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Pi furbetti che patrioti

di Massimo Riva (17 gennaio 2013) Il patriottismo non sar soltanto l'ultimo rifugio dei farabutti, come diceva Samuel Johnson, per un fatto che in Italia nel nome di questo altrimenti nobile sentimento sono state commesse grandi canagliate economiche. Un esempio pi remoto la scelta di bandiera dietro cui si ammantata la decisione di cedere alla Fiat il controllo dell'Alfa Romeo: con il bel risultato di promuovere una sorta di cannibalismo nell'industria nazionale dell'auto i cui frutti velenosi sono sotto gli occhi di tutti. Un altro e stavolta recentissimo esempio dato dalla vicenda Alitalia nella quale una pattuglia di affaristi con interessi esposti in tutt'altri campi rispetto al trasporto aereo si prestata a far finta di credere che si potesse salvare un'impresa decotta al solo e non confessabile fine di ingraziarsi i favori dell'allora premier Silvio Berlusconi sceso in crociata nazionalistica contro l'ipotesi di una cessione ad Air France. Il tutto con un altro duplice e straordinario risultato. Primo, quello di scaricare sulle spalle dei contribuenti perdite per oltre 3 miliardi di euro che l'accordo coi francesi avrebbe viceversa contenuto in maniera consistente. Secondo, quello di doversi ora ripresentare col cappello in mano alla stessa Air France o altro miglior offerente nell'unica speranza di poter limitare i danni di un'avventura sciagurata. MERITA RAMMENTARE questi precedenti perch oggi appare di nuovo alto il rischio che nel nome di un malinteso patriottismo economico si possano compiere altri e non meno gravi misfatti. Da tempo ci sono parecchie e importanti partite aperte sul tappeto come la sorte della rete Telecom e quella dell'Ansaldo o di altri spezzoni della stessa Finmeccanica. Per sciogliere tali nodi i sedicenti custodi dell'amor patrio guardano insistentemente alla Cassa Depositi e Prestiti che ormai diventata il raffazzonato rifugio azionario di uno Stato incapace di dotarsi di pi validi strumenti di indirizzo della politica industriale. Ad appesantire un clima di confusione, che il miglior brodo di coltura per i mestatori del patriottismo, giunto in questi giorni un rapporto dei servizi segreti che lancia un preoccupato allarme sui disegni di penetrazione in Italia da parte di capitali cinesi. IN PARTICOLARE , si segnala che uomini di Pechino sarebbero interessati a realizzare un investimento ingente per la riconversione dell'area ex Falck di Sesto San Giovanni alla periferia di Milano: quella, per intenderci, che al centro dei guai giudiziari di Filippo Penati. Premesso che ottimo servizio da parte dei nostri 007 quello di monitorare gli appetiti economici esteri verso beni italiani, non si vorrebbe che anche il caso specifico di Sesto diventasse motivo per un'altra e insensata crociata patriottica. Magari piovessero soldi dalla Cina per una grande operazione urbanistica che risollevasse dall'abisso la seria crisi edilizia in atto. Anche perch, se c' un ambito nel quale la potest di controllo dei poteri pubblici massima e pervasiva, questo proprio quello del settore immobiliare: in termini di cubature concesse, di destinazioni d'uso, di vincoli ambientali sugli spazi verdi e cos via. Di allarmante ci pu essere solo il rischio che i cinesi si mettano a fare concorrenza agli italiani anche sul piano di buste e bustarelle. Ecco che cosa dovrebbe semmai impensierire gli alfieri del tricolore. C', quindi, un salto di qualit da compiere nella politica di difesa degli interessi strategici del paese. Si tratta di superare l'idea secondo cui lo Stato pu farsi valere

soltanto esercitando il diritto di propriet come un qualunque privato per approdare a una visione in cui l'autorit pubblica afferma il suo primato attraverso una disciplina ben temperata degli affari e del mercato. Solo il passaggio dallo Stato padrone allo Stato regolatore la chiave per distinguere i veri patrioti dai farabutti. La dottrina dei campioni nazionali, infatti, ha il non lieve difetto di tradursi sempre in una tassa occulta a carico del contribuente/consumatore.

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