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e
=
_ e
N
2) Che il complemento di un insieme della classe di S (ovvero di in sottinsieme) ancora un
elemento di S.
C
E S E S e e
Questi assiomi sono sufficienti per definire una -algebra, per avere uno spazio misurabile
costituito da un insieme M e una -algebra S, (M,S).
In questa definizione di misurabilit, ovvero di condizione affinch un insieme di insiemi sia
misurabile presente quella che abbiamo chiamata individuabilit, nella possibilit di avere
sottinsiemi di S distinti (e quindi la propriet di essere numerabili). Gli assiomi 1) e 2), sia nella
definizione di algebra che in quella di sigma-algebra, ci dicono della stessa propriet ovvero che tali
insiemi o elementi sono confinati in S, abbiamo chiamato questa propriet localizzazione logica.
Un insieme di insiemi o un insieme di elementi per essere misurabile deve essere individuabile nelle
sue componenti e localizzate, la conseguenza di questa definizione che un tale insieme ha sempre
e comunque altro da se e una tale conseguenza ci permette di superare gi a questo livello il
paradosso di un insieme universale. Per definire un insieme abbiamo bisogno di vedere confinati in
un luogo logico i suoi elementi ed in questo luogo tali elementi assumono un ordine che una
conseguenza diretta di questo confinamento, anche se questo ordine non definito, perch, per
esempio, per esso necessaria una qualche misura, ma nel momento stesso in cui confiniamo dei
sassi in una ciotola rispetto ad altri, gi otteniamo una condizione di ordinabilit qualsiasi essa sia.
Quindi in un insieme localizzato sia esso finito o infinito vi una condizione di ordinabili.
Loperazione che effettuiamo con lassioma di separazione, e quindi con lassioma di scelta,
proprio connessa alla individuazione e localizzazione, e sono proprio questi aspetti che ci
permettono di avere una misura; sugli elementi cos individuati; effettuiamo una misura per vedere
se essi corrispondono o meno ad un qualche criterio di selezione che abbiamo stabilito. Nella reale
costruzione di un insieme facciamo proprio una operazione di misura, ed una misura si effettua
sempre e comunque,come vedremo, in una dimensione Spazio-Temporale definita.
La misura una operazione limitata nello Spazio e nel Tempo, ma essa per essere possibile deve
essere effettuata su una entit localizzata logicamente; essa stessa assume la condizione di essere
localizzata e questo vuol dire che esiste sempre qualcosa che non una misura o una misura che
non sia nella condizione di selezionabilit. Possiamo dire che la certezza che qualcosa si presenta
sempre localizzato logicamente una conseguenza diretta della validit teorema di Goedel ed, in
generale, che qualsiasi sistema o insieme noi consideriamo vi sempre un qualche elemento non
compreso nella sua definizione, ovvero che lo limita dallesterno.
21
Possiamo enunciare il seguente asserto che ci permette di eliminare qualsiasi ipotesi di insieme
universale.
Asserto 1: Gli insiemi che siamo in grado di determinare sono solo e sempre quelli localizzati
logicamente.
Localizzato logicamente si intende qualcosa di pi generale e comprensivo della limitatezza S/T,
infatti localizzato anche l insieme infinito dei punti della parabola
2
y x = . I punti y dellinsieme
non sono per nulla limitati ma sono localizzati nel senso che vi sono infiniti punti del piano che non
sono valori della funzione(nota = i punti della parabola non sono invece localizzati rispetto alla retta
x e y dei numeri reali, essa localizzata per la singola misura ma non per la totalit delle misure) .
La localizzazione in generale la possibilit di limitare linsieme dallesterno, e questo vale per
qualsiasi algoritmo perch qualsiasi algoritmo nel momento in cui calcola dei valori ne esclude altri,
anche se i valori calcolati sono teoricamente infiniti; non solo, ma la stessa misura essendo, come
vedremo, sempre limitata nello S/T anche di uno stesso oggetto, si presenta sempre come un
numero finito di misure effettuabili in un tempo finito e in uno spazio limitato, ed in tal modo
esclude tutte le possibili, teoriche infinite misure effettuabili che rimangono altro dallinsieme
definibile. Quello che cercheremo di dimostrare che in un insieme misurato, la misure sono
sempre limitate nello spazio-tempo oppure sono espresse attraverso un qualche algoritmo
conosciuto, in tal caso linsieme pu essere anche infinito, ma saranno sempre Localizzate (che vuol
dire limitate da altro, dallesterno). Un insieme misurabile ha la condizione di misurabilit, ovvero
localizzato logicamente, ma potrebbe anche non esiste alcun algoritmo conosciuto in grado di
rappresentarlo, quindi di misurarlo effettivamente.
1.1.2 Sul concetto di algoritmo e di operatore invariante nella definizione di misura
Da quanto detto precedentemente possiamo avere questa definizione:
Definizione 1 : Un insieme una entit individuabile , localizzata logicamente.
E fissare questo assioma :
Asserto 2 : Un insieme determinabile solo attraverso uno strumento di misura o un algoritmo
definito.
Un insieme determinabile se misurabile, nel senso che ad ogni elemento associabile la
funzione , inoltre dalla definizione comune di misura abbiamo la propriet di essere
numericamente additiva, ovvero
22
1 1
( ) ( )
i i
i i
E E
= =
=
Ora il limite di una tale definizione quella di non considerare misurabile un insieme che non ha la
propriet di additivit sulle misure, questo aspetto lo consideriamo limitativo della definizione,
infatti la presenza di misure una condizione fondamentale per la determinazione degli elementi in
quanto essa assegna un valore ed esclude tutti i restanti possibili, ma non detto che la somma di 2
misure debba essere ancora una misura dellinsieme considerato. Questo vuol dire che la propriet
di chiusura una propriet secondaria e riguarda la completezza dellinsieme e dello spazio
considerato, ma non che linsieme sia definibile e che sia misurabile. Quindi noi adotteremo una
diversa definizione rispetto a quella usata in algebra, essa parte dallasserto 1, prima definito; un
insieme determinabile, misurabile se ad esso associabile uno strumento di misura o un algoritmo
definito; per algoritmo definito (per adesso) intendiamo una serie finita di regole che in un tempo
finito ci dica se il valore di input soddisfa o meno alle regole fissate
23
.
QUIX
In questa prospettiva che ruolo assumono i paradossi legati alla definizione di insieme?
Quello dellinsieme universo (o tutto) si risolve, come abbiamo detto, introducendo il concetto di
localizzazione; noi non possiamo misurare lintero mondo, non possiamo avere tutte le misure
possibili per sapere quanti sono i sassi del mondo oppure quante stelle ci sono nelluniverso. Ed il
motivo semplice noi siamo localizzati in un ambito che prima di tutto logico per essere poi
spazio-temporale, il nostro strumento in un certo luogo ed effettua le misure in certi tempi questo
ci permette di conoscere solo ci che localizzato intorno al nostro strumento di misura e mai tutto
il mondo. In definitiva la nostra localizzazione logica, la localizzazione dellosservatore si
ripercuote sulla nostra misura e quindi sullinsieme che andiamo a costruire, esso sempre e solo
un insieme localizzato che diventa nel momento in cui effettuiamo le misure, un certo intervallo
spazio-temporale quindi teoricamente contiene sempre altro da se. Questo ci porta alla conseguenza
logica che non avremmo mai una risposta sulla esaustivit o meno del nostro insieme, quindi un
insieme universo di elementi non definibile.
La cosa sembrerebbe differente se le nostre misure sono il risultato di un algoritmo o si collocano in
una funzione definita; come abbiamo gi detto, una funzione, un algoritmo, ma anche un sistema
assiomatico, sono sempre entit localizzate e producono sempre entit localizzate, nel senso che
esiste sempre altro da questa entit; ma anche in questi casi, se il risultato un insieme infinito di
elementi esso avr sempre elementi non esprimibili dallalgoritmo. La funzione
3
y x = non
limitata ma localizzata, in quanto vi saranno infiniti punti che non saranno sulla funzione. Sar
bene precisare meglio questo concetto, la funzione chiaramente iniettiva per cui ad ogni valore di
x eR corrisponde un valore differente di y eR ed anche suriettiva in quanto questo vale per tutti i
valori di y, quindi la domanda sarebbe se un sistema isomorfo in cosa sarebbe localizzato?
La localizzazione origina dal fatto che da 1 valore dellinsieme di partenza corrisponde 1 valore di
quello di arrivo, questo vuol dire che per quel valore vi saranno finiti o infiniti valori dellinsieme di
arrivo che saranno esclusi e rappresenteranno altro dellalgoritmo. Quindi la localizzazione nella
stessa nostra definizione di funzione, infatti a ben vedere tale localizzazione rimane anche se
consideriamo una sequenza n (finita o infinita) di valori di partenza a cui corrispondono sempre 1
valore nellinsieme di arrivo. Questo vuol dire che un sistema si presenta localizzato quando per una
combinazione di valori di partenza non si ha come corrispondente la totalit dei valori di arrivo,
ovvero quando NON abbiamo una funzione..
La cosa pi facile da vedere con un insieme finito di elementi:
Dati gli insiemi X:= {a,b,c,d} e Y:={1,2,3,4,5,6}
Un insieme localizzato se ad x che pu essere (x), oppure
1 2
( , ) x x , ovvero ad (a) oppure ad una
combinazione (a,b) o (c,d) ecc. (consideriamo irrilevanti le permutazioni) corrisponde sempre una
parte di Y e mai tutto Y. Quindi:
( ) (1)
( ) (3)
.
a
b
ecc
oppure
( ) (1, 2)
( ) (3, 5)
.
a
b
ecc
cos come
( , ) (1)
( , ) (3)
.
a b
c d
ecc
oppure
( , ) (1, 2, 6)
( , ) (3, 5)
.
a b
c d
ecc
=
=
9 = se
0
( )
n
q
P P e9 allora essa una misura della ricorsiva, altrimenti NON una
misura della ricorsiva. Quindi in linea generale una misura esterna un limite ad infinito di misure
che sono dellinsieme delle misure, ma il limite non appartiene allinsieme delle misure.
71
Per fare un esempio, lalgoritmo che genera (pigreco) genera delle misure, cos allo stesso modo
lalgoritmo ottenuto dalla sequenza di Fibonacci genera (phi) , queste misure si approssimano a
o a ma non sono o . Ovvero lalgoritmo non in grado di generare ma solo valori che si
approssimano a e quindi NON una misura dellalgoritmo, ma una sua misura esterna.
Ma cosa fa delle misure esterne comunque delle misure?
Esse sono delle misure in quanto linsieme delle misure esterne pu e deve essere argomento di un
qualche algoritmo. Nel caso delle ricorsive vuol dire che deve esistere una qualche ricorsiva in
grado di generare tutti i limiti delle misure della ricorsiva di partenza. Quindi una MisEst(A) deve
essere una Mis(M) e per essere una misura di M deve esistere un qualche algoritmo in grado di
generarlo in M. Una misura esterna pu essere una frontiera per uno spazio che rimane aperto per
linsieme contenuto, e chiuso per quello contenente. In termini di algoritmo esso il limite di un
algoritmo che procede ad infinito, che quindi non un algoritmo e neanche una misura, ma questo
procedere ad infinito di tale algoritmo diventa la variabile di input di un ulteriore algoritmo. Se
considero pigreco esso non una misura (e neanche un algoritmo) in quanto il suo calcolo procede
ad infinito, ma lo diventa nel momento in cui pigreco entra come variabile di input di un algoritmo
con un numero di steps finito. In altre parole pigreco dallinterno non calcolabile come numero
complessivo, diventa individuabile ed elemento di calcolo se lo consideriamo dallesterno come
entit delimitata componente di un ulteriore algoritmo.
72
Nel caso che abbiamo considerato, le misure ottenute si distribuiranno in una certa area, la misura di
una tale area come insieme esterno contenente le misure stesse assume la dimensione di una misura
esterna. Il criterio di simmetria non si ottiene pi dallazione di un algoritmo invariante che si
applica a valori come nella simmetria precedentemente, ma si applica ad un insieme che contiene
tali misure come pu essere lo spazio (o area) dove tali valori sono localizzati Sono le misure e le
distanze, della figura rappresentata in un area, che si mantengono invariate o trasposte di un fattore
costante in un altra area. Una tale simmetria quella che ritroviamo nelle omotetie o nei frattali
indicate come trasformazioni affini del piano, il caso prima esaminato pu rientrare in una
simmetria per omotetia (vedremo in seguito una simmetria da struttura frattale).
Quello che occorre sottolineare che tali simmetrie sono a tutti gli effetti emergenti, diamo una
prima definizione di simmetria emergente.
73
Definiamo una simmetria emergente come una simmetria applicata alle misure esterne di un certo
algoritmo..
Figura 5
Se le misure esterne sono ottenute dalla misura di una certa area (spaziale e/o geometrica) in cui tali
valori sono contenuti, ed indichiamo una tale area con A(n) e con n il numero di misure in essa
contenute allora avremo ( ( )) ( ) con A n A p p n I = > . Vedremo come la maggior parte di strutture
caotiche risultati dallazione di invarianti determinano simmetrie emergenti.
Prima di proseguire bisogna precisare due cose: la prima che larea che abbiamo indicato sempre
il corrispondente di una localizzazione logica, la localizzazione logica, come abbiamo detto, trova la
sua manifestazione nel luogo S/T. La seconda : vero che cicli infiniti di un algoritmo non sono un
algoritmo, possono per generare meta-algoritmi dove variabili di tali meta-algoritmi sono parti
finite del ciclo ad infinito.
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Algoritmo
Invariante
Area
Valori
Un altro esempio di simmetria emergente quella frattale che possiamo rappresentare nel seguente
esempio
75
. Costruiamo la funzione int( ) con p peN
2 2
(((int( )) )
x
y p x = + dove int = intero e x eZ avremo quindi per tutti gli x in progressione una
serie di valori
x
y fissato un certo p. Per meglio indicare che si tratta di valori discreti ed interi in
progressione potremmo indicare gli x con n.
2 2
(((int( )) )
n
y p n = +
A questo punto consideriamo i valori ottenuti dal resto di y diviso p, ovvero:
(mod )
n n
y z p ovvero y congruo z modulo p da cui con
n n
y z hp h = + eN possiamo anche
scrive la cosa come ( )
n
n
y
z resto
p
= . I valori z cos ottenuti saranno il denominatore della divisione
rispetto a p e cos via formando in tal modo una ricorsiva.
,1 n n
p R qz = + ;
'
,2 ,1 n n
p R q R = + ;
''
,3 ,2 n n
p R q R = + ;....;
..''
, , 1 n s n s
p R q R
= + La ricorsiva terminer con un resto finale che o 1 o un
numero divisore di p. La funzione cosi definita pu essere particolarmente utile per determinare,
con un metodo statistico, se p o no un numero primo, ma adesso ci interessa vedere come un tale
algoritmo generi una struttura di tipo frattale, infatti se sommiamo per ogni n tutti i resti da
,
a
n n s
z R
ovvero
, n n n s
s
S z R = +
Ora ipotizziamo che n tenda ad , e cerchiamo di comprendere a cosa possa tendere un limite del
genere: lim ( )
n
n
I I chiaro che esso equivale a lim
n
n
I = I
I = I
I I = I v I
Nel primo caso la q-esima entit ordinale, nel secondo caso un sistema con molteplicit
(cardinalit) q. Nel primo caso come se avessimo un algoritmo che cicla per 3 volte ed alla terza
volta abbiamo un risultato che ritroviamo in una certa area di memoria, possiamo dire che per ogni
ciclo il risultato dellalgoritmo (suo output) diventa input del ciclo successivo fino a quando
lalgoritmo non si ferma, a questo punto il valore verr memorizzato. Nel secondo caso, invece, per
ogni ciclo dellalgoritmo il valore risultante viene messo in una certa area, alla fine, in questo caso,
avremo 3 aree differenti con 3 valori differenti. Tutte e due gli algoritmi possono essere elaborati
tenendo conto del valore precedente, ma la differenza fondamentale tra i due che nel primo solo
lultimo valore verr memorizzato, mentre nel secondo i valori sono memorizzati ad ogni ciclo.
Ora chiediamoci cosa accade quando andiamo a misurare il ciclo di su , con :
( ( )) ( ( ))
q q
Mis Mis I I = I I
Ricordando quanto detto intorno alla misura, essa la collocazione Spazio/Temporale di una certa
entit localizzata; nellesempio precedente, proprio quando memorizziamo che collochiamo quel
valore in una certa dimensione spazio temporale, e siamo costretti a dargli un limite prima nel
tempo (il ciclo che si ferma) e poi nello spazio, ovvero larea limitata che accoglie il risultato.
Misurare anzitutto limitare una entit nello spazio e nel tempo, posta la cosa in questi termini si
comprende anche la differenza tra le due equazioni sopra indicate. In effetti se misuriamo la entit
ordinale ( )
q
I I effettuiamo la misura alla fine del ciclo, ma nella fine del ciclo vi la storia stessa
dellazione delloperatore, ovvero del sistema sviluppato nei suoi stadi; se misuriamo lentit e
poi effettuiamo i cicli duplichiamo secondo l'operatore i cicli e quindi le misure.
Proprio questo aspetto getta una luce nuova e, in un qualche modo, sorprendete sulla natura della
misura, infatti nel primo caso abbiamo 3 cicli, che sono 3 limiti temporali associati a un valore
memorizzato che un limite spaziale; nel secondo, invece, abbiamo 3 limiti spaziali collocati in un
certo istante temporale. Possiamo dire che la prima equazione
2
( ( )) Mis I I la combinazione di 3
istanti temporali ed uno stato spaziale, la seconda equazione ( ( ))
q
Mis I I da 3 stati spaziali in un
certo istante temporale. Vedremo nellultimo capitolo del saggio come il passaggio di livello nei
sistemi complessi sia dato proprio dal passaggio dalluno allaltro.
89
La misura
2
( ( )) ( ) ( 3) Mis Mis Mis I I = I+ I+ I = I una misura che ha una unica cardinalit su una
entit + + , ma sulla stessa entit, se la misura effettuata su ogni elemento, la cardinalit
diventa molteplice e con valori coesistenti nel tempo, malgrado il sistema che stiamo misurando
sempre lo stesso. Un ordinale risultato di una consecuzione temporale diventa pluralit cardinale nel
momento in cui si passa dalla dimensione 3T + 1S (3 stati temporali ed uno spaziale) alla
dimensione 3S + 1T (3 stati spaziali in uno temporale)
Il passaggio da una collocazione dimensionale allaltra ha come conseguenza che lo stesso sistema
nel primo caso misurato come un tuttuno, come un Sistema Unico, nel secondo caso misurato
come aggregato di elementi, come Sistema Aggregato.
Con
2
( ) ( ) ( ) ( ) Mis Mis Mis Mis I I = I + I + I quelli che erano stati nella successione degli steps
diventano elementi coesistenti del sistema. Il Sistema Unico + + un tutt'uno su cui si
effettua una sola misura, in esso contenuto l'evoluzione dell'operatore su che nella sua ordinalit
3 contiene lo sviluppo ordinale che viene visto solo come risultato finale di 3. Il Sistema
Aggregato ( ) ( ) ( ) Mis Mis Mis I + I + I sono gli stessi stati che compongono il Sistema Unico ma
visti come elementi coesistenti e come tali misurati.
A questo punto della riflessione possiamo utilizzare il calcolo modulare (di Gauss)
90
per meglio
esplicitare il concetto di misura. Se misuriamo il sistema nel suo complesso allo stadio q del ciclo
abbiamo:
1
( ( )) ( )
q
Mis Mis q
o o
I I = I
Utilizzando lunit di misura
0
( ) Mis
o
I = avremo che
'
0
( )
q
Mis q k
o
I = , quindi il valore k la
misura che il nostro strumento ci rappresenter ed lequivalente di un algoritmo finito, ma se la
nostra rappresentazione un algoritmo ad infinito (come ad esempio ) esso non potr mai essere
dato dal valore k, che e rimarr sempre un numero finito. Quindi una misura sar sempre della
forma k ed essa rappresenter lentit solo se lalgoritmo che lo definisce determinato (ovvero
finito e certo), se esso indeterminato o incerto (ovvero il processo non termina in un tempo certo e
finito) allora esister una entit incommensurabile che andr a sommarsi al valore misurato e che
chiameremo .
Questo ci farebbe dire:
q = Mis(q) + = k +
ma in realt q stata considerata come entit primitiva, indeterminata, prima della misura e
comunque non soggetta ad un confronto diretto con essa. Occorre allora definire uno stadio
intermedio tra la misura e lentit indeterminata , ed esso rappresentato dal q calcolato, come
abbiamo gi definito nella nostra discussione sugli algoritmi, quindi a questo punto potremmo
correttamente definire:
Calc(q) = Mis(q) + = k +
91
Sviluppato abbiamo:
2
( ( )) ( ) ( ( ) ( ) ( )) Mis Mis Mis Calc Calc Calc I I = I+ I +I = I + I + I
Il calcolato equivale al rappresentato da un qualche algoritmo ad infinito e mentre nella misura
la componente ad infinito si perde perch lalgoritmo sempre finito, in quello calcolato esso
rimane come componente teorica del calcolo. In questo senso possiamo dire:
( ) ( ) ( ) ( ) Calc Calc Calc Calc I+ I+ I = I + I + I ma la validit teorica di tale formula si scontra con
la realt della misura.
Infatti
1 1 0 2 2 0 3 3 0
( ) ; ( ) ; ( ) ; Mis k Mis k Mis k I = I = I = (la possibilit di un indice identificativo
strettamente legata allidentificazione spaziale dellelemento misurato) da cui
1 2 3 1 0 2 0 3 0
( ) ( ) ( ) Mis Mis Mis k k k I + I + I = + + usando lo stesso sistema di misura . Mentre la
misura del sistema nel suo complesso sar:
1 2 3
( ) Mis k I + I +I = A.
92
A questo punto possiamo vedere qual la condizione affinch le due misurazioni siano uguali e
quando invece sono diverse, infatti :
1 2 3 1 2 3
( ) ( ) ( ) ( ) Mis Mis Mis Mis I + I +I = I + I + I se
1 0 2 0 3 0 0
k k k k + + = A .
Ma quando pu realizzarsi una tale condizione?
Dato
1 2 3 1 2 3
( ) ( ( ) ( ) ( )) Mis Mis Calc Calc Calc I + I + I = I + I + I allora per quanto detto lentit
calcolata la misura pi il fattore di incommesurabilit, quindi:
1 1 1 1 0 1
( ) ( ) Calc Mis k u u I = I + = +
da cui
1 2 3 1 0 1 2 0 2 3 0 3
( ( ) ( ) ( )) ( ) Mis Calc Calc Calc Mis k k k u u u I + I + I = + + + + +
Nello stesso tempo
1 2 3 1 0 2 0 3 0
( ) ( ) ( ) Mis Mis Mis k k k I + I + I = + + se indichiamo
i
i
u = O
allora
1 2 3 1 2 3
( ) ( ) ( ) ( ) Calc Calc Calc Calc I +I + I = I + I + I se
i
i
u = O
e se
0 0
= A o se un suo
multiplo. Ma quando andiamo a fare le misure in
1 2 3
( ) ( ) ( ) Mis Mis Mis I + I + I i fattori di
incommensurabilit non sono presenti e quindi non vengono sommati, mentre in
1 2 3
( ) Mis I + I + I essi sono presenti e sono sommati, per cui da un lato abbiamo
1 0 2 0 3 0
k k k + + come misura delle componenti e dallaltro
1 0 1 2 0 2 3 0 3 1 0 2 0 3 0
k k k k k k u u u + + + + + = + + + O come misura del sistema nella sua totalit (o
sistema unico)
93
.
Ora se = 0 la situazione banale, il sistema calcolato e quello misura coincidono, il sistema
rappresentabile da un algoritmo determinato e certo.
Se 0 allora se esso esattamente un multiplo di , lunit di misura adottata ( se un
multiplo di ) la incorporer da cui avremo
1 0 2 0 3 0
k k k k + + = Aper
0
p u O= = A. Questo vuol
dire che il sistema di misura sulle componenti e quello sulla totalit del sistema si rapportano
attraverso un algoritmo determinato. La somma dei fattori di incommensurabilit sulle componenti
corrisponde esattamente ad una misura di , situazione alquanto eccezionale ma possibile.
Se invece, situazione molto pi probabile nella realt e che definisce, come vedremo, la specificit
dei sistemi complessi, tra le due misure rimane un fattore di incommensurabilit, ovvero:
'
1 0 2 0 3 0
k k k k + + = A+O allora diremo che il sistema aggregato (misura delle componenti) e
sistema unico (misura del sistema nella sua totalit) non sono riducibili luno allaltro.
1.2.4 Il fattore di incommensurabilit
Quello che a questo punto bisogna chiarire cosa rappresenti e come si esplicita il fattore di
incommensurabilit . In realt la sua presenza il segnale che tra il nostro modo di misurare il
mondo, attraverso determinazioni, e il mondo delle entit individuate e calcolate esiste un gap,
una scepsi difficilmente colmabile e tale scepsi si esplicita proprio con quel fattore di
incommensurabilit che troviamo come residuo in tutte le nostre misure. E lo stesso gap che
esiste tra algoritmi infiniti ed algoritmi finiti, tra algoritmi che trovano una risposta in un tempo
finito e certo ed algoritmi che non trovano risposta in un tempo finito e certo. Ma essa in realt
rappresenta una irriducibilit ancora pi profonda, quella tra il mondo discreto delle misure ed il
mondo continuo delle entit del mondo che osserviamo e rappresentiamo con una qualche funzione.
Potremmo dire, semplificando, che il mondo di Mis() un mondo discreto, numerabile mentre il
mondo di Calc() un mondo continuo. Come si pu notare, non abbiamo indicato in alcun modo
come elemento rappresentato, e questo in quanto e rimane un elemento individuabile ma
indeterminato e come tale non pu essere confrontato con la sua misura, che invece il modo che
abbiamo per determinate e rappresentare il mondo.
In definitiva abbiamo due modi per rappresentare e rendere determinabile il mondo delle
indeterminazioni : o con la misura di , Mis(), o con una funzione calcolata che rappresenti lo
spazio delle possibili misure di , Calc(). Il primo si presenta come uno spazio sempre discreto, il
secondo uno spazio continuo; il primo un algoritmo sempre determinato (certo e finito), il
secondo rappresentabile da un algoritmo incerto o indeterminato (infinito o nel tempo di fermata
e/o nel valore calcolato). Abbiamo scelto di rappresentare questo procedere ad infinito
dellalgoritmo di calcolo attraverso la definizione di un fattore di incommensurabilit .
Questo fattore non un fattore misurabile, esso si presenta come una entit continua, esprimibile
attraverso un qualche algoritmo ad infinito, ma non detto che ci sia sempre possibile; possiamo
avere fattori non esplicitabili attraverso un algoritmo conosciuto.
Il primo aspetto che dovremmo considerare che quando parliamo di un algoritmo in grado di
rappresentare , non ci riferiamo solo ad una routine che ciclando ad infinito genera i valori
decimali, come ad esempio lalgoritmo che genera , o qualsiasi altro valore trascendente in
matematica numerica. Indichiamo anche, e questo laspetto secondo noi innovativo, uno spazio
continuo, rappresentato da una qualche funzione continua, nel quale valori di si possono trovare
ma anche i valori misurati con Mis(). In questo caso, la funzione che definisce i valori si presenta
infinita non nel ciclo degli steps ma nella determinazione dei valori di output che non possono
essere determinabili attraverso cicli finiti dellalgoritmo. In definitiva abbiamo un algoritmo
determinato e finito negli steps, come lo una funzione, ma indeterminato e quindi non certo nei
valori di output (e questo vuol dire che solo un qualche algoritmo ad infinito potrebbe cogliere tali
valori).
In definitiva noi diciamo che esistono due modi fondamentali per cercare di esprimere e
rappresentare , quello classico attraverso un algoritmo che si ripete ad infinito e che non
riducibile ad un sistema di misura, in essa rientrano sia i cos detti numeri irrazionali algebrici e sia i
numeri trascendenti, in ambedue i casi facciamo riferimento ad un algoritmo definito che si ripete
ciclicamente ad infinito. E quello che non ci parla del singolo valore ma si limita a dirci che il
valore per una certa misura si trova lungo una funzione definita e rappresentabile, quale sia questo
valore non abbiamo modo di definirlo se non con un algoritmo ad infinito (in questo rientrano i
numero reali trascendenti).
94
Quello che abbiamo cercato di delineare la possibilit, nellazione delloperatore su , di avere
una misura delle entit ordinali, dove la somma di 2 entit + rimanda sempre ad un unica entit;
e nel contempo la misura delle entit nella loro molteplicit definita dallazione delloperatore.
La prima misura trasforma entit, ordinalmente poste, in un entit cardinale con molteplicit uno,
la seconda misura toglie lordinalit trasformando le misure in molteplicit cardinali. Possiamo dire
che la dimensione temporale dellordinalit si perde trasformandosi in una collocazione spaziale e
separata degli elementi misurati. Quando effettuiamo la misura della k-esima entit noi
consideriamo una misura spaziale dellentit ottenuta dopo k istanti temporali. Mentre quando
misuriamo e sommiamo le k componenti abbiamo k misure spaziali nello stesso istante temporale.
Quindi le k entit elaborate nel tempo dalla ricorsiva di diventano k entit coesistenti nel tempo,
ed abbiamo visto, come solo in casi limite le due risultanti sono identiche; ma quello che altres
interessante che questo passaggio da dimensioni temporali a dimensioni spaziali un fattore
generatore di molteplicit che si ha solo attraverso la misura (vedremo alla fine come questa
rappresenti una legge fondamentale del nostro modo di rappresentare il mondo e come esso si
concili con linterpretazione che diamo della fisica quantistica).
Se prima della misura la k-esima entit e le k ricorsioni sono un tuttuno nellazione delloperatore
, nel momento in cui effettuiamo la misura esse si separano ed nel modo in cui fissiamo i nostri
sistemi di riferimento spazio-temporali, e quindi misuriamo, esso si presenta come sistema che
evolve nel tempo nei suoi stati oppure come un sistema aggregato di elementi e misurato in un certo
istante. E proprio qui che si pone la differenziazione tra sistema unico e sistema nelle sue
componenti (sistema aggregato), nella misura c, in un certo senso, questa trasformazione quasi
paradossale delle entit spazio tempo.
Per meglio comprendere come una stessa entit si possa distribuire in componenti per poi
ricomporre in una misura unica, il modo pi semplice che abbiamo quello di esprimere gli aspetti
modulari di una semplice ricorsiva del tipo
k
N dove N un numero intero fissato e k sono le
iterazioni anchesse indicate con un numero intero.
Ad esempio:
2 3 4 5
{4; 4 ; 4 ; 4 ; 4 ;...} ora se misuriamo i valori ottenuti da una tale funzione del tipo (4)
k
I ad
esempio attraverso il valore determinato 35, avremo:
4 = 0*35 + 4
16 = 0*35 + 16
64 = 1*35 + 29
256 = 7*35 + 11
1024 = 29*35 + 9
4096 = 117*35 + 1
16384 = 468*35 + 4
.....
Come si vede dopo 6 cicli i valori del resto si ripresentano uguali ai precedenti formando in tal
modo, per la divisione su 35, 6 classi di congruenza di resti (indicheremo in maniera difforme dalla
comune definizione matematica il modulo come il numero di classi di congruenza dei resti, quindi il
modulo 35 appartiene comunque alle ricorsive che hanno modulo 6) . Ora se interpretiamo quanto
descritto secondo il nostro modello concettuale, la ricorsiva (4)
k
I misurata secondo lunit di
misura 35 genera nei residui (residui che ovviamente nel nostro esempio non sono infiniti, ma ben
determinati) un ciclo modulare, ed inoltre si ripetono identicamente dopo 6 steps della ricorsiva;
come vedremo in seguito, nei casi pi interessanti tali valori saranno effettivamente dei
incommensurabili e non saranno mai gli stessi ma si disporranno in una funzione F(t) che
rappresenter la funzione Calc(). In questo modo saremo in grado di derivare Calc() da Mis()
ed inoltre proprio attraverso la connessione S/T saremo in grado di trasformare una serie di steps
della ricorsiva misurati nel tempo in un sistema dotato di molteplici componenti in uno stesso
istante di tempo ed un punto di passaggio sar la sommatoria u
che diventa .
Su questo ci concentreremo nei capitoli successivi vedendo come un tale passaggio si possa
rappresentare ma prima finiamo di esplicitare tutte le propriet connesse alloperatore
1.2.5 Tipologie nellazione dell Operatore Origine
Se allorigine esiste un operatore la cui funzione quella di duplicare una entit indeterminata,
elemento delloperatore, la domanda che possiamo farci se esiste anche un operatore ad esso
inverso, e se si come si giustifica la sua possibilit.
Sappiamo come una struttura di campo in matematica presupponga lesistenza dellelemento neutro
e dellinverso, possiamo dire che questo vero anche per loperatore ?
Abbiamo compreso come lazione di sia anzitutto nella creazione di una ordinalit tra gli elementi
, ordinalit che possiamo rappresentare come lassociazione dellelemento di partenza .
Per cui:
3
( ) I I = I+ I+ I+ I cos come
2
( ) I I = I+ I+ I, abbiamo visto come la misura dei ci
dia la rappresentazione di elementi di un insieme che sono tanti quanti sono i . Se vogliamo avere
una rappresentazione simile a quella della teoria degli insiemi con la generazione della cardinalit
attraverso la creazione di sottinsiemi di insiemi dobbiamo indicare un nuovo indice che ci dica da
dove partire nella ricorsione.
2
0
( ) { ; ; } I I = I I+ I I+ I+ I ovvero un doppio indice dove quello in basso indica quello di partenza
e quello superiore quello di arrivo. In questo caso abbiamo creato o 3 ordinalit 1 + 2 + 3
oppure 3 sottinsiemi il primo con 1 elemento, il secondo con 2 ed il terzo con 3.
Possiamo intuitivamente dire che lazione delloperatore quella di aggiungere individualit
indifferenziate , il punto come si vede quello di definire un insieme vuoto o nullo, nella doppia
valenza di zero della entit ordinale e di nullo nella entit cardinale. Per arrivare a questo
dovremmo definire una operazione inversa a quella delloperatore, che in tal caso sar quella di
togliere delle entit. La definizione formale delloperatore diceva di un operatore che duplica
ci che nelle parentesi a destra, se nella parentesi c allora duplica . Ma loperazione
inversa ad una operazione di duplicazione qual?
Se assimiliamo la duplicazione ad una generazione la sua inversa sar sicuramente togliere ci che
stato generato, poich un inverso del termine re-plicare sembra ancora non esistere, useremo
quello di de-plicare.
Ma lazione delloperatore inverso ( )
n
I I non banalmente speculare a quello di ( )
n
I I infatti
abbiamo detto che
0
( ) I I = I e () = + , quindi l'azione di
1
( )
I I = I da cui ( ) ( ) 0
n n
I I + I I = qualsiasi sia n rispetto alla
precedente formalizzazione dove:
( ) ( 1)
n
n I I = + I mentre ( ) ( )
n
n
I I = I da cui ( ) ( )
n n
I I +I I = I .
La scelta delle due diverse formalizzazioni legata pi che altro alla efficienza del calcolo, se
utilizziamo lultima rappresentazione e combiniamo loperatore con il suo inverso per lo stesso
indice, avremo 2 sequenze di azioni una opposta all'altra che lascerebbe l'elemento dell'operatore
invariato, ovvero:
( )( )
n n
I I I = I
Si noti come i due operatori siano associati tra di loro attraverso una parentesi che li raggruppa,
questo vuol dire che il risultato di tale operazione sar differente se invece i due operatori agiscono
in maniera consecutiva, infatti :
2 2
( )( )
I I I = I mentre
2 2 2
( ( ( )) ( )
I I I = I II = IIIII I
Possiamo concepire la duplicazione di una entit opposta a come e quindi dare un senso alla
operazione : ( )
n
I I
Ricapitolando:
Definizione : Esiste un operatore inverso di su che deplica , deplicato sar indicato con .
Possiamo accennare ai seguenti teoremi conseguenza delle definizioni fino ad adesso date:
Asserto 1: ( ) ( )
n
n
I I = I
Asserto 2 : Esiste lelemento neutro 0.
Infatti
0 1
( ) ( ) 0
I I + I I =
Asserto 3: Gli operatori possono coesistere e in tal caso saranno associati con la propriet
commutativa o possono applicarsi consecutivamente ed in tal caso possono non essere
commutativi.
Nel primo caso indicato con
2 2
( )( )
= , ha una fondamentale simmetria tra gli elementi del gruppo non inversi e questa
simmetria tale che le componenti cadono in un numero definito di classi di congruenza, quindi il
ciclo si ripete periodicamente sempre allo stesso modo. Ma cosa ancora pi interessante, tutti gli
elementi sono generati dalla applicazione di una stessa relazione su uno stesso elemento, che
abbiamo chiamato generatore del gruppo.
I gruppi ciclici sia essi finiti e sia infiniti (nel caso in cui n = , ovvero il ciclo si chiude ad infinito
come ad esempio ( ; ) + Z gruppo che ha come generatore 1 attraverso loperazione di somma
genera tutti gli elementi di Z), hanno la propriet commutativit, ovvero sono gruppi abeliani.
Questa propriet deriva direttamente da quella degli indici delle potenze, infatti:
Se e , allora , si ha
k h
G a x y G x a y a = e = = * * * *
k h k h h k h k
x y a a a a a a y x
+ +
= = = = =
Quindi un gruppo ciclico abeliano, come nel caso dei numeri complessi:
C =
1 2 3 4
{ ; 1; ; 1} i i i i i i = = = = che un gruppo di ordine 4.
Abbiamo gi accennato che limportanza dei gruppi sta nel fatto che essi esprimono simmetrie,
simmetrie che trovano la loro corrispondenza nello spazio geometrico. Il gruppo C esprime le
simmetrie di rotazione nello spazio, cos come dei gruppi possono esprimere riflessioni o
ribaltamenti, ecc. e cos come avviene per le simmetrie dello spazio, un gruppo pu essere
scomposto in sottogruppi pi semplici che rappresentano simmetrie pi semplici. Il caso di C un
gruppo di Klein che esprime simmetria di riflessione rispetto allorigine, allasse x e y. Il caso dei
gruppi diedrali e delle permutazioni esprimono ancora pi chiaramente simmetrie.
Ma esistono anche un altra classe altrettanto importante di gruppi NON COMMUTATIVI che in
genere rappresentano trasformazioni lineari attraverso matrici, ad esempio i gruppi continui o
gruppi di Lie. Schematicamente possiamo dire che qualsiasi gruppo una composizione di gruppi
semplici, i gruppi semplici si dividono in finiti (con un ordine dato da un numero determinato) e in
continui, la classificazione dei gruppi semplici continui stata una delle maggiori conquiste
matematiche del XX secolo.
96
La differenza fondamentale tra queste due categorie che la prima
data da un numero discreto di elementi, come nei gruppi ciclici, la seconda , invece, generata dalla
variazione infinitesima di valori, per cui essa copre una spazio continuo ed fatta di infiniti
elementi. I primi sono generalmente commutativi mentre i secondi non lo sono.
La relazione che facciamo tra 2 insiemi in matematica viene vista come una trasformazione o
applicazione tra gli elementi di un insieme e quello di un altro. Queste applicazioni possono avere
varie propriet legate sia al tipo di relazione e sia alla struttura degli insiemi che relazioniamo.
Dati V e U diciamo che esiste una applicazione : F V U , F pu presentarsi iniettiva se per
qualsiasi valori
1 2
v v = di V abbiamo
1 1 2 2
( ) ( ) F v u F v u = = = ; F pu presentarsi suriettiva se F(V) =
U. Una applicazione che iniettiva e suriettiva si dice isomorfismo. Abbiamo anche visto come F
pu relazionarsi con se stesso arrivando a creare la struttura di regole ed elementi che definisce
linsieme stesso. Ora la cosa interessante che possiamo sottoporre un insieme, che ha una certa
struttura relazionale, ad una serie di trasformazioni e vedere se esse conservano o meno tale
struttura e quindi le propriet dellinsieme. Allo stesso modo possiamo vedere se quella
trasformazione, che conserva la struttura per un tipo di insieme, ha lo stesso effetto anche per altri
tipi di insiemi.
Un esempio fondamentale in fisica quello dato dalla struttura degli spazi vettoriali la quale viene
conservata attraverso le applicazioni lineari di uno spazio vettoriale V su se stesso. Queste
trasformazioni possono essere rappresentate attraverso matrici, in modo tale che la matrice e le
operazioni connesse giochino lo stesso ruolo di elementi di un gruppo. Tali matrici, rappresentanti
applicazioni lineari, possono esprimere varie tipologie di gruppi e propriet ad esse connesse.
In linea generale possiamo dire che le propriet di trasformazioni tra strutture differenti oppure di
una stessa struttura algebrica, possono essere rappresentate attraverso matrici e queste matrici
possono essere viste, a certe condizioni, come un gruppo. Allo stesso modo quella classificazione di
gruppi che precedentemente abbiamo fatto, rappresenta una sottostante classificazione di
trasformazioni in spazi possibili.
97
1.3.2 Trasformazioni lineari, funzioni e algebra di Lie
98
Lalgebra delle matrici si dimostrata uno strumento fondamentale per comprendere le propriet
connesse alle trasformazioni lineari. Nella nostra discussione al posto di utilizzare il concetto di
insieme utilizzeremo un concetto pi specifico, quello di Spazio.
Definiamo Spazio una struttura algebrica con infiniti elementi, ovvero uno spazio un insieme di
infiniti elementi dove sono definite operazioni chiuse rispetto allinsieme stesso.
Poich si possono dare anche spazi dove, per alcuni elementi di esso, le operazioni definite
generano elementi che non appartengono pi allinsieme, come ad esempio punti di singolarit o
altre situazioni, chiameremo Spazio Completo se esso totalmente chiuso rispetto alle operazioni
definite, cio senza eccezioni. (Nel prosieguo quando parleremo di spazio intenderemo sempre uno
spazio completo a meno che non sia indicato altrimenti).
99
Ora lo spazio che pi comunemente viene usato nelle descrizioni dei fenomeni fisici lo Spazio
Vettoriale, le cui caratteristiche di struttura si possono cos definire:
Definiamo Spazio Vettoriale V un insieme di elementi dove valgono tutte le propriet del campo
rispetto alle operazioni di somma e prodotto.
100
In cosa, quindi, uno spazio vettoriale si differenzia rispetto ad un campo numerico? Innanzitutto gli
oggetti sono n-uple ordinate di numeri, numeri che possono essere del campo dei Reali o dei
Complessi. Il simbolismo per indicare questo :
n
V = R ovvero n elementi nella forma
1 2
( , ,... ) con
n i
x x x x eR
Ma uno spazio vettoriale ha una propriet ulteriore che lo specifica rispetto ad altri spazi ed quella
che possiamo chiamare dellOmogeneit.
7) P. Omogeneit :
, , , o t.c. ( ) e
( )
v u V c d c v u cv cu
c d v cv dv
e e + = +
+ = +
R C
Ritroveremo questa propriet in molti altri spazi come ad esempio in quelli di Hilbert e di Banach,
essa ci dice che gli elementi dello spazio si possono combinare tra di loro secondo coefficienti
generando ulteriori elementi dello stesso spazio, ma a ben vedere questa propriet non altro che la
propriet lineare di detto spazio.
Ritornando alla definizione di applicazione tra 2 strutture algebriche che chiamiamo (X,*) e (Y,#) si
definisce in generale una applicazione come :
1 2 1 2
: t.c. ( * ) ( ) # ( ) f X Y f x x f y f y =
Questa applicazione detta omomorfismo in quanto preserva le operazioni definite in un insieme e
nellaltro, anzi come si vede fa corrispondere una operazione di un insieme allaltra operazione
dellaltro insieme. Come tutte le applicazioni essa si pu presentare come iniettiva, suriettiva o
iniettiva e suriettiva ovvero un isomorfismo. Ora caso particolare quello in cui X = Y e quindi:
1 2 1 2
: t.c. ( * ) ( )* ( ) f X X f x x f x f x = in questo caso abbiamo un endomorfismo ovvero un
omomorfismo dellinsieme su se stesso, se questo omomorfismo anche un isomorfismo allora
avremo un automorfismo.
101
A questo punto possiamo definire una applicazione lineare come una applicazione F tra uno spazio
vettoriale V e uno W t.c.:
: F V W con
1 2 1 2
, , , , o v v V w w W c e e eR Csi ha
1 2 1 2 1 2 1 1 1
( ) ( ) ( ) e ( ) ( ) F v v F v F v w w F cv cF v cw + = + = + = =
Come si vede lapplicazione lineare preserva le operazioni di somma negli spazi vettoriali,
lasciando inalterate le propriet ad esse connesse. Quindi si tratta di un omomorfismo e di un
endomorfismo nel caso dello stesso spazio vettoriale, ma esso, come abbiamo notato, gi implicito
nella stessa definizione. Quindi possiamo dire :
Una applicazione lineare lascia inalterate le propriet di uno spazio vettoriale.
Come si pu ben capire se gli spazi vettoriali riescono a descrivere cosi bene gli stati di un sistema
fisico le applicazioni lineari giocano un ruolo fondamentale nello studio di tali sistemi.
Quello che una applicazione lineare permette di generare elementi dellinsieme da uno sottinsieme
di essi, ovvero esiste un numero di elementi che chiamato base le cui combinazioni lineari
permettono di generare ogni altro elemento dellinsieme. In questo modo se associamo ad una
applicazione lineare una base, con essa siamo in grado di costruire lintero insieme degli elementi.
Questo punto, che adesso formalizzeremo, cruciale nellanalisi dei sistemi, perch qualsiasi stato
di un sistema lineare (rappresentabile attraverso un sistema lineare) ottenuto dalla combinazione
di stati base.
102
Essi possono essere visti come le coordinate entro le quali definiamo il sistema e la
sua evoluzione, ma limportanza ulteriore delle trasformazioni lineari che esse sono associate a
matrici e dallalgebra delle matrici possibile trarre propriet simmetriche di tali applicazioni e
questo in quanto le matrici possono creare oggetti che hanno propriet di gruppo.
Come abbiamo gi detto, le applicazioni che noi generalmente consideriamo sono tali che ad uno o
pi elementi dellinsieme di partenza corrisponde sempre un solo elemento dellinsieme di arrivo,
ovvero
1 2
( , ,..., )
n i
T x x x y = ; abbiamo chiamato specificatamente queste applicazioni, funzioni e
algoritmi funzionali. Il punto vedere se da una tale funzione possa esistere linversa, in realt non
siamo in grado di trattare funzioni inverse di quella data ovvero
1
1 2
( ) ( , ,... )
i n
T y x x x
= , e questo
anche nel caso di una sola variabile. Trovare linversa vuol dire avere la condizione necessaria
perch lapplicazione sia isomorfa, che ad ogni elemento dellinsieme di partenza corrisponde uno
ed un solo elemento dellinsieme di arrivo e il contrario. Nel caso prima indicato questa possibilit
non si d perch ad n elementi dellinsieme di partenza corrisponde 1 solo elemento di quello di
arrivo, ma una eventuale inversa dovrebbe essere del tipo
1 2
( ) ( , ,... )
i n
R y x x x = , anche se tale
relazione fosse unica, essa comunque per definizione NON una funzione.
103
Ma che significato potrebbe avere loperazione
1 2
( ) ( , ,... )
i n
R y x x x = , cosa vuol dire esattamente che
ad 1 elemento ne possono corrispondere n ?
Sarebbe una applicazione tale che per : R W V abbiamo
1 1 2 1
( , ,.., ) ( )
k
y x x x R y = ovvero con
un solo elemento ed una stessa applicazione si possono generare un numero definito di elementi
coesistenti. In definitiva sarebbe loperazione opposta al determinare una base di uno spazio
vettoriale o le coordinate di un elemento; il punto che dato un numero non siamo in grado da esso
di generare una base, n tanto meno da una distanza possiamo ricavare le coordinare del sistema, in
quanto, in generale, le possibilit risultanti sono infinite ed anche quando non lo sono, come nel
caso degli algoritmi diofantei, lalgoritmo si presenta sempre incerto.
Quindi sembrerebbe che una funzione del genere non sia logicamente possibile, e anche se lo fosse
non trattabile come una misura. In realt nel caso dei sistemi quantistici ci sembra di avere a che
fare proprio con strutture di questo tipo che chiamiamo: a stati sovrapposti; il caso in cui ad un
certo istante del sistema corrispondono una serie di stati sovrapposti, ovvero coesistenti dei quali in
realt uno solo si realizza con la misura. Questi stati sovrapposti corrispondono agli stati base,
ovvero alla base di uno spazio vettoriale, quindi la loro combinazione lineare permette la
determinazione di qualsiasi stato del sistema. Nellistante t corrispondono una serie di stati o
variabili sovrapposte che non sono n possono essere misure, ma si potr avere una misura solo
quando uno dei due stati si realizza. Il punto che vogliamo affrontare quale tipo di struttura
matematica c dietro una relazione di tal tipo,ovvero a quale oggetto matematico corrisponde una
applicazione in grado di generare da se una serie di elementi che si presentano tra di loro coesistenti
e che rimangono NON misure fino a quando un solo elemento di essi si realizza e quindi diventa
misura.
104
Ritornando alle trasformazioni rappresentate da matrici, nel caso che esse siano continue allora
saranno generalmente non commutative e si possono rappresentare attraverso matrici del tipo I +
A , dove I la matrice identit e la variazione molto piccola di valori della matrice A, quindi la
trasformazione di valori infinitesimi partendo dalla matrice I. Quello che la teoria ci dice che per
un gruppo continuo (finito) per valori in un intervallo definito esister un gruppo in GL(n) in grado
di rappresentarlo e che questo gruppo sar non commutativo.
Lalgebra che si occupa dello studio di questi gruppi locali continui e non commutativi detta
algebra di Lie, se utilizziamo la forma matriciale I + A per indicare un elemento del gruppo G,
allora la non commutativit degli elementi di un gruppo dovr essere rappresentata attraverso la
formula
1 1
ABA B
, infatti nella forma AB e BA non si evidenzierebbe il carattere non commutativo
del prodotto in quanto
2 2
( )( ) I A I B I AI I B AB c c c c c + + = + + + tenendo presente che
2 2
che e 0 I I AI A c = = = abbiamo ( )( ) ( ) I A I B I A B c c c + + = + + .
105
Ma la somma sempre una
operazione commutativa per cui in questo modo il valore non commutativo del prodotto si
perderebbe. Mentre nellaltra rappresentazione abbiamo:
1 1
( )( )( ) ( ) I A I B I A I B c c c c
+ + + + trasformando
1
( ) I A c
+ in una serie di potenze abbiamo:
1 2 2 3 3
( ) ... I A I A A A c c c c
A
eA e dove G un Gruppo di Lie.
In questo modo le trasformazioni lineari continue (con matrici) possono essere espresse da elementi
dellalgebra di Lie con tali trasformazioni. La caratteristica di un gruppo di Lie che loperazione
binaria che definisce il gruppo differenziabile, quindi continua (localmente) ed ad ogni gruppo
possiamo associare un algebra di Lie in grado di esprimere le propriet locali del gruppo.
1.3.3 Spazi di Hilbert e topologia degli spazi
107
Uno spazio vettoriale di dimensione infinita
108
chiuso se qualsiasi successione infinita di vettori
convergente ha il limite contenuto nello spazio stesso. Inoltre esso si dice completo se qualsiasi
successione converge secondo Cauchy e il limite contenuto nello spazio stesso.
Uno spazio detto Normato se esiste una applicazione da uno spazio vettoriale V ai reali R.
Tale che:
1) Propriet della positivit: 0 v v V > e
2) Propriet della definitezza: 0 se solo se 0 v v = =
3) Propriet della omogeneit: e v v v V o o o = e e R
4) Propriet della disuguaglianza triangolare: v w v w + s +
Definizione 1 : Uno Spazio Normato Completo uno Spazio di Banach.
Quindi uno spazio di Banach formato da uno spazio vettoriale di dimensione infinita dove data
una norma e dove le successioni convergono secondo Cauchy in valori limite presenti nello spazio
stesso. Dallo Spazio Normato si deduce una metrica data da ( , ) d f g f g = , in uno spazio
metrico valgono le seguenti propriet:
1) Simmetria: ( , ) ( , ) d f g d g f =
2) Disuguaglianza triangolare : ( , ) ( , ) ( , ) d f g d f h d h g s +
3) Positivit : ( , ) 0 d f g >
Ed uno Spazio Metrico si dice Completo se una successione di Cauchy la condizione necessaria e
sufficiente per la convergenza.
Definizione 2 : Uno Spazio Metrico Completo , con la metrica dedotta dalla norma, uno Spazio di
Hilbert.
Uno Spazio di Banach garantisce la continuit della norma, mentre uno Spazio di Hilbert garantisce
la continuit della metrica dedotta dalla norma. Ma una metrica si ha utilizzando le proiezioni della
norma sugli gli assi ed esse si ottengono attraverso il prodotto scalare, quindi lo spazio di Hilbert
garantisce la continuit del prodotto scalare.
Possiamo definire uno Spazio di Hilbert come una applicazione dal prodotto HxH sul corpo o R C
che chiamiamo Prodotto Scalare. Con le stesse propriet definite per la norma, se indichiamo la
norma indotta dal prodotto scalare come:
2
v v v =
Inoltre vale la propriet simmetrica o hermitiana: v w w v =
Quindi uno spazio di Hilbert ci permette la proiezione di uno spazio metrico su una base
ortonormale di infiniti vettori e di essi ci garantisce la continuit.
Una base di uno spazio di Hilbert data da una famiglia di vettori ortonormali tali che:
1/ 2
1
k k k
e e e = = ed inoltre per f H e si ha se 0 allora 0
k
k f e f = =
Quindi qualsiasi successione di vettori o funzioni di uno spazio di Hilbert pu essere rappresentata
da una sua base.
In modo tale che:
1 1
con
k k k k k
k k
f f f e e f e o
= =
= = =
Esistono ovviamente molte altre propriet di uno spazio di Hilbert su cui ritorneremo solo se
interesseranno la dimostrazione che vogliamo portare avanti.
Gli spazi di Hilbert sono spazi normati dove vale la propriet triangolare secondo la quale :
f g f g + > +
Dove f la norma (che pu essere rappresentata dalla classica norma euclidea che abbiamo gi
definito come
2 2 2
( ) f x y z = + + dove x,y,z sono le coordinate di un generico punto di f), vi
sono molte altre funzioni rappresentanti una norma, ed esse possono essere espresse anche
attraverso matrici diagonali che meglio identificano spazi con n-dimensioni, come ad esempio lo
spazio di Minkowski.
109
Ma cosa rappresenta la norma ? E evidente che essa esprime una distanza tra 2 punti o tra un punto
e lorigine degli assi, distanza che soddisfa la propriet triangolare, ovvero una propriet che ci dice
che la propriet metrica della distanza uniforme nello spazio che consideriamo ed essa si cumula
in termini quantitativi in maniera uniforme. La norma quindi un modo per generare una misura in
uno spazio, misura effettuata secondo certe regole, come nel caso della norma euclidea; inoltre la
norma trasforma un numero complesso, che se fosse una misura sarebbe una doppia misura, in un
unica misura in campo reale.
110
Come vedremo, per noi la norma la misura dellazione
complessiva dellinvariante, quindi la misura completa di oggetto e strumento.
Uno spazio pu essere visto sotto un approccio topologico
111
ma prima occorre chiarire bene cosa si
intende per insieme aperto e per insieme chiuso.
Un insieme B X c aperto se e solo se \ X B chiuso, ora un insieme si dice aperto se tutti i punti
dellinsieme sono INTERNI e per essere interno intendiamo che esistono sempre intorni dei punti
dellinsieme che sono allinterno dellinsieme stesso. Per intorno di un punto qualche testo utilizza
la definizione di intorno di x come di un insieme aperto A t.c. A B X c c .
112
Un insieme con soli punti interni, ovvero che gli intorni di questi punti sono ancora punti
dellinsieme si dice quindi INSIEME APERTO.
Un punto y X e si dice esterno a B X c se esso interno a \ X B , questa definizione possibile
se diciamo che un insieme B sempre un sottinsieme di un qualche altro insieme X e che si possa
sempre in un qualche modo indicare il complemento di B, ovvero \ X B . Comunque un punto
esterno a B un punto che non appartiene a B e che ha un intorno aperto che non gli appartiene. Ma
esistono anche dei punti di B che non hanno un intorno n in B e n in X, questi punti rappresentano
la frontiera di B che indichiamo con B , ovvero sono punti dove esiste una qualche parte di intorno
che non sono punti di B, sono quindi punti limite oltre i quali vi sono punti di \ X B , tali punti sono
anche di frontiera per il complemento di B.
Ricapitolando:
Un punto x B X e c si dice INTERNO di B se ha un intorno in B.
Un punto y X e si dice ESTERNO a B si ha un intorno in \ X B .
Un punto si dice di FRONTIERA e cio z B e se non ha intorno n per B n per il complemento di
B.
Se un insieme contiene la sua frontiera allora chiuso se non la contiene allora aperto, quindi se B
aperto allora \ X B contiene la frontiera di B.
Ora possibile utilizzare le definizioni di insiemi aperti o di insiemi chiusi per definire uno Spazio
Topologico
113
. Se consideriamo gli insiemi aperti allora abbiamo:
Uno spazio Topologico una coppia (X, ) costituita da X e da sottinsiemi di X che formano
linsieme , dove i sottinsiemi di X sono insiemi aperti e dove valgono i seguenti assiomi:
1) Unione di sottinsiemi aperti di X un sottinsieme aperto di X
2) Lintersezione di una coppia di sottinsiemi aperti di X un sottinsieme aperto di X
3) Linsieme 0 e X sono insiemi aperti.
Come si vede abbiamo una struttura con 2 operazioni, lunione e lintersezione su entit che
abbiamo chiamato insiemi, ma che in realt rimangono entit vaghe e che vengono in un qualche
modo definite proprio dalle operazioni che per esse abbiamo stabilito. Ora la cosa che caratterizza
una topologia che rispetto a queste operazioni di unione e intersezione, elementi di una topologia
rimangono elementi della topologia, cio essa contenuta in se stessa. Ma, come abbiamo
sottolineato in precedenza, un insieme come entit va definita, e quindi associata ad un algoritmo, o
una struttura di misurazione, questo vuol dire che possiamo stabilire in maniera pi chiara se una
misura una misura dellinsieme cos come se le successioni di misure sono ancora misure
dellinsieme. Nello spazio che abbiamo indicato, come lo Spazio di Hilbert, la possibilit della
misura data dalla possibilit di una metrica, e la metrica risultato della norma. Poich lo spazio
delle misure, nel nostro modello, il risultato di una ricorsiva sar la norma di una ricorsiva in
campo complesso che ci dar le misure per un certo insieme, per un certo spazio (rispetto
allinvariante generante lo spazio) . Ed anche il tipo di ricorsiva e di norma da essa ottenuta che ci
dir che tipo di spazio abbiamo, se esso di Banach, se connesso o non lo , ecc.
In topologia parliamo di applicazioni continue se limmagine inversa di un insieme aperto rimane
aperto, ovvero se dato : f X Y e se U un intorno di f(x) allora
1
( ) f U
un intorno di x.
Da questo punto di vista abbiamo il corrispondente dellisomorfismo per gli spazi lineari e viene
chiamato OMEOMORFISMO.
Definizione di Omeomorfismo: Unapplicazione biettiva : f X Y detta omeomorfismo quando
sia
1
che f f
sono continue, cio quando U X c aperto se e solo se ( ) f U Y c lo .
In uno spazio topologico si possono individuare 3 principali propriet:
1) Connessione
2) Propriet di Hausdorff (o Assioma di Separazione)
3) Compattezza
114
La prima propriet ci dice che se uno spazio dato dallunione di 2 sottinsiemi aperti e disgiunti
allora non connesso, questo vuol dire che uno spazio connesso tutto contenuto in se stesso, in
parole povere pu essere percorso in ogni direzione senza salti o strappi.
La seconda propriet riguarda la possibilit che dati 2 punti qualsiasi di uno spazio topologico di
essi si pu sempre definire degli intorni disgiunti. Questa propriet ci dice della continuit degli
intorni, ma anche che possibile stabilire una metrica, quindi una misura di tali spazi.
La compattezza una delle propriet pi importanti che troviamo in topologia e merita una
descrizione maggiore. La definizione formale di spazio compatto che se dello spazio topologico X
abbiamo un ricoprimento aperto (per ricoprimento di B contenuto in X intendiamo una famiglia di
sottinsiemi numerabile di X che contiene B), vuol dire che esiste un numero finito di sottinsiemi di
X che ricoprono X. La propriet principale di uno spazio compatto che una propriet locale
diventa una propriet globale in quanto estendibile comunque ad un numero finito di altri
elementi. La compattezza accenna al fatto che un insieme pu essere localizzato in quanto deve
poter essere ricopribile sempre da un numero FINITO, da una curva chiusa.
Quanto detto si collega al nostro concetto di localizzazione, ma il nostro concetto pi generale, per
noi una retta localizzata in quanto contenuta in un area determinabile dello spazio (quanto esiste
un algoritmo che la determina), per la nostra definizione una struttura localizzata tale se
contenuta dallesterno, se esiste un esterno che lo contiene. In definitiva un algoritmo, in quanto
numero finito di regole, ha una analogia con il numero di regole finite definenti un Sistema
Formale, ed anche se il ciclo pu non essere determinato o ripetuto ad infinito, il numero finito di
regole fa si che esso si presenti comunque come un sistema limitato, localizzato da un altro
algoritmo in grado di contenerlo, di ricoprire quello localizzato.
115
Per noi un ricoprimento finito
come condizione di compattezza trova un corrispondente nel nostro modello, in questo senso un
algoritmo con un numero infinito di regole o isomorfo allintero spazio continuo non un sistema
localizzato, non pu rappresentare una entit compatta.
1.3.4 Generalizzazione attraverso la teoria dei Morfismi
La matematica contemporanea ha permesso una serie di generalizzazioni ed una di queste va sotto il
nome di teoria dei Morfismi o della Categorie e dei Funtori.
116
Lobiettivo di una tale teoria quello di generalizzare le propriet di oggetti, chiamati Categorie, e
delle relazioni tra di essi, che sono chiamati Morfismi. Per cui abbiamo che gli oggetti della
categoria sono coppie (X, Y) e gli elementi Morf(X, Y) che indichiamo anche con (X, Y) sono le
relazioni e le loro propriet esistenti tra X e Y per cui : t.c. f X Y f e . Ma sia f che X, Y
possono essere oggetti molto differenti tra di loro pur condividendo propriet e assiomi:
Propriet:
1) (X, Y) disgiunto da (X, Y) se (X, Y) e (X, Y) sono disgiunti.
2) Esistenza di una legge di composizione ( , ) ( , ) ( , ) X Y Y Z X Z
che possiamo anche scrivere come
f g
g f X Y Z =
Assiomi:
1) Associativit : Se
f g h
X Y Z U sono morfismi allora vale la legge associativa:
( ) ( ) h g f h g f =
2) Identit : Per ogni X esiste un morfismo ( , ) t.c. e I X X I f f g I g e = = per tutti i
morfismi f e g che hanno X come un elemento della coppia.
Esempi di Categorie e Morfismi sono:
1) Categoria degli Insiemi:
Oggetti = Insiemi ; Morfismi = Applicazioni
2) Categoria dei Gruppi
Oggetti = Gruppi ; Morfismi = Omomorfismo tra gruppi
3) Categoria degli Spazi Vettoriali su K
Oggetti = K-spazi vettoriali
Morfismi = Applicazioni K-lineari
4) Categoria Topologica
Oggetti = Spazi topologici ; Morfismi = Applicazioni continue
Come si vede stiamo parlando di categorie a cui abbiamo gi accennato e che adesso vediamo in
una prospettiva unitaria, rappresentano strutture algebriche che sono collegate tra di loro attraverso
operazioni che abbiamo chiamato morfismi, quindi ogni elemento X della coppia ha sue operazioni
che lo definiscono e abbiamo chiamato i morfismi che legano X a X AUTOMORFISMI, ovvero
( , ) f X X e , abbiamo invece MONOMORFISMI quando ( , ) f X Y e iniettiva, mentre un
EPIMORFISMO quando ( , ) f X Y e suriettiva; se f iniettiva e suriettiva allora abbiamo come
si sa un ISOMORFISMO. In generale chiamiamo un morfismo tra strutture algebriche tali che
( ,*) e ( , #) X Y esiste un f con
1 2 1 2
( * ) ( ) # ( ) f x x f x f x = come un OMOMORFISMO:
Se le considerazioni che abbiamo fin qui fatto sono valide allora una ricorsiva che si presenta
inizialmente come un Automorfismo pu trasformarsi in un Morfismo che lega 2 strutture
algebriche, 2 oggetti di una categoria. Abbiamo anche detto che la stessa relazione di misura si
presenta come un automorfismo dove X loggetto o misura che lega oggetto misurato e strumento
di misura. Abbiamo anche considerato come questo possa rappresentarsi come un algoritmo, e
quindi un algoritmo ricorsivo.
Ma come possibile che da un automorfismo si possa generare un morfismo? Ovvero che da
( , ) f Y Y e si possa generare un ( , ) o h ( , ) g Y X X Y e e , questo possibile se f si presenta
come una 9 ricorsiva tale che oltre ad essere in grado di generare punti di Y da punti di Y, questi
punti siano espressione di una qualche relazione dordine, relazione che si esplicita proprio
nellordine della ricorsiva. Una relazione dordine secondo gli indici permette, in linea generale (e
puramente teorica), di collocare i valori Y rispetto ad uno spazio X. Abbiamo visto come le
ricorsive cicliche possano generare una serie di funzioni continue, ovvero di applicazioni tra
linsieme dei punti X, punti della sequenza della ciclica, e Y punti ottenuti dallazione della
ricorsiva, in tal modo abbiamo generato da un automorfismo della ricorsiva 9 uno spazio di oggetti
con dei loro morfismi. Ma la cosa ancora pi interessante che la teoria individua tra 2 categorie C
e D un morfismo L che chiamiamo FUNTORE t.c. L(C) = D ovvero che a ciascun morfismo di C
t.c.
g
X Y corrisponde un morfismo di D t.c.
( )
( ) ( )
L g
L X L Y e dove per il funtore L
valgono le seguenti propriet:
1) L(I) = L
2) ( ) ( ) ( ) L h g L h L g =
Un tale funtore viene specificamente chiamato funtore covariante per distinguerlo da quello
controvariante dove a
g
X Y corrisponde
( )
( ) ( )
L g
L X L Y .
Ebbene questo quanto ritroviamo nelle funzioni della ricorsiva ciclica che rappresentano proprio
quei funtori applicati alle funzioni per cui le differenti funzioni
1 2
, ,...
k
fanno corrispondere
valori X a valori Y e dove loperatore trasformando una funzione in un altra trasforma anche i
valori X e Y , infatti:
Diamo :
1
1 1 1 1
( ) X Y X
= e
2
2 2 2 2
( ) X Y X
= ora se
2 1
( ) = I
Abbiamo la trasformazione
1 1 2 2 2 1
( ( )) ( ) ( ( )) X X X I = = I
Come si vede affinch luguaglianza si mantenga occorre che
1 2
I = I
Ma anche per un funtore controvariante deve valere lo stesso, ovvero:
1
1 1
X Y
corrisponde a
1
2
1
1 1 1 2
( ) ( ) dove ( ) X Y
I I I =
Quindi abbiamo:
1 1 1 1 2 1 1
( ) quindi ( ) ( ( )) Y X Y Y X = I = = I da cui
1 1
2 1 1 1 1 2 1 1 2 2 1
( ) ( ) ( ) ( ) X X X X X
= I = I I = I =
Anche qui abbiamo la conclusione che
1
2 2 1 1
quindi ( ) I X X
= I =
Ma a ben vedere questo significa :
1 1
I I = I cos come
1
1 1 2
I I = I =
Possiamo generalizzare il seguente principio:
Se loperatore a destra della funzione allora la funzione rimane identica a se, se a sinistra la
funzione viene trasformata in una funzione consecutiva alla precedente.
invece
n n
i i n i i
+
I = I =
Per linverso delloperatore invariante si ha :
1
invece
i n
n n
i i i
+
I = I =
In sintesi :
n q
i i n
+
I I =
Vedremo in seguito come sia un operatore che genera un gruppo ciclico t.c.
2 3
, , ,...,
k
I I I I I =
generante le funzioni
1 2
, ,...,
k
che si presenteranno come autofunzioni della matrice generata
dallazione delloperatore.
1.3.5 Definizione di ricorsiva e spazi associati
Un sistema ricorsivo, in linea generale, una funzione (o pi funzioni tra loro composte) che hanno
la particolarit di avere come argomenti gli stessi risultati della funzione, inoltre questi valori-
risultati sono sequenziati secondo un indice. La prima caratteristica fa si che lo spazio dei valori
della ricorsiva dipende (non sempre) dalle condizioni iniziali della stessa (o condizioni di innesco
della ricorsiva), la seconda che tale spazio ha una sua ordinalit desumibile dalla successione degli
steps della ricorsiva.
Fissiamo alcuni aspetti formali sulle ricorsive.
117
Definizione 1 - Ricorsiva : Una ricorsiva 9 una funzione da U in U (con o U U c c R C) che ha
come argomenti solo i valori assunti dalla funzione esclusi le condizioni di innesco della ricorsiva.
Quindi:
1
( ) dove ,
i i
x x x
+
9 = eR C
Chiamiamo
i
x argomento della ricorsiva e
1 i
x
+
risultato della ricorsiva, inoltre indicheremo con 9
funzioni ricorsive in campo reale e con funzioni ricorsive in campo complesso e con z i valori in
C. Ogni applicazione o passaggio della ricorsiva detta step della ricorsiva e come tale pu essere
associato ad un numero naturale o indice, in tal modo abbiamo anche un ordine dei valori della
ricorsiva. Una applicazione successiva della funzione ricorsiva sar indicato con un valore
esponente, per cui avremo:
0 1
2
1 0 0 2
3
2 0 0 3
( )
( ) ( ( )) ( )
( ) ( ( ( ))) ( )
....
x x
x x x x
x x x x
9 =
9 = 9 9 = 9 =
9 = 9 9 9 = 9 =
La funzione che abbiamo definito ha una sola variabile ed ha un insieme n di elementi partendo da
un valore di
0
x eR (lo stesso ovviamente si potrebbe dire per z in campo complesso). In realt noi
siamo interessati a funzioni che hanno k-elementi come valori di innesco, per cui una definizione
generale di ricorsiva sar la seguente:
Una funzione ricorsiva una funzione che trasforma un sottinsieme di R (o C) in se stesso, dove
ogni risultato della funzione un elemento dellargomento e quindi sempre un valore del
sottinsieme U di R o C.
:
k
T U U ovvero
1 2 3
( , , ,..., )
k i
T x x x x x = con U _9quindi avremo:
1 1
( ,... , ,.. )
k a p k
x x x
+
9 = dove
1
,..
k
x x sono gli argomenti della funzione e si possono fare
corrispondere ad un vettore
k
V , i valori ,...,
a p
sono parametri della funzione ricorsiva che
rimangono costanti per tutte le iterazioni della stessa. I casi che esamineremo saranno del tipo
0 1
( , )
n k p
k
V x
+
9 = dove
0
k
V un vettore origine o condizione di innesco con k elementi e
p
rappresentano p parametri
Quindi le caratteristiche di una funzione ricorsiva generale sono:
1) Che ad una k-upla di valori di U corrisponde sempre uno ed un solo valore di U.
2) Linsieme dei valori U infinito, ovvero lazione della ricorsiva non ha termine.
3) Vi sono dei valori
0
x eR (o
0
z eC) per cui la ricorsiva assume valori non determinati, ovvero
la funzione va ad infinito.
118
4) Esiste un ordine ben definito nellapplicazione dei valori della funzione, questo ordine si pu
rappresentare attraverso una applicazione tra linsieme dei punti della ricorsiva U e linsieme dei
numeri naturali N, e questa applicazione un isomorfismo.:
'
:U I N
Nel campo complesso, le funzioni a cui siamo interessati sono funzioni meromorfe, in analisi si
considera landamento delle
2 3
, , ,... funzioni per tutti i valori z di C e per un certo parametro
; ora se la ricorsiva va ad infinito il punto z viene considerata come appartenente allinsieme Julia
(J), se invece la ricorsiva converge ad un valore determinato oppure periodica allora il valore z
viene considerato appartenente allinsieme di Fatou (F), per cui abbiamo che per
{ } = C C ,
/ J F = C . Sappiamo che ogni insieme Julia e di Fatou dipende dal parametro ,
quindi la regione dei punti del piano complesso dove la ricorsiva va ad infinito definisce linsieme
Julia che diventa in effetti un complemento dellinsieme di Fatou. Se consideriamo la variazione del
parametro otteniamo diversi insiemi Julia, linsieme dei valori di C per cui un insieme Julia si
presenta connesso si definisce come insieme di Mandelbrot.
119
Se per semplicit consideriamo la funzione olomorfa
2
1 0
e
k k
z z z w
+
= + = eC sappiamo che per
2 w > la funzione andr ad infinito altrimenti converger verso un attrattore, ma la frontiera per w
non cos definita, essa si presenter nei termini di un frattale. Se adesso analizziamo il
comportamento dellinsieme al variare di , potremmo descrivere un insieme di Mandelbrot per tutti
i valori di per cui J si presenta connesso. In realt per stabilire questo c un metodo semplice che
quello di analizzare landamento della funzione per
0
0 z = e considerare come la variabile w, i
valori di per cui la ricorsiva converger definir un insieme di Julia connesso e quindi un
elemento dellinsieme di Mandelbrot per quella ricorsiva.
120
Negli ultimi decenni su questo argomento della matematica si sono fatte molte ricerche, ma come
ho precedentemente detto, quello che in questo saggio ci interessa non linsieme descritto dalla
variazione dei punti di innesco della ricorsiva; ma bens, linsieme ottenuto dalla variazione della
ricorsiva per un singolo valore di innesco, in definitiva quella che i matematici chiamano orbita e
che noi invece chiameremo spazio , in quanto col termine orbita indicheremo un concetto
differente. Inoltre siamo interessati solo alle ricorsive che generano ad infinito valori stabili e
determinati (attrattori) o valori periodici, in definitiva le nostre ricorsive devono essere localizzate.
Quindi stiamo parlando di elementi dellinsieme di Fatou per un certo parametro, questo vuol dire
che per un certo vettore
0
V i valori
0
( , )
n
V per neN saranno entro una certa area limitata a
meno di eccezioni; inoltre le funzioni che utilizzeremo saranno funzioni in campo complesso ed in
particolare funzioni meromorfe. Quello che analizzeremo lo spazio dei punti generato dallazione
della ricorsiva per una singola condizione di innesco e, come detto, questo spazio si localizzer in
un area definita, chiameremo linsieme U dei punti cosi ottenuti spazio .
121
Definizione 2 Spazio e : Lo spazio e uno spazio infinito, ma numerabile, descritto dallazione
della ricorsiva 9 , per definite condizioni di innesco, i risultati della ricorsiva sono i punti P di
detto spazio.
Caratteristiche di questo spazio:
1) Esistono i punti origine O di che sono le condizioni di innesco della ricorsiva, i punti origine
formano un vettore
0
k
V , con k le variabili della ricorsiva.
2) I punti di questo spazio sono ordinati secondo lindice n N e .
3) formato da infiniti punti numerabili.
4) Questi punti, salvo punti di eccezione, saranno circoscritti in un area o sezione del piano
complesso (o reale).
5) Dati 2 punti generici qualsiasi ,
i j
P P e e allora si avr sempre che
i j
P P = , ovvero tutti i punti
dello spazio saranno tra loro differenti.
Abbiamo volutamente parlato di punti P senza specificare se P un numero reale o complesso,
esistono, come abbiamo gi sottolineato, ricorsive in campo reale e ricorsive in campo complesso,
se non c necessit di specificare indicheremo con lo spazio generato da una ricorsiva generica
9 e con P i punti da essa generati. Se necessario specificare che si tratta di campo complesso,
indicheremo tale spazio con e la ricorsiva come , i punti come z; indicheremo con x i punti in
solo campo reale e lo spazio associato sar indicato con . E evidente che se abbiamo uno spazio
nel campo complesso potremmo facilmente determinare uno spazio corrispondente il quello reale,
attraverso la norma dei punti di , anche se non altrettanto facilmente si pu determinare una
ricorsiva 9 per un cos determinato.
Ma le ricorsive che saranno tema della nostra riflessione hanno una caratteristica ulteriore, molte di
esse sviluppano andamenti periodici; inoltre sicuramente saranno ricorsive cicliche modulari,
ovvero lazione della ricorsiva si chiude dopo un certo numero di steps creando insiemi di classi di
congruenza. Vogliamo notare come se indichiamo con Vj i vettori dello spazio di dimensione k,
k
e
possiamo avere per 9 una ricorsiva composta di funzioni T, ovvero
1 2
( .. )
k
T T T 9= , con la
condizione che k sia finito, e che tale composizione sia invariante e ciclica.
Ad esempio:
1
2 1 1
3 2 2 2 1 1
4 3 3 3 2 1 1 1
5 1 4 1 1
( )
( ) ( ( ))
( ) ( ( ( ))) ( )
( ) ( ( ))
V
V T V
V T V T T V
V T V T T T V V
V T V T V
=
= =
= = = 9
= = 9
...
Si vede in questo caso come 9 sia composto da
1 2 3
( ) T T T e quindi abbiamo 2 cicli ricorsivi, uno
di 9 ed un altro delle componenti di 9.
1
4 1
2
7 4
( )
( )
....
V
V V
V V
= 9
= 9
Se consideriamo una ricorsiva generica:
1 0
2
2 1 0 0
0 0
( )
( ) ( ( )) ( )
.....
( ( ...( ( ))..)) ( )
n
n
P P
P P P P
P P P
= 9
= 9 = 9 9 = 9
= 9 9 9 9 = 9
allora si ha una ricorsiva ciclica quando t.c.
k
k I - 9 = e quindi k il modulo per gli n valori della
ciclica, vedremo come se k un numero primo da cui n = m*k + p la ciclica non scomponibile
altrimenti lo . Quindi una ricorsiva ciclica crea k classi di congruenza
1 2
, ,...,
k
U U U dove si
distribuiranno i punti di per cui abbiamo
k
k
U e =
e dove k il modulo della ciclica, i punti di ogni insieme U sono esprimibili attraverso
funzioni continue sinusoidali F(t).
123
E importante sottolineare come gli insiemi U, che sono di un
numero finito, formino un ricoprimento dello spazio e quindi lo spazio uno spazio denso ed
connesso, ma non uno spazio continuo. Se esprimiamo i valori di U nei termini delle funzioni
continue F(t) allora avremo uno spazio continuo che chiameremo O e tale che ( )
k
k
F t O =
, esso ha
una metrica e quindi di Hausdorff ed sicuramente connesso se le funzioni F(t) sono continue e
differenziabili, inoltre e c O. Quello che della ricorsiva 9 rimane invariante, al cambiare delle
condizioni di innesco e dei parametri della ricorsiva, che il modulo deve essere sempre un numero
finito e costante.
Nel caso precedente:
1 2 2
*
n
n n n
x
x x x
q
= + =9(x) (A)
(A) presenter tutti i suoi valori ad infinito entro un area limitata, quindi sar uno spazio
limitato(a meno di eccezioni) inoltre,il cambiamento dei parametri della ricorsiva cambia il modulo
della stessa .
124
Le condizioni di innesco cambiano solo la fase e laltezza della funzione, ovvero lasciano il modulo
invariato, ricordiamo che il modulo definisce il numero di funzioni dello spazio . Inoltre lo spazio
di (A) sar contenuto dallo spazio descritto dallinsieme delle funzioni :
1 2
{ ( ), ( ),...., ( )}
k
F x F x F x =
In definitiva lo spazio O a differenza dello spazio uno spazio continuo, le ricorsive cicliche che
danno luogo ad uno spazio hanno quindi la caratteristica di essere contenute in un insieme finito
di funzioni continue il cui numero coincide col modulo della ricorsiva e che indichiamo come
spazio O. Le condizioni di innesco cambiano solo la fase e laltezza della funzione ovvero lasciano
il modulo invariato, anche lo spazio uno spazio limitato, le funzioni in esso descritte sono
limitate e quindi sono continue.
I valori di una ricorsiva ciclica con modulo finito sono contenuti nellinsieme determinato da un
numero finito di funzioni continue.
Per formalizzare questo aspetto diciamo che se = Spazio della ricorsiva e e
= Spazio delle funzioni continue O allora e c O. Se consideriamo lo spazio ottenuto dalla
ricorsiva ( ) z in campo complesso chiameremo lo spazio associato come per separarlo da
ottenuto dalla ricorsiva reale 9, ma le funzioni F(t) saranno sempre funzioni in campo reale anche
partendo da ed esse saranno ottenute attraverso la norma dei valori di , quindi la norma di ( ) z ,
ovvero ( ) z x e = e c O. Quindi lo spazio attraverso la norma pu essere trasformato in uno
spazio e quindi possono essere determinate funzioni F(t) che generano O; ma non detto che
dallo spazio , cos ottenuto, si possa esplicitare una ricorsiva 9 ottenuta da , per avere questo
occorre che
2
( ) z z = , da cui ( ) ( ) z x = 9 ma questo vero solo per certe condizioni.
125
Inoltre nel caso di v e = non detto che lo spazio O sia ottenuto attraverso funzioni ben definite,
possibile che ci che si pu determinare una distribuzione di punti nello spazio secondo criteri di
simmetria, la condizione che comunque rimane essenziale per definire O che sia uno spazio
continuo (a meno di possibili punti-eccezioni). Se e eR allora ( ) ( ) x F t 9 e e quindi OeR. Se,
invece, v eC allora per passare a OeRoccorre definire la norma di ( ) z eC , ovvero
( ) ( ) z F t e .
In definitiva nel campo complesso la ricorsiva ciclica generer una distribuzione di punti che
saranno sempre limitati , ovvero saranno in uno spazio limitato, ma per assegnare ad essi uno
sviluppo ciclico occorre trasformare questi punti da complessi a reali attraverso la norma e quindi
determinarne lo sviluppo lungo funzioni reali continue.
126
1.3.6 Sullinversa di una ricorsiva
Prima di proseguire vogliamo introdurre la differenza tra ricorsive unidimensionali e ricorsive
multidimensionali.
Una ricorsiva unidimensionale ha come argomento un solo valore o punto di .
1
( )
i i
P P
+
9 =
Una ricorsiva multidimensionale ha come argomenti pi di un valore tra quelli di .
1 1
( , ,... )
i i k k
P P P P
+ +
9 =
Inoltre abbiamo accennato allesistenza dellorigine di una ricorsiva, un vettore V(0) che
rappresenta i valori di innesco della stessa, ora un teorema che si pu dedurre da quanto considerato
fino ad adesso che:
Teorema : Se
'
(0) (0) V V = allora derivato da V(0) attraverso 9 diverso da derivato sempre
attraverso 9 da V(0).
Questo teorema ci dice in definitiva che se dipende dalle condizioni di innesco allora al cambiare
di essere cambia anche lo spazio anche se utilizziamo sempre la stessa ricorsiva 9.
Le ricorsive che abbiamo considerato sono limitate entro un area definita di valori e questo ha come
conseguenza che le funzioni F(t) sono anchesse limitate, ovvero esiste un L t.c. ( )
i
F t L < con i k s
modulo della ricorsiva. Questo vuol dire che per le F(t) abbiamo 2 possibilit o che F(t) convergono
ad un valore determinato per t oppure che F(t) sono funzioni periodiche.
127
La periodicit di F(t) comporta una interessante propriet per lo spazio . Abbiamo detto che i punti
di sono ordinati, ovvero dati 2 punti ,
i j
P P e e teoricamente possibile sapere sempre se
i j
P P >
(che vuol dire
i
P precede
j
P ; >sta per precede e <sta per consegue) oppure
i j
P P < , questo per
il semplice fatto che ad ogni punto associato un indice che lindice della ricorsione. Ma il fatto
che sia teoricamente possibile (ossia calcolabile) non vuol dire che una condizione del genere si
possa computare, infatti le ricorsive che analizzeremo (quelle multidimensionali) hanno una sola
direzione di computabilit, ovvero non esiste una ricorsiva in grado di percorrere lordine degli
indici al contrario; se essa non esiste allora sapere se dato
i
P , percorrendo la 9(P), si arriver a
j
P
pu essere stabilito solo se P appartiene a funzioni F(t) convergenti, infatti, in tal caso, se
i j
P P >
allora
i j
P P > . Se esse sono periodiche lordine dei punti pu essere stabilito solo con la
computazione effettiva ed aspettando che si ottenga il valore
j
P , ma nel caso in cui il valore
antecedente a quello di partenza non vi alcun modo di stabilirlo e la ricorsione proceder ad
infinito, quindi se
j
P precede
i
P non potr mai essere stabilito con certezza, in sistemi periodici.
Ma le ricorsive che producono periodiche hanno un altra importante propriet, che dati 2 punti
, P P
o |
e e allora esister sempre un punto P
t.c. P P P
o |
> > oppure P P P
o |
< < , in definitiva tra
2 punti qualsiasi di esister sempre un terzo punto e questo punto sempre ottenibile attraverso
una ricorsione finita, quindi un punto computabile. Infatti se consideriamo F(t) ottenute, o dalla
norma di ( ) z oppure direttamente da 9(x), esse saranno sempre punti definiti positivi , ovvero
O(P) >= 0; inoltre t.c. 0 ( ) L P L - s O s allora si hanno 2 possibilit o lim ( )
n v
n
P p
O = ovvero O(P)
ha uno o pi attrattori oppure le funzioni che descrivono O sono periodiche ed allora
attraverseranno infinite volte lintervallo [0, L]. Quindi avremo che se | | | | 0, allora 0, L L e O= c ,
anche se la ricorsiva procede sempre verso una sola direzione tra 2 punti qualsiasi dellintervallo vi
sar sempre un altro punto ed esso ottenibile attraverso una ricorsione finita. In definitiva
possiamo dire che isomorfo allinsieme numerico Z, dei numeri razionali, un insieme denso ma
numerabile; mentre O isomorfo a Run insieme a cardinalit continua.
Abbiamo accennato al problema di percorrere una ricorsiva in direzione opposta rispetto agli indici
di ricorsione, definiamo cosa si intende per una tale propriet.
Chiamiamo reversibilit di una funzione F(t) la possibilit che essa sia percorribile in un senso di t
e nel suo opposto. Questo concetto trova una sua espressione nella fisica, ben pi interessante , dal
nostro punto di vista, la reversibilit di una funzione ricorsiva ( )
i j
P P 9 = essa si dice reversibile se
esiste una ricorsiva ( ) P tale che ( )
j i
P P = .
Per inversa di una ricorsiva ( ) x 9 intendiamo invece una funzione
1
( ) x
9 tale che per ogni step
della prima generi un punto inverso, quindi se ( ) x 9 genera lo spazio e ,
1
( ) x
9 generer lo spazio
1
e
, t.c.
1
1 ee
.
Quindi la ricorsiva reversa data da
1
( ) P
= , se ( ) ( ) e ( ) z x z = 9 abbiamo
2
( )
( ) 1
( )
z
z
x
=
9
per ogni punto z.
Se consideriamo la ricorsiva
1
2
1 1
1 1 1
( )
i
i
i i i i i
z
z z
z z z z z
+
+
+ +
+
= + = = allora abbiamo che la norma di ( ) z
sar
2
( ) ( ) ( ) da cui ( ) ( ) z z z z z z = = 9 > , infatti:
2
1 1 1 1
2 2
1 1 1
1 2 1 1
( ) ( ) ( )( )
i i i i
i
i i i i i
x z z z
z z
z z z z
z z
+ + + +
+ + +
+ + + +
= = in questo caso non avremo la condizione
( ) ( ) ( ) z z x = 9 = 9 infatti
2
1 1
2
1
1 2
( ) ( , )
i i
i
i i
x z
z x z z
z z
+ +
+
+
+ +
= = 9 =
Come si vede la ricorsiva generante lo spazio non dipende solo dai valori della norma di z ma
anche dai valori x di z , questo aspetto avr delle implicazioni interessanti che vedremo in seguito.
Per adesso vogliamo definire linversa della ricorsiva generante , ed essa dovr essere per ogni
punto
1
( , ) x z
9 , ovvero
1
2 i
z
+
ma per ottenere tale valore per tutti i punti di non sufficiente
la
1
1
2
2
1 1
1 2
i i
i
i i
z z
z
x z
+
+
+ +
=
+ +
, infatti questa funzione corrisponde alla
1
( , ) x z
9 essa linversa
della funzione, e ci riporta al punto di partenza ma solo ed esclusivamente per il tratto considerato,
ovvero i punti che otteniamo da
1
( , ) x z
+ +
= 9
+ +
Questa ricorsiva sar proprio quella in grado di generare lo spazio inverso
1
e
.
Questione ben diversa quella della reversibilit della ricorsiva, malgrado le F(t) in O siano
reversibili rispetto a t in quanto continue, la 9(x) non ammette la possibilit della reversibile nella
forma
1
( ) x
9 = allora esiste
una ( ) x t.c.
1
( )
n n
x x
= , infatti nel caso di una ricorsiva unidimensionale espressa in termini di
polinomi come con la Mappa Logistica
130
abbiamo solo da esprimere un termine in funzione
dellaltro
1
(1 )
i i i
x kx x
+
= diventa
2
1 1
4
1 1
2 2 4
i i
i
k k kx x
x
k k
+ +
+
= = +
Cosa accade, invece, se la ricorsiva multidimensionale?
Noi stiamo considerando gli spazi che dipendono dal vettore origine V(0) questo vuol dire che
per
'
o o
V V = si ha
'
e e = fissato un certo 9; inoltre ha la caratteristica per cui ,
a b
P P e e si ha
sempre
a b
P P = . Se consideriamo una ricorsiva con 2 dimensioni tale che
2 1
( , )
i i i
x x x
+ +
= 9 abbiamo
che per una certa origine V(0) sar associato un unico spazio , per cui cambiando origine e
lasciando inalterata la funzione 9 avremo spazi sempre differenti; ovvero (V(0)), funzione
di V(0) per cui se
'
(0) (0) V V = allora
'
e e = dato un certo 9. Ora si pu dimostrare che una
ricorsiva reversa di 9 nella forma
1 2
( , )
i i i
x x x
+ +
= per ripercorrere in direzione opposta
dovrebbe originare da un qualche punto di e ripercorrere verso la sua origine. Quindi se
lorigine di un vettore di 9, ovvero
1
1 0 0 1
( ) ( , ) ( ( ), ( ))
k k
k k k k
V x x V V x
+
+
= = 9 9 = si ha che
essa descriver uno spazio che ipotizziamo ricopra gli stessi punti di dal vettore
k
V al vettore
V(0) , ma se vogliamo estendere tale spazio ad esempio da a
k j k
V V
+
allora dovremo avere una
ricorsiva reversa che parte da
'
( )
k j
V
+
per arrivare a V(0), ma per il teorema precedente non vi pu
essere uno stesso spazio con una ricorsiva che parte da vettori differenti, per cui se ammettiamo che
vi sia uno stesso spazio e origini differenti allora di conseguenza le 2 ricorsive devono essere
differenti, ne consegue che
'
= . Poich infinito non esiste un ultimo vettore, per cui
dovremmo ricostruire questo spazio attraverso infinite ricorsive reverse che percorrono a ritroso
lo spazio ed esse saranno differenti a seconda dellintervallo di punti di che si vuole ricoprire.
In definitiva ammesso che esista, per ricoprire lo spazio ne dovranno esistere un numero
infinito. Una ricorsiva, funzione dellorigine, ha una singolarit legata alla sua origine e quindi non
esiste alcuna ricorsiva che partendo da un altra origine la possa ricoprire totalmente.
Quindi data una 9(x) multidimensionale che genera lo spazio non esiste una ( ) x che ripercorra
lo stesso spazio in direzione contraria. Il motivo fondamentale di questo che ha una origine ed
una direzione, indicheremo questa propriet di con
0
( ) V e
,
, quindi V(0) una singolarit che non
pu essere ritrovata in alcun punto di , una ricorsiva che percorre in direzione opposta dovr
anchessa originare da una singolarit, da un vettore definito, e quindi per forza di cosa potr
ripercorrere solo da quel punto a ritroso essendo del tipo ( )
k
V e
,
, in questo modo rimarranno non
coperti tutti i vettori di da a
k
V . In conclusione, anche nellipotesi che possa esistere una
reversa di una ricorsiva multidimensionale, essa non sar unica, ma ve ne saranno infinite tante
quante sono i vettori che possono fungere da origine della ricorsiva.
131
1.3.7 Spazi e spazi O con orbite associate
Abbiamo visto come la funzione ricorsiva complessa ( ) z genera uno spazio complesso che ha le
seguenti caratteristiche:
1) E uno spazio infinito di punti differenti tra di loro. Ovvero
1 i i
z z i
+
=
2) Ha una origine definita. Ovvero
' '
0
,.., z z
o
- che sono punti definiti, iniziali della funzione in campo
complesso
1 1
( ,..., )
i i
z z z
+
= .
3) Lo spazio limitato, ovvero tutti gli infiniti punti di giacciono in un area limitata e limitabile
dello spazio complesso a meno di punti-eccezioni.
Questo vuol dire che esiste un area rettangolare M delimitata dalle rette e ( ) y id y i d h = = + e
'
e x l x l h = = + , con y componente immaginaria del numero complesso generico z e x componente
reale, dove giacciono gli infiniti punti di a meno di un numero limitato di eccezioni.
4) I punti di essendo limitati in un area possono avere 3 comportamenti possibili:
a) Convergere verso uno o pi punti dellarea, che saranno gli attrattori dello spazio detto.
b) Essere periodici nellintervallo dellarea.
c) Avere una distribuzione pi o meno uniforme nellarea detta.
Lo spazio complesso cosi descritto pu essere visto anche come una distribuzione discreta di punti
in C che assume certe caratteristiche topologiche. Una di queste caratteristiche la determinazione,
attraverso il complesso coniugato, dello spazio normato di ovvero u e = , che svilupper la sua
sequenza non pi nel campo complesso ma in quello reale. Abbiamo chiamato lo spazio cos
definito in Rcome spazio . La possibilit di avere uno spazio normato di vuol dire che esso si
presenta sempre come uno spazio misurabile anche se discreto, ogni valore di una misura; una
misura ottenuta dalla norma dei punti z di , misure complesse che assumono il significato che
abbiamo ad esse dato. Questo vuol dire che la misura x di una misura rispetto allinvariante
generante , invariante ottenuto dalla norma di , dei valori di z ma anche dei valori di x come
abbiamo visto. Lo spazio che andiamo a costruire se ha un andamento periodico allora uno
spazio di Hausdorff, inoltre uno spazio denso e isomorfo a Z; ma , in quanto limitato, anche
uno spazio compatto e questa una delle propriet pi importanti e che andremo adesso ad
analizzare, inoltre esso pu essere connesso se, come vedremo, ricopribile da O. In linea generale
se abbiamo una ( ) z , avremo una 9(x) con x che, come abbiamo visto, pu essere rappresentato
dalla norma di z, ma anche da componenti di z stessa. La possibilit di una 9(x) legata alle
propriet della norma ed al fatto che stiamo considerando funzioni meromorfe non trascendentali.
Le 9(x) da noi considerate presentano 2 caratteristiche fondamentali: sono modulari su un ciclo
finito k e generano k funzioni continue dove andranno a distribuirsi i punti di .
Ora tutto quello che riguarder la connessione dei punti di sar chiamato orbita, quindi un orbita
la connessione di pi punti di secondo un criterio ben determinabile.
Il primo tipo di orbita che possiamo descrivere quella che connette i vari punti di secondo la
sequenza o ordine della ricorsiva, chiameremo tale orbita, orbita di primo livello o orbita
principale. Le congiungenti di 2 punti consecutivi
1
e
i i
P P
+
, secondo lindice della ricorsiva,
possono essere di un numero infinito, ma anchesse devono rimanere in un area delimitata ed inoltre
tra tali infinite traettorie ve ne sempre una che chiamiamo minima, ed la traiettoria pi breve tra
i due punti nello spazio considerato. In realt tra 2 punti consecutivi di lunica traiettoria che pu
essere stabilita con certezza proprio quella minima congiungente i due punti, non sapendo nulla
dello spazio sottostante ci limiteremo a considerare la congiungente in uno spazio piatto.
132
Lanalisi che faremo nel prossimo capitolo riguarder proprio questa orbita e la sua congiungente
minima.
Le orbite di secondo livello(o di sistema) sono quelle descritte dalle funzioni F(t) esse, come
abbiamo detto, saranno di un numero k corrispondente al modulo della ricorsiva 9(x). Quelle che
esamineremo in particolare saranno periodiche in un intervallo definito di valori sempre >0 e minori
di un limite L. Queste orbite saranno quelle formanti lo spazio O e che conterranno i valori
misurabili presenti in . Ricordiamo che le F(t) sono orbite continue e congiungeranno i punti di
non secondo la sequenza della ricorsiva degli steps, ma secondo lindice modulare per cui in una
ricorsiva di modulo 7 tutti i punti di
7 7
{ , ,..., }
i i i n
x x x
+ +
per n numero naturale giaceranno sulla
stessa funzione ( )
i
F t . Inoltre dobbiamo considerare che tali funzioni F(t) sono legate ad una
variabile che non lindice della ricorsiva come in , bens una variabile continua che collega gli
indici della ricorsiva seguendo la stessa direzionalit, vedremo come essa pu diventare a tutti gli
effetti la variabile temporale.
Ma esiste un altra categoria di traettorie che chiameremo del terzo livello(o emergenti) dove i punti
saranno congiunti non sulla base di un criterio legato al loro indice di ricorsione o ad una funzione
determinabile secondo lordine del ciclo, bens saranno determinate rispetto ad una distribuzione
simmetrica nello spazio, rispetto ad un determinato criterio di simmetria.
Per dare fin da adesso una idea di cosa stiamo parlando, immaginiamo una distribuzione di punti di
una ricorsiva su secondo un criterio di simmetria spaziale, come ad esempio nel seguente caso:
0
2
4
6
8
10
12
14
0 1000 2000 3000 4000 5000
Figura 11
La funzione che abbiamo qui considerata la seguente:
3
1 2 1
1 2
( ) x x
x x x
9 = + = con condizioni di innesco
1 2
11; 3 x x = =
il modulo k = 11 (o ordine della ricorsiva) , quindi vi sono 11 funzioni ma i cui punti (della stessa
funzione) diventano tra di loro pi distanti rispetto ai punti della funzione successiva. Ovvero la
distanza tra
11
e
i i
P P
+
diventa maggiore di quella tra
1
e
i i
P P
+
questo genera una distribuzione
spaziale dei punti di che non segue le funzioni F(t) che pur esistono, ma segue una distribuzione
spaziale simmetrica che abbiamo chiamato tassellare. Questo possibile in quanto rimane salva la
distribuzione periodica dei punti P in un intervallo t, quindi perdendo la possibilit di discriminare
le funzioni singolarmente rimane per la periodicit di tali funzioni che producono come
conseguenza una distribuzione simmetrica nellintervallo t. Si tratta di una simmetria tra punti di
che emerge nella rappresentazione S/T di tali punti, essa diventa maggiormente definita e
vincolante nellintervallo t, rispetto alle funzioni F(t) originate dal modulo del ciclo. Affinch
questo si abbia occorre che tali orbite siano stabilite attraverso la misura esterna, in tal modo si
determina un algoritmo che genera tutte le misure esterne, tali misure determineranno un area dove
possibile trovare le misure della ricorsiva. La simmetria sar esplicitabile tra i valori di un tale
algoritmo (o funzione) contenente le misure esterne, quindi solo per i valori al limite delle misure
effettuabili.
Riassumendo, considerando le ricorsive cicliche con modulo k vediamo come i punti si
distribuiscono su traettorie ben definite corrispondenti a funzioni in genere continue e con
andamento periodico, inoltre che il numero di queste funzioni lo stesso del modulo k della
ricorsiva.
Se k = 3 abbiamo e
1
( )
j j
x x
+
= 9 :
0 3 1
1 4 2
2 5 3
{ ( ), ( ),...} ( )
{ ( ), ( ),...} ( )
{ ( ), ( ),...} ( )
x x F t
x x F t
x x F t
9 9 e
9 9 e
9 9 e
I valori di si distribuiranno sulle funzioni continue
1 2 3
( ), ( ), ( ) F t F t F t , essi saranno infiniti ma
numerabili e saranno contenuti nello spazio infinito ma continuo definito da dette funzioni.
Chiamiamo questo spazio come spazio O ed avremo:
e _ O con
1 2 3
{ ( ), ( ), ( )} F t F t F t O =
Se separiamo i punti della ricorsiva generanti secondo la loro collocazione sulle 3 funzioni
possiamo dire che:
1 1 2 2 3 3
( ), ( ), ( ) F t F t F t e e e e e e da cui
1 2 3
e e e e =
La prima conseguenza che possiamo dedurre da uno spazio cosi descritto che tra 2 punti
consecutivi di
1
e esistono una infinit continua di punti di
1
( ) F t e seguendo la legge degli indici
della ricorsiva possiamo trovare una corrispondenza tra la relazione di ordine tra i due punti della
ricorsiva e la rappresentazione Spazio-Temporale della funzione
1
( ) F t , dove con t indichiamo la
progressione continua del tempo e con
1
( ) F t la collocazione dellevento nello spazio delle misure
eventi possibili. Ma qui sorge una prima differenza, che ha conseguenze fondamentali nella nostra
rappresentazione, e cio mentre la F(t) pu essere percorsa in ambedue le direzioni temporali sia da
1 2 2 1
a che da a t t t t , per la ricorsiva 9(x) abbiamo visto come questo non sia possibile. Insomma se
la F(t) simmetrica rispetto al tempo questo non vale per la ricorsiva 9(x).
Nei capitoli successivi verr esplicitato come sia possibile interpretare una ricorsiva attraverso le
dimensioni S/T, quello che qui vogliamo anticipare come da una ricorsiva modulare si possa avere
una rappresentazione di stati tra loro coesistenti. Possiamo immaginare una ricorsiva 9(x) che
cicla con un modulo 4, ovvero:
1 2 3
2 1 3 1 4 1
( ); ( ); ( ); x x x x x x = 9 = 9 = 9 fino ad arrivare a
4
5 1
( ) x x = 9
che chiude il ciclo. Ora si pu verificare la seguente situazione che
4
5 1 1 1
( ) ( ) x x I x x = 9 = = , oppure
che
4
5 1 1 1
( ) x x x = 9 = + e cos per tutti e quattro gli elementi del ciclo per cui si ha:
4
5 1 1 1
4
6 2 2 2
4
7 3 3 3
4
8 4 4 4
( ) ( )
( ) ( )
( ) ( )
( ) ( )
x x I x
x x I x
x x I x
x x I x
= 9 = +
= 9 = +
= 9 = +
= 9 = +
Dove gli elementi possono essere espressi in termini di variazione infinitesima dai valori di
partenza, utilizzando la rappresentazione con matrici abbiamo che il vettore originario dato da
1 2 3 4
( , , , )
A
X x x x x = si trasforma dopo la chiusura del ciclo nel vettore
5 6 7 8
( , , , )
B
X x x x x = . Quindi la
trasformazione ( )
B A
X T X = , si pu esprimere come una matrice del tipo T I A c = + , per indicare
che si tratta del ciclo di una ricorsiva chiameremo la trasformazione T con +, per cui abbiamo
I A c + = + e quindi ( )( )
B A A A
X I A X X AX c c = + = + .
Il significato di questa espressione che il vettore risultante sar dato dal vettore di partenza pi la
variazione infinitesimale (data attraverso la matrice A) sul vettore di partenza. Il vettore cos
definito pu essere interpretato come un insieme di misure coesistenti ovvero complementari del
sistema, voglio qui precisare che il concetto di complementariet assume nel nostro modello una
accezione pi generale di quella usata in quantistica, infatti qui la complementariet non legata al
principio di indeterminazione e agli osservabili non commutanti, ma invece strettamente legata al
passaggio dalla unica misura in k istanti differenti a k misure nello stesso istante, ovvero a quello
che chiameremo trasformazione del tensore S/T.
In linea generale prima dellintroduzione del tensore S/T, quello che abbiamo che stati o misure
consecutive si trasformano in stati o misure coesistenti, attraverso un unico vettore. Quindi vuol dire
che vi sar un operatore in grado di trasformare vettori in vettori ed proprio sul carattere
commutante o meno di un tale operatore , che si introduce, come vedremo, la essenziale
differenza tra sistemi classici e sistemi quantistici. Questo vuol dire che, malgrado lirreversibilit
della ricorsiva 9(x), il passaggio da un vettore di stato
A
X a
B
X attraverso loperatore che
definisce se il sistema che stiamo osservando commuta e quindi le misure sono coesistenti oppure
non commuta e le misure si escludono a vicenda.