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Il ricordo di Dio

*** Presentazione dei testi di: don V. Sorce, Lo sguardo dellaquila (San Paolo 2013) e mons. V. Bertolone, Un pastore abitato dal Signore (Paoline 2012); Libreria Paoline - Palermo, 4 dicembre 2013.

C una parola, fra tutte, che torna insistente nelle pagine de Lo sguardo dellaquila1: ricordo. Risuona dalla prima allultima pagina e si rincorre come il riverbero di uneco che continua a tornare, rimbalzando da mille sponde e arricchendosi via via di riflessi e di livelli di senso, che alla fine riecheggiano come ununica straordinaria armonia. Credo sia uno dei pregi pi alti di questo testo. C innanzitutto, gi nellintroduzione, lesplicita dichiarazione dellAutore di aver
cercato di mettere insieme la memoria di una vita condivisa, alcune testimonianze, squarci dei suoi scritti [di mons. Naro]; il tentativo di comporre in mosaico, con semplicit e verit, il volto di un amico, di un prete, di un vescovo. []. Un raccontare dialogando con un amico oltre il tempo [] per averlo ancora compagno di viaggio, maestro, consigliere, amico2.

Gli elementi, cos, ci sono gi tutti: il raccontare, il mosaico, il dialogo con un amico in un tempo senza tempo, per accedere ad una presenza che non conosce passato. Raccontare: tornare a contare3, a misurare un sentiero, a tentare un cammino posando i piedi sulle orme lasciate in profondit da chi, prima di noi, per noi quel sentiero ha tracciato. E dire che eravamo in qualche modo con lui mentre avanzava! Ma come se solo tornando con fatica emotiva cos si dice nellintroduzione a contare quei passi, cominciassimo finalmente a capire quel che con Aldo Naro ci stato donato e si facesse finalmente evidente il filo rosso, [] la linea di continuit, quella che destinata, in definitiva, a segnare lo sviluppo futuro4.
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V. Sorce, Lo sguardo dellaquila, ed. San Paolo, Milano 2013. Ivi, p. 7. 3 Pu essere interessante notare che anche in altre lingue, come il tedesco ad esempio, il verbo presenta la stessa struttura morfologica: se zahlen contare, er-zhlen rac-contare. 4 Queste parole furono pronunciate dallo stesso Naro, durante la present azione di un libro di V. Sorce. LAutore le riprende e le fa proprie al fine di lodare Dio per le grandi cose che ha compiuto nella vita del Vescovo Naro (cfr. ibidem).

Non a caso di filo rosso si parla anche nella prefazione del testo di mons. Bertolone; cos come si parla anche di un mosaico da comporre, individuando lunicit dellispirazione e una visione unificante5. Gli eventi, i momenti che segnano la nostra esistenza sono come le tesserine di un unico mosaico che aspettano di essere guardate insieme, o come le perle di una collana che aspettano di essere infilate, appunto, attraverso unoperazione che, essendo il rac-conto nel ri-cor-do, certamente un dono: un dono che il narratore fa, ma di fatto anche lattestazione, da parte di chi narra, di avere ricevuto il grande dono di quelle tesserine, di quelle perle che, una volta infilate, rivelano un filo sicuramente ricostruito con fatica emotiva, ma altrettanto sicuramente gi offerto a chi disposto a non sottrarsi alla fatica di uno sguardo capace di coglierlo. C una bella espressione di Elizabeth Barrett Browning che dice: La terra piena di paradiso e ogni roveto ardente arde di Dio, ma solo colui che vede si toglie le scarpe; gli altri gli siedono intorno e colgono mirtilli. Per chi sa vedere, guardare anche un ascoltare le storie di Dio. Lo stesso Naro, a proposito dei mosaici di Monreale, dice in un brano riportato da Sorce:
La Miracolosa Leggenda che emerge dalle infinite pietruzze doro il racconto della storia sacra: Leggerla , insieme, vedere e ascoltare. Anche la partecipazione alla liturgia nel duomo di Monreale unesperienza dinamicamente visiva. Romano Guardini, che nel 1929 vi prese parte alle celebrazioni della settimana santa, scrisse che nella basilica la liturgia un vivere nello sguardo, un pregare essenzialmente guardando senza bisogno di parole. Lo sguardo gi un ascolto6.

Chi sa guardare, riesce ad udire; chi sa mettersi in ascolto, impara a vedere. Il racconto ha il grande pregio di rivelare il significato, senza commettere lerrore di definirlo7. E forse vero, come dice Arendt, che nulla risponde al desiderio umano pi del racconto della nostra storia e che, prima ancora di rivelare il significato di una vita, la biografia ne riconosce il desiderio8. Ma altrettanto vero che, anche se in tutti, consapevoli o no, alberga il desiderio di rimanere nella memoria di qualcuno
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V. Bertolone, Cataldo Naro, un pastore abitato dal Signore. Il Vangelo dispiegato in Sicilia, ed. Paoline, Milano 2012, p. 20. 6 C. Naro, La grande meraviglia, in Idem, La speranza paziente, Caltanissetta 2007, pp. 362 (riportato in V. Sorce, Lo sguardo dellaquila, p. 169). 7 Cfr. H. Arendt, Isak Dinesen (1885-1962), aut aut, 239-240 (1990), p. 169. 8 A. Cavarero, Tu che mi guardi, tu che mi racconti. Filosofia della narrazione , Feltrinelli, Milano 2001, pp. 10-11.

che ne racconti dunque la storia, solo alcuni sono capaci di trasformare questo desiderio nella responsabilit di consegnare ad altri, a chi li circonda e a chi verr dopo, il significato di unesistenza vissuta alla luce di Dio e consumata nellesigenza di additare questa luce. Additare: chi racconta non fa altro, con le sue parole, che additare ci che solo gli avvenimenti che hanno segnato quellesistenza hanno realizzato ; mentre, daltra parte, quel che il racconto realizza, per te che ascolti, la possibilit di udire una voce che stata gridata nel silenzio di unintera esistenza. C, infatti, una parola che, proprio perch rende udibile quel silenzio che la vita dei santi, perci come dice Barsotti quel che annuncia che
lavvenimento della morte e resurrezione di Cristo non pu essere presente oggi che in una partecipazione degli uomini a questo mistero. La presenza del Cristo, di fatto, si pu far veramente reale nel tempo e nel mondo solo in una sua partecipazione a coloro che vivono nel tempo e nel mondo di quaggi9. Che cosa sono i santi nella Chiesa? si chiede Barsotti - . Sono Dio, Dio che uscito davvero dal suo isolamento infinito, Dio che traboccato davvero dalla solitudine infinita dellEssere suo, Dio che veramente si effuso nella creazione ed stato ricevuto dallabisso del nulla. []. Sono Dio, ma Dio non pi nel mistero insondabile, inaccessibile della sua divinit, Dio che come luce risplende, Dio che come amore si effonde, anzi si effuso. []. Sono Dio stesso: Dio come luomo pu conoscerlo, Dio come luomo pu amarlo, perch di fatto Dio, se non si comunica e non si comunicato, rimane per me assoluto mistero, come un nulla: puro silenzio10.

Se i santi non fossero, sarebbe menzogna anche la morte di croce, perch lefficacia della morte di croce si misura dalla salvezza delluomo, si misura dalla santit che questa morte comunica al mondo11. Se non ci fossero i santi,
noi potremmo certo credere, ma la nostra fede sarebbe come un appello a un Dio che rimane in silenzio, a un Dio che ci pu promettere tutto, ma che non pare abbia mantenuto la sua parola12.

Per questo abbiamo bisogno di santi, non per cercare modelli da imitare estrinsecamente: sarebbe come del resto , quando accade grottesco e innaturale;

D. Barsotti, Nella comunione dei Santi, Editrice Vita e Pensiero, Milano 1970, p. 8. Ivi, pp. 17-18. 11 Ivi, p. 19. 12 Ivi, pp. 23-24.
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ma per potere intravedere Dio ed essere aiutati nella nostra povera fede. Continua Barsotti:
quello che oggi dovremmo chiedere di pi a Dio sono i santi! Non ci mancano, anzi sono anche troppe, oggi, le parole degli uomini, ma troppo spesso sono parole senza reale efficacia. Se ne ha gi come un fastidio, se ne ha come la nausea. Nella parola la Chiesa deve autenticamente rivelare il suo mistero, la partecipazione viva degli uomini di oggi al mistero del Cristo13.

Il tema dei santi come parola di Dio agli uomini nel tempo torna ripetutamente in Naro che, come nota Sorce14, amava citare la nota espressione di Balthasar: i santi sono esistenze teologiche. Proprio ai santi e alla santit si riferisce Naro, quando parla del ricordo di Dio, dove egli precisa che quel genitivo di Dio tanto soggettivo quanto oggettivo:
Se soggettivo, il ricordo che Dio ha di noi, ed fondamentale. Se noi non fossimo pensati con amore da Dio, cadremmo nel nulla. Siamo sostenuti dalla volont amorosa di Dio, anche secondo quel bellissimo versetto del Magnificat: Dio si ricordato della sua misericordia, come se Dio, attingendo a se stesso non trovasse altro che amore, []. Ed questo ricordo di Dio, questo passarci nel cuore, re cor-dare, ricordare, che la nostra salvezza, che la nostra vita. Daltra parte, questo ricordo che Dio ha di noi ha bisogno come di una sponda umana, che il ricordo che noi abbiamo di Dio, cio dobbiamo noi, a nostra volta, passare Dio nel nostro cuore. Ma come si fa a passare Dio nel cuore?15.

Sponda umana al ricordo di Dio: questo il santo, colui che lascia passare Dio nel suo cuore, Lo ri-cor-da. Allora il ricordo tutto tranne mi torna in mente quel che accaduto prima . Ma quando questo ben compreso preso cio dentro la parte pi intima di noi , non pu non esserci una rivoluzione, una metanoia, un totale rivolgimento del nostro modo di intendere e di pensare: allora la fedelt al mandato del Signore si realizza nella tensione di guardare la realt, di comprenderla con amore e passione, studiandola con intelligenza e fatica in un ardimentoso proiettarsi in avanti, per

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Ivi, pp. 9-10. Cfr. V. Sorce, Lo sguardo dellaquila, cit., p. 95. 15 C. Naro, Lamore per la mia Chiesa, in Aa.vv., Sorpreso dal Signore. Linee spirituali emergenti dalla vicenda e dagli scritti di Cataldo Naro, Caltanissetta-Roma 2010, p. 346 (riportato in V. Sorce, Lo sguardo dellaquila, p. 159).

continuare a dire il Vangelo agli uomini del nostro tempo e del nostro luogo (sono parole di Naro, riprese dal Card. Ruini16).
Il ricordo di Dio la nostra vita. []. Come dice il salmo 101, questo ricordo di Dio, che la nostra salvezza, per ogni singola persona ma anche per ogni generazione17.

Cos cambia tutto, perch cambia lo sguardo verso la realt intera, cambia il modo stesso di intendere com-prensione, che cos diventa ben altro che erudizione o autoelevazione, perch com-prendere con amore e passione; cambia il fine ultimo, la motivazione esistenziale profonda, in vista di un conoscere che non mira al dominio e al controllo della realt, ma piuttosto studiare con fatica e intelligenza, avendo lasciato passare Dio nel proprio cuore, perch Dio stesso si faccia presente. Siamo dinanzi alla connaisance di cui parla Barsotti, citando Claudel. Non si pu conoscere Dio come si conosce la matematica o la filosofia:
Non si pu conoscere cos Dio. Lo si conosce nella misura in cui lo si possiede ed egli diviene intimo a noi; lo si conosce di quella conoscenza che implica per noi un possesso simile a quello di una madre. Diceva Claudel: connaissance in francese vuol dire nascere insieme. La conoscenza propria delluomo veramente una partecipazione alla divina maternit; la conoscenza che luomo possiede come un nascere di Dio nel cuore delluomo. Guai se tu pensi che la conoscenza di Dio possa essere la trasformazione del Dio vero, del Dio reale, del Dio vivente in unidea umana, in un concetto umano. []. Tu conosci Dio nella misura che egli nasce in te. Connaisance!. Una nascita insieme: tu nasci nel Dio che nasce nel tuo cuore18.

A quella domanda che Naro pone: Come si fa a passare Dio nel cuore? Come si fa a conoscere davvero Dio?, non si pu rispondere con formule o metodi. N si tratta di cercare parole umane che possano tra-durre, trasportare su un piano di conoscenza astratta quel vivere in Dio che, se e quando , appunto vita. E vita, infatti, i due testi (quello di Sorce e quello di Bertolone) raccontano. Allora la cultura non pi fine a se stessa e non celebra chi la detiene, se non nel senso pi alto che se ne possa concepire: rivela un uomo di Dio.

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C. Ruini, Per tornare a pensare: testimonianza credente, impegno intellettuale e progetto culturale , in Aa.vv., Lo studio, la piet, il ricordo. Cataldo Naro studioso di storia, p. 15 (riportato in V. Sorce, Lo sguardo dellaquila, p. 150). 17 C. Naro, Saluto alla Chiesa di Monreale, in Bollettino Ecclesiastico, LXXXII (2002), p. 35 (riportato in V. Sorce, Lo sguardo dellaquila, pp. 164-165). 18 D. Barsotti, Nello Spirito Santo, Paccagnella Editore, Bologna 1998, p. 338.

E la storia? Anche la storia diventa tutta unaltra cosa, perch la memoria di ci che stato tutta unaltra cosa. Scrive Barsotti:
la vita religiosa di ciascun uomo sempre ricordo, richiamo a quello che Dio ci ha detto, a quello che Dio ha fatto, a quello che ci ha promesso, a quello che ci ha fatto conoscere e ci ha dato di s. La vita religiosa di ciascun uomo affonda le radici sempre in illo tempore, in quel tempo19.

Un tempo senza tempo: questo memoria per il cristiano. Scrive Naro in un testo riportato da Bertolone:
Come si appartiene alla Chiesa? Attraverso la memoria: lo dice il Vangelo di Giovanni: Mander il Consolatore, il quale vi far ricordare le cose che vi ho detto. Vi far ricordare: il cristianesimo ricordo. Lo Spirito del Cristo ci fa ricordare. E cos lo attingiamo: la Chiesa stessa memoria di Cristo20.

Daltra parte, anche Barsotti sottolinea che solo nel ricordo suscitato dallo Spirito possibile realizzare quel che pure abbiamo vissuto. Non basta ai discepoli stessi essere stati con Lui, per rendergli testimonianza:
dovranno ricevere lo Spirito; solo allora saranno suoi testimoni. Hanno vissuto con Lui per tre anni; hanno mangiato con Lui e hanno lasciato tutto per camminargli dietro. Hanno visto i suoi miracoli, hanno ascoltato la sua parola, lo hanno visto appeso alla croce, lo hanno visto risorto. Non basta. Tutto questo non basta per essere suoi testimoni. Dovranno ricevere lo Spirito21.

Non basta, per essere testimoni, dire: Io lho veduto. Bisogna che Egli viva in noi fino ad essere la nostra memoria, cio fino a fare del nostro rapporto con Lui il fondamento ultimo della nostra stessa identit. Vivendo nel cuore delluomo, allora, Dio che rende testimonianza a se stesso. Ma se vero che Dio si comunica al mondo nello Spirito Santo, vero anche che il mondo riceve Dio solo perch Dio, nellincarnazione del Verbo, ha compiuto lassunzione del mondo. Lopera dello Spirito Santo questo mistero22. Ed per questo stesso mistero che al cristiano chiesto di assumere il mondo, il mondo tutto, quello locale e quello universale, nel suo andare a Dio e nel suo essere di Lui memoria nella quotidianit pi normale.

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Ivi, p. 254. C. Naro, Educare alla mistica, in La speranza paziente, p. 94 (riportato in V. Bertolone, Cataldo Naro, un pastore abitato dal Signore, p. 50). 21 D. Barsotti, Nello Spirito Santo, cit., pp. 103-104. 22 Ivi, p. 136.

E questo, tuttavia, non vuol dire dare realt a Dio. Vuol dire piuttosto ricevere realt da Lui nella misura in cui entriamo alla Sua Presenza, nella misura in cui lavvenimento cristiano diviene la nostra vita23, la nostra memoria, la nostra stessa identit. Ed davvero mirabile rendersi conto di come proprio la fedelt e il radicamento nella realt specifica del proprio territorio abbia permesso a mons. Naro di maturare unapertura davvero universale; perch solo allora questa apertura al mondo intero autentica, quando nasce a partire da una realt autenticamente e determinatamente vissuta; altrimenti solo astrattezza. Leggendo queste pagine, facendo cio memoria della vita di un uomo che sapeva essere memoria di Dio, ci si rende conto allora che, davvero, come sottolinea Barsotti, tutto rapporto, mentre
lanima occidentale sar sempre tentata di lasciarsi riassorbire dallimmensit impersonale della natura [secondo il pensiero greco] o dallimmensit impersonale dello spirito [secondo il pensiero dellIdealismo tedesco]; in questa immensit sparisce ugualmente Dio e luomo, e non c pi la persona n delluno n dellaltro. Al contrario tutto, come voleva Newman, nel rapporto io e tu24.

Ci vuol dire che lanima occidentale predilige raccontare luoghi ed eventi intesi come mutamento dello stato delle cose, mentre c una storia fatta di incontri e relazioni tra persone che, proprio perch lascia trasparire il rapporto con la Persona per eccellenza, con Dio, capace di narrare una storia senza tempo; una storia di fatti tanto realmente accaduti, quanto irriducibili alla sola dimensione storica . E mentre le scienze e la filosofia cercano cause e definizioni (il famoso che cos?) da Socrate in poi e mentre la storia umana cerca di delineare, narrando gli eventi, il chi?, il soggetto, ci sono persone che, attraverso la loro esistenza, fatta di avvenimenti e contingenze, additano una storia senza tempo, quella dellincontro di Dio con luomo; persone che, nella storia umana, cercano ed amano la trasparenza stessa del Dio fatto uomo. Nel riattraversare gli scritti di Naro, si capisce bene allora che cosa possa significare il fatto che il cristiano sia chiamato ad essere la memoria vivente di una
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Ivi, p. 183. Ivi, p. 325.

profondit di essere, di un radicamento che non ha nulla di temporale, anche se nel tempo si andato sviluppando e costruendo; ma il tempo stesso che si ritrovato cos segnato e, da tempo che dilegua, tutto corrompendo e disfacendo, si capovolto in tempo di rinnovato inizio, di continua rinascita. Per chi si lascia incontrare da Dio, per chi lascia passare Dio nel suo cuore, il tempo non dissolve e non corrompe, ma alimenta e sostanzia, e perci genera memoria. E allora memoria non pi mi rammento, ma presenza incorruttibile di una relazione che ha saputo generare vita, perch di vita, della Vita si alimentata; ed essere uno storico non si risolve in un ruolo o nellesercizio di un sapere, ma professione di fede. Cos, il ricordo riconoscente nei confronti di qualcuno (don Giunta), nel quale Naro riconosce un padre spirituale, un mediatore cio della vita soprannaturale, colui che ci ha generato alla vita nuova, alla grazia redentrice del Cristo25, fa presto a generare lesigenza appassionata di
non sottrarci al nostro dovere di una pi limpida testimonianza di quellorizzonte di verit che sostiene la nostra esistenza credente e non pu non stare alla base di un vero impegno educativo. Ed una testimonianza che non pu non essere personale, non coinvolgere la persona del credente, non esprimersi attraverso una presenza che sia significativa.

Fino a farsi appello preciso nei confronti di studiosi e studenti:


Sono, insomma, necessariamente le persone, docenti e studenti, che possono veicolare il Vangelo facendo intravedere, nella semplicit e quotidianit della loro presenza nel mondo delluniversit, il loro legame con Cristo e con il Vangelo. Ed una tale presenza che agisce a modo di contagio, cio di trasmissione discreta e personale del Vangelo. Senza dire che proprio la cura per rapporti umani di alta qualit diventa una forma concreta di reazione al rischio di una crescente spersonalizzazione che tocca il mondo universitario []26.

Cos svanisce ogni traccia di quel che Arendt chiama il desiderio fisiologico di ogni uomo di essere raccontato. C piuttosto quel che Naro stesso definisce il vivo desiderio di testimoniare al mondo la necessit di essere autentici discepoli di quel Cristo che per primo posa lo sguardo misericordioso sulla sua creatura, chiamando
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V. Sorce, Lo sguardo dellaquila, p. 19. qui riportata lomelia, tenuta da Naro, in occasione del trigesimo della morte di don Giunta, suo primo formatore, assieme alla signorina Lipani, orsolina, che lo guider nella pratica della meditazione e della vita interiore. 26 Ivi, p. 105. Il brano tratto da C. Naro, I cristiani e il mondo dellUniversit in Sicilia, in Idem, La speranza paziente, Caltanissetta 2007, pp. 280-281.

ciascuno a vivere in intima amicizia con Lui27, perch tutto scolorisce di fronte allimmensit dellamicizia del Signore28. C, soprattutto, lansia struggente di passare il testimone alle generazioni future, attraverso un insegnamento inteso come comunicazione dellenergia della verit, come condivisione della sapienza e dei saperi, rigorosa ed esigente, coinvolgente e stimolante29. Mi sono chiesta in che cosa possa mai consistere lenergia della verit e in che cosa essa si possa dunque riconoscere; e, infine: come si comunica? Non ho trovato altra risposta, se non: lenergia della verit la libert, quella autentica. E la libert non problema da poco. Come si comunica libert? E non libert di o libert da: troppo poco e troppo facile capire libert a partire da ci da cui ci siamo liberati o da ci che siamo liberi di fare. Senza contare che non si pu imporre la libert, n possibile teorizzarla. La si pu, certo, riconoscere dai suoi effetti, perch genera verit e crea novit di senso, ma non la si pu imbrigliare in una definizione. E, poich la forma pi alta di libert proprio lamore, l a si pu solo donare, testimoniandola e incarnandola; perch non nella natura dellamore imporre una relazione, ma nella sua natura aprire la strada30. Ma, quando il dono si realizza, un miracolo ed sempre circolazione della forza dello Spirito; , appunto, comunicazione dellenergia della verit. Generando verit, la libert genera consapevolezza e riconoscenza: riconoscenza per chi, incarnandola, te lha additata e consapevolezza che non c altro modo perch tu possa a tua volta comunicarla. Che il messaggio cristiano sia un messaggio di vera libert lo intendi proprio quando realizzi che non puoi teorizzarlo, senza correre il rischio di cadere nellambiguit di un sapere che, come tutti i saperi, pretende di vantare potere; quando capisci che accogliere la salvezza significa fare spazio alla Verit nella propria carne, non poterne fare oggetto. Scrive Bertolone:

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V. Bertolone, Cataldo Naro, un pastore abitato dal Signore, p. 22. C. Naro, Testamento spirituale, in Monitore diocesano della Curia vescovile di Caltanissetta, numero speciale del 15 novembre 2006, p. 14 (cfr. V. Bertolone, Cataldo Naro, un pastore abitato dal Signore, p. 22, nota 4). 29 V. Sorce, Lo sguardo dellaquila, p. 94. 30 B. Forte, La porta della fede, Edizioni San Paolo, Milano 2012, p. 255.

Il rischio sempre lo stesso e sempre latente: quello di pretendere di ingabbiare, nel recinto limitato della nostra capacit intellettiva, lagire di Dio, rifiutandolo solo perch non entra nello schema mentale preconcetto31.

E riporta, a proposito, le parole stesse di Naro: lungo la storia dellannunzio cristiano esistita ed esiste ancora oggi
una meraviglia incredula, quella appunto di chi, giudicando assurdo il farsi bambino di Dio, rifiuta la proclamazione di fede della Chiesa oppure ne addomestica la portata, interpretandola in chiave di mito. Comunque, la meraviglia, credente o incredula [che sia, gi qualcosa]: significa che ci si misura con lannuncio che il bambino di Nazareth il Figli o di Dio, se ne valuta il carattere scandaloso e si reagisce o con la fede o con lincredulit. invece lindifferenza che non permette di prendere in seria considerazione lannuncio cristiano32.

lindifferenza il vero problema, perch ha molte facce e molti livelli; sfuggirle del tutto non facile per nessuno, n un atto singolo che possa valere una volta per tutte, perch Incarnazione vuol dire unione di umano e divino, vuol dire riportare tutto a Dio, mentre noi siamo maestri di separazione persino quando discettiamo di unit: ci buttiamo nel sapere e ci illudiamo di avere cos assolto tutto quanto cera da fare. Basterebbe un solo rigo del Vangelo per dissolvere le nostre false sicurezze di uomini di scienza: Maria taceva e serbava tutto meditando ()33 nel suo cuore (Lc 2,19); non capiva Maria, ma riportava tutto a unit nel suo cuore. Faceva, cio, di quegli avvenimenti nutrimento per il suo essere e, del suo essere, memoria vivente di Dio. cos che la carne, la nostra stessa fisicit trova realt: nel farsi veicolo di visibilit dello Spirito. Come dice Bertolone, proprio lesercizio della santit che domanda al credente di possedere una reale visione dellambiguit del mondo, che ostacola lespressione dello Spirito; per questo lesercizio della santit si trasforma in un vero combattimento spirituale34. Niente pi ambiguo del sapere: Satana agisce anche

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V. Bertolone, Cataldo Naro. Un pastore abitato dal Signore , cit., p. 72. C. Naro, Mai soli. Liturgia della Parola e presenza del Signore. Tracce di omelie per le domeniche e le feste dellanno A, a cura di M. Naro, presentazione di M. Russotto, Sciascia Editore, Caltanissetta Roma 2007, p. 40 (riportato in V. Bertolone, Cataldo Naro. Un pastore abitato dal Signore, cit., p. 72). 33 Maria ha saputo (lesatto contrario del -). Non necessaria unapprofondita conoscenza della lingua greca, infatti, per riconoscere in questo verbo lesatto contrario dellazione del separatore. 34 V. Bertolone, Cataldo Naro, un pastore abitato dal Signore, cit., p. 35.

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attraverso le mode culturali35; quel che Hegel chiamava la fatica del concetto, nel credente combattimento spirituale. Mi ha colpito profondamente, nei brani di Naro sapientemente riportati e collegati in entrambi i testi, il continuo ripresentarsi, costantemente affiancati, di termini come ricerca storica e identit o di avverbi quali seriamente e creativamente, che si presentano puntualmente quando il tema quello delleducazione delle nuove generazioni36. Aldo Naro era uno storico e lo era al modo straordinario in cui ha saputo esserlo: proprio perch era un uomo di Dio e un pastore di anime, non intendeva la ricerca dei fatti o la faticosa ricognizione della realt se non come assunzione nella sua esistenza nei suoi interessi e nelle sue cure , di un mondo intero, in un continuo slargarsi di prospettive, che leva il fiato. E, quando allo sguardo delluomo di scienza si aggiunge lo sguardo del cuore, i risultati sono davvero formidabili. Dacci lamore, Signore, ma lamore intelligente, faceva ripetere Madre Teresa alle sue suore ogni mattina, perch la sola intelligenza non basta, cos come non basta la sola generosit. Qualche mese fa leggevo su un giornale che il cardinal Martini amava ripetere: "La vera differenza non tra chi crede e chi non crede, ma tra chi pensa e chi non pensa". Il che significa che ci che gli esseri umani condividono maggiormente la modalit con cui si dispongono di fronte alla vita e alle sue manifestazioni. Tale modalit pu avvenire o con una certezza che sa a priori tutto e quindi non ha bisogno di pensare ( il dogmatismo, che si ritrova sia tra i credenti sia tra gli atei), oppure con un'apertura della mente e del cuore che vuole sempre custodire la peculiarit della situazione e quindi ha bisogno di pensare ( la laicit, che si ritrova sia tra gli atei sia tra i credenti)37. Leggendo gli scritti di mons. Naro, vien da dire che necessario essere veri credenti per potere essere autenticamente laici, e cio
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C. Naro, Educare alla mistica, in Id., La speranza paziente, p. 96 (riportato nel testo di Bertolone a p. 35). Cfr. C. Naro, La visita pastorale per penetrare lanima della diocesi, in Idem, La speranza paziente, p. 359 (riportato in V. Sorce, Lo sguardo dellaquila, p. 181). 37 V. Mancuso, Qual la differenza essenziale tra credenti e non credenti? , in Repubblica 16 settembre 2013. E vale la pena di sottolineare, a questo proposito, che c un intero testo di C. Naro, dedicato espressamente al problema in questione e da lui scritto intorno al cosiddetto progetto culturale, il cui titolo non a caso suona Torniamo a pensare. Riflessioni sul Progetto Culturale, Presentazione di A. Bagnasco, Sciascia Editore, Caltanissetta Roma 2007.

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capaci di pensare davvero e, soprattutto, disposti a pagare il prezzo della fatica che il pensare comporta. Scrive Sorce, commentando quanto Naro dice a proposito del cosiddetto Progetto Culturale e delle tre condizioni che egli indica perch possa essere attivata una nuova circolarit tra identit italiana e identit cristiana (ripensamento culturale; consapevolezza di una responsabilit cristiana riguardo alla nazione; accettazione piena e senza riserve della prospettiva del dialogo, dellincontro con le altre identit): Tutto questo implica la necessit impellente di ritornare a pensare. In fondo la sua fatica [di Naro] di pensatore, di studioso, da prete e da vescovo, le sue molteplici iniziative, i ruoli accademici ed ecclesiali ricoperti, tendevano a promuovere la passione della ricerca, la fatica dello studio, limpegno del dialogo38. A me vien da dire: tendevano a promuovere autentica libert. Ce ne vuole di coraggio a denunciare, come Naro fa, che la ricerca diffusa di identit, dal livello pi basso e ristretto a quello della nazione, allEuropa si declina in maniera tale che lidentit ci distingua e costituisca come un baluardo nei confronti degli altri, ci dica chi siamo nella diversit dellaltro; ma, per chi vive alla luce del Vangelo, questo fenomeno
deve coniugarsi allapertura universale, cattolica, che propria dellesperienza cristiana. Si tratta in questambito cos delicato e cos importante per i vari livelli della vita sociale di oggi, di essere portatori della speranza cristiana che ci radica nel nostro presente e ci radica in una storia ben determinata, ma nello stesso tempo ci apre alluniversalit, ci fa fratelli di ogni uomo appunto perch il Cristo fratello di ogni uomo. Cristo vuole che ogni uomo diventi una sola cosa con Lui, senza barriere di razza, di civilt o di religione39.

Cos, in una civilt come quella occidentale, che , per cos dire, giunta al capolinea e cerca quasi a tentoni di attuare una trans-figurazione del volto dellumanit, mons. Naro si inserisce con coraggio e lucidit disarmante in quella consapevolezza escatologica di chi sa di vivere una soglia finale/iniziale dei tempi; una consapevolezza, che attraversa daltronde con accenti diversi, ma concordemente, tutto il XX secolo: Jung come Einstein, Heidegger come Ungaretti,
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V. Sorce, Lo sguardo dellaquila, p. 153. C. Naro, Il volto missionario delle parrocchie in un mondo che cambia , in Idem, La speranza paziente, p. 335 (riportato in V. Sorce, Lo sguardo dellaquila, p. 130).

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Freud come Bonhoeffer, Simone Weil come Teilhard de Chardin, Giovanni XXIII come Giovanni Paolo II ci ripetono che ci troviamo effettivamente in un punto cruciale della vicenda storica dellumanit, in cui un certo modo di essere uomini, e cio la modalit autodifensiva e bellica della nostra soggettivit , quel credere di essere qualcosa (un io, un popolo, una religione etc.) proprio separandosi e opponendosi agli altri, si sta sfaldando nelle tragedie delle guerre mondiali, interiori e planetarie, che comunque produce; mentre la nuova umanit appena nascente stenta ancora a riconoscersi e a svilupparsi adeguatamente40. lenciclica Pacem in terris (1963) che raccoglie queste ansie e proclama apertamente lurgenza di questo giro di boa. Gi intorno agli anni 50 del secolo scorso diversi filosofi avevano cominciato a manifestare il convincimento che ci troviamo ormai dinanzi ad un abisso e, perci, certamente, anche dinanzi alla possibilit di un rivolgimento totale (cfr. Heidegger). Romano Guardini, che mons. Naro amava citare, precisava: Con assoluta certezza si pu dire che da ora innanzi comincia una nuova era della storia. Da ora in avanti e per sempre luomo vivr ai margini di un pericolo che minaccia tutta la sua esistenza e continuamente cresce41. Ma poi Guardini dice anche che questo confronto con i pericoli estremi ci apre anche alle possibilit pi alte della nostra umanit. Allo stesso modo, per chi come Naro sa vivere la speranza cristiana, il fatto che in Sicilia il Vangelo si sia dispiegato secondo modalit sempre cangianti reinventandosi, rifondandosi, riconfigurandosi non rischio ma chance: possibilit, cio, di vivere di volta in volta personalmente e responsabilmente lincontro con Cristo, occasione per diventare discepoli, senza accontentarsi di nascere tali, quasi per eredit42. Per questo fondamentale fare memoria: non per arroccarsi su quanto gi accaduto e nemmeno per scoraggiarsi dinanzi allincessante mutamento,
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Cfr. M. Guzzi, Darsi pace. La nuova relazione con s e con gli altri, in Vivere la relazione, Grafo edizioni, Brescia 2004, pp. 43-49. 41 R. Guardini, La fine dellepoca moderna (1950), Morcelliana, Brescia 1979, pag. 88. 42 M. Naro, in V. Bertolone, Cataldo Naro, un Pastore abitato dal Signore. Presentazione (pp. 15-17), p. 16.

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interpretandolo come corruzione e disfacimento; ma, al contrario, per alimentare speranza. Scrive Barsotti:
Dove non amore, il passato non risuscita pi. Solo lamore pu ridare una vita al passato, senza lamore loblio. Tante volte proprio questo mi apparso linferno e la dannazione. Tutto finito, non esiste possibilit di risurrezione senza lamore. Al contrario, finch ama, luomo impegnato a risuscitare il passato, a far s che il passato non debba totalmente morire. questa una delle funzioni pi importanti della memoria: arrestare in qualche modo la fuga del tempo, impedire lopera del tempo, che la morte. []. Non c nulla di pi grande nella vita degli uomini di questa volont di arrestare linevitabile fine di ogni cosa. []. La funzione della memoria nella vita spirituale in ordine alla speranza43.

linsegnamento altissimo di santAgostino: non bastano lintelligere e il velle per assicurare la vita dello spirito; essi suppongono il fondamento dellesse. lesse che assicura fondamento di stabilit e continuit, e lesse si esprime nella memoria.
Ha ragione san Giovanni della Croce contro san Tommaso: la memoria che ci fa simili a Dio pi ancora dellintelligere e del velle, se Dio prima di tutto lessere eterno. La memoria ci fa simili a Lui proprio in questo potere onde si raccoglie il passato e il futuro nella presenza dellessere che la memoria. Lazione dello Spirito Santo ci fa ricordare: Vi ricorder tutto quello che vi ho detto. Questa la vita spirituale: una continua vittoria sul passato, unanticipazione del futuro nella presenza del Cristo. Lo Spirito Santo fa presente il Cristo. []. Se lo Spirito Santo non facesse presente levento, il Cristo sarebbe soltanto un passato, mentre la prima lettera di Giovanni insegna che egli stesso la nostra vita eterna. []. La vita cristiana la vita eterna in quanto fa essenzialmente presente levento del Cristo44.

Ma solo per colui che ama, la memoria risuscita davvero il passato, facendone presenza viva. Il ricordo, come dice Barsotti, atto di amore:
Abbiamo la memoria, ma se non amiamo, gli uomini e gli avvenimenti passano e sono morti due volte. []. Per questo nella santa messa chiediamo che Dio ricordi i nostri morti, le persone che noi amiamo: vogliamo che nella memoria di Dio gli uomini siano custoditi per sempre, abbiano cio la vita eterna45.

Se in noi il ricordo spesso rimpianto, il ricordo che opera lo Spirito ben altro: inserimento nella presenza del Cristo, ricordo sacramentale compiuto da Dio stesso46.

43 44

D. Barsotti, Nello Spirito Santo, cit., pp. 357-358. Ivi, p. 360. 45 Ivi, p. 364. 46 Cfr. ivi, p. 365-366.

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C una battuta che gira negli ambienti universitari, per la quale ci si chiede spesso per canzonare bonariamente qualcuno : Ma quello cos perch un ingegnere (o un logico, un filologo, un filosofo, ecc.), o ha fatto lingegnere (il logico, il filologo, il filosofo, ecc.) perch era gi cos?. Non riesco ad immaginare mons. Naro se non come storico e storico al modo in cui ha saputo esserlo: raccontando una storia della Chiesa che storia di santit47, nella consapevolezza sia del divenire della coscienza attraverso i secoli scorgendo amorevolmente lazione dello Spirito, che con fatica si fa spazio nella coscienza delluomo ; sia della responsabilit di riconoscere in questo divenire lazione di Dio, per additarla alle nuove generazioni; sia, infine, della necessit di sapere individuare modalit diverse (lontane dal nostro tempo) nel vivere la santit, ma solo per potere capire che queste differenze non tolgono nulla alla presenza dei Santi nella vita di quanti li invocano e vivono in comunione damore con loro. Se vero che nessuno pi diverso da un santo di un altro santo, altres vero che ci accade proprio perch il medesimo riferimento normativo al Vangelo di Ges Cristo ha trovato concreta realizzazione nellirripetibilit di ogni esistenza, permeata da un determinato tempo e da una determinata cultura. I Santi: tante persone che si sono lasciate plasmare dallazione dello Spirito del Cristo in un dato tempo e in un dato luogo. E questo non fa che celebrare il messaggio del Vangelo come messaggio di autentica libert che, lungi dallomologare, germina continuamente n ovit di senso e di vita. Scrive Naro:
C unimmagine dellesistenza credente che stata elaborata dalla prima letteratura cristiana e che pu essere assunta come il tratto comune dei diversi modelli della santit evangelica lungo la storia: il cristiano cittadino del cielo e pellegrino sulla terra, perch vive la comunione con Dio rimanendo immerso nella storia48.

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Della santit in C. Naro come la chiave di lettura della storia ecclesiale stessa: non solo un capitolo di essa, ma anche la cifra con la quale interpretare il mistero della Chiesa, e anzi non solo una cosa da studiare, non solo una chiave di lettura per capire il mondo e la Chiesa, ma anche lunica possibilit, per un cristiano come lui, di vivere bene nel mondo e nella Chiesa il fratello Massimo a parlare (cfr. V. Sorce, Lo sguardo dellaquila, p. 201). 48 C. Naro, in B. Briganti, Ammirabile pi che imitabile. Testimonianze iconografiche della santit di Bernardo da Corleone, Caltanissetta 2006, Presentazione, p. 8 (riportato in V. Sorce, Lo sguardo dellaquila, p. 182).

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Ma cosa significa vivere la comunione con Dio rimanendo immersi nella storia, se non Incarnazione, se non essere memoria vivente del Dio vivente? lintento pastorale dichiarato nel giorno della sua ordinazione episcopale:
La scelta di fondo sia il desiderio di alimentare il ricordo di Dio che in tutti, di trasmettere alle nuove generazioni il ricordo del Vangelo, di aiutare con semplicit e rispetto a risvegliare la nostalgia di Dio in quelli che non credono o dicono di non credere o che, per diversi motivi, si sono allontanati dalla Chiesa e vivono ai suoi margini; di andare lungo le siepi per invitare tutti al banchetto di Dio49.

E commuove profondamente scoprire come tanta responsabilit nasca da un senso di straordinaria gratitudine:
Ognuno si domandi: perch sono cristiano? Perch vivo il cristianesimo? Certamente nella vita di ciascuno c stato qualcuno che lo ha introdotto al cristianesimo; non solo, ma lo ha aiutato, specialmente in certi momenti, a vivere in profondit il rapporto con il Signore. [] c sempre qualcuno che stato per noi Giovanni il Battista. Se non abbiamo questa consapevolezza, ci manca pure la consapevolezza dellincontro con il Signore, perch le due cose sono legate. Ciascuno di noi, a sua volta, non pu non essere un testimone per gli altri, non pu non aiutare gli altri a riconoscere nella propria vita la presenza del Signore. Siamo stati aiutati da tant i Giovanni il Battista; non possiamo non essere noi stessi un Giovanni il Battista per gli altri50.

La comunione con Barsotti qui si fa davvero mirabile. Su Giovanni Battista Barsotti infatti scrive:
Tutta la Historia salutis, tutta la storia in quanto cammino verso il Cristo, trova il suo adempimento in colui che lo riconosce e lo proclama: Ecco lAgnello di Dio! []. Una storia che non termini in Giovanni Battista una storia senza senso , perch la storia, tutta la storia delluomo tende allatto di Giovanni Battista che indica Ges: Ecco lAgnello di Dio!51.

Per chi vive e studia la storia con questa tensione nel cuore non c niente di passato, non c distanza n di tempo n di luogo: tutto la Presenza. Scrive mo ns. Naro nel 2005:
egli col Battesimo ci ha fatto una cosa con Lui. Per questo dov Lui siamo anche noi. Ma si pu dire anche che dove siamo noi Lui. Non c bisogno di andare lass, basta pensare come ci ha detto san Paolo alle cose di lass, basta ricordare il Signore per avere comunione con Lui. Non c un cielo dove Dio abita. Il cielo Dio stesso. Il cielo il Cristo risorto perch Egli siede ora alla destra del Padre. E il cielo di Dio siamo ora noi, il nostro cuore.[]. Siamo il luogo di
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C. Naro, Saluto alla Chiesa di Monreale, in Bollettino Ecclesiastico LXXXII (2002), p. 37 (riportato nel testo Lo sguardo dellaquila, p. 165). 50 C. Naro, Il volto missionario delle parrocchie in un mondo che cambia , in Idem, La speranza paziente, p. 326 (riportato in V. Sorce, Lo sguardo dellaquila, p. 129). 51 D. Barsotti, Nella comunione dei Santi, cit., p. 113.

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Dio. Bisogna che ce lo ricordiamo sempre, che non viviamo che di questo ricordo, come di un sottofondo musicale che percorre tutta la nostra esistenza. Prima di tutto questo ricordo del Signore che ci abita. Prima di tutto lamicizia con Lui, prima di tutto farci presenti a Lui che presente per noi52.

Tanto luno quanto laltro autore hanno cercato certamente con successo una visione unificante, unimmagine unica, capace di fare da sintesi della spiritualit di mons. Naro, il filo rosso di cui dicevamo allinizio, per ricondurre ad unit le tesserine del mosaico. A me parso di poterlo trovare in quel ricordo che riecheggia dalla prima allultima pagina di entrambi i testi, proprio perch era gi nel motto del Vescovo Naro: mi ricorder delle misericordie del Signore. Lo sguardo che egli teneva fisso sulle cose di lass gli ha permesso di contemplare misericordia, fino a farsi tramite dello stesso sguardo misericordioso di Dio, per mettersi da storico ma nel modo specialissimo in cui sapeva esserlo tra questo sguardo e la finitezza umana. Dico da storico, perch mi piace ricordare che il termine in greco ( ) viene dalla stessa radice del verbo vedere (e cio dal tema di ), sicch storico colui che ha visto con i propri occhi o che, comunque, garantisce personalmente della verit di quel che dice, come se lavesse visto con i propri occhi. La vera ragion dessere del Naro storico proprio il santo come memoria di Dio. Allora suona come un compendio di tutto luniverso poliedrico di mons. Naro anche solo il titolo da lui dato ad un suo scritto: Contemplare il volto di Cristo e condividere il suo sguardo sugli uomini e sul mondo53. Bertolone ne riporta un passaggio:
Per vedere il volto di Ges si tratta, dunque, di lasciarsi guardare da Ges, farsi incontrare dal suo sguardo. E, sotto questo sguardo di Ges, assumere il suo modo di guardare il mondo e, nello stesso tempo, guardare, con lui, il volto del Padre [] fino a divenire uomini e donne che guardano come Ges e con il loro volto rivelano, mostrano, qualcosa del volto del Cristo, allo stesso modo che lui ha rivelato il volto misericordioso del Padre54.
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C. Naro, Siamo risorti insieme con il Signore, in Idem, Mai soli, cit., pp. 95-98 passim (riportato in V. Sorce, Lo sguardo dellaquila, pp. 122-123). 53 Si tratta di un saggio inserito in C. Naro, La speranza paziente, cit. 54 Ivi, pp. 232-236 passim (riportato in V. Bertolone, Cataldo Naro, un pastore abitato dal Signore, pp. 38-39).

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Vorrei chiudere cogliendo unultima eco di quel ricordo che ho tenuto come filo; uneco che suona quasi come una sintesi di tutti i livelli di senso che il tema del ricordo e della memoria assume nel vissuto di mons. Naro (e che ho qui tentato di rintracciare); uneco che, rivolgendosi allo stesso Naro, si fa riconoscimento e preghiera. Per questo vorrei farla mia:
Hai portato ovunque il nome della tua terra: nelle biblioteche di tuttItalia, nelle citazioni degli studiosi, nellammirazione degli amici che avevi ovunque in Italia, hai fatto includere il tuo paese dorigine persino nei loro interessi, nelle loro conoscenze, in alcuni loro progetti. Ci hai ricordato. E noi per sempre ti ricorderemo. Tu ricordati ancora di noi, innestaci nel cuore eterno del Signore55.

Grazia Tagliavia
Palermo 04/12/2013

55

Queste parole, rivolte dal fratello Massimo a mons. Naro, sono tratte da G. Livatino (a cura di), Don Cataldo, autentico cristiano, sacerdote, vescovo e grande uomo di cultura, Raffadali 2012, p. 8; il brano riportato in V. Sorce, Lo sguardo dellaquila, pp. 202-203.

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