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iungere il re suo marito, rest a Parigi, e pare che si fosse innamorata, con foll e passione, del duca di Richelieu,

ministro di Luigi XVIII. Nessuno sapeva spieg arsi questa passione, in quanto il duca non era n giovane n bello. Eppure ella lo seguiva da per tutto, con gran noia del duca, che non era affatto innamorato di lei. Ella aveva preso un appartamento vicino al palazzo del duca; frequentava tu tte le case da lui frequentate; e il duca non era padrone di affacciarsi a una f inestra, che ella non facesse subito altrettanto. Quando egli usciva, lei gli an dava dietro; lui entrava in un negozio, e lei pure. Per il povero duca era diven tata un'ossessione. Per fortuna, il duca riusciva a distinguerla di lontano dall a toletta che portava, e allora trovava il modo di scantonare in tempo per evita rla. Ed ecco che la tremenda donna, un bel giorno, entra tutta esultante nel sal otto della sua amica, la signora Rcamier, annunziandole: Sai? Ho fatto or ora un contratto col mio fornitore per aver tutti i giorni un vestito nuovo. Cos il -duca non mi riconoscer se non quando mi avr veduto in viso e non far pi in tempo a sfuggirmi. Si diceva che questa folle passione della regina per il duca di Richelieu avesse per unico scopo d'ottenere dal ministro qualche addolcimento di pena al prigion iero di Sant'Elena. (LENOTRE, Femmes). DESMAHIS (Giuseppe Francesco Edoardo di Corsembleu) n. 1722 - m. 1761; poeta fra ncese. 4134. Desmahis era un povero poeta drammatico fischiatissimo, ma valeva assai pi dei suoi drammi. Fu lui che una volta espresse questo bel sentimento: Quando un amico ride, tocca a lui svelarmi la ragione della sua allegrezza; ma, quando piange, tocca a me scoprir la causa del suo dolore. (E. CoLOMBEY, Ruelles , salons, etc.). DEVONSHIRE (Spencer Compton Cavendish, duca di) nato nel 1833, morto nel 1901; statista inglese, fu pi volte ministro. 4135. Il duca di Devonshire era un vero gran signore, cio (come dicevano i suoi a mici) aveva l'aspetto di un contadino con la cortesia di un re. Andava alla Came ra dei Lords in abito da caccia. Era un gran mangiatore e, quando alla fine di u n qualche banchetto diplomatico veniva portata una fetta di roastbeef, esclamava : Oh, ecco che finalmente ci portano qualche cosa da mangiare! Quand'era all'Unive rsit di Cambridge e gli diedero la laurea, i suoi compagni riuscirono, dai buchi delle sue scarpe, a vedere le calze. Da ci disse miss Jane Harrison riconobbi che era veramente un duca. Il duca era un gran giocatore di bridge e passava tutto il suo tempo a giocarlo, tanto che lord Salisbury, che detestava ogni giuoco, diceva: Bisogner proprio che mi decida a imparare il bridge, per far conoscenza del mio c ollega. (MAUROIS, Edouard VII et son temps). 4136. Alla Camera dei Lord dormiva quasi sempre. Durante la seduta di recezione a questa Camera, aveva continuato a sbadigliare sempre, tanto che Disraeli ne er a restato maravigliato e aveva detto: Quest'uomo andr molto lontano, far molta strada! (MAUROIS, Edouard VII et son temp s). 4137. Una sera una sua amica gli disse in un salotto: Mi hanno detto che alla Camera, oggi, avete sbadigliato sempre. Possibile? A cui il duca di Devonshire: Ah, milady, se aveste inteso i miei discorsi non ve ne meravigliereste tanto! (M AUROIS, Edouard VII et son temps). 4138. Un giorno, alla Camera dei Lord, pronunciava un discorso a favore del mini stero, se non che, con grande stupore di tutti, amici ed avversari, stava sosten endo una tesi che era proprio l'opposto di quella del ministero. Uno dei ministr i gli fece pervenire un foglietto di carta, su cui aveva scritto l'espressione della sua maraviglia. Il duca prese il foglietto, lo lesse, e poi, senza scomporsi, riprese a parlare, dicendo: Sembra che l'opinione del ministero sia diametralmente. opposta a quella che esp onevo io. Non importa. Ora mi metto in carreggiata. (MAUROIS, Edouard VII et son temps). DIAGORA

filosofo greco, vissuto intorno al 420 a. C. ad Atene. 4139. Diagora di Mileto, che era stato soprannominato l'Ateo, entr un giorno in u n'osteria per mangiare. Ma, per quanto cercasse, non trov che un piatto di lentic chie, che per di pi erano crude, e nell'osteria non c'era neanche un pezzo di leg na per cuocerle. Se non che, avendo visto una statua in legno di Ercole, egli la prese e, gettandola sul fuoco, disse: Mi dispiace tanto, Ercole caro, ma bisogna proprio che oggi ti faccia compire la tua tredicesima fatica contro le lenticchie. (GARASSE, Dottrine curieuse). DIANA DI POITIERS n. 1499 - m. 1566; donna di famosa bellezza, amante di Enrico IL 4140. Diana di Poitiers fu l'amante del re Enrico II. Costui voleva riconoscere con un decreto una figlia che aveva avuto da lei; ma Diana s'oppose, dicendo fie ramente: Ero nata per dare dei figli legittimi a Vostra Maest; sono stata la vostra amante perch vi amavo; ora non voglio che voi mi riconosciate per vostra concubina con decreto reale. (Encyclopdiana). DICKENS Carlo n. 1812 - m. 1870; celebre romanziere inglese. 4141. Quand'era bambino, era la delizia dei suoi coetanei. Nessuno sapeva raccon tare una fiaba come lui; nessuno sapeva cantare come lui le canzonette comiche. E i suoi compagni di giuoco lo facevano salire sopra una tavola, per goderselo m eglio, mentre cantava o narrava fiabe. Un giorno scrisse addirittura una tragedia: Misnar, sultano dell'India; che lo r ese celebre nella cerchia delle sue conoscenze infantili. (FORSTER, Son histoire ). 4142. Quando Carlo Dickens, figlio di un povero impiegato con piccolo stipendio, era ancora bambino, il padre lo portava a far delle lunghe passeggiate in campa gna. Una volta lo port a vedere la collina dove Falstaff svaligiava i pellegrini. Sulla collina s'elevava un magnifico castello. Come vorrei avere questa casa sospir il piccolo Dickens. Lavora rispose il padre e allora, chi sa? Infatti Carlo Dickens, quando divenne lo scrittore famoso e popolare che tutti s anno, si compr col frutto del suo lavoro proprio quella casa che aveva desiderato tanto allora. (MAUROIS, Etudes anglaises). 4143. Nei due ultimi anni che Dickens fanciullo visse a Chatham, frequent la scuo la di un giovane pastore di nome William Gibs. Costui era molto soddisfatto del suo scolaretto e lo proclamava un ragazzo eccezionale, che avrebbe fatto parlare molto di se. Fu molto felice quando l'avvenire gli diede r agione. E, quando usc il Circolo Pickwick, volle mandargli per regalo una tabacch iera con l'inscrizione: All'inimitabile Boz . E fu questa tabacchiera anzi che diede a Dickens. il vizio di prender tabacco. (FORSTER, Son histoire). 4144. Come si sa, il padre di Carlo Dickens fu chiuso in prigione per debiti, e il piccolo Carlo dovette lasciar gli studi per impiegarsi e aiutare col suo lavo ro la mamma. Furono anni assai duri. Fu messo come fattorino in una fabbrica, e doveva. imbal lare dalla mattina alla sera le scatole di lucido da scarpe che il principale fa bbricava. Pieno di buona volont, studiava per conto suo nei ritagli di tempo. Tan to che giustamente il padre disse di lui che si era istruito da s. (FORSTER, Son histoire). 4145 noto che il Circolo Pickwick, il famoso primo romanzo di Dickens, fu pubbli cato (come del resto quasi tutti i romanzi di lui) a dispense. Del primo numero erano stati stampati 400 esemplari; ma, quando comparve sulla scena del romanzo Sam Weller, il comico personaggio diventato poi famoso, la tiratura subito aumen t, e cos della tredicesima dispensa furono tirate quattromila copie. Un bel succes so! I negozianti davano ilnome di Pick- wick alle loro mercanzie. Non si parlava d'altro che del romanzo da per tutto. (MAUROIS, Etudes anglaises). 4146. La popolarit di Dickens era tanta che il giorno di Natale gli arrivavano da ogni parte del mondo legumi, fiori, uccelli e ogni sorta di regali, tutti invia tigli da gente del popolo. (MAUROIS, Etudes anglaises).

4147. Essendo andato un giorno a York, una donnicciola che egli non aveva mai ve duta lo ferm per strada e gli disse: Signor Dickens, mi lasci toccare la sua mano, che ha riempito la mia casa di tan ti amici! (MAUROIS, Etudes anglaises). 4148. Carlyle racconta di aver sentito un moribondo esclamare: Comunque vadano per me le cose, domani esce l'ultima dispensa del Pickwick, e so no tranquillo. (MAUROIS, Etudes anglaises). 4149. Quando Dickens and a fare un giro di letture in America, l'entusiasmo e la concorrenza del pubblico fu tale, che non ostante il freddo intenso dell'inverno , che fu uno dei pi glaciali che si ricordino, la gente stava per ore ed ore all' aperto per assicurarsi un posto davanti al botteghino, e qualcuno anche aveva po rtato dei materassi sul posto e vi aveva passato la notte. Tutte le sale erano p iccole per contenere la folla enorme. A Brooklyn gli diedero, come sala di confe renze, una chiesa. (MAUROIS, Etudes anglaises). 4150. Ebbe sempre una spiccata predilezione per il teatro, specialmente recitato da dilettanti. Quando fu padre di famiglia, faceva rappresentare dai suoi figli uoli e dai loro compagni delle commediole o dei balletti fantastici, nei quali e gli faceva le parti dell'Orco o del Gigante. (FORSTER, Son histoire). 4151. Dickens aveva un figlio a Londra agli studi; e siccome in un certo momento il ragazzo cadde malato, il padre si rec a visitarlo nella casa di salute dove era stato accolto. Una vecchia infermiera, quando sent chi era il padre del piccolo malato che essa doveva assistere, rest di sasso. Come! esclam il ragazzo figlio dell'uomo che ha messo assieme il romanzo di Dombe y? E quando i presenti le domandarono perch mai si maravigliava tanto, rispose: Non avrei mai creduto che un-uomo solo avesse potuto mettere assieme Dombey! Qualcuno le osserv che essa non sapeva leggere. Era vero; ma spieg che il primo lu ned di ogni mese si trovava con alcune amiche, e queste leggevano ad alta voce il romanzo. (MAUROIS, Etudes anglaises). O 4152. Aveva una biblioteca tutta tappezzata di libri. E per non rompere l'effe tto dell'assieme, aveva fatto mascherare le porte con finte rilegature, e a ognu no di quei finti libri aveva dato un titolo fantastico di sua invenzione. C'era cos una Vita di gatti illustri in cinque volumi; una Memoria sulla balena di Gion a; e due volumi di Arche e architetture di No. (MAUROIS, Etu des anglaises). 4153. Un giorno Carlo Dickens leggeva pubblicamente alcuni brani del suo famoso romanzo Pickwick. Un signore, che era tra gli ascoltatori, si rivolse a un certo momento al suo vi cino per sapere chi era colui che leggeva, e avendo saputo che era Dickens, escl am tutto sorpreso: Impossibile! Ma siete proprio sicuro che sia lui e non invece qualche altro che abbia preso il suo nome? Avendogli il vicino assicurato che era Carlo Dickens in persona, il signore scos se il capo e seguit: Diamine! Ma allora bisogna dir proprio che Dickens non abbia la pi piccola idea d i Pickwick! Io almeno me lo immaginavo tutto differente. (MAUROIS, Etudes anglai ses). 4154. Un amico di Dickens stava un giorno parlando col gran romanziere intorno a ll'educazione dei fanciulli e sosteneva che non bisogna dar esca alla loro fanta sia con racconti meravigliosi, perch la fantasia poi assolutamente inutile nella vita e impedirebbe al ragazzo di avanzare nella sua carriera. Entr in quel mentre , nella stanza dove avveniva la conversazione, una bellissima farfalla. Dickens la prese con la mano, le scosse di dosso tutta la polvere iridescente delle sue ali. L'altro, quando Dickens ebbe rilasciato la farfalla, gli disse: Amico mio, voi siete crudele; perch avete tolto alle ali della farfalla tutto il suo splendore? Io rispose Dickens non ho fatto che applicare alla farfalla il sistema vostro d' educazione, levandole il suo inutile ornamento che forse gli avrebbe impedito di volar bene. (BOUBE, Gazette de France). 4155. Quando Dickens mori, in tutte le famiglie inglesi, americane, canadesi e a

ustraliane, la morte fu annunziata ai bambini coi riguardi che si usano per annu nziar loro la morte di un parente prossimo. Si dice che un bambino domandasse: Morto il signor Dickens? Ma allora morir anche il babbo Natale! (MAUROIS, Etudes anglaises). DIDEROT Dionigi n. 1713 - m. 1784; filosofo e scrittore francese. 4156. Trovandosi in una grande miseria, Diderot faceva un po' tutti i mestieri p er sbarcare alla meglio il lunario: ora dava lezioni private, ora traduceva dall 'inglese; ma quando queste risorse venivano a mancargli, fabbricava delle predic he, per venderle ai predicatori sprovvisti d'ispirazione. Ed curioso pensare che a quei tempi le beghine dovettero sentire parecchie edificanti omelie redatte d a un miscredente, che andava proclamando il principio che l'incredulit il princip io della sapienza! La madre gli mandava a Parigi qualche luigi di nascosto del padre. Ma doveva por targlielo una serva che faceva a piedi da Langres, sessanta leghe lontano, il lu ngo viaggio. (LENOTRE, Paris). 4157. Quando Diderot cominci la sua carriera di scrittore, ebbe da un libraio una piccola somma di denaro per un suo volumetto. Appena torn a casa con la sommetta , la moglie non voleva accettar quei denari, credendo che fossero di provenienza sospetta, non potendo persuadersi che un libraio avesse dato quella somma in co mpenso di un po' di carta scritta male. E quando il marito riusc a dimostrare la verit di quel che egli le aveva detto, la buona donna, maravigliata, voleva che D iderot riportasse la somma al libraio, perch diceva il poveretto era stato ingann ato. (E. COLOMBEY, Ruelles, salons, etc.) 4158. Diderot racconta che la cosa che gli aveva fatto maggior piacere nella vit a fu quando un giorno, essendo ormai celeberrimo, incontr un tale del suo paese, che molto ingenuamente gli disse: Caro Diderot, tu sei famoso e tutti ti lodano, ma non creder di valere quanto tu o padre. Tu non potrai esser mai un uomo bravo e buono come lui! (Encyclopdiana). 4159. Il padre di Diderot era negoziante di lancette per orologi, e ne fabbricav a e vendeva moltissime. Quando gli dicevano che suo figlio si faceva molto- onor e, egli, con un sospiro, ripeteva: - Va bene, e ne sono molto contento; ma sapeste quante lancette mi costa quel fi glio! (Encyclopdiana). 4160. Anche quando era diventato celebre, la sua casa e i suoi vestiti portavano l'impronta di una trascuratezza, quale forse s'addice a un filosofo che disprez za le vanit e i beni terreni. Lo stato miserevole del suo alloggio mosse a compas sione la buona signora Geoffrin, che, approfittando di una sua assenza, gli fece nascostamente cambiare tutto il mobilio, la biancheria e i vestiti, sostituendo li con mobili, biancheria e vestiti pi decenti. Orn persino il salotto di quadri d i autore. Quando Diderot torn a casa sua, credette a tutta prima d'aver sbagliato uscio. Poi si persuase che quella roba era ormai sua. Tuttavia, da vero filosof o, rimpianse sempre i suoi mobili sordidi, la sua biancheria logora, i suoi vest iti ragnati, e soprattutto rimpianse una vecchia veste da camera, nella quale si sentiva tanto bene per lavorare. (LENOTRE, Paris). 4161. Un giorno Grimm fece questo scherzo feroce a Diderot: gli port in casa il p rincipe di Brunswick, che Diderot non conosceva, facendolo passare per un suo am ico, e poi mise il discorso sul principe stesso, invitando Diderot ad andare a p ranzo dal principe, per farne la conoscenza. Diderot gli rispose: - Non vengo, perch i vostri principi tedeschi non mi piacciono affatto, e meno ch e meno il vostro Ferdinando di Brunswick. Essi urtano il mio buon senso con le I oro sciocchezze, e la loro stupidissima compagnia mi viene subito a noia, Grimm allora scoppi a ridere e fece capire a Diderot che quello che aveva fatto p assare per suo amico non era altri che il principe di cui si parlava. Diderot ri mase male, ma poi, rivolto a Grimm, gli disse: Grimm, buttatevi in ginocchio e domandate perdono al principe delle sciocchezze che mi avete fatto dire. (E. GUERARD, Dictionnaire d'anecdotes). 4162. Domandarono a Diderot che cosa pensasse della Giustizia e dei Tribunali. A llora Diderot raccont questo aneddoto:

Un povero uomo mio amico era stato citato contemporaneamente in giudizio dalla m oglie che voleva divorziare, perch sosteneva che egli era impotente, e dall'amant e, che voleva ch'egli riconoscesse per suo un figlio che essa diceva di aver avu to da lui. Meno male! diceva il disgraziato una almeno delle due cause riuscir a v incerla: perch, se sono impotente, non posso aver fatto fare un figlio alla mia a mante, e se debbo riconoscere per mio il figlio, vuol dire che non sono impotent e . Ebbene, amici miei, lo credereste? Egli perdette tutt'e due le cause, perch fu rono giudicate l'una dopo .l'altra, da due diverse sezioni. (LEON VALLE, La Sarab ande). 4163. Diderot disse una volta con un suo intimo: Vedi? Non mi curo di essere cristiano, ma non mi dispiacerebbe affatto di creder e in Dio. (LEON VALLE, La Sarabande). 4164. Diderot diceva di Fontenelle, i cui motti di spirito si facevan sempre pi r ari: ormai come un vecchio castello, nel quale ogni tanto ritorna qualche spirito. (D E LA BATUT, L'esprit des grands hommes). 4165. Domandarono un giorno a Diderot che cosa pensasse delle donne che scrivono : Se la mia amante scrivesse dei libri rispose Diderot pazienza! Glieli lascerei fa re. Ma mia moglie, ohib! vorrei che sapesse far solo le camicie e le calze. (Ency clopdiana). 4166. Diderot parlava con l'imperatrice Caterina di Russia, a proposito di Mosca che era troppo vicina al confine. Aver la capitale del regno ai confini le disse come avere il cuore sulla punta d elle dita. (Encyclopdiana). 4167. Un giorno Diderot and a casa di Panckoucke, editore dell'Enciclopedia, e lo trov che si stava vestendo per uscire. Diderot volle aiutarlo a mettere il cappo tto; ma Panckoucke si schermiva: Non permetter mai che un illustre filosofo come voi mi abbia a fare un cos umile s ervizio. Lasciate fare rispose Diderot; non sar io il primo autore che abbia vestito un ed itore. (Diderotiana). 4168. Diderot era un buon bevitore, e per quanto bevesse, non si ubriacava facil mente. Una volta era saa vicina di tavola la spiritosa signorina d'Hou detot che, presa dall'entusiasmo del suo stesso brio, diceva spesso cose esagera tamente vivaci, che arrivavano sino alla licenza pi spudorata. Accortasi di aver passato il segno, si volse gaiamente ai commensali dicendo: Che volete? Diderot mio vicino beve pi che pu, e sono io che mi ubriaco per lui. ( E. COLOMBEY, Ruelles, salons, etc.). 4169. La signorina d'Houdetot era all'occasione anche poetessa, ma di poesie alq uanto licenziose. Una volta aveva fatto un poemetto: Hymne aux ttons, molto liber o. Se ne parlava in una conversazione, e alcune persone avrebbero voluto leggerl o. Si rivolsero perci a Diderot, che era amico della signorina e che aveva sentit o leggere dalla sua bocca il poemetto. Diderot rispose: La signorina ha avuto infatti il coraggio di leggermelo; ma io non potrei aver m ai quello di domandarglielo in prestito per leggerlo. (E. COLOMBEY, Ruelles, sal ons, etc.). 4170. Diderot era di cuore molto sensibile, e quando pensava uno dei suoi raccon ti, se ne commoveva sino alle lagrime. Una volta vennero a trovarlo d'Holbach e d'Alainville, e lo trovarono piangente. Che vi successo? gli chiesero premurosamente. Ma Diderot, asciugandosi le lagrime di cui aveva tutto il viso inondato: Niente. Mi fa tanta pena la protagonista d'un racconto che sto scrivendo. (E. CO LOMBEY, Ruelles, salons, etc.). 4171. Qualcuno si maravigliava con lui che nella vita dei salotti parigini il Di derot facesse poca figura. Che volete? confess il Diderot io so dir tutto meno che bongiorno. Non conosco la lingua fredda e indifferente che si parla nei salotti. E resto o silenzioso o i ndiscreto. (Nuova Antologia, 1880). 4172. La zarina Caterina di Russia diceva a Diderot:

- I vostri principii sono bellissimi, ma non possono servire ad altro che a far dei bei libri. Altra cosa scrivere sulla carta che pazienta tutto, e altro lavor are sulla materia viva, irritabile e permalosa, che il popolo. (LEON VALLE, La Sarabande). 4173. Nel parlare, gestiva vivacemente. L'imperatrice Caterina di Russia diceva alla signora Geoffrin, raccontandole una visita di Diderot: Il vostro Diderot un uomo straordinario. Figuratevi che, dopo un colloquio con l ui, mi ritiro con le cosce piene di lividi. Sono stata obbligata di mettere un t avolino tra me e lui, per ripararmi dal suo furioso gesticolare! (Nuova Antologi a,- 1880). 4174. Disordinato nelle spese, spendeva tutto ci che aveva per comprare stampe e miniature di cui era collezionista; ma poi, rimanendo senza un soldo, era costre tto a rivenderle, rimettendoci, e finalmente doveva mettersi a lavorare disperat amente, per pagare gli oggetti che non erano gi pi suoi. (Nuova Antologia, 1880). 4175. Domandarono un giorno a Diderot che uomo era d'Epinay. t uno rispose Diderot che ha mangiato e dilapidato due milioni, senza aver detto mai una spiritosaggine e senza aver fatto mai una buona azione. (CHAMFORT). 4176. Si discuteva sul motto che doveva ornare il nuovo Teatro dell'Opera di Par igi, e Diderot propose il seguente: Hic Marsyas Apollinem Vexat (Qui Marsia scortica Apollo). (BRING, Das goldene Buc h der Anekdoten). 4177. Diderot, sempre innamorato sebbene avesse ormai sessanta anni, se ne confi dava a un amico: Io dico sovente a me stesso: vecchio pazzo, vecchio pezzente, quando dunque cess erai di esporti all'affronto di un rifiuto o di una figura ridicola? (DE LA BATU T, L'esprit des grands hommes). 4178. Si parlava di Diderot in sua presenza, e la signorina Lespinasse gli disse : - Caro Diderot, voi a momenti mi sembrate vecchio di cento anni, e a momenti rag azzo di dodici. E questa fu riconosciuta la pi bella e giusta definizione del grande filosofo. (E . COLOMBEY, Ruelles, salons, etc.). DILLON (Monsignor Arturo Riccardo) n. 1721 - m. 1814; prelato francese. 4179. L'arcivescovo Dillon era appassionatissimo per la caccia. Un giorno fl re Luigi XVI gli disse: Come va, monsignore, che voi siete tanto appassionato per la caccia e poi la pro ibite ai vostri curati? Maest, rispose l'arcivescovo, fiero della sua nobilt i miei curati si fanno i vizi da loro; mentre i miei derivano dagli antenati. (LEON VALLE, La Sarabande).. DI LORENZO Tina (Concetta Carolina, detta) nata nel 1872, morta nel 1930; famosa attrice italiana. 4180. Quando Tina Di Lorenzo recit per la prima volta La Straniera di Dumas figli o, la gi celebre attrice era sfolgorante di giovent, di grazia e di bellezza, ment re la seconda donna della compagnia era tutt'altro che bella e non pi giovane. Il capocomico cerc invano di convincere la seconda donna a rinunziare alla parte; q uesta, forte del suo diritto fu irremovibile. Ma quando, alla rappresentazione, la seconda donna disse alla Tina, con aria di sfida Sono bella! La natura ha le sue rivincite! , fu tale l'urlo del pubblico, c he la scena rimase per un momento interrotta. (TESTONI, Ricordi di Teatro). 4181. La grande attrice Tina di Lorenzo era tanto conosciuta in Italia e all'est ero, che difficilmente poteva sottrarsi alla curiosit e all'ammirazione di coloro che la riconoscevano. La sua gioia, nei mesi di riposo, era di andarsene in que lle citt straniere dove non aveva mai recitato, per essere sicura di non esser os servata. Una volta, in agosto, si rec, col marito Armando Falconi, a Parigi. In q uella Babele e in un mese cos torrido, sperava di non. incontrare nessuno che la conoscesse. Appena arrivati, andarono sulla torre Eifel, proprio sulla cima. Las s, a 30 metri d'altezza, isolata per un istante dal mondo, si sent veramente beata . Ma, non aveva neppure incominciato ad assaporare questa felicit, che da un grup po di persone salite dopo di loro, le giunse una voce: - Teh! Mira la Tina! (T, guarda la Tina!). -- Erano dei signori argentini che l'a

vevano udita a Buenos Aires e che naturalmente approfittarono dell'occasione per presentarsi e conoscerla personalmente. 4182. Tina di Lorenzo raccontava che, al suo esordio in Russia, dopo l'ultimo at to piovvero sul palcoscenico fra urla selvagge un'infinit di oggetti neri e pelos i. L per l l'attrice si spavent, temette di aver scontentato gli spettatori e di av er provocato le loro ire. Invece si trattava di studenti che, per dimostrarle la loro ammirazione, le gettavano sulla scena i loro berretti di pelo. E bisognava rigettarli indietro, come voleva la consuetudine. La grande attrice confess di essere rientrata tra le quinte con le braccia indole nzite per lo sforzo inusitato.. 4183. Nell'ultima prova di Successo, del Testoni, all'Arena Nazionale di Firenze , la Di Lorenzo dovette redarguire un attore distratto e trasandato che si prese ntava coi calzoni male abbottonati. L'autore, che era presente, trov giusto il ri mprovero. Alla prima recita, finito il primo atto, il pubblico vuole al proscenio attori e d autore. Si apre il velario e la signora Tina, che ha al fianco Testoni, gli mormora: Testoni, i bottoni! Egli allib e curvandosi profondamente al pubblico, fece scudo col cappello alla s ua... imperfezione, la quale... era una semplice bugia, inventata per burla dall a bella attrice. (O. TREBBI, Aneddoti teatrali). 4184. Tina Di Lorenzo si trovava in America, quando le accadde di smarrire un ve ntaglio a lei molto caro. Il ventaglio venne trovato da un suo fervido ammirator e, il quale le scrisse di essere disposto a restituirlo, purch ella gli concedess e un bacio. A tale richiesta, Tina Di Lorenzo rispose: Sta bene. Vi dar non uno, ma cento baci: tutti quelli che do ad Armando nella Sig nora dalle Camelie; ma voi, se li volete, dovete sostituire per una sera il prim o attore della compagnia nel sostenere la parte di Duval. L'ammiratore, umiliato, rimand il ventaglio e rinunzi al bacio. (Comoedia, luglio 1930). DIVI Ulisse n. 1845 - m. 1918; celebre matematico italiano. 4185. Degna di ricordo la risposta che Ulisse Dini, il sommo matematico nostro, allora studente, fece ai suoi esaminatori. Questi gli chiesero le soluzioni note di un astruso problema di calcolo. - Sono tre rispose il Dini. - Come! Sono due! osserv un esaminatore. - Sissignore, aggiunse il Dini. Due sono quelle gi note. La terza ancora ignota, perch mia. (VINASSA, Aneddoti universitari). DIOCLE capo del partito democratico siracusano vissuto intorno al 410 a. C. 4186. Diocle, legislatore dei Siracusani, aveva fatto una legge per cui si puniv a di morte ogni cittadino che comparisse in pubblico con le armi. Un giorno, le sentinelle di Siracusa gridarono l'allarme; e Diocle, senza pensare ad altro, prese la sua spada e s'avvi in piazza per vedere che cosa .foss e accaduto. Uno dei presenti, vedendolo armato, gli disse in tono ironico: Ecco che venite per abrogare la vostra legge. Niente affatto rispose Diocle, che allora solo si ricord di essa vengo anzi per c onfermarla. E, cos dicendo, si immerse coraggiosamente la spada nel petto, e mor senza un lame nto. (Encyclopdiana)., DIOCLEZIANO n. 245 - 313; imperatore romano; abdic nel 305. 4187. Quando Diocleziano ebbe abdicato, nella solitudine di Salona, la citt dove si era ritirato, ripensava assai spesso agli anni del suo impero, e ne era scont ento. Una volta, con gran sospiri, disse a coloro che gli erano vicini: Quanto difficile il governare! Tre o quattro cortigiani interessati si accordano tra loro per far parere bianco il nero, e l'imperatore non sa pi la verit. Nonost ante tutte le precauzioni, nonostante le pi rette intenzioni, il migliore dei pri ncipi lo zimbello e la vittima dei suoi ministri e cortigiani, i quali gli nasco

ndono il vero; egli insomma tradito e venduto. (Encyclopdie mthodiqGSPLIT:uPalazzi-Z anichelli 1.txtArchivio GSplit&{5F9160D1-68ED-4692-9DC5-DA0556BA26AC}smT$M AV

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