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I
:1:
Del (ontemporaneo
contorno delle forme generate dalla proiezione
dell'irnmagine, i contorni stessi del suo desiderio.
Proprio seguendo con la matita i contorni del pae-
saggio che appare sulla carta, Talbot identifica cia
che avrebbe presto evidenziato la diversa essenza
del fotografico: anche quando si Iimita a delineare,
seguire, circondare 0, in una parola, a schematiz-
zare, egli si rende conto che sta lavorando su
un'ombra, sulla pelle di un essere pitturale insoli-
to, diverso da qualsiasi altro disegno conosciuto.
Ecco che cosa scrive: <<E cos! che giunsi a medita-
re sull'inirnitabile bellezza di queste irnmagini "di-
pinte" dalla natura che la lente della camera
proiettava nel suo punto eli' fuoco - irnmagini ma-
glehe, creazioni di un momento destinate a scom-
parire cos! rapidamente come erano apparse. E
aggiunge: Mi venne aIIora un'idea. [... J Sarebbe
affascinante poter ordinare a queste irnmagini na-
turali di irnprirnersi da sole sulla carta e di restarvi
fissate in modo duraturo.
Queste poche righe sono forse conosciute, rna
bisogna soffermarsi sulloro contenuto, cioe sui fat-
to che, in tutte Ie sue trasformazioni tecnlehe
(comprese Ie pili recenti), la fotografia non ha mal
perso quellegame indissolubile che esiste tra I' 0-
perazione, resa possibile da una serie interminabi-
Ie di perfezionamenti della techne, e un fattore ma-
gico innegabile. I termini utilizzati da Talbot sono
eloquenti: secondo lui vi e incanto, magia, contatto
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L'immagine assoluta. Tempo efotografia
con qualcosa di irnpalpabile. Se la bellezza delle
irnmagini dipinte dalla natura e inimitabile, e pro-
prio perchi' nel processoche presiede alia loro
creazione si produce qualcosa di diverso dall'irni-
tazione, in quanto il fotografico e steso sull'intera
superficie che 10 produce J'irnmagine fotografi-
ca scrive Rosalind Krauss' e all'interno del sup-
porto: ne e parte assolutamente integrante) e cos!
un insolito effetto di presenza va a rafforzare, at-
traverso Ia sua potenza fantomatica, la tradizionale
assenza che I'irnmagine porta con sec A una matita
sleale 0 troppo umana si sostituisce la miracolosa
matita della natura, senza talento e intenzione, che
in fin dei conti non disegna e non traccia veramen-
te, rna Sllssume ogni contarno eogni tratto in una
specie di assunzione dell' ombra.
Se da un lato questa "Iealtit" della matita della
natura si manifesta secondo il registro dell' esat-
tezza pili rapida e rigorosa, dall' altro essa emerge
come una specie di aIIegoria dell'inirnitabile, che
si schiera interamente dalla parte del favoloso, de-
gli effetti luminosi strabilianti e perfino bizzarri,
e della connotazione spettrale. Secondo Talbot, e
questa e la sua originale forza d'urto tra i pionieri
della fotografia, si puo affermare che il versante
J Si veda R. Krauss, Le photographique, Macula, Paris
1990, p. 97, trad. it. Teoria e sforia della fotografia, Bruho
Mondadori, Milano 1996, p. 95.
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Del contemporaneo
magico e quello esatto si sovrappongono piena-
mente. Se I'insieme delle ventiquattro tavole riu-
nite in questa primo libro fatto di fotografie
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ha
l'intento principale di dimostrare la validitil arti-
stica del processo ese, nella canseguente lezione
di case, ogni tavola gioca il suo malo, allora alcu-
ne di esse appariranno puramente positive, men-
tre altre saranno gEl avviate verso una deriva pili
propriamente estetica. In questa gioco delle parti,
l'impressione e che la tavola x, The Haystack, ab-
bia in realtil il malo pili modesto, limitandosi a
fomire la provo visiva dell' efficacia della fotogra-
fia nella resa dei dettagli. Questa almena e quan-
ta dichiara il commento alla tavola, dove Talbot
afferma che in essa sana visibili una moltitudine
di dettagli che nessun artista si sarebbe preso la
pena eli copiare dalla natura can un tal grado di
minuzia, e tuttavia questa immagine attraversa il
tempo in modo del tutto eliverso (e forse questa e
un altro versante dell'incanscio attica), giungen-
do fino a noi can una forza malta lantana dal
contesto di rivalita pitturale in cui apparve.
Osservando e ponendo I'accento suI fatto che
1'occhio eli un pittore si soffermera perlopili lad-
4 Cia eda intendersi in senso stretto, dal momento che a
quei tempi la fotoincisione non esisteva ancora e, quindi, in
ogni copia dell'bpera erano contenute delle veree proprie
stampe, che comportavano un costa finale molto elevato.
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L)immagine assoluta. Tempo e /otogra/ia
dove la gente comune non vede niente di rilevan-
te, Talbot chiama in causa la scuola di pittura
olandese e 10 fa nel commento alla tavola forse pili
celebre della sua raccolta, intitolata The Open
Door (La porta aperta), che gia da sola e una cita-
zione fotografica della pili umile pittura di genere
e di natura marta. Tuttavia, e ipotizzabile che fin
dalla scelta del pagliaio, tra molti altri soggetti pos-
sibili, Talbot, pur non facendone parola, si fosse
aperto (magari "inconsciamente") alla poesia del-
Ia manifestazione pura dell' esserci, che per noi
rappresenta gia un segnale di modemita.
In questa scelta si scargerebbe innanzitutto una
manifestazione quasi autoritaria dell'inquadratu-
ra, della sua aderenza all'oggetto, cioe un formi-
dabile effetto di centro e di gravita che va a inse-
rirsi nella texture stessa dell'immagine' e che, per
nai, risuana come se alcune idee di un "precon-
cetto delle case" fossero gia Ii dichiarate in termi-
ni oggettuali, malta pili che oggettivi, da cui tra-
pelasse qualcosa di sardo e opaca. Cia varrebbe
per il pagliaio, rna anche per la scala strategica-
5 Michel Frizot sotto!inea tale effetto affermando che
questa immagine euna delle prime fotografie "costruite"
con I'inquadratura, la geometria dei volumi, la composizio-
ne delle !inee d'ombre e di luce, in M. Frizot, R. Delpire,
Histoire de voir, 3 voll., Nathan, Paris 2001, vol. I, p. 32,
trad. it. Storie di sguardi., 3 voll., Fotonote-Contrasto, Ro-
rna-Milano 2005, vol. I, p. 32.
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Del contemporaneo
mente poggiata contra di esso per offrirgli la pro-
pria ombra. Tralascio per il momenta questa sca-
la, non perche sia secondaria - al contrario! -, ma
perche essa richiama un altra regime dell'imma-
gine, di cui diro pili avanti esaminando un' altra,
vertiginosa, immagine che sembra derivare da
quella del pagliaio.
Ma restiamo ancora al covone di fieno, oggetto
smisuratamente presente che iuvade quasi per in-
tero la superficie. Anche se nellibro egenerico e
ha la valenzadi una sorta di iperoggetto, esso e
comunque un pagliaio particolare, non solo per-
che legato a un certo tipo culturale, che ericolle-
gabile a sua volta a un'epoca contadina e a un ti-
po regionale specifici, ma anche perche si trovava
satta 10 sguardo immediato di Talbot, nella sua
proprieta di Lacock Abbey: un oggetto familiare,
dunque, ma anche transizionale, per forza di cose
legato - sebbene tutto possa risultare incompren-
sibile - a una dimensione biografica di un' eco
opaca, che per la sua consistenza violenta defiui-
.. ..
reI persmo preomnca.
Un oggetto che epresente per produrre del vi-
sibile e creare, in questa visibile, il regime di dif-
ferenziazione del dettaglio iufiuitesimale: il fieno
fila per fila e qualsiasi cosa sia massa. E forse e
questa il momenta cruciale in cui si percepisce
qualcosa dell'essenza del fotografico, anche se
per spiegarlo meglio dobbiamo tornare al para-
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,
L'immagine assoluta. Tempo efotografia
gone con la pittura e, pili precisamente, can altri
pagliai che sana, malgrado tutto, pili celebri di
quello di Talbot: i Pagliai di Monet del XIX secolo
hanna un ruolo nella fabbrica della modernita or-
mai riconosciuto, testimoniato primo fra tutti da
Kandinsky, che nelle sue memorie racconta I'iu-
contra can uno di essi, esposto a Mosca,' e 10
choc decisivo subito iu quel momenta della sua
vita in cui, non aneora pittore, Ie sue conoscenze
nel campo della pittura si limitavano aile tradizio-
ne naturalistica. Come per il paesaggio iu genera-
Ie, quello che interessava a Monet dei pagliai era
la variazione luminosa, a piuttosto il modo iu cui
a ogni istante la luce colpiva diversamente un og-
getto. La ricerca pili tipica dell'Impressionismo e
in effetti una storia di arresto e di divenire, una
storia di tempo: come cogliere il passaggio, come
trattenere quella che si chiama appunto "impres-
sione" e che e, per forza di case, fuggevole? Eevi-
dente, 10 diea per inciso, che cio rientra nella
preoccupazione originaria del fotografico, come
la definisce Talbot, al punta che iu un certo sensa
I'impresa di Monet, e il suo profondo legame can
6 V.V. Kandinsky, Regards sur Ie passe et autres textes
1912-1921, Hermann, Paris 1974, p. 97, parzialmente tra-
datto in Id., Sguardi sui passato, SE, Milano 1999, p. 19. SuI-
l'incontro di Kandinsky con uno dei pagliai di Monet e sui
problemi di datazione e identificazione che ne detivano, si
veda la nota 37 dell'edizione francese.
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Del contemporaneo
una ricerca impossibile, potrebbe essere definita
come il tentativo eli tener in mano la matita al po-
sto della natura, 0 ancora come 10 sforzo di im-
pressionare meglio eli quanto essa non faccia.
Ma mentre nella pittura puo esserci solo spari-
zione progressiva dell' oggetto, diversamente ac-
cade con la ripresa 0 deposizione fotografica:
sentivo sordamente che in quell' opera mancava
I'oggetto dice Kandinsky parlando del pagliaio
di Monet, che in realta esolo una zona cieca e
ossessiva7 che si ritira incessantemente come un
buco nero e denso al centro della tela. Monet, in
fondo, si mostra pili vicino alla visione naturale
che, come scrive Rosalind Krauss (parlando pro-
prio della fotografia di Talbot)," tende a riassu-
mere e a semplificare in termini di masse men-
7 L'espressione e di Marianne Alphant (in Id., Monet,
une vie dans Ie paysage, Hazan, Paris 1993, p. 491), che la
sviluppa cosl: Cieco perche non c'e niente da vedere in
controluce nel pagliaio, la ricchezza del quadro sembra
piuttosto riversarsi altrove, nel cromatismo strabiliante del
suolo. Ossessivo perche 10 sguardo ritoma incessantemen-
te a perdersi nell'oscurira radiosa del pagliaio come al cuo-
re del visibile.
8 La fotografia di un covone di Heno [... ] fomisce la
prova visiva dell'affermazione di Talbot secondo cui l'im-
magine meccanica puo offrire un'infinira di dettagli in un
insieme visivo unico, mentre la visione naturale tende a
riassumere e a semplificare in termini di masse, in R.
Krauss, op. cit., p. 20.
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L'immagine assoluta. Tempo e fotografia
tre invece la matita della natura, in questa senso,
non e"naturale" oppure 10 ein un modo diffe-
rente, inaccessibile al pittore, che corrisponde a
quello che designa il termine "meccanico", a
quei tempi e ancora oggi comunemente usato
malgrado l'inesattezza di fondo, e che si dispiega
per riprendere e invertire la nozione di lealta in-
trodotta da Talbot con la sua matita "sleale".
Questa lealta puo essere descritta in modo mi-
nore come pura capacita restitutiva, rna l'elimi-
nazione dell' oggetto che si schiude con il foto-
grafico offre qualcosa di diverso dalla restituzio-
ne automatica, " m e c c a n i c a ~ ~ e ~ in certo qual mo-
do, stupida dei dettagli. Eappunto questa scom-
parsa dell' oggetto in se stesso che il pagliaio di
Lacock Abbey rivela con tanta intensita.
Da un lato, attraverso i dettagli stessi e il modo
in cui appaiono, emerge un'idea diversa di mas-
sa, che non ha bisogno di riassumere per essere
e che epresente COS! com' e, nella moltitudine
dei suoi pezzi, come la carta diventa Foglio nella
moltitudine della sua granulosita. Dall'altro lato,
la scomparsa dell' oggetto nella sua veste di indi-
zio si innalza, senza muoversi, fino a raggiungere
un'intensita fin Ii sconosciuta, nella quale indivi-
duerei appunto il marchio di una contempora-
neita raggiunta, dove i valori di realta e irrealta
dell'immagine si equilibrano in una specie di
unita massiva e fantomatica.
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Del contemporaneo
DaIla semp!ice qualita meccanica della restitu-
zione si passa, senza cambiare irnrnagine, a un'ef-
ficacia fantasmatica dell' esserci e a una durata so-
spesa in cui questa fantasma permane. Nella stes-
sa ripresa fotografica vi e dunque uno spostamen-
to del regime di veritii, cioe un passaggio dal regi-
me della prova a quello dell' esperienza: non soI-
tanto 1'esperienza del famoso "e stato" barthesia-
no, rna ancor pili quella di un (( era in corso d'esse-
re" deposto come presente, come illuminazione
del presente attraverso se stesso, ovvero quella che
chiamo conteinporaneita assoluta, a anche cio che
e di competenza e del genere dell' ombra. Que-
st'ultima non e solo presente, ma anche presenta-
ta in questa fotografia, ed e proprio sull' ombra
proiettata daIla scala intenzionalmente accostata al
pagliaio che vorrei soffermarmi.
I:ombra! Non possiamo dimenticarci di cio che
ha sempre associato il suo modo eli essere aIla na-
scita dell'immagine. A questa proposito non posso
non rimandare al testa eli Plinio il Vecchio, alleg-
gendario racconto di fondazione della fanciulla di
Corinto, per elire che il gesto can cui questa scon-
toma l'ombra del fidanzato proiettata su un muro
daIla Iuce di una Ianterna, e in cui si riconosce l' 0-
rigine delle arti della figurazione, puo essere consi-
derato una premonizione della ripresa fotografica.
Identificando 1'immagine con un'ombra fissa, in-
fatti, Dibutade e esattamente nella stessa posizione
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II
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L'immagine assoluta. Tempo e/otogra/ia
eli Talbot, che vuole ordinare aIle immagini natu-
rali di fissarsi in modo duraturo, e il suo soguo ri-
siede in fin dei conti in cio che produrra Ia foto-
grafia, cioe nella mana della natura che realizza,
da sola e in un sol colpo, illavoro che la fanciulla
deve affidare aIla propria.
Come il riflesso, anche 1'ombra e un'immagine
naturale fuggevole, un mero prodotto della physis,
un film istantaneo e fragile che 1'uomo ha da sem-
pre desiderata fissare, ed era inevitabile che Ia fo-
tografia, secondo il suo modello chimico di pura
traccia, apparisse come fissazione finalmente rea-
!izzata. I:alternanza dei valori eli Iuce e ombra e al-
Ia base del sistema fotografico, dove, grazie al bian-
co e nero, essa assume durevolmente l' aspetta
esp!icito eli un gioco di superfici pili omena om-
breggiate.
9
II vettore indiziale che costituisce in
proprio Ia fotografia come traccia e 10 stesso di
quello dell' ombra, perchi' nell'instaurazione del fo-
tografico come tale, la presentazione effettiva delle
ombre proiettate gioca un malo basilare. Si puo eli-
re che nella fotografia degli albori Ia rappresenta-
zione dell' ombra ha il malo eli un raddoppiamento
teorico, in quanto essa funge da prova e testimo-
9 L'immagine, spogliata dalle idee che l' accompagnano
e considerata unicamente attraverso cio che ne costituisce i
fondamenti, non ealtro che una successione 0 variazione
di forti luci e ombre proiettate da una parte all' altra della
carta scrive Talbot in The Pencil a/Nature, cit.
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I
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Del contemporaneo
nianza eli veridicitil. In qualita di pure indice (nel
sense eli Peirce) I'embra firma I'autentidd della ri-
presa, mentre in qualid di figura del fuggevole vi
inserisce la qualita della cesura. Essa, luttavia, co-
stituendo anche un marchio del tempo (un'ombra
esempre un'ora, un istante) e avendo una consi-
stenza materiale inafferrabile, firma il carattere in-
diziale dell'immagine e la rende coesistente al rea-
Ie da cui e estratta. I;ombra realizza la fotografia
come tracda e firma la sua fedelta.
Eindubbiamente questa la funzione della scala
che Talbot poggia contro il covone di fieno, ma il
bello e che I'oggetto evade da questa funzione pe-
dagogica e dimostrativa per a s ~ u m e r e semplice-
mente il significato eli se stesso e del pagliaio su cui
e poggiato, il significato doe di un ready made an-
nunciato e senz' altro inconsdo (il ready made di
cui Duchamp inaugurera la performance e forse
semplicemente una spede di fotografia trielimen-
sionale, un'iperimmagine che scompare nella pa-
rusia del volume). D'altronde, la scala ha rappre-
sentato un oggetto importante per Talbot poiche
essa figura, e in modo molto pili evidente, in
un'altra tavola di Pencil 0/ Nature, la numero XV
(intitolata appunto The Ladder, la scala), che in-
terviene nellibro per dar corpo alia questione del
ritratto di gruppo. I;elemento strategicamente im-
portante eli questa fotografia e costituito infatti da
tre personaggi che Talbot ha fatto mettere in posa
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L)immagine assaluta. Tempo e/otografia
in un atteggiamento naturale che mima l'istanta-
neaio ed e significativo che sia ancora una volta
una scala a fomire non soltanto un'unita eli misu-
ra e un oggetto referenziale comune, ma anche e
soprattutto - proiettando anch' essa un' ombra -
una sorta di firma indiziale. Tuttavia, la funzione
eli attrezzo (in senso teatrale) impeelisce alia scala
di accedere alia solitudine oggettuale dell' altra
scala, quella poggiata contro il pagliaio, che ne ri-
corda ancora un' altra, nella quale permane, anche
se tragicamente, una questione di figura.
Quest'ultima e un'immagine conosduta che for-
se, per la sua rarid, la sua mera violenza ineliziale e
il piano di pure terrore, rappresenta una delle im-
magini simbolo del XX secolo. Fu pubblicata per
la prima volta nel1952 dall'''Asahi Shimbun",
mentre in America ne venne proibita la diffusione
per sette anni, come per Ie altre immagini scattate
a Hiroshima e Nagasaki dopo la bomba atomica.
Eovvio che essa non mostra niente, e che questo
niente e terribile perche porta con se il senso della
sparizione pura e semplice, ma il nulla, la sparizio-
ne, I'evanescenza totale sono segnalati da una trac-
da, che e forse la pili autenticamente acheropita
10 Anche se Talbot era riuscito a ridurre considerevol-
mente il tempo di posa - prindpale vantaggio della caloti-
pia suI dagherrotipo -, esso durava anCOfa molti secondi.
L'intero cornmento alla tavola XV verte su questa costrizio-
ne e sui mezzi per ovviare al problema.
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LJimmagine assoluta. Tempo e/otogra/ia
che un'immagine abbia mai trattenuto. In realti! e
la traccia di una traccia, la fotografia di una foto-
grafia scattata senza la mana dell'uomo (a meno di
considerare che il fotografo non sia stato il pilota
americana dell' aereo che sganciii la bomba): di
fianco alia scala rimasta misteriosamente intatta,
l'immagine impressa sulmuro di una sentinella
che scendeva dal suo posta di guardia. Eun'im-
magine scattata dalla bomba stessa che, nelmo-
menta in cui col suo soffio disintegrava l'uomo, ne
imprimeva l'immagine su un muro come Fosse una
lastra sensibile.
Prima di continuare a parlare eli questa immagi-
ne, tanto vale dirlo subito: ea causa sua che sana
stato attirato dall'immagine del pagliaio, perche
da una scala all' altra vi era una specie di solida-
tied fantomatica, ma mi sono soffermato sulla fo-
tografia eli Talbot, gii! incrociata nei libri, soltanto
nelmomento in cui l'ho vista satta una forma di-
versa - su una cartolina postale comprata almu-
seo Nicephore Niepce a Chalon-sur-Saone -,
quando improvvisamente essa ha assunto il suo
senso autentico e io ho potuto percepire, sotto la
pace solare di Lacock Abbey, il bruciore catastro-
fico eli Hiroshima. Dalla campagna inglese illumi-
nata, e trasparente al progetto fotografico e all'i-
dea "affascinante" di fissare immagini fuggitive,
fino al campo di ravine corrose e schiacciate eli
Hiroshima, giusto un secolo piu tardi, dove l'im-
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Del contemporaneo
magine fuggevole, /issandosi, assume il senso di
una perdita irreparabile: vi edunque un'idea di
scivolamento 0 di passaggio? Forse Sl, 0 magari e
un dondolio che potrebbe raccontare il destino
del fotografico, tra la meraviglia e il terrore, la pu-
ra apparizione e la mera sparizione, una sfilata di
immagini fissate la pili terribile delle quali svela se-
gretamente la gioia della pili felice.
Questo turbamento generale dell'indizio, in cui
la natura stessa dell'immagine si aggrava e si ap-
profondisce (aprendosi sui proprio abisso), ean-
che cio che ci offre in modo COSI brusco l'immagi-
ne dell'ombra bruciata, l'immagine di Hiroshima
dove tutto emorto figura, la traccia pol-
verosa che rivela questa morte sui muro incalore
su cui poggia la scala bianca e neutra - muro di ri-
velazione, in fin dei conti malto simile a quello su
cui era proiettata l'ombra dell' amante di Dibutade
nel racconto di Plinio. Ma a Corinto questa morte
era presente, semplicemente profilata dall' assenza,
e profilava spettralmente I'immagine, mentre sulla
scia di quest' assenza, di questa morte, ecco che
I'immagine di Hiroshima, per COSI dire modellata
su un resto di presenza, ha il senso di un congedo
talmente definitivo e incomprensibile da oltrepas-
sare ogni possibile lutto 0 elaborazione di lutto.
E, tuttavia, credo che nell'eccesso di questa im-
magine, che non avrebbe mai dovuto esistere, vi
sia qualcosa che troviamo in filigrana dentro ogni
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L'immagine assoluta. Tempo e/otogra/ia
immagine, qualcosa che parla per tutte e che Ie
salva tutte. Ecome se il termine shashin, usato dai
giapponesi per designare la fotografia e Formato
dalla giustapposizione di due caratteri cinesi che
COSI assemblati significano qualcosa tipo "verita
fissata" (devo questa informazione a Philippe
Forest, che la fornisce e la commenta in Sarinaga-
ra),l1 trovasse da solo con questa prova murale il
sigillo della sua fedelta. Ma oltre alla veridicita del
termine sino-giapponese e allo statuto mimetico e
descrittivo del termine occidentale "fotografia",
cio che puo e deve essere percepito come fedeltil
del fotografico non ene una prova ne una forma
di attestazione, come puo esserlo I'incarnazione: la
fotografia, infatti, non incarna mal, non puo farlo
per definizione, ed equesta che la foto di Hiro-
shima rivela con il suo statuto estrerno. Laddove
non puo esserd incarnazione e la carne stessa e
stata disintegrata, proprio Ii appare la "verita fis-
sata" del fotografico.
Che sia un'ultima pelle 0 un'ombra estrema, la
cosa straordinaria della fotografia, che ne fa
I'immagine stessa di ogni contemporaneitil e che
fu stupefacente fin dalla sua apparizione, ela ca-
pacita di impadronirsi di un frammento di tem-
po e depositarlo nella sua ombra.
11 Si veda P. Forest, Sarinagara, Gallimard, Paris 2004,
pp.230-231.
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Del contemporaneo
Nella Breve storza della fotografia, un testa tal-
mente brillante che esempre un piacere rileg-
gerlo, Walter Benjamin, evocando questa scin-
tilla magari minima di caso, di hic et nunc, con
cui la realta ha folgorato iI carattere dell'imma-
gine,12 afferma che essa ecia che costituisce da
sola la nostra attesa. Sebbene Benjamin si riferi-
sea al ritratto, sono convinto che questo caratte-
re possa essere aperto e folgorato dal reale in
ogni immagine, come accade d'altronde nella fo-
tografia di Talbot e in quella anonima scattata a
Hiroshima, anche se in quest' ultima I' eccesso
cambia tutto e toglie alia folgorazione ogni ca-
rattere di metafora. spiega anche che,
cercando questa scintilla, 10 spettatore della fo-
tografia sente il bisogno di cercare illuogo in-
visibile in cui, nel!'essere in un certo modo di
quell' attimo lontano, si annida ancora oggi iI fu-
turo. U Questo futuro viene scoperto retrospetti-
vamente e non comporta alcun aspetto di profezia,
esso esemplicemente cia che viene a posarsi al
centro della deposizione, nascondendosi e anni-
12 W. Benjamin, Kleine Geschichte der Photographie, in Id.,
Das Kunstwerk im Zeitalter seiner technischen Reproduzier-
barkeit. Drei Studien zur Kunstsoziologie, Suhrkamp, Frank-
furt a.M. 1963, trad. it. Breve starza della/atogra/ia, in Id., L'o-
pera d'arte nell'epoca della sua riproducibilita tecnica. Arte e
sodeta di massa, Einaudi, Torino 2000, p. 62.
IJ Ibzd.
102
L'immagine assoluta. Tempo efotografia
dandosi in seno alla rivelazione stessa, cosicche
I'immagine latente conserva sempre un diritto di
veglia all'interno della stampa e iI piano di imma-
nenza del fotografico eappunto rappresentato dal-
la riserva di un arrivo sempre possibile e sospeso
nell'immagine. Ragion per cui, per esempio, ancor
prima di considerarla una testimonianza, percepia-
mo la fotografia di Hiroshima come una minaccia.
Tale arrivo emolto diverso dal famosa "e stato"
di Roland Barthes, attraverso cui 10 statuto indi-
ziale del fotografico si vede ridotto a uno schema
sentimentale. La melanconia
l4
inerente alla ripre-
sa fotografica non risulta da un'iscrizione del pas-
sato in se stesso, quanto piuttosto da una piegatu-
ra del tempo, da una durata singolare in cui iI
passato del referente, iI presente della presenta-
zione dell'immagine e il suo futuro sempre 1aten-
te si confondono in un unico "foglio di presen-
za", che 5i trova in una condizione di vertigino5a
sospensione dove 1a totalita del divenire sembra
interrompersi per qualche istante. Anche se ogni
fotografia non eche una striscia, una fenditura,
essa eassimilabile a un tuffo asso1uto nella mate-
ria del tempo, I'unica materia senza spessore di
cui ci edato avere esperienza. All'estremo del ral-
H La scelta di questa termine fa naturalmente riferimen-
to allibro di Denis Roche, Le Boftier de melancolie, Hazan,
Paris 1999.
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Del contemporaneo
lentatore (di cui il cinema ci offre la possibilita)"
sopraggiunge - come un miracolo -I'artesto sul-
I'immagine, che contiene ancora de! tempo, rna e
un tempo forgiato, 0 meglio, eun'onda staziona-
ria, esattamente come que! covone eli Heno su cui
vibra un' ombra in estate.
15 Penso alia dilatazione di questa possibilita come si ma-
nifesta in 24 Hours Psycho, il film di Douglas Gordon.
104
1'#;
Gli autori
1. Arte - Teorie I. Bailly, Christophe II. Ferrari, Federico.
700.1
Stampato per canto della casa editrice
presso lalitotipo, Settimo Milatlese, Milano, Italia
Del contemporaneo : saggi su artee tempo / Christophe
Bailly ... [et aLJ ; a cura di Federico Ferrari. - [Milano] :
Bruno Mondadori, [2007].
128 p. ; 17 cm. - (Testi e pretesti).
EAN 978-88-424-2022-4
In copertina:
Pascal Convert, Sans titre (inspiree de feifLee funebre au Kosovo,
photographie de Georges Merillon, 1990), 1999-2000, particolare.
Pascal Convert, by STAE 2007
Anno
07080910
\ 9., 01234-'2,082
Ristampa
Scheda catalografica a cura di CAeB, Milano.