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Economia III Liceo

1. L’ATTIVITÀ ECONOMICA
1.1. I BISOGNI UMANI

Un bisogno è la sensazione della mancanza di qualcosa. I bisogni hanno caratteristiche comuni: sono
illimitati, variabili, soggettivi, saziabili, risorgenti e complementari.

Caratteristiche dei bisogni:


Illimitati e variabili: sono illimitati e variano di continuo con il susseguirsi dei periodi storici, del
progresso tecnologico e delle nuove necessità culturali e ambientali.
Soggettivi: appartengono alla sfera della coscienza individuale. Nessuno può conoscerli senza
provarli in prima persona. Variano a seconda dell’età, delle abitudini, dei gusti e degli interessi
personali. Le necessità di un bambino non sono quelle di un adulto.
Saziabili: una volta soddisfatto diminuisce d’intensità (dopo un pasto il bisogno di cibo è meno
intenso).
Risorgenti: una volta soddisfatti non spariscono per sempre, ma prima o poi si ripresentano (la fame).
Complementari: s’intrecciano fra loro continuamente e si susseguono uno dopo l’altro. Riuscire a
soddisfare un bisogno comporta quasi inevitabilmente il sorgere di nuovi bisogni (televisione,
videoregistratore, videocassette).

Classificazione dei bisogni:


Bisogni primari e secondari: si definiscono bisogni primari coloro che devono essere assolutamente
soddisfatti per vivere.
Si definiscono secondari quei bisogni fondamentali per la crescita e il benessere dell’uomo, non sono
pertanto di vitale importanza.
I bisogno individuali: sono quelli avvertiti, e quindi soddisfatti, da una singola persona
indipendentemente dall’ambiente in cui vive. É sempre di carattere privato.
I bisogni collettivi: Sono quelli avvertiti da una persona in quanto parte di una comunità e soddisfatti
dalla comunità stessa . Possono essere di carattere pubblico o privato a seconda del soggetto che lo
sodddisfa.

1.2. I BENI E LA LORO UTILITÀ

Un bene è ciò che serve per soddisfare un bisogno. I beni sono molteplici, ma non tutti possono
essere ottenuti con la stessa facilità.

Caratteristiche di un bene economico:


Si dice bene economico a tutto ciò che ha un prezzo, e quando presenta le seguenti caratteristiche:
limitatezza, accessibilità, onerosità. (l’aria é un bene non economico, mentre il pane sì...)
Limitatezza: quando la quantità disponibile non è sufficiente per soddisfare tutti (l’oro).
Accessibilità: un bene è accessibile quando, pur con difficoltà, è possibile venirne in possesso
(benzina, é accessibile dai distributori, ma non dai pozzi, poiché non utilizzabile direttamente).
Onerosità: quando non si trova gratuitamente in natura, ma è necessario pagare un prezzo per
ottenerlo.

Classificazione dei beni economici:


- Materiali (tangibili in quanto composti di materia);
- Immateriali (non tangibili detti anche servizi);
- Beni di consumo (soddisfano direttamente un bisogno);
- Strumentali (necessari per la produzione);
- Beni durevoli (soddisfano più volte un bisogno);
- Beni semi durevoli;
- Non durevoli (soddisfano una volta sola);
- Complementari (occorrono più beni);
- Succedanei (bene sostitutivo).

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Utilità di un bene:
È la capacità di un bene di soddisfare un bisogno . L’utilità di un bene non è sempre la stessa ma
varia al mutare delle condizione, dei soggetti e delle circostanze in cui si trova.

Utilità marginale: è decrescente. Se si hanno più unità di un certo bene (più panini) , alle prime unità
consumate gli si attribuisce un’utilità maggiore la disponibilità di sostenere un costo maggiore.

1.3. LE FASI DELL’ATTIVITÀ ECONOMICA

L’attività economica è l’insieme delle operazioni compiute dai vari soggetti organizzati al fine di
procurarsi i beni necessari al soddisfacimento dei propri bisogni. L’attività economica si articola in
cinque fasi: produzione, scambio, consumo, risparmio,investimento.

Produzione:
È il processo mediante il quale si ottengono i beni necessari per soddisfare un bisogno. Comprende,
oltre alla trasformazione di materie prime, la prestazione di servizi (produzione diretta), la distribuzione
e la conservazione (produzione indiretta). L’insieme delle operazioni necessarie alla produzione
prende il nome di ciclo produttivo.
La funzione della produzione è quella d’instaurare un legame fra la quantità di fattori produttivi
impiegati (input) e il prodotto (output).
La produttività media di un fattore della produzione è data dal rapporto fra il prodotto totale e la
quantità di fattore utilizzato.
La produttività marginale è l’incremento registrato dal prodotto in corrispondenza dell’impiego di
un’unità aggiuntiva di fattore produttivo.
L’equilibrio dell’imprenditore corrisponde alla combinazione ottimale dei fattori produttivi.
Per produrre beni e servizi, l’imprenditore affronta dei costi. Il costo totale è la somma dei costi fissi
(che non variano al variare della quantità prodotta) e dei costi variabili (variano in funzione della
quantità prodotta). Il costo marginale è il costo di un’ulteriore unità di prodotto e quello medio invece è
il rapporto fra costo totale e la quantità prodotta.
All’aumentare del prezzo di un bene la sua quantità offerta aumenta. L’offerta è quindi in funzione
diretta del prezzo. A seconda della reazione possiamo distinguere se si tratta di un’offerta elastica,
rigida o neutrale (variazione della percentuale di quantità offerta diviso la variazione percentuale del
prezzo).
Il primo obiettivo di un imprenditore è quello di raggiungere il punto di pareggio (break-even point),
cioè il punto di equilibrio fra costi e ricavi, poiché da questo punto in poi si ottiene un profitto.
Il progresso tecnico è l’insieme della tecnologia che consente di introdurre nuovi metodi produttivi ,
nuove tecniche organizzative e di mercato.
La produttività è l’indice di efficienza di un’impresa. La produttività totale è il rapporto fra la produzione
totale e l’insieme dei fattori produttivi impiegati.
La produttività parziale è invece riferita al singolo fattore produttivo.
La produttività può essere aumentata tramite: migliorie a livello di organizzazione, nuovi investimenti,
maggiore efficienza del lavoro mediante una formazione del personale, incremento della flessibilità del
lavoro, ampliamento dei mercati di vendita, delocalizzazione.

Fattori produttivi: risorse naturali, il lavoro, il capitale e le infrastrutture.


Settori della produzione:
- Primario: agricoltura, allevamento, caccia e pesca, sfruttamento del sottosuolo. La popolazione attiva
nel primario in CH è meno del 4%.
- Secondario: edilizia, alimentari, siderurgico, elettronico, tessile, meccanico, chimico. Attività
industriali e artigianali che procedono alla trasformazione delle materie prime in beni di consumo.
La popolazione attiva nel secondario in CH è del 26%.
- Terziario: trasporto, spettacoli, finanza, turismo, commercio, assicurazioni. Questo settore cura gli
aspetti commerciali e amministrativi. La popolazione attiva nel terziario in CH è del 70%.
- Terziario avanzato: informatica , consulenza, nuovi media, telematica, pubblicità , biogenetica.

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Lo scambio:
Consiste nella cessione di un bene in cambio di una altro bene.

Lo scambio per baratto: caratterizza gli scambi nelle società primitive e consiste nel cedere beni in
cambio di altri beni che non siano moneta. Questa forma di scambio crea notevoli difficoltà in quanto
diventa difficile attribuire un valore al bene a scambiare, soprattutto se si tratta di un bene non
divisibile (cavallo da traino). Nella società evoluta il baratto non è più utilizzato, se non in casi
particolari. Nei paesi come l’Africa invece è una forma di scambio molto utilizzata.
Lo scambio con moneta: nelle società progredite, lo scambio avviene per lezzo della moneta.
Questo metodo di scambio permette lo scambio di tutti i beni con un unico bene generalmente
accettato.

Consumo, risparmio e investimento:


Il consumo: rappresenta l’atto con cui un bene viene utilizzato. Quando un bene è consumato per
produrre altri beni si dice bene strumentale.
Il risparmio: è quella parte di un bene che non viene consumata nel presente. Un accumulo di beni e
ricchezze al fine di utilizzarle in tempi più lontani.
Il risparmio è fondamentale per lo svolgimento dell’attività economica. Un soggetto che non risparmia
corre il rischio di non riuscire a far fronte ad eventuali imprevisto. Si possono risparmiare beni in
natura derivanti direttamente dalla produzione, col risparmio della moneta derivante dalla vendita di
beni prodotti o dal lavoro svolto.
L’investimento: è quella parte di risparmio impiegata dalle imprese nel processo produttivo al fine di
produrre nuove ricchezze. Si dice investimento, quando il risparmio viene impiegato in modo fruttiero
allo scopo di accrescere il valore iniziale del bene risparmiato. L’investimento può essere fatto in
capitale umano (formazione) o in capitale fisso o societario (macchinari per aumentare la produttività).
Collocazione del risparmio: processo finalizzato alla conservazione nel tempo della moneta
(acquisto di titoli).
Titoli: si dividono in azioni (quote di capitali e di società) e in obbligazioni (prestiti a stato e società).
L’interesse: è il compenso che viene corrisposto a chi presta denaro ed è calcolato in base alla
somma versata e ai tempi di rimborso.

1.4. I SOGGETTI DELL’ATTIVITÀ ECONOMICA NELLE SOCIETÀ MODERNE

Le famiglie: è un istituzione legalmente costituita, composta da una o più persone. Le famiglie, pur
partecipando a tutte le fasi dell’attività economica , vengono definite centri di consumo, in quanto il
consumo dei beni è la loro attività principale.
Il reddito di una famiglia dipende in gran parte dal salario o dallo stipendio recepito attraverso il lavoro
che prestano alle imprese. Consumano parte del loro guadagno attraverso lo scambio, che permette
loro di acquistare i beni necessari per il soddisfacimenti dei bisogni. Una seconda parte deve essere
versata allo stato sotto forma di tributi. Un ultima parte viene spesso investita in banca o attività
finanziarie che fanno fruttare i loro risparmi.
Il risparmio delle famiglie è molto importante per lo sviluppo economico, perché finanzia gli
investimenti. Questi risparmi possono essere impiegati in attività finanziarie (come titoli pubblici e
privati oppure depositi postali o bancari) o in beni reali (oro, gioielli, case…) o infine, in periodi
d’inflazione, in beni rifugio, ritenuti una difesa contro la perdita di valere della moneta.
Le variabili socio-economiche influiscono in modo sensibile sul consumo e sul risparmio
(composizione della famiglia, la professione dei suoi membri, il gruppo etnico di appartenenza…).
La legge di Engel: afferma che all’aumentare del reddito delle famiglie tende a diminuire la quota per
la spesa destinata all’acquisto di alimentari e aumenta invece la spesa per beni non essenziali.
Questo vale anche nel confronto fra paesi con diversi livelli di reddito.

Le imprese: sono definite centri di produzione, in quanto ad esse è affidato il compito di produrre i
beni di cui tutti necessitano.
Esistono varie teorie : teoria tradizionale (massimizzazione del profitto, che consiste nel rendere
massima la differenza fra costi e ricavi. Un remunero per l’azione organizzativa e per il rischio
d’impresa dell’imprenditore), teoria marginale (massimizzazione delle vendite e delle dimensioni

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dell’impresa che viene gestita da dirigenti che vengono stipendiati in base alla dimensione raggiunta
dall’impresa), la teoria dell’organizzazione secondo cui l’imprenditore mira a garantirsi una struttura
patrimoniale tale da assicurarne la crescita in situazioni di incertezza accontentandosi di un profitto
stabile nel tempo e senza mirare a massimizzarlo, la teoria della massimizzazione del valore di borsa
delle azioni secondo cui i dirigenti perseguono l’obiettivo di massimizzare sia le dimensioni
dell’impresa che il valore delle sue azioni.
Le funzioni dell’impresa moderna sono costituite da un insieme di centri operativi, i più importanti
sono: funzione produttiva (produzione dei beni e dei servizi), funzione commerciale (acquisto di fattori
produttivi e vendita dei prodotti), funzione ricerca e sviluppo (innovazioni di processo e di prodotto, per
migliorare le capacità competitive dell’impresa sul mercato), funzione amministrativa (controllo del
sistema economico-finanziario), funzione del personale (gestione delle risorse umane).
Tutti questi centri devono operare in stretta cooperazione per raggiungere gli obiettivi dell’impresa.
La politica industriale è costituita dall’insieme dei provvedimenti assunti dallo Stato per promuovere lo
sviluppo del sistema industriale. Questi sono: gli incentivi finanziari e fiscali; il mantenimento di
condizioni concorrenziali; il sostegno delle ricerca e della formazione professionale; la creazione di
infrastrutture pubbliche (al momento è in atto un processo di concentrazione industriale che consente
la realizzazione di economia di scala, più competenti ed efficienti.
I vari tipi d’impresa sono: l’impresa multinazionale (che pur avendo un'unica strategia di gestione,
svolge la sua attività produttiva in stati diversi, attraverso delle filiali collocate sovente nei paesi
sottosviluppati dove la mano d’opera a basso costa abbonda. Una filiale può aiutare lo sviluppo di
questi paesi, ma può anche arrecare danni, condizionando le politiche economiche degli stati
sottosviluppati); L’impresa cooperativa ( sviluppatasi verso la metà dell’ottocento, la cooperativa è
un’unione di più persone non allo scopo di profitto, ma per offrire beni e servizi a condizioni migliori di
quelle offerte dal mercato, godendo inoltre di vantaggi fiscali); le piccole medie imprese PMI ( Queste
industrie appoggiano spesso i colossi industriali. La concentrazione di molte PMI prende il nome di
distretto industriale. L’unione europea ha previsto diversi programmi d’aiuto per renderle più efficienti
ed in grado di affrontare la concorrenza industriale).
La distribuzione commerciale riguarda l’insieme delle attività che consentono il passaggio dei beni e
servizi dall’impresa produttrice ai consumatori.
L’impresa è inoltre in costante interazione con l’ambiente. L’ambiente è una risorsa importante che, se
rispettato, favorisce lo sviluppo economico. Non si tratta dunque di un vincolo dell’economia.
Economia di scala: sono i vantaggi concessi alla diminuzione del costo della singola unità di prodotto
ottenuta all’aumentare della dimensione degli impianti e del volume della produzione.
Le banche: Svolgono un attività fondamentale nella regolazione e nell’equilibrio dell’attività esercitata
da imprese e famiglie. La loro funzione principale è l’intermediazione, che consiste nel ricevere denaro
dai risparmiatori e prestarlo ai soggetti che ne fanno richiesta . Tra le sue molteplici funzione vi è
anche la creazione di moneta bancaria (assegni, bonifici, moneta elettronica…). La raccolta globale
dei risparmi presso le banche può invece appagare il bisogno di mezzi monetari dei vari soggetti
economici. Le banche sono anch’esse imprese, producono servizi e devono ottenere un profitto,
poiché chi riceve denaro in prestito lo deve restituire con gli interessi. Il profitto della banca consiste
nel chiedere interessi più alti rispetto a quelli che da al risparmiatore.
Lo Stato: l’operatore stato è costituito da tre soggetti: Stato, enti territoriali e altri enti centrali e locali.
Lo stato svolge le funzioni di produzione di servizi pubblici che il mercato non è in grado di fornire, di
redistribuzione del reddito e di intervenire per lo sviluppo.
Entrate dello stato: Imposte dirette o indirette, contributi sociali, entrate diverse. Le entrate finanziano
la spesa pubblica.
Uscite dello stato consumi collettivi, prestazioni sociali, interessi passivi, investimenti lordi, spese
diverse.
Compiti dello stato: secondo gli economisti classici i compiti erano molto limitati (stato gendarme,
difesa delle persone e dei beni). Dal secondo dopoguerra invece i suoi compiti sono aumentati,
soprattutto in campo economico (Welfare State o Stato sociale).
L’impresa pubblica appartiene allo Stato o ad un ente pubblico e prosegue fini d’interesse generale,
non mira al profitto se in attiva campo sociale. Mira invece al profitto se opera in un mercato di
concorrenza.
La politica economica: i suoi obiettivi sono lo sviluppo, la stabilità monetaria, la piena occupazione e
l’equilibrio del cambio. Questo avviene attraverso diverse leve, tra cui la politica industriale, quella
fiscale e quella monetaria.

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STATO POLITICA ECONOMICA

POLITICA INDUSTRIALE POLITICA FISCALE POLITICA MONETARIA

obiettivi: obiettivi: obiettivi:


• orientare lo sviluppo • assicurare la piena • combattere l’inflazione
industriale occupazione • stabilizzare il cambio
• creare le condizioni per lo • attuare la redistribuzione estero
sviluppo delle imprese dei redditi • favorire lo sviluppo
• stabilizzare l’economia

strumenti: strumenti: strumenti:


• sgravi fiscali • manovra delle entrate e • manovra del tasso di
• prestiti agevolati delle spese pubbliche riferimento
• interventi antitrust • operazioni di mercato
aperto

Il sistema liberista: Caratterizzato dalla libertà d’iniziativa, dalla proprietà privata dei mezzi di
produzione, dal non intervento dello stato in economia e dalle decisioni decentrate. I problemi
fondamentali (quali beni, come, per chi produrre) sono risolti dal mercato.
Il sistema collettivista: caratterizzato dall’abolizione della proprietà privata dei mezzi di produzione.
Tutto è in mano allo stato. Le decisione vengono prese da un organo centrale che pianifica l’intera
attività economica. I suoi pessimi risultati hanno indotto molti stati ad abbandonarlo.
Dai limiti del sistema collettivista e liberista venne elaborato il sistema di economia mista, che prevede
l’intervento dello pubblico a tutela di un mercato efficiente e di equi rapporti sociali.

Il deficit pubblico: spesso le entrate dello stato (imposte) non sono sufficienti per coprire le uscite
necessarie per pagare i costi sostenuti. Questa situazione determina il deficit pubblico.

La privatizzazione: per poter svolgere la propria funzione, lo stato si serve della concessione a
imprese private o di imprese pubbliche. Quest’ultime possono essere interamente di proprietà statale
oppure essere controllate dallo stato mediante partecipazione azionaria maggioritaria. Questo
fenomeno avviene perché lo stato ha necessità di denaro per risanare il proprio deficit mentre le
imprese private sono protese verso nuovi mercati e nuovi investimenti.

Il resto del mondo: è un’espressione con la quale si indicano tutti i soggetti economici esteri che
operano al di fuori del territorio nazionale.

1.5. I SISTEMI ECONOMICI: ORIGINI ED EVOLUZIONE

Il problema economico:
Definiti i soggetti e le fasi dell’attività economica, si pone il problema di come avviene la distribuzione
dei ruoli che i soggetti devono assumere all’interno di questa attività. La prima fase economica è la
produzione, ma chi deve produrre? Quanto, cosa e come deve produrre? Chi sono i destinatari dei
beni prodotti? Come si distribuisce il reddito prodotto dall’attività economica?
Questi interrogativi costituiscono il problema economico.

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Chi deve produrre: i soggetti sono normalmente le imprese, ma possono essere anche lo stato e le
famiglie. Questo dipende dal tipo di organizzazione economica scelta dall’assetto sociale esistente.
Cosa produrre: i beni di prima necessità o beni utili per soddisfare i bisogni secondari, beni di valore
o beni di largo consumo (a seconda della richiesta).
Come produrre: si può produrre utilizzando prevalentemente la forza lavoro, o attraverso l’utilizzo di
macchinari altamente tecnologici, a seconda del tipo di bene e dei costi da sostenere.
Per chi produrre: il problema della distribuzione è molto complesso. I beni possono essere distribuiti
in modo equo o solo da alcuni soggetti.

Il sistema economico:
È l’insieme delle norme e delle istituzioni che regolano l’attività economica e il comportamento dei vari
soggetti.

La preistoria: l’uomo primitivo aveva un’organizzazione economica molto semplice. Egli badava a se
stesso e alla propria famiglia procurandosi i beni di prima necessità in quantità sufficiente per la
sopravvivenza. In questo caso si tratta di un economia di sussistenza, dove chi produce consuma i
beni prodotti.
Con il sorgere della comunità, l’uomo avvertì la necessità di scambiare i propri beni con quelli di altri
soggetti. Nacquero così le prime forme di baratto soddisfando un numero maggiore di bisogni grazie
alla possibilità di usufruire di più tipologie di beni.

Le società schiaviste: già a partire dal 4000 a.C. con i Sumeri, per poi continuare con gli Egizi, i
Greci e i Romani, entrarono a far parte dell’attività economica gli schiavi, considerati fattori produttivi,
visto che non godevano di diritti e potevano essere venduti e comprati come semplice merce,
lavorando e producendo senza ottenere alcun guadagno ed era interamente di proprietà dei padroni.
A causa dell’appropriazione dei beni prodotti dagli schiavi da parte dei loro padroni si creò il
sovrappiù, che veniva utilizzato per soddisfare i bisogni personali dei più ricchi.

Il feudalismo: era il sistema economico diffuso in Europa nell’alto medioevo. Questo sistema era
costituito dai proprietari terrieri, dai nobili e dai contadini divisi in liberi e servi della gleba. Il
proprietario terriero, re o signore di una certa zona, affidava le propri terre a nobili, chiamati vassalli, in
cambio di favori, protezione e fedeltà. I vassalli erano nobili o lati esponenti della Chiesa con cui i
sovrani volevano mantenere buoni rapporti. Essi provvedevano a gestire le terre ricevute facendole
lavorare dai contadini ai quali lasciavano solo la parte di raccolto necessaria per la sopravvivenza. I
vassalli utilizzavano il rimanente per condurre una vita agiata, senza provvedere a nuovi investimenti.
Ci troviamo di fronte ad un sistema economico chiuso.La vita si svolgeva all’interno del feudo dove si
consumavano i beni prodotti. Gli scambi erano minimi e avvenivano con il sistema di baratto mentre la
moneta era poco utilizzata.
La società mercantile: dopo l’anno mille in Europa si avviò una ripresa degli scambi commerciali a
distanza che ebbe come centri l’Italia centro-settentrionale e le fiandre. La nascita delle repubbliche
marinare, i contatti economici e culturali con altri paesi, fecero emergere un nuovo soggetto
economico: il mercante. I mercanti viaggiavano verso le terre lontane, dove correndo dei rischi,
acquistavano merci (spezie, seta…) e le rivendevano nelle loro città a prezzi molto più alti. In Italia
crebbero anche le attività industriali (produzione dei panni di lana). I grandi mercanti che cercavano un
impiego fruttifero delle loro ricchezze, divennero anche industriali e banchieri.Successivamente le
scoperte geografiche dei portoghesi e degli spagnoli portarono ad un allargamento degli scambi a
tutto il mondo e a uno spostamento dell’attività di scambio dal Mar Mediterraneo all’Oceano Atlantico.Il
sistema economico della società mercantile, fondato, oltre che sulla sempre presente agricoltura, sul
commercio a distanza e l’artigianato, si concluse con la rivoluzione industriale che segnò l’inizio della
società capitalistica.
La società capitalistica: iniziò con la rivoluzione industriale, cioè con l’introduzione delle macchine
nella produzione, la creazione di fabbriche e lo spostamento di masse di lavoratori dalle campagne ai
centri di produzione situati in città.
Il capitale investito nell’acquisizione di nuovi macchinari tessili e di motori a vapore appena inventati e
la divisione del lavoro attuata nelle fabbriche furono la base del sistema economico capitalistico tipico

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di questo momento storico. A differenza di quanto avveniva precedentemente, il sovrappiù prodotto
venne utilizzato dagli imprenditori per in investimenti all’interno della loro attività, per accrescere la
produzione, aumentando le vendite e ottenere maggior profitto.In questo tipo di società lo Stato ebbe
un ruolo di appoggio dello sviluppo industriale nazionale e questo condusse le imprese e le banche a
buna corsa sfrenata verso il profitto, incuranti del benessere si tutta la collettività. Comparvero inoltre
nuove forme di povertà e di degrado ambientale che generarono insoddisfazione e conflitti sociali.Un
sistema per funzionare deve mantenersi in equilibrio e fare in modo che tutti i soggetti economici
possano trarre benefici dal lavoro svolto.
La società contemporanea: dal secondo dopoguerra in poi le continue scoperte scientifiche hanno
trasformato radicalmente tutte le fasi dell’attività economica. Se il mondo capitalistico ha visto lo
sviluppo del settore industriale, la società in cui stiamo vivendo può essere definita la società dei
servizi.Le innumerevoli innovazioni in campo elettronico hanno consentito un rapido sviluppo
dell’informatica. La produzione di prodotti innovatovi in concorrenza fra di loro e la possibilità di poter
utilizzare i nuovi mezzi di comunicazione ha sviluppato l’attività del marketing (pubblicità, promozione
delle vendite, sponsorizzazioni, ricerche di mercato) che assume un’importanza sempre maggiore
rispetto alla produzione. Siamo nell’era del terziario avanzato, ma lo sviluppo e il progresso sono
processi inarrestabili, dobbiamo prepararci a ulteriori cambiamenti a cui adeguare i nostri progetti e le
nostre abitudini.

1.6. I SISTEMI ECONOMICI MODERNI

Il sistema liberista:
Detto anche sistema capitalistico, dà ampia possibilità ai privati di organizzare liberamente la loro
attività. Esso è così caratterizzato:
- I mezzi di produzione sono di proprietà dei privati;
- l’iniziativa economica (cosa, quando e come produrre) è di competenza delle imprese private;
- l’intervento dello Stato si limita a garantire i servizi sociali senza interferire nell’attività economica
Il periodo storico: il sistema liberista trovò la sua massima espressione durante la rivoluzione
industriale. L’esodo rurale e le nuove invenzioni portarono alla nascita di numerose industrie. Le
nuove teorie economiche vedevano l’industria come fonte di sviluppo e ricchezza, a scapito della
vecchia e ormai superata attività agricola.

Adam Smith (1723-1790): divisione del lavoro e produttività. Fautore di una nuova teoria e padre del
sistema liberista. Nella sua opera più famosa. La ricchezza delle nazioni, Smith sostiene i vantaggi
dell’industria, che permette, tramite la divisione del lavoro, una maggiore produttività con un
conseguente aumento del profitto e una crescita del benessere per tutta la collettività. Smith sostiene
che, in un mercato efficiente, è il desiderio di guadagno dell’imprenditore a indurlo a soddisfare i clienti
e a spingere le nazioni verso la ricchezza, e attribuisce al nuovo sistema liberista in atto lo sviluppo
economico dell’Inghilterra in quegli anni. Smith sostiene anche che quando un soggetto, in gara con
tutti gli altri, persegue il suo interesse personale, avvantaggia automaticamente tutti, come se fosse
guidato da una benefica mano invisibile.

Vantaggi e svantaggi: questo sistema ha il vantaggio di incentivare e stimolare i privati a


intraprendere l’attività imprenditoriale, ma può creare problemi alla distribuzione della ricchezza. Infatti
avendo gli imprenditori la possibilità di decidere i salari, c’è il rischio che i lavoratori rimangano a un
salario di sussistenza, senza mai migliorare le loro condizioni di vita, nonostante lo sviluppo e la
ricchezza prodotta dal sistema economico.

Il sistema collettivista:
Questo sistema pone lo Stato al centro dell’attività economica, unico proprietario dei mezzi di
produzione. Si sviluppò come reazione allo sfruttamento dai lavoratori nelle fabbriche in
contrapposizione al sistema liberista. Nel secolo scorso, il sistema collettivista è stato sperimentato in
URSS, Europa Orientale, Cina, Corea del Nord, Vietnam e Cuba. Questi ultimi paesi si basano
ancora, almeno in parte, su tali principi.

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Karl Marx (1818-1883): la sua opera più famosa è Il Capitale, che contiene la sua critica al sistema
capitalistico. Egli sostiene che solo una parte della ricchezza prodotta dai lavoratori viene loro
distribuita tramite salario, mentre la parte più consistente viene trattenuta dagli imprenditori. Ciò
determina lo sfruttamento dei lavoratori.
La teoria del plusvalore: secondo Marx, il lavoro necessario alla reintegrazione del valore della forza-
lavoro assorbe solo una frazione dell’intera giornata lavorativa. Così, ad esempio, mentre la giornata
lavorativa è di otto ore, nell’equivalente pagato per l’uso giornaliero della forza lavoro, nel salario,
sono oggettivate solo cinque ore. Il lavoro svolto nelle rimanenti tre ore (pluslavoro) determina il
plusvalore di cui si appropria il capitale e rappresenta l’entità della sua valorizzazione. Il plusvalore è
per Marx l'unica fonte del profitto, la cui realizzazione ed accumulazione costituiscono il fine
essenziale del capitale.

Vantaggi e svantaggi: con il sistema collettivista, lo Stato si occupa di distribuire la ricchezza


equamente fra i vari soggetti. Tale sistema, però, non è incentivante né per i lavoratori, che qualunque
sia il loro impegno e la loro capacità, hanno garantito lo stesso salario, né per le imprese, che
essendo pubbliche e non avendo scopo di lucro, non sono incentivate a produrre nuova ricchezza.

Il sistema misto:
Come abbiamo potuto vedere, i due sistemi appena descritti, presentano dei vantaggi e degli
svantaggi. Così, in vari paesi, specialmente nei periodo di crisi, i governanti hanno sperimentato per le
loro economie un sistema misto che lasci spazio all’iniziativa privata, ma con uno Stato vigile e attivo
nel cercare di evitare forme si sopraffazione dei soggetti più deboli. Questo sistema è ora vigente in
quasi tutti i paesi del mondo, dove accanto alle libertà delle imprese private, è riconosciuta la
necessità dell’intervento pubblico.

John M. Keynes (1883-1946): può essere considerato il padre dell’economia moderna, in quanto
avvertì le difficoltà del sistema liberista e seppe proporre un correttivo a tale sistema. Egli suggerì un
intervento dello Stato mirante alla costruzione di opere infrastrutturali importanti per la collettività e per
l’esercizio dell’attività di impresa. Questo avrebbe prodotto nuova occupazione aumentando il
benessere sociale. Le sue teorie, oltre che in Europa, furono adottate dal presidente degli Stati Uniti
Roosevelt al fine di risanare la crisi del 1929.
Deficit spending: Keynes ritiene opportuno che lo Stato, durante le congiunture avverse, e in generale
per favorire la crescita, intervenga nell’economia, seppure ciò debba significare la chiusura del
bilancio in disavanzo.
Critica a Keynes: Il debito pubblico è costituito dalla somma del deficit di bilancio del periodo attuale
più gli interessi che si stanno pagando per i titoli emessi nei periodi precedenti allo scopo di finanziare
i precedenti deficit di bilancio. In altri termini, appare chiaro che, se anno dopo anno, il bilancio dello
Stato chiude sempre con un deficit, ossia le entrate (essenzialmente gettito fiscale) superano sempre
le uscite (spesa pubblica), alla fine viene a realizzarsi una situazione insostenibile, pari a quella di un
individuo che sistematicamente spenda più di quanto guadagni, quindi costretto ad indebitarsi con un
meccanismo a spirale. Lo Stato non potrà reggere in eterno questo meccanismo in quanto il debito
potrebbe arrivare ad eguagliare l’intero PIL e l’effetto spiazzamento sarebbe devastante. In simili
circostanze, si potrebbe giungere a soluzioni estremamente drastiche quanto impopolari, come
decidere di aumentare significativamente le tasse, o svalutare il debito pubblico, ossia rimborsare solo
una parte di esso.

Crisi del 1929:


La causa principale della crisi negli Stati Uniti fu una sovrapproduzione di beni che le famiglie, ridotte
ad una stato di povertà, non erano in grado di acquistare. Ci si trovò dunque in una situazione di
ristagno dell’intera economia. Le imprese, accortesi di essere in sovrapproduzione, iniziarono a ridurre
la loro attività licenziando il personale più costoso (uomini adulti) e facendo lavorare donne e bambini
fino a 14 ore al giorno a salari ridotti. Questo non fece che impoverire ulteriormente le famiglie e
cominciarono a diffondersi piaghe sociali come, malattie, alcolismo e mortalità infantile. Il tasso di
disoccupazione balzò dal 3.2% del 1929 a quasi il 25% del 1933, perciò un lavoratore su quattro era
senza impiego. Le imprese, per vendere i loro prodotti, dovettero abbassare i prezzi e di conseguenza
anche i salari, innescando un meccanismo di continua riduzione dei prezzi che prese il nome di
deflazione. La deflazione portò non pochi problemi all’intero sistema economico. Le imprese come
pure le banche andarono in fallimento, dando così alla crisi proporzioni gigantesche. Il potere
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decisionale era in mano a privati e le entrate tributarie diminuirono a causa delle minori entrate delle
imprese. La situazione cominciò a migliorare solo con l’elezione del presidente Franklin D. Roosevelt,
che intervenne con una serie di provvedimenti finalizzati al controllo dell’attività bancaria e
imprenditoriale, al rialzo dei prezzi dei prodotti agricoli e quindi al rialzo dei salari. Alla costruzione di
opere pubbliche, per generare nuovi posti di lavoro e con l’intervento dello Stato nell’economia sotto
forma di vigile che, attraverso l’aiuto di tutti i soggetti economici, favorisce il progresso, lo sviluppo, la
crescita e il benessere di tutta la collettività.

2. IL MERCATO
2.1. LA LEGGE DI MERCATO

Il mercato:
Dal punto di vista economico, il mercato è l’insieme delle contrattazioni tra tutti i compratori e tutti i
venditori di uno stesso bene.

La legge della domanda:


Chi vuole acquistare un bene lo domanda (persona singola, commercianti, imprese…). Ogni prodotto
ha la sua domanda. Alcuni beni sono molto richiesti, altri meno. Alcuni sono richiesti solo in certi
periodi dell’anno (natale) e altri solo da particolari soggetti (lo snowboard).
La domanda di un bene è la quantità di quel bene che si è disposti ad acquistare a un certo prezzo, in
un dato tempo, in un dato mercato. La quantità di beni che viene domandata diminuisce quando
aumenta il prezzo dei beni.
La domanda può essere influenzata da:
- Il prezzo (lui stesso influenzato dalla richiesta);
- I gusti dei consumatori;
- La moda (può avere un forte impatto sulle persone e può diventare un elemento determinante, un
bene di moda, sebbene non di primissima qualità, può costare di più di altri equivalenti);
- La pubblicità (siamo disposti a spendere di più per il semplice motivo che un prodotto ci pare più
familiare di un altro).

La curva della domanda:


L’elasticità della domanda: vi sono beni (non di prima necessità) la cui domanda reagisce in modo
più sensibile. I questo caso si parla di domanda elastica, ossia molto sensibile al variare dei prezzi. Vi
sono altri invece, ossia quelli di prima necessità che anche in caso di aumento dei prezzi non
farebbero registrare un considerevole calo alla domanda. I questo caso si parla di domanda rigida,
ossia poco incline al cambiamento in caso di variazione dei prezzi.
La legge dell’offerta: l’offerta riguarda i venditori che mettono a disposizione i loro beni sul mercato.
L’offerta di un bene è la quantità di quel bene che un soggetto è disposto a vendere a un certo prezzo,
in un dato tempo, in un dato mercato. La quantità di beni offerta aumenta con l’aumentare del prezzo
dei beni.
La curva dell’offerta: avremo una curva crescente, cioè inclinata verso destra, che mette in evidenza
l’aumentare dell’offerta dei beni all’aumentare dei prezzi. Anche la curva dell’offerta può essere
elastica o rigida. L’offerta di lungo periodo è più elastica di quella a breve periodo.
Il prezzo: il prezzo a cui i venditori decidono di vedere i loro prodotti, viene chiamato prezzo di
vendita. Il prezzo di un bene dovrà essere superiore ai suoi costi di produzione per determinare un
profitto all’imprenditore.
Il prezzo di equilibrio: le imprese per decidere il prezzo di vendita devono tener conto della legge del
mercato. Se i consumatori giudicano i prezzi dei beni troppo alti non li acquisteranno e i venditori, se
vogliono vendere i loro prodotti saranno costretti ad abbassare i prezzo a scapito del loro profitto.
Rappresentazione grafica del prezzo di equilibrio: la legge di mercato viene rappresentata
disegnando in un unico grafico cartesiano la curva della domanda e dell’offerta. Le due curve
s’incontrano in un punto, il punto d’equilibrio. Questo punto è importante perché se i venditori
offriranno i loro prodotti a quel prezzo riusciranno a vendere tutta la merce.

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2.2 I VARI TIPI DI MERCATO

Il prezzo di mercato in economia coincide con il prezzo di equilibrio.

La libera concorrenza (o concorrenza perfetta):


Il prezzo è dato dall’incontro della domanda e dall’offerta e i soggetti economici non possono influire
sulla formazione. Le imprese che non riescono ad ottenere un profitto vendendo al prezzo di mercato,
hanno solo due possibilità: abbassare i costi di produzione oppure cessare la loro attività. Non
possono aumentare i prezzi altrimenti i consumatori si rivolgerebbero altrove.
Le condizioni della libera concorrenza: i beni di consumo devono essere offerti da molti soggetti; i
prodotti devono essere omogenei (difficile nella realtà poiché le imprese tendono a differenziare i loro
prodotti); il mercato deve essere trasparente (il prezzo è sempre all’equilibrio); lo Stato non deve
intervenire nell’attività economica.
La libera concorrenza premia l’efficienza imprenditoriale. Attualmente è più facile trovare una
concorrenza imperfetta, che rispetta solo la pluralità degli offerenti.
Concorrenza imperfetta (o concorrenza monopolistica):
Ha caratteristiche simili alla libera concorrenza, ma è caratterizzata dalla diversificazione dei prodotti,
che può influire sul prezzo. È oggigiorno la forma di mercato più diffusa.
Spot pubblicitario: è un messaggio pubblicitario trasmesso frequentemente in un breve periodo.
Campagna pubblicitaria: è un insieme di messaggi trasmessi per un periodo più lungo.
Il monopolio:
Si ha un monopolio quando l’offerta è concentrata nelle mani di un unico soggetto. Questo mercato è
l’unico che può decidere il prezzo e i consumatori hanno due possibilità: o accettano il prezzo oppure
rinunciano all’acquisto.
Tipi di monopolio:
Il monopolio di fatto: si viene a creare quando tutte le imprese che offrono un dato prodotto, eccetto
una, si ritirano dal mercato perché inefficienti, o perché assorbite da una società concorrente più
grande.
Il monopolio naturale: si verifica per i servizi e quelle opere molto costose (illuminazione pubblici,
autostrade, ecc.). E’ vantaggioso per tutti, e quindi preferibile, che i servizi siano offerti da una sola
impresa specializzata.

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Il monopolio fiscale (o legale): deriva non da strapotere economico ma da un privilegio che lo Stato si
riserva per legge allo scopo di incrementare le proprie entrate. Lo Stato decide di essere l’unico
offerente di certi tipi di beni (tabacchi lotterie) che vende ad un prezzo molto superiore ai costi di
produzione, ottenendo un introito che utilizza per offrire i servizi alla collettività.
L’oligopolio:
Ha una forma di mercato intermedia tra la concorrenza e il monopolio. E’ caratterizzato dall’offerta di
un bene da parte di un limitato numero di soggetti. Le imprese sono costrette a tener conto delle
mosse dell’avversario (interazione strategica). Esistono però altri modi con i quali le imprese regolano
i loro rapporti.
I cartelli: le imprese cessano di farsi concorrenza e si accordano sul prezzo di vendita dei prodotto
oppure accordandosi sul prodotto totale che massimizza i profitti per poi spartirli fra loro. Questi
accordi possono essere scritti, ma anche taciti.
Antitrust: è l’autorità che sorveglia il mercato per evitare che si verifichino situazioni di oligopolio tali
da danneggiare l’economia e i consumatori. Può impedire le fusioni delle grandi società.

2.3 IL MERCATO DEL LAVORO

La domanda e l’offerta di lavoro:


Il mercato del lavoro funziona come un qualsiasi mercato di beni. Il bene è il lavoro; il prezzo è il
salario; la qualità è il numero di lavoratori che le imprese sono disposte ad assumere in un dato tempo
a un certo salario; l’offerta è il numero di lavoratori disposti a offrire le loro prestazioni in un dato
momento a un certo salario.
I sindacati: sono associazioni di lavoratori sorte in difesa dei diritti del lavoro e dei soggetti lavorativi
più deboli.

Il ruolo dei sindacati: al tempo della rivoluzione industriale, le condizioni precarie in cui operavano i
lavoratori li spinsero a riunirsi in associazioni. Le prime associazioni sindacali nacquero in F e in GB
nel 1750, ma furono legalizzate solo verso la fine dell’Ottocento.

L’organizzazione del lavoro nel corso della storia:


Società antiche: al tempo delle società schiaviste, il lavoro fu prevalentemente agricolo e finalizzato
alla costruzione di grandi opere. Si trattava di lavoro pesante, svolto senza l’ausilio delle macchine,
tutto fondato sulla forza fisica.Questo lavoro non poteva essere l’ambizione di un uomo libero, dunque
faceva fare sti lavori agli schiavi.

Il medioevo a la società mercantile: cominciarono a diffondersi e ad acquistare nuova dignità attività


come l’artigianato, la minifattura e (specialmente in paesi collocati in posizioni geografiche
vantaggiose) il commercio di lunga distanza. Il lavoro non fu più considerato, come nel mondo antico,
un’attività per schiavi, ma assunse un novo valore (non più unicamente affare degli schiavi). Le
invenzioni di macchinari (per es. l’idraulica per la macinazione del grano) favorirono la nascita delle
botteghe artigianali. Questo tipo di attività coinvolge solitamente un maestro e i suoi discepoli (non
retribuiti).

La società industriale: agricoltura, artigianato e commercio caratterizzarono l’attività lavorativa per


molti secoli, fino al 1750 (rivoluzione industriale) che comportò una rivoluzione dell’organizzazione del
lavoro. Nacque la divisione del lavoro (attribuzione di un compito specializzato ad ogni lavoratore).
Frederick Taylor (1856-1915): ingegnere e imprenditore statunitense sosteneva che il processo
lavorativo doveva essere diviso in tante semplici operazioni. Bisognava dunque addestrare i lavoratori,
responsabilizzarli mantenendo sotto controllo l’efficienza del lavoratore per retribuirlo a cottimo. La
sua teoria prese il nome di Taylorismo.

La società contemporanea: dal secondo dopoguerra ad oggi l’organizzazione del lavoro tiene conto
anche degli aspetti umani. Se un essere umano si sente realizzato nel suo lavoro, a proprio agio con
l’ambiente in cui opera e con le persone con le quali collabora, fornisce migliori prestazioni rendendo
maggiormente all’azienda. La teoria per l’organizzazione del lavoro in questa società si può
riassumere in: “l’uomo giusto al posto giusto”.

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2.4. LA DISOCCUPAZIONE

È la situazione in cui si trovano le persone in età lavorativa, che pur avendo intenzione di lavorare non
hanno al momento un impiego.

Misura della disoccupazione:

Tasso di disoccupazione = n° di disoccupati


Forza lavoro (pop. attiva)
Tasso di occupazione = n° occupati
Popolazione
Tasso di attività = Forza lavoro
Popolazione

I costi della disoccupazione sono:


• Economici: perdita di prodotto per l’intera economia (↓ PIL). Lo Stato paga indennità
disoccupazione, riceve minor gettito fiscale dalle imprese e dai lavoratori dipendenti.
• Sociali: relazione positiva tra criminalità e disoccupazione.
• Politici: pericoli per le istituzioni politiche => democrazia => equa distribuzione del reddito.

La disoccupazione fisiologica o frizionale: non è un problema. É costante ed è dovuta alle


imperfezioni del mercato del lavoro. In ogni momento esiste sempre qualcuno che cerca occupazione.
Questo tipo di disoccupazione dovrebbe attestarsi introno al 3% dell’offerta di lavoro, non è causa di
preoccupazione, anzi, stimola i cambiamenti e rinnova il mercato del lavoro (studenti che finiscono,
gente che trasloca, ecc.).

La disoccupazione ciclica o congiunturale: è quella causata dai grandi cicli economici. Ogni ciclo si
svolge in quattro fasi: espansione, crisi, recessione, ripresa.

Espansione: vi è un aumento continuo di produzione, nuovi prodotti e nuove imprese aumentano il


reddito dei lavoratori consumatori che trovano facilmente occupazione favorendo una crescita della
domanda.
Crisi: inizia con l’arresto della crescita. Le risorse esistenti non sono più in grado di sviluppare
ulteriormente il benessere economico, hanno raggiunto il massimo e vanno rinnovate. Bisogna
dunque pensare a dei miglioramenti, a delle innovazioni e a delle soluzioni alternative per ristabilire
l’economia che intanto entra nella fase di recessione.
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Recessione: la produzione diminuisce, le imprese non investono, non si sviluppano, riducono il
personale e la disoccupazione raggiunge valori preoccupanti.
Ripresa: le nuove tecnologie cominciano ad essere efficaci e a dare i primi risultati, l’economia
riprende a crescere dando vita ad una nuova fase di espansione.

La disoccupazione ciclica: è quella che si presenta durante la fase di recessione. Bisogna


accelerare il processo di ripresa . Lo stato può intervenire favorendo le imprese con una minor
pressione fiscale, con finanziamenti diretti, che consentono loro assunzioni a costi più accessibili, in
modo che non riducano la produzione e la domanda di lavoro, con sgravi fiscali alle famiglie meno
abbienti e sussidi in modo che esse non diminuiscano la domanda di beni.

La disoccupazione strutturale: è quella che riguarda la crisi in un determinato settore


(disoccupazione contadina…). Questo tipo di disoccupazione va risolta con l’introduzione di corsi di
formazione che addestrino e preparino i lavoratori a compiere altre mansioni. Nel corso della storia
molti lavoratori, soprattutto di tipo artigianale, sono venuti meno e chi praticava questi lavori ha dovuto
adattarsi e svolgere altre attività.

La disoccupazione tecnologica: è dovuta all’inserimento nel processo produttivo di macchinari che


sostituiscono l’uomo nello svolgimento di alcune mansioni. Questo tipo di disoccupazione può essere
ridotto facendo nascere nuove figure occupazionali non esistenti prima.

La disoccupazione da costo del lavoro: è data dall’impossibilità, da parte delle imprese, di


adeguare i propri salari al mercato. Se le imprese sono costrette da leggi a non diminuire i salari al di
sotto di un certo livello, probabilmente reagiranno riducendo la domanda di lavoro. Il costo che le
imprese devono sostenere per i propri dipendenti è molto elevato a causa nono dei salari e ma dei
contributi sociali al 50%. Ciò determina l’aumento del lavoro in nero. Dal punto di vista dell’intera
economia, domanda e offerta di lavoro vengono influenzate da elementi esterni che disturbano
l’equilibrio di mercato.

Working poor: sono le persone attive che vivono in condizioni di povertà in seguito ad un reddito
troppo basso. In Svizzera la soglia di povertà ufficiale per una persona che vive da sola è fissata a
2'490 franchi al mese, dopo deduzione delle imposte e dei contributi sociali. Per una coppia con due
figli la soglia è di 4'603 franchi. In queste situazioni deve dunque intervenire l'aiuto sociale. Secondo
l'ufficio federale di statistica, in Svizzera nel 2008 circa 150'000 persone appartengono alla categoria
dei working poor. Tra i settori in cui i salari sono tradizionalmente bassi, figurano: il commercio al
dettaglio, la ristorazione, l'edilizia, l'agricoltura e le pulizie. Più a rischio sono le famiglie monoparentali,
le famiglie con tre o più figli, gli stranieri provenienti da paesi non membri dell'Unione Europea, le
persone la cui formazione si ferma alle scuole dell'obbligo, i lavoratori indipendenti senza collaboratori
e le persone con un contratto di lavoro a durata determinata.

Rimedi contro la disoccupazione:


• Aumento della domanda globale => investimenti pubblici.
• Incentivi alle imprese => agevolazioni fiscali.
• Formazione professionale.
• Interventi nel mercato del lavoro => imprese-sindacati.
• Collocamento e orientamento.

2.5. IL MARKETING

Il marketing è l’insieme delle tecniche usate dalle imprese per esplorare il mercato, per adeguare i
propri prodotti alle richieste dei segmenti di mercato individuali con grande precisione, per far
raggiungere il prodotto al cliente.
Il marketing-mix può essere definito come la combinazione delle variabili di marketing che l’impresa
utilizza al fine di raggiungere gli obiettivi prefissati nell’ambito del proprio mercato obiettivo (mercato
target).
La classificazione più conosciuta delle variabili del marketing mix sono definite le “quattro P”:
1. Pubblicità (compresa le promozioni e le pubbliche relazioni);

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2. Prezzo (prezzo di listino, sconti, termini e condizioni di pagamento);
3. Punto vendita (distribuzione, canali, scorte, trasporti);
4. Prodotto (qualità, caratteristiche, stile, marca, confezione, servizio, garanzie).
Un dato marketing-mix può essere prescelto fra un gran numero di possibili combinazioni, tenendo
conto del fatto che non tutte possono essere modificate nel breve periodo. Generalmente, un’impresa
può modificare i prezzi, accrescere il numero dei venditori e aumentare le spese in azioni promozionali
a breve termine. Lo sviluppo di nuovi prodotti o la modifica strutturale dei canali distributivi, invece,
richiedono tempi più lunghi di attuazione.

3. LA MONETA
3.1. STORIA DELLA MONETA

Il primo sistema di pagamento fu il baratto. Dal baratto si sviluppò la menta-merce. La moneta merce
più comune fu il bestiame che era da tutti considerato un bene utile e sinonimo di ricchezza.

La moneta metallica: intorno al 2000 a.C. con lo sviluppo della lavorazione dei metalli, diverse
comunità si resero conto dei vantaggi della moneta metallica. Questa, a differenza di latri tipi di merci,
non si deteriorava ed era facilmente trasportabile e divisibile. Le prime tacce risalgono alla civiltà
dell’antica Mesopotamia. Con la moneta metallica nacquero anche le prime forme di credito, di prestiti
e così la prima forma di interesse.
Le monete coniate: nascono nell’antica Grecia. Il conio veniva prodotto dal sovrano e le monete erano
accettate in tutto il suo territorio. Con i romani la moneta assunse una notevole importanza e nacquero
inoltre le prime banche.

La moneta cartacea: si passo a questo tipo di moneta a causa della continua crescita delle attività
economiche e dei molteplici difetti della moneta metallica (scarsità di metalli preziosi in natura, le
difficoltà nei trasferimenti di ingenti somme). I primi biglietti vennero emessi nel 1694 dalla Banca
d’Inghilterra e divennero legali nel 1697. Questo tipo di moneta è notevolmente più maneggevole e
meno pesante e può contenere importi più elevati.
Corso legale: quando la moneta deve essere accettata per legge come mezzo di pagamento.
Corso forzoso: è un regime di circolazione monetaria in cui ad essere posta come mezzo di
pagamento è una moneta priva di valore intrinseco e non convertibile in oro.
La moneta cartacea emessa dalle Banche centrali nazionali, comprende, oltre alle banconote, anche
la moneta fiduciaria, come le cambiale e gli assegni che svolgono una funzione importante nella
gestione del credito e nella regolamentazione degli scambi.

La moneta elettronica o scritturale: grazie alle innovazioni in campo informatico, elettronico e delle
telecomunicazioni, i trasferimenti possono fare a meno della carta e di qualsiasi altro supporto
materiale. Bastano degli impulsi elettrici per spostare istantaneamente valori monetari da un soggetto
all’altro in qualsiasi parte del mondo, eliminando e rischi di furti, di smarrimenti e le difficoltà di
trasporto.

3.2. LA MONETA NELL’ATTUALE SISTEMA BANCARIO

È moneta qualsiasi bene accettato da tutti come mezzo di pagamento.

La moneta e le sue funzioni:


Vi sono tre funzioni principali: la funzione di mezzo di scambio (che consente di effettuare tutti gli
scambi necessari al commercio nazionale e internazionale), la funzione di misura di valore (attraverso
l’attribuzione dei prezzi espressi in moneta è possibile determinare e confrontare tra di loro e valori dei
beni) e la funzione i riserva di valore (la moneta conserva il suo valore nominale nel tempo non si
deteriora e , depositata in banca, può anche assumere un proprio valore, favorendo il risparmio e
l’impiego a distanza di molti anni)

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Il valore della moneta:
Il valore nominale o legale, è quello scritto sulla moneta dall’istituto di emissione della banconota . Il
valore nominale è quindi facilmente riconoscibile da tutti e non varia nel tempo.
Il valore reale: al valore nominale si contrappone il valore reale. Che indica quanto effettivamente si
può ottenere con una certa quantità di moneta. Il valore reale è dato dal potere d’acquisto della
moneta e varia col passare del tempo e col modificarsi delle condizioni di mercato.
Il valore intrinseco: è il valore del bene che compone la moneta. Una moneta cartacea, come un
biglietto da 10 o da 1’000 franchi, ha un valore intrinseco pari al costo per produrlo (in media 30
centesimi di franco), vale a dire pari al costo degli inchiostri, della stampa, del trasporto dalla zecca
alla banca, dei diritti sul sistema anti-falsificazione, ecc. Una moneta metallica, come la moneta da 1
franco, ha un valore intrinseco pari al costo per coniarla.

La politica monetaria della Banca centrale:


La funzione della Banca centrale non consiste soltanto nello stampare moneta ma anche nel
controllare che ci sia un equilibrio sul mercato monetario, in modo che la quantità di moneta richiesta
dagli operatori economici per il loro risparmi e consumi sia uguale a quella offerta dal sistema
bancario. Affinché possa essere garantito tale equilibrio, la Banca Centrale Europea (BCE, con sede a
Francoforte, in Germania) dà delle direttive che vengono messe in atto dalle Banche centrali nazionali
(Zona Euro) attraverso l’utilizzo dei seguenti strumenti di politica monetaria. In Svizzera tale compito
viene svolto dalla Banca Nazionale Svizzera (BNS con dipartimenti a Berna e a Zurigo). Negli Stati
Uniti la Banca centrale è la Federal Reserve (FED con sede a Washington DC)

Modifica dei tassi d’interesse sui finanziamenti a breve termine: Il tasso d’interesse che deve
pagare chi riceve un prestito dalla banca è pilotato dalla Banca centrale. Se i tassi vengono ridotti,
normalmente più soggetti chiederanno prestiti e più moneta circolerà nel sistema (apportando benefici
all’intero sistema economico). Un aumento dei tassi produrrà un effetto opposto, “raffreddando”
l’economia.

Operazioni di mercato aperto: tramite queste operazioni la Banche centrali acquistano e vendono
titoli. Attraverso l’acquisto mettono moneta nel sistema economico, in caso di vendita ritirano moneta
riducendone la quantità in circolazione.

Modifica del coefficiente di riserva obbligatoria delle banche ordinarie: le Banche ordinarie non
possono impiegare tutto il denaro raccolto dai risparmiatori, ma per esigenze di sicurezza, sono
obbligate dalle Banche centrali a tenere una parte in riserva. Più ingente è l’accumulo di questa
somma, meno denaro sarà disponibile per gli operatori economici.

La Banca centrale può, a dipendenza se c’è troppa moneta in circolazione (rischio d’inflazione) o poca
moneta in circolazione (rischio di deflazione), può attuare una politica restrittiva o espansiva.

Politica monetaria restrittiva: se c’è il rischio d’inflazione la Banca centrale può regolare la massa
monetaria in circolazione finalizzando la riduzione dell’offerta di moneta (vendendo dei titoli sul
mercato, innalzando i limiti di riserva obbligatori,aumento dei tassi d’interesse). Questa politica viene
utilizzata quando la Banca centrale si accorge che la mancanza di moneta frena gli scambi, riduce i
consumi e intralcia l’attività delle imprese.

Politica monetaria espansiva: se c’è il rischio di deflazione la Banca centrale attua una politica
monetaria finalizzata ad un’espansione dell’offerta di moneta (acquisto dei titoli sul mercato, riduzione,
dei limiti di riserva obbligatoria, riduzione dei tassi d’interesse).

3.3. I MEZZI DI PAGAMENTO

La moneta legale:
Costituita dalla moneta metallica e dalle banconote emesse dalle Banche centrali, sarà probabilmente
utilizzata in futuro solo per le piccole spese quotidiane, poiché tutti i negozi e i grandi magazzini

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saranno forniti di apparecchiature elettroniche che consentiranno l’utilizzo delle tessere magnetiche
per l’acquisto di ogni tipo di bene e per qualsiasi importo.

La moneta fiduciaria:
La moneta fiduciaria o bancaria è la moneta messa a disposizione dalle banche in forma di assegni,
giroconti e bonifici. L’addebito el’accredito corrispondono rispettivamente al prelevamento e al
versamento in c/c di un certo importo.

Assegno circolare: è un titolo emesso da una banca sul quale viene indicato l’importo, il nome del
beneficiario e l’impegno da parte della banca emittente a pagare la somma indicata a chiunque
presenti il titolo presso gli sportelli bancari. Il titolo ottenuto potrà essere utilizzato per qualunque
pagamento.

Assegno bancario: è un titolo emesso dal titolare di un c/c bancario o correntista a ciò autorizzato
dalla banca. Su richiesta del cliente le banche rilasciano un carnet di assegni (blocchetto da dieci
assegni) utilizzabili come mezzo di pagamento. Ogni volta che si firma un assegno bisogna accertarsi
di disporre della somma sufficiente a garantire il pagamento dell’assegno, altrimenti il traente (colui
che firma un assegno cambiale) potrà essere sanzionato per “emissione a vuoto”.

Giroconto e bonifico: i giroconti e i bonifici bancari sono molto utilizzati per i pagamenti a distanza
fra correntisti. Si utilizza il giroconto quando due soggetti economici hanno il c/c nella stessa banca
(chi deve effettuare un pagamenti procederà con un addebito al proprio c/c bancario). Se i soggetti
economici sono di banche diverse, l’operazione di trasferimento di fondi dal conto del debitore a quelli
del creditore viene denominata bonifico. Questi mezzi di pagamento sono molto utilizzati nei rapporti
commerciali e soprattutto per i pagamenti degli stipendi da parte delle imprese ai propri dipendenti.

Le cambiali:
Sono uno strumento di pagamento differito. Costituiscono una promessa o un ordine di pagare una
data somma a una scadenza indicata. Esistono due tipi di cambiali.

Il pagherò: è una cambiale firmata dal debitore che promette al creditore di pagargli una certa somma
a una data scadenza (è di fondamentale importanza l’indicazione nello spazio apposito d quando
dovrà essere saldato il debito).
La tratta: è firmata dal creditore che ordina al suo debitore di pagargli una somma di denaro ad una
data scadenza.
Entrambe servono per i pagamenti dilazionati. Le cambiali si compilano su appositi moduli prestampati
in vendita presso le rivendite di valori bollati. Acquistandoli si paga anche l’imposta di bollo che grava
sulle cambiali. Le cambiali sono utilizzate nel caso che il debitore no abbia la disponibilità immediata
della somma.
Il protesto: è l’accertamento da parte dell’ufficiale giudiziario del mancato pagamento ad una
cambiale. Esso comporta al debitore un pignoramento e la vendita all’asta di parte dei suoi beni fino a
che non si sia riscossa una somma sufficiente a estinguere il suo debito.

Bancomat e carta di credito:


Il bancomat: è una tessera magnetica concessa al titolare di un conto corrente su sua richiesta. Essa
consente al correntista di utilizzare il denaro depositato sul conto prelevandolo da tutti gli sportelli
automatici bancomat di qualunque banca.
La carta di credito: è una tessera simile al bancomat ma con funzioni diverse e maggiori possibilità di
utilizzo. Essa rappresenta il credito concesso dalla banca: nel momento che si effettuano dei
pagamenti presso punti vendita, i negozianti vengono pagati direttamente, al netto di una
commissione, dall’istituto di credito che solo suca economiacessivamente chiederà il rimborso senza
interessi al suo cliente titolare della carta.

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3.4. L’INFLAZIONE

L’inflazione è l’aumento continuo e generalizzato dei prezzi ossia, in altre parole, la continua perdita di
valore della moneta.

La misurazione dell’inflazione:
Per poter misurare l’inflazione esistente in un paese in dato periodo sono stati elaborati degli indici dei
prezzi, che esperimono, in percentuale, l’andamento dei prezzi di beni ritenuto significativi per la loro
utilità e il loro grado di utilizzo nell’economia. In Italia ISTAT (istituto nazionale di statistica).

Indici dei prezzi alla produzione dei prodotti industriali: misura come sono variati i prezzi delle
materie prime e dei beni scambiati fra imprese produttrici e grossiste.

Indice dei prezzi praticati dai grossisti: misura le variazioni dei che hanno luogo nelle transizioni in
cui i grossisti sono i venditori. Fornisci informazioni sulla responsabilità dei costi di intermediazione
negli aumenti dei prezzi.

Indice dei prezzi al consumo: questo indice tiene in considerazione i prezzi dei beni pagati dai
consumatori al momento degli acquisti.

Indice dei prezzi al consumo armonizzati a livello europeo: nato nel 1997 fornisce una valutazione
dell’inflazione in ambito comunitario. Una crescita evidente d tutti gli indicatori evidenzia sicuramente
l’esistenza d’inflazione in quella data economia.

Gli effetti dell’inflazione sull’economia:


Gli effetti sulla distribuzione del reddito: l’inflazione crea degli effetti negativi sulla distribuzione del
reddito in quanto favorisce coloro i quali svolgono un’attività autonoma a scapito dei lavoratori
dipendenti. I lavoratori autonomi (medici, avvocati, notai, ecc.) possono decidere di adeguare i loro
compensi all’aumento del costo della vita, mentre i lavoratori dipendenti e i pensionati, che hanno una
retribuzione fissa legata ai contratti nazionali stipulati periodicamente, subiscono l’aumento dei prezzi
senza poter adeguare i loro guadagni. Per compensare questi effetti, fino al 1991 fu in vigore la
cosiddetta scala mobile: un meccanismo attraverso il quale le retribuzioni dei lavoratori venivano
periodicamente adeguate alle variazioni del costo della vita. Questo meccanismo fu abolito in quanto
gli imprenditori, per essere certi di mantenere inalterati i profitti, scaricavano gli aumenti dei salari sui
prezzi di vendita dei prodotti, innescando in processo inflazionistico inarrestabile.

Effetti sul credito: i creditori sono svantaggiati dall’inflazione in quanto, se la moneta subisce nel
tempo una diminuzione del suo potere d’acquisto, al momento della scadenza del credito sarà loro
rimborsato un importo di eguale valore nominale ma di valore reale inferiore.

Effetti sulla politica fiscale: l’inflazione ha effetti negativi anche per i contribuenti quando l’imposta
sul reddito è fortemente progressiva (l’aliquota d’imposta aumenta all’aumentare dei redditi dichiarati).
Questo meccanismo è equo quando le maggiori entrate redittuali sono reali, ossia esprimono un
effettivo arricchimento del contribuente ma, in caso d’inflazione, l’aumento di stipendio è solo
nominale e il conseguente innalzamento dell’aliquota fiscale non trova giustificazione in quanto non si
è verificato un aumento reale del reddito.

Effetti sul commercio estero: nel campo dei rapporti economici internazionali, se il cambio delle
valute non è fisso, l’inflazione provoca svalutazione (significa perdita di valore di una valuta nei
confronti delle altre). Ciò significa che i beni nazionali costano meno se espressi in valuta estera. Ciò
comporta vantaggi e svantaggi agli importatori. L’aumento dei prezzi di valuta nazionale dei beni
intermedi importati può innescare una spirale dei prezzi.

L’inflazione può essere causata da un eccesso di domanda o da un aumento dei costi dei fattori
produttivi.

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L’inflazione da domanda:
Sorge quando l’aumento del prezzo dei beni e dei servizi dipende da un eccesso della domanda
globale sull’offerta. La domanda globale è costituita dalla domanda di beni di consumo, dalla domanda
di beni d’investimento delle imprese e dalla spesa pubblica (l’insieme delle spese effettuate dallo Stato
per provvedere ai servizi pubblici). Se le imprese vogliono ingrandirsi e lo Stato aumenta la spesa
monetaria per effettuare opere pubbliche, aumenta la domanda di lavoro ma, una volta raggiunta la
piena occupazione, l’eccesso di domanda nel sistema comporta, secondo la logica del mercato, un
aumento dei prezzi. L’inflazione da domanda oggi è rara perché non è molto comune la piena
occupazione. I rimedi per ridurla possono essere: un aumento delle imposte in modo da ridurre la
domanda di beni e di servizi dei consumatori; una politica restrittiva della Banca centrale attraverso
noti strumenti di politica monetaria; una riduzione della spesa pubblica da parte dello Stato in modo da
limitare la quantità di moneta nel sistema economico.

L’inflazione da costi:
Causata dall’aumento del costo delle materie prime, dei fattori produttivi e dall’incremento del costo
del lavoro( rapporto tra salario e produttività del lavoro) . In questo caso una politica monetaria
potrebbe non essere efficace, in quanto danneggerebbe lo sviluppo economico senza migliorare i
livelli inflazionistici derivanti dai fattori esterni quali la politica dei prezzi dei fornitori esteri o la
pressione sindacale. Sarebbe più opportuno intervenire tramite una riduzione delle imposte sul
reddito, una diminuzione del costo dei servizi pubblici, sgravi contributivi alle imprese. Questi interventi
possono essere efficaci solo in presenza di una politica dei redditi ispirata ai principi dell’equità e dello
sviluppo di tutto il sistema economico.

Stagflazione:
Disoccupazione e inflazione sono i due grandi mali dei sistemi economici. Quando c’è molta
disoccupazione non c’è inflazione, si escludono reciprocamente. La stagflazione consiste
nell’esistenza contemporaneamente di disoccupazione e inflazione.

Disinflazione. è il processo di riduzione di un tasso di inflazione elevato. Per esempio, negli Stati Uniti
la profonda recessione del 1980-83 portò in quel periodo a una notevole disinflazione (si passò dal
10% d’inflazione al 4%).

4. IL PRODOTTO E IL REDDITO
4.1 PRODOTTO E REDDITO COME VALORI AGGREGATI

Il Prodotto Nazionale Lordo (PNL): è dato dal valore di tutti i beni e i servizi prodotti dai residenti in
Italia, senza la sottrazione degli ammortamenti (valore del logoramento dei beni di produzione)
Il Prodotto Nazionale Netto (PNN): PNL meno gli ammortamenti
Il Prodotto Interno Lordo (PIL): comprende tutti i beni e i servizi prodotti nel territorio dello stato in un
dato periodo dai residenti e dai non residenti.
Il Prodotto Interno Lordo pro capite: PIL diviso gli abitanti di una paese
Il Reddito Nazionale (RN): è dato dalla somma di tutti i redditi percepiti in un certo periodo di tempo
da tutti i residenti in uno stato.

Tre modi per misurare il PIL di un’economia:


1. Il PIL è definito come il valore dei beni e dei servizi finali prodotti nell’economia in un dato
periodo di tempo.
2. Il PIL è la somma del valore aggiunto nell’economia in un dato periodo di tempo. Il valore
aggiunto associato all’attività di un’impresa equivale al valore della produzione al netto dei beni
intermedi usati nella stessa.
3. Il PIL è la somma dei redditi di tutta l’economia in un dato periodo di tempo.

Limiti e difetti del PIL: è importante sottolineare che il PIL non è un indicatore ineccepibile del
benessere di una nazione. In esso non vengono infatti conteggiati:
• i beni ambientali e la salute pubblica;

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• i beni relazionali e la qualità dei rapporti sociali;
• tutte quelle transazioni che non passano attraverso il mercato come il lavoro nelle economie
domestiche e l’economia sommersa;
• il grado di equità nella distribuzione della ricchezza.

PIL nominale e PIL reale: la distinzione tra PIL nominale e PIL reale è di fondamentale importanza.
• Il PIL nominale è semplicemente la somma delle quantità di beni finali moltiplicate per i loro
prezzi correnti (espressi in una valuta di riferimento);
• Per costruire il PIL reale occorre stabilire innanzitutto un anno di riferimento. Quindi si procede
ad una somma delle quantità di prodotti finali in un dato periodo, moltiplicandole per il prezzo in
vigore nell’anno di riferimento;
• La scelta dell’anno di riferimento è arbitraria. Nell’anno di riferimento PIL reale e PIL nominale
ovviamente si equivalgono.

4.2 DISTRIBUZIONE DEL REDDITO

Distribuzione funzionale: è la distribuzione fra risorse naturali, operaio e imprenditore.


Il reddito ottenuto sulle risorse naturali si chiama rendita, quello dell’imprenditore profitto, quello
dell’operaio salario e quello ottenuto tramite investimenti interesse.

Fattori produttivi Forme di reddito Soggetti economici


Risorse naturali Rendita Proprietario terriero

Capitale d’impresa Profitto Imprenditore

Lavoro Salario Operaio

Investimento Interesse Risparmiatore

Distribuzione personale: è la distribuzione tra le varie classi sociali della ricchezza nazionale
Curva di Lorenz: grafico che indica la distribuzione del reddito (orizzontalmente indica i gruppi di pop.;
verticalmente indica le quote di reddito).

Distribuzione territoriale: è la distribuzione tra le aree geografiche di una regione.

4.3 L’INTERVENTO DELLO STATO NELLA DISTRIBUZIONE DEL REDDITO

La politica fiscale
- Le imposte: l’imposta sul reddito è un modo per attuare la ridistribuzione del reddito, inoltre esiste
l’IVA che colpisce il consumo e non ridistribuisce il reddito.
- Le tasse: sono pagate nel momento in cui i cittadini usufruiscono di un servizio pubblico (scuola,
posta, ecc.).
- I contributi: vengono versati dai lavoratori e dalle imprese. Sono utilizzati solo per il fine per cui sono
stati raccolti (AVS; AI; IPG; AD).

Le imposte progressive
L’imposta progressiva è quando, all'aumentare dell'imponibile, l'aliquota media aumenta (ovvero
l'ammontare dell'imposta aumenta in misura più che proporzionale rispetto all'imponibile). I soggetti
più ricchi vengono di conseguenza tassati con delle aliquote più alte.
L'evasione fiscale, o "sottrazione d'imposta" secondo la terminologia giuridica svizzzera, è una forma
di resistenza agli obblighi tributari basata su una violazione procedurale commessa attraverso
l'inganno o l'omissione dalla persona soggetta a imposta; le imposte risultano così inferiori a quelle
stabilite per legge. La distinzione tra evasione e frode fiscale, che sta alla base di questa definizione,

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costituisce una peculiarità dell'ordinamento giuridico svizzero: la mancata denuncia, avvenuta
intenzionalmente o per negligenza, di determinate somme alle autorità fiscali è considerata come
sottrazione d'imposta; in quanto fattispecie del diritto penale accessorio essa comporta soltanto una
procedura amministrativa. Solo la frode fiscale, che presuppone l'inganno del fisco tramite la
falsificazione di documenti, viene perseguita penalmente e rende possibile la sospensione del segreto
bancario. Questa distinzione favorisce la fuga di capitali in Svizzera, dato che le autorità fiscali
straniere ottengono informazioni dagli uffici svizzeri sui valori depositati nel Paese solo se riescono a
provare una frode fiscale.

Il sistema pensionistico: il sistema previdenziale svizzero (i 3 pilastri)


Il sistema della previdenza in Svizzera si basa su tre pilastri. Il principio dei 3 pilastri (Cost. art.111) ha
come obiettivo la conservazione del tenore di vita abituale durante la vecchiaia, in caso di invalidità e,
nel caso di decesso, per i superstiti.

1° pilastro
AVS und AI costituiscono il primo pilastro, quello statale. e congiuntamente alle eventuali prestazioni
complementari (PC) devono garantire la sussistenza.
2° pilastro
La cassa pensione, la previdenza professionale per la vecchiaia, i superstiti e l'invalidità (Legge
federale sulla previdenza professionale per la vecchiaia, i superstiti e l'invalidità/LPP) e la Legge
federale sull'assicurazione contro gli infortuni (LAINF) costituiscono il secondo pilastro. I due pilastri
congiuntamente devono assicurare il 60% dell'ultimo salario percepito consentendo cosí di mantenere
il tenore di vita abituale. Il primo pilastro è obbligatorio per tutti. Al secondo pilastro devono aderire
solo lavoratrici e lavoratori dipendenti.
3° pilastro
Il terzo pilastro è costituito dalla previdenza autonoma individuale ed è facoltativo. A differenza del
risparmio tradizionale, gode di agevolazioni fiscali parziali e consente di colmare in modo mirato le
lacune previdenziali.

I fondi pensione
Sono società private che raccolgono i contributi dei lavoratori e li investono in attività finanziarie.

5. SVILUPPO E SOTTOSVILUPPO
5.1 CARATTERISTICHE E CAUSE DEL SOTTOSVILUPPO

Misurazione dello sviluppo


Lo sviluppo si misura con il prodotto pro capite, la distribuzione, il reddito, il progresso tecnologico, la
qualità dei servizi, le infrastrutture, il debito estero e lo sfruttamento dell’ambiente
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Le cause del sottosviluppo


Fattori ambientali: in certe regioni del mondo il clima ostacola l’insediamento di infrastrutture e di
imprese.
La situazione politica: dittature, guerre civili, colpi di stato e corruzione non favoriscono lo sviluppo
economico.
Eredità storica: il colonialismo ha ostacolato la formazione di una classe locale capace e responsabile.
Situazione demografica: una crescita incontrollata delle nascite in delle economie che non sono in
grado di aumentare rapidamente i mezzi di sussistenza causano povertà.
L’utilizzo degli aiuti economici: spesso gli aiuti vengono usati per le guerre civili invece che per
potenziare l’economia locale.

5.2. I POSSIBILI RIMEDI AL SOTTOSVILUPPO

I rimedi
La domanda di capitale: per far partire un’economia è necessario il capitale.
L’investimento di capitale: per far fruttare il capitale bisogna investirlo bene:
- finanziare le imprese locali;
- migliorare le infrastrutture e la sanità.
La politica delle riforme:
- favorire il libero scambio;
- agevolazioni per le imprese locali e insediamento di imprese straniere sul territorio nazionale;
- politica monetaria espansa;
- privatizzazione;
- ridistribuzione del reddito.

Le organizzazioni internazionali
ONU: Un'organizzazione simile fu in essere dal 1919 al 1946 con il nome di Società delle Nazioni.
L'Organizzazione delle Nazioni Unite prese il posto della Società delle Nazioni nel 1945. I suoi
scopi sono:
- il mantenimento della pace internazionale;
- la cooperazione economica;
- la protezione dei diritti umani e delle libertà fondamentali.
L’ONU è diviso in 2 organismi:
- Assemblea delle nazioni (tutti i paesi)
- Consiglio di sicurezza (di cui 5 paesi permanenti con potere di veto: Stati Uniti, Gran Bretagna,
Francia, Russia e Cina). È l'organo che ha maggiori poteri delle Nazioni Unite, avendo la
competenza esclusiva a decidere contro gli stati colpevoli di aggressione o di minaccia alla
pace. Il Consiglio è composto da cinque membri permanenti e dieci membri non-permanenti
eletti fra i paesi membri delle Nazioni Unite. Ogni anno l'Assemblea Generale elegge dieci
membri non-permanenti che restano in carica per due anni.
UNICEF: fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia. Nato nel 1946 assiste i bambini usciti dalla 2° guerra
mondiale. Dal 1953 in poi gli aiuti sono rivolti al Terzo Mondo.
FAO: i suoi scopi sono:
- innalzare il livello dell’alimentazione;
- migliorare il rendimenti agricoli;
- eliminare la fame nel mondo
BANCA MONDIALE: è un organizzazione delle Nazioni Unite. È composta da diverse istituzioni, la più
importante la BIRS (Banca internazionale per la ricostruzione e lo sviluppo). Gli scopi sono:
- riduzione della povertà;
- miglioramento del tenore di vita tramite la crescita economica e la formazione professionale.
OCSE: organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico. Comprende i paesi più
industrializzati. È indipendente dall’ ONU. I suoi scopi sono:
- la promozione del commercio internazionale e del liberismo.

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ONG: è un’organizzazione indipendente dai governi e dalle loro politiche. Un settore specifico delle
ONG sono le ONG di cooperazione allo sviluppo. Queste sono libere associazioni, create da
privati cittadini che, per motivazioni di carattere ideale o religioso, intendono impegnarsi a titolo
privato e diretto, per dare un contributo alla soluzione dei problemi del sottosviluppo,
principalmente quelli del sud del mondo. Queste, non avendo fonti di finanziamento istituzionali,
ed essendo per statuto senza finalità di lucro, in ragione della filosofia umanitaria e sociale che
le anima, realizzano le loro attività grazie a finanziamenti esterni; si basano comunque anche
sull'apporto di lavoro volontario, gratuito o semigratuito, offerto da membri e simpatizzanti.

5.3 LO SVILUPPO ECONOMICO MODERNO

Dalla rivoluzione industriale alla metà del XIX secolo


Lo sviluppo economico moderno: il periodo della rivoluzione industriale è stato per l’Europa un
momento di grande crescita economica, grazie al liberismo è aumentato:
- il prodotto pro capite;
- il consumo;
- i risparmi e gli investimenti;
- è migliorata la condizione di vita.

La seconda metà del XIX secolo


Negli ultimi anni del XIX secolo in Europa e negli USA la spinta tecnologica e quella commerciale
giunsero ad esaurimento. La crisi durò poco, infatti il nuovo secolo iniziò positivamente. Questa crisi è
ricordata come la “Grande depressione”.

Il periodo delle guerre mondiali


La prima guerra mondiale: quando il periodo di espansione era finito la prima guerra mondiale diede
una nuova spinta all’economia, si aprirono le industrie chimiche, meccaniche e belliche. Ma il 1919
fu un anno con un alto tasso di inflazione e un basso reddito pro capite.
Dagli anni 20 alla seconda guerra mondiale: negli USA gli anni 20 furono anni di ripresa grazie al
progresso scientifico. Ma la crescita industriale era più veloce dell’aumento dei redditi, ciò porto alla
crisi del 29.

La seconda metà del XX secolo


- Gli anni del boom economico: gli anni ‘50 e ‘60 furono gli anni del boom economico, quando il PIL in
Europa crebbe del 5% all’anno.
- Gli anni della crisi petrolifera: negli anni ‘70 l’aumento del prezzo del petrolio frenò l’espansione, si
alzò l’inflazione e aumentò la disoccupazione.
Negli anni 80 si ebbe una ripresa.
- Gli ultimi anni del millennio: gli anni ‘90 furono caratterizzati dalla New economy e dalla
globalizzazione.

5.4 I PAESI DEL TERZO MONDO

I paesi dell’Africa subsahariana


L’economia di questi paesi è arretrata a causa del clima arido, al diffondersi delle malattie fra cui
l’AIDS ed al colonialismo.

Il continente asiatico
In Asia ci sono diverse realtà economiche:
- i Paesi arabi esportatori di petrolio (Arabia Saudita,Iran, Iraq, ecc.);
- i Paesi poveri (India, Pakistan, ecc.), detti Paesi in via di sviluppo (PVS);
- i paesi emergenti (Hong Kong,Corea del Sud e Taiwan. sono le tigri asiatiche). Tra questi ci sono i
NIC (Newly Industrialized Countries) sono quasi PS, grazie a politiche liberaliste, incentivi statali e
insediamenti di multinazionali

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I paesi latino-americani
La povertà di questi paesi è data dalla distribuzione diseguale del reddito e da un’inflazione altissima
negli anni ‘70.

5.5. IL DEBITO ESTERO

Un paese con le sue componenti (pubblica e privata) consuma più di quello che produce, dunque si
indebita. Se il fenomeno si prolunga, diventa strutturale, l’economia del paese non funziona, e non è in
grado degenerare sufficiente risparmio per alimentare gli investimenti e l’innovazione tecnologica per
competere sul mercato mondiale.
Per un paese l’indebitarsi può essere una scelta corretta(non è in grado in nessun altro modo di
procurarsi soldi per incrementare e rinnovare la sua produzione) ma é sempre rischioso per i futuri
obblighi.

6. IL RUOLO DELLO STATO


6.1 L’INTERVENTO DELLO STATO NELL’ECONOMIA

La politica economica dello stato dalla rivoluzione industriale ai giorni nostri


La rivoluzione industriale: ai tempi della rivoluzione industriale non era presente l’intervento dello
stato ma c’era il liberalismo economico.
La crisi del sistema liberista: con il sollevamento della questione sociale in seguito alla crisi del
liberalismo causata da un eccessivo sfruttamento dei lavoratori per cui intervenne lo stato per
migliorare la posizione dei lavoratori tramite un limite massimo di ore lavorative giornaliere, con la
tutela del lavoro femminile e minorile e con l’invito ad usare un assicurazione sociale.
Il New Deal: dopo il ‘29 con la grande crisi si riconobbe l’importanza dell’intervento statale quando
intervenne mediante l’aumento della spesa pubblica in deficit, rese possibile la costruzione di grandi
opere e creò disoccupazione che fece aumentare la domanda dei beni e favorì la ripresa economica.
La situazione attuale: l’aumento della spesa pubblica può essere risolutiva poiché aumenta la
domanda, ma se mancano le risorse è dannoso. Un eccesso di domanda con un occupazione quasi
completa causa inflazione. L’aumento della spesa pubblica fa aumentare il debito pubblico.

Le forme d’intervento dello Stato


Costruzione di opere pubbliche: inizialmente la spesa pubblica aveva come scopo la costruzione di
strade, ferrovie, ponti, ospedali e scuole. Oggi si tratta di ammodernare le opere già esistenti
Servizi: l’efficenza dei servizi rappresenta il progresso e il benessere di un paese. Nei paesi poveri
mancano i servizi primari. Nei paesi sviluppati si parla welfare per indicare il sistema di servizi collettivi
che garantiscono una buona qualità di vita a tutti i cittadini.
Ridistribuzione del reddito: lo stato è in grado di ridistribuire la ricchezza tramite le imposte
progressive.
La politica monetaria: gli interventi di politica monetaria sono riassumendo:
- la manovra del tasso di sconto;
- le operazioni sui titoli di mercato;
- il coefficiente di riserva obbligatoria delle banche.
I rapporti commerciali internazionali: lo Stato può intervenire nei rapporti internazionali usando la
politica del protezionismo o del liberismo.

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6.2 IL BILANCIO DELLO STATO

Le entrate
Costituite per la maggior parte da imposte.
Le entrate tributarie: sono le entrate derivanti da imposte, tasse e contributi dei cittadini. Inoltre
anche i proventi di lotterie e lotto sono entrate tributarie.
Le entrate extra tributarie: entrate derivanti dai servizi pubblici e da partecipazioni dello stato in
alcune aziende (es. Swisscom).
Alienazioni di beni patrimoniali: derivano dalle privatizzazioni.
Accensioni di prestiti: lo Stato che chiede un prestito.
Le uscite
Le spese si dividono in spese correnti e spese in conto capitale.
Le prime assicurano il funzionamento dei servizi, le seconde aumentano il patrimonio collettivo e
consentono un miglioramento futuro del sistema. Tutte le uscite messe insieme costitiuiscono la spesa
pubblica.
Spese correnti: sono e spese per la pubblica amministrazione e per la manutenzione di scuole,
ospedali, ecc.
Spese in conto capitale: spese rivolte all’investimento in costruzioni di infrastrutture, acquisizioni di
beni e partecipazioni azionarie.
Rimborso prestiti: lo Stato deve rimborsare la parte di prestiti ricevuti e gli interessi.

6.3 IL BILANCIO

È il riepilogo di tutte le entrate e le uscite di un anno.


Bilancio consuntivo e preventivo: il bilancio consuntivo è quello dell’anno passato il bilancio
preventivo è quello dell’anno venturo
Bilancio annuale e pluriennale: il bilancio annuale prende in considerazione i dati di un anno, quello
pluriennale considera le opere che richiedono più di un anno per realizzarsi.

6.4 IL DEBITO PUBBLICO


Il debito pubblico è la somma di tutti i deficit (eccesso di entrate rispetto alle uscite) degli anni
precedenti.
La composizione del debito pubblico
Il debito pubblico è costituito dai titoli di stato, debiti esteri, debiti nei confronti di enti creditizi.
Titoli di Stato:
• BTP (Buoni Poliennali del Tesoro) a lungo termine con tasso fisso, detto debito consolidato
• CCT (Certificati di Credito del Tesoro) a lungo termine variabile, detto debito consolidato.
• BOT (Buoni Ordinari del Tesoro) a breve termine,detto debito fluttuante.

Parametri di riferimento del UEM (unione europea monetaria) o parametri di Maastricht:


- disavanzo/PIL non superiore al 3%
- debito pubblico/PIL non superiore al 60%
- inflazione non superiore al 2% annuo

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Gli effetti sull’economia del debito pubblico
Se il debito pubblico è basso ha un buon effetto sull’economia, poiché consente l’investimento di
capitali in nuove attività. Se il debito pubblico è troppo alto l’economia peggiora.

6.5 IL SETTORE NO PROFIT

La differenza tra Profit e Non profit


Lo scopo: nel settore profit lo scopo e trarre profitto nel non profit è offrire un servizio.
I soci: nel profit i soci sono gli investitori, nel non profit i fondatori o i donatori.
Distribuzione degli utili: nel profit gli utili vengono distribuiti, nel non profit reinvestiti.
In caso di fallimento: l’azienda non profit non è soggetta alla procedura fallimentare, il patrimonio
viene devoluto ad un altro ente non profit.
Vantaggio fiscale: gli enti non profit hanno agevolazioni fiscali.

7. IL COMMERCIO ESTERO
7.1 I RAPPORTI COMMERCIALI INTERNAZIONALI

Crescita e sviluppo dell’attività commerciale


Il processo di globalizzazione ha cause prettamente commerciali e il suo scopo è quello di produrre
ricchezza e progresso in tutto il mondo tramite il libero commercio.

Le cause:
- il gusto dei consumatori;
- i mezzi di comunicazione informatici e internet;
- le innovazioni tecnologiche e la velocità dei mezzi di trasporto;
- la liberalizzazione commerciale.
I vantaggi: sono la concorrenza internazionale e la specializzazione, che mettono a disposizione dei
consumatori molte merci a prezzi bassi.
I rischi:
- i rischi di cambio dovuto all’oscillazione del valore della moneta;
- i rischi paese determinato dalla situazione politica, geografica e sociale del paese partner;
- i rischi derivanti dalle modalità di pagamento.

7.2 PROTEZIONISMO E LIBERISMO

Il protezionismo
Per protezionismo si intendono gli interventi legislativi che hanno lo scopo di proteggere l’economia
interna a scapito dei prodotti esteri. Per economie deboli.
Protezionismo diretto: attraverso dazi doganali.
Protezionismo indiretto: attraverso contingentamenti (blocco merci importate) e sussidi alle imprese
locali.

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Il liberismo
Lo scopo del liberismo è di favorire il libero scambio tra i paesi. Organizzazioni a favore del commercio
estero:
- WTO (OMC):l’Organizzazione Mondiale del Commercio è l’istituzione che ha preso il posto del
GATT ed opera per la liberalizzazione degli scambi internazionali. Obiettivo generale del WTO
è quello dell'abolizione o della riduzione delle barriere tariffarie al commercio internazionale; a
differenza di quanto avveniva in ambito GATT, oggetto della normativa del WTO sono, però,
non solo i beni commerciali, ma anche i servizi e le proprietà intellettuali.
- UE: favorisce la libera circolazione di prodotti, capitali e lavoro fra i paesi membri.
- OCSE: riunisce tutti i paesi industrializzati. Ha come scopo lo sviluppo del commercio
internazionale.
- FMI: istituito nel 1945 per aiutare i paesi in difficoltà, mantenere i tassi di cambio fissi ed
erogare crediti a paesi in crisi finanziaria.

7.3 LA BILANCIA DEI PAGAMENTI

Le partite correnti
Le partite correnti sono divise in due parti:
- La bilancia commerciale: riassume tutte le importazioni e le esportazioni di merci
- Le partite invisibili e movimenti unilaterali: trasporti, assicurazioni, commissioni bancarie, turismo,
rimesse degli immigrati, sono prestazioni di servizi, donazioni effettuare e ricevute sono rapporti non
commerciali.

I movimenti di capitale
Sono costituiti da tutte le operazioni in titoli stranieri.

Il saldo globale
È dato dal saldo delle partite correnti e dal saldo dei movimenti di capitale. Se c’è un disavanzo (cioè
che ha speso all’estero più di quanto ha incassando dal resto del mondo) viene pareggiato dalla
Banca centrale vendendo la parte della valuta estera di riserva (quest’ operazione si chiama
movimenti monetari).

7.4 I CAMBI

I cambi e il rischio di oscillazione


Il cambio è il prezzo di acquisto di una moneta estera espresso in moneta nazionale. Il rischio di
oscillazione è dato dal fatto che ogni giorno i cambi sono differenti e che i pagamenti spesso sono
dilazionati quindi se al momento dell’accordo l’acquirente comprava a un tale prezzo al momento del
pagamento potrebbe pagare di più a causa dell’oscillazione del cambio, ma anche dalla politica
monetaria (BC), dalla domanda e offerta della moneta e dalla stabilità del paese.

I rimedi al rischio di cambio


La moneta unica: Vedi Euro.
La forma assicurativa: esiste un assicurazione per il rischio di cambio chiamata SACE
Il finanziamento: è possibile farsi dare dalle banche la somma in valuta estera così il costo verrà dato
solo dagli interessi della banca
Il contratto a termine: si decide di acquistare la valuta al momento del contratto in modo da evitare i
rischi dell’oscillazione del cambio.
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Evoluzione storica del regime dei cambi


Gold standard: dalla metà dell’800 fino alla prima guerra mondiale ogni Banca centrale doveva avere
un riserva d’oro pari alla moneta in circolazione.
Accordi di Bretton Woods: nel 1944 si decise la convertibilità in oro della sola moneta statunitense, e
la nascita dell’ FMI.
La conferenza di Bretton Woods, che si tenne nel luglio del 1944 nell'omonima cittadina americana,
stabilì regole per le relazioni commerciali e finanziarie tra i principali paesi industrializzati del mondo.
Gli accordi di Bretton Woods furono il primo esempio nella storia del mondo di un ordine monetario
totalmente concordato, pensato per governare i rapporti monetari fra stati nazionali indipendenti.
Mentre ancora non si era spento il secondo conflitto mondiale, si preparò la ricostruzione del sistema
monetario e finanziario, riunendo 730 delegati di 44 nazioni alleate per la conferenza monetaria e
finanziaria delle Nazioni Unite (United Nations Monetary and Financial Conference) al Mount
Washington Hotel, nella città di Bretton Woods (New Hampshire). Dopo un acceso dibattito, durato tre
settimane, i delegati firmarono gli Accordi di Bretton Woods.
Gli accordi erano un sistema di regole e procedure per regolare la politica monetaria internazionale.
Le caratteristiche principali di Bretton Woods erano due; la prima, l'obbligo per ogni paese di adottare
una politica monetaria tesa a stabilizzare il tasso di cambio ad un valore fisso rispetto al dollaro, che
veniva così eletto a valuta principale, consentendo solo delle lievi oscillazioni delle altre valute; la
seconda, il compito di equilibrare gli squilibri causati dai pagamenti internazionali, assegnato al Fondo
Monetario Internazionale (o FMI).
Il piano istituì sia il FMI che la Banca internazionale per la ricostruzione e lo sviluppo (detta anche
Banca mondiale o World Bank). Queste istituzioni sarebbero diventate operative solo quando un
numero sufficiente di paesi avesse ratificato l'accordo. Ciò avvenne nel 1946.
Nel 1947 fu poi firmato il GATT (General Agreement on Tariffs and Trade - Accordo Generale sulle
Tariffe ed il Commercio) che si affiancava all'FMI ed alla Banca mondiale con il compito di liberalizzare
il commercio internazionale.
L'Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC), conosciuta anche con il nome inglese di World
Trade Organization (WTO), è un'organizzazione internazionale creata allo scopo di supervisionare
numerosi accordi commerciali tra gli Stati membri. Vi aderiscono, a luglio del 2008, 153 Paesi che
rappresentano circa il 97% del commercio mondiale di beni e servizi.
Il WTO è stato istituito il 1 gennaio 1995, alla conclusione dell'Uruguay Round, i negoziati che tra il
1986 e il 1994 hanno impegnato i paesi aderenti al GATT.
Il WTO ha assunto, nell'ambito della regolamentazione del commercio mondiale, il ruolo
precedentemente detenuto dal GATT: di quest'ultimo ha infatti recepito gli accordi e le convenzioni
adottati con l'incarico di amministrarli ed estenderli; a differenza del GATT, che non aveva una vera e
propria struttura organizzativa istituzionalizzata, il WTO prevede invece una struttura comparabile a
quella di analoghi organismi internazionali.
Obiettivo generale del WTO è quello dell'abolizione o della riduzione delle barriere tariffarie al
commercio internazionale; a differenza di quanto avveniva in ambito GATT, oggetto della normativa
del WTO sono, però, non solo i beni commerciali, ma anche i servizi e le proprietà intellettuali.
Tutti i membri del WTO sono tenuti a garantire verso gli altri membri dell'organizzazione lo "status" di
"nazione più favorita" (most favourite nation): le condizioni applicate al paese più favorito (vale a dire
quello cui vengono applicate il minor numero di restrizioni) sono applicate (salvo alcune eccezioni
minori) a tutti gli altri Stati.
La sede del WTO si trova a Ginevra (Svizzera).

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