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Giuseppe Tortora

Pensare da filosofi si pu e si deve. L'educazione secondo Mattew Lipman.

Strano personaggio Matthew Lipman. Americano del New Jersey, classe 1922, da ragazzo ebbe una vita scolastica disastrosa. Lo racconta lui stesso. Una noia mortale a cui reagiva con comportamenti - diremmo noi - da disadattato. Finite le scuole si ritrov senza soldi e senza un vero lavoro: l'economia statunitense era quasi ferma. Entr nelle forze armate, dove, prima d'esser mandato in missione bellica, gli fu permesso di seguire gli studi universitari: ingegneria. Ma i suoi interessi presto si indirizzarono altrove: alla filosofia. A guidarli fu la lettura di un libro di John Dewey: Intelligence in the Modern World. Fu mandato sul teatro bellico europeo: port con s libri di filosofia, appunto, e di poesia. A fine guerra, prima del rimpatrio, segu dei corsi di un'universit che gli americani avevano aperto in Inghilterra. Fu il mio primo incontro con veri filosofi. Al ritorno in patria, a ventiquattro anni, riusc ad entrare alla Columbia University, uno degli atenei scientificamente pi vivaci. Segu con interesse i corsi di filosofia, e, conseguita la laurea, fu ammesso al dottorato, dove avvi una ricerca sui problemi dell'arte. Ma ancora una volta i suoi interessi si sarebbero rivolti altrove. Conobbe personalmente Dewey, ormai novantenne: ne rest molto colpito. Nel 1950, con una Borsa di studio Fullbright venne per un anno in Francia, alla Sorbona. Era, quella, la Parigi dei grandi pensatori francesi: Gabriel Marcel, Maurice Merleau-Ponty, Yvon Belaval. Esercitarono su di lui un grande fascino intellettuale. Si trasfer quindi per un breve periodo a Vienna e infine torn in America. Quando tornai dall'Europa, nel 1952, la situazione era cambiata. Volevo un posto di professore e questi posti, specialmente in filosofia ed a New York, erano scarsi. Cos, dunque, a partire da quel momento, la mia educazione continu e continua ancora. Ma perch parlare tanto di Lipman? Quando infine divent professore, e proprio alla Columbia University, egli rimase sorpreso della limitata capacit di ragionamento dei giovani studenti. Deboli nei "fondamentali", si direbbe da noi in termini calcistici. E in effetti, puoi imparare tutta la storia della filosofia che vuoi: non per questo diventi filosofo, non per questo pensi da filosofo. Si pu conoscere tutta la storia del pensiero, ma questo non basta a renderci pi sapienti e pi saggi. Non basta a dare una risposta sicura alle domande di sempre sulla realt e sull'uomo. N serve a renderci eticamente migliori. E forse non basta neppure a capire perch quei "filosofi" che abbiamo studiato sono, in senso tecnico, filosofi. Se per esempio non si conoscono le logiche - s, ce ne sono molte -, non si

riesce a cogliere se il problema sia stato posto in modo corretto, con quali principi e regole sia stato organizzato e realizzato il percorso argomentativo, e tanto meno se sia stata data una vera risposta al problema. Per dirla in modo pi diretto, se non si stati "educati" a pensare con gli strumenti di cui si servono i filosofi, non si riuscir neppure a capire davvero la storia del pensiero speculativo: non si coglieranno i punti di partenza, il tipo di percorso compiuto dai diversi pensatori, le differenze di metodo e di risultati, e tanto meno l'eredit di sapere che ciascuno di essi ha lasciato ai posteri. Questo era appunto ci che Lipman rilevava nel contatto con gli studenti della Columbia. Occorre pensare filosoficamente, ma lo si pu fare solo possedendo gli strumenti adatti. E occorre essere educati a farlo. E il tirocinio di formazione deve cominciare il pi presto possibile. Ma questa dell'educazione a pensare, per Lipman, non mai stata una reale preoccupazione n per i filosofi "di professione" n per i docenti di filosofia. E proprio per far fronte a questo problema si fece egli stesso pedagogista e pedagogo. Con una prima idea veramente geniale: per raggiundere un habitus mentale che renda capaci di affrontare con mentalit filosofica i problemi, piccoli e grandi che siano, bisogna che la formazione "filosofica" cominci fin dalle scuole elementari. E con una seconda idea altrettanto geniale: l'educazione al "pensare filosofico" non mira necessariamente a preparare filosofi, n ad affrontare filosoficamente i pi ardui problemi "speculativi"; esso invece costituisce una valida risorsa per tutti per far fronte, correttamente e adeguatamente, anche ai pi comuni problemi, conoscitivi e pratici, della nostra vita quotidiana. Nacque cos il programma P4C: Philosophy for Children. Un programma che ha conosciuto un notevole sviluppo e una consistente diffusione. E, a conti fatti, s' dimostrato particolarmente utile nella promozione culturale e sociale della giovent dei paesi pi svantaggiati, grazie ad un curriculum standard che viene poi opportunamente modellato e adattato in relazione alle condizioni e delle necessit, economico-sociali-culturali, dei paesi in cui viene adottato. Da trent'anni si fanno, in ogni parte del mondo, esperienze didattiche in base al curriculum messo a punto proprio da Lipman. Il quale ha mandato in frantumi una presunta certezza: che i ragazzi preferiscano l'attivit fantastica rispetto a quella raziocinativa. Un pre-giudizio, questo, per il pensatore americano. La verit che fin dalla pi tenera et i bambini son capaci di considerare le cose nella forma dell'astrazione concettuale, e quindi possono e devono essere formati all'esercizio abituale della logica per elevare, ottimizzare e rendere pi efficaci le loro capacit razionali. Pertanto, lasciata la Columbia University - ancora una scelta "spiazzante" Mattew Lipman, dal 1973 al 2003, s' dedicato all'Institute for the Advancement of Philosophy for Children (IAPC), da lui stesso creato presso il Monclair State College. Nell'ambito di questa istituzione s' votato, con una sua quipe - soprattutto con Anna Sharp, Fred Oscanyan e Joe Isaacson - alla formazione degl'insegnanti. Contemporaneamente ha curato la pubblicazione di volumi d'istruzione didattica, ed ha offerto supporto teorico-pratico per la definizione di percorsi formativi per ragazzi in ogni parte del mondo

(http://cehs.montclair.edu/academic/iapc/timeline.shtml). Merito non indifferente stato l'aver sollecitato, oltre che in America Latina anche in Europa, la creazione di strutture e di gruppi di "formatori di formatori": personale specializzato in grado di disegnare e realizzare "applicazioni" del curriculum lipmaniano che rispondessero, per strumenti e modalit pedagogiche, alle specifiche esigenze educative e al livello sociale e culturale dei diversi paesi. In Italia l'attivit promossa dal CRIF: Centro di Ricerca sull'Indagine Filosofica (http://www.filosofare.org/), che - in collaborazione con Universit, Istituti scolastici, Istituzioni culturali - non solo propone, da quasi vent'anni, Corsi di Formazione professionale e Masters, ma soprattutto promuove e sostiene la riflessione teorico-metodologica nonch la sperimentazione didattica per le diverse fasce d'et dei ragazzi. Proprio recentemente sono usciti in Italia due volumi che raccolgono progetti gi sperimentati - per la formazione dei nostri ragazzi. Il primo, Il risentimento della mula, per i ragazzi di scuola media; il secondo, Il re della foresta, per i bambini della Scuola d'infanzia. Gli autori sono giovani docenti che hanno partecipato ad un corso di perfezionamento post-universitario realizzato presso la Facolt di Lettere e Filosofia dell'Universit Federico II di Napoli (http://www.p4c.unina.it/). I curatori dei volumi sono gli stessi che gi da tempo hanno provveduto alla pubblicazione in lingua italiana di alcuni testi di Lipman per la casa editrice Liguori: i proff. Antonio Cosentino e Maura Striano, presidente e vice-presidente del CRIF, coadiuvati per l'occasione dal dott. Stefano Oliverio. La specificit del metodo lipmaniano consiste, appunto, nel diverso modo di intendere l'apprendimento e l'insegnamento. La sua "rivoluzione" sta anzitutto nella detronizzazione del metodo comunemente adottato nell'educazione formale: quello erogativo, ovvero trasmissivo di contenuti. Tale metodo, evidentemente, prevede due figure: quella del docente, depositario di un sapere da partecipare agli studenti; e quella dello studente, che deve accogliere e assimilare i contenuti in modo da poter poi dar testimonianza, in sede di valutazione, del suo "profitto". Dunque un rapporto "one-to-one" su contenuti "astratti". O meglio, su contenuti che non sono direttamente connessi alla quotidiana esperienza degli studenti, ai concreti bisogni della loro et. Un rapporto che non pone neppure a problema la formazione del modo di pensare dello studente. Il secondo aspetto di quella rivoluzione sta nell'aver "situato" la formazione del singolo in una concreta "comunit d'apprendimento", in cui ognuno - anche chi apprende - svolge un ruolo attivo nel condiviso itinerario educativo. Un'utopia? Nient'affatto. Lo mostrano i risultati particolarmente rilevanti ottenuti nelle comunit attivate nei paesi pi bisognosi di formazione culturale: attivate per promuovere il superamento dell'emarginazione sociale degl'individui e la crescita civile e democratica del corpo sociale. L'obiettivo del curriculum lipmaniano formare persone consapevoli autonome e responsabili: a tal fine esso prevede l'allestimento di materiali e strumenti:

scritture narrative; piani di discussioni; giochi inventivi, creativi, simulativi; esercizi. Tutti strumenti idonei a stimolare in ogni ragazzo l'impegno nella ricerca comune sui loro piccoli e grandi problemi. La pratica didattica ha inizio con la lettura di un racconto - ma Lipman asseriva che le "lezioni" possono cominciare anche con una poesia, con un dipinto da osservare: con qualsiasi cosa che spinga i ragazzi a pensare - nel quale, in modo naturale e in forma implicita, la stessa storia narrata prospetti problemi, induca perplessit, stimoli domande, favorisca l'attivit raziocinativa, produca tentativi di argomentazione. L'obiettivo prossimo dunque l'avvio di una discussione comune nella quale ciascuno ragazzo offra il suo apporto alla riflessione comune, assumendo una propria posizione e contribuendo con i suoi interventi a sollecitare la partecipazione degli altri. Si tratta di creare una dimensione collaborativa di ricerca in cui il guadagno cognitivo del singolo non sia il frutto di un'avventura solitaria ma l'esito di una reale condivisione messa in opera da tutti i membri della comunit. Va da s, dunque, che in questo tipo d'attivit il rapporto docente-discente, rispetto alla forma abituale di didattica, va necessariamente a riconfigurarsi: perde il consueto assetto verticale per assumere quello orizzontale. Non si tratta, come s' accennato, di effettuare un travaso di contenuti, n tanto meno di trasmettere una visione del mondo. Piuttosto - come dice lo stesso Lipman nella sua autobiografia intellettuale pubblicata con un titolo molto significativo: A life Teaching Thinking - si tratta di creare in tutti un'abitudine a pensare valutare e agire in autonomia, e pertanto a porsi le domande giuste, a porsele nel modo giusto, a mettere sotto verifica le risposte prodotte, avute o trovate. Per affrontare un problema, occorre stimolare dunque, in ciascuno dei membri della comunit d'apprendimento, l'attitudine alla multilateralit dell'approccio, magari anche l'abitudine alla negoziazione dei metodi e delle procedure, ma soprattutto l'adozione di forme cooperative e/o collaborative, e infine la socializzazione dei risultati. In ci il ruolo del docente quello della guida, con funzioni di stimolo intellettuale, di promozione relazionale, di sostegno intellettuale. Il suo compito dev'essere quello di stimolo della discussione e, soprattutto, di orientamento e potenziamento dell'attivit di ricerca, di raziocinio e di argomentazione. Secondo Mattew Lipman - morto due anni fa ad 88 anni - le societ moderne esigono che la capacit propria di un filosofo sia non privilegio di pochi, ma una risorsa di tutti. Ovvero, sia per tutti uno strumento, d'uso abituale, per affrontare le questioni nella loro complessit e multidimensionalit. Le attitudini filosofiche devono diventare, insomma, un bene diffuso per attivare un modo "alto" del pensare. Qualche anno fa, in un suo scritto, la prof.ssa Maura Striano ricordava che il programma, ai suoi inizi, ha preso piede in Messico (in particolare nella regione del Chiapas) e nell'America Latina (Brasile, Argentina...), per diffondersi poi in Cina e in Corea, nonostante le significative differenze culturali con il mondo occidentale; e ricordava che anche in Europa esistono numerosi centri di P4C: in Austria, Belgio, Bulgaria, Francia, Germania, Inghilterra, Italia, Olanda, Polonia, Portogallo, Romania, Spagna, Ungheria.

A che si deve tutto questo successo? Forse al fatto che il Progetto Lipman viene incontro ad una istanza reale di adeguamento delle modalit di formazione della persona alla complessit delle societ nell'era della mondializzazione. Ecco che cosa asserisce Lipman in un'intervista rilasciata anni fa proprio alla Prof.ssa Striano. S, la Philosohy for Children sta diventando un movimento educativo a livello internazionale. Uno dei motivi potrebbe essere che il curriculum stato originariamente scritto con l'idea di divenire la base di innumerevoli traduzioni. inteso come qualcosa che possa prestarsi sia all'universalit che alla particolarit. Cos pu essere usato in una societ di massa come la Cina, con un miliardo di abitanti, o nell'ambito di un piccolo villaggio della jungla del Guatemala, con solo poche centinaia di abitanti. Pu essere adattabile ad esclusive scuole private o a scuole pubbliche in contesti degradati, con un'utenza svantaggiata sul piano economico e educativo. In esso c' qualcosa per tutti e per ciascuno, perch la filosofia un metodo, non un messaggio. Dobbiamo fare il modo che la capacit di giudizio non ricada nelle mani di un'elite di esperti. Negli ultimi anni c' stato un improvviso rigurgito di interesse per le funzioni della democrazia. Si incominciato a parlare di "democrazia forte", di "democrazia partecipativa", di "democrazia deliberativa"... e non accade solo in alcuni paesi, ma in tutto il mondo. come se, una volta raggiunta la prima tappa del nostro viaggio con l'istituzione della democrazia, dovessimo impegnarci per scoprire come la democrazia possa funzionare al meglio. Molto dipende dagli stessi cittadini. I cittadini di una democrazia dovrebbero impegnarsi nel pensiero... Dovrebbero essere riflessivi, introspettivi, responsabili, ragionevoli, collaborativi, cooperativi... Alcune - o molte - di queste qualit potrebbero essere rinforzate mentre i futuri cittadini sono ancora a scuola ... Se solo riconoscessimo che dobbiamo rinforzare le capacit riflessive di questi studenti, invece di aumentare a dismisura i contenuti di conoscenza da trasmettere loro o invece di credere di aver risolto ogni problema attraverso l'alfabetizzazione informatica ... Ecco, l'"educazione al pensare", la promozione di un "pensiero di alto livello" dovrebbero essere un obiettivo primario per l'educazione nel ventunesimo secolo.

Rivista di Fondi No 6-7 - Marzo-Giugno 2012 pp. 49-52

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