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don Alberto Franzini


APPUNTI DI ECCLESIOLOGIA

Capitolo Primo:
LECCLESIOLOGIA DAL VATICANO I AL VATICANO II

Lepoca del Vaticano I viene assunta a punto di partenza della nostra breve
esposizione storica, sia per la scarsit di tempo a disposizione, sia per il motivo che
lecclesiologia del Vaticano I costituisce un grande spartiacque fra lecclesiologia
precedente, di cui essa in qualche modo il frutto maturo, e quelle tendenze
ecclesiologiche riformatrici che prepareranno la sintesi del Vaticano II.

Primo periodo: lecclesiologia del Vaticano I e il suo sviluppo fino al 1920

1. Il trattato teologico sulla Chiesa nacque e si svilupp lungo i secoli sotto il segno
della controversia e quindi dellapologetica:
- durante le dispute regaliste si dovette difendere la libert della Chiesa dal potere secolare e
questo port a difendere la potest del Papa e dei vescovi;
- nei confronti delle teorie del conciliarismo, lecclesiologia concentr la sua attenzione sul
primato del Papa su tutta la Chiesa;
- nei confronti delle tendenze spiritualiste dei movimenti medievali, la cui ala estrema
rappresentata da Wycliff e da Giovanni Hus, si sottoline laspetto visibile e sociale della Chiesa;
- nei confronti della Riforma, che accolse le tendenze spiritualiste arrivando a negare
laspetto istituzionale , sacramentale e gerarchico della Chiesa, lecclesiologia cattolica fu indotta a
sottolineare listituzionalit della Chiesa e il valore della gerarchia;
- nei confronti del gallicanesimo e delle varie dellepiscopalismo, si torn ad insistere sui
poteri e sui diritti del Papa;
nei confronti dellassolutismo e del laicismo dello Stato, la Chiesa rivendica di essere una
societas perfecta, degna di poter stare alla pari, sia pure con strumenti propri, con tutte le altre
societ giuridiche;
- infine, nei confronti del razionalismo e del modernismo, si fissa lattenzione sullautorit
docente del magistero ecclesiastico.

Risulta evidente che lecclesiologia si afferma e si sviluppa, dal Concilio di Trento al
Vaticano I, prevalentemente sotto il segno dellautorit.

2. Se limmagine dominante di Chiesa quella di societ perfetta, governata dal
successore di Pietro, dotata di poteri gerarchici e di una autorit conferita da Dio ai suoi
rappresentanti, si fa strada anche unaltra corrente, fortemente rinnovatrice, debitrice sia al
romanticismo tedesco che al rinnovamento degli studi storici. Questa corrente ha il suo
massimo rappresentante in J.A. Moehler (1796-1838) e negli altri esponenti della scuola di
Tubinga.
Si possono distinguere nellopera di Moehler tre diversi stadi.

Il primo stadio ancora sulla linea della teologia postridentina. Nel suo corso di diritto
canonico, la Chiesa per lui una forma di societ umana, pi precisamente una societas
inaequalis, cio giuridicamente strutturata in modo gerarchico. Ci non gli impedisce di
intravedere gi, accanto ad una Chiesa-societ, una Chiesa-comunit, anche se i due aspetti sono
ancora legati tra loro in modo piuttosto estrinseco.

Il secondo stadio coincide con la sua grande opera giovanile, Lunit nella Chiesa (Die
Einheit in der Kirche), del 1825, ritenuta da Bouyer il punto di partenza di tutto il rinnovamento
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ecclesiologico che sarebbe alfine sfociato nel Concilio Vaticano II (in La Chiesa di Dio, Assisi
1979, p.113). La Chiesa, sotto linflusso delle idee romantiche, viene vista come un organismo
vivificato dallo Spirito Santo, come la comunit dei credenti che vivono nella forma visibile della
Chiesa la vita di fede, speranza e carit. Risulta comprensibile la reazione che tale opera ha
suscitato nei teologi del tempo, non abituati ad una impostazione pneumatologia dellecclesiologia,
nella quale anzi vedevano un cedimento al protestantesimo.

Il terzo stadio quello dellopera Simbolik, Simbolica, del 1832, scritta per meglio chiarire
lecclesiologia cattolica nei confronti di quella protestante e quindi anche per rispondere alle
critiche che gli erano pervenute dopo la prima opera. Nella Simbolik egli integra laspetto
pneumatologico con quello cristologico. Partendo dal cristocentrismo, M. considera la Chiesa
come la continuazione dellincarnazione di Cristo nel mondo. Lentusiasmo un po esaltato e
mistico del romanticismo per la comunit cede ora il posto ad un giudizio pi lucido e maturo sulla
realt della Chiesa. Ci che aveva detto nella prima opera a proposito dello Spirito Santo, principio
invisibile della Chiesa, la Simbolik lo riferisce a Cristo, Figlio di Dio incarnato, principio visibile di
una Chiesa essenzialmente visibile. Cos si esprime J.R. Geiselmann: Nelluna, la Chiesa una
Pentecoste incessantemente rinnovata, mentre nellaltra una Nativit ininterrotta. Nelluna, la
Chiesa anzitutto invisibile, Chiesa del Pneuma; nellaltra, essa essenzialmente visibile, umana,
o meglio, divino-umana (). Ormai lUomo-Dio Ges Cristo, cio la sua natura, in cui il divino e
lumano si uniscono intimamente senza confondersi, nellunione ipostatica con la persona del
Logos, che forma il principale costruttivo analogico a partire dal quale si costruisce la Chiesa (in
AA.VV, Lecclsiologie au XIX sicle, Paris 1960, p. 162). Da qui M. arriva ad una concezione
profonda della visibilit della Chiesa, e recupera in modo pi soddisfacente, perch pi teologico,
la realt della gerarchia e dellautorit nella Chiesa, non pi assimilabile ad una pura societas
perfecta, ma corpo storico e visibile di Cristo nella storia. Sta proprio in questo principio
incarnatorio il vero punto di divergenza fra ecclesiologia cattolica ed ecclesiologia della Riforma.

3. Un terzo impulso innovatore venne dallopera ecclesiologica di Newman (1801-1890). La
sua produzione ecclesiologica, anche se non ha mai raggiunto una elaborazione sistematica, deve
molto alla sua conoscenza della Sacra Scrittura e dei Padri della Chiesa. Egli, da anglicano,
giunse alla fede cattolica perch comprese che lo sviluppo legittimo del cristianesimo primitivo era
rinvenibile solo nella Chiesa cattolica. Merito principale di N., in campo ecclesiologico, stato di
aver riscoperto e applicato alla Chiesa il concetto biblico di popolo di Dio, con le sue ricche
significazioni di storicit, di sviluppo, di continuit/discontinuit nei confronti dellantico Israele, di
tensione escatologica, di diversificazione ministeriale.

4. Le opere di Moehler e di Newman non sono state prive di seguito. A met del sec. XIX la
Scuola Romana esprime un notevole rinnovamento ecclesiologico nelle sue figure pi importanti:
J. Perrone (1794-1876), C. Passaglia (1812-1887), J.B. Franzelin (1816-1886) e C. Schrader
(1820-1886). La Scuola Romana assumer soprattutto da Moehler lidea di Chiesa come Corpo
mistico di Cristo, idea che entrer nel primo Schema del Vaticano I, e che sar respinto da poco
pi di met dei Padri conciliari, pi abituati alla definizione tradizionale di Chiesa come societ
visibile, derivata sostanzialmente dallopera del Bellarmino (1542-1621), che paragonava la Chiesa
ad un gruppo di persone tanto visibile e palpabile quanto il gruppo di persone che formano il
popolo romano, il regno della Francia o la repubblica di Venezia. Le opere del Franzelin
comunque svilupperanno nel dopo-Vaticano I lidea di Chiesa Corpo mistico e influenzeranno in tal
senso alcuni documenti pontifici in materia ecclesiologica.

5. Il Vaticano I ha prodotto una Costituzione ecclesiologica, la Pastor Aeternus (18
luglio 1870) che si riferisce per soltanto alle prerogative pontificie e che riprende la
materia del I Schema conciliare, redatto principalmente da Schrader e che partiva dalla
nozione di Chiesa come Corpus Christi mysticum. Se la Commissione dottrinale del
Concilio sosteneva questa idea, essa non piacque alla maggioranza dei Padri conciliari,
perch ritenuta troppo astratta e mistica per fondare una solida ecclesiologia, e troppo
vicina alle idee della Riforma protestante. Da questo I Schema, di cui si discusse solo il
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cap. XI, si redasse un II Schema, che non venne mai preso in esame a causa della
mancanza di tempo dovuta alle questioni attinenti allo Stato Pontificio. Comunque il
Concilio, di fronte alla scelta fra aspetto misterico e aspetto istituzionale come punto di
partenza per lecclesiologia, fu favorevole al secondo.
Questi i principali punti del testo conciliare.
- Lautorit lelemento decisivo e il centro di prospettiva. Di fronte al razionalismo
dellepoca, le due Costituzioni del Vaticano I affermano da una parte lautorit della rivelazione di
Dio cui va prestata lobbedienza della fede (Dei Filius), dallaltra lautorit del magistero
ecclesiastico, che si concentra nel magistero pontificio (Pastor Aeternus).
- La priorit fu data allaspetto istituzionale e visibile della Chiesa, cio alla nozione di Chiesa
come societ perfetta, come era andata in prevalenza svolgendosi negli ultimi secoli e che
derivava sostanzialmente dal Bellarmino (La Chiesa un gruppo di persone, unito dalla
professione della fede cristiana e dalla partecipazione ai sacramenti, obbediente ai legittimi pastori
e soprattutto al romano pontefice, unico vicario di Cristo in terra).
- Lorientamento ecclesiologico fortemente papalista. Lautorit della Chiesa fu fatta
coincidere con un modello sostanzialmente monarchico avente al vertice il successore di Pietro.
Lassenza di una dottrina esplicita sulla collegialit episcopale ha sfasato la visione ecclesiologica
a vantaggio della sola autorit del Papa.
- Un quarto tratto dato dalla priorit teorica e pratica conferita alla struttura gerarchica della
Chiesa, con il rischio di favorire unimmagine troppo clericalizzata di Chiesa. Lecclesiologia che ne
nacque fu definita da Congar piuttosto una gerarcologia. Non trov molto spazio, nei manuali del
tempo, se non in quelli di ascetica, una teologia della comunit e del laicato, che si vide costretto
ad una funzione di pura dipendenza dalle direttive provenienti dal vertice della Chiesa.

6. Il dopo-Concilio non fa che sviluppare questi tratti del Vaticano I, mettendo in
rilievo la dimensione esteriore, gli elementi istituzionali e limmagine piramidale della
Chiesa. Lunica opera ecclesiologica che si distacca dalla manualistica e che rappresent
una sorta di eccezione nella teologia dellepoca fu quello di A. Grea, LEglise et sa divine
constitution, Paris 1885. In questopera la Chiesa viene studiata in una prospettiva storico-
salvifica, cio nel contesto del disegno salvifico di Dio, come opera del Dio Trino. Inoltre la
Chiesa viene studiata nella sua realt comunitaria di assemblea riunita attorno al proprio
vescovo e in comunione con tutte le altre comunit, gettando cos le basi per una revisione
del rapporto fra episcopato e primato e per un rinnovamento della concezione anche
locale della Chiesa.


Secondo periodo: lo sviluppo dellecclesiologia dal 1920 al 1940

Verso il 1920 si assiste ad un vigoroso risveglio di forse e di idee, sia nel campo
teologico, sia nel campo liturgico-sacramentale e pastorale della vita della Chiesa.
E diventata giustamente celebre la espressione di R. Guardini, che si trova allinizio
di un suo libretto, Von Sinn der Kirche (Il senso della Chiesa), del 1922: Un processo di
incalcolabile portata iniziato: il risveglio della Chiesa nelle anime. Congar inizia il suo
ultimo capitolo della sua opera LEglise de saint Augustin lpoque moderne, del 1970,
con il titolo: Il secolo della Chiesa. E proprio con il risveglio del senso della Chiesa si
speriment, proprio a partire dal 1920, tutta linsufficienza della dottrina sulla Chiesa, cos
statica e cos ferma alle categorie sociologiche e giuridiche che sembravano eterne e
intoccabili. Le nuove esperienze e un rinnovato ricorso alle fonti fecero sentire il bisogno di
uscire da un concetto di Chiesa come societ perfetta, obbligando la riflessione teologica
ad elaborare nuove sintesi, ad intraprendere nuove strade, che poi troveranno una
conferma dottrinale nel Vaticano II.
1. Fra i fattori che hanno promosso il rinnovamento della vita ecclesiale, ancor prima
di ogni riflessione teologica, possiamo ricordare:
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- Il risveglio del senso comunitario. Dopo la catastrofe della grande guerra, si reagisce ad ogni
forma di isolamento, anche in campo religioso. Sorge fra i cristiani e gli stessi teologi una forte
reazione contro una nozione puramente sociologica di Chiesa, che sollevava limpressione di
soffocare una vita comunitaria pi viva e pi ricca.
- Una spiritualit cristocentrica. Decisivo in questo senso stato il contributo di Pio X, che
increment la piet eucaristica, il sacramento comunitario e cristologico per eccellenza.
- Il risveglio del laicato. La partecipazione dei laici alla vita e alla missione della Chiesa era stata
per diversi secoli messa in ombra da una concezione piramidale della Chiesa. I movimenti di
Azione Cattolica, pur se dipendenti dalla gerarchia, hanno certamente promosso un impegno pi
corresponsabile del laicato nella vita della Chiesa e nella societ. Ci non poteva non condurre ad
una graduale declericalizzazione della Chiesa e quindi ad una concezione ecclesiologica che
considera il ministero gerarchico e il laicato come strutture chiamate ad integrarsi e ad
armonizzarsi a vicenda.
- Il rinnovamento liturgico. Se il Movimento liturgico risale agli inizi del sec. XIX, durante questo
periodo, e in quello successivo che va fino ai giorni nostri, che esso si svilupper fortemente. Si
pubblicano messalini per i fedeli, per agevolare tutto il popolo cristiano alla partecipazione alla
liturgia della Chiesa. Unazione molto incisiva fu svolta da R. Guardini (vedi Lo spirito della liturgia,
1918; I santi segni, 1927).
- Il rinnovamento degli studi biblici. In campo esegetico-biblico, la Chiesa viene accostata non pi
con unottica giuridica. Lidea di popolo di Dio si affermata nella riflessione cattolica fra gli anni
1937-42. Si riscoprono le radici storico-salvifiche della Chiesa: non si ricorre pi alla Scrittura solo
per cercare un appoggio biblico alla dottrina della Chiesa come istituzione, ma per trovarvi le
grandi linee del pensiero e dellagire di Dio verso il suo popolo. Si creano cos le condizioni migliori
per un rinnovamento profondo della teologia sulla Chiesa, pi ancorata alla sua radicazione
storico-salvifica e quindi meno debitrice ai modelli giuridici che, al di l delle intenzioni, avevano
finito per impoverire e, in certi casi, anche mondanizzare lecclesiologia.
- Il movimento ecumenico. Lecumenismo nasce interamente nellambiente europeo delle Chiese
riformate ed evangeliche nel sec. XIX. Nel campo protestante sorgono due organismi di rilievo, Life
and Work (Vita e Azione) e Faith and Order (Fede e Costituzione). Il primo tenne assemblee a
Stoccolma (1925) e a Oxford (1937), con prospettive di inserimento del cristianesimo nella vita
sociale. Il secondo, avente carattere pi dottrinale, si riun a Losanna nel 1927 e ad Edimburgo nel
1937.
In campo cattolico latteggiamento dellautorit della Chiesa verso lecumenismo si mantiene
negativo. Dal giudizio di Pio X sui riformatori (Uomini superbi e ribelli, nemici della croce di Cristo,
di sentimenti terreni, il cui Dio il ventre, in Editae saepe Dei, 1910) a quello di Pio XI che
definisce pancristianesimo lecumenismo di Losanna, sotto del quale si nasconde un gravissimo
errore, che scalzerebbe dalle basi il fondamento della Chiesa cattolica (Mortalium animos, 1927),
latteggiamento negativo deriva dalla particolare ecclesiologia cattolica del tempo e soprattutto da
una concezione dottrinale che non ammetteva alcun compromesso e alcun irenismo circa il
problema della verit. Ma la tematica ecumenica comincia ad essere affrontata anche da teologi
cattolici, fra cui spicca Y. Congar. Egli inizia in Francia la collana Unam Sanctam con il primo
volume: Chrtiens dsunis. Principes dun oecumnisme catholique (1937). In Belgio viene
fondato un monastero ecumenico a Chevetogne (1926), che pubblica la rivista Irenikon. A Parigi p.
Dumont d vita al centro Istina con la rivista omonima, che ha il compito del dialogo soprattutto con
lortodossia.
- Il movimento missionario. Lavvenimento senza dubbio pi importante la consacrazione di sei
vescovi cinesi nel 1926. Si comprende che levangelizzazione dei popoli non pu essere
unimpresa simile ad una colonizzazione e si intravede nellepiscopato autoctono una delle strade
in grado di riformare la teologia della missione. Nel periodo fra le due guerre prende corpo il tema
della plantatio ecclesiae, intesa come limpegno di incarnare la Chiesa nel terreno delle varie
culture e dei vari popoli. Il tema della plantatio ecclesiae strettamente connesso con quello
delladattamento delle forme ecclesiali tradizionali (liturgia, teologia, linguaggio religioso, strutture
canoniche) alle nuove situazioni. Il decreto Ad gentes del Vaticano II porter a compimento
questa rinnovata teologia della missione.

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2.Anche la riflessione teologica, dovendo far fronte ai nuovi fattori di rinnovamento, si
impegna in un notevole sforzo di approfondimento in tema ecclesiologico.

- Si assiste in questo periodo ad una incertezza e talvolta divergenza di metodo per la difficolt di
integrare le nuove tendenze nella dottrina tradizionale sulla Chiesa. Il De Ecclesia era rimasto un
trattato profondamente apologetico, mirante a provare listituzione ecclesiale di fronte alle
minacce di un suo possibile dissolvimento. Si comprende la necessit di partire da una visione pi
teologica sula Chiesa, ossia dal suo mistero, per arrivare poi anche a comprendere le sua
dimensione istituzionale. Ci si trov di fronte allalternativa di scegliere tra la Chiesa-mistero e la
Chiesa-istituzione come punto di partenza dellecclesiologia. Di fatto le soluzioni di questo periodo
finiscono o per giustapporre il trattato apologetico e quello dogmatico come due parti separate
dellecclesiologia, oppure in un abbandono e in un discredito della esposizione apologetica per
privilegiare il trattato dogmatico.
- Resta il fatto che prendono consistenza in questo periodo pressoch tutti i temi che
determineranno il rinnovamento dellecclesiologia e che confluiranno nel Vaticano II.
Due sono i concetti-chiave che in questo periodo fanno da perno per il rinnovamento
dellecclesiologia.
Il primo dato dallidea di Chiesa come Corpo mistico di Cristo, che prevale su quello di Chiesa
come societ perfetta. In seno al cattolicesimo questa dottrina finisce per imporsi rapidamente,
anche per merito degli studi di E. Mersch (1933) su questo tema. Lidea non era tuttavia priva di
qualche ambiguit, che prester il fianco ad interpretazioni spiritualistiche e mistiche della Chiesa,
a danno dei suoi aspetti visibili comunitari. Lidea comunque fu salutare, perch svilupp la
dimensione cristologica e pneumatologia della Chiesa. Lunione della Chiesa con Cristo capo fece
dellecclesiologia un prolungamento della cristologia. E ci rendeva ragione della struttura
teandrica della Chiesa, cio del suo aspetto istituzionale e insieme del suo aspetto misterico.
Inoltre unecclesiologia centrata sulla Chiesa-mistero non poteva ignorare la missione dello Spirito
Santo nella Chiesa: una dimensione gi sviluppata da Moehler, e che aveva ricevuto una
autorevole conferma nella Divinum illud (1897) di Leone XIII.
Laltro concetto-chiave quello di comunit. Esso logica conseguenza dellidea precedente.
Se la Chiesa il Corpo mistico di Cristo, gli elementi verticali di grazia e di comunione della Chiesa
con Dio attraverso Cristo nello Spirito, implicano la realt orizzontale della comunit come
espressione visibile e necessaria dei legami interiori. Lopera di K. Adam, Das Wesen des
Katholizismus (Lessenza del cattolicesimo), del 1924, ha fornito i fondamenti teologici della
Chiesa come comunit. La realt comunitaria della Chiesa arricchita anche da due nozioni di
provenienza sociologica, quella di Gesellschaft (societ) e quella di Gemeinschaft (comunit):
entrambe si oppongono al concetto di massa ed hanno fra loro legami molto stretti, nel senso che
la societ visibile la manifestazione di una comunit di vita, mentre lorganizzazione esteriore
lespressione di un organismo vivo.

Questi due concetti-chiave domandano anche una riformulazione del problema dellunit della
Chiesa e quello riguardante io rapporto tra Chiesa e salvezza.
Circa il primo, evidente che una concezione di Chiesa come societ visibile richiedeva una
risposta prevalentemente giuridica al problema, perch lunit della Chiesa doveva essere risolta in
termini sufficientemente chiari di uniformit sociologica, anche se rimaneva sempre valida la
distinzione, nata al tempo dei Padri, fra una appartenenza alla Chiesa numero e merito. Con la
caduta di questa definizione di Chiesa, e la nascita di una concezione misterica della Chiesa,
vengono gettate le basi per un rinnovamento del problema dellunit della Chiesa e delle frontiere
stesse della Chiesa.
Circa il secondo problema, se la Chiesa una realt teandrica una, significa che luomo giunge a
salvezza nella e mediante la Chiesa. Da qui il significato da attribuire allantico assioma extra
ecclesiam nulla salus. Ma la salvezza che si pu ricevere anche al di fuori della Chiesa visibile, in
che rapporto sta con questa stessa Chiesa? La risposta tradizionale dellappartenenza alla Chiesa
in re e in voto, se risolveva il problema dellappartenenza alla Chiesa anche da parte di un pagano,
non dava risposta allinterrogativo circa la natura del rapporto fra salvezza e Chiesa. Mentre le
affermazioni dei documenti magisteriali, dalla Satis cognitum di Leone XIII (1896) alla Mystici
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Corporis di Pio XII (1943) tendevano ad identificare la Chiesa visibile col Corpo mistico di Cristo, le
opere dei teologi sottolineavano la non piena coincidenza fra le due realt.

Terzo periodo: dal 1940 al Vaticano II

1.Questo periodo inizialmente dominato dallenciclica Mystici Corporis di Pio XII (1943).
Pi che segnare un orientamento per il futuro, lenciclica coron limpegno compiuto da
due decenni per rimettere lidea di Corpo mistico al centro dellecclesiologia, rispondendo
anche alle ambiguit che questa idea aveva contribuito a far sorgere, ambiguit che
portarono o alla tendenza spiritualistica, o a quella, opposta, di immaginare una presenza
fisica permanente di Cristo nel cristiano. La tesi centrale che ci che Paolo chiama
corpo di Cristo non designa una realt puramente spirituale, ma un organismo sociale,
visibile, gerarchicamente ordinato e strutturato. Pio XII intendeva infatti eliminare due
errori in campo ecclesiologico: quello del razionalismo, da cui deriva una certo volgare
naturalismo, il quale non vede n vuole riconoscere altro nella Chiesa allinfuori dei
vincoli puramente giuridici e sociali (n.9); e quella del falso misticismo, del falso
spiritualismo.

Il grande merito dellenciclica stato il superamento definitivo di una pura e semplice assimilazione
della Chiesa ad una societ umana. La prima parte, la pi importante delle tre che la compongono,
spiega analiticamente la definizione di Corpus Christi mysticum. La Chiesa un corpus: unico,
indiviso, visibile, organico, dotato di organi vitali (sacramenti) e formato da membri determinati, i
quali sono tutti coloro che sono battezzati e professano la vera fede; Christi: Cristo viene descritto
come il fondatore, il capo, il sostentatore, il conservatore del Corpo; mysticum: si tratta di un corpo
reale, ma nel senso che si oppone sia ad una visione organico-fisicista dei rapporti fra Cristo e il
suo Corpo, sia ad una visione puramente spirituale e morale. Pio XII critica ogni opposizione fra
una Chiesa del diritto e una Chiesa della carit.
Lidentificazione fra il Corpo mistico di Cristo e la Chiesa cattolica romana port a risolvere in modo
obbligato la dottrina dellappartenenza a questo corpo: solo i cristiani cattolici sono, di per s,
membri della Chiesa, mentre quelli che sono tra loro divisi per ragioni di fede o di governo, non
possono vivere nellunit di tale Corpo e per conseguenza neppure nel suo divino Spirito (n.20).
Circa tutti gli altri, il Papa li esorta a far di tutto per sottrarsi al loro stato in cui non possono sentirsi
sicuri della propria salvezza, perch, sebbene siano ordinati al Corpo mistico del Redentore da un
certo inconsapevole desiderio e anelito (etiamsi inscio quodam desiderio ac voto ad mysticum
Redemptoris Corpus ordinentur), tuttavia sono privi di quei tanti doni ed aiuti celesti che solo nella
Chiesa cattolica dato di godere (n.102).
Lenciclica segn comunque una tappa importante nello sviluppo dellecclesiologia cattolica. Se da
una parte essa poteva favorire la tendenza ad assolutizzare listituzione gerarchica e a fare del
Papa stesso una specie di Capo secondario del Corpo mistico, dallaltra il documento poneva
listituzione ecclesiale sotto la signoria di Cristo.

2. Dopo la pubblicazione della M.C. gli orientamenti ecclesiologici si moltiplicarono dietro le spinte
di nuove situazioni e di nuovi studi. Lacquisizione pi significativa della M.C. ossia la riscoperta
del mistero della Chiesa (sia pure in una prospettiva ancora prevalentemente istituzionale) ha
permesso alla riflessione teologica successiva di far ritorno alla realt visibile della Chiesa,
scoprendo in essa non pi una semplice istituzione da comprendere secondo modelli
prevalentemente mondani, ma una comunione di persone, un popolo operante nella storia e
mescolato ad altri popoli, vivente dunque la medesima vicenda storica di tutti, ma con la coscienza
di adempiere ad una missione sui generis. Il problema della visibilit della Chiesa non pi risolto
in termini di pura struttura giuridica o secondo categorie puramente sociologiche, ma si arricchito
di due categorie teologiche che hanno richiamato lattenzione degli ecclesiologi: la sacramentalit
e la cattolicit.
La categoria di sacramento, che si imporr anche al Vaticano II, si rivela fecondo per
esprimere il rapporto del visibile con linvisibile e dunque per evitare ogni opposizione tra la realt
spirituale della Chiesa e il segno esterno rappresentato dalla sua vita empirica e istituzionale.
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Definendo la Chiesa come sacramento primordiale (cos O. Semmelroth, Die Kirche als
Ursakrament , 1953), la si intende in rapporto alla sua essenziale bipolarit, che la pone fra il
mistero di Dio, che si rivelato agli uomini mediante Cristo nello Spirito Santo, e la sua realt
storica, che fa della Chiesa una comunit visibile di persone, organizzata e strutturata in istituzioni,
in confessioni di fede, in testimonianze storiche, in gesti liturgici. La sacramentalit permette di
vedere la Chiesa come evento misterioso che non adeguatamente riducibile nelle sue strutture
visibili e nello stesso tempo consente di individuare nella vita sociocomunitaria del popolo credente
il segno indispensabile dellevento nascosto e lo strumento necessario per rendere storicamente
efficace questo stesso evento. Lecclesiologia sacramentaria supera cos decisamente ogni
tentazione di giuridismo e di sociologismo e allo stesso tempo non permette fuggitive divagazioni
nel mistero dellinvisibile che svuoterebbe di senso la comunit storica e tutte le sue componenti
strutturali (S. Dianich, Ecclesiologia, in Dizionario di Teologia Interdisciplinare, vol. 2, p. 23). La
prospettiva sacramentale quella prevalentemente adottata dagli ecclesiologi odierni, ed quella
presente, sia pure in modo molto variegato, nelle opere di teologi come Semmelroth, Rahner,
Schillebeeckx, Ratzinger, Balthasar, Congar, De Lubac.
Anche la categoria di cattolicit stata profondamente studiata e rinnovata, anche dietro la
sollecitazione di fatti storici ben determinati. Il problema Chiesa-mondo diventato sempre pi
acuto con la presa di coscienza della secolarit del mondo; la riscoperta stessa del mistero della
Chiesa provoca una certa relativizzazione delle sue strutture storiche; il riconoscimento di molte
sensibilit religiose in seno al cristianesimo ha causato una caduta delluniformit a tutti i livelli; le
giovani Chiese missionarie hanno presentato esigenze di rinnovamento fino a ieri ritenute
dannose; lo stesso movimento ecumenico ha ridato alla nota della cattolicit un impulso
rinnovatore.

3.In questo periodo nascono in seno alla Chiesa nuove sensibilit e nuove esperienze che
richiesero ai teologi un supplemento di riflessione.

Un primo settore quello dellevangelizzazione. Ci si rende sempre pi conto che evangelizzare
non significa semplicemente annunciare la buona notizia del regno, ma ha bisogno di un lavoro
previo e accompagnatorio che, tenendo conto dei destinatari dellannuncio, incarni la salvezza
cristiana dentro lorizzonte culturale e dentro lopera di promozione umana. La Chiesa si rende
conto che non pu servire se stessa, n pu accontentarsi di una pastorale dirimpettaia nei
confronti del mondo, ma evangelizza il mondo se si pone al servizio integrale degli uomini e dei
popoli, condividendo e certo anche purificando lopera umanizzatrice.

Un secondo settore la presa di coscienza della assemblea eucaristica locale: tale
assemblea che introduce al mistero della Chiesa universale. Ci pone in discussione la struttura
rigidamente piramidale della Chiesa e introduce una dimensione di circolarit dinamica fra le
diverse Chiese locali. Non viene messo in discussione il ministero gerarchico come tale, ma il suo
effettivo esercizio, che viene dislocato da una visione gerarchico-piramidale e inserito in un altro
modello, quello della comunione gerarchica. Il ministero visto non pi al vertice della Chiesa, ma
come il suo centro, che assicura lunit dellintero popolo di Dio.

Un terzo settore quello del laicato. Nel 1953 Congar pubblica unopera diventata fondamentale,
Jalons pour une thologie du laicat, la quale, facendo leva sulla condizione battesimale, rid ai laici
cristiani un ruolo attivo nella Chiesa e nello stesso tempo ne sottolinea limportanza per limpegno
di evangelizzazione nel mondo. La soluzione per non ancora raggiunta in modo soddisfacente,
in quanto il laico si sente diviso tra lessere membro della Chiesa e lessere cittadino cristiano nella
citt secolare. Si comprende certo che fra le due appartenenze c un legame indiscutibile, ma
tale legame difficile da esplicitare. Nascono allora le grandi questioni: si tratta per il laico di
annunciare Cristo esplicitamente l dove il prete non pu arrivare? Si tratta di battezzare le
strutture temporali? Come collaborare allapostolato gerarchico mantenendo la propria specificit
di laico, impegnato soprattutto nel campo temporale? Non c il rischio di cadere in una forma
sottile di clericalismo? A tali interrogativi si tenter di dare risposta al Vaticano II.

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Un quarto settore quello del ministero ordinato. La vita della Chiesa e quella dei sacerdoti sono
sempre state profondamente legate. Dopo la fine della II guerra mondiale in Francia si fa strada
unesigenza missionaria particolare, quella del sacerdote che intende rimanere solidale con gli
uomini del proprio tempo: i poveri e gli operai sono le categorie di persone verso le quali questa
esigenza maggiormente avvertita. Lesperienza dei preti operai lespressione pi radicale di
questo nuovo stile missionario. Questo nuovo orientamento presenta una questione di fondo che
direttamente coinvolge la teologia del ministero e lecclesiologia. Dal concilio di Trento la figura del
prete era strettamente legata al culto e alla celebrazione eucaristica. Tale concezione del prete era
diretta conseguenza di una certa idea di Chiesa, centrata sul culto e sulla liturgia. Al prete centrato
sulleucaristia si oppone ora il prete destinato alla missione, cos come ad una Chiesa centrata sul
culto si oppone una Chiesa il cui asse portante la missione verso il mondo. Evidentemente la
soluzione non poteva essere data da una contrapposizione fra culto e missione, ma la tensione
che nacque e si acutizz soprattutto in Francia spinse ad approfondire e a rinnovare lo stretto
legame esistente fra queste due dimensioni dellesperienza cristiana.

Infine, si sono moltiplicati i legami e gli scambi fra i cristiani di diverse confessioni. Gi la settimana
di preghiere per lunit dei cristiani era da tempo entrata nel mondo cattolico e ufficialmente
approvata da Benedetto XV nel 1916. Nel 1938 i due organismi Life and Work e Faith and
Order progettarono la loro unione, che si attu ad Amsterdam nel 1948 e prese il nome di
Consiglio Ecumenico delle Chiese (World Council of Churches: WCC). Dopo la seconda guerra
mondiale si intensific il dialogo fra i teologi delle diverse confessioni cristiane. Per iniziativa di
mons. Willebrands si form nel 1952 la Conferenza internazionale per i problemi ecumenici, il cui
lavoro sfoci nel Segretariato per la promozione dellunit dei cristiani, creato nel 1960 da
Giovanni XXIII e presieduto dal card. Bea. Il Segretariato divenne poi Commissione Conciliare
durante i lavori del Vaticano II ed ebbe un ruolo determinante per la stesura del Decreto conciliare
sullecumenismo Unitatis redintegratio.






























9
Capitolo Secondo:
INTRODUZIONE ALLA LETTURA DELLA LUMEN GENTIUM

La promulgazione della Costituzione dogmatica Lumen Gentium (LG), avvenuta il 21
novembre 1964 da parte dei Padri conciliari, stato uno degli atti pi salienti del Concilio
Vaticano II. Questo documento dottrinale, definito da Paolo VI monumentale, non nato
in un giorno. Ci sono voluti 4 anni di intenso lavoro, che ha impegnato vescovi e teologi
nella maturazione della sintesi pi vigorosa della dottrina sulla Chiesa. Essa andrebbe
letta e compresa alla luce di tutti i documenti del Vaticano II, in modo particolare alla luce
delle altre tre importanti Costituzioni emanate dal Concilio, ossia la Sacrosanctum
Concilium sulla liturgia, la Dei Verbum sulla divina rivelazione e la Gaudium et spes sulla
Chiesa nel mondo contemporaneo. La Costituzione De Ecclesia comunque il cuore del
Vaticano II, lespressione pi compiuta dello spirito che lo ha animato e il testo dal quale
prendono significato gli altri documenti. Grande il suo valore per la storia della Chiesa:
per la prima volta un Concilio ecumenico tratta ampiamente il tema ecclesiologico nella
visuale pi ampia della rivelazione. Certo, la LG non offre unecclesiologia completa. Un
Concilio non una scuola di teologia e i documenti conciliari non intendono essere trattati
teologici, bens dichiarazioni magisteriali che esprimono la fede cattolica del popolo
cristiano nellora presente, una fede da una parte sostenuta dallo Spirito Santo sempre
operante nella sua Chiesa, e dallaltra sempre aperta a nuovi sviluppi per giungere alla
verit tutta intera.
Pi che di nuove idee si tratta di prospettive e di accentuazioni che si distinguono dal
passato pur essendo fondamentalmente ad esse conformi. Frutto di una reinterpretazione
o di una rinnovata ripresa delle fonti bibliche, patristiche e liturgiche sulla Chiesa, la LG
riscopre aspetti dimenticati, anche se mai disconosciuti. Vale anche per la LG quanto
Benedetto XVI asseriva per linterpretazione di tutto il Vaticano II nel celebre discorso alla
Curia Romana del 22 dicembre 2005:
Tutto dipende dalla giusta interpretazione del Concilio o come diremmo oggi dalla sua giusta
ermeneutica, dalla giusta chiave di lettura e di applicazione. I problemi della recezione sono nati dal fatto che
due ermeneutiche contrarie si sono trovate a confronto e hanno litigato tra loro. L'una ha causato
confusione, l'altra, silenziosamente ma sempre pi visibilmente, ha portato frutti. Da una parte esiste
un'interpretazione che vorrei chiamare ermeneutica della discontinuit e della rottura; essa non di rado si
potuta avvalere della simpatia dei mass-media, e anche di una parte della teologia moderna. Dall'altra parte
c' l'ermeneutica della riforma, del rinnovamento nella continuit dell'unico soggetto-Chiesa, che il Signore
ci ha donato; un soggetto che cresce nel tempo e si sviluppa, rimanendo per sempre lo stesso, unico
soggetto del Popolo di Dio in cammino. L'ermeneutica della discontinuit rischia di finire in una rottura tra
Chiesa preconciliare e Chiesa postconciliare.

In questo modo la Chiesa resta fedele alla sua missione: mantenere sempre nuova e
appetibile per gli uomini di tutti i tempi la perenne novit di Cristo sempre rinascente e mai
appassita. La LG non ha definito nessun dogma e non ha condannato nessuna eresia. Il
suo valore sta nella visione organica del proprio mistero, che la Chiesa ha tentato di
decifrare, per distinguere gli elementi essenziali da quelli secondari, i mutevoli da quelli
immutabili. La LG espone le dimensioni interiori del mistero della Chiesa, e che sono
anteriori alle sue strutture esterne e alle sue incarnazioni storiche. Ha ricercato quel
lessenza della Chiesa, per ripresentarla a tutti e per essere cos fedele alla sua missione
di sempre.
Gi lo snodarsi dei suoi capitoli fa emergere chiaramente qual il disegno di fondo
che i Padri conciliari hanno voluto delineare. I primi due capitoli che sono i capitoli
fondamentali da quali deriva tutto il resto espongono il mistero della Chiesa che si
radica nello stesso mistero trinitario (cap. I) e la sua incarnazione storica come popolo di
Dio (cap. II). Il cap. III espone la costituzione gerarchica della Chiesa, soprattutto
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lepiscopato. Il cap. IV tratta dei fedeli laici. Il cap. V parla della universale vocazione
alla santit nella Chiesa. Il cap. VI si sofferma sui religiosi. Il cap. VII illustra lindole
escatologica della Chiesa pellegrinante e il cap. VIII dedicato alla figura della beata
Vergine Maria nel mistero di Cristo e della Chiesa.

1.LA CHIESA NEL DISEGNO DI DIO

La LG ha rinunciato ad una definizione sintetica della Chiesa e ha preferito una
descrizione che tenesse conto, il pi possibile, di tutti gli aspetti della Chiesa. Essaha
operato un recupero significativi, reintegrando il mistero della Chiesa nel contesto
generale della storia salvifica. In tal modo la Chiesa stata ricollocata nella sua sede pi
propria mediante due serie di recuperi:
- lecclesiologia classica aveva favorito una specie di idolatria della Chiesa, la quale appariva
come il termine finale del disegno salvifico di Dio, identificando in tal modo la Chiesa visibile con il
regno di Dio. Il Vaticano II ha respinto questa identificazione, recuperando una distinzione fra
Chiesa e regno di Dio che si era attenuata, senza per questo arrivare ad una sorta di
estraneazione o di opposizione. La Chiesa viene presentata come linizio, il germe storico del
regno di Dio, che prepara la sua venuta finale;
- lecclesiologia classica, anche nella sua sintesi della Mystici Corporis, aveva identificato
Chiesa visibile e corpo di Cristo, con la conseguenza di leggere la Chiesa come il Cristo stesso
che prolunga la sua incarnazione nella storia. Il Vaticano II, anche qui senza arrivare ad una
opposizione, sfuma questa identificazione: la Chiesa concepita come strumento al servizio di
Cristo e della sua opera salvifica.
La Chiesa, in conclusione, non pi il centro e il fine del disegno salvifico di Dio, ma essa
stessa messa al servizio come sacramento indispensabile di questo progetto divino, che pi
grande della Chiesa, ma che non pu giungere al suo compimento senza di essa.

a.La Chiesa opera della Trinit divina.
Se la Chiesa il capolavoro storico dellintera Trinit, essa ha con le tre divine Persone un
rapporto singolare che la LG mette in evidenza.
Da oltre quattro secoli la Chiesa era definita come la societ dei fedeli, fondata da Cristo,
professanti lunica fede, partecipanti ai medesimi sacramenti e obbedienti ai legittimi pastori. Se i
documenti magisteriali precedenti avevano gi orientato la riflessione verso il mistero trinitario
come il mistero fontale di tutta lopera salvifica, mai il magistero ecclesiastico aveva esposto con
tale forza il legame tra il mistero della Trinit e il mistero della Chiesa. I numeri 2-3-4 di LG sono la
esposizione di questa radice trinitaria della Chiesa: essa opera del Padre, opera del Figlio,
presenza santificata dallo Spirito Santo.

b.Il piano di salvezza delleterno Padre
La volont salvifica universale di Dio un dogma della nostra fede. Dio ha attuato questa sua
volont anzitutto creando luniverso e luomo, e poi destinando luomo a partecipare alla sua vita
divina. Questa sua volont stata pi forte anche del peccato umano. Il che porta a concludere
che la grazia di Dio allopera da sempre e ovunque. Lo strumento di questa sua volont salvifica
un popolo, prefigurato allinizio del mondo, preparato e in parte attuato nella storia di Israele,
costituito da Cristo mediante leffusione del sangue, e che trover il suo compimento alla fine dei
tempi.
Al di l delle varie tappe con cui il disegno di Dio va attuandosi nella storia, rilevante
laffermazione che il progetto di Dio si attua mediante un popolo, come sin esprime la LG:
In ogni tempo e in ogni nazione accetto a Dio chiunque lo teme e opera la giustizia (cfr. At 10,35).
Tuttavia Dio volle santificare e salvare gli uomini non individualmente e senza alcun legame tra loro, ma
volle costituire di loro un popolo, che lo riconoscesse secondo la verit e lo servisse nella santit.
Scelse quindi per s il popolo israelita, stabil con lui un'alleanza e lo form lentamente, manifestando nella
sua storia se stesso e i suoi disegni e santificandolo per s. Tutto questo per avvenne in preparazione e
figura di quella nuova e perfetta alleanza da farsi in Cristo, e di quella pi piena rivelazione che doveva
essere attuata per mezzo del Verbo stesso di Dio fattosi uomo (n.9).
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La Chiesa prefigurata fin dallorigine dellumanit ed destinata ad estendersi a tutti i popoli della
terra. Se volessimo indagare ulteriormente le ragioni di questa strutturazione sociale della
salvezza, potremmo addurne almeno due:
- una ragione di ordine antropologico: Dio salva luomo concreto , che strutturato secondo una
dimensione storica e personale-comunitaria. Se Dio vuole entrare in dialogo con luomo, non pu
non entrare nella sua storia e non salvare luomo secondo la totalit delle sue dimensioni,
comprese quelle comunitarie. Questa considerazione elimina alla radice ogni interpretazione
spiritualistica e ogni riduzione intimistica e individualistica dellesperienza religiosa e fonda
lecclesialit della fede cristiana;
- una ragione storico-salvifica: Dio di fatto ha intessuto relazioni con un popolo particolare, il popolo
ebraico: non in senso esclusivistico, ma nel senso inclusivo, ossia includendo, attraverso un
popolo particolare, tutti i popoli del mondo. In questo senso il giudaismo trasmette al cristianesimo
la sua concezione sociale e comunitaria della salvezza.



2.LA CHIESA, OPERA DEL FIGLIO INCARNATO, MORTO E RISORTO

Tutti i trattati ecclesiologici mettono in rilievo il legame che unisce Cristo e la Chiesa, ma si
andati oscillando tra una concezione giuridicista di Chiesa, tendente a separare
eccessivamente Cristo dalla sua Chiesa, e una concezione organicista che tendeva alla
totale coincidenza fra Cristo e la Chiesa.
Nella prima concezione la Chiesa rapportata a Cristo in termini di semplice fondazione: la
Chiesa viene s istituita da Cristo, ma poi viene affidata sul piano spazio-temporale alla gestione
della gerarchia, sua legittima rappresentante che governa la Chiesa al posto di Cristo. In tale
concezione il rapporto fra Cristo e i fedeli passa attraverso alla comunione con la gerarchia della
Chiesa, ma Cristo rimane per cos dire sullo sfondo.
Nella seconda concezione si propone una specie di identit biologica fra Cristo e la Chiesa: La
Chiesa Ges Cristo sparso e comunicato diceva Bossuet (1627-1704), con unespressione per
lo meno ambigua. La stessa Mystici Corporis condann ogni teologia del Corpo mistico che
affermasse una identit nellessere tra Cristo e le sue membra.
Se la prima concezione favorisce un certo nestorianesimo ecclesiologico (una certa
separazione fra Cristo e la Chiesa, analogamente alla separazione, in Cristo, fra la natura divina e
quella umana), la seconda genera una sorta di monofisismo ecclesiologico (divinizzazione della
Chiesa) altrettanto dannoso quanto quello cristologico.

Lecclesiologia conciliare permette di impostare i rapporti fra Cristo e la Chiesa
mediante tre espressioni: Chiesa e Regno di Dio; Chiesa popolo di Dio; Chiesa Corpo di
Cristo.

- Chiesa e Regno di Dio
Se il progetto di Dio Padre di radunare tutti gli uomini nel Figlio, Cristo ha storicizzato questo
disegno inaugurando sulla terra il Regno dei cieli, presente in mistero nella Chiesa: Cristo, per
adempiere la volont del Padre, ha inaugurato in terra il regno dei cieli e ci ha rivelato il mistero di lui, e
con la sua obbedienza ha operato la redenzione. La Chiesa, ossia il regno di Cristo gi presente in mistero,
per la potenza di Dio cresce visibilmente nel mondo (LG 3). La LG non specifica quando Cristo ha
istituito e fondato la Chiesa; afferma per che il Signore Ges diede inizio ad essa predicando la buona
novella, cio l'avvento del regno di Dio da secoli promesso nella Scrittura: Poich il tempo compiuto, e
vicino il regno di Dio (Mc 1,15; cfr. Mt 4,17). Questo regno si manifesta chiaramente agli uomini nelle
parole, nelle opere e nella presenza di Cristo (n.5). Si pone dunque una correlazione, che non
identit ma neppure estraneit, fra Regno e Chiesa. Nel corso della storia i teologi ora hanno
accentuato la continuit fra Regno e Chiesa, ora ne hanno sottolineto la distanza.
La teologia post-tridentina sottendeva unecclesiologia che identificava Chiesa e Regno. In tal
caso il rischio di far coincidere le forme storiche della Chiesa con la manifestazione piena del
Regno stesso, cadendo in una sorta di trionfalismo che non sa pi accettare lassioma
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dellEcclesia semper purificanda di cui parla LG 8 e che fa fatica ad aprirsi alle novit del futuro e
della storia stessa.
Esiste per anche una teologia che da una parte opera una riduzione individualistica e
spiritualistica del Regno, nel senso che il luogo della sua presenza viene fatto esaustivamente
coincidere con la coscienza; e dallaltra opera una riduzione escatologica del Regno, nel senso
che il Regno viene presentato come una realt soltanto futura rispetto a cui il tempo presente non
avrebbe alcuna densit salvifica. In entrambe queste riduzioni il Regno non ha alcun aggancio con
la vicenda storica delluomo. Ci in contrasto con i dati del NT, secondo cui il Regno in
profonda relazione con la storia e dunque deve presentarsi anche secondo una dimensione
pubblica e sociale.
Durante la crisi modernista. A. Loisy ha scritto con ironia una espressione diventata celebre:
Ges predicava il Regno ed invece venuta la Chiesa. Ponendo le due realt in opposizione tra
loro, Loisy non vedeva nella Chiesa che una societ esteriore, sprovvista di qualsiasi prospettiva
escatologica, dunque una realt che avrebbe tradito e oscurato la primitiva predicazione di Ges.
In realt, Ges ha predicato il Regno di Dio conferendogli i lineamenti storici della Chiesa. Come
dice la LG: La Chiesa, fornita dei doni del suo fondatore e osservando fedelmente i suoi precetti di carit,
umilt e abnegazione, riceve la missione di annunziare e instaurare in tutte le genti il regno di Cristo e di
Dio, e di questo regno costituisce in terra il germe e l'inizio. Intanto, mentre va lentamente crescendo, anela
al regno perfetto e con tutte le sue forze spera e brama di unirsi col suo re nella gloria (n. 5). Dunque, se
la Chiesa non pu essere identificata con il Regno di Dio, essa per pi di una semplice
prefigurazione. La riformulazione di questo rapporto, avviata dalla LG, ha operato due recuperi in
campo ecclesiologico: quello della dimensione escatologica e quello della dimensione penitenziale,
profondamente intrecciati tra loro.
La dimensione escatologica tiene insieme la tensione di due realt che sembrano in contrasto
fra loro. La Chiesa da una parte il popolo di Dio in cammino su una terra straniera, in attesa di
giungere alla pienezza del Regno; dallaltra la Chiesa gi abitata dal Cristo risorto e dunque gi
immersa nel secolo futuro. Essa vive tra il gi della Pasqua di Cristo e il non-ancora della sua
Parusia. In un certo senso la Chiesa lescatologia gi presente e realizzata, ma nel mistero: i
beni del Regno sono gi posseduti dalla Chiesa, ancora in modo imperfetto, ma realmente. Tale
dimensione escatologica conferisce un grande dinamismo alla Chiesa e allinsieme delle sue
strutture, nessuna delle quali pu pretendere la definitivit.
La dimensione penitenziale deriva dalla precedente: proprio perch la Chiesa non si identifica
con Cristo e neppure con la pienezza del Regno, allora essa santa e sempre bisognosa di
purificazione e per questo mai tralascia la penitenza e il suo rinnovamento (LG 8). Perfino nelle
sue istituzione pi sante la Chiesa avverte il bisogno di purificazione: La rinnovazione del mondo
irrevocabilmente acquisita e in certo modo reale anticipata in questo mondo: difatti la Chiesa gi sulla
terra adornata di vera santit, anche se imperfetta. Tuttavia, fino a che non vi saranno i nuovi cieli e la
terra nuova, nei quali la giustizia ha la sua dimora (cfr. 2 Pt 3,13), la Chiesa peregrinante nei suoi
sacramenti e nelle sue istituzioni, che appartengono all'et presente, porta la figura fugace di questo mondo;
essa vive tra le creature, le quali ancora gemono, sono nel travaglio del parto e sospirano la manifestazione
dei figli di Dio (cfr. Rm 8,19-22) (LG 48).

- La Chiesa popolo di Dio
Con questa espressione entriamo nel cuore dellecclesiologia conciliare, insieme a quella di
Chiesa Corpo di Cristo. Fra le due definizioni infatti esistono molteplici e dialettiche correlazioni
che la teologia postconciliare ha messo in rilievo.
Resta il fatto che la LG ha valorizzato lespressione di popolo di Dio. Questa denominazione
presente nel NT. Fin dalle origini la Chiesa si autocompresa come lerede legittima del popolo
della promessa. Nel tentativo di riscoprire la specificit della Chiesa, la si trovata in questo: la
Chiesa la continuazione di Israele, il nuovo popolo di Dio, incaricato di portare a compimento
non solo le promesse, ma la realizzazione stessa della salvezza che si operata in Cristo. Uno dei
testi conciliari fondamentali per comprendere la Chiesa quale popolo di Dio ( il titolo stesso del II
cap. della Costituzione) LG 8:
Questo popolo messianico ha per capo Cristo dato a morte per i nostri peccati e risuscitato per la
nostra giustificazione (Rm 4,25), e che ora, dopo essersi acquistato un nome che al di sopra di ogni altro
nome, regna glorioso in cielo. Ha per condizione la dignit e la libert dei figli di Dio, nel cuore dei quali
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dimora lo Spirito Santo come in un tempio. Ha per legge il nuovo precetto di amare come lo stesso Cristo ci
ha amati (cfr. Gv 13,34). E finalmente, ha per fine il regno di Dio, incominciato in terra dallo stesso Dio, e
che deve essere ulteriormente dilatato, finch alla fine dei secoli sia da lui portato a compimento, quando
comparir Cristo, vita nostra (cfr. Col 3,4) e anche le stesse creature saranno liberate dalla schiavit
della corruzione per partecipare alla gloriosa libert dei figli di Dio (Rm 8,21). Perci il popolo
messianico, pur non comprendendo effettivamente l'universalit degli uomini e apparendo talora come un
piccolo gregge, costituisce tuttavia per tutta l'umanit il germe pi forte di unit, di speranza e di salvezza.
Costituito da Cristo per una comunione di vita, di carit e di verit, pure da lui assunto ad essere
strumento della redenzione di tutti e, quale luce del mondo e sale della terra (cfr. Mt 5,13-16), inviato a
tutto il mondo.

Sottolineando che il capo della Chiesa Cristo, morto e risorto e attualmente regnante nella
gloria del cielo, si toglie alla vita ecclesiale ogni strutturazione di tipo puramente mondano. Tutte le
obbedienze allinterno della Chiesa sono da collocare allinterno della grande obbedienza che
lintero popolo di Dio deve esercitare verso Cristo, che il vero capo della Chiesa. La stessa
autorit nella Chiesa non concepibile n descrivibile mediante il ricorso a moduli mondani di
qualunque natura essi siano (monarchici, parlamentari, democratici).
Sottolineando che la condizione di questo popolo la libert e la dignit dei figli di Dio nel
cuore dei quali abita lo Spirito Santo, il concilio intende appellarsi alla grande tradizione biblico-
teologica sulluomo credente, sulluomo giustificato, reso libero dalla schiavit della legge. E
lantropologia teologica che viene integralmente recuperata entro una riflessione ecclesiologica,
dopo che per secoli il trattato De gratia era concepito come un trattato sullindividuo giustificato,
mentre il De Ecclesia era concepito come la descrizione degli aspetti sociali e dei ruoli delluomo
credente.
Sottolineando che la legge di questo popolo il nuovo precetto di amare come Cristo ci ha
amato, il Concilio suggerisce che i rapporti tra i membri della Chiesa devono ispirarsi non a modelli
puramente mondani, sia pure eticamente elevati, ma sono da viversi in termini di risposta allamore
di Cristo verso la Chiesa. Ci impegna la Chiesa non sul piano puramente morale, ma anche su
quello dogmatico. La Chiesa non puramente una societ, ma una comunione.
Sottolineando infine che questo popolo messianico ha per fine il Regno di Dio, il concilio
rimarca lindole escatologica della Chiesa, che viene fatto oggetto dellintero cap. VII della
Costituzione LG.

Da questa sommaria descrizione della Chiesa come popolo di Dio derivano alcune
conseguenze teologiche.
La prima conseguenza lesclusione di ogni forma di clericalizzazione della Chiesa. Se la
Riforma protestante del sec. XVI aveva insistito sulla Chiesa come comunit radunata dalla Parola,
fino a negare il ministero ordinato, lecclesiologia cattolica aveva contrapposto unimmagine di
Chiesa dove lelemento sacerdotale-gerarchico finiva per essere visto come il principale. E cos si
oper una specie di spaccatura nella Chiesa fra una gerarchia, diretta vicaria di Cristo, e la
comunit che le stava di fronte in modo subordinato. Se la Chiesa popolo di Dio, ne risulta senza
possibilit di equivoco che la Chiesa non mai solamente una determinata classe o gruppo o
autorit, ma sempre lintero popolo di Dio, composto da membri fondamentalmente uguali tra
loro, come afferma LG 32:
Non c' quindi che un popolo di Dio scelto da lui: un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo
(Ef 4,5); comune la dignit dei membri per la loro rigenerazione in Cristo, comune la grazia di adozione
filiale, comune la vocazione alla perfezione; non c' che una sola salvezza, una sola speranza e una carit
senza divisioni. Nessuna ineguaglianza quindi in Cristo e nella Chiesa per riguardo alla stirpe o nazione,
alla condizione sociale o al sesso, poich non c' n Giudeo n Gentile, non c' n schiavo n libero, non
c' n uomo n donna: tutti voi siete uno in Cristo Ges (Gal 3,28 gr.; cfr. Col 3,11).
Questa fondamentale uguaglianza non significa n deve significare appiattimento delle
diversit n egualitarismo massificante, ma da sottolineare come una realt ben pi significativa
di tutte le legittime e doverose diversificazioni, una realt che si radica nellevento battesimale. La
distinzione istituzionale tra gerarchia e laicato non il primo aspetto da tener presente quando si
vuole considerare debitamente lessenza della Chiesa.

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La seconda conseguenza da sottolineare che questo popolo di Dio, e di nessun altro. La
Chiesa non nasce dalla volont delluomo, non riunita dalla volont dei suoi membri di mettersi
insieme, non riunita a motivo di affinit psicologiche o culturali, neppure a motivo di condivisione
di programmi politico-sociali o di manifesti ideologici; n riunita per omogeneit religiose,
rispondenti cio ai bisogni pi profondi dello spirito umano. Il popolo di Dio riunito da Dio; nasce
e cresce per sua volont, convocato dalla sua Parola, non dalle nostre parole; dalla sua
decisione, non dalle nostre decisioni; convocato per la lode di Dio, non per la propria; per essere
il testimone del suo messaggio, non dei nostri; convocato per servire gli interessi di Dio, non i
propri; per tenere alto nella storia umana il peso di Dio, non per servire le potenze mondane.
Questo popolo dunque messo a parte da Dio stesso, distinto e separato da tutti gli altri popoli,
non per circoscrivere in se stesso la salvezza di Dio, ma per una missione salvifica universale.
Tale diversit non va vissuta in termini mondani di privilegio, ma in termini biblici di testimonianza e
di servizio.
Una terza conseguenza mette in rilievo lidea di storicit. Lespressione popolo di Dio
rimanda alla peregrinazione del popolo eletto attraverso il deserto. La LG sottolinea che questo
peregrinare caratterizza costantemente il popolo di Dio anche nel tempo neotestamentario: Come
gi l'Israele secondo la carne peregrinante nel deserto viene chiamato Chiesa di Dio (Dt 23,1 ss.), cos il
nuovo Israele dell'era presente, che cammina alla ricerca della citt futura e permanente (cfr. Eb 13,14), si
chiama pure Chiesa di Cristo (cfr. Mt 16,18) (n.9). Questa nozione di storicit traduce bene anche
lidea di rischio, di insicurezza, di verifica costante, di permanente riforma. E importante, per
lesatta comprensione del mistero della Chiesa, osservare che la Chiesa, fondata da Cristo una
volta per sempre e in maniera non riformabile quanto alla sua costituzione fondamentale, anche
immessa nella storia ed in cammino verso la Citt eterna quale sua destinazione finale. In
quanto immessa nella storia, significa che essa non pu liberarsi dal tempo e dallo spazio
delluomo. Non malgrado la storia, bens proprio nella storia questo popolo mette in atto i doni di
Dio. Lelemento storico non costituisce n qualcosa di estrinseco, se non di ostile, n uno scenario
esteriore nel quale si svolgerebbe unazione celeste. Se Cristo si incarnato, significa che lintera
opera di Dio deve prendere forma nella storia e mediante la storia.

- La Chiesa, Corpo di Cristo
Anche se non lidea centrale della LG, in realt la costituzione le dedica un intero paragrafo, il
n.7 e gli ecclesiologi la ritengono una nozione irrinunciabile per la definizione della Chiesa. E infatti
lidea precedente di popolo di Dio mette certamente in evidenza i tratti comuni esistenti fra il popolo
dellantica alleanza e quello della nuova alleanza, ma non sembra adeguata a cogliere la novit e
la specificit di questultimo, una novit che va colta a livello cristologico: Cristo infatti non
semplicemente il messia e il profeta escatologico degli ultimi tempi, ma il Logos, il Figlio di Dio
che si fatto carne.
Lespressione Corpo di Cristo riferita alla Chiesa viene dallo stesso san Paolo, che la utilizza e
la richiama a pi riprese. In Paolo essa ha almeno due significati.
Nella 1Cor 12, 12-30 e in Rm 12, 4 ss., lidea di Corpo di Cristo sembra riferirsi soprattutto la
profonda unione fra i membri della Chiesa, i quali, nonostante o in virt di una grande diversit,
conservano una profonda comunione fra loro: si direbbe in senso prevalentemente orizzontale. In
qualche modo viene in mente lapologo di Menenio Agrippa.
Le lettere della prigionia invece (cf. Ef 1,23 e Col 1, 18.24) oppongono Cristo come Capo al
corpo: si direbbe in senso prevalentemente verticale.
Questi due significati hanno potuto dar luogo anche a due diverse, ma non necessariamente
opposte visioni della Chiesa:
- il primo pu fondare una concezione societaria della Chiesa, che si limita alla nozione giuridica di
corpo per fondare lunit, la compattezza visibile;
- il secondo pu dare origine ad una visione organica e vitale del corpo ecclesiale, che unito al
suo Capo attraverso un legame sacramentale.
I teologi contemporanei, sulla scorta anche della Mystici Corporis e della LG, preferiscono
aggiungere il termine mistico, per affermare che i fedeli, in modo misterioso ma reale, sono in
qualche modo incorporati a Cristo.
Se il concetto di popolo di Dio ben adatto ad esprimere la storicit e la tensione escatologica
della Chiesa (il non ancora) e quindi a sottolineare gli aspetti di riforma e di penitenza, quello di
15
Corpo di Cristo appare necessario e complementare al precedente per fondare la santit della
Chiesa, la sua indistruttibile fedelt, la sua necessit per la permanenza storico-visibile della nuova
alleanza che Dio in Cristo ha stretto con lumanit (il gi). Ratzinger ha scritto: In questa
prospettiva si potrebbe perci definire la Chiesa come popolo di Dio in forza del Corpo di Cristo. Il
fatto di essere popolo di Dio cosa che in comune con il popolo dellAntica Alleanza; ma il suo
esserlo nel Corpo di Cristo, questo per cos dire la sua differenza specifica, quale nuovo popolo
di Dio; questo caratterizza il suo modo particolare di esistenza e di unit (Il nuovo popolo di Dio,
Brescia 1971, p.107).


3.LA CHIESA MISTERO DI COMUNIONE
La LG definisce la Chiesa in Cristo come un sacramento o un segno e uno strumento
dellintima unione con Dio e dellunit di tutto il genere umano (n.1). Lidea ritorna anche
in altri passi dei testi conciliari.
Mistero nelle lettere paoline indica il progetto eterno del Padre che, inaugurato con la
morte e risurrezione del Figlio, abbraccia nellunit della Chiesa lintera umanit, per
condurla al suo compimento, quando Dio sar tutto in tutti (1 Cor 15,28). Il mistero
dunque uneconomia, ossia un progetto che diventato realt, che si sta svolgendo nella
storia e che destinato al suo compimento finale. E un progetto che, nascosto nella
mente e nel cuore di Dio da sempre, si fatto visibile nella storia della prima alleanza e
poi definitivamente in Ges Cristo. Ges anzitutto il mistero di salvezza o, in altre
parole, il mistero di comunione tra Dio e lumanit. Il disegno nascosto nei secoli si
attuato nella storia per mezzo di Lui, che ce lo ha fatto conoscere e lha realizzato nella
sua vicenda pasquale, e lo ha comunicato ai discepoli nella Pentecoste, inviando lo Spirito
Santo.
La parola mistero fu tradotta in latino con la parola sacramento e nel medioevo
lessenza del sacramento fu condensata in una breve formula: signum efficax gratiae,
oppure, come il conc. di Trento desunse dalla tradizione agostiniana: Invisibilis gratiae
forma visibilis. Queste definizioni di sacramento furono rigorosamente usate solo per i
sette sacramenti e bene esprimono lidea che la grazia invisibile di Dio (la salvezza) viene
comunicata a noi mediante i segni visibili che, a partire da Cristo, sono stati costituiti nei
sette sacramenti.
E anche la Chiesa un sacramento, un mistero?
La teologia contemporanea risponde in modo affermativo, per i seguenti motivi.
- Anzitutto la Chiesa segno efficace di Cristo, la comunit che rende visibile e che comunica la
salvezza di Cristo. Non solo una manifestazione della salvezza di Cristo, ma un segno-
strumento, che opera efficacemente ci che significa.
- Il concetto di segno esclude ogni dualismo tra interiore ed esteriore, fra spirituale e materiale La
categoria della sacramentalit permette di articolare rettamente i due aspetti, senza opporli tra
loro, senza enfatizzare luno a danno dellaltro. Un dualismo fra una Chiesa ideale e una Chiesa
reale, fra una Chiesa invisibile e una Chiesa visibile, in contrasto con i dati del NT. Da qui
laffermazione di LG 8: Cristo, unico mediatore, ha costituito sulla terra e incessantemente sostenta la sua
Chiesa santa, comunit di fede, di speranza e di carit, quale organismo visibile, attraverso il quale diffonde
per tutti la verit e la grazia. Ma la societ costituita di organi gerarchici e il corpo mistico di Cristo,
l'assemblea visibile e la comunit spirituale, la Chiesa terrestre e la Chiesa arricchita di beni celesti, non si
devono considerare come due cose diverse; esse formano piuttosto una sola complessa realt risultante di
un duplice elemento, umano e divino.
- La sacramentalit opera anche un recupero della cristologia nellecclesiologia, come afferma LG
8: Per una analogia che non senza valore, quindi,la Chiesa paragonata al mistero del Verbo incarnato.
Infatti, come la natura assunta serve al Verbo divino da vivo organo di salvezza, a lui indissolubilmente
unito, cos in modo non dissimile l'organismo sociale della Chiesa serve allo Spirito di Cristo che la vivifica,
per la crescita del corpo (cfr. Ef 4,16). Esiste dunque una correlazione fra lunione ipostatica del
Verbo e la realt umano-divina della Chiesa, correlazione che il dettato conciliare esplica in termini
di analogia, ma che nella tradizione teologica ha ricevuto approfondimenti notevoli. Come si parla
16
di una struttura teandrica di Cristo, cos si pu, analogamente, parlare di una struttura teandrica
della Chiesa, secondo cui la struttura visibile della Chiesa al servizio dello Spirito Santo, o
secondo cui, se si vuole, la comunit al servizio della comunione. Del resto, la legge
dellincarnazione contrassegna tutta leconomia salvifica di Dio, secondo la quale, nellAT come nel
NT, la salvezza divina ci viene comunicata secondo lunico modo possibile, connaturale alla nostra
struttura umana, che composta non solo dallinteriorit, ma anche dalla storicit, dalla socialit,
dalla visibilit.
Non un caso che tutte le tensioni che sono apparse nella storia della Chiesa a proposito della
cristologia - riconducibili nella loro forma evoluta al monofisismo e al nestorianesimo sono
comparse anche e sono tuttora presenti a proposito della ecclesiologia. In tal modo potuto
sorgere un nestorianesimo ecclesiologico, che vuole la separazione della Chiesa in due entit
distinte: la Chiesa celeste, invisibile, la sola vera e santa Chiesa, e la Chiesa terrena, imperfetta e
peccatrice. Al contrario, un monofisismo ecclesiologico ha favorito lidea di una Chiesa
essenzialmente divina, dove ogni struttura ritenuta sacra e intoccabile. La cristologia
calcedonese, indirizzando la comprensione del mistero di Cristo su un binario che evitasse i due
errori estremi, pu essere un punto di riferimento anche per la comprensione della Chiesa.








































17
Capitolo III
LE NOTE DELLA CHIESA: UNA, SANTA, CATTOLICA, APOSTOLICA

1. Credo Ecclesiam
Nessun'altra affermazione di fede suscita, come questa ("credo la Chiesa una, santa, cattolica,
apostolica), tanta difficolt. Le riserve nei confronti della Chiesa provengono non solo dai non
praticanti, ma anche da non pochi di coloro che abitualmente frequentano la Chiesa.
L'affermazione di fede forte, e provoca interrogativi in tutti noi. Anche noi non facciamo fatica ad
essere abbagliati dalla figura straordinariamente libera, unitaria e provocatoria di Ges di
Nazareth; ma abbiamo difficolt nei confronti della Chiesa, della sua figura storica, delle sue
persone e delle sue istituzioni. Eppure l'affermazione di fede "credo la Chiesa" accompagna fin dai
primi secoli il cammino dei cristiani. Lo ha ricordato anche Paolo nella lettera agli Efesini: la
multiforme sapienza di Dio, apparsa in Cristo, viene conosciuta mediante la Chiesa (cf. 3, 10). Con
questa espressione si vuol dire che attraverso l'annuncio del vangelo la realt del corpo di Cristo si
presenta allo sguardo delle Potenze di questo mondo e quindi appare pubblicamente nell'universo.
Il corpo di Cristo disteso sulla croce destinato a protendersi in tutte le direzioni e in tutte le
dimensioni ("ampiezza, lunghezza, altezza e profondit") fino ad abbracciare l'intero cosmo. In
questo contesto la Chiesa viene confessata come corpo del Capo, da conservare nell'unit, perch
l'unico Signore, Cristo, e l'unico Spirito, rimandano in ultima analisi all'unico Dio. L'unit della
Chiesa rinvia all'unico Dio che vuol includere nella sua unicit tutti gli uomini. Cos l'unica Chiesa
il frutto e il segno dell'unicit di Dio. Non custodire l'unit della Chiesa significa in definitiva rendere
indegno di fede questo Dio unico e unificante, significa oscurare la sovranit di Colui che il Padre
di tutti; significa ricadere nelle potenze di questo mondo, che sono divise in se stesse.
I cristiani lungo i secoli hanno tenuto vivo questo discorso. Nel Simbolo apostolico confessiamo:
credo nello Spirito Santo, la santa Chiesa cattolica... E nel Simbolo nicenocostantinopolitano (sec.
IV) affermiamo ogni domenica: credo la Chiesa una, santa, cattolica e apostolica. In entrambi
questi Simboli l'affermazione circa la Chiesa viene subito dopo la confessione dello Spirito Santo,
come Signore e datore di vita. Il che significa che la confessione circa la Chiesa da mettere in
stretto collegamento con quella storia dei rapporti fra Dio e l'umanit che al tempo presente
sorretta dallo Spirito Santo e dai suoi doni.
E' utile tener presente che il "credo la Chiesa" non va posto sullo stesso piano del "credo in Dio,
Padre, Figlio e Spirito Santo". Nel testo latino non diciamo "credo in Ecclesiam", bens "credo
Ecclesiam". Il termine del nostro atto di fede non la Chiesa, bens il mistero di Dio: non di un Dio
qualsiasi, ma di quel Dio che, decidendo di comunicare se stesso a tutti gli uomini, si rivela come
Padre, Figlio e Spirito Santo. Non solo: ma rivelando se stesso, Dio ha intessuto una storia di
rapporti con l'umanit, mediante un popolo particolare ieri, Israele; e mediante quel popolo
particolare che oggi si chiama Chiesa. La Chiesa per non una quarta divinit accanto alle prime
tre. E il traduttore italiano ha preferito fare un errore di grammatica o di sintassi (non esiste nel
linguaggio corrente: credo la, credo il; bens: credo in, o credo a...), ha preferito una traduzione
molto brutta, ma aderente all'espressione latina, piuttosto che cadere in un grave errore di fede. La
fede cristiana non una fede nella Chiesa, ma una fede orientata verso Dio stesso, e pi
precisamente verso quel Dio che in Cristo comunica se stesso mediante lo Spirito.
Che cosa significa, allora, credo la Chiesa? Vuol dire: credo che il mistero di Dio si manifestato
nel mondo mediante quella storia di rapporti che ha al suo centro la vicenda di Ges e che ora
presente mediante lo Spirito in un popolo come nel suo sacramento visibile. Dio entrato nella
storia del mondo attraverso una vicenda particolare per donare a tutti la buona notizia della
salvezza. Il modo con cui Dio entrato in rapporto con l'umanit suggerisce a noi il modo con cui
possiamo metterci in relazione con Dio. E questo modo non pu che essere storico, comunitario,
ecclesiale. Non pensabile secondo la Bibbia una comunione con il Dio dell'alleanza che possa
rimanere intimisticamente chiusa nella coscienza del credente o che possa riduttivamente
risolversi in esperienze spiritualistiche. Il rapporto con Dio - lo vediamo a partire da Abramo -
chiamato a dilatarsi e a storicizzarsi nel vasto e ricco campo del rapporto con gli altri, con la
geografia e la storia di un clan, di una trib, di un popolo. La fede in Dio assume fin dagli inizi la
forma di un evento storico. E il NT porta questa logica al suo compimento. Il vangelo di Gv
interpreta la morte di Ges' alla luce del disegno di Dio di "riunire insieme i figli di Dio che erano
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dispersi" (11, 51). La lettera agli Ef. descrive l'opera di Dio in Cristo come la distruzione del muro di
separazione, come la riconciliazione di tutti, giudei e pagani, in un solo corpo (cf. 2, 3-17).
L'iniziativa del Padre di riunire a s l'umanit dispersa e frantumata, di radunare ci che a
brandelli, di condurre ad unit quel che diviso. L'esperienza cristiana non chiede che il
credente sia orientato solo verso l'interno di s e tenda solo ad una propria profondit spirituale.
L'esperienza cristiana accoglienza del mistero di Cristo, dunque immersione in un disegno che si
realizza nella storia e che chiede a ciascuno di noi una responsabilit che, nel mentre mette in
movimento le nostre personali energie, ci apre alla vita di un popolo. La realt ecclesiale, con tutta
la sua concretezza (fatta di ricchezze e di limiti), un antidoto a quella privatizzazione della fede
che facilmente conduce ad un Dio creato sulla misura dei miei bisogni, creato a mia immagine e
somiglianza. Dunque il "credo la Chiesa" non svendere la fede ad un'istituzione: cadremmo
nell'idolatria, anche se non siamo immuni da questo rischio. Ma fede in Dio, che si rivelato a
noi come Padre, Figlio e Spirito Santo e che dimora fra noi attraverso il segno di un popolo, da lui
scelto per annunciare al mondo intero la sua signoria.
Sul piano educativo questa prima riflessione comporta la rinuncia a percorsi individualistici, la
rinuncia a navigazioni solitarie che rinchiuderebbero l'esperienza della fede nel piccolo perimetro
della nostra esistenza personale o di gruppo.

2. Le quattro propriet della Chiesa

Il Simbolo enumera poi due o quattro propriet della Chiesa: la santit, l'unit, la cattolicit e
l'apostolicit. Dal tardo medioevo e soprattutto dal tempo della riforma protestante, queste quattro
propriet sono state intese e usate in funzione prevalentemente apologetica, ossia come note di
riconoscimento e di distinzione della vera Chiesa in opposizione alle altre comunit cristiane
separate da Roma, le quali non potevano ricevere il titolo di "chiese", proprio perch mancanti di
almeno una di queste note, o perch intendevano in modo molto diverso il senso di queste
propriet. Ancora al Vaticano I queste note della Chiesa venivano accostate e utilizzate in un
senso che si potrebbe definire "trionfalistico". La riflessione teologica e catechistica
contemporanea, pi' attenta alle dimensioni storiche della Chiesa e della salvezza, coniuga queste
propriet anche con il loro contrario, interpretandole in modo dialettico: la Chiesa santa, ma
anche peccatrice; la Chiesa una, ma si presenta divisa; la Chiesa cattolica, ma sempre
percorsa da tentazioni involutive e settarie; la Chiesa apostolica, ma che cosa significa
propriamente apostolicit?
Queste dimensioni, soprattutto, vanno comprese come appartenenti al campo della fede, pi' che
a quello della apologetica. In altre parole, esse dovranno apparire, fondamentalmente, come
dimensioni del disegno di Dio, dovranno anzi scaturire dal mistero stesso di Dio uno e trino, cos
come lo conosciamo dalla vicenda di Ges, per poi trovare un'applicazione anche nel campo
dell'ecclesiologia. Non solo: queste dimensioni non sono semplici fiori all'occhiello della Chiesa,
ma vengono dati alla Chiesa come doni non per la sua gloria terrena, ma perch il mondo creda e,
credendo, si salvi. Dunque la salvezza stessa di Dio a richiedere che il suo disegno sia un
disegno unitario (da qui l'unit); il quale renda visibile la natura intima di Dio (la santit) e abbracci
l'intero cosmo, l'intera storia (la cattolicit); e infine a richiedere che questo disegno permanga
integro evivo fino alla fine dei tempi e non vada soggetto a impoverimenti o a riduzioni sostanziali
che possano mettere in questione il dono della nuova e definitiva alleanza (l'apostolicit). Questi
quattro attributi non vanno intesi semplicemente come propriet accatastabili una dietro l'altra, ma
si richiamano reciprocamente e circolarmente fra loro.

a) La santit
Iniziamo dalla santit, sia per il motivo che il Simbolo apostolico la enumera per prima (credo la
santa chiesa cattolica), sia perch qui si presenta subito l'autentico paradosso della Chiesa. Prima
dobbiamo comprendere che cosa significhi santit nel mistero di Dio. Noi siamo troppo abituati,
quando sentiamo parlare di santit, a pensare alla perfezione etica, alla assenza di difetti, alle virt
eroiche. E poi trasferiamo in Dio queste nostre idee di santit, ritenendolo appunto il sommamente
perfetto, il sommamente virtuoso. I meno sprovveduti di noi sanno anche andare oltre: santit
significa separazione, alterit, trascendenza. In questo senso Dio l'inaccessibile, Colui che
abita i cieli, il totalmente altro, Colui che si distingue dal mondo come il sacro, il santo, si
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distingue da tutto ci che profano. E questo risulta vero. Ma la diversit di Dio, la sua
inaccessibilit, la sua santit, la sua separazione dall'uomo e dal mondo non in funzione di una
distanza, non finalizzata ad allargare il fossato fra Lui e noi. Dio santo, perch non il mondo,
certo. Ma Dio santo, perch ama e salva questo mondo, perch dona al mondo una sovranit,
una guida, una provvidenza, una comunione che il mondo non pu assolutamente darsi. All'inizio
del decalogo biblico risulta chiara questa caratteristica di Dio: "Io sono il Signore Dio tuo, che ti ho
fatto uscire dal paese d'Egitto, dalla condizione servile (Dt 5,6). E a Mos sul monte Oreb, Dio,
che pure gli aveva ordinato di togliersi i calzari, perch stava calpestando un luogo santo, dice: "
Ho osservato la miseria del mio popolo in Egitto e ho udito il suo grido... Sono sceso a liberarlo,
per farlo uscire da questo paese verso un paese dove scorre latte e miele" (Es 3, 7-8). E nel libro
di Osea Dio afferma: "Non dar sfogo all'ardore della mia ira, non torner a distruggere Efraim,
perch sono Dio e non uomo, sono il santo in mezzo a te e non verr nella mia ira" (11,9). Il Dio di
Israele santo, perch lento all'ira e grande nell'amore. Ges' il santo di Dio, perch, "pur
essendo di natura divina, non consider un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma spogli
se stesso, assumendo la condizione di servo" (Fil 2, 6-7a). E' soprattutto sulla croce che Ges
mostra la santit di Dio: l che appare in che senso il Dio trinitario santo, ossia altro
dall'uomo, perch si sacrificato fino a quel punto per l'umanit. La alterit di Dio finalizzata alla
realt di una sua comunione con noi che il mondo n poteva sognare, n tanto meno produrre. In
questo senso, anzitutto, la Chiesa santa. Lo dice Pietro: "Voi siete una nazione santa" (ossia
separata, scelta da Dio, eletta da Dio, analogamente all'antico popolo). Ma santa perch? "Siete il
popolo che Dio si acquistato, perch proclami le opere meravigliose di lui, che dalle tenebre vi ha
chiamati alla sua mirabile luce" (1Pt 2, 9). La Chiesa santa, perch santificata da Cristo, ossia
appartenente alla sua signoria, rigenerata da lui non per autogratificarsi o autocompiacersi in
questa sua separatezza dal mondo, ma santa perch resa capace di comunicare al mondo la
presenza salvante e condividente di Dio. La Chiesa non santa in funzione di s, bens in
funzione del mondo.
Questa riflessione ci fa comprendere anche il paradosso della santit della Chiesa, che comprende
peccatori nel suo seno. E deve risolvere, una volta per tutte, il disagio che tutti proviamo quando
confessiamo che la Chiesa santa. Il disagio forte, se messo a confronto con una concezione
etica della santit. Infatti i secoli di storia della Chiesa sono cos zeppi anche di colpe umane di
ogni genere, da renderci ben comprensibile la terrificante visione di Dante, che ha veduto seduta
sul carro trionfale della Chiesa la grande meretrice babilonese. E i Padri, quando parlavano della
santit della Chiesa, usavano espressioni anche ardite. Essi interpretavano ad es. la figura di
Rahab, la prostituta, giustificata per il suo gesto di ospitalit, come il simbolo stesso della Chiesa,
non infrequentemente chiamata dai Padri la "casta meretrix". La Chiesa una casta meretrice. Ma
l'aggettivo "casto", "santo", applicato alla Chiesa, non intende tanto e in primo luogo la santit
morale dei suoi membri; neppure intende in primo luogo coloro, i santi, ai quali pubblicamente e
comunitariamente riconosciuta una risposta certo esemplare, spesso eroica, alla grazia di Dio.
Certo la Chiesa santa anche per questi frutti di risposta esemplare che lungo la storia lo Spirito
ha suscitato. Ma la Chiesa confessata come santa anche nel bel mezzo della sua peccaminosit.
Questo il paradosso. La Chiesa santa non perch i suoi membri siano esenti da colpe e da
peccati. Questo pio sogno, di una Chiesa fatta di puri, di eroi, di gente virtuosa, di gente brava,
ogni tanto rispunta nella storia. La Chiesa santa, perch appartiene a Dio, e non pi' alle potenze
di questo mondo. La Chiesa il segno della fedelt ostinata di Dio alla alleanza nuova che nella
pasqua di Cristo ha definitivamente donato all'umanit. La Chiesa santa perch espressione
dell'amore di Dio che non si lascia vincere dall'inettitudine umana. Ed proprio in virt di questa
dedizione non pi ritrattabile di Dio in Ges, che la Chiesa rimane per sempre il suo popolo, la sua
comunit, chiamata a rendere presente per il mondo intero la santit di Dio, non la nostra. Questa
la figura paradossale della Chiesa, che mostra la gloria di Dio nella vergogna dell'uomo. E
proprio in questa struttura di santit e di peccato, "santa insieme e sempre bisognosa di
purificazione" (LG 8), la Chiesa diventa la configurazione concreta che assume la grazia di Dio nel
mondo: la sua grazia sempre grazia di misericordia, di accoglienza, di perdono. Questa grazia la
vediamo all'opera in Ges, nel suo modo di comportarsi e di entrare in relazione, nella sua parola
e nei suoi gesti di potenza. La santit di Ges non la santit di uno che si mette a parte dal
mondo dei peccatori, non la santit di chi viene in mezzo a noi senza sporcarsi le mani. Forse
noi ameremmo vedere in questo modo la santit, come assoluta lontananza dalla nostra sudicia
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condizione di vita. E una certa agiografia ha presentato spesso in questa maniera la santit
cristiana. La santit di Dio, che appare in Ges, si manifesta proprio nella intenzionale convivialit
di Ges con i peccatori. Dal momento del battesimo al Giordano, solidale con il mondo dei
peccatori, Ges lo fino alla croce, quando muore proprio, secondo il vangelo di Luca, tra due
malfattori, portando a compimento quella solidariet con l'uomo peccatore che ha suscitato
scandalo tra i farisei e che far dire a Paolo che "Dio tratt il Figlio da peccato in nostro favore"
(2Cor 5,21). Questa la santit di Dio: non isolamento, ma la diversit di chi condivide fino in
fondo, di chi accoglie e accorcia le distanze. E la Chiesa anzitutto il frutto di questa santit di Dio:
un popolo santo perch in lui appare, continuamente, la misericordiosa accoglienza di Dio. Ogni
volta che noi ci scandalizziamo della Chiesa perch peccatrice, volendola pi coerente, pi fedele,
pi santa, corriamo il rischio di rimanere fermi ad una concezione etica della santit, come se la
santit fosse il risultato di eroici sforzi umani. La santit della Chiesa anzitutto la santit dei
perdonati, dei salvati per pura grazia. A questo punto comprendiamo anche l'impegno di una
risposta da parte della Chiesa. La santit anche un compito, una vocazione. Ma la santit del
cristiano chiamata ad essere, appunto, cristiana, e non altro. Non una semplice perfezione
etica, non una pura coltivazione della propria interiorit, magari asceticamente anche molto
impegnata. Tutto questo giusto e nobile. Ma la santit cristiana, concepita come risposta della
comunione conviviale di Ges con il mondo dei peccatori: non mai beatificante contemplazione
delle proprie conquiste interiori, che crea farisaicamente una distanza nei confronti degli altri, come
nel vangelo del cieco nato, dove i veri ciechi si sono rivelati quelli che ritengono di vedere, e quindi
di non essere bisognosi della misericordia di Dio. La poca santit morale della Chiesa racchiude
un messaggio consolante, perch ci sarebbe da temere una Chiesa fatta di eroi, di puri, di virtuosi.
Sarebbe, in fondo, una Chiesa molto triste, perch incapace di accogliere Dio come misericordia, e
quindi incapace di convivere con il mondo dei peccatori, ossia con il mondo degli uomini e delle
donne di questo mondo, che tutti conosciamo, che tutti siamo: perch siamo persone, tutte, che
hanno bisogno della grazia misericordiosa di Dio per sperare, per vivere, per voler bene agli altri.

b) Unit e cattolicit
Credo la Chiesa una e cattolica. E di nuovo incontriamo il segno opposto della sua divisione. Ma
ancora dobbiamo chiederci: che cosa significa unit per la Chiesa? E qui dobbiamo ancora una
volta evitare di sovrapporre le nostre concezioni umane e mondane di unit, pensando all'unit
della Chiesa come all'unit di un impero, o di una repubblica, o di una federazione, o di un partito.
L'unit della Chiesa radicata nell'unit stessa di Dio e del suo disegno salvifico. Lo ha detto Ges
nella sua preghiera prima di morire: "prego... affinch siano una cosa sola, come tu Padre sei in
me, e io in te" (Gv 17,21). Appunto: l'unit fra i cristiani ha come fonte esemplare il mistero
trinitario. L'unit della Chiesa chiamata ad essere la forma storica di quella unione che esiste nel
mondo divino. E poich in Dio l'unit della natura divina esiste nella trinit delle persone, ecco il
motivo per cui anche l'unit della Chiesa pu esistere solo come unit cattolica, ossia come
unitnella molteplicit, nella pluralit, nella totalit. Senza il dinamismo della cattolicit, l'unit
facilmente degenera a uniformit, a massificazione egualitaristica, oppure a una forma di
verticismo monarchico. E la cattolicit senza il dinamismo della unit potrebbe degenerare a
frammentazione, a spirito di ghetto o di setta, a localismo asfissiante, a gretto particolarismo. Nel
mistero di Dio l'unit avviene nella relazione dei distinti, Padre, Figlio e Spirito Santo. La massima
unione avviene nella massima distinzione delle persone. Il dinamismo dell'unit non mortifica, anzi
potenzia il dinamismo della relazione, della molteplicit relazionale. Anche la Chiesa, in quanto
popolo che appartiene a Dio, non pu sconfessarne la natura. Unit e cattolicit sono per cos dire
due caratteristiche chiamate a tradurre, nelle forme storiche del vivere ecclesiale, quel che Dio
nella identit della sua natura.
Alla luce di queste riflessioni si comprende il significato dell'unit cattolica della Chiesa. Unit
dice un'esigenza di convergenza, esprime l'esigenza di una confessione comune della fede, di un
linguaggio comune, di un battesimo comune; esige che tutti i cristiani, sia pure appartenenti a
tradizioni e a culture diverse, si possano riconoscere nella stessa fede in Cristo e si riconoscano
come appartenenti all'unico popolo di Dio. Ecco il motivo per cui le divisioni profonde tra i cristiani,
eresie e scismi, sono sempre state considerate un danno: non solo perch hanno rotto l'unit della
Chiesa, ma perch hanno in qualche modo pregiudicato di fronte al mondo il disegno unitario di
Dio. Una Chiesa divisa una controtestimonianza del vangelo. Da qui il compito ecumenico che
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contrassegna ormai tutte le chiese cristiane. Al di l del modo concreto con cui viene pensata o
desiderata l'unit fra i cristiani nelle singole confessioni, tutti i credenti avvertono l'esigenza di
ricostruire una Chiesa una e quindi unica: che gi tale nel suo volto interiore e sar certamente
tale nella sua immagine finale. Ma questa esigenza di unit e quindi di unicit viene avvertita
anche a riguardo della figura storica con cui la Chiesa si presenta davanti al mondo, per la
credibilit stessa del disegno di Dio che universale e unitario. Tale unit non pu essere pensata
come separata dalla cattolicit. Cattolico vuol dire universale, o meglio "riguardante la totalit",
secondo almeno due grandi significati. Il primo significato riguarda la totalit delle Chiese, anzi la
totalit del mondo intero. Sotto questo aspetto la Chiesa viene confessata come cattolica proprio
per il motivo che nessuna barriera n geografica, n razziale, n culturale, n politica, n sociale
pu impedirne la nascita e lo sviluppo. La Chiesa non mai solo un determinato popolo, una
determinata classe, un determinato gruppo, una determinata lite. E si capisce anche perch la
Chiesa sia fatta di centri concentrici: dal gruppo alla parrocchia, dalla parrocchia alla diocesi, dalla
diocesi alle altre diocesi e alla Chiesa universale, mediante un legame particolare con la Chiesa di
Roma, chiamata a presiedere l'unit cattolica. E dalla Chiesa al mondo intero: da qui la
missionariet della Chiesa. E si comprende anche il motivo per cui la cattolicit si esprima in una
ricchezza di doni, di ministeri, di stati di vita. "L'unico popolo di Dio presente in tutte le nazioni
della terra... In virt di questa cattolicit, le singole parti portano i propri doni alle altre parti e a tutta
la Chiesa, in modo che il tutto e le singole parti si accrescono con l'apporto di tutte... verso la
pienezza dell'unit" (LG 13).
Un secondo significato riguarda la totalit della verit. Essere cattolici vuol dire non ritagliarsi per
s soltanto una parte della verit, una parte della rivelazione e della fede. La cattolicit esprime
dunque la tensione alla pienezza della verit. Lo spirito della cattolicit non vuol dire tendenza
all'accomodamento diplomatico, al compromesso dottrinale, all'accordo a qualunque prezzo. Esso
vuol esprimere il contrario dello spirito della setta che, radicalizzando un aspetto della verit,
finisce per sacrificarne la pienezza. Certo, non esiste un modello storico di unit cattolica che sia
perfetto sotto tutti i punti di vista. Questa unit cattolica sempre da costruire, perci si tratta di
una dimensione dinamica della Chiesa. E qui comprendiamo anche il motivo dell'esistenza di non
pochi poli di tensione, che sono comunque necessari per la costruzione della complessa unit del
popolo di Dio. Ad es.: la tensione fra Chiesa particolare e Chiesa universale, fra primato del
vescovo di Roma e ministero dei vescovi, fra gerarchia e laici, fra unit della fede e pluralismo
teologico... Tutte queste tensioni appartengono alla realt di un popolo che uno ed molteplice.
Questa unit cattolica, che si radica nel mistero trinitario di Dio, un dono e anche un compito che
la Chiesa chiamata a vivere non solo al proprio interno, ma in funzione del mondo. Il senso
dell'unit e della cattolicit della Chiesa sta nel servizio evangelico al mondo, esso pure chiamato
all'unit, ma nella forma del rispetto e della valorizzazione della molteplicit. L'unit cattolica un
segno del Regno, offerto al mondo intero affinch l'unit dei popoli e degli uomini non avvenga mai
nella forma di un imperialismo di dominio e di sopraffazione, e neppure nella forma di una
frantumazione e di una divisione babelica, ma rifletta il mistero trinitario di Dio, di cui la Chiesa
sacramento.

c) Lapostolicit
Infine, confessiamo che la Chiesa apostolica, ossia fondata sugli apostoli. Anche questa
dimensione va radicata in Dio e nel suo disegno. Apostolo significa inviato da un altro. Questa
dimensione, all'origine, esprime il primato della volont salvifica di Dio in tutto e su tutto. "L'eterno
Padre, con liberissimo e arcano disegno di sapienza e di bont, ha creato l'universo e ha deciso di
elevare gli uomini alla partecipazione della sua vita divina" (LG 2). "E' venuto quindi il Figlio,
mandato dal Padre, il quale in lui prima della fondazione del mondo ci ha eletti e ci ha predestinati
ad essere adottati in figli" (LG 3). L'apostolicit esprime la gratuita e sovrana decisione di Dio di
salvare il mondo. E poi questa decisione si esprime nel Padre che manda il Figlio, e poi nel Figlio
che chiama e manda gli apostoli ("Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi", Gv 20,21).
Questa la caratteristica della fede cristiana: accesa, originata non da noi, ma da Dio
attraverso una storia di messaggeri, fra cui hanno una funzione particolare gli apostoli.
L'apostolicit rappresenta dunque il legame della Chiesa di oggi con la Chiesa originaria, la Chiesa
apostolica, attraverso il legame con tutte le tappe della Chiesa fino al tempo presente e fino alla
fine dei tempi. La Chiesa di oggi non potrebbe essere un segno del Regno che viene, se
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inventasse ad ogni tornante la sua strada, se non vivesse in perenne confronto e in reale
continuit con l'evento fondante della morte e risurrezione di Ges. Ma noi non conosciamo altro
Ges, se non il Cristo, testimoniato da Giovanni, da Pietro, da Paolo, ossia dagli apostoli e dai
discepoli di Ges. In concreto, la dimensione apostolica esige che la comunit cristiana riceva la
propria fede dalla Chiesa apostolica. E questo come possibile? In che modo la testimonianza
apostolica pu rimanere presente nella Chiesa fino alla fine del mondo? E' una delle domande
cruciali del dialogo ecumenico, alla quale qui non possiamo che dare un tentativo di risposta
piuttosto semplificante.
Anzitutto la Chiesa apostolica vive nella parola ispirata delle Scritture. Accogliendo i libri dell'AT e
del NT, la Chiesa accoglie quella parola profetica e apostolica che ci rende presente Cristo stesso,
il suo messaggio, la sua vicenda storica, la sua Pasqua. Tutta la Scrittura parla di Cristo: cf.
l'episodio dei discepoli di Emmaus. Ecco perch la DV riporta l'espressione di Gerolamo:
l'ignoranza delle Scritture ignoranza di Cristo (cf DV 25). E' specchiandosi continuamente nella
norma della Scrittura che la Chiesa ha la garanzia di essere in reale continuit con la Chiesa
apostolica.
In secondo luogo, il legame con la Chiesa apostolica mediante la Scrittura fa scoprire anche un
cammino che dal tempo delle origini arriva fino a noi. E' la dimensione della Tradizione, che altro
non se non la storia del popolo di Dio indefettibilmente guidato dallo Spirito lungo il tempo e lo
spazio verso la pienezza di Cristo. La dimensione della tradizione mette sotto critica quel mito di
volta in volta ricorrente di una specie di radicale ritorno della Chiesa del tempo all'evento delle
origini, scavalcando il tempo intermedio, quasi che oggi la Chiesa possa rigenerarsi
improvvisamente da un annuncio nuovo che riecheggi, senza intermediari, quello degli apostoli.
Noi siamo in relazione con Cristo se siamo legati a tutto un passato che ci precede e che diventa
la spinta per affrontare il presente e per preparare il cammino futuro. Le motivazioni di tale legame
con la Chiesa del passato non sono di ordine puramente storico, bens di ordine teologico: e
stanno nel fatto che il cammino delle precedenti generazioni cristiane stato sostenuto dalla
presenza dello Spirito, che ha suscitato una risposta positiva, risposta che non pu non aver
lasciato una traccia significativa anche per noi. Ne sono un esempio i dogmi della Chiesa, che
sono appropriazioni e sviluppi di quel seme che Ges ha piantato nei solchi della Chiesa
apostolica e che lo Spirito porta a maturazione.
E infine, una parte della missione degli apostoli stata affidata a coloro che si sono succeduti nel
loro ministero, i vescovi. I vescovi non sono nuovi apostoli, ma sono succeduti agli apostoli in quel
ministero di guida della comunit, di annuncio autorevole del vangelo e di presidenza nella
celebrazione dei gesti sacramentali, che si rivela necessario per il cammino genuino dell'intero
popolo di Dio. Tutti i ministeri nella Chiesa, da quello petrino a quello episcopale, da quello dei
presbiteri a quello dei diaconi, sono al servizio dell'annuncio del vangelo e quindi non esistono al di
sopra del popolo di Dio, ma sono per questo popolo. E' quanto afferma LG 18: "Cristo Signore, per
pascere e sempre pi' accrescere il popolo di Dio, ha stabilito nella sua Chiesa vari ministeri, che
tendono al bene di tutto il corpo. I ministri infatti che sono rivestiti di sacra potest, servono i loro
fratelli, perch tutti coloro che appartengono al popolo di Dio, e perci hanno una vera dignit
cristiana, tendano liberamente e ordinatamente allo stesso fine e giungano alla salvezza". L'intera
dimensione apostolica della Chiesa al servizio del mondo, perch solo quando la Chiesa vive in
pienezza il rapporto con Cristo pu annunciare credibilmente al mondo il vangelo. La fedelt della
Chiesa al Vangelo, garantita dalla dimensione apostolica che lo conserva nella sua purezza e lo
incrementa a vantaggio di tutti, costituisce il senso pi' alto della presenza della Chiesa nel mondo,
per l'annuncio e la trasmissione di quella comunione di Dio con noi che la salvezza, il fine, e
fors'anche il segreto sospiro dell'intero cosmo.

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