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N 76 Febbraio 2014

Trifir & Partners Avvocati


Riforma Fornero. La parte positiva del bilancio
A meno di due anni dallentrata in vigore della riforma Fornero, come ormai viene comunemente chiamata, si moltiplicano le critiche e le istanze di modica di tale legge, e anche il Governo appena insediatosi ha inserito nel proprio programma un ambizioso piano di riforme, cosiddetto job act, che dovrebbe favorire loccupazione giovanile. indubbio che i risultati pratici realizzati dalla legge Fornero sono stati inferiori alle aspettative, queste ultime ampliate anche dal fatto che probabilmente si voluto attribuire alla legge, soprattutto nella prospettiva della essibilit in entrata, un valore sostanziale che essa non poteva avere. Ci perch se c stagnazione nel mercato del lavoro dovuta principalmente al calo della domanda, alla perdita di competitivit produttiva e a criticit di ordine economico-nanziario, non certo una semplice legge sulla essibilit che pu creare occupazione. Verosimilmente, molto di pi avrebbe potuto fare, per esempio, una revisione del cuneo scale. Peraltro, la valorizzazione dellapprendistato e lintroduzione dei contratti a termine acausali sono stati, a mio parere, due elementi positivi, non tanto nella direzione di aumentare, per le ragioni sopra esposte, in termini assoluti, loccupazione, ma, quanto meno, in quella di consentire un maggior avvicinamento dei giovani al mondo del lavoro. Infatti, per quel che la mia esperienza professionale, il poter contare su contratti a termine la cui legittimit prescinde dallosservanza degli stretti vincoli previsti dalla normativa tradizionale, incentrata sulle causali, rende limpresa, pur nel necessario rispetto delle esigenze produttive e delle compatibilit nanziarie, pi disponibile ad investire in termini occupazionali, stante la certezza dei costi. Pi articolato , invece, il discorso da farsi per lapprendistato, perch questo tipo di contratto richiede maggiori impegni e oneri nella fase formativa che, a loro volta, presuppongono, anche con riguardo a contratti di relativamente breve durata, una complessiva pianicazione strategica dellazienda pi articolata e consolidata, situazione questa che non cos semplice da riscontrare nellattuale difcile congiuntura. Consistenti sono, a mio giudizio, i risultati ottenuti sulla linea della essibilit in uscita. Vero che sul punto la normativa non chiara e pu ingenerare molteplici problemi interpretativi, spesso ingigantiti da argomentazioni puramente ideologiche.
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Diritto del Lavoro Attualit 3 Le Nostre Sentenze 5 Cassazione 8 Diritto Civile, Commerciale, Assicurativo Le Nostre Sentenze 9 Assicurazioni 10 Il Punto su 11 R. Stampa 13 Contatti 14

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Vi per da dire che, probabilmente grazie anche ad un nuovo atteggiamento della magistratura del lavoro, soprattutto a livello di giudici di merito, che, rispetto al passato, sembra essere pi attenta, nel processo interpretativo, al dato letterale delle norme, nellapplicazione pratica della legge Fornero il tab dellarticolo 18 dello Statuto dei Lavoratori stato, parimenti, superato e si assistito a numerose decisioni che hanno limitato le conseguenze sanzionatorie di licenziamenti ritenuti illegittimi allaspetto puramente risarcitorio, escludendo la reintegrazione. Tale approccio, cui va abbinato anche leffetto derivante dalla nuove disposizioni che riducono lincidenza degli errori di mera forma sulle conseguenze sanzionatorie derivanti da licenziamenti illegittimi per tali motivi, ha, in pari tempo, favorito lincremento degli accordi transattivi nel processo e prima del processo. A questultimo riguardo va, in particolare, sottolineato limportante ruolo assunto, nellarea dei licenziamenti per giusticato motivo oggettivo, dal tentativo obbligatorio di conciliazione, innanzi alla Direzione Territoriale del Lavoro, prima del licenziamento. Un fattore che ha contribuito alla positiva utilizzazione di tale strumento rappresentato dalleliminazione degli effetti della malattia sullefcacia delleventuale successivo licenziamento. Inne, anche laccelerazione dei tempi del processo del lavoro nei casi di licenziamento, pur con tutti i limiti tecnici della riforma, ha favorito il percorso nalizzato alla denizione di accordi tra le parti. In conclusione, la legge Fornero poteva sicuramente essere fatta meglio e avrebbe potuto essere un momento di chiarezza per altri temi, quale, a titolo esemplicativo, quello dei licenziamenti collettivi, che presenta ancora margini di ambiguit. Mi sembra per che di risultati positivi ne abbia portati. Se non altro, quello di indurre le parti a cercare, il pi possibile, di trovare accordi transattivi. Il che, per uno come me che ha sempre creduto nel vecchio detto secondo cui anche il peggior accordo da preferire ad una sentenza, non poca cosa. Attendiamo ora di vedere quali saranno le novit proposte in materia di lavoro dal nuovo Governo, con lauspicio che, questa volta, oltre a migliorare la disciplina sostanziale dei contratti essibili, il legislatore intervenga sul cuneo scale e sul costo del lavoro, come insistentemente richiesto da tutte le parti sociali.
Giacinto Favalli

Comitato di Redazione: Francesco Autelitano, Stefano Beretta, Antonio Cazzella, Teresa Cofano, Luca DArco, Diego Meucci, Jacopo Moretti, Damiana Lesce, Luca Peron, Claudio Ponari, Vittorio Provera, Tommaso Targa, Marina Tona, Stefano Trir e Giovanna Vaglio Bianco

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A cura di Damiana Lesce

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Rito Fornero: la conciliazione in sede sindacale sana anche i vizi di procedura


Il Ministero del Lavoro, con la risposta n. 1 del 22 gennaio 2014 ad un interpello formulato da Conndustria, a"erma che la rinuncia ad impugnare il licenziamento per giusticato motivo oggettivo, convalidata in sede sindacale, pu estendersi anche ai vizi derivanti dal mancato svolgimento della procedura di conciliazione preventiva ex art. 7 L. 604/1966 cos come modicata dalla L. 92/2012 (c.d. Legge Fornero). Come noto, ai sensi della predetta norma, il datore di lavoro in possesso dei requisiti dimensionali di cui allart. 18 dello Statuto dei Lavoratori, prima di risolvere il rapporto di lavoro per giusticato motivo oggettivo ha lobbligo di esperire una preventiva procedura di conciliazione presso la Direzione Territoriale del Lavoro (DTL) nel corso della quale i funzionari ministeriali tentano la conciliazione tra le parti; solo al termine di tale procedura, in caso di mancato accordo, il datore di lavoro pu procedere al licenziamento. Conndustria ha avanzato istanza di interpello per conoscere il parere del Ministero del Lavoro in merito alla validit di una conciliazione, conclusa in sede sindacale, nella quale il lavoratore rinuncia ad impugnare il licenziamento, anche nellipotesi in cui il recesso sia stato intimato senza il rispetto della preventiva procedura di cui allart. 7 L. 604/1966. Il Ministero ha dato risposta positiva allinterpello, osservando che il nuovo testo dellart. 7 della legge 604/1966 lascia inalterata la disciplina generale dellart. 2113 cod. civ. relativa alle rinunce e transazioni del lavoratore. La norma dispone, con riferimento allultimo comma, uneccezione alla previsione di invalidit delle rinunce e transazioni del lavoratore laddove le stesse siano formulate attraverso un accordo che sia convalidato presso sedi abilitate dalla legge ed a condizione che lintesa abbia ad oggetto diritti compresi nella sfera di disponibilit giuridica del lavoratore. Pertanto, conclude il Ministero, non sembrano sussistere motivazioni di ordine giuridico per ritenere che il diritto a far valere un vizio di natura procedimentale non possa essere oggetto di rinuncia ex art. 2113 cod. civ; di conseguenza, laccordo transattivo avente ad oggetto la rinuncia ad impugnare il licenziamento valido anche in caso di mancato rispetto della procedura di cui allart. 7 l. 604/1966.

Ulteriori chiarimenti in materia di ASPI


A cura di Barbara Fumai
A seguito della riforma introdotta dalla legge 24 dicembre 2012, n. 228 (c.d. legge di stabilit 2013), con messaggio n. 10358 del 27 giugno 2013, lINPS ha fornito nuovi chiarimenti in tema di contribuzione dovuta dai datori di lavoro ex art. 2 commi 31 - 35 legge 92/2012 (c.d. contributo Aspi). La nuova formulazione dellart. 2 comma 31 l.92/2012, infatti, dispone che nei casi di interruzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato per le causali che, indipendentemente dal requisito contributivo, darebbero diritto all'ASpI, intervenuti a decorrere dal 1 gennaio 2013, dovuta, a carico del datore di lavoro, una somma pari al 41 per cento del massimale mensile di ASpI per ogni dodici mesi
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di anzianit aziendale negli ultimi tre anni. Nel computo dell'anzianit aziendale sono compresi i periodi di lavoro con contratto diverso da quello a tempo indeterminato, se il rapporto proseguito senza soluzione di continuit o se comunque si dato luogo alla restituzione di cui al comma 30. Con riferimento alle ipotesi in cui il contributo deve essere versato, viene precisato che con la legge di stabilit stato introdotto un nesso tra il contributo ed il teorico diritto a percepire lAspi da parte del lavoratore cui stato interrotto il rapporto di lavoro a prescindere dalla fruizione in concreto da parte del lavoratore. In tale contesto, vengono forniti alcuni chiarimenti su aspetti relativi a fattispecie particolari. Pi precisamente, lINPS precisa che tale contributo ex art. 2 comma 31 legge 92/12 dovuto anche per la risoluzione del rapporto di lavoro in periodo di prova laddove il datore di lavoro receda dal rapporto e detta interruzione generi in capo al lavoratore il teorico diritto allAspi (ovvero laddove vi siano tutti i requisiti previsti dalla medesima legge). Ci in quanto, durante il periodo di prova, al cui superamento subordinata lassunzione denitiva, vigono tutti i diritti e gli obblighi di un rapporto di lavoro subordinato. Nellambito poi dei rapporti a tempo indeterminato, lINPS specica che debbano essere ritenuti tali oltre al part-time, anche quelli intermittenti. In relazione a tale ultima tipologia viene, tuttavia, chiarito che nel computo dellanzianit aziendale - a prescindere dalla previsione di una indennit di disponibilit - non vengono considerati i periodi non lavorati. Sempre in tema di computo dellanzianit, il messaggio chiarisce che non vengono considerate neppure le sospensioni per aspettativa non retribuita ed i congedi straordinari nellipotesi disciplinata dallart. 42 comma 5 d.lgs. 151/2001 e, nel caso di interruzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato nellambito di operazioni societarie di cui allart. 2112 c.c., va considerato anche il periodo svolto presso lazienda cedente. Il messaggio si chiude con alcuni chiarimenti in tema di interruzione di rapporti di lavoro attuate dagli organi delle procedure concorsuali. Pi precisamente, lINPS chiarisce che no al 1 gennaio 2016 le imprese soggette alla legge 223/1991 non siano tenute al contributo Aspi laddove versino gi il contributo di cui allarticolo 5 comma 4 della predetta legge. Lo stesso dicasi, no allabrogazione dellart. 3 legge 223/1991 (a partire dal 1 gennaio 2016) per gli organi delle procedure concorsuali che procedano alle risoluzioni ai sensi proprio del comma 3 del predetto articolo.

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LE NOSTRE SENTENZE
LA SENTENZA DEL MESE

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SE IL DIPENDENTE SOTTACE IN FASE PREASSUNTIVA LE PROPRIE CONDIZIONI DI SALUTE, LAZIENDA NON RESPONSABILE DELLA MALATTIA DEL LAVORATORE (Tribunale di Parma, 7 febbraio 2014) Nel corso della visita preassuntiva, il dipendente deve improntare il proprio comportamento a correttezza e buona fede, evitando di rendere al medico competente - nella speranza di venire assunto dichiarazioni mendaci e gravemente reticenti in merito alla sussistenza di pregresse e/o attuali patologie. In caso contrario, il datore di lavoro non viene messo nelle condizioni di valutare la compatibilit delle mansioni assegnate al lavoratore con il suo stato di salute e, pertanto, non pu essere ritenuto responsabile delleventuale peggioramento di questultimo. Cos ha deciso il Tribunale di Parma, rigettando un ricorso proposto da una dipendente che lamentava di essere stata assegnata a mansioni incompatibili con le proprie condizioni sanitarie e chiedeva, quindi, il risarcimento del conseguente danno biologico e morale. Nel caso di specie, la perizia espletata nel corso del giudizio ha evidenziato che la malattia sottaciuta dalla ricorrente durante la visita preassuntiva e della cui insorgenza la stessa riteneva responsabile il datore di lavoro (brosi cistica) era, invece, genetica. In relazione alla predetta perizia, la dipendente aveva, altres, lamentato la pretesa violazione del principio del contraddittorio, in quanto le operazioni peritali erano state condotte dal CTU in assenza del suo CTP, in quel momento impegnato allestero. Peraltro, il Tribunale di Parma ha ritenuto infondata anche tale doglianza, evidenziando che il CTU, nel calendarizzare le operazioni peritali, tenuto unicamente a darne comunicazione alle parti, ma non ad assecondare le loro richieste di differimento delle medesime, salvo che dette istanze siano motivate da un legittimo impedimento, che deve, in ogni caso, essere rigorosamente documentato. Causa seguita da Luca Peron e Tiziano Feriani

ALTRE SENTENZE
LINSUBORDINAZIONE PI GRAVE SE VOLTA ANCHE A DENIGRARE LIDENTIT SESSUALE DEL SUPERIORE GERARCHICO E LEGITTIMA IL LICENZIAMENTO (Tribunale di Milano, ordinanza 13 giugno 2013) Il capo una donna, ma, a parere della sua collaboratrice, non sufcientemente dotata sicamente. E cos, ad una serie di comportamenti in contrapposizione al superiore gerarchico, con reiterati riuti ad eseguire le istruzioni impartite, si aggiunge, alla ne, un gesto (che), per le modalit con cui stato fatto (tre colpi di petto) non solo appare atto di violenza sica, ma pure forma di denigrazione e scherno contro il superiore gerarchico. Ci, accompagnato da frasi sulle caratteristiche siche del superiore, di palese derisione e scherno di altra donna, ha quindi leso il vincolo duciario, violando anche le regole della convivenza civile. Con ordinanza del 13 giugno 2013, il Tribunale di Milano ha, pertanto, dichiarato legittimo il licenziamento, comminato dalla societ, ritenendo integrata una giusta causa. Causa seguita da Anna Maria Corna

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IL LAVORATORE HA PROMOSSO LAZIONE OLTRE IL TERMINE DI DECADENZA, ADDUCENDO MOTIVI PRETESTUOSI: CONDANNATO PER LITE TEMERARIA (Tribunale di Roma, Sezione Lavoro, 21 novembre 2013) Tre lavoratrici impugnavano il trasferimento comunicato dallazienda 8 mesi prima del deposito del ricorso, proponendo azione solo dopo essere state licenziate dalla Societ convenuta e chiedendo la riassegnazione presso la precedente sede di lavoro e la liquidazione dei danni in via equitativa. La Societ si costituiva deducendo, tra laltro, linammissibilit del ricorso per decadenza dallazione, essendo trascorsi pi di 180 giorni dalla impugnazione stragiudiziale del trasferimento prima che le lavoratrici agissero in giudizio, invocando a tal ne il combinato disposto degli artt. 6 l. 604/1966, come modicato dalla legge 92/2012 e 32 l. 183/2010. La Societ eccepiva, inoltre, la carenza di interesse ad agire delle lavoratrici con riferimento alla domanda di riassegnazione presso la precedente sede di lavoro, in ragione della intervenuta cessazione del rapporto di lavoro, nonch la manifesta inaccoglibilit della domanda risarcitoria, in difetto di speciche allegazioni circa la natura e la quanticazione dei danni asseritamente patiti. Il Giudice rigettava il ricorso, accogliendo anche la domanda formulata dalla Societ di condannare le ricorrenti al pagamento di una somma in favore della Societ a titolo di responsabilit processuale, ritenendo che lassoluta pretestuosit dei motivi di ricorso e linsistenza - a fronte di uneccezione di decadenza puntuale e dettagliata - nel richiamare norme di legge diverse da quelle applicabili nella specie, omettendo di citare per intero le modiche apportate dalla l. 92/2012, conduce ad applicare larticolo 96, terzo comma c.p.c.. La sentenza sottolinea come il terzo comma dellart. 96 c.p.c. si inserisce nel quadro delle sanzioni processuali che mirano a punire i comportamenti contrari ai doveri di lealt processuale e pu trovare applicazione sia quando il Giudice ravvisi lesistenza dei presupposti di temerariet, sia quando il Giudice riscontri un qualsiasi comportamento processuale scorretto del soccombente, che dimostri il suo abuso dellazione e del processo (o di segmenti di esso). Causa seguita da Damiana Lesce e Valeria De Lucia ABUSA DEL DIRITTO ALLAZIONE CHI PROPONE DUE VOLTE LA STESSA CAUSA, ALLEGANDO FATTI CHE AVREBBERO POTUTO ESSERE DEDOTTI NEL PRIMO GIUDIZIO (Corte dAppello di Torino, 28 novembre 2013) Il principio secondo cui il giudicato copre il dedotto e il deducibile implica che il ricorrente non possa far valere in un distinto giudizio la medesima pretesa risarcitoria, gi rigettata con sentenza passata in giudicato, modicando degli elementi della fattispecie costitutiva del diritto che avrebbero potuto essere dedotti gi nel precedente giudizio, concretandosi altrimenti un abuso del processo. Lo ha stabilito la Corte dAppello di Torino nellambito di una controversia in cui una societ, costituitasi a seguito di fusione per incorporazione tra aziende, veniva convenuta in giudizio da un ex amministratore dellazienda incorporata, che domandava di essere risarcito del danno subito a causa dellinadempimento degli obblighi derivanti nei suoi confronti dallatto di fusione. La societ si costituiva in giudizio eccependo linammissibilit di tale domanda per il principio per cui il giudicato copre il dedotto e il deducibile, dal momento che il ricorrente aveva gi formulato la medesima pretesa risarcitoria (identica anche nel quantum) in un precedente giudizio, contestando, in quel caso, linadempimento degli obblighi scaturenti dal progetto di fusione, e tale pretesa era stata rigettata dal giudice adito con sentenza passata in giudicato. Il Giudice di primo grado ha rigettato il ricorso, rilevando che lazione promossa non poteva essere riproposta in quanto costituente nel petitum una sovrapposizione rispetto alla precedente, ostandovi la regola che il giudicato copre il dedotto e il deducibile. Tale sentenza stata impugnata dal ricorrente, che ha contestato lerronea applicazione da parte del Giudice di primo grado delle norme di legge che deniscono gli effetti e i limiti del giudicato.
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La Corte dAppello ha confermato la sentenza impugnata, ritenendo che il titolo della pretesa risarcitoria azionata dovesse essere individuato in ununica fattispecie complessa, allinterno della quale il progetto di fusione e latto di fusione si ponevano come singoli segmenti, non suscettibili di rilevanza autonoma ai ni dellidenticazione della causa petendi. Pertanto, al momento dellinstaurazione del precedente giudizio, la pretesa poteva e doveva essere prospettata con riferimento a tutti gli elementi della fattispecie, compreso il segmento nale rappresentato dallatto di fusione, ponendosi la successiva azione giudiziale in aperta contraddizione con il principio per cui il giudicato copre il dedotto e il deducibile. In aggiunta, la Corte dAppello ha affermato che tali considerazioni rispondono anche allesigenza di evitare un indebito utilizzo dello strumento processuale, perch, pur non essendo in presenza di unipotesi di frazionamento del credito, tuttavia la giurisprudenza consolidata comprende ormai nella fattispecie dellabuso di processo qualsiasi tentativo di moltiplicare ad arte il contenzioso con riferimento ad una pretesa unitaria. Causa seguita da Giorgio Molteni e Veronica Rigoni IL LICENZIAMENTO PER SOPPRESSIONE DEL POSTO NON DISCRIMINATORIO PERCH PRECEDUTO DA DUE CONTESTAZIONI DISCIPLINARI (Tribunale di Napoli, ordinanza 13 novembre 2013) Nellambito di una riorganizzazione aziendale, la Societ ha deciso di ridurre da quattro a tre i venditori applicati ad una liale, e ne ha licenziato uno per soppressione della posizione lavorativa. Questultimo ha impugnato il licenziamento con ricorso ex art. 1, comma 48, della L. 18 giugno 2012 n. 92 (cosiddetta Riforma Fornero); ne ha lamentato la pretesa natura di rappresaglia, dimostrata - a suo dire - dal fatto che, nei mesi antecedenti al licenziamento, aveva ricevuto due contestazioni disciplinari (la prima seguita da una sospensione disciplinare che lazienda, per, non ha mai applicato; la seconda non seguita da alcuna sanzione); ha, inoltre, contestato la pretesa violazione dellobbligo di repechage, evidenziando le notevoli dimensioni della societ, ma senza indicare alcuna posizione ipoteticamente vacante. La societ si costituita contestando la pretesa rappresaglia ed offrendo la prova per testi, con elementi di prova documentale, delleffettiva soppressione della posizione lavorativa, nonch dellassenza di posizione utili al repechage. Il Tribunale di Napoli, con lordinanza resa ad esito della fase durgenza, ha escluso che le precedenti contestazioni disciplinari potessero, di per s stesse, provare la sussistenza del preteso intento discriminatorio, tanto pi che la sanzione disciplinare, irrogata in relazione alla prima contestazione, risulta prima facie fondata e il lavoratore non lha mai impugnata dal lavoratore. Lordinanza ha, inoltre, escluso la manifesta insussistenza del giusticato motivo oggettivo, tenuto conto che la Societ ha dimostrato di aver effettivamente attraversato una fase di crisi e riorganizzazione che ha costituito la premessa del licenziamento. Lordinanza ha, per, riconosciuto al lavoratore un indennizzo economico, pari a 24 mensilit, rilevando che lazienda si sarebbe limitata ad offrire la prova tramite sommarie informazioni della soppressione della posizione lavorativa e dellimpossibilit di repechage, il che non sarebbe sufciente allassolvimento degli oneri probatori sulla stessa gravanti i quali, vista la sommariet del rito, andrebbero assolti per via documentale. Causa seguita da Tommaso Targa

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A cura di Stefano Beretta e Antonio Cazzella

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OSSERVATORIO SULLA CASSAZIONE


LICENZIAMENTO PER RAGIONI OGGETTIVE ED OBBLIGO DI REPECHAGE NELLAMBITO DI UN GRUPPO SOCIETARIO Con sentenza n. 798 del 16 gennaio 2014 la Suprema Corte ha affermato che, nel caso di licenziamento per ragioni oggettive di un dipendente che ha svolto la propria prestazione nellambito di varie societ, facenti parte di un unico gruppo, deve essere dimostrata dal datore di lavoro limpossibilit di adibire il dipendente presso tutte le societ del gruppo medesimo. Nel caso di specie, la Corte di merito riformando la sentenza di primo grado - aveva accertato la sussistenza di un unico centro di imputazione con riferimento alle societ facenti parte del gruppo e non un mero collegamento societario, rilevando che tutte le societ avevano la medesima sede legale ed amministrativa nonch avevano in comune gli organi direttivi ed il medesimo vertice dei poteri decisionali (facente capo ad una sola persona sica); pertanto, essendo stato accertato che il lavoratore licenziato prestava la propria attivit indifferentemente presso le societ del gruppo, a seconda delle contingenti necessit, la dimostrazione dellimpossibilit di adibirlo ad altra attivit a seguito del licenziamento doveva, quindi, essere riferita a tutte le societ del gruppo. REITERAZIONE NELLUTILIZZAZIONE DI LAVORATORI INTERINALI Con sentenza n. 2763 del 6 febbraio 2014 la Corte di Cassazione ha affermato che il lavoratore interinale deve essere assunto a tempo indeterminato presso lazienda che lha utilizzato con contratti reiterati senza che vi fossero le esigenze di carattere temporaneo: non conta, infatti, che lazienda abbia rispettato il mero dato formale costituito dalle proroghe consentite dal contratto collettivo di categoria, in quanto ci che rileva linsussistenza effettiva delle condizioni imposte dalla legge. Inoltre, la circostanza che la Corte di Giustizia Europea abbia escluso che la direttiva in materia di contratti a termine sia applicabile al lavoro interinale non impedisce che il giudice nazionale possa accertare la vera natura del rapporto di lavoro controverso e decidere che si tratta di un contratto in frode alla legge; in particolare, la Corte di Cassazione ha rilevato che laccertamento sullutilizzo del lavoro interinale deve essere tanto pi penetrante quanto pi durevole e ripetuto il ricorso alla fattispecie, affermando, quindi, un principio che ben potr essere esteso anche allistituto della somministrazione. LICENZIAMENTO PER INIDONEIT ALLA MANSIONE E RILEVANZA DELLATTIVIT EXTRALAVORATIVA Con sentenza n. 3224 del 12 febbraio 2014 la Corte di Cassazione ha confermato la sentenza di merito che aveva ritenuto legittimo il licenziamento di un lavoratore per sopravvenuta inidoneit! lavorativa; in particolare, la Suprema Corte ha rilevato che il datore di lavoro aveva dimostrato che non era possibile una differente utilizzazione del lavoratore nellambito dellorganizzazione aziendale in seguito allaggravamento delle condizioni di salute del medesimo. Peraltro, la consulenza tecnica aveva accertato linesistenza di un nesso causale! tra il lavoro svolto e laggravamento, limitandosi ad un giudizio di verosimiglianza e possibilit e rilevando che laggravamento sarebbe comunque avvenuto, anche per lincidenza di fattori degenerativi naturali e connessi con lattivit sportiva svolta dal dipendente.

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Civile, Commerciale, Assicurativo


LE NOSTRE SENTENZE
I CREDITI VANTATI VERSO LA SOCIET IN AMMINISTRAZIONE STRAORDINARIA (Tribunale di Milano, 29 gennaio 2014)

La Societ Alfa, a seguito della sentenza della Corte dAppello di Roma che aveva dichiarato lincompetenza del Tribunale di Roma in ordine alla domanda proseguita dalla medesima nei confronti di una Societ in amministrazione straordinaria, per essere competente il Tribunale di Milano (che aveva dichiarato lo stato di insolvenza), ai sensi dellart. 13, D.lgs. n. 270/99, riassumeva il giudizio avanti a questultimo Tribunale, afnch la societ in amministrazione straordinaria venisse condannata al pagamento di una somma pecuniaria. La Societ convenuta, costituendosi in giudizio, eccepiva, in via pregiudiziale, limprocedibilit della domanda avversaria a seguito della dichiarazione, da parte del Tribunale di Milano, dello stato di insolvenza e della successiva ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria. Il Tribunale ha accolto leccezione della Societ in amministrazione straordinaria sulla base del disposto dellart. 18, D.lgs. n. 270/99, il quale stabilisce che la sentenza che dichiara lo stato di insolvenza determina gli effetti previsti dagli artt. 45, 52, 167, 168 e 169 legge fallimentare. Lespresso richiamo allart. 52, co. 2, della legge fallimentare, infatti, comporta che ogni credito debba essere accertato secondo le norme stabilite dal capo V, salvo diverse disposizioni di legge, vale a dire attraverso lesclusivo procedimento di cui agli art. 93 L.F. (domanda di ammissione al passivo). La ratio di tale carattere esclusivo si basa sul rilievo che la dichiarazione di insolvenza apre il concorso di tutti i creditori sul patrimonio dellamministrazione, sicch un creditore, per poter partecipare al concorso, deve sottoporre il suo credito a verica attraverso lammissione al passivo, la quale consente anche il contraddittorio (almeno parziale) degli altri creditori concorrenti sulla pretesa azionata. Ne consegue che la domanda diretta a far valere un credito nei confronti del fallimento o di altra procedura soggetta al rito dellaccertamento del passivo, inammissibile se proposta nelle forme della cognizione ordinaria, ovvero improcedibile se formulata prima della dichiarazione del fallimento e riassunta nei confronti del curatore (Cass. 17327/2012).
Causa seguita da Vittorio Provera e Giovanna Vaglio Bianco

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Assicurazioni!
A cura di Bonaventura Minutolo e Teresa Cofano
ASSICURAZIONE INCIDENTE STRADALE -

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In materia di assicurazione della responsabilit civile da circolazione stradale, lobbligo per lo Stato italiano, previsto dallart. 1, comma 2, della direttiva n. RESPONSABILIT CIVILE 84/5/CEE, di innalzare il massimale di assicurazione no alla soglia ivi indicata - MASSIMALE entro il 31 dicembre 1987, era suscettibile di differimento al 31 dicembre 1990 DIRETTIVA N. 84/5/CEE solo se, entro loriginaria scadenza, fosse comunque intervenuto un aumento DEL CONSIGLIO in misura pari alla met della differenza tra limporto a regime e quello in ADEGUAMENTO DA vigore alla data del 1 gennaio 1984, con la conseguenza che, in assenza di un tempestivo intervento normativo di adeguamento intermedio, vanno PARTE DELLO STATO ITALIANO - TEMPISTICA direttamente applicati, a far data dal 1 gennaio 1988, i valori previsti dalla citata direttiva. - INOSSERVANZA (Cassazione, 31 gennaio 2014, n. 2186) CONSEGUENZA In tema di assicurazione contro i danni la prescrizione annuale - prevista dallart. 2952, comma 2, del codice civile - del diritto dellassicurato allindennizzo decorre dalla data in cui il diritto medesimo pu essere esercitato e, cio, dal momento del vericarsi del fatto cui esso si ricollega, occorrendo, al riguardo, al ne della idonea interruzione del termine, che venga formulata una richiesta del danneggiato allassicuratore con un contenuto unitario, non garantendo la scissione dellan dal quantum uneffettiva tutela dei diritti dello stesso assicurato. (Cassazione, 24 ottobre 2013, n. 24122)

PRESCRIZIONE

La clausola claim made prevede il possibile sfasamento fra prestazione dell'assicuratore (obbligo di indennizzo in relazione all'alea del vericarsi di determinati eventi) e controprestazione dell'assicurato (pagamento del premio), nel senso che possono risultare coperti da assicurazione comportamenti dell'assicurato anteriori alla data della conclusione del contratto, qualora la CLAUSOLA CLAIM MADE domanda di risarcimento del danno sia per la prima volta proposta dopo tale data; e possono risultare viceversa sforniti di garanzia comportamenti tenuti dall'assicurato nel corso della piena validit ed efcacia della polizza, qualora la domanda di risarcimento dei danni sia proposta successivamente alla cessazione degli effetti del contratto. (Cassazione, 17 febbraio 2014, n. 3622)
RISOLUZIONE DEL CONTRATTO ASSICURATIVO EX ART. 1901 C.C.

Vericatasi la risoluzione di diritto del contratto di assicurazione, la mancata riassunzione del processo non impedisce alla compagnia assicuratrice di agire ex art. 1901, comma 3, c.c. per il pagamento delle rate scadute con una distinta domanda avente identica causa petendi. Lazione di pagamento dei premi assicurativi scaduti si prescrive in 6 mesi. (Cassazione, 13 febbraio 2014, n. 3364)
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IL PUNTO SU
A cura di Vittorio Provera

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GARANTE PRIVACY E TELEMARKETING, INTERVENTI IN MATERIA DI CD CHIAMATE MUTE


Il Garante della Privacy - con avviso pubblicato sulla G.U. n. 274 del 22 novembre 2013 - ha avviato una pubblica consultazione in materia di telemarketing, avente ad oggetto un schema di regolamento delle c.d. chiamate mute. Si tratta di chiamate effettuate da operatori di telemarketing che non vanno a buon ne perch, al momento della risposta da parte del destinatario della chiamata, non vi un operatore disponibile. Al riguardo, l'Autorit ha adottato uno schema di provvedimento generale, sottoposto alla predetta consultazione, in cui si prevede una restrizione alla possibilit di richiamare la stessa utenza interessata da una precedente chiamata 'muta', che viene sottoposta a una serie di prescrizioni imposte dal provvedimento. Nello Schema di regolamento, fra gli altri, oltre ad essere imposta ladozione di un apposito sistema di censimento delle chiamate andate e buon ne e di quelle cd mute, si prevede che queste ultime non debbono superare la percentuale del 3% nellambito di una singola campagna di telemarketing. Inoltre, a fronte del vericarsi di una chiamata muta, lutente non potr essere richiamato prima di sette giorni; e ancora prevista ladozione di un cd sistema di comfort noise che dovrebbe consentire di diminuire il disagio e linquietudine per lutente di trovarsi di fronte ad una chiamata muta. Premesso che ogni considerazione sul piano del diritto positivo rimandata al momento in cui vi sar la conclusione del procedimento, allo stato emergono alcuni proli problematici connessi ai contenuti dello schema di provvedimento e, ancor prima, alla scelta stessa di intervenire in questa materia con un atto amministrativo del Garante. Occorre infatti osservare che la materia sottoposta ad una specica disciplina di legge (art. 130 co. 3 bis del cd Codice della Privacy), in forza della quale sono considerate legittime tutte le comunicazioni nei confronti di soggetti che non abbiano manifestato il proprio dissenso iscrivendosi in registri negativi (cd sistema opt-out). Si tratta peraltro di una disposizione normativa che attua, a sua volta, le direttive europee n. 2002/58/CE e 95/46/CE, rispettivamente in materia di comunicazioni. Ad oggi, di conseguenza, ciascun abbonato che ritenga di dare il consenso allinserimento dei suoi dati nellelenco a disposizione del pubblico e, tuttavia, desideri non ricevere comunicazioni commerciali, non deve far altro che iscriversi all'apposito Registro. In assenza dellopposizione manifestata dallabbonato con le suindicate modalit, consentito il trattamento dei dati relativi al medesimo soggetto per nalit commerciali. Non vi sono altre disposizioni nella legge che limitino il trattamento dei dati al riguardo. In tale contesto, un eventuale intervento del legislatore nazionale in questa materia dovrebbe peraltro restare nei limiti di conformit con i principi comunitari in materia che vietano agli Stati membri di disporre requisiti di legittimit del trattamento dei dati, aggiuntivi rispetto a quelli previsti dallart. 7 della direttiva 95/46.
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A maggior ragione appare discutibile la scelta di intervenire con un provvedimento dell'Autorit Garante, in una materia che deve ritenersi riservata al Parlamento, sia per la necessit di operare un adeguato contemperamento dei molteplici diritti ed interessi in gioco, in armonia col diritto comunitario, sia per le sanzioni anche di natura penale che scaturiscono dalla violazione delle norme in materia, che dunque non possono che provenire dalla Legge. Infatti, le norme richiamate nello stesso Schema di regolamento (art. 143 co. 1 lett. b e art. 154 co. 1 lett. c Codice della Privacy) consentirebbero allAutorit Garante solo di prescrivere misure funzionali a garantire il rispetto delle disposizioni gi stabilite dal legislatore e non di sostituirsi al medesimo, imponendo nuove regole che limitino il trattamento dei dati rispetto a quanto stabilito dalla normativa primaria ed introducendo cos nuovi precetti in contrasto con la riserva di legge. Ci si augura dunque che si tengano in considerazioni i rilievi che, taluni operatori del settore, hanno formulato allAutorit Garante in sede di consultazione, onde evitare dar corso ad un Regolamento che darebbe luogo a sovrapposizioni ed ingerenze, che si risolverebbero in una indebita ingerenza in settori non di competenza della medesima, con turbative ed incertezze per le attivit degli operatori del settore.

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