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La chiesa di San Giovanni Battista: un problema

storiografico
Opera dellarchitetto Girolamo Genga (1476-
1551), la chiesa di San Giovanni Battista a Pesa-
ro, la cui realizzazione rimasta incompiuta,
costituisce da sempre un problema storiografi-
co, dal momento che non esiste alcun disegno a
107
Maria Luisa Cannarsa Lopera incompiuta: il San Giovanni Battista a Pesaro
di Girolamo Genga
essa relativo, n le poche notizie darchivio di
cui si in possesso chiariscono i dubbi sulle
modalit di gestione delloriginario cantiere
genghiano (ill. 1).
Si sa, poi, che i lavori di finitura sono stati
eseguiti per la maggior parte nel corso del Sei-
cento e che, unico intervento di un certo rilievo,
il coro originario stato sostituito da quello
attuale nellOttocento.
Sullattivit di Genga con riferimento al San
Giovanni Battista pesato a lungo il giudizio,
espresso in toni decisamente enfatici, di Giorgio
Vasari secondo cui la chiesa di bellissima
architettura in tutte le parti, per avere assai
immitato lantico e fattala in modo, chell il
pi bel tempio che sia in quelle parti, s come
lopera stessa apertamente dimostra, potendo
stare al pari di quelle di Roma pi lodate
1
.
evidente come tale considerazione presup-
ponga e, per certi versi, espliciti, come base del
progetto, la realizzazione di una simmetria, secon-
do un organico disegno di commisurazione delle
parti, in cui prenderebbe corpo quella bonissima
intelligenza di prospettiva e gran principio di
architettura
2
che Vasari attribuisce a Genga.
Non si sottolineato sufficientemente, per,
come il giudizio vasariano dia per finito ci che
finito non . Dunque, sarebbe pi che lecito
chiedersi quale operazione venga messa in atto;
se, cio, si vuole legittimare il valore assoluto
dellideazione dellopera, di cui si conosce il
disegno definito, oppure, se si vuole dare credi-
to al fare di chi chiamato a continuare lesecu-
zione dei lavori dopo la morte di Girolamo,
nella fattispecie suo figlio Bartolomeo, di cui
Vasari amico fraterno.
Appare chiaro, pertanto, che la cifra dellin-
compiutezza avrebbe dovuto essere limprescin-
dibile e primario strumento di riflessione e com-
prensione delloggetto architettonico in que-
stione, attorno al quale far confluire quella plu-
ralit di vicende, ambienti e personaggi necessa-
ria a rendere parlante unarchitettura. Cos non
stato, invece, poich quasi mai la critica si
fatta interrogante sulla base di criteri dindagine
che non esercitassero pregiudizi, primo fra tutti
quello storiografico rappresentato dalla biogra-
fia vasariana. Colpisce, infatti, che della chiesa
genghiana si sia teso sistematicamente a ignora-
re la percezione dellincompiuto.
1. Pesaro, San Giovanni Battista, facciata
(Pesaro, Biblioteca Oliveriara, fototeca).





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Lo studio complessivo dellarchitettura gen-
ghiana messo a punto da Giuseppe Pinelli e
Orietta Rossi, anche se tiene conto dellincom-
piutezza dellopera, si limita a considerare che
la facciata non compiuta della chiesa di San
Giovanni Battista non ne pregiudica il valore
architettonico complessivo e neanche la possi-
bilit di leggerne la struttura essenziale
3
. Ledi-
ficio pesarese viene reputato esemplare del-
lambigua dialettica spaziale dellarchitettura
genghiana
4
, per nulla interessata a porre una
correlazione tra interno ed esterno, come si
evincerebbe, in facciata, dalla mancanza di un
preciso rapporto tra la scansione orizzontale e
verticale e la definizione delle volumetrie inter-
ne e, nel fianco, dalla labilit con cui rappre-
sentata la corrispondenza tra la scansione della
parete esterna e la complessa articolazione delle
cappelle e delle nicchie che si aprono allinter-
no
5
. Unico esperimento di rottura di tale
incompenetrabilit sarebbe dato dai due rac-
cordi concavi tra il piano di facciata e lattacco
della navata e tra il termine di questa e il tibu-
rio
6
. Dellinterno del San Giovanni, invece,
vengono notati il purismo geometrico e lasso-
luta assenza di sovrastrutture decorative, con-
siderate applicazione di raccomandazioni alber-
tiane
7
. E, infine, la serie degli elementi che arti-
colano la cerniera navata-transetto: il comples-
so pilone di sostegno della cupola, la doppia
colonna su piedistallo e larcone trionfale rial-
zato, clti come moduli e ricondotti a chia-
ve interpretativa di una architettura dove ogni
unificazione spaziale deve essere intesa percet-
tivamente, non strutturalmente
8
.
Un lavoro sulla percezione dello spazio
stato in seguito elaborato da Michael Groblew-
ski esclusivamente per il San Giovanni Battista,
proponendo unesperienza visiva dellinterno
della chiesa, elaborata per scene architettoni-
che che si avvale di una verifica astratta (e per-
ci estranea alla visione diretta) la quale assog-
getta lintero edificio allestrinsecarsi di due
sistemi di commisurazione, aritmetico e geome-
trico, validi luno per le proporzioni ambientali
(piano fondamentale, interno) laltro per le pro-
porzioni delle superfici (facciata)
9
. Non si tratta
daltro che di un macchinoso e ambiguo sistema
di ipotesi, spesso svolto sulla base di generiche
suggestioni sensoriali e implicazioni psicolo-
giche, che aspirerebbe a definire la struttura del-
ledificio genghiano.
Per verificare limpianto aritmetico viene
elaborato un percorso visivo reale per un osser-
vatore che partendo dallinizio della navata per-
cepirebbe in successione, e secondo differenti
piani luminosi, le diverse scene fino a cogliere
lo spazio centrale, per soffermarsi, in particola-
re, sullimmagine del binato di colonne libere
con limponente arco rialzato, che mostra la
108
cornice divisoria tra la navata e il presbiterio,
ossia le due celle spaziali delledificio
10
. Un iter
che prosegue fintanto che lo spettatore non
abbia esaurito di esperire tutte le possibili com-
posizioni di immagini
11
. In tal modo si realizze-
rebbe una vera e propria visione proiettiva dello
spazio generata dalla conoscenza genghiana
delle regole della prospettiva centrale gi appli-
cate in ambito pittorico e scenografico. A unar-
chitettura cos concepita non interesserebbe la
delimitazione precisa dello spazio, bens, pro-
prio nel comporre insieme e nellordinare
scene, essa intenderebbe ottenere un effetto
sul piano emozionale, rendendo il visitatore uno
spettatore stupito
12
.
Passando allassetto geometrico, lenuncia-
zione di una serie di rapporti proporzionali,
oltre a dare prova della matrice fortemente
intellettualizzata della progettazione di Genga
13
,
servirebbe a rendere credibile la relazione tra
lesterno e linterno del San Giovanni Battista,
altrimenti invisibile. Cos mediante un procedi-
mento di astrazione mentale si supererebbe
limpasse dellincertezza conoscitiva
14
dello
sguardo. evidente la natura artificiosa di quan-
to proposto da Groblewski che pure si riallaccia
al giudizio vasariano nella considerazione che la
chiesa di Genga sia prova di unaltissima qua-
lit artistica, il cui precedente e il cui modello
andrebbero ricercati nel SantAndrea albertiano,
e che essa rappresenti un capitolo autonomo di
storia dello sviluppo coerentemente basato su
idee architettoniche raffaellesche
15
.
In tempi pi recenti linteresse per ledificio
genghiano si configurato talora in termini di un
generico dissenso con gli apprezzamenti vasaria-
ni, motivato da unimpressione di fredda monu-
mentalit e senso di sproporzione dello spazio
interno della chiesa
16
. Oppure, anche laddove se
n sottolineato il carattere incompiuto, le argo-
mentazioni sullopera si sono attestate lungo la
linea interpretativa sin qui delineata, troppo
spesso viziata da categorie critiche totalizzanti e
piena di astratti concetti universali, invocanti
congruenze a un presunto organico disegno
17
.
Il contributo di Francesco Paolo Fiore, ulti-
mo in ordine di tempo, interpreta lopera di
Genga quale esito di una prassi volta a rivendi-
care la libert di distaccarsi dal valore propor-
zionale dellordine e di utilizzare al tempo stes-
so mescolanze e astrazione al fine di eviden-
ziare la priorit delleffetto scenografico-visivo
delledificio
18
.
Complessivamente, gli studi fin qui presen-
tati non hanno mostrato uno specifico interesse
a stabilire i limiti entro i quali si debba conside-
rare genghiana la paternit dellattuale edificio.
In tale direzione, invece, orientato lo studio
che si propone in questa sede muovendo da un
approccio critico che, necessariamente, deve





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Tuttavia, il racconto vasariano si risolve in un
intreccio biografico, non privo di incertezze e
incongruenze
21
, la cui nota dominante unin-
condizionta professione di ammirazione e
apprezzamento del valore dellartista. Significati-
vo al proposito il confronto con quanto Vasari
riporta della vita di Bartolomeo Genga di cui
puntualmente d conto dagli anni della formazio-
ne fino alla maturit. Difficile , invece, ricostrui-
re lapprendistato giovanile di Girolamo su cui il
biografo tace quasi completamente: se riguardo
alla pittura siamo informati che suoi maestri furo-
no, in un primo tempo, Luca Signorelli e, in
seguito, Pietro Perugino, niente ci viene detto sui
suoi studi di architettura e come e presso chi
abbia affinato la sua sensibilit e maestria nellar-
te di costruire. Nel racconto vasariano tutto gi
compiuto: semplici secche parole descrivono che
al tempo del definitivo recupero della signoria sul
ducato di Pesaro e Urbino da parte di Francesco
Maria I della Rovere
22
se ne torn anco Girola-
mo, e da esso [duca] fu trattenuto e adoperato per
architetto []
23
.
Non stupir, allora, il fatto che per la critica
successiva la vicenda che riguarda gli anni for-
mativi della giovent di Girolamo sia particolar-
mente controversa e possa dare talvolta risultati
109
abbandonare le posizioni appiattite sul paradigma
vasariano, facendosi pi stringente rispetto alla
possibilit di interrogare di nuovo la biografia e
lopera genghiana. Conseguentemente, si ten-
tata la strada di unapertura a ipotesi e valutazio-
ni particolari e articolate, interessate a suggerire
le possibili fonti di cui ledificio genghiano si fa
interprete, rimandando per questo anche allana-
lisi dei processi creativi originanti altre architet-
ture, connesse in vario modo allopera di Genga.
Solo cos crediamo che una ricerca possa farsi
interrogante dellibrido tempo della storia
19
e mette-
re a fuoco la complexio tra fondamenti, mediazio-
ni e percezioni che produce senso alle storie.
Indagini sulla biografia genghiana
I fatti della biografia genghiana sono poco noti
a causa della quasi totale assenza di documenta-
zione diretta. Indubbiamente, non si pu pre-
scindere dalle pagine che Giorgio Vasari
20
dedi-
ca alla vita di Genga per chiarirne, almeno in
parte, la vicenda storica. Vasari era in amicizia
con Bartolomeo, figlio di Girolamo, e col gene-
ro di questultimo Giovan Battista Belluzzi, per
cui si pu ragionevolmente credere che avesse
conoscenza diretta di fatti ed eventi della vita di
Genga, nato a Urbino nel 1476.
2. Scudo doro del duca Francesco Maria I
Della Rovere, e medaglia dargento del
figlio Guidobaldo II (Pesaro, Biblioteca
Oliveriana, fondo numismatico).





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110
poco attendibili, sia per quanto concerne que-
stioni strettamente attributive che nellambito
pi generale della valutazione artistica, sebbene,
essenzialmente, essa non si discosti dal filo rosso
della narrazione vasariana
24
.
Infatti, anche dove si tenta di mettere in rela-
zione pittura e architettura allinterno dellatti-
vit genghiana, non si va mai oltre un generico,
e piuttosto acritico, riscontro in ambito pittori-
co dello sviluppo architettonico e scenografico
compreso nelle tradizionali fonti biografiche
25
.
Di segno decisamente opposto sono i contri-
buti critici pi recenti che hanno svolto uninda-
gine attenta e accurata della formazione di
Genga a partire dagli equivoci generati dai
primi biografi, primo fra tutti Vasari, al fine di
renderne meno oscuro il passaggio dalla pittu-
ra allarchitettura
26
. In tal modo, si tentato di
ridisegnare la biografia genghiana mediante il
ribaltamento dei luoghi comuni ormai da tempo
ritenuti certi, primo fra tutti quello che vede
allorigine del talento architettonico di Genga la
progettazione di apparati effimeri e allestimenti
teatrali alla corte di Urbino nei primi anni del
Cinquecento, sopravvalutandone le relazioni
con i duchi e proiettandolo anzitempo architet-
to di corte. A questa lettura hanno contribuito
non poco scrittori quali Vasari e Baldi
27
che, con
evidente riferimento ai suoi primi anni di atti-
vit, esprimono encomiastici giudizi sul valore
di Genga architetto quando, in realt, egli
ancora solo un pittore. Ma quanto da essi affer-
mato non ha tanto valore di testimonianza diret-
ta, rappresenta piuttosto un tributo postumo al
genio architettonico di un artista indubitabil-
mente apprezzato. Ci deve indurre a ridimen-
sionare la qualit del titolo di architetto, asse-
gnato probabilmente del tutto casualmente al
giovane Genga, considerando che la familiarit
con la corte urbinate e un piccolo numero di
incarichi non sufficiente a fargli valere lappel-
lativo di artista ducale
28
.
Su queste basi viene destituito di fondamen-
to e ricondotto a termini di comune e ripetuto
fraintendimento il ragionamento che ha indotto
la critica ad attribuire notevoli competenze
architettoniche a Genga progettista di allesti-
menti teatrali. Ma si pu tentare un ulteriore
passo nella direzione di unipotesi di pi com-
piuta e puntuale restituzione biografica che fac-
cia luce sul suo apprendistato architettonico. Le
linee-guida di questo percorso sono le pi anti-
che valutazioni critiche dellarchitettura di
Genga espresse rispettivamente da Pietro
Bembo in una lettera del 1543 a Eleonora Gon-
zaga
29
e da Sebastiano Serlio negli scritti dar-
chitettura pubblicati a Parigi nel 1545
30
. molto
probabile che lapprendistato architettonico di
Genga, nel momento in cui chiamato alla
corte roveresca nel 1522, non sia concluso, ma





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tatto con Raffaello (che Vasari afferma aver cono-
sciuto gi nella bottega di Perugino)
43
entrando a
far parte della sua bottega, in cui era pratica
comune reclutare aiuti temporanei ogniqualvolta
il carico di lavori lo richiedesse, specialmente
durante lultimo anno di vita del maestro
44
. Dun-
que, in questo periodo Genga potrebbe avere
attinto a piene mani allintensa attivit archeologi-
ca e architettonica sviluppata da Raffaello come
testimonia lo stesso Vasari che ne associa il sog-
giorno a Roma per dipingere la Resurrezione allin-
teresse per lo studio dellantico
45
.
A supporto di tale ricostruzione si potrebbe
invocare come prova indiziaria la corrisponden-
za di uno dei rappresentanti a Roma di France-
sco Maria I della Rovere, Alessandro Nerio, che
nel giugno 1522, in risposta a una precedente
richiesta del duca di cercare un architetto for-
mato alla scuola di Raffaello, risponde cos: Ho
trovato un architettor creato di Raphael, il qual
per adesso dice non posser venir ad satisfar, ma
che a questo agosto andar a Loreto, et poi vir
a trovare V. Ex.a
46
. Larchitetto in questione
potrebbe essere proprio Genga, il quale arriver
alla corte roveresca nellagosto 1522 con la let-
tera di presentazione di un altro rappresentante
del duca a Roma, Giovanni Maria Della Porta
47
.
Larchitetto che entra al servizio dei della
Rovere non ha ancora una compiuta formazione
professionale. A Pesaro, divenuta sede principa-
le del ducato di Urbino
48
, il suo primo incarico
sar il restauro e lammodernamento del palaz-
zo ducale. Dal maggio 1523 Genga di nuovo a
Roma, come testimoniato da una serie di lettere
scritte a Roma, fra il maggio e lagosto 1523, che
111
che, anzi, qui abbia trovato le migliori motiva-
zioni di compimento sotto legida del duca
Francesco Maria I.
Considerati in questa prospettiva, gli avveni-
menti noti della vita genghiana si arricchiscono
di interessanti risvolti, ottenuti in particolar
modo da un intreccio di eventi testimoniati da
alcuni carteggi epistolari che permettono di
ricostruire gli spostamenti di Genga intorno agli
anni 1519- 20, decisivi per lo sviluppo della sua
carriera architettonica. La sequenza cronologica
antecedente a questi vede documentata la pre-
senza di Genga a Urbino nel 1504, dove, insie-
me a Timoteo Viti, lavora al ciclo di affreschi
sulla vita di San Martino (distrutti nel 1793) e
alla pala daltare per la cappella dedicata al santo
nel duomo di Urbino
31
. Nel 1505 gli stessi
devono avere un pagamento per un lavoro ese-
guito per il Tabernacolo del Corpo di Cristo
nella cappella del SS. Sacramento a Urbino
32
.
Nel 1508 a Genga, oltre che ad altri eccellenti
architetti, viene affidato lincarico di allestire il
catafalco mortuario di Guidobaldo I di Monte-
feltro a Urbino
33
. Sempre a Urbino e ancora
insieme a Timoteo Viti, verso la fine del 1509
lavora per lapparato decorativo predisposto a
celebrare lentrata in citt di Eleonora Gonzaga,
consorte del duca Francesco Maria I
34
. Nel 1510
documentata la presenza di Genga a Siena
35
. Il
13 settembre 1513 a Cesena per firmare il con-
tratto per la pala daltare con la Disputa sullIm-
macolata Concezione per la chiesa di SantAgosti-
no [oggi a Brera]
36
. Il 18 marzo 1518 il saldo del
suo onorario stato pagato
37
per cui si pu pre-
sumere che la pala daltare fosse terminata
prima di questa data
38
. Non ci sono documenti
che attestino dove Genga si trovasse fra il 1514
e il 1515. Si sa che alla fine del 1516 risiede a
Cesena, come attesta il documento su cui
riportato il pagamento da parte dei monaci del
convento di SantAgostino di quaranta dei quat-
trocento ducati pattuiti per la pala daltare del-
lImmacolata e nel quale Genga viene definito
habitator Cesene
39
. Nel 1517 continua la sua
permanenza a Cesena, dove il 24 aprile 1518
viene stipulato il contratto di allogazione degli
affreschi nella cappella di Bartolomeo Lombar-
dini in San Francesco a Forl (demolita ai primi
dellOttocento) e dove, ancora una volta, detto
habitator in presenti Civitate Cesene
40
.
Lanno 1519 decisivo
41
per la carriera di
Genga che viene ingaggiato da Agostino Chigi
per dipingere la Resurrezione per laltare maggiore
della chiesa dellArciconfraternita di Santa Cateri-
na da Siena, fondata il 4 luglio dalla comunit
senese a Roma e di cui Chigi fa parte
42
. La com-
missione del lavoro sicuramente anteriore al 10
aprile 1520, data di morte del Chigi: Girolamo
arriva a Roma, probabilmente non pi tardi del-
lautunno 1519, quasi sicuramente entra in con-
Nella pagina precedente:
3. Pesaro nella prima met del XVII secolo,
da un acquerello del pittore pesarese
Francesco Mingucci (Citt del Vaticano,
Biblioteca Apostolica Vaticana; da
A. Brancati [a cura di], Il palazzo e la
famiglia Montani a Pesaro, Pesaro
1992).
4. Pesaro allinterno della cinta pentagonale
roveresca, da unincisione pubblicata
da Johan Jansonius Blaeu nel XVII secolo
(Pesaro, Biblioteca Oliveriana).
5. Pianta prospettica di Pesaro pubblicata
per la prima volta a Venezia nel 1599
e successivamente a Vicenza nel 1616
da Domenico Amadio (Pesaro, Biblioteca
Oliveriana).
In questa pagina:
6. Pesaro nella prima met del XVII secolo,
particolare dallacquerello del Mingucci.





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trattano dellacquisto di costoso materiale,
soprattutto pietre antiche, lastre di marmo colo-
rato e colonne che servivano per il rinnovo delle
dimore ducali
49
. In una lettera al duca del 13
agosto 1523 Genga, che ha ormai lasciato
Roma, dichiara di essere pronto a riprendere i
lavori a palazzo ducale
50
e, dunque, probabile
che gi dallautunno vi sovrintendesse.
Non si sa dove Genga si trovasse nel periodo
tra il 1524 e il 1526, ma si pu senza dubbio ipo-
tizzare che proseguisse negli studi di buona
architettura. Nel 1528 la duchessa Eleonora,
moglie di Francesco Maria, gli commissiona un
appartamento in una delle residenze ducali a
Fossombrone
51
. Poco tempo dopo sar incarica-
to dalla stessa duchessa di sovrintendere alla rea-
lizzazione del ciclo di affreschi allinterno della
villa Imperiale sul colle San Bartolo
52
e, succes-
sivamente, di realizzare il progetto per una
nuova ala della villa
53
organizzato come una suc-
cessione di spazi terrazzati sulle colline dietro il
vecchio edificio
54
. A Pietro Bembo assegnato il
commento per le epigrafi da apporre sulla fron-
te e allinterno del cortile, in cui specificato lo
scopo della villa e il ruolo avuto da Eleonora
Gonzaga nella costruzione
55
. Bembo al tempo
della sua permanenza alla corte di Urbino negli
anni 1506-11 aveva sicuramente conosciuto un
architetto dalla formazione ancora incerta, ma
quando nel 1543 vede la villa Imperiale finita
dichiara con convinzione che il suo compare
Genga un grande e raro architetto, ed ha supe-
rato dassai ogni espettazion mia, sancendo in
perfetto accordo con Serlio che, sotto il patro-
nato del duca Francesco Maria I, egli divenu-
to ottimo architetto
56
.
112
Lincarico e la committenza
Nel 1543 la carriera architettonica genghiana
giunta a piena maturit: anche il progetto per la
chiesa di San Giovanni Battista dovrebbe essere
compiuto dal momento che in questanno viene
posta la prima pietra delledificio
57
. A riprova
dellattestazione di qualit nei confronti dellat-
tivit architettonica di Genga, la sua chiamata
a Mantova dove richiesto dal cardinale Ercole
Gonzaga, fratello della duchessa Eleonora della
Rovere, per sovrintendere ai lavori nella catte-
drale ed eseguire il modello per la nuova faccia-
ta
58
che, sebbene andato perduto, avrebbe potu-
to, in qualche modo, rappresentare unulteriore
elaborazione delle idee genghiane per la faccia-
ta di San Giovanni Battista
59
.
Genga tenuto docchio dal marchese
Federico dai tempi dei lavori allImperiale, di
cui messo al corrente da sua sorella Eleonora,
duchessa di Urbino
60
. E forse a Mantova Girola-
mo si era recato gi prima del 1538 come lascia
supporre una sua lettera scritta da Pesaro alla
duchessa Leonora il 29 gennaio 1538 in cui
polemicamente mette a confronto le due corti
61
;
particolare, infatti, la vicinanza che intercorre
tra i della Rovere e i Gonzaga, legati da motivi
di parentela, geografici ed economici
62
.
Genga torna da Mantova gi vecchio
63
nel
1548, come testimonia la lettera di accompagna-
mento del cardinale Ercole Gonzaga
64
, e si ritira
a vita privata nella sua propriet della Valle, vici-
no a Urbino, dove si spegner tre anni dopo,
l11 luglio 1551, allet di settantacinque anni
65
.
certo, pertanto, che egli abbia sovrinteso per
un tempo brevissimo ai lavori del cantiere di San
Giovanni Battista e quando ormai il duca Fran-
cesco Maria I, che gli aveva commissionato la
chiesa per realizzarvi il proprio mausoleo, era
morto da alcuni anni
66
.
indubitabile che nella realizzazione della
decorazione e delledificazione della nuova
Imperiale si attui il programma ideologico della
politica culturale roveresca, tesa a ribadire come
decisivi gli avvenimenti della riconquista del
ducato da parte di Francesco Maria I, con note-
vole enfatizzazione del luogo (il colle San Barto-
lo su cui sorge la villa e dove si sarebbe svolta la
vittoriosa battaglia), nonch travisamento della
realt del fatto storico, niente affatto decisivo
per la riappropriazione dello Stato
67
.
La chiesa di San Giovanni Battista, probabil-
mente, nelle intenzioni ducali avrebbe dovuto
porsi a compimento degli intenti civili di esalta-
zione della signoria roveresca, secondo un dise-
gno in grado di eguagliare e, forse, superare le-
sempio pi prossimo a essa: la chiesa martiniana
di San Bernardino a Urbino
68
, mausoleo ducale
di Federico da Montefeltro, di cui Francesco
Maria discendente diretto
69
.
Tuttavia, il compimento di entrambi gli edi-
7. Il complesso ecclesiale di San Giovanni
Battista a Pesaro, particolare dalla citata
pianta prospettica pubblicata da Blaeu
(Pesaro, Biblioteca Oliveriana).





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fici genghiani fortemente condizionato da una
committenza che non in grado di garantire
stabilit: emblematico lo stato di ristrettezze,
in cui Genga costretto a operare, nonostante
lingente investimento economico predisposto
dal duca della Rovere
70
, che emerge dai docu-
menti; in particolare, dalla corrispondenza con
la duchessa Leonora
71
, vera curatrice del pro-
gramma edilizio roveresco, di cui segue da pres-
so lo sviluppo, mentre Francesco Maria, di fatto
quasi sempre assente dalla corte, assolve ai
compiti di comandante generale dellesercito
veneziano. Vero che la signoria roveresca per
poter sopravvivere deve investire soprattutto
nella difesa della citt in cui ha strategicamente
deciso di risiedere. Non casualmente, forse,
Francesco Maria si allontana da Urbino, luogo-
simbolo dei Montefeltro, con cui, pure, instau-
ra un dialogo ideale, tentando, con la costruzio-
ne dellImperiale e di San Giovanni Battista, di
fondare una nuova auctoritas mediante una
compiuta analogia con le realizzazioni del prin-
cipato dorigine.
probabile che in una forzatura dellobbligo
di priorit della costruzione della nuova cinta
muraria di Pesaro, a cui tanto Francesco Maria
I, quanto il suo successore Guidobaldo II sono
emblematicamente associati (ill. 2)
72
, risieda
limpossibilit di garantire una costante e ade-
guata quantit di risorse necessaria allo sviluppo
e al compimento dei nuovi simboli rovereschi.
bene sottolineare che nel passaggio da France-
sco Maria I a Guidobaldo II le occasioni di svi-
luppo edilizio a Pesaro si rafforzano, prendendo
corpo in un disegno di ampliamento del centro
urbano che si arricchisce progressivamente di
nuove costruzioni civili a spese o dello stesso
duca o di nobili e facoltose famiglie cittadine.
Guidobaldo manifesta ambiziosi intenti di
promozione dellattivit edilizia che prevedono
consistenti rinnovamenti allinterno del palazzo
ducale di Pesaro, dove Bartolomeo Genga, figlio
113
di Girolamo, interviene a partire dallamplia-
mento del cortile intorno al 1548 cui fa seguito
la ricostruzione della serie di tre stanze nellala
sinistra e forse di altre quattro stanze nellala
destra secondo un disegno che mira a isolare il
palazzo in un unico blocco
73
. A Pesaro Guido-
baldo vuole portare a compimento una radicale
trasformazione della piazza Grande (oggi piazza
del Popolo), che prevede labbattimento della
vecchia residenza municipale, di numerose case
private e della rotonda con il campanone civico
e la contemporanea progettazione del palazzo
della Paggeria (attuale palazzo Baviera), destina-
to a ospitare gli alti burocrati della corte rovere-
sca, su disegno dellarchitetto Filippo Terzi, al
quale si deve anche la progettazione delle nuove
stalle ducali dalliter costruttivo discontinuo,
analogamente al San Giovanni Battista
74
.
Notevole anche lattivit edilizia di iniziati-
va privata che vede la realizzazione di numerose
dimore da parte delle pi ricche e potenti fami-
glie di Pesaro; ci induce ad affermare con
buona approssimazione che allepoca di Guido-
baldo II la citt dovesse essere un grande cantie-
re edile in piena attivit nellambito di una
signoria consolidata e munifica, che intende
gareggiare per magnificenza e cultura con le
grandi corti italiane
75
.
Sebbene la relazione del 1547 dellambascia-
tore veneto Federico Badoer
76
denunci che le
entrate del ducato sono contenute, dal momen-
to che il duca Guidobaldo non vuole gravare
eccessivamente i suoi sudditi, questa sembrereb-
be essere pi una accondiscendente manifesta-
zione di benevolenza nei confronti della politica
del principe roveresco, che la constatazione di
una reale insufficienza finanziaria.
Benevolenza che, nella relazione del 1571 di
Lazaro Mocenigo
77
, si tramuta in rammaricato
rimprovero al della Rovere per aver lasciato lin-
carico di capitano generale della Serenissima a
favore del titolo, oneroso e poco remunerativo,
8. Veduta interna della chiesa di San
Giovanni Battista a Pesaro nel 1840,
da un acquerello del pittore-scenografo
Romolo Liverani (Forl, Biblioteca
Comunale, Fondo Piancastelli).
9. San Giovanni Battista, la navata vista
dal presbiterio.





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114
monastero benedettino di SantEracliano,
situato non lontano dal Tentamentum o, come si
detto, Torrosinum
87
.
Nel vecchio edificio monacale di SantEra-
cliano (che mantiene il titolo nelluso comune
per un certo periodo di tempo anche dopo il suo
cambiamento in quello di San Giovanni Batti-
sta) gli osservanti si stabiliscono dal 12 settem-
bre 1465 e vi officiano per oltre trentanni fino
di capitano generale delle genti di sua maest
cattolica Filippo di Spagna in Italia, ma che, tut-
tavia, non impedisce di riconoscere, nonostante
laffermazione retorica se bene non ricco
dentrata, che il duca spende molto largamen-
te, ed oltre il trattenere unonoratissima corte,
anzi pi corti, [], qual tutte son piene di molti
gentiluomini, vuole alloggiare tutti i personaggi
che passano per il Stato suo, [] tanto che
molto volentieri ognuno concorre a quella
corte
78
. La corte di Guidobaldo II, dunque,
molto ricca, e per mantenerla tale egli non esi-
ter a ricorrere a forti pressioni fiscali che con-
durranno alla rivolta di Urbino del 1572
79
.
Questo ci fa propendere per un ridimensio-
namento, tra le cause che determinano la len-
tezza dei lavori di costruzione della chiesa di San
Giovanni Battista, della scarsit di risorse eco-
nomiche da parte del duca
80
. Vi piuttosto un
cambiamento degli orizzonti che avevano gene-
rato loriginaria committenza: non casualmente
larchitetto di Guidobaldo il figlio di Girola-
mo, Bartolomeo Genga, chiamato a continuare i
lavori alla morte del padre. Ma a quel punto, la
costruzione di San Giovanni Battista diventer,
forse, pi lassolvere da parte di entrambi a un
debito morale nei confronti paterni, che lassun-
zione reale e consapevole di intendimenti e
volont altrui
81
.
Lantica chiesa francescana di San Giovanni Battista
al tempo della dominazione sforzesca
La storia della chiesa di San Giovanni Battista in
origine strettamente legata a quella dei frati
francescani osservanti della comunit pesarese.
Non si sa con esattezza in quale anno i minori
osservanti si stabiliscono nelle vicinanze di Pesa-
ro, probabilmente gi prima del 1438
82
. La loro
prima sede, intorno al 1442, il Viridarium, sito
indicato prossimo a Miralfiore
83
, oppure identi-
ficato con lIngualchiera
84
. Si tratta, in ogni caso,
di un luogo fuori dellantica porta Collina, mal-
sano a causa della paludosit del terreno e dei
forti miasmi prodotti da acqua ristagnante.
I religiosi, una piccola famiglia composta di
sole sei persone, vi rimangono per oltre venti-
sette anni, fino al 1465
85
. Stanti le difficili con-
dizioni di sopravvivenza, nel 1464 essi decidono
di far richiesta, allallora signore di Pesaro Ales-
sandro Sforza, di un luogo pi salubre e pi
prossimo alla citt. Con la bolla del 29 marzo
1464 del pontefice Paolo II viene loro conces-
so colla relativa chiesa un convento di San
Francesco che era vicino al ponte, togliendone
alcune monache di quellordine che vi dimora-
vano
86
. Questo convento viene indicato anche
come Sancti Francisci ad Torrosinum, dal nome
della torre del ponte sul fiume Foglia verso la
citt che in alcuni atti si trova designata Torresi-
num Sancti Francisci; ma altro non era che lex
10. San Giovanni Battista, articolazione
della parete della navata.
11. San Giovanni Battista, arcone di
raccordo fra la navata e linvaso ottagonale
del presbiterio.





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sentazioni coeve. Ci riferiamo a una delle tren-
tadue tarsie lignee sopra i postergali degli stalli
del coro della chiesa di SantAgostino, e preci-
samente della prima a destra, dove riprodot-
ta una chiesa a quattro fronti cuspidate, con
occhio centrale e porta architravata, una cupola
allincrocio della navata maggiore col transetto,
impostata sul quadrato, con tamburo ottagona-
le adorno di finestre
89
. La seconda rappresenta-
zione documentata in un dipinto su tavoletta
del 1471, opera di Marco Zoppo (1433-1478),
conservato col n. 543 alla Walters Art Gallery di
Baltimora. Nella tavola viene rappresentato il
miracolo in cui San Francesco riceve le stimma-
te: in alto a sinistra sulla roccia presente una
chiesa francescana, pi ricca di particolari
costruttivi e decorativi, con piccole differenze,
come la cupola di impianto quasi circolare, ma
sostanzialmente identica a quella della tarsia di
SantAgostino
90
.
La nuova fondazione sotto il ducato della Rovere
Nel luglio 1510, con la morte di Giovanni, la
signoria degli Sforza a Pesaro si pu considera-
re terminata. Il pontefice Giulio II, appartenen-
te alla famiglia della Rovere, decide di aumenta-
re il dominio del ducato di Urbino annettendo-
vi lo Stato di Pesaro con investitura del 20 feb-
braio 1513
91
. Francesco Maria I della Rovere,
nipote del papa, gi da due anni duca di Urbino,
quale successore di Guidobaldo I ultimo rappre-
sentante della famiglia dei Montefeltro, diventa
cos anche signore di Pesaro, citt che sceglie
come sede del ducato e sua residenza ordinaria.
La signoria roveresca allinizio durer un breve
periodo tra il 1513 e il 1516, per ristabilirsi poi
definitivamente a partire dal 1521.
Fin dal 1516 Francesco Maria ha in animo di
rendere pi efficace la difesa della citt. Nel
periodo di alterne vicende del della Rovere
costretto allesilio, si sa che il consiglio della
comunit pesarese nel 1521 delibera di comin-
ciare i lavori di rafforzamento della cinta mura-
ria ab ultimo turrione prope portam salsam
usque ad scarpam inceptam versus portam pon-
tis
92
. In questo caso, si vuole procedere secon-
do il modello delle mura gi costruite, cio a
torrioni e cortine. Ma un vero e proprio gene-
rale disegno di ripensamento della difesa della
citt viene messo in opera allorquando il duca,
avendo riconquistato definitivamente la signo-
ria, affida a una serie di ingegneri militari lo
studio delle nuove fortificazioni il cui esito
determina labbandono delle vecchie mura a
torrioni e cortine merlate, sostituite da un
recinto pentagonale, munito di baluardi e cava-
lieri, che annette al suo interno non solo i bor-
ghi cresciuti attorno alla citt vecchia, ma anche
ampi appezzamenti di terreno che possano
garantire lulteriore espansione della citt
93
. Il
progetto della nuova cinta muraria di Pesaro,
115
alla costruzione di una nuova chiesa, voluta da
Alessandro Sforza probabilmente come mauso-
leo di famiglia, consacrata il 10 giugno 1499 con
il medesimo titolo di San Giovanni Battista da
frate Guglielmo, dei minori francescani, vesco-
vo di Savona
88
. Dellaspetto di questa costruzio-
ne, forse progettata da Luciano Laurana, chia-
mato per consiglio a Pesaro dallo Sforza nel
1465, resta una documentazione in due rappre-
12. San Giovanni Battista, colonne binate
che immettono alla zona presbiteriale.
13. San Giovanni Battista, particolare
dellangolo fra navata e arcone centrale: si
nota la lesena interrotta tagliata dalla
trabeazione delle colonne binate.





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contrariamente a quanto affermato da Vasari
che ne attribuisce la paternit a Girolamo
Genga
94
, si deve a Pier Francesco da Viterbo,
come risulta dal contratto di allogazione dei
lavori in data 27 agosto 1528
95
.
I lavori di costruzione del pentagono mura-
rio, ancora incompleti nel 1564
96
, rendono
necessario labbattimento della chiesa di San
Giovanni Battista, poich lAntico Convento
di San Giovanni era dimpedimento, stando
come si disse tra il Fiume e la Citt, risolve [il
duca] unitamente coi cittadini di demolirlo, e
fabbricarne uno Novo dentro la Citt
97
. A que-
sta decisione allude chiaramente il duca France-
sco Maria nel poscritto di una lettera diretta al
suo rappresentante a Roma Giovanni della
Porta, datata 19 luglio 1535: Questa nostra
fabbrica [le mura] di Pesaro ne cresce ora vera-
mente tanto, quanto sia possibile di dire, di
sorta che vedendo noi essere necessario, senza
tardar pi, di venire alla esecuzione di quel
baluardo di S. Giovambattista, abbiamo molto
pensato insieme con Mons. Arcivescovo vostro
per un luoco per quei frati: ed in effetto non
sappiamo pensare n trovare meglio che questo
luoco di S. Francesco, ove stanno li frati con-
ventuali, la vita de quali di sorte, che senza
questo meritarebbero esser levati
98
. Cosa
intenda il duca per luoco di S. Francesco
questione controversa
99
, tuttavia certa la sua
richiesta al pontefice Paolo III di poter abbatte-
re la chiesa di San Giovanni e ricostruirne
unaltra allinterno della citt. La bolla papale
dellaprile 1536
100
decreta la sorte definitiva del
complesso religioso: in adesione al desiderio del
duca, in vista del rafforzamento, della difesa e
della sicurezza della citt, si concede di poter
demolire chiesa e convento a condizione di
lasciare una piccola cappella in memoria della
116
chiesa precedente. Per volont ducale il nuovo
San Giovanni doveva sorgere su un ampio
appezzamento di terreno nei pressi di porta
Collina (dove successivamente saranno edifica-
te le stalle ducali e dove oggi sorge il teatro
Rossini), ma gli osservanti si oppongono netta-
mente poich non vogliono allontanarsi troppo
dalla loro prima residenza, cio dal Barchetto, il
giardino di cui i frati rivendicano il possesso
101
.
Abbattuto il vecchio edificio nel 1536, viene
allora designato per la costruzione della nuova
chiesa un terreno in prossimit del prato di
Borgo Nuovo vicino al Barchetto, con lacquisto
da parte del duca e della comunit dei frati di
alcune case appartenenti ai due fratelli pesaresi
Sebastiano e Tommaso Pianosi, al prezzo di
1430 ducati, avvenuto in data 11 o 12 ottobre
1537 secondo quanto riportato da una memoria
del padre guardiano Alessandro da San Leo
102
.
Dopo la morte del duca Francesco Maria I,
avvenuta nel 1538, sar suo figlio Guidobaldo II,
il 9 aprile 1543, a principiare i lavori di costru-
zione della nuova chiesa di San Giovanni Batti-
sta
103
a sue spese, con una solenne cerimonia
durante la quale viene posta da sua moglie, la
duchessa Giulia Varano, la prima pietra nel
luogo dove sarebbe stato eretto laltare maggio-
re. Insieme a essa viene sotterrata una moneta
doro del valore di cinque scudi ducali, con lef-
figie del duca e le parole GVIDVS VBALD. II VRBI-
NI DVX IIII pi la sigla GV in un lato, e la rove-
re con il motto IN MEM. AETER. ERIT. JVSTVS
nellaltro
104
. A memoria dellavvenimento sar
posta uniscrizione incisa su pietra sopra la porta
della Scoletta, tuttora presente.
Guidobaldo eredita, dunque, unimpresa gi
avviata dal padre rispetto alla quale il suo atteg-
giamento sar quello di assicurare una sostan-
ziale continuit di intenti e realizzazioni. Va
sottolineato che la chiesa di San Giovanni Bat-
tista riedificata da Alessandro Sforza
105
era stata
destinata ad accogliere le tombe di famiglia dei
signori di Pesaro e che queste nel passaggio di
potere ai della Rovere, dovendo essere la chie-
sa demolita per far posto alle nuove mura,
erano state nel frattempo trasferite nella chiesa
del monastero di Santa Maria Maddalena per
iniziativa di Isabella, figlia naturale di Giovan-
ni Sforza, sottraendo cos di fatto agli osservan-
ti il diritto ecclesiastico sulle sepolture sforze-
sche
106
. Anche se Francesco Maria prima e Gui-
dobaldo poi si assumono per intero lonere di
finanziare la costruzione della nuova chiesa
affidandone il progetto allarchitetto ducale
Girolamo Genga, la documentazione al riguar-
do non ci autorizza ad affermare con certezza
che le intenzioni dei duchi volessero farne un
mausoleo di famiglia. Tuttavia, i contrasti sorti
con gli osservanti che considerano la magnifi-
cenza delledificio ecclesiale assai poco confor-
14. San Giovanni Battista, cupola
a padiglione.





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me ai loro voti di povert suggerisce che gli
intenti dei della Rovere fossero in ogni caso di
attribuire alledificio una funzione altamente
rappresentativa della loro signoria.
Girolamo Genga, autore del progetto, d
inizio al cantiere della chiesa e alla sua morte,
avvenuta nel 1551, gli succede il figlio Bartolo-
meo, come testimonia Vasari
107
. Non si hanno
notizie documentate circa landamento dei lavo-
ri: prima e unica testimonianza al riguardo una
lettera indirizzata al duca Guidobaldo da mit-
tente ignoto, datata 27 dicembre 1551, in cui si
lamenta la chiusura del cantiere gi da parecchi
giorni e, insieme, viene espressa la volont di far
proseguire la costruzione della chiesa, secondo il
modello di Girolamo, al figlio Bartolomeo
Genga
108
. In ogni caso, si procede molto lenta-
mente tanto che quando Bartolomeo muore,
prematuramente nel 1558, la chiesa lontana
dallessere terminata. Non si pu documentare
con certezza se e in che misura i continuatori
dellopera abbiano rispettato il modello origina-
rio imposto da Guidobaldo, ma solo che questo
stato conservato nel convento di San Giovan-
ni fino al XVIII secolo, quando menzionato
dal Bonamini come disperso
109
.
La cronaca manoscritta della prima met del
Settecento, enunciando lincompiutezza della
chiesa, ne individua le cause in primo luogo
nella mancanza di denaro da convogliare in un
progetto sontuoso e magnificente e, dunque,
alquanto dispendioso; in secondo luogo, e quasi
come esito della prima, nella morte del duca,
avvenuta nel 1574
110
. Ma non pu essere sotto-
valutata unulteriore spiegazione: la cronica e,
per certi versi, paradossale resistenza degli
osservanti a che venisse realizzato un disegno
giudicato eccessivamente sfarzoso e, come tale,
in contrasto con i dettami della serafica povert
francescana
111
. I frati, infatti, ottengono a pi
riprese la sospensione dei lavori, impedendo la
messa in opera del travertino preparato per le
colonne del cappellone e per la decorazione
esterna sia del prospetto che del fianco
112
.
Nel 1578 vengono collocati quattro altari
nelle nicchie della navata ultimata, di cui si
conoscono i titoli: della Santissima Annunziata,
di San Diego dAlcal (canonizzato il 2 luglio
1588), di San Tommaso apostolo, di San Carlo
Borromeo. Si ha notizia anche di un ulteriore
altare dedicato al Santissimo Crocifisso, di
incerta localizzazione, ma con ben due conces-
sioni pontificie: quella di Gregorio XIII (1572-
85) e quella di Gregorio XV (1621-23). La
prima delle quali risulta dalla testimonianza di
padre Francesco Gonzaga del 1587, che, biso-
gna notare, riporta un giudizio di compiaci-
mento per laspetto della chiesa, nonostante
lovvia mancanza di vari elementi costruttivi e
ornamentali
113
.
117
Gli interventi seicenteschi e la fine della signoria
roveresca
Lo sviluppo e la conseguente forte affermazione
della nuova famiglia riformata nellordine mino-
ritico vengono accolti favorevolmente dal duca
Francesco Maria II che incoraggia il passaggio
dei religiosi e dei conventi di Pesaro, Urbino e
Senigallia dalla Osservanza alla Riforma. San
Giovanni Battista viene annesso alla Riforma
delle Marche, su richiesta del duca, allindoma-
ni del capitolo custodiale della Riforma tenutosi
nel 1594
114
. Questo far si che nel 1599 i padri
della Riforma, adunati in congregazione custo-
diale nel convento di San Giovanni, discuteran-
no in modo costruttivo su come provvedere al
compimento della chiesa, oltre che sullingran-
dimento del convento. Poco tempo dopo, nel
1603, si provvede a dotare di nuovi sedili i vec-
chi banchi del coro, che, quindi, era stato porta-
to a compimento prima della fine del 1500 e,
molto probabilmente, secondo loriginario
modello genghiano
115
.
Nel 1606 vengono avviati nuovi lavori: si
gettano le armature lignee per fare le volte
della Chiesa di S. Giovanni di Pes(a)ro cio
quella della cupola et quella della Chiesa dalla
Cupola in gi, sino alla Porta grande
116
. Il 2
novembre 1607 la cupola viene ultimata
117
. Tut-
tavia, questo fervore operativo in vista del com-
pimento della chiesa e del convento subisce un
brusco freno a causa di lavori che si rendono
necessari alle strutture portuali di Pesaro messe
a dura prova da una spaventosa inondazione nel
1612
118
. Viene pertanto decisa la costruzione di
un nuovo porto che verr realizzato mediante
un accordo tra il duca e la comunit cittadina
per dividerne le spese, approvato in consiglio il
24 gennaio 1613. Il 26 febbraio dello stesso
anno iniziano i lavori
119
; terminati entro il 1614
con la deviazione del corso del fiume Foglia,
non pi costretto a fare la grande curva lamben-
do il Baluardo della Rocchetta a nord-est.
Tuttavia, bisogna considerare che la cronica
carenza di risorse economiche del duca France-
sco Maria II per poter finanziare i lavori della
chiesa affonda le sue radici nella disastrosa ere-
dit che si trova a gestire alla morte del padre:
uno Stato aggravato da imposizioni fiscali, per le
eccessive spese di mantenimento che Guidobal-
do aveva preteso per la sua corte, e che, per que-
sto, necessiter di una rigorosa politica di rispar-
mio, continuamente costretta a commisurarsi
alle esigenze dellamministrazione
120
.
La serie di grandi spese affrontate dalla
signoria roveresca, prima fra tutte quella per il
matrimonio del principe Federico Ubaldo, figlio
del duca, nel 1621, e il contemporaneo amplia-
mento e rifacimento dellala del palazzo ducale
destinata ai nuovi duchi
121
, nonch la successiva
rinuncia di Francesco Maria II allamministra-





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zione ducale in favore di Federico Ubaldo, avve-
nimento che segner il tramonto della casa della
Rovere, renderanno impossibile completare la
chiesa di San Giovanni Battista. Nel 1631 alla
morte di Francesco Maria II senza eredi maschi,
scomparso Federico Ubaldo nel 1623, il ducato
di Urbino viene devoluto alla Santa Sede, gover-
nata da Urbano VIII, tornando cos a far parte
dei territori pontifici.
La chiesa nelle rappresentazioni urbane tra XVI e
XVII secolo
Una documentazione completa dello stato di
fatto relativo alla struttura urbana di Pesaro alla
met del Seicento testimoniata da alcune vedu-
te della citt: innanzitutto, da un acquerello del
pittore pesarese Francesco Mingucci (ill. 3) inse-
rito nella serie dei disegni del Codice Barberiniano
Latino 4434 intitolato Stati Domini citt terre e
castella dei Serenissimi Duchi e Principi Della
Rovere e dedicato, in data 2 aprile 1626, al pon-
tefice Urbano VIII
122
e poi dalla pianta inclusa
nel Theatrum Civitatum et admirandorum Italiae
(Pars Prima), pubblicata nel 1661 ad Amsterdam
dallolandese Johan Jansonius Blaeu (ill. 4)
123
.
Esse rappresentano preziosi documenti icono-
grafici in cui la citt raffigurata allinterno della
cinta muraria pentagonale roveresca. A differen-
za di una serie di vedute di et precedente (ill.
5)
124
, si nota che il fiume Foglia non fa pi la
grande ansa, ma procede dritto verso il mare
(segno evidente degli avvenuti lavori al porto), e,
soprattutto, che la citt ha subto una forte
espansione, realizzata da nuove costruzioni pub-
bliche e private, che ha portato a occupare molta
parte di quel terreno libero, compreso nella
nuova cinta muraria perch destinato da una pre-
cisa volont ducale a nuova edificazione.
In entrambe ben delineato il complesso
ecclesiale di San Giovanni Battista sorto sul
prato di Borgo Nuovo, allincrocio tra le
attuali via Passeri e via Mazzini, la cui costruzio-
ne, in effetti, viene a qualificare le vie sulle quali
si affaccia, abbastanza decentrate rispetto al
nucleo della piazza Grande [oggi piazza del
Popolo]. La chiesa figura nel suo aspetto ester-
no ormai compiuto (ill. 6, 7) con le coperture di
navata e cupola (questultima incassata in un
tamburo ottagonale) realizzate e con il campani-
le gi abbassato di un ordine, risultando la sua
altezza uguale a quella attuale. Deve pertanto
considerarsi errata la data del 1698, riportata dai
Mss. Oliveriani 456 e 1230, indicata per labbas-
samento di un ordine del campanile a causa di
problemi statici
125
.
Gli interventi dal XVIII al XX secolo
Probabilmente cos come appare nelle vedute
test descritte, la chiesa di San Giovanni Battista
viene inaugurata il 29 agosto 1656 da monsignor
118
Carlo Nembrini di Ancona, vescovo di Parma,
con il beneplacito del vescovo di Pesaro monsi-
gnor Giovanni Passionei
126
.
Intorno al 1665 il guardiano della comunit,
padre Giovanni Maria Patirani, avvalendosi del-
lopera del carpentiere pesarese Francesco Poli-
nori, fa eseguire la messa in opera del cornicio-
ne, tanto nella cupola che nella navata grande, e
delle due coppie di colonne nel presbiterio, rea-
lizzati in legno, e non in pietra o muratura, a
causa di difficolt di reperimento dei fondi
necessari
127
. Tuttavia, ci che avviene da adesso
in poi, in quella che diventer chiesa mausoleo
delle nobili famiglie pesaresi
128
, ha tenore di
lavori di manutenzione, piuttosto che di realiz-
zazione delloriginario modello; si rinuncia, ad
esempio, a mettere in opera il rivestimento
esterno in travertino che sar lasciato accatasta-
to allinterno del convento fino alla fine del
XVIII secolo
129
.
Nel 1703 viene costruita una centinatura
lignea per riparare la volta e la cupola della chie-
sa, seriamente lesionate a causa di un terremoto;
in tale occasione viene realizzato il baldacchino
sopra laltare maggiore
130
. Nel 1728 sono demo-
liti gli altari posti nelle quattro nicchie della
navata e sostituiti da confessionali lignei
131
, la cui
costruzione e messa in opera, insieme alle balau-
strate di tutte le cappelle, viene compiuta nel
1733
132
. Nel 1734 si provvede a ingrandire la
sacrestia, mentre nel 1737 sono collocate le quat-
tro porte del cappellone maggiore
133
. Nel 1791, a
causa di un incendio scoppiato nel convento di
San Giovanni, distrutta la libreria istituita nel
1696 e divenuta, per ricchezza e qualit di volu-
mi, la prima biblioteca della provincia
134
. Il 16
maggio 1810 il convento viene soppresso per
decreto napoleonico, ma la chiesa viene officiata
regolarmente fino a che, tornata Pesaro nel 1814
sotto il dominio della Santa Sede, i frati possono
rioccupare il convento
135
. Nel 1824 viene rifatto
e ingrandito il nuovo altare maggiore, in sostitu-
zione di quello gi consacrato da monsignor
Nembrini nel 1656
136
. Nel 1838 si d inizio a
lavori nel coro di cui si ha notizia in una relazio-
ne manoscritta del convento in data 1837
137
. Di
fatto, sostituito il vecchio coro, considerato
troppo angusto, innalzandolo al livello della
volta della chiesa e imitando lordine della nava-
ta, come si evince anche dalla lapide che ne
ricorda la costruzione
138
. Di questo periodo sono
alcune vedute della chiesa realizzate dal pittore-
scenografo faentino Romolo Liverani che rap-
presentano unutile documentazione dello stato
di fatto delledificio (ill. 8). In esse possibile
riscontrare lavvenuto ampliamento del coro
139
.
Pi di una volta la chiesa e il convento di San
Giovanni Battista saranno adibiti a quartiere
militare: nel 1867, nel lungo periodo della prima
guerra mondiale, ma anche nella seconda
140
. Nel





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tello composito e base attica, su un unico piede-
stallo e superiormente concluse da una trabea-
zione analoga a quella della navata, la cui altez-
za non supera la quota dimposta relativa alle
arcate delle cappelle (ill. 12).
Inoltre, la trabeazione delle colonne si pro-
lunga brevemente nella faccia della grande arca-
ta rivolta verso la navata, determinando una
incongruenza fra le contigue lesene astratte
disposte ad angolo: infatti, mentre lultima delle
lesene della navata sale continua sino alla trabea-
zione di appoggio della grande volta a botte,
quella che fiancheggia la colonna pi esterna
viene tagliata a met dalla prosecuzione della tra-
beazione di essa, ma poi si prolunga sino allal-
tezza della trabeazione maggiore risultando, per-
ci, interrotta (ill. 13). Di conseguenza, larcone
di raccordo risulta notevolmente rialzato (ill. 11);
e lo stesso motivo si ripete allinterno dellinvaso
ottagonale a inquadrare i due contrapposti nic-
chioni absidati a curvatura depressa (sormontati
da termali parzialmente accecate) ove le colon-
ne sono singole e in corrispondenza del pas-
saggio al profondo coro in asse con la navata,
aperto negli anni Trenta dellOttocento, ove,
invece, si ripete il binato (tutte le suddette colon-
ne sono interamente realizzate in legno nel
1608). Qui limpaginato della navata viene ripe-
tuto in un ritmo serrato, privo delle arcate rela-
tive alle cappelle e delle nicchie fra le lesene.
Una cupola a padiglione (ill. 14), al centro dei
cui spicchi si aprono finestre rettangole, copre
linvaso ottagonale e sui lati obliqui dellottago-
no centrale si aprono quattro ambienti di forma
circolare secondo la tipica configurazione di uno
sviluppo di pianta a quincunx. Il piano di calpe-
stio del presbiterio, coro escluso, e quello della
navata, compresa la serie di cappelle tricore, non
presentano discontinuit, essendo posti al mede-
simo livello. Notevole, invece, lo scarto dimen-
sionale dei due ambienti tra cui posto a media-
zione lalto arcone rialzato poggiante su colonne
costituenti lunico episodio di formalizzazione di
ordine architettonico completo nelledificio, se si
esclude il registro superiore della facciata.
Di rilievo anche la sfasatura dei rispettivi
marcapiani di navata e presbiterio (anchessi
realizzati in legno nel 1608) su cui si imposta
nella prima la copertura a botte e nel secondo la
cupola, che allesterno mascherata da un tetto
a otto falde poggianti sullo sviluppo del tambu-
ro (entrambe le coperture sono messe in opera
nel 1607).
Allesterno (ill. 1) la chiesa, rimasta intera-
mente priva del rivestimento in travertino previ-
sto dal progetto, presenta analoghe discontinuit.
Il fronte principale diviso in due registri raccor-
dati da una fascia mediana visibilmente irrisolta.
Il registro inferiore presenta tre grandi arcate
identiche che accolgono ai lati nicchie depresse e
119
1916 la chiesa e, specialmente, la cupola vengo-
no nuovamente lesionate dal terremoto per cui
si impone un generale restauro, che inizier nel-
lultima settimana di aprile del 1926, e com-
prender, oltre le riparazioni delle parti lesiona-
te, anche la tinteggiatura e il rifacimento del
pavimento della chiesa, per concludersi il 24
dicembre dello stesso anno
141
. Nel 1944 un bom-
bardamento aereo manda in frantumi la vetrata
del finestrone sopra la parte centrale del coro.
Dopo una serie di perizie tra il 1947 e il 1950, si
procede alla riparazione delle parti danneggiate
del complesso conventuale il tetto e il campa-
nile della chiesa , e si provvede, tra laltro, a un
nuovo rifacimento dellintera pavimentazione
142
.
Nel 1975 lex convento-distretto ceduto al
comune di Pesaro che, a sua volta, con voto del
consiglio comunale del 25 novembre, concede
definitivamente ai frati di San Giovanni Battista
luso precario e temporaneo dei locali di quel
tratto di convento intorno al chiostro dal quale
per tanti anni erano stati esiliati
143
.
Il monumento
La chiesa di San Giovanni Battista composta
da ununica navata longitudinale (ill. 9) articola-
ta sui due lati da tre campate costituite da cap-
pelle quadrangole voltate a botte, con grandi
nicchie ad arco curvilinee: semicircolari le due
laterali, ad andamento depresso quella centrale
di maggiori dimensioni (ill. 10). Le superfici
interne delle cappelle risultano prive di modana-
ture architettoniche, a meno di brevi rincassi
nelle murature che disegnano sulle pareti la
dilatazione spaziale costituita dalle tre nicchie.
A scandire la successione delle cappelle deli-
neando il ritmo parietale della navata concorro-
no nicchie ad arco con pianta semicircolare, alte
quanto quelle laterali delle cappelle, scavate
nelle murature di raccordo fra di esse; nonch
un ordine astratto costituito da lesene che emer-
gono dai piedritti comuni a nicchie e arcate pro-
lungandosi sino a livello della trabeazione su cui
impostata la volta.
Tali elementi sono raccordati con due paral-
lele fasce trasversali situate rispettivamente al di
sotto dellarchitrave e a livello di imposta delle
arcate delle cappelle: ne risulta una specchiatura
a rincasso rettangolare, sottolineata da una
modanatura perimetrale liscia, in asse con la sot-
tostante nicchia; mentre il corrispondente risal-
to nella trabeazione superiore definisce il pila-
stro come binato.
Un simile procedimento di astrazione, tutta-
via, contraddetto dallinnesto della navata con
linvaso a ottagono irregolare un quadrato ad
angoli smussati posto al termine di essa (ill.
11). Nella profondit dellarcone di raccordo fra
la navata e linvaso ottagonale, infatti, compare
un binato di colonne (le uniche in pietra), a capi-





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Ipotesi su unidea genghiana
Vista la storia del cantiere e quanto i documenti
riflettono sullabbandono delloriginale proget-
to genghiano, evento censurato nelle fonti a
partire da Vasari, e considerando come la docu-
mentata disponibilit del suolo non permetta di
ricondurre eventuali sospensioni della messa in
opera del progetto iniziale a condizionamenti
dovuti a preesistenze, quanto lindagine ha
accertato permette di definire che le realizzazio-
ni attuate sotto la supervisione di Genga riguar-
dano tutto ci che delledificio si trova fino
allimposta della cornice (ill. 15).
Su queste basi si pu tentare di delineare le
caratteristiche del progetto genghiano che solo
in parte risulterebbero rispettate dai successori.
indubbio che Genga abbia come riferimen-
ti di primissima mano le realizzazioni urbinati di
Francesco di Giorgio, fonte privilegiata con cui
misurarsi nel tentativo di realizzare per via di
architettura quella compiuta analogia politica
che i della Rovere ricercano con il principato
dorigine, luogo-simbolo dei Montefeltro.
Si potrebbe parlare al proposito di paralleli-
smo tra architetture genghiane a Pesaro e rea-
lizzazioni martiniane a Urbino: riscontrabile ad
esempio tra il cortile della Jole a palazzo duca-
le
145
in cui Francesco di Giorgio usa langolo
stondato per risolvere unirregolarit (il che,
come motivo antiquario, preso dalloratorio
della Croce in Laterano
146
) e lanaloga soluzione
nel cortile dellImperiale genghiana
147
. In tal
senso, anche il San Bernardino urbinate ha valo-
re di vero e proprio anlogon per il progetto del
San Giovanni Battista in cui, non casualmente,
Genga ripropone la forma tricora che tradizio-
nalmente associata a sepolcri e martiri
148
.
Per ci che concerne linvaso centrale della
pianta genghiana, al di l di elementi parziali
riscontrabili negli schmata martiniani presenti
nei manoscritti illustrati riferibili al maestro
senese
149
, un elemento di confronto pi puntuale
dato dal disegno della biblioteca Laurenziana
di Firenze, Codice Ashburnam 1828, appendice f.
159, attribuito proprio a Francesco di Giorgio,
in cui rappresentata la pianta di una chiesa
inserita al centro di un monastero, accostata da
Howard Burns al San Bernardino di Urbino
150
,
nella quale la forma ottagonale e quella a croce
sono contenute in un perimetro quadrato che
accoglie, agli angoli, cappelle circolari, aperte sia
allesterno che sui lati obliqui del vano centrale
e di cui colpisce, in modo particolare, lespan-
dersi trionfale dello spazio centralizzato, cui i
quattro vani rotondi fanno da contrappunto
151
.
A proposito dello stesso disegno, stato
notato da Manuela Morresi
152
che un impianto
del tutto analogo a quello martiniano appare
realizzato proprio nella tribuna del San Giovan-
ni Battista di Genga supponendo, data la con-
120
al centro il portale dingresso. Tali arcate, taglia-
te da ammorsature che corrono orizzontalmen-
te allaltezza delle imposte, sono divise tra loro
da fasce con specchiature quadrate a rincasso. Il
registro superiore, raccordato ai lati da volute
circolari in pietra e coronato da un timpano, pre-
senta anchesso una tripartizione articolata da
due coppie di paraste per lato, prive di basi, ovve-
ro sospese, dato il loro risaltare dalla muratura
della facciata, e intercalate a loro volta da fasce
verticali a nicchie e specchiature quadrate, e da
una serliana al centro. Tre finestre rettangolari in
asse con le grandi arcate si aprono nella zona
intermedia fra i due registri.
Osservando la facciata nellinsieme, quindi,
non sembra che essa risponda a un disegno unita-
rio risultando troppo incerta la congruenza for-
male tra registro inferiore e superiore, avvalorata,
tra laltro, dal confronto fra le tessiture murarie
che nel passaggio dalla fascia mediana al registro
superiore presentano un deciso scarto di qualit
dei materiali costruttivi. Ci farebbe propendere
per una messa in opera successiva di questultimo
rispetto a quello inferiore a cui sicuramente aveva
provveduto Girolamo Genga
144
.
Incertezza formale si riscontra anche nellu-
nico prospetto laterale libero, sul fianco destro
(a quello sinistro addossato il convento degli
osservanti), che presenta una superficie articola-
ta da alte lesene murarie inquadranti una serie di
campiture murarie alle cui estremit sono due
superfici concave di raccordo, luna con il muro
di facciata, laltra in corrispondenza dellinnesto
tra navata e tiburio.
Sullintera superficie laterale appare una
sequenza di incassi, che si pu solo supporre
successivamente accecati, forse per accogliere
edicole.
15. Ricostruzione ipotetica della facciata
della chiesa di San Giovanni Battista: con
segno evidente indicato il registro inferiore,
di sicura attribuzione genghiana e in cui
si ipotizza luso dellordine; con segno pi
fine indicato il registro superiore, di
attribuzione incerta e composto secondo
stilemi genghiani (elaborazione grafica di
G. De Zoppi e F. Pascolutti).





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gruenza tra realizzazione e disegno, una diret-
ta conoscenza del progetto del Martini da parte
dellarchitetto ducale
153
. Tale affermazione
sostenuta anche da Manfredo Tafuri secondo cui
il disegno di ispirazione martiniana si pone
come capostipite di una serie di interpretazioni
tra cui limpianto della chiesa genghiana
154
.
Daltronde, questa idea di spazio centralizzato
che assai pi organica e complessa di quelle
che appaiono nei codici Laurenziano e Saluzzia-
no
155
deve indubitabilmente essere accostata
anche alla pianta bramantesca di San Biagio della
Pagnotta a Roma, cos come riportata nel disegno
della Royal Library di Windsor (RL 10452), in
cui, a rafforzare la similitudine, le cappelle latera-
li della chiesa sono raffigurate circolari
156
.
Ma ulteriori elementi di confronto sono
riscontrabili con lo schema di San Biagio della
Pagnotta soprattutto per quanto riguarda lac-
coglimento della riflessione romana sugli ordini.
Infatti, il ritmo parietale della navata del San
Giovanni Battista, scandito dallordine astratto
delle lesene in cui si inquadrano nicchie con
soprastante specchiatura a rincasso rettangolare,
assimilabile ai disegni della chiesa dei Tribu-
nali lU 1893 A e il palladiano D 11v del
Museo Civico di Vicenza in cui sono presenti
riquadri a incasso sovrastanti le nicchie fra le
paraste della navata
157
.
I riquadri a lacunari di San Biagio sono inter-
pretati in San Giovanni Battista nel senso di una
resa dellordine architettonico tesa a esaltarne les-
senza secondo modi derivabili dallesempio costi-
tuito dal duomo di Urbino
158
, al quale sono pun-
tualmente riconducibili anche le soluzioni attuate
nel registro inferiore della facciata che sicuramen-
te possiamo attribuire a Girolamo Genga.
A tale proposito, non si pu prescindere dal
121
contributo apportato da Manfredo Tafuri nel
ritenere che la chiesa pesarese possa essere con-
siderata la pi martiniana delle interpretazioni
cinquecentesche
159
non soltanto per ci che
concerne le riflessioni sullo spazio centralizzato
e la riproposizione della soluzione presbiteriale
del San Bernardino di Urbino, ma anche e
soprattutto in relazione alla simplicitas dellorga-
nismo genghiano, giudicata indubitabilmente
figlia dellermetismo perturbante della catte-
drale di Urbino cui allude per limpaginato a
fasce della navata e il purismo dellinsieme, per
la nitida articolazione delle cappelle tricore
divise da nicchie in cui le nicchie di fondo
sono depresse, come quelle del duomo martinia-
no, per le tre arcate identiche che, in facciata,
accolgono ulteriori nicchie e il portale e dove,
come nel modello martiniano, non sono previsti
ordini architettonici nella zona bassa
160
.
Per le parti che nelledificio pesarese sono di
matrice accertatamente genghiana, dunque,
abbiamo declinazioni linguistiche in cui si
intrecciano laustera interpretazione martiniana
dellantico con gli esiti della dialettica per archi-
tettura sullastrazione degli ordini ravvisabile
nellarchitettura romana tra il secondo e il terzo
decennio del Cinquecento
161
.
Che, del resto, Genga istituisca una dialetti-
ca tra lascito martiniano e bramantesco docu-
mentato da ulteriori intersezioni fra motivi
riconducibili ai due maestri presenti nellopera
pesarese.
Fra gli elementi martiniani in sede di pianta,
come in parte si gi visto, v allusione agli
schemi ad abside depressa, ma essi sono realizza-
ti nella versione articolata bramantesca delle
absidi. Si pu consentire, allora, che nel gioco di
articolare le cappelle pi propriamente ravvisa-
bile la complessit di Bramante; mentre nelles-
senzialit, nella tensione delle superfici o degli
elementi planimetrici v il richiamo alla quin-
tessenza del paradigma martiniano. Inoltre, in
pianta abbiamo lo sviluppo del pilastro a farfalla
del San Pietro di Bramante e Raffaello, cos
come appare nellincisione di Serlio, che Genga
realizza rigirato invertendone la disposizione
162
.
Della facciata superiore del San Giovanni
Battista si segnala lincongruenza con il registro
inferiore, a meno della serliana che potrebbe far
parte delloriginale progetto in base al confron-
to con quella evocata nella facciata della catte-
drale di Mantova restituita dal Tintoretto nel
dipinto Linvestitura di Gianfrancesco Gonzaga a
Marchese di Mantova, eseguito tra il 1579 e il
1580. In questopera, infatti, in cui il duomo
rappresentato nella sua versione tardomedieva-
le, curiosamente appare unimponente serlia-
na che sembra tamponare in parte il rosone
centrale. Tale configurazione della chiesa man-
tovana come sottolineano Antonio Pinelli e
16. San Giovanni Battista, particolare
dei capitelli corinzi tronchi delle lesene
del registro superiore della facciata.





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Orietta Rossi potrebbe plausibilmente ispirar-
si al modello genghiano mai messo in opera, o
essere il frutto di una sua parziale realizzazione
da parte dellarchitetto Bertani, considerata la
sorprendente affinit, anche nei particolari, tra
la serliana di Mantova e quella che si apre nel
prospetto di San Giovanni Battista a Pesaro
163
.
Daltronde, significativi precedenti per le-
sperienza architettonica genghiana in cui la
serliana posta a inquadrare il fronte superiore
di un edificio ecclesiastico risultano essere i
progetti raffaelleschi per la chiesa di Sant Eligio
degli Orefici a Roma, vale a dire uno dei pochi
testi dellarchitettura religiosa in cui si manifesta
lastrazione degli ordini, e per San Lorenzo a
Firenze cos come documentato dal disegno U
2048 A
164
.
La scelta dellausterit propende a sfavore di
unoriginalit genghiana delluso dellordine, per
cui non si pu non ritenere meccanico il tentativo
dei successori di Genga di mitigare lessenzialit
del linguaggio dispiegato in San Giovanni Batti-
sta: ci avvalorato sia dalla incongruenza, in
facciata, fra tessuto superiore dove pure si fa
ricorso alladozione di membrature desunte dal
repertorio di Girolamo quali i capitelli corinzi
tronchi (ill. 16), analoghi a quelli del secondo
ordine del cortile di villa Imperiale e inferiore,
sia dallinserimento, allinterno, di colonne teso a
differenziare con elementi enfatici la zona sotto-
stante la cupola rispetto alla navata.
A tale proposito, se giudichiamo la suddetta
incongruenza tra impaginato superiore e infe-
riore della facciata attribuibile a una fase esecu-
tiva successiva alla morte di Genga, e conside-
riamo anche luniformit delle scelte allinterno
e allesterno del tempio nella fase a lui docu-
mentalmente ascrivibile, siamo portati a credere
estranee allidea genghiana tanto le colonne che
allinterno sottolineano il passaggio tra corpo
longitudinale e crociera centrale quanto quelle
inquadranti singolarmente le grandi absidi
depresse laterali e quelle accoppiate longitudi-
nalmente nelloriginale abside centrale, le quali
tutte documentalmente spurie risultano
incongruenti con le scelte operate dallarchitet-
to sino alla sua presenza nella fabbrica; inoltre
configurano una soluzione al modo greco: ne
122
scaturiscono, infatti, enormi archi rialzati che,
sebbene come sottolineato da Tafuri possano
avere per riferimento le arcate poste ai lati dei
nicchioni nel transetto del duomo di Urbino
165
,
tuttavia appaiono elementi sostanzialmente
estranei alla riflessione sui precedenti martinia-
ni e bramanteschi di cui San Giovanni Battista
accertatamente esito.
In ultima analisi, ci pare di poter ravvisare
come sia indubbio che, per quanto sta a Genga,
egli persegua una compiuta analogia tra Pesaro e
Urbino, ma questa, considerato il suo apprendi-
stato romano, non pu che temperarsi alla luce
della dialettica architettonica romana di cui la
riflessione e gli esempi sullastrazione degli ordini
antichi costituiscono uno fra gli esiti pi avanzati.
Epilogo
evidente che la genealogia test delineata
mette a fuoco nellopera realizzata un intreccio
di contestualismo e discussione culturalmente
aggiornata. Ovviamente, non si pu e non si
vuole proporre alcun tipo di dipendenza forma-
le in termini di mero determinismo, bens met-
tere in gioco una diversit di elementi per poter
ridiscutere i limiti di accettazione delle valuta-
zioni storiche sin qui succedutesi.
Lintreccio mostrato dallanalisi del San Gio-
vanni Battista non ci sembra essere riscontro
della volont di palesare un freddo repertorio
sulla base di un gusto diffuso per lantico, al con-
trario, come apertamente dimostrano sia la vita
vasariana
166
, sia i giudizi di maturit sulla profes-
sionalit di Genga da parte di Bembo
167
e di Ser-
lio
168
, si pu credere che ci che muove e conno-
ta lesperienza architettonica genghiana siano la
conoscenza e luso dellantico, improntati a
unautentica e motivata ricerca di maniera allan-
tica, la stessa che diventa fondativa di una nuova
architettura e di cui Genga partecipe nei suoi
anni di apprendistato professionale a Roma
169
.
Qui egli testimone dellevoluzione degli
studi antiquari in direzione di uninterpretazio-
ne sintetica dei motivi antichi il cui esito la
graduale astrazione degli ordini architettonici
che accomuna opere romane, e non, di Baldas-
sarre Peruzzi, Raffaello, Giulio Romano quali la
Sagra di Carpi, villa Trivulzio a Salone, palazzo
Alberini, palazzo Stati
170
.
pur vero che la scelta di sintassi astratta e
linguaggio austero ha un cuore antico simboliz-
zato dallesperienza assai personale della lezione
romana da parte di Francesco di Giorgio.
Diversi sono i motivi astratti attinti dal reperto-
rio martiniano che diventano parte del vocabo-
lario architettonico di Raffaello e da questi tra-
smessi a Giulio Romano: sopra tutti la citazio-
ne della lesena priva di capitello o, pi esatta-
mente, coronata da una membratura che
simultaneamente capitello e trabeazione, perch
17. Tracciato ipotetico del perimetro
di pianta della chiesa di San Giovanni
Battista secondo loriginale disegno triconco
in cui non sono previste colonne nella zona
presbiteriale (elaborazione grafica di G. De
Zoppi e F. Pascolutti).





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formata dallaggetto delle modanature in corri-
spondenza del risalto della lesena
171
, il cui pre-
cedente antico si pu trovare negli attici degli
archi di Settimio Severo e Costantino, e forse
soprattutto allinterno dellarco di Tito, dove le
lesene non hanno capitelli
172
.
Non pu essere taciuto come a tale spiegazio-
ne genealogica appartenga anche lo sperimentali-
smo di Bramante capace di trasformare motivi
antichi in architetture moderne la cui com-
prensione determinante per lelaborazione pro-
gettuale di gran parte degli architetti del primo
Cinquecento. Esso costituisce una sorta di trait-
dunion tra esperienza martiniana e raffaellesca:
basti ricordare quanto opere come la chiesa di
Santa Maria sopra San Satiro a Milano e quella di
SantEligio degli Orefici a Roma entrambe con
pilastri privi di basi non siano comprensibili
senza tener conto del duomo urbinate
173
.
Lesperienza di Genga, non ignorando il
valore della tradizione locale, protesa, dunque,
allassimilazione della lezione martiniana, ma di
gran lunga debitrice alla sua interpretazione
romana.
Daltronde, la prima opera compiuta intera-
mente genghiana, villa Imperiale, sarebbe
impensabile senza considerare il precedente
della raffaellesca villa Madama
174
dove, tra lal-
tro, nella loggia sul giardino rilevabile la par-
ziale astrazione dellordine ottenuta mediante
limmersione nella trabeazione del capitello di
una lesena
175
, vero e proprio paradigma di
grande villa suburbana di tipo antico che Raf-
faello deriva da un attento studio sia dei resti di
ville dentro e fuori le mura di Roma che degli
scritti pliniani
176
.
Tanto villa Madama che villa Imperiale sono
citate da Serlio quali esempi di esito costruttivo
risolutivo di problemi di sito difficile
177
, ottenu-
to, nel caso specifico, con una serie di massicce
arcate a nicchia al pianterreno aventi funzione di
contrafforte per lintero complesso, di cui peral-
tro viene mostrato il disegno.
Un esame comparato di villa Imperiale e
della chiesa di San Giovanni Battista permette di
rilevare la presenza di stilemi comuni che indivi-
duano lo specimen del fare genghiano in elemen-
ti quali luso del capitello corinzio tronco
178
, lo
scavo parietale della muratura che disegna spec-
chiature e rilievi di forma trapezoidale, con lati a
tratti curvilinei
179
, il posizionamento di uniscri-
zione continua lungo il fregio della trabeazione,
questultimo di stretta derivazione martiniana
180
.
V, tuttavia, un altro dato comune, di notevo-
le problematicit, che riguarda il ruolo giocato da
entrambe le opere genghiane nella vita dei loro
committenti. Conoscendone le ragioni sarebbe
possibile chiarire a pieno le intenzioni ducali, in
una sorta di percorso a ritroso che andasse ben
oltre la restituzione della cronologia delle vicende
costruttive. Tuttavia, mentre questo in gran
parte possibile per villa Imperiale
181
, troppi anco-
ra sono gli interrogativi su San Giovanni Battista
cui non si pu dare documentata risposta.
Ci deve, inevitabilmente, indurre a essere
flessibili nella lettura del monumento. A comin-
ciare dalla possibilit di vagliare la reale consi-
stenza circa lipotesi di destinazione della chiesa
a mausoleo ducale, la quale ha come unica
prova una doppia deduzione: lassociazione
delledificio al mausoleo di Federico di Monte-
feltro a Urbino, autorizzata dalloriginario
impianto triconco (ill. 17)
182
del nucleo centrale
di San Giovanni Battista, e la sua ideale conti-
nuit con lomonimo tempio degli Sforza a
Pesaro smantellato dal duca Francesco Maria.
Eppure, nessun della Rovere vi ha mai trovato
sepoltura
183
.
Si detto, inoltre, della probabile commisu-
razione al paradigma urbinate da parte di
Genga, ma certamente bisogna chiedersi se e
fino a che punto si debba riproporre per villa
Imperiale e San Giovanni Battista la medesima
dialettica mondanit-misticismo, che rende
dualistico il complesso palazzo Ducale-
duomo
184
(e in parte anche San Bernardino)
dispiegata da Francesco di Giorgio e voluta da
Federico di Montefeltro.
Non compito agevole neanche la lettura
della facciata della chiesa che, come per il duomo
urbinate
185
, probabilmente ne lelemento pi
inquietante, nella sua evidente configurazione
non finita e con probabili aggiunte (ill. 15).
Ma la struttura a tre livelli con [probabile]
attico interposto ne denuncia anche lapparte-
nenza, in qualche modo, alla tradizione di uno
dei temi architettonici pi difficili: quello di
una facciata indipendente
186
.
Appare ancora legittima una serie di perples-
sit su alcuni elementi del secondo registro di
facciata di cui dubbia la messa in opera diretta
da parte di Girolamo Genga, ma anche la loro
conformit al progetto originario. Ci vale per
la serliana, ma anche per i capitelli delle coppie
di paraste a essa contigue e i rilievi murari trape-
zoidali ritagliati sulla superficie sottostante le
due grandi volute lapidee: non possiamo esclu-
dere che i continuatori dellopera interrotta
abbiano cercato i dettagli costruttivi pi facil-
mente credibili come originali genghiani.
Per quanto concerne linterno delledificio,
va considerato come a proposito dello spazio
presbiteriale la documentazione disponibile resti
sostanzialmente ambigua riguardo la paternit e
la data di messa in opera delle doppie colonne su
piedistallo che sorreggono larcone tra navata e
nucleo centrale
187
.
Emblematicamente, a tale vuoto del testo
corrisponde un dato nel monumento: percor-
rendo la pianta, nel punto in cui sono inserite le
123





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colonne v un mutamento di cadenza, un visi-
bile cambio di impaginato. Il ritmo triadico
nicchia-cappella-nicchia della navata, sottoli-
neato da paraste leggermente sporgenti dalla
superficie muraria continua, si interrompe in
corrispondenza del passaggio alla zona presbi-
terale. Qui, infatti, il muro gira determinando
il restringimento della superficie di calpestio
mediante sporgenza, su entrambi i lati, di uno
sperone rettangolare cui sono addossate le
colonne su alto piedestallo. Si visto come tale
snodo in alzato presenti una evidente incon-
gruenza determinata dalla sfasatura tra laltezza
delle paraste della navata e quella delle suddet-
te colonne, tutte concluse da trabeazione su cui
si impostano, in un caso, la volta a botte della
navata, nellaltro, larcone ad altissima imposta
che introduce alla zona presbiterale (ill. 10, 11,
124
12). altrettanto evidente che, sulla superficie
di rinfianco dellarcone posto ad angolo retto
con la navata, da entrambi i lati due aggetti
murari simili a paraste tagliati dalla trabea-
zione delle doppie colonne proseguono fino
allimposta della trabeazione della navata di cui,
peraltro, essi sono privi (ill. 12, 13). Significati-
va la loro corrispondenza con due coppie di
paraste, in parte sovrapposte, disposte sulla
superficie di controfacciata, anchesse concluse
dalla medesima trabeazione (ill. 18). Prolun-
gando idealmente anche ai lati dellarcone la
trabeazione di navata, in modo da coronare
orizzontalmente le due paraste residue attual-
mente visibili, ne risulterebbe non pi un arco-
ne rialzato, bens un arco regolarmente impo-
stato. Allo stesso modo potrebbe funzionare
per limposta degli arconi delle nicchie depres-
se del nucleo centrale della chiesa qualora si
facesse continuare il partito di navata anche in
questa zona (ill. 19).
In realt, si pu ragionevolmente avanzare
lipotesi che il binato di colonne debba conside-
rarsi una vera e propria sottolineatura architet-
tonica aggiunta: probabilmente per esaltare for-
malmente il centro della composizione enfatiz-
zando i quattro angoli murari del presbiterio
aventi funzione di pilastri
188
su cui impostata la
cupola. Tuttavia, dal momento che la messa in
opera di tutte le colonne del nucleo centrale
della chiesa non avvenuta contemporanea-
mente e considerando che esse sono per la mag-
gior parte lignee, non la loro valenza struttu-
rale che pu essere invocata per motivarne lin-
serimento.
Si tratterebbe, piuttosto, di unoperazione di
snaturamento e disintendimento della sensibilit
architettonica specifica genghiana favorita da
una sostanziale caduta di motivazioni della ten-
sione autorappresentativa roveresca, dalla
discontinuit degli ambiti decisionali secondo
unalternanza tra committenza ducale e religio-
sa che di fatto condiziona pesantemente le scel-
te operative
189
e, infine, da un contesto scarsa-
mente disponibile a riconoscere e far propri gli
orizzonti cui lopera riferibile, ovvero da
unincomprensione o, addirittura, negazione
della cultura architettonica di cui il tempio
esito a favore di un generico trionfalismo da
attribuire alla zona presbiterale, tipo di opzione
alla quale pi tardi far coerentemente seguito
lallungamento del coro.
Una scelta operativa, pertanto, per nulla
consona alle intrinseche ragioni dellopera gen-
ghiana, che, compromettendo il proposito dei
continuatori di Girolamo di portare a compi-
mento loriginario progetto interrotto in modo
che anco per lo auenire non si muti niente, di
fatto ha sempre impedito lautentica percezione
del monumento.
18. San Giovanni Battista, particolare
della doppia parasta in controfacciata.
19. Ricostruzione ipotetica dellinterno della
chiesa di San Giovanni Battista: sezione
longitudinale in cui ripristinato un
regolare piano dimposta per larcone
centrale individuato dalla continuit
dellaltezza della trabeazione dellordine
astratto della navata (elaborazione grafica
di G. De Zoppi e F. Pascolutti).





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Appendice
Notizie varie del convento di San Giovanni Batti-
sta e altre memorie relative al medesimo, 1735
(Pesaro, Biblioteca Oliveriana, Ms. 1230)
[c. 1] In nome di Dio Amen
Notizia dellAntico Convento di San Gio(vanni)
Batt(ist)a di Pesaro, racolte da diversi Scrittori in
questAnno 1735, e da conservarsi per memoria,
non essendovi nellArchivio altra Notizia distinta
come la presente
Pria, che questa Citt di Pesaro fosse nella forma,
che di presente, cinta di Muri, e Baluardi, tr il
fiume l Citt med(esim)a vicino al Ponte, vi era
situato lAntico Convento di San Gio(vanni)
Batt(ist)a, abitato da nostri Religiosi Min(o)ri; E
per quello si racoglie da alcune Fedi di Religiosi
Min(o)ri Os(servan)ti, (che abitarono in esso
neglultimi tempi) La Clausura si stendeva verso
Miralfiore; indi piegando verso la Citt, veniva ad
unirsi al Barchetto dalla parte di qua verso dove
oggi il Dormitorio dellInfermaria del presente
Convento; anzi il Barchetto includevasi Nella
med(esi)ma Clausura, et era de Frati, come testi-
ficano li med(esi)mi Religiosi, di che si parlar pi
avanti a suo luogo
Niuno Autore asserisce determinatam(en)te del
quando avesse il d(et)to Antico Convento la sua
origine, Ma tutti lo chiamano Antico. Il P. Gon-
zaga ne parla in questi termini = Cum Antiquus
Fratrum Nostrorum Conventus, inter Isaurum
Flumen atque Pisaurum Civitatem situs impedi-
mento esset, communibus Pisaurentium sumpti-
bus; edificatum = Sicch dellAnno 1580 incirca
nel qual tempo scriveva il d(ett)o Gonzaga, era
Antico, e fabricato a spese de Cittadini.
Da una Bolla della fondazione del Monistero delle
Monache del Corpus D(o)m(in)i Il Papa Eugenio
IV spedita da Ferrara lAnno 1438, che comincia
= A(nno) D(omini) Ap(osto)l(i)co dignitatis api-
cem, si ha notizia, che il Convento vi era gi, ed
era abitato da PP. Osservanti, alla cura de quali
commise il Pontefice il prenomato Monastero,
come dalle parole della citata
[c. 2] Bolla si ricava, e sono le seguenti = In dicta
Domo sub invocatione Corporis Christi sorores,
sine Moniales sub eiusd(em) ordinis Regularibus
habitu, et observantia perpetuo degnant.Vica-
rio Ordinis Fratrum Minorum Observantia pro
tempore existenti, immediate subsint.
Prova magiore dellAntichit di d(ett)o Convento
si ricava dal Annali Aroldi, quale descrivendo la
morte dalcuni Religiosi servi di Dio dice = Preter
Ioannem obijt hoc Anno.Et in loco Antiquo
Pisauri F. Anastasius Mediolanensis laicus miracu-
lis illustris.Corpus eius post multos Annos ab
Antiquo Cenobio ad novum intra Urbem transla-
tum fuit. Che il d(et)to Religioso morisse nel
Antico Convento di S. Giovanni fuori della Citt
Il medesimo autore nel tomo sud(et)to pag. 1133.
Nelle distributioni che assegna dei Conventi,
Nomina quello di S. Gio(vanni) Batt(ist)a. Sancti
Joannis Bapt(ist)e apud Pisaurum, ubi requiescit
Anastasius Mediolanensis Miraculis Illustris. Se
dalla Bolla Cittata si h che nellAnno 1438 il
Convento vi era gi; e dellAnno, 1472, il sopra
d(et)to Aroldi nomina il d(et)to Convento col
nome di Antico: In loco Antiquo Pisauri, e dal-
lAnno 1438 al 1472 correndo sola(men)te Anni
34, quali non fanno prova di Antichit, si deduce
che ancora lAnno 1438 il Convento era Antico.
Che il Religioso F. Anastasio sia sepolto nella
Chiesa del Convento presente di San Giovanni, se
ne h fede daglAnali, e dal Martirologio France-
scano, ma in qual parte della Chiesa stia sepolto,
non si sa. Ne deve recare ci meraviglia, poiche la
Chiesa fu cominciata fabricarsi sette Anni doppo
la demolizione del Vecchio Convento, e dur pi
Anni la fabrica, probabile che fosse nascosto,
con intenzione poi di colocarlo nella Chiesa com-
pita, che fosse Opure, che essendosi publicato il
decreto di Papa Urbano
[c. 3] Ottavo, col quale proibiva, che quelli Cada-
veri de servi di Dio, che non erano o Beatificati, o
Canonizati dalla Santa Sede, non si dovessero
esporre alla publica venerazione, purch non
avessero un Culto immemorabile; e altresi proba-
bile, che fosse Nascosto, e chi lo nascose non ne
facesse alcuna memoria.
E ripigliando il discorso di provare lAntichit del
Convento predetto adducesi cio, che il P. Luca
Vadingo nel Tomo V novam(en)te ristampato in
Roma, asserisce alla pag. 306 Anni di Cristo 1292
ove descrivendo le indulgenze concesse alle Chie-
se dellOrdine Nostro da Papa Nicolo IV, del
Convento antico di Pesaro dice le seguenti paro-
le..Eiusd(em) Anni Indulgentia in (subdictis)
Festivitatibus Ac Sanctorum Apostolorum Petri et
Pauli Ecclesiastice Conventus Pisauri..ereptis
scripturis in Bellor turbolentis motibus, non est
unde certo constet eius origo; sed ex vetustissimis
immaginibus et depictis Fratribus primevo Ordi-
nis more, inferunt aliqui erectam E(ius)dem ante
Ministeriatum Sancti Bonaventure. Secondo la
relazione di questo accreditato Autore, il Conven-
to era eretto prima dellanno 1256, nel quale S.
Bonaventura fu eletto Generale. Potrebbe qui
sospettarsi, che non nominando specifice il Con-
vento di San Gio(vanni) Batt(ist)a, ma solamente
il Convento di Pesaro possa parlare del Convento
de Conventuali, essendo che in quel tempo lOr-
dine era tutto un Corpo; M con facilit puo
togliersi questo sospetto col non vedersi nel Con-
vento de Conventuali alcun vestigio dAntichit,
come si vede dellAntico Convento di S. Giovan-
ni, che dove era fuori della Porta vi e un vestigio
del Campanile, Che ben dimostra la sua Anti-
chit.Questo e quel tanto, che si potuto raco-
gliere dellAntico Convento; E perche pu darsi
il Caso, che del med(esi)mo Convento vi sia, chi
abbia miglior Notizia, mi pro/
[c. 4] testo, che non intendo di fare alcuna Auto-
rit contro di essi; ma sola(men)te di scrivere, e
notare cio che o potuto ricavare dagli Scrittori del-
lOrdine, mentre altri Scrittori, che ho letto, par-
ticolarmente, D. Giulio Cesare Tortorini, che ha
racolto le Notizie Antiche di Pesaro, del prenoma-
to Antico Convento non ne fa alcuna menzione.-
Notizie del Convento di S. Giovanni che il pre-
sente
Passato il dominio di Pesaro dalla Signoria delli
Sforza (che lo spazio di sessantasette Anni la
governaro doppo i Signori Malatesta) lAnno
1512 Franc(esc)o Maria primo, e Duca IV dUr-
bino riceve da Papa Giulio II lInvestitura di Pesa-
ro; Ma poco doppo, essendo per la morte di Papa
Giulio, assunto al Pontificato Leone X per alcuni
disgusti discacci da suoi Stati dUrbino il
Sovrad(ett)o Duca Francesco Maria, e data lInve-
stitura di essi a Lorenzino de Medici suo Nipote,
che poi mor nellAnno 1519; onde il Duca Fran-
cesco Maria, assicuratosi della buona volont de
suoi sudditi, corse speditam(en)te a ricuperare li
suoi stati, e Pesaro fu la prima ad accolierlo, e n
god poi il pacifico possesso, e prese un particola-
re amore alla Citt di Pesaro. Onde pens dabe-
lirla, e fortificarla di Muri e Baluardi; e perch
lAntico Convento di S. Gio(vanni) era dimpedi-
mento, stando come si disse, tra il Fiume e la
Citt, risolve unitam(en)te coi Cittadini di demo-
lirlo, e fabricarne uno Novo dentro la Citt, Fece-
ro perci una supplica al Papa, che era Paulo III,
che benignam(en)te condescese alle loro petizio-
ni, e diede incombenza al Cardinal Antonio Peni-
tenzio Maggiore, che ne spedisse Bolla e dasse la
facolt di demolire il Vechio e fabricare Novo
Convento in Citt. LOriginale di d(et)ta Bolla si
conserva Nell Archivio della Comunit, e per
Consolazione di chi legge si registra qui il tenore
di essa, ed e il suguente.
[c. 5] Antonius miseratione Divina, Titt: quatuor
Coronatoru(m) Presbiter Cardinalis Dilectis in
Cristo Prioribus, et Omnibus Civitatis
Pisauren(tium) Salutem in Domino =Ex parte
Vestra nobis oblata petitio continebat quod Cum
Domus, et Ecclesia Sancti Jo(annis) Bapt(ist)e de
Civitatis Ordinis Fratrum Min(orum) de Obser-
vanzia Muris eiusd(em) Civitatis contingua exi-
stat, et ex hoc ipsa Civitas non moditus debilior
reddatur, facilique inde invadi, et offendi posset;
cupitis pro ipsius Civitatis Muminine deffensione
et evitione, Domus, et Eclesiam easd(em) Civita-
tem reedificare, ex quo profecto et Divinus cultus
augeat et Civitas ipsa forziori presidie communi-
ret; quare suplicare fecistis humiliter nobis super
his per sedem Ap(osto)licam de opportuno reme-
dio misericorditer provideri. Nos igit auctoritate
Di. Pape, cuius Penitenzierie curam gerimus, et
de eius speciali mandatas super hoc vive Vocis
Oraculo Nobis pariter, et Vobis, ut (dicti) Domus
et Ecclesiam Muris Civitatis continguas demoliri
et solo equari; relicta tamen in loco, in quo nunc
est Eclesie, et illas ad alium locum congruentem
intra ipsam Civitatem per vos eligend(um) tran-
sferre, et ibi de novo Cum Claustro, Dormittorio,
Refectorio, et alijs officinis necessarijs construi, et
reedificari facere libere, et licite possitis, et valea-
tis Ipsorum Fratru(m) seu illorum Superiorum ad
id accedente consensu, indulge attque concedi-
mus; Non obstantibus constitutionibus, et ordina-
tionibus Apostolicis; ac tam Provincialibus, quam
Sinodalibus dictiq(ue) Ordinis statutis, et consue-
tudinibus, etiam iuramento firmatis, Apostolica,
vel quavis firmitate alias roboratis, ceterisq(ue)
contrarijs quibuscunque = Datum Rome Apud
Sanctum Petrum Sub Sigilla Officij Penitenziarje
quint Kal
[c. 6] Aprilis, Pontificatus (Santissimi) D. Pauli
Papa l Anno Secundo A(nno) (Christi) Nativitate
1536.
In vigore di d(et)ta Bolla fu posto mano alla
demolizione dellAntico Convento e dato princi-
pio alla fabrica del Nuovo presente Convento. E
qui e parso bene di dare Notizia, che prima si
cominciasse d(et)ta Fabrica, era stato assegnato il
luogo, ove erano le stalle delli Principi, ove di
presente e il Teatro, Ma li Frati ripugnarrono,
perche in tal sito, si allontanavano dal Barchetto,
quale era de Frati, come si ha per Fedi di Religio-
si, che si conservano nellArchivio del Convento,
involte in Carta separatam da altre scritture, e vi e
scritto di fuori = Notizie del Barchetto. Ma per
piu commodo di chi legge, registrar qui in sucin-
to le deposizioni dessi Religiosi.
NellAnno 1554 essendo Vicario della Provincia
Io(ann)o della Marca, Il P. Ludovico da Pietracu-
ta, essendo nel Convento di S. M(ari)a delle Gra-
zie di Sinigallia, parl col padre Girollamo del





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med(esi)mo luogo, circa il Barchetto, e disse, che
egli avria deposto per sua Conscenza, che il Bar-
chetto fu sempre de Frati, Onde il me(desi)mo P.
Vicario ordin al P. Tomasso da Monteguiduccio,
che era scrittore della Provincia, che lesaminasse,
come fece, e depose come siegue: che stando lui
nel luogo Vechio di S. Giovanni Battista di Fami-
glia in et dAnni 16, ove era Guardiano il P. Ale-
sandro da S. Leo, un Laico che era Fra Nicol da
Gradara, gli pianto Olmi, Lauri, e vi semino
Ghiande, per Farvi Selva, come che d(et)to Bar-
chetto era de Frati, e della Religione = Item che in
d(et)to luogo non vi era Casa ne Palazzo; che
quello che vi fu fatto, (ed ora vi ) lo Fece il Duca
Franc(esc)o Maria, quale per la settimana Santa
veniva a ritirarsi in S. G(iovan)ni, e per non dar
incomodo a Frati, domand loro in Grazia di per-
metterli, che vi fabricasse un Casino per suo
Commodo,
[c. 7] e gli f accordato = Item, che d(et)to Bar-
chetto una volta f dal Signore Duca GuidUbal-
do, Figlio del Duca Francesco Maria, f offerto in
dono (credendolo suo) al Capitan Prospero da P.
Domenico da M(on)te Guiduccio, ed il P(ad)re
Lodovico da S. Leo dissero al med(esi)mo, che
non singerisse, perche d(et)to luogo era della
Religione, come che essi Religiosi erano stati di
Famiglia nel Convento Vecchio, ed erano ben
informati. Cos d(et)to Capitano non volle inge-
rirsi dentrarne in possesso, e disse al Sig(nor)
Duca, che se lo voleva graziare di qualche dono,
gli dasse del suo, e non de Frati = Item, che li
Muri a d(et)to Barchetto li avevano fatto li Frati,
e che erano assai piu grandi di quello che erano
allora, e cio depose per verit, e per sua Con-
scienza, e si sottoscrisse di sua mano, come puo
vedersi in d(ett)i Fedi; e attestazioni.
DellAnno 1584: un certo Fra Francesco da Mon-
terone in una sua attestazione scritta di sua Mano,
depose, che del Barchetto nebbero sempre la
Chiave li Frati; e quando il Sig(nor) Duca voleva
andarvi a divertirsi, mandava uno della Corte a
prendere la Chiave. Che il Casino lo fece il Duca,
doppo che ritorn da Venezia, ove era Capitano
dellArmata; ed al diffuori compariva, come una
guastuglia alla Pastorale, e dentro era dipinto; e
che li Frati per andare in d(et)to Barchetto passa-
vano per una porticina, che rispondeva dentro la
clausura, e li Frati vi fecero una Peschiera, ed un
Condotto per gettar acqua in aria.
Nel d(et)to Anno 1584 un Certo fr Francesco da
M(on)te Ciccardo, Vechio dAnni 63 che era stato
di famiglia nel Convento Vechio; testiffica che li
Frati ricusarono il sito, ove erano le stalle, per non
allontanarsi da d(et)to Barchetto; e di avere inteso
da Frati Vechi, che vi avevano piantato le quercie,
le quale sono ora grandi. Questo e quello, che
trovato circa il Barchetto; Come poi
[c. 8] se ne siano impossessati li Sig(nor)i Duchi,
non l ritrovato, ne o inteso mai dirlo: Supongo
per, che nellespulsione fatta dal Convento de
PP. Os(servan)ti, e consegnato a noi Rif(orma)ti,
si riserbassero li mede(si)mi S(ignor)i Duchi il
d(et)to Barchetto.
Il sito ove al presente il Convento, era delli due
Fratelli Pianosi Nobili di Pesaro; uno chiamavasi
il Cavaliere Sebastiano, laltro Tomasso Pianosi;
da quali f venduto alla Comunit per il prezzo di
scudi Mille quattrocento trenta, e tal prezzo fu
sborsato a nome della Communit dal Sig(no)re
Gio(vanni) Giacomo Valenzi Gentiluomo di
Pesaro, e Sindico della Communit, e se ne fece
pubblico Istrom(en)to: per mano di Bernardino
Sier Gasparri de Fattori Nott(ari)o Impe(ria)le
sotto li in: Ottobre 1537; e nel tempo stesso ne f
dato il possesso al Sig(no)reBacchi Sindaco
Apostolico de Frati, e collAsistenza del P. Alesan-
dro da S. Leo Guardiano colla facolt del P. Fran-
cesco da Cartoceto Min(orum) Pro(vincia)le della
Marca; e la copia di d(et)to Instromento, sta nel-
lArchivio del Convento in Carta pecora, e lorigi-
nale in quello della Communit, la quale a sue
spese, e de Cittadini fece la Fabbrica del Conven-
to, come riferisce il P. Gonzaga, ed ancora de(t)ti
S(ignor)i Duchi GuidUbaldo V Ducha dUrbino,
e di Francesco M(ari)a suo Figlio.
Nel Anno poi 1543 fu dato principio alla Fabrica
della Chiesa a Spese del Signor Ducha GuidU-
baldo, e la Sig(no)ra Duchessa sua consorte Giu-
lia Varani pose la prima Pietra sotto lAltar
Magiore, con una Moneta dOro, del valore di
cinque scudi dOro. Il disegno della Med(esi)ma
Chiesa, del Bramante* (* Non del Bramante il
disegno della Chiesa, ma di Girolamo Genga
architetto Urbinate, come ne fa indubia federito
dizionario degli uomini illustri ecc. inoltre il Bra-
mante mor del 1514) famoso Architetto da Fer-
mignano, che viveva al tempo del Ducha Federi-
co, che fece il Duomo, e la Corte dUrbino. Qui
sotto si pone la Copia dellIscrizione incisa in Pie-
tra, e sta sopra la porta della Scuola dalla parte di
dentro.
[c. 9] Exc(ellentissi)mo D.D. Guido Ubaldo Duci
Regnanti NONIS APRILIS MDXLIII
Exc(ellentissi)ma D.D. Julia Varana eius uxor
In fundazione Ecclesie S.Jo.Bapt(ist)e Pisauri
Sub Altare Maiori primum Lapidem posuit
Una Cum Numismate valoris quinque Aureo-
ru(m)
Ibidem presentibus R.R.P.P. Fra Alexandro a S.
Leone
Provincie Marchie Ministro et
2. Antonio a Campo Rotundo Guardiano
Eiusde(m) autem Ecclesie edificatio
Prefati Exc(ellentissi)mi Ducis expensis facta est.
Come si vede, la Fabbrica era cominciata con
magnificenza, ma o fosse, che il S. Duche avesse
altre spese, o la Morte ( Piuttosto che alla
morte del duca, limperfezione della chiesa si pu
attribuire alla mancanza di denaro ed infatti per
accumularne detto Duca aggrav i suoi sudditi di
tante e si forti imposizioni, che gli si ribellarono,
e non ne compiansero affatto la morte la quale
avvenne qui in Pesaro lanno 1574); la fabrica di
d(et)ta Chiesa rest imperfetta. Le Pietre ch
stanno attorno alla Chiesa, e Clausura, furrono
dal med(esi)mo Sig(nor) Ducha preperate per fare
le Colonne, come quelle, che sostengono lArcho
Maggiore della Cupola. Finche vi furrono li P. P.
Osservanti non vi fu fatto altro Ornamento* (*
Errore nelle seguenti pagine emendato) ; Ma
venuta la Riforma il P. Gio: Maria Patirani, fece
fare le colonne di Legno, e Cornicioni, si alla
Cupola, che alla Navata grande, e furrono Lavo-
rate dal Polinori di Pesaro circa lAnno .
Il Pulpito parimente fu lavorato dal Polinori, a
costo Scudi cento, come dicevano li Vechi del
Convento, e lo fece fare listesso P(ad)re Gio:
Maria Patirani. LAltar maggiore che si vede pre-
sente fu fatto Fabricare dallIl(lustrissi)ma Casa
Moscha, e cost scudi Tremila. Il Quadro e Pittu-
ra del Guercino da Cento, e cost cento scudi per
figura, e sono cinque le grandi: La Vergine
S(antissi)ma col Bambino in braccio, che lo dono;
S. Lucia; S. Gio(vanni) Batt(ist)a; S. Gio(vanni)
Evangelista, e S. Francesco. LAltare delle Stim-
mate lo fecero fare glIl(lustrissi)mi Conti Mamia-
ni della Rovere, il Quadro, e dipinto da
[c. 10] uno scolare del Barocci dUrbino = LAlta-
re della Nunziata lanno in tittolo donoranza li
Sig(nor)i Macigni = LAltare di SantAntonio
prima del Sig(nor) Lodovico Barbieri, oggi del
Sig(nor) Lapi eredi = LAltare della S(antissim)a
Concezione, del terzOrdine, la Pittura, e del
Pandolfi = LAltare di S. Pietro dAlcantara de
S(ignor)i Mosca; la statua fu fatta del 1720 da
Benefattori = LAltare del S(antissi)mo Crocifisso
delli S(ignori) Conti Santinelli = LAltar del Pre-
sepio de Sig(nor) Olivieri, la pittura e del Pandol-
fi = LAltare dove e S. Catterina da Bologna prima
vi stava S. Girolamo ed era de Sig(nor) Monaldi,
in oggi della Sig(nora) D. Maria Paolucci. Nelle
quattro nichie gi per la Chiesa e dove al presen-
te sono Confessionari, vi erano quattro Altari =
Nella p(rim)a Nichia in Cornu Evangelij vi era la
Nunziata; Nella seconda dalla stessa parte vera
lAltare di S. Diego = DallAltra parte in faccia vi
era S. Tomaso; e di sopra in faccia alla Nunziatina
vi era lAltare si S. Carlo, ma de mede(si)mi Alta-
ri, se ne parler pi avanti, e si dir il perche fuffo-
no levati.
LAltare del Santissimo Crocifisso privilegiato
Cotidiano perpetuo, e per ogni Messa che ivi si
cellebra si libera un Annima dal Purgatorio, cio
quella per la quale si Cellebra, come pu vedersi
nella Bolla di Gregorio XV, che si conserva nel-
lArchivio del Convento.
Nella Scuola vi e la Cappella della Asunta della
B(eata) V(ergine) ove fanno la festa li S(igno)ri
Paolucci, che ne anno il Possesso Onorifico ab
antiquo = Il detto luogo, e tutto Cimiterio e f
Consacrato da Monsi(gno)re Palombara Vescovo
di Pesaro. Le sedie del Choro furrono fatte da un
Gentiluomo del Ducha Bobali Ragusco, e vi lo-
bligo di recitare ogni notte doppo il Mattutino un
De Profundis, e questo f dellAnno 1603.
Nel leggere altre Scritture trovo errore nella
Rela/
[c. 11] zione data di sopra al segno * che il P. Gio:
M(ari)a da Patirani facesse fare il Cornicione della
Chiesa. Mentre egli non poteva essere nepur
Frate, essendo che il Cornicione fu fatto del 1608,
e il P. sud(det)to Patirani era Guardiano dell1665,
e non mori molto Vechio. Le Colonne puol esse-
re le facesse lui, sicome il Pulpito, e certo che lo
fece il Me(desi)mo Padre, e costo Scudi cento.
La Chiesa fu Consecrata da Monsig(nor)e Carlo
Nembrini, Vescovo di Parma colla licenza di
Monsig(nor)e Gio: Franc Passionei Vescovo di
Pesaro, come dalla Lapide esposta, nella facciata
della Cupola in Cornu Evangelij, e LInscriz(ione)
la seguente
D.O.M.
Templum hoc, quod olim Urbini Ducum Pietas
et Munificentia Anno
MDXLIII a fundamentis erexerat
Ill(istrissi)mus et Reu. D.D. Carolus Nembrinus
Anconitanus/Parmensium Episcopus
Ill(ustrissi)mo et Reu. D.D. Ioanne Franco Pas-
sioneo
Pisaurensium Episcopo Annuente
Solemni Ritu die XXIX Augusti consecravit
Anno Salutis MDCLVI
Nel Choro dietro lAltare Maggiore vi e il Qua-
dro della Chiesa Antica del Vechio Convento,
dipinto da Marco Zoppo da Bologna, lAnno
1471, ed in stima. Parimente nel Coro vi il
Quadro di S. Giacomo della Marcha, di mano di
Simone Cantarini da Pesaro Pittore di Stima.
Nella Sagrestia vi la Madonna con il Bambino
Ges, e S. Giovanni Batt(ist)a di Mano di Rafael-
le dUrbino, cosi giudicata da molti Pittori, che
lAnno veduta, da Uomini inteligenti; Benche
alcuni altri non Pittori la dicano di Rafaelle delle
Borgo, altri di Pietro Garofalo, m si deve cre-





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dere a chi dellArte; e li Vechi del Convento
dicevano, ed io gli ho uditi, che il Sig(nor) Car-
dinal Cerri, Legato de Stati dUrbino, voleva
finire la Chiesa se li Frati gli davano il d(et)to
Quadro, ma gli Frati si scusarono con dire, che
non ardivano dar via una cosa lasciata in dono
alla Chiesa dalli
[c. 12] Sereni(simi) Duchi dUrbino.
Nella Sagrestia parimente vi la Testa di S.
Gio(vanni) Batt(ist)a a Decolato, di mano di
Marco Zoppo da Bologna, parimente stimata, e
donata dalli S(ignori) Duchi. E dalla Chiesa pas-
sando alla fabrica del Convento fatta come si disse
a spese della Comunit, e Cittadini nel modo, che
si vede al presente; alla riserva del Dormitorio
Nuovo detto della Infermaria, di che si dir piu
avanti.
Nel primo dormitorio vicino il Campanile vi
una Madonna dipinta in Tavola Indorata, CollEf-
figie di S. Michele da una parte, e dallaltra il P. S.
Francesco vestito, come dice il Vadingo, nel modo
che costumavassi ne primi Anni della Religione;
Come ancora S. Bonaventura, S.Antonio, che
stanno a piedi di d(et)to Quadro; e Nella zocca
della sedia della Madonna vi scritto il nome del
Pittore in queste lettere: D. Florent Anno
MCCC, e questo Quadro era parimente nella
Chiesa Antica.
In Capo alla Loggia nella Nichia a mano manca vi
una pietra, che viene da buona mano, ed e sti-
mato dalli Inteligenti. Le Lunette delli Dormito-
rij, che sono quattro, sono di mano del Begni.
Le Lunette del Chiostro, sono di mano del Pal-
mieri, o Palmerini, come lo chiamano alcuni, e
sono stimate. NellAnno 1688 Un certo
P.M.R.Antonio Maria dalla Pergola e Uomo
dotto fece la fabbrica da fondamenti del Dormito-
rio Nuovo chiamato il Dormitorio dellInferme-
ria, e in tre Anni ariv a compirla colle Limosine,
che ebbe in tempo, che f Provinciale, e
Visita(to)re a Venezia, e pu suporsi, che vi con-
corressero ancora li Benefattori della Citt, per-
ch come si vede una Fabrica grande, e sono
Muraglie grosse.
NellAnno poi 1698 Il P. Paolo da Candelara
essendo Guardiano, fece la Volta del Dormitorio,
o sia la Corsia e la pianci di quadrelli arotati, e sta-
bili le stanze ove abita la Curia del Provinciale e
stabili la Libraria. E dopo alcuni Anni il
Me(desi)mo P. Paolo essendo parimente Guardia-
no, collaiuto daltri Religiosi compi tutto nel
mede(si)mo modo, che si trova pressentemente. Il
Campanile era un ordine piu alto; Ma perch
minacciava
[c. 13] Ruina; Il sud(de)to P.M.N. Pergola fu
obligato a rifarlo fin al sito presente.
NellAnno 1703 fu cominciato a lavorare le Cre-
denze, o sia Cona della Sagristia da nostri Reli-
giosi fatta fare dal P.M.R. Pietro dUrbino allora
Diff(inito)re Gen(era)le, e dal P. Paolo da Cande-
lara; e fu abbelita di Quadri e figure anche di
Penello in Miniatura, le quali diede il d(et)to P.
Diff(inito)re Gen(era)le assieme con tutti quelli
lavori dAvorio che sono in quello scarabattoletto
sotto lOrnamento della Madonna. NellAnno
1700 fu risarcito lo Refettorio, e rifatto tutto il
piancito e questo parimenti fatto agiustare dal
sud(et)to P.M.R. Pietro dUrbino, e dal P.R.
Pauolo da Candelara Guardiano. NellAnno 1703
essendo venuto un gran Teremoto, il Giorno del
Nome di Ges, alle due ore di Notte, si schiant
una chiave al Refetorio; ed avendo replicatoun
altra volta nel med(esi)mo Anno, il giorno della
Candelora doppo la Messa Cantata, e funzione
delle Candele, pat assai la Chiesa, particolarmen-
te la Volta; Onde fu necessario fare un Castello di
legni movibile per risarcirla: Siccome la Cupola,
che pure patt, e con tale ocasione fu fatto il Bal-
dachino sopra lAltar Maggiore, ed il Sig(no)re
Abate Gio: Batt(ist)a Paolucci don tutta la fran-
gia di seta che sta attorno, e don la Campana,
che serve per schilla; una pianeta di stoffa, et un
Cereo di 12 Libre. Il sud(et)to Sig(no)re Abbate
Paolucci, e la sua Casa, che sempre e stata ammo-
revole della Religione, Nella Nascita del
Sig(no)re Francesco, che oggi e Castellano, Man-
darono da Roma in dono alla Sagristia, circa lAn-
no 1686, un Calice dArgento, una Pianeta di
Lama dArgento, con le Cartelle guarnite dAr-
gento, e dOttone indorato; un Camisce con Cor-
done di Seta e Mappe guarnite dOro. LAnno
1707, ritrovandosi qui in Pesaro il med(esi)mo
Sig(no)re Abbate, don il giorno della Festa di S.
Pasquale, un Calice dArgento, con Ampolline di
Cristallo di Boemia guarnite dArgento, col piat-
tino e Campanella
[c. 14] argentato, con una Pianeta, e Paliotto
dAltare di Brocato fiorato; Camisce, Messale, ed
un Cannone da Vescovo. E la Sig(no)ra Casandra
Almerici Sua Sig(no)ra Cognata don un Manto,
e Sottanino di Brocato Nero, dal quale Si Cav,
una Pianeta, e Pallio dAltare. OgnAnno fanno
festa della Assunta, e fanno la Carit; Sicome per
la Festa di S. Catterina da Bologna; da che ognu-
no puo comprendere lamorevolezza di questa
Casa. LAnno 1696 li S(ignor)i Puppi donarrono
una Pianeta, et un Paliotto di Cangio, et un Cal-
lice dArgento, essendo Guard(ian)o il P. Lett(o)re
Pietro Lodovico da Pesaro. Cio che segui nel-
lAnno 1696, circa le Pietre* ( * Durante limpero
di Napoleone I. dette pietre furono adoperate per
la fabrica del Fortezzino a destra della Lanterna
del porto di questa citt ) Lasciate dal Ser(enis-
si)mo Duca GuidUbaldo, che sono attorno alla
Chiesa e Clausura del Convento. LAltezza
Ri(nomatissi)ma del Sig(nore) Card(ina)le Fran-
cesco Maria de Medici, come Erede de beni della
Se(renissi)ma Duchessa Vittoria Figlia del Prenci-
pe Federico Ubaldo, Figlio del Duca Francesco
Maria Ultimo dUrbino, e maritata poi nel Gran
Duca di Toscana, e f madre del prefato Cardina-
le, e di Cosimo III teneva qui di residenza un
Mi(niste)ro Principale, come ancora tiene di pre-
sente, e nomavasi il Cavalier Mathias, quale di
propria autorit, senza neppur far parola con Reli-
giosi; mand una Mattina di buon ora, alcuni
Scalpellini, con altri Uomini, e cominci a far
Segare una di quelle Pietre, che stanno dentro
lOrto appoggiate alla Murallia del Refettorio,
che allora stavano fuori, Vicino alla porticella
della Chiesa. Cio veduti dallSagrestano nellaprir,
che facea la Chiesa, corse a portar la nova delfat-
to al P. Guardiano, che era il P. Lett(o)re Pietro
Lodovico da Pesaro, e sparsa tal nuova per il Con-
vento, accorsero tutti li Frati, ed il Guardiano
and dal Ministro sud(et)to per persuaderlo, acci
desistesse d tale attentato col rappresentarli, che
le Pietre sudd(et)i
[c. 15] pervenivano alla Chiesa, ma f inutile ogni
persuasiva, e partito da lui il Guardiano, Spedi
novo ordine, al Fattore suo che stava presente, che
seguitassero il Lavoro; Ma li Scalpellini vedendo
tutti li Frati attorno e che facevano risentimento
sopra questo fatto, e che vi e pi si riscaldavano, e
che molti di essi erano Corsi alla Fascinara, a pro-
vedersi di Candele, per illuminar loro, e gli assi-
stenti, lasciarrono limpresa, e si allontanarrono
per veder il fine di quella Scena. Strepitavano li
ministri, e glincitavano al lavoro, ma senza profit-
to, in tanto il P. Guardiano Sped quattro Religio-
si per la Citt a ritrovar Bovi e funi, per tirar le
Pietre in Convento, e poco stettero a ritornare con
quattro para di Bovi, e fu cominciato a tirar via le
Pietre, e la gente, che si era radunata a questo fatto
ogni volta, che entrava in Convento una Pietra,
gridavano Viva, e in poco tempo furrono assicura-
te dentro il Chiostro le Pietre. Ricorse allora il
Ministro Mathias al Vicario generale di quel
tempo, che senza informarsi dalla parte de Reli-
giosi, e sentire le loro ragioni, Sped per mano di
Ballio un precetto al P. Guardiano Sotto pena di
Scomunica di rimettere fuori le Pietre, con che
diede ocasione alli Religiosi, di fare le loro istanze
per mezzo del Conservat(o)re de privilegj, che era
il Sig(nore) Proposto Cornoldi, Uomo dotto e
beneffetto alla Religione, ed era Terziario Profes-
so e dichiar Nulla la Scomunica perloch furrono
fatte dal P.M.R. Lettor Antonio Maria dalla Per-
gola, Scritture Legali, si conservano NellArchivio
del Convento; e ne f si da Religiosi, che da Mini-
stri, dato parte a S(ua) Al(tezza) R(inomatissi)ma
Sig(no)re Cardinale sud(det)to, e doppo qualche
Vessazione patita da Religiosi, si aren il fatto, ne
pi se ne discorso; Solo che dopo pochi mesi Spar
il Cavalier Mathias Ministro senza sapersi altro di
lui, e le Pietre stanno in Convento le pi piccole,
e le grandi attorno alla
[c. 16] Chiesa, e Clausura. Chi vol sapere le
ragioni, veda le Cittate scritture, del P.M.R. Per-
gola, e con esse potra regolarsi, quando mai li Fio-
rentini, e altri facessero novi attentati. NellAnno
1700 dal P. Paolo da Candelara Guardiano f fatta
rinunzia delli Legati perpetui alli eredi di tali
Legati come si vede in certi Quinternetti, segnati
sopra = Memorie dalcune cose spettanti a questo
Convento = Ma li d(et)ti Legati perpetui non sono
adossati a Religiosi ne alla Chiesa, ma alli Eredi, a
quali li Testatori anno lasciati li fondi, e col peso a
loro di far cellebrare in questa Chiesa le Messe, le
quali da Religiosi si celebrano, se a loro vengono
daglEredi Ordinate.
Li Legati, che gli Eredi anno lobligo di far Sodi-
sfare in questa Chiesa in perpetuo a Tenore de
Testamenti Sono li seguenti
La fu Marchesa Ginevra del Monte Lasci peso
al Mon(a)stero e Monache del Corpus Domini di
far Celebrare per lAnnima sua in questa Chiesa
una Messa Cotidiana in perpetuo e fu sempre
celebrata, finche dellAnno 1725, Nel quale La
Santit di Papa Benedetto XIII, spedi un decreto,
e diede facolt al Superior Gen(era)le Che era Il
P: Lorenzo Cozza, che poi dal med(esi)mo Papa
fu creato Cardinale; di rivedere tutti li Legati ed
esaminare le rendite de mede(si)mi, e secondo
queste riducesse il Nummero delle Messe; Come
ancora quei Legati che non fossero Sodisfatti,
colla sua autorit assolverli e ridurli. Cosi in una
Congregazione tenuta dal mede(si)mo Generale
e discreti dellOrdine, ridussero tutti quei Legati
che trovarrono tenuti di Emulomento, ed uno fu
questo, ridotto a Messe cento ventuna allAnno
N. 121.
[c. 17] Il Legato del Sig(no)re Ettorre Mosca,
quale oblig la Ven(erabile) Compagnia di S.
Andrea farli celebrare una Messe Cottidiana in
questa Chiesa, parte allAltar Maggiore, e parte al
Crocifisso quale legato per la tenuit della Limo-
sina fu ridotta a Messe ducento quaranta allAnno
- N(ume)ro 240
Item il medesimo Sig(no)re Ettore oblig la
Compagnia mede(si)ma, di farli un Offizio di
tutte le Messe, che restano in Convento il giorno
di S. Giuseppe, colla Messa Cantata.
Una Sig(no)ra di Casa Mamiani della Rovere





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Contessa di S. Angiolo Oblig li suoi Eredi farli
Celebrare allAltare di S. Antonio ogni Lunedi
una Messa; in un Anno Messe 52 La Casa Olivie-
ri h obligo di far cantare ognAnno imperpetuo il
Giorno di Natale una Messa allAltare del Prese-
pio. La Csa Staccoli Benedetti ha Obligo perpe-
tuo di far cantare ognAnno allAltar del Presepio
una Messa il Giorno di S. Giuseppe. Detto Obli-
go lh in oggi la Sig(no)ra Lucia Benedetti Gior-
dani, come Ereditaria di Casa Staccoli.
Item il giorno di S. Anna deve la d(et)ta Erede far
Cantare ognAnno una Messa.
Il Legato di Vincenzo Sperandini, lObligo e di
Tullio Fioravanti di Messe dieci lAnno lette li : 29
Giugno
Il Legato di Benedetto Lonzi, dun Uffizio
ognAnno li 8. Maggio o d Seguente, di tutte le
Messe del Convento colla Cantata, Spetta alla
Casa Pia dellOrfanelle.
[c. 18] Il Legato del Sig(no)re Proposto Bardua-
gni di Messe Nove lette, et una Cantata il Giorno
di S. Pasquale, e nel Ottava di esso, e spetta alla
Casa Pompei.
Il Legato di Gio(vanni) Domenico Tamburini, di
Messe, dieci li. 8 Maggio, e Messe dieci li 25
Novembre, Spettante alla Ven(erabi)le Compa-
gnia del S(antissi)mo Sagramento di Calibano. Il
Legato deglOddi, e Concordij, di Messe quattro
compresavi la Cantata li: 10, Maggio = Item altre
Messe: 4 parlate compresavi la Cantata per li: 11.
Maggio, spettante alla Casa Calderi.
Il Legato del Dot(to)re Pretis di Messe: 30 allAn-
no li 9. Setembre Spettante al Sig(no)re Conte
Gio(vanni) Lodovico Coradini.
Il Legato Pomper di Messe dodici li 8. Decembre.
Il Legato di Locrezia Vitali Babucci di Messe:
quindici ognAnno nel mese di Ottobre.
Il Legato di D. Giovanni Mingucci di Messe Ven-
tiuna Compresavi la Cantata il giorno delli 30
Xbre, Spetta allo Seminario di questa Citt.
Il Legato di Cesare Borani di Messe Sei li 5. Apri-
le, Obligo spettante alla Ven(erabile) Compagnia
di SantAndrea con: 1. Cantata.
Il Legato di Francesca Brigi di Messe seddici
Lette, et una Cantata il giorno delli 25. Novem-
bre, Spetta alla pia casa dellOrfanelle. Il Legato
del Pichi di una Messa Cantata ognAnno il gior-
no della festa de Martiri: Nicolo Pichi, e Compa-
gni.
[c. 19] Il Legato della Sig(no)ra Marchesa Ipolita
Mosca duna Messa Cottidiana al Crocefisso,
Spetta alla Casa Mosca. = Il D(et)to Legato il
Sig(no)re E(tto)re Mosca lha trasferito a Caprile.
Il Legato della Sig(no)ra Camilla - Spet-
tante al Sagro Monte di Piet di questa Citt di
messe cinquanta una allAnno, ridotto come gli
altri di sopra.
Il Legato di Fiordelisa Pistoia di Messe Spetta
alla Casa Vizzoli.
Il Legato di una Messa Solenne collOfizio de
Morti, e Responsorio Libera Aniversario per-
petuo per lAnnima di Papa Innocenzo XIII Conti
Spetta al Convento, come il decreto del
med(esi)mo e disposizione del P. Generale P.
Lorenzo Cozza, che poi fu Cardinale = Gratis.
LAnno 1706 F sospeso da un Commisario
Vis(itato)re Il Turibula dArgento con certi Cami-
sci, e Rasetti di Bavella, che fecero le Terziarie. Il
Confaloniere di quel tempo, chera il Sig(no)re
Marcantonio Gozze Supplic la Sagra Congre-
gaz(ion)e e ottene di Conservare il Turibulo, e gli
altri Supeletili, alla riserva dun Camisce, che
aveva un grande, e bel pizzo, quale fu restituito, a
chi laveva donato. Chi vol vedere la supplica, et il
decreto della Sagra Congreg(azio)ne osservi nel-
lArchivio tra le Scritture.
NellAnno 1707 LIll(ustrissi)ma Sig(no)ra Con-
tessa Felice Giordani ne Mamiani don la statua
di S. Pasquale Baijlon, e la coloc allAltare della
Casa Mamiani delle Stimmate di S. Francesco, e
fece per la festa di detto Santo apparare la Chiesa
Sollennemente, e si fece lottavario colla
[c. 20] Novena, e la Domenica Fra lottava si fece
per la prima volta la Procesione con d(et)ta Sta-
tua, e colla Religia, che dono: Il P.M.R. Pietro
dUrbino Diff(initore) Gen(era)le.
In tale congiuntura Si aggreg la Compagnia di S.
Antonio Abbate per portare la Statua, ad accom-
pagnare la processione, quale si fa ognAnno, pre-
venendo la festa di d(et)to Santo colla Novena.
Una piu difusa relazione sta negli fogli Segnati A
delle Memorie.
NellAnno 1708 Il P.M.R. Pietro dUrbino don
alla Chiesa, la Religia della S(antissi)ma Croce,
alla quale il Sig(no)re Conte Pier Antonio Santi-
nelli, fece fare una Croce di Rame dottata Colle
punte dArgento, ed il Tabernacolo di Legno, e fu
colocata allAltare del Crocifisso della Casa Santi-
nelli, e fece parimente indorare la Cornice del-
lAltare.
NellAnno 1700 furrono esitati li Calici dOttone
Indorato e furrono dal P. Paolo da Candelara fatti
fare li Calici dArgento, che sono li tre lisci, che si
adoprano Cotidiana(men)te e fece ancora rifare il
Turibulo dArgento, che il Vechio donato dal
Duca era tutto guasto.
NellAnno 1711 Il Mede(si)mo P. Paolo essendo
Guardiano f risarcita tutta la Clausura, al mag-
gior parte rifatta Nova, il rimanente risarcita.
NellAnno 1720 essendo Confessore alle Mona-
che del Corpus D(omi)ni, il PietrAntonio da Jesi,
vi f divisione tra le med(esi)me Monache, per li
disordini, che ne seguivano alla giornata; le par-
ziali del Confessore Supplicarrono la S(ac)ra
Congr(egazio)ne per la di lui riferma, e venne
rescritto, che si Capitolasse, e se avesse avuto le
due terze parti de Voti, si rifermasse.
[c. 21] Il Diffinitorio, chera congregato in S.
Severino per Celebrare la Congregazione, avuto il
decreto, ed ancora lettere della parte Contraria,
Ordin al P. Gio(vanni) Andrea da Granarola
Guardiano, e Comissario delle Monache facesse
Capitolo, ed essendo le Vocali 46 ebbe favorevoli
20 Voti e 26 Contrarij cos rest escluso. Quando
il P. Provinciale Ordin il Capitolo voleva, che
votassero ancora le converse, ma Monsig(no)re
Vescovo, al quale and prima in Mano lOrdine
della Sagra Cong(regazio)ne, non volse, non
essendo Secondo le leggi, che le Converse diano
Voto ne Capitoli. Si e fatta Memoria, perch puol
accadere altre volte, e questo puol servire di
Lume.
NellAnno 1721 essendo Guardiano il P. Gio:
Andrea sud(det)to il Magistrato della Citt voleva,
che li Frati piancissero la Strada avanti la Chiesa,
ed ancora quella dietro la Chiesa, findove si esten-
de la Clausura. Sicome la med(esi)ma istanza f
fatti ad altri Guardiani antecesori. Era Alora Pre-
sidente della Legazione Monsig(no)re Salviati
quale fece chiamare il Guardiano, e voleva obli-
garlo a fare la Cerca de Mattoni, e Calce, e rifare
la d(et)ta Strada. Il Guardiano rapresent il tutto
al Sig(no)re Marchese Raimondo Mosca, Sindico
Apostolico, e questi and a parlare a Monsignore
Presidente, e al Magistrato e pilliando la difesa del
Convento, si quiet il tutto, e il Magistrato la fece
poi fare tutta nel med(esi)mo Anno. Fece poi il
Publico istanza di volere le Pietre, che stanno
attorno la Chiesa, e Clausura, e prese un contra-
tempo di fare tale suplica al P. Re(verendissi)mo
Com(issa)rio Ge(nera)le, chera il P. Montemi-
gnaio, che pass per Pesaro, ma li Frati risposero,
che li Macigni erano della Sede Appostolica, e
destinati dal Duca per la Chiesa, e furrono negati
ancora alli Ministri del GranDuca, come o narra-
to in questo pi adietro al Numero--- Cosi stia-
no e Cauti li Religiosi se mai da altri fosse fatto
qualche attentato, e osservino
[c. 22] la scrittura fatta dal P.M.R. Antonio Maria
della Pergola, citata di sopra al N(ume)ro --- Nel-
lAnno 1707 f fatto lOttavario de Santi Giaco-
mo della Marca, e Francesco Solano; Fu aparata
tutta la Chiesa di Damasco. Ogni Giorno vi f
Vespero e Messa in Musica, nella quale verano li
Musici dUrbino, di Sinigallia, di Fossombrone, e
di Fano sotto la direzione del Signor Maestro
Belinzani, direttore di Capella, che fece sentire
delle bellissime composizioni. Lorchesta era
composta di quattro Violini Forastieri, ed una
Viola, oltre tre Violini di Pesaro, di due Viloncel-
li, ed un Contabasso. Il primo giorno, che si apri
lOtavario, fu fatta Solenne Processione collo
stendardo, ove stavano dipinti d(et)ti due Santi, e
la Reliquia di S. Giacomo, quale port Pontifical-
mente Vestito Monsig(no)re Il(lustrissi)mo Filip-
po Spada Vescovo di questa Citt, collaccompa-
gnamento di tutto il Capitolo Vestito con Piane-
te; la Processione cominci al Duomo, e pass per
la strada lunga, e termin in nostra Chiesa, ove
Sua Sig(no)ria Il(lustrissi)ma diede ancora la
Benedizione col Venerabile. Guardiano il P.R.
Lett(o)re Gio(vanni) Batista da Candelara. Ogni
giorno vi furrono li Panegirici allonore di d(et)ti
Santi.
NellAnno 1728 la Chiesa aveva gia per la Navata
nelle quattro Nichie, ove al presente sono li Con-
fessionari, vi erano quattro Altari, quali rendeva-
no la M(edesi)ma Navata difforme, e li Confessio-
nari Stavano dentro le Capelle in una delle
Nichie, che parite rendevano Sogezione a Cele-
branti, che a Confessori med(esi)mi Capitando a
vedere la Chiesa. LIl(lustrissi)mo Sig(no)re Car-
dinale Anibale Albani Camerlengo, disse che la
chiesa era bella, ma che era diformata da d(et)ti
Altari, e Confessionari, mentre gli uni e gli altri
impedivano di godere il disegno della Chiesa.
Perloch si mosse il R.P. Lett(ore) Cherubino da
S. Remo Guardiano, a procurare Legna/
[c. 23] mi, e li Marangoni Frati, che Lavorassero
li Confessionali; E Perche al Altare di S. Tomaso,
chera nellUltima Nichia apiedi la Chiesa a mano
Sinistra, in Cornu Epistole, vi era un Legato di
Casa Calderi, procur di trasferire d(et)to Legato
allAltar del Crocifisso, e lottenne, Ci ottenuto
si demoli lAltare; Sicome si demoli quello di S.
Carlo, che stava tra la Capella di S. Antonio, e li
altri due, di S. Diego e della Nunziatina; ma que-
sto fu levato fin dallAnno 1715, e in luogo del
Quadro della Nunziata, Il Sig(nore) Conte Bolo-
gnetti, vi coloc quello di S(an)ta Caterina da
Bologna, e ne pillio il possesso onoriffico. Morto
poi d(et)to C(on)te, il suo Sig(no)re Nipote, ced
d(et)to Possesso onorifico alla Sig(no)ra D(omi)na
Maria Bolognini; E perche li Sig(no)ri Monaldi,
che avevano lAltare di S. Girollamo, e non lo
mantenevano di Cosa alcuna, dopo qualche dibat-
timento cederrono, e f levato lAltare di S(an)ta
Catterina, e trasferito a quello di S. Girollamo, e
quello in oggi lAltare di S(an)ta Catterina de
S(igno)ri Paolucci. Siche tolti via gli Altari, in
luogo dessi, sono posti li Confessionali. Li Qua-
dri de sud(det)ti Altari Demoliti, si appesero per
la Chiesa. Nella facciata del Capellone Maggiore,
sovra la finestra della Scuola, S. Diego, quale e di
mano del Cialdieri dUrbino. Sopra la Porta, che





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conduce al Chiostro vi e la Nunziata, di mano
duno scolare di Tiziano, Segnato appiedi il nome
del Pittore Gio(vanni) Batt(ist)a Clarici dUrbino.
Nella facciata appiedi la Chiesa vi e S. Tomaso, e
il Salvatore, e a piedi S. Giobbe, di mano del
Visacci Scolare del Barocci dUrbino, vi e il Qua-
dro grande in Cui e dipinto il Crocefisso, la
Madonna San Gio(vanni) B(at)t(ist)a, e S. France-
sco, della Scuola
[c. 24] di Federico Barocci. Dallaltra parte S.
Carlo col Crocefisso di Gio: Giacomo Pandolfi.
NellAnno 1729 fu eretta la via Crucis colleffigie
di Carta, e Croci dipinte; Ma li Benefatori la vol-
lero in Pittura nel modo, che sta al presente. li
Benefattori furrono li Seguenti, e ne fecero fare
una per uno.
LIl(lustrissi)mo Sig(no)re C(on)te Vincenzo
Mamiani della R(ove)re C(on)te di S(ant) Angiolo
LIl(lustrissi)mo Sig(no)re C(on)te Gio: Francesco
Mamiani della Rovere
LIl(lustrissi)ma Sig(no)ra Marchese Ipolita
Mosca
La Sig(no)ra Marchese Teopista Mosca ne
Visconti di Milano
LIl(lustrissi)mo Sig(no)re C(on)te Carandini
LIl(lustrissi)mo Sig(no)re Cavaliier Ignazio Marzi
LIl(lustrissi)mo Sig(no)re Francesco Ma(ria)
Brigi
LIl(lustrissi)mo Sig(no)re Pauolo Zanuchi
Il Sig(no)re Francesco Biondini Compotista del
Gran Ducha
Il Sig(no)re Maurizio Guigliori
Il Sig(no)re Girolamo Didi
Il Sig(no)re Zanetti Pittore Veneziano, che dipin-
se li Quadri
Uno ne fece fare il Compagno del Padre Confes-
sore
LAltro il Convento
La sud(det)ta Via Crucis cost Scudi quattro, e
baiochi quaranta il pezzo; oltre questo, altre spese
minuti Moneta Romana.
LAnno 1730 fu fatto in questo Convento il Capi-
tolo Prov(inzia)le e f il primo, che siasi fatto, Nel
quale fu eletto Prov(inzia)le il P.M.R. Cherubino
da S. Remo, che era Guardiano attuale di questo
Convento, e nello stesso tempo f fatto il Triduo
di S(an)ta Margarita da Cortona, e Giovanni da
Prato il Pro(vinzia)le sud(det)to fece proseguire la
fabrica de Confessionali, e delle Balaustrate a
tutte le Capelle, che furrono compite lAnno
1733, e la spesa fu fatta colle Limosine
[c. 25] delle Messe del P. Pro(vinzia)le, e del suo
Segretario, e delle Prediche, e di qualche Benefa-
tore.
LAnno 1734 essendovi 2 piedi della Clausura
delli Orti vicino alla fabrica nuova una Casa de
P.P. Agostiniani, benche piu volte richiesta da noi
Religiosi, mai pote ottenersi; ne pur collofferta
del loro vantaggio. Finalm(en)te in questAnno Si
ottenne, stante che d(et)ti P.P. Agostiniani, aveano
bisogno di una Casa contigua al loro Convento,
chera dellOspedale; cio saputosi da noi Religio-
si, fu procurato appresso li S(an)ti Regenti, che
non dassero d(et)ta Casa alli P.P. Agostiniani, Se
questi non davano, la loro a noi; e per doppo
qualche dificolt fu concluso, e la venderrono
allIl(lustrissi)mo Sig(no)re Pietro Antonio Zanu-
chi, quale erano delli Anni, che insisteva per que-
sta Casa, ma non f potuto stipularsi,
LIst(romen)to di detta Compra, Seno tre giorni
dopo, che il d(et)to Sig(no)re Pietro Antonio
Mori; ma il prezzo di d(et)ta Casa erano gia Anni,
che gli aveva da parte, e lasci ai suoi Sig(no)ri
Frattelli; cosi lIstr(omen)to fu fatto, in testa del-
lIl(lustrissi)mo Sig(no)re Giovanni Zanucchi,
quale prese il possesso della Casa, immediatamen-
te ne fece Istrumento di donazione alla Religione
AllIl(lustrissi)mo Sig(no)re Marchese Raimondo
Mosca Sindico Apostolico. Dopo pochi giorni f
demolita d(et)ta Casa, e fu fatta Clausura, Sich
adesso il Convento, in isola. La spesa della Casa
fu di Scudi Cento ottanta Ducali Lasciati dal
Sig(no)re Pietro Antonio Sud(det)to, ed il
Sig(no)re Giovanni per tirar le muraglie, e far
Clausura fece la Carit di Cinque Zechini Vene-
ziani, siche tutta la spesa de Sig(no)re Zanuchi per
d(et)ta Compra fu di scudi Cento novantacinque,
e baiochi trentasette, e mezzo Moneta Ducale. La
Casa Zanuchi, e amorevolissima della Religione, e
fa delle gran Carit, e ne bisogni aiutano, e
Sovengano; Onde La Religione gli molto obli-
gata.
[c. 26] Potrei narare tutte le Limosine fatte da
med(esi)mi S(ignor)i e che fanno continuamente,
ma sono certo che se si narassero, si offendereb-
bero piu tosto, che gradire la narativa piacendo a
loro molto di fare Carit nascoste.
La Il(lustrissi)ma Sig(no)ra Mar(che)se Ipolita
Greppi Mosca dono alla Sagristia una Pianeta di
fondo colore Perla, Ricamata di Seta, et Oro con
Velutini Neri et un altra Pianeta Nera colla Stri-
scia di mezzo ricamata di Vernice Gialla.
La Sig(no)ra Vittoria Passionei Mosca don un
velo da Spalle Bianco Ricamato di Seta, ed oro
con glIstromenti della passione Ricco, e Bello.
Il Sig(no)re Giovanni Ubalducci esatore della
Santa Casa di Loreto, per una grazia ricevuta da
S. Pasquale, ha donato una Capella di Drappo fio-
rato, Cioe Pianeta, e Tonicelle, Piviale e Paliotto
per lAltare guarnito di Galoni di Seta.
NellAnno 1734 fu ingrandita, dal P. Egidio la
Sagrestia interiore ove e il Lavamano, e fu per
industria del med(esi)mo di Pesaro, quale far il
Trocco nuovo, e la fatto nellAnno 1737; Sicome
Nella Chiesa; nella Capella Maggiore, cioe sotto
la Capella, ha fatto fare tutte quattro le Porte,
Con le Cornici attorno di Stucco; E sopra d(et)te
Porte ha Colocato li Quattro Quadri, che stavano
alli Altarini, con attorno gli Ornamenti di Stucco.
Nel Anno 1744 A d 18 Giugno Il Signore Gio-
vanni Balducci ed il Signor Pietrin Dormia a loro
spese fecero fare un Solennissimo Triduo in onore
del Beato Benedetto da S: Fratello Laico M. rifor-
mato Beatificato di Fresco da Papa Benedetto
XIII. La Chiesa fu ornata di Damaschi da capo a
piedi co scelta Musica Forastiera co moltissimi e
diversi instrumenti, nel qual mentre
[c. 27] vi fu anco un bellissimo Oratorio in Musi-
ca. Concorse da tutte le citt circonvicine moltis-
simi forastieri, i quali co tutta la citt applaudiro-
no grandemente un si sontuoso triduo
[La c. 27 continua con uno scritto poco leggi-
bile alla cui fine si legge: F. Giacomo da (?) Adi
12 maggio 1748].
[c. 29. bianca. V incollato un foglio con
scrittura latina che inizia con]
Hoc corpus in hoc tumulo iacuit die 10 Augusti
Anno Jubilei 1770.
[c. 32. Dopo un salto di due pagine. Altra
mano con scrittura pi semplice e leggibile,
quasi uno stampatello].
Nel 1791 adi 10 di Febbraro si attacc il Fuoco
nella seconda camera dopo la speziaria, che in
breve tempo si estese per tutto il cos detto dor-
mitorio nuovo. La cagione dellincendio affatto
incerta. La Libraria, che per la quantit e qualit
dei libri era riputata una delle migliori della Pro-
vincia, rimase tutta incenerita, accadde lo stesso
della speziaria. Tutte le suffite, ed il tetto tanto del
dormitorio, quanto delle camere fino alla quinta
sopra il Refettorio precipitarono per terra. Venne
personalmente leminentissimo Cardinal Legato,
che era Giuseppe Doria Panfilij, e con esso
immenso popolo per vedere di estinguere il
Fuoco, il che si fece dopo poche ore, ma pi assai
che collassistenza del Popolo, collintercessione
del B. Pacifico, poich gittata la sua Reliquia in
mezzo alle fiamme, cominci subito a diminuirsi
sensibilmente, sinch in brava si estinsa affatto. I
Religiosi, i quali non soffrirono alcun danno nelle
persone, furono distribuiti dal medesimo Cardi-
nal Legato ai conventi deglaltri Regolari della
citt; dove si trattennero fintantoch non furono
accomodate le camere necessarie. Il Convento fu
ristaurato collelemosine dei Benefattori tanto
della Citt, che della Legazione, pel qualefetto
leminentissimo Legato fece una lettera commen-
datitia a tutte le comunit. Il sommo Pontefice
Pio sesto contribu raguardevole somma di Dena-
ro. I Signori che si distinsero fra glaltri nelle pie
sovvenzioni, furono il Signor Abbate D. Vincenzo
Giordani, ed il Signore Antonmaria Mazzolari. In
perpetua ricordazione di questinfausto avveni-
mento, e per la grazia ottenuta, che si estinguesse
prodigiosamente lincendio, nel giorno 20 di Feb-
braro si canta ognanno la Messa solenne, colle-
sporre la Reliquia del sudetto Beato, ed infine si
d la Benedizione col Venerabile.
Nellanno sudetto 1791 il Procurator Generale P.
Celestino dAscoli a nome della Provincia, e della
Religione rinunzi al Papa la direzione del Ven.
Monastero del Corpus Domini, che fin dal 1436
era stato soggeto allordine, e diretto dai nostri
Religiosi. La causa di tale Rinunzia, fatta per
mezzo di una supplica, fu la diversit de partiti
nati fra le Monache a danno sempre della Religio-
ne, e specialmente dellultimo confessore, che era
il P. Lettore Luigi da Morro Definitore attuale. In
seguito hanno procurato le Monache di ritornare
sotto la nostra direzione, ed ubbidienza; ma sem-
pre inutilmente.
[c. 33] Pro Memoria - La Chiesa di S. Giovanni
Battista di Pesaro aveva lAltar Maggiore con una
mensa tanto angusta, e ristretta, che per esser
apparata nelle sollenit si erano ritrovati dei ripie-
ghi per ingranderla con tavole, lo che prodasso il
grande inconveniente, che i Divini Misteri vi si
consecrassero in conformit delle Leggi Ecclesia-
stiche, ed a giudizio dei Vescovi, e dei Superiori
dellOrdine si riconobbe la necessit di rifare una
nuova Mensa, lo che f esseguito verso il fine del-
lAnno 1824. Siccome la vecchia Mensa era intie-
ramente consecrata da Monsignor Nombrini
Anconitano, Vescovo di Parma, col consenso di
Monsignor Gian: Francesco Passionei, Vescovo di
Pesaro, come si ha dalla Lapide dell 1656, cosi si
annelava il momento di vedere riconsecrato il
nuovo Altare, coil giorno 12 Luglio di questan-
no 1825, in occasione, che Monsignor Ottavio
Zollio, Vescovo di Rimini ritornava da Roma alla
sua Diocesi, col consenso ed annuenza di Monsi-
gnor Felice Bezzi Vescovo di Pesaro, f eseguita la
detta solenne Consecrazione: f fatta con pompa,
e sollenit questa funzione, essendo Guardiano
del convento il P. Giuseppe dalla Badia, e vinter-
vennero coi Canonici asistenti molti Sacerdoti, e
Ceremonisti, e fin dalla vigilia di detto giornosi
die principio alla sacra Veglia, che continu dalle
ore 23 della sera, sino alle 12 della mattina, in cui
principiarono le solenni Preci. Si rinov il Sepol-
cro delle Sacre Reliquie, che erano state nel vec-
chio Altare, e furono ritrovate autentiche da





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Monsignor Vescovo Consecrante, il tutto con
assistenza del Signore Canonico D. Domenico
Budaglia Santuarista Deputato. La custodia f
eseguita con la massima esatezza, come con molto
decoro si era
[c. 34] ritrovata, che vi erano prima state poste.
Le Reliquie collocate nel Sepolchrino dellAltare
sono le seguenti = della B. Vergine; di San Gio-
vanni Battista; di San Francesco dAssisi; S. Anna-
nia, che battez S. Paolo; S. Folina detta la Sama-
ritana; S. Leone primo Pontefice, e S. Severino
Martire. Nel vecchio Sepolchrino si titrov una
pergamena di Scrittura gottica, che f osservata
dal Santuarista sudetto ed era sigillata in quattro
siti non Sigilli, che sembravano di piombo, e che
si conservano portanti larma di Monsignor Nem-
brini sudetto e f egualmente imitato nel nuovo
Sepolcro con sigilli in ottima cera di Monsignor
Zollio, gi Vescovo Consecratore, e vi stata
posta una scrittura in latino esprimente i Santi, le
di cui Reliquie venivano riposte con tuttaltro che
conteneva la funzione indicata, e ci a memoria
dei Posteri, come per memoria si lascia questa
indicazione. Terminata la Sacra Funzione non
solo Monsignor Vescovo Zollio celebr la Santa
Messa della Sacra, ma ancora il Signor Canonico
Santuarista nominato, celebr in seguito nel detto
Altare la Messa, e dur la Sacra Cerimonia circa
ore quattro, e ad ora conveniente ricevettero tutti
gli assistenti con Monsignor Vescovo Consecran-
te il pranzo a spese del Convento, mentre lAlta-
re, che spetta alla Nobil Casa Mosca per una Con-
venzione, che si dir in apresso quando verr
ereto il nuovo Quadro al detto Altare fu riatato in
molte parti, e tutte a spese del M.R. Paulino di
Sinigallia per opera del quale, e Monsignor
Vescovo Diocesano accord il permesso, e Mon-
signor Zollio Vescovo di Rimini accett la detta
funzione, che riusc di comune sodisfazione.
Detto Altare fu demolito allora quando venne
rialzato il Coro.
[cc. 35-36 Mancanti].
[cc. 37-45 Bianche].
[c. 46] In nome di Dio Amen, Pesaro 12 febbraio
1783.
Io sottoscritto al P. Guardiano Il Convento de
Menori Reformati di questa Citt di Pesaro atte-
sto anche col mezzo del mio giuramento qual-
mente si trovano di Famiglia sotto la mia custodia
N. 60 Religiosi compresa la mia persona, per li
quali h ricevuto dai nobili Signori G (?), e Car-
radori (?) Tesoriere di questa Legazione di Urbi-
no, per le mani per del p. Giambattista Negri
ministro di questa Salara - libre novecento
Sale comune per la soleta Elemosina
Annotazione
In questo anno corrente 1794 si deve diriggere la
supplica e lattestato del Sale al Signor Andrea
Manetti, che al presente Ministro della Salara,
col mezzo del mio giuramento qualmente si tro-
vano di famiglia sotto la mia Custodia dentro lan-
no fra quelli, che vengono, e vanno numero 60
Religiosi, compresa non solo la mia persona, ma
ancora il P. Provinciale, ed altri superiori coi loro
Compagni, il Prete Francese, glOspiti Religiosi,
li Servi del Convento, ed altri comensali, che
stanno e giorno e notte nel mio Convento.
[c. 47] Suppliche da farsi alli confratelli della
Compagnia di S. Andrea della Misericordia, di S.
Antonio, della Nunziata, di S. Rocco.
[c. 48. Ancora suppliche ed elemosine.
Seguono pagine senza numerazione:
Lettera ai Padri Riformati di San Giovanni
Battista da parte del Generale dellOrdine del
18 Novembre 1774.
Lettera datata 1736, non leggibile.
Lettera datata 1769, non leggibile.
Altre pagine bianche].
[Inizio di una nuova numerazione]:
[cc. 1-5. Enumerazione dei Legati per le
Messe].
[c. 5. Notizie riguardanti lo spostamento
della tomba di Gavardini dal centro della
Chiesa].
[c. 6] Reedificatio Conventus Sancti Joanni Bap-
tistae Pisauri.
Anno Domini 1536 destructus fuit Conventus
noster S. Jo: Baptistae extra muros (?) per Reedi-
ficationem eiusdem Civitatis Pisauri a Illustrissi-
mo Duce Francisco Maria, qui resarcivit, ut
innornavit menia civitatis Pisauri, (?) anno 1537.
Didit ipse duce domum (?) fratribus pro loco ree-
dificando, quae fuit concessa Communitate, que
Fondazione della chiesa di S. Giovanni Battista
A.D. 5 Aprile 1594* f fondata la Venerabile
Chiesa di S. Gio: Battista di Pesaro, e dallEccel-
lentissima Signora Giuliana Varana Duchessa di
Urbino (regnante lEccellentissimo Signor
GuidUbaldo suo consorte) f posta la prima pie-
tra sotto lAltare Maggiore con una medaglia di
valuta di cinque scudi doro; anche f presente il
P. Alessandro da S. Leo allhora Ministro Provin-
ciale della Marca, e frate Antonio da Camporo-
tondo Guardiano, la qual spesa f fatta dal sopra-
detto Eccellentissimo Signor Duca.
* cos emendato: Errore. Nella lapide disposta
in Scola la Fondazione Segna lAnno MDXLIII
1543.
[c. 7] Autori della Pittura dellAltare Maggiore.
La pittura dietro lAltare Maggiore, opra di
Guercino da Cento; e quella che sta dietro lAlta-
re Maggiore, di Marco Zoppo Bolognese.
[La nuova numerazione va da c.1 a c.8, di
seguito v una carta segnata col n. 4 e altre
diciotto di cui due bianche, ma senza numera-
zione].





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Questo studio esito della rielaborazio-
ne della mia tesi di dottorato discussa
con il medesimo titolo nel dicembre
1999 presso il Dipartimento di Storia
dellArchitettura dellIstituto Universita-
rio di Architettura di Venezia (X ciclo),
relatore prof. Howard Burns. Desidero
ringraziare per il tempo prezioso dedica-
tomi il prof. Howard Burns del DSA, la
prof. Marinella Bonvini Mazzanti del-
lUniversit di Urbino, padre Bernardino
Pulcinelli direttore della Biblioteca Pro-
vinciale Francescana di Falconara Marit-
tima, larch. Enrico Valli di Pesaro. Ai
dott. Giacomo De Zoppi e Federica
Pascolutti va tutta la mia gratitudine per
laiuto profuso nellelaborazione e realiz-
zazione grafica dei progetti del San Gio-
vanni Battista. Sono particolarmente
riconoscente al prof. Cristiano Tessari
che mi ha sostenuto e consigliato assicu-
randomi la sua generosa disponibilit e
una preziosa amicizia.
Abbreviazioni: ASFi = Firenze, Archivio
di Stato; ASMn = Mantova, Archivio di
Stato; ACPs = Pesaro, Archivio Comu-
nale; ANC = Cesena, Archivio Notarile;
BOPs = Pesaro, Biblioteca Oliveriana.
1. Giorgio Vasari, Le vite de pi eccellenti
Pittori, Scultori et Architettori scritte da
Giorgio Vasari, con nuove annotazioni e com-
menti di Gaetano Milanesi [1568], I-IX,
Firenze 1878-1885, VI, pp. 320-321.
2. Ivi, p. 317.
3. A. Pinelli, O. Rossi, Genga architetto.
Aspetti della cultura urbinate del primo 500,
Roma 1971, p. 163.
4. Ivi, p. 167.
5. Ivi, p. 165.
6. Ibid.
7. Ivi, p.166.
8. Ivi, p. 167.
9. Cfr. M. Groblewski, Die Kirche San Gio-
vanni Battista in Pesaro von Girolamo Genga,
Dissertation, Universitt Regensburg
1976. Lo studio di Groblewski propone
una ricca appendice di trascrizioni di
manoscritti inediti della Biblioteca Oli-
veriana di Pesaro. Essi sono stati da me
riesaminati interamente e confrontati
con la versione originale, in particolare il
Ms. 456, II (E-M), Chiese di Pesaro, cc.
373r-386r: San Giovanni Battista, e il Ms.
1230, Notizie varie del Convento di San
Giovanni Battista ed altre memorie relative
al medesimo, cc. 1-48. Si tratta di testi
datati 1735, in parte identici: precisa-
mente le cc. 1-26 del Ms. 1230 sono la
copia dellintero Ms. 456, a queste ne
seguono altre scritte con calligrafie diffe-
renti fino alla c. 48, da qui in poi inizia
una nuova numerazione. Groblewski ha
trascritto per intero il Ms. 456 e parzial-
mente il Ms. 1230; in questo saggio pro-
pongo in Appendice la trascrizione inte-
grale del Ms. 1230, da me emendata negli
errori di trascrizione e integrata nelle
parti omesse da Groblewki, precisando
che nelle note i suddetti manoscritti
saranno citati con lindicazione darchi-
vio della Biblioteca Oliveriana.
10. Groblewski, Die Kirche, cit. [cfr.
nota 9], p. 53.
11. Ivi, p. 52.
12. Ivi, p. 54.
13. Ivi, p. 52.
14. Ivi, p. 51.
15. Un edificio sacrale come lo si sareb-
be costruito probabilmente anche a
Roma in assenza del disastro del Sacco di
Roma. In questo senso va interpretata
losservazione del Vasari che ritiene il
San Giovanni Battista paragonabile ai
pi bei monumenti di Roma: M. Gro-
blewski, Die Kirche San Giovanni Battista
in Pesaro von Girolamo Genga, in Il San
Giovanni, numero unico in occasione
dei 500 anni di Girolamo Genga, Pesaro
1977, p. 8.
16. Cfr. F. Mariano, Architettura nelle
Marche, Firenze 1995, pp. 275-276.
17. M. Grasso, voce Genga, Gerolamo, in
Dizionario Biografico degli Italiani, 53,
Roma 1999, pp. 88-93.
18. F.P. Fiore, Urbino, Pesaro e Girolamo
Genga, in A. Bruschi (a cura di), Storia
dellarchitettura italiana. Il primo Cinque-
cento, Milano 2002, pp. 446-455.
19. Cfr. M. Tafuri, Ricerca del Rinascimen-
to. Principi, citt, architetti, Torino 1992,
p. 24.
20. Vasari, Le vite, cit. [cfr. nota 1], VI,
pp. 315-340 (ivi comprese anche le vite
rispettivamente di Bartolomeo Genga e
Giovan Battista Marino).
21. Particolarmente discutibile appare
la serie degli spostamenti giovanili del
Genga tra diversi centri artistici italiani.
La sequenza cronologica vasariana:
Urbino, Firenze, Siena,Urbino, Roma,
risulta inattendibile nel passaggio da
Siena a Urbino; Vasari, infatti, racconta
che, dopo la morte di Pandolfo Petruc-
ci, Genga sarebbe stato chiamato a
Urbino presso Guidobaldo I di Monte-
feltro (duca dal 1482 al 1508) come pro-
gettista di scene ed apparati di comme-
die, sennonch la data di morte del
Petrucci (1512) risulta posteriore a
quella di Guidobaldo (1508); ma anche
il successivo spostamento da Urbino a
Roma dove in strada Giulia in Santa
Caterina da Siena fece di pittura una
Resurrezione di Cristo risulta cronolo-
gicamente incongruente: fanno notare
Pinelli e Rossi come sia difficile dire se,
tra il 1505 e il 1508, Genga abbia com-
piuto un viaggio a Roma, ma certo
che, a questa data, non pu aver dipinto
la Resurrezione in Santa Caterina a via
Giulia. La chiesa dei Senesi in strada
Giulia fu infatti consacrata solo nel
1519 (cfr. Pinelli, Rossi, Genga architet-
to, cit. [cfr. nota 3], p.180). Similmen-
te, si pu dubitare che al suo ritorno alla
corte urbinate, chiamato da Francesco
Maria I della Rovere, Genga ricoprisse a
tutti gli effetti il ruolo di architetto
ducale gi dal 1513.
22. In data 1521, cio alla morte di
Leone X, Francesco Maria I della Rove-
re recupera quasi tutto lo Stato di Urbi-
no, da cui era stato estromesso con la
bolla del 1 settembre 1516 per darne
investitura a Lorenzino de Medici,
nipote del papa. Il della Rovere gi dal
1517 tenta la riconquista del ducato
mediante sanguinosi interventi bellici
dagli esiti, peraltro, solo parzialmente
favorevoli, in seguito ai quali deve desi-
stere dal tentativo di recuperare la
signoria. Ci potr avvenire soltanto alla
morte di Lorenzino e di Leone X e, pre-
cisamente, alla data del 12 gennaio 1522
quando Francesco Maria con un piccolo
esercito rioccupa de facto lintero ducato.
Occupazione sancita mediante la bolla di
Adriano VI del 27 marzo 1523, che gli
restituisce linvestitura del ducato di
Urbino. Per la biografia di Francesco
Maria I cfr. Paolo Giovio, Gli Elogi. Vite
brevi scritte dhuomini illustri di guerra,
antichi e moderni, Venezia 1557, pp. 292-
295; Giovan Battista Leoni, Vita di
Francesco Maria di Montefeltro della Rove-
re IIII Duca dUrbino, Venezia 1605; per
la riconquista del ducato: Paolo Giovio,
Dialogo dellImprese Militari et Amorose,
Roma 1555, pp. 72-73; inoltre sui della
Rovere cfr. A. Brancati (a cura di), Mani-
festazioni Roveresche, Pesaro 1981, G.G.
Scorza (a cura di), I Della Rovere 1508-
1631, Pesaro 1981.
23. Vasari, Le vite, cit. [cfr. nota 1], VI,
p. 318.
24. Cfr. F. Milizia, Memoria degli architet-
ti antichi e moderni, Bassano 1785, p. 177;
F. Baldinucci, Notizie dei professori del dise-
gno (da Cimabue in qua), per cura di F.
Ranalli, I-V, Firenze 1846, II, pp. 93-94;
E. Povoledo, voce Genga, in Enciclopedia
dello Spettacolo, I-IX, Roma 1954-1962, V,
1958, pp. 1034-1035; O. Rossi, voce
Genga, in DAU, Roma 1968, II, pp. 433-
434; Pinelli, Rossi, Genga architetto,
cit. [cfr. nota 3], pp. 178-180 e 296-343;
S.E. Basset, voce Genga, in Macmillan
Encyclopedia of Architects, a cura di A.K.
Placzek, New York-London 1982, II. Su
Genga pittore e, dunque, in relazione
agli anni della formazione artistica cfr.
M. Salmi, Intorno al Genga, in Rassegna
Marchigiana, VI, 1927-28, pp. 229-236;
A.M. Petrioli Tofani, Per Girolamo
Genga, in Paragone, 229, 231, 1969,
pp. 18-36 e 39-56; Id., Girolamo Genga,
in, Urbino e le Marche prima e dopo Raf-
faello, catalogo della mostra (Urbino, 30
luglio-30 ottobre 1983), a cura di M.G.
Ciardi Dupr dal Poggetto e P. dal Pog-
getto, Firenze 1983, pp. 255-365; W.
Fontana, Scoperte e studi sul Genga pittore,
Urbino 1981; A. Colombi Ferretti, Giro-
lamo Genga e laltare di S. Agostino a Cese-
na, Bologna 1985; F. Sricchia Santoro,
Girolamo Genga, in Domenico Beccafumi e
il suo tempo, catalogo della mostra (Siena,
16 giugno-16 settembre 1990), Milano
1990, pp. 254-265. Un discorso a parte
meritano i contributi di Sabine Eiche
[vedi nota 26].
25. Cfr. Fontana, Scoperte e studi, cit.
[cfr. nota 24], p. 23: Qui per la prima
volta in tutta lopera genghiana irrompe
larchitetto e lo scenografo di classe quasi
con le quinte degli allestimenti scenici,
onde finora il dipinto rappresenta anche
il primo reale documento di siffatta atti-
vit teatrale del Genga di cui parlano
entusiastiche le fonti antiche, dal Vasari
al Serlio, si tratta dellaffresco dellAn-
nunciazione nella chiesa di San Domenico
a Cagli che Fontana ritiene verosimil-
mente opera di Genga, vista la sua somi-
glianza con la pi nota Annunciazione di
Volterra del maestro Luca Signorelli.
26. S. Eiche, Girolamo Genga the Archi-
tect: an Inquiry into his Background, in
Mitteilungen des Kunsthistorischen
Institutes in Florenz, XXXV, 1991, pp.
317-323.
27. Vasari menziona i primi incarichi di
patronato ducale affidati da Guidobaldo I
da Montefeltro a un Genga gi esperto
nella disciplina architettonica: Fu anco
particolarmente trattenuto il Genga dal
detto duca per fare scene e apparati di
commedie, le quali, perch aveva bonissi-
ma intelligenza di prospettiva e gran
principio di architettura, faceva molto
mirabili e belli, cfr. Vasari, Le vite, cit.
[cfr. nota 1], VI, pp. 316-317. Baldi, nella
biografia dedicata a Guidobaldo I, descri-
vendo il funerale del duca avvenuto nel
duomo di Urbino nel maggio 1508, affer-
ma che il catafalco era stato realizzato da
eccellenti architetti, e particolarmente da
Girolamo Genga, cfr. B. Baldi, Della vita
e de fatti di Guidobaldo I da Montefeltro
duca di Urbino, Milano 1821, p. 242.
28. Cfr. Eiche, Girolamo Genga, cit.
[cfr. nota 26], p. 318.
29. Pietro Bembo, Opere, Venezia 1729,
III, p. 331. La lettera di Bembo fa riferi-
mento a una sua visita a Pesaro dove, su
invito del duca Guidobaldo, si era recato
a vedere la villa Imperiale di Genga per-
ch fabbrica per quello ched ella
meglio intesa e meglio condotta con la
vera scienzia dellarte, e con pi modi
antichi e invenzioni belle e leggiadre, che
altra, che a me paja aver veduta fatta
modernamente. Di che con V(ostra)
Sig(noria) mi rallegro grandemente. A
questo punto Bembo conclude: Certo
che il mio Compare Genga un grande
e raro architetto, ed ha superato dassai
ogni espettazion mia. evidente che,
per esprimersi cos, Bembo dovesse sape-
re cose molto precise su Genga e, con
riguardo particolare, sulla sua formazio-
ne di architetto.
30. Sebastiano Serlio, Tutte lopere dar-
chitettura, Venezia 1618, II, p. 18v. Serlio
indica lattivit dello intendente Girola-
mo Genga come esempio rappresentati-
vo dellinterdipendenza tra prospettiva e
architettura: Non fu ancora lui Pittor
eccellente, e nella Prospettiva espertissi-
mo, come ne han fatto fede le belle
Scene da lui fatte per compiacere al suo
padrone Francesco Maria Duca di Urbi-
no, sotto lombra del quale divenuto
ottimo architetto?.
31. Cfr. S. Eiche, voce Genga, in Dictio-
nary of Art, a cura di J. Turner, XII, New
York-London 1996, p. 277. Il contratto
di allogazione dei lavori (come riportato
in Pinelli, Rossi, Genga architetto, cit.
[cfr. nota 3], p. 297) menzionato in L.
Pungileoni, Elogio storico di Timoteo Viti
da Urbino, Urbino 1835, p. 11.
32. Pinelli, Rossi, Genga architetto, cit.
[cfr. nota 3], p. 297, dove indicato:
Archivio cappella del SS. Sacramento a
Urbino, Libro MastroA, 1499-1517, c. 5;
ma cfr. anche Pungileoni, Elogio, cit.
[cfr. nota 31], p. 13.
33. Cfr. Baldi, Della vita, cit. [cfr. nota
27], p. 242.





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34. Cfr. Vasari, Le vite, cit. [cfr. nota 1],
VI, p. 317.
35. Cfr. G. Milanesi, Documenti per la sto-
ria dellarte senese, Siena 1856, III, p. 47.
36. ANC, Atti di Roberto Pasini, v. 1513, f.
88; cfr. C. Grigioni, Per la tavola di Giro-
lamo Genga gi nella chiesa di S. Agostino in
Cesena, in Rassegna bibliografica del-
larte italiana, XII, 1909, pp. 57-59.
da notare come Genga nel contratto si
autodefinisca gironimo da urbino picto-
re in fiorenza.
37. ANC, Atti del med., v. 1518, f. 18r;
cfr. Grigioni, Per la tavola, cit. [cfr.
nota 36], p. 59.
38. Cfr. Eiche, Girolamo Genga, cit.
[cfr. nota 26], p. 320.
39. ANC, Atti di Giulio Gatti, v. 1511-20,
f. 48r; cfr. C. Grigioni, La dimora di Giro-
lamo Genga in Romagna, in La Roma-
gna, XVI, 2, 3, 1927, pp. 175-176.
40. ANC, Atti di Girolamo Albicini, v. di
repertorio generale 296, di repertorio
speciale IX, ff. 160r-162r; cfr. Grigioni,
La dimora, cit. [cfr. nota 39], pp.180-
182. Nel contratto specificato che la
cappella dedicata alla Santissima Tri-
nit, che il prezzo pattuito di 250 duca-
ti doro e che i lavori avrebbero dovuto
avere inizio entro tre o quattro e termi-
nare entro due anni; secondo Borghini
collabora a questo progetto Timoteo
Viti, cfr. Raffaello Borghini, Il Riposo,
Firenze 1584, p. 400. Va notato, inoltre,
che nello stesso anno nasce a Cesena
Bartolomeo, figlio di Girolamo; cfr.
Vasari, Le vite, cit. [cfr. nota 1], VI, p.
325: Di Girolamo sopradetto essendo
nato in Cesena, lanno 1518, Bartolo-
meo.
41. Cfr. Eiche, Girolamo Genga, cit.
[cfr. nota 26], p. 320.
42. Cfr. G. Moroni, Dizionario di erudi-
zione storico-ecclesiastica, I-CIII, Venezia
1840-1861, LXVI, p. 20. La commissio-
ne viene annotata nel commentario di
Fabio Chigi, cfr. C. Cugnoni, Agostino
Chigi il Magnifico, in Archivio della
Societ Romana di Storia Patria, II,
1878, p. 74. Nel racconto vasariano,
invece, viene erroneamente collocata
intorno al 1508 quando muore Guido-
baldo I da Montefeltro (vedi nota 21).
43. Vasari, Le vite, cit. [cfr. nota 1], VI,
p. 316.
44. Cfr. J. Shearman, The Organization of
Raphaels Workshop, in The Art Institute
of Chicago annual lectures, 1983, p. 41.
45. [] se nand a Roma, dove in stra-
da Giulia in Santa Caterina da Siena fece
di pittura una Resurrezione di Cristo,
[] e stando in Roma, attese molto a
misurare di quelle anticaglie (Vasari, Le
vite, cit. [cfr. nota 1], VI, p. 317).
46. ASFi, Ducato di Urbino, classe I, div.
G, filza 134, c. 234 (cfr. Eiche, Girolamo
Genga, cit. [cfr. nota 17], p. 320).
47. Ivi, filza 132, c. 241 (vedi G. Gronau,
Documenti artistici urbinati, Firenze 1936,
CVII, p. 113): Hierony(m)o da Gengha
sar laportator di questa e viene in sule
ceste col prete di Raphaello durbino,
servitori ambidoi tanto affectionati a V.
Ex.tia, quanto sia alcunaltro suo vassal-
lo: di hierony(m)o no dico chella il
cognosce.
48. Cfr. S. Eiche, La corte di Pesaro dalle
case malatestiane alla residenza roveresca, in
S. Eiche, M. Frenquellucci, M. Casciato,
La Corte di Pesaro. Storia di una residenza
signorile, a cura di M.R. Valazzi, Modena
s.d. ma 1986, pp. 34-37.
49. Cfr. Gronau, Documenti, cit. [cfr.
nota 38], CIX-CXV, pp. 114-118.
50. Ivi, CXVI, p. 118.
51. Ivi, CXXII-CXXIV, pp. 121-122 (cfr.
Pinelli, Rossi, Genga architetto, cit. [cfr.
nota 3], pp. 235-238).
52. Ivi, CXXVII, p. 123. Cfr. G. Vaccaj,
Francesco Maria I della Rovere nei dipinti
della Villa Imperiale, in Rassegna Mar-
chigiana, VI, 1927, pp. 59-70; Pinelli,
Rossi, Genga architetto, cit. [cfr. nota
3], pp.121-134; Fontana, Scoperte e
studi, cit. [cfr. nota 15], pp. 103-115.
53. Esistono numerose lettere a riguardo
che testimoniano limpegno profuso
dalla duchessa Eleonora nel seguire le
fabbriche e i lavori condotti da Genga I,
cfr. Gronau, Documenti, cit. [cfr. nota
47], pp. 119-143 e passim.
54. Cfr. G. Marchini, Il problema dellIm-
periale, in Commentari, n.s., XXI,
1970, pp. 66-91; A. Pinelli, O. Rossi,
Limperiale nuova di Girolamo Genga, in
Storia dellarte, VI, 1970, pp. 101-120;
Id., Genga architetto, cit. [cfr. nota 3],
pp. 137-155.
55. Cfr. Ivi, pp. 138 e 191-192. Su
Bembo cfr. C. Dionisotti, voce Bembo, in
Dizionario Biografico degli Italiani, 8,
Roma 1966, pp. 132-151.
56. Cfr. Eiche, Girolamo Genga, cit.
[cfr. nota 26], p. 322; [vedi note 29 e 30].
57. Cfr. note 103 e104.
58. La notizia riportata dalla vita vasa-
riana: [] avendo scritto il cardinale di
Mantova al duca che gli dovese mandare
Girolamo, perch voleva rassettare il suo
vescovado di quella citt, egli vi and, e
rassettollo molto bene di lumi e di quan-
to desiderava quel signore: il quale oltre
ci volendo fare una facciata bella al
detto duomo, glie ne fece fare un model-
lo, che da lui fu condotto di tal maniera,
che si pu dire che avanzasse tutte lar-
chitetture del suo tempo; perciocch si
vede in quello grandezza, proporzione,
grazia, e composizione bellissima (Vasa-
ri, Le vite, cit. [cfr. nota 1], VI, p. 321).
59. Cfr. Pinelli, Rossi, Genga architetto,
cit. [cfr. nota 3], pp. 241-244.
60. ASMn, Archivio Gonzaga, Corrispon-
denza estera: Pesaro e Urbino, E. XXVI.
2a, Lettere de Montefeltro e della Rove-
re, Signori dUrbino, ai Gonzaga, b.
1073, anni 1536-1555, lettera del 15 -IX-
1537 in cui la duchessa Eleonora rispon-
de al fratello Federigo circa il desiderio
suo di havere la mostra della foggia degli
saligati che si sono fatti alle nostre stanze
dellImperiale (cfr. S. Eiche, I della
Rovere mecenati dellarchitettura, in Pesaro
nellet dei della Rovere, I-II, Venezia
1998-2001, I, pp. 241-242).
61. ASFi, Ducato di Urbino, filza 265, f.
776 (cfr. Gronau, Documenti, cit. [cfr.
nota 47], CLVIII, pp. 136-138). Nella
lettera Genga, difendendosi da accuse di
sperpero nella gestione dei lavori di villa
Imperiale, sottolinea le innumerevoli dif-
ficolt materiali a cui costretto in Pesa-
ro in controcanto con lefficientismo
mantovano: [] e siamo in pesaro e non
altrove, dove sono li homini che sono, e
per li appetiti de Signori non bastano e
non migha Mantua che, se non vi sono
li homini, el Sig.or Duca li fa venire e li
tien provisionati per averli a li tempi e
bisogni soi [].
62. Cfr. A. Luzio, R. Renier, Mantova e
Urbino. Isabella dEste ed Elisabetta Gonza-
ga nelle relazioni famigliari e nelle vicende
politiche, Torino-Roma 1893.
63. Cfr. Vasari, Le vite, cit. [cfr. nota 1],
VI, p. 321.
64. ASFi, Ducato di Urbino, cl. I, div. G,
filza 265, c. 237 (cfr. Gronau, Documen-
ti, cit. [cfr. nota 38], CLXXIV, p. 143).
65. Cfr. Vasari, Le vite, cit. [cfr. nota 1],
VI, pp. 321-322.
66. Francesco Maria I muore nel 1538
(vedi nota 22).
67. Il riferimento allanno 1517, quan-
do la zona circostante lImperiale al
centro di una violenta battaglia tra le
truppe capitanate da Francesco Maria
della Rovere e quelle pontificie guidate
da Lorenzo Ceri e dal cardinal Bibbiena.
Nonostante lesito positivo del combatti-
mento, il della Rovere non potr rientra-
re in possesso del ducato di Urbino
prima della morte di Leone X, principa-
le artefice del suo esilio (cfr. nota 3). Il
resoconto dellavvenimento in una let-
tera inviata da Francesco Maria alla
moglie Eleonora: BOPs, Ms. 387, t X,
IX, p. 52, riportato in C. Cinelli, E.
Monti, F. Cardinali, A. Pavan, Limperia-
le castello sul colle di San Bartolo presso Pesa-
ro, Pesaro 1881, p. 14 (cfr. anche Pinelli,
Rossi, Genga architetto, cit. [cfr. nota
3], pp. 181-185 e 265).
68. Cfr. H. Burns, Progetti di Francesco di
Giorgio per i conventi di San Bernardino e
Santa Chiara di Urbino, in Studi braman-
teschi, atti del convegno (Milano-Roma-
Urbino, 1970) Roma 1974, pp. 293-311,
e Id., San Bernardino a Urbino. Anni
ottanta del XV secolo e sgg., in F.P. Fiore,
M. Tafuri (a cura di), Francesco di Giorgio
architetto, Milano 1993, pp. 230- 243.
69. Francesco Maria I figlio di Giovan-
ni della Rovere, signore di Senigallia, e di
Giovanna da Montefeltro, figlia di Fede-
rico, duca di Urbino, e sorella di Guido-
baldo il quale, non potendo avere figli,
adotter suo nipote; per la biografia del
della Rovere (vedi nota 22).
70. Cfr. il Diario di Giovanbattista Bel-
luzzi, genero di Genga e suo collaborato-
re ai cantieri di lavoro: [] et in questo
mezo che io steva in Pesaro, se revede
tutti li conti della fabricha de lo Imperia-
le, de corte, del giardino, del barcho de
Monte Baroccio, de Gradare et de tutte
le fabriche quale mio messere haveva
cura. Et perch li conti stevano male per
essere mal tenuti, li fu da fare per uno
mese asai []. Nota che allo Imperiale
sina a questo tempo se era spese da 10
milia scuti circha, et la lora spesa per le
altre fabriche era da 2 milia scuti (vedi
Giovan Battista Belluzzi, Diario autobio-
grafico 1535-1545, a cura di P. Egidi,
Napoli 1907, c. 49a, p. 67).
71. Cfr. Gronau, Documenti, cit. [cfr.
nota 47], 1936, CXVIII, CXXIII,
CXXIV, CXXXVII, CXXXVIII, CXL-
VII, CXLIX, CLI, CLVIII, pp. 119-138.
72. Significative testimonianze del fervo-
re costruttivo posto in atto dai due duchi
della Rovere sono lo scudo doro del
duca Francesco Maria I e la medaglia
dargento del duca Guidobaldo II: in
entrambi viene rappresentata la pianta
pentagonale della citt associata, in un
caso, al motto REEDIFICAVIT PISAVRVM,
nellaltro al motto PISAVRO AVCTO AC
MVNITO, cfr. G. Vaccaj, Pesaro nelle meda-
glie e monete degli Sforza e dei della Rovere,
in Rassegna Marchigiana, VI, 1927-28,
pp. 295-330.
73. Cfr. Eiche, La corte, cit. [cfr. nota
48], pp. 37, 38, 43; Brancati (a cura di),
Manifestazioni, cit. [cfr. nota 22], pp.
36, 39.
74. Cfr. A. Fucili Bartolucci, Architettura
e plastica ornamentale nellet roveresca dal
Genga al Brandani, in E. Battistelli (a cura
di), Arte e cultura nella provincia di Pesaro
e Urbino. Dalle origini a oggi, Venezia
1986, pp. 281-292; Brancati (a cura di),
Manifestazioni, cit. [cfr. nota 22], pp.
35-52. La parte pi antica del palazzo
della Paggeria viene costruita nella
seconda met del XVI secolo su disegno
del Terzi, allinizio del secolo successivo i
lavori saranno affidati per conto del duca
Francesco Maria II allarchitetto Niccol
Sabbatini (cfr. ibid., p. 52); su Niccol
Sabbadini cfr. E. Povoledo, Niccol Sab-
batini e la corte di Pesaro, in E. Povoledo (a
cura di), Pratica di fabbricar scene e machi-
ne ne teatri di Nicola Sabbatini, Roma
1955, pp. 139-189. singolare, ma
anche emblematico dei capricci ducali
al tempo di Guidobaldo II, che la costru-
zione delle stalle ducali (dove attualmen-
te sorge il teatro Rossini) venga interrot-
ta per mancanza di fondi per riprendere
soltanto dopo che un reo avr pagato
uningente somma di denaro come taglia
per aver commesso un gravissimo delit-
to, cfr. A. Brancati (a cura di), Il Palazzo e
la famiglia Montani a Pesaro, Pesaro 1992,
p. 37, e Id. (a cura di), Manifestazioni,
cit. [cfr. nota 22], p. 43.
75. Cfr. Brancati (a cura di), Il Palazzo,
cit. [cfr. nota 65], p. 17, 51-53; N. Ceci-
ni, Pesaro, Bologna 1973, pp. 102, 104;
Fucili Bartolucci, Architettura e plastica
ornamentale, cit. [cfr. nota 65], p. 291.
Vanno segnalate anche importanti inizia-
tive edilizie di Guidobaldo allinterno del
territorio ducale: il restauro del palazzo
Ducale di Casteldurante e del castello di
Gradara, i lavori nella Corte Rossa e
Bassa di Fossombrone e nel convento del
Beato Sante di Mombaroccio, come pure
lerezione della tomba di Francesco





15|2003 Annali di architettura
Rivista del Centro internazionale di Studi di Architettura Andrea Palladio di Vicenza www.cisapalladio.org
133
Maria I nella chiesa di Santa Chiara a
Urbino e i lavori nel vescovado e in Santa
Maria delle Grazie a Senigallia; cfr.
Brancati, Manifestazioni, cit. [cfr. nota
13], p 23; F. Benelli, La storia della costru-
zione del convento e della chiesa di Santa
Maria delle Grazie a Senigallia, da Baccio
Pontelli a Gerolamo Genga, in Annali di
architettura, 14, 2002, pp. 93-107, par-
ticolarmente le pp. 100-102. Bisogna
inoltre considerare la specifica affezione
del duca Guidobaldo II per la citt di
Senigallia alla cui ristrutturazione decide
di legare il proprio nome e la memoria
della propria virt; cfr. M. Bonvini Maz-
zanti, Potere e res aedificatoria. Storia di
piazza e palazzo del Duca a Senigallia,
Ancona 1992.
76. Cfr. A. Segarizzi (a cura di), Relazioni
degli ambasciatori veneti al Senato, (Mila-
no-Urbino) Bari 1913, II, pp. 159-182.
77. Ivi, pp. 183-197.
78. Ivi, p. 192.
79. Ivi, pp. 199-216; relazione di Matteo
Zane del 1575. Cfr. anche F. Ugolini,
Storia dei conti e dei duchi di Urbino, I-II,
Firenze 1859, II, pp. 289-316
80. Guidobaldo, infatti, provvede finan-
che a comprare tutto il travertino neces-
sario al rivestimento della facciata, che
per non verr mai messo in opera,
anche a causa delle resistenze opposte dai
minori francescani cui era affidata la
chiesa. Cfr. C. Ortolani, Il mio bel San
Giovanni, Pesaro 1930, pp. 20-21, e G.
Dassori, Chiesa di San Giovanni Battista.
Storia e Descrizioni, in M. Omiccioli (a
cura di), LIsauro e la Foglia. Pesaro e i suoi
castelli nei disegni di Romolo Liverani,
Pesaro 1986, p. 278. Il testo di Dassori
ricava le notizie sul San Giovanni Batti-
sta dal libro di Ortolani ricalcandone
anche le imprecisioni: ad esempio, in
relazione agli avvenimenti tra il 1521 e il
1536 quando si decide di abbattere e
ricostruire in altro luogo ledificio dei
francescani entrambi gli autori fanno
riferimento alla persona di Guidobaldo
II come duca in carica, invece che a suo
padre Francesco Maria I.
81. Quando il progetto di San Giovanni
Battista viene messo in opera Guidobaldo
probabilmente non ha in mente di farne il
proprio mausoleo, n di trasferirvi le spo-
glie del padre sepolto a Urbino nella
chiesa di Santa Chiara. Egli stesso verr
sepolto a Pesaro nella chiesa del Corpus
Domini (cfr. G. Vaccaj, Il Monastero del
Corpus Domini in Pesaro e la tomba di Gui-
dobaldo II della Rovere e di Vittoria Farnese,
in Picenum, 1921, pp. 140-145).
82. Risulta, infatti, che nel 1438 papa
Eugenio IV avesse affidato ai religiosi
francescani la direzione spirituale del
nuovo monastero del Corpus Domini,
un tempo casa di monache terziarie, poi
convertita in vero e proprio monastero
(con annessa una piccola chiesa) da Bat-
tista Feltria, moglie di Galeazzo Sforza
(cfr. Ortolani, Il mio bel, cit. [cfr. nota
80], pp.1-2; Dassori, Chiesa di San Gio-
vanni, cit. [cfr. nota 80], p.273). Nei
Mss. Oliv. 456 (c. 373v) e 1230 (c. 2)
trascritta una parte del testo della bolla:
in dicta Domo sub invocazione Corpo-
ris Christi sorores, sine Moniales sub
eiusd(em) ordinis Regularibus habitu, et
observantia perpetuo degnant [] Vica-
rio Ordinis Fratrum Minorum Obser-
vantia pro tempore existenti, immediate
subsint; inoltre vi si legge una breve sto-
ria dellantico convento di San Giovanni,
espunta da notizie racolte da diversi
Scrittori in questAnno 1735, e da con-
servarsi per memoria, non essendovi nel-
lArchivio altra Notizia distinta come la
presente, che ipotizza lesistenza della
chiesa e del convento di San Giovanni
ancora molto prima del 1438.
83. Cfr. L. Giordani, Dissertazione sulla
chiesa di S. Eracliano, in Nuova Raccolta
dOpuscoli Scientifici e Filologici, n.s.,
XX, 1760.
84. Cfr. BOPs, Ms. Oliv. 320, c. 37r o 71
(ms. originale 204, c. 96t): Chiesa di San
Giovanni Battista posseduta dalli P.P.
minori di S. Francesco riformati, volgar-
mente detti Zoccolanti; questi vennero
prima in questa Citt al n di 6 lanno
1442 e furrono posti al Viridario cos
detto allOra il loco dellIngualchiera.
85. Secondo quanto riportato da Ortola-
ni, Il mio bel, cit. [cfr. nota 80], p. 2,
dove si afferma di aver attinto queste
notizie da una relazione manoscritta che
si conservava nel convento di San Gio-
vanni e in seguito andata perduta.
86. Cfr. G. Vaccaj, Pesaro, pagine di storia
e topografia [Pesaro 1909], Pesaro 1984,
p. 81: qui proposta la data del 29 marzo
1464, mentre Ortolani e Dassori sulla
scorta del Manoscritto Oliveriano 382
annotano la data del 27 marzo 1465 (vedi
nota 87).
87. Cfr. A. DArquata, Cronaca della Rifor-
mata Provincia de Minori nella Marca,
Cingoli 1893, p. 122; Ortolani, Il mio
bel, cit. [cfr. nota 80], pp. 2-3; Dassori,
Chiesa di San Giovanni, cit. [cfr. nota
80], pp. 273-274; questi ultimi fanno
entrambi riferimento al testo della BOPs,
Ms. Oliv. 382, V, c. 262r-v, che qui ripor-
tiamo: Ma perch la mala qualit et
intemperie daere cagionata forse dallac-
que stagnanti dalcuni fossi apportava ai
Religiosi, che ivi dimoravano, infermit
continue, i PP. suddetti nel 1464 ricerca-
rono il Sig. Alessandro Sforza, Conte di
Cotignola, ed allora Vic(ari)o Gen(era)le
di Pesaro per la Sede Ap(sto)lica, ed insie-
me la Comunit di Pesaro, a compiacersi
che potessero edificare un nuovo Con-
vento dentro la Citt o suoi Borghi in
luogo daria pi salubre. Cos nellanno
seguente a nome di d(ett)o Alessandro e
del Pubblico fu impetrato dal Pontefice
Paulo 2 un Breve speziale spedito in
Roma alli 27 di Marzo, e diretto a Mons.
Giovanni Benedetti, Vesc(ov)o di Pesaro,
di poter trasportare lantico Convento
nei Borghi della Citt in luogo commodo
et onesto e salubre, sicome fu eseguito,
trasferendo la Chiesa Vecchia di San
Francesco nella Chiesa di SantEracliano,
che per essere Parocchiale e sotto la Cura
dun Priore dellordine di San Benedetto,
subordinato al Monastero di Chiaravalle,
fu unita et annessa con lAutorit Pontifi-
cia alla Chiesa e Cura di San Cassiano,
retta parimente da un altro Priore e
Monaci di San Benedetto. Era in quel
tempo Guardiano del Primo Convento di
San Francesco (al Viridarium) fr. Pietro
da Modena.
88. Cos si rileva dalla relazione mano-
scritta riportata da Ortolani e oggi
dispersa (cfr. Ortolani, Il mio bel, cit.
[cfr. nota 80], pp. 2 e 9; Dassori, Chiesa di
San Giovanni, cit. [cfr. nota 80], p.
274); essa avverte del ritrovamento della
pergamena che, in occasione dellavveni-
mento, era stata collocata dentro la pie-
tra sacra (di fondazione) e su cui vera
scritto: Ego frater Guglielmus Ordinis
Minorum Epus Savonensis consecravi
Ecclesiam, et Altare hoc S. Jo: Baptistae;
Reliquias Beatorum Sancti Andreae Apli,
Sancti Vincentii, et Sancti Sergii in eo
inclusis: singulis Xpi fidelibus in Anni-
versario Consecrationis ipsam visitanti-
bus dies 40 de vera Indulgentia in forma
Ecclesiae consueta concedimus.
89. Cfr. Dassori, Chiesa di San Giovan-
ni, cit. [cfr. nota 80], pp. 274-275:
certamente la chiesa dellOsservanza,
con il campanile e lattiguo convento
eretta intra muros e presso il ponte sul
Foglia. Sul coro di SantAgostino cfr. R.
Sabbatini, Larte nella chiesa di S. Agostino
in Pesaro. Studio particolare sul coro, Bolo-
gna 1954.
90 Cfr. Dassori, Chiesa di San Giovan-
ni, cit. [cfr. nota 80], p. 275.
91. Per una visione dinsieme della storia
del ducato di Urbino in questi anni cfr.
A. Lazzari, Memorie istoriche dei Conti e
Duchi di Urbino, Fermo 1795; Ugolini,
Storia, cit. [cfr. nota 79]; Luzio,
Renier, Mantova e Urbino, cit. [cfr.
nota 62]; J. Dennistoun, Memoirs of the
Dukes of Urbino, London 1909; Scorza, I
Della Rovere, cit. [cfr. nota 22]; Branca-
ti (a cura di), Manifestazioni, cit. [cfr.
nota 22]; Eiche, La corte, cit. [cfr. nota
48]. Inoltre, un dettagliato repertorio
bibliografico sul ducato di Urbino si
trova in L. Moranti, Bibliografia urbinate,
Firenze 1959.
92. Si tratta di una delibera del consiglio
del 31 gennaio 1521 tratta dallACPS, v.
58, Consigli dal 1519 al 1536, f. 67 (cfr.
L. Celli, Le fortificazioni militari di Urbi-
no, Pesaro e Senigallia del secolo XVI, in
Nuova Rivista Misena, VIII, 1895, p.
75, e Vaccaj, Pesaro, pagine, cit. [cfr.
nota 86], p. 79).
93. Ivi, p. 80. Sulle fortificazioni militari
costruite da Francesco Maria della Rove-
re non solo a Pesaro, ma anche a Seni-
gallia e a Urbino, cfr. Celli, Le fortifica-
zioni militari, cit. [cfr. nota 92].
94. [] il disegno di quella fortezza fu
pi di Girolamo che dalcun altro; se
bene questa sorte di architettura da lui fu
sempre stimata poco, parendogli di poco
pregio e dignit (Vasari, Le vite, cit.
[cfr. nota 1], VI, p. 319).
95. [] Capituli che domando mi
Andrea de m.ro Hieronymo Marangone
alla nra Comunit hauendo mo servirla
alla fabrica della muraglia dela terra
secondo il disegno et ordine de Mess. P.
Francesco de Viterbo [] (ACPs, v. 65,
Consigli dal 1519 al 1536, p.219).
96. Cfr. Celli, Le fortificazioni militari,
cit. [cfr. nota 92], p. 111.
97. BOPs, Mss. Oliv. 456 (cc. 374v-375r)
e 1230 (c. 4).
98. ASFi, Ducato di Urbino, classe I, div.
G, c. 161. Cfr. anche Celli, Le fortificazio-
ni militari, cit. [cfr. 92], pp. 103-104;
Vaccaj, Pesaro, pagine, cit. [cfr. nota
86], p. 82; Ortolani, Il mio bel, cit. [cfr.
nota 80], pp. 9-10.
99. Secondo Vaccaj corrisponderebbe al
vecchio monastero di SantEracliano con
chiesa annessa, preferito dai frati osser-
vanti per la vicinanza con il Barchetto,
appartenente in origine al convento di
San Giovanni Battista, da cui i frati non
vogliono allontanarsi (cfr. Vaccaj, Pesaro,
pagine, cit. [cfr. nota 86], pp. 82-83). In
realt, si gi detto che SantEracliano
il nome del convento degli osservanti
prima di diventare San Giovanni Batti-
sta, perci Vaccaj si riferirebbe al mede-
simo posto da cui i frati vengono allonta-
nati. Inoltre, i frati conventuali a Pesaro
non sono stanziati in un luogo prossimo
al Barchetto, cio allinterno della citt e
in prossimit del ponte sul fiume Foglia,
bens in prossimit di porta Collina, in
tal caso, secondo Ortolani, Il mio bel,
cit. [cfr. nota 80], p. 10), dal contenuto
della lettera si evincerebbe il desiderio
del duca di allontanare da Pesaro i mino-
ri conventuali e di cedere il loro posto
agli osservanti, cosa non avvenuta poich
gli osservanti rifiutano di allontanarsi dal
Barchetto.
100. Cfr. BOPs, Mss. Oliv. 456 (c. 375r-
v) e 1230 (c. 5). Cfr. Ortolani, Il mio
bel, cit. [cfr. nota 80], pp. 10-11.
101. Cfr. BOPs, Mss. Oliv. 456 (cc. 375v-
376r-v) e 1230 (cc. 6-7), Notizie del Bar-
chetto: [] li Frati ricusarono il sito, ove
erano le stalle per non allontanarsi da
detto Barchetto. Il giardino viene diviso
tra i frati e il duca secondo un accordo
per cui del Barchetto nebbero sempre
la Chiave li Frati; e quando il Signor
duca voleva andarvi a divertirsi, mandava
uno della Corte a prendere la Chiave
per poter accedere al Casino che egli
stesso aveva fatto costruire in forma di
ruina. Vasari, primo e unico autore
antico, attribuisce a Girolamo Genga il
disegno del Barchetto: Col disegno del
medesimo [Girolamo Genga] il duca
[Francesco Maria I] fece restaurare la
corte di Pesaro, ed il barchetto, facendo-
vi dentro una casa che, rappresentando
una ruina, cosa molto bella a vedere; e
fra le altre cose vi una scala simile a
quella di Belvedere di Roma, che bel-
lissima (Vasari, Le vite, cit. [cfr. nota
1], VI, p. 319). La pi antica descrizione
del Barchetto si trova nella prefazione a
stampa degli Statuti della citt di Pesaro
datata novembre 1530: Parcum post
conventum beati Joannis baptistae diver-
sis animalibus plerisque antea incognitis,
piscium ornatissimo vivario incluso, quo
ex superiori valato aque sub terram
defluunt, ipso principe iubente Civium
non ambigimus. Vi Kal. Novembris
1530 (Statuta Civitatis Pisauri, noviter
impressa, Pisauri 1531). Una rappresen-
tazione del Barchetto nella veduta di
Francesco Minguzzi dipinta nella prima
met del Seicento contenuta nella c. 10r
del Codice Barberiniano Latino 4434 della
Biblioteca Apostolica Vaticana. Sul Bar-
chetto cfr. Ortolani, Il mio bel, cit. [cfr.
nota 80], pp. 12-15; Pinelli, Rossi, Genga
architetto, cit. [cfr. nota 3], pp.246-251;
L. Fontebuoni, Il Barchetto, in Progetti e
ricerche della citt di Pesaro. Centro storico





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di Pesaro, Pesaro 1985, pp. 58-91; ma
anche BOPs, Ms. Oliv. 443, Repertorio di
scritture dellarchivio ducale, n. 3, Barchet-
to, cc. Xr-XIIv.
102. Cfr. Ortolani, Il mio bel, cit. [cfr.
nota 80], pp. 17, in cui citato il BOPs,
Ms. Oliv. 204, cc. 96-98. Padre Alessan-
dro da San Leo testimone dellatto di
vendita, come risulta dai Mss. Oliv. 456
(cc. 376v-377r) e 1230 (c.8). Ma cfr.
anche BOPs, Ms. Oliv. 389 (c. 216r).
103. Cfr. Franciscus Gonzaga, De Origi-
ne Seraphicae Religionis Franciscanae,
Secunda Pars, Provincia Marchiae 1587,
Conv. XLVI, pp. 211-212 (riportato
anche da Ortolani, Il mio bel, cit. [cfr.
nota 80], p. 16); inoltre BOPs, Ms. Oliv.
443, c. XIr: [] e fabrica di nuovo fatta
della chiesa di San Giovanni Battista a
spese del Duca Guidobaldo, et in parti-
colare per haverli dato grandissima
quantit die matoni, e con essa la materia
duna torre antica vicino a Porta del
Ponte fuori della citt, ed in altra vicino
alla Rocca di Pesaro demolite da detti
Frati [] (cfr. Groblewski, Die Kir-
che, cit. [cfr. nota 9], Appendice, p.
XVI).
104. Cfr. Ortolani, Il mio bel, cit. [cfr.
nota 80], p. 18; Dassori, Chiesa di San
Giovanni, cit. [cfr. nota 80], p. 277.
105. Cfr. note 97-99.
106. Cfr. Ortolani, il mio bel, cit. [cfr.
nota 80], pp. 29-30; Ortolani si dichiara
incerto se i frati avessero rinunciato per-
ch non pi interessati o se per interven-
to diretto della corte roveresca.
107. Vasari, Le vite, cit. [cfr. nota 1],
VI, p. 320: Essendo poi successo il duca
Guidobaldo [] fece principiare dal
detto Genga la chiesa di San Giovambat-
tista in Pesaro, [] essendo stata condot-
ta, secondo quel modello, da Bartolomeo
suo figliuolo.
108. ASFi, Ducato di Urbino, filza 105,
VI, f. 2v, f. 469 (Gronau, Documenti,
cit. [cfr. nota 47], CLXXVI): In la fabri-
ca di San Giovanni non si lauora gi,
sono molti giorni, ne trouo che sia muta-
to il modello in alchuna parte et auertir,
che anco per lo auenire non si muti nien-
te et dar auiso dogni cosa al Genga.
109. BOPs, Ms. Oliv. 966, Cronaca della
citt di Pesaro del cav. Domenico Bonamini,
v. 54, c. 45.
110. BOPs, Mss. Oliv. 456 (c. 377v) e
1230 (c. 9): [] la Fabbrica era comin-
ciata con magnificenza, ma o fosse, che
il S. Ducha avesse altre spese, o la
Morte; la fabrica di detta Chiesa rest
imperfetta. BOPs, Ms. Oliv. 1230, c. 9
(aggiunta al Ms. 456): Piuttosto che
alla morte del Duca, limperfezione
della chiesa si pu attribuire alla man-
canza di denaro ed infatti per accumu-
larne detto Duca aggrav i suoi sudditi
di tante e si forti imposizioni, che gli si
ribellarono, e non ne compiansero affat-
to la morte, la quale avvenne qui in
Pesaro nellanno 1574.
111. Uneco delle dispute sorte allin-
terno della congregazione intorno a
tale questione si trova nellopera dello
storico dellordine Francesco Gonzaga,
che si esprime al riguardo in questi ter-
mini: Quod vero reliquum est aedifi-
cii, communibus illustrissimorum
Ducum atque piae communitatis sump-
tibus superstructum est. Idque tanta
magnificentia atque sumptuositate, ut
eorum manus saepius a Provinciae
patribus, ne solitus paupertatis modus
excederetur, comprimendae venerint
(cfr. Gonzaga, De Origine, cit. [cfr.
nota 103], p. 212).
112. Le pietre che stanno attorno alla
Chiesa, e Clausura, furrono dal Medesi-
mo Signor Ducha preparate per fare le
Colonne, come quelle, che sostengono
lArcho Maggiore della Cupola. Finche
vi furrono li P.P. Osservanti non vi fu
fatto altro ornamento (cfr. BOPs, Mss.
Oliv. 456 [c. 377v] e 1230 [c. 9]). Tale
materiale, poi, non verr pi messo in
opera, ma, conservato allinterno del
convento fino al periodo napoleonico,
servir alla costruzione di un fortino:
Durante limpero di Napoleone I dette
pietre furono adoperate per la fabrica
del Fortezzino a destra della Lanterna
del porto di questa citt (cfr. BOPs, Ms.
Oliv. 1230, c. 14 [correzione al Ms.
456]).
113. Cfr. Gonzaga, De Origine, cit.
[cfr. nota 103], p. 212: In huius sacrae
domus ecclesia, quae elegantissima est,
altare sanctissimo Crucifixo dicatum, ob
continua miracula quae ibi contigunt,
atque ob singulare privilegium quo a
Summo Pontifice Gregorio XIII dona-
tum fuit, ut videlicet fidelium animae a
purgatorij poenis per Missarum solemnia
ibidem facta liberentur, maxima devotio-
ne a fidelibus frequentatur. La conces-
sione di Gregorio XV, invece, riportata
in BOPS, Mss. Oliv. 456 (c. 377v) e 1230
(c. 10): LAltare del Santissimo Crocifis-
so privilegiato cotidiano perpetuo, e
per ogni Messa che ivi si cellebra si libe-
ra unAnima dal Purgatorio, cio quella
per la quale si cellebra, come pu veder-
si nella Bolla di Gregorio XV, che si con-
serva nellArchivio del Convento.
114. Cfr. DArquata, Cronaca, cit. [cfr.
nota 87], p. 124; Ortolani, Il mio bel,
cit. [cfr. nota 80], pp. 21-22.
115. BOPs, Mss. Oliv. 456 (c. 378r) e
1230 (c. 10); cfr. Ortolani, Il mio bel,
cit. [cfr. nota 80], pp. 34-37.
116. ASFi, Ducato di Urbino, classe I, div.
A, filza IV, parte II, cfr. Groblewski, Die
Kirche, cit. [cfr. nota 9], Appendice, pp.
XVII-XVIII.
117. BOPs, Ms. Oliv. 380, c. 271v; cfr.
Groblewski, Die Kirche, cit. [cfr. nota
9], Appendice, p. XVI.
118. In portu Pisaurensi anno 1612 miri-
fica inundatio et alluvies, et submersio
navium, et locorum subsequuta est (cfr.
A. Abati-Olivieri-Giordani, Memorie del
porto di Pesaro, Pesaro 1774, pp. 59-60).
119. IV Kal. Martias an. sal. hum. 1613.
Tam effossionis, quam etiam palationum
opus felicissime atque auspicatissime
susceptum atque inchoatum est (ibid.).
120. Cfr. Scorza, I Della Rovere, cit.
[cfr. nota 22], pp. 28-30.
121. Cfr. Vaccaj, Pesaro, pagine, cit.
[cfr. nota 86], pp. 121-123.
122. Cfr. Brancati (a cura di), Manifesta-
zioni, cit. [cfr. nota 22], pp. 31-32, e Id.
(a cura di), Il Palazzo, cit. [cfr. nota 74],
pp. 10-12.
123. La stessa incisione viene ripubblica-
ta, sempre ad Amsterdam, nel 1704 da
Pierre Mortier nel tomo II del Nouveau
Thatre dItalie ou description exacte des ses
villes, eglises [] et les cartes gographiques
de toutes ses provinces (tav. XLIX). Di
entrambe queste incisioni, poi, esistono
numerose copie in raccolte pubbliche e
private. Cfr. Brancati (a cura di), Manife-
stazioni, cit. [cfr. nota 22], p. 32, e Id.,
Il Palazzo, cit. [cfr. nota 65], pp.29-30.
Questa pianta, in cui la citt vista da
nord-est, un documento che riveste
notevole importanza: infatti vi sono indi-
cati, con quasi assoluto rigore topografi-
co, tutti gli edifici, le strade e gli isolati
dellantico nucleo urbano, cosicch la
citt ci documentata puntualmente in
quella che sar la sua struttura planime-
trica e urbanistica non solo di tutto il
XVII secolo, ma anche di quelli successi-
vi, dal momento che, tanto allinterno
quanto allesterno della cinta muraria
roveresca, non si avranno rilevanti modi-
fiche per lungo tempo.
124. Si tratta di piante prospettiche, pub-
blicate tra la fine del XVI e il XVII seco-
lo, per la cui datazione vanno considera-
ti come termine post quemil 1570, data in
cui allincirca terminano i lavori della
nuova cinta muraria (sebbene liscrizione
apposta sulla porta del ponte portasse la
data del 1564, sappiamo che dovevano
ancora essere portati a compimento dalla
parte del mare); come termine ante quem
il 1613, data dinizio dei lavori per la rea-
lizzazione del nuovo porto.
125. BOPs, Mss. Oliv. 456 (c.379v) e
1230 (cc. 12-13): NellAnno poi 1698 Il
P. Paolo Candelara essendo Guardiano,
fece la Volta del Dormitorio [] Il Cam-
panile era un ordine piu alto; Ma perch
minacciava Ruina; il suddetto P.M.N.
Pergola fu obligato a rifarlo fin al sito
presente. N, a questo riguardo, pu
essere considerata certa la data del 1633,
indicata da Dassori e, sulla sua scorta, da
Pinelli e Rossi, poich non viene giustifi-
cata lorigine documentaria di tale asser-
zione; cfr. Dassori, Chiesa di San Giovan-
ni, cit. [cfr. nota 80], p. 279; Pinelli,
Rossi, Genga architetto, cit. [cfr. nota
3], p. 262.
126. Cos come ricorda la lapide comme-
morativa: D.O.M./ TEMPLVM HOC/ QVOD
OLIM VRBINI DVCVM/ PIETAS ET MVNIFI-
CENTIA/ ANNO MDXLIII A FVNDAMENTIS
EREXERANT/ ILLMVS ET REVMVS D.D.
CAROLVS NEMBRINVS ANCONITANVS/ PAR-
MENTIVM EPISCOPVS/ ILLMO ET REVMO
D.D. JOANNE FRANCISCO PASSIONEO/
PISAVRENSIVM EPISCOPO ANNVENTE/
SOLEMNI RITV DIE XXIX AVGVSTI CONSA-
CRAVIT/ ANNO SALVTIS MDCLVI.
127. Cfr. BOPs, Mss. Oliv. 456 (c. 378r) e
1230 (c. 11).
128. Cfr. Ortolani, Il mio bel, [cfr. nota
80], cit., p. 80.
129. Vedi nota 112.
130. Cfr. BOPs, Mss. Oliv. 456 (cc. 379v-
380r) e 1230 (c. 13): [] pat assai la
Chiesa, particolarmente la Volta; onde fu
necessario fare un Castello di legno
movibile per risarcirla: Siccome la Cupo-
la, che pure patt, e con tale ocasione fu
fatto il Baldachino sopra lAltar Maggio-
re. Cfr. anche Ortolani, Il mio bel, cit.
[cfr. nota 80], p. 113, e Dassori, Chiesa di
San Giovanni, cit. [cfr. nota 80], p. 287.
131. Cfr. BOPs, Mss. Oliv. 456 (c. 385r) e
1230 (cc. 22-23): NellAnno 1728 la
Chiesa avea gia per la Navata nelle quat-
tro Nichie, ove al presente sono li Con-
fessionari, vi erano quattro Altari, quali
rendevano la Medesima Navata difforme
[] Siche tolti via gli Altari, in luogo
dessi, sono posti li Confessionali. Cfr.
anche Ortolani, Il mio bel, cit. [cfr. nota
80], pp. 124-125.
132. BOPs, Mss. Oliv. 456 (c. 386r) e
1230 (c. 24): [] il Provinziale suddetto
fece proseguire la fabrica de Confessio-
nali, e delle Balaustrate a tutte le Capel-
le, che furrono compite lAnno 1733.
133. BOPs, Mss. Oliv. 456 (c. 386v) e
1230 (c.26): NellAnno 1734 fu ingran-
dita, dal P. Egidio la Sagrestia interiore
[] nellAnno 1737; Sicome nella Chie-
sa; nella Capella Maggiore, cioe sotto la
Capella, ha fatto fare tutte quattro le
Porte, con cornici attorno.
134. BOPs, Ms. Oliv. 1230 (c. 32): Nel
1791 adi 10 Febbraro si attacc il Fuoco
nella seconda camera dopo la speziaria
[]. La Libraria, che per la quantit e
quallit dei libri era riputata una delle
migliori della Provincia, rimase tutta
incenerita, accadde lo stesso della spe-
ziaria.
135. Cfr. Ortolani, Il mio bel, cit. [cfr.
nota 80], pp. 155-156; Dassori, Chiesa di
San Giovanni, cit. [cfr. nota 80], pp.
288-289.
136. Cfr. Ortolani, Il mio bel, cit. [cfr.
nota 80], p. 157.
137. riportata da padre Ciro Ortolani
nella sua storia su San Giovanni Battista:
Per quanto fosse maestosa e bella la
Chiesa di San Giovanni di Pesaro, la
parte del coro dietro il maggiore altare
non rispondeva alla sua maestosit ed il
coro era molto incomodo alla salmeg-
giatura ed al canto dei religiosi. Per
lanno 1838 dal guardiano Padre Ber-
nardino da Chiaravalle si stabil rialzare
per intero la parte di detto coro, sicch
seguisse lordine di tutta la Chiesa. Tolta
la cona dellaltare, formandolo, come
osiamo dire, alla Romana, [] se ne fece
istanza regolare ai Padri del Definitorio
nel mese di maggio dello stesso anno
1838 [] e se ne ebbe il permesso. Die-
tro il disegno fatto dal rinomatissimo
ingegnere signor Pompeo cavaliere
Mancini e la direzione dellarchitetto
Alessandro Bacchiani si die nellanno
istesso principio alla fabbrica, ed entro
lo spazio di circa sei mesi si condusse al
suo termine (cfr. ivi, p. 161).
138. La lapide posta sopra la porta che
immette al corridoio della sagrestia:
SVBSELLARIVM/ QVOD/ LOCI ANGVSTIS
ET FORNICIS PERINCOMODVM/ OPERIBVS
AMPLIATIS CVLTVQVE ADDITO/ IN SPLEN-





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DIDIOREM FORMAM RESTITVTVM EST/
PIENTISSIMORVM CIVIVM MVNIFICENTIA/
GRATVITA ITEM OPERA ET CONSILIO/ V. C.
POMPEI MANCINI EQVIT. ARCHITECTI/
INSIGNI STVDIO ATQVE INSTANTIA/ FF.
AEGIDII ET BERNARDINI CLARAVALLEN-
TIVM/ QVORVM ALTER GEREBAT ANTISTI-
TEM ORDINIS PER PROVINCIAM/ ALTER
PRAEF. COENOB./ TANTAE BENEFICENTIAE
MEMORIAM/ FAMILIA VNIVERSA/ POSTERI-
TATI TRADENDAM CENSVIT/ LIBENS MERI-
TO/ KALEND. IANVARII A. S. MDCCCXXX-
VIIII. Cfr. Ortolani, Il mio bel, cit. [cfr.
nota 80], p. 162; DArquata, Cronaca,
cit. [cfr. nota 87], p. 127; Pinelli, Rossi,
Genga architetto, cit. [cfr. nota 3], p.
263; Dassori, Chiesa di San Giovanni,
cit. [cfr. nota 80], pp. 289-290.
139. Le vedute sono conservate presso la
Biblioteca Comunale di Forl.
140. Cfr. Ortolani, Il mio bel, cit. [cfr.
nota 80], pp.170 e 182; Dassori, Chiesa di
San Giovanni, cit. [cfr. nota 80], p. 294.
141. Cfr. Ortolani, Il mio bel, cit. [cfr.
nota 80], pp. 182-183.
142. Cfr. Dassori, Chiesa di San Giovan-
ni, cit. [cfr. nota 80], p. 294: Il pavi-
mento realizzato con piastre di cotto
intervallate da strisce marmoree rical-
canti il perimetro delle cappelle laterali
della navata e isolanti lo spazio centrale
del quale evidenziano la forma ottago-
nale.
143. Ibid.
144. In realt i documenti di cui si dispo-
ne non consentono di stilare unadegua-
ta sinossi delle successive fasi costruttive
della facciata. Bisogna ricordare, per,
che alla morte di Girolamo (1551), il
cantiere di San Giovanni Battista viene
prima interrotto, poi riaperto con la con-
duzione di suo figlio Bartolomeo (fino al
1558) e con limpegno, non sappiamo in
che termini rispettato, di eseguire il pro-
getto cos come laveva ideato il padre
(cfr. note 116-121).
145. Cfr. F.P. Fiore, Larchitettura civile di
Francesco di Giorgio, in Fiore, Tafuri (a
cura di), Francesco di Giorgio architetto, cit.
[cfr. nota 68], pp. 74-125, in particolare
pp. 86 e 87.
146. Vedi nota 156.
147. Cfr. Pinelli, Rossi, Genga architet-
to, cit. [cfr. nota 3], pp. 149-151 e figg.
61-64.
148. Cfr. Burns, Progetti di Francesco di
Giorgio, cit. [cfr. nota 68], p. 306; Id.,
San Bernardino, cit. [cfr. nota 68], p.
236: lautore, sempre in relazione al
carattere funerario, fa efficacemente
notare come la pianta triloba, impiegata
in molti esempi antichi o imperiali o di
et tardoimperiale, paleocristiani, medie-
vali e quattrocenteschi, informi anche lo
schema triconco adottato da Alberti, in
una formulazione pi complessa, nel San
Sebastiano a Mantova.
149. Cfr. Torino, Biblioteca Nazionale
Codice Saluzziano 148: ff. 13 e 13v, f. 14
nei Trattati di Francesco di Giorgio Mar-
tini (in Francesco di Giorgio Martini,
Trattati di architettura, ingegneria e arte
militare, a cura di C. Maltese, Milano
1967, I, tavv. 21-23).
150. Burns, Progetti di Francesco di Gior-
gio, cit. [cfr. nota 68], pp. 298-299.
151. M. Tafuri, Le chiese di Francesco di
Giorgio Martini, in Fiore, Tafuri (a cura
di), Francesco di Giorgio architetto, cit. [cfr.
nota 68], p. 46.
152. M. Morresi, Francesco di Giorgio e
Bramante: osservazioni su alcuni disegni
degli Uffizi e della Laurenziana, in P. Car-
pegiani, L. Patetta (a cura di), Il disegno di
architettura, Milano 1989, pp. 117-124.
153. Ivi, p. 121.
154. Tafuri, Le chiese, cit. [cfr. nota
151], p. 49.
155. Ivi, p. 46.
156. Cfr. ivi, p. 46-49: viene sottolineato
come, in entrambi i casi, si tratti della
medesima interpretazione di un modello
tardo antico, ovvero che le riflessioni
martiniana e bramantesca accolgono il
nucleo dellidea spaziale dellOratorio
della Croce in Laterano, modello ereti-
co formato anchesso da un perimetro
quadrato allinterno del quale scavata la
figura di un ottagono i cui lati obliqui
sono dati da superfici convesse che
danno accesso a organismi esagonali,
configuranti quattro cappelle concatena-
te a uno spazio centrale crociato che
nella seconda met del XV secolo e in
quello successivo [] sembra costituire
un assillo per gli architetti. Infatti, lo
rileva Giuliano da Sangallo; lo si trova
disegnato nel foglio U 438 A con gli
schizzi di Baldassarre Peruzzi che, nota
Tafuri, nel XVI secolo sar unico inter-
prete della fluidit spaziale di ci che
rappresenta il motivo pi eccentrico
dellorganismo del V secolo: quei rac-
cordi a semicerchi convessi che larchi-
tetto senese intorno al 1514 incorpo-
rer nei pilastri della cupola del duomo
di Carpi, come appare nel disegno U
1955 Av; cfr. anche C. Tessari, Baldassar-
re Peruzzi. Il progetto dellantico, Milano
1995, pp. 45-46. Sulloratorio della
Croce cfr., inoltre, G. Zander, Cenni sullo
studio dellarchitettura di Roma antica nel
Cinquecento, in M. Fagiolo (a cura di),
Roma e lantico nellarte e nella cultura del
Cinquecento, Roma 1985, pp. 244-245; H.
Gnther, Das Studium der Antiken Archi-
tektur in den Zeichnungen der Hochrenais-
sance, Tbingen 1988, pp. 245 e 354; G.
Curcio, M. Manieri Elia, Architettura e
citt. I modelli e la prassi, Roma-Bari 1989,
pp. 154-156 e 181.
157. Cfr. A. Bruschi, Bramante architetto,
Bari 1969, p. 602; Id., Bramante [Bari
1985], Roma-Bari 1993, p. 248; H.
Burns, I disegni, in Mostra del Palladio,
catalogo della mostra (Vicenza, Basilica
Palladiana, 1973), Milano 1973, p. 152;
L. Puppi, Palladio: corpus dei disegni al
Museo Civico di Vicenza, Milano 1989, pp.
42 e 109-110; C. Tessari, Appunti su Pal-
ladio e larchitettura del Cinquecento roma-
no, in Annali di architettura, 8, 1996, p.
144, note 28-30.
158. Tafuri registra nel duomo martinia-
no una nudit e unessenzialit spinte
fino al brutalismo (cfr. Tafuri, Le chie-
se, cit. [cfr. nota 151], p. 21, ma si veda
tutto il saggio sulle chiese martiniane,
pp. 21-73).
159. Ivi, p. 61.
160. Cfr. ibid., e ivi, p. 64.
161. Cfr. Tessari, Baldassarre Peruzzi,
cit. [cfr. nota 156], in particolare pp.
62-66 (cfr. anche il capitolo sesto di
questo lavoro). Lastrazione delle mem-
brature compare significativamente
anche nelle opere pittoriche attribuite a
Genga (cfr. Fontana, Scoperte e studi,
cit. [cfr. nota 24]).
162. Cfr. Sebastiano Serlio, Il terzo libro
di Sebastiano Serlio, Venezia 1619, III, f.
65r. Come ulteriore riflessione proget-
tuale sullutilizzo del pilastro a farfalla
non pu essere omesso il contributo pal-
ladiano realizzato nella chiesa del Reden-
tore a Venezia. Secondo Howard Burns,
infatti, la pianta del Redentore segue
molto da vicino il progetto di Genga per
San Giovanni Battista che egli doveva
conoscere, stando a quanto riportato in
una lettera di schizzi RIBA XVI/9 in
cui ricordata una sua visita a Pesaro; cfr.
H. Burns, The church of the Redentore,
Venice, in Andrea Palladio 1508-1580. The
portico and the farmyard, London 1975,
pp. 143-145.
163. Pinelli, Rossi, Genga architetto,
cit. [cfr. nota 3], p. 244. Ma si veda anche
A. Guerci-Canns, Osservazioni sul duomo
di Mantova, in Rivista dArte, XXVI,
1950, pp. 83-91; E. Marani, C. Perina (a
cura di), Mantova. Le Arti. Dallinizio del
secolo XV alla met del XVI, I-II, Mantova
1961, II, pp. 212-213, 233; C. Arseni,
Villa Imperiale a Pesaro e altre questioni
concernenti lattivit di Girolamo Genga
architetto, Urbino 1969, pp. 37-38.
164. Cfr. Tafuri, Ricerca, cit. [cfr. nota
19], pp. 148-149 e 174. Della chiesa degli
Orefici, progettata da Raffaello intorno
al 1514, Tafuri sottolinea quali elementi
dominanti il sintetismo e larticolazione
muraria, avendo cura di precisare come
il trattamento essenziale della muratura
senza lesene e che termina a terra priva
di basi denunci a pieno la consistenza
strutturale delledificio. Riguardo, inve-
ce, al progetto elaborato in occasione
del concorso indetto tra il 1515 e 1516
per la facciata della chiesa di San Loren-
zo documentato dal disegno U 2048 A,
attribuibile a Raffaello, e in cui il sinte-
tismo della chiesetta di SantEligio degli
Orefici superato a favore di una mag-
giore ricchezza linguistica, sviluppata
mediante il colloquio fra larticolazione
delle membrature e laggettivazione spa-
ziale, viene annotato come esso preceda
con la soluzione della loggia inquadra-
ta dalla serliana la facciata del San Gio-
vanni Battista a Pesaro. Unidentica solu-
zione sar adottata anche nella chiesa di
San Bernardino a LAquila di Cola del-
lAmatrice e nella chiesa di San Giuliano
a Venezia di Jacopo Sansovino.
165. Id., Le chiese, cit. [cfr. nota 151], p.
61.
166. Cfr. Vasari, Le vite, cit. [cfr. nota
1], VI, p. 317 e pp. 320-321. A proposito
del soggiorno romano Vasari annota che
stando in Roma, attese molto a misu-
rare di quelle anticaglie, mentre riguar-
do alla chiesa pesarese, riscontra la con-
gruenza formale delledificio al modello
di cui sottolinea la piena osservanza al
pardeigma antico, garante di positivo
giudizio estetico: [] essendo stata con-
dotta [la chiesa di San Giovanni Battista]
secondo quel modello, [] di bellissi-
ma architettura in tutte le sue parti, per
avere assai imitato lantico e fattala in
modo, chell il pi bel tempio che sia in
quelle parti, s come lopera stessa aper-
tamente dimostra, potendo stare al pari
di quelle di Roma pi lodate.
167. Cfr. Bembo, Opere, cit. [cfr. nota
29], p. 331: Certo che il mio Compare
Genga un grande e raro architetto,
cos Bembo conclude le sue compiaciute
osservazioni sulla fabbrica di villa Impe-
riale condotta con la vera scienzia del-
larte, e con pi modi antichi e invenzio-
ni belle e leggiadre (vedi nota 29).
168. Cfr. Serlio, Tutte lopere, cit. [cfr.
nota 30], p. 18v. Per Serlio Genga indu-
bitabilmente ottimo architetto (vedi
nota 30).
169. Testimonianza dellinteresse anti-
quario di Genga in una sua lettera al
duca Francesco Maria spedita nel 1523
da Roma, dove Girolamo si era recato
per procurare materiali pregiati da ado-
perare per la ristrutturazione del palazzo
ducale di Pesaro. In essa menzionato
un taccuino ove presumibilmente
venivano annotati elementi architettoni-
ci antichi ritenuti notevoli: Me sforzero
mecter qualche altro bel penachio nel
libro e manderollo e faro anco qualche
altra cosa in tanto che se concia le pietre
per quella (cfr. BOPS, Ms. 429, f. 125;
cfr. anche Eiche, I della Rovere, cit. [cfr.
nota 51], p. 239.
170. stato opportunamente rilevato da
Cristiano Tessari che le opere in cui
presente linterpretazione sintetica dei
motivi antichi dimostrano come alle sin-
gole elaborazioni soggettive sia sottesa
lesistenza di un rapporto dialogico fra i
tre architetti (cfr. Tessari, Baldassarre
Peruzzi, cit. [cfr. nota 156], p. 65).
171. H. Burns, Raffaello e quellantiqua
architettura, in C.L. Frommel, S. Ray,
M. Tafuri, Raffaello architetto, Milano
1984, p. 381; ma si veda anche lintero
saggio, pp. 381-404. Tale motivo ado-
perato da Francesco di Giorgio nel
duomo di Urbino, nelle chiese di San
Bernardino a Urbino e Santa Maria delle
Grazie al Calcinaio, nel monastero di
Santa Chiara a Urbino, ma riscontrabi-
le anche nel disegno di alzato di chiesa
del Codice Saluzziano 148, f. 14.
172. Ibid., p. 382.
173. Cfr. Tafuri, Le chiese, cit. [cfr. nota
151], p. 25; ma anche Burns, Raffaello,
cit. [cfr. nota 171], pp. 382-384.
174. Significativamente, larrivo di
Genga alla corte roveresca nellagosto
1522 concomitante con una missiva di
Bembo in risposta alla richiesta del duca
Francesco Maria della lettera indirizza-
ta allo stesso Bembo in cui Raffaello
aveva descritto la villa Madama di Roma,
la cui realizzazione era iniziata nel 1516.
[] in questo punto ho ricevuto una di





15|2003 Annali di architettura
Rivista del Centro internazionale di Studi di Architettura Andrea Palladio di Vicenza www.cisapalladio.org
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V. Ex.za di 3 del presente [agosto] nella
quale la mi ricerca chio voglia scrivergli
qualche cosa di novo, e mandarli la l.ra di
Rafaello dove egli descrive la casa, che fa
edificare monsignore R.mo de Medici:
questa io non la mando perch non ho
copia alcuna qui, perch mi rest a Man-
tova con molte altre cose mie: ma a que-
sti d si partito di qua D. Jeronimo fra-
tello cugino del Prefato Raffaello, il
quale stimo che abbia copia di essa lette-
ra e V. Ex.za potr da lui essere satisfatto:
perch partito per venire a Urbino
[]; la lettera porta la data del 13 ago-
sto 1522 e si trova nel volume 429 mano-
scritto della Biblioteca Oliveriana di
Pesaro, p. 91; cfr. anche L. Pungileoni,
Elogio storico di Raffaello da Urbino, Urbi-
no 1829, pp. 181-182, nota; V. Golzio,
Raffaello [1936], Roma 1971, p. 147;
Pinelli, Rossi, Genga architetto, cit. [cfr.
nota 3], pp. 266-267. Il della Rovere
doveva aver richiesto precedentemente
anche un architetto formato alla scuola
di Raffaello, che potrebbe coincidere
proprio con Girolamo Genga stando a
quanto testimoniato dalle corrisponden-
ze dei rappresentanti del duca a Roma,
quella di Alessandro Nerio del giugno
1522: Ho trovato un architettor creato
di Raphael [] (ASFi, Ducato di Urbino,
cl. I, div. G, f. 134, c. 234), e quella di
Giovanni Maria della Porta dellagosto
dello stesso anno: Hierony[m]o da
Gengha sar laportator di questa []
(ASFi, Ducato di Urbino, cl. I, div. G, f.
132, c. 241). Cfr. Eiche, Girolamo
Genga, cit. [cfr. nota 17], p. 320; Gro-
nau, Documenti, cit. [cfr. nota 38],
CVII, p. 113 [vedi note 55 e 56].
175. Cfr. Tessari, Baldassarre Peruzzi,
cit. [cfr. nota 156], p. 65.
176. Cfr. Burns, Raffaello, cit. [cfr. nota
171], pp. 391-394.
177. Sebastiano Serlio, Regole generali di
architettura, Venezia 1540, p. VIII: La
diversit de linventioni fa talhor prender
partito a lArchitetto di cosa, che egli non
hebbe forse mai in pensiero, il perche la
sotto dimostrata figura prester molto
commodo e utilit agli edifici secondo gli
accidenti, che a lArchitetto potrebbono
accadere: come saria nel muro di una for-
tezza, anchora che le mura fossero di
buona grossezza, facendo questa opera ne
la parte interiore, prima faria servigio di
loggia per stare al coperto, faria piu larga
lambulation di sopra, commoda a la dife-
sa, e al tempo di una batteria, e per piu
sicurt si potriano atterrar tutti li vani.
Potrebbe tal volta occorrere a lArchitet-
to di fabricar presso un monte: ove, per
assicurarsi dal detto monte, che per le
acque, che di continuo da le piogge cor-
rono a lingiu, e conducono anchora il
terreno a le parti piu basse; bisogna
appoggiarsi a tal monte con simile edifi-
cio, per lo quale non pur si assicureria da
tal sospetto; ma faria grande ornamento a
la sua fabrica: e di simile inventione si
accomod Raphael da Vrbino a monte
Mario poco sopra Roma, a la Vigna di
Clemente settimo da lui principiata nel
Cardinalato. Girolamo Genga, al colle
imperiale fuor di Pesaro poco discosto ad
un bellissimo edificio per commodo del
suo padrone, di tale invention si serv per
sostegno di una conserva dacque, pur
appoggiato ad un monte, ma di opera
lateritia molto dilicata.
178. In villa Imperiale si trovano nel
secondo ordine del cortile, mentre in San
Giovanni coronano la doppia coppia di
paraste poste nellordine superiore di
facciata.
179. Tali rilievi geometrici sono disegna-
ti sulla superficie contigua al rinfianco
sullestradosso degli archi della villa e
nello spazio sottostante le volute di rac-
cordo dei due registri di facciata della
chiesa.
180. Diversamente che per la villa, dove
restano tanto liscrizione in facciata che
quella nel cortile, nella chiesa liscrizione
sul fregio visibile solo in una riprodu-
zione fotografica risalente ai primi del
Novecento, in cui parzialmente docu-
mentata la situazione dellinterno delle-
dificio prima che successivi restauri ne
eliminassero, tra laltro, anche le decora-
zioni, probabilmente a stucco, visibili in
alcune cappelle della navata. Cfr. Vaccaj,
Pesaro, pagine, cit. [cfr. nota 86], p. 75.
181. Cfr. Eiche, I della Rovere, cit. [cfr.
nota 51], pp. 231-263 e, in particolare,
pp. 235-244.
182. Sulla forma del triconco cfr. I.
Lavin, The House of the Lord. Aspects of
the role of Palace Triclinia in the Architec-
ture of late Antiquity and the early middle
ages, in The Art Bulletin, 44, 1962,
pp. 1-27 (vedi anche nota 148). Va
segnalato che lassociazione della pianta
triloba ai martyria sarebbe in questo
caso coerente con la dedicazione della
chiesa al Battista.
183. Francesco Maria I venne sepolto
nella chiesa di Santa Chiara a Urbino,
attualmente sconsacrata (cfr. G. Marchi-
ni, Il problema dellImperiale, in Com-
mentari, XXI, 1-2, 1970, pp. 76-80 e
note 34-36); Guidobaldo II, invece, fu
sepolto nella chiesa del monastero del
Corpus Domini a Pesaro, soppresso nel
1810 (cfr. G. Vaccaj, Il Monastero del Cor-
pus Domini, cit. [cfr. nota 81] pp. 140-
145); Francesco Maria II, infine, fu sepol-
to a Casteldurante nella chiesa del Croci-
fisso (cfr. M. Luchetti, Le imprese dei
Della Rovere: immagini simboliche tra politi-
ca e vicende familiari, in Pesaro nellet dei
Della Rovere, cit. [cfr. nota 60], pp. 86-89.
184. Tafuri, Le chiese, cit. [cfr. nota
151], p. 38.
185. Ivi, p. 24.
186. Cfr. Tafuri, Ricerca, cit. [cfr. nota
19], p. 155. Il riferimento allelabora-
zione dei progetti per la facciata della
chiesa di San Lorenzo a Firenze.
187. Le uniche realizzate in pietra con
materiali fatti predisporre dal duca Gui-
dobaldo II attorno alla chiesa e nel chio-
stro del convento di San Giovanni, cfr.
BOPs, Mss. Oliv. 456, c. 377r-v, e 1230,
c. 9. Esse presentano capitelli compositi
in versione semplificata alla maniera dei
capitelli romani antichi quali quelli del-
larco di Tito a Roma e sono di evidente
fattura cinquecentesca, ma non possibi-
le stabilire se fossero state predisposte
per un monumento funebre o per un
altare maggiore.
188. Alcuni sondaggi hanno accertato,
dalla presenza di buche pontaie, che que-
sti angoli sono in muratura piena: cfr.
E. Valli, La chiesa di San Giovanni Battista
a Pesaro, tesi di laurea, relatore G. Cru-
ciani, Istituto di Storia dellArchitettura
e Restauro, Universit degli Studi di
Firenze, a.a. 1981-82, pp. 118-119.
189. Non da escludere una rielabora-
zione del progetto genghiano operata in
vista di una restituzione funzionale degli
spazi ecclesiastici pi consona alle pre-
scrizioni della regola francescana. Per
queste questioni cfr. J. Raspi Serra (a
cura di), Gli ordini mendicanti e la citt.
Aspetti architettonici, sociali e politici, Mila-
no 1990.





15|2003 Annali di architettura
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