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Materiali per il veicolo a.a.

2008-09 Lezione 2

- Lezione 2 I materiali polimerici: considerazioni preliminari


2.1 Impieghi dei materiali polimerici Se osserviamo landamento della produzione di diversi materiali nel secolo appena concluso (Figura 2.1) possiamo osservare che le materie plastiche sintetiche (prodotte per la prima volta nel 1911) sono cresciute con tassi percentuali assai superiori a quelli di altri materiali di largo impiego. La ragione sta nel fatto che le materie plastiche combinano buone propriet fisico- meccaniche con facilit di trasformazione che si traducono generalmente in costi relativamente contenuti. Questo insieme di caratteristiche le rende particolarmente adatte ad applicazioni in svariati campi applicativi (vedi Tabella 2.1 ). Gli elevati tassi di crescita che ancora oggi si osservano per questi materiali indicano che le loro potenzialit applicative sono ancora ampie, ma per sfruttarle al meglio necessario conoscerli a fondo, con i loro pregi e i loro difetti.

Figura 2.1

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Tabella 2.1 Principali campi di impiego dei polimeri ADESIVI ARREDAMENTO ARTICOLI CON CARATTERISTICHE ELASTOMERICHE DISPOSITIVI BIOMEDICALI DISPOSITIVI ELETTRICI ED ELETTRONICI FIBRE TESSILI E INDUSTRIALI IMBALLAGGI LUBRIFICANTI MATERIALI STRUTTURALI MEMBRANE PELLI SINTETICHE TRASPORTI TUBI VERNICI ecc.....

Questo corso ha quindi come scopo quello di definire i concetti fondamentali che stanno alla base delle principali caratteristiche del comportamento dei materiali polimerici. In particolare, poich le propriet macroscopiche altro non sono che il riflesso di propriet microscopiche, verranno definite le possibili strutture molecolari e lorganizzazione tridimensionale delle macromolecole. Verranno poi descritte le principali transizioni termiche e propriet meccaniche, introducendo il concetto di viscoelasticit, cos importante per questa classe di materiali. Il corso verr completato con considerazioni relative alla durabilit, alle tecnologie di lavorazione, alle possibilit di riciclo, oggi un aspetto molto importante nel ciclo di vita di un manufatto, e ad alcune specifiche classi di di materiali plastici (rinforzati e espans).

2.2 Il ciclo di vita delle materie plastiche Per comprendere meglio le caratteristiche di questi materiali conveniente fare inizialmente lanalisi del ciclo di vita di un manufatto, ovvero una descrizione schematica delle operazioni possibili o necessarie per produrre un manufatto (Figura 2.2). Una materia plastica essenzialmente costituita da macromolecole (o polimeri) contenenti da decine di migliaia a milioni di atomi (per questo il termine macromolecola, in contrapposizione con le pi comuni molecole che appunto contengono poche unit o poche decine di atomi). Questi polimeri vengono ottenuti da monomeri (molecole che contengono poche unit o poche decine di atomi) che attraverso opportune reazioni chimiche (polimerizzazione) si legano tra loro con legami covalenti formando macromolecole (dette anche catene polimeriche). I monomeri pi comuni disponibili per reazioni di polimerizzazione, in genere derivati del petrolio per via sintetica, sono qualche centinaio, anche se oltre il 90% delle materie plastiche prodotte viene ottenuta utilizzandone solo una decina. Oggi va anche rilevata la tendenza a sviluppare nuovi materiali plastici derivati da fonti vegetali rinnovabili.

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Figura 2.2

Il numero di molecole di monomero che reagiscono per formare polimeri dipende dalle condizioni di polimerizzazione (temperatura, pressione, catalizzatori, mezzo di reazione), e da queste condizioni dipende anche il modo in cui queste molecole di monomero si legano tra loro. Quindi da uno stesso tipo di monomero si possono ottenere polimeri con strutture molecolari (e quindi propriet) assai differenti, e poich la struttura molecolare risultante dal processo di polimerizzazione non generalmente pi modificabile durante le successive operazioni necessarie per ottenere un manufatto, si capisce perch sul mercato siano presenti diversi tipi di polimeri ottenuti dallo stesso tipo di monomero (un esempio per tutti, polietilene ad alta e bassa densit). Se poi si considera che diversi tipi di monomero possono in certe condizioni reagire tra loro formando macromolecole dette copolimeri, e che queste possono contenere i diversi monomeri in percentuale diversa, e legati tra loro con diverso ordine sequenziale (ad esempio dagli stessi monomeri stirene (S) e butadiene (B) si possono ottenere elastomeri SBR e SBS con caratteristiche assai diverse tra loro, ma anche polistirene antiurto, HIPS), si comprende come il numero dei possibili materiali polimerici sia, almeno in linea di principio, praticamente illimitato. Questa una prima ragione che spiega una delle caratteristiche fondamentale di questa classe di materiali, la versatilit in termini di propriet. Si deve poi considerare che la maggior parte dei polimeri prodotti negli impianti di polimerizzazione non possiedono tutte le propriet richieste per un certo tipo di applicazione ed per questo che quasi sempre al polimero vengono aggiunti additivi capaci di migliorarne le 3

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propriet, sia durante la lavorazione sia durante la vita duso. Questa operazione, che consiste nel mescolare gli additivi al polimero fuso (compunding), pu essere fatta sia dal produttore di polimeri, immediatamente dopo la polimerizzazione, oppure in specifiche industrie su richiesta del cliente utilizzatore. Va sottolineato che a differenza di altre classi di materiali i polimeri diventano fluidi a temperature generalmente comprese tra 150 e 350 C, molto inferiori a quelle tipiche dei materiali ceramici e metallici, per cui, oltre a sostanze inorganiche e metalli, si possono utilizzare come additivi un numero molto elevato di sostanze organiche, che non potrebbero invece essere utilizzate con metalli e ceramici in quanto si decomporrebbero alle elevate temperature di lavorazione di questi materiali. La possibilit di aggiungere diversi tipi di additivi ed in diversa quantit, secondo le necessit prestazionali, contribuisce ad ampliare ulteriormente ed in modo rilevante la versatilit, in termini di pro priet, delle materie plastiche . Oggi di fatto sono disponibili in commercio una decina di migliaia di materie plastiche diverse. I materiali polimerici provenienti dallo stabilimento di polimerizzazione o dopo la fase di compounding si presentano in forma di granulo (anche se a volte preferibile averli in altra forma, come ad esempio un lattice, una soluzione, una polvere) e deve essere trasformato in un manufatto o in un semilavorato (film, fibre, tubi, ecc.). Anche in questo caso le materie plastiche si dimostrano molto versatili in quanto le loro caratteristiche consentono di utilizzare decine di tecnologie di lavorazione diverse. I manufatti si ottengono in genere da tecnologie di stampaggio o da operazioni di lavorazione di semilavorati (ottenuti da tecnologie continue come estrusione, calandratura, ecc.), tuttavia bene ricordare come in alcuni casi il processo di formatura sia contestuale al processo di polimerizzazione, come accade tipicamente per i poliuretani e per lo stampaggio di materiali termoindurenti. Una volta che il manufatto ha svolto la sua vita duso, diventando rifiuto, soggetto ad una legislazione sempre pi stringente che incoraggia o impone il riciclo e pu arrivare a condizionare, a monte, il disegno del manufatto, la scelta del materiale e della tecnologia di lavorazione. Il riciclo pertanto diventa sempre pi spesso, ed a tutti gli effetti, uno stadio del processo di cui bisogna tenere conto gi in fase di progettazione. Da questo punto di vista questi materiali di nuovo si dimostrano molto pi versatili delle altre classi di materiali consentendo limpiego di diverse tecnologie di riciclo con recupero di materiale, polimeri o monomeri, o di energia. Da quanto detto sopra emerge chiaramente la grande versatilit di questi materiali le cui propriet, almeno in linea di principio, possono essere ritagliate su misura per lapplicazione a cui sono destinati, e la cui lavorazione pu avvenire scegliendo la tecnologia pi conveniente tra unampia scelta. Questa versatilit se da un lato molto positiva perch consente al progettista ampia libert nella fase di ideazione, da un altro complica le cose in quanto lampiezza di offerta comporta un problema di scelta, non sempre facile, soprattutto se non si conosce bene il comportamento complessivo di questi materiali. In Tabella 2.1 riportato un elenco di applicazioni a testimonianza della grande versatilit applicativa dei materiali polimerici. Quello che cercheremo di fare in questo corso di fornire i fondamenti relativi alle caratteristiche molecolari, alle propriet di questa classe di materiali e alle tecnologie di lavorazione e di riciclo, con particolare riferimento agli aspetti che riguardano le applicazioni nel settore del veicolo.

2.3 Principali propriet delle materie plastiche e confronto con quelli di altri materiali Prima di entrare nel dettaglio di strutture molecolari e comportamento a sollecitazione delle materie plastiche bene mostrare con esempi cosa significhi versatilit in termini di propriet e confrontare le propriet delle materie plastiche con quelle di altre classi di materiali, cercando di evidenziarne i

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punti di forza e di debolezza, al fine di capire come sia possibile sfruttarne in modo ottimale le propriet. Nelle Tabelle 2.2-2.4 sono riportati valori tipici di alcune tra le principali propriet fisiche, chimiche e meccaniche. 2.3.1 Propriet Fisiche In Tabella 2.2 sono riportate le principali propriet fisiche dei materiali polimerici.

Tabella 2.2 PRINCIPALI PROPRIETA FISICHE DEI MATERIALI POLIMERICI


Propriet Densit Commenti (*) espansi, (**) caricati con cariche 0,9 1,4 5 10-3 (*) - > 2(**) inorganiche o metalli. Possibile (g cm-3) (g cm-3) ottenere materiali con gradiente di densit 385 (W m-1C-1) per il rame 0,15 - 0,3 0,03 (W m-1C-1) per espansi Valori pi alti di conducibilit si (W m-1C-1) possono ottenere inglobando nerofumo o cariche conduttrici. 107 108 (S m-1) per metalli -8 -15 5 -1 10 - 10 circa 10 (S m ) per Esistono anche polimeri (S m-1) inglobamento di cariche intrinsecamente conduttori con conduttrici conducibilit 108 (S m-1) S: Polimeri amorfi Generalmente si perde per (*) I polimeri semicristallini possono No: polimeri semicristallini (*) aggiunta di cariche essere trasparenti se in spessori sottili e se ottenuti in modo particolare (ad esempio sotto stiro) Incolori o bianchi o leggermente Inglobamento in massa del colore Met alli e ceramici possono essere gialli colorati solo in superficie. Anche le plastiche volendo possono essere verniciate 50-100 10-6 (C-1) 20-30 10-6 (C-1) Diminuisce per aggiunta di cariche, con 30% di fibra vetro aumenta in presenza di solventi. 10-5 -10-6 (C-1) per metalli e ceramici 150-350 (C) (con additivi, a volte Metalli e ceramici richiedono in genere indispensabili, si pu abbassare di temperature superiori di diverse alcune decine di gradi) centinaia di gradi Valori tipici senza additivi Valori possibili con additivi

Conducibilit termica

Conducibilit elettrica Trasparenza

Colore

Coefficiente di espansione lineare Temperatura di lavorazione

Densit In assenza di additivi la densit dei polimeri generalmente compresa tra 0,9 e 1,4 g/cm3 (con alcune eccezioni come ad esempio il Teflon con densit 2,2 g/cm3 ), molto inferiore a quella di materiali metallici (acciaio 7,8 g/cm3 , rame 8,9 g/cm3 , ..) e ceramici (2,5 3,5 g/cm3 ). Questa differenza di densit, che si traduce generalmente in una riduzione di peso dei manufatti, spesso determinante per la scelta delle materie plastiche in alternativa ad altri materiali, soprattutto in alcuni settori come quello dei mezzi di trasporto e degli imballaggi. Va poi sottolineato che i valori tipici sopra riportati possono essere facilmente ridotti inglobando gas nella matrice polimerica (materiali espansi, detti anche schiume) fino a raggiungere valori di densit di 5 kg/m3 !!. (anche se tipicamente gli espansi strutturali hanno densit di 0,5 g/cm3 ). Naturalmente, linglobamento di cariche inorganiche o metalliche determina un aumento di densit proporzionale alla loro frazione in peso (ad esempio il polipropilene che da solo ha densit 0,9 g/cm3 , caricato con 30% di fibre di vetro raggiunge valori di densit di 1,12 g/cm3 ) e pu portare a valori di densit superiori a 2 g/cm3 . 5

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Conducibilit termica Tipicamente le materie pla stiche e gli elastomeri sono dei materiali isolanti (vedi valori in Tabella 2.2), e questa loro caratteristica combinata con il basso peso diventa premiante in molte applicazioni. A titolo esemplificativo la tabella 2.2b riporta un confronto tra gli spessori di diversi materiali necessari ad ottenere lo stesso effetto isolante. Tabella 2.2b: Confronto tra gli spessori necessari per avere lo stesso effetto isolante utilizzando diversi materiali materiale Mattoni Blocchi di cemento Legno tenero Pannello in truciolare Sughero Lana di roccia Polistirene espanso Poliuretano espanso Spessore (mm) 850 360 140 65 50 45 40 25

Anche per questa propriet si possono ottenere significative variazioni sia in diminuzione che in aumento attraverso limpiego di additivi; forte riduzione per certi tipi di materiali espansi, oppure aumento, per inglobamento di polveri metalliche o nerofumo nella matrice polimerica. Conducibilit elettrica Vale in gran parte il discorso fatto per la conducibilit termica (valori tipici sono riportati in Tabella 2.2), tuttavia va ricordato che possibile ottenere polimeri con strutture molecolari tali da renderli intrinsecamente conduttori (con conducibilit sia elettronica che ionica). Sebbene siano molto pi costosi dei tradizionali materiali plastici, alcuni di questi sono gi oggi utilizzati per produrre batterie leggere ed altri dispositivi. Trasparenza I materiali polimerici amorfi (PS, PVC, PC, PMMA, ecc.) sono tipicamente trasparenti, mentre quelli semicristallini possono esserlo solo in spessori sottili oppure se ottenuti con particolari tecniche di lavorazione (stiro). Lottima trasparenza alla luce combinata con buone propriet meccaniche di resistenza rendono alcuni di questi materiali particolarmente adatti allimpiego nella fanaleria del veicolo (es. PMMA e/o PC). Linglobamento di additivi pu comportare la perdita di trasparenza. Colore I pi comuni materiali polimerici sono, senza additivi, incolori o bianchi o leggermente gialli. Tuttavia relativamente semplice colorarli inglobando pigmenti nella matrice polimerica. La bassa temperatura di lavorazione consente linglobamento anche di pigmenti organici. Coefficiente di espansione Il coefficiente di espansione dei materiali polimerici tipicamente di circa due ordini di grandezza superiore a quello dei materiali ceramici o metallici. Pu essere ridotto di un fattore 2 o 3 mediante laggiunta di cariche inorganiche o di fibre di vetro.

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Temperatura di lavorazione La lavorazione delle materie plastiche presuppone che esse si trovino in uno stato di viscosit ben preciso che pu essere raggiunto aumentando la temperatura di diverse decine di gradi al di sopra della temperatura di transizione vetrosa (per i materiali amorfi) o di qualche decina di gradi sopra la temperatura di fusione (per i materiali semicristallini). Tipicamente i valori di temperatura utilizzati per la lavorazione delle materie plastiche sono di 150 350 C, ben al di sotto di quelle richieste per altre classi di materiali (e quindi pu avvenire con macchine costruite con materiali tradizionali e quindi meno costose). Per facilitare la lavorazione sono spesso impiegati additivi (lubrificanti, stabilizzanti, ecc.); in alcuni casi, come ad esempio per il PVC limpiego di additivi assolutamente necessario. 2.3.2 Propriet Chimiche In Tabella 2.3 sono riportate le principali propriet chimiche dei materiali polimerici. Infiammabilit I pi comuni materiali polimerici sono principalmente o esclusivamente costituiti da atomi di carbonio ed idrogeno, che ad alta temperatura in presenza di ossigeno danno luogo a reazioni di combustione. Di fatto quindi i materiali polimerici pi comuni (se si escludono PVC, PPS, PTFE) sono intrinsecamente infiammabili. Ci renderebbe problematico o precluderebbe il loro impiego in molte applicazioni se non fosse possibile renderli non infiammabili attraverso limpiego di additivi; attualmente quasi tutte le materie plastiche possono essere rese non infiammabili con laggiunta di ben definite formulazioni di additivi antifiamma. Tabella 2.3

Resistenza agli agenti atmosferici In molte applicazioni le materie plastiche si trovano a dover svolgere la loro funzione duso esposte allazione degli agenti atmosferici (ossigeno, ozono, radiazioni UV). Contrariamente a quanto si crede, la resistenza di molte materie plastiche allazione degli agenti atmosferici bassa e si tradurrebbe in una rapida caduta delle propriet meccaniche se non fosse possibile contrastare leffetto degli agenti atmosferici con limpiego di additivi (stabilizzanti). Accanto a materie plastiche come gomme o polipropilene, particolarmente sensibili allazione degli agenti atmosferici e che richiedono una particolare protezione, vi sono altre materie plastiche con grado di resistenza pi elevato che richiedono minor protezione, od altre eccezionalmente resistenti, come il PTFE (Teflon), per le quali non necessario ricorrere alluso di additivi stabilizzanti. Resistenza chimica La reazione delle macromolecole con sostanze chimiche quali acidi, basi, acqua, sostanze ossidanti, solventi, pu determinare un forte scadimento delle propriet fisico- meccaniche delle materie 7

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plastiche. Leffetto dannoso di una certa sostanza chimica su una certa materia plastica dipende soprattutto dalla loro rispettiva natura chimica, ed in genere aumenta allaumentare della temperatura. Accanto a plastiche con resistenza chimica eccezionalmente alta rispetto a qualunque sostanza (come il PTFE) vi sono plastiche sensibili allazione dellacqua ad alta temperatura e di basi ed acidi anche a temperatura pi bassa (poliesteri, poliammidi, policarbonati,), ed altre sensibili allazione dei solventi (in particolare polimeri amorfi). Generalmente difficile prevedere leffetto dannoso di un certo ambiente di lavoro sulle caratteristiche fisiche- meccaniche di un componente in plastica, ed quasi sempre impossibile migliorare queste caratteristiche con la semplice aggiunta di additivi (in questi casi quasi sempre necessario cambiare tipo di materia plastica). 2.3.3 Propriet meccaniche In Tabella 2.4 a-c sono riportate le principali propriet meccaniche dei materiali polimerici. Rigidit I valori tipici di modulo per i materiali polimerici che devono svolgere funzione strutturale di 1 5 GPa, di due ordini di grandezza inferio re a quello di metalli e ceramici. Quindi, nel caso delle materie plastiche, la stessa rigidit pu essere ottenuta con spessori molto superiori. La tabella 2.4-a mostra a titolo esemplificativo un confronto tra diversi materiali: per avere la stessa rigidit sono necessari spessori diversi e masse diverse a seconda del materiale utilizzato (si preso 1 come valore di riferimento per il polipropilene solido). Tabella 2.4 a - Confronto nel comportamento a flessione tra diversi tipi di Polipropilene (solido ed espanso strutturale) con alcuni altri materiali tradizionali Materiale Modulo a flessione ( GPa )
Copolimero non caricato solido espanso solido espanso solido espanso

Densit ( g/cm3 ) 0.905 0.72 1.24 1.0 1.12 0.90 0.65 0.641 2.7 7.83

Polipropilene

PP caricato con 40% talco PP rinforzato con 30% GF

Cartone grigio Legno di Pino Alluminio Acciaio dolce

1.4 1.2 4.4 2.5 6.7 3.5 2.3 7.9 70 200

Spessore relativo a pari rigidit 1.00 1.05 0.68 0.81 0.59 0.74 0.85 0.56 0.27 0.19

Massa relativa a pari rigidit 1.00 0.84 0.94 0.90 0.74 0.73 0.61 0.40 0.81 1.65

Va poi sottolineato che ai fini della progettazione il modulo deve essere scelto considerando le condizioni di sollecitazione, in quanto il modulo dipende dal tempo e dalla temperatura. Tuttavia relativamente facile aumentare la rigidit delle materie plastiche attraverso il disegno, con lintroduzione di nervature e/o con linglobamento di cariche rinforzanti (comunemente con 30% di fibre di vetro si ha un aumento del modulo elastico di circa 4 volte).

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Tabella 2.4 b

Naturalmente per materie plastiche che devono avere caratteristiche elastomeriche il modulo molto pi basso, tipicamente di 0,001 GPa. Con particolari strutture molecolari possibile avere materiali con moduli compresi tra 1 e 0,001 GPa. Per alcuni materie plastiche in forma di fibra (con macromolecole fortemente orientate) possibile avere incrementi di modulo di uno o due ordini di grandezza fino ad arrivare (fibre ad alto modulo in Kevlar) a valori di alcune centinaia di GPa, ben superiori a quelli dellacciaio. Resistenza meccanica La resistenza meccanica, intesa come carico di snervamento o come massima resistenza del materiale, tipicamente di 10 90 MPa e come per il modulo, pu essere aumentata di 2 o 3 volte con laggiunta di fibre rinforzanti. La resistenza pu avere valori di 0,3 4 GPa per fibre ad alto modulo. Allungamento a rottura Lallungamento a rottura pu essere molto diverso da materia plastica a materia plastica. Esistono materiali con piccoli allungamenti a rottura (fragili) come PS, PMMA, epossidiche, ecc., ed altri duttili come PE, PP, PA, PVC, PC, che possono arrivare ad allungamenti a rottura da 100% a 800% e oltre . Lallungamento a rottura si riduce sensibilmente per effetto di rinforzo con cariche. Generalmente i materiali amorfi sono fragili (con significative eccezioni come PC e PVC), mentre quelli semicristallini sono duttili. Resistenza allurto La resistenza allurto (in prove IZOD, su provini intagliati) varia da 10 a pi di 1000 J/m e dipende in modo rilevante da peso molecolare e temperatura. Per molti tipi di materie plastiche si parla di transizione fragile-duttile allaumentare della temperatura. Materiali intrinsecamente fragili come 9

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PS e resine epossid iche, possono essere resi duttili mediante linglobamento nella matrice polimerica di una opportuna fase gommosa (tenacizzazione). HDT (Heat Distortion Temperature) E una misura della temperatura a cui avviene una prefissata deformazione sotto lazione di un carico definito. Viene utilizzata per valutare il possibile campo di temperatura in cui il materiale pu essere impiegato, ed uno dei punti pi critici nelle propriet delle materie plastiche. I valori possono essere anche molto bassi per materiali termoplastici (vicini alla temperatura ambiente), ma possono essere aumentati con inglobamento di cariche rinforzanti (con 30% di fibre di vetro molti polimeri hanno HDT > 200C). Valori superiori di HDT si ottengono in genere con materiali termoindurenti (fenoliche 190C, epossidiche comuni 130C), o con polimeri speciali e pi costosi come poliimmidi (PI) o polieterechetoni (PEEK) (HDT >> 200C). Tabella 2.4 b

Durezza La durezza delle materie plastiche molto inferiore a quella dei metalli o dei ceramici, e tipicamente si usano scale differenti per la loro misura. E una proprie t particolarmente importante per gli elastomeri, per i quali varia da 30 Shore A (per materiali molto morbidi) a 90 Shore D per elastomeri duri. La si pu facilmente modificare con limpiego di additivi (plastificanti, gomme). Resistenza allabrasione Generalmente assai pi bassa di quella di altre classi di materiali, cresce considerevolmente col peso molecolare e si pu migliorare con coating protettivi. Coefficiente di attrito Esistono materie plastiche con coefficiente di attrito variabile da molto basso (es. PTFE) a molto alto (es. EVA, PVC elasticizzato). A volte possibile ridurlo inglobando polvere di PTFE nella matrice polimerica, o aumentarlo inglobando cariche.

2.4 I principali tipi di materie plastiche E intuitivo pensare che le propriet di un polimero dipendano dalla sua struttura molecolare e, considerando lelevato numero di monomeri disponibili e le molteplici possibilit delle loro combinazioni che rendono di fatto il numero di polimeri praticamente illimitato (ed in effetti in laboratorio sono stati ottenuti centinaia di migliaia di tipi diversi di polimeri), si potrebbe pensare che anche a livello commerciale i polimeri disponibili siano in numero cos elevato. In realt, il numero di polimeri prodotti a livello industriale sono probabilmente diverse centinaia che diventano 10

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diverse migliaia se si considerano i diversi gradi di uno stesso polimero ottenibili ad esempio con laggiunta di additivi. Ma se si considerano i dati di produzione riportati in Tabella 2.5 si vede che di fatto oltre il 90% in peso dei polimeri prodotti sono riconducibili a soli 5 diversi tipi, polietilene (PE), nelle sue diverse strutture molecolari, polipropilene isotattico (PP), polistirene (PS), policloruro di vinile (PVC) e polietilentereftalato (PET). Tabella 2.5

Ci non significa che gli altri tipi di materie plastiche possono essere ignorate nella scelta per una certa applicazione, ma semplicemente riflette il fatto che nella maggior parte dei casi le propriet di questi polimeri, i meno costosi, sono in grado di soddisfare le richieste in termini di prestazioni. Tutti gli altri polimeri trovano impiego in piccoli volumi per applicazioni che richiedono caratteristiche in termini di propriet che i polimeri sopra elencati non possiedono. Figur 2.3

E, come si vede in Figura 2.3, la ricerca di nuovi polimeri, iniziata di fatto su larga scala nel 1930, cresciuta tumultuosamente dopo la fine della seconda guerra mondiale, ed continuata e continua tuttora, anche se la possibilit di trovare nuove strutture molecolari interessanti a costi accettabili sempre pi problematica. Negli anni 60-70 dello scorso secolo sono stati trovati e commercializzati polimeri interessanti come policarbonato (PC), polibutilentereftalato (PBT), ......; 11

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negli anni 80 la ricerca stata indirizzata prevalentemente allo studio delle miscele polimeriche (dette anche leghe polimeriche in analogia con le leghe metalliche); negli anni 90 gli sforzi della ricerca si sono concentrati sui polimeri liquido-cristallini e nella seconda met degli anni 90 sullo sviluppo di catalizzatori metalloceni e di polimeri biodegradabili da sintesi batterica; oggi linteresse prevalente sullo sviluppo di nanocompositi, di polimeri da fonti rinnovabili (di origine vegetale) e sulla modifica controllata delle propriet di superficie. Bench a ciascuna struttura molecolare corrispondano propriet specifiche ci sono tuttavia alcuni comportamenti comuni a tutti i polimeri in quanto dipendenti dalla natura macromolecolare piuttosto che dalla natura chimica dei monomeri da cui sono stati ottenuti.

2.5 Principali fattori che influenzano le propriet di un manufatto in materia plastica Le propriet descritte in 2.3 sono genericamente e mediamente indicative di quelle di un materiale plastico, tuttavia, per sfruttare al meglio le propriet di questi materiali e, per evitare che il manufatto non soddisfi le propriet richieste per la funzione duso, necessario chiarire che le propriet di un manufatto in materia plastica non dipendono solamente dalla sua geometria e dal tipo di materiale con cui esso realizzato, ma anche dalle condizioni utilizzate durante il processo di trasformazione. Figura 2.4

La Figura 2.4 cerca di sintetizzare questo concetto indicando che ci sono alcune propriet caratteristiche del materiale (che derivano dalla sua natura chimica, dalla struttura molecolare, dalle dimensioni delle macromolecole, dagli additivi utilizzati, ecc.), altre definite dal disegno del manufatto (forma geometrica, spessori, nervature, ecc.), ma alcune dipendono da come il materiale stato trasformato da granulo a manufatto. In altre parole, se uno stesso manufatto prodotto con lo stesso materiale ma con diverse tecnologie o in diverse condizioni di lavorazione (temperatura, pressione, velocit di riempimento dellimpronta, raffreddamento, ) ci si pu aspettare che alcune delle sue propriet siano anche significativamente diverse. In particolare il ritiro, il grado di critallinit, i tensionamenti residui, controllo degli spessori, possono essere molto diversi utilizzando diverse tecnologie di lavorazione e/o condizioni operative. 12

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2.5.1 Effetto del peso molecolare sulle propriet Come gi accennato in precedenza, le propriet di uno stesso tipo di polimero (con stessa composizione chimica e struttura molecolare) possono dipendere in modo rilevante dalla dimensione delle macromolecole, definita allatto della polimerizzazione nellimpianto dove stato prodotto. Vedremo pi avanti come si possono descrivere quantitativamente le dimensioni delle macromolecole di un materiale polimerico, per il momento possiamo parlare genericamente di peso molecolare pi o meno alto. Possiamo schematicamente individuare gli andamenti delle principali propriet al crescere del peso molecolare come in Figura 2.5. Figura 2.5

Alcune di queste crescono inizialmente e poi, raggiunto un certo valore di peso molecolare, rimangono costanti (o quasi) per ulteriori aumenti di peso molecolare ( curva A). Si tratta ad esempio della temperatura di transizione vetrosa, della temperatura di fusione, del modulo elastico. Altre propriet crescono esponenzialmente con il peso molecolare, come nella curva B. Propriet che seguono questo andamento sono: viscosit allo stato fuso, resistenza allabrasione, . Altre non sono influenzate significativamente dal peso molecolare: densit, conducibilit termica ed elettrica, coefficiente di attrito, resistenza chimica, . (curva di tipo C). Altre ancora hanno andamento di tipo sigmoide, come ad esempio la resistenza allimpatto (curva di tipo D) 2.5.2 Effetto combinato del peso molecolare e della temperatura sulle propriet Oltre al peso molecolre, unaltra variabile molto importante nel definire il comportamento delle materie plastiche la temperatura. In Figura 2.6 a,b sono riportati dei grafici T-PM per rispettivamente polimeri amorfi e semicristallini. In Figura 2.6 a , per i polmeri amorfi, sono tracciate alcune curve che individuano nello spazio del grafico zone in cui il comportamento del materiale assai diverso. Vediamo in particolare che, ad alti pesi molecolari, come quelli tipici dei prodotti commerciali, la curva asintotica che difinisce il valore di Tg al variare del PM separa lo spazio in cui il materiale ha comportamento elastomerico da quello in cui ha comportamento rigido. Quindi di fatto la Tg (il cui valore diverso da polimero 13

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a polimero) diventa il termine di riferimento per la scelta di un materiale amorfo in relazione alla sua funzione duso. Se il materiale deve essere rigido occorre scegliere un materiale la cui Tg sia sempre superiore (almeno 20-30 C) alla massima temperatura duso. Viceversa, se un materiale polimerico amorfo deve essere utilizzato come elastomero necessario che Tg sia sempre inferiore (di 20-30 C) alla minima temperatura duso. Nella stessa figura possiamo anche individuare una temperatura massima che non deve mai essere superata per un certo materiale in quanto al di sopra diventano troppo veloci le reazioni di Figura 2.6 a

degradazione che determinano variazioni inaccettabili nelle propriet fisico- meccaniche. Tale valore ha importanza e pone un limite superiore di temperatura alle condizioni di lavorazione. La zona di transizione divide, al variare del PM, lo spazio in cui il materiale ha le caratteristiche di un liquido da quello in cui ha caratteristiche gommose. In tale zona il materiale ha caratteristiche intermedie tra quelle di un liquido e quelle di un elastomero. Il grafico di Figura 2.6 a consente di fare alcune altre considerazioni interessanti in relazione alle possibili tecnologie di lavorazione. Ad esempio, se si vuole trasformare un polimero in manufatto mediante stampaggio ad iniezione, il polimero deve trovarsi in uno stato liquido, di elevata fluidit, per consentire il riempimento di una cavit caratterizzata da canali lunghi e sottili. Se si prende un polimero di peso molecolare troppo elevato (M1 e M2 in figura), questo raggiunger la temperatura di degradazione prima di diventare un liquido con caratteristiche di fluidit adeguate. Per lo stampaggio ad iniezione occorrer quindi scegliere un polimero (M3) con PM pi basso. Viceversa, certe tecnologie di lavorazione (ad esempio la termoformatura) richiedono che il materiale si trovi in uno stato come quello definito dalla zona di transizione. Allora, scegliendo il polimero con peso molecolare M3, lintervallo di temperatura in cui il materiale si trova in questo stato molto piccolo, rendendo molto critico il processo di lavorazione. Per una tale tecnologia preferibile utilizzare un peso molecolare M2, essendo assai pi ampio lintervallo di temperatura in cui il materiale ha le caratteristiche adatte senza superare la temperatura massima a cui diventano rilevanti i fenomeni degradativi. Simili considerazioni si possono fare per i polimeri semicristallini (Figura 2.6 b). In tal caso essendo presenti nel materiale domini cristallini, compare una ulteriore curva che descrive landamento della temperatura di fusione (Tm) col PM. Questa curva individua uno spazio, 14

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Figura 2.6 b

intermedio tra quello gommoso e quello rigido vetroso, in cui il materiale ha generalmente comportamento coriaceo (contemporaneamente flessibile e resistente). A differenza dei materiali amorfi, la massima temperatura duso per i materiali semicristallini definita da Tm piuttosto che da Tg (a temperature inferiori a Tg i materiali polimerici semicristallini diventano in genere pi fragili). La presenza pi o meno elevata di zone cristalline determina anche una variazione in molte altre propriet come vedremo pi avanti.

Figura 2.7

Per quanto riguarda il comportamento alla lavorazione, valgono le stesse considerazioni fatte in precedenza per i materiali amorfi: polimeri di basso peso molecolare sono adatti per stampaggio ad 15

Materiali per il veicolo a.a. 2008-09 Lezione 2

iniezione, polimeri di peso molecolare pi alto per termoformatura o stampaggio a soffiatura, tecnologie particolari (ad esempio pultrusione) per pesi molecolari ancora pi alti. In relazione a quanto detto, facile capire come mai per uno stesso tipo di polimero (ad esempio polietilene) esistono decine e decine di prodotti commerciali con caratteristiche in termini di propriet e lavorabilit assai diverse. In Figura 2.7 e 2.8 sono riportati esempi di diverse tipologie e applicazioni per il PE, ed in particolare in ordinata riportata una grandezza legata alla fluidit del materiale allo stato fuso (Melt Flow Index, che diminuisce allaumentare del peso molecolare delle catene polimeriche) ed in ascissa la densit a sua volta dipendente dalla struttura molecolare delle catene polimeriche. Qualche cosa di analogo (anche se non in forma cos ampia) succede anche per gli altri tipi di polimeri commerciali. Se poi si considera che gli stessi polimeri vengono offerti anche additivati (ad esempio con cariche rinforzanti o con additivi antifiamma), si capisce perch il bollettino tecnico di un certo materiale polimerico comprenda in realt una serie di prodotti piuttosto che un unico prodotto. Figura 2.8

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