la chiesa. Il sagrato esisteva ancora nel 1811, quando i Mare- scalchi, che abitavano il palazzo gi dei DallArmi, ottennero nel 1811 di restringere il sagrato della chiesa per portarlo in linea con la casa dei Morel- li, allangolo tra via Porta Nova e via Barbaziana 17 . In quegli anni i canonici, erano gi stati costretti ad abbandonare il loro monastero a seguito delle consche napoleoniche. Ne ripresero possesso nel 1824, solo momentaneamente no al 1866, ritor- nando poi a prendersi cura della chiesa a partire dai primi anni del secolo successivo. Nelle foto dinizio Novecento il sagrato non esiste pi. Lo spazio sacro oggi occupato dalle macchine che usualmente vi parcheggiano sul anco della chiesa; diversamente il Piano regolatore delimita questo spazio come di 95 A R pertinenza della chiesa. Per apprezzarne le forme e il signicato rimangono le numerose vedute sto- riche che ritraggono la chiesa, privilegiandone le visuali dinsieme, di chi arriva da via Porta Nova, con in primo piano il caposaldo della colonna iso- lata, in modo da abbracciare la vista della facciata e del anco (Fig. 10). Tra le altre, anche la veduta dalla parte opposta si rileva interessante, venendo dalla via delle Asse con in primo piano il palazzo Caprara, e sullo sfondo arretrato il anco del SS. Salvatore. Oggi lantica strada intercetta la piazza Roosevelt, lo slargo creato a seguito delle opere di liberazione e demolizione del 1933-1935, con la costruzione del palazzo di Melchiorre Bega sul lato nord. La piazza rimasta da allora un invaso vuo- to. E in attesa di una sua appropriata denizione 10. Pio Panlj, veduta della chiesa del SS. Salvatore in Bologna. La veduta angolata inquadra la chiesa in modo da abbracciare la facciata e il anco; in primo piano si riconosce la colonna con la croce posta nel 1624 allangolo del sagrato che sopraelevava la chiesa su un podio. Sia il sagrato che la colonna sono oggi scomparsi. La pavimentazione settecentesca del sagrato (1744) riprodotta nella pianta di Gio. Carlo Sicinio Galli Bibbiena (Fig. 1) 96 1 A. Ranaldi, Il controverso progetto di Giovanni Ambrogio Mazenta per la chiesa del S. Salvatore a Bologna, in Palla- dio, 37, 2006, pp. 39-64, con appendice documentaria, a cui si rimanda anche per la bibliograa precedente; A. Ranaldi, Il sagrato della chiesa del S. Salvatore a Bologna, in Strenna storica bolognese, 56, 2006, pp. 361-386. No- tizie sintetiche sul restauro sono in A. Ranaldi, Bologna: chiesa del SS. Salvatore. Il restauro, in Terza Mostra in- ternazionale del restauro monumentale. Dal restauro alla conservazione, II, Firenze 2008, p. 131. 2 Tra queste ricordiamo, S. Maria del Voto del 1630 di Cristoforo Malagola a Modena, dove tra laltro si ripre- se lidea di realizzare la cupola estradossata a collo lun- go, come lavrebbe voluta Mazenta nel SS. Salvatore, e la chiesa di S. Filippo Neri a Reggio Emilia, realizzata tra il 1672 e il 1743 su progetto dellarchitetto reggiano Girolamo Beltrami. 3 W. Wittkower, Art and Architecture in Italy: 1600 to 1750, Harmondsworth 1958, ediz. ital. Arte e architettura in Italia 1600-1750, Torino 1972 e 1993, pp. 234-235 a proposito di Santa Maria in Campitelli e p. 103 per il SS. Salvatore. 4 Cfr. A. M. Matteucci, Carlo Francesco Dotti e larchitettura bolognese del Settecento, Bologna 1979, pp. 10, 50n, g. 9. 5 A. Sorbelli, Bologna negli scrittori stranieri, V, Bologna 1933, p. 70. 6 Charles De Brosses: S. Salvatore, la pi bella chiesa di tut- te, per quanto non molto grande; la sua architettura corin- zia del Magenta si pu paragonare allantica architettura greca e romana, in A. Sorbelli, Bologna negli scrittori stranieri, ediz. a cura di G. Roversi, Bologna 1973, p. 158. 7 Cfr. M. Poli, La chiesa canonicale del SS. Salvatore, Bolo- gna 2001, p. 21, che riporta gli estratti ripresi dal mano- scritto di Carlo Vincenzo Maria Pedini, Bologna, Biblio- teca Comunale dellArchiginnasio, Manoscritti Gozzadi- ni, Bologna vecchia e nuova, vol. 181, f. 158. 8 G. G. Trombelli, Memorie istoriche concernenti le due Canoniche di S. Maria di Reno, e di S. Salvatore insieme unite, Bologna 1752. N occupata oggi da un grande parcheggio, che invece potrebbe essere collocato interrato rendendo libero lo spazio in supercie, e creando anche loccasione per ricerche e scavi archeologici su questa area. E perch no, non potrebbe essere un concorso di idee a denirne il nuovo assetto? E il sagrato del SS. Sal- vatore? Sulla base della documentazione certa, che va dalle vedute storiche alla pianta di Sicinio Galli Bibiena, che ne ragura in modo dettagliato il di- segno della pavimentazione (Fig. 1), considerando limpronta ben leggibile alla base delle murature esterne della chiesa, che d laltezza reale del sa- grato sopraelevato su quattro gradini, possediamo tutti gli elementi che ne renderebbero possibile la sua fedele riproposizione anche lidentique 18 . Ma prima di questo, altre priorit si rendono impellen- ti, come il restauro dellex monastero del SS. Sal- vatore, accanto alla chiesa di cui la Soprintendenza nel 1991-92 aveva iniziato il recupero e il restauro, rimasto da allora interrotto. 97 9 Le notizie riferite agli eventi dalla ne dellOttocento sono tratte dai documenti conservati presso l Archivio storico della Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici per le province di Bologna, Modena e Reggio Emilia (dora in poi citato in forma abbreviata Bologna, Archivio SBAP), faldone BO-M63. 10 Vedi sopra nota 1. 11 W. Wittkower, op. cit. alla nota 3; si vedano inoltre i fonda- mentali contributi di Anna Maria Matteucci, in particolare il suo Giovanni Ambrogio Mazenta e il dibattito a Bologna sulla colonna libera, e M. Pigozzi, Giovanni Ambrogio Mazenta architetto a Bologna, entrambi in Lorenzo Binago e la cultura architettonica dei Barnabiti, a cura di M. L. Gatti Perin e G. Mezzanotte, Atti del convegno: Milano, settembre 2001, in Arte Lombarda, 134, 2002, 1, pp. 45-62 e pp. 63-78; nellambito di pi recenti trattazioni generali cfr. A. Antino- ri, Roma 1600-1623: teorici, committenti, architetti, in Storia dellarchitettura italiana. Il Seicento, a cura di A. Scotti Tosini, I-II, Milano 2003, vol. I, pp. 115-118, e ibidem, vol. II, F. Ceccarelli, Le legazioni ponticie: Bologna, Ferrara, Romagne e Marche, pp. 341-342. 12 I lavori sono stati eseguiti e diretti dalla Soprintendenza: nel 2000 sotto la direzione delling. Domenico Rivalta e negli agli successivi dalla scrivente, con la collaborazione dellarch. Francesco Eleuteri. Hanno eseguito i restauri le imprese con qualica OS2, specializzate nel restauro degli apparati de- corativi: nei primi due lotti di intervento nel 2000 e 2001, limpresa Arte e Restauro di Padova; nei restanti quattro lotti nel 2002-2008, limpresa Biavati di Bologna. 13 Bologna, Archivio SBAP, Bo-M63, note del 14 marzo e 17 marzo 1899, relative ai lavori Imbiancatura e restauro dellintonaco nellinterno della chiesa proposti dallInten- denza di Finanza della Provincia di Bologna. In unaltra lettera, sempre del 17 marzo 1899, il Soprintendente Fac- cioli lamenta di non essere stato interpellato a suo tempo sulla ricostruzione del pavimento, che altrimenti non sa- rebbe stata approvata, deplorando lintervento eseguito di ricostruzione in esagoni di cemento colorato, stonando troppo questo modernissimo sistema colla severit del mo- numento. 14 Le analisi delle sezioni sottili sono state eseguite dal La- boratorio della Fondazione Cesare Gnudi, con sede a Pieve di Cento (Bologna), si ringrazia per la collabora- zione lamico Andrea Rattazzi. 15 Cfr. S. Della Torre, Costruire a Milano nel Rinascimento, in Storia dellarchitettura come storia delle tecniche co- struttive, a cura di M. Ricci, Venezia 2007, pp. 95-115, in particolare p. 107, che rileva limpiego di tale tecnica in opere milanesi di Pellegrino Tibaldi, come nella cupo- la di SantAmbrogio, rinviando a A. Bonavita, Pellegrino Tibaldi a Milano: lavori alla cupola della basilica di S. Ambrogio, in Arte lombarda, 140, 2004, pp. 89-91; ugualmente ricorre inoltre nella parti realizzate da Ma- zenta nella cattedrale bolognese di San Pietro, si ringra- zia per linformazione Andrea Santucci. 16 Vedi la guida storico-artistica di M. Poli, op. cit. alla nota 7. 17 G. Guidicini, Cose notabili della citt di Bologna, ossia storia cronologica de suoi stabili sacri, pubblici e privati, Bologna 1868, vol. I, p. 116. Sempre nel 1811 i Mare- scalchi acquistarono il palazzo Sora Menarini, poi casa natale di Guglielmo Marconi, che insiste davanti al fron- te nord del SS. Salvatore, attiguo al palazzo DallArmi. Questultimo era passato ai Marescalchi gi nel 1614, per successione ereditaria, alla morte di Aurelio DallArmi, cfr. P. Monari, M. S. Trombetti, Palazzo DallArmi - Ma- rescalchi, in Il Carrobbio, 16, 1990, pp. 259-269. 18 La proposta di una ricostruzione lidentique sulla base degli elementi qui esposti stata avanzata dalla scrivente nel concorso del 2004: Primo Premio Nazionale di Idee di Architettura I Sagrati dItalia, indetto dal Consiglio Na- zionale degli Architetti Pianicatori Paesaggistici e Conser- vatori, da Di Baio Editori e da Chiesa Oggi. Architettura e comunicazione - progetto vincitore ex aequo, in mostra e pubblicato in Chiesa oggi. Architettura e comunicazio- ne, 70/2005, pp. 32-33; cfr. A. Ranaldi, Il sagrato, op. cit. alla nota 1. N 98 LEDIFICIO I l palazzo sito a Bologna nella centralissi- ma via dei Mille angolo via Montebello, progettato quale sede provinciale Enpas, rappresenta una delle migliori e pi si- gnicative opere di Saverio Muratori (1910-1973, Premio Einaudi per lArchitettura nel 1952) il grande maestro dorigine modenese dellarchitettura italiana del Novecento. Ledicio per uci, ambulatori, laboratori, negozi ed abitazioni fu progettato fra il 1952 ed il 1957, edicato fra il 1959 ed il 1961 ed inaugurato il 4 Aprile 1963. LImpresa costruttrice fu la ditta Garbarino- Sciaccaluga di Bologna con la direzione tecnica delling. David Sciaccaluga e con Silingardi di Modena per larredamento del salone sportelli. La scultura in bronzo rappresentante linfermie- ra, posizionata nellatrio del detto salone al piano terra, opera del prof. Assen Peikov, noto artista Bulgaro operante a Roma con lo studio, assieme al fratello pittore Ilia, in via Margutta. Direttore lavori fu ling. Silvio Canella coadiuva- to dall arch. Eugenio Abruzzini, tecnico interno dellEnpas. Liter di progettazione delledicio pubblico risulta essere stato particolarmente lungo e travagliato. Saverio Muratori inizi la progettazione di massi- ma nel 1952, avendo mandato formale dallEnpas per un primo esecutivo (con incarico per i calcoli statici agli ingegneri Car e Gianelli) nel giugno 1954, ma la Commissione Edilizia del Comune di Bologna, ad ottobre, respinse il progetto, e Mura- tori dovette elaborare un secondo disegno in parte dierente dal primo (che prevedeva otto campate in aggetto sul portico basamentale ed una campa- ta iniziale dierente in accostamento al contiguo edicio su via dei Mille) riutato anchesso dalla Commissione Edilizia Bolognese nel settembre 1956. Muratori fu quindi obbligato a modicare ulteriormente il progetto, presentando una secon- da variante sostanziale la quale venne nalmente approvata dalla municipalit bolognese nel luglio 1957; tale progetto variato corrisponde sostan- zialmente al progetto alne realizzato. Sebbene il progettista avesse sempre dimostrato impegno, presentando vari tipi complementa- ri richiesti e vari plastici e dichiarandosi sempre disponibile al dialogo ed alle modiche, seppur amareggiato dalle motivazioni di diniego portate dallente bolognese da lui mai comprese, la Com- missione Edilizia Bolognese per un lungo periodo non ritenne che lopera di Muratori per forma e dimensioni ornamentali possa essere approvata. I lavori di costruzione iniziarono nel maggio 1958 per concludersi nel maggio 1961 e lo stabile fu occupato a far tempo dallagosto di quellanno. Lincarico rientrava nellambito del programma di realizzazione delle nuove sedi provinciali decen- trate avviato in tutta Italia dallEnpas nei primi anni Cinquanta che comport ladamento di un gran numero di incarichi professionali ai mi- gliori architetti italiani. In quegli anni Saverio Muratori era professore straordinario presso la cattedra di Caratteri Di- stributivi degli edici nellIstituto Universitario di Architettura di Venezia, che tenne dal 1950 sino al 1954, quando pass a Roma quale profes- sore ordinario presso la cattedra di Composizione Architettonica della Facolt di Architettura, che mantenne no al 1973. Negli anni veneziani egli condusse le ricerche che lo porteranno a pubblicare, nel 1959, gli Studi per IL PALAZZO EX ENPAS A BOLOGNA RESTAURO DELLE SUPERFICI ESTERNE Andrea Capelli 100 Ii iaiazzo ix ixias a Boiocxa Risrauio oiiii suiiiiici isriixi una operante storia urbana di Venezia, testo di fon- damentale importanza, vero precursore nellam- bito degli studi di tipologia urbana. Larea di via dei Mille allangolo con via Montebello era disponibile a seguito di distruzioni belliche ed anche ledicio ivi preesistente era stato completa- mente demolito, tant che lEnpas acquis dalla pro- priet Gualandi il lotto libero, avviando immediata- mente la procedura per ledicazione con richiesta di contributo statale previsto per i danni di guerra. Lopera progettuale di Muratori per Bologna, nella sua architettura di essenziale caratterizzazione, rias- sume in s, in primis, lo studio approfondito del ca- rattere del luogo in stretta connessione con il novero costitutivo del tessuto urbano bolognese, dei suoi tipi edilizi e dei suoi elementi strutturali principali. Il Palazzo Enpas, ora Inpdap, mostra grande rilie- vo disciplinare impersonicando la critica moti- vata al soggettivismo autoreferenziale dellarchi- tettura moderna, origine di quelledonismo lin- guistico che rende lambiente urbano incoerente e semanticamente sovraesposto, istituendo altres, nel puro ambito progettuale, la ripresa di un rap- porto tra architettura e citt lologicamente basa- to sullo studio della struttura del contesto urbano nel suo continuo evolvere. Ledicio non pi solo o tanto una quinta urba- na ma molto di pi: diviene una struttura proget- tata e costruita, frutto rigoroso della relazione tra tipologia edilizia e morfologia urbana precipua del contesto senza eccezione alcuna, anzi, con un grande risultato nellimponenza compositiva del testo architettonico. Il manufatto architettonico bolognese di Murato- ri riprende, fra laltro, il particolare sistema seriale costruttivo bolognese, di derivazione lignea, ri- proponendo elegantemente il portico con lo spor- to, le lesene ed il coronamento superiore merlato e presenta anche una gerarchizzazione verticale nellutilizzo dei materiali e dei componenti co- struttivi, come nelluso dei pilastrini in traverti- no, proposti solo per il cosiddetto piano nobile, peraltro correttamente di maggior altezza. Il tema metodologico-progettuale pregnante nel palazzo ex Enpas infatti il linguaggio architet- tonico, inteso non come codice convenzionale a-storico applicabile in ogni luogo, ma come por- tato specico di una determinata area culturale (nella fattispecie quella bolognese). In particolare, come bene ha gi sottolineato nei suoi scritti Giancarlo Cataldi, qui Muratori sperimen- ta una nuova forma di collaborazione tra ossatura elastica e parete continua di materia solida, facendo benissimo convivere due materiali, cio i mattoni ed il cemento armato (materiale moderno), secondo il concetto di continuit di materiale in supercie, 02. Pulitura e saggio di preparazione su una colonnetta di travertino 101 A C quindi, qui, di mattoni che chiudono e ricoprono il traliccio, il quale collabora come una cassaforma stabile, percorrendo la strada della sperimentazione tecnica di un nuovo materiale (il cemento armato). La reinterpretazione in chiave di adeguamento am- bientale, perviene cos al risultato di risolvere il que- sito linguistico dellintegrazione della nuova archi- tettura in un contesto storicamente consolidato. Nel dettaglio costruttivo il progettista utilizza un mattone industriale di formato bolognese pro- dotto da una fornace locale e poi, seguendo la consuetudine per larchitettura emiliana, le ni- ture in pietra: con larenaria imitata dai curatis- simi cementi a vista martellinati manualmente e i marmi, precisando che, nel progetto originale, aveva previsto rivestimenti in marmo botticino, sostituiti, in fase esecutiva, da travertino chiaro di minor costo. Di grande interesse dal punto di vista costrutti- vo sono le velette in cemento armato traforate da losanghe, asole di memoria medioevale che Mu- ratori ripropone anche nei dettagli delle porte in- terne a decoro delle maniglie in ottone cromato. Di grande rilevanza proprio labilit del progettista - che in questi elementi bene si coglie - nel ripropor- re un tema di luce ltrante di rimando gotico che risulta perfetto per luso ad uci/laboratori, ove la luminosit naturale dei locali rende lambiente di la- voro oltremodo gradevole ed utilizzabile in ogni ora del giorno ed in ogni stagione (ci unito alla matura essibilit della tipologia edilizia proposta che con- sente uci modicabili in pianta con grande facili- t ed adattabilit come dimostra lintervento ora in corso negli interni, che riaggiorna le mutate esigenze dellente oltre al fatto di essere, ledicio, ancora oggi in completo ed eciente uso). Muratori con il progetto di questo edicio esce dalla visione soggettiva che privilegia la personali- t individuale dellarchitetto che opera trasferen- do indierentemente in ogni luogo i suoi stilemi, per passare ad una visione oggettiva che chiama in causa, invece, le sue capacit interpretative di sin- tetizzare in maniera diversa, a seconda dei luoghi, i caratteri ambientali della citt. Tema questo di straordinaria rilevanza per lar- chitettura contemporanea per il quale Muratori risulta geniale anticipatore. LINTERVENTO DI RESTAURO Il palazzo ex Enpas stato oggetto sinora di due successivi interventi di restauro delle facciate su via dei Mille e su via Montebello (nel corso del 2007) e di uno ulteriore nel porticato (nel 2008), tutti operati con progettazione, appalti e direzio- ne lavori, dalla Soprintendenza per i beni architet- tonici e paesaggistici per le province di Bologna, Modena e Reggio Emilia, utilizzando nanzia- menti del Ministero Beni e le Attivit Culturali. 03. Fase di pulitura 102 Lintervento del Ministero sulle facciate si svolto contestualmente ad un pi corposo in- tervento di ristrutturazione e riammoderna- mento dellimpiantistica riguardante gli in- terni, nanziato ed appaltato dallInpdap con propri fondi. Ledicio sin dallepoca della sua inaugurazione non aveva mai subito interventi di complessiva manutenzione negli esterni. Presentava, quindi, la necessit di unazione di revisione compiuta con metodo rigoroso ed attento alle particolari valen- ze progettuali volute ed attuate dal Muratori nello spirito dellarchitettura del periodo. Nel corso degli anni, le parti in mattoni (matto- ni a macchina di formato bolognese da 28 cm di lunghezza), i cementi e le pietre naturali si erano in parte ricoperte di incrostazioni e di annerimen- ti, dovuti ad alcune problematiche legate allo sco- lo delle acque meteoriche, a causa della mancata manutenzione delle grondaie. Nella parte alta, ove lacqua piovana aveva imbevuto le pareti, si sono riscontrati mattoni e marmi talora deteriorati con distacchi di piccole porzioni di travertini e cadute di scaglie sia di cotto che di marmo. Inoltre si riscontrato leetto deleterio di agenti inquinanti, specie da traco, visto laaccio su una via parti- 04. Saggio di pulitura in corso su una parete su fronte strada Ii iaiazzo ix ixias a Boiocxa Risrauio oiiii suiiiiici isriixi 103 colarmente movimentata. Lo smog aveva causato infatti vari annerimenti, talora intensi e di non fa- cile pulizia e rimozione. In alcune piccole porzio- ni particolarmente esposte, per non attuare una pulizia troppo forte solo su alcuni mattoni, cau- sando una disomogeneit cromatica allinsieme, oltre ad un vero e proprio danno materico alle facce dei mattoni stessi, si pulito con gradualit operando con la tecnica della tonalizzazione. Pi semplice invece risultata la pulizia e prote- zione sui travertini di pasta compatta, di buona qualit e ben conservati, che hanno reagito bene allopera di revisione complessiva. Di particolare impegno invece risultato linter- vento sui cementi realizzati in opera ad imitazio- ne della pietra arenaria, specie nelle travi sagoma- te che sostengono i piani sul portico e su tutti i livelli fra lesena e lesena in mattoni. Queste travi presentavano alcune fessurazioni ri- levanti, seppur localizzate, e soprattutto distacchi dovuti allesecuzione in due fasi costruttive: dap- prima furono casserati e gettati in opera i cementi 05. Il lungo fronte su via dei Mille in corso lavori A C 104 strutturali a grana grossa, con inerti di grande di- mensione, e poi, ad essiccazione avvenuta, fu ri- portata una velatura di 5 millimetri di cemento a grana nissima, realizzata davvero a regola darte, per assicurare leetto visivo e materico della pie- tra arenaria dAppennino. Tale strato per, specie nel portico e nelle zone sottoposte a patologie lo- calizzate, talora si distaccato dalla trave sotto- stante, oppure si lesionato sino a determinare aree di probabile distacco. 06. Pulizie sulla zona sommitale Su tutte queste travi si pertanto intervenuti in fase di restauro, richiudendo le microlesioni ed anco- rando dallinterno con iniezioni di malte bicompo- nenti a basso modulo elastico e la posa di perni in vetroresina. Tale intervento preventivo, specie nelle architravi ammalorate presentanti scollamenti fra i due distinti strati in getto dei calcestruzzi, ha con- sentito di ricondurre ai minimi termini linterven- to di ricostruzione dello strato cementizio a nire, limitato cos solo alle poche porzioni gi cadute. Ii iaiazzo ix ixias a Boiocxa Risrauio oiiii suiiiiici isriixi 105 07. La facies restaurata I rifacimenti sono stati comunque eseguiti con strato a nire simile alloriginale con minima dif- ferenza cromatica impercettibile a una visione in distanza ma, utile ad identicare ogni area rico- struita seppur piccola. Laltro esempio di pietra imitata, quindi le velette in cemento armato chiaro in due pezzi accostati con asole a losanghe - che tanto caratterizzano il traforo goticheggiante dei bellissimi fronti Enpas, erano invece in ottimo stato di conservazione, gra- zie ad una accuratissima esecuzione fuori opera. Su di esse stato suciente compiere una adegua- ta pulizia e protezione, con resa cromatica mirata ad omogeneizzarsi a quella ottenuta dalla pulizia dei travertini chiari compatti e levigati utilizzati per le colonnette binate con capitellini trapezoi- dali. Circa i travertini bene sottolineare che si tratta di materiale costruttivo introdotto in opera nel corso dei lavori, per i piastrini ed i davanzali, per ragioni sostanzialmente di costi, poich Mura- tori nel progetto esecutivo aveva previsto marmo botticino chiaro con riferimento alluso pi tipico delle niture marmoree in ambito Bolognese (si pensi ai palazzi gotici, ma anche di epoche succes- sive, no allet barocca e neoclassica, ove i traver- tini sono pressoch assenti). La forma per ideata da Saverio Muratori per i capitelli sia dei piccoli pilastrini monolitici che di quelli pi grandi, rivestiti in lastre di cm 5 di spessore con ciglio bisellato e levigato, comun- que, oltrech ecace compositivamente, tale di rendere massimamente eciente il capitello per la protezione dalle acque meteoriche, grazie alla sua particolare forma triangolare che fa scivolare verso lesterno lacqua piovana, garantendo una eccezionale ecienza nel tempo degli elementi costitutivi e minimizzando la manutenzione. Ledicio di via dei Mille infatti straordinaria- mente moderno, specie per la sua grande atten- zione alluso ed alla durabilit nel tempo e pro- prio loccasione dellopera ora eseguita di manu- tenzione/restauro ha ben reso evidente. Laver progettato le facciate con una ecace teoria di minime rientranze fra i vari piani materici consegue lottenimento una continua protezione di ogni ele- mento costitutivo, mattoni, cementi e pietre. Anche il portico, perfettamente riparato dallo splen- dido sporto di rimando medioevale e provvisto an- A C 106 08. Il restauro delle architravi realizzate in cemento e prefabbicato che di rivestimento con robuste lastre di marmo gra- nitello su tutte le colonne del portico e sulla parete sottoportico, particolarmente ben conservato. Anche le curatissime stuccature a cemento dei mattoni si sono conservate davvero benissimo in questi cinquantanni e l veramente agevole stata lopera di pulitura e manutenzione, per gran parte proprio in virt della forma progettuale (mentre i rivestimenti delle architravi dei negozi in lamiera di ferro martellinata, ora ripuliti con grande cura, mostrano la perfetta imitazione dellarenaria vo- luta originariamente anche sulle lamiere per omo- geneizzare linsieme dei caratteri architettonico/ cromatici del sottoportico). Ed proprio nelloccasione del restauro che ci si avveduti di come ledicio, grazie proprio alla Ii iaiazzo ix ixias a Boiocxa Risrauio oiiii suiiiiici isriixi 107 09. Le iniezioni consolidanti sui cementi in opera spesso fessurati sua originaria cura progettuale pensata e proiet- tata nel tempo a venire alla stregua degli edici antichi, sia risultato in buone condizioni di con- servazione, con la sola eccezione delle peculiarit patologiche puntuali test indicate. Gli interventi di manutenzione e restauro esegui- ti, grazie alla consapevolezza della facies origina- ria ancora oggi conservata, hanno consentito di ridare ai fronti esterni principali ed al porticato una completa restaurata immagine in tutto si- mile alloriginale opera Muratoriana. Linterven- to ha cos pulito e consolidato ogni porzione sia dei mattoni che dei travertini/marmi e cementi, conservando e recuperando i valori metrici, cro- matici ed ambientali della tradizione locale preci- puamente ricercati dalla sapienza progettuale ed A C 108 esecutiva di Saverio Muratori, vero protagonista di quella particolare fase degli anni Cinquanta del Novecento dellarchitettura europea. Lopera di restauro ha infatti messo in eviden- za anche lo studio degli eetti cromatici voluti dallarchitetto modenese per il palazzo Enpas. Infatti il mattone scelto quello, oltrech di mi- sure bolognesi, di colore rosso/giallino, con inse- rimento anche di alcuni mattoni giallastri, men- tre le stuccature a cemento, molto evidenti, sono eseguite con cemento scuro - a ricordo della calce idraulica locale - e sabbia di colore giallognolo. I cementi ad imitazione dellarenaria contengo- no sabbie di tonalit gialla in modo da far risul- tare una chiara visione dinsieme che rimanda e richiama alne le cromie delle sabbie costitutive delle pietre sedimentarie dellAppennino bolo- gnese oltre ad un colore dei mattoni che nasce 10. Veduta dinsieme su via dei Mille angolo via Montebello Ii iaiazzo ix ixias a Boiocxa Risrauio oiiii suiiiiici isriixi 109 dalle argille che producono i tipici rossi frammisti alle peculiari tonalit giallognole. Le tecniche di intervento di restauro e pulitura sono state dierenziate in relazione ai vari mate- riali costruttivi, attuando lavaggi e poi accurate puliture con rimozione di croste, patine, colature e grati sui pilastri nelle zone basse; quindi, ter- minata la pulizia, si sono attuati i consolidamenti dierenziati per tipologie di materiali con rifaci- menti di piccole porzioni deteriorate e la posa a nire di vernici protettive adeguate. Il risultato, che ha comportato anche una gene- rale tonalizzazione di alcune zone della facciata principale, specie di alcune limitate zone di mat- toni nella parte sommitale, ha consentito di ripri- stinare una gradevolezza della visione della mira- bile Architettura del Muratori e, soprattutto, di avviare unazione di salvaguardia nel tempo dei materiali di nitura. Una grande cura stata dedicata al restauro dei cementi, peraltro di curatissima esecuzione, sem- pre martellinati manualmente sui quali talora, in zone limitate, si sono operate piccole ricostru- zioni con protezione dei ferri darmatura, e dei mattoni e dei travertini, nella prospettiva e con la nalit di una pi lunga conservazione negli anni a venire nello spirito radicato dellopera del progettista. Lintervento stato eseguito dalla ditta Marmiroli s.r.l. di Bagnolo in Piano di Reggio Emilia con una spesa complessiva di 150.000,00 divisa in tre stralci esecutivi di 50.000,00 cadauno In corso lavori si sono utilizzati prodotti duso nella consuetudine del restauro su edici del No- vecento quali: malte cementizie anticorrosive per i ferri darmatura, malte tissotropiche bicompo- nenti a basso modulo elastico per il risanamento del calcestruzzo, ssativo impregnante acrilico a base acquosa, ammonio bicarbonato, protettivo idrorepellente con gruppi uorati, malte a riti- ro controllato brorinforzate a presa rapida per il calcestruzzo, stucco decorativo a base di calce pura spenta a lunga stagionatura e terre naturali per le tonalizzazioni delle parti in mattoni, anco- ranti chimici con barre lettate, fondi ai silicati per le superci in cemento. 11. Il sottoportico di via dei Mille A C PREMESSA I l presente saggio si propone di contribuire alla conoscenza artistica ed alla valorizza- zione dei bassorilievi in cotto che decora- no gli altari delle chiese di S. Giuliano a Bologna e di S. Domenico nella vicina Budrio, partendo dalle osservazioni maturate durante il percorso di ricerca e analisi che ha accompagnato il processo di restauro del secondo dei due insie- mi; intervento gi oggetto di un precedente sag- gio tecnico 1 . Le attuali riessioni scaturiscono dal confronto stilistico delle due serie di altari, arricchito dagli elementi emersi grazie a un recente ritrovamento: i putti originali degli altari laterali di S. Giuliano, rimossi in un intervento del 1966. Il confronto da ultimo stato esteso ad un terzo edicio di culto del territorio emiliano, la chiesa della Madonna del Rosario di Cento (Ferrara), dove si riscontrata la presenza di elementi in cotto del tutto analoghi GLI ALTARI IN COTTO E STUCCO Gli altari di S Giuliano e di S Domenico rappre- sentano rafnate testimonianze dellarte decorativa della ne del Settecento bolognese. Nascono da un progetto ben denito in ogni dettaglio, sebbene realizzati con materiali poveri, facilmente reperi- bili e largamente diffusi nella tradizione artistica e artigianale del territorio emiliano: il cotto e lo stucco. Il loro progetto prevede un assemblaggio di pi elementi in cotto incentrato sullunicit artisti- ca ed espressiva dei bassorilievi ottagonali centrali, afancati nella composizione da elementi decora- tivi dalta qualit, ma riprodotti con matrici tratte da calchi, realizzati nella bottega darte. I singoli cotti, riniti uno ad uno, vengono successivamen- te inseriti nella intelaiatura muraria degli altari, il loro assemblaggio viene ultimato con elementi in stucco: le cornici orizzontali che costituiscono il basamento e il coronamento delle mense, i riqua- dri aggettanti intorno ai bassorilievi-candelabre e la sequenza di piccole foglie di palma che circondano i bassorilievi centrali (Fig. 1). COMPOSIZIONE DEGLI ALTARI Ogni altare presenta cinque bassorilievi con una ricorrente tipologia iconograca e decorativa, ba- sata sulla presenza delementi ripetuti ed univoci per ognuno dei motivi. Si ritrova inoltre anche il medesimo ordine compositivo, simmetrico ri- spetto al bassorilievo centrale. Tre sono gli schemi ricorrenti rappresentati: - un bassorilievo ottagonale centrale per ogni alta- re, rafgurante un soggetto religioso unico e mai ripetuto; - un bassorilievo rettangolare, con elemento de- corativo a candelabre (due per altare), collocato ai lati del bassorilievo centrale; - un elemento scultoreo posto negli angoli a chiu- sura della composizione, rafgurante un putto ornato di volute e festoni, racchiuso entro una foglia dacanto (due per altare). Un analogo lo conduttore creativo si riscontra negli elementi tratti da matrici; cos nelle cande- labre osserviamo, posti simmetricamente su en- trambi i lati del vaso antropomorfo, un piccolo volto di putto alato di prolo, dotato di drappo e festone simile al grande putto angolare. GLI ALTARI DELLE CHIESE DI S. GIULIANO A BOLOGNA E DI S. DOMENICO A BUDRIO Gianfranca Rainone * S. Giuliano putto ritrovato 112 112 Gii airaii oiiii cuiisi oi S. ciuiiaxo a Boiocxa i oi S. Doxixico a Buoiio RISULTANZE STORICO-DOCUMENTARIE E LETTURA CRITICA Per gli altari di S. Domenico di Budrio, le scarse fonti archivistiche superstiti e le fonti storiche non hanno potuto colmare le lacune delle attuali cono- scenze circa la loro committenza e le ragioni della loro costruzione, pur trattandosi di un intervento unitario di una certa rilevanza, che interess tutte le cappelle sovrapponendosi a quanto vi preesisteva. Malgrado ci, basandosi in primo luogo sullanalisi materiale e stilistica, si pu dedurre la stretta af- nit progettuale e di esecuzione di questa serie con quella degli altari di S. Giuliano a Bologna. Notando tale afnit, nel 1965 Eugenio Ricco- mini attribuiva allo scultore bolognese Giacomo Rossi (1748-1817) i bassorilievi centrali adornan- ti gli altari laterali di S. Domenico e successiva- mente, nel 1991, anche Stefano Tumidei vi rico- nosceva lo stile dellartista 2 . Quanto agli altari di S. Giuliano, lattribuzione a Giacomo Rossi si ritiene denitivamente con- fermata da una importantissima testimonianza coeva al lavoro dellartista, presente nelledizione del 1782 della guida di Bologna di Carlo Cesare Malvasia, dove si legge testualmente: la scoltura dornato non meno che di gura in esso intro- 01. S. Domenico, Deposizione 113 113 G R dotta s nelle candeliere su le pilastrate, che negli altari, e loro mense di Giacomo Rossi 3 . La presenza dello scultore e della sua bottega in S. Giuliano peraltro documentata negli anni 1780-1781, dove partecipa al rinnovamento complessivo della chiesa insieme ad altri artisti, scultori e plasticatori del calibro di Ubaldo Gan- dol, Carlo Prinetti, Petronio Tadolini e Anto- nio Moghini, eseguendo oltre ai bassorilievi per gli altari, anche le statue dei profeti Daniele ed Ezechiele e le quattro ancone in stucco realiz- zate congiuntamente ad Antonio Moghini, che diventano le monumentali cornici degli altari laterali. Nei bassorilievi tratti da matrici possibile legge- re alcuni caratteri tipici del linguaggio gurativo vivace in voga tra gli artisti bolognesi del perio- do. Del tutto simile al motivo che adorna il putto angolare dei nostri altari risulta poi larticolazio- ne di foglie e ori nel festone che orna la Vestale che Giacomo Rossi esegue in Palazzo Aldrovandi a Bologna. Cos come limpostazione dei paliot- ti centrali ed il vaso con elementi zoomor delle candelabre sembrano accostabili ad alcuni schizzi e disegni riferiti allo scultore (Bologna, Biblioteca Comunale dellArchiginnasio), la cui vasta pro- duzione graca, tuttavia, attende ancora uno stu- dio approfondito 4 . CONFRONTO MATERIALE E STILISTICO, CONSIDERA- ZIONI SULLA TECNICA ESECUTIVA: UNICIT E SINGOLARIT DELLE MATRICI Dallosservazione degli altari emergono interes- santi elementi di confronto e di conoscenza ri- guardo alle tecniche di produzione impiegate, nonch alla metodologia di lavoro della bottega darte, dove venivano realizzati i calchi e le matrici degli elementi decorativi ricorrenti. Dal disegno dellartista era in uso trarre il prototipo, dal qua- le venivano realizzati due o tre calchi considerati originali, avviando con questi ultimi la produzio- ne delle matrici per lesecuzione dei pezzi. Tale modalit operativa permetteva di salvaguardare il pezzo originario assunto a modello. Anche inserite in una composizione rigidamente simmetrica, le matrici utilizzate per i bassorilie- vi a candelabre ed i putti angolari mantengono la loro specicit compositiva: cos nel decoro a candelabre riscontriamo che il motivo del fuo- co che si sprigiona dal vaso superiore diretto sempre verso destra, anche quando posizionato nellangolo sinistro dellaltare. Ci vale anche per lelemento scultoreo angolare, dove il volto del putto risulta incorniciato da due piccole ali che si uniscono, sovrapponendosi sotto il men- to, sempre da sinistra verso destra. (Fig. 1). importante sottolineare che negli altari laterali di S. Giuliano e di S. Domenico tutti i bassori- lievi ottagonali centrali presentano misure ana- loghe e sono riniti con le medesime cornici in stucco dal motivo vegetale. La sola differenza la rafgurazione del soggetto religioso, mai ri- petuto in quanto creazione artistica unica per ogni altare, collegata al culto specico di ciascun santo. Invece, i bassorilievi con motivo a candelabre risultano composti sempre da due elementi, pre- sentando una linea di taglio trasversale rispetto alla loro lunghezza, eseguita per limitarne le de- formazioni nel processo di essiccazione e cottura dellargilla, dato che il rapporto lunghezza/spes- sore considerevole. opportuno osservare che questa modalit operativa risulterebbe una scelta individua- 114 114 le di carattere squisitamente tecnico, adottata nel seno della singola bottega darte, avendo riscontrato altrove soluzioni diverse: nel con- fronto esteso alle candelabre della chiesa della Madonna del Rosario di Cento si pu infatti notare come queste ultime siano composte da singoli pezzi. In San Giuliano si pu osservare unanaloga li- nea di taglio per gli otto decori; questo ci indu- ce a ipotizzare la provenienza da una medesima unica matrice. In San Domenico invece, si ri- scontrano due linee di taglio diverse; suggeren- doci la realizzazione di almeno due matrici per i quattordici elementi posti in opera (Fig. 2). Questi elementi, una volta usciti dalla fornace e prima di trovare la loro collocazione allinterno della composizione, venivano ricomposti nel manufatto denitivo, ritoccati e accuratamente riniti. importante osservare che da una ma- trice potevano duplicarsi soltanto un numero limitato di pezzi, perch essa si logorava con lusura. Da ci deriverebbero le differenze nella nitidezza plastica del modellato riscontrate in alcune candelabre di San Domenico. 02. Confronto delle linee di taglio dei bassorilievi con candelabre (da sinistra 2 bassorilievi in San Domenico e uno in San Giuliano) Gii airaii oiiii cuiisi oi S. ciuiiaxo a Boiocxa i oi S. Doxixico a Buoiio 115 115 GLI ALTARI DI SAN GIULIANO E SAN DOMENICO: UN SOLO PROGETTO, UNA DUPLICE REALIZZAZIONE. IL RITROVAMENTO DEI PUTTI ANGOLARI Si pu affermare che il progetto posto in opera per gli altari di entrambi gli edici religiosi risulta lo stesso, ma vi sono sostanziali differenze nella realizzazione, come vedremo pi avanti. Due im- portanti documenti, attestanti lo stato degli altari di San Giuliano prima dellintervento di decur- tazione subito nel 1966, ci confermano in modo 03. (Sopra) Budrio (BO), chiesa San Domenico, foto concessione di Vittorio Bonaga (Sotto) Bologna, chiesa San Giuliano (a.1966) su concessione del Ministero per i beni e le attivit culturali Archivio fotograco Soprintendenza BSAE di Bologna. 04. San Giuliano putto ritrovato G R inequivocabile lunicit del progetto. Il primo costituito dalle schede storiche conservate presso lUfcio Catalogo della Soprintendenza BSAE di Bologna, ove vengono descritti in dettaglio i cin- que bassorilievi agli altari della chiesa bolognese cos come si presentavano nel 1931. Il secondo dalle foto che li ritraggono ancora per poco intatti nel 1966, conservate nellArchivio fotograco So- printendenza BSAE di Bologna (Fig. 3). Purtroppo oggi gli altari laterali di San Giuliano appaiono in unaltra veste, privata degli elementi angolari rafguranti putti. Tuttavia il recente ri- 116 116 trovamento da parte di chi scrive (febbraio 2009) di questi importanti elementi ha permesso di ve- ricarne morfologia e dimensioni esatte. Come quelli di Budrio, anchessi risultano costituiti da due elementi, che si raccordano perfettamente sotto lala che incornicia il volto del putto, e sono distinti da una numerazione, che conta tredici pezzi, cinque in pi rispetto a quelli smontati dal- le cappelle (Fig. 4). Si osserva inoltre che gli stes- si putti compaiono anche nellaltare maggiore di San Giuliano e tutti misurano 80 cm di altezza e 17,50 di larghezza. Il confronto dimensionale che ne consegue con quelli di San Domenico, alti in- vece 71 cm, e larghi 16,00 assai avvincente, por- tando a riscontrare oltre ad una differenza dimen- sionale, dovuta al ritiro dellargilla, anche piccole variazioni nella denizione del modellato. Ci fa ipotizzare che per San Domenico di Budrio, 05. Confronto candelabre (da sinistra Chiesa di San Domenico, Chiesa del Rosario, Chiesa di San Giuliano Gii airaii oiiii cuiisi oi S. ciuiiaxo a Boiocxa i oi S. Doxixico a Buoiio 117 117 siano state impiegate matrici eseguite copiando i positivi, precedentemente posti in opera in San Giuliano di Bologna 5 . Estendendo successivamente il confronto dei put- ti a quelli della chiesa della Madonna del Rosario di Cento, riscontriamo similitudini dimensionali e di modellato soltanto tra questi ultimi e quelli di San Giuliano (Fig. 5). Analizzando ora in dettaglio i bassorilievi con can- delabre in San Domenico di Budrio per metterli a confronto con quelli in tutto simili fra loro di San Giuliano e della Madonna del Rosario, verichia- mo sostanziali differenze nelle dimensioni (56 cm di altezza contro i 61 cm dei bassorilievi di Bologna e Cento) e nel modellato (nella denizione dei vasi, delle foglie, nel posizionamento dei piccoli volti di putto rispetto al vaso zoomorfo nella composizio- ne) (Fig. 6). Le differenze di modellato chiaramen- te riscontrabili nella Fig. 5, ci parlano del modo di operare in seno alla bottega darte, dove si lascia 06. Confronto putti algolari (da sinistra Chiesa di San Domenico, Madonna del Rosario, Chiesa di San Giuliano) G R 118 118 spazio alla singola creativit del plasticatore per de- nire o rinire alcuni elementi che non vengono riprodotti conformemente al calco originale, o per- ch esso non viene accuratamente eseguito, oppure perch la matrice ha perso la sua denizione. Si pu affermare che, tratti da matrici, i de- cori delle candelabre e dei putti degli altari di San Domenico siano successivi e derivanti da quelli di San Giuliano, in quanto ottenuti da positivi precedentemente realizzati. Si conclu- de pertanto alla luce delle similitudini e diffe- renze analizzate, che in San Domenico e San Giuliano presente la medesima impostazione progettuale, che ha mantenuto per i bassorilie- vi ottagonali centrali le medesime dimensioni e lunicit dei soggetti rappresentati, ma viene espressa con una realizzazione in parte diver- sa, per limpiego di bassorilievi di serie -putti e candelabre- ottenuti da positivi precedente- mente realizzati. Il ritrovamento dei putti di San Giuliano ha per- messo inoltre di aprire un approccio parziale di indagine sulle niture applicate su questi decori, che si spera possa essere approfondito in futuro. Va premesso che durante le operazioni di pulitura condotte nel restauro degli altari di San Dome- nico, sono emerse niture colorate soltanto su- gli stucchi, mentre erano assenti sui cotti (putti e candelabre) 7 . Sui putti ritrovati in San Giuliano, stato possibile eseguire semplicate analisi stra- tigrache, riscontrando anche in questo caso la totale assenza di niture colorate. stata rinve- nuta invece direttamente sopra la terracotta uno strato bianco di zinco, sul quale compare una pre- parazione con laggiunta di colore, rosso matto- ne. Ci pu essere assimilabile ad un intervento nale nella preparazione dei cotti prima del loro assemblaggio, con lo scopo di uniformare la loro cromia nellinsieme denitivo. Unannotazione speciale va fatta per gli elemen- ti costitutivi dellaltar maggiore di San Giulia- no, costruito su disegno dellarchitetto Ventu- roli, modicato nel 1856 secondo il progetto degli architetti Davide Venturi e Costantino Dalbuono, dove i putti angolari in cotto appa- iono con niture dorate ad eccezione del volto 07. Sezioni sottili sui putti di San Giuliano (BO): A.- Sezione sul putto ritrovato, si osservi lo strato bianco di zinco e lo strato di nitura nale di colore rosso mattone. B.- Sezione sul putto dellaltar maggiore, si osservi la preparazione con il bolo e la foglia doro Gii airaii oiiii cuiisi oi S. ciuiiaxo a Boiocxa i oi S. Doxixico a Buoiio 119 119 e delle ali. Per uno di questi elementi stato possibile analizzare un frammento, riscontran- do sopra il cotto la preparazione per il bolo e la successiva stesura della foglia doro (Fig. 7). Altro particolare interessante di questo altare lo troviamo nelle sue bellissime candelabre, ugualmente dimensionate rispetto a quelle in cotto degli altari laterali, ma eseguite in legno nemente intagliato e dorato, che, a differenza di quelle in cotto delle cappelle laterali, si spec- chiano nella simmetria della composizione, verso il lato destro e sinistro. DIFFUSIONE DEI MODELLI E DELLE MATRICI NEL TERRITORIO Al momento stato riscontrato nel territorio limpiego delle stesse matrici negli altari in cot- to della Madonna del Rosario in Cento (FE), dove i medesimi bassorilievi con putto e cande- labre, trovano collocazione secondo uno sche- ma differente di aggregazione, ad eccezione di due cappelle, di cui una del Guercino, dove si rinnova la disposizione simmetrica, rispetto ad un diverso decoro centrale. Dal confronto dei bassorilievi tratti da matrici emerge una similitudine sia dimensionale che formale, nonostante la differenza di trattamen- to nale e di colore, solamente con quelli di San Giuliano, similitudine che qui ci limitiamo a segnalare per motivi di brevit. Il fatto che la collocazione temporale di questi elementi nella chiesa del Rosario risulti secondo alcuni studiosi posteriore di quasi un secolo non fa che confermare la grande diffusione e limpie- go che questi elementi plastici, particolarmente radicati nella tradizione artistica ed artigianale, hanno avuto nel tempo. NOTE CONCLUSIVE Il triplice confronto n qui realizzato, che non sintende esaustivo sullargomento, lascia con- testualmente aperti alcuni interrogativi sulle modalit di diffusione e commercializzazione che nel tempo ha avuto questa particolare pro- duzione artistica, della quale risultano ancora sconosciuti molti elementi, compresi i passaggi dei modelli da una bottega dartista allaltra nel tempo, come pu essere accaduto per la Ma- donna del Rosario. Largomento merita certamente un futuro accu- rato approfondimento, nalizzato alla miglior comprensione del percorso seguito dalle opere, ed al lo conduttore che ne lega contestual- mente produzione, riproduzione ed evoluzione artistica dei modelli, continuamente elaborati, trasformati e reinventati secondo la sensibilit ed il gusto dellepoca. A riguardo dellevoluzione dei modelli, si vuole concludere con un rapido accenno ad un esem- pio di ulteriore evoluzione estetica dellelemento scultoreo rafgurante il putto angolare, esempio riscontrato nellaltar maggiore della chiesa di San Giacomo Maggiore a Bologna (in numero di 2 elementi), ma proveniente dalla chiesa parroc- chiale di San Lorenzo in Grecchia, sullAppenni- no bolognese. Inserito anchesso in una compo- sizione simmetrica rispetto ad un elemento cen- trale, fu realizzato nel 1802 dallabile intagliatore del legno Silvestro Pozzi e ci mostra con ardito slancio una rafnata tridimensionalit. Come i putti sopra analizzati, esso presenta tutti gli ele- menti precedentemente riscontrati, ma composti secondo una nuova interpretazione artistica: il volto del putto, le ali, la foglia di acanto, la voluta, il festone (Fig. 8), e a differenza dei primi, tratti G R 120 120 da matrici, costituisce una singola creazione ar- tisitica, trasformazione ed evoluzione acquisita e consolidata anchessa, di un modello classico ben pi antico di qualche secolo. Un ulteriore e doveroso approfondimento sullevoluzione ancora poco conosciuta di tutta la produzione artistica degli scultori e plastica- tori bolognesi della ne del XVIII sec., non pu prescindere dal prendere metodicamente in con- siderazione lintensa attivit didattica e cultura- le esercitata dall Accademia Clementina, fulcro creatore e propulsore di ideali e cultura, dentro e fuori lambito bolognese. RINGRAZIAMENTI Agli amici Lorenza Servetti, Francesco Caprara e Mara Gualdoni, che con i loro preziosi suggeri- menti hanno arricchito questo testo. 08. S. Giacomo Maggiore putto Gii airaii oiiii cuiisi oi S. ciuiiaxo a Boiocxa i oi S. Doxixico a Buoiio 1 Il saggio sul restauro appare nella pubblicazione MiBAC Conservare Restauro Innovare dedicata al Salone del restauro e della conservazione dei Beni Culturali e Am- bientali, Ferrara, 2006. 2 Per lattribuzione dei bassolrilievi ottagonali a Giacomo Rossi: E. Riccomini in Mostra della scultura bolognese del Settecento, catalogo della mostra, Bologna, 1965, p. 152;. E. Riccomini Vaghezza e Furore. La scultura del Settecento in Emilia Romagna, Bologna, 1977, p. 151; S. Tumidei,Terrecotte bolognesi di Sei e Settencento: collezionismo, produzione artistica, consumo devozio- nale, in Presepi e Terracotte nei musei civici di Bologna. Bologna, 1991, p. 47. La proposta attributiva stata di recente ripresa, a seguito di una generale ricognizione storico-documentaria sugli altari, da Eleonora Mello- ni: Approfondimento della ricerca storica sugli altari in cotto e stucco della chiesa di San Domenico in Budrio (BO) per la Soprintendenza BASE di Bologna, proto- collo 7.342 del 11/11/2008; Eadem, La chiesa di San Domenico a Budrio. Guida storico-artistica, a cura di F. Caprara e L. Servetti, Bologna, 2008, pp. 48-53. 3 C.C. Malvasia, Pitture, scolture ed architetture delle chie- se luoghi pubblici, palazzi e case della citt di Bologna, e suoi sobborghi, Bologna, 1686; ed.cit. Bologna, 1782. 4 S. Tumidei, Contributo a Giacomo Rossi scultore e dise- gnatore, in Arte a Bologna bollettino dei musei civici di arte antica, pag 125-137, la raccolta di schizzi e disegni presentati a pag. 127, gura 7:Foglio di schizzi; pag.128, g.9: Scene allantica; pag 130, g. 11 Studio per Sacra Famiglia; pag.134,g.23 Vestale. 5 Si ritiene doveroso correggere quanto abbiamo preceden- temente aermato (La chiesa di San Domenico cit., p. 57) sulle uguali dimensione dei putti angolari della chiesa di San Domenico e San Giuliano. La scoperta dei putti degli altari laterali di San Giuliano nel gennaio del 2009, ha permesso lesecuzione di riscontri e confronti diretti sulle opere, vericando le dierenze di dimensioni e di modellato qui rappresentate. 6 Per approfondimenti si veda il saggio della scrivente in La chiesa di San Domenico a Budrio cit., pp. 54-61. 121 121 C.C. Malvasia, Pitture, scolture ed architetture del- le chiese luoghi pubblici, palazzi e case della citt di Bologna, e suoi sobborghi, Bologna, 1686; ed.cit. Bologna, 1782. E. Riccmini, Mostra della scultura bolognese del Settecento, catalogo della mostra, Bologna, 1965 G. Roversi Gli arredi sacri di San Giacomo Mag- giore in Il tempio di San Giacomo Maggiore in Bologna, pag. 187-214. Bologna, 1967. E. Riccmini, Vaghezza e Furore - La scultura del settecento in Emilia Romagna Bologna, Zanichel- li, 1977. S.Tumidei, Terrecotte bolognesi di Sei e Settencento: collezionismo, produzione artistica, consumo devo- zionale, in Presepi e Terracotte nei musei civici di Bologna. Pag. 21-51, Bologna 1991. S. Tumidei. Contributo a Giacomo Rossi scultore e disegnatore, in Arte a Bologna bollettino dei mu- sei civici di arte antica n 2, pag 125-137, Bolo- gna 1992. A.N. Cellini, La scultura del settecento in Storia dellArte in Italia. Utet, Torino, 1982. N. Roio. Le opere darte in san Giuliano, in S. Giuliano e S. Cristina, due chiese in Bologna, storia, arte e architettura. Pag.143-177. Bolo- gna 1997. G. Gresleri. San Giuliano una chiesa in forma di tempio antico in S. Giuliano e S. Cristina, due chiese in Bologna, storia, arte e architettura. Pag. 60-103. Bologna 1997. I grandi disegni italiani della Pinacoteca Naziona- le di Bologna di Bologna. Bologna, 2002. L. Samoggia. Valori urbanistici e interventi archi- tettonici in La Chiesa del Rosario, pag 47-65. Bo- logna 2003. S. Tumidei. Disegni di scultori bolognesi nella collezione Certani, in Saggi e Memorie di Sto- ria dellArte, pag. 399-438. Fondazione Giorgio Cini. Istituto di Storia dellArte. Venezia 2003 E. Melloni in La Chiesa di San Domenico a Bu- drio, guida storico-artistica. Pag. 26-35. Bologna 2008. Schede dellUfcio Catalogo della Soprinten- denza BSAE di Bologna. 1931, Chiesa di San Giuliano. 1996, chiesa della Madonna del Ro- sario di Cento Foto La fotograa in b/n dellaltare di San Giuliano proviene dallArchivio Fotograco della Soprin- tendenza BASE di Bologna, MiBAC. Le foto a colori sono di Vittorio Bonaga, Eleono- ra Melloni e Gianfranca Rainone B 122 I n questi ultimi anni la Soprintendenza ha svolto consistenti lavori di restauro nellex monastero benedettino dei SS. Pietro e Prospero a Reggio Emilia, pi noto con il nome di Chiostri di S. Pietro 1 . Dal 1861 caserma militare e dagli ultimi anni Ottanta abban- donato a se stesso, questo monumento dellarchitet- tura del Cinquecento rimasto chiuso al pubblico e praticamente sconosciuto, se non a pochi specialisti della materia. Tra questi, Bruno Adorni e Elio Mon- ducci ne hanno evidenziato la qualit architettonica, lopera di Bartolomeo Spani nel chiostro piccolo e il contributo di Giulio Romano nelle facciate del chiostro grande 2 , queste ultime gi restaurate dalla Soprintendenza nel 1989-94. Alle evidenze criti- che e documentarie gi messe in luce, si aggiungo- no oggi le scoperte e i rinvenimenti eettuati negli ultimi lavori, che permettono di apprezzare ancora di pi leccezionale monumento-documento, che i lunghi anni di abbandono e di permanenza dei mi- litari avevano fortemente compromesso nella sua immagine e struttura. Appena entrati limpressione che si aveva era quella di una caserma abbandonata e danneggiata dallincuria, luogo dei rave estivi, che avevano lasciato il loro segno artistico nei murales improvvisati sulle pareti. I due chiostri rinascimen- tali avevano gran parte delle arcate tamponate, i portici apparivano sfregiati, chiusi e frazionati, per ricavarne le camerate per i soldati e gli altri ambienti ad uso della caserma (cucine, servizi igienici etc.). questa unopera darte disvelata, che ha richiesto tempi lunghi di lavoro, dedicati nella fase iniziale alla descialbatura delle incongrue straticazioni di pittura sovrapposte agli intonaci antichi, agli stucchi e agli apparati decorativi. Si passati poi alle ope- re di liberazione con la demolizione dei tanti muri che chiudevano i portici e frazionavano gli ambienti interni, riportando in luce, sulla scorta delle piante storiche e delle evidenze in sito, limpianto ancora leggibile e fortemente connotativo del monastero, nelle sue documentate fasi storiche che precedono la trasformazione in caserma (Fig. 1). I CHIOSTRI DI S. PIETRO A REGGIO EMILIA NOTE SUI RESTAURI Antonella Ranaldi* 01. Ex monastero dei SS. Pietro e Prospero a Reggio Emilia, pro- getto di restauro e recupero funzionale. Nei lavori eseguiti dalla Soprintendenza nel 2005-09 i portici tamponati sono stati ria- perti e liberati gli ambienti dalle incongrue aggiunte e tramezza- ture interne. Importanti scoperte e rinvenimenti hanno permesso di riportare in luce e restaurare: gli areschi del 1526 di Simone Fornari nel braccio ovest del chiostro piccolo (in basso a sinistra); gli areschi a grottesche e scene di paesaggio nella Cappellina adia- cente al chiostro piccolo; le decorazioni della Sala del 1820; le de- corazioni nelle Sette sale a nord (nella pianta in alto) Chiostri di S. Pietro a Reggio Emilia, portico del chiostro piccolo dopo il restauro * Con la collaborazione di Francesco Eleuteri e di Domenico Rivalta per la parte strutturale 124 124 I cuiosrii oi S. Piirio a Riccio Exiiia. Nori sui iisrauii In queste note dedicheremo brevi menzioni agli areschi e agli apparati decorativi, che scoperti e restaurati sono oggi ben visibili, e saranno oggetto di studio e approfondimento da parte degli spe- cialisti della materia. Dopo una sintesi sugli esiti dei restauri architettonici e pittorici, ci sembra- to interessante dare spazio anche ad altri aspetti forse meno eclatanti, ma comunque signicativi, che riguardano tecniche e sistemi costruttivi della fabbrica cinquecentesca e gli interventi di conso- lidamento e miglioramento strutturale progettati ed eseguiti dalla Soprintendenza. BREVE CRONISTORIA DELLA FABBRICA Lantico monastero si articolava intorno ai due chiostri rinascimentali, ed occupava larea intra moenia, vicina alla chiesa dei SS. Pietro e Pro- spero, che dalla via Emilia arrivava in origine, con gli orti retrostanti, no alla vecchia cinta muraria. Si inizi ledicazione a partire dal chiostro piccolo, dal lato della via Emilia, ope- ra di Bartolomeo Spani e Leonardo Pacchioni del 1524-26, arescato da Simone Fornari nel 1526 (Figg. 2-5). Segu a partire dal 1542 la re- alizzazione del chiostro grande, ispirato da Giu- 02. Chiostro piccolo, dopo il restauro e la riapertura delle ar- cate tamponate 03. Portico del chiostro piccolo, braccio ovest. Areschi di Si- mone Fornari del 1525-26. La volta arescata a nti lacu- nari ottagonali. Il motivo delle archeggiature su colonne binate riprodotto nella parete di fronte ad incorniciare le scene di- pinte a monocromo 125 125 A R lio Romano, per il tramite degli architetti locali Alberto e Roberto Pacchioni (Fig. 7). In questa prima fase di lavori, no ai primi anni Sessan- ta del Cinquecento, si realizz il braccio ovest, che si snoda dal chiostro piccolo, e a seguire quello nord con il dormitorio. Questultimo fu ricostruito o riparato, perch minacciava rovi- na, da Prospero Pacchioni nel 1580, forse con la consulenza di Giulio della Torre, che gura tra i periti della fabbrica, autore da l a poco del progetto della contigua chiesa del 1584-85. Il bolognese della Torre era del resto legato ai benedettini e realizz per essi il monastero di San Procolo a Bologna. Nel 1584-88 si demol la chiesa vecchia che occupava larea libera del chiostro grande e quella ancora non edicata sul lato est e sud. A quel punto si pot proseguire la costruzione del chiostro, che si protrasse no al 1622, quando venne completato lintero peri- bolo. Nel 1636 e nel 1680 fu progressivamente abbassato il livello dellarea libera del chiostro grande. Nel 1676 e nel 1697 si ripararono le volte e le coperture del dormitorio sul lato nord del chiostro grande. Trasformato in Ritiro del- 04. Simone Fornari alias Moresini, areschi del 1525-26 nel portico delchiostro piccolo 05. Simone Fornari alias Moresini, areschi del 1525-26 nel portico delchiostro piccolo 126 126 le dame dal 1783 al 1796, subito dopo, duran- te il periodo della dominazione napoleonica, si voleva diventasse la sede dei tribunali. Risalgo- no a questo periodo le decorazioni della Sala della Giustizia. Con la restaurazione estense, dopo il 1815, il complesso divenne Educanda- to per fanciulle. La facciata sulla via Emilia fu riprogettata in veste neoclassica da Domenico Marchelli nel 1818 (Fig. 9) e nel 1818-1820 gli ambienti dellex cellerario furono trasformati e adibiti a tempio ebraico o a sala massonica. Dal 1861 il complesso fu inne destinato a caserma militare e tale rimase no allinizio degli ultimi anni Ottanta. Da allora ledicio fu abbando- nato e rimase misconosciuto al pubblico e in attesa di una nuova destinazione. SCOPERTE, RINVENIMENTI E RESTAURI CHIOSTRO PICCOLO Sin dai primi sondaggi, al di sotto dei tanti strati di tinteggiature comparivano tracce si- gnificative di affreschi e decorazioni: autentici capolavori, soprattutto alcuni, riportati in luce e restaurati. Tra questi, primeggiano gli affre- 06. La Cappellina arescata con grottesche e scene di paesaggio, presenta al centro della volta una rota porretica dipinta. Prima del restauro lambiente era destinato a locale tecnico della caserma ed alloggiava una caldaia, con una tubazione che traforava la volta. Met degli areschi cinquecenteschi sono andati perduti, laltra met era coperta da pi strati di pittura. Gli areschi che si sono salvati sono stati riportati in luce e restaurati I cuiosrii oi S. Piirio a Riccio Exiiia. Nori sui iisrauii 127 127 schi nel chiostro piccolo del 1526 di Simone Fornari alias Moresini (1479-1529), noti dalle testimonianze documentarie e dalle esigue por- zioni che rimanevano a vista 3 , che malamente restaurate in passato non rendevano la qualit dei dipinti; la gran parte di essi era invece coper- ta dalle successive tinteggiature, anche recenti (Fig. 3-5). Dopo unattenta opera di descialba- tura e di rimozione degli strati sovrapposti, ri- comparsa la decorazione della volta a botte del portico ovest, interamente arescata a lacunari ottagonali in rosso di Verona, su fondo chiaro dalle venature ambrate, espressione di ricercata simbiosi tra pittura e architettura (Fig. 3). Sulle pareti le parti meglio conservate rappresentano una Nativit, in un ambiente accentuatamente muliebre, che raffigura in sequenza scene legate al parto, e a seguire una raffigurazione, pur- troppo mutila nella parte bassa, con in primo piano un gruppo di figure, vestite secondo i co- stumi del tempo, e sullo sfondo il paesaggio che sconfina dietro mura di citt in morbide colline (Fig. 5). Le scene dipinte a monocromo sono inquadrate da arcate e colonnine doppie, che riproducono speculari larchitettura policroma del portico, a colonne binate e alternate in bian- cone e rosso di Verona, riproducendone forme e materiali. Anche gli elementi in cotto delle cornici e dei sottarchi erano trattati a simulare i pregiati rivestimenti in marmo rosso di Verona, come dimostrano sia le tracce in sito, visibili soprattutto nelle parti pi protette e sotto le tamponature, sia la loro fedele rappresentazione nellaffresco (Fig. 4). Tali aspetti costituiscono unalta espressione del sincretismo tra le arti, che connota leccezionale qualit del chiostro piccolo, dove lavorarono lo scultore Bartolo- meo Spani, larchitetto Leonardo Pacchioni e il pittore Simone Fornari. Larchitettura sconfina nella pittura e larchitettura si connota di for- ti cromatismi, negati invece alle scene dipinte a parete, dove si scelse invece il monocromo. Il programma di questo importante ciclo pit- torico enunciato gi chiaramente nellincari- co conferito dai padri benedettini nel 1525 a Simone Fornari (alias Moresini), dove il testo che descrive loggetto della convenzione pone laccento proprio sullarchitettura picta del cas- settonato, dei cornisamenti contrafacti de mar- mori, delle colonne ficte de marmore de Verona 4 . Nel chiostro piccolo la riapertura delle arcate tamponate ha ricreato le condizioni della cor- retta percezione sia dellarchitettura che degli affreschi, in un gioco di rimandi dallarchitet- tura picta a quella reale. Questultima colpisce per larditezza della soluzione dei sostegni: esili e affusolate colonnine doppie, che rendono il portico magnificamente aereo, sensazione ac- centuata dal contrasto con la massa muraria della fascia superiore, interamente chiusa per ragioni costruttive, dettate dalla scelta di volta- re a botte i portici, che presentano inoltre quat- tro cupolini agli angoli (Fig. 2). Le bifore sul terzo registro risalgono invece ad un restauro stilistico, di marca ottocentesca. Le colonnine binate, liberate dai muri che vi si addossavano, una volta pulite hanno riacquistato la loro co- lorazione, a seguito del trattamento con olio di lino, alleggerito con solventi al nitro e successi- va patinatura a cera. La scelta del sobrio tusca- nico si addiceva a celebrare i due santi Pietro e Prospero; il ritmo binato, che richiama anche la doppia dedicazione, invece, offre una rara rielaborazione, tutta rinascimentale, dei chio- A R 128 128 benedettini di Montecassino e di S. Paolo fuori le mura a Roma, rivisitati per il tramite della cultura antiquaria, che in modo convincente Bruno Adorni riferisce al disegno di Cesariano del Gymnasium vitruviano (1521) 5 . Accanto al portico, nel piccolo locale dove cera la caldaia della caserma, le cui condutture foravano la volta, ricomparso il gioiello della Cappellina, ornata a grottesche e scene di paesaggio. Met del- le pitture sono andate perdute, laltra met stata riportata in luce e restaurata. Nel sotto voltato si riconosce la rota porretica dipinta al centro, nelle grottesche esotiche gure africane busti nei pen- nacchi e scene di paesaggi nelle pareti (Fig. 6). CHIOSTRO GRANDE Le ricerche di Bruno Adorni hanno introdotto nuo- vi elementi nello studio del chiostro grande: antici- pando linizio della costruzione, ritenuta in passato tardo cinquecentesca, ai primi anni Quaranta del Cinquecento; ricostruendo quindi su base docu- mentaria le fasi di edicazione; inne riconoscen- do nellideazione dellopera, come gi aveva intuito Adolfo Venturi nel 1924, linuenza determinante di Giulio Romano, attivo in quegli anni nel vicino monastero benedettino di S. Giovanni in Polirone. Come conferma lanalisi stilistica, la paternit del progetto spetterebbe quindi a Giulio Romano. Gli esecutori dei lavori furono gli architetti reggiani, dapprima Alberto Pacchioni, che realizz il braccio ovest, nord e parte di quello est con il dormitorio sul lato nord, seguito da Prospero Pacchioni, a cui si deve la ricostruzione del dormitorio sul lato nord a partire dal 1580. In fase di progetto si arontata lannosa questio- ne della quota del chiostro grande. Si riteneva in passato che la quota attuale fosse il risultato di un abbassamento dovuto ai militari, e da l erano state avanzate ipotesi di rialzare il livello ad una quota presunta originaria. Una foto della seconda met dellOttocento 6 mostra invece lintero piano basa- mentale chiuso a bugnato e, sotto le arcate, la serie di aperture quadrate a bocca di lupo del piano sot- tostante. Sebbene sia molto probabile che la quota di progetto fosse eettivamente pi alta di quella attuale, fatto questo non indierente per capire la lettura delle facciate dimpronta giuliesca, di- cile pensare che a quella quota si arriv mai, in quanto ci avrebbe richiesto consistenti opere di riporto di terreno, non documentate. Al contrario, nito il peribolo del chiostro, la cui realizzazione si protrasse dal 1542 no al 1622, si pens non solo a non rialzare il terreno, bens, dapprima nel 1636 e successivamente nel 1680, per rendere pi salubri gli ambienti seminterrati, si lev progressi- vamente la terra, per giungere alla quota attuale, realizzando inoltre nel 1680 una grotta ninfeo po- sta al centro della facciata sud, riconoscibile nella nicchia rinvenuta nel corso dei lavori. Si previsto quindi il ripristino del bugnato e della continuit del piano basamentale con le aperture originarie delle bocche di lupo, nellaspetto documentato dalla fotograa tardo ottocentesca, mantenendo la quota attuale con una sistemazione a giardino che a livello solo percettivo restituisca la lettura dei prospetti e delle proporzioni, come era stata concepita nel progetto iniziale 7 . Ulteriori elementi a favore dellipotesi di una quota di progetto pi alta di quella attuale vengono dalla posizione delle bocche di lupo originarie, richiuse dai militari, e ora riportate in luce (Fig. 7). Ledicazione si protrasse quindi nel tempo, attra- versando fasi costruttive e rifacimenti. La fattura delle singole parti, soprattutto nelle niture, in I cuiosrii oi S. Piirio a Riccio Exiiia. Nori sui iisrauii 129 129 quanto ad accuratezza e tecnica esecutiva, rende conto delle diverse fasi di realizzazione. La fattura pregiata dei bei capitelli ionici allantica in stuc- co del portico ovest, il primo ad essere realizzato, non venne eguagliata nelle restanti parti, dove si ricorse anche a capitelli in cotto. Le stesse policro- mie della fabbrica cinquecentesca vennero presto occultate da successive pitture di colore ocra. Mentre si completava la fabbrica, nel Seicento i benedettini pensavano gi ad un possibile amplia- mento sul lato est, con laddizione di un altro dor- mitorio, di impianto analogo a quello realizzato sul lato nord, servito da una scala posta allangolo nord-est. In previsione di realizzare laddizione ri- masta sulla carta, di cui abbiamo testimonianza nelle aggiunte al disegno di Giulio della Torre 8 , la facciata esterna verso oriente non venne mai com- pletata, come dimostrano le impronte delle aper- 07. Chiostro grande ispirato da Giulio Romano, lato est dopo la riapertura delle serliane e delle bocche di lupo, tamponate dai mi- litari. A R 130 130 ture predisposte al piano superiore, per accedere alla galleria di progetto sul lato est, poi non rea- lizzata. Gli stessi portali, sulla parete perimetrale del portico verso oriente, rimasero a lungo aperti, vennero infatti tamponati solo successivamente dai militari. Il progetto ne prevede la riapertura. PORTICO DEL CHIOSTRO GRANDE. INDAGINI STRATIGRAFICHE E LETTURA DELLE CROMIE Le lesene in mattoni del portico, con i ranati capitelli di ordine ionico in stucco bianco (o in cotto nito in stucco bianco), riecheggiano il bi- cromatismo del chiostro piccolo. Il fusto era colo- rato con un sottile strato di pittura rosso intenso, ancora ben leggibile nelle lesene del portico nord (verso le Sette sale). Le analisi di laboratorio pre- cisano le stratigrae rilevate: laterizio rossastro di sottofondo (parte mu- - raria); sagramatura di colore nocciola a base di calce - carbonatata e pochi inerti di natura pretta- mente carbonatica, taluni di colore rossastro; sottile pennellata di colore rosso riconducibile - ad una stesura, probabilmente data a colla, a base di ocra rossa e poco carbonato di calcio. Seguono i numerosi strati sovrapposti: bruna- stro, bianco, grigio bluastro chiaro etc., no a ben 13 strati. Nel capitolato del 1582, si specicano le tecniche di stabilitura, fregatura e pulitura dei fusti, che erano trattati e lisciati in modo da ricevere e man- tenere il colore, da dare non solo alle lesene, ma anche ai fregi, cornici e basi: et fregar la colonna acci possa ricever et mantener il colore che se gli dar, et essi maestri saranno obbligati a darli quel colore che gli sar ordinato non solo a dette colonne, ma anco ai frisi, cornise et base 9 . Il documento, senza specicare quali colori si vo- lessero usare, prova che il trattamento cromatico era previsto gi nella fase di preparazione del fon- do. Questa testimonianza datata 1582 si riferisce ai lavori di aggiustamento e adattamento del portico sul lato nord, compiuti dal reggiano Prospero Pac- chioni con il contributo del bolognese Giulio della Torre, a seguito della parziale demolizione del dor- mitorio. Lintonaco delle parti murarie (sfondati) ha il colore sabbia dellinerte usato nella miscela della malta. Vi applicato sopra uno strato pitto- rico bianco dato a tre mani. Le cornici, frontoni, fregi dei portali sono bianchi, con parti di colo- re rosa (conchiglia sul portale in fondo al portico ovest sulla parete nord) e accole di colore rosso. La scelta del bianco e del rosso conferma le cro- mie dominanti nel chiostro piccolo. Concorda inoltre con larchitettura delle facciate del chio- stro grande, restaurate dalla Soprintendenza nel 1989-1994. La relazione di Giorgio Torraca, sul- le indagini eettuate a quellepoca, evidenziava nelle conclusioni: La policromia originale della facciata sembra quindi riconducibile a tre colo- ri: grigio-azzurro per tutte le supercie bugnata (con eccezione dei fusti delle lesene), bianco per lornamentazione architettonica (cornici, modi- glioni, architravi, capitelli, basi, frontoni, cimase, ecc.) e rosso per le fasce orizzontali ed i riquadri. Torraca rileva inoltre che lultimo strato era di colore giallo ocra. Questo strato ocra di natura pulvirulenta, steso sulle lesene, sui capitelli in ges- so, sulle basi e sugli archivolti, si riscontra anche allinterno del portico sopra le cromie originali. Limmagine architettonica e pittorica del chiostro grande rimanda ad ambientazioni di ispirazione tardo-imperiale, come ritratte nelle pitture rina- scimentali. Si risente linuenza di Giulio Ro- I cuiosrii oi S. Piirio a Riccio Exiiia. Nori sui iisrauii 131 131 grandi furono interamente arescati sulle volte e sulle pareti tra la ne del Settecento e i primi dellOttocento. Troviamo la sala con pitture di paesaggi e architetture dipinte (Fig. 8) e la sala della Giustizia con la ragurazione dei Dodici Cesari sul fregio e le decorazioni a grottesche su fondo rosa, di et napoleonica. Anche queste del tutte ignote, ed entrambe riportate intera- mente in luce. Nel locale dellex cellerario, nel corpo ovest ac- canto alla chiesa, si scoperta la del tutto ine- dita sala del 1820 che, per la simbologia delle decorazioni e limpianto spaziale, fa pensare o ad un tempio ebraico o ad una sala massonica. Fu realizzata probabilmente da Domenico Marchel- li, lo stesso autore che nel 1818 aveva fornito il disegno della facciata sulla via Emilia. Il rinnovamento compiuto dopo la restaurazio- ne estense interess dapprima la facciata, inse- rita nel progetto pi ampio alla scala urbana della quinta stradale che abbracciava i prospetti sulla via Emilia no allArco del Follo. Mar- chelli realizz una facciata dimpronta neoclas- sica, interamente cieca, con ampie porzioni a bugnato liscio e cornicione sporgente. Laf- faccio, chiuso allesterno, dava invece verso il chiostro interno. Sebbene non ci siano nestre sulla facciata verso la strada, larchitetto ne ri- propose il disegno nella serie di nte nestre su due registri, sopra lalto piano basamentale, rappresentate a persiane chiuse. Il restauro ha riproposto le coloriture della facciata del 1818 e le nte persiane dipinte, sulla base delle tracce ancora riconoscibili sul prospetto laterale verso il sagrato della chiesa (Fig. 9). Tra i disegni di Domenico Marchelli, insieme a quelli della facciata compare una sezione che mano, il policromatesmi di villa Lante e di San Benedetto in Polirone. La scelta del rosso per le lesene pu avere anche un signicato simbolico, il colore prescelto per rappresentare il martirio dei Santi Pietro e Prospero. Lintervento nel portico, sebbene non portato a termine, stato impostato e realizzato nelle prime campate del braccio ovest. Per le lesene del porti- co si voluto conservare limmagine segnata dal tempo, rinunciando a vani ripristini e imitazioni. Nello stesso tempo, si tenuto conto della ne- cessit di omogeneizzare limmagine e facilitare la lettura dinsieme, suggerendo le principali cromie degli elementi architettonici, con trattamenti lie- vi, sottotono e non coprenti. da evitarsi infatti lenfatizzazione del color cotto dei mattoni delle lesene, che non propria di questa architettura, quanto mai lontana dalle intenzioni degli arteci, che sia nel chiostro piccolo che nel chiostro gran- de si adarono a sapienti tecniche di simulazioni, volte ad imitare i marmi colorati. Lintervento ri- produce sottotono i cromatismi originali dellor- dine architettonico: basi, capitelli e trabeazione di colore bianco; fusto delle lesene di colore rosso. indispensabile inoltre minimizzare gli inestetismi degli inserti murari nuovi e degli strati di catrame sovrapposti. In particolare, il colore dei capitelli e dei fusti acquista particolare evidenza. Le lesene infatti scandiscono lo spazio e la sequenza delle campate nel magnico cannocchiale visivo del portico con i monumentali portali sullo sfondo.
LE SETTE SALE, LA SALA DEL 1820 E LA FACCIATA SULLA VIA EMILIA Passando allala nord del chiostro grande, dopo aver percorso il braccio ovest del portico, si attraversano le Sette sale. I due ambienti pi A R 132 132 ragura lambiente dellex cellerario 10 ; presumi- bilmente si tratta di uno studio preliminare alla trasformazione della sala dellex cellerario che, sulla base delliscrizione ancora leggibile, pos- siamo datare al 1820. In quegli anni, successivi alla restaurazione estense, tramontato il proget- to napoleonico di trasformare lex monastero in sede dei tribunali, il complesso venne adibito a Educandato per fanciulle. Ma evidentemente la porzione ovest che aveva accesso dal sagrato 08. Sala decorata con quadrature, paesaggi e architetture dipinte, riportata in luce durante il restauro (ala nord del chiostro grande, Sette sale) I cuiosrii oi S. Piirio a Riccio Exiiia. Nori sui iisrauii 133 133 della chiesa era separata e autonoma dal resto. La sala decorata secondo il repertorio della sim- bologia ebraica con il candelabro a sette bracci, laurora, le are votive, nti cassettonati, pareti di colore verde e zoccolatura rossastra. IL MIGLIORAMENTO STRUTTURALE Liter metodologico degli interventi strutturali qui illustrati si pone nella logica del migliora- mento, come inteso nelle Raccomandazioni del 1986 11 e nelle pi recenti Linee guida per la va- lutazione e riduzione del rischio sismico (2006) 12 , con lobiettivo quindi di aumentare il grado di sicurezza della costruzione, senza stravolgerne il comportamento strutturale, nella prospettiva di un miglioramento delle condizioni generali, con interventi non invasivi, formulati tenendo conto dei principi propri del restauro: minimo intervento, compatibilit, reversibilit; con- ciliando le esigenze della tutela e della cono- scenza delle speciche tecniche impiegate nella costruzione storica, con il recupero funzionale e la nuova destinazione del complesso. Le maggiori debolezze strutturali riguardava- no il corpo est del chiostro piccolo e lala del dormitorio sul lato nord del chiostro grande. Rispetto ad alcune soluzioni che evidenziavano una notevole vulnerabilit strutturale, si sono valutati gli accorgimenti propri della struttura originaria tardo cinquecentesca, e contestual- mente gli interventi successivi che ne avevano inconsapevolmente compromesso il comporta- mento strutturale. Gli interventi sono stati im- prontati al ripristino della continuit e solidit muraria e dello schema strutturale originario, migliorato nei punti di maggiore vulnerabi- lit, soprattutto attraverso presidi in ferro di varia foggia, catene, cerchiature, tiranti, stae, controventature, che interagiscono tra loro in modo assicurare alle strutture un maggiore gra- do di sicurezza. DORMITORIO La costruzione del dormitorio, sul lato nord del chiostro grande, aveva dato gi in origine grossi problemi di stabilit. Dopo non molti anni dalla sua realizzazione (ca. 1560-64), le coperture mi- nacciavano rovina, tanto che nel 1575 fu necessario demolirle. Furono quindi nominati nel 1579 e nel 1580 i periti per valutare i danni alla fabbrica, e dal 1580 no al 1585 fu ricostruita quasi integralmen- 09. Facciata sulla via Emilia. Il restauro ha privilegiato laspet- to della facciata neoclassica, realizzata su progetto di Domenico Marchelli del 1818, profondamente snaturata dal tempo e dagli interventi dei militari. La facciata fu progettata interamente chiusa, con partiture a bugnato liscio e nte nestre; nel restauro si sono riproposte le cromie originarie e le decorazioni delle nte nestre con persiane chiuse A R 134 134 te dalle fondamenta lala nord del chiostro grande, recuperando tratti delle muraglie della costruzione precedente. Nel 1676 e nel 1697 si ripararono le volte e le coperture del dormitorio, probabilmen- te danneggiate dal terremoto che colp Reggio nel 1671. A partire dal periodo napoleonico e negli anni successivi furono eettuate consistenti demo- lizioni, tra cui quelle delle partiture trasversali che dividevano le celle dei monaci al piano superiore, mentre al piano inferiore vennero demoliti i muri interni di partizione delle due sale accanto a quella centrale. Nel rilievo-progetto di Pietro Marchelli del 1860 13 , che precede di un anno linsediamen- to dei militari, si riconosce che la galleria centrale del dormitorio era stata divisa in due, e sulle ali in luogo delle celle correvano due corridoi liberi. I muri longitudinali del dormitorio, privati dei contrasti trasversali, divennero in questo modo assai pi vulnerabili. Dopo linsediamento dei militari, si aprirono gran- di arcate nella galleria e sulla volta si aggiunsero alle catene originarie altrettante catene doppie ancora- te ai muri verticali delle lunette, invece che nella posizione corretta alle reni. Tiranti in ferro furono posti paralleli ai muri lunghi, ancorando ad essi la parete corta est. Massicce furono anche le aperture di canne fumarie e tamponamenti in muratura in foglio, che hanno contribuito in modo consistente ad indebolire le strutture verticali. Ragionando per macro elementi e osservando la sezione del dormitorio e larticolazione in pianta ai vari piani, si evidenziano le situazioni di maggiore vulnerabilit, confermate dai cinematismi e dalle patologie di danno rilevate sulle strutture. Nelle coperture e nel sottotetto, i puntoni sulle ali eserci- tano una spinta verso lesterno, i cui eetti si river- savano specialmente nel muro nord del sottotetto, ruotato verso lesterno; siologicamente debole anche perch costituito da un muro di mattoni ad una testa intervallato da pilastrini, in corrispon- denza dei puntoni. Porzioni della copertura e del solaio su questo lato erano difatti gi crollate per eetto della rotazione del muro verso lesterno e lo slamento delle travi. Rimosse nel corso dei lavori 10. Sezione del dormitorio, ala nord del chiostro grande. In- terventi nalizzati al contenimento della spinta dei puntoni sulle ali e al miglioramento strutturale della galleria voltata del dormitorio, mediante: nuove catene poste alle reni della volta in aggiunta a quelle esistenti, con capo chiave costituito da un prolato che corre lungo i muri longitudinali, a cui si collegano i tiranti, posti nel sottotetto sulle ali della volta, di ancoraggio dei puntoni liberi, con stae a forchetta; controventature a cro- ce di S. Andrea sulle ali al piano primo, poste allinterno dei muri ricostruiti, di ripartizione delle celle I cuiosrii oi S. Piirio a Riccio Exiiia. Nori sui iisrauii 135 135 le pi recenti tinteggiature, si potuto riscontrare nel dormitorio un quadro fessurativo non rileva- bile allinizio, costituito da lesioni ad andamento prevalentemente verticale, talune delle quali attra- versavano la volta della galleria, gi richiuse in ce- mento dai militari, che avevano poi ritinteggiato le pareti. Si trattava quindi di lesioni comunque non di recente formazione, ma indicative di passa- ti cinematismi e di una situazione di vulnerabilit, rispetto soprattutto ad eventuali azioni di natura sismica. La galleria del dormitorio lunga mt. 45 coperta con una volta a botte ribassata e lunettata, costituita da mattoni posti in piano. Le volte degli ambienti pi grandi al piano sottostante si presen- tavano lesionate in chiave nel punto dove poggia il muro superiore del dormitorio in falso che, come si legge nella sezione, privo del corrispondente muro longitudinale al piano sottostante ed appog- gia invece sui setti trasversali che dividono le sot- tostanti sette sale (Fig. 10). Le volte e le murature del piano inferiore al seminterrato si presentavano in buone condizioni, con volte solide costituite da muratura a una testa. Nel progetto si era posta lattenzione sul muro co- siddetto in falso del dormitorio, prevedendo di ren- dere pi solidale la struttura muraria della galleria con tirantature attive e pretese, allo scopo di conferi- re al muro un comportamento similare ad una trave appoggiata. Tale intervento si rilevato nel corso dei lavori non idoneo alla reale consistenza dei muri, che soprattutto nelle parti alte della galleria presen- tavano fessurazioni, vuoti interni e una malta forte- mente decoesa. Le murature non orivano quindi una resistenza e una compattezza tali da assicurare le condizioni preliminari per intervenire in sicurezza con tiranture attive interne. Alla luce di quanto si potuto vericare, ci si convinti sempre di pi che lo schema strutturale di partenza obbediva ad una sua intrinseca logica di progetto. Come spesso avvie- ne, la debolezza di alcuni elementi era dovuta invece in massima parte agli incongrui interventi successi- vi. Per contenere gli eetti del muro in falso del dormitorio, i costruttori originari ricorsero allausi- lio di archi di scarico a direzionare il carico del muro nei punti di maggiore resistenza, corrispondenti ai setti trasversali delle sale sottostanti. Quello meglio visibile larco di scarico che insiste sopra la grande volta dellex refettorio, dotato anche di una catena in ferro posta alle reni e annegata nella muratura (Fig. 11). Soluzione questa del tutto particolare, che di- mostra una ricerca sperimentale di nuove tecnologie con presidi in ferro che risalgono alla riedicazione del 1580. Tale sosticato e attento sistema struttura- le era stato del tutto invalidato dagli inconsapevoli 11. Galleria del dormitorio al piano primo. Lungo il muro lon- gitudinale insiste larco di scarico, che sgravava la volta sotto- stante dal peso del muro in falso soprastante. In passato, larco di scarico, dotato anche di catene alle reni, era stato tagliato, compromettendo il sistema strutturale originario. La foto illustra lintervento di ripristino dellarco di scarico nel corso dei lavori A R 136 136 interventi successivi, quando dopo la conversione a caserma del 1861, nei muri lunghi del dormitorio vennero aperte grandi arcate. Una delle quali tagli in modo incongruo larco di scarico con catena, di cui si detto. I sondaggi eettuati hanno permesso di vericare che la catena appariva svincolata dai ca- pochiave e inessa a seguire il seppure leggero abbas- samento della volta in chiave. Lintervento eseguito stato orientato a ristabilire lo schema strutturale originario, con la ricomposizione dellarco di scarico e la leggera ritesatura della catena. Come si riconosce nella pianta di progetto di Pro- spero Pacchioni del 1580, lappoggio del muro so- prastante era assicurato, al piano di sotto, anche dai setti che dividevano i due ambienti simmetrici al lato di quello centrale, in modo da contenere la spinta degli arconi di rinforzo delle volte e degli archi di scarico superiori. Anche la pianta di poco successiva del bolognese Giulio della Torre confer- ma questa distribuzione degli ambienti. Lo stesso schema veniva proposto successivamente con lam- pliamento, poi non realizzato, sul lato orientale del chiostro grande. La presenza in origine di questi brevi setti trasversali, poi demoliti, confermata poi dalle tracce al livello della pavimentazione. Per meglio contenere, la spinta delle volte grandi, visto il mutato assetto subito dalle strutture, il progetto prevede, ad ulteriore compensazione, di incatenare almeno le volte dei due ambienti pi grandi. Lintervento pi signicativo ha riguardato il mi- glioramento del sistema di copertura. La volta della galleria del dormitorio presentava le catene originarie intervallate da doppie catene poste dai militari e ssate sui muri verticali delle lunette, invece che alle reni della volta. Queste catene pi recenti erano ssate allesterno del muro con un prolato in ferro che correva sullintera lunghezza dei muri longitudinali nel sottotetto, caricando di un peso eccessivo lo stesso muro in falso. Nellin- tervento eseguito sono state rimosse le catene ag- giunte dai militari, sostituite con catene ssate alle reni, inttendo quindi il passo delle catene antiche. Dallaltra era necessario contrastare la spinta dei puntoni liberi sulle ali del sottotetto. La soluzione a cui si pervenuti stata di creare un sistema con presidi in ferro, rispondente ad una lo- gica e ad una tecnologia di tipo tradizionale, del tut- to reversibile, che fungesse anche da collegamento con i puntoni sulle falde laterali e da irrigidimenti dei due muri longitudinali della galleria, mediante lausilio di controventature a croce di SantAndrea poste sulle ali della galleria (Fig. 10). Dopo aver eseguito le necessarie riprese murarie, le catene nuove sono state ssate e collegate tra loro mediante un prolato che corre longitudinalmente ai muri, rinforzati nel senso longitudinale con bre di carbonio e alla sommit con una cordolatura in muratura armata in mattoni. Agli stessi prolati, e quindi tramite questultimi alle catene della volta, sono stati ssati i tiranti in ferro, uno per ciascun puntone, delluna e dellaltra falda, collegati allestre- mit dei puntoni mediante stae a forchetta (Fig. 12-13). In questo modo si contenuta la spinta delle coperture sulle ali, mentre la muratura esterna ad una testa del sottotetto, che si presentava ruotata verso lesterno, stata ispessita e portata a due teste, creando sulla sommit una cordolatura di collega- mento orizzontale con muratura armata negli ultimi lari. Si proceder poi, secondo il progetto, alla ri- costruzione delle partizioni trasversali dei muri delle celle, alcune rinforzate con croci di S. Andrea, poste allinterno della muratura, in modo da creare un si- stema di controventature complanari tra loro, che renda pi stabili i due muri lunghi della galleria. I cuiosrii oi S. Piirio a Riccio Exiiia. Nori sui iisrauii 137 137 INTERVENTI DIFFUSI A lavori avviati ci si resi conto delle condizioni delle murature, che si presentavano pi dissestate di quanto ci si aspettasse, a causa di numerosi vuoti in- terni aperti per ricavarvi una moltitudine di camini e canne fumarie. Si intervenuti quindi a riparare le tante discontinuit, che di volta in volta, al di l di ogni plausibile ragionevolezza, apparivano nei punti pi impensati, provvedendo quindi a numerosi risar- cimenti, volti a ripristinare la continuit della com- pagine muraria. Nelle parti alte, coeve ai successivi rifacimenti delle coperture, la muratura presentava in molti punti una struttura a cassetta con pilastri- ni e muratura a sacco di riempimento, fortemente decoesa, che non assicurava un solido appoggio e collegamento alle coperture. Allo scopo di migliora- re lappoggio delle strutture di copertura sono state previste cordolature a livello sommitale, con tralicci tipo murfor posti in opera nei giunti orizzontali, e dormienti in legno di collegamento orizzontale. Nei sottotetti erano frequenti gli appoggi delle catene li- gnee e dei puntoni direttamente su pilastrini liberi, che sono stati resi pi stabili, rispetto alleventuale azione sismica, con cerchiature e angolari in ferro e cordolature in muratura di collegamento. Le volte al piano rialzato del chiostro grande si pre- sentavano generalmente di fattura accurata. La valu- tazione sul loro stato di conservazione si resa fatti- bile vericando in primo luogo il sistema costruttivo allestradosso. Le volte sono realizzate in mattoni in piano sulle unghie, rinforzate sulle diagonali delle crociere con nervature estradossate, formate da mat- toni posti, a spina di pesce, in piano e in foglio. Il sistema si completa con i frenelli ad irrigidire le volte, soprattutto agli angoli. Sulle volte del lato ovest del chiostro grande, quello verso la chiesa, la pavimenta- zione originaria in cotto era posta direttamente sopra i mattoni a coltello, spaziati tra loro della lunghezza 12, 13. Il sottotetto a lavori eseguiti. I tiranti, collegati alle catene delle volte, ancorano lestremit opposta dei puntoni mediante stae a forchetta A R 138 138 del mattone superiore. Sulle volte delle Sette sale, nel corpo nord del chiostro grande, si riscontrano nume- rosi accorgimenti costruttivi, anche con centinature in legno sopra le volte, in modo da ridurre i riempi- menti, e rinforzi murari invece nei punti di maggiore vulnerabilit, lungo le direttrici e agli angoli. CHIOSTRO PICCOLO Le volte a botte lunettate dei due grandi ambienti del corpo est del chiostro piccolo presentavano un quadro fessurativo pi preoccupante, aggravato dalle condizioni precarie delle strutture murarie e dai cinematismi che interessavano le strutture verticali e orizzontali allangolo libero verso la via Emilia. Nel corpo est, vicino allingresso, i milita- ri avevano creato lappartamento del generale con controsottature e tramezzature interne e con i servizi igienici che invadevano uno dei bracci del chiostro piccolo con le arcate tamponate. Liberate le strutture interne, sono tornate in luce le due sale originarie coperte da grandi volte lunettate in muratura. Allestradosso insisteva, staccato dalle volte, il solaio superiore in legno, il cui peso in parte gravava sulle volte sottostanti tramite ap- poggi puntuali costituiti da pilastrini in mattoni, disposti in modo disordinato tra lestradosso della volta ed il solaio. Qui si sgravata la volta del peso del solaio, che stato ricostruito con nuove travi in legno, tavolato, soletta di ripartizione, in modo da scaricare il peso sui muri perimetrali. Lintervento ha riguardato inoltre le coperture, realiz- zando: la ricostruzione della sommit delle murature molto decoese ed irregolari; parziali sostituzioni de- gli elementi pi ammalorati dellorditura principale e secondaria; interventi tesi a conferire maggiore sta- bilit alla capriata soprastante. Questa ha una strut- tura asimettrica con due catene allineate ma disgiun- te, le cui estremit appoggiano sui muri perimetrali e sul muro intermedio. Si intervenuti con laggiunta di saette inclinate, migliorando il collegamento tra i singoli elementi e lequilibrio dei nodi, in modo tale da assimilare la struttura ad una reticolare; ma soprattutto si sono rese le due catene della capriata tra loro solidali e continue (Fig. 14-15). 14. Le capriate del corpo est del chiostro piccolo, nel corso dei lavori 15. Schema delle capriate del corpo est del chiostro piccolo I cuiosrii oi S. Piirio a Riccio Exiiia. Nori sui iisrauii 139 139 1 I lavori nanziati dal Ministero per i beni e le attivit culturali nellambito della programmazione straordina- ria (L. 513/1999, 5.164.568,99) sono stati condotti in due distinti appaltati: uno per i lavori di categoria OS2 relativi agli apparati decorativi e al restauro degli intonaci ( 1.185.000,00), eseguiti dalla Cooperativa Archeologia di Firenze, iniziati il 14/10/2004 e termi- nati il 18/05/2009; laltro per i lavori edili e impianti- stici ( 3.237.018,88), realizzati dal Consorzio Consta di Padova. Committente dei lavori stata la Soprin- tendenza per i beni architettonici e paesaggistici per le province di Bologna, Modena, Reggio Emilia, soprin- tendente arch. Sabina Ferrari; ling. Domenico Rivalta, seguito nel 2009 dallarch. Elisabetta Pepe sono stati responsabili del procedimento; il progetto stato re- datto dagli architetti Francesco Eleuteri, Maria Luisa Mutschlechner, Antonella Ranaldi, Paola Zigarella, con la consulenza dellarch. Pier Luigi Cervellati; i lavori sono stati diretti dallarch. Antonella Ranaldi e dalling. Domenico Rivalta. in corso il collaudo da parte dellarch. Graziella Polidori. 2 B. Adorni, E. Monducci (a cura di), I benedettini a Reg- gio Emilia. Dallabbazia di San Prospero extra moenia ai chiostri e alla chiesa di San Pietro. Architettura e arte, I-II, Reggio Emilia 2002, corredato dellintero corpus di documenti della fabbrica, provenienti dallArchivio di Stato di Reggio Emilia, Monastero dei Santi Pietro e Prospero di Reggio Emilia, dora in poi citato in forma abbreviata ASRe, MSPP. 3 Cfr. A. Mazza, di non poco ornamento alla nostra citt: areschi, dipinti, sculture nel complesso monastico dei Santi Pietro e Prospero a Reggio Emilia, in Adorni - Monducci, op. cit. alla nota 2, I, pp. 159-165. Simone Fornari citato tra i pittori reggiani del Cinquecento da L. Lanzi, Storia pittorica, tomo III, Firenze 1834, 3a edizione, libro II, p. 28. 4 Convenzione del 1 ottobre 1525 in cui Don Lorenzo abate e don Leonardo, cellerario del monastero di S. Pro- spero, adano al maestro Simone Fornari (alias Moresi- ni), la pittura ad aresco del chiostro piccolo di S. Pietro, parte con gure e parte con quadrature, per il prezzo di 400 lire di Milano. Sono testimoni dellatto, i maestri Bartolomeo Clementi e Leonardo Pacchioni: Et pri- mo ha depingere tute le volte a quadroni cornixati, a colori de marmori da Verona, et le cupolete, in quelli volti ge ha da far dui profeta per cupoleta, cio uno per quadra, de chiaro scuro, et li cornisamenti contrafacti de marmori, sotto poi a dite cornixe ge va la vita de S.to Pedro depincta de chiaro scuro, interposito da un capitelo a lato; le colone dopie ncte de marmore de Verona, ASRe, MSPP, Liber Pactorum Q, c. 34r, in Adorni - Monducci, op. cit. alla nota 2, II, doc. 65, p. 27. Si prevedeva di decorare tutti e quattro i portici, al contrario i lavori si interruppero alla decora- zione completa del braccio ovest che porta la data marzo 1526. 5 B. Adorni, in Adorni - Monducci, op. cit. alla nota 2, pp. 19-20. 6 Reggio Emilia Biblioteca Panizzi, Archivio Fotograco, in Adorni - Monducci, op. cit. alla nota 2, I, p. 90; le bocche di lupo sono documentate anche nella pianta di Pietro Marchelli del 1860, pianta del piano seminterra- to, ASRe, Fondo mappe e disegni Marchelli. 7 Secondo F. Manenti Valli, Oltre misura. Il linguaggio della bellezza nel monastero benedettino di San Pietro a Reggio Emilia, Modena, 2008, i prospetti sarebbero proporzio- nati secondo la serie matematica del Fibonacci. 8 ASRe, MSPP, mappe e disegni, in Adorni - Monducci, op. cit. alla nota 2, I, p. 24. 9 ASRe, MSPP, Registro 1550-1575, cc. 68r-v, in Adorni - Monducci, op. cit. alla nota 2, II, doc. 733, pp. 93-94. 10 Domenico Marchelli, ASRe, Fondo mappe e disegni Marchelli. 11 Circolare del Ministero per beni culturali e ambientali n. 1032/1986 (Comitato Nazionale per la Prevenzione Patrimonio Culturale dal Rischio Sismico, 18 luglio 1986), Interventi sul patrimonio monumentale a tipolo- gia specialistica in zone sismiche: raccomandazioni, nota anche come Circolare Ballardini. 12 Linee Guida per la valutazione e riduzione del rischio del patrimoni culturale, del 2006, adottate con la Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri per la valutazione e riduzione del rischio sismico del patrimonio culturale, del 12 ottobre 2007, entrata in vigore il 29 aprile 2008. 13 Pietro Marchelli, progetto per la trasformazione del monastero in caserma di cavalleria, 1860, ASRe, Fondo mappe e disegni Marchelli, pianta del piano primo, do- cumenta lo stato della fabbrica nel momento che prece- de linsediamento della caserma Taddei. N 140 L intervento conservativo realiz- zato alla chiesa dellabbazia di San Leonardo a Montetif, nel territorio del comune di Soglia- no al Rubicone, stato nan- ziato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri con il fondo dell8 per mille dellIRPEF. Criterio informatore delle opere di restauro pro- gettate ed eseguite stato quello di restituire leg- gibilit al manufatto, rimuovendo le parti aggiun- te nel corso dei secoli che avevano occultato ele- menti caratterizzanti e privato della luce naturale linterno delledicio e i suoi apparati decorativi, interrompere ove possibile i fenomeni di degrado presenti nel paramento murario esterno e garantire unulteriore sopravvivenza nel tempo, utilizzando metodologie e materiali scelti e impiegati con la massima attenzione e perizia, stante limpossibilit di restituire la completa integrit sica ai materiali costituenti che i processi secolari di degrado ave- vano fortemente compromesso. Sono state inol- tre compiute indagini, analisi e studi conoscitivi dellintero manufatto e dellammasso roccioso su cui stato edicato al ne di conoscere materiali, caratteristiche e tecniche costruttive necessarie per impostare un corretto intervento di restauro. La chiesa dellabbazia di San Leonardo un ma- nufatto imponente e austero che si erge sulla som- mit di un costone roccioso sovrastante la valle dellUso, edicato nel secolo XI in onore dei santi Martino e Bartolomeo e donato ai monaci bene- dettini dagli abitanti del borgo, arteci della co- struzione. del 1120, come scolpito nellaltare a cippo del transetto a nord, la dedicazione ai santi Vicinio, titolare della vicina Diocesi di Sarsina, Agostino, Nicola, Leonardo, Giorgio e Giovanni Evangeli- sta. La chiesa fu dedicata anche ai santi Michele arcangelo e Barnaba apostolo, a Quirico, Giulitta e Agnese, come scolpito nella coeva mensa dalta- re del transetto a sud. Labbazia fu oggetto nel corso dei secoli di restau- ri, addizioni e demolizioni che non ne hanno al- terato la struttura, compatta e solida, con poche aperture che evidenziano lo spessore dei muri, e arricchita allinterno da pitture e da elementi che articolano e scandiscono in senso plastico le pa- reti quali lesene, nicchie e motivi che discendono dallarchitettura ravennate. Lintero edicio, al momento della sua edicazio- ne, era a croce latina con una navata massiva e avvolgente orientata est-ovest, con ingresso a est obbligato dalla conformazione del monte, che si presentava irto, circondato da calanchi e con un ristretto passaggio in sommit, e con un alto cam- panile che si innalzava dal transetto nord. La navata, sviluppata in profondit con abside e transetti ruotati verso nord, era in origine com- pletamente voltata a botte. Si concludono con volte in pietra anche i transetti, con gli archi della crociera di quello a nord che partono da peducci in pietra tutti diversi tra loro. Sub durante i secoli numerosi lavori di restauro e rinnovamento. Notizie si ricavano dalle descri- zioni fatte dai curatori abbaziali e testimoniate dalle epigra presenti allinterno del manufatto: due, murate nel lato sinistro della navata, ricor- dano che Nellanno del signore 1334, nel giorno 20 agosto, al tempo del reverendo signor Barto- lo abate di Montetif, questo lavoro fece a onore della Beata Vergine Maria dei cieli e n la chiesa a onore di S. Maria, San Leonardo e S. Quirico e LA CHIESA DELL ABBAZIA DI S. LEONARDO A MONTETIFFI, SOGLIANO AL RUBICONE (FC) Elena De Cecco, Valter Piazza, Cetty Muscolino 01. Veduta dellabbazia di San Leonardo a Monteti 142 142 La cuiisa oiii annazia oi S. Lioxaioo a Moxririiii, Sociiaxo ai Runicoxi (FC) Giulitta. Questo fecero i nostri maestri con dana- ro di Matteo, Marco e Giacomo. I primi interventi documentati risalgono dun- que al XIV secolo per rimediare ai danni causati dallassalto dei ghibellini: la chiesa venne forti- cata e si munirono le aperture di inferriate, come testimoniato dalla presenza delle sedi per lallog- giamento delle zanche. Nel 1600 la tradizione vuole che un incendio ab- bia fatto crollare la volta in pietra della navata e la sala capitolare presente sopra latrio di accesso; la copertura venne ricostruita con cinque capriate lignee sostenenti un tetto a due falde e latrio ven- ne ricoperto con volta a botte. Sono invece da ascrivere a interventi compiu- ti nel Settecento le due cappelle laterali che si innestano a circa met della navata e anche la messa in opera dellaltare maggiore in scaglio- la composto da sessantadue elementi di diversa grandezza, a meschia non unica, ma risultato della scomposizione di pi paliotti riassemblati in base alla simmetria dei decori. Non noto quando sia stata messa in atto la trasformazio- ne e quali e quanti fossero i pezzi originali; le 02. Facciata prima e dopo lintervento di restauro 143 143 Eiixa Di Cicco, Vairii Pi azza, Cirr\ Muscoii xo scagliole sono a fondo nero con decori bianchi, realizzati gracamente a imitazione della tecnica incisoria, con sottili e accurati tratteggi, con al centro dellaltare il simbolo della croce. Nella met del 1800, dopo il periodo napoleonico, numerosi e importanti interventi di restauro furo- no compiuti da don Pietro Gasperoni. Labbazia era in forte stato di degrado: nellInventario Ab- baziale compilato il 6 marzo 1843 viene descritta con muri senza intonacatura. Vi si rimirano sopra imagini di Santi dipinti alla grossolana. Ora conta sei altari, ma uno sospeso, perch manca di pie- tra consacrata. Il pavimento tutto frantumato. In ogni parte spira antichit. Da alcuni anni a que- sta parte si ritrova in uno stato deplorabile, perch minacciava in pi parti rovina. Quantunque abbia muri di una ampiezza tale, che sembrano inalzati per leternit, pure lingiuria de tempi, e la trascu- ratezza di chi vi prescedette laveano condotta..ad un masso di pietra. In vista dei ristauri ricevuti, gli Adoratori vi si potrebbero trattener dentro senza alcun pericolo, se non fosse minacciata da un can- tone del Campanile labente, che vi resta sopra. Ro- vinando questo porterebbe vistosissimo danno 1 . 03. Riapertura delle nestre precedentemente tamponate 144 144 sempre da ascrivere allOttocento la sostituzione dei confessionali e della via Crucis e la posa in opera della cantoria lignea, in origine dipinta con motivi a nto marmo e attualmente con disegni di gusto po- polaresco con rafgurazione di strumenti musicali. Nel 1920 vennero compiuti lavori di sistemazio- ne della facciata fortemente degradata e compro- messa nel suo apparato lapideo che compresero la posa in opera di una sorta di foderatura della muratura con rifacimento dei due cantonali in mattoni pieni ammorsati agli elementi in pietra e la sostituzione del cornicione di sommit. In seguito ai danni causati dalla seconda guerra mondiale il Genio Civile di Rimini intervenne con opere di consolidamento sul campanile, sulla coper- tura della chiesa, sul paramento lapideo, asportan- done internamente lintonaco e tutti gli strati pitto- rici presenti, con successiva stuccatura dei paramenti portati a facciavista, sulla pavimentazione deteriora- ta, sugli inssi e con il rifacimento della scala di ac- cesso e di quella esterna per il campanile. Gli ultimi interventi sono da ascrivere al 2002, a opera della Diocesi di Rimini, e hanno riguardato la copertura e opere di consolidamento della cap- pella laterale destra, in stato di forte degrado, che purtroppo hanno causato la distruzione dellaltare. La chiesa nella sua parte originaria risulta costrui- ta con il materiale scavato e prelevato direttamen- te dal monte su cui poi fu fondata, unarenaria giallo-ocra discretamente cementata, che le ana- lisi mineralogico-petrograche compiute hanno identicato come calcarenite a bioclasti e tenden- zialmente microconglomeratica, con laminazioni ad andamento pseudoparallelo generanti piani di distacco preferenziale del materiale. Sullammasso roccioso su cui stata edicata sta- to effettuato uno studio geologico-geomorfologi- co con caratterizzazione geomeccanica, mediante rilevamento di campagna, indagini geognostiche in sito (con esecuzione di un sondaggio a caro- taggio continuo con prelievo di campioni no alla profondit di 7 m) e un rilievo strutturale di dettaglio eseguito in parete al ne di caratteriz- zare lo stato di fatto e determinare le condizioni di stabilit del pendio, che sono risultate buone. Lo studio effettuato sul versante occidentale della rupe ha evidenziato alcuni potenziali cinematismi 04. Linterno dellabbazia dopo i restauri La cuiisa oiii annazia oi S. Lioxaioo a Moxririiii, Sociiaxo ai Runicoxi (FC) 145 145 quali lo scivolamento planare e lo scivolamento a cuneo, che interessano esclusivamente la parte superciale dello stesso, mentre laforamento torbiditico al suo interno presenta unalterazione e una disgregazione sica sensibilmente inferiori, tali da identicare la roccia come resistente. Parallelamente alle indagini sulla pietra sono state condotte analisi mineralogico-petrograche e gra- nulometriche delle malte di allettamento ascrivi- bili alla primitiva costruzione che hanno eviden- ziato la presenza di calce aerea, sabbia di ume locale, con piccoli resti conchigliari fossiliferi e rari frammenti litici di arenaria giallastra e siltiti, coccio pesto in tracce, scarsi frustoli carboniosi e frammenti di roccia calcarea rosata a spigolo vivo, probabili resti del calcare (Scaglia rossa o Rosso Amminitico) calcinato per la realizzazione della calce. Il rapporto legante-aggregato risultato tendenzialmente di 1 a 2. Il paramento esterno della costruzione originaria aveva blocchi lapidei posti in opera quasi a secco, con uno strato di malta di massimo 3 mm. Unici elementi decorati e modanati allesterno erano le aperture del lato a sud a trifora, una colonna tor- tile in corrispondenza dellapertura del transetto sinistro e il motivo del coronamento dellabside ad archetti pensili a doppio rincasso con superio- re motivo con elementi in laterizio contrastante rispetto alla muratura in pietra. Il paramento lapideo si presentava fortemente de- gradato con diffusi fenomeni di esfoliazione e sca- gliatura lungo i piani di sedimentazione, presenza di croste nere sui paramenti murari al riparo dalla pioggia e crescita di vegetazione infestante. Il progetto di restauro e consolidamento delle strutture murarie ha previsto il preconsolidamen- to degli elementi in precario stato di conservazio- ne, seguito da opere di disinfestazione ed elimina- zione della vegetazione infestante, dalla pulitura e rimozione di depositi superciali coerenti, dalla rimozione e abbassamento delle connessure ese- guite durante interventi precedenti con materia- li che per composizione potevano interagire con la pietra o che avevano perduto la loro funzione conservativa o estetica, dalla posa in opera di nuo- va stuccatura con composizione simile allorigina- ria, dal consolidamento con puntuali operazioni 05. Camminamento interno che originariamente conduceva allaula capitolare, oggi non pi esistente Eiixa Di Cicco, Vairii Pi azza, Cirr\ Muscoii xo 146 146 di microstuccatura eseguite sulle singole pietre e da trattamenti di protezione nale. Il preconsolidamento degli elementi in precario stato di conservazione stato effettuato mediante ristabilimento parziale della coesione con silicato di etile con impregnazione per mezzo di pennelli e siringhe, no a riuto. Si poi proceduto alle opere di disinfestazione ed eliminazione della vegetazione infestante mediante applicazione di biocida con rimozione manuale completa della vegetazione infestante aggrappata ai paramenti murari, comprese le radici profonde, poi a ope- re di disinfezione da colonie di microorganismi autotro o/e eterotro mediante applicazione di biocida (benzalconio cloruro al 4% in soluzione acquosa) e successiva rimozione meccanica, sia in caso di incrostazioni che in caso di pellicole. stata eseguita la pulitura e rimozione di depositi superciali coerenti, incrostazioni, concrezioni e ssativi alterati, mediante applicazioni di impac- chi di soluzioni di sali inorganici, di carbonato e bicarbonato dammonio, preceduta da saggi per la scelta della soluzione e dei tempi di applicazione idonei; tra questi anche le colature di resina pre- senti allesterno nella cappella a nord molto tenaci e difcili da rimuovere con rischio di degrado del materiale lapideo. Le opere di restauro sono proseguite con operazio- ni di rimozione o abbassamento delle connessure eseguite durante interventi precedenti con ma- teriali che per composizione potevano interagire con la pietra o che avevano perduto la loro fun- zione conservativa o estetica, anche in presenza di elementi particolarmente fragili. Tale rimozione ha cercato di eliminare anche i residui delle inie- zioni effettuate durante i sopraddetti interventi del 2002 allesterno della cappella laterale destra; durante tali operazioni sono stati scoperti tutti i tubuli in plastica verde utilizzati per le iniezioni, alcuni dei quali sono purtroppo rimasti in vista. Successivamente, sulla base anche delle risultanze delle analisi mineralogico-petrograche compiute sulle malte stata posta in opera la nuova stucca- tura, avente come legante grassello di calce stagio- nato quarantotto mesi, e come aggregante arenaria setacciata (del medesimo litotipo delloriginale) e sabbia ne del ume Po con una proporzione tra legante e aggregato di 1 a 2. Sugli elementi lapidei in precario stato di con- servazione poich soggetti a forte degrado da esfoliazione, disgregazione, microfratturazione, microfessurazione, scagliatura e distacchi per impedire o rallentare laccesso dellacqua piova- na e/o dellumidit atmosferica allinterno della pietra degradata si intervenuti con opere di pre- consolidamento, con iniezioni di calce idraulica naturale, pozzolana micronizzata e uidicanti e, successivamente, con microstuccature a base di malta a base di grassello di calce in modo da chiu- dere completamente i distacchi ed evitare che gli agenti patogeni possano continuare la loro ope- ra distruttiva. Ogni elemento lapideo, seppure privo di modanature e decori, stato restaurato puntualmente e meticolosamente, variando nel- le stuccature delle microfratturazioni e microfes- surazioni gli additivi a base di polveri di marmo per fare in modo che queste si armonizzassero alla singola pietra e allinsieme e non risultassero in- terruzioni ed elementi di disturbo per la leggibili- t complessiva dellapparato murario. Le opere di restauro sono proseguite con la rimo- zione dei depositi superciali e delle macchie solu- bili con impianto di nebulizzazione; parallelamente sono stati asportati gli intonaci in malta cementizia La cuiisa oiii annazia oi S. Lioxaioo a Moxririiii, Sociiaxo ai Runicoxi 147 147 dellimbotte della nestra della cappella a sud e del- la tamponatura dellapertura sempre lato sud. Il paramento murario stato consolidato con Silica- to di Etile con impregnazione per mezzo di pennelli e siringhe, no a riuto, mentre la protezione na- le per il controllo della microora (licheni, muffe, micro-funghi), stata eseguita con prodotto a base di 2,3,5,6-tetracloro-4 metil sulfonil piridina. Rispetto a quanto previsto dal progetto esecutivo non invece stato possibile eseguire la rimozione del paramento di foderatura in pietre e laterizi le- gati da malta di calce e con stilature in cemento presente nella facciata e nel lato nord e sud, ese- guita nel 1920; infatti in seguito a indagini si ve- ricato che allinterno la muratura era incoerente, a sacco e con scarso legante. Si perci proceduto esclusivamente alla rimozione della parte sommi- tale, ricostruendo e consolidando la muratura con operazioni di scuci-cuci, eseguite in maniera assolutamente limitata ai casi effettivamente ne- cessari, con pietre idonee e omogenee alle preesi- stenti, poste in opera a forza negli ammorsamenti e sulla supercie superiore di contatto e legate con malta di calce, a sostituzione di elementi lapidei che avevano perso le caratteristiche di resistenza, e dei materiali diversi (scaglie di pietra, mattoni nuovi) che risultavano non armonizzanti con il contesto. Le integrazioni sono state sia di recupe- ro che nuove, provenienti da una cava in localit Tre Cavoli (Alfero), lunica che presentava carat- teristiche litologiche e di coloritura simili agli ele- menti lapidei originali. Durante le operazioni di rimozione dellintonaco dagli stipiti del portone di accesso sono venute alla luce le originali mensole che reggevano larchitra- ve in pietra, occultate dallarco in laterizi; al ne di poterle lasciare in vista e di sgravare larchitrave dal peso della muratura soprastante stato effet- tuato un intervento di consolidamento ponendo in opera al di sopra di questo tre putrelle in ferro poggianti su piastre tirantate da barre lettate ai lati e ssate con dado e controdado. Inizialmente era stata messa in opera una cerchiatura metallica al di sotto dellarco a sesto acuto in pietra, con funzione portante e coadiuvante durante le ope- razioni di consolidamento. Sempre in facciata si provveduto a sostituire il parapetto in ferro della scala di accesso posto in opera durante i lavori di restauro del dopoguerra effettuati dal Genio Civile di Rimini negli anni 1950-1960, in stato di forte degrado, con altro in acciaio Cor-ten, sia per i gradini che per il balla- toio, realizzato mediante elementi imbullonati tra loro e non saldati e ssati alla base. Le opere sono proseguite con il restauro della luce. Rimosse le tamponature delle aperture pre- senti nella navata, poste in opera nei secoli passati, sono state scoperte sei nestrature diverse tra loro e uguali due a due: quelle del lato sud della navata (con motivo a bifora) e le due della zona presbite- riale (a feritoia) ascrivibili al primitivo impianto; quelle del prospetto nord, probabilmente succes- sive, a forma rettangolare. stata inoltre riaperta anche la piccola nestra a feritoia presente nel transetto a sud, tamponata e mascherata da una armadiatura, la cui luce va a illuminare direttamente laltare a cippo posto nel transetto a nord. Durante le operazioni di restauro delle decora- zioni presenti nella nicchia dellapertura del tran- setto sinistro, rimuovendo lo strato di intonaco e gesso presente allintorno dellinsso, si veri- cato quanto era gi stato ipotizzato, e cio che la posizione, forma e dimensione dellapertura non Eiixa Di Cicco, Vairii Pi azza, Cirr\ Muscoii xo 148 148 06. Transetto sinistro era sicuramente quella originaria; in origine aveva dimensioni contenute ed era conclusa superior- mente con arco a tutto sesto, tipologicamente del tutto simile a quello presente tra atrio e navata. stato consolidato larchitrave e posta in opera una cerchiatura metallica che funge sia da controtela- io del nuovo insso, che da elemento di sostegno della muratura soprastante. Importante e signicativo doveva essere il ruolo della luce allinterno dellarchitettura della chiesa: la disposizione delle aperture e della luce che da esse entra pu essere letta e interpretata con un signicato che va al di l del valore visivo. Luce che allontana il buio, che permette di vedere, che indica Dio, che illumina il percorso verso la sal- vezza e che diventa la protagonista di riti religiosi durante particolari momenti liturgici o giorni ed eventi astronomici. Luce quindi che pu essere paragonata a unopera darte in cui la forma non pu essere disgiunta dal contenuto, luce che di- venta materia che d forma, sostanza e signicato a elementi e simboli. Le opere di conservazione sono poi proseguite allinterno con il consolidamento delle testate del- le capriate lignee, poste in opera nel XVII secolo in seguito ai danni riportati dalla struttura per il crollo della sala capitolare, e della volta del cammi- namento esistente nello spessore del muro di sini- stra della navata, che in origine conduceva alla sala summenzionata situata sopra il vano dingresso e che attualmente porta alla cantoria ottocentesca. stata restaurata la pavimentazione in cotto, preceduta da indagini esplorative con il metodo georadar GPR, basato sul principio della propa- gazione di impulsi elettromagnetici nei materiali e sulla loro riessione in corrispondenza delle su- perci di discontinuit, sotto la sorveglianza della Soprintendenza per i Beni Archeologici dellEmi- lia-Romagna: la profondit di indagine arrivata a 2 m dal piano calpestabile e sono risultate cavit locali (tombe), tre zone con materiali di sottofon- do molto rimaneggiati, un evidente allineamento di fratturazione nella roccia di substrato in dire- zione nord-sud con piccoli vuoti in corrisponden- za di tale fenomeno di detensionamento e una presunta struttura di fondazione posta in opera probabilmente durante precedenti interventi di restauro e consolidamento del manufatto. Si provveduto a dipingere a latte di calce con co- lori che si armonizzano con il paramento lapideo le pareti delle due cappelle laterali, che presenta- vano una coloritura azzurra non consona al luogo: tale dipintura era stata realizzata sopra lo strato a nto marmo ascrivibile al tardo Settecento, come evidenziato dai saggi stratigraci eseguiti durante i lavori di restauro del 2004-2007. Relativamente agli elementi decorativi in pietra presenti allinterno, si sono restaurati il pulvino con ornato tomorfo incassato a parete lato destro La cuiisa oiii annazia oi S. Lioxaioo a Moxririiii, Sociiaxo ai Runicoxi (FC) 149 149 dellatrio, risalente ai secoli X-XI, di ambito raven- nate; lacquasantiera murata allingresso del cam- panile, a forma di mano porgente; relativamente al transetto a sud la mensa daltare, la lapide do- cumentaria eseguita nel 1562 murata a parete in nicchia, il lavabo da sacrestia incassato in parete e la pietra tombale a terra parzialmente occultata dalla pedana dellarmadiatura settecentesca rimossa al ne di scoprire le decorazioni esistenti. Purtroppo stato possibile procedere a opere di conservazione del paramento lapideo del solo transetto a sud, ricco di pitture visibili e che cela- va, nascoste dal mobile in legno di fattura roma- gnola, interessanti pitture. Anche se da numerose tracce superstiti si hanno chia- ri indizi che la decorazione pittorica dovesse interes- sare tutte la pareti dellabbazia, i numerosi interventi e i molteplici rinnovamenti effettuati nel corso dei secoli hanno cancellato buona parte della primitiva ornamentazione che contribuiva con la ricca poli- cromia a renderla particolarmente suggestiva. Brani di sinopia sono ancora visibili, a unosserva- zione accurata, sulla parete sinistra in prossimit dellincrocio col transetto, dove sembra di poter individuare una grande gura aureolata, e altri segni si intravedono sulle pareti della cappella in corrispondenza del transetto destro. Ma la decorazione pi cospicua, se si eccettua la piccola edicola sul lato sinistro della navata, inte- ressa in particolar modo il transetto sinistro, ed collocabile in un arco cronologico che va dal XII al XVI secolo. Nella volta presente un ampio brano dellinto- nacatura originaria su cui insistono tracce della sinopia che mostrano i segni che scandivano le vele e una croce latina. La realizzazione pittorica pi antica si dispone sullintradosso di una nicchia che ha subito una signicativa trasformazione e ampliamento del- la nestra centrale: lispezione dei conci murari ha chiarito che in origine la nicchia doveva avere unapertura centrale a feritoia e che la successiva modica, determinata probabilmente dal deside- rio di rendere pi visibili altri affreschi successi- vamente eseguiti nellarcata al centro della parete del transetto, ha comportato la totale perdita del- la rafgurazione che insisteva sul lato destro. Sul lato sinistro dellintradosso affrescata una gura femminile aureolata, probabilmente si tratta della rappresentazione della Vergine An- nunciata, collegata visivamente e iconograca- mente con lopposta immagine dellarcangelo Gabriele, perduta. La Vergine posta allinterno di un riquadro chiaro bordato da una fascia rossa e da una se- conda color giallo intenso. Il manto rosso, che ricopre anche il capo, impreziosito da un bordo decorato da candide perle che delimitano anche laureola. La tunica, segnata da ombreggiature verticali che suggeriscono le pieghe, prolata 07. Dipinti del XIV secolo, transetto sinistro Eiixa Di Cicco, Vairii Pi azza, Cirr\ Muscoii xo 150 150 al collo e ai polsi dal medesimo motivo a perle bianche. La mano destra sollevata allaltezza del petto, la sinistra tesa a trattenere goffamente il mantello; lespressione del viso e lo sguardo severo esprimono un senso di turbamento. Pur nellestrema semplicazione formale, che nella resa delle mani diviene quasi grossolana, la gura risulta estremamente efcace ed emana un forte senso di mistero e di interna vitalit. La decorazione prosegue sulla parete, e anche sullintradosso della nicchia, con un rafnato mo- tivo a girali da cui fuoriescono pomi rossi e bruni su fondo bianco. La materia pittorica sottilissima, quasi incorpo- rea, e i pigmenti aderiscono ai conci murari quasi senza preparazione sottostante. Nella grande nicchia della parete che conclude il transetto, prima dellinizio dei lavori di restauro, era inserita una armadiatura a sportelli che, una volta aperti, hanno fatto intravedere sulla mura- tura sottostante abbondanti tracce di colore. Dopo aver rimosso il mobile si potuto vedere che la nicchia e lintradosso dellarcata a tutto sesto che la delimita erano completamente affrescati. Nono- stante le vistose cadute di colore e i danni irrepara- bili conseguenti alla lunga permanenza del mobile a ridosso delle pitture il recupero certo di grande interesse. Al centro si colloca la Madonna col Bambino in trono, afancata a destra dalla Maddalena, ben riconoscibile per la lunga e uente chioma bion- da e per la pisside che regge in mano, e a sinistra da unaltra santa di incerta identicazione per la mancanza di ulteriori attributi iconograci speci- ci oltre al libro che sostiene con entrambe le mani. Della Vergine, il cui viso del tutto sparito, si intra- vedono unicamente le mani dalle proporzioni di- latate e alquanto sgraziate e alcuni brani del manto dalle pieghe mosse e curvilinee. Il Bambino, di cui si legge parte del viso e dei capelli ricciuti, benedice con la destra e tiene la sinistra chiusa a trattenere un elemento oggi non pi visibile. Nellintradosso dellarcata sul lato sinistro af- frescata lelegante gura di santa Lucia, che reca nella destra la palma della gloria e nella sinistra gli occhi, simbolo del suo martirio. 08. Vergine Annunciata, XII-XIII secolo La cuiisa oiii annazia oi S. Lioxaioo a Moxririiii, Sociiaxo ai Runicoxi (FC) 151 151 Eiixa Di Cicco, Vairii Pi azza, Cirr\ Muscoii xo Sulla destra compare la gura di un santo fran- cescano, col saio e il cordone con i caratteristici tre nodi. La presenza, alla sinistra del santo, di un elemento circolare circondato da raggi serpenti- formi, fa ipotizzare che si tratti di S. Bernardino da Siena con in mano il caratteristico monogram- ma IHS. Le mani di tutti i personaggi risultano estrema- mente sommarie ed eccessivamente dilatate. La decorazione continua con unornamentazione oreale che nellestremit superiore circonda il medaglione centrale completamente abraso. Tutti gli elementi formali, quali panneggi mossi e arricchiti da movimenti curvilinei, e i particolari accorgimenti tecnici della denizione delle aure- ole a rilievo e accuratamente incise con tratti ret- tilinei ed elementi circolari, inducono a datare il dipinto alla seconda met del XIV secolo. La decorazione pittorica del transetto mostra inoltre sulla parete destra S. Benedetto con lun- ga barba bianca, libro e pastorale e al suo anco san Giovanni Battista con la croce attorno a cui si snoda il cartiglio con liscrizione Ecce Agnus Dei; di fronte S. Scolastica, sorella di Benedetto, che tiene nella destra la croce e il rosario e nella sinistra il libro, e una santa, ritenuta da alcuni S. Giulitta, ma che per la presenza di unornata pisside e per la uente chioma bionda, potrebbe essere S. Maria Maddalena. Tutte le gure sono poste allinterno di riquadri prolati da diverse cornici rettilinee. I dipinti, ascrivibili per la struttura formale alla ne del XVI secolo, purtroppo sono stati molto detur- pati da drastici trattamenti di pulitura che hanno totalmente asportato le cromie delle carnagioni, in special modo nelle gure femminili che conserva- no nei visi solo la preparazione a terra verde. I santi sono riconducibili alla mano di un unico artista, di levatura particolarmente modesta. Sempre allo stesso periodo, ma a una diversa mano, pu ricondursi la decorazione pittorica che riveste la piccola arcata sulla parete sinistra della navata, dove originariamente si doveva trovare un confes- sionale: al centro il monogramma IHS, sulla destra la gura di S. Leonardo in veste di diacono, che tie- ne nella mano destra, un turibolo e un libro nella sinistra e sulla sinistra un giovane angelo. La fattura mediocre e un po di maniera. Come spesso avviene, anche riconsiderando tutte le modiche, i cambiamenti strutturali e linseri- mento di successive cappelle in epoca barocca, per quanto riguarda questi brani pittorici non si pu fare a meno di notare una diminuzione di qualit artistica dalle prime alle ultime decorazioni.
NOTA 1 Don A. Bartolini, Monteti e la sua Abbazia, Cesena, Stilia Editore, 1967, p. 78. L oratorio di SantEnrico, dedicato anticamente a San Quirico e ci- tato come tale per la prima volta in un documento del 1449 1 , si trova nella media valle del Taro sulla sponda sinistra del ume, su una paleofrana non completamente assestata, che reca tracce di frequentazione nel Mesolitico (ne IV millennio a.C.-inizio III) 2 e i resti di un insediamento ru- stico di et romana. Si trattava probabilmente di uno dei possedimenti di quel Vario Felice citato nella Tabula Alimentaria veleiate, tra i proprieta- ri di vaste tenute nel pago Dianio, ubicato nella valle del Mozzola, tra le quali un Fundus Iu...ina- tus, del valore di 6.300 sesterzi, tradizionalmente riconosciuto proprio nella zona di Carcaila o nei pressi dei prati Carcaiolli citati negli estimi farne- siani, di cui il toponimo Calcaiola sembra essere la derivazione 3 . Ledicio versava in uno stato di grave degrado (Fig. 2) quando nel 2002 il Comune di Valmozzo- la iniziava, con fondi propri, liter progettuale per intraprenderne il recupero e la valorizzazione. Ad aula unica e abside semicircolare, aveva un in- gresso centrale in facciata e uno laterale murato, in uso almeno no alla seconda met dell800. Unica fonte di luce era rappresentata da una - nestra sul lato meridionale dellaula e una piccola monofora nella conca absidale. Delloratorio rimanevano in piedi solo labside con il catino e la sua copertura in pietra, i muri longitudinali e parte di quello ovest (facciata). Erano crollate la copertura in legno e piane di pie- tra e la volta a botte lunettata soprastanti laula, quindi la facciata e la testata del lato longitudi- nale ovest, per altro ancora documentate in essere nel 1988. Il dilavamento dei letti di malta, che ne era conseguito, aveva causato il rilassamento delle murature e lo spostamento dei blocchi lapi- dei. I muri longitudinali liberi e senza ammorsa- ture strutturali erano pertanto roto-traslati verso lesterno e il materiale di crollo nascondeva sia i livelli pavimentali che i setti murari no ad una altezza variabile tra i 100 e i 140 cm. Sulla supercie interna della conca dellabside ri- manevano limitate porzioni di un aresco che, almeno no alla prima met del secolo scorso, do- veva estendersi a tutta la semicupola del catino. Il degrado, sotto forma di rigonamenti, di cadute di intonaco, di sollevamento della pellicola pittorica e di macchie scure, dovute ad attacchi di agenti bio- deteriogeni e a umidit, aveva compromesso sia la leggibilit che laderenza al supporto murario. Solo nel 2005, grazie ad un nanziamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri, adato dalla Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesag- gistici in gestione alla Comunit Montana Ovest, potevano iniziare i lavori. Dopo lo spostamento dei blocchi accatastati secondo tipo e dimensione per essere riutilizzati nella successiva ricostruzione -, vennero alla luce la pavimentazione in pietra, quasi del tutto integra, una parte del muro di facciata, laccesso e limposta del portone. Tale scoperta mise in discussione il progetto appro- IL RECUPERO STRUTTURALE DELL ORATORIO DI S. ENRICO DI CALCAIOLA DI VALMOZZOLA Manuela Catarsi, Cristina Anghinetti, Patrizia Raggio, Giovanni Signani, Barbara Zilocchi 01. Materiali dallo scavo archeologico (scala 1:2) (disegno di I. Fioramonti) 1.1 fr. di accettina in pietra verde levigata 1.2 fr. ceramico di et romana a pareti sottili 1.3 chiave in ferro det romana 1.4 lama di coltellino in ferro 1.5 fusaiola in terracotta 1.6 olla da fuoco medievale 1.7 moneta di Giovanni di Boemia 1.8 fr. di ceramica ingobbiata 1.9 anello con castone 1.10 fr. di ceramica grata. 154 154 Ii iicuiiio sriurruiaii oiii oiaroiio oi S. Exiico oi Caicaioia oi Vaixozzoia Tale scoperta mise in discussione il progetto appro- vato, che prevedeva una copertura ed una chiusura frontale in acciaio satinato e vetro smerigliato, tan- to da richiedere una soluzione integrativa. Per attuare il progetto di risanamento e di consolidamento, necessariamente pensato per fornire un appoggio omogeneo ed un legame strutturale alle pareti, che non avevano fonda- zione propria, si inizi con il presidiare e ri- mettere in asse i setti murari roto-traslati con spinte controllate, per poi smontare tutte le la- stre pavimentali, dopo averle opportunamente rilevate e numerate. Lo scavo archeologico che ne seguito, e di cui si danno qui di seguito i risultati principali, fun- zionale alle operazioni di restauro, ha consentito di riconoscere almeno quattro fasi edilizie (Fig. 3) e di retrodatare la fondazione delledicio sacro allaltomedioevo 4 . Un primo oratorio, gi orientato est-ovest e di circa m 8,00 x 3,50 5 , iscritto solo parzialmente allinterno dellattuale, era sorto con funzioni probabilmente 02. Oratorio di S. Enrico (interno) prima del restauro 155 155 Maxuiia Caraisi, Ciisrixa Axcuixirri, Pariizia Raccio, Giovaxxi Sicxaxi, Bainaia Ziioccui e una breve aula rettangolare che risultava spingersi no a poco oltre la facciata odierna. Ad esso sono da relazionare i resti di un altare intravisto sotto lattuale, realizzato come le mu- rature dellalzato in pietra locale, e almeno tre sepolture. Una tomba infantile in fossa terragna, orientata ovest-est, con copertura piana costituita da due embrici romani di riutilizzo, contenente un piccolo scheletro supino, con braccia lungo i anchi e viso rivolto allaltare. Un frammento di coltellino in ferro, di cui rimane la lama triangola- re (Fig. 1.4), e una fusaiola in terracotta, di forma biconica molto schiacciata (Fig. 1.5), emerse in giacitura secondaria nei riempimenti di successive inumazioni nei pressi del perimetrale nord atte- stano lutilizzo sepolcrale, purtroppo sconvolto da deposizioni successive, anche dellesterno. Una seconda chiesa si era quindi sovrapposta alla precedente in epoca medievale. I suoi muri risul- tavano edicati con pietrame molto pi regolariz- zato, anche se di dimensioni pi ridotte, e legante di malta e cocciopesto. Di medesimo orientamen- to della precedente, essa aveva proporzioni mag- giori (m 9,70 x 4,95). In un momento non esattamente precisabile le murature, probabilmente a causa della ripresa del movimento franoso e delle inltrazioni dacqua, subirono importanti interventi di restauro, in pie- trame e piccoli frammenti laterizi di reimpiego, le- gati da una malta poco tenace. Si possono probabilmente attribuire a questa fase edilizia alcune delle sepolture ad inumazione, in nuda terra e cassa litica, trovate in parte sconvol- te, allesterno delledicio. Si pu porre con un buon margine di sicurezza la ne di questa seconda fase costruttiva entro i pri- mi decenni del XIV secolo, data la presenza, nei terreni contenenti le sepolture, di frammenti di olle da fuoco di epoca medievale (Fig. 1.6) e, nel vespaio pavimentale della chiesa successiva, di un denaro mezzano della zecca di Parma di Giovanni di Lussemburgo re di Boemia, databile tra il 1333 e il 1335 7 (Fig. 1.7). Il terzo oratorio (XIV sec. primi decenni XVIII sec.), realizzato dopo il completo abbattimen- to del precedente, di cui aveva utilizzato parte del pietrame, vide un ulteriore allungamento dellaula verso ovest (m 11,10 x 4,95) (Fig. 4). Al suo interno sono state ritrovate due sepolture in cassa litica e due lacerti di un piano pavimen- tale in pietra coperto dal suolo successivo e dalle fondazioni della facciata attuale; allesterno una tomba singola e due ossari, il primo addossato al perimetrale sud del sagrato contenente an- che alcune ceramiche grate, il secondo, da cui provengono due anelli con castone (Fig. 1.9) e ceramiche grezze, in prossimit dellangolo sud- ovest della facciata. Larea circostante alloratorio vide la prosecuzio- ne dellutilizzo cimiteriale con tombe ad inuma- zione ed ossari: lo studio preliminare osteologico ha evidenziato unintenzionale riduzione delle ossa lunghe attuata per ripulire larea sepolcrale e renderla libera per nuove inumazioni. Allo stesso orizzonte cronologico sembrano ap- partenere frammenti di ceramiche grate (Fig. 1.10) e i resti di un boccale a corpo piriforme e bocca trilobata, ingobbiato e dipinto a ramina- ferraccia, a pennellate verticali (Fig. 1.8). Si tratta di un tipo ceramico il cui uso documentato an- che nella pittura di natura morta sin dallultimo ventennio del 500, come ad esempio nelle tele di Annibale Carracci con i tipi del Mangiafagioli, oggi alla galleria Colonna di Roma e del Man- giapolenta, conservato a New York 8 . Notizie di questa fase edilizia sono desumibili an- 156 156 03. Planimetrie delle fasi edilizie (elaborazioni di C. Anghinetti e D. Botti Abacus s.r.l) Ii iicuiiio sriurruiaii oiii oiaroiio oi S. Exiico oi Caicaioia oi Vaixozzoia 157 157 che dalla visite parrocchiali sia del Vescovo Ca- stelli (1576) 9 , che dei Vescovi Rangoni (1609) 10 e Zandemaria (1739) 11 . La chiesa successiva, edicata intorno alla met del XVIII secolo, presentava una facciata pi ar- retrata e un sagrato che ricalcava il perimetro di una parte demolita delledicio precedente (m 7,50 x 4,95). Ad essa riferibile laresco ra- gurante quattro Santi allinterno di una cornice rossa, di cui rimangono solo parzialmente leggi- bili due gure, una con calzari e veste gialla, lal- tra con manto rosso, libro e bastone, conservato nel catino dellabside (Fig. 5). Nel 1784 Giovanni Granelli Arciprete di S. Maria di Gusaliggio, dalla cui Pieve San Quirico dipendeva, dopo una vi- sita alloratorio, scrive che nella parete del coro fornito di volta bassa ma suciente si trova una pittura vile e svasata e rappresentante diverse inde- centi gure 12 . Nel 1827 sono stati realizzati nuovi importanti lavori di ristrutturazione che comportarono la rea- lizzazione di una volta a botte e delle murature su cui la stessa si appoggiava, che risultano addossate ai muri longitudinali preesistenti (Fig. 6). La rela- zione della visita parrocchiale del Loschi (10 luglio 1827) attesta che il pavimento in quella data era ancora da ultimare e che andava apposto un vetro o un telo allunica nestra fonte di illuminazione. I lavori di ristrutturazione erano stati cos impor- tanti che addirittura comportarono un cambio di dedicazione, con conseguente necessit di una nuova benedizione (Oratorium pene ex integro re- constructum est et visum est nova indigere benedic- tione) 13 . Il nuovo Santo titolare diventa S. Enrico Imperatore, celebrato a Calcaiola con una messa sempre il 15 luglio a spese de parroci. Contestualmente alla fase di scavo sono proseguite le operazioni di cucitura dei muri dellaula, di re- stauro dei paramenti con la stesura di biocida a largo spettro, la conseguente stuccatura a malta di calce idraulica della tonalit e consistenza di quella anti- ca, confezionata secondo i risultati delle analisi chi- mico-petrograche e applicata secondo un criterio distintivo tra superci esterne ed interne e tra quelle esistenti e le parti di muratura rimesse in opera. In particolare la stuccatura dei paramenti murari esterni superstiti stata attuata con una stilatura 04. Ricostruzione tridimensionale della chiesa di terza fase (elaborazioni D. Romani Abacus s.r.l) 05. Particolare dellaresco a ne restauro Pariizia Raccio, Giovaxxi Sicxaxi, Bainaia Ziioccui 158 158 ca, confezionata secondo i risultati delle analisi chi- mico-petrograche e applicata secondo un criterio distintivo tra superci esterne ed interne e tra quelle esistenti e le parti di muratura rimesse in opera. In particolare la stuccatura dei paramenti murari esterni superstiti stata attuata con una stilatura meno regolare, parzialmente sbordante, in ma- niera da uniformarsi alla tessitura antica, su cui permanevano le tracce di una tenacissima malta di calce (faccia esterna della conca absidale). Il pa- ramento murario di facciata, ad esempio, stato trattato con stilatura dei giunti a livello, mentre sulla supercie del muro nord sono state eseguite stuccature meno regolari. Mentre procedevano le operazioni di scavo archeologico, sia allesterno che allinterno delledicio, parallelamente si susseguivano le lavorazioni di restauro dei paramenti murari esistenti (stesura di silicato di etile sui blocchi lapidei, protettivo silossanico, stuccature a mal- ta di calce) e di cucitura muraria. Particolare cura stata riservata allarco di scarico del ca- tino absidale, sul quale sarebbe gravato il carico concentrato della trave di colmo del tetto. Per la sua parziale integrazione muraria stata realiz- zata unesatta centinatura e sono stati impiegati i blocchi lapidei provenienti dallo stesso cantie- re e opportunamente lavorati (Fig. 7). seguito quindi il ripristino della copertura, costituita da struttura di legno di castagno, pannello di coi- bentazione e manto a piane di pietra arenaria. Per ottemperare alle norme in materia di mi- 06. Interno delledicio di ultima fase con murature di rinfor- zo longitudinali e imposta di volta a botte 07. Particolare del massetto alleggerito con rete posto allestrados- so del catino absidale e arco presbiteriale ricostruito Ii iicuiiio sriurruiaii oiii oiaroiio oi S. Exiico oi Caicaioia oi Vaixozzoia 159 159 glioramento antisismico, sono state individuate le seguenti operazioni migliorative: 1 - cordolature con dormienti in legno massello di castagno, ssati alla muratura con tassellature in acciaio inox; 2 - arco armato interno al setto murario pog- giante sopra larco dellabside, eseguito in strut- tura metallica e opportunamente inglobato nella struttura muraria in pietra. Parallelamente alle lavorazioni esterne, ovvero al completamento dello scavo archeologico ed al re- stauro dello pseudo-sacrato (cio quanto rimaneva della chiesa della II-III fase), sono state avviate le procedure per il restauro dellaresco presente nella conca absidale. Le sue superci e quelle del catino sono state trattate, conservando le tracce di malta rinvenute e soprammesse tra loro operando un in- tervento rigorosamente conservativo, optando per la stesura di un intonachino di lieve spessore, nelle par- ti di muratura in vista, al ne di intravedere le pietre da costruzione; utilizzando malta di calce idraulica (come per le stuccature del paramento murario in vista) e sabbione lavato. Per quanto riguarda i lacerti dellaresco si sono eseguite le seguenti operazioni: ssaggio con carta giapponese e alcool polivinilico, consolidamen- to in profondit con malta di calce a basso peso specico, pulitura con bicarbonato di ammonio e acqua demineralizzata deionizzata; consolida- mento superciale limitatissimo (in quanto le parti superstiti dellaresco erano tenacemente ancorate al supporto/intonaco) con alcool polivi- nilico, piccole stuccature con calce idraulica, con aggiunta di polvere di marmo bianco botticino e sabbia di tonalit gialla del Ticino; integrazione pittorica ad acquerello a rigatino (le integrazioni sono risultate minime). Sono seguite quindi le operazioni di consolida- mento con cordolature perimetrali passanti (chia- vi di taglio) a livello del piano di appoggio dei setti murari longitudinali e trasversale di facciata; inizialmente tali lavorazioni hanno interessato il lato sud e interno ovest, per poi estendersi a tutto il complesso (Fig. 8). Una volta terminato anche lo scavo archeologico allinterno delledicio, si provveduto a risanare con vespaio la supercie pavimentale e al rimon- taggio delle lastre di pietra. Oggi loratorio di S. Enrico (Fig. 9), la cui cura spetta per lunga tradizione agli abitanti del luo- go 14 , riaperto al culto. 08. Particolare dellarmatura del cordolo lungo il lato sud, in corrispondenza dellabside Maxuiia Caraisi, Ciisrixa Axcuixirri, Pariizia Raccio, Giovaxxi Sicxaxi, Bainaia Ziioccui 160 160 U. Raaelli (a cura di), Oltre la porta. Serrature, chiavi e forzieri dalla preistoria allet moderna nelle Alpi orientali, Trento 1996. C. Ravanelli Guidotti (a cura di), Musei Civici di Imola. Le Ceramiche, Imola (BO), s.d. Vivere il Medioevo. Parma al tempo della Cattedrale, Catalo- go della Mostra, Parma 7 ottobre 2006 14 gennaio 2007, Parma 2006. M. ZANZUCCHI CASTELLI, La Tabula Alimentaria di Veleia. Nuovi contributi di ricerca, Parma 2008. B 09. LOratorio di Calcaiola oggi dopo i restauri Il consolidamento degli apparati architettonici e decorativi, Atti del Convegno di Studi di Bressanone, Padova 2007. Le pietre nellarchitettura:struttura e superci, Atti del Con- vegno di Studi di Bressanone, Padova 1991. S. Lusuardi Siena (a cura di), Ad mensam. Manufatti da conte- sti archeologici fra tarda antichit e Medioevo, Udine 1994. E. Nasalli Rocca, Le giurisdizioni territoriali delle Pievi pia- centine secondo gli studi di A. Wolf, in ASPP , 1930. Pavimentazioni storiche, Atti del Convegno di Studi di Bres- sanone, Padova 2006. 161 161 N 1 E. Nasalli Rocca, Le giurisdizioni territoriali delle Pievi piacentine secondo gli studi di A. Wolf, in ASPP, 1930, pp. 117-139. 2 Schegge di selce alpina e la penna di unaccettina in pietra verde levigata (g. 1.1) provengono da un livello super- ciale contenenti resti di sepolture sconvolte (US 16). 3 M. Zanzucchi Castelli, Parma 2008, p. 186. 4 Ignorasi da chi, quando e come sia stato fondato recita infatti la visita del Vescovo mons. Cerati del 1784 (Ar- chivio Vescovile di Piacenza, visite parrocchiali Cerati). La sua attestazione pi antica in un documento del 23 febbraio 1449 concernente unimmissione in possesso di un Arciprete della Pieve di S. Maria di Gusaliggio), dov denito di antica, ma suciente struttura. 5 Quelle riportate dora in avanti sono le misure interne di lunghezza e larghezza delledicio. 6 Nel campo a ovest della chiesa aorano pietrami e la- terizi di epoca romana. Frammenti di mattoni di et romana sono stati recuperati anche nello strato di pre- parazione, costituito da macerie, del sagrato (US 94) e nel gi citato US 16, dove sono associati a ceramica a vernice nera e a ceramica a pareti sottili grigie decorate a strigilature (Fig. 1.2), databili nellambito della prima et imperiale. Al IV-V sec. d.C. si pu invece datare una chiave in ferro a scorrimento (Fig. 1.3) [U. Raael- li (a cura di), Trento 1996, p. 106, Fig. 41]. 7 D/ + iohanesr [ ?] Nel campo, entro contorno, co- rona. Contorno esterno. R/ + parma Nel campo, entro contorno, croce patente. Contorno esterno. Per i confronti si veda M. Bazzini, scheda n. 199, p. 269, in Vivere il Medioevo, Parma 7 ottobre 2006 14 gennaio 2007, Parma 2006. 8 Vedi ad esempio C. Ravanelli Guidotti (a cura di), pp. 178-179. 9 29 agosto 1576: il Vescovo Castelli relaziona che lora- torio di S. Quirico appartiene alla Parrocchia di S. Gia- como di Branzone e S. Siro, che fanno riferimento alla Pieve di Gusaliggio. Il suo reddito ammonta a tre staia di frumento e uno di spelta e vi si celebra la messa una volta sola allanno in occasione della festa del Santo ti- tolare il 15 luglio. Il Vescovo evidenzia inoltre le cattive condizioni delle pareti delledicio (parietes incrustati noviter indigente restauratione et dealbatione) e poich le porte non sono dotate di chiavistelli di ferro ordina che si provveda. Si parla inoltre di un altare lapideum cum mensa ex lapidibus et calce (Archivio Vescovile di Piacenza, visite parrocchiali Castelli). 10 La relazione stesa dal Vescovo Rangoni in visita alloratorio ritorna sul problema della necessit di un restauro e non fa cenno allaresco, ma manifesta la necessit che vengano imbiancate le pareti e dipinta limmagine del santo titolare sopra lingresso principale. La Chiesa aveva infatti due ac- cessi: il minore, sul lato nord, fu tamponato quando venne eseguita la parete interna per lappoggio della volta a botte crollata. Si notano ancora i gradini di accesso. (Archivio Vescovile di Piacenza, visite parrocchiali Rangoni). 11 Il Vescovo Zandemaria, in visita il 25 maggio 1739, constata che loratorio quasi distructum e senten- zia che quasi tutto da rifare: il pavimento, il sotto, la porta, laltare. I cancelli sono inadeguati e le pareti risultano ancora da intonacare e ridipingere (Archivio Vescovile di Piacenza, visite parrocchiali Zandemaria). 12 Archivio Vescovile di Piacenza, Visite Parrocchiali Cerati. 13 Archivio Vescovile di Piacenza, Visite Parrocchiali Lo- schi 1827. 14 In occasione della ricostruzione del 1827 dalla Curia Piacentina venne confermato che lonere di manuten- zione generale non toccava alla chiesa ma ai titolari del giuspatronato Giuseppe Conti, Don Antonio Granel- li, Giovanni Madoni e Antonio Fratta, tutti abitanti a Calcaiola. Le stesse famiglie compaiono titolari del giu- spatronato il 23 luglio 1856 in occasione della visita del Vescovo Mons. Ranza (Archivio Vescovile di Piacenza, Visite Parrocchiali Ranza 1856) e il 7 luglio 1879 per quella di Mons. Scalabrini (Archivio Vescovile di Pia- cenza, Visite Parrocchiali Scalabrini 1879). 162 STORIA DEL RITROVAMENTO N el 1989, durante lavori di manu- tenzione ordinaria nel giardino di Piazza Ferrari, a Rimini, nello scavo per la rimozione della cep- paia di un albero abbattuto, ven- nero casualmente intercettati i resti delledicio resi- denziale di epoca romana imperiale oggi noto come domus del chirurgo. Lo scavo archeologico, condot- to dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici dellEmilia-Romagna sotto la direzione, prima, del dott. Jacopo Ortalli, allora funzionario della Soprin- tendenza per i Beni Archeologici, e successivamente dalla scrivente, in qualit di ispettore archeologo di zona per la stessa Soprintendenza, ha messo in luce parte di unabitazione costruita in epoca romana re- pubblicana, poi modicata nel corso del II sec. d.C. con la creazione di un appartamento separato, loca- lizzato su un lato di un cortile a peristilio. La domus repubblicana doveva avere la facciata sul secondo decumano est della citt, e si sviluppava fra questo e la zona in cui allora passava il ume Marecchia, con una costa a strapiombo che chiudeva la citt dalla parte del mare. Presentava, nei pochi sondaggi che si sono potuti aprire, pavimenti in cocciopesto de- corato e un ampio cortile a peristilio chiuso verso il mare da un portico a colonnato doppio entro il quale venne ricavato, nel II secolo d. C., il piccolo appartamento. Questo nuovo settore presentava pa- reti dipinte, motivi stilizzati derivati dal cd. III stile, con inserimento di piccoli paesaggi e di nature mor- te. Era servito da un ingresso secondario sul cardo e da un corridoio parallelo al cortile che collegava una serie di ambienti dotati di pavimenti in mosai- co geometrico bianconero, e di uno policromo, con la ragurazione del cantore Orfeo fra gli animali, nonch un ambiente dotato di riscaldamento e una piccola latrina. Era presente anche un secondo pia- no, anchesso con pavimenti in mosaico i cui resti sono stati rinvenuti in crollo sui pavimenti sotto- stanti. Particolarmente interessante la tecnica edi- lizia delle murature che presentano la parte inferiore in mattoni e quella superiore in argilla pressata. Il piccolo appartamento fu utilizzato nel III secolo da un medico-chirurgo, presumibilmente di estra- zione militare e forse proveniente dai conni orien- tali dellImpero, che vi impiant uno studiolo con annesso ambulatorio, dotato di una imponente attrezzatura medica sistemata in vario modo entro armadi, contenitori diversi o direttamente sul pavi- mento. Sempre durante il III secolo, probabilmen- te durante una incursione barbarica, il complesso fu distrutto da un incendio che, causando il crollo dei sotti, ha conservato in posto tutti i materiali, dai mobili ai materiali duso. I reperti della domus comprendono una straor- dinaria dotazione medica che costituisce uno dei pi importanti complessi mai rinvenuti nel mon- do romano, composta, oltre che da pi di 150 strumenti chirurgici, da mortai, bilance e conte- nitori per la preparazione e la conservazione dei farmaci. Tutti questi oggetti erano localizzati en- tro la camera di Orfeo, presumibilmente lo studio del chirurgo, e nellambiente annesso, da identi- carsi come lambulatorio. Gli scavi hanno anche recuperato, sia in posto che dal crollo, vasellame da cucina e da mensa, un grande bacile marmo- reo, un frammento marmoreo restituente la base con il nome e il piede di una statua del losofo Ermarco che ornava il portico. stato inoltre rin- IL COMPLESSO ARCHEOLOGICO DI PIAZZA FERRARI A RIMINI SITUAZIONE ATTUALE E IPOTESI DI RESTAURO Monica Zanardi, Cetty Muscolino, Claudia Tedeschi 01. Rimini, Piazza Ferrari: veduta generale della Domus del Chirurgo in fase di scavo 164 164 Ii coxiiisso aicuioiocico oi Piazza Fiiiaii a Rixixi Siruazioxi arruaii i iiorisi oi iisrauio 02. Rimini, Piazza Ferrari: planimetria dellarea archeologica (disegno C. Negrelli) 165 165 Maiia Giazia Maioii, Mauio Ricci, Moxica Zaxaioi, Cirr\ Muscoiixo, Ciauoia Tioiscui venuto, e ricomposto dai frammenti, un ranato quadretto in pasta vitrea di produzione orientale (pinax) che riproduce un fondale marino con tre pesci dai vivaci colori, che doveva ornare la parete di uno degli ambienti. Fondamentale per la data- zione dellevento bellico che caus la distruzione del complesso il rinvenimento di un gruzzolo di unottantina di monete per le spese quotidiane, che ne ssa la data entro il 260 d.C., nonch di punte di lancia e giavellotto abbandonate sui pa- vimenti durante i rovinosi scontri che dovettero precedere lincendio con la conseguente distru- zione della domus e labbandono dellarea. Sopra i resti della domus venne poi costruito un edicio palaziale di epoca tardoimperiale, da- tabile attorno alla met del V sec. d.C., dotato di unaula absidata, impianto di riscaldamento e ambienti con mosaici policromi. Nella zona venne successivamente ubicata una necropoli (con tombe a cassa e alla cappuccina) e inne unabitazione medioevale in legno, dotata di un grande focolare, che presenta varie fasi. Larea presentava anche occupazioni di epoca malate- stiana e successiva, con preziosi rinvenimenti di maioliche e di oggetti duso. Data limportanza del rinvenimento e delle strut- ture, si decise, congiuntamente al Comune di Ri- mini, di conservare mosaici e murature in posto e di musealizzare larea mediante un contenitore progettato ad hoc. Il progetto per la costruzione del suddetto contenitore ha avuto vari impedimenti ed stato completato solo nel 2007 con la realizzazio- ne della teca che copre attualmente il complesso; in attesa le strutture sono state protette ma lo scorrere del tempo ha portato necessariamente a problemi di conservazione e di manutenzione; la costruzione della teca ha allargato lo scavo, mettendo in luce altre strutture e mosaici che non erano incorporati nel primo progetto e che sono stati conservati in vista mediante piani di percorrenza in vetro, illu- minazione e spazi ad hoc; la loro musealizzazione tuttavia, al momento, non da considerarsi soddi- sfacente, dato che deve essere ancora dotata degli impianti presenti nella restante area. Maria Grazia Maioli DALLO SCAVO ALLA MUSEALIZZAZIONE Dal punto di vista della conservazione, il conte- sto archeologico di Piazza Ferrari risultato molto complesso da gestire, dal momento che conserva unampia gamma di materiali eterogenei, quali strutture di laterizi e argilla pressata, materiale lapi- deo, intonaci dipinti e pavimenti musivi composti da malte che nel corso dei secoli hanno reagito e continuano a reagire in modo disomogeneo alle aggressioni operate, nel tempo, dal clima e dalluo- mo. Bisogna tenere sempre presente che nel mo- mento in cui le strutture e i reperti archeologici vengono portati alla luce, i loro processi di degrado 03. Rimini, Piazza Ferrari: serie di mortai al momento del ritrovamento 166 166 subiscono unaccelerazione perch dal punto di vi- sta microclimatico la stabilit che si venuta a cre- are nel sottosuolo compromessa da nuovi fattori chimici e sici. Per questo il protrarsi negli anni delle campagne di scavo stato unulteriore aggra- vante, anche se, contemporaneamente alla messa in luce, si sono eettuate operazioni di pronto intervento (pulitura, consolidamento e stuccatu- ra) mirate esclusivamente alla conservazione e alla messa in sicurezza dellintero sito e con periodiche applicazioni di biocida, si arontato il problema del biodeterioramento (presenza di alghe, e pian- te infestanti) che poteva creare seri problemi di conservazione alle strutture archeologiche e agli apparati decorativi, sia dal punto di vista estetico che strutturale. Una volta terminati gli scavi, e in attesa della musealizzazione denitiva, stata posta direttamente sulle strutture archeologiche, verticali ed orizzontali, una protezione con geo-tessile, ag- giungendo poi sui mosaici pavimentali uno strato di argilla espansa. A questi lavori seguita una sospensione di alcuni anni durante i quali sono state portate avanti le diverse fasi progettuali del contenitore museo e la sua realizzazione. La struttura che stata costruita un ambiente climatizzato costituito da leggere strutture metal- liche ed ampie vetrate nel quale stato creato un percorso perimetrale di visita interno raccordato a passerelle sospese sui ruderi, prive di appoggi sulle superci di scavo e allineate secondo gli stessi assi costruttivi delle murature antiche. In questo caso la valorizzazione del patrimonio archeologico in situ garantita da una piena e diretta fruizione da parte della comunit. Nel 2007, dopo ledicazione della grande teca- contenitore, si proceduto alla rimozione delle protezioni, operazione non facile perch le pian- te infestanti avevano proliferato su tutta larea archeologica, attecchendo diusamente in su- percie e inltrando le radici anche attraverso il geo-tessile. Questa crescita biologica ha attec- 04. Rimini, Museo della Citt, Sezione Archeologica: Serie di strumenti chirurgici in ferro e bronzo con resti del loro conte- nitore 05. Rimini, Museo della Citt, sezione Archeologica: Pinax in pasta vitrea Ii coxiiisso aicuioiocico oi Piazza Fiiiaii a Rixixi Siruazioxi arruaii i iiorisi oi iisrauio 167 167 chito anche sotto il tessellato dei pavimenti mu- sivi contribuendo alla decoesione delle malte di allettamento e provocando, in molti casi, il sol- levamento o la perdita di tessere. In questa fase i lavori si sono concentrati sulla pulitura dellin- tera area, mettendo in evidenza la stratigraa: ogni situazione stata mantenuta nelloriginaria giacitura, cos come ritrovata al momento dello scavo. Tutti gli elementi conservati nel sito sono stati trattati con biocidi e messi in sicurezza attraver- so stuccature e inltrazioni localizzate di conso- lidante. Nei pavimenti musivi, oltre alle sopraci- tate operazioni, sono stati ripristinati i cordoli di contenimento per impedire la perdita di tessere nei bordi perimetrali e nelle lacune; sono state anche inserite delle puntellature mediante mar- tinetti e muretti in laterizio per conferire stabilit strutturale nei punti in cui i bordi si presentano a sbalzo. In situ sono state mantenute anche le sepolture presenti nellarea palaziale tardo antica e la scelta museale ha optato per la chiara lettura della loro funzionalit: le ossa degli inumati sono state ri- pulite e mantenute al loro interno, gli elementi in laterizio della tomba alla cappuccina sono stati incollati e ricollocati. La musealizzazione della domus del chirurgo ha riguardato non solo il sito archeologico, ma anche tutti gli oggetti rinvenuti in esso -ora esposti nel- la Sezione Archeologica del Museo della Citt di Rimini, adiacente allarea archeologica- che sono stati oggetto di minuziosi restauri eseguiti nel La- boratorio di Restauro della Soprintendenza per i Beni Archeologici dellEmilia-Romagna. Le alterazioni pi comuni riscontrate nei reperti rinvenuti nella domus sono quelle causate dallin- cendio avvenuto al momento dellabbandono del- la casa e da incrostazioni e depositi di varia natura causate dalla lunga giacitura nel terreno; ognuna di queste alterazioni ha interagito con la struttura materica e con il naturale degrado propri di ogni tipologia di materiale. I reperti in bronzo sono quelli che maggiormente hanno risentito delleetto dellincendio: il calore ha favorito la fusione e lunione tra loro di diversi strumenti chirurgici che si presentavano partico- larmente fragili e quasi totalmente mineralizzati e attaccati da corrosione ciclica. Per loro stato necessario alternare la pulitura di tipo meccanico con bagni in acqua distillata che favorissero leli- minazione dei sali solubili dei prodotti di corro- sione, eseguendo di volta in volta i test per la loro misurazione. In seguito si proceduto al tratta- mento di stabilizzazione, consolidamento, incol- laggio dei frammenti, integrazione delle lacune e protezione nale. Anche i reperti in ferro si presentavano molto al- terati nella forma e nelle dimensioni originarie, e quindi di non facile lettura. Oltre allo strato di incrostazioni terrose frammiste ai prodotti di cor- rosione, quali ossidi ed idrossidi di ferro, erano presenti rigonamenti e fessurazioni che ne de- terminavano la fragilit e ne pregiudicavano la conservazione. Alloperazione di pulitura, esegui- ta meccanicamente, sono seguite le operazioni di stabilizzazione del ferro, consolidamento, incol- laggio dei frammenti, integrazione delle lacune e inne di protezione. Le alterazioni pi comuni riscontrate nelle ce- ramiche recuperate durante le varie campagne di scavo sono le fratture, spesso accompagnate da lacune, deformazioni e annerimenti. Sul ma- teriale ceramico, dopo unaccurata pulitura ese- Maiia Giazia Maioii, Mauio Ricci, Moxica Zaxaioi, Cirr\ Muscoiixo, Ciauoia Tioiscui 168 168 guita meccanicamente, si sono susseguite le fasi di lavaggio (in acqua distillata con tensioattivi), essiccamento, consolidamento e incollaggio dei frammenti. Lintegrazione delle lacune (formale e pittorica) si resa necessaria non solo per confe- rire stabilit alloggetto ma per consentirne una chiara lettura stilistica. I vetri rinvenuti si presentavano deformati e fusi per eetto del calore: questa condizione ha aggra- vato notevolmente la loro conservazione dal mo- mento che il vetro antico un materiale instabile anche in condizioni ambientali ottimali. Linter- vento di pulitura stato eseguito meccanicamente e dove possibile si sono eettuati lavaggi in acqua distillata. A questa delicata operazione sono seguiti il consolidamento e lincollaggio dei frammenti. I reperti lapidei si presentavano molto fram- mentati e ricoperti da concrezioni calcaree sep- pure in buono stato di conservazione dal punto di vista materico. Il restauro di questi oggetti si concentrato principalmente sulla dicile rimozione della concrezioni calcaree, pulitura 06. Rimini, Piazza Ferrari: Domus del Chirurgo, veduta della stanza dellOrfeo Siruazioxi arruaii i iiorisi oi iisrauio 169 169 eseguita sia meccanicamente che chimicamen- te. Prima di essere incollati, i frammenti sono stati protetti con un primer applicato sulle su- perci di frattura. Le integrazioni delle lacune sono state eseguite a livello rispetto alle super- ci originali con lapplicazione di una malta molto tonalizzante. Preme sottolineare che se larea archeologica di Piazza Ferrari, ora inglobata nel suo contenitore- museo, ha riacquistato la propria leggibilit ed ammirabile in tutta la sua bellezza, dal punto di vista conservativo il lavoro appena iniziato. No- nostante la presenza di impianti di climatizzazio- ne e deumidicazione, il nuovo assetto ha causato modiche al microclima e il primo problema da af- frontare proprio la sua stabilizzazione. Altro mo- tivo da non sottovalutare che tutti gli interventi conservativi sulle strutture e sui pavimenti musivi che si sono succeduti negli anni, e che hanno per- messo la loro conservazione no ad oggi, sono stati eettuati da mani diverse, con lutilizzo di svariati prodotti e in assenza di un progetto unitario per- ch sempre eseguiti nellottica dellemergenza. La recente musealizzazione ore ora loccasione per poter realizzare una revisione generale del sito e individuare e programmare, mediante un progetto unitario, gli interventi nalizzati ad un corretto restauro lologico e alla redazione di un piano di manutenzione. Mauro Ricci, Monica Zanardi IL RESTAURO DEI MOSAICI: PROPOSTE E PUNTI DI VI- STA DALLA SCUOLA PER IL RESTAURO DEL MOSAICO DI RAVENNA Nellagosto del 2008, nellambito delle attivit di collaborazione con la Soprintendenza per i Beni Archeologici dellEmilia-Romagna, la Scuola per il Restauro del Mosaico di Ravenna ha svolto una campagna di studio e pronto intervento sui pavimenti musivi dellarea archeologica nalizzata allanalisi del loro stato di conservazione. La valutazione delle morfologie di degrado si estesa su tutta la supercie musiva ma, a causa della brevit dellintervento dettata da ragioni di- dattiche, si deciso di intervenire in maniera ge- nerale su tutti i mosaici e approfonditamente solo nelle aree a rischio di perdita. Lobiettivo era co- munque quello di comprendere larea, studiarne le caratteristiche e porle in relazione con i mosaici e i loro deterioramenti. Nonostante le numerose cure di cui sono sem- pre stati oggetto, i mosaici sorono di alcune patologie croniche, quali il distacco del tessel- lato musivo dagli strati sottofondali delle malte di allettamento e la crescita biologica di alghe ed erbe infestanti su alcuni strati e strutture ar- cheologiche. 07. Rimini, Piazza Ferrari: allievi della Scuola per il Restauro del Mosaico di Ravenna Maiia Giazia Maioii, Mauio Ricci, Moxica Zaxaioi, Cirr\ Muscoiixo, Ciauoia Tioiscui 170 170 08. Rimini, Piazza Ferrari: rilievo metrico Le moderne tecniche di restauro e conservazione hanno permesso di mantenere questi straordinari manufatti nel loro sito originario attraverso mira- ti e minimi interventi, senza dover operare forti decontestualizzazioni, come strappi dei mosaici e trasferimenti in altri luoghi espositivi, come acca- deva in passato. Dal luglio 2008 i mosaici sono stati interessati da una serie di studi ed interventi, quali rilievi metri- ci ed iconograci, studi delle antiche tecniche di costruzione, osservazioni macroscopiche dei ma- teriali unitamente a operazioni di pulitura sica e consolidamento di tutti gli elementi mobili e a rischio di perdita. stato rivolto un particolare interesse anche allaspetto di fruizione estetica dei preziosi tappe- ti, oggi disturbata da una serie di elementi come ad esempio i cordoli di contenimento delle lacune Ii coxiiisso aicuioiocico oi Piazza Fiiiaii a Rixixi Siruazioxi arruaii i iiorisi oi iisrauio 171 171 e dei bordi perimetrali che, se prima della muse- alizzazione hanno rappresentato una salvaguardia temporanea dei mosaici, ora devono essere rimossi e sostituiti da interventi che valorizzino maggior- mente le opere. Di fatto, il restauro, a maggior ragione in casi di aree archeologiche conservate in sito, ha il compito di risolvere positivamente e aiutare la comprensione di alcuni aspetti che da un punto di vista storico-archeologico potrebbero risultare poco chiari e difettivi per il godimento dellarea. Infatti, la mancanza di completezza del- le strutture murarie caratteristica con la quale il sito ci si consegnato rappresenta, storicamente parlando, unistanza negativa: con il restauro, al contrario, abbiamo la possibilit di rendere rever- sibile questo valore negativo, mediante la valoriz- zazione degli aspetti tecnici di costruzione degli antichi mosaici. una possibilit che il sito stesso ci ore in questo caso: lintervento da noi propo- sto oltre alle tradizionali tecniche di restauro vede dunque la rimozione dei vecchi bordi di conte- nimento ed il consolidamento di tutte le sezioni perimetrali dei mosaici attraverso la realizzazione di malte composte con stesse composizioni e gra- nulometrie delle antiche; intervento questo che potenzia lesistente attraverso una operazione di educazione visiva per il fruitore che pu cogliere durante la sua visita anche aspetti pi insoliti. Cetty Muscolino, Claudia Tedeschi 09. Rimini, Piazza Ferrari: cantiere scuola della Scuola per il Restauro del Mosaico di Ravenna, ssaggio delle tessere mobili Maiia Giazia Maioii, Mauio Ricci, Moxica Zaxaioi, Cirr\ Muscoiixo, Ciauoia Tioiscui 172 N ellinverno del 2007, in occa- sione della costruzione di nuo- ve abitazioni in localit Mara- no di Castenaso, allimmediata periferia di Bologna, sono state rinvenute tracce di frequentazione antropica rife- ribili allet del Ferro. Per meglio denire la realt archeologica, si organizzato un gruppo di lavo- ro costituito da Ispettori Onorari e volontari. Le nuove indagini hanno individuato, dapprima, un segnacolo tombale, quindi alcune fosse, pertinen- ti -come si poi appurato con lo scavo archeolo- gico- a sepolture. Data la complessit dellindagine archeologica, lo scavo stato adato dalla committenza alla ditta Fenice archeologia e restauro. Nel corso dello scavo, diretto dal soprintendente dott. Luigi Malnati e dalla dott.ssa Caterina Cor- nelio, della Soprintendenza per i Beni Archeologici dellEmilia-Romagna, sono state riportate in luce nove sepolture, tutte contrassegnate da segnacolo funerario, databili al VII e VI secolo a.C. Il ritrovamento pi eclatante la stele pertinente alla tomba 7, un rettangolo sormontato da un di- sco, con decorazioni a bassorilievo: la cosiddetta Stele delle Spade. La stele si presentava adagiata sul terreno, in po- sizione obliqua rispetto alla linea di terra, con il lato posteriore rivolto verso lalto. Tutto intorno i ciottoli del tumulo che, insieme alla stele, erano sprofondati allinterno della cassa lignea conte- nente il corredo. (Fig. 1) Prima di rimuovere la stele dal terreno sono stati eseguiti alcuni saggi di pulitura sul lato anteriore, ancora appoggiato sullargilla, poich si supponeva potesse essere de- corato. Questi hanno confermato la presenza di tracce di decorazione a bassorilievo. Allo scopo di minimizzare i possibili danni causati dalle manovre messe in atto durante il prelievo, la stele stata asportata creando sul retro -non deco- rato- un supporto rigido realizzato con bende ges- sate, avendo cura di proteggere preventivamente la supercie con pi strati di pellicola trasparente. Le operazioni di scavo sono state eseguite dagli ar- cheologi della ditta Fenice aancati, per le opera- zioni di pronto intervento, dal personale tecnico del laboratorio di restauro della Soprintendenza per i Beni Archeologici dellEmilia-Romagna. La stele, che si presentava fratturata in tre parti, un manufatto in arenaria, roccia sedimentaria che si forma per liticazione di originarie sabbie di natura sia marina che alluvionale. Si tratta di una roccia che, a fronte di una facile lavorabilit, pre- senta problemi connessi ai processi di degrado. Al momento della messa in luce, larenaria -che interrata aveva trovato per secoli un microclima nel quale si era stabilizzata- venuta a contatto con valori di umidit e temperatura totalmente diversi. Il fatto poi che fosse impregnata dacqua rendeva la pietra ancora pi fragile. Per questo motivo, una volta prelevata dal cantiere e traspor- tata al laboratorio di restauro della Soprintenden- za, stata fatta asciugare lentamente, evitando bruschi sbalzi di temperatura allo scopo di ridur- re al minimo i danni causati dallevaporazione dellumidit presente. La supercie era interessata da micro fessure e rigonamenti che, unasciuga- tura veloce e la conseguente migrazione massiccia di sali, avrebbero potuto accentuare. Prima di avviare qualsiasi operazione di restauro, stato redatto un progetto dintervento che ha scandito modi e tempi, denendo con precisione LA STELE DELLE SPADE: ASPETTI CONSERVATIVI 01. La Stele sullo scavo 174 174 La Sriii oiiii Siaoi: asiirri coxsiivarivi il programma che si intendeva attuare. In questa fase del lavoro ci si avvalsi della collaborazione di diverse professionalit quali archeologi, esperti in diagnostica dei beni culturali, restauratori, di- segnatori, fotogra, progettisti di strutture per la musealizzazione. I principi base che hanno regolato lintervento conservativo sono la reversibilit dellintervento, la durabilit e stabilit nel tempo dei prodotti usati, la compatibilit degli stessi col materiale costitutivo, la salvaguardia della possibilit di in- tervenire con ulteriori interventi conservativi (ri- trattabilit) e il principio del minimo intervento e minima invasivit. Il progetto dintervento ha posto laccento sulle principali problematiche evidenziate dallosserva- zione macroscopica della supercie, prendendo in esame e sviluppando i seguenti aspetti: -documentazione sulle fasi del rinvenimento e del prelievo; -relazione dellarcheologo; -documentazione fotograca particolareggiata dello stato di fatto pre restauro (presunte tracce di policromie, aree degradate, tracce di lavora- zione); -indagini diagnostiche preliminari su presunte tracce di policromie, caratterizzazione del mate- riale lapideo e cause del degrado; -prove in situ condotte su aree circoscritte ma rap- presentative del manufatto volte a individuare la corretta metodologia dellintervento di restauro (pulitura, consolidamento ecc.) sulla base dei ri- sultati delle indagini eseguite; -intervento di restauro, con preconsolidamento localizzato delle zone decoese del materiale lapi- deo, pulitura della supercie, consolidamento, incollaggio dei frammenti e stuccature; -progettazione e realizzazione di supporto per lesposizione in sicurezza della stele; Losservazione macroscopica della supercie ha consigliato di approfondire alcuni aspetti: 1) per denire meglio la metodologia dellintervento di restauro 2) per dare risposte certe ai dubbi relativi, soprattutto, alla presunte tracce di policromia. STATO DI CONSERVAZIONE PRELIMINARE ALLINTER- VENTO DI RESTAURO La stele decorata a bassorilievo su un solo lato; il retro si presenta disomogeneo a causa di sca- gliature del materiale lapideo che in alcuni casi hanno causato la perdita di porzioni della super- cie. In alcuni punti dello spessore della stele sono apprezzabili fessurazioni pi o meno profonde lungo le linee di sedimentazione dellarenaria. La supercie appariva, in entrambi i lati, ricoperta da uno strato di argilla ben adeso al substrato che in parte celava alcuni particolari del bassorilievo. (Fig. 2) Il manufatto, soprattutto nel lato decorato, era localmente interessato da vere e proprie incrosta- zioni di natura calcarea fortemente ancorate alla supercie; in altri punti appariva in buono stato di conservazione mentre in una porzione del di- sco la disgregazione granulare dellarenaria aveva causato la perdita di alcuni elementi decorativi. In alcune zone del bassorilievo, larenaria si pre- sentava con una cromia che ha fatto supporre che la stele recasse tracce di colore. Risultano presenti infatti una diusa colorazione gialla, anche nella sezione di rottura, una limitata cromia rossastra, soprattutto in corrispondenza di alcuni rilievi rappresentanti armi, e un materiale brunastro di diversa consistenza rilevabile in vari punti ma so- prattutto sui dischi solari. (Fig. 3) 175 175 Axroxiiia Poxicirri Le analisi per identicare la presenza di residui di policromia sono state eseguite dal prof. Pietro Ba- raldi del Dipartimento di Chimica dellUniversit di Modena e Reggio Emilia. Si riporta di seguito un estratto dalla sua relazione. La supercie della stele presenta zone nelle quali appare una cromia dierente dal fondo generale del lapideo, in particolare zone gialle, rossastre e brune. Al microscopio appaiono de- terminate da una serie di frammenti minuscoli e granulari colorati rispettivamente in giallo, in rosso e in marrone. Per poter identicare la presenza di residui di policromia occorre proce- dere a identicare materiali pigmentari, leganti e componenti normali del materiale lapideo di supporto. 02. La Stele prima del restauro con lindividuazione dei punti di prelievo dei campioni 176 176 Sono stati eseguiti alcuni microprelievi nei punti pre- cedentemente individuati a rappresentare la cromia evidente sulla pietra. (Fig. 2) I microprelievi sono stati numerati e portati al Dipartimento di Chimi- ca. Le polveri sono state depositate su una supercie piana e analizzate in microscopia Raman granulo per granulo per vericare statisticamente quali materiali fossero presenti. I materiali rinvenuti sono ossidi di ferro (ematite, goethite e magnetite), quarzo, albite, anatasio (impurezze), carbone. Il quarzo appare co- lorato con gli ossidi di ferro. Non appaiono segni di stesure o strati di materiali colorati sopra la supercie del lapideo. Sono sparsi a gruppi in posizioni casuali granuli rossi o gialli. I granuli di carbone fanno pen- sare a un processo o di degrado di materiale organico presente ab antiquo sul lapideo o di prodotti di com- 03. Policromie presunte 177 177 bustione di materiale organico; la stessa presenza di magnetite in alcuni punti fa pensare a ossidi di ferro che hanno subito un riscaldamento a temperature superiori ai 500C. Per una pi precisa ricerca di policromia superstite stato fatto riferimento alle indagini sul materiale lapideo costitutivo della stele (arenaria) per veri- care quali fossero i componenti normalmente pre- senti in esso. Il prof. Stefano Lugli, che ha eseguito le analisi sullarenaria, identica nelle sezioni lucide gli stessi componenti identicati con la microsco- pia Raman sui presunti residui di policromia. Lidenticazione di materiali insoliti, come ad esempio il cinabro, gi impiegato in ambito etru- sco per le pitture tombali, sarebbe stata una prova decisiva della presenza di policromie, considerato che questo composto non presente nella com- posizione dellarenaria. Allo stato attuale delle indagini archeometriche non si hanno prove sucienti per aermare che la stele fosse policroma. Axroxiiia Poxicirri 05. Particolare dopo la pulitura 05. Particolare prima dellintervento di pulitura Le analisi mineralogico petrograche sono state eseguite dal Prof. Stefano Lugli del Dipartimento di Scienze della Terra dellUniversit di Modena e Reggio Emilia. Si riporta, di seguito, un estratto dalla sua relazione. Il campione di roccia stato consolidato attra- verso impregnazione sottovuoto in resina epossi- dica bicomponente (araldite). Dal campione consolidato stata ricavata una sezione sottile per losservazione al microscopio ottico in luce trasmessa secondo metodologia standard. - Caratteristiche macroscopiche (secondo nor- mativa UNI EN 12407): Arenaria a grana ne poco cementata di colore grigio-giallastro. Sono presenti estese superci macchiate da ossidi e/o idrossidi di ferro derivanti dallalterazione natu- rale della roccia. - Caratteristiche al microscopio ottico (secondo nor- mativa UNI EN 12407): Arenaria a grana nissi- ma a cemento carbonatico. Componenti principali: 178 178 La Sriii oiiii Siaoi: asiirri coxsiivarivi quarzo (sia cristalli singoli che granuli policristallini), frammenti di rocce carbonatiche microcristalline e spatiche, feldspati, biotite, muscovite, frammenti di gusci di foraminiferi, glauconia, noduli di ossidi e/o idrossidi di ferro, frammenti di selce. Il contenuto paleontologico caratterizzato dal- la presenza di foraminiferi planctonici globigeri- niformi non identicabili (analisi eettuata dal dott. Cesare Andrea Papazzoni). La porosit della roccia notevole. FENOMENI DI DEGRADO Le tipologie dei fenomeni di degrado indivi- duabili allesame macroscopico e microscopico vengono di seguito descritte utilizzando le rac- comandazioni UNI 11182:2006 13/04/06 Beni culturali - Materiali lapidei naturali ed articiali - Descrizione della forma di alterazione - Termini e denizioni. Il degrado legato principalmente alla caratteri- stica di scarsa cementazione e di notevole porosit della roccia. Leetto quello di marcata disgrega- zione granulare. presente anche il fenomeno della macchia legata allossidazione naturale di solfuri di ferro presenti in grande quantit nella roccia. CONCLUSIONI Si tratta probabilmente di arenaria provenien- te dalle formazioni arenacee pleistoceniche a cementazione variabile tipiche del margine ap- penninico bolognese. Potrebbe trattarsi di are- naria appartenente alla formazione delle Sabbie di Imola (sabbie gialle Pleistocene Medio, circa 650.000-800.000 anni fa). Rocce arenacee di questo tipo venivano cavate nelle immediate vicinanze della citt di Bologna appena fuori Porta Castiglione (localit Le Grotte), Santa Margherita al Colle e Barbiano. La marcata disgregazione granulare del litotipo stata sicuramente accentuata dalla parziale dis- soluzione dello scarso cemento carbonatico per dilavamento da parte delle acque meteoriche e/o di falda. Il fenomeno della macchia doveva essere in gran parte presente nella lastra di roccia gi al momento dellestrazione in cava. INTERVENTO DI RESTAURO Le indagini erano necessarie al progetto di re- stauro ma insucienti a denirlo. Servivano a elaborare unipotesi dellintervento ma la verica dellecacia di prodotti, tempi e modi non po- teva avvenire se non attraverso una serie di test pratici condotti su aree circoscritte ma rappresen- tative del manufatto. Sono state eseguite prove di pulitura e consoli- damento allo scopo di denire la metodologia dellintervento che ha previsto le seguenti fasi. 06. Pulitura della supercie 179 179 Axroxiiia Poxicirri - Preconsolidamento localizzato delle aree a forte decoesione o a rischio di caduta di materiale, ese- guito con silicato di etile. - Pulitura superciale del fronte e del retro della stele: dato lo stato di conservazione e le prove di pulitura in situ, si deciso di non intervenire con un lavaggio generalizzato della supercie. I depositi argillosi sono stati ammorbiditi con acqua demine- ralizzata e tensioattivo e asportati -ove il substrato lo consentiva- meccanicamente con bisturi a lama arrotondata, utilizzando, secondo necessit, o il mi- croscopio ingranditore o lampade dotate di lente. Leggera spolveratura con pennello a setole lunghe e morbide per rimuovere i residui della pulitura meccanica e lavaggi localizzati con acqua demine- ralizzata e tensioattivo, irrorando la soluzione con spruzzette e tamponando la supercie con com- presse di carta assorbente. Il tutto con la massima cautela data la fragilit dello strato superciale. In alcuni casi, erano presenti durissime concre- zioni di natura calcarea che, dove il substrato in arenaria risultava coerente, sono state abbassate no alla totale eliminazione; in altri punti si deciso di conservarle per evitare che la forte ade- sione col substrato decoeso, causasse la perdita di supercie decorata. La pulitura ha messo in luce particolari no al momento inediti dellapparato decorativo, nuovi elementi che sono allo studio del soprintendente dott. Luigi Malnati, che ne curer la pubblicazio- ne. (Figg. 4,5,6,7) - Consolidamento e incollaggio. A pulitura con- clusa, la stele stata consolidata per immersione con silicato di etile e i tre elementi fratturati sono stati posti in connessione ed incollati con resina epossidica applicata sulle fratture precedentemen- te trattate con resina acrilica. La resina acrilica 07. Pulitura quasi conclusa (Paraloid B72), reversibile in solvente, rende pos- sibile la reversibilit dellincollaggio eseguito con resina epossidica. La scelta di non inserire perni di rinforzo stata motivata, oltre che dallesiguo spessore e dalla tipologia della roccia, dal rispetto del principio della minima invasivit. (Fig. 8) Le stuccature, eseguite solo sul retro, in corri- spondenza della frattura al di sotto del disco, sono state realizzate con un impasto composto da polvere di arenaria, sabbia e resina acrilica in emulsione acquosa. 180 180 La Sriii oiiii Siaoi: asiirri coxsiivarivi 08. La Stele a restauro concluso (fronte) 181 181 Lintervento stato realizzato da personale interno al Laboratorio di Restauro della Soprintendenza per i Beni Archeologici dellEmilia-Romagna. A tale proposito un ringraziamento ai colleghi Mauro Ricci e Micol Siboni per la collaborazione prestata in alcune fasi del lavoro e al soprinten- dente dott. Luigi Malnati per la ducia e loppor- tunit che mi ha accordato. 09. Progetto di musealizzazione. BFA Architetti Axroxiiia Poxicirri PROGETTO PER LA MUSEALIZZAZIONE DELLA STELE La musealizzazione della stele frutto della col- laborazione, ciascuno per le proprie competenze, tra chi scrive e i progettisti, BFA Bartolini Fiam- minghi Architetti. Il progetto espositivo stato condizionato dal- la scelta di non utilizzare un sistema di perni per ricomporre i tre frammenti della stele. Per realizzare il supporto stato individuato un si- stema di appoggio e uno di ancoraggio. Il pri- mo stato ottenuto modellando il supporto sul prolo inferiore della stele, per garantire il sostegno verticale, mentre per il secondo sono state utilizzate stae metalliche di ancoraggio che impedissero il ribaltamento anteriore e la- terale. Le stae sono state protette nel punto di contatto con larenaria con materiale inerte (Etafoam). Per esaltare al massimo le qualit materiche e i rilievi di lavorazione della stele stata scelta una luce a spot radente. La direzione dal basso ha con- sentito di aggiungere un eetto di sospensione al reperto. Per il supporto sono stati scelti i colori blu oltre- mare scuro, per la parte alta, e rosso di Marte, per il pannello inferiore. La quota superiore di questultimo pannello ricostruisce il piano ipote- tico di sezione delloriginario suolo di posa della stele. (Fig. 9) Dall8 maggio 2009, la stele esposta al pubblico nel MUV, Museo della Civilt Villanoviana, inau- gurato lo stesso giorno a Villanova di Castenaso, a poca distanza dal luogo del ritrovamento. Va sottolineato lo sforzo nanziario dellammini- strazione comunale di Castenaso che ha contri- buito a sostenere i costi di restauro della stele e realizzato la struttura museale che la ospita. 183 183 S T FRANCESCA BORIS, MANUELA MATTIOLI Il globo terrestre di Vincenzo Coronelli dellArchivio di Stato di Bologna MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVIT CULTURALI DIREZIONE REGIONALE PER I BENI CULTURALI E PAESAGGISTICI DELLEMILIA-ROMAGNA Archivio di Stato di Bologna Piazza De Celestini, 4 40123 - Bologna DIRETTORE Dott.sa Elisabetta Arioti TEL. 051 223891 FAX 051 220474 E-MAIL as-bo@beniculturali.it SITO www.archiviodistatodibologna.it RIFERIMENTI TECNICI BENE OGGETTO DELLINTERVENTO Globo terrestre di Vincenzo Coronelli PROPRIETA Statale IMPORTO COMPLESSIVO DEI LAVORI 13.200,00 FINANZIATORE Ministero per i beni e le attivit culturali PROGETTISTA Dott.sa Francesca Boris DIRETTORE DEI LAVORI Dott. Gian Piero Cammarota DIRETTORE OPERATIVO Manuela Mattioli IMPRESA Ditta Manuela Mattioli Restauro opere darte - Bologna ANTONIETTA FOLCHI Un esempio di restauro: larchivio notarile antico di Ferrara MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVIT CULTURALI DIREZIONE REGIONALE PER I BENI CULTURALI E PAESAGGISTICI DELLEMILIA-ROMAGNA Archivio di Stato di Ferrara Corso della Giovecca 146 44100 - Ferrara DIRETTORE Dott.sa Antonietta Folchi TEL. 0532 206668 0532 208700 FAX 0532 207858 E-MAIL as-fe@beniculturali.it RIFERIMENTI TECNICI BENE OGGETTO DELLINTERVENTO Atti dei notai di Ferrara (aa. 1465-1594) PROPRIETA Statale IMPORTO COMPLESSIVO DEI LAVORI 10.938,39 FINANZIATORE Ministero per i beni e le attivit culturali PROGETTISTA Cecilia Prosperi DIRETTORE DEI LAVORI Cecilia Prosperi DIRETTORE OPERATIVO IMPRESA Salvarezza Restauro s.r.l., Roma 184 184 S T GIANLUCA BRASCHI Il restauro del Cabreo AB 265 Terreni appartenti ai Pavolotti di Rimini MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVIT CULTURALI DIREZIONE REGIONALE PER I BENI CULTURALI E PAESAGGISTICI DELLEMILIA-ROMAGNA
Archivio di Stato di Rimini Piazzetta San Bernardino 1 - 47900 Rimini DIRETTORE Dott. Gianluca Braschi TEL. 0541 784474 FAX 0541 784474 E-MAIL as-rn@beniculturali.it SITO www.archiviodistato.rimini.it RIFERIMENTI TECNICI BENE OGGETTO DELLINTERVENTO Cabreo AB 265 PROPRIETA Statale IMPORTO COMPLESSIVO DEI LAVORI 400,00 FINANZIATORE Tina & Mary, Hotel Memory PROGETTISTA Riccardo Bolognesi DIRETTORE DEI LAVORI Dott. Gianluca Braschi DIRETTORE OPERATIVO Dott. Gianluca Braschi IMPRESA Cooperativa Sociale Cento Fiori Onlus ANDREA DE PASQUALE La raccolta di carte nautiche della Biblioteca Palatina SILVANA GORRERI Le carte nautiche della Biblioteca Palatina di Parma: un piano strategico di restauro MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVIT CULTURALI DIREZIONE REGIONALE PER I BENI CULTURALI E PAESAGGISTICI DELLEMILIA-ROMAGNA Biblioteca Palatina - Parma Strada alla Pilotta 1 43100 - Parma DIRETTORE Andrea De Pasquale TEL. 0521 220411 FAX 0521 235662 E-MAIL b-pala@beniculturali.it SITO www.bibliotecapalatina.beniculturali.it RIFERIMENTI TECNICI BENE OGGETTO DELLINTERVENTO Carte e Atlanti nautici (Ms. pal. 0; Mss. parm. 1613, 1615- 1624) PROPRIETA Statale IMPORTO COMPLESSIVO DEI LAVORI 73.576,00 IVA inclusa FINANZIATORI Ministero per i beni e le attivit culturali; Societ Value Retail Management (Fidenza Village) s.r.l.; Banca Popolare dellEmilia-Romagna PROGETTISTE Dott.sa Silvia Scipioni e dott.sa Silvana Gorrieri DIRETTORE DEI LAVORI Dott.sa Silvana Gorrieri DIRETTORE OPERATIVO Prof. Paolo Crisostomi IMPRESA Studio Paolo Crisostomi s.r.l., via Clementina 6, 00100 Roma 185 185 S T CORRADO AZZOLLINI, LUCIANO SERCHIA Inediti dal restauro: paesaggi dipinti nel Palazzo del Giardino di Parma MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVIT CULTURALI DIREZIONE REGIONALE PER I BENI CULTURALI E PAESAGGISTICI DELLEMILIA-ROMAGNA Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici per le province di Parma e Piacenza Piazza Bodoni 6 43100 - Parma SOPRINTENDENTE Arch. Luciano Serchia TEL. 0521 212311 FAX 0521 212390 E-MAIL sbap-pr@beniculturali.it RIFERIMENTI TECNICI BENE OGGETTO DELLINTERVENTO Palazzo Ducale del Giardino PROPRIETA Comunale IMPORTO COMPLESSIVO DEI LAVORI 750.000,00 FINANZIATORE Ministero per i beni e le attivit culturali PROGETTISTA Arch. Luciano Serchia DIRETTORE DEI LAVORI Arch. Luciano Serchia IMPRESA Felsina Restauri srl GRAZIELLA POLIDORI Il duomo di Modena capolavoro del genio creatore umano. Il restauro del paramento lapideo MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVIT CULTURALI DIREZIONE REGIONALE PER I BENI CULTURALI E PAESAGGISTICI DELLEMILIA-ROMAGNA Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici per le province di Bologna, Modena e Reggio Emilia Via IV Novembre n 5 40123 - Bologna SOPRINTENDENTE Arch. Paola Grifoni TEL. 051 64513114 FAX 051 264248 E-MAIL sbap-bo@beniculturali.it RIFERIMENTI TECNICI BENE OGGETTO DELLINTERVENTO Duomo di Modena PROPRIETA Capitolo Metropolitano IMPORTO DEI LAVORI 150.000,00 + 150.000,00 (MiBAC) - 1.075.000,00 (Capitolo Metropolitano) FINANZIATORE Ministero per i beni e le attivit culturali; Capitolo Metropolitano PROGETTISTA Arch. Graziella Polidori, ing. Mario Silvestri DIRETTORE DEI LAVORI Arch. Graziella Polidori. ing. Mario Silvestri DIRETTORE OPERATIVO Geom. Vincenzo Vutera IMPRESA Candini Arte s.r.l. Castelfranco Emilia (MO) 186 186 S T ANTONELLA RANALDI Restauri della chiesa del SS. Salvatore a Bologna MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVIT CULTURALI DIREZIONE REGIONALE PER I BENI CULTURALI E PAESAGGISTICI DELLEMILIA-ROMAGNA Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici per le province di Bologna, Modena e Reggio Emilia Via IV Novembre n. 5 40123 - Bologna SOPRINTENDENTE: Arch. Paola Grifoni TEL. 051 6451311 FAX 051 264248 E-MAIL sbap-bo@beniculturali.it RIFERIMENTI TECNICI BENE OGGETTO DELLINTERVENTO Chiesa del SS. Salvatore a Bologna PROPRIETA Demanio dello Stato IMPORTO COMPLESSIVO DEI LAVORI 103.290,00 per i lavori condotti nel 2007-08 (in continuit con i precedenti cinque lotti di intervento di importo ciascuno di 206.580,00) FINANZIATORE Ministero per i beni e le attivit culturali PROGETTISTA Arch. Antonella Ranaldi e arch. Francesco Eleuteri DIRETTORE DEI LAVORI Arch. Antonella Ranaldi DIRETTORE OPERATIVO Geom. Umberto Frassinella IMPRESA Studio Biavati di Bologna ANDREA CAPELLI Il palazzo ex Enpas a Bologna. Lavori di restauro delle superci esterne
MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVIT CULTURALI DIREZIONE REGIONALE PER I BENI CULTURALI E PAESAGGISTICI DELLEMILIA-ROMAGNA Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici per le province di Bologna, Modena e Reggio Emilia Via IV Novembre, 5 40123 - Bologna SOPRINTENDENTE Arch. Paola Grifoni
TEL. 051-6451311 FAX 051 264248 E-MAIL sbab-bo@beniculturali.it RIFERIMENTI TECNICI BENE OGGETTO DELLINTERVENTO Palazzo ex ENPAS ora INPDAP PROPRIETA INPDAP IMPORTO COMPLESSIVO DEI LAVORI : 150.000,00 (in tre stralci 50.000,00 ciascuno) FINANZIATORE Ministero per i beni e le attivit culturali PROGETTISTA Arch. Andrea Capelli DIRETTORE DEI LAVORI Arch. Andrea Capelli DIRETTORE OPERATIVO Geom. Dario Biondi IMPRESA Marmiroli srl di Bagnolo in Piano (Reggio Emilia) 187 187 S T GIANFRANCA RAINONE Gli altari delle chiese di S. Giuliano a Bologna e di S. Domenico a Budrio MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVIT CULTURALI DIREZIONE REGIONALE PER I BENI CULTURALI E PAESAGGISTICI DELLEMILIA-ROMAGNA Soprintendenza per i beni storici, artistici ed etnoantropologici per le province di Bologna, Ferrara, Forl- Cesena, Ravenna e Rimini Via delle Belle Arti 56 40126 - Bologna SOPRINTENDENTE Dott. Luigi Ficacci TEL. 051 42 09 411 FAX 051 25 13 68 E-MAIL: sbsae-bo@beniculturali.it SITO: www.pinacotecabologna.it RIFERIMENTI TECNICI BENE OGGETTO DELLINTERVENTO Altari in cotto e stucco della chiesa di S. Domenico a Budrio (BO) PROPRIETA Azienda pubblica di servizi alla persona Donini-Damiani, Via Marconi, 6 Budrio IMPORTO COMPLESSIVO DEI LAVORI 50.000,00 FINANZIATORE Ministero per i beni e le attivit culturali PROGETTISTA Arch. Gianfranca Rainone DIRETTORE DEI LAVORI Arch. Gianfranca Rainone IMPRESA Roberta Barualdi, Via Pirani, 11, Casumaro di Cento (Ferrara) ANTONELLA RANALDI I chiostri di S. Pietro a Reggio Emilia. Note sui restauri MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVIT CULTURALI DIREZIONE REGIONALE PER I BENI CULTURALI E PAESAGGISTICI DELLEMILIA-ROMAGNA Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici per le Province di Bologna, Modena e Reggio Emilia Via IV Novembre n. 5 40123 - Bologna SOPRINTENDENTE: Arch. Paola Grifoni TEL. 051 6451311 FAX 051 264248 E-MAIL sbap-bo@beniculturali.it RIFERIMENTI TECNICI BENE OGGETTO DELLINTERVENTO Ex monastero dei SS. Pietro e Prospero a Reggio Emilia, denominato Chiostri di San Pietro PROPRIETA Comunale IMPORTO COMPLESSIVO DEI LAVORI 4.422.018,88 di cui 1.185.000,00 per i lavori di restauro degli apparati decorativi e intonaci antichi (OS2); 3.237.018,88 per i lavori edili e impiantistici (OG2 e OG11) FINANZIATORE Ministero per i beni e le attivit culturali PROGETTISTI Architetti Francesco Eleuteri, Maria Luisa Mutschlechner, Antonella Ranaldi, Paola Zigarella, con la consulenza dellarch. Pier Luigi Cervellati DIRETTORE DEI LAVORI Arch. Antonella Ranaldi e ing. Domenico Rivalta DIRETTORI OPERATIVI Geom. Dario Biondi e Geom. Antonio Noto IMPRESE Cooperativa Archeologia di Firenze per i lavori di categoria OS2; Consorzio Consta di Padova per i lavori di categoria OG2 e OG11 188 188 S T ELENA DE CECCO, VALTER PIAZZA, CETTY MUSCOLINO La chiesa dellabbazia di S. Leonardo a Monteti, Sogliano al Rubicone MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVIT CULTURALI DIREZIONE REGIONALE PER I BENI CULTURALI E PAESAGGISTICI DELLEMILIA-ROMAGNA : Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici per le province di Ravenna, Ferrara, Forl-Cesena, Rimini Via san Vitale, 17 48121 - Ravenna SOPRINTENDENTE: Arch. Antonella Ranaldi TEL. 0544 543711 FAX 0544 543732 E-MAIL sbap-ra@beniculturali.it SITO www.soprintendenzaravenna.beniculturali.it RIFERIMENTI TECNICI BENE OGGETTO DELLINTERVENTO Chiesa dellabbazia di San Leonardo, localit Monteti, Sogliano al Rubicone (FC) PROPRIETA Parrocchia di S. Lorenzo Martire di Sogliano al Rubicone (FC) IMPORTO COMPLESSIVO DEI LAVORI 700.000,00 FINANZIATORE Presidenza del Consiglio dei Ministri (L. 128/2004) PROGETTISTA Arch. Elena De Cecco Rimini DIRETTORI DEI LAVORI Arch. Domenico Cardamone, arch. Valter Piazza DIRETTORI OPERATIVI Dott.ssa Cetty Muscolino, arch. Elena De Cecco, geom. Danilo Pantieri IMPRESE TRIADE s.r.l., Afragola NA (per gli interventi di restauro del paramento lapideo) Laboratorio di Restauro di Giunchi Andrea, Cesena FC (per le opere di restauro delle decorazioni pittoriche allinterno della chiesa) 189 189 S T MANUELA CATARSI, CRISTINA ANGHINETTI, PATRIZIA RAGGIO, GIOVANNI SIGNANI, BARBARA ZILOCCHI Il recupero strutturale delloratorio di S. Enrico di Calcaiola di Valmozzola MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVIT CULTURALI DIREZIONE REGIONALE PER I BENI CULTURALI E PAESAGGISTICI DELLEMILIA-ROMAGNA
Soprintendenza per i beni archeologici dellEmilia-Romagna Museo Archeologico Nazionale Palazzo della Pilotta 43100 - Parma SOPRINTENDENTE dott. Luigi Malnati TEL. 0521 233718 FAX 0521 386112 E-MAIL sba-ero.museoarchparma@beniculturali.it RIFERIMENTI TECNICI BENE OGGETTO DELLINTERVENTO Oratorio di S. Enrico Valmozzola, loc. Calcaiola - Parma PROPRIETA Diocesi di Piacenza IMPORTO COMPLESSIVO DEI LAVORI 150.000,00 FINANZIATORE Presidenza del Consiglio dei Ministri (L. 128/2004) PROGETTISTI arch. Giovanni Signani e arch. Barbara Zilocchi con la collaborazione per le ricerche darchivio della dott.sa Cornelia Bevilacqua DIRETTORI DEI LAVORI arch. Barbara Zilocchi (Supervisione: Soprintendenza B.A.P. per le province di Parma e Piacenza, arch. Paola Madoni, Soprintendenza B.S.A.E. per le province di Parma e Piacenza, dott.sa Lucia Fornari Schianchi e dott.sa Mariangela Giusto) DIRETTORI OPERATIVI arch. Barbara Zilocchi (restauro architettonico); dott.sa Manuela Catarsi (scavo archeologico) IMPRESE Abacus s.r.l. (scavo archeologico); Socei s.r.l. (restauro architettonico) 190 190 S T MARIA GRAZIA MAIOLI, MAURO RICCI, MONICA ZANARDI, CETTY MUSCOLINO, CLAUDIA TEDESCHI Il complesso archeologico in piazza Ferrari a Rimini. Situazione attuale e ipotesi di restauro MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVIT CULTURALI DIREZIONE REGIONALE PER I BENI CULTURALI E PAESAGGISTICI DELLEMILIA-ROMAGNA
Soprintendenza per i beni archeologici dellEmilia-Romagna Via delle Belle Arti 52 40126 - Bologna SOPRINTENDENTE Dott. Luigi Malnati TEL. 051 223773 051 220675 FAX 051 227170 E-MAIL sba-ero@beniculturali.it SITO www.archeobologna.beniculturali.it SOPRINTENDENZA Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici per le province di Ravenna, Ferrara, Forl-Cesena e Rimini Via S. Vitale 17 48100 - Ravenna SOPRINTENDENTE Arch. Antonella Ranaldi Tel. 0544 543711 Fax 0544 543732 e-mail sbap-ra@beniculturali.it www.soprintendenzaravenna.beniculturali.it RIFERIMENTI TECNICI BENE OGGETTO DELLINTERVENTO Domus del Chirurgo Rimini, Piazza Ferrari PROPRIETA Demanio dello Stato e Comune di Rimini IMPORTO COMPLESSIVO DEI LAVORI Spese di funzionamento FINANZIATORE Comune di Rimini PROGETTISTA DIRETTORI DEI LAVORI Dott.sa Maria Grazia Maioli e dott.sa Cetty Muscolino DIRETTORI OPERATIVI Mauro Ricci, Monica Zanardi, Claudia Tedeschi IMPRESA Scuola per il Restauro del Mosaico di Ravenna 191 191 S T ANTONELLA POMICETTI La Stele delle Spade: aspetti conservativi MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVIT CULTURALI DIREZIONE REGIONALE PER I BENI CULTURALI E PAESAGGISTICI DELLEMILIA-ROMAGNA Soprintendenza per i beni archeologici dellEmilia-Romagna Via delle Belle Arti 52 40126 - Bologna SOPRINTENDENTE Dott. Luigi Malnati TEL. 051 224402 - 223773 FAX 051 227170 E-MAIL sba-ero@beniculturali.it SITO www.archeobologna.beniculturali.it RIFERIMENTI TECNICI BENE OGGETTO DELLINTERVENTO Stele in arenaria PROPRIETA Demanio dello Stato IMPORTO COMPLESSIVO DEI LAVORI Spese di funzionamento FINANZIATORE Ministero per i beni e le attivit culturali e Comune di Castenaso PROGETTISTA Dott.sa Antonella Pomicetti, restauro eseguito presso il laboratorio di restauro della Soprintendenza per i beni archeologici dellEmilia-Romagna DIRETTORE DEI LAVORI Dott.sa Antonella Pomicetti Finito di stampare nel mese di settembre 2009 E u r o
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i . i . RESTAURI IN EMILIA-ROMAGNA ATTIVIT DEGLI ISTITUTI MiBAC NEL 2008 Arri oii Coxvicxo Fiiiaia :; xaizo :oo, Diiizioxi Ricioxaii iii i Bixi Cuiruiaii i Paisaccisrici oiiiExiiia-Roxacxa Mixisriio iii i Bixi i ii Arrivir\ Cuiruiaii R E S T A U R I
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E M I L I A - R O M A G N A RESTAURI IN EMILIA-ROMAGNA ATTIVIT DEGLI ISTITUTI MiBAC NEL 2008 Arri oii Coxvicxo Fiiiaia :; xaizo :oo, Diiizioxi Ricioxaii iii i Bixi Cuiruiaii i Paisaccisrici oiiiExiiia-Roxacxa Mixisriio iii i Bixi i ii Arrivir\ Cuiruiaii R E S T A U R I