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Quaderni del Gruppo di Ur IV APPUNTI SUL LOGOS

Il Logos

Ogni quaderno del Gruppo di Ur raccoglie, in forma organica e sintetica, quanto emerso nell'omonimo forum, in relazione ad un determinato argomento. In esso si trovano, perci, sia citazioni degli autori studiati, sia commenti. I quaderni si devono considerare in continuo aggiornamento, dal momento che l'emergere di nuovo materiale sull' argomento trattato pu rendere opportuna una nuova edizione.

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R. STEINER GNOSEOLOGIA DELLA SCIENZA DELLO SPIRITO


Estratti da "I Gradi della Conoscenza Superiore": ...Ora vogliamo descrivere ... i rapporti nei quali l'anima sta con i diversi mondi, quando percorre i successivi gradi della conoscenza. Cos viene dato ci che si pu chiamare la gnoseologia della scienza occulta. Prima di inoltrarsi sul sentiero della conoscenza superiore, l'uomo conosce soltanto il primo di quattro gradi di conoscenza, quello cio che gli proprio nella vita ordinaria entro il mondo dei sensi. Anche quella che di solito si chiama scienza si muove su questo primo grado di conoscenza, poich questa scienza non fa che elaborare in modo pi fine il conoscere ordinario e renderlo pi disciplinato. Essa arma i sensi di strumenti (il microscopio, il telescopio etc) per scorgere con maggior precisione ci che i sensi nudi, come si suol dire, non vedono. Senonch il livello della conoscenza rimane sempre lo stesso, sia che si guardino ad occhio nudo oggetti di grandezza normale, sia che si scrutino con l'aiuto di lenti oggetti e processi di dimensioni molto piccole. Anche nell'applicare il pensiero alle cose e ai fatti questa scienza rimane ferma a ci che gi si svolge nella vita quotidiana. Si ordinano gli oggetti, si descrivono e si confrontano, si cerca di farsi una idea delle loro modificazioni etc. In fondo, il pi rigoroso scienziato non fa altro, a questo riguardo, che sviluppare a regola d'arte il modo di osservare che proprio della vita quotidiana. La sua conoscenza diviene pi ampia, pi complicata, pi logica, ma egli non procede ad una diversa qualit di conoscenza. Nella scienza occulta, questo primo grado di conoscenza chiamato "conoscenza materiale". A questa si aggiungono poi , per cominciare, tre forme di conoscenza superiore e a queste, in seguito, altre ancora. Prima di procedere nella descrizione del "sentiero della conoscenza", vogliamo qui descrivere queste tre forme di conoscenza superiore. Se consideriamo come primo grado la conoscenza ordinaria (e scientifica degli oggetti sensibili) possiamo distinguere i seguenti quattro gradi: 1- la conoscenza materiale , 2- la conoscenza immaginativa, 3- la conoscenza ispirata, detta anche "volitiva", 4- la conoscenza intuitiva. Vogliamo ora occuparci di questi quattro gradi; e prima di tutto occorre capire con chiarezza che cosa siano queste diverse forme di conoscenza. Nella conoscenza sensibile ordinaria sono in gioco quattro elementi: 1- l'oggetto che fa un'impressione sui sensi; 2- l'immagine che di quell'oggetto l'uomo si forma; 3- il concetto per mezzo del quale l'uomo giunge ad afferrare spiritualmente un oggetto o un processo; 4- l'io che, sulla base dell'impressione dell'oggetto, se ne forma immagine e concetto. Prima che l'uomo si formi un'immagine, una rappresentazione, esiste un oggetto che gliene porge l'occasione; questo oggetto egli non lo forma, lo percepisce. Sulla base dell'oggetto nasce l'immagine. Finch si guarda un oggetto, si ha a che fare con esso. Dal momento in cui se ne distoglie lo sguardo, non se ne ha pi altro che l'immagine. Si abbandona l'oggetto, ma l'immagine rimane aderente alla memoria. Per non possiamo limitarci a questa semplice formazione di immagini: dobbiamo giungere ai concetti. La distinzione tra immagine e concetto assolutamente necessaria per giungere qui a completa chiarezza. Supponiamo di avere dinanzi agli occhi un oggetto di forma circolare. Poi ci voltiamo dall'altra parte, conservando nella memoria l'immagine del cerchio. A questo punto non abbiamo ancora il concetto del cerchio. Il concetto risulta soltanto quando ci si dice: un cerchio una figura nella quale tutti i punti sono equidistanti dal centro. E solo quando ci siamo formati un concetto di una cosa, siamo arrivati a comprenderla. Vi sono molti cerchi: piccoli, grandi, rossi, azzurri, etc; ma c' un unico concetto di cerchio. Torneremo pi avanti su tutto questo; per ora mi propongo soltanto di caratterizzare sommariamente i primi quattro gradi della conoscenza. Il quarto elemento che entra in gioco nella conoscenza materiale l'io. In questo si forma l'unit delle immagini e dei concetti. L'io conserva le immagini nella sua memoria; se ci non si verificasse, non si avrebbe una vita interiore continuativa. Le immagini delle cose sussisterebbero solo finch le cose stesse agiscono sull'anima. Ma la vita interiore dipende dal fatto che una percezione si congiunga all'altra. L'io si orienta oggi nel mondo perch di fronte a determinati oggetti gli sorgono le immagini dei medesimi oggetti di ieri. Si rifletta un momento a come sarebbe impossibile la vita dell'anima, se si possedesse l'immagine di una cosa soltanto finch la cosa ci sta davanti. Anche riguardo ai concetti l'io forma l'unit. Esso connette i suoi concetti, creandosi cos una visione d'insieme, cio una comprensione del mondo. Questa connessione dei concetti avviene nel giudicare. Un essere che possedesse soltanto concetti isolati, non potrebbe orientarsi nel mondo. Tutta l'attivit dell'uomo poggia sulla sua facolt di connettere concetti, cio di giudicare. La conoscenza materiale si fonda sul fatto che l'uomo, attraverso i suoi sensi, riceve un'impressione di cose e processi del mondo esterno. Egli ha la facolt di sentire: la sensibilit. L'impressione ricevuta "da fuori" viene chiamata sensazione. Perci nella conoscenza materiale sono da considerarsi quattro elementi: sensazione, immagine, concetto, io. Nel grado successivo della conoscenza viene a mancare l'impressione sui sensi esterni, la sensazione. Non c' pi alcun oggetto sensibile esterno. Degli elementi che sono familiari all'uomo, nella conoscenza ordinaria, ne rimangono solo tre: l'immagine, il concetto, l'io. Nell'uomo sano, la conoscenza ordinaria non forma alcuna immagine e alcun concetto, se non c' un oggetto sensibile esteriore. L'io resta allora inattivo. Chi si forma immagini a cui dovrebbero corrispondere oggetti sensibili, l dove in realt non ve ne sono, vive nella fantasia. Ma il discepolo della scienza occulta acquista appunto la facolt di formare delle immagini anche dove non ci sono oggetti sensibili. Per lui allora deve subentrare qualcos'altro al posto dell'oggetto esteriore. Egli deve poter avere delle immagini anche quando nessun oggetto colpisce i suoi sensi. Al

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posto della sensazione deve subentrare qualcos'altro: si tratta dell'immaginazione. A questo grado, si presentano al discepolo occulto delle immagini, precisamente come se un oggetto sensibile facesse un'impressione su di lui: immagini vivaci e vere come quelle dei sensi, ma non provenienti dal mondo materiale, bens da quello animico o spirituale. Intanto i sensi rimangono completamente inattivi. E' chiaro che l'uomo deve prima conquistarsi questa facolt di avere delle immagini piene di contenuto, in assenza di impressioni sensoriali. Una tale conquista avviene per mezzo della meditazione, degli esercizi che sono stati descritti nel libro L'Iniziazione. L'uomo, ch' limitato al mondo dei sensi, vive soltanto nella cerchia di un mondo d'immagini, che prima hanno trovato accesso in lui attraverso i sensi. L'uomo immaginativo possiede invece un mondo d'immagini, che gli affluiscono da una regione superiore. Occorre una disciplina molto accurata per distinguere l'illusione dalla realt in quel mondo superiore d'immagini. Ed facile che, quando tali immagini cominciano a presentarsi alla sua anima, l'uomo si dica: "Oh, sono solo fantasie, derivate dal mondo delle mie rappresentazioni!" Ci fin troppo comprensibile, poich l'uomo, a tutta prima, abituato a chiamare reale solo ci che gli si offre senza il suo intervento, per mezzo della solida base della sua percezione sensoria. Egli deve prima abituarsi a considerare reali cose che hanno tutt'altra origine. Del resto, in queste cose, egli non sar mai abastanza cauto, se non vuole diventare un visionario. Che cosa sia reale e che cosa sia solo illusione, nelle sfere superiori, pu venire deciso solo dall'esperienza. Questa esperienza si deve acquistare mediante una vita interiore quieta e paziente. In un primo momento dobbiamo essere assolutamente preparati a che l'illusione ci faccia dei brutti scherzi, poich da ogni lato ci insidia la possibilit che insorgano immagini provocate esclusivamente da inganni dei sensi esteriori, da una vita anormale. Occorre prima eliminare tutto ci che vita fantastica e solo in seguito si potr pervenire all'immaginazione. Giunti che si sia a questo punto, ci si render conto che il mondo nel quale cos si penetra non solo reale quanto il mondo sensibile, ma lo di solito assai di pi. Al terzo grado della conoscenza vengono a mamcare anche le immagini. L'uomo non ha pi a che fare se non col concetto e con l'io. Se al secondo grado egli ha ancora intorno a s un mondo di immagini, che ricorda gli istanti in cui la memoria evoca dinanzi all'anima le impressioni del mondo esterno senza che tali impressioni vi siano in realt, al terzo grado non si hanno pi neppure tali immagini. L'uomo vive tutto in un mondo puramente spirituale. Chi abituato ad attenersi soltanto ai sensi sar tentato di credere che quel mondo sia scialbo e spettrale. Ma non lo affatto; e anche il mondo di immagini del secondo grado non ha nulla di pallido, di scialbo, come sono per lo pi le immagini che rimangono nella memoria, quando gli oggetti non sono pi presenti. Le figure dell'immaginazione sono invece d'una vivacit e ricchezza di contenuto, a cui non si possono paragonare le pallide immagini che la memoria conserva del mondo sensibile, ma neppure il mondo stesso dei sensi in tutta la sua variet e mutevolezza. Persino il mondo dei sensi, confrontato col regno dell'immaginazione, come un ombra. Figuriamoci poi il mondo che si schiude al terzo grado della conoscenza! Della sua ricchezza e pienezza nessuna cosa del mondo dei sensi pu dare un'idea. Ci che per il primo grado la sensazione e per il secondo l'immaginazione per il terzo grado l'ispirazione. L'ispirazione d le impressioni e l'io forma i concetti. Se proprio si vuol confrontare quel mondo con qualcosa di sensibile, si pu paragonarlo unicamente al mondo dei suoni percepibili a mezzo dell'udito. Non si tratta per di suoni come quelli della musica sensibile, bens di un risuonare puramente spirituale. Si comincia a udire ci che avviene nell'interno delle cose. La pietra, la pianta etc. diventano "parole spirituali". Il mondo comincia davvero a pronunciare da s il proprio essere di fronte all'anima. Pu sembrar strano, ma letteralmente vero che a questo grado della conoscenza "si ode spiritualmente crescere l'erba". Si percepisce come suono la forma del cristallo; il fiore che si schiude "parla" all'uomo. L'ispirato pu annunziare la natura interiore delle cose; ogni cosa risorge in modo nuovo dinanzi alla sua anima. Egli parla un linguaggio che proviene da un altro mondo e che pure il solo a rendere comprensibile il mondo d'ogni giorno. Infine, al quarto grado cessa anche l'ispirazione. Degli elementi che siamo soliti considerare, dal punto di vista della conoscenza quotidiana, ormai non c' pi che l'io. Il discepolo si accorge di essere asceso fino a questo grado, per effetto di una esperienza interiore ben determinata. Essa si esprime nel sentimento che egli ha di non trovarsi ormai pi fuori dalle cose e dei processi che egli conosce, bens all'interno. Le immagini non sono l'oggetto: lo esprimono soltanto. Neppure ci che offre l'ispirazione l'oggetto: essa non fa che pronunciarlo. Ma ci che ora vive nell'anima davvero l'oggetto stesso. L'io si effuso su tutti gli esseri, confluito in essi. Il vivere delle cose entro l'anima appunto l'intuizione. E va presa proprio alla lettera l'affermazione che mediante l'intuizione si penetra nelle cose, ci si insinua in esse. Nella vita ordinaria l'uomo ha una sola intuizione: quella dell'io stesso, in quanto l'io non pu in alcun modo essere percepito dall'esterno, ma solo sperimentato nell'intimo. Ci pu risultare da una considerazione semplice, che per gli psicologi non fanno col rigore che sarebbe desiderabile; e per quanto semplice possa sembrare, essa della massima portata per chi la comprenda fino in fondo. Si tratta di questo: ogni cosa del mondo esterno pu essere indicata con lo stesso nome da tutti gli uomini. La tavola pu essere chiamata "tavola" da tutti, il tulipano pu essere chiamato "tulipano" da tutti e il signor Bianchi pu esser chiamato "signor Bianchi" da tutti. Esiste per una parola che ognuno pu riferire soltanto a s stesso: la parola "io". Nessun altro pu chiamarmi "io": per ogni altro io sono un "tu". D'altra parte ogni altro un "tu" per me: lui solo pu dire "io" a s stesso. Ci dipende dal fatto che non viviamo fuori, ma dentro l'io. Analogamente mediante la conoscenza intuitiva si vive in tutte le cose. La percezione del proprio io il modello per tutta la conoscenza intuitiva. Certo, per penetrare in tal modo entro le cose, occorre prima uscire da se stesso: occorre spogliarsi del proprio s, per fondersi col s, con l'io di un altro essere. La meditazione e la concentrazione sono i mezzi sicuri per ascendere a questo grado, come pure ai precedenti. Ma esse devono essere esercitate in modo calmo e paziente... ...Qui si vorrebbe soltanto far rilevare ancora che quella che nella scienza occulta si designa come "intuizione" non ha nulla a che fare con quanto spesso si caratterizza familiarmente con questa parola. Con essa si suole indicare un'idea pi o meno vaga, in contrapposizione a una conoscenza chiara e coerente dell'intelletto o della ragione. Nella scienza occulta, invece, l'intuizione non nulla di oscuro e incerto, bens un elevato modo di conoscenza pieno di luminosa chiarezza e della pi indubitabile certezza... ...Dall'ispirazione, l'osservatore spirituale pu salire all'intuizione. Nella terminologia della scienza dello spirito questa parola significa, per molti riguardi, proprio il contrario di ci che essa serve a designare nella vita ordinaria. Di solito si

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parla di intuizione quando si vuole indicare un'idea oscuramente tenuta per giusta, senza averne per ancora una chiara determinazione concettuale. Si vede in essa un grado preliminare alla conoscenza, piuttosto che una conoscenza vera e propria. Una tale intuizione (nel senso comune della parola) pu certamente illuminare come un lampo qualche grande verit, ma come conoscenza pu valere soltanto dopo aver ricevuto il fondamento da giudizi concettuali. A volte si chiama intuizione perfino qualcosa che si "sente" come verit, di cui si persuasi, ma che non si vorrebbe appesantire con giudizi intellettuali. Si sente spesso dire da persone che si avvicinano alle conoscenze della scienza dello spirito: ho sempre saputo queste cose intuitivamente. Tutto ci va messo completamente da parte, se si vuol comprendere quel che qui si intende per "intuizione" nel suo vero significato. In questa sua accezione, l'intuizione non una conoscenza inferiore alla solita conoscenza intellettuale [conoscenza materiale], ma la supera di molto in chiarezza... Nel V cap. della "Scienza Occulta" Steiner scrive: "...I singoli gradini della conoscenza superiore, secondo il processo di Iniziazione qui descritto, possono dunque essere indicati nel seguente ordine: 1) Lo studio della scienza dello spirito, per il quale ci si serve anzitutto della forza di giudizio acquistata nel mondo fisico-sensibile. 2) L'acquisto della conoscenza immaginativa. 3) La lettura della scrittura occulta (corrispondente all'Ispirazione). 4) Il lavoro con la pietra filosofale (corrispondente all'Intuizione). ... Non necessario che questi gradini si susseguano ordinatamente; a seconda dell'individualit del discepolo, la disciplina pu anche svolgersi in modo che, prima di aver completamente superato un gradino, egli gi cominci a praticare gli esercizi per quello susseguente..." Nella conferenza "Metodo Rosicruciano", riportata nella raccolta "Scienza dello Spirito", Steiner aggiunge: "... La disciplina stessa consiste in questo: I) LO STUDIO L'Europeo attuale non raggiunger da solo, senza studio, la conoscenza della verit. ...deve dirsi: "Se altri ha pensato questo, deve pur essere umano pensarlo ed io voglio sperimentare in me stesso come si possa vivere con tali pensieri". Non occorre giurarci sopra come se fossero un dogma... Come l'edera si appoggia all'albero, finch il suo fusto non da tanto da poter sostenere i propri rami, cos i nostri pensieri s'appoggiano alla struttura degli alti pensieri altrui, fino a tanto che noi stessi non siamo capaci di formare alti pensieri. Questo studio purifica quindi i nostri pensieri, cosicch arriviamo a pensare con logica severa. Se per es. studiamo "un libro molto difficile", importa assai meno comprenderne il contenuto, che trovare il filo delle idee dell'autore e imparare a pensare i suoi pensieri. Perci non dobbiamo stimare nessun libro troppo difficile: ci equivarrebbe ad attestare la nostra indolenza a riflettere. I libri migliori sono quelli che bisogna leggere e rileggere molte volte, che non si comprendono subito, che occorre studiare frase per frase..." Dalla terza conferenza del ciclo "Pneumatosofia" (Berlino, Dicembre 1912): Succede che una Immaginazione penetri veramente nella comune quotidiana coscienza umana, ma vi subisca delle modificazioni quando si esplica: essa si esplica nella coscienza umana come ci che suol chiamarsi "fantasia fondata sulla verit del mondo", la quale la base autentica di ogni creazione artisca, anzi di ogni creazione produttiva dell'uomo. E appunto perci per es. Goethe , il quale conosceva bene il processo artistico, ritiene cos spesso, che la fantasia non sia assolutamente qualcosa che combina arbitrariamente le leggi cosmiche, ma che sia sottoposta alle leggi della verit. Queste leggi della verit agiscono completamente dal mondo delle Immaginazioni, ma esse, in questo caso, organizzano liberamente l'ordinario mondo della percezione; di guisa che nella "fantasia vera" abbiamo effettivamente qualcosa , che sta fra la rappresentazione ordinaria e l' Immaginazione. Nella fantasia, se compresa bene, se non viene concepita in modo che l'uomo non le dia valore e dica soltanto: che la fantasia ci che non vero - nella fantasia dunque, se ben compresa, si trova una diretta prova del proseguimento delle rappresentazioni nella direzione in cui esse si possono riversare nel supersensibile del mondo immaginativo. Questo uno dei punti in cui siamo in condizione di percepire il diretto fluire di ci che possiamo chiamare il mondo spirituale nel nostro mondo ordinario. Nel V cap. della "Scienza Occulta" Steiner scrive: ... per mezzo dell'Immaginazione, si conosce la manifestazione animica degli esseri; per mezzo dell'Ispirazione, si penetra nell'interiorit spirituale di essi. Si riconosce anzitutto una molteplicit di esseri spirituali e di rapporti fra quegli esseri. Anche nel mondo fisico abbiamo a che fare con una molteplicit di esseri differenti; nel mondo dell'Ispirazione, per, questa molteplicit di carattere diverso. In esso, ogni essere si trova in rapporti ben determinati con gli altri esseri, ma questi rapporti non sono dovuti, come nel mondo fisico, all'esercizio di una reciproca influenza esteriore, ma dipendono dall'intima natura degli esseri stessi. Quando si percepisce un'entit nel "mondo ispirato" non la si vede esercitare, sulle altre entit, alcuna influenza esteriore, che sia paragonabile, a un dipresso, all'azione di un essere fisico sull'altro; esiste nondimeno un rapporto fra quelle entit, a causa della loro costituzione interiore. Questo rapporto si potrebbe paragonare a quello in cui i diversi suoni o lettere che compongono una parola si trovano nel mondo fisico. Per esempio, con la parola "uomo" l'impressione che si riceve dovuta alla concordanza dei suoni: u-o-m-o. Nessuna spinta o influenza esteriore viene esercitata, per esempio, dalla "o" sulla "emme", ma i due suoni cooperano in un insieme, per virt della propria loro natura interiore. L'osservazione, perci, nel mondo dell'Ispirazione, si pu paragonare soltanto a una "lettura" e gli esseri, in quel mondo, appaiono all'osservatore come se fossero segni di una scrittura, che egli deve imparare a conoscere e i loro rapporti si devono a lui rivelare come per scrittura sovrasensibile. La scienza dello spirito, perci, chiama la conoscenza per mezzo dell'Ispirazione anche "lettura della scrittura occulta"... Per questa "lettura" le percezioni immaginative sono come tante lettere dell'alfabeto o suoni...Senza la conoscenza per mezzo dell'Ispirazione, il mondo immaginativo rimarrebbe una scrittura che si potrebbe guardare, ma non decifrare.

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OSO APPUNTI SUL LOGOS


Quando, nelle operazioni sottili, si passa dalla sfera della conoscenza intellettuale (intus-lgere) che si svolge necessariamente nel TEMPO FISICO (I dimensione del tempo ) cio in una serie di pensieri in concatenazione logica successiva, alla sfera della imaginazione, o conoscenza per imagini (imum ago = imago = agisco, opero per imum, per profondit), si passa allora dal leggere linterno allagire linterno, e si entra, con l'ispirazione spirituale, nella sfera della DURATA, o tempo psichico (II dimensione del tempo ). Non si vuole qui accennare alla terza sfera di operazione, nella quale non solo s legge dentro e si agisce linterno, ma addirittura si interiorit mondiale, e che si attua nellETERNIT (III dimensione del tempo ) o tempo causale: conoscenza che alluomo possibile soltanto nellattimo e che si chiama intuizione spirituale (nteor = intus-eor = son portato dentro a = sono dentro a = midentifico a = sono questo o quello); allora non si pu pi parlare di conoscere alcunch, ma di essere alcunch; e loperazione relativa consiste appunto nel trasferirsi in enti. Si resti per ora in ci che concerne la DURATA, e si dica che la durata quello stato del tempo, che si manifesta come simultaneit. Ci che accaduto, ci che accade e ci che accadr, sono triplicemente presenti (nellimpersonale, sintende) e tessono della loro triplicit il vero e proprio spazio, del quale il nostro spazio a tre dimensioni non che limagine riflessa nel tempo. Occorre spiegarsi. Quando il nostro occhio o il nostro pensiero percorre un certo spazio impiega inevitabilmente un certo tempo, sia pure frazionato al minimo. E questo lo spazio riflesso, lo spazio fisico. Invece nello spazio psichico, o animico, il cui vero nome durata, non esiste pi tempo fisico (o tempo orario) sia pure ridottissimo; non esiste pi la serie, bens la forma-imagine il cui corpo tessuto di tempo: e cio esiste la figura, o meglio esistono le figure, del tempo. Queste figure si presentano alla seconda vista come esseri orditi di psichicit rilucente trasparente (a quel modo che i corpi terrestri sono tessuti di materia opaca e pesante) e questa psichicit rilucente e trasparente porta nella sua profondit interna (imum ago) lattivit simultanea di avvenimenti passati, presenti e futuri che sono le loro azioni gi compiute, le loro azioni attuali e le loro azioni future: le azioni cio di questi esseri. Si potrebbe dire che, mentre il profilo o le linee sagomali esterne di queste imagini (forme) sono luminosit relativamente stabile (e da ci la loro forma) , invece le linee interne che traspariscono da queste imagini sui vari piani volumetrici della loro minore o maggiore profondit, sono movimenti; e questo movimento si attua manifestandosi come sonorit. Si tratta dunque di una sonorit interiore che riesce percepibile soltanto a un orecchio assolutamente interiore, il quale si chiama infatti orecchio del cuore . Queste imagini lucenti risuonano della loro interiorit-in-movimento su varie profondit di trasparenza, e queste varie profondit sono ci che queste figure furono, ci che sono e ci che saranno. Esse parlano tempo ma parlano simultaneamente tre tempi e questa triplice temporalit risuona sincrona in un dinamismo interiore unico, che non si pu chiamare altro che divenire. Ma il loro divenire a sua volta di triplice portata. Il divenire della loro propria essenza, risuonando in sfere sonore che si ampliano verso lesterno (I portata) incontra altre sonorit di altre figure (o imagini) con le quali si temperano, sia armonizzandosi polifonicamente sia avversandosi in interferenze di sonorit arrestate; e in siffatto dramma (attuale) di musicalit esse si realizzano, in quel piano di simultaneit, sia come consonanti (armonia, equilibrio, amore) sia come dissonanti (avversione, lotta, guerra) e in tale reciprocit (II portata sonora) esse compiono vere e proprie azioni, in cui il prevalere delluna o dellaltra di queste imagini fa s che la sonorit psichica soccombente precipiti nella sottostante sfera fisica (III portata) e venga, diciamo cos arrestata fissata, quale materialit del mondo esterno. I cadaveri di questa lotta cosmica sono le cose e gli esseri che noi vediamo con gli occhi corporali. Tutti gli oggetti e le forme che intorno a noi nello spazio fisico a tre dimensioni possiamo percepire coi sensi, non sono altro che sonorit arrestate, sonorit morte, parole stregate in materializzazioni, le quali attraverso operazioni redentrici e scongiuratorie della parola interiore, che si chiamano mantra, formule magiche, voci mistiche, sillabe incantatorie, possiamo ridestare, nella nostra coscienza, fino al grado di parola, di parola vivente nella sonorit interiore. [ da tener presente che il mantra, o formula, soltanto leva e strumento per giungere a resuscitare la sonorit crocifissa; non affatto, in s, questa sonorit, la quale soltanto nel contenuto vivente dispirazione della svegliata coscienza individuale, e perci sempre creativa (in divenire) e giammai ripetibile in formule stereotipe ] . La morte di queste sonorit, nella forma visibile non morte assoluta in s; una morte relativa allarchetipo sonoro la cui la forma esterna solo imagine (simbolo): una morte che in realt solo tacitazione dinteriorit risonante, e quindi espulsione dal paradiso dellassoluta attivit, in un arresto di inerzia provvisoria. (Perci quando si percepisce il mondo fisicamente, e non ci si accorge di percepire soltanto simbolo, in realt non si percepisce che illusione: maya). Lo stato di tacitazione, o inerzia relativa, passa per quattro gradi di infittimento progressivo che, tralasciando per ora le corrispondenze cosmiche, hanno riscontro in quattro gradi di discesa progressiva nella realt naturale: l) Mondo minerale, nel quale della sonorit disceso soltanto latto assoluto e istantaneo del suo proprio arrestarsi, e ne deriva, nella natura minerale, la densit, o peso specifico o massa atomica, ecc., le cui modificazioni vitali sono, in prima linea, combinazioni chimiche (infatti nellesoterismo fisico lessenza del suono archetipo si chiama anche etere chimico ) e inoltre rapporti elettromagnetici , cio di gravit, equilibrio, staticit, coesione, attrazione molecolare, ecc. [Questo stato corrisponde nella coscienza umana a uno stato di sonno pi profondo del consueto sonno senza sogni, e che chiameremo coma, o catalessi o trance o morte apparente ( = scheletro)]. 2) Mondo vegetale, nel quale della sonorit disceso, oltre latto dellarrestarsi, anche il procedimento successivo di questo arresto, cio le fasi (in serie) di una discesa, che si presentano allinverso nel mondo vegetale come fasi di sviluppo, le quali si chiamano crescita (vegetale) fino al fiore. Oltre il fiore si ha decrescita, attraverso il frutto e lavvizzimento, fino al disseccamento e alla disgregazione minerale della pianta. Questo stato, nelluomo, corrisponde al sonno profondo senza sogni (= sistema glandulare).

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3) Mondo animale, nel quale della sonorit disceso non solo latto dellarrestarsi, e il procedimento successivo dellarresto, ma anche la rinuncia a risuonare, la quale si circoscrive in una forma per s stante, staccata, oggettiva. Lanimale tutto intero nella sua forma (species) ma il suo muoversi non che apparente giacch, mentre nella species (visibilit di forma) c manifestato anche listinto tipico di ciascuna specie, invece il muoversi dellanimale, per esempio, rispetto alla pianta (la quale cresce soltanto: si sviluppa) un esser-mosso dalla sua propria forma, non un vero muoversi, bens limagine di ci che lanimale non ha in s, ma fuori di s. E il simbolo di ci che non sceso in lui, ed opera su lui, formativamente dallesterno, come istinto, come sapienza in lui riflessa, che si traduce in movimento (automatico, rispetto alla coscienza del singolo animale). Lanimale sognato in movimento da enti la cui essenza essa stessa movimento e da ci sembra che si muova, ma in realt mosso. Cos come luomo, dormendo, sogna movimenti ma non lui lautore di quei movimenti, non muove s stesso (non si parla qui del supercosciente, ma delluomo normale) cos la forma dellanimale un sogno in movimento, un sogno fatto da enti il cui sogno crea animali di suono, animali di sonorit, i quali, arrestati da avversari, discendono in specie animali fisiche sulla terra. 4) Mondo umano, nel quale la sonorit discende tutta intera, come vita interiore autonoma nel singolo. Latto dellarrestarsi (densit) permeato del suo stesso procedimento discendente (sviluppo) e della sua propria rinuncia a risuonare (forma) accoglie in s anche il movimento dellintero processo, che nel suo significato viene rimodulato dal di dentro dellessere umano e si riesteriorizza in linguaggio. Il linguaggio delluomo (e come linguaggio sha da intendere ogni sistema di segni espressivi - per intenderci, le varie arti) limagine del Logos. Nelluomo, s detto, vive anche il significato dellintero processo della sonorit (cio del divenire mondiale) e questo si esprime in tutto l apparato di movimento umano: nellintero sistema delle membra. Chi guarda un uomo, vede non solo una densit che si sviluppa e la cui forma esprime uninteriorit, ma vede sempre una forma in movimento, cio che si muove (anche quando luomo in stato di riposo), e si muove, per accogliere ed esternare individualmente il significato universale. Questa intera consapevolezza parlante sarebbe, nelluomo, lo stato di veglia perfetto. Cio luomo eretto, che in movimento parla la sua propria interiorit come interiorit universale: questo Uomo. Tutti conoscono la concezione morfologica, per la quale la foglia di una pianta non che lintera pianta in piccolo, e reciprocamente la pianta non che una sua propria foglia in grande. Orbene, la forma corporea delluomo non altro che il suo proprio organo del linguaggio ,visto in grande, come lorgano del linguaggio , in piccolo, luomo intero. E poich luomo riprende e sintetizza in s gli altri stati precedenti (minerale, vegetale, animale) si giunger rapidamente, su questa via, per intensit progressiva, alla percezione trascendentale che nella parola umana vive lessenza risonante di tutte le forme delluniverso. Ci suggerisce in essenza il significato della libert delluomo; significato che sorge dalla coscienza di poter discendere o salire tutta la scala degli esseri (in gi fino al minerale [e sotto], in su fino al Padre) mediante la sua triplice entit interiore (pensiero, sentimento, volont) vivente in movimenti unitari ma distinti (rapporti fra i vari organi umani) e parlante in movimenti esterni (parole, opere, lavori, moti delle membra, partecipazioni di coscienza, atti di super-coscienza). Questa facolt gli d in sintesi il potere di tirar gi dalla sonorit archetipa dentro la forma sensibile (parola-forma) gli esseri della creazione entro le sue proprie creazioni umane, come anche gli d potere di riliberare in su, nella sonorit originaria del Logos, fuori della forma fisico-naturale, gli esseri del gi creato, nella Parola creativa delle gerarchie. Da qui trapela primamente il senso profondo, che gli aspetti e gli esseri del mondo, in realt, altro non sono che nomi e che il nome dei nomi lUomo interamente cosciente della parola cosmica individuata nellIo. Una delle conclusioni di questi appunti pu essere la seguente: Non tanto vero che tutte le cose possono essere trasposte sul piano della parola cosciente, per essere tradotte in parole; quanto vero lopposto, che gli aspetti e gli enti del mondo (le creature, gli oggetti, ecc., gli angeli, i demoni, ecc.) non sono, in s stessi, che lettere pi o meno alfabetizzate (fissate) del linguaggio universale, del Logos. In questo alfabeto lUomo esprime realmente (e solamente) lintero essere suo, in movimento progressivo verso lattuazione cosciente del suo proprio essere, che non dunque un essere determinato dal mondo, ma allopposto un articolatore, redentore e creatore del mondo. Che egli si aggiri in movimento, con piedi fisici, nella foresta fissata dei suoi propri movimenti interiori (divenuti a lui esteriori) ci la riprova della sua perduta coscienza unitaria di s col mondo, ed insieme come la misura degli ostacoli interni (cio delle illusioni) che egli deve vincere per riconoscere e voler agire, in s, il Logos nel quale egli stesso riporter, fuori di s, allo stato di Logos, la natura esterna. allora certo che nel suo principio originario (non gi nel tempo), nel principio consustanziale alle sostanze e agli aspetti del mondo esterno, tutto assolutamente Parola Vivente. Nel riadottare, a mano a mano, come Parola Vivente quel mondo di morte che lo circonda, luomo ripasce il suo Pane celeste, del quale il pane terrestre non che imagine di simbolo, stregata nella materialit pesante.

Consonanze

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Frater Petrus Note Lessicali


Oso usa il termine "conoscnza intellettuale" nello stesso senso in cui Steiner parla di "conoscenza materiale", detta anche, in altri suoi libri, "conoscenza oggettiva". Perci Oso intende riferirsi al comune uso dell'intelletto e non a quell'intuitio intellectualis, che costituisce il quarto livello di conoscenza o intuizione spirituale e che Steiner indica semplicemente con il termine "intuizione". Personalmente, per eliminare ogni equivoco, propongo di chiamare "conoscenza materiale" il primo livello di conoscenza e "intuizione spirituale" il quarto. Infatti, parlando semplicemente di intuizione, facile che chi ascolta faccia confusione con altri significati attribuiti a questo termine, sia nel linguaggio comune, sia in quello filosofico. Un discorso simile vale per il terzo livello di conoscenza, dove il termine "ispirazione spirituale" preferibile al pi semplice "ispirazione", per evitare analoghe confusioni.

Oso ha messo in evidenza l'aspetto "corale" del Logos. Pi o meno nello stesso periodo in cui Oso pubblicava, nulla rivista Ur, "Appunti sul Logos", Evola pubblic, nel numero del Novembre 1927 della rivista Bilychnis, un lungo saggio intitolato "Il valore dell'occultismo nella cultura contemporanea", dal quale estraiamo un brano, del tutto parallelo alla monografia di Oso, nel quale viene chiarito quale pu essere il concetto di "Padre degli Esseri" in una prospettiva magica.

J. EVOLA
IL PADRE

La percezione psichica, abbiamo detto, fa conoscere gli elementi sub specie interioritatis. Secondo gii occultisti, essa ammette vari gradi gerarchici diversamenie denominati e simboleggiati, nei quali gli elementi stessi si svestono da aspetti particolari e relativamente fenomenici, che ancora in questo loro modo possono conservare, fino a rivelare l'assoluta loro essenza: il loro essere, il loro Nome. L'esoterica chiama ci lettura della Scrittura Occulta o dei Segni di Luce , o, ancora, penetrazione del regno di coloro che sono. Ci si trova di faccia a degli esseri immateriali e pur viventi e possenti. Sarebbero gli universali concreti, gli di - nella volont dei quali risiederebbe la ragion sufficiente di ci che, a posteriori, appare come leggi di natura, leggi organiche, forze collettive storiche - di razza, di tradizione, di religione, di nazione etc. : enti concreti colti direttamente dallo sguardo sovrasensihile di un Io integrato, dei quali gli universali della scienza sarebbero semplici miti mentali, astratti dalla molteplicit in cui la loro legge e la loro volont si manifesta, apparendo sotto le categorie di spazio e di tempo. A questo punto l'iniziato pu assumere due distinte attitudini, dalle quali dipende che il mondo di "coloro che sono", ed anche il compito che egli ulteriormente pu proporsi, appaia in un modo ovvero in un altro. La prima di cotali attitudini quella teosofico-contemplativa o intellettuale (nel senso neoplatonico dei termini), per cui l'esperienza colta nel suo aspetto apollineo o estetico - e un conoscere, un comprendere, un liberarsi in funzione di una eterna armonia, di una comunione di essenza, sino alla suprema identit dello spirito nello spirito cosmico, diviene il senso del telos iniziatico. L'altra attitudine quella magica, dalla quale l'esperienza viene assunta nel suo momento dionisiaco e dinamico. Mentre nel primo caso, in relazione al mondo di coloro che sono , nasce una evidenza sovrasensibile che tutto ci che disarmonia, antitesi, lotta soltanto un aspetto superficiale ed illusorio, rispetto ad una pi profonda armonia, nel secondo caso invece tutto ci che armonia che risulta quale aspetto superficiale ed esteriore di una realt radicalmente tragica, lottante, pluralistica. All'occhio, destato alla visione sovrasensibile, del mago il

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mondo spirituale si rivela come quello di un insieme di potenze allo stato libero, potenze che non hanno attributi, che sono soltanto s stesse in pura natura di folgorazioni e di lampeggiamenti. Termini, come fulminee, voraginose, spaventevolmente pure, non ne possono, essi stessi, che dare una lontana suggestione. Ognuna di tali potenze in tanto , in quanto mantiene la propria individualit, resistendo alle altre che andrebbero ad attrarla ed organizzarla sotto di loro. Nessun piano provvidenziale , nessuna legge di ordine, data a priori, che il dinamismo delle varie forze andrebbe semplicemente ad eseguire, in questo mondo allo stato libero: ci che sta prima sono invece questi poteri, ed ogni legge ed ogni ordine nulla pi che un prodotto di organizzazione, che il segno di un potere pi vasto il quale riuscito a travolgere, riprendere ed unificare altri sotto di s, riducendo cos l'originario caos delle forze molteplici e lottanti. La lotta, tuttavia, qui ha un senso tutto speciale, libero da tutto ci che odio e violenza: come un mettersi faccia a faccia di presenze, come un incontrarsi e misurarsi di gradi di essere , di quanta di intensit. Nessuna potenza vuole, in senso stretto, travolgere e dominare le altre, ma ci procede in via naturale, in virt del pi alto grado di essere che le proprio, il quale vortice in cui irresistibilmente sono attratte, riprese e subordinate le potenze minori che si mettano in rapporto con essa. In questo mondo materiato di tensione non vi divario: non subordinare essere subordinato. Mantenere la propria autonomia vincere - e ci qui vuol dire: resistere. Un principio fondamentale in magia afferma appunto che ci che investe un ente e non riesce a travolgerlo, da esso fatalmente travolto e ripreso nella sua legge. Chi calca la Via Regia della magia, pertanto, al luogo della contemplazione o della subordinazione e dell'obbedienza alla legge delle superiori entit, chiamato ad affermarsi dinnanzi ad esse, come condizione, di l dalla sopravvivenza, dell'immortalit. Ma a ci, secondo quanto si detto, gli occorre vincerle, cio strappar loro il quantum di fato che esse reggono per trasferirne su s, come sur una pi vasta consistenza, il peso e la responsabilit. Da qui una serie di prove, in cui vi pu esser vittoria come vi pu essere catastrofe; da qui una vita estremamente pericolosa fra un mondo di voragini, di cicloni, di folgoranze spirituali sempre pi fulminee e travolgenti, da sfera a sfera, da durezza a durezza ancora pi dura, forte, irresistibile. Il grado in cui si saputo procedere e tener fermo, misura e fissa il posto e la dignit di un essere nella gerarchia cosmica. Posto che esser pu anche il primo, giacch in questa esperienza il principio supremo non tale di diritto, ma semplicemente per essere la pi alta delle potenze - cio la potenza che fmora non ne ha incontrata una maggiore. La leggenda del Re dei Boschi di Nemi, la cui dignit passava a chi sapesse sorprenderlo ed ucciderlo, la dichiarazione di Patanjali, che gli Di sono nemici dello yogi, lo strano detto che il discepolo uccide il Maestro - sono alcune allusioni a questo ordine di cose, di cui, per ragioni facili ad intuirsi, poco o nulla trapelato non pure fra i profani, ma anche fra le scuole occultistiche di colorito gnostico e mistico. Un Io che in nessun punto viene meno alla tensione, che in nessun punto indietro rispetto alla marea vertiginosa delle energie cosmiche che, destate e scatenate dal suo procedere, tenderebbero a sbalzarlo via, ma simultaneamente crea s in esatta, coestensiva quantit di sufficienza che le incatena e le fissa - il telos delle iniziazioni magiche: un essere regale e solare, pi forte della natura, dominatore degli di, di l dallo stato di nascita e morte.

L'incertezza nella scelta tra due modi diversi di affrontare "il regno di coloro che sono", secondo quelle che Evola ha definito, rispettivamente, l'attitudine teosofico-contemplativa e l'attitudine magica, venne espressa nella forma del seguente dialogo lirico, dedicato a Paul Valery, da Emilio Servadio, nel n 7/1930 della rivista la Torre, diretta da J.Evola.

Emilio Servadio LEDA O I DUE MONDI


ANCELLA Regina, la nuvola che oscurava il sole si allontana verso la montagna. Vedi! L'ombra sale sul verde inesorabilmente, e spaventa gli alberi. Gli uccelli non cantano pi. Attendono che l'altro lembo del velo funereo si sollevi, e che il prato riemerga. O regina, ma il giardino d'oro, e i fiori tremano di beatitudine! LEDA Non di beatitudine, carissima: tremano di attesa. Gi un evento trascorso, e un altro insorge. Questi gigli, li sento mormorare prima che un alito caldo li commuova, e tremano gi come piume. E il vento s'indugia ancora laggi, a sospingere l'una contro l'altra le foglie tonde, sullo stagno. Andiamo, e vedrai che tutto il giardino profeta, perch vive dell'attimo che verr, non di quello che passa. Tuto ci che esiste anelito e trepidazione. ANCELLA Eppure... LEDA Carissima, che cos' un fiore? ANCELLA un'idea di fiore che si rivela. LEDA O bambina, bambina! Non vedi che il vento accorre, s'abbatte sul cespo, tutto lo carezza, lo abbraccia, lo riesprime? Che cos' questo giglio? Or' un istante si drizzava immobile e bianco, come un pallido volto ignaro, e i petali facevan corona allo stame, staccati e diversi. Avresti potuto crederlo, per un momento, una

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divinit eterna. E ora! Guarda: lo stelo ondeggia, descrive verso il suolo dei piccoli archi, che cessano d'esistere appena compiuti. Si rialza. Oscilla. I petali si schiacciano e urgono contro lo stame, i loro contorni delicati s'arruffano. Mille aspetti tu vedi, di una espressione cui sarebbe folle dare un nome solo. Gglio, questo turbinoso mutar di aspetti, in cui la linea si spezza, il colore si dissolve, e tutto non pi che un vortice lento e infrenabile? Tu gli dai un nome, e credi trattenerlo. Lo chiami giglio, ed l'infinito che passa. ANCELLA Regina, io non ti credo. LEDA Non crede chi non sa. Dimmi il tuo pensiero, carissima. ANCELLA Io credo nelle idee immutabili e inesprimibili, a cui tenta rassomigliare tutto ci che vive. Credo che la forma del gglio preesistesse al giglio, e cos quella della luna, del fuoco, del mare e del sole. Credo che quel che tu chiami, regina, mutazione sfrenata, fluire senza legge, ad altro non sia pari che alla danza lieve della cortde, che si libra sull'alluce, volteggia, s'abbandona, e sembra evadere dal preciso canone della melde, che invece, infrangibile, la trattiene e la sospende. LEDA Ascolta: stanotte ho avuto un sogno dolce e raro. Mi trovavo, credo, in una cripta vasta e bianca, e giungeva al mio orecchio, invariato come una nenia, un respiro di mare che passava in alto, oltre la volta, si spingeva sino a orizzonti senza linea, tornava, riprendeva la sua corsa tumultuosa. Mi volgevo, guatando in silenzio i muri candidi e colossali, e scorgevo eretto in un angolo, quasi muto signore d quell'incredibile regno, il simulacro d. un do ridente. O il suo volto! ne ricordo l'espressione di calma acuta, di sovranit totale. Il suo riso pareva significare fremito incontenibile, la pura linea del volto, armonica precisione. E io ebbi per un momento il senso che tutto potesse esaurirsi nel contemplare quel mondo candido ed esatto, e nell'ascoltare il ritmo superiore e invisibile degli oceani. Ma improvvisamente, scaturito da qualche profondit sconosciuta, mi assill il torbido desiderio d spezzare quella calma, di evadere da quelle mura troppo armoniose, di fuggire oltre la sottile parabola della gran volta, e d distruggere, s, distruggere quel simulacro che m'abbacinava e mi teneva estatica sotto il suo dolce sguardo di metallo! ANCELLA Spavento! LEDA E levato il braccio, colpii la statua nel petto. Non mi fu necessaria molta forza: come il ferro arroventato scioglie il ghiaccio, il marmo parve dissolversi al tocco delle mie dita, svanire subitamente. I muri arretrarono a un primo istante, e si squassarono come presi d'orrore. Si allontanarono quindi svanendo anch'essi d'un subito, e io mi trovai rapita vertiginosamente da un'ombra bianca come il latte, che mi traeva verso inesistenti mete, sollevandomi ora alle nuvole, ora sommergendomi e lasciandomi sprofondare in molli abissi candidi e vellutati. E l'esser cosi trasportata come da un pericolo innocente, da una forza terribile ma scevra di passione, mi era insieme voluttuoso e tremendo, e avrei voluto fuggire e restare insieme, concedermi e ribellarmi... E venne a un tratto il risveglio. Carissima, non era un sogno. ANCELLA Che dici, Regina? LEDA Ti dico che ora, so: il sogno altro non che un'introduzione della verit. E ora io vedo: non esste la forma, l'immobile una parvenza. E ora ho appreso l'amore, e ho appreso l'odio, che non sono se non due aspetti del sentire. Odio le forme immobili, le fuggo, ed esse mi richiamano; amo l'impalpabile e l'ineffabile e ne ho paura. Il candido abisso mi attira; chi mi tratterr? Carissima, circondami con le tue braccia prima ch'io mi senta morire. ANCELLA Regina, ma regina, che hai? Sei bianca, i tuoi occhi si rovesciano in alto. Che cosa vedi? Ti abbandoni... Dove sei? LEDA Penetra in me, dolce brivido, bianco soffio dell'Infinito!..

Frater Petrus Echi Filosofici Moderni della Visione Magica


La visione magica dell'esistenza, riesposta da "Oso" e Evola in forma adeguata ai tempi attuali, ha diverse dottrine in parte concordanti, nell'ambito della filosofia moderna. Considerando il primo periodo postkantiano, si ha il caso della metafisica di Johann Friedrich HERBART (1776-1841). Questi elabor una dottrina, nella quale l'anima individuale interagisce con le altre anime e con gli altri "reali". A causa di tale interazione, i "reali" effettuano degli atti di "autoconservazione", che, nel caso delle anime, viene vissuto nella forma delle "rappresentazioni" mentali e delle loro combinazioni. (Introduzione alla Filosofia, 1813 e Metafisica Generale, 1828-29). Un idealista inglese, John Ellis MC TAGGART (1866-1925), ritiene che l'Io finito sia l'elemento ultimo e irriducibile della realt e che i vari Io siano eterni. L'assoluto non che l'unit di questi Io. Inoltre, come unit di un sistema di Io, l'assoluto non pu essere inteso come un Dio personale (Studies in Hegelian Cosmology, 1901). Un altro idealista inglese, Alfred Edward TAYLOR (1869-1945), famoso per i suoi studi su Platone, considera l'assoluto

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come una societ di individui, cio una "struttura" che ha come finalit l'unit dell'insieme, ottenuta "assegnando" a ciascun membro un posto in relazione a tutti gli altri (Elementi di Metafisica, 1903). Lo spiritualista italiano Bernardino VARISCO (1850-1933) mette in evidenza che, perch l'universo sia mutevole nel tempo, necessario che esso sia fondato su una pluralit di "centri di spontaneit", legati dall'unit dell'Essere, ma in una certa misura indipendenti e perci fonti di un accadere effettivo. La variazione spontanea di ogni centro interferisce con quelle di tutti gli altri centri e tale interferenza costituisce il fenomeno, il fatto oggettivo (Massimi Problemi, 1909 e Conosci Te Stesso, 1912). Nell'ambito del pragmatismo americano, William JAMES (1842-1910) ritiene che la visione spiritualistica esiga un universo pluralistico, nel quale la molteplicit e l'indipendenza relativa degli esseri renda possibile l'indeterminazione e la libert. Di conseguenza, il progresso non pu essere che la risultante della cooperazione degli sforzi. In un universo di questo tipo, secondo James, Dio non pu essere concepito come onnisciente e onnipotente, ma come un Dio limitato e con funzioni non del tutto dissimili da quelle degli enti minori (A Pluralistic Universe 1909). Benedetto CROCE (1866-1952), nella sua Filosofia della Pratica (I ed.1909), mette in evidenza la distinzione tra le volizioni-azioni dei singoli individui e l'accadimento, considerando quest'ultimo come la risultante di quelle. Dice, infatti, Croce: "L'azione l'opera del singolo, l'accadimento l'opera del Tutto: la volont dell'uomo, l'accadimento di Dio. O, per mettere questa proposizione sotto forma meno immaginosa, la volizione dell'individuo come il contributo ch'esso reca alle volizioni di tutti gli altri enti dell'universo e l'accadimento l'insieme di tutte le volizioni, la risposta a tutte le proposte" (ibid. Bari, ed. 1950).

In connessione con quanto accennato in "Appunti sul Logos" sull'intuizione spirituale e sul tempo vissuto come "eternit", ma anche in relazione con le pratiche esoteriche notturne, proponiamo la lettura dei seguenti estratti dalla conferenza "Eternit ed Attimo", tenuta da R. Steiner a Monaco il 29 Agosto del 1912.

R. STEINER ETERNITA' E ATTIMO

La Tentazione del Tempo Ieri, con le inadeguate parole che abbiamo a disposizione, ho tentato di caratterizzare come avvenga l'uscita dal corpo

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fisico per arrivare a sperimentare e sentire nel corpo eterico o elementare e in quello astrale. Ho osservato che il sentirsi nel corpo elementare o eterico suscita l'impressione di un effondersi negli spazi universali, pur conservando la coscienza che tale espandersi muove da un punto centrale, dalla propria corporeit, per fluire in ogni direzione verso l'infinito. Lo sperimentare nel corpo astrale si presenta invece come un balzo fuori di s stessi e un immergersi nel corpo astrale; si sente ormai realmente di sperimentare fuori della propria corporeit fisica; ci che si chiamava s stessi viene ora sentito come qualcosa di esterno, qualcosa che sta fuori. Si in qualcosa d'altro... Per chi abbia fatto i relativi passi verso l'iniziazione quel che ho qui descritto, e cio il penetrare nei mondi spirituali, pu avvenire durante la vita diurna, ma pu anche verificarsi altrimenti;...Come risultato degli esercizi che conducono ai primi passi dell'iniziazione, pu dunque accadere che si rischiari, che si illumini la coscienza del sonno di solito incosciente. Cos si entra nei mondi delle gerarchie superiori, si sente di appartenervi...Si pu paragonare solo un'esperienza del mondo sensibile con quella che si determina nel mondo delle gerarchie. solo un paragone, ma esso potr servire. Supponiamo di appartarci in qualche luogo col proposito non di pensare faticosamente all'una o all'altra cosa, ma di non pensare a nulla di particolare. Ma ecco, non evocato, in noi affiora un pensiero. Esso s'impadronisce della nostra anima e la colma tanto che sentiamo di non poter pi far distinzione fra quel pensiero e noi stessi; siamo del tutto congiunti col pensiero che sorto in noi. Abbiamo il sentimento che il pensiero vive e trae seco la nostra anima, essa unita con quel pensiero, ma si potrebbe altrettanto bene dire che il pensiero nella nostra anima o che la nostra anima nel pensiero. In questo modo si sperimenta nel mondo dei sensi qualcosa di analogo a come si conoscono gli esseri delle gerarchie superiori. Le espressioni: essere accanto a quelle entit o fuori di loro perdono ogni senso. Si con loro come i pensieri sono in chi li pensa, non per da poter dire: i pensieri sono in me, ma da poter dire: i pensieri si pensano in me. Gli esseri sperimentano se stessi nell'uomo, ed egli partecipa al loro sperimentarsi. Egli in loro, tutt'uno con loro, cos da aver tutto il proprio essere effuso nella sfera in cui essi vivono e da partecipare alla loro vita, sapendo che in queste esperienze quegli esseri sperimentano se stessi... Si ha cio l'impressione che assurdo esprimere il nesso col mondo nel quale ci si trova effusi con parole che sono invece ovvie per il mondo dei sensi. Ad esempio i termini prima e dopo cessano di avere un senso. Nel sonno infatti non si sente: prima ci si addormenta e dopo verr il risveglio, ma certe esperienze iniziano con l'addormentarsi e poi si sviluppano. Quando per si ha un determinato numero di esperienze, in un certo senso ci si trova di nuovo al punto di partenza, non per allo stesso punto di quando si era entrati nel sonno. Volendo parlare di prima e dopo, e valendoci di una immagine grafica [un segmento rettilineo], diremo che il prima in A e il dopo in B. Qui [nel punto A] si ha l'impressione: ad addormentarmi sono io... e il poi non gi pi esatto. Si sono infatti svolte vicende in base alle quali il prima e il dopo perdono significato. Dopo un certo tempo (ma dire dopo non esatto) ci si ritrova nel punto in cui gi si era, ci si ritrova di fronte a s stessi, come se si fosse usciti dalla corporeit, si fosse andati intorno e ci si guardasse da fuori. Ci si ritrova dunque all'incirca al punto in cui si era al momento dell'uscita dalla corporeit, ma ci si ritrova di fronte a se stessi; si mutata la direzione. Poi (e di nuovo la parola usata come paragone) il processo si svolge ulteriormente ed come se si rientrasse nel proprio corpo e di nuovo si fosse in esso. Non si sperimenta un prima e un dopo, ma quel che si sperimenta pu anzi solo venir raffrontato a un moto circolare nel quale principio, met e fine possono solo venir usati come qualcosa che si fonde insieme. Come di ogni punto di una circonferenza che sia tracciata si pu dire che comincia qui e, dopo averla percorsa tutta intera, si pu dire che qui finisce (e lo si pu dire per tutti i suoi punti), cos di questa esperienza: non si ha l'impressione di sperimentare il tempo, ma di compiere un movimento circolare, di descrivere un ciclo con perdita totale del sentimento del tempo, quale regna nel mondo sensibile. Si sente soltanto: tu sei nel mondo, il mondo ha un fondamentale carattere ciclico, circolare. A un essere quindi che non fosse mai stato sulla Terra, non fosse mai sceso nel mondo sensibile, ma fosse sempre vissuto in quel mondo, non potrebbe venire in mente che il mondo abbia avuto un principio e possa muovere verso un termine. Quell'essere penserebbe sempre e soltanto un mondo circolare in s conchiuso; non avrebbe alcun motivo di dire di aspirare all'eternit, perch per lui tutto sarebbe eterno, nulla potrebbe suscitare l'impressione del trapasso dal temporaneo all'eterno. Tal sentimento di non temporaneo, di ciclico, sorge dunque a un certo gradino di chiaroveggenza o di vita del sonno cosciente, ma vi si congiunge una determinata aspirazione. Essa nasce perch nell'esperienza dei mondi superiori non si mai in riposo, ci si sente ovunque presi nel moto circolare, ci si sente in movimento perpetuo, senza sosta. L'aspirazione che si ha di potersi fermare in qualche punto, di poter in qualche punto entrare nel tempo. Direi che l'aspirazione opposta a quella sperimentata nel mondo dei sensi. Qui ci sentiamo sempre vivere nel tempo e aspiriamo all'eternit: nel mondo del quale ho parlato ci sentiamo nell'eternit e abbiamo un'unica aspirazione: Oh, potesse il mondo fermarsi un momento ed entrare nella temporalit! Il perpetuo movimento nel tutto e la nostalgia per il tempo, lo sperimentare s stessi nel divenire perpetuo, eternamente garante di s, e l'anelito a poter una volta in qualche modo uscirne: questi sono i sentimenti fondamentali che ivi si imparano a conoscere. Certo, applicando a tali cose i concetti del mondo sensibile, si ha pieno diritto di trovarle paradossali; non dobbiamo tuttavia lasciarcene sconcertare: significherebbe rinunciare a una descrizione vera dei mondi superiori, mentre sappiamo che, per accedere a quei mondi, occorre lasciare indietro non solo ogni altra cosa, ma anche le stesse descrizioni del mondo sensibile... Come dietro la percezione ordinaria del mondo sensibile si cela quello spirituale, cos dietro l'attimo si cela l'eternit. E come non mai possibile dire: qui cessa il mondo sensibile e comincia quello spirituale, ma quest'ultimo compenetra sempre il primo, cos pure la natura dell'eterno compenetra sempre l'attimo. L'eternit non viene sperimentata uscendo dal tempo, ma imparando chiaroveggentemente a sperimentarla nell'attimo. L'eternit ha la sua garanzia nello stesso attimo, perch vi contenuta. In base alla coscienza chiaroveggente, in nessun luogo del mondo si potr trovare un essere del quale dire che ha natura temporale oppure eterna. Per la coscienza spirituale non avrebbero senso le espressioni: qui vi un essere che temporale, oppure: qui vi un essere che eterno, ma avrebbe invece senso dire: ci che alla base dell' esistenza, attimo ed eternit, sempre e ovunque...

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Frater Petrus Il Pane Celeste

Lo spirito alimenta i suoi corpi di manifestazione senza occuparsene contingentemente e senza alcuna difficolt. Il pane celeste , che un simbolo di tale potere dello spirito, , perci, in realt, la forma normale di nutrimento. Tuttavia l'essere decaduto non crede in tale potere ed costretto a cibarsi in maniera esteriore, per mezzo del pane terrestre e dell'alimento terrestre in genere. Il pane celeste pu assumere talora manifestazioni meno astratte, fruibili tramite i veicoli pi grossolani di manifestazione. Sotto tale veste pi grossolana classificabile in esteriore ed interiore. Il primo tipo un alimento che, pur ingerito attraverso la bocca, tuttavia non di origine terrena, ma appare nel mondo umano in circostanze extranormali. Un celebre esempio quello biblico della manna. Il secondo tipo di alimento puramente interiore e viene generalmente reso operativo per mezzo di pratiche immaginali. L'elisir interiore degli alchimisti probabilmente l'esempio pi noto.

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