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Quaderni del Gruppo di Ur XI CONSIDERAZIONI SULLO SPIRITUALISMO CONTEMPORANEO

C) FILOSOFIA E RELIGIONE
Edizione del Luglio 2006.

Il Sole Schiavo Ogni quaderno del Gruppo di Ur raccoglie, in forma organica e sintetica, quanto emerso nell'omonimo forum, in relazione ad un determinato argomento. In esso si trovano, perci, sia citazioni degli autori studiati, sia commenti. I quaderni si devono considerare in continuo aggiornamento, dal momento che l'emergere di nuovo materiale sull' argomento trattato pu rendere opportuna una nuova edizione.

INTRODUZIONE

Questa parte C del Quaderno, come del resto le successive, era assente nelle prime due edizioni. Sia la Filosofia, sia la Religione esulano dal campo specificamente esoterico. Tuttavia l'esoterista, in una certa misura, in genere costretto ad occuparsene, non solo prima del suo contatto con l'esoterismo, ma anche dopo. Infatti, a meno che non entri in contatto con organizzazioni esoteriche di tipo monacale, vivr a contatto, non solo con altri esoteristi, ma con la societ umana in genere, cos che spesso il medium della filosofia o quello della religione rappresenteranno i mezzi di comunicazione pi elevati. Nel seguito, esamineremo come si possa farne uso appropriato, mantenendo ben fermo che non rappresentano affatto un'estrema istanza.

Suddivisione della parte C: C1) Ea, Tullio Quasimodo: S o Non-S? C2) P. M. Schepis: Filosofia delle Scelte C3) I Due Periodi Filosofici di Evola C3.1) Ea, Afrodite Urania, N.D.U. : I Motori Immobili C3.2) J.Evola: La via della realizzazione di s secondo i Misteri di Mithra C3.3) Ea, Deo Ame, NDU, Tullio Quasimodo: Il superamento del solipsismo nella II filosofia di Evola C4) Ea, Tullio Quasimodo: Sul valore attuale degli scritti filosofici evoliani C5)Sadescan, Afrodite Urania, Occhi di If: Religioni e Morali nel Pensiero di Pierre Piobb

C1) S o Non-S ? di Ea
Per comprendere bene questo problema, ben noto a tutti gli studiosi di dottrine orientali, occorre tener presente tutta la differenza che esiste tra esoterismo e filosofia. Una filosofia, basandosi sulla mente analitica, rappresenta sempre un "punto di vista", che, da solo, non pu mai descrivere l'intera realt. La situazione peggiora in quelle aree culturali dove le religioni sono rigorosamente basate su un numero limitato di testi sacri, come il caso dell'Ebraismo, dell'Islamismo, del Cristianesimo e, in minor misura, dell'Induismo. Infatti, in quelle aree, le filosofie, dovendo non contraddire il testo sacro (e in ogni caso essendone influenzate), sono costrette a limitare i loro tipi di approccio. Ad es. tutti i "punti di vista" (darshana) dell'Induismo sono costretti a parlare del S (scr. Atma, pali Atta) e non possono parlare del Non-S (scr. Anatma, pali Anatta), perch questo un concetto che, pur legittimo in assoluto, non pu poggiarsi sui testi vedici. D'altro canto, ad un livello meramente religioso, pu talvolta esser giudicato auspicabile avere un limitato numero di testi "sacri", per diminuire l'incertezza di coloro che non hanno prospettive esoteriche. L'esoterismo non da confondersi n con la religione, n con la filosofia, che al pi pu costituirne un momentaneo strumento. A seconda delle caratteristiche del discepolo, l'atteggiamento nei confronti della filosofia pu essere di pi tipi: 1) Se il discepolo ha scarso interesse per i problemi filosofici e/o dotato di una modesta cultura, conviene minimizzare l'uso di concetti filosofici e puntare quasi unicamente sulle pratiche di concentrazione e osservazione. E' questa la via del praticante semplice (scr: kusulu). Essa molto rapida ma, non essendo grande la capacit di discriminazione del praticante, pi facile prendere degli abbagli, nei rapporti con il mondo sottile. 2) Se invece il praticante un erudito (scr: pandita) difficile che, agli inizi, rinunci a porsi ogni sorta di problemi. Perci, in genere, la sua via sar pi lunga, ma migliori potranno essere le fondamenta. Con lui la strategia da usarsi pu essere duplice: a- Se influenzato da una particolare visione filosofica che ne paralizza l'attivit, si cercher di controbatterla. Se ad es. tende a deprimersi per una visione troppo nichilistica, l'antidoto potr essere una forma di "eternalismo": a lui far bene sentirsi dire che pu contare su un Atma immortale, al di sopra di tutto ci che contingente. Se invece un eternalista, impigrito dall'idea che tanto...ha a disposizione innumerevoli "rinascite" (molti erano cos all'epoca di Buddha Sakyamuni) allora una salutare "doccia fredda" potr essere costituita proprio dalla dottrina del "Non-S". b- Se semplicemente molto dotato per la filosofia, gli si proporranno i vari punti di vista in modo equilibrato, cio mostrando i campi in cui sono validi e viceversa quali sono i loro limiti. Questo veniva e viene fatto ad es., in modo tramandato da secoli, presso le scuole Jaina (i seguaci di Jina, "il Vittorioso", asceta e maestro contemporaneo di Sakyamuni) ove esiste una articolata "Logica dei punti di vista". In Occidente, un metodo analogo ma adatto al nostro ambiente filosofico, venne utilizzato da R.Steiner, nei confronti di alcuni suoi particolari discepoli. La conoscenza razionale equilibrata dei vari punti di vista va allora a costituire una "prefigurazione" (1) della conoscenza integrale iniziatica (intuitio intellectualis). (1) Infatti rimane pur sempre una conoscenza "materiale" e perci inferiore alle altre forme di conoscenza che R.Steiner chiama: conoscenza immaginativa, ispirata, intuitiva (nel senso di intuitio intellectualis) [N.d.U.]. Tullio Quasimodo: Occorre tener presente che la trasmissione della dottrina tradizionale pi importante dell'incerta speculazione personale. Nell'esoterismo, la filosofia non un "modus inveniendi", cio un modo di trovare la verit, bens un "modus explicandi", un modo

dottrinario del maestro di spiegare, provvisoriamente, la verit al discepolo, al solo scopo di dare un fondamento iniziale alla pratica interiore. In questo senso, "philosophia perennis" pu, in Oriente, considerarsi la filosofia Samkhya, il pi antico "punto di vista" (darshana) con cui possono esser spiegati i Veda e da cui gli altri darshana derivano (nel Canone Pali sono citati alcuni maestri Samkhya dello stesso Buddha). In Occidente, "philosophia perennis" la dottrina dei Quattro Corpi Ermetici, che Ea ha utilmente confrontato proprio con il Samkhya, nel Quaderno dedicato alla Porta Ermetica di Roma. *** Nel precedente saggio Ea e Tullio si sono messi dal punto di vista di chi ha la fortuna, sin dall'inizio, di esser guidato da un Maestro competente. Ma chi all'inizio solo? Come pu far la scelta pi conveniente? Si tratta essenzialmente dello stesso problema che, a suo tempo, si pose Blaise Pascal; ma questo autore se lo pose da un punto di vista angusto e dualistico, limitato cio alle sole possibilit di credere o non-credere al dio dei cristiani. Nel saggio che segue, gi pubblicato (salvo poche varianti) in altro Forum, Piero Marcello Schepis affronta invece il problema in tutta la sua ampiezza.

C2) Filosofia delle Scelte di Piero M. Schepis


OPERARE DELLE SCELTE Operare delle scelte la pi frequente e probabilmente la pi importante tra le attivit umane. Dobbiamo, infatti, continuamente scegliere cosa fare, cosa dire, come interpretare ci che leggiamo, ci che udiamo e, in generale, ci che percepiamo. Perch l'attivit di un uomo sia coerente, occorre che egli scelga, innanzitutto, un obiettivo primario e che tutte le sue altre scelte siano conformi a tale obiettivo. L'OBIETTIVO PRIMARIO L'obiettivo primario dipende strettamente dalla visione del mondo che l'uomo possiede . Pertanto necessario passare sinteticamente in rassegna le possibili visioni del mondo. Per il nostro scopo, esse si possono cos classificare : 1) Senso comune I seguaci del senso comune, senza preoccuparsi di indagini filosofiche o scientifiche, seguono spontaneamente la tendenza dominante della propria personalit. A seconda di quale sia tale tendenza, il senso comune (che perci solo illusoriamente considerato tale) pu classificarsi in pi sottocategorie: 1.A) Senso comune vitalistico E' proprio di chi considera la sopravvivenza corporea pi importante di qualsiasi altra cosa. Mangiare, dormire, proteggere il proprio corpo sono le attivit a cui qualsiasi altra cosa viene subordinata. 1.B) Senso comune libidico

E' proprio di chi considera il piacere pi importante di qualsiasi altra cosa. Un individuo di questo tipo pu anche rischiare la vita per ottenere ad es. una persona dell'altro sesso. 1.C) Senso comune imperialistico E' proprio di chi considera il potere l'obiettivo primario. Anche in questo caso si pronti a sacrificare vita, affetti e tutto il resto per questo obiettivo. 1.D) Senso comune opinionistico E' proprio di chi si pone come obiettivo primario la fama. In questo caso tutto viene subordinato all'opinione che l'individuo stesso e gli altri si fanno di lui. 1.E) Senso comune altruistico E' proprio di chi ha come tendenza principale il dedicarsi ad un'altro essere o gruppo di esseri. L'oggetto di tale dedizione pu essere una persona dell'altro sesso, un familiare, un superiore, oppure un organismo come la famiglia, un'associazione (anche a delinquere), la patria. Anche in questo caso la vita diventa secondaria rispetto all'oggetto di dedizione. 1.F) Senso comune quietistico E' proprio di chi pone il vivere quietamente come obiettivo primario. In questo caso si preferir qualsiasi cosa pur di non sconvolgere la propria esistenza e talvolta si preferir la morte ad un'esistenza drammatica. 1.G) Senso comune pessimistico E' proprio di chi ha tendenza melanconica. Tale individuo ha come obiettivo primario, cosciente o subcosciente, la ricerca della felicit, che accompagna costantemente con la quasi certezza di non raggiungerla. 1.H) Senso comune misto E' proprio di chi ha pi di una tendenza dominante. Questo tipo di individuo cerca di conciliare pi obiettivi primari tra quelli visti in precedenza o, pi frequentemente, cambia obiettivo a seconda della tendenza che predomina in lui sul momento. 2) Scetticismo Tale visione del mondo propria di coloro che, momentaneamente o definitivamente, ritengono che non si possa avere una conoscenza certa della realt, n mediante il senso comune, n mediante indagini filosofiche o scientifiche. Lo scetticismo momentaneo si chiama anche "sospenzione del giudizio" e non esclude che in futuro si possa pervenire a conoscere la realt. Lo scetticismo definitivo viene anche detto agnosticismo. Lo scetticismo, sia momentaneo, sia definitivo, solo una posizione teorica. Dal punto di vista pratico, lo scettico deve pur agire e operare delle scelte e perci, suo malgrado, deve assumere, sia pur momentaneamente e mutevolmente, obiettivi propri di altre visioni del mondo. Ad es. un solipsista, che essenzialmente uno scettico che dubita, in particolare, della reale esistenza altrui, nella vita comune non pu fare a meno di interagire e spesso subire quegli altri esseri dei quali dubita. 3) Materialismo Il materialista ritiene che tutto ci che esiste sia fatto di materia e che gli individui, compresi

quelli umani, siano destinati a finire con la morte. A seconda dell'obiettivo primario che si propone, il materialismo pu essere di due tipi : materialismo egoistico e materialismo socialistico. Il primo si propone il massimo benessere individuale, il secondo una distribuzione del benessere, il pi possibile egualitaria, a tutti gli individui umani. 4) Teismo Il teismo la credenza in un dio a cui gli individui sono in qualche modo subordinati. Il teismo pu essere classificato in svariate sottocategorie , che occorre esaminare con un certo dettaglio : 4.a) Teismo creazionistico Il teista creazionista ritiene che gli esseri umani abbiano, oltre al corpo materiale, un'anima che sopravvive alla morte e che tanto la materia che l'anima siano creazioni ex nihilo di dio. Spesso questo dio ha molteplici aspetti, che vengono considerati pi o meno separati tra loro. Se la separazione netta si ha il caso del politeismo. L'obiettivo primario dell'uomo, secondo il teismo creazionistico, obbedire alle leggi divine, comportamento che gli garantirebbe un post-mortem felice. Tali leggi, a seconda dei casi, vengono rivelate per il tramite di sacerdoti o profeti, o da presunte incarnazioni divine. 4.b) Teismo Normativo Il teista normativo ritiene che le anime siano coeve a dio e perci increate . Dio per regola i rapporti tra le anime, la materia e ogni altro eventuale esistente e perci distribuisce anche premi e castighi. L'obiettivo primario lo stesso che nel teismo creazionista . 4.c) Panteismo Il panteista ritiene che tutto ci che esiste sia dio e che gli individui non siano che parti di dio . I panteisti sono di due tipi : panteisti nichilisti e panteisti eternalisti. I primi ritengono che gli individui siano parti effimere che hanno termine con la morte, i secondi ritengono che le anime siano parti permanenti di dio. I panteisti del primo tipo hanno, come i materialisti, un obiettivo primario egoistico o sociale. In effetti, il materialismo non che un caso particolare del panteismo nichilistico, nel quale dio viene denominato materia. I panteisti del secondo tipo hanno in genere come obiettivo primario quello di migliorare la propria conoscenza della realt e il proprio modo di agire, per via estetica, filosofica e/o ascetica. 4.d) Panenteismo Il panenteista ritiene che il mondo sia dio nell'atto di automanifestarsi (e perci non una creazione ex nihilo), ma che ci sia un aspetto di dio indipendente dal mondo. I panenteisti sono di due tipi : i pluralisti, che ammettono una pluralit non apparente gi nell'aspetto indipendente di dio e i monisti, che la ammettono soltanto nell'aspetto mondano. I primi hanno un obiettivo primario analogo a quello dei panteisti eternalisti, i secondi un obiettivo analogo a quello dei teisti creazionisti o normativi. 5) Diabolismo Uso questo neologismo, per indicare la visione del mondo di coloro che ritengono che, oltre ad un principio divino buono, ne esista uno diabolico malvagio. Tale secondo principio pu essere coevo al primo o essere creato da dio. Fin qui la dottrina uguale a quella di certi teisti, ma i diabolisti hanno come obiettivo primario quello di seguire il volere del diavolo e di donargli la propria anima in cambio del benessere terreno. I satanisti sono solo un esempio tra i tanti diabolisti.

6) Spiritualismo non teistico Gli spiritualisti non teisti ritengono che le anime siano eterne e che, eventualmente, possa esistere tra loro una gerarchia in base all'evoluzione raggiunta. Da questo punto di vista, pu esistere, in un determinato momento, anche un'anima che ha raggiunto una evoluzione superiore a tutte le altre, ma nulla impedisce a queste ultime di raggiungere, a loro volta, una evoluzione uguale o superiore. Gli spiritualisti non teisti hanno come obiettivo primario quello di vivere e di morire in un modo che garantisca una evoluzione della loro anima.

SCEGLIERE RAPIDAMENTE IL MIGLIOR OBIETTIVO PRIMARIO Molti cercano con sincerit quale sia il miglior obiettivo primario, tentando di comprendere la verit con ricerche filosofiche o scientifiche. Ci richiede, anche ad uomini di ingegno, molto tempo e i risultati sono sempre incerti e soggetti a critiche. Altri, proprio per tali motivi, desistono. Un modo molto pi rapido di effettuare tale ricerca quella di scegliere l'obiettivo che si dimostri il pi adatto, qualunque possa essere la verit. I) Gli obiettivi del senso comune sono tutti obiettivi mondani, che non sono di alcuna utilit nel caso che esista un post-mortem, anzi pongono l'anima in una condizione di assoluta impreparazione. II) Gli obiettivi materialistici e panteistico-nichilistici hanno lo stesso difetto di quelli del senso comune. Inoltre il materialista, ammessa vera la sua dottrina, non ha prova alcuna che non possa esistere una certa modalit di ci che lui chiama materia, che permetta una qualche forma di sopravvivenza individuale. Infatti, la conoscenza della materia, dipendendo dalla ricerca scientifica, mutevole nel tempo. Ad es., pur vivendo in un universo permeato di elettricit, molti uomini, per secoli, ne hanno ignorato l'esistenza. Se una tale modalit sopravvivente esiste, il materialista, che crede nella legge di causa-effetto, non pu non ammettere che il tipo di vita seguito sulla terra abbia effetto su ci che sopravvive. Inoltre, le esigenze sociali del socialismo possono trovar posto anche in ambito non materialista. III) Gli obiettivi morali dei teisti creazionisti o normativi o dei panenteisti monisti sono a volte ragionevoli, ma impostare la propria esistenza sulle leggi di un dio mai visto veramente troppo per la maggior parte degli uomini. Spesso il materialismo nato proprio in opposizione al teismo, ed stato formulato da uomini che non vedevano altra alternativa all'invadenza dei sacerdoti. Inoltre, anche la maggior parte di coloro che dicono di aderire al teismo lo fanno solo superficialmente o per convenienza. Infine, coloro che perseguono sinceramente il teismo si troverebbero in difficolt se il loro dio non esistesse e nel post-mortem dovessero sbrigarsela da soli. IV) L'obiettivo dei diabolisti mondano come quello dei seguaci del senso comune, ma peggiorato dal fatto che essi vendono la propria anima per sempre ad un essere malvagio. Inoltre i presunti vantaggi materiali che essi si aspettano sono spesso illusori, basti pensare alla misera fine di molti diabolisti, sia per le persecuzioni da parte dei teisti, sia perch assurdo aspettarsi lealt da una entit che essi stessi ritengono malvagia. V) L'obiettivo dei panteisti eternalisti, dei panenteisti pluralisti e degli spiritualisti non teisti non presenta controindicazioni. Se vera l'ipotesi che la vita termina con la morte, essi avranno tuttavia vissuto una bella avventura interiore, di certo non inferiore a quella di chi guidato da una qualunque passione. Se invece esiste un post-mortem, essi saranno preparati nel modo migliore. Se poi nel post-mortem verr un dio od altri esseri benevoli ad aiutarli, tanto meglio. Qualche teista obietter che, nell'eventualit che esista un dio di tipo personale, questi

non li aiuter per non avere essi resogli un culto e per aver preteso di fare da soli. Si pu rispondere che, se dio benevolo, non esiter ad aiutare chi ha sinceramente cercato di evolvere la propria anima, sia pur commettendo qualche errore. Se invece il teista ritiene che dio sia geloso e vendicativo, non ha, per caso, scambiato dio con il diavolo? In tal caso, vale quanto detto per il diabolismo. L'UNICO OBIETTIVO VALIDO Si pu concludere che l'unico obiettivo primario che risulta sempre valido cercare di evolvere la propria anima. La scelta di una ipotesi di lavoro panteistico-eternalista, panenteistico-pluralista o spiritualistico-non teista si pu lasciare, per il momento, al temperamento dei singoli, ripromettendoci di riprendere, pi in dettaglio, l'argomento in futuro.

C3) I due periodi filosofici di Evola.


C3.1) I Motori Immobili
EA: Nel saggio "Sull'eroico, il sapienziale e sulla tradizione occidentale" (Ur Novembre-Dicembre 1928) Evola scrisse: "La dottrina di Gunon sui 'motori immobili', signori del moto, anche la nostra. Ma quando egli fa entrare i 'motori immobili' in relazione con la 'contemplazione' e l' 'immutabilit' dei 'principi sopraindividuali', torna in noi il sospetto. Torna, perch per noi il 'motore immobile' non , esso stesso, che un 'motore di essere', portato da individualit superiori, le quali si fanno duci delle forze visibili o invisibili. E' lo stato dell'autotrascendersi della vita in quella calma, in quel senso assoluto di visione e di dominio, scaturente dalla pi alta vertigine - che abbiamo gi riferito all'esperienza eroico-magica. Invece il Gunon d talvolta a tutto questo un significato pi 'sapienziale' e intellettualistico per non dire addirittura razionalistico". Non era la prima volta, in quell'anno, che Evola utilizzava il termine "motore immobile" al plurale; lo aveva gi fatto in "Imperialismo Pagano": "Chi percorresse alcune dottrine tradizionali indiane, che altrove avremo occasione di esporre, si stupirebbe di certo dinnanzi all'affermazione che tutto ci che movimento, attivit, divenire, cangiamento proprio al principio passivo e feminile (shakti); mentre al principio positivo, maschile, solare (shiva) da riferirsi l'immobilit. ... Il concetto rigorosamente identico a quello che Aristotile espresse parlando dei 'motori immobili': chi causa e signore effettivo del moto, non si muove egli stesso. Egli desta, comanda e dirige il movimento: fa agire, ma non agisce, cio non trasportato, non preso dall'azione, non l'azione, sibbene una superiorit impassibile, calmissima, da cui l'azione procede e dipende. Ecco perch il suo comando, possente ed invisibile, si pu dirlo, con Laotze, un 'agire senza agire' (wei-wu-wei). Di contro a lui, chi agisce gi un agto; chi preso dall'azione, chi ebbro di azione, di 'volont', di 'forza' nello slancio, nella passione, nell'entusiasmo, gi uno strumento, non agisce veramente ma patisce l'azione epper appare - per dette dottrine - femina e negazione rispetto al mondo superiore, trascendente, immobile dei Signori del moto. (pp. 87-88) ... Riconoscendo l'illusione di tutte le 'evoluzioni', di tutti i 'piani provvidenziali', di tutti gli 'storicismi', riconoscendo tutti gli 'scopi' e le 'ragioni' come dande necessarie soltanto a chi, ancora bambino, non sa andare da s, gli uomini cesseranno di essere mossi, ma si muoveranno. Centrali a s stessi, da loro, uomini e non pi spettri, nella diferenziazione delle lites, scaturir la virt dei 'motori immobili': risorger l'azione, nel suo senso primitivo, elementare, assoluto (pp. 92-93)". In una Italia da tempo asservita alla fraseologia della Scolastica, l'uso inabituale del termine

"motore immobile" al plurale non poteva passare inosservato. Tuttavia stupisce un po' che critiche venissero mosse dalla rivista Ignis di Reghini, anche se questi era era ormai in rotta con Evola. Nella recensione di Imperialismo Pagano, firmata Rasena, si legge: "E ci sembra un po' troppo marchiano, per chi si atteggia a caposcuola in filosofia, l'attribuire ad Aristotile (pag. 88) la dottrina dei 'motori immobili' al plurale, come se si trattasse di automobili in panna. E non si tratta di errori attribuibili all'irresponsabile proto, perch l'errore ripetuto tale e quale quattro pagine dopo. Il proto c', ma si trova nel testo di Aristotile: t prton kinon akneton (Phys, 8, 6, 258 b) come, se sapesse il greco, l'autarca avrebbe potuto constatare da s". Vediamo dunque se era giustificato o meno quel plurale. Nella Premessa a La grande triade, Ren Gunon, parlando di talune organizzazioni tradizionali cinesi scrive: "Altrove abbiamo gi indicato quale sia la vera natura di tutte le organizzazioni di questo genere: dobbiamo sempre considerarle, in ultima analisi, come emanazioni della gerarchia taoista, che le ha suscitate e le dirige invisibilmente, ai fini di una azione pi o meno esterna in cui essa non pu intervenire direttamente in virt del principio del "non agire" (wou-wei), in base al quale la sua funzione essenzialmente quella del "motore immobile", del centro che governa il movimento di tutte le cose senza parteciparvi." In Considerazioni Sulla Via Iniziatica (Bocca Milano 1949), e precisamente nel cap. Iniziazione Sacerdotale e Iniziazione Reale, Gunon aggiunge: "L' 'uomo vero', essendo passato dalla circonferenza al centro, dall' 'esterno' all' 'interno', svolge realmente, rispetto a questo mondo che il suo, la funzione del 'motore immobile', la cui 'azione di presenza' imita, nel proprio mbito, l'attivit - 'non agente' del Cielo". Pur non facendo mai uso del termine al plurale, tuttavia Gunon ammette che in ambiti circoscritti, e perci molteplici, possa esservi chi abbia funzione di 'motore immobile'. Dunque Evola non sbaglia ad usare il plurale e lo stesso Reghini, infatti, non lo attacca in relazione alla dottrina gunoniana, ma solo in riferimento a quella dello Stagirita. L'Aristotele che, nel corso dei secoli, stato "addomesticato" dalla Scolastica "sembra" sostenere un unico motore immobile, ma in realt egli crede in una pluralit di essi: dalle stelle fisse alla luna ci sono 55 sfere mosse da altrettanti motori immobili o intelligenze motrici (Metaphysica, XII, 8). Quindi il plurale di Evola era giustificato anche in questo caso ed era Reghini ad avere (suo malgrado) una conoscenza di Aristotele ... poco pagana. Afrodite Urania: Sia in Ur, sia in Imperialismo Pagano, Evola utilizza il concetto dei "motori immobili", riferendosi pi che altro al campo politico-sociale. Considerando il piano pi specificamente metafisico, ha mai sviluppato una dottrina basata sul medesimo concetto? EA: Generalmente si parla, in relazione alla vita di Evola, del suo periodo filosofico, come se fosse uno solo, giacch egli stesso sembra descrivere la questione in tali termini. In realt, a studiar bene il suo pensiero, i suoi periodi filosofici possono dirsi due. Nel primo periodo, Evola aveva una concezione filosofica che riteneva potesse esser sviluppata partitamente. Perci in esso nacquero le sue opere filosofiche pi ponderose e generalmente note. La pi importante di esse, "Teoria e Fenomenologia dell'Individuo Assoluto" (terminata, come si dice ne Il Cammino del Cinabro, nel 1924) per difficolt a trovare un editore, vide la luce, divisa in due volumi, solo nel 1927 e nel 1930, quando Evola si trovava ormai da tempo in quello che abbiamo definito il secondo periodo filosofico. Il primo periodo pu infatti dirsi concluso nel 1925, quando venne pubblicato l'Uomo come Potenza e la comune filosofia venne perci abbandonata a favore dell'esposizione di dottrine tradizionali. In che consiste la sua "seconda filosofia"? La Fenomenologia si conclude con un Individuo Assoluto che, come suo ultimo atto di ascesi, abbandona a s stesso il mondo di cui si fatto Signore. Esso diventa cos un mondo di potenze allo stato libero, non sottomesse a nessuna legge a priori, ma solo a quelle che eventualmente derivano dal loro libero interagire. L'Evola del II periodo filosofico s'accorge che non affatto necessario aspettare l'esito della lunga ascesi dell'Individuo Assoluto per

pervenire ad una simile situazione, ma che essa si pu assumere proprio come la situazione strutturale soggiacente alla realt abituale. E' ovvio che una filosofia che ammetta, a fondamento della realt, un insieme di potenze allo stato libero non pu descrivere partitamente la realt medesima, perch questa, dipendendo dal libero interagire di quelle potenze, lungi dall'essere deterministica e prevedibile. Si pu perci descrivere solo nelle sue linee generali, cosa che Evola fece nei saggi "La via della realizzazione di s secondo i misteri di Mitra" (Ultra, 1926 - riprodotto oltre, in questo stesso Quaderno) e "Il valore dell'occultismo nella cultura contemporanea" (Bilychnis, 1927, parzialmente riprodotto nel Quaderno Appunti sul Logos ). Per quanto riguarda la sua filosofia precedente, probabilmente riteneva in buona parte ancora valida la III parte della Fenomenologia (Epoca della Dominazione), descrivente l'iter magico che egli, essendo una delle succitate potenze, si era liberamente scelto. Prova ne che sulla rivista Krur, nel pubblicizzare l'uscita tardiva della Teoria e Fenomenologia dell'Individuo Assoluto, Evola propose ai suoi lettori proprio passi della III parte della Fenomenologia. Nei due citati brevi saggi, Evola fece uso del termine "potenza" non tanto in senso aristotelico (cio come correlativo al termine "atto"), quanto nel senso molto pi generale in uso nello Shakti-Tantra. A rigor di termini, tutte le potenze allo stato libero, in quanto tali, sono "motori immobili", un po' come, nel sistema Samkhya, possono dirsi cos tutti i Purusha, in virt della loro attivit non agente, esercitata contemporaneamente sulla Prakriti, che va cos a costituire il loro "campo" di interazione. Tuttavia, dal suo punto di vista aristocratico, Evola va particolarmente ad evidenziare quelle potenze che sono riuscite ad organizzare sotto di s altre potenze, le quali hanno perci momentaneamente rinunciato ad utilizzare la pienezza della loro libert, a vantaggio dell'organizzazione. Sono proprio le potenze "organizzatrici" a rassomigliare concettualmente di pi ai motori immobili aristotelici, che vanno a determinare, come si sa, il "moto" di intere "sfere" di esistenza. Evola non presenta mai questa nuova fase del suo pensiero come una "filosofia", per evitare che il termine possa esser inteso in senso profano. Tuttavia, evidenziato che si tratta piuttosto di un "darshana" (cio un "punto di vista") in senso tradizionale, riteniamo non ci sia nulla di male ad usare il termine filosofia, altrimenti si disorientano gli studiosi di Evola, che hanno tutto il diritto di chiedersi che visione complessiva del mondo egli avesse, una volta superata la fase della Teoria e Fenomenologia dell'Individuo Assoluto. N.D.U.: In effetti, tenendo presente l'uso del tutto generale che Evola fa, in quegli scritti, del termine potenza, la sua "seconda filosofia" pu considerarsi una variante del Samkhya, il pi antico darshana dell'India ed uno dei pochi che chiarisca come, nell'unit della Realt Globale, tutti gli esseri senzienti possano esistere tra loro "fusi ma non confusi". L'elemento che li unifica e che, pur assumendo varia forma (Forma Formata), comune a tutti la sostanza o natura (Prakriti). Giustamente il Samkhya afferma che essa una sola e che unifica tutti i mondi. Del resto, gi a livello fisico, la funzione unificante della sostanza (che a tale livello comunemente chiamiamo materia-energia) permeante tutti i corpi animati e inanimati a ognuno evidente. L'elemento personale che distingue gli esseri senzienti invece la Forma Formans (Purusha), cio quella libera Attivit di Coscienza che, proprio mentre conosce, va a perturbare, a "dare forma" alla sostanza. Il fatto che l'atto di coscienza perturbi e dia forma alla sostanza riconnette il Samkhya da un lato all'Idealismo magico (chiarisce cio come un atto di coscienza possa avere un effetto magico) e dall'altro con la Fisica ultima, la quale afferma che l'osservatore, per quanto possa sforzarsi di minimizzare tale conseguenza, inevitabilmente influenza la cosa, l'evento o l'esperimento che osserva. Le combinazioni di tali perturbazioni (nostre e altrui) noi li chiamiamo "eventi" e il loro avvicendarsi "divenire". Correttamente il Samkhya assume che i Purusha siano molti. Se non fosse cos, se Purusha fosse uno solo, allora tutti gli esseri si troverebbero contemporaneamente nel medesimo stato: tutti insipienti o tutti illuminati, tutti uomini o tutti dei etc.; anzi, pi probabilmente, non esisterebbe neppure una pluralit di individui. In un sistema filosofico che erroneamente unisca gli enti, non solo dal lato della sostanza, ma anche da quello della forma, gli esseri senzienti si troverebero ad essere "fusi", ma a tal punto

da essere anche irrimediabilmente "confusi". Questa "notte in cui tutte le vacche sono nere" viene sovente chiamata panteismo. Suggeriamo invece di chiamarla, con pi precisione, "panteismo confuso". Il termine panteismo, in s stesso, significa semplicemente che "Tutto Divinit" e ci ineccepibile, essendo la Divinit per l'appunto la Realt Globale. Ma il panteismo pu essere "organico", se ammette come abbiamo visto che gli enti si distinguano dal lato formale e che, sempre da tale lato, siano centri di libert; "confuso", invece, se non ammette tale distinzione o se la ritiene illusoria o infine se, pur ammettendola, non ritiene la Forma Formans "libera" (da leggi sia esterne, sia interne) ma la ritiene solo "spontanea" (e perci obbediente ad una legge a lei interna) o addirittura "necessitata" (obbediente ad una superiore legge esterna). Erroneo appunto solo il "panteismo confuso", nelle variet indicate. Lo stesso "materialismo" un "panteismo confuso", che riduce inoltre la Divinit a materia. Sul "panteismo organico" non c', invece, alcunch da eccepire (1). (1) Ci che qui viene chiamato "panteismo organico" corrisponde alle visioni del mondo che P.M.Schepis definisce "panteismo eternalista" e "panenteismo pluralista". Il termine "panteismo confuso" corrisponde invece, nella pi articolata classificazione di Schepis, al "panteismo nichilista" e al "panenteismo monista". EA: Il Rituale Mithriaco del "Gran Papiro Magico di Parigi", cos come compare nel I v. di Introduzione alla Magia, una traduzione dal greco di Luce, con commento di Ea, Leo, Luce e Pietro Negri. Si tratta perci di una monografia realizzata collettivamente. Tale lavoro, con ogni probabilit, inizi prima della nascita del Gruppo di Ur, sia per il notevole tempo che certamente richiese, sia perch Evola pubblic, nel n 3 del 1926 della rivista Ultra, il saggio "La via della realizzazione di s secondo i misteri di Mithra", che pu essere considerato una introduzione a quel rituale. Si pu ritenere inoltre probabile che tale lavoro collettivo sia stato uno degli incentivi alla fondazione del gruppo stesso. Quel che segue il predetto saggio di Evola, interessante anche perch in essa si trova descritta, con parole quasi identiche, quella nuova visione magico-filosofica del mondo, che abbiamo definito "II filosofia di Evola" e che si pu trovare anche nell'altro e successivo saggio del medesimo autore "Il valore dell'occultismo nella cultura contemporanea". C3.2) LA VIA DELLA REALIZZAZIONE DI SE' SECONDO I MISTERI DI MITHRA di J.Evola Esiste un livello da cui risulta per evidenza immediata che i miti misteriosofici sono, essenzialmente, trascrizioni allusive di una serie di stati di coscienza lungo la via della autorealizzazione. Le varie gesta e le varie vicende degli eroi mitici non sono finzioni poetiche, ma delle realt - sono atti ben determinati dell'essere interiore che lampeggiano uniformemente in chiunque volga verso la direzione dell'iniziazione, verso la direzione, cio, di un compimento di l dallo stato umano di esistenza. Non si tratta affatto di idee allegorizzate, ma di esperienze: l'interpretazione allegorico-filosofica dei miti soltanto essa allegoria, e non meno esteriore di quella naturalistica e antropomorfica. Ci comporta che in tanto si pu giungere a cogliere qualcosa di essenziale in tali materie, in quanto di codeste esperienze si sappia gi qualcosa per conto proprio. Altrimenti la porta resta inesorabilmente chiusa. Ci valga anche per quel po' che ora vogliamo dire intorno al senso interno del mito di Mithra (1). I misteri mithriaci ci portano in seno alla grande tradizione magica occidentale - ad un mondo che tutto di affermazione, tutto di luce e di grandezza, di una spiritualit che regalit e di una regalit che spiritualit ad un mondo in cui tutto ci che fuga dal reale, ascesi, mortificazione in umilt e devozione, pallida rinuncia e astrazione contemplativa, non trova pi alcun posto. E' la via dell'azione, della potenza solare, della spirituale denominazione, opposta sia all'atono sognante universalismo orientale, che al sentimentalismo e al moralismo cristiano. Soltanto ad un "uomo" - detto - dato procedere sur una tale via: dalla "forza taurina" ogni "donna" non saprebbe che esser arsa e spezzata (2)- lo splendore dell'Hvareno , dell'aureola radiante e gloriosa mithriaca. non fiorisce che da una tensione spaventevole, non corona che

l'aquila - l'animale che ha saputo "fissare" il Sole. (1) La materia del mito di Mithra l'abbiamo rigorosamente rilevata da F. CUMONT: Les mystres de Mithra, e Textes et Monuments figurs relatifs aux mystres de Mithra, 2 voll. - in connessione al rituale mithriaco pubblicato in tedesco da A. DlETRICH (Eine mithrasliturgie; Leipzig, 1903) e in inglese da G. R. S. MEAD (A mithriac Ritual; Landon a. Benares, 1907). (2) Cos come possono esistere forme iniziatiche specificamente femminili ed altre adatte alla struttura sottile di entrambi i sessi, l'iniziazione mithriaca viene indicata come specificamente maschile. Tuttavia ci che viene detto nel seguito ugualmente utile anche alle iniziate di sesso femminile, dal momento che molti dei temi trattati sono comuni a tutti i tipi di iniziazione. Simbolo di colui che volge lungo una tale via, Mithra dal mito viene concepito come l'originaria luce celeste che si manifesta come un "Dio nascente dalla pietra" (thes ek ptras, to petrogens Mithra). E' sulla riva di un fiume che egli si svincola dall' oscuro minerale, vibrando in alto una lama e una face che gi lo avevano assistito nel grembo materno. Nascita ;miracolosa, avvertita soltanto da "pastori" nascosti sull'alto dei " monti ". Noi qui abbiamo un sistema di simboli concernenti ci che si pu chiamare la fase di iniziazione in senso stretto. Quella" luc:e" celeste che era vita degli uomini e che gli uomini non hanno compresa (Ev. Giov. I, 4-5), si riaccende in colui che, strappandosi dal "Dio della Terra ", resistendo all'impeto delle" acque ", ha la sua prima nascita in ispirito. Una attivit torbida, sconvolta, voraginosa, un andare cieco, una brama radicale che spinge sempre pi in l in destino di rinascite sempre diverse nella lor identica inconsistenza e caducit, una vita che ha fuori di s il proprio principio e tratta da questo e da quello va in eterna vicenda di sete e di disgusto - tale il principio che regge la vita degli umani, tale la materia da cui essi traggono l'effimero loro essere, le loro luci, le loro certezze: A questa vitalit selvaggia e sconvolta, generatrice, e divoratrice delle sue forze in radicale contingenza, nota in Oriente come tanha (buddismo), samsara (upanishad), maya-akti (tantra), in Occidente come Jaldabaot, principio" lunare" o "serpentino ", Venere terrestre, Anima e Luce astrale, corrisponde il simbolo delle" acque" sul lembo delle quali nasce Mithra. Un iniziato uno che, "salvato dalle acque" (cfr. la connessione di questo simbolo alla leggenda di Mos), "cammina sulle acque" (donde il senso esoterico del noto" prodigio" cristico) - un Io cio che ha saputo assumere la totalit della vita di brama e di deficienza che urge in lui per potergli resistere, per potergli dire NO, infrangerne la legge ed organizzarsi di l da essa - l dove per gli esseri del mondo sublunare (espressione, anche questa, simbolica - v. d. degli esseri che stanno sotto il principio umido, che ne sono dominati) non vi saprebbe essere che morte, annichilimento, riassorbimento. Dunque: come un lasciare una sponda - su di essa si svolge la vita degli uomini con tutte le sue miserie e le sue grandezze - affrontare la corrente che sempre pi si fa travolgente sino al limite del filone centrale (fase di preparazione, lasciata, in massima. alla sola iniziativa dell'iniziando), passare questo limite e volger quindi verso l'altra sponda. Su di questa avviene la nascita di un nuovo essere - dell'essere spirituale, di Mithra, il Fanciullo divino. La "pietra ", che gli da matrice, un simbolo per il corpo. Il corpo il substrato della brama cosmica, ci che soggiace al principio umido; e alle" acque" soggiace dunque anche l'insieme di. quegli stati e di quelle facolt degli uomini - siano pur esse chiamate" spirituali " o meno - che in un substrato corporeo hanno la loro condizione o l'imprescindibile lor correlato. Iniziarsi, svincolarsi dalla" pietra ", realizzare uno stato di coscienza non pi condizionato dalla connessione al veicolo corporeo. Le varie vicende a cui ora, seguendo il mito, alluderemo, sono del pari esperienze extracorporee, realizzate in uno stato speciale provocato da pratiche, su cui qui non il caso di fermarsi. Pertanto all'espressione" Thos ek ptras" nella tradizione magica si connette un secondo significato. Nel precipitarsi di ci che "luce celeste " nella prigione della tenebrosa" terra" non si ha soltanto un processo degradativo, negativo: un tale precipitarsi anche un individuarsi, un attuarsi. L'organizzazione corporea segno di un certo nucleo di potenza qualificata, e l'iniziazione magica non consiste nel disciogliere un tale nucleo nell'indistinta fluttuazione della

vita universale, sibbene nel potenziarlo, nell'integrarlo, nel portarlo non indietro, ma innanzi. Per essa lo spirito non un "altro ", ma qualcosa di immanente, qualcosa che va tratto dal fondo della stessa concreta realt umana (la " pietra ") che non per grazia ma ner natura divina. Donde l'espressione di "pietra generatrice" (correlativa alla" materia della Grande Opera ") e :l'attributo di " petrogens" (nato da nietra) data all'Uomo-dio: Mithra non scende dal Cielo, si trae invece dalla Terra. Quanto al1a " nudit" del fanciullo divino, essa un simbolo complementare a quello del" salvarsi dalle acque " e dal" trarsi fuor dalla pietra" e, connesso agli altri del "gittar via le vesti" e del" lavarsi ", ricorrentissimo nell'esoterica di ogni luogo e di ogni tempo. L'esser "nudo" equivale all'esser puro e puro qui significa esser da s, sussistere in una sufficienza distaccata da mtto. Con particolare riferimento alla volont, la volont impura la volont pre-occupata, quella che non si determina che in funzione di questo e di quello - oggetto, scopo, ragione o passione che sia. in genere: di un "perch" - in quanto non capace di andare innanzi da s, di volersi in e per s stessa, in pura iniziativa. Questa seconda pura forma, - sarebbe il nishakma-karma opposta dagli Indiani al sakma-karma o azione voluta per i suoi frutti - in Occidente compresa sotto il simbolo della " Verg:ine "; della Vergine che tiene sotto il suo piede il "Serpente " e la " Luna " (due simboli per le "acque") e che per " immacolata concezione" d alla luce il fanciullo divino. Da una tale purificata volont, da una tale volont svincolata, fatta soltanto di atto epper " vergine. chiusa ad ogni altro scaturisce infatti l'autozoon, quella vita che, essendo da s stessa, sussiste di l dalla contingenza della natura mortale. IL rituale mithriaco narra appunto di un "sussistere della potenza dell'anima in pura purit " - che crea un nuovo nucleo di l dalle" acque ", che accresce in un nuovo ente il mondo di l dall' umano, di l da spazio e tempo. Tale miracolosa nascita avvertita soltanto da " pastori" nascosti - abbiamo detto - sulla" montagna ", simbolo alludente a quelle superiori entit snirituali che invisibilmente comandano e dirigono le grandi correnti delle " acque ", cio le forze storiche e sociali, le tradizioni,. le credenze, l' insieme psichico collettivo da cui - a m di gregge - sono dominati gli esseri passivi del mondo sublunare. Anche la " Montagna" simbolica, simbolica di un particolare stato di coscienza metafisica che echeggia nei vari " Sermoni deltla Montagna". Ma affinch il nuovo essere possa pervenire a virilit, deve procedere in nuove prove, prove aspre in cui vi pu essere vittoria cos come vi pu essere catastrofe. Superiore al mondo delle nature inferiori, Mithra deve conquistare la sua superiorit anche sul mondo delle nature spirituali che lo stato extracorporeo gli dischiude. Di l delle" acque" - continua il mito - un " vento" furioso investe e flagella la sua nudit, mentre sente sorgergli d'intorno la " presenza" di potenze terribili. Ma eg:li volge dritto verso un " albero ", ne spicca e mangia i frutti mentre delle foglie si fa un " vestimento" ed allora si erge in piedi, pronto a misurarsi con i signori di quel mondo meraviglioso in cui penetrato. Noi abbiamo dunque una serie di particolari atti di coscienza attratti, per cos dire. dalla " nudit ", dall'elemento di volont allo stato libero realizzato. Il " vento" allude ad una esperienza tanto caratteristica, quanto difficile a comunicarsi. Se ne pu dare una sugg:estione al modo seguente. Ouando si dice: "Io amo, io odio. etc.". ci si presume una propriet affatto fantastica. I sentimenti. nella loro essenza, sono qualosa di universale, di cosmico. che si attua nei vari esseri allo stesso modo che il fuoco quando i determinismi della combustione siano presenti. Non si dovrebbe dire: " Io amo" sibbene: " L'amore ama in me " e la volgare personalit effettivamente non nulla pi che un risultato dell'intreccio dinamico di tali forze non-individuali. e priva, come risultato, di un vero essere a s, in alcun modo nu attribuirsele. Quando sotto l'ignis essentiae - che il fuoco dell'iniziazione come anche la vampa della morte (1) - questo composto si dissolve ( la fase che gli alchimisti chiamano putrefazione, calcinazione, mortificazione, ecc., fase che appunto discioglie dalla" pietra ") e pur sussiste qualcosa (una identit di coscienza, il "grano d'Oro incorruttibile" la chiamano gli alchimisti) ad un tale elemento, dette potenze di sentimento si liberano dal loro mondo fenomenico, particolare e psicolog:ico secondo cui gli uomini le sperimentano e si rivelano nella loro vera natura di forze cosmiche. Ma di contro ad esse ora ci si trova cos impotenti, quanto lo un essere fisico di contro agli elementi scatenati della natura - oceano, folgore, cataclisma.

(1) L'iniziazione, si pu dire, non consiste in altro che in una assunzione attiva di quel processo che negli esseri comuni produce la morte: la potenza di determinare la morte, passarle attraverso, riaffermarsi al di l da' essa. In APULEIO (Met., II, 21) si trova appunto detto che l' "iniziazione 'Viene celebrata a guisa di una morte volontaria ". Nella sua nudit l'iniziato percorso da queste forze in esasperate risuonanze che ne riprendono e trasportano sino al pi profondo l'essere interiore - e non pu far nulla, deve restar fermo, senza un movimento, senza una reazione, ch da essa egli, sarebbe subito travolto. Ci per il " vento ", vento nel cui grembo, secondo l'ermetica Tabula smaragdina, portato il "Telesma ", il, principio destinato a raccogliere in s le potenze di tutte le cose, inferiori e superiori. Questa prova - ci che alcune scuole esoteriche cristiane nascondono sotto -il simbolo della" flagellazione" - costituisce a Mithra una durezza, una. forza di infrangibilit senza la quale la nuova esperienza che lo attende gli riuscirebbe fatale. Questa prova chiede nulla meno che un capovolgimento nell'affermativo di ci che il mito biblico del peccato originale. L'Io osa far violenza all'" albero della vita", spogliarlo, cibarsi dei suoi frutti. Egli abbastanza forte per strappare all'universale un quantum di potenza cosmica e di dominarla sotto il punto che ha saputo resistere all'" acqua" e al "vento ". E' il senso come di un atto assoluto, di un lanciarsi di l da s che crea un vuoto in cui immediatamente si precipita una potenza che avvolge, di una veste di fiamma, la nudit capace di un simile ardire. Ci, in varie tradizioni, chiamato la " proiezione del Fuoco ", atto eminentemente positivo che attrae un negativo, una" discesa femminile" (1) che si fa la " veste di potere" del nucleo; il quale in ci acquista un organo di manifestazione e di proiezione che cos necessario per sussistere nel sovrasensibile, quanto il veicolo fisico per la vita. sensibile. Pertanto il potere che si precipita ha bisogno di un centro, e chi non sa offrirglielo avendolo evocato, ne travolto. La "caduta" si riferisce precisamente a questo punto. E' il venir meno all'atto onde si "fatta violenza al Regno dei Cieli" e al "Fato ", onde ci si appropriati della Vita, l'essere presi da un terrore. da cui immediatamente si travolti e spezzati (2). Tale la catastrofe, la possibilit negativa. Ma altri sono invece sufficienti al proprio atto. Essi infrangono la maledizione, assumono su s il potere, lo mantengono, lo dominano. Lungi dal " cadere ", essi allora "rinascono in potenza , nella "forza forte delle forze ", nell' incorruttibile Destra . Mithra fra essi: non solo non soggiage alla legge, ma dal suo atto trae la forza di volgersi contro colui che l'impone, per a lui imporre la propria. Qui il carattere specifico delle iniziazioni magiche risulta in modo particolarmente distinto. (1) Qui va fatto presente che nelle tradimoni iniziatiche la potenza in senso stretto (akti) intesa come una passivit strumentale quindi come un negativo e un femminile rispetto a cui il positivo e il maschile il motore immobile, colui che comanda senza muoversi, per atto di immateriale iniziativa, di pura determinazione spirituale. {2) Per lo sviluppo del mito della caduta in connessione alla via di Dioniso, cfr. J. EVOLA: L'individuo e il divenire del mondo, II, Roma 1926. Effettivamente vi tutto un gruppo di scuole che pi che esoteriche potremmo chiamare mistiche, le quali tendono essenzialmente a risolvere l'individuale in un non-individuale, sia esso una indifferenziata infinit - quale il nirguna-brahman vedantino - sia esso un ordine o armonia trascendente. Disciogliere il centro dell'Io in questo non-individuale " come un grano di sale in oceano di acqua ", la mira di tali tendenze, per le quali dunque qualsiasi concetto di affermazione, di lotta e subordinazione nel campo spirituale non ha alcun senso. Invece la tradizione magica in quanto tiene fermo - sia pure in un significato che non ha nulla a che fare con quello proprio all'ambito fisico e personale - il punto dell'individuo, di una centralit affermativa sussistente di l da ogni" dissoluzione ", concepisce il mondo dello spirito in modo affatto diverso. Un tale mondo le si rivela null'affatto come il regno dell'ordine idilliaco e dell'indifferenziata universalit, sibbene come un insieme di potenze allo stato libero, nude, voraginose potenze beate e terribili

ad un tempo, riprese in un gioco di tensioni, rispetto a cui tutto ci che gli uomini conoscono come lotta non che un pallido e cadaverico riflesso. Ognuna di tali entit in tanto , in tanto mantiene la propria individualit, in quanto sa resistere alle altre, che tenderebbero ad attrarla ed organizzarla sotto di s. Mondo allo stato libero, mondo non retto da alcun piano provvidenziale, da alcuna legge di ordine data a priori che le varie forze andrebbero semplicemente ad eseguire, ch invece ci che sta prima sono questi poteri, ed ogni legge ed ogni ordine nulla pi che un prodotto di organizzazione, nulla pi che il segno di un potere pi vasto che riuscito a travolgere, riprendere ed unificare altri sotto di s, riducendo cos l'originario caos delle forze molteplici e lottanti. Diciamo pertanto che la lotta qui ha tutt'un altro carattere che quella propria al campo materiale: violenza distruttiva, odio, volont nel senso, dir cos, muscolare del termine, non vi hanno alcun luogo. E' invece come un mettersi faccia a faccia di "presenze ", un incontrarsi di gradi di essere, di "quanta" di intensit. Nessuna potenza vuole, in senso stretto, travolgere e dominare le altre, ma ci procede in via naturale, in virt del pi alto grado di essere che gli proprio, il quale vortice voraginoso in cui irresistibilmente sono attratte, riprese e subordinate le potenze minori che con essa si mettano in rapporto. Vincere, cio mantenere la propria autonomia, qui vuol dire resistere. Ci che investe un ente e non riesce a travolgerlo, da esso fatalmente travolto e ripreso nella sua legge. Non vi divario in questo mondo materiato di tensione: non subordinare essere subordinato. Si comprende allora il detto, che legge dei cosidetti " maestri", non rivelarsi agli uomini; si comprende ci che nel lato esteriore di sacerdoti dei misteri, di " Re dei Boschi ", la cui digniti non era confermata che dal trionfare su chiunque li sfidasse alla lotta o cercasse di sorprenderli, ha dato al Frazer la materia per la sua opera principale; si comprende ancora la strana affermazione, che il discepolo che riesce" uccide" il maestro, e, infine, il concetto orientale che gli " dei " sono i nemici dello yogin. Nella via " lunare " o isiaca quistione di rendersi strumenti obbedienti delle superiori entit; nella via magica, " solare " ammonica invece quistione di mantenere il proprio essere di fronte ad esse, ma ci non possibile che a patto di vincerle, di strappare loro il quantum di fato che esse reggono, per assumere su s, come su di una pi vasta consistenza, il peso e la responsabilit. Ecco dunque che si schiudono le porte e tutt'intorno lampeggia il regno di " coloro che sono", delle potenze terribili che fissano il nuovo venuto, quasi pesi immani in imminenza di precipitazione. Di l da tutto, il Sole, l'Eone fiammeggiante: un attimo estremo, che crea intorno a s il silenzio, il deserto, il terrore delle grandi catastrofi e dei grandi sacrilegi. Mithra resiste, fissa il gran dio, non pi prega - comanda, ed ecco che l'altro cede, ecco che chiede a lui investitura e patto di amicizia. In questo apice si chiude la prima grande fase dell'iniziazione: un essere si creato pi forte della natura, pi forte degli dei, un essere che sta di l dallo stato di nascita e morte. *** Si gi detto che quanto precede corrisponde ad una serie di realizzazioni avvenenti fuori dal corpo: o direttamente, ovvero per induzione nell'iniziando di particolari stati di coscienza da parte di persona che abbia potere a ci (lo jerofante dei misteri), stati che gli pongono come un problema e una prova che egli deve risolvere con un determinato atto dell'essere spirituale. Ora, nei misteri mithriaci, si ha una realizzazione ulteriore, il cui correlato il mito dell'uccisione del toro. Il compito il seguente: riaffermare l'apice solare e regale, realizzato in sede extracorporea, sul corpo stesso, sull'oscura " pietra" lasciata gi in tutta questa fase. E' con la potenza selvaggia ed indomita della vita, simboleggiata dal " toro ", che ora Mithra deve mettersi in contatto a fine di soggiogarla. Si entra in un ordine di pratiche che investono il corpo stesso, che tendono a trasformare essenzialmente il rapporto con cui la radice profonda di questo sta, in via normale,

all'Io. Qui non il luogo di parlare dei metodi usati a questo scopo, metodi che vanno dall'assunzione esclusiva del fuoco di concentrazione mentale al congruo sfruttamento di traumi psichici, quali quelli propri, p. es., alla sofferenza e all'eccitazione sessuale. Le scuole indiane si incentrano particolarmente su pratiche appoggiate al respiro, e poich il rituale pubblicato dal Dieterich ce le mostra altres in atto nella teurgia mithriaca, su di esse daremo un cenno, pur avvertendo che si tratta di pratiche che riescono o affatto infruttuose, o estremamente pericolose per chi non si sia gi fatto sufficiente alla serie di esperienze sopra descritta. Mithra guata il "toro ". Ecco che di colpo gli balza addosso e lo inforca, tenendosi fermo alle corna. Il quadrupede, preso il galoppo, ha un bel trasportare il suo cavaliere in una corsa furibonda: questi non lascia la presa e "si lascia trasportare" sospeso alle corna dell'animale che, ben presto spossato, deve lasciarsi prendere proprio nell'antro che aveva lasciato. Il Dio lo tiene " fermo" e, in nome del Sole, lo finisce con un colpo di pugnale. Abbiamo gi detto che il toro rappresenta la forza elementare della vita: esso si identifica al "Drago Verde" alchemico, alla kundalinl tantrica, al "Dragone" taoistico. In rapporto alle pratiche respiratorie, il prana, cio il respiro assunto nel suo lato" sottile" e " luminoso" che sta al soffio materiale come anima a corpo. Questa vita per sua natura sfuggente, incoercibile: l'inquieto " mercurio ", il "volatile ", l'uccello (l'uccello hamsah dei testi indiani, ove ham e sah sono appunto i "suoni" di inspiro ed espiro) che l'iniziato deve " cavalcare " e "fissare ". Un cenno di pratica il seguente: Assumere a fondo la funzione del respiro, perdervisi tutto secondo un perdersi che ad un tempo sia un volerla assolutamente. Poi, con intrepidezza, lasciarsi andare, sprofondarsi. Il "Dragone" spicca il volo. Il respiro secondo le scienze iniziatiche ha quattro aspetti: uno materiale (sthula) connesso allo stato di veglia e alle facolt cerebro-psicologiche; uno sottile luminoso (sukshma) connesso allo stato di sogno e al sistema nervoso, uno causante igneo (krana) connesso allo stato di sonno profondo e al sistema sanguigno, ed infine un ultimo, dai testi indiani detto turiya (il quarto) connesso ad uno stato speciale manifestantesi in forma di stato catalettico o di morte apparente, al sistema osseo e alla funzione di generazione. Mithra che, afferrato il "toro ", si "lascia trasportare" nella corsa senza lasciare la presa, simbolico dell'Io che nello sprofondare attraversa questi stadi superando i "punti neutri" che li separano, a partire dal primo dei quali l'uomo volgare perde invece coscienza (nell'addormentarsi). Il toro si arrende quando vi tanta intrepidezza e sottile forza di sussistere, da spingere lo sprofondamento sino al quarto stadio (1): l la radice della vita animale afferrata, fermata, il " mercurio" fissato, congelato - ed avviene l'uccisione del " toro ": per un ultimo gesto essa tratta via da ogni appoggio, sospesa, spezzata, arsa. Ma ecco che in questo punto supremo si opera una trasformazione miracolosa. Dal profondo, erompe fulmineamente una vita fiammeggiante, divina, vorticosa. Essa irrompe per tutto il corpo lampeggiando e tutto lo trasfigura, tutto lo ricrea ab imo in un ente di pura attivit, in una gloria, in uno splendore immortale. E' il " radiante ", l'augoeides, l'Hvareno, il " vajra ", il " Do-rje ", nomi diversi di diverse tradizioni d'Oriente e d'Occidente per una unica cosa: questa natura fatta di diamante e di folgore irresistibile, risoluzione immortale della privazione mortale. Non sgorga dunque sangue dalla ferita del toro, ma grano, " pane di vita " in fons perennis che il deserto d'intorno popola del miracolo di tutta una nuova "vegetazione". Tuttavia resta ancora un ostacolo: delle frotte di animali immondi si lanciano sul toro morente a berne il sangue e morderne i genitali, cos che la fonte di vita ne sia avvelenata. E' l'ultimo episodio, il cui significato il seguente: la forza prodigiosa, sovrumana, la kundalini svegliata al punto dell'uccisione dell'animale, si detto che immediatamente inonda tutti i principi e le funzioni che reggono l'essere corporeo. Ora quando il processo non sia stato condotto cos che tutti questi elementi risultino gi purificati, organizzati e dominati in unit, avviene che essi si scatenano ed assorbono e trasformano in loro favore quella superiore potenza che doveva invece trasformarli in funzioni di un corpo spirituale. Ne segue cio una terribile ricaduta, uno sprigionarsi, una tempesta indomabile di forze della vita animale ed emotiva straordinariamente esaltate. Tale, l'oscurarsi del cielo e la " procella" e il " diluvio" che, in testi alchemici e taoistici, detto poter seguire il bere quel "latte di Vergine" che il ," sangue del Dragone "; tale, altres, nel mito mithriaco, l'accorsa degli animali immondi sul cadavere del toro. Esperienza che difficilmente saprebbe venir eliminata del tutto, in ci si ha l'ultima prova. Ma

ecco che, di l da essa, il cielo di nuovo si riapre, il miracolo si continua. Gli ultimi oscuri ostacoli sono travolti nella marea di luce e di suono che ascende vorticosa, accendendo ci che dorme oscurato, sepolto, contratto sotto specie di organi corporei, in gesti, in folgorazioni di potenza, in illuminazioni cosmiche: l'ascesa dell'uomo-dio nelle sfere celesti, nella gerarchia dei " sette pianeti" per cui tutta l'esteriorit delle cose di natura impallidisce, si estenua, si fa interiormente luminosa, arde infine. Tutto si anima, tutto si desta e "rinasce da dentro" tutto si fa simbolo, significato, luce, spirito di un corpo immenso, eterno, vertiginoso, in una pienezza che si d a s medesima e trabocca in esultanza. Di l dalla settima sfera, l'eccesso: ci "in cui non vi pi n un qui, n un non-qui, che calma ed illuminazione e solitudine come in un oceano infinito ". E' il grado di "Padre" di l da quello dell' Aquila, il vertice, il substrato del mondo voraginoso, scatenato, fiammeggiante delle potenze. (1) La "caverna" in cui il ," toro" si rifugia alla fine della sua corsa, corrisponde all'alchemico "antro del mercurio" e consiste in un centro sottile del corpo posto in corrispondenza al plesso basale, chiamato dagli Orientali muladhara e da essi connesso appunto al " tattva" della " terra ". *** Tale la via, tale la possibilit dell'uomo secondo la Sapieza mithriaca, secondo quella sapienza che contro il cristianesimo si disput il retaggio dell'Occidente romano. Respinta e travolta nel piano pi esteriore, l'efficienza della sapienza dei misteri si conserv in una occulta tradizione e in sottile, invisibile influenza oper sulle grandi correnti storiche d'Occidente. Ed oggi, di nuovo, di l dal mondo che la scienza ha liberato e la filosofia interiorato, riaffiora; riaffiora in conati ancora confusi, in esseri spezzati sotto una verit che, troppo forte per loro, altri sapranno assumere ed affermare; affiora in un Nietzsche, in un Weininger, in un Braun (1), affiora al limite dell'ultimo idealismo, affiora in noi.- nella nostra volont d'infinito, nel nostro solo valore: una vita solare e regale, una vita di luce, di libert, di potenza. (1) Si veda "Esigenze contemporanee verso l'idealismo magico", contenuto in: J.Evola, Saggi sull'Idealismo Magico, 1925. ***

C3.3) Il superamento del solipsismo nella II filosofia di Evola


EA: Ci che non poteva reggere, a contatto con l'occultismo vero, era soprattutto il solipsismo evoliano: non si trattava pi di sostenere davanti all'uomo comune o a filosofi "superati" l'unicit del suo Io, quale potenziale Individuo Assoluto, ma di farlo di fronte a personalit perfino pi forti della sua e perci con maggior diritto a rivendicare per s quell'ipotetico unico Io. Del resto, l'anti-vedantino Evola sapeva benissimo che, in un contesto per certi versi simile (anche se privo del soggettivismo idealista), il Samkhya e il Buddhismo rifiutarono la teoria di un unico Atma, giacch, tra gli altri difetti, essa non rende conto del perch la realizzazione spirituale sia un fatto individuale. Il silenzioso funerale del solipsismo si ebbe gi nel 1927, nella rivista Ur, quando nel saggio "Come poniamo il problema dell'Immortalit" (in Introd. alla Magia poi divenne "Il problema dell'Immortalit") Evola, pur non rinunciando ad una visione aristocratica degli stati post-mortem, riconobbe alla pluralit degli iniziati la possibilit di accedere a tali stati. All'Io si sostituiva dunque ... il Noi. Tullio Quasimodo: Il solipsismo non una dottrina tradizionale: in Occidente non se ne trova traccia se non in qualche variante dell'idealismo filosofico moderno, che non una dottrina esoterica. In Oriente, tra le dottrine buddhiste si trova l'idealismo vijnanavada (o yogacara), che respinge esplicitamente il solipsismo. Purtroppo l'Evola del periodo filosofico non conosceva

le opere idealiste di Asanga, Vasubandhu, Dharmakirti e della scuola cinese Hwa Yen; e forse egli non le conobbe neppure in epoca successiva, tanto da confondere, in un passo della Dottrina del Risveglio, l'idealismo buddhista con la dialettica buddhista di Nagarjuna (vedi ediz. Scheiwiller 1973, p. 282), che rassomiglia pi allo studio kantiano dei paralogismi della ragione pura, che all'idealismo propriamente detto. Del resto, ne Il Cammino del Cinabro, egli riconosce esplicitamente che la commistione da lui inizialmente tentata tra l'idealismo filosofico occidentale e le dottrine tradizionali si risolveva sostanzialmente in un danno per queste ultime. Non un caso che Evola abbia completamente rifatto opere come L'Uomo come Potenza (divenuto, per sottolineare i cambiamenti, Lo Yoga della Potenza) o come il suo commento a Il Libro della Via e della Virt di Lao Tze. N.D.U.: Aggiungerei che idealismo magico e solipsismo non sono affatto la stessa cosa: si pu benissimo concepire un idealismo pluralistico. L'idealismo magico, in Occidente, si pu far risalire ufficialmente a Novalis e, in Italia, ai primi del Novecento, il termine era gi stato ripreso, prima che da Evola, da Arnaldo Cervesato: n Novalis, n Cervesato erano solipsisti. Il tentativo di integrazione tra idealismo magico e solipsismo si trova nel solo Evola del periodo giovanile. Come ha detto prima Ea, lo stesso Evola, dopo esser entrato in contatto con quegli ambienti tradizionali che caldeggiarono l'esperienza di Ur, sostitu all'Io solipsistico il Noi iniziatico. E ancor meno avrebbe potuto parlare sensatamente di solipsismo, dopo l'incidente subto a Vienna. Come fa chi costretto a ricorrere continuamente all'aiuto altrui negare l'esistenza reale di coloro dai quali, almeno fisicamente, va a dipendere? Quando qualcuno tentato dal solipsismo, dovrebbe riflettere cos: i solipsisti del passato sono morti, eppure il mondo ancora qui. Cosa impossibile se il mondo fosse stato, come essi pretendevano, la "loro" individuale "rappresentazione". Semmai il mondo la "nostra rappresentazione" collettiva. Deo Ame: Qualcuno ha detto "Vale pi uno schiaffo di dieci sermoni". Evola, come risulta dalla sua biografia, ha sempre cercato che "Significato" potesse avere per lui l'incidente di Vienna e, in un suo messaggio. Ea, altrove, ha indicato taluni possibili "significati", che possono aver determinato, tra le altre cose, il suo ritorno alla pittura. Si narra pure che egli ci scherzasse sopra, dicendo che "si era fatto male, giocando con gli Dei". Uno di Essi o il Fato ha voluto confermargli, calcando forse la mano, la poca plausibilit del solipsismo?

C4) Sul valore attuale degli scritti filosofici evoliani


EA: Riguardo ai suoi scritti filosofici, Evola dice ne 'Il Cammino del Cinabro': "Si trattava di una introduzione filosofica ad un mondo non filosofico, la quale poteva avere un significato nei soli rarissimi casi in cui la filosofia ultima avesse dato luogo ad una profonda crisi esistenziale". Rileviamo allora che probabilmente tali scritti oggi sono di qualche utilit, visto che un tipo umano certamente in aumento quello che, a partire da una speculazione astratta, giunge a "vicoli ciechi", che determinano una pi o meno profonda crisi esistenziale. Evola aggiunge: "Ma vi era anche da considerare (e di questo in seguito mi resi sempre pi conto) che i precedenti filosofici, cio l'abito del pensiero astratto discorsivo, rappresentano la qualificazione pi sfavorevole affinch tale crisi potesse essere superata nel senso positivo da me indicato, con un passaggio a discipline realizzatrici". Non contestiamo certo che egli abbia potuto fare questa osservazione su svariati individui , ma riteniamo che essi abbiano in realt bisogno, per superare la crisi, proprio di una esposizione in termini filosofici del compito che li

attende. Partire infatti da ci che loro pi familiare rende visibile quel transito, che altrimenti probabilmente resterebbe loro nascosto. A tal fine possono rivelarsi particolarmente utili soprattutto gli scritti filosofici evoliani, riguardanti quella che egli chiama "l'epoca della dominazione", cio appunto l'epoca magica, di l dalla filosofia e in generale dal pensare soltanto discorsivo. Di questo si accorse lo stesso Evola, accogliendo tra i saggi dell'ultimo numero della rivista Krur, due passi dell'opera 'Fenomenologia dell'Individuo Assoluto', relativi al Signore del Vortice e all'Individuo Assoluto, due degli stati superiori descritti nelle sue opere filosofiche. Epoca della Dominazione Scrive Evola ne "Il Cammino del Cinabro": Cos tutta la terza epoca risponde propriamente al compito dell'Idealismo Magico e abbraccia esperienze in un certo modo trascendenti: veniva dialettizzato e dedotto il contenuto di un insieme di discipline e di esperienze da me raccolte nel mondo dell'ascesi e delle tradizioni sapienziali, iniziatiche e esoteriche. Le articolazioni erano: Prima sezione: esperienza del Fuoco, sofferenza e amore, evocazione dinamica, mondo del Verbo, individuo individuante. seconda sezione: Signore del limite, Signore del vortice, Individuo Assoluto". Ci si pu chiedere se gli stati descritti sono da realizarsi, secondo Evola, nella sequenza in cui egli li presenta. La domanda legittima, perch ne "La Fenomenologia dell'Individuo Assoluto", egli descrive gli stati suddetti collegandoli logicamente l'uno all'altro e presentandoli, momentaneamente, come un superamento l'uno dell'altro. In realt la sequenza proposta solo il modo in cui Evola aveva liberamente deciso di vivere lui quegli stati. Infatti, sempre ne "Il Cammino del Cinabro" dice: "In effetti, se speculativamente le varie forme venivano presentate secondo l'articolazione e la sequenza che qui ho rapidamente accennato, tuttavia all'una e all'altra veniva attribuito un carattere soltanto formale: non si trattava della linea continua di un itinerario pi o meno obbligato, bens di un gruppo di compossibilit, di modi possibili, ognuno irriducibile all'altro e discontinui, di sperimentare il valore e la potenza dell'Individuo Assoluto: per cui in ogni categoria poteva essere racchiuso il tutto, in ognuna l'Individuo Assoluto era presente e intero, come assoluta libert". Da parte nostra, a chi, dopo una prima lettura, volesse effettivamente "studiare" l'Epoca della Dominazione descritta da Evola, consigliamo di "disarticolare" la sua descrizione, studiando quegli stati l'uno indipendentemente dall'altro e in ordine non sequenziale ma casuale, in modo che, saltando le apparenti connessioni logiche, che in realt esprimono solo la volont dell'autore, emerga la "discontinuit" tra essi, o, come dice Evola altrove, "l'intervallo". Evocazione Dinamica Tra gli stati possibili dell'Epoca della Dominazione, visto l'uso frequente dei processi evocatori in magia, esaminiamo per il momento quello che Evola chiama Evocazione Dinamica. Ne "l'Idealismo Magico" lo definisce come lo stato secondo cui "delle varie potenze dei sensi...si fanno organi non pi di ricezione, bens di produzione delle percezioni e, quindi, delle cose". Nella stessa opera per dare un'idea del modus operandi di questa forma attiva di percezione egli fa riferimento alle visualizzazioni imaginative provocate (suggestione) o spontaneee (sogno, allucinazione). Dice della suggestione: "Quando nel fenomeno ipnotico il soggetto sperimenta con una vivezza che in nulla cede, anzi supera quella relativa ad una impressione sensibile ci che gli viene imposto dall'ipnotizzatore, egli fa uso di una potenza attiva di posizione, di un nuovo modo di percepire permeato di libert e producente dall'interno - che precisamente quello che corrisponde all'esigenza di cui sopra". Aggiungiamo noi che, mentre nell'ipnosi l'attivit di posizione libera solo in relazione alle comuni percezioni sensibili, ma ancora asservita alla volont dell'ipnotizzatore, nell'evocazione dinamica , ovviamente, libera anche da questa. Sul sogno Evola aggiunge: "Un altro caso del percepire produttivo dato dal sogno. Senonch la materia del sogno non viene prodotta dall'Io secondo sufficienza: pi che sognare, egli viene sognato. Le cause del sogno infatti sono o ripercussione di stati organici anormali o trascrizioni simboliche di impressioni sensibili o, infine, cos come ha mostrato Freud, creazioni da parte di conati affettivi

subconsci che, semplicemente respinti anzich risolti dall'Io di veglia, si creano nel mondo del sogno la loro soddisfazione a dispetto di questo. La forma attiva di percezione cio nel sogno sfruttata in massima da una vita che, lungi dal rimettersi al valore della libert, rientra in ci che la disciplina preparatoria di purificazione ed emancipazione deve superare". Evola avverte che le analogie con il sogno e la suggestione non devono far pensare che l'evocazione dinamica sbocchi in un mondo irreale. Dice testualmente: "Certamente, pensare a suggestione e pensare ad un regno di illusione per parecchi tutt'uno. Senonch questi non si accorgono che tutto si riduce ad una quistione d'intensit: ch lo stesso mondo sensibile pu venire considerato come una sorta di potente ipnosi cristallizzata e irrigidita e la nota di 'vera' aggiunta al termine 'allucinazione' della famosa definizione del mondo del Taine [la percezione per il Taine una 'allucinazione vera'] pu essere ricondotta al grado di intensit e di relativa persistenza: una realt un'allucinazione potente e costante cos come l'allucinazione una realt debole e sfuggente". Chi si occupato, anche solo a livello teorico, della magia evocatoria, di solito sa che esistono due possibili atteggiamenti rispetto ad essa. Nel primo caso compiuti gli atti rituali (formule evocatorie, gesti rituali etc.) si attende l'apparizione dell'ente "convocato". Nel secondo caso invece, compiuti i medesimi atti (o anche talora facendo a meno di essi) si procede a visualizzare direttamente l'ente da evocare. Chi agisce nella prima maniera, lo fa perch cos legato al comune modo del percepire sensibile, da cercare di riprodurre la medesima passivit delle percezione anche in campo magico; senza rendersi conto che, anche se l'apparizione dell'ente (ammesso che si verifichi) gli sembrer "spontanea", sar in realt l'attivit di posizione dell'Io a farla avvenire. In pratica, in questo primo tipo di magia evocatoria, si riproduce la stessa situazione del sogno, durante il quale l'Io a produrre le immagini, ma ha l'illusione che si producano da sole. A proposito del primo metodo evocatorio, sempre ne "L'Idealismo magico, cos si esprime Evola: "Quanti si occupano di magia, possono facilmente accorgersi, dato che riflettano (il che, a dir vero, solo in casi eccezionali accade), come il suo rgano sia, fondamentalmente, l'imaginazione, come l'insieme del cerimoniale, del rituale, della simbolica, ecc. non sia che una 'mise en scne', basata su profonde leggi della psicologia del subcosciente, atta ad eccitare e rendere energica al massimo grado la potenza dell'imaginazione. Un tale insieme rappresenta cio il succedaneo necessario a chi non sa suscitare mediante una positiva, centrale iniziativa le potenze dell'imaginazione, ma a ci perviene solo indirettamente, per la suggestione di un complesso di elementi estrinseci. Si pensi da quanti fattori instabili (variabili con l'poca, le credenze, l'individuo e lo stato di questo, ecc.) dipenda il fenmeno suggestivo, allora si comprender quanto contingente sia la riuscita della magia cerimoniale e, quindi, come l'assoluta positivit e il sistematico sviluppo di essa sia condizionato dalla riduzione dell'elemento eterosuggestivo a quello autosuggestivo, cio a quello rimettentsi ad una positiva autodeterminazione, a una fede creantesi da s e a s interamente sufficiente. Inoltre l'eterosuggestione, in mssima, si volge a potenze proprie al mondo della persona, cos che nei fenmeni relativi si ha una insuperabile confusione di oggettivo e di meramente fantastico e suscitamenti di forze cieche rispetto alle quali solo in casi eccezionali pu essere realmente mantenuto il punto dell'autarchia. L'esigenza che l'imaginazione deve rendersi detersa e trasparente (il 'traslucido' della Kabbalah) affinch nella sua penetrazione del 'Grande agente mgico' anzich esatti correlativi del mondo oggettivo non ingneri, con l'ostruzione delle sue scorie, stravaganze e fantasticherie, urta contro l'elemento di eterosuggestione proprio alla magia cerimoniale, la quale non si pu rivolgere che all'imaginazione in quanto potenza cieca ed oscura entit dell'affettivo". Il secondo metodo evocatorio invece cos descritto dall'autore ne 'La fenomenologia dell'Individuo Assoluto': "Le potenze eoniche, dormenti sotto specie di varie funzioni corporee, tornano qui ad attuarsi, per non pi in rapporto di semplice identit, sibbene in un rapporto che anche di distinzione e che li fa essere oggettivamente intuibili - ma ci come creature di una possibilit reale e sufficiente. Tale il senso ascoso delle evocazioni magiche e teurgiche; esteriorare creativamente l'interno, rendere in atto i principi cosmici o 'Dei' che sono in potenza nel -o

come- corpo. Ad ogni oggetto corrispondendo un soggetto, ogni oggettivazione o esteriorazione eccita un pi alto, un pi profondo potere dell'Io. Proiettando in una interiore oggettivit la sua dinamicit - facendo cio divenire il mondo elementare - l'Io adunque se ne purifica e, simultaneamente, se ne fa il Signore. La potenza per cui possibile far divenire in una percepibilit, evocare, gli 'Dei' ci stesso che porta l'Io sopra ad essi e gli da la possibilit di comandarli". Coloro i quali non usano questo secondo metodo, generalmente ritengono che le immagini volontariamente create dal mago siano, per ci stesso, irreali, non riuscendo a credere essi a nessun altra realt, se non a quella passivamente percepita. Ne "Lo Yoga della Potenza", citando lo Shricakrasambhara-Tantra, Evola risponde a tale obiezione: "Nel contempo viene detto che il devata creato anche reale, che non bisogna concepire una differenza fra i devata formati dalla mente e i devata esistenti. Ci va inteso nel senso che, sulla base delle leggi di analogia, il processo della visualizzazione e dell'animazione si confonde con quello di una vera e propria evocazione oggettiva: l'imagine creata attrae per similarit un potere che finisce con l'assumerla come corpo di una sua effettiva momentanea manifestazione". In certi casi, tale manifestazione da momentanea pu farsi persistente, come ha descritto Abraxa nel saggio "La magia della creazione" (II vol. di Introduzione alla Magia). In base a quanto detto, un "grimorio" dovr contenere almeno la descrizione delle entit evocabili e possibilmente una loro immagine, da prendere come base per la visualizzazione. Quei grimori che non hanno tali caratteristiche o sono contraffazioni o sono testi mutilati di alcune loro parti. Talvolta stato proprio il ritrovamento di grimori mutili a indurre alcuni a seguire il primo e problematico metodo di evocazione. Evocazione Dinamica e Purificazione della Mente Nel saggio "Della purit come valore metafisico", pubblicato nella rivista Bilychnis del Giugno 1925, Evola riespose sinteticamente i suoi scritti filosofici, ponendosi dal punto di vista della "purit". Egli dichiara: "nell'ambito esoterico il concetto di purificazione non ha assolutamente nulla di moralistico" e aggiunge: "impuro si dir dunque l'atto di quelle potenze che non giungono da s all'attualit, ma a ci sono bisognose del concorso di 'altro' ". In particolare, per quanto riguarda l'impurit della mente, secondo Evola, essa "procede dal carattere passivo della comune percezione, che (dal punto di vista non della gnoseologia, ma delle condizioni empiriche) un ricevere (empfinden), un moto del difuori al didentro secondo la coercizione dall'esterno dell'oggetto sensibile - cos che l'Io non pu non percepire o patire ci che, secondo il vario tempo e il vario luogo, percepisce e patisce". E allora evidente che l'Evocazione Dinamica, della quale abbiamo gi parlato, in quanto moto opposto "del didentro al difuori", costituisce il metodo specificamente adatto alla purificazione della mente, che va, per tal via, ad identificarsi con il nous poietiks aristotelico. Avverte per l'autore: "Vi da notare che un tale percepire positivo non deve essere un'altra facolt limitata all'ordine ideale e giustapposta al percepire materiale, bens la trasformazione e piena risoluzione di questo". Questo dunque il fine ultimo dell'Evocazione Dinamica, da parte di chi ne faccia lo strumento cardine della sua ascesi. Un tale stato (supremo in tale via) equivale alla possibilit di vivere nell'uno o nell'altro dei mondi possibili, dopo averlo convenientemente evocato e a quella di crearne per fini particolari. Si pensi, a tal proposito, ai "paradisi" che, secondo la dottrina buddhista, taluni bodhisattva hanno appositamente creato per facilitare la realizzazione ulteriore di chi vi perviene; e si pensi al mondo creato, in uno degli ultimi romanzi di C.Castaneda, da quel singolare personaggio, chiamato "lo Sfidante della Morte". Tullio Quasimodo: Naturalmente, in testi di natura filosofica, Evola non poteva scendere in maggiori dettagli tecnici, ma lo ha fatto in altre sue opere. L'evocazione di entit, infatti, pu essere "fuori di s" o "in s". Per quanto riguarda l'evocazione fuori di s, ne ha appena parlato Ea. Per quanto concerne invece l'evocazione in s, la si pu considerare come una modellizzazione del proprio Mercurio (ma con possibili effetti anche sull'ente "lunare" e su

quello "saturnio"), che determina in esso particolari caratteristiche, espresse appunto dal "Nome" e dagli altri simboli del Nume considerato, ad es. dall'immagine del Nume, identificata con quella del proprio corpo. Come dice Evola, in riferimento ad analoghe pratiche della tradizione tantrica (Lo yoga della potenza, cap. 8), simili pratiche, se portate all'intensit richiesta per essere operanti, non sono scevre da pericoli, potendo derivarne forme di "invasamento". L'evocazione in s , infatti, del tutto equivalente alla volontaria creazione di ci che, in psicologia, si chiama una "personalit secondaria". L'evocatore fa in modo che questa "personalit" (che ha minori limiti rispetto a quella comune dell'iniziato) compaia a comando (ad es. in seguito a certi precisi atti rituali). Il pericolo dell'invasamento si ha solo nel caso che questa personalit diventi, per cos dire, "autonoma", sfuggendo al dominio dell'iniziato e imponendosi a quella comune in modo incontrollato. Ci avviene in genere in condizioni di coscienza ridotta. E, pur manifestandosi allora non di rado fenomeni fuori dall'ordinario, il soggetto non ricorda nulla dell'accaduto, quando la personalit normale riprende il sopravvento. Se invece tutto va per il verso giusto, l'iniziato assume progressivamente un distaccato controllo tanto della sua personalit comune, tanto di quella "divina" creata artificialmente. Il corpo solare diventa allora il fondamento di tutto il suo essere e quello mercuriale un docile strumento. La tradizione ha sempre fatto distinzione tra le deit di meditazione (come i dhyani-buddha del vajrayana o i 72 angeli della tradizione caldea) dalle entit non umane appartenenti, come l'uomo, al regno del divenire e con le quali l'uomo pu volontariamente o involontariamente entrare in contatto. Per fare un esempio, non esiste Raphael (che archetipo meditativo) ma esistono tuttavia le intelligenze raphaeliche, cio tutti quegli enti, provenienti dal regno umano o meno, che hanno realizzato in s tale archetipo e ne manifestano le caratteristiche. Nel Canone Buddhista sono chiaramente messi in connessione i livelli meditavi raggiunti dal praticante e i mondi celesti cui egli ha accesso. Un dhyani buddha (o un suo equivalente di altre tradizioni) viene di solito prima evocato "davanti a s", secondo istruzioni analoghe a quelle che Luce fornisce in Introd. alla Magia (1), e poi "in s", realizzando cos direttamente le sue caratteristiche. Giustamente quindi Luce dice che non si pu metafisicamente considerare l'evocazione "davanti a s" come definitiva. Come ho accennato sopra, l'evocazione "in s", se realizzata compiutamente, porta l'evocazione "davanti a s" ad una superiore potenza, nel senso che, realizzato un certo stato dell'essere, si in grado di comunicare effettivamente con altre intelligenze che posseggono il medesimo livello. Ritornando all'es. precedente, un meditante che realizzi in s Raphael diventa conseguentemente in grado di entrare in contatto con intelligenze raphaeliche.Tutto ci si pu facilmente spiegare mediante una analogia presa dalla vita comune: si supponga che un fanciullo provi grande ammirazione per certi campioni dello sport da lui preferito; comincia allora a raccogliere fotografie e notizie su di loro e immagina nella sua fantasia di giocare assieme a loro (I stadio: evocazione davanti a s). Poi il fanciullo decide di sottoporsi ad un severo allenamento che gli permetta di acquisire, pur nella specificit del suo fisico, caratteristiche atletiche affini a quelle dei campioni che ammira (II stadio: evocazione in s). Infine proprio grazie alle nuove caratteristiche atletiche e tecniche che ha acquisito pu finalmente giocare assieme ai suoi campioni, questa volta in carne ed ossa (III stadio: evocazione in s e davanti a s contemporanee ed effettive). Da tener presente che l'evocazione dinamica solo uno stadio basilare di una via assolutamente completa e comprendente tutte le operazioni alchimiche, delle quali il corpo sottile, dell' "entit" evocata in s stessi, costituisce l'athanor. (1) Luce, Istruzioni di magia cerimoniale, vol I.

C5) Religioni e Morali nel Pensiero di Pierre Piobb

Sadescan: Nel dibattito Flamines & Pontifices (vedi quaderno Sul Papato) Ekatlos ha scritto: "Perch il Pantheon sia una istituzione stabile ed efficiente occorrono, come nell'antica Roma, pi tipi di sacerdoti: non bastano i Flamines, cio i sacerdoti delle singole divinit, ma sono necessari anche i Pontifices, cio coloro che "creano ponti" tra le varie religioni, armonizzandole ed eliminando gli eccessi incompatibili; individuando poi e assimilando quei culti che, pur nelle diversit di superficie, sono equivalenti tra loro; creando infine un calendario compatibile con i vari riti". Un possibile criterio di assimilazione di culti differenti venne fornito da Pierre Piobb nell'opera "Venere, la Magica Dea della Carne". Il criterio di Piobb concerne l'etica su cui un certo culto fonda la devozione alla propria divinit. L'etica stata spesso indicata sinteticamente sotto forma di elenchi, indicanti una serie di comportamenti (o diritti-doveri) da tenersi nei confronti di svariati enti. Questi Enti, secondo Piobb, sono: 1) S stesso. 2) L'Ambiente Sociale (famiglia, stato). 3) La Specie umana (nei doveri verso tale ente rientrano quelli verso i sessi, i tipi, le razze). 4) La Terra, cio l'astro che ci ospita. 5) Il Sistema Solare, il mesocosmo nel quale evolve il nostro astro. 6) L'Universo, quale insieme di tutti i sistemi stellari. 7) Il Principio Vitale, attributo generale di tutti gli esseri viventi. 8) Le Forze cosmiche che portano a manifestazione un determinato essere senziente. 9) Il Dio Personale. 10) L'Essere in generale. 11) Il Non Essere, nel senso di Caos primordiale, onnipotenzialit, dal quale scaturisce l'Essere. 12) La Divinit, che in "illo tempore" ha separato l'Essere dal Non Essere. Poich gli ultimi due enti sono essenzialmente metafisici e perci l'atteggiamento verso di essi riguarda esclusivamente gli esoteristi, le "dodici tavole della legge" si riducono, per il comune fedele, a dieci. Secondo Piobb, ciascuna possibile etica si distingue dalle altre, a seconda di quale dei citati primi dieci enti (con il relativo comportamento) ritiene pi importante. Nessuna delle dieci etiche pu dirsi superiore o inferiore ad un'altra. Le dieci morali, con in parentesi quadre i relativi esempi riportati da Piobb, sono: 1) La morale dell'interesse personale o del piacere [Venere]. 2) La morale dell'interesse societario o morale sociale [Marte]. 3) La morale dell'armonia psichica o della simpatia [Ecate]. 4) La morale dell'armonia fisica o dell'estetica [Apollo]. 5) La morale delle leggi fisiche (evidenti nei moti planetari) o morale positiva [Mitra]. 6) La morale delle leggi intellettuali (simboleggiate dalle "stelle fisse") o morale idealista [Brahma]. 7) La morale della natura o utilitarismo generale [Iside]. 8) La morale della natura umana o utilitarismo personale [Dioniso]. 9) La morale cosmologica teocentrica del merito e del demerito [Geova]. 10) La morale cosmologica antropocentrica (dell'Uomo Universale) e ugualmente del merito e del demerito [Cristo].

Sipex: Il criterio interessante ma probabile che vi sia un maggior numero di morali rispetto alle dieci indicate da Piobb, perch pu benissimo capitare che una morale ritenga di pari importanza due o pi enti o che due morali, pur ritenendo primariamente importante il medesimo ente, tuttavia si differenzino per il diverso ordine di importanza che danno gli altri nove. Sadescan: Ci probabilmente vero, tuttavia, per iniziare, occorre isolare le dieci morali "pure", come ha fatto Piobb, le altre essendo riconducubili, proprio come dici, a variazioni delle prime o a loro mescolanze. E' merito di Piobb l'aver analizzato, in particolare, la morale della religione di Venere-Afrodite, che tanto sviluppo ebbe nel mondo antico e , in particolare, nella civilt greco-romana. Essa stata tramandata da sinceri cultori anche nelle epoche successive, ed oggi, probabilmente, una delle religioni pi adatte a tempi come i nostri, in cui il valore dell'amore, della bellezza e della sessualit, unitariamente considerati, viene riscoperto dalla maggioranza dell'umanit. Gli esseri umani completamente evoluti non hanno bisogno di una morale, giacch la semplice chiara comprensione degli eventi vissuti costituisce una perfetta guida di comportamento. Ma essi sono molto rari e perci ciascuna religione ha enunciato una morale che, sfruttando le caratteristiche naturali dei propri aderenti, permette loro, secondo le possibilit di ciascuno, il massimo sviluppo spirituale. Le morali delle varie religioni differiscono tra loro, in quanto ciascuna religione, pur non essendo, di solito, preclusa ad alcuno, tuttavia si rivolge ad un particolare tipo umano, sul quale ritaglia la propria morale. Infatti, come non possibile chiedere ad un gatto di comportarsi da cane, cos non possibile seguire una morale che vada decisamente contro le tendenze naturali dell'individuo, le quali non sono per nulla uguali in tutti gli uomini. Lo scopo di una morale non infatti quella di creare, negli individui, conflitti interiori che ne ostacolerebbero lo sviluppo spirituale, ma di armonizzarne le caratteristiche naturali sia interiormente, sia nei rapporti con la realt esterna. Erra sicuramente, perci, colui che ritiene che la morale di una religione possa essere idonea per tutti gli individui. Come nasce la morale di una religione? Abbiamo gi visto che essa consiglia i comportamenti pi idonei nei confronti dei vari enti o piani della realt, tenendo appunto presente le caratteristiche dominanti nei propri aderenti. Cercheremo di dare qualche ragguaglio. La morale pi conosciuta nell'Occidente degli ultimi secoli quella che Piobb definisce "cosmologica antropocentrica" (dell'Uomo Universale), ma che forse ancor meglio potrebbe definirsi morale ontocentrica, perch ritiene pi importante di tutti l'atteggiamento nei confronti dell' Essere in se stesso. La morale probabilmente pi nota di questo tipo quella della religione cristiana cattolica. Il comandamento senz'altro pi importante di tale morale il primo: "Non avrai altro Dio fuori di me", in cui sostanzialmente si afferma l'insignificante importanza dei piani meno universali dell'essere e si invita a rinunciare ai piaceri che da questi piani possono derivare. Un esempio tipico di quest'atteggiamento quello nei confronti della sessualit. Negata a monaci e sacerdoti, concessa a malincuore ai laici ai soli fini procreativi. Questo tipo di morale idonea a coloro che ritengono indispensabile ai fini spirituali non solo il non attaccamento a ci di cui si fa uso, ma anche una rinuncia esteriore che limiti all'indispensabile l'uso medesimo. E' invece inidonea a coloro che non vedono dissidio tra il piano principiale dell'essere e quelli successivi, ma non per questo meno importanti, giacch il seme deve pur diventare pianta, perch la manifestazione sia completa. Tale morale, considerando il caso specifico del Cristianesimo, storicamente derivata da quell'altra che Piobb definisce "cosmologica teocentrica", perch considera sommamente importanti gli atteggiamenti verso il Dio Personale. Una morale di questo tipo la morale della religione ebraica, che solo apparentemente ha un decalogo identico a quello della religione cristiana. Qui l'accento posto sul secondo comandamento: "Non nominare il nome di Dio invano e non farti immagine di me". Questo comandamento cos importante che gli antichi sacerdoti ebraici non rivelarono mai apertamente le vocali del nome di Dio, cos che oggi si disputa se tale nome sia Jheovha o Jhavh. Nell'ambito cristiano tale comandamento scaduto di importanza, giacch proibisce solo la bestemmia o al pi il coinvolgere Dio in discorsi frivoli. Inoltre cessato il divieto relativo alle immagini, altro segno evidente di un cambio di prospettiva.

Seguendo Piobb e modernizzando un po' il suo linguaggio, enunceremo ora il decalogo della religione di Venere e poi lo esamineremo partitamente. DECALOGO MORALE DEL PIACERE E DELL'AMORE 1) Ricercherai il piacere ed eviterai il dolore. 2) Rispetterai tutte le forme di amore e non dirai male di nessuna. 3) Amerai, e vivrai l'amore come una preghiera. 4) Ricercherai gli amori superiori. 5) Ricambierai l'affetto di tuo padre e quello di tua madre, quello dei tuoi familiari e dei tuoi amici e ricambierai l'amore del tuo compagno/a. 6) Eviterai di credere che un amore terreno sia eterno. 7) Genererai. 8) Amerai la specie umana, adoperandoti per renderla migliore. 9) Tratterai tutti gli uomini come se fossero tuoi fratelli. 10) Amerai te stesso, senza dimenticare gli altri tuoi doveri. Esaminiamo i precetti singolarmente, lasciando al lettore il compito di approfondire, leggendo direttamente il testo di Piobb, le correlazioni con il mito di Venere, che ci limitiamo ad accennare. 1) Ricercherai il piacere ed eviterai il dolore. Questo primo precetto si riferisce ai doveri verso il piano dell'esistenza generale. Il fatto d'essere, cio il manifestarsi della coscienza creatrice, un atto di per s gioioso e del tutto scevro di sofferenza. E' assolutamente naturale, perci, che gli esseri viventi ricerchino ci che piacevole e rifuggano da ci che doloroso. Il termine piacere va inteso nella sua accezione pi generale sia, cio, come piacere dei sensi, sia come stato interiore derivante dall'armonia generale dell'essere. Come si evita il dolore? Il dolore nasce sempre dal venir meno di qualcosa cui siamo attaccati. Il modo migliore di estinguerlo perci vivere il pi possibile senza attaccamento. Nelle dodici puntate del mito di Venere, saltando i primi due episodi (Nascita di Venere e Matrimonio con Vulcano), corrispondenti ai due enti non manifesti (vedi quanto si gi detto sulle dodici tavole delle legge che si riducono a dieci) questo precetto corrisponde all'adulterio di Venere con Marte. 2) Rispetterai tutte le forme di amore e non dirai male di nessuna. Il secondo precetto si riferisce ai doveri verso i principi universali dell'essere (vero, bello, bene), che riteniamo attuarsi pienamente nel Dio Personale. L'atto di amore vero, perch effettiva conoscenza del piacere; bello perch l'espressione pi alta dei sentimenti estetici umani; bene infine, perch ha per conseguenza un esperienza gratificante, oppure la moltiplicazione dell'umanit, ovvero la perpetuazione delle leggi di creazione (anche in senso magico). Queste caratteristiche sono proprie di tutte le forme di amore, che quindi sono tutte ugualmente rispettabili. Il secondo precetto corrisponde, nel mito di Venere, alla cattura di Venere e Marte, mentre sono in amplesso, da parte di Vulcano e alla loro esposizione alla vista degli altri dei. 3) Amerai, e vivrai l'amore come una preghiera. Il terzo precetto si riferisce ai doveri verso le forze cosmiche, che, nel loro insieme, costituiscono il serbatoio generale della natura creata: esse sono il legame che unisce tutto ci che dotato di vita (anche solo potenzialmente come le particelle della chimica) all'assoluto. L'uomo raggiunge il piano di tali forze in varie maniere (estasi, preghiera, amore etc) a seconda della religione che pratica e quindi del gruppo di tali forze cui vuole indirizzarsi. Poich nella religione di Venere la forza pi importante l'attrazione universale, il modo pi diretto per comunicare con tale forza l'amore. Nel mito, questo precetto del decalogo corrisponde alla nascita di Antero.

4) Ricercherai gli amori superiori. Il quarto precetto si riferisce ai doveri dell'uomo verso il principio vitale. La vitalit ha molta importanza nel meccanismo dell'attrazione affettiva: senza di essa l'amore non si manifesta. I minerali dotati solo di una vitalit potenziale (che si attualizza solo quando vengono assimilati da un essere vivente) non amano: in essi l'attrazione produce soltanto la coesione delle particelle subatomiche e atomiche e l'affinit chimica. Tali forze attrattive si riscontrano in tutti gli esseri e costituiscono una forma rudimentale di amore, ma non si identificano con l'amore propriamente detto, che presente solo negli esseri viventi. Anzi pi evoluto l'essere vivente e maggiore la sua capacit di amare. Nei batteri , in cui la riproduzione avviene per vie non sessuali, l'amore si manifesta nel cosiddetto fenomeno della coniugazione, in cui due batteri, entrati in contatto, si scambiano una parte del proprio patrimonio genetico, ricavandone, a quanto sembra, una maggiore vitalit. Nei vegetali, l'amore collegato s ai meccanismi procreativi, ma conserva la funzione di accrescere la vitalit, determinando prima la fioritura e poi la fruttificazione. Negli animali, l'amore influenza buona parte dell'attivit, ma tuttavia legato a periodi di fregola. Quanto pi l'animale superiore, tanto pi si manifestano sentimenti di affetto, oltrech istinti soltanto sessuali. Ma solo nell'uomo che l'amore, su questa terra, raggiunge l'apice: esso diventa indipendente da periodi di fregola, giacch l'uomo pu amare sessualmente in qualunque periodo; diventa indipendente dalla procreazione, giacch l'uomo pu, con vari metodi, procreare o meno. Diventa indipendente dalla sessualit e dai rapporti parentali, giacch l'uomo sa amare anche in assenza di intenzioni sessuali o di vincoli di parentela o amicizia. L'uomo superiore poi riesce persino ad amare i suoi nemici. In altri termini la vitalit accresce la capacit di amare e, viceversa, pi l'amore elevato e pi accresce la qualit della vita, donde il quarto precetto. Esso, nel mito di Venere, ha corrispondenza con l'episodio in cui la dea fugge da Tifone, alla ricerca di un amore superiore. 5) Ricambierai l'affetto di tuo padre e quello di tua madre, quello dei tuoi familiari e dei tuoi amici e ricambierai l'amore del tuo compagno/a. Questo precetto riguarda i doveri verso il piano dell'universo. Nell'armonia generale di esso, l'amore o attrazione esercita uno dei principali compiti e ciascuna delle sue modalit, come l'amore umano, vi contribuisce per la sua parte. L'amore non soddisfatto tende a cagionare dolore e perci a sminuire l'armonia dell'universo; di qui il precetto di non contrariare gli affetti che normalmente si presentano. Nel mito, questo precetto corrisponde all'innamoramento di Venere per Adone. Ella lo segue in ogni luogo ove egli va. 6) Eviterai di credere che un amore terreno sia eterno. Questo precetto riguarda i doveri verso il sistema solare. Il sistema solare (forze astrologico-planetarie) pur lasciandoci una certa autonomia, stabilisce per ci che umano l'instabilit e il mutamento. Perci non bisogna attaccarsi all'amore terreno come se fosse eterno. Nel mito questo precetto corrisponde alla morte di Adone: la dea innamorata sopravvvive al suo amante che viene ucciso. 7) Genererai. Questo precetto si riferisce ai doveri dell'uomo verso la natura terrestre. La natura esige dall'uomo una partecipazione attiva all'evoluzione terrestre. Ricercando il proprio benessere e badando a non distruggere il proprio habitat, l'uomo trasforma e fa evolvere positivamente la terra. Nel mito, questo precetto si riferisce all'unione di Venere con Mercurio, ricco e considerato, da cui nasce Cupido, il suo figliolo prediletto. Occorre tener presente che la generazione pu avvenire tanto sul piano materiale quanto su quello sottile della terra. Ricordiamo, a tal proposito, che, come indic Platone, in metafisica si distingueva Afrodite Pandemia dalla pi importante Afrodite Urania e che, nel culto, parimenti la Dea era venerata sia come Genitrice sia come Callipigia ("dalle belle curve"), che sono gli equivalenti terreni di quegli aspetti metafisici e alludono alle due possibilit di generazione. Se qualche cristiano sta scandalizzandosi per l'attributo "Callipigia", rifletta sulla frase che accompagna spesso le effigi della Madonna Nera: "Nigra sum, sed Formosa" (Cantico dei Cantici I,5) e rifletta non solo sui significati del "Nigra", ma anche sul fatto che non fu usato l'aggettivo "Pulchra" (cio "bella" in senso generale), ma "Formosa" ("dalle belle forme"), termine del tutto

equivalente a "Callipigia". 8) Amerai la specie umana, adoperandoti per renderla migliore. Questo precetto si riferisce al comportamento verso la specie umana. Venere la dea della bellezza tanto materiale che spirituale. Perci il suo seguace s'ingegner di abbellire la propria specie, a partire da figli e allievi, sia fisicamente, sia interiormente. Nel mito, questo precetto corrisponde alla glorificazione di Venere, in seguito al giudizio di Paride, che la sceglie appunto perch la pi bella tra le dee. 9) Tratterai tutti gli uomini come se fossero tuoi fratelli. Questo precetto si riferisce al comportamento verso la societ umana. L'attrazione , fra tutte le forze universali, quella che ha il maggior compito nella societ. Sotto la forma dell'amore umano, essa riunisce le famiglie; sotto quella dell'amicizia , unisce i gruppi amichevoli; sotto quella della solidariet e della fraternit costituisce le citt, le provincie, le regioni, gli stati e gli organismi pluristatali. Considerare tutti gli uomini come fratelli permette al singolo di cooperare con l'intera societ. Nel mito, questo precetto corrisponde alla guerra di Troia, nella quale Venere coinvolta; l'episodio mostra efficacemente cosa succede quando gli uomini dimenticano che il principale motore degli aggruppamenti sociali la fraternit e vogliono vedere in essi solo la realizzazione dei propri interessi particolari. 10) Amerai te stesso, senza dimenticare gli altri tuoi doveri. Questo ultimo precetto si riferisce al comportamento verso se stesso. L'amore di s, come abbiamo detto, rappresenta il pi importante dei precetti di questa morale ed presupposto da tutti i nove precetti precedenti. Quando l'uomo si detesta, finisce col trascurarsi moralmente e fisicamente; quando, invece, ha cura di se stesso, si evolve in tutte le direzioni. Solo la cura di se stessi permette quella degli altri, soprattutto sul piano spirituale. Altrimenti si diventa simili a ciechi che guidano altri ciechi. Tuttavia, se pervertito, l'amore di s conduce all'egoismo pi bieco; ci si evita, tenendo presenti gli altri precetti. Nel mito, questo precetto corrisponde alla risalita di Venere al cielo dell'Olimpo. Caro lettore, se gentilmente ci hai seguito fin qui e scruti il tuo intimo, la morale di Venere ti sembrer familiare oppure estranea alla tua indole. Nel secondo caso, significa che ti si conf maggiormente un'altra tra i dieci tipi di morale di cui ti abbiamo parlato ed quindi in altra direzione che dovrai cercare. Nel primo caso, segno invece che la morale di Venere quella che si conf alla tua indole. Mettila in pratica e godine i benefici; trasmettila a coloro che hanno un indole simile alla tua. In entrambi i casi, impara ad accettare che altri uomini abbiano una morale diversa dalla tua.

Nota biografica su Pierre Piobb di Afrodite Urania ed Occhi di If


Pierre Francois Xavier Vincenti, figlio del gentiluomo corso Vincente Vincenti conte di Piobetta (piccola localit della Corsica Settentrionale), nacque il 12/04/1874 a Parigi. Pierre Vincenti ebbe interessi per le lettere e le scienze, oltre che per l'occultismo. Fu giornalista e scrittore; adoper lo pseudonimo di Pierre Piobb anche per scritti non occultistici. Nel 1892, ad Aiaccio, diresse il settimanale repubblicano L'Echo de la Corse. Nel 1905, a Parigi, pubblic En Corse, sulla Revue Illustre du Tourisme. Autore, nel 1909, di La Corse d'aujourd'hui, ses moeurs, ses ressources, sa dtresse. Agli inizi del Novecento, cre la Socit des Sciences Anciennes, "fondazione per lo studio delle concezioni filosofiche e scientifiche del medioevo e dell'antichit". Di essa fecero parte, tra gli altri, Oswald Wirth, Albert de Pouvourville (alias Matgioi, alias T Simon), Francis Warrain, Paul Vulliaud, il Dr. Alexandre Rouhier (alias Petrus Talemarianus), Ernest Britt, il barone Edmond Du Roure De Paulin, e i coniugi Horace e Maryse Choisy. Mor nel 1942. Tra i suoi principali scritti occultistici e astrologici si possono ricordare: - Formulaire de Haute Magie, Parigi, 1907.

- L'Annee Occultiste et Psychique H. Daragon, 1908. - Les mystres des dieux. Vnus, Paris, H. Daragon, 1909 - Le Secret de Nostradamus et de ses clbres prophties du XVIe sicle Ses Prdictions sur la France depuis 1792 et spcialement pour 1927 et les annes suivantes, Paris, Adyar, 1927. - Le Sort de lEurope daprs la clbre Prophtie des Papes de Saint Malachie accompagne de la Prophtie dOrval et des toutes dernires indications de Nostradamus, Dangles, 1939. - Clef universelle des sciences secrtes, Omnium Littraire (postumo, 1950). Sua anche la traduzione dal latino e il commento del De Astrologia di Robert Fludd (Robert Fludd, Etude du Macrocosme. Trait d'Astrologie Gnrale, Paris, H. Daragon, 1907).

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