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Storia sociale dellarte

di Arnold Hauser

Storia dellarte Einaudi

Edizione di riferimento:

Arnold Hauser, Storia sociale dellarte. Volume terzo. Rococ Neoclassicismo Romanticismo e Volume quarto. Arte moderna e contemporanea, trad. it. di Anna Bovero, Einaudi, Torino 1956 e 1987
Titolo originale:

Sozialgeschichte der Kunst und Literatur, C. H. Beck, Mnchen

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Indice

ROCOC NEOCLASSICISMO ROMANTICISMO VI.

Il Romanticismo in Germania e nellEuropa occidentale

ARTE MODERNA E CONTEMPORANEA I. II. III. IV.

La generazione del 1830 Il Secondo Impero Il romanzo sociale in Inghilterra e in Russia Limpressionismo

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Capitolo sesto Il Romanticismo in Germania e nellEuropa occidentale

Il liberalismo ottocentesco identific il romanticismo con la Restaurazione e la reazione. Questa connessione, anche se non mancava di qualche legittimit, specie per quel che riguarda la Germania, fin per provocare, in generale, unerrata visione storica. Questa pot essere rettificata soltanto quando si cominci a distinguere tra il romanticismo tedesco e quello dellEuropa occidentale, riconducendo il primo a tendenze reazionarie, il secondo a tendenze progressiste. Il quadro che ne deriv, bench ancora semplicistico per molti aspetti, risult assai pi vicino al vero, poich, politicamente, n luna n laltra forma di romanticismo furono chiare e coerenti. Pi tardi infine, con pi aderenza alla realt, si distinsero nel romanticismo tedesco, come in quello francese e in quello inglese, una fase primitiva e una pi tarda, una prima e una seconda generazione. Si constat che in Germania e nellOccidente europeo lo sviluppo seguiva direzioni diverse e che il romanticismo tedesco da inizi rivoluzionari si svolgeva poi in senso reazionario, mentre quello dellEuropa occidentale da posizioni legittimistiche e conservatrici si accostava progressivamente al liberalismo. Il quadro era esatto, ma piuttosto infruttuoso per una determinazione del concetto di romanticismo. Infatti il movimento romantico ebbe questo di caratteristico, che in s non rappresentava una

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ideologia rivoluzionaria o conservatrice, progressista o reazionaria, ma alluna o allaltra di queste posizioni giungeva per una via irreale, irrazionale, non dialettica. La passione rivoluzionaria restava nel romanticismo qualcosa di estraneo al mondo, esattamente come lopposto atteggiamento conservatore; lentusiasmo per la Rivoluzione, Fichte e il Wilhelm Meister di Goethe era in esso atteggiamento tanto ingenuo, tanto lontano dalla conoscenza delle vere forze motrici dellevoluzione, quanto il fanatismo per la Chiesa e il Trono, la cavalleria e il feudalesimo. Dappertutto vi furono romantici rivoluzionari e altri devoti allantico regime e alla Restaurazione. Danton e Robespierre furono astratti dogmatici quanto Chateaubriand e De Maistre, Grres e Adam Mller. Friedrich Schlegel fu un romantico da giovane, quando si esaltava per Fichte, il Wilhelm Meister e la Rivoluzione, come da vecchio, quando applaudiva Metternich e la Santa Alleanza. Quanto a Metternich, non era un romantico, bench tradizionalista e conservatore; egli lasci ai letterati il compito di elaborare il mito dello storicismo, del legittimismo e del clericalismo. un realista chi sa quando lotta per i propri interessi e quando fa concessioni agli interessi altrui; ed un dialettico chi riconosce che ogni situazione storica comporta un complesso di motivi e di impegni che non si possono eludere. Il romantico, pur con tutta la sua comprensione del passato, ignora la storicit e la dialettica del presente; non capisce chesso sta fra passato e futuro e presenta un insolubile contrasto di elementi statici e dinamici. La definizione di Goethe per cui il romanticismo incarna il principio della malattia un giudizio che, cos comera inteso, difficilmente era accettabile alla luce della recente psicologia acquista un senso nuovo e riceve una nuova conferma. Infatti, se effettivamente il romanticismo vede solo un lato di una situazione piena

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di tensioni e di contrasti, se non considera che un solo fattore della dialettica storica, accentuandolo a spese dellaltro, se infine mostra una tale unilateralit, una reazione cos esagerata, una mancanza di equilibrio psichico, si ha ragione di chiamarlo morboso. Infatti, perch esagerare e svisare le cose, se non ne siamo turbati, impauriti? Things and actions are what they are, and the consequences of them will be what they will be; why then should we wish to be deceived? [Cose e azioni son quel che sono, e le loro conseguenze saranno quel che saranno; a che dunque volersi illudere?], domanda il vescovo Butler, caratterizzando cos nel miglior modo il sereno e sano realismo settecentesco, alieno da ogni illusione1. Da questo punto di vista il Romanticismo appare sempre una menzogna, un autoinganno che, come dice Nietzsche a proposito di Wagner, non vuol sentire i contrasti come contrasti e afferma a gran voce proprio quello di cui dubita di pi. La fuga nel passato non la sola forma dellirrealismo e dellillusionismo romantico; c anche una fuga nel futuro, nellutopia. Quello a cui si aggrappa il romantico , in ultima analisi, senza importanza; quel che importa la sua paura del presente, dellimminente cataclisma. Il romanticismo impront di s tutta unepoca, e ne ebbe chiara coscienza2. Esso costitu una delle pi importanti svolte nella storia dello spirito occidentale, e di questa sua funzione storica fu pienamente consapevole. Dallet gotica in poi lo sviluppo della sensibilit mai aveva subito impulso pi energico, e il diritto dellartista a seguire la voce del suo sentimento e della sua natura non era mai stato accentuato con tale risolutezza. Il razionalismo, che a cominciare dal Rinascimento aveva senza soste guadagnato terreno, raggiungendo nellet dei lumi una validit universale in tutto il mondo civile, conobbe il pi grave scacco della sua storia. Dopo la fine del trascendentalismo e del tradi-

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zionalismo medievale mai era accaduto che si parlasse con tanto disprezzo della ragione, della vigile e misurata intelligenza, della volont e della facolt di dominarsi. Those who restrain desire do so because theirs is weak enough to be restrained [Coloro che frenano il desiderio, cos fanno perch il loro abbastanza fiacco per essere frenato], dice persino Blake, che pure certamente non approvava lo sfrenato sentimentalismo di un Wordsworth. Se come principio della scienza e della pratica il razionalismo ha potuto presto riaversi dagli attacchi romantici, larte occidentale per rimasta romantica. Il romanticismo non stato soltanto un generale movimento europeo, che luna dopo laltra ha conquistato tutte le nazioni, creando infine quelluniversale linguaggio letterario, comprensibile in Russia e in Polonia come in Francia e in Inghilterra: al pari del naturalismo dellet gotica e del classicismo del Rinascimento, esso si rivelato uno di quei movimenti che rimangono come fattori costanti dellevoluzione storica. Effettivamente non c prodotto dellarte moderna, n impulso sentimentale, n impressione o stato danimo delluomo della nostra epoca, che non debba la sua sottigliezza e ricchezza di sfumature a quelleccitabilit che nel romanticismo ha la sua prima origine. E ad esso risalgono tutta lesuberanza, lanarchia e la violenza dellarte moderna, il suo ebbro e balbettante lirismo, lesibizionismo senza freno n riguardo. E questo atteggiamento soggettivo, egocentrico, diventato per noi cos naturale, cos inevitabile, che non possiamo neppure esporre un astratto sviluppo di idee senza parlare delle nostre sensazioni3. La passione intellettuale, il pathos della ragione, la fecondit artistica del razionalismo sono cos completamente caduti in oblio, che anche larte classica la possiamo intendere soltanto come espressione di un sentimento romantico. Seuls les romantiques savent lire les ouvrages classiques,

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parce quils les lisent comme ils ont t ecrits, romantiquement [Solo i romantici san leggere le opere classiche, perch le leggono come sono state scritte, romanticamente], dice Marcel Proust4. Artisticamente tutto lOttocento dipende dal romanticismo, ma questo a sua volta era un prodotto del Settecento, e non aveva mai perduto la coscienza del suo carattere di transizione e della sua problematica posizione storica. LOccidente conobbe molte altre crisi, analoghe e pi gravi, ma non ebbe mai cos vivo il senso di trovarsi a una svolta della storia. Certo non era la prima volta che una generazione assumeva un atteggiamento critico di fronte al proprio tempo e rifiutava le forme tradizionali della cultura, perch in esse non poteva esprimere il proprio mondo spirituale. Anche in epoche anteriori era accaduto che si avesse il senso di un invecchiamento e si desiderasse un generale rinnovamento, ma nessuno aveva mai pensato di porre in dubbio il significato e la ragion dessere della propria civilt, chiedendosi se veramente si potesse giustificare la particolare fisionomia e se rappresentasse un elemento necessario nel complesso della civilt umana. Il senso romantico di un risorgimento non era certo cosa nuova; la Rinascita laveva ben conosciuto e gi il Medioevo era stato agitato da pensieri di rinnovamento e fantasie di resurrezione, il cui oggetto era lantica Roma. Ma nessuna generazione ebbe mai cos forte il senso di essere erede e discendente, n cos netto il desiderio di restaurare e richiamare a nuova vita tempi remoti e una perduta civilt. Il romanticismo cerca continuamente nella storia reminiscenze e analogie e trova il pi forte stimolo in ideali, che crede gi attuati nel passato. Ma il suo rapporto con il Medioevo alquanto diverso da quello del neoclassicismo con lantichit: il neoclassicismo vede nei Greci e nei Romani semplicemente un esempio, il romanticismo invece conserva sempre il senso del dj

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vcu. Esso ricorda le et remote come una preesistenza. Questo sentimento per altro non prova affatto che romanticismo e Medioevo fossero pi affini tra loro di quanto fossero antichit e neoclassicismo, anzi prova il contrario. Quando un benedettino studiava il Medioevo, si dice in una recente, acuta analisi del romanticismo, non si domandava a che cosa questo gli servisse e se nel Medioevo si vivesse pi felici e pi vicini a Dio. Poich egli stesso si trovava ancora nellambito di quella fede e di quellorganizzazione ecclesiastica fondamentali per il Medioevo, di fronte alla religione poteva esser miglior critico di un romantico, che si trovava a vivere in un secolo rivoluzionario, in cui ogni fede era scossa e tutto posto in discussione5. Non si pu disconoscere che nellesperienza storica dei romantici si esprima un morboso timore del presente e un tentativo di evasione. Ma non ci fu mai psicosi pi feconda. Ad essa i romantici debbono la loro sottigliezza e chiaroveggenza di fronte alla storia, la loro sensibilit nel cogliere le pi remote analogie, nel tentare le pi difficili interpretazioni. Senza questa iperestesia, il romanticismo non sarebbe riuscito a stabilire i grandi nessi nella storia dello spirito, a definire la civilt moderna di fronte allantica, a riconoscere nel cristianesimo la gran cesura della storia occidentale e a scoprire il comune carattere romantico delle civilt derivate dal cristianesimo, individualistiche, riflesse, piene di problemi. Senza la coscienza del proprio tempo cos viva nei romantici, senza il continuo problema del presente che domina il loro pensiero, tutto lo storicismo dellOttocento sarebbe inconcepibile, e con esso una delle pi profonde rivoluzioni nella storia dello spirito. Fino allet romantica, nonostante Eraclito e i sofisti, il nominalismo scolastico e il naturalismo rinascimentale, il dinamismo delleconomia capitalistica e i progressi della critica storica nel Settecento, lOccidente ebbe del

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mondo unimmagine sostanzialmente statica, parmenidea, astorica. I fattori determinanti della civilt umana, i princip razionali dellordinamento naturale e soprannaturale, le leggi morali e logiche, lidea della verit e del diritto, il destino delluomo e il fine delle istituzioni sociali furono, in fondo, concepiti come qualcosa di essenzialmente chiaro e immutabile nel suo significato, eterne entelechie, o idee innate. Rispetto alla stabilit di questi princip, ogni mutamento, ogni sviluppo e differenziazione apparivano irrilevanti ed effimeri; tutto quel che si svolgeva nei tempi storici pareva non toccare che la superficie delle cose. Solo a partire dalla Rivoluzione e dallet romantica si cominci a sentire la natura delluomo e della societ come essenzialmente dinamica e in continua evoluzione. La concezione che noi e la nostra civilt siamo coinvolti in un eterno fluire e in una lotta senza fine, il pensiero che la nostra vita spirituale ha il carattere transitorio di un processo, una scoperta del romanticismo e ne costituisce il pi valido contributo al pensiero del nostro tempo. noto che il senso storico gi nellet preromantica non solo era vivo e vigile, ma agiva come una forza motrice dellevoluzione. E lilluminismo, che produsse storici quali Montesquieu, Hume, Gibbon, Vico, Winckelmann e Herder, non solo oppose alla rivelazione lorigine storica dei valori civili, ma anche presenti la relativit di questi stessi valori. Era certo un pensiero corrente per lestetica del tempo che ci fossero pi tipi equivalenti di bellezza e che il concetto stesso di bellezza fosse variabile come variabili erano gli aspetti della vita, insomma che fosse vero che un dio cinese ha il ventre grosso come quello di un mandarino6. Tuttavia la concezione storica dellilluminismo rimane legata allidea base che nella storia si dispieghi una ragione sempre identica a se stessa, in un processo che tende a una meta sicura, discernibile fin dagli inizi. Il Settecento dunque

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non fu antistorico, perch indifferente alla storia o ignaro del carattere storico della civilt umana, ma perch fraintese la natura del divenire, immaginandolo come un processo continuo e rettilineo7. Friedrich Schlegel il primo a riconoscere che i rapporti storici non sono di natura logica, e Novalis il primo a sottolineare che la filosofia radicalmente antistorica. Ma soprattutto la consapevolezza che esiste qualcosa come un destino storico e che noi siamo quelli che siamo, perch guardiamo indietro a un tal passato, una conquista dellet romantica. Pensieri di questa specie e lo storicismo che essi riflettono erano lontanissimi dallilluminismo. Lidea che la natura dello spirito umano, delle istituzioni politiche, del diritto, del linguaggio, della religione e dellarte si possa comprendere solo attraverso la loro storia e che il processo storico rappresenti la sfera in cui tali creazioni appaiono nel modo pi diretto, pi puro e pi reale, sarebbe stata semplicemente inconcepibile prima del romanticismo. Ma dove menasse lo storicismo risulta forse nel modo pi chiaro dalla formula acutamente paradossale di Ortega y Gasset: Luomo non ha una natura, ha solo una storia8. Sulle prime non suona incoraggiante; tuttavia anche qui, come sempre nel movimento romantico, si tratta di un atteggiamento ambivalente: ottimismo e pessimismo, attivismo e fatalismo possono ugualmente richiamarvisi. Insieme con larte ermeneutica, la prontezza a cogliere i nessi storici, la sensibilit per tutto ci che nella storia problematico e suscettibile di diversa valutazione, abbiamo ereditato dal romanticismo anche la mistica del concetto, la sua tendenza a personificare e mitologizzare, le forze storiche; in altre parole, lidea che i fenomeni storici non siano altro che le funzioni, le manifestazioni e le incarnazioni di princip autonomi. Per questo modo di pensare stata escogitata la formula molto calzante ed espressiva di logica emanatistica9

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con la quale si coglie non solo lastratta concezione storica, ma anche linconscia metafisica spesso implicita in un tal metodo. Secondo questa logica la storia appare come una sfera dominata da potenze anonime, un substrato di idee sublimi che solo incompiutamente si esprimono nei singoli fenomeni storici. E questa metafisica platonica si manifesta non solo nelle teorie romantiche ormai superate dello spirito popolare, dellepos popolare, delle letterature nazionali e dellarte cristiana, ma ancora nel concetto dellintento artistico (Kunstwollen). Infatti anche Riegl in certa misura ancora affascinato dalla mistica del concetto e dalla visione pneumatica della storia propria del romanticismo. Egli immagina lintento artistico di unepoca come una persona che agisce e realizza il suo proposito spesso contro la pi energica opposizione, e talvolta riesce a farsi strada senza che i suoi esponenti ne abbiano coscienza, anzi addirittura contro la loro volont. Negli scritti di Riegl gli stili ci appaiono come individui a s stanti, inconfondibili e incomparabili, che vivono, muoiono e, soccombendo, vengono sostituiti da altri stili ugualmente individuali. La storia dellarte, come, coesistenza e successione di tali fenomeni stilistici che richiedono di essere giudicati ognuno secondo una loro propria misura, e hanno il loro valore nella loro stessa individualit, in certo modo il pi puro esempio della concezione romantica della storia, che personifica le forze storiche. In realt le creazioni pi importanti e pi vaste dello spirito umano non risultano quasi mai da una simile evoluzione, che fin dallinizio procede rettilinea verso un fine prestabilito. Lepos omerico e la tragedia attica, larchitettura gotica e il teatro shakespeariano non sono certo lesplicazione di un intento artistico netto e coerente, ma il casuale prodotto di esigenze specifiche, determinate dal tempo e dal luogo, e di una serie di mezzi preesistenti, spesso sostanzialmente estranei e

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inadeguati. Sono, in altre parole, il prodotto di graduali innovazioni tecniche che spesso possono deviare dal disegno originario, e altrettanto spesso avvicinarvisi, di effimeri motivi occasionali, di trovate improvvise, desperienze personali che a volte non hanno alcun rapporto con il vero compito dellartista. La teoria dellintento artistico ipostatizza come idea determinante il risultato ultimo di questa evoluzione, che in s tutta discontinua ed eterogenea. Ma anche la teoria della storia dellarte senza nomi, proprio perch elimina le personalit reali come fattori determinanti dellevoluzione, non che una forma di quella metafisica che conferisce al concetto una realt e personifica le forze storiche. In essa la storia dellarte diventa un processo che si svolge secondo un suo intimo principio vitale e non tollera laffermarsi dellautonoma personalit artistica, come un organismo animale non tollererebbe lemancipazione dei singoli organi. A posizioni analoghe si pu giungere infine anche col materialismo storico. Se con esso semplicemente si intende che nelle varie creazioni dello spirito non si esprimono se non i caratteri propri dei mezzi di produzione di ogni epoca e si vuol significare che la realt economica esercita nella storia un dominio non meno assoluto di quello dellintento artistico o dellimmanente legge formale dellidealismo, chiaro che in questo caso non si fa che romanticizzare e semplificare il processo storico, in realt assai pi complesso; in altre parole si riduce anche la concezione materialistica della storia a una variante della logica emanatistica. Il vero senso del materialismo storico, e in questo esso costituisce il progresso pi significativo della storiografia dal romanticismo in poi, sta piuttosto nellintuizione che la storia non nasce da princip formali, da idee, da entit, cio non da sostanze che nel processo storico si dispieghino attraverso semplici modificazioni della loro natura fondamentalmente astorica; ma

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che invece lo sviluppo storico costituisce un processo dialettico in cui ogni fattore fluido, soggetto a continue trasformazioni. In esso nulla statico, nulla eternamente valido e neppure volto a un effetto unilaterale, ma tutti i fattori, materiali e spirituali, ideali ed economici, sono inscindibilmente interdipendenti, e, per quanto lontano si risalga nel tempo, non dato trovare situazione storicamente definibile che gi non risulti da un tal reciproco influsso di fattori. Anche leconomia pi primitiva gi organizzata; ci non toglie che la nostra analisi debba partire dalle premesse materiali che a differenza di quanto avviene per le forme dellorganizzazione intellettuale sono dati autonomi e comprensibili in s. Legato a un orientamento completamente nuovo della civilt, lo storicismo il risultato di un profondo mutamento dellesistenza e risponde al sovvertimento che ha scosso le basi della societ. La rivoluzione politica aveva abolito le antiche barriere fra le classi, la rivoluzione economica aveva reso la vita di gran lunga pi instabile. Il romanticismo fu lideologia della nuova societ ed espresse lanimo di una generazione che non credeva pi a valori assoluti, e non avrebbe ormai accettato alcun valore senza ricordarsi della sua relativit, del suo limite storico. Questa generazione vedeva tutto legato a premesse storiche poich si trovava a vivere tra il tramonto dellantica civilt e la nascita della nuova e di questo trapasso storico era partecipe come del suo proprio destino. Cos profonda era nellepoca romantica la consapevolezza della storicit in tutta la vita sociale, che anche i ceti conservatori, quando vollero dare un fondamento ai loro privilegi, seppero addurre ormai solo argomenti storici e per sostenere le loro pretese non poterono che vantare antiche, profonde radici nella storia della civilt nazionale. Ma, contrariamente a quanto pi volte stato detto, la visione storicistica non fu

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creata dai conservatori; questi non fecero che appropriarsela svolgendola poi in un senso tutto particolare, opposto a quello originario. La borghesia progressista vedeva nellorigine storica delle istituzioni sociali una prova contro il loro valore assoluto; i ceti conservatori, invece, che per fondare i loro privilegi non potevano che appellarsi ai diritti storici, allantichit e alla priorit, diedero allo storicismo un nuovo senso: velarono il contrasto tra storicit e validit sovratemporale, ma in cambio istituirono una sorta di opposizione fra il prodotto della evoluzione storica, cresciuto e affermatosi lentamente, e latto di volont spontaneo, razionale, riformatore. In questo modo allantica opposizione tra il tempo e leterno, la storia e lassoluto, si sostituiva quella tra il divenire organico e larbitrio individuale. La storia diventa il rifugio di tutti gli elementi in rotta col presente, minacciati nella loro esistenza materiale o spirituale; e prima di tutti degli intellettuali, che ora non solo in Germania, ma anche nei paesi dellOccidente europeo si sentono frustrati nelle loro speranze e defraudati dei loro diritti. Lesclusione da ogni efficacia politica, che finora era stata propria dellintellettuale tedesco, ora diviene sorte comune degli intellettuali anche nellOccidente. Lilluminismo e la Rivoluzione avevano incoraggiato lindividuo a speranze smisurate; essi sembravano garantire lillimitato dominio della ragione, e lassoluta autorit dei poeti e dei pensatori. Nel Settecento gli scrittori erano le guide spirituali dellOccidente; costituivano lelemento dinamico che dava vita alle tendenze riformatrici e incarnavano quellideale della personalit a cui tendevano i ceti progressisti. Le cose cambiarono con il concludersi della Rivoluzione. Ad essi fu imputata di volta in volta la responsabilit ora del troppo ora del troppo poco che la Rivoluzione aveva potuto cambiare, e in questo tempo di ristagno e di confusione non poterono conservare il

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loro prestigio. La soddisfazione morale dei filosofi settecenteschi rimase loro ignota, anche se erano daccordo con la reazione e la servivano lealmente. Ma i pi tra loro si vedevano completamente esautorati e si sentivano superflui. Cos si volsero al passato, in cui cercavano ladempimento dei loro desideri e dei loro sogni, e da cui eliminavano ogni tensione fra idea e realt, io e mondo, individuo e societ. Nelle sofferenze della vita ha radice il romanticismo, e cos si trover tanto pi romantico ed elegiaco un popolo, quanto pi infelice il suo stato, dice un critico liberale del romanticismo tedesco10. I tedeschi erano certo il pi infelice popolo dEuropa; ma dopo la Rivoluzione ben presto nessun popolo dellOccidente, o almeno gli intellettuali di nessun popolo poterono sentirsi protetti e sicuri nel proprio paese. E proprio il senso dellesilio e della solitudine fu lesperienza cruciale della nuova generazione, che ne ebbe cos determinata in modo durevole tutta la visione del mondo. Tale senso di solitudine assunse innumerevoli forme, e trov la sua espressione in tutta una serie di tentativi devasione, dei quali il ritorno al passato fu il pi tipico. La fuga nellutopia e nella favola, nellinconscio e nellimmaginario, nel sinistro e nel misterioso, il volgersi allinfanzia e alla natura, al sogno e alla follia, non erano che forme mascherate e pi o meno sublimate di uno stesso sentimento, della medesima aspirazione allirresponsabilit e allassenza del dolore; tentativi cio di evasione in quel caos e in quellanarchia contro cui il classicismo del Sei e del Settecento aveva combattuto ora con tono aspro e preoccupato, ora con spirito e con grazia, ma sempre con la stessa risolutezza. Il classicista si sentiva signore della realt; consentiva a lasciarsi imporre delle regole, perch egli sapeva imporle a se stesso e credeva che la vita potesse essere regolata. Il romantico invece respingeva ogni vincolo esteriore, era incapace di impegnarsi e si sentiva iner-

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me in balia della soverchiante realt, che perci spregiava e, a un tempo, divinizzava. Di fronte ad essa si comportava con prepotenza oppure le si abbandonava ciecamente e senza resistenza, ma restava inesorabilmente conscio della propria inferiorit. Ogni volta che i romantici analizzano la loro visione dellarte e della vita, sinsinua nelle loro frasi la parola nostalgia o lidea dellesilio. Novalis definisce la filosofia come nostalgia, come lansia, dovunque, di essere a casa, e la favola come un sogno di quel paese natio che dappertutto e in nessun luogo. In Schiller egli esalta il senso della patria che non di questa terra e Schiller a sua volta chiama i romantici esuli, che anelano alla patria. Perci essi parlano tanto di vagabondaggio senza meta n fine, del fiore azzurro che irraggiungibile e tale deve restare, della solitudine che si cerca e si fugge, dellinfinito che tutto e nulla. Mon cur dsire tout, il veut tout, il contient tout. Que mettre la place de cet infini quexige ma pense? [Il mio cuore desidera tutto, vuole tutto, contiene tutto. Che cosa sostituire a quellinfinito che il mio pensiero esige?] si dice nellObermann di Senancour. Ma evidente che quel tout non contiene nulla, e quellinfini non si trova in nessun luogo. Nostalgia e amor di terra lontana: ecco i sentimenti che si contendono lanima romantica; essa disprezza ci che vicino, soffre del suo isolamento fra gli uomini, ma li evita e cerca assiduamente quel che lontano e ignoto. Soffre perch estraniata dal mondo, ma afferma e vuole questa sua condizione. Per Novalis la poesia romantica questo: larte di suscitare un piacevole stupore, di fare un oggetto strano, e pure noto e attraente; per lui tutto diventa romantico e poetico se lo si allontana, tutto pu diventarlo se si d al consueto un aspetto misterioso, al noto la dignit dellignoto, al finito un senso infinito. La dignit dellignoto: ancora una

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generazione prima, anzi ancora pochi anni prima, quale uomo ragionevole avrebbe detto una simile assurdit? Si parlava della dignit della ragione, della conoscenza, del buon senso, del saggio e freddo realismo, ma la dignit dellignoto a chi sarebbe mai venuta in mente? Lignoto, si voleva domarlo e renderlo inoffensivo; esaltarlo ed elevarlo al di sopra di s sarebbe stato un suicidio intellettuale, unautodistruzione. Ma Novalis non si limita a dare una definizione di ci che romantico; suggerisce anche come essere romantici, perch al romantico non basta esser tale, ma del romanticismo egli fa una meta e un programma per la vita. Oltre che ritrarla in modo romantico, egli la vuole adattare allarte, cullandosi nellillusione di una utopistica esistenza tutta estetica. Questo significa anzitutto rendere la vita pi semplice e omogenea, liberarla dalla tormentosa dialettica di ogni realt storica, eliminarne le contraddizioni insolubili e indebolire le resistenze della ragione ai desideri irreali e alle fantasie. vero che ogni opera darte una visione, una trasfigurazione mitica della realt, dove lutopia si sostituisce alla vita; ma nel romanticismo questo carattere dutopia si esprime pi puro e senza contrasti che altrove. Il concetto dironia romantica si fonda essenzialmente sul riconoscimento che larte non che autosuggestione e autoinganno, e che si ha sempre chiara coscienza della sua natura fittizia. La definizione dellarte come consapevole illusione11 risale al romanticismo e a idee come quella espressa da Coleridge di una willing suspension of disbelief [Volontaria sospensione dellincredulit]12. Ma la scelta consapevole che alla base di tale atteggiamento ancora un tratto classico e razionalistico, che il romanticismo va cancellando sostituendovi lillusione inconscia, lo stordimento e lebbrezza dei sensi, la rinunzia allironia e alla critica. Si paragonato leffetto del film a quello dellalcool e

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delloppio, descrivendo la folla dei cinematografi che esce vacillando nel buio della notte, come degli ubriachi, storditi dalle droghe, che non sanno n vogliono rendersi conto del loro stato. Ma questeffetto non esclusivo del film; risale per lappunto allarte romantica. Anche il classicismo naturalmente voleva essere suggestivo e suscitare nel lettore o nello spettatore sentimenti e illusioni come del resto ogni arte ma nelle sue immagini cera sempre un esempio istruttivo, unanalogia illuminante, un simbolo ricco di riferimenti, e ad esse il lettore o lo spettatore si trovavano a reagire non con lacrime, estasi o deliqui, ma con riflessioni, giudizi e una pi profonda comprensione delluomo e del suo destino. Il periodo postrivoluzionario fu un tempo di generale delusione. Per chi non era profondamente legato alle idee rivoluzionarie la delusione cominci gi con la Convenzione; per chi pi le amava col Termidoro. Ai primi a poco a poco venne in odio tutto ci che ricordava la Rivoluzione; per gli altri, ogni nuovo passo confermava il tradimento dei loro ex alleati. Ma fu un doloroso risveglio anche per chi fin dal principio aveva subito come un incubo il sogno rivoluzionario. A tutti il presente appariva ormai squallido e vuoto. Gli intellettuali si isolavano sempre pi dal resto della societ e gli ingegni pi fecondi vivevano ormai appartati. Cominci cos a formarsi il concetto del filisteo e del piccolo borghese, del bourgeois contrapposto al citoyen; e si ebbe la strana situazione, fino allora quasi senza esempio, di artisti e poeti pieni di odio e di sprezzo per quella classe cui pure dovevano la loro vita intellettuale e materiale. Infatti il romanticismo fu un movimento essenzialmente borghese, anzi il movimento borghese per eccellenza, che mise fine definitivamente alle convenzioni classiche, allartificio e alla retorica aulica e nobiliare, allo stile elevato e al linguaggio scelto. Larte del-

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lilluminismo, pur con le sue inclinazioni rivoluzionarie, aveva tuttavia seguito il gusto classicheggiante dellaristocrazia. Non solo Voltaire e Pope, ma anche Prvost e Marivaux, Swift e Sterne erano pi vicini al Seicento che allOttocento. Soltanto con il romanticismo larte diventa document humain, grido di confessione, ferita scoperta e dolorante. Quando la letteratura illuministica celebra il borghese, lo fa sempre con unintenzione pi o meno polemica verso i ceti superiori; solo con il romanticismo il borghese diventa la naturale misura delluomo. N questo carattere borghese viene sminuito per lorigine aristocratica di tanti esponenti romantici, n per lostilit contro il filisteo, che nel programma culturale del romanticismo. Novalis, Kleist, Arnim, Eichendorff e Chamisso, il visconte di Chateaubriand, Lamartine, de Vigny, de Musset, Bonald, de Maistre e Lamennais, lord Byron e Shelley, Leopardi e Manzoni, Pukin e Lermontov appartenevano a famiglie nobili e in parte manifestavano opinioni aristocratiche; ma con let romantica la letteratura era ormai esclusivamente destinata al libero mercato, cio a un pubblico borghese. A un pubblico come questo si potevano magari suggerire idee politiche opposte ai suoi veri interessi, ma non era pi possibile presentargli il mondo nello stile impersonale e nelle astratte categorie di pensiero del Settecento. La concezione del mondo che questo pubblico sentiva come sua si rivela soprattutto in quellidea dellautonomia dello spirito e dellimmanenza delle singole sfere della cultura, che da Kant in poi ha dominato la filosofia tedesca e sarebbe stata inconcepibile senza lemancipazione della borghesia13. Fino al romanticismo il concetto di cultura era rimasto legato allidea della funzione subordinata dello spirito umano: si trattasse della visione ecclesiastico-ascetica, o eroico-mondana, o aristocratico-assolutistica, lo spirito vi appariva sempre come un mezzo, mai rivolto a fini propri, immanenti.

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Sciolti gli antichi vincoli, svanito il senso dellassoluta nullit di fronte alle gerarchie ecclesiastiche e mondane, ricondotto lindividuo a se stesso, solo allora pot sorger lidea dellautonomia dello spirito. Essa corrispondeva alla mentalit del liberalismo economico e politico e si mantenne finch il socialismo non port lidea di una nuova subordinazione distruggendo nuovamente lautonomia dello spirito nel materialismo storico. Questautonomia, come anche lindividualismo romantico, fu dunque una conseguenza, non la causa, del conflitto che scosse la societ settecentesca. In s e per s nessuno dei due concetti era veramente nuovo, ma per la prima volta accadde che sincitasse lindividuo alla rivolta contro la struttura sociale e contro tutto ci che impediva la sua felicit14. I romantici esaltarono il proprio individualismo per compensare lindifferenza del mondo per le cose dello spirito e proteggersi dallostilit dellambiente borghese e filisteo. Come gi i preromantici, essi volevano con lestetismo isolarsi in una loro sfera esclusiva, dove nessuna forza estranea potesse interferire. Il classicismo aveva regolato il concetto di bellezza su quello di verit, cio su un canone universalmente umano che comprendesse tutta la vita. Ma ora Musset invertiva il motto di Boileau proclamando: Rien nest vrai que le beau [Nulla vero se non la bellezza]. I romantici giudicavano la vita con i criteri dellarte, tentando cos di elevarsi sul resto dellumanit quasi come una casta sacerdotale. Ma anche nel loro rapporto con larte si tradiva latteggiamento ambivalente che dominava tutta la loro concezione. La problematica goethiana intorno alla natura dellartista continu e si arricch nellepoca romantica; larte considerata come un organo dellintuizione intellettuale, dellesaltazione religiosa e della rivelazione divina, tuttavia si dubit del suo valore nella vita. Larte un frutto seduttore, proibi-

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to, diceva gi Wackenroder, chi ne ha gustato una volta il pi intimo e dolce succo irreparabilmente perduto per la vita attiva. Egli si rannicchia sempre pi nel suo piacere... E ancora: Questo il veleno dellarte: lartista diventa un attore, che considera ogni vita come una parte da recitare, e vede nella sua scena il mondo vero, la polpa, e nella vita reale il guscio, una miserabile imitazione raffazzonata15. Anche la filosofia dellidentit di Schelling fu solo un tentativo di superare questa contraddizione, e cos il messaggio di Keats: Beauty is truth, truth beauty [Bellezza verit, verit bellezza]. Tuttavia lestetismo rimane il carattere fondamentale della visione romantica; e giustamente Heine riassume classicismo e romanticismo come lepoca dellarte (Kunstperiode) nella letteratura tedesca. Nulla per i romantici era senza conflitto; e in ogni loro manifestazione si riflette la problematica della loro situazione storica e il loro intimo dissidio sentimentale. La vita morale dellumanit tutta una catena di contrasti e di lotte; quanto pi differenziata la societ, tanto pi frequenti e aspri sono gli urti tra lio e il mondo, listinto e la ragione, il passato e il presente. Ma nellet romantica il conflitto diventa forma essenziale della coscienza. Vita e pensiero, natura e civilt, storia ed eternit, solitudine e societ, rivoluzione e tradizione non appaiono pi come logici correlativi e come alternative morali, fra cui si debba scegliere, ma come possibilit, che si cerca di attuare contemporaneamente. Certo, essi non vengono ancora contrapposti dialetticamente, non si cerca una sintesi che ne esprima linterdipendenza; essi sono soltanto oggetto di esperimento e di gioco. N lidealismo e lo spiritualismo, n lirrazionalismo e lindividualismo dominano senza contrasti; piuttosto si alternano con una tendenza altrettanto forte al naturalismo e al collettivismo. La schiettezza e la sta-

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bilit delle posizioni filosofiche cessata; non ci sono pi che atteggiamenti riflessi, critici, problematici, tali che portano sempre con s, presente e realizzabile, il loro contrario. Lo spirito umano ha perduto anche quellultimo resto di spontaneit, che aveva ancora nel Settecento. Lintimo dissidio e lambivalenza dei rapporti spirituali vanno tanto oltre da giustificare laffermazione che i romantici, o almeno i primi romantici tedeschi fecero ogni sforzo per tener lontano da s proprio quel che era romantico16. Friedrich Schlegel e Novalis tentarono almeno di superare la propria emotivit e, pur cos soggettivi e sensibili, cercarono di fondare la loro filosofia su qualcosa di saldo e universalmente valido. Ecco appunto la grande, fondamentale differenza fra preromantici e romantici: il sentimentalismo settecentesco fu sostituito da unacuita sensibilit, da unaccresciuta eccitabilit dellanimo e se vero che si continu a versar lacrime, la reazione sentimentale cominci a perdere il suo valore etico scendendo a strati culturali sempre pi bassi. Nulla riflette con tanta immediatezza ed efficacia il dissidio dellanima romantica come la figura del doppio, sempre presente al romantico, e che ritorna nella letteratura in forme e varianti innumerevoli. Lorigine di questa che finisce col diventare unidea fissa chiara: lirresistibile impulso allintrospezione, la mania dellautocontemplazione di chi spinto a considerarsi sempre come un ignoto, un estraneo inquietante e lontano. Anche questo naturalmente non che un tentativo di evasione che tradisce lincapacit del romantico di adattarsi alla propria condizione storica e sociale. Egli si getta nello sdoppiamento come in tutto quel che oscuro e ambiguo, caotico ed estatico, demoniaco e dionisiaco, cercandovi un rifugio di fronte alla realt, che la sua ragione non sa dominare. E in questa fuga egli scopre linconscio, quel che alla ragione celato, la fonte

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delle fantasie nate dal desiderio e delle soluzioni irrazionali. Scopre che due anime abitano il suo petto; chegli ha nellintimo, diverso da s, qualcosa che pensa e sente; chegli porta seco il suo demone e il suo giudice; in breve, scopre i fatti fondamentali della psicanalisi. Ai suoi occhi lirrazionale ha limmenso vantaggio di essere incontrollabile, quindi egli apprezza gli impulsi oscuri e inconsci, gli stati danimo sognanti ed ebbri, e ricerca in essi lappagamento, che non pu dargli la critica spassionata e fredda della ragione. La sensibilit nest gure la qualit dun grand gnie... Ce nest pas son cur, cest sa tte qui fait tout [La sensibilit non affatto la qualit di un grande genio... Non il suo cuore, ma la sua testa fa tutto], diceva Diderot17. Ora invece si attende tutto dal salto mortale della ragione; donde la fede nelle esperienze dirette e negli stati danimo, labbandono allistante e allimpressione fuggevole e quelladorazione del caos di cui parla Novalis. Quanto pi impenetrabile il caos, tanto pi splendido si spera lastro che ne uscir. Di qui il culto del misterioso e del notturno, del bizzarro e del grottesco, del pauroso e dello spettrale, del diabolico e del macabro, del patologico e del perverso. Definire sommariamente, come ha fatto Goethe, il romanticismo poesia da lazzaretto, certo una grande ingiustizia, ma uningiustizia significativa, anche se, dicendo questo, non si pensa proprio a Novalis e ai suoi aforismi, secondo cui la vita una malattia dello spirito, e sono le malattie che distinguono luomo dalle piante e dagli animali. Naturalmente, anche la malattia non che un modo di sfuggire ai compiti imposti dalla vita alla ragione, un pretesto per sottrarsi a doveri quotidiani. Affermando che i romantici erano malati non si dice gran che; ma quando si riconosce che la filosofia della malattia era un elemento essenziale della loro generale concezione, si viene a dire qualche cosa di pi. Per loro la malattia rappresentava

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la negazione del consueto, del normale, del ragionevole e portava in s quel dualismo di vita e morte, natura e non natura, vincolo e dissoluzione, che dominava tutto il loro mondo. Essa significava la svalutazione di tutto ci che chiaro e durevole e rispondeva allostilit romantica verso ogni limite, ogni forma salda e definitiva. Come sappiamo, gi Goethe parlava di una falsit e insufficienza delle forme e, ripensando alle sue parole, comprendiamo perch i francesi lo abbiano sempre annoverato fra i romantici. Ma per Goethe le circoscritte forme dellarte erano false solo di fronte alla concreta ricchezza della vita; per i romantici invece ogni cosa chiara e definitiva era di per s meno valida dellaperta, irrealizzata possibilit a cui essi attribuivano i caratteri dellinfinito divenire, delleterno moto, del dinamismo e della fecondit vitale. Ogni forma salda, ogni idea chiara, ogni netta parola per loro era morta e bugiarda; quindi, pur con il loro estetismo, essi erano inclini a svalutare lopera darte per la sua forma disciplinata e autosufficiente. In loro le intemperanze e gli arbitr, la mescolanza e la fusione delle arti, lespressione improvvisata e frammentaria non erano che sintomi di questa visione dinamica della vita a cui essi dovevano tutta la loro genialit, la loro sensibilit esasperata e la loro chiaroveggenza storica. Dalla Rivoluzione in poi lindividuo aveva perduto ogni appoggio esteriore; doveva contare su se stesso e in se stesso cercare i punti dappoggio; e appunto nel suo io trov un oggetto infinitamente importante, infinitamente interessante. Allesperienza del mondo sostitu lesperienza di s e la vita interiore, il flusso delle idee e dei sentimenti, il moto da uno stato danimo allaltro finirono col sembrargli pi reali della realt esterna. Consider il mondo soltanto come materia prima e substrato delle proprie esperienze e se ne valse come di un pretesto per parlar di se stesso.

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Tutti i casi della nostra vita, disse Novalis, sono materiali, di cui possiamo far quel che vogliamo, ogni cosa un anello in uninfinita catena. Cio vengono svalutati tanto linizio quanto il termine ultimo dellesperienza, in altre parole il contenuto e la forma della creazione artistica. Il mondo diventa soltanto occasione dellattivit spirituale, larte un vaso casuale in cui i contenuti dellesperienza assumono forma per un attimo. In altre parole, sorge quel modo di pensare che stato chiamato occasionalismo romantico18, nel quale la realt si dissolve in una serie di occasioni senza reale sostanza, in s indeterminate, in puri stimoli alla fecondit intellettuale, in situazioni che apparentemente esistono solo perch il soggetto possa accertarsi della propria esistenza. Quanto pi indeterminati, cangianti, aerei, musicali sono gli stimoli, tanto pi forte la vibrazione del soggetto; quanto pi inafferrabile, fluido, inconsistente appare il mondo, tanto pi forte, libero, autonomo si sentir lio, che lotta per affermarsi. Solo una situazione storica, in cui lindividuo era ormai libero e indipendente, ma si sentiva minacciato e in pericolo, poteva produrre un tale atteggiamento. Lostentato soggettivismo, lincontenibile impulso allespansione della sfera psichica, il lirismo dellarte nuova, sempre insoddisfatto e in gara con se stesso, si spiegano solo con questa intima scissione. Non si intende il romanticismo se non si parte da questa disarmonia e dalle ipercompensazioni correlative che caratterizzano lindividuo liberato e deluso del periodo postrivoluzionario. La conversione politica del romanticismo dal liberalismo al legittimismo conservatore, in Germania; il processo opposto, in Francia; quello ben pi complicato nelle sue oscillazioni tra Rivoluzione e Restaurazione, ma in complesso simile allo sviluppo francese, in Inghilterra, furono possibili solo grazie allatteggiamento del romanticismo, ambivalente anche di fronte alla Rivolu-

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zione, e sempre pronto a rovesciar le sue posizioni. Il neoclassicismo tedesco aveva simpatizzato con le idee della Rivoluzione francese, e questa simpatia si fece anche pi profonda nel romanticismo tedesco che, come gi hanno accertato Haym e Dilthey, non fu mai del tutto apolitico19. Solo durante le guerre napoleoniche riusc alle classi dominanti di guadagnare i romantici alla reazione. Fino allinvasione napoleonica, in Germania le forze conservatrici si erano sentite pienamente sicure e si erano mostrate a loro modo illuminate e tolleranti; ma ora che il vittorioso esercito francese minacciava di diffondere anche le conquiste della Rivoluzione, decisero di reprimere ogni forma di liberalismo e nellinvasore combatterono soprattutto lesponente della Rivoluzione. Gli elementi davvero progressisti e indipendenti, come Goethe, non si lasciarono trarre in inganno dalla propaganda antinapoleonica; ma nella borghesia e nel ceto colto non rappresentavano che una minoranza sempre pi esigua. Fin dallinizio lo spirito rivoluzionario in Germania era stato diverso da quello francese. Lentusiasmo dei poeti tedeschi per la Rivoluzione era un atteggiamento astratto che travisava i fatti; ad essi, come alle classi dominanti, nella loro improvvida tolleranza, sfuggiva il vero significato degli avvenimenti. I poeti simmaginavano la Rivoluzione come una gran discussione filosofica; e i detentori del potere vi assistevano come a uno spettacolo che in Germania, secondo loro, non sarebbe mai divenuto realt. Questo spiega il completo voltafaccia di tutto il paese durante le guerre di liberazione. Il mutamento di Fichte, il repubblicano che a un tratto vede nel presente il tempo dellassoluta empiet, quanto mai sintomatico. La Rivoluzione, un tempo romanticizzata, ora tanto pi aspramente respinta, e questo provoca lidentificarsi del romanticismo con la Restaurazione. E tutti i romantici sono gi passati al campo legittimista e conservatore,

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quando in Occidente il movimento romantico entra nella fase davvero creatrice e rivoluzionaria20. Il romanticismo francese, che agli inizi era una letteratura di emigrati21, rimase fino dopo il 1820 il portavoce della Restaurazione. Ma, tra il 1825 e il 1830, esso si trasforma in un movimento liberale, che formula i suoi obbiettivi artistici in termini analoghi a quelli della politica rivoluzionaria. In Inghilterra, come in Germania, il romanticismo dapprima favorevole alla Rivoluzione e solo durante la lotta contro Napoleone diventa conservatore; tuttavia, dopo la guerra esso prende una nuova piega e si riavvicina agli antichi ideali. In Francia e in Inghilterra esso dunque finisce col rivolgersi contro la Restaurazione e la reazione, e in termini assai pi chiari di quanto accada nellevoluzione politica. Infatti, sebbene le idee liberali apparentemente riescano a imporsi nelle costituzioni e nelle istituzioni dellOccidente, lEuropa moderna, con la sua politica economica filocapitalistica, le sue monarchie militaristiche e imperialistiche, i suoi sistemi amministrativi accentrati e burocratici, le Chiese riabilitate e le religioni di stato, nella stessa misura creazione della Restaurazione e dellilluminismo, e con uguale diritto si pu vedere nellOttocento un periodo di opposizione allo spirito rivoluzionario, e anche un trionfo del pensiero illuministico e liberale22. Se gi limpero napoleonico aveva significato il dissolversi degli ideali individualistici della Rivoluzione, la vittoria degli alleati sul Crso, la Santa Alleanza e il ritorno dei Borboni portarono alla definitiva frattura con il Settecento e con lidea di modellare lo stato e la societ sulle esigenze dellindividuo. Ma dal pensiero e dallesperienza della nuova generazione lindividualismo non pot pi esser bandito; il che spiega la contraddizione tra la politica reazionaria e le tendenze liberali dellarte.

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Per la Restaurazione lavventura militare di Bonaparte non era che la controparte del delitto politico del 1789, e il Primo Impero ne continuava lillegalit e lanarchia. Per i legittimisti tutta lepoca rivoluzionaria e napoleonica era un unico fenomeno, una metodica dissoluzione dellordine antico, della gerarchia, dei diritti di propriet. E lImpero, pur con le sue tendenze reazionarie, era tanto pi pericoloso in quanto pareva consolidare le conquiste della Rivoluzione e creare un nuovo equilibrio. Di fronte a tutto questo la Restaurazione apr una era nuova. Essa salv il salvabile e tent di stabilire un compromesso fra quanto si poteva restaurare delle antiche istituzioni e quanto delle nuove non si poteva pi mutare. In questo anche la Restaurazione non fece che continuare il periodo napoleonico; rappresent essa pure un compromesso fra i princip rivoluzionari e le idee dellancien rgime; con la differenza per che Napoleone voleva conservare il pi possibile delle conquiste rivoluzionarie, mentre la Restaurazione avrebbe voluto, potendo, negare la Rivoluzione. Non si deve sottovalutare questa differenza, sebbene nei primi tempi la Restaurazione abbia significato un allentamento di quel rigore, che avevano dovuto esercitare sia la Rivoluzione sempre in pericolo mortale, sia lImpero minacciato da destra e da sinistra. Naturalmente non cera da parlare di rinascita della libert civile, dopo la dittatura militare di Napoleone; parve che cos fosse, solo perch ora si perseguitavano o danneggiavano gruppi o classi intere anzich individui singoli; tuttavia nel quadro di questo regime classista la libert, nei limiti della legge, era fino a un certo punto garantita. La Restaurazione pot permettersi il lusso di esser pi tollerante dei suoi predecessori. La reazione era vittoriosa in tutta Europa e le idee liberali diventavano innocue; i popoli europei erano stanchi delle imprese rivoluzionarie e militari e anelavano alla tranquillit. Cos lo

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scambio delle idee pot avvenire con pi libert di prima, e non ci furono pi interventi dellautorit per imporre questo o quel criterio di gusto, bench si sentisse molto nettamente lo sfondo politico delle diverse posizioni artistiche. In Francia da principio i romantici si dichiarano senza eccezione legittimisti e clericali, mentre la tradizione classica nella letteratura rappresentata principalmente dai liberali. Non tutti i classicisti sono liberali, ma tutti i liberali sono classicisti23. Forse non c altro esempio nella storia dellarte da cui risulti cos chiaro che una tendenza politica conservatrice pu benissimo accordarsi con un atteggiamento innovatore in arte; anzi, che i concetti di conservazione e progresso sono incommensurabili fra le due sfere. Tra i liberali di tendenze classiciste e gli ultra romantici non possibile alcuna intesa, ma fra i legittimisti c tutto un gruppo che aderisce alla visione classica, sebbene, a differenza dei liberali, si ispiri al classicismo del grand sicle, non gi a quello del Settecento. E nella lotta contro i romantici, classicisti liberali e conservatori sono assolutamente unanimi; perci lAccademia respinge Lamartine, bench conservatore. Essa, del resto, non rappresenta pi il gusto letterario prevalente fra il pubblico; gran parte dei lettori segue i romantici, con una passione finora sconosciuta. Gi il successo del Gnie du Christianisme fu inaudito nel suo genere, ma mai, n prima n poi, era accaduto che una piccola raccolta di liriche fosse accolta con lentusiasmo con cui furono accolte le Mditations di Lamartine. Dopo il lungo ristagno, comincia ora per la letteratura unepoca viva, fecondissima, ricca dingegni eccezionali e di opere riuscite. Il pubblico non vasto, ma si appassiona alla letteratura con entusiasmo e sinceramente24. Si comprano molti libri, i giornali seguono con la massima attenzione gli avvenimenti letterari, i salotti si riaprono e onorano i nuovi eroi

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dello spirito. La relativa libert favorisce la differenziazione delle aspirazioni letterarie, e lunit culturale del grand sicle a poco a poco appare in una mitica lontananza. vero che anche il Seicento aveva conosciuto un conflitto tra vecchio e nuovo, un contrasto tra la tendenza accademica di Le Brun e la concezione pittorica dei suoi avversari; e il Settecento lantagonismo, ben pi aspro, tra laulico Rococ e il preromanticismo borghese. Ma per tutto lancien regime aveva dominato un gusto sostanzialmente omogeneo, unortodossia i cui oppositori facevano sempre figura di eretici e di bizzarri. Insomma, non cerano in arte tendenze propriamente rivali. Ora invece ci sono due gruppi ugualmente forti, o almeno ugualmente stimati. Nessuna delle tendenze in lizza domina incontrastata o prevale negli ambienti pi colti; e neppure dopo il trionfo del romanticismo c un gusto romantico che detti legge come un tempo il gusto neoclassico. vero che nessuno sfugge al suo influsso, ma non affatto vero che ognuno lo proclami, e i primi conflitti interni cominciano quasi nello stesso momento del suo trionfo. Lantagonismo delle tendenze adesso un tratto fondamentale della vita artistica, non meno che lintolleranza del pubblico verso i nuovi ingegni. La borghesia fiuta scherno e disprezzo in tutto ci che non capisce e finisce col respingere per principio ogni cosa nuova. La linea che separa lortodossia estetica dalleresia a poco a poco si perde, e alla fine la distinzione non avr pi senso. Ben presto in letteratura non ci sono pi che partiti, e comincia per le lettere quasi un tempo di democrazia. La novit sociologica del Romanticismo la politicizzazione dellarte, non solo nel senso che artisti e scrittori aderiscono a partiti politici, ma anche che fanno una politica di partito anche nel campo artistico. Vous verrez quil faudra finir par avoir une opinion [Vedrete che bisogner finire per lavere unopinione], dice malinconicamen-

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te un eclettico dellepoca, e Balzac nelle Illusions perdues25 descrive cos la situazione: Les royalistes sont romantiques, les libraux classiques... Si vous tes clectiques, vous naurez personne pour vous [i monarchici sono romantici, i liberali classici... Se siete eclettici, nessuno vi sosterr]. La necessit di prendere posizione nella grande controversia, Balzac la vede giustamente, ma la situazione alquanto pi complicata. Il principale esponente della letteratura dellemigrazione Chateaubriand. Con Rousseau e Byron, egli uno dei pi autorevoli artefici del nuovo uomo romantico, e come tale ha nella storia della letteratura moderna una parte incomparabilmente maggiore di quanto comporti il valore intrinseco delle sue opere. Egli lesponente, non il campione o il creatore di un movimento spirituale, chegli arricchisce soltanto di una nuova forma espressiva, non di un nuovo contenuto desperienza. Il Saint-Preux di Rousseau e il Werther di Goethe erano state le prime incarnazioni del disinganno che aveva dato il tono allet romantica; il Ren di Chateaubriand esprime la disperazione in cui ora il disinganno va trasformandosi. Il sentimentalismo e la malinconia preromantica rispondevano allo stato danimo della borghesia prima della Rivoluzione; il pessimismo e il taedium vitae della letteratura degli emigrati riflettono invece lo stato danimo dellaristocrazia dopo la bufera rivoluzionaria. Questo diventa un generale fenomeno europeo dopo la caduta di Napoleone ed esprime il sentimento di tutta lalta societ. Rousseau ancora sapeva perch era infelice: soffriva a causa della civilt moderna, delle convenzioni sociali inadeguate alle esigenze del suo spirito. Egli sapeva immaginarsi una situazione concreta, non importa se irrealizzabile, nella quale il suo male sarebbe guarito. Invece la malinconia di Ren indefinibile e incurabile. Per lui tutta la vita ormai priva di senso; egli prova un infinito, esaltato bisogno di amore, di comunione,

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uneterna brama di abbracciare luniverso e di sciogliersi in esso; ma sa che non dato appagarla e che lanima sua rimarrebbe insoddisfatta anche se si adempisse ogni suo desiderio. Nulla degno di essere desiderato, vano ogni sforzo e vana ogni lotta; lunica azione sensata il suicidio. E suicidio gi lassoluta separazione del mondo intimo da quello esterno, della poesia dalla prosa quotidiana; suicidio la solitudine, il disprezzo del mondo e la misantropia, lesistenza irreale, astratta, disperatamente egoistica, che menano le nature romantiche del nuovo secolo. Chateaubriand, Madame de Stal, Senancour, Constant, Nodier sono tutti vicini a Rousseau e sono violentemente avversi a Voltaire. Ma i pi fra loro si sentono in contrasto solo con il razionalismo settecentesco, non con quello del grand sicle. Solo cos riesce, soprattutto a Chateaubriand, di conciliare la concezione artistica progressiva con la politica conservatrice, la fedelt alla monarchia e il clericalismo, lentusiasmo per il trono e laltare. E solo perch il romanticismo si sente pi affine a tempi lontani che al recente passato, Lamartine, Vigny e Victor Hugo rimangono cos a lungo fedeli al legittimismo. I primi segni di una conversione politica appaiono verso il 1824. Nasce allora la prima delle conventicole romantiche (cnacles), il celebre gruppo intorno a Charles Nodier allArsenal, e il movimento comincia a concretarsi in una specie di scuola. La cornice sociale in cui si era sviluppata la letteratura francese del Settecento erano stati i salotti, cio i regolari incontri di poeti, artisti e critici con i membri della classe dirigente nelle case dellaristocrazia, e dellalta borghesia. Erano ambienti chiusi, ligi al costume signorile, che, nonostante ogni concessione alle maniere dei corifei intellettuali, conservavano un ben preciso tono di societ. Ma il loro influsso, pur stimolante per lo scrittore, non era direttamente creativo. Essi costitui-

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vano piuttosto una sorta di tribunale letterario a cui per lo pi ci si sottometteva docilmente, una scuola di buon gusto, dove si decideva delle mode letterarie, ma non era certo un ambiente propizio alla feconda collaborazione di un gruppo. I cenacoli romantici invece sono circoli amichevoli di artisti in cui c assai poco il tono di societ: anzitutto perch si formano sempre intorno a un artista e poi perch sono molto meno chiusi del pi liberale dei salotti. Qui non solo benvenuto ogni poeta, artista, critico pronto ad aderire al movimento, ma anche ogni semplice membro del pubblico che ne sia fautore. Questa apertura e promiscuit, se certamente impediscono al movimento di avere un rigido carattere di scuola, non impediscono per lo sviluppo di criteri estetici comuni e di un programma caratterizzato. A differenza di quanto avveniva un tempo, lambito in cui si svolge la vita letteraria non un salotto privo di centro, come nella Francia del Settecento, e neppure un club o un caff, come in Inghilterra; qui abbiamo un gruppo che si raccoglie intorno a un poeta o a una personalit che il gruppo considera come maestro, e di cui riconosce lautorit assoluta, bench non sempre in un esplicito rapporto di scuola. Per la prima volta nella storia della letteratura moderna accade che sia una scuola a determinare levoluzione. N il Sei, n il Settecento conoscono tale fenomeno, che pure sarebbe stato pi rispondente al carattere normativo della letteratura classica. Il romanticismo invece, nonostante la dubbia validit dei suoi princip artistici, o forse grazie ad essa, sviluppa una scuola con una dottrina rigorosamente formulabile e apprendibile. Nellet classica tutta quanta la letteratura francese costituiva una grande scuola, e il gusto era unico in tutta la Francia; i dissidenti e i ribelli rappresentavano un gruppo troppo disparato per inquadrarsi in un programma comune. Ma ora che la letteratura francese divenuta il campo di battaglia di due

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grandi partiti quasi equivalenti, ora che lesempio della vita politica induce i poeti a formulare programmi di parte, suscitando in loro il desiderio di un capo, ora, infine, che le mete della nuova corrente artistica sono ancora cos oscure e contraddittorie da dover essere riassunte e codificate, ora venuto il tempo di fondare scuole letterarie. Questo aspetto del romanticismo fu pi evidente in Francia che in Germania, dove lideale classico non si realizz mai con assoluta purezza, e dove la sua visione, gi cos venata di romanticismo, rimase in complesso normativa anche per i romantici. In ogni caso, qui il carattere partigiano della vita letteraria fu meno netto che in Francia, e quindi meno reciso il raggrupparsi degli scrittori per scuole. In Inghilterra, dove il contrasto tra classici e romantici aveva perso ogni preciso contenuto fin dalla seconda met del Settecento, perch ormai la letteratura non era che romantica, non si costituirono scuole, n si ebbero veri e propri maestri26. Veramente anche i cnacles francesi spesso non sono che chiesuole letterarie tenute insieme unicamente da un gergo comune; viste dallesterno sembrano congiure, dallinterno, compagnie di attori pieni di gelosia. Spesso pare che siano soltanto sette battagliere o ambienti di accesa polemica, per cui la dottrina pi importante della prassi e il distinguersi vale pi che ladeguarsi. Tuttavia, in Francia come in Germania, propria del movimento romantico una concezione profonda della comunione di idee e di intenti e una forte tendenza a raccogliersi in gruppi. I romantici amano dedicarsi in comune alla filosofia, alla poesia, alla discussione, alla critica e trovano nellamicizia e nellamore il senso pi intimo della vita; fondano riviste, pubblicano annali e antologie, tengono conferenze e corsi, fanno propaganda per s e per i compagni, cercano, insomma, lunione pi stretta, anche se questa urgenza di simbiosi sol-

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tanto laltra faccia del loro individualismo, il compenso alla loro solitudine di sradicati. Il confluire del romanticismo francese in un gruppo omogeneo coincide con il volgersi dellopinione pubblica verso il liberalismo. Intorno al 1824 il Globe comincia a cambiare tono, ed il momento delle prime riunioni regolari allArsenal. I romantici pi in vista, anzitutto Lamartine e Hugo, sono ancora fedeli alla Chiesa e al trono, ma il romanticismo cessa di essere esclusivamente clericale e monarchico. Tuttavia il vero e proprio rivolgimento lo si ha nel 1827, quando Victor Hugo scrive la celebre prefazione del Cromwell enunciando chiara e netta la tesi del romanticismo come liberalismo letterario. Quellanno stesso il Salon espone per la prima volta numerosi quadri dei pittori romantici pi in vista: accanto a dodici tele di Delacroix, opere tipiche di Devria e di Boulanger. un vasto, compatto movimento, che pare estendersi a tutta la vita intellettuale e giungere alla vittoria definitiva. A questo carattere di universalit corrisponde anche il costituirsi del nuovo cnacle intorno a Victor Hugo, che dora in poi il maestro della scuola romantica. Gli scrittori Deschamps, Vigny, Sainte-Beuve, Dumas, De Musset, Balzac, i pittori Delacroix, Devria, Boulanger, gli incisori Johannot, Gigoux, Nanteuil, lo scultore David dAngers sono fra gli ospiti usuali di rue de Notre-Dame-des-Champs. Qui Victor Hugo legge i suoi drammi, Marion Delorme e Hernani. vero che il gruppo si scioglie gi nello stesso anno, ma la scuola continua. Anzi il movimento si concentra e si chiarisce, diventando sempre pi definito e radicale. Gi dal secondo cnacle in casa di Nodier, nel 1829, scompaiono gli elementi semiclassicheggianti, mentre pittori e scultori diventano membri regolari del gruppo. La completa unit del movimento, come la sua tendenza antiborghese che a poco a poco diventa un dogma, si rivela

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nel modo pi netto nellultimo cnacle che si riunisce negli atliers di rue du Doyenn, dove abitano Thophile Gautier, Grard de Nerval e i loro amici. Questa colonia di artisti con la sua avversione per il filisteo e la sua dottrina de lart pour lart il vivaio della moderna bohme. Lo stile bohme, che si usa attribuire al romanticismo, non risale davvero ai suoi inizi. Da Chateaubriand a Lamartine, i romantici in Francia furono quasi esclusivamente elementi della nobilt e quando, dal 1824, cess lunanime fedelt alla monarchia e alla Chiesa, il romanticismo rimase tuttavia pi o meno aristocratico e clericale. Solo gradatamente la guida del movimento passa a plebei come Victor Hugo, Thophile Gautier e Alexandre Dumas; e solo poco prima della Rivoluzione di luglio, la maggioranza dei romantici rinuncia al proprio atteggiamento conservatore. Ma limportanza nuova dellelemento plebeo un sintomo pi che la causa del mutamento politico. Da principio gli scrittori borghesi si erano adeguati alla mentalit conservatrice degli aristocratici; ora invece anche i nobili Lamartine e Chateaubriand passano allopposizione. Le restrizioni sempre maggiori delle libert sotto il governo di Carlo X, la clericalizzazione della vita pubblica, lintroduzione della pena di morte per i sacrilegi, lo scioglimento della Guardia Nazionale e della Camera, larbitrio di ordinanze e decreti, non fanno che affrettare levolversi della cultura in senso radicale. Si sente ancora pi chiaramente quel che fin dal 1815 era innegabile, cio che la Restaurazione segnava la sconfitta definitiva della Rivoluzione. Ora gli spiriti si sono finalmente riavuti dellapatia postrivoluzionaria, e proprio questo nuovo stato danimo spinge Carlo X a misure sempre pi retrive, che lunica via possibile a un governo che si appoggia agli elementi reazionari. I romantici, che a poco a poco si erano resi conto dove realmente portava la

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Restaurazione, riconobbero nello stesso tempo che la ricca borghesia capitalistica era il pi forte sostegno del regime, assai pi dellantica nobilt, in parte spogliata dei suoi beni e comunque inabile alla lotta. Tutto il loro odio, tutto il loro disprezzo si rivers ora sulla classe borghese. Il bourgeois, meschino, avido, ipocrita, divenne il principale nemico e di fronte ad esso lartista, povero, onesto, sincero, ribelle a ogni vincolo umiliante e a ogni convenzione menzognera, apparve senzaltro come il nuovo ideale umano. Lo straniarsi dalla vita pratica, da una vita legata a solide radici sociali e a chiari impegni politici, fenomeno caratteristico del romanticismo e in Germania gi in atto fin dal Settecento, ormai diviene latteggiamento prevalente dappertutto. Anche nei paesi occidentali si apre ora un abisso invalicabile tra il genio e luomo comune, tra lartista e il pubblico, tra larte e la realt sociale. I modi liberi e sfacciati della bohme, lambizione spesso fanciullesca di mettere in imbarazzo e irritare il borghese sprovveduto, lo spasmodico sforzo di distinguersi dalla normalit, dalla media, gli abiti eccentrici, le zazzere e le barbe, il panciotto rosso di Gautier e il bizzarro costume altrettanto appariscente, se pur non sempre cos chiassoso, dei suoi amici, il linguaggio disinvolto e paradossale, lesagerazione delle idee formulate in modo aggressivo, le invettive e le sconvenienze, tutto ci manifesta soltanto lintento di isolarsi dalla societ borghese, o piuttosto di presentare come voluto e gradito lormai completo isolamento. Per la Jeune France, come si chiamano ora i ribelli, tutto simpernia sullodio contro i filistei, sul disprezzo della vita borghese metodica e inaridita, sulla lotta contro tradizioni e convenzioni, contro tutto quel che si pu insegnare e apprendere, tutto quel che maturo e tranquillo. Il sistema dei valori spirituali si arricchisce ora di un nuovo concetto: lidea della giovinezza come forza

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creatrice e gi di per s superiore alla vecchiaia. unidea nuova, estranea soprattutto al classicismo, ma in certo modo anche a ogni precedente cultura. Naturalmente anche prima non mancavano rivalit fra le diverse generazioni e la giovinezza riusciva spesso vittoriosa in quanto esponente dei nuovi valori artistici. Ma non vinceva per il solo fatto desser giovane; di fronte ad essa la cautela prevaleva sulleccessiva fiducia. Solo con il romanticismo ci si avvezza a considerare i giovani come i naturali campioni del progresso, e solo dopo la sconfitta del classicismo si parla del torto che, per principio, la vecchia generazione ha di fronte a loro27. Del resto, la solidariet fra i giovani, come linsistenza sullunit delle arti, non che un sintomo dellisolamento romantico nel mondo prosaico del filisteo. Mentre il Settecento aveva insistito sulla connessione della letteratura con la filosofia, ora, coerentemente, la letteratura viene designata come arte28. Finch gli artisti avevano avuto lambizione di appartenere allalta borghesia, avevano insistito sullaffinit della loro professione con quella dei letterati; ma ora sono i poeti che vogliono distinguersi dalla borghesia e cos accentuano la loro affinit con gli artisti. I romantici sono talmente compiaciuti di se stessi e tale la loro vanit, che correggono anche il loro estetismo iniziale e, se prima del poeta facevano un dio, ora di Dio fanno un poeta. Dieu nest peut-tre que le premier pote du monde [Dio forse non che il primo poeta del mondo] dice Gautier. Anche la teoria de lart pour lart, che veramente un fenomeno quanto mai complesso ed esprime insieme un atteggiamento liberale e un quietismo conservatore, nasce dalla protesta contro i canoni borghesi. Quando Gautier mette in evidenza il carattere di pura forma e di gioco dellarte, quando la vuol liberare dalle idee e dagli ideali, vorrebbe anzitutto liberarla dalla tirannia dellordine borghe-

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se. E pare chegli abbia detto a Taine, che lodava De Musset a spese di Victor Hugo: Taine, sembra che lei cada nellidiozia borghese. Esigere sentimento dalla poesia! Non questo che importa. Parole radiose, parole di luce che si fanno ritmo e musica, ecco la poesia29. Ne lart pour lart di Gautier, Stendhal e Mrime, nella loro emancipazione dalle idee del tempo, nel proposito di esercitare larte come un gioco sublime e di goderla come un segreto paradiso vietato ai comuni mortali, lopposizione al mondo borghese gioca un ruolo anche maggiore che nellestetismo del periodo pi tardo, quando la rinunzia a ogni attivit politica e sociale ben accolta dalla borghesia ormai al potere. Gautier e i suoi compagni rifiutano di cooperare con la borghesia al soggiogamento morale della societ; Flaubert, Leconte de Lisle e Baudelaire invece, chiudendosi nella loro torre di avorio, senza curarsi pi di come vada il mondo, non fanno che favorire gli interessi borghesi. La lotta dei romantici per conquistare il teatro, in particolare la famosa battaglia per Hernani di Victor Hugo, fu la lotta di rue du Doyenn, della bohme e della giovent. Non si pu dire che sia stata coronata da una smagliante vittoria; lopposizione non scomparve da un giorno allaltro, e ancora per molto tempo rimase padrona dei maggiori teatri di Parigi. Ma ormai il destino del movimento non era pi legato allaccoglienza fatta a un dramma; come indirizzo del gusto, esso gi da un pezzo aveva conquistato il mondo. Intorno al 1830 la sola novit la piena adesione del romanticismo alla vita politica e la sua alleanza con il liberalismo. Dopo la Rivoluzione di luglio, gli esponenti della cultura escono dalla loro passivit e molti abbandonano la carriera letteraria per quella politica. Ma anche i poeti che restano fedeli alla loro vocazione, come Lamartine e Victor Hugo, partecipano agli eventi politici pi attivamente e direttamente di prima. Victor Hugo non un ribelle n

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un bohmien e non ha alcun rapporto diretto con la campagna dei romantici contro i borghesi. Piuttosto, nella sua evoluzione politica, egli segue la strada della borghesia francese. Da principio fedele seguace dei Borboni, pi tardi prende parte alla Rivoluzione e aderisce alla monarchia di luglio; infine sostiene le aspirazioni di Luigi Napoleone, per diventare repubblicano e radicale solo quando ormai la maggioranza della borghesia francese diventata liberale e antimonarchica. Anche nei suoi atteggiamenti verso Napoleone non fa che rispecchiare i mutamenti dellopinione generale. Nel 1825 egli ancora un avversario accanito del Crso e ne maledice la memoria; solo verso il 1827 muta atteggiamento, e comincia a parlare della gloria francese unita al nome di Napoleone. Infine egli diviene tipico portavoce di quel bonapartismo che un miscuglio cos singolare dingenuo culto delleroe, di nazionalismo sentimentale e di liberalismo sincero, sebbene non sempre ponderato. Quanto intricati siano i motivi di questo movimento lo mostra il fatto che ad esso aderiscono spiriti cos diversi come Heine e Branger e che pu valersi dellappoggio sia degli elementi schiettamente volterriani e degli eredi dellilluminismo, sia della piccola borghesia anchessa volterriana, anticlericale e antilegittimista, ma sentimentale e disponibile alle leggende. Il fatto che un unico editore, il celebre Touquet, fra il 1817 e il 1824 venda 31 000 copie cio un milione e seicentomila volumi delle opere di Voltaire30 il segno pi impressionante della rinascita illuministica e una prova che il medio ceto costituisce una parte notevole degli acquirenti. Ed tipico di questo ceto acquistare lopera omnia di Voltaire e nello stesso tempo cantare le canzoni di Branger, liberali bench povere darte e di pensiero. Queste canzoni si sentono dappertutto ora, i loro ritornelli risuonano allorecchio di tutti, e, a quanto si dice, contribuiscono a minare lautorit dei Borboni

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pi di ogni altra opera del tempo. Naturalmente, anche prima la borghesia aveva le sue canzoni: canzoni da ballo, canti conviviali, patriottici e politici, strofette dattualit e canzonette, non certo migliori di quelle di Branger: ma erano al di fuori della letteratura e non avevano alcun influsso sostanziale sui poeti dellambiente colto. Ora la rivoluzione, non solo aveva provocato una pi ricca produzione in questo genere popolare, ma ne aveva introdotto il gusto anche presso i letterati. Levoluzione poetica di Vietor Hugo costituisce il miglior esempio di questo assorbimento e mostra chiarissimi i vantaggi e gli svantaggi ad esso legati. La poesia patriottica del tardo romanticismo inconcepibile senza le canzoni di Branger, come il dramma romantico senza il teatro popolare. Anche come poeta, Victor Hugo segue levoluzione della borghesia; il suo stile lirico oscilla fra il gusto popolaresco del periodo rivoluzionario e lenfasi, il fasto pseudo-barocco del Secondo Impero. Hugo non era affatto uno spirito rivoluzionario, ad onta di tutte le battaglie che si svolsero intorno a lui. N era nuova la definizione del romanticismo come liberalismo della letteratura, quando egli la formul; lidea era gi in Stendhal. La sua concezione artistica venne sempre pi perfettamente a concordare con il gusto della ricca borghesia dominante. Infine si trovarono a coincidere nel culto di un gigantismo, da cui in realt erano ben lontani, e nellamore di un pathos pomposo, sonoro, esaltato, di cui gli echi risuonano ancora in Rostand. La massima conquista della rivoluzione romantica fu il rinnovamento del linguaggio poetico. In Francia, la lingua letteraria si era venuta riducendo, nel corso del Sei e Settecento, povera e incolore a causa delle rigide convenzioni che vagliavano la correttezza della espressione e della forma stilistica. Ogni termine che suonasse come volgare o di mestiere, arcaico o dialettale, era

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rigorosamente vietato. Le espressioni semplici, naturali, in uso nella lingua parlata dovevano essere sostituite da parole nobili, scelte, poetiche o da artificiose perifrasi. Non si diceva guerriero o cavallo, ma eroe e destriero; non si poteva dire acqua o tempesta, ma si doveva dire lumido elemento e la furia degli elementi. Per Hernani, com noto, la battaglia si accese sul passo: Est-il minuit? Minuit bientt [ mezzanotte? Mezzanotte fra poco], che parve espressione troppo comune, troppo diretta e semplice. La risposta, diceva Stendhal, avrebbe dovuto essere: ... lheure atteindra bientt sa dernire demeure. [... Lora | giunger presto allultima dimora]. I difensori dello stile classico sapevano benissimo qual era la questione. La lingua di Victor Hugo non era propriamente nuova; non se ne udiva altra sulle scene dei boulevards. Ma i classicisti si preoccupavano soltanto della purezza del teatro letterario, non dei boulevards, n del divertimento delle masse. Finch cera un teatro elevato e una poesia colta, si poteva tranquillamente sorvolare su quel che si recitava in periferia; ma quando anche sul palcoscenico del Thtre Franais si pot parlare come meglio garbava, allora non rimase pi nessuna differenza sensibile tra i vari ceti culturali e sociali. Da Corneille in poi la tragedia era considerata il genere letterario pi elevato; un poeta doveva esordire con una tragedia e come tragediografo giungeva al colmo della fama. Tragedia e teatro letterario erano il terreno proprio delllite intellettuale; finch esso rimase intatto, ci si pot sentire eredi del grand sicle. Ma ora del teatro letterario si stava impadronendo un dramma popolareggiante, che trascurava i problemi psicologici e morali della tragedia classica, e ricercava invece il movimen-

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to dellintreccio, le scene pittoresche, i personaggi interessanti, la violenza dei sentimenti. Il destino del teatro era largomento del giorno; nei due campi si sapeva che si trattava di conquistare una posizione chiave. E in questa lotta il personaggio nato, si direbbe, per assumere figura di simbolo, se non proprio per essere la forza propulsiva, era Victor Hugo, in grazia della sua natura teatrale e della sua passione per il teatro, del suo carattere sonante e apodittico, della sua sensibilit per tutto ci che popolare, volgare, brutalmente efficace. Nel campo del teatro il romanticismo si trov di fronte a una situazione intricatissima. Il teatro popolare, erede dellantico mimo, della farsa medievale e della commedia dellarte, era stato nel Sei e nel Settecento soverchiato dal teatro letterario. Ma con la Rivoluzione la produzione popolare aveva preso nuovo impulso e, sia pure con influenze del dramma letterario, aveva riconquistato una parte delle scene parigine. Alla Comdie Franaise e allOdon si recitavano ancor sempre le opere di Corneille, Racine, Molire e di quegli autori che si erano adeguati alla tradizione classica e al gusto di corte, o si erano attenuti alla concezione letteraria del dramma borghese. Invece nei teatri dei boulevards al Gymnase, al Vaudeville, allAmbigu-Comique, alla Gaiet, nei Varits e Nouveauts si rappresentavano lavori adatti al gusto e al livello culturale delle masse. Durante e subito dopo la Rivoluzione, stando alle testimonianze molto dettagliate dei contemporanei, il pubblico nei teatri muta radicalmente e in genere si fa notare la mancanza di esigenze artistiche e il difetto di cultura nei ceti che ormai riempiono le platee parigine. un pubblico fatto in gran parte di soldati, operai, commessi di negozio e ragazzi; e, secondo una fonte, appena un terzo di loro sa scrivere31. Questo uditorio non soltanto domina i teatri plebei dei boulevards, ma giunge a minacciare lesistenza degli eleganti teatri letterari,

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perch attrae anche il pubblico pi raffinato, cos che gli attori della Comdie Franaise e dellOdon recitano davanti a sale vuote32. Durante il Primo Impero, la Restaurazione e la monarchia di luglio, ecco i generi che figurano nel repertorio dei teatri parigini: 1) la comdie en cinq acts et en vers, genere letterario per eccellenza, e come tale destinato alla Comdie Franaise e allOdon (ad esempio, lOthello di Ducis); 2) la comdie de murs en prose che, come erede del dramma borghese, di tipo pi modesto, ma sempre abbastanza stimata, perch laccolgano i migliori teatri (esempio, il Mariage dargent di Scribe); 3) il drame en prose, cio il dramma patetico, anchesso risalente al dramma borghese, ma, per il gusto, inferiore alla comdie de murs (esempio, LAbb et lpe di Bouilly); 4) la comdie historique che tratta eventi e personaggi storici non pi come esempi e modelli, ma come curiosit e offre una serie di scene invece duna coerente azione drammatica (gli esempi sono vari e numerosi: dal Cromwell di Mrime alle Barrcades di Vitet, comprendono tutti i tentativi da cui nacque Henri III di Dumas); 5) il vaudeville, cio la commedia musicale o, pi esattamente, la commedia inframmezzata di canzoni, uno dei pi diretti precedenti delloperetta (in questa categoria si possono annoverare la maggior parte dei lavori di Scribe e dei suoi collaboratori); 6) il mlodrame, forma ibrida, che ha in comune con il vaudeville laccompagnamento musicale, e con gli altri generi inferiori, specialmente col dramma patetico e con quello storico, il soggetto serio e spesso tragico. A spiegare lenorme produzione nei generi popolari, specie nei due ultimi elencati, e il graduale cedimento del dramma letterario di maggior pretesa, non basta il fatto che la Rivoluzione aveva aperto i teatri alle masse, e che erano queste ormai a decidere il successo dellopera; occorre anche ricordare in primo luogo leffetto

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della censura sul repertorio. La censura napoleonica e quella della Restaurazione impedivano che nel dramma letterario pi elevato si discutessero questioni di attualit o si descrivessero i costumi della classe dominante. Invece la farsa, la commedia musicale, e il melodramma erano pi liberi, perch erano presi meno sul serio e si pensava che non valesse la pena di preoccuparsene. Alla franca descrizione di costumi e situazioni, inammissibile alla Comdie Franaise, non si ponevano ostacoli nei teatri dei boulevards: e ci spiega lattrattiva che questi esercitavano sugli autori e sul pubblico33. Le forme drammatiche pi importanti e interessanti per la successiva evoluzione del teatro sono il vaudeville e il melodramma; essi costituiscono la vera svolta nella storia del teatro moderno e la transizione dal dramma classico a quello romantico. Per essi il teatro torna ad essere un divertimento, riacquista la sua vivacit, la sua evidenza. Dei due, il melodramma ha la struttura pi complessa e la genealogia pi ramificata. Uno dei suoi numerosi precedenti il monologo con accompagnamento musicale, la forma originaria di quellibrido genere che vivo ancor oggi nei programmi dei filodrammatici, e che nel Pygmalion di Rousseau (1775) ha il primo esempio noto. Di qui comincia a rinnovarsi la recita con accompagnamento musicale, forma di origine antichissima. Unaltra fonte del mlodrame, tecnicamente assai pi ricca, il dramma borghese di De la Chausse, Diderot, Mercier e Sedaine, che dalla Rivoluzione in poi diventato, per la sua natura lacrimosa e moraleggiante, carissimo ai ceti pi umili. Ma a preparare il melodramma soprattutto la pantomima. Le cosiddette pantomimes historiques et romanesques cominciano ad apparire nellultimo terzo del Settecento. Dapprima trattano soggetti mitologici e leggendar, come Ercole e Onfale, Rosaspina, La maschera di ferro, pi tardi anche temi contemporanei, come la Bataille du gnral Hoche. Sono

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serie di quadri a mo di rivista, per lo pi tumultuosi, senza coerenza organica n sviluppo drammatico e prediligono le situazioni in cui prevalgano il mistero e il prodigio, spettri e spiriti, carceri e sepolcri. A poco a poco nelle singole scene vengono inseriti brevi passi esplicativi e dialoghi, e cos durante la Rivoluzione e nellepoca successiva questi lavori si sviluppano nelle curiose pantomimes dialogues e finiscono nel mlodrame grand spectacle, che lentamente va perdendo il suo carattere coreografico e gli elementi musicali, e diventa la commedia dintreccio, fondamentale per la storia del teatro ottocentesco. Sulla trasformazione del melodramma influiscono soprattutto i romanzi neri della Radcliffe e dei suoi imitatori. Di qui derivano quegli effetti da Grand Guignol che esso presenta, e anche certi suoi aspetti criminali. Ma tutti questi influssi modificano e arricchiscono solo la forma del melodramma, la sua essenza rimane pur sempre il conflitto del dramma classico. Il melodramma non che la tragedia in veste popolare, o, se si vuole, degenerata. Pixrcourt, il principale esponente di questo genere letterario, perfettamente conscio dellaffinit dellarte sua con il teatro popolare, ed erra solo nel supporre fra il melodramma e il mimo una comune natura e una continuit storica34. vero che egli riconosce il giusto nesso che lega il mimo ai misteri medievali, al dramma pastorale e allarte di Molire, ma non sa cogliere la differenza di fondo che corre tra il carattere schiettamente popolare del mimo e il carattere derivato invece di un teatro letterario decaduto poi al livello del gran pubblico urbano. Il melodramma tuttaltro che unarte spontanea e ingenua; segue invece i raffinati princip formali che la tragedia si era elaborata in un lungo e cosciente sviluppo, sia pur interpretandoli pi rozzamente, senza le finezze psicologiche e le bellezze poetiche della forma classica. Formalmente, il melodramma

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il genere pi convenzionale, schematico e artificioso che si possa pensare: un canone in cui non c posto per novit e spontaneit, per elementi di spregiudicato naturalismo. Esso presenta una struttura rigorosamente tripartita, con una situazione iniziale di forte contrasto, un urto violento e un dnouement in cui la virt trionfa e il male punito: insomma unazione molto evidente e sommaria, in cui lintreccio prevale sui caratteri e le figure sono sempre le stesse: leroe, linnocente perseguitato, il malvagio e il tipo comico35. Sugli eventi domina una fatalit cieca e crudele; ma assume anche un energico spicco la morale che, veramente, per la sua scipita tendenza a tutto accomodare, premiando i buoni e punendo i cattivi, non corrisponde pi al carattere etico della tragedia, ma con essa ha in comune il pathos sublime, sebbene spinto allesagerazione. Il melodramma rivela la sua dipendenza dalla tragedia anzitutto per losservanza delle tre unit o almeno per linclinazione a non trascurarle. Pixrcourt si permette mutamenti di luogo fra un atto e laltro, ma in questi casi il mutamento non salta troppo agli occhi, e solo in Charles le Tmraire (1814) egli cambia la scena nel corso di un atto. Ma se ne scusa in una nota, che costituisce una singolare indicazione dei suoi princip classici: Accade per la prima volta che io mi permetta uninfrazione delle regole, egli assicura. In generale Pixrcourt mantiene anche lunit di tempo: per lo pi nei suoi lavori tutto si svolge in ventiquattrore. Solo nel 1818, con la Fille de lexil ou huit mois en deux heures egli segue un nuovo criterio, scusandosene anche questa volta36. Invece il mimo, che consta di una sola scena naturalistica, ritratta dalla vita, o di una libera serie di scene del genere, non ha unazione stereotipa, riducibile a schema rigido, n caratteri tipici o fuor del comune, n una severa morale, n uno stile idealizzato, distinto dalla lingua parlata. Il melodramma ha in comune col mimo il dinamismo delle

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scene e la violenza degli effetti, i mezzi abborracciati e il carattere popolare dei temi; ma per altri aspetti invece si attiene rigidamente allideale stilistico della tragedia classica. Il convenzionalismo di una forma non sempre il segno di una destinazione elevata. La variet moderna del mimo non il melodramma, bens il vaudeville, che assai pi affine allantico teatro popolare per la sua azione episodica, disarticolata in scene singole, per le canzoni intercalate, i tipi popolari tratti dalla vita quotidiana, lo stile fresco, piccante, che pare improvvisato, sebbene non vi manchino influssi letterari. Tra il 1815 e il 1848 questo genere presenta una grande fecondit, e produce una folla di lavori e lavoretti tenui, leggeri, divertenti, oltre alle numerose commedie di Scribe. La costernazione dei letterati per labbondanza e il successo di tale produzione si pu immaginare solo ricordando come si reag alla marcia trionfale del film. Durante la Rivoluzione la commedia si era esaurita, come gi prima era avvenuto della tragedia; e come questa era degenerata rozzamente nel melodramma, cos il vaudeville fu una rozza degenerazione della commedia. Ma n luno n laltro uccisero il dramma, che anzi ne usc rinnovato; infatti il dramma romantico Hernani di Victor Hugo, lAntony di Dumas altro non era che il mlodrame parvenu; e il moderno dramma di costume, di Augier, Sardou e Dumas figlio, non fu che una variet del vaudeville37. Pixrcourt scrisse fra il 1798 e il 1834 circa centoventi lavori, di cui molti furono rappresentati migliaia di volte. Per trentanni il melodramma domin la vita del teatro parigino, e il suo favore cess solo quando il gusto del pubblico cominci a elevarsi, e le crudezze di quei lavori, il loro difetto di logica, linsufficiente motivazione e il linguaggio innaturale apparvero sempre pi fastidiosi. Ma i romantici avevano un debole per il melodramma, non solo per la loro opposizione ai ceti colti

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conservatori, ma anche per la loro maggior spregiudicatezza che li portava a comprendere meglio i pregi extraletterari, schiettamente teatrali del genere. Charles Nodier si dichiar subito fautore entusiasta del melodramma che non esit a definire la seule tragdie populaire qui convienne notre poque [La sola tragedia popolare che convenga alla nostra epoca]38; e Paul Lacroix indica Pixrcourt come il drammaturgo che sviluppa e conclude gli spunti di Beaumarchais, Diderot, Sedaine e Mercier39. Linaudito successo, lopposizione dei circoli ufficiali, la particolare predilezione dei romantici per gli effetti melodrammatici, i colori violenti, le situazioni sensazionali, gli accenti forti, tutti questi elementi hanno fatto s che nel dramma romantico si siano conservati tanti caratteri del teatro plebeo. Ma dal melodramma il romanticismo riprese soltanto quel che era suo dallinizio, o in germe era gi implicito nel preromanticismo e nello Sturm und Drang, e che al teatro era stato trasmesso in parte dal racconto terrifico inglese e da quello tedesco di briganti e cavalieri. Il teatro romantico ha infatti in comune col melodramma anzitutto gli acuti contrasti e gli ardenti conflitti, lazione complicata, avventurosa, cruenta e selvaggia; il predominio del prodigio e del caso, i passaggi bruschi, i mutamenti improvvisi, per lo pi ingiustificati, gli incontri e i riconoscimenti insperati, il continuo avvicendarsi di tensione e distensione; la violenza, lirresistibile brutalit degli espedienti; il raccapricciante, il sinistro, il demoniaco che sorprende e soggioga lo spettatore; il meccanismo gi belle pronto della vicenda, gli intrighi e le congiure, i travestimenti e gli inganni, le macchinazioni e i tranelli; infine gli effetti teatrali e il repertorio scenico, senza cui non si concepisce un dramma romantico: imprigionamenti e ratti, contrattempi e salvataggi, tentativi di fuga e assassini, salme e bare, carceri e cripte, torri e segrete, pugnali, daghe, fiale di veleno, anel-

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li, amuleti e tesori di famiglia, lettere intercettate, testamenti perduti, contratti segreti trafugati. Il romanticismo non era certo schizzinoso; ma basta pensare a Balzac, il pi grande scrittore del secolo e il pi discutibile in fatto di gusto, per accorgersi come siano ormai ristretti, e in conclusione trascurabili, i criteri del gusto classico. Che il teatro si andasse sviluppando in senso popolaresco lo prova non tanto lesistenza in s del melodramma, quanto la buona fede con cui Pixrcourt spacciava i suoi prodotti. Egli riteneva cattivi, falsi, immorali e pericolosi i lavori dei romantici, ed era profondamente persuaso che i suoi ambiziosi concorrenti avessero meno cuore di lui e meno senso di responsabilit morale40. A questo proposito Faguet nota giustamente che bisogna credere alla robaccia per farne di buona, destinata al successo. DEnnery, per esempio, era miglior scrittore e persona pi intelligente di Pixrcourt, ma scriveva i suoi melodrammi senza convinzione, unicamente per guadagnare, e cos non riusc nemmeno una volta a scriverne di buoni41; invece Pixrcourt credeva di adempiere a una missione e non voleva aver niente in comune col nuovo dramma romantico. I romantici invece devono a lui anzitutto il senso del vero teatro e il contatto con il gran pubblico. A lui anche devono se hanno potuto avere una parte cos importante nello sviluppo della pice bien faite [Dramma ben fatto]; e tutto lOttocento gli deve la rinascita di un vivace teatro popolare che, paragonato a quello del Sei e del Settecento, pu risultare farraginoso e spesso triviale, ma ha avuto il merito di evitare che il dramma si volatilizzasse in mera letteratura. Era destino di questo secolo che, ogni qualvolta lelemento poetico si affermava nel dramma, finisse per minacciarne il divertimento, lefficacia e levidenza scenica. Gi nellet romantica i due elementi vengono a conflitto, per cui o

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il successo teatrale o la perfezione poetica vengono sacrificati. Alessandro Dumas tendeva al dramma robusto, fatto per la scena, Victor Hugo, alla soverchiante eloquenza, e la stessa alternativa si present ai loro successori; soltanto in Ibsen le due opposte tendenze trovarono un equilibrio armonico, se pur precario. LInghilterra aveva avuto gi nel Seicento la sua rivoluzione politica e un secolo dopo quella industriale e artistica; al tempo della gran contesa tra classici e romantici in Francia, qui non restava quasi nulla della tradizione classica. Il romanticismo inglese ebbe cos uno sviluppo pi continuo e coerente di quello francese e incontr minor resistenza fra il pubblico; anche politicamente fu meno diviso che in Francia. Allinizio esso era nettamente liberale e guardava con schietta simpatia alla Rivoluzione; la lotta contro Bonaparte port poi a unintesa fra conservatori e romantici, e solo dopo la caduta di Napoleone fra questi ultimi torn a prevalere il liberalismo. Lunit di un tempo tuttavia non fu pi ritrovata; non si vollero dimenticare tanto presto gli insegnamenti della Rivoluzione e del dominio napoleonico, e molti degli antichi liberali, fra cui i Laghisti, rimasero antirivoluzionari. Walter Scott era e rimase un tory; invece Godwin, Shelley, Leigh Hunt e Byron rappresentarono il radicalismo prevalente nella giovane generazione. Il romanticismo inglese nacque, in sostanza, dalla reazione degli elementi liberali alla rivoluzione industriale; quello francese, dalla reazione dei ceti conservatori alla rivoluzione politica. Il rapporto fra romanticismo e preromanticismo in Inghilterra fu assai pi stretto che in Francia, dove il classicismo rivoluzionario spezz la continuit dei due movimenti. In Inghilterra fra il romanticismo e la rivoluzione industriale ormai in atto correva un rapporto sostanzialmente analogo a quello che era intercorso tra preromanticismo e prodromi dellindustrializzazione. Nel Deserted Village

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[Il villaggio abbandonato] di Goldsmith, nei Satanic Mills [I mulini diabolici] di Blake e nellAge of Despair [Let disperata] di Shelley si esprime su per gi il medesimo stato danimo. La passione dei romantici per la natura inconcepibile senza il distacco fra citt e campagna, come il loro pessimismo senza lo squallore e la miseria delle citt industriali. Essi sono pienamente consci di quanto accade e vedono esattamente che cosa significhi il convertirsi del lavoro umano in semplice merce. Southey e Coleridge nella disoccupazione periodica riconoscono la conseguenza inevitabile dellanarchica produzione capitalistica, e Coleridge sottolinea che secondo la nuova concezione del lavoro limprenditore compera e loperaio vende qualcosa che essi non avrebbero il diritto di comprare n di vendere, la salute, la vita, il benessere del lavoratore42. Al termine del conflitto con Napoleone, lInghilterra, bench non esausta, si trova indebolita e disorientata, in una condizione cio particolarmente adatta perch la societ borghese dubiti delle basi stesse della propria esistenza. Questo processo viene avviato dai pi giovani fra i romantici, la generazione di Shelley, Keats e Byron. Il loro intransigente umanesimo la protesta contro la politica di sfruttamento e di oppressione; la loro vita ribelle alle convenzioni, il loro aggressivo ateismo e la loro spregiudicatezza morale sono le varie forme della loro lotta contro la classe che dispone dei mezzi per sfruttare e opprimere. Persino nei suoi esponenti conservatori, come Wordsworth e Scott, il romanticismo inglese un movimento in certo modo democratico, che contribuisce a rendere la letteratura popolare. Il proposito di Wordsworth, di avvicinare la lingua poetica alla lingua parlata, un esempio caratteristico di questa tendenza, bench la naturale dizione poetica di cui egli si serve non sia, in realt, pi semplice e spontanea dellantica lingua letteraria, chegli rifiuta perch artificio-

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sa. Se essa meno dotta, tanto pi complicate ne sono le premesse psicologiche soggettive. E per quanto riguarda limpresa di descrivere se stesso e la propria evoluzione spirituale, in un poema lungo quanto lepopea omerica, questa s, rispetto allobiettivit dellantica letteratura, unazione, rivoluzionaria e per il nuovo soggettivismo forse significativa quanto Poesia e verit di Goethe; ma la popolarit e la naturalezza di una simile impresa sono pi che dubbie. Nel suo saggio su Wordsworth, Matthew Arnold, parlando di certi difetti del poeta, osserva che anche Shakespeare, naturalmente, ha i suoi punti deboli; ma se nei Campi Elisi gliene potessimo parlare, certo risponderebbe di esserne pienamente consapevole. Del resto, aggiungerebbe forse sorridendo, che fa se una volta tanto ci si lascia andare! Invece, concentrandosi tutto sul proprio io, il poeta moderno portato a sopravvalutare senza umorismo ogni manifestazione personale, a far conto del valore espressivo di ogni minimo particolare e perde cos la felice noncuranza con cui lantico poeta lasciava sgorgare i suoi versi. Per il Settecento la poesia era espressione di idee; senso e scopo delle immagini poetiche era la spiegazione e lillustrazione di un contenuto ideale. Nella poesia romantica invece limmagine poetica non il risultato, ma la fonte delle idee43. La metafora le genera, e noi abbiamo il senso che la parola si renda indipendente e diventi per se stessa poesia. Apparentemente i romantici vi si abbandonano senza resistenza, esprimendo anche cos la loro concezione irrazionale dellarte. Pu darsi che il Kubla Khan di Coleridge sia stato un caso limite; ma certo sintomatico. I romantici credevano a una forza soprasensibile, emanante dallanima del mondo, come origine dellispirazione poetica, e la identificavano con la spontanea forza creatrice della parola. Lasciarsene dominare, era per loro il segno del genio

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artistico. Naturalmente gi Platone parlava dellentusiasmo, dellispirazione divina dei poeti, e la fede in essa propria di ogni tempo in cui poeti e artisti vogliono apparire quasi una casta sacerdotale. Ma non era mai accaduto che lispirazione fosse concepita come una fiamma che saccende da s, come una luce che ha nellanima stessa del poeta la sua sorgente. La sua origine divina riguarda solo la forma, non gi il contenuto; nulla ne viene allanima, chessa gi non possegga. Cos vengono mantenuti i due princip: il divino e lindividuale; e il poeta diventa il dio di se stesso. Il panteismo estatico di Shelley il paradigma di questa autodeificazione. Manca in esso ogni traccia di abnegazione devota, la rinunzia di chi pronto a scomparire di fronte a ci che sublime. Il perdersi nel Tutto volont di dominio, non gi sottomissione. Il mondo governato dalla poesia e dal poeta considerato il pi alto, il pi puro, il pi schiettamente divino, e la divinit stessa non conosce altri criteri che quelli derivati dalla poesia. Shelley fonda la sua visione cosmica, in perfetto accordo con Friedrich Schlegel e con il romanticismo tedesco, su una mitologia a cui, per, egli stesso non crede. Accade in lui che la metafora diventa mito, non gi linverso, come presso i Greci. Ma anche questo mitologizzare non che un modo di evadere dalla realt consueta, volgare, inerte; un ponte per ricongiungersi alla propria vita pi intima e alla propria sensibilit. Per il poeta non che un mezzo per ritrovarsi. Il mito antico era sorto da una simpatia e da un legame con la realt; la mitologia romantica nasce dalle sue rovine e in certo modo come un surrogato. La visione cosmica di Shelley simpernia sullidea di una grande lotta, estesa a tutto il mondo, tra il principio del bene e quello del male; e rappresenta una idealizzazione grandiosa dellantagonismo politico che costituisce la pi profonda e decisiva esperienza del poeta. Il suo ateismo come

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stato notato, una rivolta contro Dio pi che una negazione di Dio; esso combatte un oppressore e un tiranno44. Shelley il ribelle nato, che in tutto quanto legittimo, costituzionale e convenzionale vede lopera di una volont dispotica e per il quale loppressione, lo sfruttamento e la violenza, lottusit, la sozzura e la menzogna, i re, le classi dominanti e le Chiese formano con il Dio della Bibbia ununica forza compatta. Il carattere astratto e fragile di questidea mostra chiaramente quanto vicini siano ormai, a questepoca, gli scrittori inglesi e quelli tedeschi. Listerismo antirivoluzionario ha avvelenato latmosfera spirituale in cui potevano ancora esprimersi liberamente gli scrittori inglesi del Settecento; le manifestazioni dellepoca assumono un aspetto irreale, rispecchiano un atteggiamento di fuga e negazione del mondo, che fin qui era ignoto alla letteratura inglese. I migliori poeti della generazione di Shelley non trovano consenso nel pubblico45; si sentono senza patria e fuggono allestero. Questa generazione in Inghilterra condannata non diversamente che in Germania o in Russia; Shelley e Keats vengono schiacciati dal loro tempo con la stessa inesorabilit che Hderlin e Kleist o Pukin e Lermontov. E anche il risultato ideologico dovunque lo stesso: idealismo in Germania, lart pour lart in Francia, estetismo in Inghilterra. Dappertutto si cessa di lottare distogliendosi dalla realt e rinunziando a mutare la struttura sociale esistente. In Keats questo estetismo va gi unito con una profonda malinconia, con il lamento sulla bellezza che non vita, che anzi negazione della vita; negazione di quella vita e di quella realt, che al poeta, adoratore della bellezza, sono eternamente negate, inaccessibili come la santit, leroismo, lamore, come tutto ci ch immediato, naturale, spontaneo. Gi si presente la rinunzia flaubertiana, la rassegnazione dellultimo grande romantico, a cui gi era ben chiaro che la vita il prezzo della poesia.

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Fra tutti i celebri romantici, Byron ad esercitare linflusso pi profondo e pi vasto sui contemporanei. Ma egli non certo il pi originale; soltanto il pi felice nel formulare il nuovo ideale della personalit. N il mal du sicle, n leroe solitario e orgoglioso, segnato dal destino, cio nessuno dei due elementi fondamentali della sua poesia veramente una sua invenzione. La malinconia byroniana viene da Chateaubriand e dalla letteratura dellemigrazione francese; leroe byroniano discende da Saint-Preux e da Werther. Il senso dellinconciliabilit fra le esigenze morali dellindividuo e le convenzioni sociali gi per Rousseau e per Goethe caratterizzava luomo nuovo, e gi Snancour e Constant descrivono leroe come un eterno esule, che porta in s la maledizione della sua natura asociale. Ma nellopera loro il carattere asociale delleroe era ancora connesso con un senso di colpevolezza, e si palesava in rapporti complicati e ambivalenti con la societ; solo Byron lo trasforma in aperta ribellione senza pi scrupoli; in unaccusa ai contemporanei da parte delleroe che rende giustizia a se stesso e si commisera lamentosamente: Byron rende esteriore e volgare il gran problema del romanticismo; lintimo tormento del suo tempo in lui diventa moda, atteggiamento mondano. Grazie a lui linquietudine del romantico, senza pi scopo nella vita, diventa un contagio, la malattia del secolo; il senso dellisolamento degenera in un culto della solitudine pieno di rancore, la perdita degli antichi ideali in anarchico individualismo, il tedio della civilt e della vita in un gioco affettato con la vita e la morte. Alla maledizione da cui la sua generazione si sentiva oppressa Byron d un aspetto seducente: i suoi eroi sono degli esibizionisti che ostentano le loro ferite, dei masochisti che si coprono pubblicamente di colpe e di vergogna, dei flagellanti che si torturano con autoaccuse e rimorsi e

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rivendicano per s, con lo stesso orgoglio, le buone e le cattive azioni. Leroe byroniano, questo tardo epigono del cavaliere errante, altrettanto amato e quasi altrettanto longevo, domina tutta la letteratura ottocentesca e imperversa ancora negli odierni film di criminali e di gangsters. Certi suoi tratti sono antichissimi, almeno antichi quanto il romanzo picaresco. In questo infatti si trova gi la figura del reietto che dichiara guerra alla societ ed nemico imperterrito dei grandi e dei potenti quanto amico e benefattore dei deboli e dei poveri: esteriormente rude e spiacevole, si rivela alla fine schietto e magnanimo; insomma quale la societ lo ha fatto. Tra Lazarillo de Tormes e Humphrey Bogart leroe byroniano solo un anello intermedio. Gi molto tempo prima di Byron il briccone era diventato linquieto pellegrino che regolava i suoi passi sulle stelle, leterno straniero tra gli uomini, che cercava la felicit perduta senza trovarla mai, lamaro misantropo che portava il proprio destino con lorgoglio di un angelo caduto. Tutti questi motivi esistevano gi in Rousseau e in Chateaubriand; di nuovo nella figura byroniana non ci sono che i tratti satanici e narcisistici. Leroe romantico, che Byron introduce nella letteratura, unuomo misterioso; nel suo passato c un segreto, un tremendo peccato, un fatale errore o una omissione irreparabile. Egli un proscritto, ognuno lo sente, ma nessuno sa che cosa si celi sotto il velo del tempo, ed egli non lo solleva. Si avvolge nel mistero del suo passato come in un manto regale: solitario, taciturno, inaccessibile. Da lui emana dannazione e rovina. spietato con se stesso e con gli altri. Non conosce perdono e non chiede grazia n a Dio, n agli uomini. Non rimpiange nulla, non si pente di nulla e, nonostante la sua vita disperata, nulla vorrebbe mutare in quel che stato e in quel chegli ha fatto. rude e selvatico, ma dalta origine; i suoi lineamenti sono duri e impenetra-

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bili, ma nobili e belli; da lui emana uno strano fascino a cui nessuna donna pu resistere, mentre ogni uomo risponde con amicizia o inimicizia. Egli colui che il destino incalza e che diventa per gli altri il destino; il prototipo non solo degli irresistibili e fatali amanti che troviamo nella letteratura moderna, ma in certo modo anche dei demoni di sesso femminile, dalla Carmen di Mrime alle vamps di Hollywood. Se non stato proprio Byron a scoprire leroe satanico che, ossesso e accecato, getta nella perdizione se stesso e chiunque venga a contatto con lui, certo egli ne ha fatto luomo interessante per eccellenza, Gli ha dato i caratteri piccanti e seducenti che da allora gli sono rimasti, lo ha tramutato nellimmoralista, nel cinico, irresistibile proprio per il suo cinismo. Per il disincantato mondo romantico in cerca di una nuova fede lidea dellangelo caduto aveva una fortissima attrattiva. Ci si sentiva colpevoli, ribelli a Dio, ma nella dannazione si voleva essere almeno come Lucifero. Anche i serafici Lamartine e Vigny finirono per passare al satanismo mettendosi nel seguito degli Shelley e dei Byron, dei Gautier, dei Musset, dei Leopardi e degli Heine46. Questo atteggiamento, traendo origine dal contraddittorio atteggiamento dei romantici di fronte alla vita, scaturiva senza dubbio da uninquietudine religiosa, ma, specialmente in Byron, si trasform in scherno per tutto ci che appariva sacro alla borghesia. Si trattava per di unavversione diversa da quella della bohme francese per il borghese: lanticonvenzionalismo plebeo di Gautier e dei suoi amici rappresentava un attacco dal basso; limmoralismo di Byron, invece, un attacco dallalto. Ogni espressione pi o meno tipica di Byron tradisce lo snobismo che accompagna le sue idee liberali, ogni sua testimonianza svela laristocratico, certo non pi saldamente radicato nella sua posizione sociale, ma fedele alle pose della casta. Soprattutto listerica passionalit con

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cui, nelle opere tarde, egli si scaglia contro laristocrazia che lo scomunica, mostra quanto profondamente egli si senta legato a quella classe e, nonostante tutto, quanta autorit e attrattiva essa abbia ancora per lui47. La morte non un argomento, dice Hebbel. Certo Byron con la sua morte eroica non ha provato nulla. Essa non gli si addice, benchegli fosse di sentimenti rivoluzionari. Byron cerc la morte perch il suo equilibrio spirituale era turbato e mor coronato di pampini come voleva morire Hedda Gabler. Dalle inclinazioni aristocratiche di Byron dipende anche la sua fedelt allestetica classicistica e la sua predilezione per Pope. Di Wordsworth gli spiaceva il tono freddamente solenne, prosaicamente untuoso; e disprezzava Keats per la sua volgarit. Da queste preferenze classiche derivano anche lo spirito distaccato e ironico, la forma vivace delle opere byroniane, soprattutto il disinvolto tono discorsivo del Don Juan. Tuttavia innegabile una connessione fra la scorrevolezza del suo stile e la dizione naturale di Wordsworth; sono entrambi aspetti della reazione al pathos retorico del Sei e del Settecento. Il fine comune era quello di raggiungere una maggior flessibilit della lingua, e proprio come maestro di uno stile fluido, agilissimo, apparentemente improvvisato, Byron dest il maggior entusiasmo fra i contemporanei. N la grazia alata di Pukin, n leleganza di Musset sarebbero concepibili senza questo nuovo tono. Il Don Juan con il suo particolare accento non solo fu esemplare per la poesia arguta, maliziosa, satirica, ma allorigine del moderno romanzo dappendice48. I primi lettori di Byron probabilmente appartennero alla nobilt e allalta borghesia; ma il suo vero, grande pubblico egli lo trov nelle file di quella borghesia scontenta, piena di rancore, incline al romanticismo, dove ogni fallito si riteneva un Napoleone incompreso. Leroe byroniano era concepito in modo che ogni giovane deluso nelle sue

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speranze, ogni fanciulla offesa nel suo amore vi si potesse riconoscere. Incoraggiando il lettore a tale intimit, Byron non fa che continuare la tendenza gi palese in Rousseau e in Richardson, ed questa la ragione pi profonda del suo successo. Lintimit del vincolo fra lettore ed eroe provocava un interesse tutto particolare per la persona dellautore. Anche questo era fenomeno gi noto ai tempi di Rousseau e di Richardson, tuttavia si pu dire che fino allet romantica la vita privata del poeta fosse rimasta ignota ai lettori. Ma da quando Byron prese a farsi rclame, il poeta divenne il beniamino del pubblico, e i lettori specialmente le lettrici ebbero con lui quei singolari rapporti che sogliono stabilirsi fra lo psicanalista e il suo paziente, o fra un astro del cinematografo e le sue adoratrici. Byron fu il primo poeta inglese che esercit un influsso importante sulla letteratura europea; Walter Scott fu il secondo. Grazie a loro divenne realt quel che Goethe intendeva per letteratura universale. La loro scuola si estese a tutto il mondo letterario, godendovi la pi alta autorit, introdusse nuove forme, nuovi valori, avvi nutriti scambi culturali fra luno e laltro paese dEuropa, quasi flussi e riflussi che portavano seco nuovi ingegni, spesso sollevandoli al di sopra dei loro maestri. Basta pensare a Pukin e a Balzac per capire lampiezza e la fecondit della scuola. Forse la moda byroniana fu pi febbrile e appariscente, ma lazione di Walter Scott, che stato detto il pi fortunato scrittore del mondo49, fu pi reale e profonda. Da lui procede quel rinnovamento del romanzo naturalistico, il genere moderno per eccellenza, che trasforma lintero pubblico letterario. In Inghilterra il numero dei lettori era venuto crescendo continuamente gi dal principio del Settecento. In questo processo si possono distinguere tre tappe: la fase iniziatasi verso il 1710 con i nuovi periodici e culminante nel romanzo della met del secolo; il

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tempo dei pseudostorici romanzi neri, dal 1770 fino al 1800; e il periodo del romanzo naturalistico moderno, aperto da Walter Scott. Ad ognuna di queste fasi corrispose un aumento considerevole di lettori. La prima conquist alla letteratura di argomento profano una parte relativamente esigua della borghesia, cio di gente che fino allora non leggeva nulla, o, al massimo, libri edificanti; nella seconda questo pubblico ingross fino a comprendere unampia cerchia di borghesi in via di arricchirsi, soprattutto signore; nella terza vi si aggiunsero altri elementi dellalta e della piccola borghesia, che cercavano nel romanzo divertimento e istruzione. Walter Scott riusc a raggiungere la popolarit dei romanzi neri e sensazionali con i mezzi, ben pi raffinati, dei grandi romanzieri settecenteschi. Egli divulg le descrizioni del passato feudale, fino allora lettura esclusiva dei ceti superiori50, e nello stesso tempo elev a vera dignit letteraria lo pseudostorico romanzo a forti tinte. Lultimo grande romanziere del Settecento fu Smollett. Il mirabile sviluppo che nel romanzo inglese corrispose alle conquiste politiche e sociali della borghesia, si arresta verso il 1770. Limprovviso crescere del pubblico provoca una sensibile decadenza: la richiesta eccede di molto il numero dei buoni scrittori, e poich la produzione viene in ogni modo assorbita, si produce senza freno n discernimento. Lesigenza delle biblioteche circolanti impone il ritmo e determina la qualit. Le cose pi ricercate, oltre ai romanzi raccapriccianti, sono gli scandali del giorno, i casi celebri, le biografie pi o meno romanzate, le relazioni di viaggi e le memorie segrete, insomma i soliti generi sensazionali. Ne viene, fenomeno inaudito, che gli ambienti colti cominciano a disprezzare il romanzo51. Solo Walter Scott ne restaura il prestigio, trattandolo anzitutto in modo da soddisfare linteresse degli ambienti intellettuali per la storia e la scienza. Non solo egli cerca di offrire ogni volta un

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fedele quadro storico, ma provvede i suoi romanzi di introduzioni, note e appendici, a sostegno della loro attendibilit scientifica. Se vero che non si pu considerare Walter Scott come il vero creatore del romanzo storico, tuttavia fuor di dubbio che egli linventore del genere storico-sociale, prima affatto ignoto. I romanzieri francesi del Settecento, Marivaux, Prvost, Laclos e Chateaubriand avevano certo determinato con le loro opere un immenso progresso del romanzo psicologico, ma non avevano saputo creare latmosfera sociale intorno ai loro personaggi, o li avevano circondati di un ambiente che non esercitava alcun influsso sostanziale sulla loro intima struttura. Il romanzo inglese del Settecento pu chiamarsi sociale, in quanto insiste maggiormente sui rapporti fra gli uomini; ma anchesso, nel delineare i personaggi, trascura affatto le distinzioni di classe o la causalit sociale. Invece le figure di Walter Scott ne portano sempre limpronta52. E poich in complesso Scott descrive giustamente lo sfondo sociale delle sue storie, nonostante le sue opinioni di conservatore egli diventa un campione del liberalismo e del progresso53. Per quanto avverso egli sia, anche politicamente, alla Rivoluzione, il suo metodo sociologico sarebbe inconcepibile senza questa svolta della storia. Solo con essa, infatti, si sviluppa il senso delle differenze di classe e diviene un dovere per ogni artista onesto di rappresentare nei suoi scritti la realt che a quelle corrisponde. Come scrittore, il retrivo Scott pi profondamente legato alla Rivoluzione del radicale Byron. Certo non bisogna sopravvalutare il trionfo del realismo, come Engels chiama lastuzia dellarte che spesso fa strumenti del progresso anche gli spiriti conservatori. Di solito in Scott la comprensione, lentusiasmo per il popolo non che un atteggiamento poco impegnativo, e in complesso il popolo minuto chegli descrive rimane conven-

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zionale e schematico. Latteggiamento conservatore di Scott per meno aggressivo dei sentimenti antirivoluzionari di Wordsworth e di Coleridge, che sono espressione di un amaro disinganno e di un improvviso mutamento di idee. vero che Scott, come generalmente i romantici reazionari, entusiasta della cavalleria medievale e ne deplora la decadenza; ma nello stesso tempo anchegli, come Pukin e Heine, critica tutta la stravaganza romantica. Con la stessa chiaroveggenza con cui Pukin constata laffettazione di Oneghin, in Riccardo Cuor di Leone egli riconosce lo splendido, ma inutile cavaliere della leggenda54. Delacroix, il primo e il massimo esponente della pittura romantica, gi si contrappone al romanticismo e lo supera. Egli rappresenta ormai lOttocento, mentre in sostanza il romanticismo ancora Settecento, e non solo perch continua il preromanticismo, ma anche perch contraddittorio ma non relativistico, ambivalente nei suoi rapporti spirituali, ma non cos scisso come il secolo xix. Il Settecento dogmatico lo sono un po anche i suoi romantici lOttocento scettico e agnostico. Da ogni cosa, perfino dal sentimentalismo e dallirrazionalismo, gli uomini del Settecento cercano di trarre una chiara formulazione teorica e una visione universale nettamente definibile; sono sistematici, filosofi, riformatori, si dichiarano favorevoli o avversi a una cosa e spesso mutano parte, ma prendono posizione, seguono dei princip, si attengono a un piano riformatore della vita e del mondo. Invece gli intellettuali dellOttocento hanno perduto la fede nei sistemi e nei programmi, e vedono il senso e il fine dellarte nellabbandonarsi passivamente alla vita, nel coglierne il ritmo, nel conservarne latmosfera e lintimo accordo; la loro fede unirrazionale, istintiva affermazione della vita; la loro mora-

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le, un adeguarsi alla realt. Essi non vogliono regolarla n superarla; vogliono viverla e riprodurne lesperienza nel modo pi diretto, fedele e completo. Li domina un sentimento invincibile che la vita e il presente, i contemporanei e il mondo circostante, le esperienze e i ricordi sfuggano giorno per giorno e si perdano per sempre. Larte diventa il mezzo dinseguire il tempo perduto, la vita che sfugge, eternamente inafferrabile. Il naturalismo intransigente non dei secoli che credono di possedere saldamente e sicuramente la realt, ma di quelli che temono di perderla; perci lOttocento il tempo classico del naturalismo. Delacroix e Constable stanno sulla soglia del nuovo secolo. In parte sono ancora degli espressionisti romantici, che lottano per esprimere lidea; ma in parte sono gi degli impressionisti, che cercano di cogliere loggetto fuggevole e non credono pi a un equivalente perfetto della realt. Dei due, Delacroix il pi romantico; se lo si paragona a Constable, appare evidentissima la continuit storica che lega classicismo e romanticismo, distinguendoli dal naturalismo. Di fronte a questo, classicismo e romanticismo hanno in comune lesaltazione della vita e delluomo, a cui dnno grandezza tragica ed eroica, espressione appassionatamente patetica: caratteri questi ancora presenti in Delacroix, ma non in Constable e nel naturalismo dellOttocento. Per Delacroix luomo ancora il centro del mondo, mentre per Constable egli divenuto una cosa fra le cose, riassorbito dallambiente. Perci Constable, sebbene non sia il pi grande, lartista pi innovatore del suo tempo. Scacciato luomo dal centro dellarte, vi subentra il mondo delle cose, e la pittura non solo acquista un nuovo contenuto, ma tende sempre pi esclusivamente alla soluzione di problemi tecnici e puramente formali. A poco a poco il soggetto perde ogni valore estetico, ogni interesse per lartista, e larte diventa pi formalistica che mai. Non

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importa pi affatto che cosa si dipinga, si chiede soltanto come lo si dipinga. Una tale indifferenza al tema non si era avuta neppure col pi disinvolto Manierismo. Mai finora si erano considerati argomenti di ugual valore artistico un cavolo e una testa di Madonna. Solo ora che il pittorico costituisce il vero contenuto della pittura, viene meno lantica gerarchia accademica dei soggetti e dei generi. Gi in Delacroix, pur cos legato alla poesia, i motivi letterari costituiscono soltanto loccasione, non la sostanza del quadro. Egli nega alla pittura ogni intento letterario e, invece di concetti, cerca di esprimere qualcosa di proprio, dirrazionale, simile alla musica55. Lorigine di questo spostarsi dellinteresse dalluomo alla natura, da vedere nella scarsa fiducia che la nuova generazione ha in s, nel suo disorientamento, nella sua incerta coscienza sociale, ma soprattutto nel trionfo della visione scientifico-naturalistica cos lontana dai valori dellumanesimo. Constable supera lumanesimo classico-romantico pi facilmente di Delacroix e diventa il primo paesista moderno, mentre Delacroix rimane essenzialmente pittore di storia. Ma entrambi incarnano in ugual misura lo spirito del nuovo secolo per il modo scientifico di porsi i problemi pittorici, dando allottica il predominio sulla visione. Lo sviluppo dello stile pittorico, cominciato in Francia con Watteau e interrotto dal classicismo settecentesco, viene ripreso e continuato da Delacroix. Per la seconda volta Rubens sovverte la pittura francese; per la seconda volta egli d origine a un sensualismo irrazionale ribelle al gusto classico. La massima di Delacroix, per cui un quadro devessere anzitutto una festa per gli occhi, era anche il messaggio di Watteau e fu vangelo per tutto limpressionismo. Il vibrante dinamismo delle forme, il movimento lineare e cromatico, lagitazione barocca dei corpi e il dissolversi dei colori locali nei loro componenti, tutto concorre a creare questarte sensuale, che ora permette

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di unire romanticismo e naturalismo, contrapponendoli entrambi al gusto classico. In certa misura Delacroix fu ancora una vittima del mal du sicle. Soffriva di gravi depressioni, conosceva il senso dellinutilit e del vuoto, lottava contro un indefinibile e inguaribile tedio. Era un malinconico, un insoddisfatto, con il rovello dellimperfezione. Lo stato danimo di Gricault a Londra, quando scriveva a casa: Qualunque cosa io faccia, vorrei aver fatto qualcosa daltro, torment Delacroix per tutta la vita56. Le sue radici romantiche erano ancor cos profonde, che non gli erano estranee neppure le tentazioni pi brutali. Basta pensare a unopera come il Sardanapalo (1829) per capire quanto posto avessero nel suo spirito il teatrale demonismo e lidolatria di Moloch cari ai romantici. Ma il romanticismo come atteggiamento pratico, egli lo combatt; si riconobbe fra i suoi esponenti soltanto con forti riserve, e lo accett come tendenza artistica soprattutto per la larghezza di motivi che offriva alla pittura. Come sostitu un viaggio in Oriente al tradizionale viaggio a Roma, cos attinse dalle fonti poetiche dellantico e del moderno romanticismo, da Dante e da Shakespeare, da Byron e da Goethe, anzich dallantichit classica. Soltanto linteresse del soggetto lo legava ad Ary Scheffer e Louis Boulanger, a Decamps e Delaroche. Egli odia il falso romanticismo del chiaro di luna e i sognatori incorreggibili, Chateaubriand, Lamartine e Schubert, chegli accomuna alquanto arbitrariamente57. Quanto a lui, non volle esser chiamato romantico e neg assolutamente di essere il maestro di quella scuola. Del resto, non aveva nessuna voglia di educare artisti, n diede mai libero accesso al suo studio; al massimo assumeva qualche aiuto, ma non allievi58. Nella pittura francese, non ci fu pi nulla di simile alla scuola di David; nessuno sostitu il maestro. Le mete dellarte erano ormai troppo personali, i criteri di valutazione troppo

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differenziati, perch potessero sorgere scuole di pittura come quelle di un tempo59. Lantiromanticismo di Delacroix si esprime anche nella sua ripugnanza per la bohme. Rubens il suo modello, non solo come artista, ma anche come uomo; e, dopo Rubens e i grandi del Rinascimento, egli il primo e forse lunico pittore che unisca modi signorili a una grande cultura60. Le sue inclinazioni aristocratiche gli fanno odiare ogni esibizionismo e ogni ostentazione; della tradizione della bohme gli rimane una cosa sola: il disprezzo del pubblico. A ventisei anni, egli gi un pittore celebre, ma ancora trentanni pi tardi scrive: Il y a trente ans que je suis livr aux btes [Da trentanni mi si d in pasto alle bestie]. Aveva amici, ammiratori, mecenati, incarichi dallo Stato; ma il pubblico non lo am n lo comprese mai. Nella stima che gli si tributava mancava ogni calore. Delacroix un isolato, un solitario in un senso assai pi vero di quello in uso fra i romantici. C un solo contemporaneo, chegli apprezzi e ami senza riserve: Chopin. N Hugo, n Musset, n Stendhal, n Mrime gli sono particolarmente vicini; egli non prende molto sul serio George Sand, la trascuratezza di Gautier lo respinge, Balzac gli d sui nervi61. Lo straordinario valore che ha per lui la musica, e che lo porta ad ammirare tanto Chopin, un sintomo della nuova gerarchia fra le arti e della posizione preminente che lestetica del romanticismo assegna alla musica. Essa larte romantica per eccellenza e Chopin il pi romantico dei romantici. Laffetto per lui la rivelazione pi diretta dellintima affinit di Delacroix con il romanticismo. Ma il suo giudizio sugli altri grandi musicisti tradisce lincoerenza del suo sentimento. Di Mozart egli parla sempre con la pi viva ammirazione, mentre Beethoven gli sembra troppo arbitrario, troppo romantico. In fatto di musica il suo gusto classicista62, il sentimentalismo stereotipo di Chopin non lo disturba, ma

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larbitrio di Beethoven, che dovrebbe essergli molto pi vicino come artista, lo sorprende e lo confonde. La musica romantica si contrappone non solo a quella classica, ma anche a quella preromantica, in quanto questultime poggiano entrambe sul principio dellunit formale e dellesaltazione delleffetto finale. La struttura accentrata, in funzione di unacme drammatica, delle forme musicali nellet romantica si dissolve, e torna a prevalere il modo aggiuntivo della composizione pi antica. La sonata si disgrega e viene sempre pi spesso sostituita da altre forme meno rigide e meno tipiche, da brevi liriche e bozzetti musicali, come il pezzo caratteristico, la fantasia, limprovviso e lintermezzo, larabesco e lo studio, limprovvisazione e la variazione. Anche le composizioni pi vaste constano spesso di queste forme miniaturistiche, che strutturalmente non costituiscono pi gli atti di un dramma, bens le scene di una rivista. Una sonata o una sinfonia classica era un microcosmo. Una serie di quadretti musicali, come il Carnaval di Schumann o Les annes de plerinage di Liszt, come lalbum di schizzi di un pittore; pu contenere particolari di gran pregio lirico e impressionistico, ma rinunzia senzaltro a un effetto di insieme e di unit organica. Anche la predilezione per il poema sinfonico, che in Berlioz, Liszt, Rimskij Korsakov, Smetana e altri sottentra alla sinfonia, soprattutto un segno dinettitudine o di esitazione a rappresentare il mondo come un tutto. Del resto, questo mutamento di forme dipende anche dalle tendenze letterarie dei compositori e dalla loro predilezione per la musica descrittiva. Libridismo formale che si pu osservare dappertutto, nella musica si manifesta anche nel fatto che molto spesso il compositore romantico ha notevoli doti di scrittore. Una minor coerenza strutturale si pu constatare anche nella pittura e nella poesia del tempo, ma la disintegrazione delle forme non mai cos rapida e cos vasta come nella musi-

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ca. La differenza si spiega in parte col fatto che le altre arti gi da lungo tempo avevano superato la struttura ciclica medievale, mentre nella musica questa era rimasta in vigore fino a mezzo il secolo xviii solo dopo la morte di Bach lunit formale aveva cominciato ad allentarsi. Richiamarsi ad essa era quindi assai pi facile che in pittura, dove tale struttura appariva ormai affatto antiquata. Tuttavia linteresse storico dei romantici per la musica antica e il risorgente prestigio di Bach non contribuiscono che in via secondaria a dissolvere il rigore formale della sonata; la ragione vera del mutamento va cercata in una svolta del gusto che si fonda su cause essenzialmente sociologiche. Il romanticismo porta a termine il processo che sera iniziato nella seconda met del Settecento: la musica diventa esclusivo possesso della borghesia. Non soltanto le orchestre passano dalle sale dei castelli e dei palazzi alle sale da concerto affollate di borghesi, ma anche la musica da camera trova il suo ambiente nelle case borghesi, anzich nei salotti aristocratici. Il gran pubblico, sempre pi assiduo alle manifestazioni musicali, esige tuttavia una musica pi leggera, pi attraente, meno complicata. Questesigenza favorisce il sorgere di forme brevi, pi dilettevoli, pi mosse, ma porta anche a una divisione tra musica seria e musica leggera. Finora le composizioni destinate al semplice divertimento non si distinguevano per qualit dalle altre; naturalmente cerano opere di valore assai differente, ma ci non dipendeva dalla loro destinazione. Come sappiamo, la generazione successiva a Bach e a Haendel distingueva gi tra il comporre per proprio diletto e la produzione destinata al pubblico; ma adesso si distingue ormai fra le diverse categorie del pubblico stesso. Gi le opere di Schubert e di Schumann si possono classificare secondo questo criterio63; in Chopin e in Liszt la preoccupazione di compiacere anche la parte pi accontentabile del

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pubblico influisce, per cos dire, su ogni singola opera; e in Berlioz e Wagner porta spesso a unesplicita civetteria. Quando Schubert dichiara di non conoscere musica allegra ha laria di voler prevenire il rimprovero di frivolezza; poich dallavvento del romanticismo in poi ogni gaiezza appare frivola e superficiale. Lunione della pi spensierata leggerezza con la pi profonda seriet, del gioco pi esuberante con lethos pi alto, pi puro, pi profondamente trasfiguratore, ancor presente nellopera di Mozart, viene meno; dora in poi tutto ci che non solito e volgare assume unaria cupa e pensierosa. Basta confrontare lo spasmodico espressionismo della musica romantica con la serena, chiara umanit di Mozart, esente da ogni misticismo, per misurare quel che con il Settecento andato perduto. Nei romantici le concessioni al pubblico valgono a compensare lassenza di ogni ritegno e larbitrio dellespressione. Consciamente e volutamente si rendono pi difficili le composizioni, sia nello spirito che nella tecnica, sicch esse non si prestano pi ad essere eseguite da dilettanti. Gi le pi tarde opere di Beethoven per pianoforte e per orchestra da camera potevano essere eseguite solo da artisti e apprezzate da un pubblico di raffinata cultura musicale. I romantici accrescono anzitutto le difficolt tecniche. Weber, Schumann, Chopin, Liszt compongono per i grandi concertisti. La bravura, chessi esigono dallesecutore, ha un duplice effetto: riserva lesercizio della musica allesperto e abbaglia il profano. Per il virtuoso-compositore, il cui prototipo Paganini, lo stile brillante non ha altro scopo che di sbalordire lascoltatore, lespressione di una difficolt, di una complicazione intima. Entrambe le tendenze, sia quella che accresce la distanza tra il dilettante e il virtuoso, sia quella che approfondisce la cesura tra musica leggera e musica difficile, portano alla dissoluzione dei generi classici. Per sua natura, lo stile del virtuoso ato-

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mizza le grandi forme massicce: il pezzo di bravura relativamente breve, scintillante, pungente. Ma anche uno stile intrinsecamente difficile, originale, volto a sublimare pensieri e sentimenti favorisce il dissolversi delle forme universalmente valide, tipiche e di lungo respiro. La facilit con cui la musica pu essere sottoposta a questa disgregazione formale, lirrazionalit del suo contenuto e lautonomia dei suoi mezzi espressivi, spiegano la preminenza che ora assume nel sistema delle arti. Per i classici larte sovrana era la poesia, il preromanticismo tendeva in parte alla pittura; il romanticismo maturo guarda alla musica. Per Gautier la pittura rappresentava ancora lideale dellarte, per Delacroix la musica ormai la fonte delle pi profonde esperienze artistiche64. Tale evoluzione culmina nella filosofia di Schopenhauer. Il romanticismo celebra nella musica i suoi maggiori trionfi. La gloria di Weber, Meyerbeer, Chopin, Liszt, Wagner riempie tutta lEuropa e soverchia il successo dei poeti pi noti. Alla fine dellOttocento la musica la sola fra le arti che sia rimasta pienamente romantica. E che il secolo sentisse proprio nella musica lessenza dellarte, prova chiarissima di quanto profondamente fosse legato al romanticismo. La confessione di Thomas Mann, che riconosce esser stata la musica di Wagner a svelargli il senso dellarte, altamente sintomatica. Ancora sullo scorcio del secolo formule come le sang, la volupt et la mort, la romantica ebbrezza dei sensi e il salto mortale della ragione varranno a indicare il senso profondo dellarte. LOttocento non arriv a concludere la sua lotta con lo spirito romantico; la decisione doveva toccare al nuovo secolo.

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Arnold Hauser - Storia sociale dellarte Citato da f. l. lucas, The Decline and Fall ot the Romantic Ideal, 1937, p. 36. 2 Per questo concetto della coscienza epocale, cfr. karl jaspers, Die geistige Situation der Zeit, 1932, 3a ed., pp. 7 sgg. 3 g. lanson, Histoire de la littrature franaise cit., p. 943. 4 marcel proust, Pastiches et mlanges, 1919, p. 267. 5 joseph aynard, Comment dfinir le romantisme?, in Revue de littrature compare, v, 1925, p. 653. 6 f. benoit, Lart franais ecc. cit., pp. 62-63. 7 Cfr. albert ptzsch, Studien zur frhromantischen Politik und Geschichtsauffassung, 1907, pp. 62-63. 8 ortega y gasset, History as a System, in Philosophy and History. Essays presented to Ernst Cassirer, a cura di r. klibansky e j. h. paton, 1936, p. 313. 9 emil lask, Fichtes Idealismus und die Geschichte, 1902, pp. 56 sgg., 83 sgg. Cfr. erich rothacker, Einleitung in die Geschichtswissenschaften, 1920, pp. 116-18. 10 arnold ruge, Die wahre Romantik, Gesammelte Schriften, III, p. 134; citato da carl schmitt, Politische Romantik, 1925, 2a ed., p. 35. 11 konrad lange, Das Wesen der Kunst, 1901. 12 coleridge, Biographia Literaria, XIV. 13 Cfr. albert salomon, Brgerlicher und kapitalisticher Geist, in Die Gesellshaft, iv, 1927, p. 552. 14 louis maigron, Le Romantisme et les murs, 1910, p. v. 15 Citato da ricarda huch, Ausbreitung und Verfall der Romantik, 1908, 2a ed., p. 349. 16 e. kirchner, Die Philosophie der Romantik, 1906, pp. 42-43. 17 diderot, Paradoxe sur le comdien, 1773. 18 c. schmitt, Politische Romantik cit., pp. 24 sgg., 120 sgg., 148-49. 19 Cfr. a. ptzsch, Studien ecc. cit., p. 17. 20 fritz strich, Die Romantik als europische Bewegung, in Wlfflin-Festschrift, 1924, p. 54. 21 georg brandes, Hauptstrmungen der Literatur des 19. Jahrhunderts, 1924, I, pp. 13 sgg. 22 Cfr. ernst troeltsch, Die Restaurationsepoche am Anfang des 19. Jahrhunderts, in Vortrge der Baltischen Literatur- Gesellschaft, 1913, p. 49. 23 c.-m. des granges, La presse littraire sous la Restauration, 1907, p. 44. 24 a. thibaudet, Histoire de la littrature franaise ecc. cit., p. 107. 25 pierre moreau, Le Classicisme des romantiques, 1932, p. 132. 26 henry a. beers, A History of English Romanticism in the 19th Century, 1902, p. 173.
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Arnold Hauser - Storia sociale dellarte a. thibaudet, Histoire de la littrature franaise ecc. cit., p. 121. g. brandes, Hauptstrmungen ecc. cit., III, p. 9. 29 Ibid., p. 225. 30 Ibid., II, p. 224. 31 grimod de la reynire, in Le Censeur dramatique, i, 1797. 32 maurice albert, Les Thtres des Boulevards (1789-1848), 1902. 33 c.-m. des granges, La Comdie et les murs sous la Restauration et la Monarchie de Juillet, 1904, pp. 35-41, 43-46, 53-54. 34 w. j. hartog, Guilbert de Pixercourt, 1913, pp. 52-54. 35 paul ginisty, Le Mlodrame, 1910, p. 14. 36 alexander lacey, Pixercourt and the French Romantic Drama, 1928, pp. 22-23. 37 mile faguet, Propos de thtre, II, 1905, pp. 299 sgg. 38 w. j. hartog, Guilbert de Pixercourt cit., p. 51. 39 Ibid. 40 g. de pixrcourt, Dernires rflexions sur le mlodrame, 1843; citato da hartog, Guilbert de Pixercourt cit., pp. 231-32. 41 faguet, Propos de thtre cit., p. 318. 42 alfred cobban, Edmund Burke and the Revolt against the 18th Century, 1929, pp. 208-9, 215. 43 c. day lewis, The Poetic Image, 1947, p. 54. 44 h. n. brailsford, Shelley, Godwin and their Circle, 1913, p. 226. 45 francis thompson, Shelley, 1909, p. 41. 46 Cfr. fritz strich, Die Romantik als europische Bewegung, p. 54. 47 h. y. c. grierson, The Background of English Literature, 1925, pp. 167-68. 48 julius bab, Fortinbras oder der Kampf des 19. Jahrhunderts mit dem Geist der Romantik, 1914, p. 38. 49 w. p. ker, Collected Essays, 1925, I, p. 164. 50 henry a. beers, A History of English Romanticism ecc. cit., p. 2. 51 j. m. s. tompkins, The Popular Novel in England (1770-1800), 1932, pp. 3-4. 52 louis maigron, Le roman historique lpoque du romantisme, 1898, p. 90. 53 g. lukcs, Walter Scott and the Historical Novel, in The International Literature, 1938, p. 80. 54 walter scott, Ivanhoe, 1820, cap. XLI. 55 lon rosenthal, La peinture romantique, 1903, pp. 205-6. 56 delacroix, Journal [trad. it., Diario (1804-1863), Torino 1954]. Cfr., tra laltro, la nota del 26 aprile 1824. 57 Ibid., 14 febbraio 1850. 58 l. rosenthal, La peinture romantique cit., pp. 202-3. 59 paul jamot, Delacroix, in Le Romantisme et lart, 1928, p. 116. 60 Ibid., p. 120,
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Arnold Hauser - Storia sociale dellarte Ibid., pp. 100-1. andr joubin, Journal de Delacroix, 1932, I, pp. 284-85. 63 alfred einstein, Music in the Romantic Era, 1947, p. 39. 64 delagroix, Journal, passim; in particolare nota del 30 gennaio 1855.
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Capitolo primo La generazione del 1830

Se il fine della ricerca storica la comprensione del presente n altro potrebbe essere questindagine ormai prossima al suo fine. Ora finalmente proprio degli aspetti moderni del capitalismo dobbiamo occuparci, della societ borghese, del naturalismo in arte e in letteratura, insomma, di quello che il nostro mondo. In ogni campo ci stanno di fronte nuovi rapporti, nuove forme di vita, e ci sentiamo come staccati dal passato. Ma in nessun altro settore forse la cesura cos profonda come nella letteratura, dove il confine fra le opere pi antiche, che ormai hanno assunto carattere storico, e quelle pi vicine, tuttora pi o meno attuali, costituisce la frattura pi rilevante che si conosca nella storia dellarte. Soltanto le opere che rimangono al di qua di questo confine ideale costituiscono la letteratura moderna, viva, che tocca direttamente i nostri problemi; dalle altre ci separa un abisso incolmabile, tanto che per comprenderle ci occorre una disposizione particolare, un particolare sforzo, e interpretandole si rischia sempre di errare e di fraintenderle. Noi leggiamo le opere letterarie del passato con occhi diversi da quelle del nostro tempo; le godiamo in modo puramente estetico, cio con distacco, anzi spassionatamente e con la chiara consapevolezza del loro carattere fittizio e del nostro illuderci. Questo presuppone punti di vista e capacit che mancano certamente al lettore comune; ma anche il lettore

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guidato da interessi storici ed estetici sente unimmensa differenza tra opere che non hanno alcun diretto rapporto col suo tempo, con il suo senso della vita e con i fini chessa persegue, e quelle invece che da tale senso della vita derivano e cercano di rispondere alla domanda di come si possa o si debba vivere in questo nostro tempo. LOttocento, o lepoca che con questo termine comunemente si intende, comincia intorno al 1830. Soltanto al tempo della monarchia borghese cominciano a delinearsi le basi e le linee generali del secolo: lordine sociale in cui noi stessi siamo radicati, il sistema economico di cui sussistono ancor oggi i princip e le contraddizioni, quella letteratura che, in complesso, ancor oggi la forma in cui noi ci esprimiamo. I romanzi di Stendhal e di Balzac sono i primi libri che trattino della nostra vita, dei nostri problemi, di difficolt morali e di conflitti ignoti alle generazioni precedenti. Julien Sorel e Mathilde de la Mole, Lucien de Rubempr e Rastignac sono i primi uomini moderni della letteratura occidentale, i primi nostri contemporanei ideali. In loro per la prima volta troviamo quella sensibilit che anche la nostra, nel loro carattere troviamo i primi segni di quella complicata psicologia che contraddistingue i contemporanei. Da Stendhal a Proust, dalla generazione del 1830 a quella del 1910, noi siamo testimoni di una continua, organica evoluzione intellettuale. Tre generazioni si affaticano con gli stessi problemi; per settanta, ottantanni il corso della storia non devia. I tratti caratteristici del secolo si possono gi tutti riconoscere intorno al 1830. La borghesia in pieno sviluppo, gi forte e consapevole della sua potenza. Laristocrazia scomparsa dalla scena storica, ridotta a una condizione strettamente privata. Il trionfo della borghesia indubbio e incontrastato. vero che i vincitori costituiscono una classe capitalistica del tutto conser-

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vatrice e illiberale che adotta, in parte ancora tali e quali, le forme e i metodi di governo dellantica aristocrazia; ma i suoi membri nella condotta e nel pensiero non sono affatto aristocratici, n tradizionalisti. Gi il romanticismo era stato un movimento essenzialmente borghese, inconcepibile senza lemanciparsi delle classi medie; ma i romantici avevano spesso assunto atteggiamenti ancora prettamente aristocratici, lusingati dallidea di trovare il loro pubblico fra la nobilt. Queste illusioni cessano dopo il 183o ed evidente allora che non c pi un vasto pubblico letterario fuori della borghesia. Ma compiuta lemancipazione borghese, ecco subito iniziarsi la lotta politica della classe operaia. E questo il secondo dei movimenti fondamentali per lOttocento, che prendono lavvio dalla rivoluzione di luglio e dalla monarchia borghese. Finora le lotte di classe del proletariato si erano confuse con quelle della borghesia e soprattutto per le mire politiche del ceto medio si erano mosse le classi lavoratrici. Solo le vicende successive al 183o apriranno loro gli occhi convincendole che nella lotta per i loro diritti non potranno appoggiarsi a nessunaltra classe. Mentre si viene cos svegliando nel proletariato la coscienza di classe, la teoria socialista assume la sua prima forma concreta, e nello stesso tempo si delinea il programma di un attivismo artistico che per intransigenza supera ogni precedente. Lart pour lart attraversa la prima crisi e dora in poi, oltre allidealismo dei classicisti, dovr combattere anche lutilitarismo sia dellarte sociale che dellarte borghese. Il razionalismo economico che procede di pari passo con lindustrializzazione e la completa vittoria del capitalismo, il progresso delle scienze storiche ed esatte e quindi la generale tendenza scientifica del pensiero, la rinnovata esperienza di una rivoluzione fallita e il conseguente realismo politico, sono tutti fattori che preparano quella grande lotta contro il romanticismo, che

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riempie la storia dei cento anni successivi. La preparazione e lavvio di questa lotta un altro contributo della generazione del 183o al costituirsi del secolo xix. Loscillare di Stendhal fra logique e espagnolisme, i rapporti ambivalenti di Balzac con la borghesia e in entrambi la dialettica di razionalismo e irrazionalismo mostra che ormai la battaglia in corso; la generazione di Flaubert non fa che acuire una situazione di lotta gi in atto. La visione artistica della monarchia di luglio in parte borghese, in parte socialista, ma in complesso antiromantica. Il pubblico, osserva Balzac nella prefazione a La peau de chagrin (1831), ristucco di Spagna, dOriente, di storia di Francia alla Walter Scott. passato, deplora Lamartine, il tempo della poesia, cio della poesia romantica1. Il romanzo realista, la pi originale creazione di questi anni e il pi importante acquisto del secolo nel campo artistico, esprime, nonostante il romanticismo dei suoi fondatori, cio bench Stendhal si richiami a Rousseau e in Balzac ci sia ancora leco del melodramma, lo spirito antiromantico della nuova generazione. Sia il razionalismo economico, che il pensiero politico formulato in termini di lotta di classe spingono il romanzo allo studio della realt sociale e dei meccanismi psicologico-sociali. Loggetto e il punto di vista dellindagine rispondono pienamente alle intenzioni della borghesia e il risultato, il romanzo realista, serve quasi da manuale a questa classe in ascesa, che aspira al completo dominio della societ. Gli scrittori del tempo ne fanno uno strumento per conoscere luomo e trattare col mondo, rispondendo alle esigenze e al gusto di un pubblico che essi odiano e disprezzano. Essi cercano di soddisfare i loro lettori borghesi, siano o non siano sansimoniani o fourieristi, credano allarte sociale o a lart pour lart, poich un pubblico proletario non c e, se anche ci fosse, non riuscirebbe che a metterli in imbarazzo.

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Fino al Settecento gli autori non erano che i portavoce del loro pubblico2; essi curavano i beni intellettuali dei lettori, come i domestici e gli impiegati ne curavano i beni materiali. Accettavano e sanzionavano la morale e il gusto corrente, non li inventavano n li mutavano. Scrivevano le loro opere per un pubblico nettamente definito e limitato e non tentavano certo di acquistare nuovi lettori. Quindi non cera tensione alcuna tra pubblico vero e pubblico ideale3. Lo scrittore ignorava il tormentoso problema della scelta fra diverse possibilit soggettive, e il problema morale della scelta fra diversi ceti sociali. Solo nel Settecento il pubblico si divide in due campi e larte in due tendenze rivali. Dora in poi ogni artista ha di fronte due ordini contrastanti, il mondo dellaristocrazia conservatrice e quello della borghesia progressista; un gruppo che si attiene agli antichi valori tradizionali, presunti assoluti, e uno che stima anche quei valori e specialmente quelli legati al tempo e afferma che altri ne esistono, pi aggiornati e meglio rispondenti al bene comune. La borghesia si affranca dai modelli aristocratici e laristocrazia stessa comincia a dubitare della validit dei propri criteri, cos che in parte passa nel campo borghese, per favorire una letteratura che le nemica e funesta. Per gli scrittori si sviluppa una situazione affatto nuova: quelli che continuano a servire i ceti conservatori, la Chiesa, la corte e la nobilt, finiscono per tradire i loro compagni di classe; quelli invece che si fanno interpreti delle idee della borghesia in ascesa, si trovano a compiere una funzione finora mai compiuta da nessuno scrittore importante, salvo poche eccezioni: essi combattono per una classe oppressa o, comunque, non ancora al potere4. Questo pubblico non ha una sua ideologia gi belle pronta, ed essi stessi debbono collaborare a definire il sistema concettuale, le nuove categorie e i nuovi valori. In questo modo essi non sono pi sempli-

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ci portavoce dei lettori, ma, per cos dire, i difensori e i maestri, e riprendono perfino qualcosa di quella dignit sacerdotale perduta da tanto tempo, che n i poeti dellantichit classica n quelli del Rinascimento avevano posseduta, e meno che mai i chierici del Medioevo, che per lettori avevano solo dei chierici e, come letterati, non avevano alcun contatto con i laici. Durante la Restaurazione e la monarchia borghese i letterati vengono a perdere la singolare posizione che avevano avuto nel Settecento; non sono pi i difensori e nemmeno i maestri del lettore, ne sono anzi gli involontari servitori, sempre ribelli, ma non per questo meno utili. Di nuovo essi divengono i portavoce di unideologia, chessi trovano gi pi o meno elaborata e chiaramente prescritta: il liberalismo della borghesia trionfante, che essa ha derivato dallilluminismo attraverso molteplici alterazioni. Questo devessere il loro orientamento, se vogliono trovare lettori. tuttavia singolare che essi lo seguano senza per identificarsi in alcun modo con il loro pubblico. Anche gli scrittori dellilluminismo annoveravano fra i loro seguaci solo una parte del pubblico letterario, anchessi erano circondati da un mondo ostile e pericoloso, ma almeno appartenevano allo stesso campo dei loro lettori. Persino i romantici, per quanto spaesati, si sentivano vicini alluno o allaltro ambiente sociale, e potevano sempre dire per quale gruppo, per quale classe scendessero in campo. Ma a quale parte del pubblico si sente legato Stendhal? Al massimo agli happy few [To the happy few (ai pochi eletti): dedica delle opere La Chartreuse de Parme, Lucien Leuwen, Promenades dans Rome], gli indesiderabili, gli esclusi, i vinti. E Balzac? Sidentifica con la nobilt, la borghesia o il proletariato? con la classe che glispira magari qualche simpatia, ma chegli abbandona senza batter ciglio; o con quella di cui ammira le inesauribili energie, e che tuttavia gli ripugna; o con le masse, di cui ha paura come del fuoco?

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Gli scrittori che non sono puri matres de plaisir della borghesia non hanno un loro vero pubblico: questo per il fortunato Balzac come per lincompreso Stendhal. Lo stato di tensione, il rapporto difficile che corre tra autori e lettori della generazione del 1830 si riflettono nettissimi nel nuovo tipo deroe che appare nei romanzi di Balzac e di Stendhal. Negli eroi di Rousseau, Chateaubriand e Byron, solitari e straniati dal mondo, la delusione e il senso del dolore universale si trasformano in rinunzia ad attuare i propri ideali, in disprezzo per la societ e spesso in disperato cinismo di fronte alle norme e alle convenzioni. Il romanzo del disinganno diventa il romanzo della disperazione e della rassegnazione. Scompare ogni tratto tragico-eroico, ogni volont di autoaffermazione, ogni fede nel perfezionamento del proprio essere; e vi subentra la disposizione al compromesso, a vivere senza scopo e a morire senza gloria. Nel romanzo della delusione balenava ancora lidea della tragedia, che faceva leroe in lotta contro la volgare realt vittorioso pur nella sconfitta. Invece nel romanzo ottocentesco leroe risulta vinto nellintimo, anche quando sembra giungere alla meta e, spesso, proprio in quel momento. Per leroe del giovane Goethe, di Chateaubriand o di Benjamin Constant, il dubbio sulla ragion dessere della propria personalit, sulla legittimit dei propri fini non esisteva; il romanzo moderno che per primo crea la cattiva coscienza delleroe nel conflitto con lordine borghese, e gli impone di accettare i costumi e le convenzioni sociali, almeno come regola di gioco. Werther ancora lindividuo eccezionale, a cui il poeta accorda fin da principio il diritto di ribellarsi al mondo stupido e prosaico; invece Wilhelm Meister finisce i suoi anni di tirocinio riconoscendo che bisogna adattarsi a questo mondo cos com. La realt esteriore ormai pi insensata e ottusa, perch diventata pi meccanica e arrogante; la societ, finora ambiente naturale e campo da-

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zione dellindividuo, ha perduto ogni importanza, ogni valore per i fini pi alti dellindividuo, e tuttavia ancora pi forte si fatta la necessit di adattarvisi, di vivere in essa e per essa. La politicizzazione della societ, iniziata con la Rivoluzione francese, giunge allacme durante la monarchia di luglio. Il conflitto tra liberalismo e reazione, lo sforzo di conciliare le conquiste rivoluzionarie con gli interessi delle classi privilegiate continua, investendo tutti i campi della vita pubblica. Il capitale finanziario trionfa sulla propriet terriera; aristocrazia e Chiesa non sono pi protagoniste della vita politica; i progressisti si oppongono ai banchieri e agli industriali. Lantagonismo politico e sociale di un tempo non si certo attenuato, solo sono mutate le posizioni. Ora i contrasti pi profondi sono quelli che dividono il capitalismo industriale dal proletariato e dalla piccola borghesia. I fini della lotta di classe si chiariscono, si inaspriscono i metodi, tutto sembra annunziare unaltra rivoluzione. Nonostante i frequenti riflussi, il liberalismo guadagna terreno; lentamente si prepara la democrazia dellEuropa occidentale. La legge elettorale viene cambiata, e il numero degli elettori, da circa centomila, cresce di due volte e mezzo. Si costituiscono in embrione gli elementi del sistema parlamentare e si gettano le basi della coalizione proletaria. Veramente, nonostante la riforma elettorale, in Parlamento continuano a essere rappresentate soltanto le classi possidenti, e il liberalismo che giunto al potere semplicemente quello dellalta borghesia. Insomma, la monarchia di luglio un periodo di eclettismo, di compromessi, lepoca del mezzo, anche se non proprio del giusto mezzo come amava definirla Luigi Filippo e come ora indicata da tutti vuoi seriamente vuoi con ironia. Esteriormente, un tempo di moderazione e tolleranza, ma nella realt della pi dura lotta per lesistenza; unepoca di moderato progresso

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politico e di conservatorismo economico sullesempio inglese. I Guizot e i Thiers esaltano lidea della monarchia costituzionale, auspicano che il sovrano regni e non governi, ma essi stessi sono lo strumento di unoligarchia parlamentare, di un esiguo partito di governo che tiene in balia i pi vasti ceti borghesi con la magica parola enrichissez-vous! La monarchia di luglio un periodo di prosperit, di floridezza industriale e commerciale. Il denaro domina tutta la vita pubblica e privata: tutto si piega al suo servizio, tutto gli si prostituisce esattamente, o quasi, come descrive Balzac. Certo il dominio del capitale non comincia da ora; ma prima in Francia il denaro era soltanto uno dei mezzi per potersi affermare, e non il pi cospicuo n il pi efficace. Adesso invece ogni diritto, ogni potere, ogni attitudine viene a un tratto espressa in denaro. Ogni cosa devesser ridotta a quel denominatore per diventare comprensibile. Dora in poi tutta la storia antecedente del capitalismo appare un semplice preludio. Non solo lalta politica e lalta societ, non solo il Parlamento e la burocrazia hanno un carattere plutocratico, non solo la Francia dominata dai Rothschild e dagli altri juste-millionaires [gioco di parole fra milieu (mezzo) e million (milione)], come li chiama Heine, ma il re stesso uno speculatore astuto e senza scrupoli. Per diciottanni il governo, come dice Tocqueville, una specie di societ commerciale: re, Parlamento e amministrazione si dividono i grossi bocconi, si scambiano informazioni e favori, affari e concessioni, speculano sulle azioni e sulle rendite, sulle cambiali e sulle ipoteche. Il capitalista afferra le redini della societ assicurandosi una posizione quale mai aveva avuto. Finora una funzione del genere si era accompagnata alla trasfigurazione ideologica della ricchezza; il ricco doveva apparire il protettore della Chiesa, della Corona, o delle arti e delle scienze; ora invece gode dei massimi onori semplicemente perch ricco. Dora in

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poi regneranno i banchieri, profetizza Laffitte, quando viene proclamato re Luigi Filippo. E nel 1836 un deputato dichiara in Parlamento: Nessuna societ pu vivere senza unaristocrazia. Volete sapere chi sono gli aristocratici della monarchia di luglio? I grandi industriali; su di loro si fonda la nuova dinastia5. Ma la borghesia ancora impegnata nella lotta per la supremazia, per il prestigio sociale, che la nobilt le concede a malincuore, esitando. Essa ancora una classe in ascesa ed ha ancora lo slancio delloffensiva, la sicurezza senza dubbi di chi reclama i propri diritti. Ma cos certa di vincere, che la sicurezza gi comincia a mutarsi in compiacimento, in autoapologia. La sua buona coscienza riposa gi in parte su unillusione ed essa si avvia a quello stato in cui le rivelazioni del socialismo incrineranno la sua fiducia. Diventa sempre pi intollerante e retriva e dei suoi peggiori difetti grettezza, piatto razionalismo, mascheramenti idealistici della corsa al guadagno fa le basi della sua filosofia. Ogni vero idealismo le par sospetto, ridicolo ogni distacco dal mondo; combatte ogni intransigenza, ogni radicalismo, perseguita e reprime ogni opposizione allo spirito del juste-milieu e alla prudente dissimulazione dei contrasti. Alleva i propri satelliti allipocrisia e si trincera dietro le sue finzioni ideologiche, tanto pi disperatamente, quanto pi pericolosi diventano gli attacchi del socialismo. Le tendenze fondamentali del moderno capitalismo, visibili fin dal Rinascimento, si palesano ora con brutale e intransigente chiarezza, non mitigate da nessuna tradizione. Specialmente sensibile si fa la tendenza alla considerazione obiettiva, lo sforzo cio di sottrarre lapparato di unimpresa economica a ogni influsso direttamente umano, a ogni considerazione delle circostanze personali. Limpresa diventa un organismo autonomo, che persegue interessi e fini suoi propri, diretta da una sua propria logica; un tiranno che asservisce chiunque lo

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avvicini6. La completa dedizione agli affari, il sacrificio spontaneo dellimprenditore per resistere alla concorrenza, per la prosperit e lincremento della ditta, quellastratta ambizione del successo che lo fa spietato verso di s, acquistano un aspetto pauroso, monomaniaco7. Il sistema si affranca dai suoi promotori e si trasforma in un meccanismo, che nessuna forza umana pu arrestare. Questo automatismo dellapparato laspetto sinistro del capitalismo moderno; esso gli d quellimpronta demoniaca che ci atterrisce nella descrizione di Balzac. Via via che i mezzi e le condizioni del successo sfuggono alla sfera dellinfluenza individuale, negli uomini si fa sempre pi grave lincertezza, il senso di essere in balia di un mostro. E quanto pi gli interessi si fanno estesi e intricati, tanto pi selvaggia e disperata la lotta, tanto pi multiforme il mostro, e inevitabile la rovina. Infine ci si ritrova completamente circondati da rivali, avversari, nemici; tutti combattono contro tutti; ognuno sul fronte di una guerra perpetua, generale, veramente totale8. Ogni propriet, ogni posizione, ogni influsso devessere giorno per giorno riguadagnato, riconquistato, estorto; tutto sembra provvisorio, instabile, infido9. Di qui lo scetticismo, il pessimismo generale, il senso dellangoscia che prende alla gola; il mondo di Balzac ne pieno, ed esso rimane il carattere precipuo nella letteratura dellet capitalistica. A Luigi Filippo e alla sua aristocrazia di finanzieri sta di fronte una forte, vasta opposizione che, oltre ai legittimisti della nobilt e del clero, comprende tutti coloro che sentono frustrate le speranze riposte nella rivoluzione di luglio: da un lato la piccola borghesia patriottica e bonapartista, ma in fondo liberale; dallaltro la sinistra, composta dei borghesi repubblicani e dei socialisti, a cui si aggiungono gli intellettuali militanti nelluno o nellaltro settore. Il partito di governo, cos detto liberale, quindi assediato da ogni parte da

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gruppi di opposizione e sovversivi, e Luigi Filippo, il re cittadino, completamente estraneo alla stragrande maggioranza del suo popolo10. Le tendenze radicali si manifestano e si sfogano nella costituzione di associazioni democratiche, partiti e sette, in scioperi, rivolte della fame e attentati; a dirla breve, in quel che a ragione si design come uno stato di rivoluzione permanente. Questi torbidi non sono affatto il seguito puro e semplice delle rivoluzioni e delle rivolte antecedenti. Gi la sommossa di Lione del 1831 se ne distingue per il suo carattere apolitico11; larsi, linizio di quel movimento di masse il cui simbolo, la bandiera rossa, appare per la prima volta nel 1832. La svolta comincia con una scoperta caratteristica del pensiero socialista: Le teorie delleconomia borghese sullidentit di interessi fra capitale e lavoro, sullarmonia universale e luniversale benessere conseguenti alla libera concorrenza sono state contraddette dai fatti, osserva Engels, in modo sempre pi convincente12. Il socialismo come dottrina si sviluppa dal riconoscimento del carattere di classe delleconomia borghese. Idee e tendenze socialiste le incontriamo, naturalmente, fin dalla grande Rivoluzione francese, specie nella Convenzione e nella congiura di Babeuf; ma di un movimento proletario di massa e di una corrispondente coscienza di classe si pu parlare solo dopo il trionfo della rivoluzione industriale e lo stabilirsi delle grandi aziende meccanizzate. Qui dalla continua convivenza nasce la solidariet fra i lavoratori, e quindi tutto il moderno movimento operaio13. Lodierno proletariato, come integrazione dei piccoli gruppi operai, prima dispersi, frutto dellOttocento e dellindustrialismo; prima, la storia non aveva conosciuto nulla di simile14. La teoria socialista, fondata da filantropi e utopisti isolati e sorta dal disagio economico del popolo, dal desiderio di lenirlo e di risolvere il problema di una pi equa distribuzione della ricchezza, diventa unarma effi-

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cace soltanto con lorganizzazione dellattivit industriale nelle citt e con le lotte sociali che si combattono dopo il 1830; solo ora essa imbocca la via che Engels ha chiamato sviluppo dallutopia alla scienza. Anche la critica sociale di Saint-Simon e Fourier era nata dallesperienza dellindustrialismo e dalla constatazione dei suoi effetti rovinosi; ma in quei pensatori il realismo era ancora molto commisto di romanticismo, e ai problemi bene impostati facevano riscontro tentativi di soluzione del tutto fantastici. Le tendenze religiose, emerse con la Restaurazione, anzi in certa misura gi con il Concordato, e che dal 1830 si facevano sempre pi profonde, non mancavano di influenzare la loro opera di riformatori e missionari. Da Saint-Simon fino ad Auguste Comte, i socialisti e i filosofi sociali hanno ancora locchio fisso a quella che era stata lambizione dei romantici: tutti vorrebbero sostituire alla Chiesa medievale, come forma organica, sintetica, un nuovo ordine, una nuova organizzazione sociale, realizzando la nuova cristianit con laiuto dei poeti e degli artisti. Con la sempre maggiore politicizzazione, della vita, anche nella letteratura viene accentuandosi, fra il 1830 e il 1848, linteresse politico. In questo periodo quasi non si hanno opere politicamente indifferenti; perfino il quietismo de lart pour lart assume una tinta politica. La nuova tendenza si rivela specialmente nel frequente intrecciarsi della carriera politica con quella letteraria, e nel fatto che tanto i politici quanto i letterati appartengono per lo pi allo stesso ceto. Attitudini letterarie si considerano premesse naturali per una carriera politica, e spesso il prestigio politico ricompensa meriti letterari. Durante la monarchia di luglio, i politici che scrivono e gli scrittori che fanno politica Guizot, Thiers, Michelet, Thierry, Villemain, Cousin, Jouffroy, Nisard sono gli epigoni dei filosofi settecenteschi; gli autori della generazione successiva non avranno pi alcuna

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ambizione politica, n i politici alcuna autorit nellambito culturale. Ma fino alla rivoluzione di febbraio la vita politica assorbe tutte le forze intellettuali. I giovani dingegno, che la povert esclude dalla carriera politica, si dedicano al giornalismo, che ora linizio abituale e la forma tipica della professione letteraria. Il giornalismo non solo un mezzo per passare alla politica e alla letteratura vera e propria, ma , gi in s, unattivit che assicura spesso una notevole influenza e un reddito considerevole. Bertin, il redattore-capo del Journal des Dbats, soddisfatto e sicuro di s, ci appare come la quintessenza della monarchia di luglio. Egli incarna la borghesia che si fa letterata, e la letteratura che si fa borghese. Lattivit letteraria si trasforma non solo in un affare per i Bertin, ma, come nota SainteBeuve, in unindustria per quanti vi partecipano15. Essa diventa semplicemente un mezzo di procurarsi annunzi pubblicitari e abbonamenti. La stretta connessione fra letteratura e stampa quotidiana ha, secondo lopinione di un contemporaneo, un effetto rivoluzionario come luso del vapore nelle industrie; tutta la produzione letteraria viene a mutare carattere16. Forse si insiste troppo in questa analogia, in quanto lindustrializzarsi della letteratura non in realt che un sintomo di unevoluzione generale della mentalit, e non fa che mettere in luce una tendenza ormai implicita nella produzione artistica; tuttavia quando mile de Girardin, scrittore insignificante, ma uomo daffari pieno dimmaginazione, fa propria lidea di Dutacq, che fino allora era affatto sconosciuto, e nel 1836 fonda il giornale La Presse, questo un evento dimportanza storica. La gran novit consiste nel fissare il costo annuo dabbonamento a quaranta franchi, la met del prezzo solito, proponendosi di colmare il deficit con annunzi pubblicitari e avvisi. Nello stesso anno Dutacq fonda il Sicle con ugual programma, e gli altri giornali pari-

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gini ne seguono lesempio, ognuno nel proprio settore. Il numero degli abbonati cresce e nel 1846 ha raggiunto i duecentomila, di fronte ai settantamila di dieci anni prima. Le nuove iniziative spingono gli editori alla concorrenza. Essi debbono offrire ai loro lettori il cibo pi sapido e variato, per accrescere lattrattiva del giornale, soprattutto in considerazione della pubblicit. Dora in poi ognuno deve trovare nel suo giornale quel che gli interessa e gli serve; per ognuno esso deve sostituire una piccola biblioteca e unenciclopedia. Accanto agli interventi degli esperti, i giornali recano articoli dinteresse generale, specie descrizioni di viaggi, storie di scandali e cronache giudiziarie. Ma lattrattiva maggiore il romanzo a puntate. Tutti lo leggono, aristocratici e borghesi, il gran mondo e gli intellettuali, giovani e vecchi, uomini e donne, padroni e servitori. La Presse apre la serie dei suoi romanzi dappendice (feuilletons), pubblicando Balzac che ogni anno, fra il 1837 e il 1847, fornisce un romanzo, ed Eugenio Sue, che le affida la massima parte delle sue opere. A questi autori il Sicle contrappone Alessandro Dumas e lenorme successo dei Tre Moschettieri reca al giornale un notevole profitto. Il Journal des Dbats deve la sua popolarit soprattutto ai Mystres de Paris di Eugenio Sue, che sar dora in poi fra gli autori pi richiesti e meglio pagati. Il Constitutionnel gli offre centomila franchi per il Juif errant, e questa rimarr la misura dei suoi onorari. Ma i guadagni maggiori sono sempre quelli di Dumas, che ricava circa duecentomila franchi allanno e a cui La Presse e il Constitutionnel per duecentoventimila righe a stampa pagano annualmente la somma di sessantatremila franchi. Per far fronte allenorme richiesta, gli autori cari al pubblico si associano i coolies della letteratura, che prestano loro inapprezzabili servigi nella produzione in serie. Sorgono vere e proprie manifatture letterarie, dove i romanzi vengono fatti

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a macchina. In una azione giudiziaria viene provato che Dumas ha pubblicato con il suo nome pi di quanto gli fosse materialmente possibile scrivere, anche lavorando ininterrottamente giorno e notte. Di fatto egli impiega settantatre collaboratori, fra i quali un certo Auguste Maquet, a cui lascia piena libert. Lopera letteraria ora diventa merce nel vero senso della parola: ha una tariffa, segue un modello fisso, e si consegna a termine. un articolo commerciale, per cui si paga il prezzo dovuto, che verr ripreso. A nessun editore viene in mente di pagare i signori Dumas e Sue pi di quanto si debba e si possa pagare, e gli autori dei romanzi dappendice non sono strapagati, come non lo sono oggi gli astri del cinematografo: i loro prezzi sono regolati dalla richiesta e non dipendono in alcun modo dal valore artistico dei prodotti. La Presse e il Sicle sono i primi quotidiani che escano con romanzi a puntate, ma la trovata non loro. invece unidea di Vron, che gi la mette in pratica nella sua Revue de Paris fondata nel 182917. Buloz ladotta poi nella sua Revue des Deux Mondes, pubblicando, fra laltro, anche romanzi di Balzac. Ma in s il feuilleton ancora pi antico di queste riviste; lo si trova gi verso il 1800. I giornali, che durante il Consolato e il Primo Impero sono assai magri, per la censura e altre restrizioni, tanto per offrire qualcosa ai lettori pubblicano unappendice letteraria. Dapprima solo una specie di cronaca mondana e artistica, ma durante la Restaurazione si sviluppa in una vera pagina letteraria. Dal 1830 racconti e relazioni di viaggio ne formano largomento principale, e dopo il 1840 esso non reca pi che romanzi. Il Secondo Impero, applicando limposta di un centesimo su ogni copia di giornale che porti unappendice, prepara al romanzo a puntate una rapida fine. vero che pi tardi il genere ha una seconda fioritura, ma non influisce pi sullevolu-

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zione letteraria, mentre ha lasciato profonde tracce nella letteratura fra il 1840 e il 50. Il romanzo dappendice destinato, come il melodramma e il vaudeville, a un pubblico promiscuo e di nuovo tipo; dominano in questo romanzo gli stessi criteri di forma e di gusto che sono propri dei teatri popolari. Quanto allo stile, vi si predilige di regola leccessivo e il piccante, il grossolano e leccentrico; i soggetti preferiti sono quelli che trattano di ratti e adulteri, violenze e crudelt. Anche qui, come nel melodramma, caratteri e azione sono stereotipi18. La necessit di interrompere il racconto a ogni puntata, e ogni volta trovare un finale atto a eccitare la curiosit del lettore per la puntata successiva, spinge lautore ad adottare una specie di tecnica teatrale, che consenta di evidenziare e articolare come in singole scene autonome la narrazione. Alessandro Dumas, maestro della tensione drammatica, anche un virtuoso di questa tecnica; infatti, quanto pi drammatico lo sviluppo di un romanzo a puntate, tanto pi forte ne leffetto sul pubblico. Daltra parte il particolare modo di lavoro per cui lopera viene condotta giorno per giorno e le singole parti vengono pubblicate per lo pi senza un piano preciso e senza possibilit di correggere quelle gi uscite e di accordarle con quelle successive, determina una forma narrativa antidrammatica, episodica e improvvisata, un dilungarsi del corso degli eventi, nonch un disegno inorganico e spesso contraddittorio dei caratteri. Tutta larte della preparazione degli effetti, la tecnica per assicurare ai fatti una motivazione che risulti naturale, spontanea, non voluta, vanno cos perdute. Talora i casi dellintreccio e gli sviluppi dei personaggi paiono tirati pei capelli; le figure secondarie che compaiono nel corso del racconto spesso sembrano piovere dal cielo, poich lautore ha trascurato di presentarle tempestivamente. La brusca introduzione di certe figure un errore frequente

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anche in Balzac, bench egli rimproveri appunto questa improvvisazione alla Chartreuse de Parme . Ma in Stendhal la costruzione trascurata e debole la conseguenza di una tecnica narrativa in se stessa episodica, picaresca, essenzialmente antidrammatica19; mentre in Balzac, che mira al romanzo drammatico, essa un difetto che dipende dal modo di scrivere giornalistico, di chi vive alla giornata. Tuttavia non possiamo affermare che lindustrializzarsi della letteratura sia semplicemente una conseguenza del giornalismo e il romanzo ameno debba il suo carattere rigidamente stereotipo unicamente allappendice; infatti, come provano gli esempi dellImpero e della Restaurazione, verso il 1830 gi da un pezzo il romanzo era sulla via di ridursi a uno stile puramente convenzionale20. Il romanzo dappendice significa una democratizzazione senza precedenti della letteratura e un livellamento quasi completo del pubblico. Mai unarte aveva trovato unanime accoglienza in ambienti sociali e culturali cos diversi e un tale accordo di sentimenti. Perfino un Sainte-Beuve loda nellautore dei Mystres de Paris qualit che dolente di non trovare in Balzac. La diffusione del socialismo va di pari passo con laumento dei lettori; ma le idee democratiche di Eugenio Sue e la sua fede nel fine sociale dellarte non bastano a spiegare il successo dei suoi romanzi. Piuttosto strano sentire il beniamino di un pubblico in gran parte borghese entusiasmarsi per il nobile lavoratore e tuonare contro il crudele capitalismo. Il compito chegli si assume, di svelare le piaghe della societ malata, spiega, al massimo, la simpatia con cui lo tratta la stampa progressista: il Globe, la Dmocratie pacifique, la Revue indipendente, la Phalange e il loro seguito. La maggioranza dei suoi lettori considera la sua tendenza al socialismo come un soprappi. Ma tutti senza dubbio trovano naturale che la letteratura tratti dei pi

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scottanti problemi sociali. Lenergica affermazione di Madame de Stal, che la letteratura deve essere espressione della societ, trova un generale consenso e diventa un assioma per la critica francese. Dal 1830 regola giudicare unopera letteraria nei suoi rapporti con i problemi dattualit politica e sociale e, ad eccezione dei gruppi relativamente ristretti che seguono il movimento de lart pour lart, nessuno si scandalizza vedendo larte al servizio della politica. Mai forse lestetica pura, formale, lontana da ogni riferimento pratico, ha avuto scarso seguito come ora21. Fino al 1848 le opere maggiori per numero e importanza fanno capo a questa tendenza attivistica; dopo quellanno, a un indirizzo quietistico. La delusione di Stendhal ancora aggressiva, estroversa, anarchica; la rassegnazione di Flaubert passiva, egocentrica, nichilista. Nel seno stesso del romanticismo la corrente principale non pi ora lart pour lart di Thophile Gautier e di Grard de Nerval. Romantici non si pi nel vecchio senso mistico e mistificatore di esuli nel mondo. Il romanticismo continua, ma si trasforma, acquista un altro significato. La tendenza anticlericale e antilegittimista che si era manifestata alla fine della Restaurazione si acuisce in una visione rivoluzionaria. I pi dei romantici rinnegano larte pura e si accostano alle idee di Saint-Simon e Fourier22. I corifei Hugo, Lamartine, George Sand fanno professione di attivismo artistico e si pongono al servigio dellarte popolare auspicata dai socialisti. Il popolo ha vinto, e anche nellarte bisogna esprimere questa svolta rivoluzionaria. Non solo George Sand ed Eugenio Sue diventano socialisti, non solo Lamartine e Hugo si entusiasmano per il popolo, ma anche scrittori come Dumas, Scribe, Musset, Mrime e Balzac civettano con le idee socialiste23. Questo idillio, daltronde, finisce ben presto; infatti, come la monarchia di luglio abbandona le mete democratiche

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della rivoluzione e diventa il regime della borghesia conservatrice, cos i romantici abiurano il socialismo e ritornano, sia pur con qualche modifica, alle antiche opinioni sullarte. Alla fine non rimane nessun poeta di qualche valore fedele allidea sociale e per ora la causa dellarte popolare sembra perduta. Si verifica una sorta di acquetamento interiore dellarte romantica che si fa borghese e disciplinata. Sotto la guida di Lamartine, Hugo, Vigny e Musset sorge un romanticismo accademico e conservatore, e anche un elegante romanticismo da salotto. Il fiero e violento spirito ribelle domato e la borghesia accoglie con entusiasmo questo romanticismo in parte ammansato dallaccademia, fatto per cos dire classico, in parte fuso con il dandysmo dei discepoli di Byron24. Sainte-Beuve, Villemain, Buloz sono le pi alte autorit, il Journal des Dbats e la Revue des Deux Mondes sono gli organi ufficiali del nuovo gruppo letterario borghese, tinto di romanticismo e con tendenze accademiche25. Ma a certe categorie del pubblico il romanticismo sembra ancor troppo violento e arbitrario. Gli si contrappone un nuovo classicismo, sobrio, strettamente borghese, larte della cos detta cole de bon sens e del juste-milieu estetico. Il successo di Ponsard, la rinascita della tragdie classique e la moda della Rachel sono i sintomi pi evidenti di questo nuovo gusto. Dopo i morbosi eccessi di unatmosfera rovente, si vuol respirare di nuovo aria fresca. Si vuol aver a che fare con caratteri equilibrati, regolari, esemplari, con sentimenti e passioni normali, universalmente comprensibili, con una concezione che si fondi sullequilibrio, lordine, la moderazione: si vuole insomma una letteratura che rinunzi alla mordacit, alle trovate bizzarre e allespressione eccentrica dei romantici. Il 1843 vede il successo della Lucrce e il fiasco dei Burgraves; e al trionfo di Ponsard su Victor Hugo, si accompagna quello di Scribe, Dumas,

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Ingres su Stendhal, Balzac e Delacroix. Dallarte la borghesia non vuole pi scosse, ma divertimento; per essa il poeta non un vate, ma un matre de plaisir. Dietro Ingres viene linfinita serie dei pittori accademici, corretti ma noiosi; dietro a Ponsard, quella dei fidati, ma insignificanti fornitori dei teatri statali e comunali. Ci si vuol divertire in pace e quindi si torna a favorire larte pura, apolitica. Lart pour lart nasce dal romanticismo, per il quale rappresenta uno strumento nella lotta per la libert; la conseguenza e, in certo modo, il vero risultato dellestetica romantica. Il movimento che in origine si era proposto solo la negazione delle regole imposte allarte dal classicismo, si trasformato in rivolta contro ogni vincolo esteriore, unemancipazione da tutti i valori intellettuali e morali estranei allarte. Per Gautier la libert dellarte significa gi lindipendenza dai criteri di valore della borghesia, lindifferenza ai suoi fini utilitari e il rifiuto di contribuire a attuarli. Lart pour lart diventa la torre davorio in cui i romantici si ritirano dalla vita pratica. Laccordo con lordine costituito il prezzo chessi pagano per questa loro quiete e per la superiorit del loro atteggiamento puramente contemplativo. Fino al 1830 la borghesia si era ripromessa dallarte un appoggio ai propri fini, e per questo aveva acconsentito a svolgere una propaganda politica attraverso larte. Luomo non fatto soltanto per cantare, credere, amare... La vita non un esilio, ma una missione..., scrive il Globe nel 182526. Ma dopo il 1830 la borghesia comincia a diffidare dellarte, e allalleanza di prima preferisce la neutralit. La Revue des Deux Mondes ora pensa che non necessario, anzi neppur desiderabile, che lartista abbia idee politiche e sociali sue proprie; e cos pensano i critici pi autorevoli, fra cui Gustave Planche, Nisard e Cousin27. La borghesia fa proprio il principio de lart pour lart; esalta la natura

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ideale dellarte e lalta posizione dellartista al di sopra dei partiti politici; lo chiude cio in una gabbia doro. Cousin riprende dalla filosofia kantiana lidea dellautonomia e rinnova la teoria del carattere disinteressato dellarte; e qui gli viene in taglio la tendenza alla specializzazione, che prende il sopravvento con il capitalismo. Effettivamente lart pour lart corrisponde sia a quella divisione del lavoro che con lindustrialismo aumenta sempre pi, sia a una necessit di difesa dellarte minacciata dal pericolo di venir assorbita dalla vita industrializzata e meccanizzata. Esso rappresenta innegabilmente una razionalizzazione, un disincantamento e anche una limitazione dellarte, ma nello stesso tempo un tentativo di salvarne la particolare natura e la spontaneit nella generale meccanizzazione. Senza dubbio lart pour lart ha dato espressione a quello che il problema pi intricato dellestetica. Nulla rivela cos netto il dualismo, lintimo dissidio dellatteggiamento estetico. larte fine a se stessa, o soltanto un mezzo? La risposta varier, non solo a seconda della condizione storica e sociale, ma anche a seconda dellelemento che si considera nel complesso quadro dellarte. Lopera darte stata paragonata a una finestra da cui si pu osservare la vita, senza tener conto della struttura, della trasparenza, del colore dei vetri della finestra stessa28. Questanalogia fa dellopera soltanto un veicolo, dellosservazione e della conoscenza, appunto come un vetro o una lente, indifferente in s e semplice strumento. Ma come si pu volgere lo sguardo alla struttura del vetro, senza badare al quadro che si apre oltre la finestra, cos anche lopera darte si pu concepire come una forma indipendente, che ha in s la sua ragion dessere, un contesto significativo in s conchiuso e perfetto; e tutto quel che la trascende, ogni sguardo attraverso la finestra ne pregiudica lintima coerenza. Il senso dellopera darte oscilla continuamente

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tra questi due aspetti: limmanenza, rescissa dalla vita, da ogni realt che trascenda lopera stessa, e la funzione determinata dalla vita, dalla societ, dalla prassi. Dal punto di vista dellesperienza estetica immediata, lautonomia e lautosufficienza appaiono la vera sostanza dellopera darte, poich solo in quanto essa si stacca dalla realt sostituendosi interamente ad essa, solo in quanto costituisce un cosmo totale, in s perfetto, essa in grado di suscitare una completa illusione. Ma questa illusione non affatto tutto il contenuto dellarte e spesso non ha parte alcuna nella sua efficacia. I pi alti capolavori rinunziano allillusionismo ingannatore di un mondo estetico chiuso in s e rinviano a qualcosa che li trascende. Essi sono in diretto rapporto con i grandi problemi del loro tempo e cercano sempre una risposta alla domanda: come trarre un senso dalla vita umana? come parteciparvi? Il paradosso pi arduo dellopera darte sta nel fatto che essa sembra esistere per s e nello stesso tempo non soltanto per s; che essa si rivolge a un pubblico concreto, storicamente e socialmente definito e insieme sembra ignorare ogni pubblico. La quarta parete della scena appare a volte il pi naturale presupposto, altre volte la pi arbitraria finzione dellestetica. Distruggendo, con una tesi, un indirizzo morale, un intento pratico lillusione, si impedisce, vero, il godimento estetico assoluto; tuttavia lunico modo di provocare una vera adesione allopera, unadesione che investa tutto lessere dello spettatore o del lettore. Questalternativa per affatto estranea allintenzione dellartista. Anche lopera politicamente e moralmente pi tendenziosa pu esser compresa come arte pura, cio pura forma, se davvero unopera darte; e ogni prodotto artistico, anche privo, per lautore, di qualsiasi fine pratico, pu esser considerato come espressione e strumento della causalit sociale. Lattivismo di Dante non esclude affatto

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uninterpretazione puramente estetica della Divina Commedia, n il formalismo di Flaubert esclude una spiegazione sociologica di Madame Bovary e dellEducation sentimentale. Verso il 1830 i rapporti fra le principali correnti artistiche larte sociale, lcole de bon sens e lart pour lart sono complicati e per lo pi contraddittori. Queste contraddizioni caratterizzano latteggiamento dei sansimoniani e dei fourieristi sia verso il romanticismo, sia verso il classicismo borghese. Del primo essi rifiutano le simpatie per la Chiesa e per la monarchia, la visione romanzesca e irreale della vita, legoistico individualismo, ma specialmente il quietismo de lart pour lart. Daltronde li attrae nel romanticismo il liberalismo, il concetto della libert e spontaneit dellarte, la rivolta contro le regole e lautorit dei classici. E ancora ammirano fortemente nei romantici le aspirazioni realistiche, chessi riconoscono affini al loro interesse per la vita, alla loro disposizione verso la realt. Laffinit fra socialismo e realismo spiega anzitutto la loro simpatia per Balzac di cui, soprattutto in principio, essi giudicano con molto favore le opere29. Con questi sentimenti contrastanti di fronte al romanticismo connesso il loro atteggiamento, altrettanto contraddittorio, verso il classicismo borghese. Il consenso al liberalismo dellestetica romantica li porta a condannare il ritorno ai modelli classici dellarte borghese; invece lavversione agli arbitr e alle esagerazioni della poesia, e specialmente del teatro romantico, li spinge a una parziale adesione al classicismo di Ponsard30. A questa indecisione dei socialisti corrisponde da un lato lincertezza del gusto borghese diviso tra il romanticismo accademico e il dramma di Ponsard; dallaltro, loscillare del romanticismo stesso tra lattivismo e lart pour lart. Ma con queste tre correnti ne incrocia una quarta, che storicamente la pi importante: il realismo di Stendhal e di Balzac. Anches-

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so si trova in un rapporto contraddittorio con il romanticismo. In questo caso lambivalenza frutto principalmente di quel dissidio che di solito esiste tra due generazioni o due tendenze intellettuali di cui una la prosecuzione dellaltra. Il realismo rappresenta la continuazione e la dissoluzione del romanticismo; Stendhal e Balzac ne sono i pi legittimi eredi e i pi ardenti avversari. In arte il realismo non una concezione chiara e unitaria, che segua costantemente uno stesso concetto della realt, bens uninterpretazione della vita sempre diversa, volta a un fine determinato, a un compito concreto, e limitata a fenomeni particolari. Ci si professa realisti, non perch si ritenga a priori che ci sia pi arte nella rappresentazione naturalistica che in quella stilizzatrice, ma perch nella realt si scopre un carattere, una tendenza, che si vorrebbe fortemente accentuare, favorire o combattere. In s, tale scoperta non deriva dallosservazione del vero; se mai, linteresse per il vero ne una conseguenza. La generazione del 1830 comincia la sua carriera letteraria con la coscienza che un totale mutamento avvenuto nella struttura della societ; in parte lo approva, in parte lo combatte, comunque si tratta sempre di una reazione estremamente attiva, ed appunto da questo atteggiamento impegnato che deriva la sua tendenza realistica. Il realismo dunque non mira semplicemente al vero, alla natura o alla vita in genere, ma in modo particolare alla vita sociale, cio a quella sfera della realt che per questa generazione ha assunto unimportanza particolare. Stendhal e Balzac si assumono il compito di rappresentare la nuova societ trasformata; proprio lo sforzo di esprimerne la novit e i caratteri particolari li porta al realismo e determina il loro concetto della verit artistica. La coscienza sociale della generazione del 1830, la sua sensibilit a fenomeni in cui sono in gioco interessi sociali, la sua perspica-

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cia per i cambiamenti nella societ e nella sua scala di valori, fanno degli scrittori di questa generazione i creatori del romanzo sociale e del moderno realismo. La storia del romanzo comincia nel Medioevo con lepopea cavalleresca. Questa a dir vero ha poco di comune con il romanzo moderno; pure la sua composizione aggiuntiva, la sua tecnica prolissa che allinea senza fine avventure ed episodi, sono allorigine di una tradizione che si continua non solo nel romanzo picaresco o nelle storie eroiche e pastorali del Rinascimento e dellet barocca, ma addirittura nel romanzo davventure dellOttocento e in quelle evocazioni del fluire della vita e dellesperienza che sono i romanzi di Proust e Joyce. A prescindere dallinclinazione alla forma aggiuntiva comune a tutto il Medioevo, e dalla concezione cristiana che tende a vedere la vita non come un fenomeno tragico, che culmina in singoli conflitti drammatici, ma come un itinerario con le sue varie stazioni, questa struttura dipende soprattutto dal fatto che la poesia era recitata e che il pubblico vi portava uningenua avidit di nuovi argomenti. La stampa, cio la diretta lettura di libri, e la visione sintetica dellarte rinascimentale fanno s che la narrazione diffusa del Medioevo cominci a cedere a una rappresentazione pi unitaria, meno episodica. Il Don Quijote, nonostante la sua struttura essenzialmente picaresca, costituisce anche formalmente una critica alla prolissit dei romanzi cavallereschi. La svolta decisiva, verso lunit e la semplificazione del romanzo, la dobbiamo al classicismo francese. La Princesse de Clves un caso affatto isolato, poich in genere i romanzi eroici e pastorali del Seicento non sono diversi dalle storie davventure del Medioevo che singrossano a valanga rotolando senza fine. Il capolavoro di Madame de Lafayette invece aveva attuato, dimostrando che si trattava di una possibilit sempre attuabile, lidea del romanzo damore, con unazione

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coerente, unacme drammatica e lanalisi psicologica di un singolare conflitto. Dora in poi il romanzo davventure costituisce una forma letteraria di secondordine; rimane fuori dei confini dellarte ufficiale e viene a godere dei vantaggi di ci che insignificante e irresponsabile. Il Grand Cyrus e lAstre sono letti principalmente dallaristocrazia di corte, ma li si legge, per cos dire, in via strettamente privata e ci si abbandona a quel piacere come a un vizio, o almeno come a una debolezza, di cui non si pu essere certo orgogliosi. Bossuet nellorazione funebre per Enrichetta dInghilterra rammenta come un elogio che la defunta non si curava affatto dei romanzi in voga e dei loro insulsi eroi; ci basta per farsi unidea di come il genere fosse giudicato in pubblico. Ma laristocrazia, quando si trattava dei suoi svaghi privati, non si lasciava guidare dalle regole dei classicisti, e continuava imperterrita a godersi avventure e stravaganze. Ancora nel Settecento, per lo pi, il romanzo non si discosta dal prolisso genere picaresco. Non solo il Gil Blas e il Diable boiteux, ma anche i romanzi di Voltaire, bench brevi, sono costruiti a episodi, e Gulliver e Robinson rispondono perfettamente al principio delladdizione. Perfino Manon Lescaut, la Vie de Marianne e le Liaisons dangereuses sono ancora forme di transizione dalle antiche storie davventure al romanzo damore, che a poco a poco diventa il genere principale e comincia a dominare la letteratura preromantica. Con Clarissa Harlowe, la Nouvelle Hlose e il Werther trionfa nel romanzo il principio drammatico dando inizio a un processo che culminer in opere come Madame Bovary di Flaubert e Anna Karenina di Tolstoj. Lattenzione si accentra ormai sullo sviluppo psicologico; i dati esterni vengono considerati solo in quanto provocano reazioni psichiche. questo il segno pi evidente della progressiva tendenza al soggettivismo e allintroversio-

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ne che si sviluppa nella cultura del tempo; tendenza che si afferma anche pi fortemente nel romanzo della formazione intima, il cosiddetto Bildungsroman, che rappresenta lo stadio successivo del processo e, dal punto di vista della storia, stilistica, la forma letteraria pi importante del secolo. La storia interiore delleroe diventa la storia del formarsi di un mondo. Solo un tempo per cui lo sviluppo individuale la fonte pi importante della cultura poteva suscitare questa forma di romanzo che non a caso ha avuto origine in un paese come la Germania, ove meno profonde erano le radici di una cultura collettiva. Comunque il Wilhelm Meister di Goethe il primo Bildungsroman in senso stretto, sebbene se ne trovino le origini in opere pi antiche, soprattutto di tipo picaresco, come il Tom Jones di Fielding e il Tristram Shandy di Sterne. Il romanzo diventa il maggior genere letterario del Settecento, perch esprime nel modo pi ampio e profondo il problema culturale del tempo, il contrasto tra individuo e societ. In nessunaltra forma letteraria gli antagonismi della societ borghese si affermano cos intensi, o con altrettanta efficacia vengono descritte le lotte e le sconfitte dellindividuo. Non per nulla Friedrich Schlegel vede nel romanzo il genere romantico per eccellenza. Il romanticismo vi ravvisa la pi adeguata rappresentazione del conflitto tra lio e il mondo, il sogno e la vita, la poesia e la prosa, e lespressione pi profonda di quella rassegnazione, che considera lunica soluzione del conflitto. La soluzione invece che ne d Goethe nel Wilhelm Meister diametralmente opposta a quella romantica: lopera in realt rappresenta non solo il punto darrivo del romanzo settecentesco, ma anche il prototipo da cui, direttamente o indirettamente, si possono far derivare le creazioni pi tipiche del genere, Le rouge et le noir, Les illusions perdues, Lducation sentimentale e Der Grne Heinrich [Enrico il

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Verde], per non nominare che le pi famose. Ma oltre a questo, il Wilhelm Meister rappresenta la prima critica importante del romanticismo come forma di vita. Qui Goethe ed il vero messaggio dellopera mostra quanto sia sterile lo straniarsi dei romantici dalla realt, e afferma che al mondo si rende giustizia se vi si intimamente legati, e che solo dallinterno lo si pu riformare. Egli non vela n abbellisce il dissidio tra mondo intimo e mondo esterno, tra lio spirituale e la realt convenzionale, ma riconosce e dimostra che il disprezzo romantico del mondo unevasione di fronte al vero problema31. Lesortazione goethiana a vivere col mondo e secondo le sue regole si involgar in seguito nella letteratura borghese, trasformandosi in un invito alla collaborazione senza riserve. Il pacato, ma non certo passivo adeguarsi alla situazione esistente, divenne cos conciliante servilismo e utilitario culto del mondo. Goethe responsabile di questo processo solo in quanto non si avvide dellimpossibilit di appianare pacificamente i contrasti, per cui il suo ottimismo un po facile pot apparire come ideologia della politica borghese di conciliazione. Assai pi acutamente di lui Stendhal e Balzac videro le tensioni che dominavano lepoca e le giudicarono in modo pi realistico. Il romanzo sociale, a cui essi affidarono le loro intuizioni, non solo va oltre il romanzo della delusione ma anche oltre quello goethiano dello sviluppo intimo. La loro rassegnazione supera il disprezzo romantico del mondo, e la stessa critica goethiana del romanticismo. Il loro pessimismo risulta da unanalisi che non si fa illusioni sulla possibilit di risolvere la questione sociale. Il realismo, con cui Stendhal e Balzac descrissero la situazione, la loro comprensione per la dialettica da cui era mossa la societ, era senza esempio nella letteratura del tempo; ma lidea del romanzo sociale era nellaria. Sottotitoli come Scene del gran mondo o Scene della vita

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privata si incontrano gi molto prima di Balzac32. Molti giovani descrivono le cose, come avvengono ogni giorno in provincia... non ne vien fuori molta arte, ma molta verit, scrive Stendhal a proposito del romanzo sociale dei suoi giorni33. Da lungo tempo si notavano dappertutto indizi e tentativi, ma con Stendhal e Balzac il romanzo sociale diventa senzaltro il romanzo moderno, e ormai pare impossibile rappresentare un personaggio avulso dalla societ, che si sviluppi e agisca al di fuori di un determinato ambiente. La realt della vita sociale entra nella coscienza delluomo e non potr pi esserne rimossa. Le grandi opere letterarie dellOttocento, quelle di Stendhal, Balzac, Flaubert, Dickens, Tolstoj e Dostoevskij, e ancora quelle di un Proust e di un Joyce, sono romanzi sociali, a qualunque categoria appartengano. Un personaggio si considera ormai vero e plausibile solo se radicato nella societ; e diventa argomento del nuovo romanzo realista, solo per la problematica sociale che la sua vita coinvolge. Questo concetto sociologico delluomo la scoperta dei romanzieri della generazione del 1830, ed la ragione dellinteresse di Marx per le opere di Balzac. La societ del tempo trova in Stendhal e Balzac due critici severi, spesso malevoli; ma luno giudica da liberale, laltro da conservatore. Pure, nonostante le sue opinioni reazionarie, fra i due artisti il pi avanzato Balzac; egli vede pi nettamente la struttura della societ borghese e nel descriverne le tendenze pi obiettivo di Stendhal, radicale in politica, ma contraddittorio in tutto il suo modo di pensare e di sentire. Nella storia dellarte non c esempio che dimostri pi chiaramente che un artista utile alla causa del progresso non tanto per le sue convinzioni e le sue simpatie, quanto per la potenza con cui sa rappresentare i problemi e le contraddizioni della realt sociale. Stendhal giudica il suo tempo secondo le idee, ormai

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antiquate, del Settecento, e gli sfugge il significato storico del capitalismo. Balzac considera addirittura troppo avanzate anche queste idee, ma nei suoi romanzi non pu fare a meno di descrivere la societ in modo tale, che un ritorno alle condizioni e alle idee prerivoluzionarie risulta del tutto impensabile. Per Stendhal la cultura illuministica, la visione intellettuale di Diderot, Elvezio e Holbach senzaltro esemplare e imperitura; egli ne considera la decadenza come un fenomeno transitorio e ne prevede la rinascita in quel tempo da cui egli si attende anche un giusto apprezzamento dellarte sua. Balzac invece riconosce che lantica civilt si ormai disgregata, che laristocrazia stessa si fatta strumento di questo processo, e proprio in questo vede un segno della forza irresistibile dellevoluzione capitalistica. La posizione di Stendhal essenzialmente politica ed egli, nel descrivere la societ, attento soprattutto al meccanismo dello stato34. Balzac invece fonda il suo edificio sociale sulleconomia, anticipando in certo modo le teorie del materialismo storico. Egli sa bene che le varie forme della scienza, dellarte e della morale sono, come quelle della politica, funzioni della realt economica e che la civilt borghese, individualista e razionalista, affonda le sue radici nelle forme delleconomia capitalistica. Questintuizione non certo meno feconda perch il poeta crede di ravvisare nella societ feudale il proprio ideale di civilt meglio che in quella del capitalismo borghese. Nonostante lentusiasmo per lantica monarchia, la Chiesa cattolica e la societ aristocratica, nel mondo di Balzac il realismo e il materialismo sono come fermenti intellettuali che distruggono gli ultimi resti del feudalesimo. I romanzi di Stendhal sono cronache politiche: Le rouge et le noir la storia della societ francese durante la Restaurazione, La Chartreuse de Parme, il quadro dellEuropa dominata dalla Santa Alleanza, Lucien Leuwen,

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lanalisi storico-sociale della monarchia di luglio. Anche prima, naturalmente, cerano stati romanzi a sfondo storico e politico, ma a nessuno, prima di Stendhal, sarebbe venuto in mente dimpostare un romanzo proprio sul sistema politico del tempo. Prima di lui nessuno fu mai cos conscio del momento storico, nessuno sent cos fortemente che di tali momenti composta tutta la storia, in una continua cronaca delle generazioni. Il presente per Stendhal lora fatale della prima generazione postrivoluzionaria, tempo di promesse e di speranze inadempiute, di energie inutilizzate e dingegni delusi. Egli lo vive come una paurosa tragicommedia, in cui la borghesia arrivata al potere gioca una parte non meno deplorevole di quella dellaristocrazia cospiratrice, come un crudele dramma politico, in cui non ci sono che intriganti, siano essi reazionari o liberali. In un tal mondo, egli si domanda, dove tutto menzogna e ipocrisia, non forse buono ogni mezzo che porti al successo? La cosa pi importante di non fare il gabbato, cio di mentire, di finger meglio degli altri. Tutti i grandi romanzi di Stendhal simperniano sul problema dellipocrisia, sul segreto per trattare con gli uomini, per ingannare il mondo; sono tutti per cos dire dei manuali di realismo e amoralismo politico. Nella sua critica a Stendhal, Balzac osserva che La Chartreuse de Parme un nuovo Principe, che Machiavelli non avrebbe potuto scrivere altrimenti, se fosse vissuto esule nellItalia dellOttocento. Il motto machiavellico di Julien Sorel Qui veut la fin veut les moyens [ Chi vuole il fine vuole i mezzi] ha qui la sua formulazione classica, ripetutamente usata dallo stesso Balzac: nel mondo bisogna accettare le regole del suo gioco, se si vuol parteciparvi e contar qualcosa. Per Stendhal la nuova societ si distingue dalla vecchia anzitutto per le diverse forme del potere, che si sono costituite in seguito allo spostarsi delle forze e al

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mutato valore politico delle classi; per lui il sistema capitalistico la conseguenza della nuova struttura politica. Egli descrive la societ francese nel momento in cui la borghesia si gi assicurata il potere economico, ma ancora deve lottare per imporsi sul piano sociale. Questa lotta egli la rappresenta da un punto di vista personale, soggettivo, precisamente come si configura per lintellettuale in ascesa. Lisolamento di Julien Sorel il motivo dominante di tutta lopera stendhaliana, il tema che viene variato e modulato negli altri romanzi, specialmente nella Chartreuse de Parme e nel Lucien Leuwen. Per Stendhal la questione sociale consiste nel destino di quei giovani ambiziosi di umile origine, che la cultura ha strappato al loro ambiente: rimasti, alla fine dellepoca rivoluzionaria, senza mezzi e senza legami, abbagliati dalle occasioni della Rivoluzione e dalla fortuna di Napoleone, vogliono avere nella societ una parte adeguata al loro ingegno e alle loro ambizioni. Ma essi scoprono che poteri, influenza, posti importanti sono tutti nelle mani dellantica nobilt e della nuova aristocrazia del denaro e che dappertutto la mediocrit ha il sopravvento sulle doti e sullingegno. Il principio che ognuno lartefice della propria fortuna idea affatto estranea agli uomini dellancien rgime, ma familiare alla giovent rivoluzionaria perde il suo valore. Ventanni prima il destino di Julien Sorel sarebbe stato tuttaltro; a venticinque anni sarebbe diventato colonnello, a trentacinque generale: ecco il motivo che ritorna sempre. Egli nato troppo tardi o troppo presto; come sospeso fra unepoca e laltra, fra una classe e laltra. Qual il suo vero posto? per chi parteggia? ancora il vecchio, ben noto problema del romanticismo, che anche ora come allora rimane insoluto. Lorigine romantica delle idee politiche di Stendhal si rivela nel modo pi chiaro nel fatto che egli fonda le pretese del suo eroe semplicemente sul privilegio del talento,

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dellintelligenza e dellenergia. Per criticare la Restaurazione e giustificare la Rivoluzione egli parte dal presupposto che vera vitalit ed energia si possono ancora trovare soltanto nel popolo. Le circostanze del famoso omicidio del seminarista Berthet, chegli riprender nel Rouge et noir, sono per lui una prova che dora in poi i grandi uomini usciranno da quei ceti inferiori ancora pieni denergia e capaci di vere passioni, a cui apparteneva non solo Berthet, ma, comegli sottolinea, anche Napoleone. Cos la coscienza della lotta di classe entra nella letteratura. Naturalmente, anche prima i narratori avevano rappresentato il conflitto tra i vari ceti; nessuna rappresentazione viva della realt sociale poteva trascurarlo. Ma il suo vero significato rimaneva oscuro ai personaggi e anche allautore. Lo schiavo, il servo della gleba, il contadino figuravano abbastanza spesso nellantica letteratura soprattutto come figure comiche e il plebeo era descritto non solo come un infingardo, ma anche ad esempio, nel Paysan parvenu di Marivaux come il nuovo ricco; tuttavia mai accadeva che un uomo di umile condizione, cio al di sotto della media borghesia, fosse presentato come il campione di una classe diseredata. Julien Sorel il primo eroe di romanzo che sia consapevole della sua origine plebea e labbia sempre presente; per lui ogni successo una vittoria sulla classe dominante e ogni sconfitta unumiliazione. Neppure a Madame de Rnal, lunica donna chegli ami davvero, pu perdonare di esser ricca e di appartenere a quella classe davanti a cui egli crede di dover sempre stare in guardia. Nei suoi rapporti con Mathilde de la Mole la lotta di classe ormai si confonde con la lotta dei sessi. E la sua allocuzione ai giudici non se non una affermazione della lotta di classe, una sfida lanciata agli avversari da chi ha il collo sotto la scure: Signori, io non ho lonore di appartenere alla vostra classe, egli

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dice. Voi vedete in me un contadino, che si ribellato allumilt della sua sorte... Io vedo uomini che vorranno punire in me e scoraggiare per sempre quella classe di giovani che, nati in basso e oppressi dalla povert, hanno la fortuna di potersi istruire e laudacia di mescolarsi a quel che lorgoglio dei ricchi chiama la societ... E tuttavia allautore non importa unicamente, e neppure in modo particolare, la lotta di classe; la sua simpatia non va senzaltro ai poveri e agli oppressi, ma ai figliastri geniali e sensibili della societ, alle vittime della classe dominante senza cuore e senza fantasia. Perci Julien Sorel, il figlio di contadini, Fabrizio del Dongo, il rampollo di una famiglia di antichissima nobilt, e Lucien Leuwen, lerede di un patrimonio di milioni, ci appaiono come fratelli darme, compagni di lotta e di pena, che si sentono ugualmente stranieri e sperduti in questo mondo volgare e prosaico. La Restaurazione ha creato condizioni in cui il conformismo lunica via al successo e in cui pi nessuno pu respirare e muoversi liberamente, qualunque sia la sua origine. Ma il destino comune degli eroi stendhaliani nulla toglie al fatto che la lotta di classe lorigine sociologica del nuovo tipo di eroe e che Fabrizio e Lucien non sono che trasposizioni ideologiche di Sorel, metamorfosi del plebeo ribelle, variet dellinfelice che muove guerra a tutta la societ. Senza un ceto medio insidiato dalla reazione, senza quegli intellettuali condannati alla passivit, fra cui lo stesso Stendhal, la figura di Fabrizio del Dongo sarebbe inconcepibile come quella di Julien Sorel. Henri Beyle, funzionario dellesercito imperiale, nel 1815 viene messo in pensione a met paga; per anni cerca di ottenere un altro impiego, ma non riesce neppure a diventare bibliotecario. Vive in volontario esilio lontano dalla Francia, tagliato fuori da ogni possibilit di carriera, come un naufrago. Odia la reazione, ma quando parla di libert pensa unicamente

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a s, al diritto di inseguire la sua felicit. La felicit dellindividuo, la felicit in senso puramente epicureo per lui lo scopo di ogni attivit politica. Il suo liberalismo il risultato del suo destino personale, della sua educazione, dello spirito ribelle determinato in lui da esperienze infantili, del suo fallimento nella vita, ma non di uno schietto sentimento democratico. Egli un enfant de gauche35, anzitutto perch soggiace a un complesso di Edipo, ma anche perch allievo del nonno che, fedele alunno dei filosofi settecenteschi, lo alleva nel culto dellilluminismo. Linsuccesso lo conferma in questo spirito e ne fa un ribelle; ma sentimentalmente egli un individualista e un aristocratico, alieno da ogni istinto gregario. Il suo culto romantico delleroe, lesaltazione della personalit forte, dotata, eccezionale, il suo concetto degli happy few, la morbosa avversione a tutto quel che plebeo, lestetismo, il dandysmo sono tutte forme di un preziosismo e di un autocompiacimento aristocratico. Ha paura della repubblica, si tiene lontano dalla folla, ama gli agi e il lusso e il suo ideale politico una monarchia costituzionale che assicuri al fiore dellintellettualit una vita senza crucci. Ama i salotti signorili, lozio dellepicureo, la gente ben educata, frivola e intelligente. Teme che la repubblica e la democrazia rendano pi povera e squallida la vita, teme la vittoria delle rozze masse ignoranti sulla societ colta, che della vita sa godere la bellezza nel modo pi raffinato. Amo il popolo e odio gli oppressori, dice, ma sarebbe un tormento per me dover sempre vivere con il popolo. Bench solidale con Julien Sorel, Stendhal lo accompagna con sguardo severamente critico e, pur ammirando lingegno e lintegrit del giovane ribelle, non dissimula affatto le sue riserve sulla sua natura plebea. Egli ne comprende lamarezza, ne condivide il disprezzo per la societ, ne approva lipocrisia senza scrupoli e il rifiu-

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to di collaborare con la gente che lo circonda, ma ci chegli non capisce e non approva la folle mfiance, la morbosa, umiliante diffidenza del plebeo afflitto da complessi dinferiorit e da rancori, la sua impotente brama di vendetta che infuria alla cieca, la brutta invidia che lo sfigura. Lanalisi dei sentimenti di Julien, dopo la lettera di Mathilde che gli dichiara il suo amore, mostra chiarissima la distanza che divide Stendhal dal suo eroe. Di fatto essa la chiave di tutto il romanzo e ci ricorda che nella storia di Julien Sorel non dobbiamo vedere una semplice confessione dellautore. Anzi, questi preso da un senso di repulsione, di paura, di ribrezzo di fronte a quel sospetto maniaco. Lo sguardo di Julien era crudele, la sua espressione orrenda, dice senza alcuna simpatia, senza tentare affatto di scusarlo. Non gli venne mai fatto di pensare che la pi grande colpa della societ verso Julien era appunto di averlo reso cos diffidente e perci cos infelice, cos inumano? Le opinioni politiche di Stendhal sono altrettanto contraddittorie. Per origine egli appartiene alla borghesia, ma per educazione diventa uno dei suoi avversari. Sotto Napoleone egli un alto funzionario, partecipa alle ultime campagne dellimperatore, che forse gli fa profonda impressione, ma certo non lo entusiasma: egli mantiene le sue riserve di fronte al despota violento e allo spietato conquistatore36. Anche per lui da principio la Restaurazione significa la pace, la fine del lungo, inquieto, incerto periodo rivoluzionario; nella nuova Francia, dapprima egli non si sente affatto estraneo e scontento. Ma via via che si accorge come al misero pensionato sia chiusa ogni prospettiva, e quale sia il vero volto della Restaurazione, cresce in lui, con lodio e la nausea per il nuovo regime, lentusiasmo per Bonaparte. Il suo debole per la vita bella e comoda lo rende avverso al livellamento sociale; ma il suo stato povero e oscuro alimenta la sua diffidenza e lostilit verso lor-

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dine attuale impedendogli di aderire alla reazione. Le due tendenze sono sempre presenti nel pensiero di Stendhal; e, secondo le circostanze della sua vita, prevale or luna or laltra. Nel periodo, per lui cos oscuro, della Restaurazione, crescono sempre pi il suo scontento e il suo radicalismo politico; ma quando le sue condizioni personali migliorano, egli si calma e da ribelle diventa un difensore dellordine e un moderato conservatore37. Le rouge et le noir ancora la confessione di uno spostato e di un sedizioso, La Chartreuse de Parme gi lopera di un animo placato nella tranquilla rinunzia38. La tragedia diventata tragicommedia, alla genialit dellodio subentrata una saggezza cordiale, quasi conciliante, un pi aperto, superiore umorismo che certo osserva con inesorabile obiettivit, ma riconosce la relativit delle cose e la debolezza di tutto ci ch umano. Veramente nel tono del poeta sinsinua cos una certa frivolezza, che ricorda la tolleranza del tutto comprendere tutto perdonare; ma quanto lontano Stendhal dal conformismo della pi tarda borghesia che tutto perdona nellambito delle sue convenzioni, ma nulla fuori di esse! Che diverso senso dei valori! Che entusiasmo in Stendhal per la giovinezza, il coraggio, lingegno, il bisogno di felicit, labitudine a goderla e a crearla; e che stanchezza, che tedio, che timore della felicit nella borghesia ormai saldamente al potere! ... Devo esser pi felice di un altro, perch possiedo quel che gli altri non hanno... dice il conte Mosca. Ebbene, siamo giusti, labitudine di questo pensiero deve guastarmi il sorriso... deve darmi unaria da egoista... soddisfatta... E il suo, che sorriso incantevole! (egli parla di Fabrizio). Ne traspare la spontanea felicit della prima giovinezza e la suscita. Eppure Mosca non un furfante. soltanto un debole, e si venduto. Stendhal si sforza in ogni modo di comprenderlo. Anzi, nel Rouge et noir si chiedeva: Chi sa quel che si deve

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passare sulla via di una grande impresa? Danton ha rubato, Mirabeau si venduto. Napoleone in Italia ha rubato milioni, se no, non sarebbe andato avanti... Soltanto Lafayette non ha mai rubato. Bisogna rubare, bisogna vendersi? Evidentemente si tratta di ben altro che dei milioni di Napoleone: Stendhal scopre linesorabile dialettica di ogni atto che opera nella realt, il materialismo di ogni esistenza, di ogni prassi. Una scoperta sconvolgente per un romantico genuino, anche se travagliato da forti inibizioni. NellOttocento nessuno come Stendhal diviso fra attrazione e opposizione al romanticismo. Anche in questo si riflette il dissidio della sua visione politica. Stendhal un rigido razionalista e positivista; ogni metafisica, ogni pura speculazione, ogni confuso idealismo gli estraneo, odioso. Lessenza della morale, della dirittura intellettuale sta per lui nello sforzo di veder chiaro in quel che , nel resistere alle seduzioni della superstizione e dellautoinganno. La sua fervida fantasia le velava talvolta le cose, dice di una delle sue creature predilette, la duchessa Sanseverina, eppure le erano ignote quelle illusioni gratuite che suggerisce la vilt. Ai suoi occhi il fine pi alto lideale di Voltaire e di Lucrezio: vivere liberi dalla paura. Il suo ateismo lotta contro il despota della Bibbia e del mito, ed solo un aspetto del suo appassionato realismo ribelle a ogni menzogna, a ogni inganno. Il suo orrore della retorica e del pathos, delle parole e delle frasi magniloquenti, dello stile smagliante, esuberante, enfatico di Chateaubriand e di De Maistre, la sua predilezione per la chiara, concisa concretezza del codice civile, per le buone definizioni, per le frasi brevi, precise, disadorne: tutto in lui esprime un materialismo rigido, intransigente eroico, come dice Bourget e il desiderio di veder chiaro e far veder chiaro in quel che . Ogni esagerazione, ogni ostentazione gli ripugna, e seb-

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bene egli sia spesso entusiastico, non mai pomposo. Si osservato, per esempio, chegli non dice mai libert, ma sempre le due Camere e la libert di stampa39; anche questo un segno della sua avversione a tutto quanto irreale ed enfatico; anche questo fa parte della sua lotta contro il romanticismo e contro il suo stesso sentimento romantico. Il suo sentire infatti schiettamente romantico; egli pensa come Elvezio, ma sente come Rousseau, stato detto40. I suoi eroi sono idealisti delusi, spiriti avventurosi, appassionati, anime intatte di fanciulli non contaminati dalla sozzura della vita. Come il loro celebre predecessore, Saint-Preux, amano la solitudine e i luoghi alti e remoti, dove possono sognare indisturbati e abbandonarsi ai loro ricordi. I loro sogni, le loro memorie, i loro pi segreti pensieri sorgono dai pi teneri affetti. Ecco la grande forza che in Stendhal bilancia la ragione, la fonte della pi pura poesia e del pi profondo fascino dellopera sua. Ma in lui il romanticismo non sempre poesia pura, schietta e limpida arte; spesso implica elementi romanzeschi, fantastici, morbosi e macabri. Anzitutto il suo culto del genio non solo entusiasmo per quel che grande e sovrumano, ma gusto dello stravagante e del curioso; egli esalta la vita pericolosa non solo perch adora lintrepido eroismo, ma anche perch ama giocare con la perversit e il delitto. Le rouge et le noir , se vogliamo, un romanzo nero, con una fine eccitante e orrida; La Chartreuse de Parme un romanzo davventure pieno di sorprese, salvataggi miracolosi, crudelt e situazioni melodrammatiche. Il beylismo non solo una religione della forza e della bellezza, ma anche un culto del piacere e un vangelo della violenza una variante del satanismo romantico. Tutta la critica stendhaliana alla civilt ha un carattere romantico; si ispira allentusiasmo di Rousseau per lo stato di natura, ma conclude a un entusiasmo insieme esaltato e negati-

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vo, che rimprovera al mondo civile non solo la perdita della spontaneit, ma anche il diminuito coraggio per i grandi delitti pittoreschi. Il bonapartismo di Stendhal la prova migliore della natura complessa, in parte ancora fortemente romantica, del suo mondo intellettuale. Oltre lesaltazione estetizzante del genio, entrano in questo culto la stima per chi viene dal basso e vuole elevarsi, ma anche la solidariet per il vinto, la vittima della reazione e delloscurantismo. Per Stendhal, Napoleone il tenentino che diventa signore del mondo, il cadetto della favola che scioglie lenigma e ottiene la figlia del re; ma anche leterno martire e leroe dello spirito, troppo buono per questo mondo corrotto, e votato al sacrificio. Anche qui immoralismo e satanismo romantico si confondono e trasformano lapoteosi della grandezza nel bene come nel male , lammirazione per essa nonostante il male che spesso necessariamente ne deriva, in un culto della grandezza proprio perch disposta anche al male, anche al delitto. Il Napoleone di Stendhal, come Julien Sorel, appartiene agli antenati di Raskolnikov; essi incarnano quel che per Dostoevskij era il romanticismo dellOccidente e chegli volle fatale al suo eroe. Anche la rassegnazione stendhaliana conserva tratti romantici e mostra di derivare dal romanzo della delusione pi direttamente che non il freddo e oggettivo pessimismo balzachiano. Ma i romanzi di Stendhal finiscono male come quelli di Balzac; la differenza quindi nel modo, non nel grado della rinunzia. Anche i suoi eroi sono sconfitti, anchessi affondano miseramente o, peggio, sono costretti alla capitolazione, ai compromessi, muoiono giovani o si appartano delusi. Alla fine sono tutti stanchi della vita, logori, consunti, bruciati; cessano di lottare e patteggiano con la societ. La morte di Julien una specie di suicidio e la fine delleroe nella Chartreuse de Parme una sconfitta altrettanto triste. Il

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tono della rinunzia risuona gi in Armance, dove il tema dellimpotenza il chiaro simbolo dellisolamento che affligge tutti gli eroi stendhaliani. Il motivo riecheggia nella persuasione del giovane Fabrizio di essere incapace di vero amore; e un analogo dubbio sorge in Julien Sorel. Comunque, la potenza di Eros che colma di felicit spegnendo lessere egoisticamente individuale, labbandono intero allistante e il perfetto oblio di s nella dedizione allamata gli sono ignoti. Per gli eroi di Stendhal non esiste felicit del presente; la felicit per essi sempre gi alle loro spalle, ci pensano soltanto quando gi trascorsa. Il senso tragico che Stendhal ha della vita mai si esprime in modo tanto straziante come quando Julien scopre che i giorni di Vergy e di Verrires, vissuti inconsciamente e distrattamente, e ora inesorabilmente e per sempre svaniti, erano la cosa pi bella, pi buona, pi preziosa che la vita avesse da offrire. Solo il passare delle cose ci fa consci del loro valore; solo nellombra della morte Julien impara ad apprezzare la vita e lamore di Madame de Rnal; solo in carcere Fabrizio scopre la vera felicit e la vera, intima libert. Chi sa, si domanda Rilke davanti alla gabbia di un leone, dov la libert: davanti o dietro le sbarre? Domanda schiettamente stendhaliana e altamente romantica. Nonostante la sua avversione allo stile colorito ed enfatico, anche formalmente Stendhal un erede del romanticismo, e in senso assai pi stretto di quanto si possa dire, pi o meno, per ogni artista moderno. Lideale classico dellunit, dellordine rigoroso, della subordinazione a unidea principale, lequilibrato sviluppo dellargomento, senza arbitr soggettivi, e senza mai perdere di vista il lettore, in lui scompaiono del tutto, sostituiti da una visione in cui domina unicamente la volont di esprimersi, e che mira a rendere lesperienza nel modo pi diretto, semplice e autentico. I

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romanzi di Stendhal appaiono come un insieme di pagine di diario e di schizzi, che anzitutto cercano di fissare i moti dellanimo, il meccanismo dei sentimenti e il lavorio mentale dellautore. Espressione, confessione, comunicazione soggettiva sono la meta vera; il fluire delle esperienze, il ritmo stesso della corrente sono il vero argomento; in confronto, ci che la corrente trascina e porta con s appare quasi secondario. Pi o meno, ogni arte moderna, post-romantica, improvvisazione e allorigine di questo sta sempre lidea che il sentimento, lo stato danimo, lispirazione siano pi ricchi e pi vicini alla vita, che non labilit, il gusto critico e la costruzione sapiente. Consciamente o no, tutta la concezione moderna parte dalla convinzione che gli elementi pi validi dellopera darte siano le fantasie improvvise, le felici trovate, i doni della divina ispirazione e che per lartista il meglio sia di abbandonarsi allinventiva. Perci linvenzione del particolare cos importante nellarte moderna, e tanto pi forte il suo effetto quanto pi frequenti vi sono le svolte inattese e i motivi accessori imprevisti. Gi Beethoven, rispetto ai suoi predecessori, fa leffetto di improvvisare, bench le opere di quelli, specie quelle di Mozart, siano nate in modo evidentemente pi agevole, sereno e ispirato delle composizioni beethoveniane che invece sono state preparate con molta cura, spesso attraverso numerosi abbozzi. Mozart sembra sempre seguire un piano obiettivo, necessario, invariabile, mentre Beethoven in ogni tema, in ogni motivo, in ogni tono ha laria di dire perch lo sento cos, perch lo odo cos e perch voglio che sia cos. Le opere dei maestri pi antichi sono composizioni ben articolate e costruite, melodie schiette e nitide, mentre le opere di Beethoven e dei compositori pi tardi sono recitativi, gridi dal fondo del cuore in pena.

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In Port Royal Sainte-Beuve osserva che per il classicismo il maggior poeta era chi creava lopera pi perfetta, pi chiara, pi gradevole, mentre noi moderni da un poeta ci aspettiamo soprattutto uno stimolo, cio un motivo per sognare e poetare con lui41. I nostri poeti prediletti sono quelli che suggeriscono molte cose accennandole appena e lasciando sempre qualcosa dinespresso, che tocca a noi indovinare, chiarire, integrare. Lopera incompiuta, inesauribile, indefinibile per noi la pi affascinante, la pi profonda ed espressiva. Tutta larte psicologica di Stendhal mira a stimolare la collaborazione del lettore nellosservazione e nellanalisi. Due fondamentalmente sono i metodi di analisi psicologica. I classici francesi partono dallidea unitaria di un carattere e sviluppano i diversi attributi psichici da una sostanza in s immutabile. La forza persuasiva del personaggio cos creato sta nella logica coerenza dei tratti, ma in s limmagine piuttosto il mito che il ritratto di un uomo. Lintrospezione del lettore nulla aggiunge, si pu dire, allinteresse e alla verosimiglianza dei personaggi; questi simpongono in linee grandi e nitide, vogliono esser contemplati e ammirati, non analizzati e interpretati. Il metodo psicologico di Stendhal, che si suol considerare ugualmente analitico, bench diametralmente opposto a quello classico, non parte dallunit logica della personalit, ma dalle sue manifestazioni singole, e nel quadro non accentua i contorni, ma le sfumature e i valori tonali. Limmagine complessiva consta di particolari, di osservazioni singole, di puntuali precisazioni, in un contesto per lo pi cos lacunoso e contraddittorio, che il lettore viene sempre rinviato allintrospezione e allinterpretazione soggettiva del complesso e caotico quadro. Per i classici un carattere era tanto pi plausibile quanto pi era chiaro e coerente, ora invece una figura poetica risulta tanto pi viva e persuasiva, quanto pi complicata e rapsodica, quanto pi

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chiede di essere integrata dalla personale esperienza del lettore. La tecnica di Stendhal dei petits faits vrais non vuol dire che la vita psichica consista tutta di piccole manifestazioni effimere, in s e per s irrilevanti, ma invece che un carattere imprevedibile e indefinibile e contiene innumerevoli aspetti capaci di modificarne la misura fondamentale e di romperne lunit. Incoraggiare il lettore a osservare e poetare insieme con lautore e ammettere che il soggetto inesauribile significa una cosa sola: dubitare che larte sia in grado di dominare la realt. Lintricata psicologia moderna un segno della nostra incapacit di comprendere luomo odierno con la stessa sicurezza con cui il classicismo aveva compreso luomo del Sei e del Settecento. Ma di fronte a questinsufficienza, esclamare con Zola: La vita pi semplice42, sarebbe pura cecit di fronte alla complessa natura della vita moderna. Per Stendhal la complicazione psicologica il frutto della sempre pi chiara consapevolezza delluomo odierno, della sua appassionata introspezione, della sua attenzione a ogni moto del cuore e della mente. Ma quando lo scrittore afferma: Luomo ha in s due anime (Le rouge et le noir), con ci non intende ancora lintima scissione che in Dostoevskij rende luomo estraneo a se stesso, ma semplicemente quel dualismo che fa del nostro intellettuale un essere che insieme agisce e contempla, attore e spettatore di se stesso. Stendhal ne conosce la pi grande felicit e la peggior miseria: lautocoscienza che ne accompagna la vita spirituale. Quando egli ama, gode della bellezza, si sente intimamente libero da ogni vincolo, non soltanto per questo sallieta, ma anche per la coscienza della sua felicit43. Tuttavia, mentre dovrebbe interamente abbandonarvisi, sciolto da ogni imperfezione e insufficienza, sempre pieno di problemi e di dubbi: E questo tutto? si domanda questo, il celebrato amore? dunque possibile amare,

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sentire, estasiarsi e intanto osservarsi cos freddamente e tranquillamente? La risposta di Stendhal non certo quella corrente, che tra sentimento e ragione, passione e riflessione, amore e ambizione ammette una distanza insuperabile; egli invece persuaso che luomo moderno sente, si inebria e si esalta diversamente da un contemporaneo di Racine o di Rousseau. Per costoro sentimento spontaneo e suo riflettersi nella coscienza erano cose inconciliabili, per Stendhal e i suoi eroi sono invece cose inscindibili; nessuna delle loro passioni forte quanto il desiderio dessere sempre consci di ci che avviene nel loro intimo. Questa consapevolezza significa, rispetto alla letteratura precedente, un mutamento non meno profondo del realismo stendhaliano; e il superamento della psicologia classicoromantica per la sua arte una premessa essenziale quanto lannullamento dellalternativa tra romantica fuga dal mondo e ottimismo antiromantico. I caratteri di Balzac sono pi coerenti, meno complicati e problematici di quelli di Stendhal; in certo modo essi segnano un ritorno alla psicologia delle opere classiche e romantiche. Sono monomani, soggiogati da una sola passione e ogni loro passo, ogni parola sembra obbedire a un ordine. Ma strano che tale costrizione non menomi la verosimiglianza delle figure, che risultano in definitiva pi reali di quelle stendhaliane, meglio rispondenti per altro, con le loro antinomie, alle nostre concezioni psicologiche. Ci troviamo di fronte al mistero di unarte travolgente, bench straordinariamente disuguale di valore, che costituisce un fenomeno fra i pi inesplicabili nella storia della creazione artistica. Del resto i personaggi di Balzac non sempre sono cos semplici come si usa affermare: alla loro maniaca unilateralit spesso si associa una grande ricchezza di tratti individuali. Forse sono meno brillanti e interessanti degli

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eroi stendhaliani, ma appaiono pi vivi, inconfondibili e indimenticabili. Si chiamato Balzac gran pittore di ritratti, riconducendo lirresistibile efficacia della sua arte alla potenza delle sue figure. Di fatto, parlando di Balzac, si pensa anzitutto alla giungla umana dei suoi romanzi, alla folla e alla variet dei tipi a cui d vita; ma per lui il fattore psicologico non il pi importante. Quando si cerca di chiarire lorigine del suo mondo, ci si deve sempre rifare alla sua sociologia, parlando delle condizioni materiali da cui sorge il suo cosmo intellettuale. A differenza di Stendhal, Dostoevskij o Proust, per lui c una cosa pi essenziale, pi irriducibile della realt psichica. Un personaggio non ha importanza di per s; comincia ad essere interessante e significativo soltanto come rappresentante di un gruppo sociale, come esponente di un conflitto tra opposti interessi di classe. Lo stesso Balzac considera sempre i suoi personaggi come fenomeni naturali e, quando vuol indicare i fini dellarte sua, non parla mai della sua psicologia, ma sempre soltanto della sua sociologia, della sua storia naturale della societ e della funzione dei singoli individui nella vita dellorganismo sociale. Tuttavia, non gi come dottore in scienze sociali, come gli piacque chiamarsi, egli divenne il maestro di un nuovo tipo di romanzo, ma come assertore della nuova idea delluomo, secondo cui lindividuo esiste solo in rapporto con la societ. Come da una scoperta geologica si pu trarre tutto un mondo, egli dice nella Recherche de labsolu, cos ogni monumento di una civilt, ogni casa, ogni mosaico esprime tutta una struttura sociale; tutto espressione e testimonianza di quel grande processo. Una sorta debbrezza, destasi lo afferra di fronte a questa causalit sociale, a questa legge ineluttabile, che sola pu spiegare il senso del presente, e quindi risolvere il problema su cui simpernia tutto il suo mondo. La Comdie humaine difatti deve la sua intima unit, non al

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concatenarsi dellazione, n al ricorrere dei personaggi, ma alla presenza di questo problema come motivo dominante, che in realt ne fa un unico grande romanzo, la storia della moderna societ francese. Balzac libera la narrativa dalle angustie dellautobiografia e della pura psicologia, in cui si era rinchiusa nella seconda met del Settecento. Egli spezza quei limiti di vicenda individuale, cui si attenevano sia i romanzi di Rousseau e di Chateaubriand, sia quelli di Goethe e di Stendhal, e si emancipa dallo stile di confessione che era stato proprio del Settecento, pur non riuscendo, naturalmente, a spogliarsi dun tratto dogni elemento lirico-autobiografico. Balzac anzi trova il suo stile assai lentamente: in un primo tempo continua la letteratura in voga durante la Rivoluzione, la Restaurazione e il romanticismo, e anche nella piena maturit conserva reminiscenze di certi mediocri romanzi precedenti. Egli non pu negare che la sua arte derivi dal misterioso romanzo nero e dal melodrammatico romanzo dappendice, come da quello amoroso e storico; e il suo stile discende da Pigault-Lebrun e da Ducray-Duminil, come da Byron e da Walter Scott44. Non solo Ferragus e Vautrin, ma anche Montriveau e Rastignac rientrano nella serie romantica dei ribelli, dei proscritti, e il gusto del romanzo nero riaffiora, non solo nella vita degli avventurieri e dei delinquenti, ma, come stato osservato, anche nella descrizione della vita borghese45. La societ moderna con i suoi politici, burocrati, banchieri, con gli speculatori, i gaudenti, le cocottes, i giornalisti, gli pare un incubo, unimplacabile danza macabra. Egli concepisce il capitalismo come una malattia della societ e per un certo tempo vagheggia lidea di trattarla da un punto di vista medico, in una Patologia della vita sociale46. La sua diagnosi che esiste unipertrofia del desiderio di profitto e di potenza, e la causa del male sta per lui nellegoismo e nellirreligiosit dellepoca. In tutto egli

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vede le conseguenze della Rivoluzione e imputa il crollo delle antiche strutture gerarchiche monarchia, Chiesa e famiglia allindividualismo, alla libera concorrenza e alla smodata, sfrenata ambizione. Balzac descrive con mirabile acume i sintomi dellepoca despansione economica in cui vive la sua generazione, penetra le fatali contraddizioni interne del sistema capitalistico, ma nello spiegarne lorigine d troppa parte allarbitrio, ed egli stesso non crede fermamente alla cura che prescrive. Loro, il luigi doro e lo scudo, le azioni, le cambiali, le polizze e le carte da gioco, ecco glidoli e i feticci della nuova societ: il vitello doro qui una realt pi tremenda che nel Vecchio Testamento e il richiamo dei milioni pi seducente di quello della meretrice apocalittica. Balzac ritiene che le sue tragedie borghesi, anche se imperniate soltanto sul denaro, siano pi crudeli del dramma degli Atridi; e infatti le parole di Grandet morente alla figlia: Tu me ne renderai conto laggi, superano in orrore i toni pi cupi della tragedia greca. Le cifre, le somme, i bilanci sono qui gli scongiuri e gli oracoli di una nuova mitologia, di un nuovo mondo magico. Come nella favola i doni degli spiriti malvagi, qui i milioni emergono dal nulla e subito spariscono, dileguano. Balzac facilmente scivola in un tono fiabesco, quando si tratta di denaro. Gli piace far la parte di quei geni che coprono di doni i mendicanti, e con i suoi eroi si rifugia volentieri in unorgia romantica di sogni. Ma sugli effetti ultimi delloro, sulle devastazioni chesso provoca, sullavvelenamento dei rapporti umani che determina, egli non singanna mai; il suo senso della realt mai lo tradisce. La caccia al denaro e al profitto distrugge la vita famigliare, allontana la moglie dal marito, la figlia dal padre, il fratello dal fratello, trasforma il matrimonio in unassociazione dinteressi, lamore in un affare e incatena le vittime luna allaltra come schiavi. Si pu imma-

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ginare nulla di pi sinistro dellobbligo imposto dal vecchio Grandet alla figlia, erede della sua ricchezza? o di quei tratti del carattere paterno che riaffiorano in Eugnie, appena essa diventa padrona di casa? C qualcosa di pi spettrale di questa forza della natura, di questo dominio della materia sulle anime? Il denaro estrania luomo da se stesso, distrugge gli ideali, corrompe glingegni, prostituisce artisti, poeti, studiosi, del genio fa un delinquente, trasforma in avventurieri e in giocatori dazzardo coloro che erano nati per essere dei capi. La classe sociale pi responsabile della spietata economia monetaria, quella che ne trae il massimo profitto, naturalmente la ricca borghesia; ma la lotta selvaggia e bestiale chessa scatena, coinvolge tutti i ceti: laristocrazia, che ne la vittima maggiore, come le altre classi. Eppure, di fronte allanarchia del presente, Balzac non trova altro rimedio da proporre se non un rinnovamento di questaristocrazia, che vorrebbe educata al razionalismo e al realismo borghese e aperta ai plebei dingegno. Egli un ardente fautore della feudalit, ammira glideali intellettuali e morali chessa rappresenta e ne deplora la rovina; ma appunto per questo tanto pi spietato e obiettivo nel descriverne la degenerazione e anzitutto la deferenza per le borse doro della borghesia. Lo snobismo di Balzac fa sempre un effetto penoso, ma i suoi scarti politici sono affatto innocenti, poich, sebbene sostenga con tanto zelo la causa dellaristocrazia, egli non un aristocratico, il che, come giustamente si notato47, muta la sostanza delle cose. Il suo atteggiamento tutto speculativo; non viene dal cuore n dallistinto. Balzac non solo uno scrittore borghese fino al midollo, che attinge spontaneamente e profondamente dallintimo orientamento della sua classe, ma anche il pi felice apologeta della borghesia, e non dissimula la sua ammirazione per quanto essa ha fatto. Solo, pieno

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disterica paura e fiuta dappertutto disordine e rivoluzione. Egli combatte tutto quel che minaccia lordine costituito e difende tutto quello che pare sostenerlo. Il miglior baluardo contro lanarchia e il caos sono per lui il trono e la Chiesa, e il feudalesimo soltanto il sistema che consegue al loro dominio. Egli non considera affatto la monarchia, la Chiesa e la nobilt quali sono diventate dopo la Rivoluzione, ma soltanto glideali chesse rappresentano, e combatte la democrazia e il liberalismo perch sa che tutto ledificio gerarchico fatalmente croller, se si comincia a criticarlo. Egli pensa infatti che una potenza discussa non dura. Luguaglianza una folle utopia, in nessun luogo del mondo si attuata. E come ogni comunit prima dogni altra la famiglia riposa sul principio autoritario, cos tutta la societ deve reggersi su questo principio. I democratici e i socialisti sono astratti sognatori, non solo perch credono alla libert e alluguaglianza, ma anche perch idealizzano smisuratamente il popolo e il proletariato. Pure gli uomini sono in fondo tutti uguali; tutti pensano al proprio vantaggio e fanno solo i propri interessi. La societ nel suo complesso dominata dalla logica della lotta di classe; la guerra tra ricchi e poveri, forti e deboli, privilegiati e paria non avr mai fine. Ogni potere tende alla propria conservazione (Le Mdecin de campagne), e ogni classe oppressa a distruggere i suoi oppressori: questi i fatti immutabili. Ma Balzac, a cui sono gi familiari i concetti della lotta di classe, conosce anche il metodo rivelatore del materialismo storico. Uno scassinatore si manda allergastolo, dice Vautrin nelle Illusions perdues, mentre un uomo che con una bancarotta fraudolenta rovina intere famiglie, se la cava con qualche mese... I giudici che condannano il ladro fanno buona guardia alla barriera tra ricco e povero... ma sanno che il bancarottiere causa al massimo uno spostamento della ricchezza.

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Questa la differenza essenziale tra Balzac e Marx: il poeta della Comdie humaine giudica la lotta del proletariato esattamente come quella delle altre classi, una lotta cio che mira a vantaggi e privilegi; Marx invece vi scorge linizio di unera nuova e, nel suo trionfo, lattuazione di una condizione ideale e definitiva48. Prima di Marx, e in forma che Marx stesso giudicher esemplare, Balzac scopre la natura ideologica del pensiero. La virt comincia con il benessere, dice nella Rabouilleuse, e nelle Illusions perdues Vautrin parla del lusso dellonest, che ci si pu permettere solo quando si disponga di posizione e censo adeguati. Gi nel suo Essai sur la situation du parti royaliste (1832) Balzac indica come proceda il formarsi dellideologia. Le rivoluzioni si compiono, egli afferma, prima nelle cose e negli interessi, poi si estendono alle idee e infine si trasformano in princip. Il nesso che lega il pensiero allesistenza materiale e la dialettica di vita e coscienza, egli li scopre gi in Louis Lambert dove leroe, comegli osserva, dopo lo spiritualismo della sua giovinezza, vede sempre pi chiara la materialit del pensiero. Evidentemente non fu un caso se Balzac e Hegel riconobbero quasi a un tempo la struttura dialettica dei contenuti della coscienza. Leconomia capitalistica e la moderna borghesia erano piene di contraddizioni e mettevano in luce il duplice condizionamento dello sviluppo storico pi chiaramente delle civilt precedenti. Le basi materiali della societ borghese non solo gi di per s erano pi trasparenti di quelle del feudalesimo, ma il nuovo ceto dirigente era assai meno preoccupato dellantico di travestire ideologicamente le premesse economiche del suo potere. Del resto, la sua ideologia era ancora troppo recente, perch se ne potesse dimenticare lorigine. Nella concezione di Balzac il tratto saliente il realismo, la considerazione nuda e obiettiva dei fatti. Il suo materialismo storico e la sua teoria delle ideologie non

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sono che obiettivazioni del suo senso della realt. E questa posizione realistica e critica Balzac la mantiene anche di fronte a quei fenomeni a cui sentimentalmente legato. Cos, pur con le sue opinioni conservatrici, egli sottolinea soprattutto la forza incoercibile dello sviluppo che ha portato alla moderna societ capitalisticoborghese, e non cade mai nel provincialismo degli idealisti nel giudicare la civilt della tecnica. Egli nettamente favorevole allindustria moderna, nuova potenza universale49; ammira la moderna metropoli con le sue grandi proporzioni, il suo dinamismo, il suo slancio. Parigi lo inebria; egli lama pur cos viziosa, anzi forse per la mostruosit dei suoi vizi. Infatti, quando parla del grand chancre fumeux, tal sur les bords de la Seine [Gran cancro fumoso, che sadagia sulle rive della Senna], ogni parola tradisce il fascino che si cela dietro lespressione violenta. Il mito di Parigi nuova Babilonia, citt di luci notturne e di segreti paradisi, patria di Baudelaire e di Verlaine, di Constantin Guy e di Toulouse-Lautrec, il mito della Parigi pericolosa, seduttrice, irresistibile, ha la sua origine nelle Illusions perdues, nellHistoire des Treize e nel Pre Goriot. Balzac il primo scrittore entusiasta di una moderna metropoli, il primo che si compiaccia di fronte a un impianto industriale. Parlare di dlicieuses fabriques in mezzo al dolce paesaggio di una valle, non era ancor venuto in mente a nessuno50. Questammirazione per la nuova vita, creatrice pur nel suo impeto spietato, un compenso al pessimismo balzachiano, la sua forma di speranza, di fiducia nellavvenire. Egli sa che non pi possibile ritornare alla vita patriarcale e idillica della piccola citt e del villaggio; ma sa pure che questa non era affatto cos romantica e poetica, come di solito la si descrive, poich naturalezza non significava che ignoranza, malattia e povert (Le Mdecin de campagne, Le Cur de village). Il misticismo sociale dei romantici gli affat-

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to estraneo, nonostante le sue inclinazioni per il romanzesco51; e specialmente sulla purezza morale e linnocenza dei contadini egli non si fa illusioni. Giudica le qualit buone e cattive del popolo con la stessa obiettivit con cui analizza le virt e i vizi dellaristocrazia e il suo atteggiamento verso le masse altrettanto poco dogmatico, contraddittorio anzi, che quello, di odio e amore insieme, verso la borghesia. Balzac, senza volerlo e senza saperlo, uno scrittore rivoluzionario. Le sue vere simpatie lo portano verso i ribelli e i nichilisti. La maggior parte dei suoi contemporanei lo sentono politicamente infido; essi sanno che in fondo egli un anarchico, sempre solidale con i nemici della societ, con chi fuori rango, con gli spostati. Louis Veuillot osserva chegli difende trono e altare in un modo che potrebbe valergli tutta la riconoscenza dei loro nemici52. Alfred Nettement nella Gazette de France (febbraio 1836) scrive che Balzac vuole vendicarsi della societ per tutte le ingiustizie subite in giovent, e solo per questo esalta le nature antisociali. Nei suoi ricordi (ottobre 1833) Charles Weiss sottolinea che Balzac si dichiara legittimista, ma parla sempre come un liberale. Victor Hugo afferma che, volente o nolente, egli appartiene alla razza dei poeti rivoluzionari, e nelle sue opere si manifesta il cuore di uno schietto democratico. Zola infine rileva il contrasto tra gli elementi palesi e quelli latenti della sua visione e osserva, prevenendo linterpretazione marxista, che lingegno di un poeta pu benissimo contrastare con le sue opinioni. Ma il vero senso di questo antagonismo lo scopre e lo definisce Engels. Per primo egli studia in forma suscettibile di ulteriore sviluppo scientifico la contraddizione tra le vedute politiche e larte del poeta, formulando cos uno dei pi importanti princip euristici della sociologia artistica. Da allora in poi acquisito che arte progressista e politica conservatrice possono benissimo coesiste-

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re e che ogni onesto artista che descriva fedelmente e sinceramente la realt fa opera di per s illuminante e liberatrice. Un tale artista contribuisce involontariamente a distruggere quelle convenzioni e quegli schemi, quei tab e quei dogmi su cui poggia lideologia reazionaria, ostile al progresso. In una lettera divenuta celebre, dellanno 1888, a una certa miss Harkness, Engels scrive fra laltro: Il realismo di cui parlo pu manifestarsi perfino nonostante le opinioni dellautore... Balzac, che io ritengo un maestro del realismo di gran lunga superiore a tutti gli Zola passati, presenti e futuri, nella Comdie humaine ci d uneccellente storia realistica della societ francese, descrivendo quasi a mo di cronaca, quasi anno per anno, dal 1816 fino al 1848, la pressione sempre crescente della borghesia in ascesa contro la societ nobiliare che dopo il 1815 si ricostitu e, per quanto poteva, tenne alta la bandiera della vieille politesse franaise [antica cortesia francese]. Egli descrive come gli ultimi residui di questa societ per lui esemplare a poco a poco soccombano allassalto dei volgari arricchiti, o ne vengano corrotti... Certo, Balzac politicamente era un legittimista; la sua grande opera un continuo epicedio sullinevitabile decadenza della buona societ; tutte le sue simpatie vanno alla classe condannata. E tuttavia la satira non mai pi acuta, n lironia pi amara, di quando entrano in scena appunto gli uomini e le donne di quella classe pi profondamente cara allautore, la nobilt... Che Balzac sia cos costretto ad agire contro le proprie simpatie sociali, i propri pregiudizi politici, chegli veda ineluttabile il tramonto dei suoi diletti nobili e li descriva come gente che non merita destino migliore; e che egli veda i veri uomini del futuro soltanto l dove allora si potevano trovare questo io lo considero uno dei massimi trionfi del realismo e uno dei pi grandiosi tratti del vecchio Balzac53.

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Balzac un naturalista che si abbandona alla forza espansiva di una volont artistica, tutta tesa ad arricchire e differenziare il materiale dellesperienza. Ma si esiter a considerarlo veramente tale, se per naturalista sintende chi si adegua perfettamente ai dati della realt, e usa lo stesso criterio di verit in tutti i piani dellopera. Piuttosto si dovr constatare che la sua fantasia romantica e la sua inclinazione al melodramma finiscono sempre per avere la meglio e che spesso egli non solo sceglie i caratteri pi eccentrici e le situazioni pi inverosimili, ma addirittura costruisce i fondi delle sue storie in modo che non possibile immaginarseli concretamente, e solo i colori e i toni suggeriscono limpressione voluta. Definirlo senzaltro un naturalista pu solo condurre a delusioni. assurdo e vano paragonarlo, come psicologo o ricreatore di ambienti, ai maestri del pi tardo romanzo naturalistico, quali Flaubert o Maupassant. Le sue opere vanno godute come descrizioni della realt e insieme come sogni tra i pi audaci e sfrenati; pretendere che esse siano qualcosa di diverso da questo miscuglio indiscriminato di elementi, ne impedir sempre la comprensione. Larte di Balzac dominata da un appassionato desiderio di abbandonarsi alla vita, ma in complesso relativamente poco quel che essa deve allosservazione diretta; il pi invenzione, immaginazione, sentimento. Ogni opera darte, anche la pi naturalistica, unimmagine ideale e una versione leggendaria della realt. Anche nello stile meno convenzionale certi elementi, come, ad esempio, i colori chiari e le macchie senza contorni della pittura impressionistica o le figure incoerenti e inconsistenti del romanzo moderno, noi le accettiamo senzaltro, come veri e giusti. Ma in Balzac la descrizione della realt ancora pi arbitraria che nella maggior parte dei naturalisti. Egli suscita limpressione della vita soprattutto sottomettendo dispoticamente il

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lettore al suo capriccio, alla totalit microcosmica del suo mondo fittizio che esclude a priori la concorrenza della realt empirica. Le figure e gli scenari appaiono cos autentici, non perch i singoli tratti con cui sono disegnati corrispondano allesperienza reale, ma perch il loro disegno altrettanto sottile e circostanziato, che se fosse stato osservato e ritratto dal vero. Il senso di esser di fronte a una densa realt, ci viene dal fatto che i singoli elementi di quel microcosmo sono inscindibilmente connessi, e le figure appaiono inimmaginabili senza lambiente, i caratteri senza laspetto fisico, le persone senza gli oggetti circostanti. Le opere classiche sono isolate dal mondo esterno: chiuse nella loro sfera estetica stanno luna accanto allaltra, in una rigorosa solitudine. Qualsiasi tratto naturalistico, ogni evidente dipendenza da un modello rompe limmanenza di questa sfera, e ogni struttura ciclica che intervenga a collegare le diverse rappresentazioni artistiche annulla lautonomia dellopera singola. Per la maggior parte le opere medievali sono composizioni aggiuntive di questo tipo, che includono pi unit indipendenti; tali sono lepos cavalleresco e i romanzi davventura, con la loro vicenda interminabile e le figure in parte ricorrenti; tali i cicli della pittura medievale e gli innumeri episodi dei misteri. Balzac, con il suo sistema, con lidea della Comdie humaine come quadro unitario in cui includere i singoli romanzi, in pratica ritorna proprio a questo modo di composizione medievale, facendo sua una forma per cui non avevano senso e valore lautonomia e la cristallina perfezione dellopera classica. Ma come giunto Balzac a questa forma medievale? Come ha potuto questa tornare attuale a met dellOttocento? La concezione medievale era stata interamente eclissata dal classicismo rinascimentale, dallidea di unit e subordinazione. Finch il classicismo si era mantenuto in vigore, la composizione ciclica non aveva

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mai potuto affermarsi; ma il classicismo dur soltanto finch dur la convinzione di poter dominare la realt materiale. Larte classica decade quando nasce il senso della soggezione dellessere alle condizioni materiali. Anche in questo senso i romantici precorrono Balzac. Zola, Wagner e Proust segnano le tappe ulteriori di questo sviluppo e affermano sempre pi la tendenza allopera ciclica, enciclopedica, universale, in contrasto con il principio dellunit e della scelta. Lartista moderno vuol essere partecipe di una vita che appare inesauribile e non si lascia chiudere nella misura di unopera singola. Egli pu esprimere la grandezza solo ricorrendo allestensione, la forza solo rompendo ogni limite. Proust era evidentemente conscio delle sue connessioni con la forma ciclica di Wagner e di Balzac. Il musicista (Wagner), egli scrive, dovette provare la stessa ebbrezza di Balzac quando guard alle sue creazioni con locchio di un estraneo e insieme, di un padre... Egli allora osserv che sarebbero state assai pi belle, se unite in un ciclo da figure ricorrenti e aggiunse unaltra pennellata, lultima, sublime, allopera sua... ununit che era un complemento, ma non certo un artificio... ununit prima non riconosciuta, ma perci tanto pi vera e vitale...54. Dei duemila personaggi della Comdie humaine, oltre quattrocentosessanta ricorrono in pi romanzi. Henry de Marsay, per esempio, lo incontriamo in venticinque opere diverse e in Splendeurs et misres des courtisanes compaiono centocinquanta personaggi che anche altrove hanno una parte pi o meno importante55. La ricchezza delle figure trascende lopera singola e si ha sempre limpressione che Balzac non ci dica tutto quel che ne sa. Quando fu chiesto a Ibsen, perch alleroina di Casa di bambola avesse dato un nome esotico, rispose che era il nome di sua nonna che era italiana. La nonna vera-

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mente si chiamava Eleonora, ma da bimba la chiamavano col vezzeggiativo di Nora. Allobiezione che tutto ci non compariva affatto nel dramma, egli rispose stupito: Ma i fatti sono fatti. Thomas Mann ha pienamente ragione: Ibsen rientra nella stessa categoria a cui appartengono gli altri due grandi del teatro ottocentesco, Zola e Wagner56. Anche in lui lopera singola ha perduto la microcosmica compiutezza della forma classica. Aneddoti come quello di Ibsen riferito non si contano nei rapporti di Balzac con i suoi personaggi. Notissimo quello di Jules Sandeau, che mentre sta raccontandogli di sua sorella malata, viene da lui interrotto: Tutto bene, ma torniamo alla realt: che marito daremo a Eugnie Grandet? Altrettanto nota la domanda con cui aggredisce uno dei suoi amici: Lo sai chi sposer Flix de Vaudeville? Una Grandeville. proprio un buon partito. Ma il pi bello e caratteristico laneddoto di Hofmannsthal, che fa dire a Balzac in un dialogo immaginario: Il mio Vautrin la ritiene [la Venezia salvata di Otway] il pi bello di tutti i drammi. Io do molta importanza al giudizio di un uomo come lui57. Per Balzac lesistenza dei suoi personaggi anche fuori dellopera una realt cos evidente, che potrebbe sempre dire che cosa pensano, o dovrebbero pensare, Vautrin o de Marsay o Rastignac di un dramma o di un libro qualsiasi. E va tantoltre in questo, che gli avviene spesso di richiamarsi a personaggi della Comdie humaine anche quando non compaiono affatto in quel determinato romanzo, e di citare i titoli di certe parti dellopera complessiva come fonti dinformazione oggettive. Si sa quanto volentieri Paul Bourget sfogliasse il Rpertoire della Comdie humaine, il Chi ? dei personaggi di Balzac58. Ancor oggi questa passione serve a riconoscere un vero balzacien ed , in ogni caso, il segno di una effettiva comprensione della natura di questopera inscindibile dalla vita reale, solo in parte

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concepita e solo in parte valida sul piano estetico. Balzac rappresenta nella storia dellarte un momento fuggevole, che sta fra lepoca esclusivamente artistica della poesia classica e romantica e la successiva fase dellestetismo di Flaubert e di Baudelaire: la breve ora di unarte completamente immersa nei problemi del presente. NellOttocento non c scrittore pi lontano di lui da lart pour lart e dal purismo artistico. Non possibile gustare senza disagio e a pieno le opere di Balzac, se fin da principio non ci si rende conto chesse sono un miscuglio mal dosato, in parte grezzo, che ben poco ha a vedere con i princip classicistici del nulla di pi e nulla di meno e della riduzione ad un unico piano dei dati dellesperienza. Lopera darte dun sol getto sempre una finzione; anche le creazioni pi complete sono piene di elementi caotici e disparati. Ma i romanzi di Balzac sono davvero lesempio tipico dellopera riuscita a dispetto di ogni norma estetica. Giudicandoli coi criteri delle opere classiche, sar facile riscontrarvi le pi grossolane offese alle leggi dellarte, anche a quelle pi liberali. Sotto la loro diretta impressione, quando non si ancora spenta nellanimo nostro la furia suicida dei personaggi, la tempesta delle scene, la voce crudele dei delusi e dei ribelli, saremo obbligati ad ammettere che in queste opere quasi tutto quel che si pu analizzare razionalmente sbagliato. Dovremo concedere che Balzac non sa comporre n sviluppare nitidamente lazione, che i suoi caratteri sono spesso confusi ed eterogenei come gli ambienti e gli sfondi, che il suo naturalismo non soltanto incompleto, ma anche scorretto, e talvolta la sua psicologia , non solo inverosimile, ma anche goffa e sommaria. E soprattutto non ci si potr dissimulare che a tutte queste insufficienze si aggiungono difetti di gusto da far rizzare i capelli; che al nostro autore manca ogni senso critico, e ogni mezzo buono per lui pur di sorprendere e sog-

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giogare; che pi nulla gli rimane della cultura settecentesca, del suo riserbo, della sua eleganza, della sua amabile scorrevolezza; che il suo gusto degno del pubblico dei peggiori romanzi dappendice; che per lui nulla mai eccessivo, esagerato, stravagante; chegli incapace di esprimere quanto gli sta a cuore senza enfasi e senza superlativi; che sempre pronto a vantarsi, a sballarle grosse e a raccontare fandonie; che un disgustoso ciarlatano appena vuol darsi laria di studioso e di filosofo e, come pensatore, tanto pi grande quanto meno sa desser tale, quando pensa e ragiona secondo il suo spontaneo sentire, gli immediati interessi della sua vita e la sua posizione storica. Specialmente sgradevoli sono i suoi difetti di gusto in fatto di stile: labbondanza confusa del suo discorso, la pesante solennit, le metafore studiate e pompose, lentusiasmo sempre acceso, la commozione che vuol essere sempre sublime. Nemmeno i dialoghi sono impeccabili; anche qui ci sono punti morti e toni falsi,, come le stecche di un cantante. noto come Taine cerca di spiegare e giustificare le singolarit stilistiche di Balzac. Ammesso che in letteratura ci sono vari linguaggi ugualmente legittimi, fa notare che lautore della Comdie humaine non si rivolge pi al pubblico dei salotti del Sei e del Settecento, ad un pubblico cio sensibile alle pi lievi allusioni e non solo ai colori sfacciati e ai toni acuti, ma a gente su cui ha presa solo ci che strano, sensazionale, eccessivo, in altre parole i lettori del romanzo dappendice59. Ecco, senza dubbio, un ottimo esempio di critica sociologica; infatti, sebbene molti autori della generazione di Balzac abbiano saputo evitare i suoi errori stilistici, pochi sono stati cos intimamente uniti al loro tempo. Ma invece di scusare le pecche di Balzac non si dovrebbe piuttosto cercar di capire quellimmediata contiguit di grandioso e di scadente che c in lui? E la spiegazione sociologica non

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dovrebbe anzitutto dimostrare che le caratteristiche del suo stile sono legate alla sua stessa origine plebea e che egli lespressione intellettuale della nuova borghesia, relativamente incolta, ma straordinariamente viva e capace? stato ripetutamente osservato che nelle sue opere Balzac fa un quadro della generazione successiva pi che della propria, e che i suoi nouveaux riches e parvenus, i suoi speculatori e avventurieri, gli artisti e le cocottes sono tipici del Secondo Impero pi che della monarchia di luglio. Di fatto, pare che la vita abbia imitato larte. Balzac di quegli scrittori profeti, che sono in ultima analisi pi visionari che osservatori. Profeta, visionario: sono veramente parole dettate dallimbarazzo e pi che altro servono a dissimulare la nostra perplessit di fronte a unarte, di cui ogni insufficienza par che accresca il magico effetto. Ma che altro dire davanti a unopera come il Chef-duvre inconnu che unisce la pi profonda intuizione della vita e del presente a unincredibile ingenuit? Vi si narra di Frenhofer, il pi grande allievo di Mabuse, lunico a cui il maestro ha trasmesso larte dinfondere vita alle figure dipinte. Da dieci anni egli lavora a unopera unimmagine femminile sforzandosi di giungere al pi alto fine di ogni arte, al segreto di Pigmalione. Ogni giorno egli si sente pi vicino alla meta, eppure rimane sempre qualcosa dinvincibile, insolubile, irraggiungibile. Crede che sia colpa della realt, del fatto che non ha ancora trovato il modello adatto. Un giorno Poussin, nel suo entusiasmo per larte, gli conduce la sua amica, che si dice abbia il corpo pi perfetto che mai sia stato dipinto. Frenhofer affascinato dalla bellezza della donna, ma poi i suoi occhi si distolgono da quel corpo giovanile e tornano al quadro incompiuto e impossibile a compiersi. La realt non lo trattiene pi, egli ha ucciso in s la vita. Ma il quadro, lopera della sua vita, che egli, pi geloso che Poussin della

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sua donna, finora non ha voluto svelare a occhi estranei, il quadro non che un incomprensibile groviglio di linee sinuose e di macchie sovrapposte, accumulate nel corso di tanti anni, sotto cui non si distinguono che le forme di una gamba perfetta. Balzac ha preveduto il destino dellarte dellultimo secolo e lha rappresentato da artista in modo insuperabile. Egli ha individuato le conseguenze dellestraniarsi dalla vita e dal pubblico e meglio dei pi colti e intelligenti fra i suoi contemporanei ha compreso la minaccia dellestetismo e del nichilismo, il pericolo di autodistruzione che doveva divenire una paurosa realt al tempo del Secondo Impero.

henri guillemin, Le Jocelyn de Lamartine, 1936, p. 59. Per quel che segue, cfr. jean-paul sartre, Quest-ce que la littrature?, in Les Temps Modernes, ii, 1947, pp. 971 sgg. Anche in Situations , II, 1948. 3 Ibid., p. 976. 4 Ibid., p. 981. 5 s. charlty, La Monarchie de Juillet, in e. lavisse, Histoire de la France contemporaine, V, 1921, pp. 178-79. 6 w. sombart, Der moderne Kapitalismus, III, i, pp. 35-38, 82, 657-61. 7 id., Der Bourgeois, 1913, p. 220. 8 Cfr. louis blanc, Histoire de dix ans, III, 1843, pp. 90-92. w. sombart, Die deutsche Volkswirtschaft des 19. Jahrhunderts, 7a ed., 1927, pp. 399 sgg. 9 emil lederer, Zum sozialpsychologischen Habitus der Gegenwart, in Archiv fr Sozialwissenschaft und Sozialpolitik, vol. XLVI, 1918, pp. 122 sgg. 10 paul louis, Histoire du socialisme en France de la Rvolution nos jours, 1936, 3a ed., pp. 64, 97. - j. lucas-dubreton, La Restauration et la Monarchie de Juillet, 1937, pp. 160-61. 11 p. louis, Histoire du socialisme en France ecc. cit., pp. 160-7. 12 friedrich engels, Die Entwicklung des Sozialismus von der Utopie zur Wissenschaft, 4a ed., 1891, p. 24. 13 robert michels, Psychologie der antikapitalistischen Massenbewegungen, in Grundri der Sozialkonomie, IX, 1, 1926, pp. 244-246, 270. 14 w. sombart, Die deutsche Volkswirtschaft cit. p. 471.
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Arnold Hauser - Storia sociale dellarte sainte-beuve, De la littrature industrielle, in Revue des Deux Mondes, 1839. Anche in Portraits contemporains, 1847. 16 jules champfleury, Souvenirs et portraits, 1872, p. 77. 17 eugne gilbert, Le Roman en France pendant le 19e sicle, 1909, p. 209. 18 nora atkinson, Eugne Sue et le roman-feuilleton, 1929, p. 211. alfred nettement, tudes critiques sur le feuilleton-roman, 1845, I, p. 16. 19 Cfr. maurice bardche, Stendhal romancier, 1947. 20 andr le breton, Le Roman franais au 19e sicle, I, 1901, pp. 67, 73. - m. bardche, Balzac romancier, 1947, pp. 2-8, 12-13. 21 c.-m. des granges, La Presse littraire sous la Restauration, 1907, p. 22. 22 h. j. hunt, Le Socialisme et le romantisme en France, 1935, pp. 195, 340. 23 Ibid., pp. 203-4. - albert cassagne, La Thorie de lart pour lart en France, 1906, pp. 61-71. 24 Cfr. edmond estve, Byron et le romantisme franais, 1907, p. 228. 25 Cfr. pierre moreau, Le Classicisme des romantiques, 1932, pp. 242 sgg. 26 Articolo di charles rmusat del 12 marzo 1825, citato da a. cassagne, La Thorie ecc. cit., p. 37. 27 Ibid. 28 jos ortega y gasset, La Deshumanizacin del Arte, 1925, p. 19. 29 h. j. hunt, Le socialisme ecc. cit., pp. 157-58. 30 Ibid., p. 174. 31 g. lukcs, Goethe und seine Zeit, 1947, pp. 39-40 [trad. it., Goethe e il suo tempo, Milano 1949]. 32 m. bardche, Balzac romancier cit., pp. 3, 7. 33 Citato da jules marsan, Stendhal, 1932, p. 141. 34 m. bardche, Stendhal romancier cit., p. 424. 3 5 a. thibaudet, Stendhal, 1931. - henri martineau, Luvre de Stendhal, 1945, p. 198. 36 Cfr. jean mlia, Stendhal et Taine, in La Nouvelle Revue, 1910, p. 392. 37 pierre martino, Stendhal, 1934, 302. 38 h. martineau, Luvre de Stendhal cit., p. 470. 39 . faguet, Politiques et moralistes, III, 1900, p. 8. 40 m.bardche, Stendhal romancier cit., p. 47. 41 sainte-beuve, Port-Royal, 1888, 5a, ed., VI, pp. 266-67. 42 mile zola, Les Romanciers naturalistes, 1881, 2a ed., p. 124. 43 Cfr. paul bourget, Essais de psychologie contemporaine, 1885, p. 282. 44 andr le breton, Balzac, 1905, pp. 70-73.
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Arnold Hauser - Storia sociale dellarte m. bardche, Balzac romancier cit., p. 285. bernard guyon, La Pense politique et sociale de Balzac, 1947, p. 432. 47 v. grib, Balzac, Critics Group Series, n. 5, 1937, p. 716. 48 marie bor, Balzac contre Balzac, 1933, p. 38. 49 e. buttke, Balzac als Dichter des moaernen Kapitalismus, 1932, p. 28. 50 balzac, Correspondance, 1876, I, p. 433. 51 ernest seillire, Balzac et la morale romantique, 1922, p. 61. 52 andr bellessort, Balzac et son uvre, 1924, p. 175. 53 karl marx - friedirich engels, ber Kunst und Literatur, a cura di I. K. Luppol, 1937, pp. 53-54. - Anche in International Literature, luglio 1933, n. 3, p. 114. 54 m. proust, La Prisonnire, I [trad. it., La prigioniera, Torino 1950]. 55 e. preston, Recherches sur la technique de Balzac, 1926, pp. 5, 222. 56 t. mann, Die Forderung des Tages, 1910, pp. 273 sgg. 57 hugo von hofmannsthal, Unterhaltungen ber literarische Gegenstnde, 1904, p. 40. 58 a. cerfberr - j. christophe, Rpertoire de la Comdie humaine, 1887. 59 taine, Nouveaux essais de critique et dhistoire, 1865, pagine 104-13.
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Capitolo secondo Il Secondo Impero

I romantici erano pienamente consapevoli della perdita di prestigio subita dallo scrittore dopo la Rivoluzione e contro il pubblico ostile cercavano un rifugio nellindividualismo. Il loro senso disolamento si esprimeva in un umore aspramente battagliero, ma essi non pensavano certo che fosse vana la loro lotta contro la societ. Gli scrittori della generazione del 1830 furono i primi a dimettere lo spirito combattivo dei loro predecessori e a trovarsi a proprio agio nellisolamento; la loro protesta si limit ad accentuare la loro differenza dal pubblico, che essi servivano. Gli scrittori della generazione successiva andarono tantoltre con il loro orgoglio, da rinunziare anche a quelle manifestazioni coprendosi sotto il velo di una ostentata impersonalit e insensibilit. Ma si trattava di un ritegno ben diverso dallobiettivit del Sei e del Settecento. Gli scrittori classici volevano distrarre o istruire il lettore, oppure discutere con lui determinati problemi della vita. Invece, dallet romantica in poi, la letteratura non era pi stata conversazione e discussione fra pubblico e autore, ma una confessione e unautoesaltazione di questultimo. Naturale quindi, che quando Flaubert e i Parnassiani cercano di celare i loro sentimenti personali, non si tratta di un semplice ritorno allo spirito della letteratura preromantica, ma della forma pi altezzosa e arrogante dellindividualismo, quello che sdegna persino di comunicare.

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Il 1848 e le sue conseguenze hanno completamente straniato i veri artisti dal pubblico. Anche questa volta, come nel 1789 e nel 1830, la Rivoluzione era seguita a un periodo di fervore intellettuale fecondissimo e, come le rivoluzioni precedenti, si era conclusa con la sconfitta della democrazia e della libert intellettuale. La vittoria della reazione provoc un appiattimento senza esempio del pensiero e un completo imbarbarimento del gusto. La congiura dellalta borghesia contro la rivoluzione, la denunzia della lotta di classe come un tradimento verso la nazione, che divise in due campi avversi una societ per sua natura pacifica1, la soppressione della libert di stampa, la creazione della nuova burocrazia come il pi forte sostegno del regime, linsediarsi dello stato poliziesco come giudice supremo in ogni questione di morale e di gusto, provocarono nella cultura della Francia una scissione senza precedenti. Si determin cos fra gli intellettuali quel contrasto tuttora aperto fra conformismo e ribellione, e quellopposizione allo stato che ha trasformato una parte degli intellettuali in un elemento di disgregazione. Il socialismo fu sacrificato senza resistenza allordine ristabilito. Nel primo decennio dopo il colpo di stato non si verifica in Francia nessun movimento operaio degno di nota. Il proletariato esausto, intimidito, confuso, le sue associazioni sono sciolte, i suoi capi imprigionati, espulsi o ridotti al silenzio2. Le elezioni del 1863, rinforzando notevolmente lopposizione, sono il primo sintomo di un cambiamento. Gli operai tornano ad associarsi, gli scioperi si moltiplicano e Napoleone III costretto a nuove concessioni. Il socialismo non avrebbe certo raggiunto cos presto il suo scopo, se non avesse trovato un aiuto involontario nellalta borghesia liberale, che nel cesarismo di Napoleone vedeva un pericolo per la propria potenza. Lo sviluppo politico dopo il 1860, il declino del governo autoritario e la decadenza

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dellImpero si spiegano con questo intimo dissidio del regime3. Il potere di Napoleone III si appoggiava al capitale finanziario e alla grande industria; lesercito, prezioso nella lotta contro il proletariato, era tanto pi inutile contro lalta borghesia, in quanto poteva sussistere solo grazie ad essa. Il Secondo Impero inconcepibile senza londata di prosperit con cui venne a coincidere. Esso trov appoggio e giustificazione nella ricchezza dei suoi cittadini, nelle nuove invenzioni tecniche, nella costruzione di ferrovie e di canali, nellinfittirsi e accelerarsi degli scambi, nella diffusione e nella crescente flessibilit del credito. Durante la monarchia di luglio era ancora la politica che pi attraeva i giovani dingegno; ora le forze migliori le assorbe leconomia. La Francia diventa capitalistica, non solo nei rapporti latenti, ma anche nelle forme palesi della sua cultura. Il capitalismo e lindustrialismo non escono, vero, dai binari ben noti, ma solo ora si sviluppano in tutta la loro ampiezza, e la vita quotidiana degli uomini, le abitazioni, i trasporti, la tecnica dellilluminazione, il nutrimento e il vestire subiscono dal 1850 in poi mutamenti pi radicali di quanti ne abbiano subiti nei secoli dallinizio della civilt urbana. Incomparabilmente pi grande e pi che mai diffuso, il bisogno di lusso e anzitutto lamore dei piaceri. Il borghese diventa sicuro di s, pretenzioso, arrogante e crede di poter coprire con un lusso esteriore la modestia delle sue origini e il carattere promiscuo della nuova societ mondana, in cui assumono unimportanza fin qui inaudita demi-monde, attrici e stranieri. La disgregazione dellantico regime entra nello stadio finale e, scomparsi gli ultimi rappresentanti della buona societ di un tempo, la cultura francese attraversa una crisi pi sensibile che ai giorni della sua prima scossa. Nellarte, soprattutto nellarchitettura e nella decorazione degli interni, il cattivo gusto predomina come mai

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prima. Per la classe ricca, abbastanza importante per voler brillare, ma non abbastanza antica per saper evitare lostentazione, nulla troppo prezioso e carico. Si usano senza discernimento materiali genuini e falsi, si riprendono e si contaminano gli stili. Rinascimento e Barocco non sono che mezzi, come il marmo e lonice, il velluto e la seta, gli specchi e i cristalli. Si imitano palazzi di Roma e castelli della Loira, atri pompeiani e sale barocche, le ebanisterie Luigi XV e gli arazzi Luigi XVI. Parigi acquista un nuovo splendore, un nuovo aspetto di metropoli. Ma la sua grandezza tutta apparente, il pretenzioso materiale spesso non che un surrogato: il marmo stucco, la pietra intonaco. Le pompose facciate sono posticce, la ricca decorazione inorganica e non strutturale. Larchitettura assume un aspetto instabile, degno della classe di parvenus che la dirige. Parigi ridiventa la capitale dellEuropa, ma non , come una volta, il centro dellarte e della cultura, bens la metropoli dei piaceri, la citt dellopera, delloperetta, dei balli, dei boulevards, dei ristoranti, dei magazzini, delle esposizioni universali, dei piaceri belle pronti e a buon mercato. Il Secondo Impero il classico tempo delleclettismo: un tempo senza stile proprio nellarchitettura e nellartigianato e senza unit stilistica nella pittura. Sorgono nuovi teatri, alberghi, case daffitto, caserme, magazzini, mercati, intere vie che sirradiano da piazze circolari; Parigi quasi riedificata da Haussmann, ma tutto ci, se si prescinde dal nuovo criterio degli ampi spazi e dalla tecnica della costruzione in ferro che ora comincia a diffondersi, non ha alcuna originalit architettonica. Naturalmente anche in altri tempi si era avuta una compresenza di stili diversi, rivali; ed anche lantitesi tra uno stile storicamente valido, ma non accetto ai ceti dominanti, e uno meno importante, affatto sterile nel processo evolutivo, ma caro al pubblico, non era un feno-

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meno nuovo. Tuttavia mai era accaduto che le tendenze veramente significative dellarte avessero cos scarsa eco presso i contemporanei. In questo caso noi sentiamo che la storia dellarte e della letteratura, in quanto tratta delle manifestazioni esteticamente valide e storicamente significative, meno che per ogni altra epoca risulta aderente alla reale vita artistica del tempo; in altre parole, che la storia delle tendenze progressive, significanti per il futuro e quella delle tendenze che hanno avuto una voga o un influsso momentaneo vertono su due serie di fatti completamente distinti. Un Octave Feuillet o un Paul Baudry, a cui si dedicano dieci righe nei nostri manuali, apparivano al pubblico del loro tempo incomparabilmente pi importanti di Flaubert o Courbet, a cui noi dedichiamo tante pagine. La vita artistica del Secondo Impero dominata da una produzione facile e piacevole, destinata a una borghesia che si fatta indolente e intellettualmente pigra. La grassa borghesia, a cui dobbiamo quella pretenziosa architettura che si rif ai modelli pi grandiosi, ma per lo pi vacua e disorganica, e riempie le sue case degli oggetti pi costosi, ma spesso perfettamente superflui, scoperta falsificazione dei modelli storici, favorisce una pittura che si riduce a una gradevole decorazione murale, una letteratura di frivolo divertimento, una musica leggera e lusinghevole e un teatro che celebra i suoi trionfi con gli espedienti della pice bien faite. Prevale un gusto incerto, cattivo, facilone, mentre larte vera diviene esclusivo possesso di una cerchia dintenditori, che non pi in grado di offrire alcun compenso adeguato al lavoro dellartista. Il naturalismo, che in germe contiene tutta levoluzione successiva, e pu rivendicare le opere darte pi significative del secolo, una corrente di opposizione, cio lo stile di una piccola minoranza, sia fra gli artisti che fra il pubblico. il bersaglio dellaccademia, del-

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luniversit e della critica, insomma di tutti i circoli ufficiali e autorevoli. E lostilit si acuisce via via che si precisano i fini e i presupposti del movimento, e dal cosiddetto realismo si sviluppa il naturalismo. Ma distinguere cos le due fasi, che in realt non hanno limiti netti, si rivela praticamente affatto inutile, se non addirittura ingannevole. In ogni caso pi opportuno comprendere col solo nome di naturalismo lintero fenomeno, riservando il concetto di realismo alla filosofia che si contrappone allidealismo romantico. Se per naturalismo si intende lo stile artistico e per realismo la concezione filosofica la cosa rimane chiara, mentre volendo distinguere naturalismo e realismo in arte non si fa che complicare le cose e porsi un problema fittizio. Inoltre il concetto di realismo applicato allarte verrebbe a sottolineare troppo lopposizione al romanticismo, facendo dimenticare che si tratta di una diretta continuazione degli intenti dellarte romantica e che in sostanza il naturalismo piuttosto una lotta incessante con lo spirito romantico che una vittoria su di esso. Il naturalismo un romanticismo con nuove convenzioni, con nuovi, e pi o meno arbitrari, postulati di verosimiglianza. La maggior differenza tra romanticismo e naturalismo sta nellindirizzo scientifico della nuova tendenza, che applica i criteri delle scienze esatte alla rappresentazione artistica della realt. Il predominio dellarte naturalistica nella seconda met dellOttocento non che un sintomo del trionfo di una generale concezione scientifica e della mentalit razionalistico-tecnicistica sullo spirito idealistico e tradizionale. Si pu dire che il naturalismo derivi tutti i suoi criteri di verosimiglianza dallindagine scientifica. Il suo concetto della verit psicologica si fonda sul principio di causalit, quello del corretto sviluppo di un intreccio sulleliminazione del caso e del miracolo; la sua descrizione dellambiente, sullidea che ogni fenomeno naturale

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rientra in una serie infinita di condizioni e moventi; la sua valorizzazione del particolare caratteristico, sul metodo dellosservazione scientifica, che non trascura alcuna circostanza, per quanto irrilevante; la sua rinunzia alla composizione troppo perfetta, sul carattere necessariamente non conclusivo dellindagine scientifica. Ma la fonte principale della dottrina naturalistica lesperienza politica della generazione del 1848: linsuccesso della rivoluzione, la repressione di giugno e il colpo di stato di Luigi Napoleone. Il disinganno dei democratici, il brusco e generale cader delle illusioni, si esprimono benissimo nella visione obiettiva, spassionata, strettamente aderente allesperienza, delle scienze naturali. Fallito ogni ideale, caduta ogni utopia, ci si attiene ai fatti, e nulla pi. Lorigine politica del naturalismo ne spiega anzitutto gli aspetti antiromantici e morali: il rifiuto di sfuggire alla realt e lesigenza di unassoluta onest nel descrivere i fatti; lo sforzo dessere impersonali e impassibili per garantire lobiettivit e la solidariet sociale; lattivismo che vuol mutare la realt, non solo conoscerla e descriverla; lo spirito di modernit, che si attiene al presente come alla sola cosa che importi; infine il carattere popolare nella scelta dei soggetti e del pubblico. La frase di Champfleury4, Le public du livre vingt sous, cest le vrai public [Il vero pubblico quello dei libri da venti soldi], mostra in quale senso la rivoluzione del 1848 abbia agito sulla letteratura e quanto il nuovo concetto di popolarit sia diverso da quello dei vecchi scrittori dappendice. Questi scrivevano per le masse, perch volevano scrivere per tutti; i naturalisti invece, Champfleury e la sua cerchia, vogliono scrivere anzitutto per le masse. Comunque, si distinguono nella letteratura naturalistica due correnti: il naturalismo degli scrittori che vengono dalla bohme Champfleury, Duranty e Murger e quello dei possidenti, di Flaubert e dei Goncourt5. Son due campi oppo-

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sti: la bohme odia ogni tradizione, mentre a Flaubert e ai suoi amici riesce sospetto ogni scrittore che ambisca al favore popolare. Il naturalismo comincia come movimento del proletariato artistico; il suo primo maestro Courbet, uomo del popolo e artista affatto insensibile alla rispettabilit borghese. Sciolta lantica bohme, mentre i suoi membri diventano i beniamini del pubblico borghese romanticizzante, si forma intorno a Courbet un nuovo circolo, un altro cnacle della bohme. Il pittore degli Spaccapietre deve la sua posizione di guida alle sue qualit di uomo, piuttosto che di artista; anzitutto alla sua origine, al fatto chegli descrive la vita del popolo e con larte sua si volge al popolo, o almeno al pi vasto pubblico, vive la vita precaria e libera dellartista proletario, disprezza il borghese e i suoi ideali, un convinto democratico e un rivoluzionario, un perseguitato e un reietto. La teoria naturalistica sorge appunto a difesa della sua arte contro la critica tradizionalista. Quando viene esposto il Funerale di Ornans (1850) Champfleury dichiara: Dora in poi i critici debbono decidersi pro o contro il realismo. Cos la gran parola detta6. Sostanzialmente in questarte n la teoria n la pratica sono nuove, anche se la vita quotidiana forse non ha mai avuto una rappresentazione cos brutale; quel che nuovo la tendenza politica, il messaggio sociale, la vita del popolo ritratta senza degnazione, senza alcun tono di superiorit, satirico o bozzettistico. Ma per quanto sia nuovo questo atteggiamento sociale, per quanto si parli, nellambiente di Courbet, del fine umanitario e del compito politico dellarte, la bohme e rimane erede dellestetismo romantico. Spesso essa attribuisce allarte unimportanza che non le fu concessa nemmeno dalle pi esaltate teorie romantiche, e fa un profeta di un pittore confusionario e chiacchierone, un avvenimento storico Dellesposizione di un quadro invendibile.

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Ma la passione che anima Courbet e i suoi seguaci fondamentalmente politica; in loro lorgoglio nasce dalla persuasione di essere i campioni della verit e gli araldi del futuro. Champfleury afferma che il realismo non che larte della democrazia e i Goncourt definiscono senzaltro la bohme come il socialismo nella letteratura. Agli occhi di Proudhon e di Courbet realismo e rivolta politica sono manifestazioni diverse di uno stesso atteggiamento, n essi vedono unessenziale differenza tra verit sociale e verit artistica. In una lettera del 1851 Courbet dichiara: Io non sono soltanto un socialista, ma un democratico e un repubblicano, insomma un partigiano della rivoluzione e anzitutto un realista, cio il sincero amico della verit vera7. E Zola non fa che sviluppare lidea di Courbet, quando afferma8: La Rpublique sera naturaliste ou elle ne sera pas [La repubblica sar naturalista o non sar]. Quindi il rifiuto del naturalismo non , nelle classi dirigenti, che istinto di autoconservazione; si sente giustamente che ogni arte che osi ritrarre la vita senza pregiudizi n remore, di per s un fatto rivoluzionario. Questo pericolo avvertito dai conservatori anche pi nettamente che dallopposizione9. Gustave Planche nella Revue des Deux Mondes dice esplicitamente che lopposizione al naturalismo una professione di fede nellordine costituito e, rifiutandolo, si rifiuta a un tempo il materialismo e la democrazia10. La critica conservatrice degli anni fra il 50 e il 60 adduce contro il naturalismo tutti i noti argomenti e cerca di dissimulare sotto il manto dellestetica i pregiudizi sociali e politici che determinano il suo atteggiamento. Il naturalismo, dicono, non ha ideali n morale superiore, sguazza nel brutto e nel volgare, nel morboso e nellosceno, unindiscriminata, servile imitazione del vero. Ma quel che li turba non evidentemente il grado, ma loggetto dellimitazione. Sanno fin

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troppo bene che Courbet, distruggendo la kalokagatha classico-romantica ed eliminando il vecchio ideale di bellezza mantenutosi quasi intatto, pur fra rivoluzioni e mutamenti sociali, fin verso il 1850, propugna unumanit nuova e un nuovo ordine di vita. Sentono che la deformit dei suoi contadini e dei suoi operai, la volgare corpulenza delle sue borghesi una protesta contro la societ esistente e che il dispregio dellidealismo e il grufolare nel fango sono le armi rivoluzionarie della pittura naturalista. Millet celebra con la sua pittura lapoteosi del lavoro manuale, e dei contadini fa gli eroi di una nuova epopea. Daumier descrive il borghese conservatore, ostinato e ottuso, ne deride la politica, la giustizia, i piaceri, e svela tutta la spettrale commedia che si cela dietro il suo decoro. evidente che la scelta dei temi qui determinata da motivi politici pi che artistici. Persino il quadro di paesaggio diventa una dimostrazione contro la cultura della societ dominante. Il paesaggio moderno nasce veramente come antitesi alla vita della citt industriale; ma quello romantico rappresentava ancora un mondo autonomo, il quadro di una vita irreale, ideale, senza alcun diretto rapporto con quella quotidiana. Era un mondo cos diverso dalla scena della realt contemporanea, che lo si concepiva come antitesi ad essa, difficilmente come protesta. Invece il paysage intime della pittura moderna ritrae un ambiente che per la sua intimit e quiete, , s, affatto diverso dalla citt, ma pur cos vicino ad essa per il suo carattere semplice, antiromantico, quotidiano, da indurre spontaneamente al confronto. Le vette montane e gli specchi marini dei romantici, e anche i boschi e i cieli di Constable, avevano in s qualcosa di favoloso, di mitico; invece i pittori di Barbizon ci mostrano radure e bordi di foreste cos naturali e familiari, cos accessibili al nostro piacere, che a un abitante della citt moderna debbono

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sempre apparire come un ammonimento e un rimprovero. La scelta di questi motivi comuni, non poetici rivela lo stesso spirito democratico che affiora nei tipi di Courbet, Millet e Daumier; con la sola differenza che i paesisti sembrano dire: la natura bella sempre e dappertutto, per avvedersene non occorrono motivi ideali; mentre i pittori di figura vogliono provare che luomo brutto e miserabile, loppresso come loppressore. Ma il paesaggio dei naturalisti, pur cos schietto e semplice, diventa presto convenzionale comera stato quello dei romantici. Questi dipingevano la poesia del boschetto sacro, i naturalisti la prosa della vita campagnola: la radura con le bestie al pascolo, il fiume con la chiatta, il campo con la bica di fieno. Anche qui, come sovente nella storia dellarte, il progresso sta pi nel rinnovarsi, che nello scomparire dei motivi tradizionali. I mutamenti pi radicali derivano dal principio della pittura allaria aperta, che del resto non viene messo in pratica subito e quasi mai coerentemente e si limita per lo pi a dar limpressione che il quadro sia dipinto allaria aperta. Anche lidea di questa tecnica ha alla sua base, oltre i palesi elementi scientifici, un fondo eticopolitico, quasi a significare: Fuori, allaria libera, alla luce della verit! Il carattere sociale della nuova arte si esprime anche in una pi marcata tendenza dei pittori a raggrupparsi, a fondare colonie di artisti, a condurre vita in comune. La scuola di Fontainebleau che non una scuola n una conventicola, ma un gruppo fluido, dove i membri seguono ciascuno la propria via e sono uniti solo dalla seriet degli intenti, rappresenta gi lo spirito collettivo dei tempi nuovi. E le successive confraternite e colonie di artisti, i comuni tentativi di riforma e i gruppi davanguardia dellOttocento esprimono sempre la stessa tendenza alla coalizione e alla cooperazione. La coscienza della propria funzione storica, la percezione del senso

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e delle necessit dellora, intuizioni del romanticismo, guidano ormai la mente degli artisti. La frase di Courbet, faire de lart vivant [Far dellarte viva] e il motto attribuito a Daumier, Il faut tre de son temps [Bisogna essere del proprio tempo] dicono una cosa sola: il desiderio di rompere lisolamento romantico e riscattare lartista dal suo individualismo. Anche il fatto che la litografia assurga ora a espressione darte un sintomo di questa tendenza sociale. Essa non corrisponde soltanto a quella democratizzazione del godimento artistico che in letteratura si attuata col romanzo dappendice, ma segna il trionfo dello spirito popolare e del giornalismo a un livello incomparabilmente pi alto. Il giornalismo pittorico di Daumier anche uno dei vertici dellarte del tempo, mentre il romanzo dappendice di Balzac segna uno scadimento dellautore e non giunge ad elevare il livello generale. I naturalisti rappresentavano veramente il loro tempo, o almeno, se non tutto, la parte maggiore e pi importante del pubblico contemporaneo? La maggioranza di coloro che ordinavano, compravano o giudicavano pubblicamente i quadri, che dirigevano le accademie e decidevano sulle opere da esporre, no certamente. Le idee artistiche di costoro erano in genere piuttosto liberali, ma la loro tolleranza cessava di fronte al naturalismo. Essi amavano e favorivano laccademico idealismo di Ingres e della sua scuola, la romantica pittura aneddotica di Decamps e di Meissonier, gli eleganti ritratti di Winterhalter e di Dubufe, i quadroni pseudobarocchi di Couture e di Boulanger, le decorazioni mitologico-allegoriche di Bouguereau e di Baudry11, cio la forma grande, fastosa, ma vuota, in tutte le sue variazioni. Invece per le opere dei naturalisti non cera posto in quelle case piene di mobili e di drappeggi, n negli arcaizzanti saloni di rappresentanza. Larte moderna fu bandita e cominci a

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perdere ogni funzione pratica. La stessa distanza che si nota tra la pittura naturalistica e lelegante decorazione murale si riscontra anche tra poesia e letteratura amena, tra musica seria e musica leggera. Al pari della pittura progressista, erano prive di uneffettiva funzione anche la letteratura e la musica non destinate al puro divertimento. Finora anche le opere letterarie pi valide e pi serie, come i romanzi di Prvost, Voltaire, Rousseau e Balzac, avevano trovato un pubblico relativamente vasto, anche se spesso indifferente alla qualit artistica. Ma ora la letteratura cessa di essere a un tempo arte e divertimento, e di soddisfare con le stesse opere le esigenze di ceti di diversa cultura. Le opere pi valide non sono pi considerate lettura amena e perdono ogni attrattiva per il lettore comune, a meno che non lo attirino per qualche particolare motivo e ottengano un successo di scandalo, come ad esempio Madame Bovary di Flaubert. Unadeguata considerazione queste opere la trovano solo in un gruppo esiguo di letterati e dintellettuali, e anche questa pu chiamarsi arte di atelier, come tutta la pittura progressista: una letteratura destinata a specialisti, artisti ed esperti. Lo straniarsi degli artisti dal presente e la loro rinunzia a ogni comunione col pubblico va tantoltre, chessi non solo accettano linsuccesso come cosa naturale, ma considerano il successo come segno di scarso valore artistico, e scorgono proprio nellincomprensione dei contemporanei una promessa dimmortalit. Il romanticismo ancora conservava in s un elemento popolare capace di parlare a ceti piuttosto vasti; il naturalismo invece, almeno nelle opere pi notevoli, non ha nulla che sappia attrarre il gran pubblico. Con la morte di Balzac termina let romantica; , vero che larte di Victor Hugo ancora nel suo pieno sviluppo, ma come grande movimento letterario il romanticismo ormai concluso. Il ripudio dellideale romantico da

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parte dei pi eminenti scrittori segna anche la completa rottura con i gruppi autorevoli del pubblico e della critica. La partie de rsistance [La parte dei resistenti], che in letteratura corrisponde al partito dellordine, pi favorevole al romanticismo di quanto lo sia al naturalismo, che pur ne la diretta conseguenza storica. La critica conservatrice combatte lo spirito della rivolta in ogni forma, romantica o naturalistica, e antepone la ragionevolezza a ogni specie di spontaneit; esige per dalla poesia lespressione di puri sentimenti e considera la profondit come il criterio dellarte vera. Ma questestetica del sentimento non che una nuova forma, sebbene non sempre chiarissima, dellantica kalokagatha; essa si fonda sulla presunta identit di spontaneit sentimentale e validit morale nella vita psichica e postula una mistica corrispondenza fra il bene e il bello. Leffetto morale dellarte il suo pi importante assioma e lartista educatore il suo pi alto ideale. Latteggiamento della ricca borghesia a proposito de lart pour lart si nuovamente modificato. Dopo una prima ripulsa, e un successivo consenso, ora si dichiara definitivamente ostile allarte pura, moralmente indifferente. Fiaccata la ribellione dellartista, non c pi nulla da temere, se anche egli simmischia di questioni pratiche; lart pour lart pu esser buttata a mare, e si pu tornare a riconoscere allartista la funzione di guida spirituale. La minaccia ora viene dal naturalismo; ma poich i suoi esponenti propugnano, se non lart pour lart, una trattazione spregiudicata e senza riguardi delle questioni morali, cio un amoralismo artistico, la condanna de lart pour lart coinvolge anche loro. Il governo include anche larte e gli artisti nel suo programma di educazione e di correzione. I caporedattori e i critici delle grandi riviste e dei giornali, i Buloz, i Bertin, Gustave Planche, Charles Rmusat, Arnaud de Pont-Martin, mile

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Montgut sono le maggiori autorit del regime; i suoi pi illustri poeti sono Jules Sandeau, Octave Feuillet, tmile Augier e Dumas figlio; universit e accademie sono le sue scuole e i suoi laboratori per questa igiene spirituale; il procuratore generale e il prefetto di polizia, i custodi dei suoi princip morali. Gli esponenti del naturalismo hanno da lottare contro lostilit della critica fin verso il 1860, contro luniversit per tutta la vita. Laccademia rimane chiusa per loro, n possono mai contare su aiuti dello stato. Flaubert e i fratelli Goncourt vengono denunziati per offese alla morale, a Baudelaire viene inflitta una forte multa. Il processo contro Flaubert e il successo strepitoso di Madame Bovary (1857) decidono la battaglia in favore del naturalismo. Il pubblico si appassiona e presto anche la critica cede le armi; solo i pi cocciuti e miopi reazionari restano allopposizione. Questa volta sono i lettori a imporre il nuovo gusto ai critici, anche se linteresse del pubblico non ha cause puramente artistiche. Sainte-Beuve, sensibilissimo alle oscillazioni delle tendenze intellettuali, ritorna al suo liberalismo di giovent. Egli si associa al gruppo di Taine, Renan, Berthelot e Flaubert, critica il governo e proclama il trionfo del naturalismo. Questa sua conversione, che nello stesso tempo politica e artistica, acutamente sintomatica per la situazione intellettuale; essa prova che il naturalismo, pur diviso nei due campi della bohme e dei rentiers, ha le sue radici nel liberalismo. Neppure di Flaubert, conservatore in politica, si pu affermare che rappresenti una posizione reazionaria, antisociale e antiliberale. La sua opposizione al sistema politico del Secondo Impero e allopportunismo della borghesia, come si esprime soprattutto nellEducation sentimentale, certo rispecchia il suo pensiero meglio della diffamazione della democrazia, che fa nelle sue lettere spesso troppo impulsive e contraddittorie. La critica sociale avversa al regime

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un tratto comune a tutta la letteratura naturalistica, e Flaubert, Maupassant, Zola, Baudelaire e i Goncourt, pur diversamente orientati in politica, sono perfettamente concordi nel loro non-conformismo12. Il trionfo del realismo si ripete e i suoi esponenti contribuiscono tutti a minare le basi della societ esistente. Nelle sue lettere, Flaubert deplora pi volte la soppressione della libert e lodio contro le tradizioni della grande rivoluzione13. Egli un aperto avversario del suffragio universale e dellegemonia delle masse incolte14, ma non certo un alleato della borghesia dominante. Le sue opinioni politiche sono spesso ingenue e confuse, ma esprimono sempre un onesto intento razionalistico e realistico e un atteggiamento alieno da ogni utopia, sia pur quella dei benefattori del popolo e dei fanatici del progresso. Del socialismo gli repugnano non tanto gli aspetti materialistici, quanto quelli irrazionali15. Per timore dogni dogmatismo, dogni fede cieca, dogni sorta di vincoli, egli respinge ogni attivismo politico e combatte contro tutto ci che possa distoglierlo dalla sua cerchia strettamente privata16. Per timore dilludersi, diventa un nichilista. Ma si sente legittimo crede della Rivoluzione e dellilluminismo e imputa la decadenza dello spirito alla fatale vittoria di Rousseau su Voltaire17. Flaubert si aggrappa al razionalismo come allultimo resto del Settecento antiromantico, e basta pensare alla patologica angoscia del nostro tempo per capire il senso del suo ammonimento di fronte alle tendenze irrazionali e suicide del romanticismo di origine rousseauiana. Di quale colpa dovrebbero rispondere gli uomini?, scrive a una malata di nervi, che si tormenta con fissazioni religiose e rimorsi18. Pare un grido dallarme, un ultimo tentativo di mantenersi in equilibrio in un mondo minacciato da ogni parte. La lotta di Flaubert con lo spirito del romanticismo, il suo continuo oscillare di fronte ad esso, che gli d sempre il senso di essere un tradi-

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tore, non che una manovra per conservare tale equilibrio. Tutta la sua vita e la sua opera oscillano tra due poli, tra le inclinazioni romantiche e lautodisciplina, la nostalgia della morte e la volont di restar vivo e sano. Egli, che un provinciale, vicino al romanticismo, ormai un po fuori moda, pi dei suoi coetanei parigini19, e ancora passati i ventanni vive nel mondo fittizio e nella surriscaldata atmosfera spirituale di una giovent strappata alle sue radici e fuor del suo tempo. Pi tardi egli ricorda spesso in quale paurosa condizione, minacciato dalla follia e dal suicidio, si trovasse allora con i suoi amici20 e come riuscisse a salvarsi soltanto con uno sforzo inaudito di volont e unautodisciplina ferrea e spietata. Fino alla crisi, subita a ventidue anni, egli un uomo tormentato da visioni, depressioni, da una furia selvaggia di sentimenti; un malato che va incontro alla catastrofe per la sua eccitabilit e sensibilit. La sua vita tutta dedita allarte, il carattere regolare e intransigente del suo lavoro, il rigore inumano che assume in lui lindirizzo de lart pour lart, il tono impersonale del suo stile, insomma tutta la sua teoria e la sua prassi di artista non sono che uno sforzo disperato per salvarsi dalla rovina certa. Lestetismo assume in lui, sul piano psicologico, la stessa funzione che aveva avuto per i romantici su un piano sociologico: la funzione di fuga dalla realt ormai insopportabile. Flaubert si libera dal romanticismo; e arriva a superarlo rappresentandolo poeticamente, trasformandosi da amante soggiogato, in analista e critico del movimento. Egli contrappone alla realt della vita quotidiana il mondo dei sogni romantici e diventa naturalista per rivelarne il carattere falso e malsano. Ma non si stanca mai di dire quanto odii la volgarit quotidiana e gli spiaccia il naturalismo di Madame Bovary e de LEducation sentimentale, e quanto gli sembri puerile tutta la dottrina. E tuttavia egli il primo vero scrittore naturali-

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sta, il primo a dare nelle sue opere un quadro della realt rispondente alle teorie del naturalismo. SainteBeuve riconosce con sguardo sicuro le conseguenze della svolta che Madame Bovary rappresenta nella storia della letteratura francese: Flaubert adopera la penna come altri il bisturi, scrive nella sua recensione, e caratterizza il nuovo stile come il trionfo di un anatomico e di un fisiologo nellarte21. Dalle opere di Flaubert, Zola deriva tutta la sua teoria del naturalismo e considera lautore di Madame Bovary e de LEducation sentimentale come il padre del romanzo moderno22. Flaubert, soprattutto di fronte alle esagerazioni e agli effetti violenti di Balzac, rappresenta la totale rinunzia allazione melodrammatica, avventurosa, e anche soltanto appassionante; descrive con amore la vita quotidiana monotona, uguale, piatta; evita ogni estremo nel dar forma ai personaggi, astenendosi dallaccentuare in loro il bene o il male; rinunzia ad ogni tesi, ad ogni morale, ad ogni tendenza, insomma ad ogni indiretto intervento negli avvenimenti e ad ogni diretta interpretazione dei fatti. Questa sua impersonalit e imparzialit non derivano per esclusivamente dai princip del naturalismo, n rispondono solo allesigenza estetica che loggetto dellopera darte agisca come realt immediata e non perch raccomandato dallautore; la sua non soltanto una reazione agli eccessi di Balzac e un ritorno al concetto dellopera come un microcosmo in s conchiuso, un sistema in cui lautore, come Dio nelluniverso, devessere sempre presente e mai visibile23. N si tratta soltanto della convinzione, da allora cos spesso ripresa e riaffermata dai Goncourt, da Maupassant, Gide, Valry e altri che dei pi bei sentimenti si fanno i versi peggiori, e la partecipazione personale, la schietta commozione, il sussulto dei nervi e le lacrime agli occhi non fanno che pregiudicare lacutezza dello sguardo; no, limpassibilit di Flaubert non solo un principio tec-

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nico, ma piuttosto contiene unidea nuova, una nuova morale per lartista. Il suo Nous sommes faits pour le dire et non pour lavoir [Siamo fatti per dirlo, non per averlo] la formulazione estrema e intransigente di quella rinunzia alla vita da cui nato il romanticismo come visione artistica e filosofica; ma, dato il suo intimo dissidio, nello stesso tempo il pi netto rifiuto del romanticismo. Infatti, quando Flaubert proclama che la poesia non la schiuma del cuore egli vuol salvare la purezza del cuore come quella della poesia. Dal riconoscimento che la confusa, esaltata, romantica sensibilit della sua giovinezza era in procinto di distruggerlo come artista e come uomo, Flaubert deriv un nuovo metodo di vita e una nuova estetica. Ci sono bambini, scrive nel 1852, su cui la musica agisce sfavorevolmente; hanno gran disposizione, ricordano le melodie sentite una volta sola, il pianoforte li eccita, d loro il batticuore; si fanno magri e smunti, si ammalano e; quando sentono musica, i loro poveri nervi spasimano come quelli dei cani. Fra questi bimbi si cercheranno invano i Mozart del futuro. In loro il talento si stravolto, lidea passata nella carne, dov sterile, e per la carne esiziale...24. Flaubert non sospettava quanto romantiche fossero quella distinzione di idea e carne, e la sua rinunzia alla vita per amore dellarte; e non si accorse mai che la soluzione vera, antiromantica del suo problema, soltanto la vita poteva offrirla. La personale soluzione che egli ne tenta rientra tuttavia tra i grandi atteggiamenti simbolici dellumanit occidentale; essa rappresenta lultima incarnazione importante della concezione romantica, quella in cui il romanticismo viene negato provocando negli intellettuali borghesi la coscienza della loro incapacit a dominare la vita e fare dellarte uno strumento per la vita. Come ha sottolineato Brunetire, lautoavvilimento connaturato alla psicologia borghese25, ma occorre aggiungere che auto-

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critica e autonegazione diventano un fattore decisivo nella vita culturale soltanto dal tempo di Flaubert. I borghesi della monarchia di luglio credevano ancora in se stessi e nella missione della loro arte. La critica flaubertiana del romanticismo, lorrore dellesibizionismo romantico, della prostituzione delle proprie esperienze personali e dei pi intimi sentimenti ricordano lantipatia di Voltaire per la cruda schiettezza di Rousseau. Ma Voltaire era ancora immune da romanticismo e, quando si opponeva a Rousseau, non aveva da combattere anche contro se stesso; il suo carattere borghese era chiaro e sicuro. Invece Flaubert pieno di contraddizioni e il suo rapporto contraddittorio con il romanticismo corrisponde a un rapporto analogo con la borghesia. stato spesso osservato che lodio contro il bourgeois la fonte della sua ispirazione e lorigine del suo naturalismo. Nella sua mania di persecuzione lo spirito borghese assurge a sostanza metafisica, una specie di cosa in s impenetrabile, inesauribile. Il borghese, egli scrive a un amico, per me qualcosa dindefinibile: parola in cui allidea dindeterminato si unisce quella dinfinito. La scoperta che i borghesi stessi sono diventati romantici, anzi, per cos dire, rappresentano lelemento romantico per eccellenza, e che nessun altro declama con tanta sensibilit e commozione i versi dei poeti romantici, e le Bovary sono le ultime rappresentanti dellideale romantico, ha contribuito molto ad allontanare Flaubert dal romanticismo. Ma borghese la sua indole pi profonda ed egli lo sa. Io rinunzio alla posizione del letterato, egli dichiara: ... sono soltanto un borghese che vive in campagna e si occupa di letteratura26. Sotto processo per il suo romanzo, egli, preparando la propria difesa, scrive al fratello: Si deve sapere al Ministero degli Interni che noi a Rouen siamo quel che si dice una famiglia e abbiamo profonde radici nel paese. Ma questo aspetto di

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Flaubert si esplica anzitutto nel suo modo di lavoro strettamente disciplinato, nellantipatia per il disordine della creazione geniale.. Egli cita le parole di Goethe sullesigenza quotidiana e si fa un dovere di esercitare il mestiere di scrittore come una professione metodica, indipendente dalla voglia, dallispirazione e dallumore. Ma la sua monomania, il suo sforzo per la forma perfetta, il suo estetismo concreto nascono da questa concezione borghese-artigiana dellattivit artistica. Com noto, lart pour lart risponde solo in parte al senso romantico della vita, avulsa dalla societ e dalla pratica; per certi aspetti esprime anzi unetica del lavoro schiettamente borghese e artigiana, tutta volta allesecuzione27. Lantipatia di Flaubert per il romanticismo strettamente connessa con la sua avversione allartista come tipo, con la sua ripugnanza per i sognatori e gli idealisti irresponsabili. Nellartista e nel romantico egli combatte la personificazione di un costume, che gli pare minacci tutta la sua esistenza morale. Egli odia il borghese, ma ancor pi il vagabondo. Egli sa che negli artisti c sempre un elemento distruttore, una forza disgregatrice e antisociale. Sa che lartista nella vita tende allanarchia e al caos e che il suo lavoro, gi per il movente irrazionale da cui nasce, cerca di sottrarsi ad ogni ordine e ad ogni disciplina, ad ogni perseveranza e stabilit. Quel che gi sentiva Goethe28, e di cui Thomas Mann far il problema centrale della sua psicologia dellartista cio linclinazione dellartista al patologico e al criminale, il suo esibizionismo spudorato, il suo istrionismo senza dignit, insomma tutta lesistenza di vagans cui obbligato deve aver profondamente turbato e oppresso Flaubert. Lascesi, chegli simpone, la diligenza artigianesca, quel monastico celarsi dietro lopera, debbono in definitiva testimoniare della sua seriet, della sua decenza e probit borghese, che non ha niente di comune con il panciotto rosso di Gautier. Il pro-

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letariato artistico ormai diventato un fatto sociale non trascurabile; la borghesia lo sente come un pericolo rivoluzionario e gli scrittori borghesi solidarizzano con lei contro questo pericolo, come pi tardi contro la Comune, che sveglia in loro tutti gli istinti borghesi repressi. Tuttavia una dottrina come lestetismo flaubertiano non una soluzione chiara, definitiva, ma una forza dialettica che, mutando direzione, mette in dubbio la sua stessa validit. Contro lirruenza romantica della sua giovent, Flaubert cerca quiete e riparo nellarte; ma in questa funzione essa prende proporzioni fantastiche e figura demoniaca. Non solo soppianta ogni altra cosa che possa appagare lanima e placarla, ma diventa il principio stesso della vita. Pare che solo essa abbia realt, costituisca un punto fermo nel flusso di ci che passa e dilegua, si corrompe e si dissolve. La dedizione della vita allarte assume qui un carattere mistico-religioso; non pi semplicemente servizio o sacrificio, ma un fissarsi, estatici, allunica realt, un dissolversi e un annullarsi nellidea. Lart, la seule chose vraie et bonne de la vie [Larte, la sola cosa vera e buona della vita] scrive Flaubert allinizio della sua carriera29; e alla fine30: Lhomme nest rien, luvre tout [Luomo non nulla, lopera tutto]. Il virtuosismo artigianesco, lesaltazione della maestria tecnica in contrasto con il dilettantismo romantico, in origine esprimeva il desiderio dinserirsi in un saldo ordine di vita sociale; lultimo estetismo di Flaubert invece un nichilismo antisociale e avverso alla vita, una fuga da tutto ci che connesso con la pratica e con luomo di carne e dossa. Vi si esprime lestremo disprezzo del mondo, lestrema ripulsa. La vita cos orribile, geme Flaubert, che la si pu sopportare soltanto fuggendola. E lo si fa vivendo nellarte31. Nous sommes faits pour le dire et non pour lavoir, un crudele messaggio, laccettazione di un destino infelice, inumano. Tu potrai descrivere il

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vino, lamore, le donne, la gloria soltanto se non sei bevitore, n amante, n sposo, n soldato, scrive Flaubert, e soggiunge che lartista qualcosa di mostruoso e innaturale. Il romantico era troppo intimamente legato alla vita, al desiderio di vita; egli era tutto sentimento e natura. Per Flaubert lartista non ha pi alcun diretto rapporto con la vita; non che un automa, unastrazione, qualcosa dinumano e contro natura. Nellopposizione al romanticismo larte ha perduto ogni carattere spontaneo, ormai divenuta un premio che lartista deve conquistare lottando con se stesso, con la sua origine romantica, le sue inclinazioni e i suoi impulsi. Per attivit artistica, finora sintendeva, se non proprio un abbandono intero al proprio talento, almeno un lasciarsene guidare; ora lopera ha sempre laria di un tour de force, di un prodotto dello sforzo, di una conquista nella lotta contro se stessi. Faguet osserva che lo stile epistolare di Flaubert ben diverso da quello dei romanzi e che il bello stile e la lingua corretta non gli riescono affatto agevoli e naturali32. Nulla illumina la distanza fra luomo e lartista pi nitidamente di questa constatazione. Pochi sono gli scrittori di cui si conosca cos bene il metodo di lavoro, ma non ce n sicuramente alcuno che abbia scritto le sue opere con tanto tormento e spasimo, contrastando cos aspramente ai propri istinti. Ma quella continua lotta con la lingua, la lotta per trovare la parola giusta, lunica giusta, non che il segno di uninvalicabile distanza tra il possedere la vita e il raccontarla. Non c parola, come non c forma, che sia lunica giusta; sono invenzioni di esteti, per i quali la funzione vitale dellarte del tutto perduta. Io preferisco crepare come un cane piuttosto che precipitare anche di un istante la mia frase, prima che sia matura; non parla cos uno scrittore che abbia con lopera sua uno spontaneo rapporto umano. Lo Shakespeare di Matthew Arnold sorriderebbe di questi scru-

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poli nellEliso. Il lamento sulla lotta quotidiana che stordisce il cuore, il cervello e i nervi, sulla vita da forzato in catene che costretto a fare, il motivo dominante delle lettere di Flaubert. Da tre giorni mi sbatto su tutti i mobili, perch mi venga in mente qualcosa, scrive nel 1853 a Louise Colet33. Non riesco pi a distinguere i giorni della settimana... faccio una vita da pazzo, assurda... il nulla puro, assoluto, scrive nel 1858 a Ernest Feydeau34. Lei non sa quel che vuol dire star l a sedere tutta una giornata, con il capo fra le mani per spremersi una parola dal povero cervello, scrive nel 1866 a George Sand35. Col suo orario regolare di sette ore al giorno egli scrive una pagina al giorno, poi venti pagine in un mese, poi due pagine in una settimana. una cosa pietosa. La rage des phrases ta dessch le cur [La smania delle frasi ti ha inaridito il cuore], gli dice la madre, e forse nessuno ha detto di lui cosa pi crudele e pi giusta. Il peggio che Flaubert, nonostante il suo estetismo, dubita anche dellarte. In fondo, forse non che un gioco di birilli, forse tutta ciarlataneria, osserva egli una volta36. La sua incertezza, il suo lavoro sforzato e tormentato, a cui manca del tutto la spensieratezza degli antichi scrittori, derivano dal fatto che egli sente lopera sua sempre in pericolo e non gli riesce di crederci veramente. Quel che faccio adesso, dichiara mentre lavora a Madame Bovary, pu facilmente diventare qualcosa alla Paul de Kock... In un libro come questo una riga fuor di posto pu allontanare dalla meta...37. E mentre scrive LEducation sentimentale: Quel che mi spinge alla disperazione il senso di far qualcosa dinutile, contrario allarte38. Diventa una formula fissa nelle sue lettere dire chegli si occupa di cose che non glimportano, e che non riesce mai a scrivere quel che realmente vorrebbe, n come vorrebbe39. La frase di Flaubert: Madame Bovary, cest moi doppiamente vera. Spesso dovette sembrargli che non

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solo il romanticismo dei primi anni, ma anche la reazione critica ad esso, la funzione di giudice che esercitava proprio nellatto stesso della sua creazione fosse un falsificare la vita. Proprio perch egli visse cos intensamente il problema di questa menzogna, la crisi dellautoinganno, la deformazione della propria personalit, Madame Bovary unopera darte cos vera e attuale. Con la problematica del romanticismo vennero in luce tutti i problemi delluomo moderno che fugge il presente, rifiuta il luogo che dovrebbe esser suo, cerca quel che lontano, perch teme la responsabilit di quel che prossimo e attuale. Lanalisi del romanticismo port a diagnosticare la malattia di tutto il secolo, a scoprire la nevrosi le cui vittime non hanno mai chiara coscienza del loro stato e, sempre desiderose di essere nei panni altrui, non si vedono come sono, ma come vorrebbero essere. In questo autoinganno e in questa falsificazione della vita, in questo bovarismo, come stata chiamata la sua filosofia40, Flaubert vede lessenza della soggettivit moderna, che deforma tutto quel che tocca. Il senso che noi possediamo la realt attraverso deformazioni, imprigionati nelle forme soggettive del nostro pensiero, trova in Madame Bovary la prima espressione artistica. Di qui una via diritta e quasi continua mena allillusionismo di Proust41. La trasformazione della realt attraverso la coscienza, a cui gi accennava Kant, assunse nel corso dellOttocento carattere di un inganno ora pi o meno cosciente, ora del tutto inconscio, e si tent di spiegarla e di smascherarla in teorie quali il materialismo storico e la psicanalisi. Con la sua interpretazione del romanticismo, Flaubert appartiene alla schiera dei grandi rivelatori e smascheratori del secolo, quindi agli iniziatori della moderna concezione introspettiva. I due maggiori romanzi flaubertiani, la storia della piccola provinciale che il suo romanticismo rende inetta alla vita, e quella del giovane borghese agiato, di

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media intelligenza, che disperde le sue forze intellettuali e le sue capacit, sono strettamente connessi. Frdric Moreau stato detto il figlio spirituale di Emma Bovary; ma entrambi sono frutto di quella stanca civilt42 in cui si muove la vita della borghesia arrivata al potere. Entrambi incarnano la stessa confusione sentimentale e rappresentano lo stesso tipo di falliti cos caratteristico per quella generazione di eredi. Zola vide nellEducation sentimentale il romanzo moderno per eccellenza; e infatti, come storia di una generazione, segna lacme di uno sviluppo che si era iniziato con il Rouge et noir e proseguito ne La comdie humaine. un romanzo storico, cio un romanzo dove protagonista il tempo, sia come lelemento che determina e anima i personaggi, sia come il principio che li consuma, li annienta, li inghiotte. Il romanticismo ha scoperto il tempo come realt creativa; la lotta antiromantica svela il tempo come forza corruttrice, che mina la vita e logora gli uomini. La constatazione di Flaubert, che nella vita non sono da temere le grandi sventure, ma le piccole43, che, in altre parole, non si cade abbattuti dai nostri maggiori e pi sconvolgenti disinganni, ma ci si consuma lentamente insieme con le nostre speranze e le nostre ambizioni, la realt pi triste. Questo graduale, impercettibile, inarrestabile languire, che mina silenziosamente la vita senza produrre neppure lo schianto delle grandi, imponenti catastrofi, lesperienza su cui simpernia LEducation sentimentale e, si pu dire, tutto il romanzo moderno; esperienza che, per il suo carattere non tragico, anzi neppur drammatico, pu esprimersi soltanto in forma narrativa. Legemonia del romanzo nella letteratura dellOttocento si spiega specialmente perch il senso dellirresistibile appiattimento e inaridimento della vita e lidea del tempo come forza distruttiva si sono impadroniti interamente degli animi. Il romanzo sviluppa i suoi princip dal concetto del tempo

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che rode e distrugge, come la tragedia li aveva tratti dallidea delleterno destino che annienta luomo dun colpo. E come in questa il fato possiede sovrumana grandezza e forza metafisica, cos, nel romanzo, enorme e quasi mitica la dimensione del tempo. NellEducation sentimentale Flaubert scopre e in questo consiste limportanza storica dellopera la costante presenza, nella nostra vita, del tempo che passa ed passato. Egli il primo a vedere che mutano col tempo il senso e il valore delle cose, che esse possono diventare per noi significative e importanti solo perch sono parte del nostro passato, e in questa funzione il loro valore affatto indipendente dal loro effettivo contenuto e dai loro rapporti obiettivi. Ma questa rivalutazione del passato e limplicito conforto che il tempo, che seppellisce noi e le rovine della nostra vita, lascia trasparire dappertutto germi e tracce del senso perduto44, non fa che esprimere un sentimento romantico: il presente, ogni presente, irrilevante e vuoto, e tale fu il passato, quandera presente. Questo il senso delle ultime pagine de LEducation sentimentale, che sono la chiave di tutto il romanzo e di tutta la concezione flaubertiana del tempo. Questo spiega perch lautore in queste pagine prenda a caso un episodio del passato del suo eroe e lo consideri quanto di meglio la vita potesse offrirgli. Lassoluta nullit di quellesperienza, affatto comune e vuota, significa che nella catena della vita per noi manca sempre un anello e che ogni particolare della nostra esistenza pieno della malinconia che deriva dalla sua assurdit obiettiva e dal senso puramente soggettivo che gli attribuiamo. Flaubert segna la massima depressione nella visione ottocentesca della vita. Lopera di Zola, pur con i suoi toni cupi, rappresenta gi una speranza, una svolta in senso ottimistico. E Maupassant, sebbene altrettanto amaro, tuttavia pi leggero e pi cinico di Flaubert; le

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sue novelle segnano gi, come concezione del mondo, il trapasso alla letteratura amena borghese, ad una concezione che, quanto a elementi ottimistici e pessimistici, non meno complicata e contraddittoria di quella dei ceti pi umili. Per giudicare rettamente, occorre in questo caso distinguere con chiarezza i sentimenti delle singole classi sociali di fronte al presente e al futuro. Le classi in ascesa, sebbene considerino il presente con gran pessimismo, hanno fiducia nellavvenire; le classi dominanti, invece, pur nella potenza e nello splendore attuale, sovente hanno il cuore stretto da un senso dimminente rovina. Nelle classi oppresse, ma fiduciose nella propria ascesa, il pessimismo del presente si unisce allottimismo del futuro; anche fra i ceti condannati al declino limmagine del futuro contrasta con quella del presente, ma con opposti auspici. Perci Zola, che si sente solidale con gli oppressi e gli sfruttati, giudica il presente con assoluto pessimismo, ma non gli manca la speranza nel futuro. Questo contrasto corrisponde anche alla sua visione scientifica. Comegli stesso dichiara, Zola un determinista, ma non un fatalista; in altre parole, egli perfettamente conscio che il comportamento degli uomini dipende dalle condizioni materiali della loro vita, ma non crede che queste siano immutabili. Egli accetta senza riserve la teoria di Taine sullimportanza dellambiente, anzi la esagera, ma considera particolare compito e meta perfettamente accessibile delle scienze sociali il mutamento, il miglioramento oggi diremmo la pianificazione dellambiente in cui vivono gli uomini45. Tutto il pensiero scientifico di Zola ha questimpronta utilitaristica ed permeato dallo spirito di riforma e di progresso civile dellilluminismo. Anche la sua psicologia mira a fini pratici; essa al servizio di unigiene spirituale e parte dalla teoria che anche sulle passioni si pu influire, appena se ne colga il meccanismo. In Zola giunge allestremo la visione scientifica propria

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dei naturalisti. Questi finora consideravano la scienza come ancella dellarte; ma Zola inverte il rapporto. Anche Flaubert crede che larte sia giunta a uno stadio scientifico, e non solo si sforza di descrivere la realt secondo la pi esatta osservazione, ma di questa accentua il carattere scientifico, anzi medico. Tuttavia non si attribuisce mai meriti diversi da quelli artistici, a differenza di Zola che invece vuol esser considerato uno studioso e accrescere il proprio valore di artista con la sua attendibilit scientifica. In questo si ha la stessa divinizzazione della scienza, lo stesso feticismo scientifico che in genere caratterizza il socialismo ed proprio di quei ceti che dal trionfo della scienza sperano la propria ascesa. Anche per Zola, come per tutta la concezione del socialismo scientifico, luomo un essere determinato nei suoi caratteri da leggi ereditarie e ambientali, ed egli va tantoltre nel suo entusiasmo per le scienze naturali, da definire il naturalismo nel romanzo semplicemente come lapplicazione del metodo sperimentale alla letteratura. Ma qui esperimento solo un parolone privo di senso, o tuttal pi equivalente a osservazione46. Nelle teorie letterarie di Zola c un po di ciarlataneria, eppure i suoi romanzi hanno un certo valore teoretico, perch, sebbene non contengano alcuna novit scientifica, sono opera di un notevole sociologo, come giustamente stato sottolineato. E, cosa importantissima per la storia dello stile, sono il risultato di un lavoro condotto con metodo scientifico, affatto nuovo nellarte. Di solito lartista esperimenta il mondo senza un piano n un sistema prestabilito; si direbbe chegli raccolga, passando, il suo materiale, dati ed elementi della vita che si porta via con s: germi da lasciar crescere e maturare, per trarre un giorno da quella provvista ignoti, insospettati tesori. Lo scienziato invece sceglie la via opposta. Parte da un problema, cio da un fatto di cui egli non sa nulla, o non sa precisamente quello che glim-

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porta. Per lui comincia, con limpostarsi stesso del problema, la raccolta e il vaglio del materiale, cio una pi intima conoscenza di quel settore della vita. Non lesperienza a portarlo al problema, ma questo allesperienza. Ecco appunto la via e il metodo di Zola: egli comincia un nuovo romanzo come quel tal professore un nuovo corso, documentandosi con cura su un soggetto che gli oscuro. E appunto quel che racconta Paul Alexis sulla preparazione di Nana, sulle esplorazioni di Zola nel mondo della prostituzione e del teatro, fa venire in mente quel professore. Lidea complessiva secondo cui Zola costruisce il suo ciclo romanzesco ha laria di un piano per qualche impresa scientifica. Secondo il programma, le singole opere costituiscono le parti di un grande sistema enciclopedico, di una summa della societ moderna. Io voglio spiegare come una famiglia, cio un piccolo gruppo di esseri, si comporta in una societ, scrive nella prefazione a La fortune des Rougon. E tale societ la Francia decadente e corrotta del Secondo Impero. Non ci pu essere per un artista programma pi obiettivo, preciso, scientifico. Ma Zola non sfugge al destino del suo secolo; nonostante il suo metodo, egli un romantico, e assai pi sfrenato degli altri contemporanei, meno radicalmente naturalisti. Anche il suo modo di razionalizzare e schematizzare la realt, unilaterale e non dialettico, ardito, acceso romanticismo. E i simboli a cui egli riduce la variet molteplice, contraddittoria della vita la citt, la macchina, lalcool, la prostituzione, il fondaco, il mercato, la borsa, il teatro, ecc. non sono che le visioni di un sistematico, non affrancato dal romanticismo, che al posto di singoli fenomeni concreti vede allegorie. A questa inclinazione si aggiunge il fascino che ogni cosa grande, gigantesca esercita su di lui. Egli un fanatico della massa, del numero, della rozza, compatta, inesauribile realt di fatto. Egli sinebria della mate-

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ria, della realt pullulante, dello spettacolo grandioso della vita. Non per nulla contemporaneo del grandopra e del barone Haussmann. In questepoca dellalta borghesia e del grande capitale, lo spirito pratico e antiromantico non si rivela nel naturalismo, bens nellidealistica letteratura amena dei ricchi borghesi. La produzione naturalistica, bench radicalmente materialista, anzi spesso appunto perch tale, offre un quadro della realt sfrenatamente fantastico. Invece il razionalismo e il pragmatismo borghesi tendono a unimmagine del mondo equilibrata, armonica, tranquilla. Per soggetti ideali la borghesia intende quelli che, servono a calmare, acquetare, sopire. Alla letteratura spetta il compito di riconciliare con la vita gli infelici e gli scontenti, velando ai loro occhi la realt e introducendoli illusoriamente in unesistenza da cui sono e rimangono esclusi. Si mira ad abbagliare, non gi illuminare. Al romanzo naturalista di Flaubert, di Zola, dei Goncourt, sempre sconvolgente, eccitante, llite sociale contrappone i romanzi della Revue des Deux Mondes, specie quelli di Octave Feuillet, dove la vita e le aspirazioni del gran mondo appaiono il pi alto ideale dellumanit civile; dove ancora ci sono veri eroi, forti, arditi e disinteressati cavalieri, figure ideali che gi appartengono allalta societ, o giovani, che questa pronta ad accogliere nel suo seno. Finora, nonostante le rivoluzioni e i mutamenti sociali, la vita dellaristocrazia veniva sempre descritta con una certa evidenza e immediatezza; bench sorpassata, essa conservava ancora certi caratteri naturali e spontanei. Ma nei romanzi dora la vita del gran mondo appare come fuori dogni rapporto con la vita reale, in una luce da salotto pallida, vaga, gradevolmente smorzata, che ricorda gli odierni film di Hollywood. Feuillet non distingue affatto tra eleganza e cultura, belle maniere e buone qualit; per lui buona educazione e nobilt danimo sono sinonimi e la

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fedelt verso le classi superiori gi prova di una certa finezza. Leroe del suo Roman dun jeune homme pauvre (1858) incarna la distinzione dei modi e dellanimo; bello e generoso, sportivo e intelligente, virtuoso e sensibile, e con la sua povert prova soltanto che lineguale distribuzione dei beni materiali non impedisce lattuarsi degli ideali aristocratici. Si tratta cio di un vero e proprio romanzo a tesi, analogo ai drammi di Augier e Dumas. Vi si proclamano e vi si esaltano i precetti della morale cristiana, del conservatorismo politico e del conformismo sociale; vi si combatte il pericolo della grande passione caotica, della selvaggia disperazione e della resistenza passiva. Lipocrisia borghese va insieme a uno straordinario abbassamento del livello culturale. Il Secondo Impero, se d luogo allarte di Flaubert e di Baudelaire, anche allorigine del cattivo gusto e del ciarpame moderno. Naturalmente neanche prima mancavano imbrattatele e poeti senza talento, opere rozze e abborracciate, idee annacquate e scadenti; ma lopera deteriore era tale manifestamente, volgare e priva di gusto, senza pretese e senza importanza: la sciocchezza ben lisciata, la robaccia eseguita con meccanica raffinatezza, non cerano, o almeno restavano prodotti secondari. Tutto questo invece ora diventa norma e la qualit regolarmente sostituita dalla vuota apparenza. Si mira a unarte che si possa godere con il minimo sforzo e il massimo piacere, eliminandone difficolt e complicazioni, ogni elemento problematico e tormentoso, insomma riducendola ai soli aspetti piacevoli e lusinghieri. Larte come svago, nella quale il pubblico consciamente e di proposito abbassa il proprio livello mentale, invenzione di quel tempo; essa domina in tutte le forme, ma specialmente in quella pi decisamente e schiettamente pubblica: il teatro. Nel romanzo e nella pittura, accanto alle tendenze care al gusto borghese, domina il naturalismo; nel tea-

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tro invece non c nulla che si opponga agli interessi e alle idee della borghesia. Per difendersi dalle correnti che gli appaiono pericolose, il governo non soltanto si affida alla maggioranza del pubblico, composta di benpensanti, ma le combatte con ogni sorta di prescrizioni e divieti. In quanto arte destinata a un gran pubblico, il teatro viene trattato pi severamente degli altri generi, proprio come oggi il film soggetto a restrizioni che non si estendono alla scena. Dalla met del secolo gli sforzi degli scrittori, in armonia con le intenzioni del governo, mirano a creare uno strumento di propaganda per lideologia borghese, per i suoi princip economici, sociali e morali. Lavidit di piacere delle classi dominanti, il loro debole per gli spettacoli, la loro gioia di vedere e di farsi vedere fanno del teatro la tipica arte del tempo. Nessuna societ ne fu cos amante, e mai una premire ebbe tanta importanza come per il pubblico di Augier, Dumas e Offenbach47. Questa passione riesce gradita a coloro che foggiano lopinione pubblica, che la incoraggiano e ne confermano le inclinazioni e il gusto. Il concetto del pubblico di un Sarcey, ad esempio, cio del pi autorevole critico teatrale del tempo, senza dubbio strettamente connesso con tale preoccupazione. La sua affermazione che la sostanza del teatro il pubblico e che nellesecuzione di un dramma si pu astrarre da ogni cosa fuor che dallo spettatore48, non rispecchia soltanto il generale sviluppo delle scienze sociali e laccentrarsi dellinteresse su fenomeni intellettuali collettivi. Per Sarcey il principio, che, il pubblico ha sempre ragione la norma di ogni critica ed egli vi si attiene, bench sappia benissimo che lantico pubblico colto scomparso da gran tempo, e dei vecchi habitus, ancora concordi in un vero criterio di gusto, resta solo un piccolo gruppo, stabile nella sua composizione, di spettatori regolari: il pubblico delle premires49. Per Sarcey il mutamento sociale, da cui uscito il pub-

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blico del grande teatro moderno, un processo relativamente nuovo che avviene nellambito della stessa borghesia. Il rapido aumento del pubblico in seguito allo sviluppo delle ferrovie che riversano a Parigi provinciali e stranieri, sostituendo al gruppo discretamente omogeneo degli habitus una platea promiscua e occasionale, un fenomeno su cui insistono, oltre che Sarcey, altri contemporanei, come la causa principale del mutamento di stile nel teatro50; si tratta per solo dello sviluppo pi recente, e non certo il pi importante, di un processo che risale alla Rivoluzione francese. In Francia, la svolta decisiva nel teatro moderno si compie con Scribe, che non solo il primo che sappia portare sulla scena lideologia della borghesia della Restaurazione, asservita al denaro, ma con la sua commedia dintreccio crea lo strumento pi adatto a favorire laffermazione di tale ideologia. Dumas e Augier rappresentano soltanto una forma pi evoluta del suo bon sens ed hanno per la borghesia del 1850 lo stesso significato che Scribe aveva avuto per la Restaurazione e la monarchia di luglio. Quello chessi proclamano lo stesso razionalismo piatto e utilitario, lo stesso ottimismo e materialismo superficiale; ma Scribe era pi onesto di loro e senza falsi pudori, senza sentimentalismi, parlava di denaro, di carriera, di matrimoni, di convenienza, mentressi parlano dideali, di doveri, di eterno amore. La borghesia che allepoca di Scribe era una classe in ascesa e ancora in lotta, ora ormai giunta alla meta e, gi minacciata dal basso, crede di dover ammantare didealismo le sue mire materialistiche, rivelando cos un timore, che non prova mai chi lotta ancora per il suo posto nella societ. Per unidealizzazione della borghesia non si poteva trovare piedistallo pi adatto dellistituzione del matrimonio e della famiglia. Si poteva rappresentarla in buona fede tra le forme sociali che esprimono i pi puri,

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altruistici e nobili sentimenti; e certamente, sciolti gli antichi vincoli feudali, era lunica istituzione che potesse assicurare stabilit e durata alla propriet. Comunque, lidea della famiglia come scudo della societ borghese, contro le pericolose intrusioni dallesterno e gli elementi disgregatori interni, divenne fondamento spirituale del dramma. E tanto pi si prestava, in quanto la si poteva collegare direttamente con il tema amoroso, cosa possibile con la nuova idea che veniva affermandosi dellamore, che perdeva cos molti dei suoi elementi romantici. Non doveva essere pi la grande passione selvaggia, n si doveva accettarlo od esaltarlo come tale. I romantici si erano sempre mostrati comprensivi e indulgenti verso lamore sfrenato, ribelle, irresistibile: la sua giustificazione stava nella sua stessa intensit. Per il dramma borghese invece il senso e la dignit dellamore sta nella sua durata, nel suo mantenersi nella quotidianit del matrimonio. Questo mutamento noi lo seguiamo di passo in passo dalla Marion Delorme di Victor Hugo alla Dame aux camlias e al Demi-Monde di Dumas. Gi nella Dame aux camlias lamore delleroe per la ragazza caduta inconciliabile con i princip morali di una famiglia borghese, ma lautore, almeno sentimentalmente, se pure non razionalmente, parteggia ancora per la vittima; nel Demi-Monde invece lautore ormai del tutto avverso alla donna di dubbia fama, che devessere allontanata dallorganismo sociale come un focolaio dinfezione. Essa infatti rappresenta per la famiglia borghese un pericolo ancora maggiore di una ragazza povera, ma onesta, che infine pu diventare una buona madre, una fedele compagna e una fida custode del patrimonio. Se dunque si sedotta una ragazza del genere, la si deve anche sposare, e non solo per riparare lerrore, ma anche per mettere ordine e come Zola riassume la morale di Augier nei Fourchambault per non finire con una bancarotta. Ma quando si messo al mondo un figlio illegittimo

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cosa riprovevole si deve legittimarlo, come Dumas sostiene nel Fils naturel e in Monsieur Alphonse, soprattutto per non accrescere il numero di quegli spostati che sono un pericolo costante per la societ borghese. Anche ladulterio viene giudicato semplicemente in quanto minaccia allistituto familiare. In certi casi lo si pu perdonare alluomo, non mai alla donna. Del resto, una donna di dubbia moralit difficilmente arriva a rompere il legame familiare (Francillon). In breve, permesso tutto quanto conciliabile con lidea della famiglia, vietato tutto quanto vi contraddice. Ecco le norme e gli ideali, propugnati in tono apologetico dai drammi di Augier e Dumas, e il loro successo sta a provare che gli autori leggevano nellanimo del pubblico. Lo scarso valore di quei drammi perch valgono poco davvero non si deve tuttavia al fatto chessi servono una tendenza e sono lavori a tesi tali erano anche le commedie di Aristofane e le tragedie di Corneille ma al fatto che la tesi imposta dallesterno e in nessun personaggio riesce veramente a incarnarsi. Il legame inorganico fra tesi e rappresentazione vi si rivela specialmente nella figura stereotipa del raisonneur. Il semplice fatto che si abbia una figura che non ha altra funzione se non di portavoce dellautore mostra che la teoria non esce dallastratto e che lideologia di fondo non riesce a fare tuttuno con la creazione artistica. In pratica, gli autori si fanno le loro idee, o piuttosto accettano quelle della classe dominante, sul costume e il malcostume del tempo, e in pi, indipendentemente da queste idee, hanno un certo talento per lo spettacolo, una certa capacit di suscitare interesse e tensione con i mezzi teatrali. Essi combinano questi dati e utilizzano il loro talento scenico per diffondere le opinioni e le teorie che vogliono divulgare. Ma lo fanno in modo tanto diretto e grossolano, che indirettamente contribuiscono a giustificare il principio de lart pour lart. Infatti nel-

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larte la propaganda specialmente fastidiosa quando non arriva a fondersi interamente con le forme concrete della rappresentazione e lidea da diffondere non coincide a pieno con la visione dellartista. A differenza del romanticismo, il Secondo Impero unepoca di razionalismo, di riflessione e di analisi51. Dovunque sono in primo piano i problemi tecnici e la comprensione critica domina in ogni genere artistico. Nel romanzo Flaubert, Zola e i fratelli Goncourt, nella lirica Baudelaire e i Parnassiani, nel dramma i maestri della pice bien faite sono gli esponenti di questo spirito critico. I problemi formali, che nelle altre forme letterarie in genere riescono appena a far da contrappeso alle tendenze sentimentali, dominano invece incondizionatamente il teatro. E non solo per le circostanze esteriori della rappresentazione, gli stretti limiti di spazio e di tempo, il carattere di massa del pubblico e la natura immediata delle sue reazioni, che il drammaturgo portato a preoccuparsi dei problemi di struttura e di economia artistica; gi in partenza il fine didattico e propagandistico gli impone una trattazione formalmente chiara, efficiente, diretta allo scopo. Autori e critici diventano sempre pi consapevoli che il teatro in s tuttaltro dalla letteratura, che la scena si regge secondo una logica e leggi proprie e nel dramma la poesia spesso addirittura contrasta con leffetto scenico. Quando Sarcey parla di prospettiva teatrale (optique de thtre) e distinto teatrale (gnie de thtre) o quando dice semplicemente: cest du thtre, si riferisce alle convenienze sceniche, astraendo da ogni considerazione letteraria, ad un uso energico dei mezzi teatrali, alla preoccupazione di conquistare e ad ogni costo il pubblico; si tratta insomma, di una posizione che trasforma la scena in tribuna. Gi Voltaire sapeva che in teatro era pi importante de frapper fort que de frapper juste, ma solo i tecnici e i teorici della pice bien faite arrivano a stabilire le

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regole di questo colpir forte e dar nel segno. La loro maggiore scoperta di aver riconosciuto che lefficacia scenica, anzi la semplice possibilit di condurre una rappresentazione, riposa su una serie di convenzioni, regole di gioco, tricheries (trucchi), come Sarcey le chiama, e che il tacito accordo fra autore e pubblico nel dramma ancora pi decisivo che negli altri generi. Fra le convenzioni teatrali c anzitutto la disposizione del pubblico a lasciarsi sorprendere dalle vicende, il suo conscio autoinganno, la sua docilit nel consentire al gioco senza opporre resistenza. Altrimenti, non solo ci annoieremmo assistendo due volte a un dramma che si regga su espedienti puramente teatrali, ma non potremmo prenderci gusto neppure la prima volta. Infatti in un lavoro di questo genere tutto deve sorprendere, bench tutto sia prevedibile. Qui le scnes faire (le scene principali) sono gli inevitabili chiarimenti a cui, come Sarcey fa notare, il pubblico sa benissimo che si deve arrivare e si arriver52 e il dnouement la soluzione attesa e desiderata dallo spettatore53. Cos il teatro diventa un gioco di societ che , s, eseguito con tutte le regole e labilit pi consumata, ma tuttavia ha in s qualcosa di ingenuo e di primitivo. Le difficolt non derivano tanto dalla variet del materiale, quanto dalla complicazione delle regole del gioco. Queste debbono anzitutto ricompensare gli spettatori pi esigenti del contenuto povero e trito. Il preciso funzionamento della macchina teatrale deve, insomma, dissimulare il suo girare a vuoto. Il pubblico, anche il migliore, vuole un divertimento leggero, senza sforzo; non devono esserci quindi oscurit, n problemi insolubili, n profondit insondabili. Per questo si accentua tanto il rigore della struttura, la logica delle connessioni. Il dramma deve svolgersi come unoperazione matematica; lintima necessit devessere sostituita da una necessit esteriore, come lillusoria argomentazione sostituisce lintima verit della tesi.

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Il dnouement la soluzione del problema. Se il risultato sbagliato, lo tutta loperazione, dice Dumas. Perci, egli pensa, si deve cominciare un lavoro dalla fine, dalla soluzione, dalla chiusa. Nulla meglio di questandatura da gambero illumina la differenza fra il calcolo ingegnoso, con cui si costruisce una pice bien faite e gli impulsi irrazionali da cui si lascia trascinare il poeta. Il drammaturgo fa un passo innanzi e due indietro; deve confrontare e accordare ogni idea, ogni motivo, ogni mossa nuova con i motivi e le mosse prestabilite. Scrivere drammi obbliga di continuo ad anticipare i fatti e rifarsi ai precedenti, a ordinare e riordinare, a procedere a tastoni, elevando a poco a poco ledificio, saggiandone di continuo la resistenza, consolidando e rincalzando i singoli piani. Un razionalismo di questo genere caratterizza pi o meno ogni prodotto artistico passabile e, in modo particolare, ogni opera drammatica rappresentabile le opere di Shakespeare nate effettivamente per il palcoscenico, come i lavori di Augier e Dumas ma lefficacia della pice bien faite sta semplicemente nella successione degli effetti e delle risorse, mentre in un dramma shakespeariano lefficacia risulta da infinite componenti, fuor dogni rapporto matematico. Si sa che Emerson amava leggere Shakespeare invertendo lordine delle scene, rinunziando deliberatamente alleffetto teatrale per concentrarsi tutto sulla sostanza poetica. Una vera pice bien faite letta in questo modo diventerebbe non solo intollerabile, ma anche incomprensibile, poich i singoli elementi non hanno valore in s, ma solo in relazione agli altri. Nel loro sviluppo, come in una partita a scacchi, tutto mira alla mossa finale; e come vi si possa giungere meccanicamente, lo mostra benissimo il metodo con cui Sardou ha fatto propria la tecnica di Scribe. Egli racconta che si limitava a leggere il primo atto dei lavori del maestro e tentava di dedurre il giusto seguito dalle premesse

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cos acquisite. Col tempo, grazie a questo puro esercizio logico, comegli stesso lo chiama, arriv a prevedere con approssimazione sempre maggiore la soluzione adottata da Scribe nel secondo e nel terzo atto dei suoi lavori; e nello stesso tempo giunse alla convinzione, condivisa dal Dumas, che tutta la vicenda risulti con una certa necessit dalla situazione iniziale. Per Dumas inventare una situazione drammatica ed escogitare un conflitto non era arte; piuttosto lo era preparare bene la scena madre e sciogliere agevolmente i nodi. La trama che al primo sguardo pare il dato pi spontaneo, indiscutibile e immediato del dramma, si rivela cos lingrediente pi artificiale e ottenuto pi laboriosamente. Essa non affatto pura materia prima o puro prodotto di fantasia, ma una serie di mosse strategiche che non lasciano campo allinvenzione spontanea, n al sovrano arbitrio del poeta. A seconda delle opinioni, si pu considerare larmatura di unopera ben costrutta come la scala per giungere a vertiginose altezze, o semplicemente come uno schema meccanico e professionale che non ha nulla in comune con larte e lumanit vera. Si pu entusiasticamente celebrare con Walter Pater lingegno dellartista che nel principio prevede la fine e mai la perde di vista, in ogni sua parte considera lopera intera e fino allultima frase, con immutato vigore, sviluppa e giustifica la prima; ma si pu anche, come Bernard Shaw, temere che la tirannia di una tal logica risulti fatale al drammaturgo, poich quasi impossibile per chi ne schiavo dare ai suoi drammi un ultimo atto tollerabile, tanto convenzionale il modo per cui dalle premesse discendono le conclusioni. Ma per credere che Shaw disprezzi e rifiuti davvero gli ingegnosi trucchi e artifici di questa tecnica, si dovrebbe dimenticare chegli lautore di lavori come Lalunno del diavolo e Candida che, osservati da presso, si rivelano vere e proprie pices bien fai-

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tes. Tuttavia non solo Shaw, ma anche Ibsen e Strindberg, e con loro tutto il dramma moderno che veramente si presti alla rappresentazione, discendono pi o meno direttamente da quel modello francese. Larte di costruire lintreccio e provocare la tensione, di stringere il nodo dellazione e differirne lo scioglimento, di preparare le svolte del dramma, pur non facendo mancare la sorpresa, le regole dellesatta distribuzione e tempestivit dei colpi di scena, la casistica delle grandi tirate e delle chiuse incisive di ogni atto, la sapienza nello scegliere il momento opportuno per far calare il sipario, e mantenere incerto fino allultimo istante lo scioglimento: tutto questo essi lo hanno imparato da Scribe, Dumas, Augier, Labiche e Sardou. Con ci non si vuol dire che la moderna tecnica teatrale sia creazione esclusiva di quei drammaturghi. Anzi, possibile risalire ben oltre il melodramma e il vaudeville del periodo postrivoluzionario, oltre il dramma borghese e la commedia settecentesca, oltre la commedia dellarte e Molire, fino addirittura alla commedia romana e alla farsa medievale. Resta tuttavia che il contributo dei maestri della pice bien faite a questa tradizione grandissimo. Il prodotto artistico pi originale e per molti aspetti il pi espressivo del Secondo Impero loperetta54. Neppur essa veramente unassoluta novit cosa impensabile, del resto, ad uno stadio cos avanzato della storia teatrale ma continua due generi pi antichi, lopera buffa e il vaudeville. In questepoca priva di grazia e di umorismo essa porta un riflesso dello spirito settecentesco, leggero, gaio, antiromantico. lunica forma giocosa di questi anni, danzante, agile e leggiadra. Fra il conformismo delle tendenze che si adattano al prosaico gusto borghese e lanticonformismo dei naturalisti, essa costituisce un mondo a s, un limbo. molto pi attraente del dramma borghese o del romanzo in voga, pi socialmente rappresentativa del naturalismo e, come tale,

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e il solo genere che dia luogo ad opere popolari, adatte al gran pubblico e non prive di valore artistico. Il carattere pi saliente delloperetta e il pi singolare dal punto di vista del naturalismo lassoluta inverosimiglianza, il carattere irreale, fantastico, fiabesco delle sue scene fuggevoli e vorticose. Essa per lOttocento quel che per i secoli precedenti era stato il dramma pastorale. Il suo contenuto artificioso, gli intrecci e gli scioglimenti convenzionali sono un gioco, privo ormai di ogni rapporto con la realt. Al tono falso dellinvenzione saccompagna il meccanismo marionettistico dei personaggi e lesecuzione apparentemente improvvisata. Gi Sarcey nota la somiglianza fra operetta e commedia dellarte55 e sottolinea limpressione dirrealt, di sogno, che gli viene dalle composizioni di Offenbach; ma con ci egli vuol dire soltanto che esse hanno di caratteristico una vena stranamente fantastica. Solo un moderno ammiratore di Offenbach, il viennese Karl Kraus, ha tentato di interpretare in un senso pi profondo questo loro carattere, sottolineando che nelloperetta di Offenbach la vita inverosimile e assurda, grottesca e inquietante com appunto in realt, se guardata da una certa distanza56. Naturalmente Sarcey era lontanissimo da una simile interpretazione, che forse sarebbe stata inconcepibile, prima che lespressionismo e il surrealismo facessero risaltare laspetto irreale e allucinante della vita. Soltanto un occhio affinato attraverso queste esperienze artistiche era in grado di constatare che loperetta non era unicamente unimmagine della frivola e cinica societ del Secondo Impero, ma anche unautoderisione; chessa esprimeva non soltanto la realt, ma anche lirrealt di quel mondo; che, insomma, era nata dallaspetto operettistico della vita stessa57, se si pu dir cos di un tempo come quello, tanto serio, posato e critico. I contadini allaratro, gli operai nelle fabbriche, i commercianti in ufficio, i pittori a Barbizon,

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Flaubert a Croisset, erano quel che erano; ma la classe dirigente, la corte alle Tuileries, il mondo dei banchieri crapuloni, degli aristocratici dissipati, dei giornalisti risaliti e delle raffinate cocottes aveva in s qualcosa dinverosimile, di spettrale e caduco: era un paese da operetta, un palcoscenico dove le quinte minacciavano di crollare ogni momento. Loperetta era il prodotto di un generale laissez faire, laissez aller, cio del liberalismo economico, sociale, morale: un mondo in cui ciascuno poteva far quel che voleva, fuor che discutere il sistema. Questa condizione significava ampia indulgenza e, daltro canto il pi stretto rigore. Lo stesso governo che citava in giudizio Flaubert e Baudelaire, tollerava in Offenbach la pi sfrontata satira sociale, la pi insolente canzonatura del regime autoritario, della corte, dellesercito, della burocrazia. Ma si sopportavano le beffe soltanto perch non erano o non parevano pericolose, perch le accoglieva un pubblico la cui fedelt era indubbia, e che bastava la valvola di sicurezza di quellinnocua canzonatura ad appagare. Solo a noi quello spasso appare spettrale; i contemporanei erano sordi alla vibrazione sinistra che noi cogliamo nel folle ritmo del galoppo e del cancan di Offenbach. Ma il divertimento non era del tutto innocuo, perch vi si cercava lebbrezza da cui si voleva esser trascinati. Loperetta corrompeva la gente, non perch dileggiasse ogni cosa rispettabile, non perch la derisione dellantichit, della tragedia classica, dellopera romantica celasse una sua critica sociale, ma perch scoteva la fiducia nelle autorit, senza negarne le basi. Limmoralismo delloperetta consisteva nella frivola tolleranza con cui essa esercitava la sua critica verso la corruzione del sistema politico e della societ contemporanea, nellapparenza innocente chessa dava alla futilit delle piccole prostitute, dei galanti scapestrati e degli amabili vecchi gaudenti. La sua critica fiacca ed

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esitante non faceva che incoraggiare la corruzione. Daltronde da artisti che godevano di uno straordinario successo, e che il successo amavano sopra ogni cosa, un successo legato al perdurare di quella societ indolente e avida di piaceri, non ci si poteva attendere che questo ambiguo atteggiamento. Offenbach era un ebreo tedesco, un esule, un musicista nomade, un artista doppiamente minacciato nella sua esistenza; nella capitale francese, in quel mondo corrotto e pur tanto seducente, egli doveva sentirsi doppiamente straniero, spostato, spettatore indifferente. Pi della maggior parte dei suoi colleghi egli doveva sentire la posizione problematica dellartista nella societ moderna, la contraddizione tra le sue ambizioni e il suo risentimento, il suo orgoglio di accattone che pur saffanna a conquistare il favore del pubblico. Non era un ribelle, e neppure un democratico, anzi ben volentieri accettava il governo della mano forte e con animo tranquillissimo godeva i vantaggi, che il sistema politico del Secondo Impero gli offriva; ma considerava tutto quellagitarsi intorno a lui con lo sguardo distaccato, acuto, freddo di un escluso e, senza volerlo, affrettava il declino della societ a cui doveva lesistenza. Loperetta significa in fondo lingresso del giornalismo nella musica. Dopo il romanzo, il dramma e larte grafica, ora anche il teatro musicale commenta i fatti del giorno. Ma qui il giornalismo non si limita alle strofette e alle battute comiche su fatti di attualit; tutto il genere come una rubrica permanente degli scandali mondani. Con ragione Heine stato chiamato il precursore di Offenbach. Lorigine, il temperamento, la posizione sociale dei due sono su per gi gli stessi; entrambi sono giornalisti nati, nature critiche e positive, che non vogliono vivere ai margini della societ, ma in essa, con essa, bench, certo, non sempre daccordo con i suoi fini e i suoi mezzi.

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Nella Parigi cosmopolita della monarchia di luglio e del Secondo Impero, Heine aveva le stesse probabilit di successo di Meyerbeer e di Offenbach; ma per esprimersi non disponeva di un linguaggio universale come i suoi pi fortunati compatrioti. La sua fama rimase limitata a una cerchia relativamente angusta, mentre Meyerbeer e Offenbach conquistarono Parigi e con essa tutto il mondo civile. Non solo essi crearono due fra i generi pi caratteristici dellarte francese, ma con pi fedelt e larghezza dei colleghi francesi seppero essere interpreti del gusto parigino del tempo. Anzi, Offenbach pu considerarsi come un vero e proprio compendio del suo tempo; lopera sua contiene molti di quelli che sono i suoi tratti pi peculiari e originali. Gi ai contemporanei parve cos rappresentativo, chessi lo identificarono con lo spirito di Parigi e videro nella sua arte il perpetuarsi della tradizione classica francese. In Offenbach tutto lOccidente sent la gioia e il rigoglio della vita58. La granduchessa di Gerolstein si rivel la pi grande e duratura attrattiva dellesposizione universale del 1867; i numerosi sovrani e principi in visita a Parigi furono entusiasti dello spettacolo e dellirresistibile Hortense Schneider nella parte della protagonista, non meno dei rous [gli smaliziati] della capitale e dei borghesucci di provincia. Lo zar di Russia, tre ore dopo il suo arrivo, era gi in un palco delle Varits; e Bismarck, bench apparentemente sapesse dominare meglio la sua impazienza, era estasiato quanto le teste coronate. Rossini chiamava Offenbach il Mozart dei Champs lyses e Wagner conferm quel giudizio, ma solo dopo la morte dellinvidiato rivale. Loperetta fior per tutto il periodo fra le due esposizioni universali del 1855 e del 1867. Dopo le traversie politiche sulla fine del sesto decennio le venne meno il pubblico adatto, un pubblico spensierato o che si cullava nellillusione di una spensierata sicurezza. I tempi

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migliori delloperetta finirono in una con il Secondo Impero; le generazioni successive lamarono, non pi come espressione viva, spontanea, immediata del presente, ma perch richiamava, come nessunaltra forma darte, i bei tempi andati. Grazie a questa associazione didee, loperetta sopravvisse ai rivolgimenti sullo scorcio del secolo, e in una citt intellettualmente cos volubile come Vienna rimase fino alla seconda guerra mondiale la forma pi diffusa didealizzazione sentimentale del passato. Ci vollero le esperienze degli ultimi ventanni perch ci si decidesse a rivedere il concetto dei bei tempi andati, che una parte dEuropa associava con Napoleone III e Offenbach, laltra con limperatore Francesco Giuseppe e Johann Strauss. La lotta di classe, che fra il 1848 e il 1870 era stata dovunque repressa, torn a divampare dopo il 70, minacciando il potere di quella borghesia che pi di tutti aveva tratto profitto dalla reazione. E loperetta apparve come limmagine di unesistenza sicura, tranquilla, felice: un idillio che nella realt non era mai esistito. Ebbero ragione i Goncourt con la loro profezia che il circo, il variet e la rivista avrebbero soppiantato il teatro. Il film, che si pu annoverare fra questi tipi per le sue qualit spettacolari, ne unulteriore conferma. Vicinissima al variet e alla rivista, loperetta non tuttavia la forma pi antica in cui lo spettacolo trionfi sul dramma. La vera svolta era avvenuta prima, con laffermarsi del grand-opra, durante la monarchia di luglio, bench lelemento spettacolare fosse sempre stato parte integrante del teatro e avesse sempre finito per prevalere sullelemento drammatico e lirico. Cos era avvenuto anzitutto nel teatro barocco, dove la solennit della rappresentazione, gli scenari, i costumi, le danze e le sfilate spesso soverchiavano tutto il resto. La cultura borghese della monarchia di luglio e del Secondo Impero, una cultura da villan rifatti, nel teatro cercava il monu-

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mentale, limponente, e della grandezza tanto pi esagerava lapparenza quanto pi gliene mancava lintimo senso. Sappiamo che due diversi impulsi spingono la societ alla cerimonia, alla forma grandiosa e pretenziosa: il bisogno di magnificenza come sua naturale forma di vita, e la smania del colossale come ipercompensazione di un difetto sentito pi o meno dolorosamente. Il Barocco secentesco rifletteva la grandiosit connaturata alla corte e allaristocrazia dellera assolutistica; lo pseudo-barocco ottocentesco riflette lambizione che la borghesia giunta al potere ha di una grandiosit del genere. Lopera fu il suo genere preferito, perch meglio di ogni altro si prestava allostentazione, alla parata, allo sfarzo, allaccumulo e allesagerazione degli effetti. Il tipo attuato da Meyerbeer includeva tutte le attrattive spettacolari creando un insieme eterogeneo di musica, canto e danza, fatto per locchio come per lorecchio, e in cui tutti gli elementi miravano ad abbagliare e sbalordire lo spettatore. Lopera di Meyerbeer era un grande programma di variet, la cui unit stava pi nel ritmo del dinamismo scenico, che nellassoluta prevalenza della musica59. Era uno spettacolo destinato a un pubblico che non aveva nessuna intima disposizione alla musica. Lidea dellopera darte totale si afferm qui molto tempo prima di Wagner, ed espresse unesigenza prima ancora che si pensasse a una sua formulazione programmatica. Wagner cerc di giustificare la complessa natura dellopera attraverso lanalogia con la tragedia greca, che in realt non era che un oratorio; ma il desiderio di una tal giustificazione nasceva dalla barocca molteplicit del genere, che dopo Meyerbeer minacciava di diventare sempre pi informe e privo di stile. Il grand-opra, cui sono ancora legati i Maestri cantori e lAida, e che rappresenta una convenzione anche pi rigida dellantica opera italiana60, pot affermarsi perch la cultura della borghesia francese era esemplare per

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tutto il continente e dappertutto rispondeva a schiette esigenze radicate nella realt sociale. Nulla vi si adeguava meglio dellarte di Meyerbeer, che organizzava tutti i mezzi a sua disposizione lorchestra gigantesca, limmenso palcoscenico, il grande coro in un insieme che voleva soltanto imporsi, sopraffare e soggiogare. A ci mirava anzitutto il grande finale, che spesso riusc a trovare nuovi effetti visivi e musicali, che non avevano nulla di comune con la profonda umanit del finale mozartiano, n con la danzante grazia di quello rossiniano. Quel che noi chiamiamo di solito operistico la monumentalit scenografica, lenfasi vacua, il tonante eroismo, il falso pathos, il linguaggio artificioso non tuttavia creazione di Meyerbeer, n appartiene unicamente a questo genere di spettacolo. Persino un artista di gusto cos castigato come Flaubert non del tutto esente da teatralit. Essa fa parte delleredit romantica di quella generazione, e al suo sviluppo Victor Hugo contribu non meno di Meyerbeer. Fra tutti i grandi musicisti del tempo Riccardo Wagner quello pi vicino allo stile operistico di Meyerbeer: e non solo perch cerca di legarsi alla vita teatrale del tempo, ma anche perch nessuno pi di lui tiene al successo. Egli accetta la convenzione dominante senza intima opposizione e, come stato giustamente osservato, solo a poco a poco trova una sua originalit, percorre cio uno sviluppo contrario a quello solito che in genere parte da unesperienza individuale, da una scoperta personale e finisce in maniera61. Ma assai pi sorprendente dei suoi rapporti con il grandopra, in Wagner la fedelt a una forma che unisce lespressione dei sentimenti pi intimi, fervidi ed elevati, con il fasto del Secondo Impero. Infatti non solo il Rienzi e il Tannhaser sono opere ancora pienamente coreografiche in cui predomina lapparato scenico, ma anche i Maestri cantori e il Parsifal sono in certa misura

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spettacoli musicali che vogliono impegnare tutti i sensi e superare tutte le aspettative. Lamore della grandiosit e della massa forte in Wagner quanto in Meyerbeer e in Zola; e, come Victor Hugo e Dumas, egli nato per il teatro, un istrione, un mimomane, come disse Nietzsche62. Ma questa sua teatralit non viene dalle sue opere, anzi queste non sono che espressione del suo indiscriminato gusto teatrale e della sua natura sonora, tutta ostentazione. Come Meyerbeer, Napoleone III, la Pava o Zola, anchegli ama leccessivo, il prezioso, il voluttuoso; e le sue opere ricordano i salotti di allora, pieni di tappeti e di portiere, di mobili rivestiti di seta, velluto, broccato doro, anche quando non si sappia chegli voleva gli scenari dipinti da Makart63. La sua smania di magnificenza ed esuberanza ha origini complicate; ci sono elementi che risalgono non soltanto a Makart, ma anche a Delacroix. Fra la Morte di Sardanapalo e il Crepuscolo degli Dei corrono stretti rapporti come tra il fasto del grand-opra parigino e i festival di Bayreuth. Ma neppure questo esaurisce largomento; non solo il sensualismo di Wagner pi elementare dellavidit di fasto, ma anche pi genuino e spontaneo di tutto il misticismo di quel tempo, espresso dalla formula: il sangue, la volutt e la morte. Non per nulla lopera sua apparve per molti dei pi raffinati spiriti del secolo la quintessenza dellarte, il paradigma da cui essi traevano il senso e il principio della musica. Certo essa fu lultima e forse la maggior manifestazione del romanticismo, lunica sua forma tuttora viva, lunica che ne riveli pienamente leffetto inebriante sui contemporanei, che vi ravvisarono il rifiuto di ogni convenzione e la scoperta di un misterioso mondo sepolto. comprensibile, bench sulle prime sorprendente e in definitiva spiegabile solo col generale clima del tempo, che Baudelaire, che per natura era alieno dalla musica, ma il solo fra i contemporanei di

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Wagner che sappia comunicarci quello stesso senso di felicit che sgorga dalla musica del Tristano, sia anche stato il primo a riconoscere limportanza dellarte wagneriana. Wagner ha in comune con Baudelaire, oltre alla grande eccitabilit nervosa, la passione per lipnosi e per i mezzi ipnotizzanti, i sentimenti quasi religiosi e il romantico desiderio di redenzione. E a Flaubert, oltre il debole per i colori ardenti e le forme esuberanti, lo unisce il geniale dilettantismo e latteggiamento riflesso verso lopera propria. Anche lingegno di Wagner, come quello di Flaubert, manca di spontaneit e di naturalezza, ed alle sue opere egli arriva attraverso una lotta quasi altrettanto violenta e disperata e con unuguale diffidenza verso larte. A ventottanni nessuno fra i grandi maestri era cos cattivo musicista come lui, osserva Nietzsche, e nessun grande artista, eccettuato Flaubert, dubit cos a lungo del proprio talento. Per entrambi larte fu il martirio di tutta lesistenza, entrambi sentivano chessa li separava dalla vita, e consideravano invalicabile labisso tra arte e realt, tra lavoir e il dire. Appartenevano alla stessa generazione di quei tardi romantici che lottavano incessantemente e disperatamente contro il proprio egoismo di esteti.

Cfr. il discorso di Tocqueville allAssemblea nazionale citato da paul louis, Histoire du socialisme en France, 3a ed., 1936, II, p. 191. 2 Ibid., pp. 200-1. 3 Ibid., p. 197. 4 pierre martino, Le Roman raliste sous le Second Empire, 1913, p. 85. 5 a. thibaudet, Histoire de la littrature franaise de 1789 nos jours, 1936, p. 361. 6 mile bouvier, La Bataille raliste, 1913, p. 237. 7 jules coulin, Die sozialistische Weltanschauung in der franzsischen Malerei, 1909, p. 61.
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Arnold Hauser - Storia sociale dellarte . zola, La Rpublique et la littrature, 1879. oliver larkin, Courbet and his Contemporaries, in Science and Society, III, 1939, I, p. 44. 10 . bouvier, La Bataille raliste cit., p. 248. 11 Cfr. lon rosenthal, La Peinture romantique, 1903, pp. 267-268. - henri focillon, La Peinture aux xixe et xxe sicles, 1928, pp. 74-101. 12 h. j. hunt, Le Socialisme et le romantisme en France, 1935, pp. 342-44. 13 Cfr. la lettera a Victor Hugo del 15 luglio 1853, in Correspondance, ed. Conard, III, 1910, p. 6. 14 Ibid., II, pp. 116-17, 366. 15 Ibid., III, pp. 120, 390. 16 e. e j. de goncourt, Journal, 29 gennaio 1863, ed. FlammarionFasquelle, II, p. 67. 17 gustave flaubert, Correspondance, III, pp. 485, 490, 508. - Lducation sentimentale, II, 3 [trad. it., Leducazione sentimentale, Torino 1949]. - ernest seillire, Le Romantisme des ralistes: Gustave Flaubert, 1914, p. 257. - eugen haas, Flaubert und die Politik, 1931, p. 30. 18 Lettera a Mlle Leroyer de Chantepie del 18 Maggio 1857, in Correspondance, III, p. 119. 19 eugne gilbert, Le Roman en France pendant le 19e sicle, 1909, p. 157. 20 Correspondance, III, pp. 157, 448, ecc. 21 Le Moniteur, 4 Maggio 1857. - Causeries du Lundi, XIII. 22 . zola, Les Romanciers naturalistes, 1881, 2a ed., pp. 126-29. 23 Correspondance, II, p. 182, III, p. 113. 24 Ibid., II, p. 112. 25 a. thibaudet, Gustave Flaubert, 1922, p. 12. 26 Correspondance, II, p. 155. 27 g. lukcs, Die Seele und die Formen (Theodor Storm oder die Brgerlichkeit und lart pour lart), 1911. - t. mann, Betrachtungen eines Unpolitischen, 1918, pp. 69-70. 28 georg keferstein, Brgertum und Brgerlichkeit bei Goethe, 1933, pp. 126-22 29 Correspondance, I, p. 238, settembre 1851. 30 Ibid., IV, p. 244, dicembre 1875. 31 Ibid., III, p. 119. 32 . faguet, Flaubert, 1913, p. 145. 33 Correspondance, II, p. 237. 34 Ibid., III, p. 190. 35 Ibid., p. 446. 36 Ibid., II, p. 70. 37 Ibid., p. 137.
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Arnold Hauser - Storia sociale dellarte Ibid., III, p. 440. Ibid., II, p. 133, 140-41, 336. 40 jules de gaultier, Le Bovarysme, 1902. 41 douard maynial, Flaubert, 1943, pp. 111-12. 42 paul bourget, Essais de psychologie contemporaine, 1885, p. 144. 43 Correspondance, I p. 289. 44 g. lukcs, Die Theorie des Romans, 1920, p. 131. 45 . zola, Le Roman exprimental, 1880, 2e ed., pp. 24, 28. 46 charles-brun, Le Roman social en France au 19e sicle, 1910, p. 158. 47 andr bellessort, La Socit franaise sous le second Empire, in La Revue Hebdomadaire, 1932, 12, pp. 290, 292. 48 francisque sarcey, Quarante ans de thtre, I, 1900, pp. 120, 122. 49 Ibid., pp. 209-12. 50 J.-J. weiss, Le Thtre et les murs, 1889, pp. 121-22. - Cfr. la prefazione di Renan ai Drames philosophiques, 1888. 51 a. thibaudet, Gustave Flaubert cit., 295 sgg. 52 sarcey, Quarante ans de thtre cit., V, p. 94. 53 Ibid., p. 286. 54 Cfr. jules lemaitre, Impressions de thtre, I, 1888, p. 217. 55 sarcey, Quarante ans de thtre cit., VI, 1901, p. 180. 56 s. kracauer, Jacques Offenbach und das Paris seiner Zeit, 1937, p. 349. 57 Ibid., p. 270. 58 Cfr. fleury-sonolet, La Socit du second Empire, III, 1913, p. 387 59 paul bekker, Wandlungen der Oper, 1934, p. 86. 60 lionel de la laurencie, Le Gotit musical en France, 1905, p. 292. - william l. crosten, French Grand Opera, 1948, p. 106. 61 a. einstein, Music in the Romantic Era cit., p. 231. 62 friedrich nietzsche, Der Fall Wagner, 1888. Nietzsche contra Wagner, 1888. 63 Cfr. t. mann, Betracktungen eines Unpolitischen, 1918, p. 75. Leiden und Gre der Meister, 1935, pp. 145 sgg.
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Capitolo terzo Il romanzo sociale in Inghilterra e in Russia

La rivoluzione industriale ebbe in Inghilterra i suoi inizi e in Inghilterra raggiunse gli sviluppi pi fecondi e suscit le pi forti e appassionate proteste. Ma le accuse non impedirono alle classi dirigenti di opporsi con la massima energia e con pieno successo alla rivoluzione sociale. Mentre in Francia una parte degli intellettuali e dei letterati, dopo le esperienze della Rivoluzione, cominci ad assumere un atteggiamento antidemocratico, qui, dopo il fallimento dei tentativi rivoluzionari, lorientamento degli intellettuali rimase, se non sempre rivoluzionario, in complesso radicale. Tuttavia una differenza fondamentale divise le lites dei due paesi: mentre gli intellettuali francesi erano e rimasero fortemente razionalisti, comunque fossero orientati rispetto alla rivoluzione e alla democrazia, gli inglesi invece, nonostante le loro tendenze radicali e la loro opposizione allindustrialismo, spesso anzi perch contrari alla societ dominante, si orientarono verso un disperato irrazionalismo rifugiandosi nel nebuloso idealismo dei romantici tedeschi. Cosa strana, in Inghilterra i capitalisti e i fautori dellutilitarismo erano pi profondamente legati alla filosofia illuministica che non i loro avversari che negavano il principio della libera concorrenza e della divisione del lavoro. Dal punto di vista della storia delle idee, in ogni caso, gli idealisti nemici delle macchine erano i reazio-

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nari, mentre materialisti e capitalisti rappresentavano il razionalismo e il progresso. La libert economica e il liberalismo politico avevano comuni radici storiche; erano entrambi conquiste dellilluminismo e logicamente erano inscindibili. Partendo dalla libert personale e dallindividualismo, si dovette accettare la libera concorrenza come parte integrante dei diritti delluomo. Lemancipazione della borghesia fu un passo necessario nella liquidazione del feudalesimo e a sua volta postul laffrancarsi delleconomia dai vincoli e dalle restrizioni del Medioevo. La conquista della parit dei diritti da parte della borghesia si spiega soltanto come risultato di un processo in cui le forme delleconomia precapitalistica furono via via superate. Solo dopo che leconomia ebbe raggiunto una completa autonomia e le classi medie si furono liberate dei rigidi vincoli del sistema feudale, si pot pensare alla liberazione della societ dallanarchia della libera concorrenza. Ed era inoltre del tutto vano combattere singole manifestazioni del capitalismo senza rimettere in discussione lintero sistema. Finch leconomia capitalistica non fu revocata in dubbio, fu possibile soltanto parlare di attenuazioni filantropiche dei suoi abusi. Lattenersi ai princip razionalistici e liberali era lunica via per mettervi riparo; occorreva soltanto allargare il concetto di libert oltre i limiti borghesi. Invece labbandono della ratio e dellidea liberale, per quanto buona e onesta ne fosse lintenzione, doveva portare a un incontrollabile intuizionismo e a una specie di minorit dellintelletto. Questo pericolo, sempre presente in Carlyle, minaccia lidealismo dei pi fra i pensatori vittoriani, e il proverbiale compromesso del tempo, la via di mezzo fra tradizione e progresso, non mai cos palese come nel ribelle romantico, nostalgicamente volto al passato. Nessuno dei vittoriani pi noti sfugge del tutto al compromesso, e lambiguit che ne deriva pregiudica

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linflusso politico anche di un radicale cos schietto come Dickens. In Francia gli intellettuali si sentivano costretti a scegliere tra rivoluzione e politica borghese e, se spesso la scelta era legata anche a un dissidio dei sentimenti, era tuttavia chiara e definitiva. In Inghilterra invece anche quella parte dei ceti intellettuali che si opponeva al capitalismo partiva spesso da una visione altrettanto conservatrice, o perfino pi arretrata, di quella della borghesia capitalistica. I seguaci dellutilitarismo, che rappresentavano i princip delleconomia industriale, erano i discepoli di Adam Smith e i campioni della dottrina secondo cui leconomia lasciata a se stessa rispondeva meglio dogni altra, non solo allo spirito del liberalismo, ma anche agli interessi della comunit. Contro di loro si scatenava lopposizione degli idealisti che batteva non tanto sulla insostenibilit della tesi quanto sul loro fatalismo nel rappresentare gli istinti egoistici come movente fondamentale e invariabile dellazione, sulla necessit matematica con cui si credeva di poter dedurre le leggi delleconomia e della societ dallegoismo umano. La protesta degli idealisti contro questa riduzione delluomo allhomo conomicus era leterna protesta della romantica filosofia della vita la fede cio nella vita che non si pu risolvere intera nella logica n costringere senza residui nella teoria contro il razionalismo e il pensiero che astrae dallimmediata realt. Fu questo un secondo romanticismo, in cui la lotta contro lingiustizia sociale e lopposizione alla concretezza della dismal science [funesta scienza] ebbero parte assai minore della fuga dal presente di cui non si potevano e non si volevano risolvere i problemi nellirrazionalismo dei Burke, dei Coleridge e dei romantici tedeschi. Linvocazione a un intervento dello stato, specie in Carlyle, era segno a un tempo di inclinazioni antiliberali, autoritarie, e di sentimenti umanitari, altruistici; e nel suo lamento sulla-

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tomizzarsi della societ si esprimeva tanto il desiderio di comunione quanto la nostalgia di un capo diletto e temuto. Passato il tempo migliore del romanticismo inglese, verso il 1815 comincia a diffondersi un razionalismo antiromantico, che culmina nella riforma elettorale del 1832, nel nuovo Parlamento e nel trionfo della borghesia. Questa, giunta al potere, si fa sempre pi conservatrice e oppone alle aspirazioni democratiche una reazione che ha di nuovo un carattere essenzialmente romantico. Accanto allInghilterra razionalistica si afferma unInghilterra sentimentale; e il capitalista indurito, di mente chiara e fredda, si mette a civettare con idee filantropiche, umanitarie, riformistiche. La reazione ideale al liberismo, assume la forma di una questione intima, di un autosalvataggio morale della borghesia; opera cio di quello stesso ceto che nella pratica rappresenta il principio liberistico e nel compromesso vittoriano crea quellelemento che equilibra il materialismo e legoismo. Gli anni fra il 1832 e il 1848 sono un tempo di acutissima crisi sociale, di torbidi e di lotte cruente tra capitale e lavoro. Dopo il Reform bill [riforma elettorale] il proletariato inglese ha avuto dalla borghesia lo stesso trattamento di quello francese dopo il 1830. Laristocrazia e il popolo sono cos quasi uniti da un comune destino contro lo stesso nemico, la borghesia capitalistica. Veramente un legame effimero, che non pu condurre mai a una vera comunione dinteressi n a fraternit darmi, ma basta a velare la realt agli occhi dun pensatore cos emotivo come Carlyle e a trasformare la sua lotta contro il capitalismo in unesaltazione romantico-reazionaria della storia. Mentre in Francia lodio contro la borghesia si esprime in un rigoroso e sobrio naturalismo, in Inghilterra, dove dal Seicento non si sono pi avute rivoluzioni e si ignorano le espe-

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rienze e le delusioni politiche dei francesi, si assiste al sorgere di un secondo romanticismo. Questo in Francia verso la met del secolo gi superato come movimento e lultima polemica intorno ad esso ha il carattere di una questione pi o meno personale. In Inghilterra le cose vanno altrimenti; qui lantagonismo tra tendenze razionalistiche e irrazionalistiche non si limita ad essere un conflitto intimo, come in Flaubert, ma divide il paese in due campi, in realt molto pi eterogenei delle due nazioni di Disraeli. Anche qui, come in tutto lOccidente, la tendenza dominante quella positivistica, rispondente ai princip del razionalismo e del naturalismo. Non solo gli arbitri del potere politico ed economico, non solo i tecnici e gli studiosi, ma anche luomo comune e quello legato alla consuetudine del suo mestiere, pensano da razionalisti e avversano la tradizione. La letteratura del tempo invece pervasa di romantica nostalgia per il Medioevo e per unUtopia in cui non valgono le leggi delleconomia capitalistica, dellattivit commerciale, della vita ormai prosaica e disincantata. Il feudalesimo di Disraeli romanticismo politico; il movimento di Oxford, romanticismo religioso; la critica alla civilt di Carlyle, romanticismo sociale; la filosofia artistica di Ruskin, romanticismo estetico: teorie e correnti tutte che negano il liberalismo e il razionalismo, e di fronte ai problemi del presente si rifugiano in un ordine superiore, sovrapersonale e sovrannaturale, in una stabilit non soggetta allanarchia della societ liberale e individualistica. La voce pi alta e pi seducente quella di Carlyle, il primo e il pi originale di quei flautisti acchiappatopi che aprono la via ai Mussolini e agli Hitler. Infatti, per quanto importante e fecondo sia stato, sotto certi aspetti, il suo influsso, e tanto a lui debba anche lepoca moderna nella sua lotta per una pi diretta rispondenza spirituale delle forme della civilt, egli fu un confusionario, e con i fumi del

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suo entusiasmo per linfinito e leterno, con la sua morale del superuomo e la mistica delleroe, annebbi e oscur i fatti per intere generazioni. Limmediato erede di Carlyle Ruskin, che deriva da lui gli argomenti contro il liberalismo e lindustrialismo, ripete le sue querele contro la civilt moderna senzanima e senza Dio, partecipa alla sua esaltazione per il Medioevo e la civilt unitaria dellOccidente cristiano. Ma egli trasforma lastratto culto degli eroi in un culto della bellezza pieno di significato, il vago romanticismo sociale in un idealismo estetico volto a compiti concreti e fini esattamente definibili. Nulla prova lopportunit storica e la concretezza delle teorie ruskiniane, meglio del fatto chegli pot divenire il portavoce di un movimento cos rappresentativo come il preraffaellismo. Le sue idee e i suoi ideali erano nellaria: soprattutto il rifiuto dellarte rinascimentale, della forma grande, opulenta, autonoma e sovrana e il ritorno allarte preclassica, gotica, alle rigide e ispirate espressioni dei primitivi; erano i sintomi di una generale crisi della cultura, che abbracciava tutta la societ. Le teorie di Ruskin e larte dei preraffaelliti sorgono dallo stesso clima spirituale e rappresentano unuguale protesta contro la convenzionale visione della vita e dellarte che domina lInghilterra vittoriana. Quello che Ruskin intende per degenerazione dellarte a partire dal Rinascimento, i preraffaelliti lo vedono e lo combattono nellaccademia del tempo. La loro lotta prende di mira soprattutto il classicismo, il canone di bellezza della scuola raffaellesca, cio il vuoto formalismo e la meccanica levigatezza di unarte, che la borghesia vuol portare come prova della sua rispettabilit, della sua morale puritana, dei suoi alti ideali e del suo senso poetico. La borghesia vittoriana ha la fissazione della grande arte1 e il cattivo gusto che domina nellarchitettura, nella pittura e nelle arti minori in sostanza la conseguenza

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di un autoinganno e di una presunzione che le impediscono unespressione spontanea della sua natura. La pittura vittoriana brulica di temi storici, poetici, aneddotici; pittura letteraria per eccellenza, unarte ibrida, in cui, del resto, pi che labbondanza di motivi letterari deplorevole la penuria di valori pittorici. soprattutto la paura di ogni sensualit e spontaneit ad impedire che qui si diffonda lo schietto, rigoglioso pittoricismo dei francesi. Ma la natura, scacciata dalla porta, rientra dalla finestra. Nella collezione Chantrey, singolare monumento del mal gusto vittoriano, c un quadro in cui una giovane suora, rinunziando al mondo, ne rifiuta perfino le vesti. Affatto nuda, essa inginocchiata davanti allaltare, nella penombra notturna di una cappella, e mostra ai monaci che stan dietro di lei le forme seducenti del suo tenero corpo. Non si pu immaginare cosa pi penosa di un tal quadro, che appartiene alla peggiore, perch meno sincera, specie di pornografia. La pittura preraffaellita letteraria e poetica come tutta larte vittoriana; ma ai soggetti che di per s non si prestano ad essere perfettamente risolti in pittura, essa unisce certi valori pittorici, spesso non soltanto attraentissimi, ma anche nuovi. Allo spiritualismo vittoriano, ai soggetti storici, religiosi, letterari, alle allegorie morali e ai simboli fiabeschi essa unisce un sensualismo che si esprime nella gioia del minuto particolare, nel gioco di contraffare ogni stelo, ogni piega. Questa precisione non riflette soltanto il generale naturalismo dellarte europea, ma anche unetica del lavoro propria della borghesia, che vede un criterio di valore artistico nellirreprensibile mestiere, nellesecuzione accurata degli antichi maestri. Seguendo questo ideale dellarte vittoriana, i preraffaelliti accentuano la perizia tecnica, labilit mimetica, la perfezione dellultima mano. I loro quadri sono politi quanto quelli degli acca-

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demici, e il contrasto tra i preraffaelliti e gli altri pittori vittoriani ci appare molto minore di quello che si nota tra naturalisti e accademici in Francia. I preraffaelliti sono idealisti, moralisti, erotici impauriti, come la massima parte dei vittoriani. Hanno dellarte lo stesso concetto contraddittorio, tradiscono lo stesso imbarazzo, le stesse inibizioni nel dare espressione artistica alla loro esperienza, e tale limpaccio puritano di fronte al mezzo espressivo, che le loro opere fanno sempre leffetto di un timido, bench geniale dilettantismo. Questa distanza fra lartista e lopera aggrava laspetto artigianale proprio della pittura preraffaellita. Perci essa appare cos artefatta, manierata, leggiadra e affettata e ha sempre in s qualcosa di stilizzato e irreale, che ricorda gli ingegnosi arabeschi dei tappeti. Il tono del moderno simbolismo, prezioso, intellettualistico e, nonostante la sua natura lirica, freddo; lacerba grazia e langolosit un po ricercata dei neoromantici; il ritegno, la studiata ritrosia, lermetismo dellarte sullo scorcio del secolo risalgono in parte a questa stilizzazione. Il preraffaellismo un movimento estetizzante, un estremo culto della bellezza, un tentativo di dar valore alla vita richiamandosi allarte. Ma anchesso, al pari della filosofia di Ruskin, non pu indentificarsi con lart pour lart. La tesi che il supremo valore dellarte consista nellespressione di un animo buono e grande2 rifletteva la persuasione di tutti i preraffaelliti. Essi erano certo degli edonisti mancati, ma vivevano nella fede che il loro gioco formale avesse un fine superiore, la virt di elevare e di educare. In loro, estetismo e moralismo erano in aperta contraddizione, come arcaismo e minuzia naturalistica dei particolari3. La stessa contraddizione vittoriana patente anche negli scritti di Ruskin; il suo intellettualistico entusiasmo per larte non sempre si pu conciliare con il suo messaggio sociale, che vede possibile la perfetta bellezza solo in una

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comunit retta da solidariet e giustizia. Una grande arte lespressione di una societ moralmente sana; nel tempo materialista della macchina fatalmente intristiscono il senso della bellezza e la facolt di creare valori darte. La stereotipa accusa contro la moderna societ capitalistica di uccidere lanima con limpronta della moneta e con i suoi metodi meccanici di produzione, gi laveva lanciata Carlyle; Ruskin non fa che ripetere le parole del predecessore. E neppure il lamento sulla decadenza dellarte nuovo. Anzi antico quanto la leggenda dellet delloro latteggiamento verso larte contemporanea, che la considera inferiore a quella del passato e pretende di vedere in essa i segni della stessa decadenza che affligge i costumi. Ma finora nel declino dellarte non si era mai scorto il sintomo di una malattia che minasse tutto lorganismo sociale, n mai prima di Ruskin il legame organico fra larte e la societ era stato visto con tanta chiarezza4. Senza dubbio egli fu il primo a concepire lo scadere dellarte e del gusto come segno di una generale crisi della civilt e ad enunciare il principio, fondamentale anche se neppure oggi abbastanza apprezzato, che si debbono mutare anzitutto le condizioni di vita se si vuole suscitare nelluomo il senso della bellezza e la comprensione dellarte. Questa scoperta lo indusse ad abbandonare la storia dellarte per leconomia politica; e, riconoscendo il materialismo di questa scienza, si scost dallidealismo di Carlyle. Inoltre Ruskin fu il primo in Inghilterra a sostenere fermamente che larte di pubblico interesse e che il favorirla uno dei compiti pi importanti dello stato; che, in altre parole, essa necessaria alla societ e nessuna nazione pu trascurarla senza pericolo per la sua vita intellettuale. Infine egli fu il primo a proclamare che larte non privilegio di artisti, esperti e persone colte, ma retaggio e propriet di tutti. Tuttavia egli non era un socialista, anzi neppure un vero democratico5. La plato-

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nica repubblica dei filosofi, nella quale la bellezza e la saggezza erano i princip informatori, era la forma pi vicina al suo ideale, e quanto al suo socialismo si limitava ad asserire che luomo educabile e ha diritto alla cultura. Secondo lui, la vera ricchezza non consiste nel possesso di beni materiali, ma nella capacit di godere la bellezza della vita e dellarte. Questo quietismo estetico e il rifiuto di ogni violenza sono i limiti del suo riformismo6. William Morris, il terzo di quelli che si occupano di critica della cultura nellepoca vittoriana, assai pi coerente in teoria e progredito nella pratica, di Ruskin. Per certi riguardi egli di fatto il pi grande7, cio il pi audace, il pi intransigente dei vittoriani, bench non sappia liberarsi del tutto dalle contraddizioni e dai compromessi. Ma dalla teoria ruskiniana sul legame fatale dellarte con la societ egli ha saputo trarre lestrema conseguenza, giungendo alla persuasione che fare dei socialisti fosse pi urgente che fare della buona arte. Lidea di Ruskin che linferiorit dellarte moderna, il declino della cultura artistica, il cattivo gusto del pubblico non fossero che sintomi di un male pi profondo ed esteso, egli la svilupp fino in fondo, e comprese che era insensato voler migliorare larte e il gusto, lasciando immutata la societ. Egli sapeva che inutile cercare dinfluire direttamente sullo sviluppo artistico e che al massimo si possono creare condizioni sociali che ne permettano una migliore comprensione. Egli era perfettamente consapevole della lotta di classe, nelle cui forme si svolge il processo sociale e quindi anche levoluzione artistica, e considerava il compito pi importante renderne conscio il proletariato8. Bench chiare sui fatti fondamentali, le teorie e le esigenze di Morris contengono tuttavia, come si detto, numerose contraddizioni. Nonostante il suo realismo nel concepire la natura e la funzione sociale dellarte, egli un romantico

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invaghito del Medioevo e del suo ideale di bellezza. Predica la necessit di unarte fatta dal popolo e per il popolo, ma resta un dilettante fallito e fa cose che solo i ricchi possono comprare e solo i colti godere. Egli sostiene che larte nasce dal lavoro, dallesercizio del mestiere, ma non riconosce limportanza del massimo e pi pratico strumento della produzione moderna, la macchina. La fonte delle contraddizioni fra la sua dottrina e la sua attivit dartista va cercata nel tradizionalismo piccolo-borghese con cui i suoi maestri, Carlyle e Ruskin, giudicano lepoca della tecnica, e nel loro provincialismo da cui, egli non sa liberarsi del tutto. Ruskin deduceva la decadenza dellarte dal fatto che la moderna fabbrica, con il suo metodo di produzione meccanica e la sua divisione del lavoro, impedisce al lavoratore un intimo rapporto con lopera sua, cio priva il lavoro di una sua anima ed estrania il produttore dal prodotto delle sue mani. La lotta contro lindustrialismo veniva a perdere in lui il significato di lotta contro il proletarizzarsi delle masse per trasformarsi in romantico entusiasmo per qualcosa che non poteva ripetersi, cio per il lavoro artigianale, lindustria casalinga, le corporazioni, insomma le forme medievali di produzione. Il merito di Ruskin di aver additato la bruttezza dellarte applicata dellet vittoriana, e, di fronte ai materiali spuri, alla forma assurda e allesecuzione rozza e a buon mercato, di aver richiamato alla memoria dei suoi contemporanei il fascino del lavoro a mano, solido e accurato. Il suo influsso fu vastissimo, quasi inestimabile. Il lavoro nellambito di unofficina relativamente piccola, in cui i rapporti fra i lavoratori conservassero un carattere personale, in cui il lavoro a mano fosse assolutamente prevalente e ogni lavoratore attendesse a unopera singola, completa, divenne lideale della moderna produzione artistica e artigiana. Il carattere pratico e solido dellarchitettura e dellarte industriale moderna

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sono in gran parte il risultato degli sforzi e dellinsegnamento di Ruskin. Ma il loro effetto immediato fu quello di provocare un culto esagerato del lavoro a mano, che misconosceva i compiti e le possibilit dellindustria meccanica, e di destare una speranza che doveva andare delusa. Era romanticismo, irrazionalismo della peggior specie credere che le conquiste tecniche, sorte da reali bisogni e in vista di concreti vantaggi economici, potessero venire semplicemente respinte. Era quanto mai ingenuo voler fermare lo sviluppo tecnico ed economico con polemiche e proteste. Ruskin e i suoi discepoli avevano ragione in quanto effettivamente gli uomini vennero a perdere il dominio sulla macchina, la tecnica si rese indipendente e, specie nel campo dellarte industriale, produsse gli oggetti pi repellenti e privi di gusto; ma essi dimenticavano che per dominare la macchina non cera altra via che accettarla di buon grado e sottoporla allo spirito. Lerrore stava anzitutto nella troppo angusta definizione della tecnica, nel disconoscere la natura tecnica di ogni concreta produzione, di ogni applicazione pratica, di ogni contatto con la realt obiettiva. Allarte occorre sempre un espediente materiale, tecnico, uno strumento, una macchina; ed cosa tanto evidente che si potuto vedere appunto in questo suo carattere mediato, nella natura materiale dei suoi mezzi, nel suo condizionamento tecnico uno dei suoi caratteri pi essenziali. Forse larte proprio la pi sensibile, la pi tangibile manifestazione dello spirito e gi come tale legata a qualcosa di concreto, a una tecnica, a uno strumento, sia questo il telaio a mano o il telaio meccanico, il pennello o la macchina da presa, il violino o per nominar qualcosa di veramente orribile la macchina del sonoro. Perfino la voce umana e anche lapparato canoro di un Caruso uno strumento materiale e nulla pi. Lanima si versa nellanima, direttamente, dun

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tratto, senza strumento alcuno, solo nellestasi mistica, nella felicit damore, nella compassione forse soltanto nella compassione ma non mai nellesperienza di unopera darte. Tutta la storia dellarte si pu rappresentare come un continuo rinnovarsi, ampliarsi e perfezionarsi dei mezzi tecnici dellespressione, e il suo normale e regolare sviluppo pu definirsi come un processo di piena utilizzazione e dominio di essi, come un armonico equilibrio tra il potere e il volere, tra i mezzi e lintento artistico. Il ristagno intervenuto in tale sviluppo con la rivoluzione industriale, il vantaggio acquistato dallevoluzione tecnica su quella intellettuale, non vanno tanto attribuiti alla maggior complicazione ed efficienza delle macchine che si cominciavano a usare, quanto al ritmo assunto dallevoluzione tecnica sotto limpulso della congiuntura economica, un ritmo cos rapido da non poter essere seguito dallo sviluppo intellettuale. In altre parole, coloro che avrebbero potuto trasferire nella produzione meccanica la tradizione dellartigiano, i maestri indipendenti e i loro aiuti, vennero esclusi dalla vita economica, prima che avessero potuto adattare ai nuovi metodi le antiche tradizioni del loro mestiere. Cio lequilibrio fra evoluzione tecnica ed evoluzione intellettuale fu turbato da una crisi dellorganizzazione e non gi da un cambiamento fondamentale nella natura della tecnica: nelle industrie che si erano sviluppate dal vecchio artigianato scarseggiarono a un tratto gli esperti. Morris condivideva i pregiudizi di Ruskin contro la produzione meccanica come il suo entusiasmo per il lavoro a mano, ma fu assai pi razionale e progressista del maestro nel giudicare la funzione della macchina. Egli rimproverava alla societ del suo tempo labuso della tecnica, ma gi sapeva come in certe circostanze questa potesse diventare una benedizione per lumanit9.

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Il suo ottimismo socialista si manifestava anche in questa speranza, fondata sul progresso tecnico. Secondo la sua definizione, larte esprime la gioia del lavoro10; per lui essa non soltanto una fonte di felicit, ma nasce da un senso di felicit. Il suo vero valore sta nel processo creativo; nellopera lartista gode della propria produttivit ed la gioia del lavoro a generare larte. Questa autogenesi invero piuttosto misteriosa e accusa un deciso influsso di Rousseau, ma non pi mistica n pi romantica dellidea che nel macchinismo vede la fine dellarte. I fenomeni sociali intorno a cui si affatica la critica dellarte e della cultura nellepoca vittoriana formano anche largomento del romanzo inglese del tempo. Anche questo simpernia sul problema, che Carlyle ha chiamato della condizione inglese, e descrive i rapporti sociali sorti dalla rivoluzione industriale. Ma esso si rivolge a un pubblico pi composito di quello della letteratura critica, ha un carattere pi eterogeneo e parla un linguaggio pi vario, meno scelto. Cerca di interessare ceti in cui non sono mai penetrate le opere di Carlyle e di Ruskin, e vuol conquistarsi lettori per i quali le riforme sociali non siano soltanto questione di coscienza, ma di vita. Ma poich questi lettori sono una minoranza, il romanzo rimane principalmente orientato secondo gli interessi dellalta e media borghesia, e serve di sfogo ai conflitti morali, che la lotta di classe suscita nei vincitori. Lo stimolo pu venire, come per Disraeli, da nostalgiche fantasie patriarcali e feudali, o da un ideale di vita cristiano-sociale, come per Kingsley e Mrs Gaskell, oppure (ed il caso di Dickens), dalla preoccupazione per limmiserirsi della piccola borghesia; ma si finisce sempre con laccettare in sostanza lordine costituito. Tutti cominciano con i pi aspri attacchi alla societ capitalistica, ma alla fine ne accolgono le pre-

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messe in un quadro ottimistico o quietistico, come se volessero metterne a nudo e combatterne gli abusi soltanto per evitare profondi cambiamenti rivoluzionari. In Kingsley la tendenza conciliativa d luogo a un aperto mutamento di opinioni, in Dickens velata dallatteggiamento radicale del poeta, che va spostandosi sempre pi a sinistra. Una parte degli scrittori simpatizza con le classi pi elevate, unaltra con gli umiliati e gli offesi, ma non ci sono fra loro veri rivoluzionari. Nel caso migliore essi oscillano fra impulsi schiettamente democratici e la persuasione che, nonostante tutto, le distinzioni di classe siano giustificate e abbiano un benefico effetto. Le differenze tra loro sono, comunque, dimportanza secondaria in confronto alle analogie del loro conservatorismo filantropico11. Il moderno romanzo sociale sorge anche in Inghilterra, come in Francia, intorno al 1830 e fiorisce negli anni torbidi fra il 1840 e il 1850, quando il paese sullorlo della rivoluzione. Anche qui esso diventa la massima espressione letteraria di quella generazione per la quale le mete e i valori della societ borghese sono problematici e vuol spiegarsene la rapida ascesa e lincombente sfacelo. Ma nel romanzo inglese i problemi discussi sono pi concreti e generali, meno intellettualistici e raffinati che in quello francese; la posizione dello scrittore pi umana, pi generosa, ma insieme pi conciliante e opportunistica. Disraeli, Kingsley, Mrs Gaskell e Dickens sono i primi discepoli di Carlyle e sono tra quegli scrittori che pi prontamente ne accettano le idee12. Sono irrazionalisti, idealisti, favorevoli allintervento dello Stato, scherniscono lutilitarismo e leconomia nazionale, condannano il liberalismo e lindustrialismo, pongono i loro romanzi al servizio della lotta contro il principio del laissez faire e lanarchia economica, che per essi ne la conseguenza. Prima del 1830, il romanzo mai si era pre-

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sentato come interprete di una tal tendenza, bench in Inghilterra il romanzo moderno gi con Defoe e con Fielding avesse assunto carattere sociale. Esso si collegava ai saggi di Addison e Steele ben pi direttamente e profondamente che al romanzo pastorale e amoroso di Sidney e di Lyly, e i suoi primi maestri dovettero agli stimoli del giornalismo lattenzione per le questioni di attualit e la sensibilit per i problemi sociali del giorno. vero che questa sattut alla fine del primo grande periodo del romanzo inglese, ma non venne meno del tutto. Il romanzo nero e sensazionale, che si sostitu alle opere di Fielding e di Richardson nel favore del pubblico, non aveva diretto rapporto con la realt sociale, e neppure con la realt in genere, e daltronde nei romanzi di Jane Austen la realt sociale era, s, il terreno da cui nascevano i personaggi, ma non costituiva certo un problema, che la scrittrice tentasse di risolvere o di interpretare. Solo con Walter Scott il romanzo ridiventa sociale, bench in tuttaltro senso che in Defoe, Fielding, Richardson o Smollet. In Scott la dipendenza dei personaggi dallo sfondo sociale assai pi chiaramente sentita che nei suoi predecessori; egli li mostra sempre come esponenti di una classe, ma il suo quadro della societ assai pi astratto e programmatico di quello del romanzo settecentesco. Egli fonda una nuova tradizione e solo vagamente discende dalla linea di Defoe, Fielding, Smollet. Invece Dickens, che succede immediatamente allo scozzese, soprattutto in quanto il miglior narratore e lautore pi popolare del suo tempo, si ricollega proprio a quella linea poich, sebbene discepolo di Walter Scott e chi non lo , fra i romanzieri della prima met del secolo? assai pi vicino alla forma picaresca degli antichi autori che allo stile drammatico del suo maestro. Dickens si riannoda al Settecento anche per la tendenza morale e didattica dellarte sua; oltre la tradizione picaresca di Fielding e

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Sterne, egli riprende lindirizzo filantropico di Defoe e di Goldsmith, che Scott aveva trascurato13. La sua popolarit si spiega soprattutto con la ripresa di entrambe quelle tradizioni letterarie per cui egli in grado di rispondere ai gusti del nuovo pubblico, sia con la variet picaresca, sia con il tono sentimentale e morale delle sue opere. In Inghilterra, fra il 1816 e il 1850, si pubblicano in media cento romanzi allanno14; e i libri editi nel 1853, in prevalenza opere narrative, sono il triplo di quelli pubblicati venticinque anni prima15. Vi un reciproco rapporto di causa ed effetto fra laumento dei lettori e la diminuzione del prezzo dei libri. Il pubblico letterario, formatosi nel Settecento, si accrebbe a un tratto con lo sviluppo delle biblioteche circolanti; ma queste, se rinvigorirono lattivit editoriale, non ridussero i prezzi dei libri. Anzi, la loro crescente richiesta contribuiva a stabilizzarli a un livello relativamente alto. Un romanzo, di solito in tre volumi, costava una ghinea e mezza, somma che solo pochissimi potevano spendere per quello scopo. Quindi la letteratura amena difficilmente superava la cerchia degli abbonati alle biblioteche. Un mutamento fondamentale nella composizione e nellampiezza del pubblico si verific soltanto quando i romanzi cominciarono a uscire in fascicoli mensili. Il pagamento rateale, bench riducesse il prezzo solo di un terzo, permise a molti, che fino allora non compravano libri, di acquistarsi le opere degli autori prediletti. La pubblicazione di romanzi a dispense mensili rappresent quindi uninnovazione commerciale, che in sostanza corrispondeva alluso del romanzo dappendice ed ebbe analoghe conseguenze sociali e artistiche. Una di esse fu il ritorno alla forma picaresca. Dickens, i cui successi segnano anche il trionfo dei nuovi metodi editoriali, gode di tutti i vantaggi e soffre di tutti gli inconvenienti che derivano dallampia diffu-

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sione della letteratura. Il continuo contatto con il gran pubblico lo aiuta a trovare uno stile popolare nel senso migliore; egli di quegli artisti non molto numerosi che sono grandi appunto perch popolari. Alla fedelt del suo pubblico e al senso di sicurezza di cui lo riempie la devozione dei lettori egli deve il suo grande stile epico, il tono costante del suo linguaggio e quel suo creare in modo spontaneo, schietto, quasi ingenuo, che pu dirsi unico nellOttocento. Veramente il carattere popolare del suo stile spiega solo in parte la sua grandezza, poich Alexandre Dumas ed Eugne Sue sono altrettanto popolari, senza esser grandi. E ancor meno la sua grandezza spiega il suo successo, perch Balzac incomparabilmente pi grande, altrettanto facile, eppure assai meno fortunato, bench le condizioni esteriori in cui crea le sue opere siano perfettamente analoghe. Gli inconvenienti della popolarit sono invece molto pi facili da spiegare. La fedelt verso i lettori, la solidariet spirituale con la moltitudine ingenua e il desiderio di mantenere la cordialit di tale rapporto lo spingono ad attribuire un valore assoluto a quei mezzi che trovano eco nellemotivit delle masse, e a credere quindi nellinfallibile istinto e nel gran cuore del pubblico16. Non avrebbe mai ammesso che siano sovente in rapporto inverso il pregio di unopera e il numero di coloro che se ne sentono commossi. Ci sono certi mezzi che riescono a muoverci al pianto, bench poi ci si vergogni di non aver resistito alla loro suggestione universalmente umana. Sul destino degli eroi di Omero, Sofocle, Shakespeare, Corneille, Racine, Voltaire, Fielding, Jane Austen, Stendhal e Flaubert, noi non versiamo lacrime; invece Dickens suscita la stessa facile, compiaciuta commozione con cui reagiamo alla maggior parte degli odierni film. Dickens uno dei pi fortunati scrittori di tutti i tempi, e forse il pi popolare fra i grandi dellet moder-

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na. Certo lunico vero poeta, dallet romantica in qua, la cui opera non nasca in contrasto con il suo tempo, in tensione con lambiente e risponda invece perfettamente alle aspirazioni del pubblico. Egli gode di una popolarit mai raggiunta dopo Shakespeare, probabilmente analoga a quella degli antichi mimi e giullari. Il mondo di Dickens cos totale e senza incrinature, perch egli non ha bisogno di fare concessioni quando parla al suo pubblico, e il suo orizzonte altrettanto ristretto, il suo gusto altrettanto indiscriminato e la sua fantasia altrettanto ingenua, sebbene incomparabilmente pi ricca, di quella dei suoi lettori. Molto giustamente Chesterton osserva che, a differenza di Dickens, gli odierni scrittori popolari hanno sempre la sensazione di dover abbassarsi al livello del loro pubblico17. Tra loro e il lettore esiste una frattura altrettanto sensibile, anche se diversa di carattere e assai meno giustificata, che tra i veri poeti e il pubblico medio del tempo. Nulla di simile per Dickens. Non soltanto egli il creatore della pi grande galleria di figure che, impresse nellanimo di ogni lettore inglese, ne popolano il mondo fantastico, ma il suo intimo rapporto con esse identico a quello del pubblico. I beniamini del lettore sono anche i suoi ed egli parla della piccola Nell o del piccolo Dombey con lo stesso affetto e lo stesso tono ingenuo di qualsiasi vecchietto o vecchia zitella. La serie dei trionfi per Dickens cominci con la prima grande opera, Il circolo Pickwick che, a partire dalla quindicesima dispensa, si vendette in quarantamila copie. Questo successo determin la forma editoriale in cui doveva svilupparsi per venticinque anni la letteratura amena inglese. Lautore, divenuto a un tratto celebre, non perdette mai pi il suo ascendente. Il mondo non si saziava di leggere i suoi libri; ed egli lavorava febbrilmente, senza tregua, quasi come Balzac, per rispondere allenorme richiesta. Questi due colossi si fanno riscon-

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tro: sono gli esponenti della stessa congiuntura letteraria, i fornitori dello stesso pubblico affamato di libri che, dopo gli sconvolgimenti di un mondo pieno di fermenti rivoluzionari e di delusioni, cerca nel mondo fittizio dei romanzi un surrogato della realt, una guida nel caos della vita, e un conforto per le illusioni perdute. Ma Dickens diventa pi popolare di Balzac. Favorito dalla vendita a dispense mensili a buon mercato, egli conquista alla letteratura un pubblico completamente nuovo, gente che prima non leggeva mai romanzi, e di fronte al quale i lettori della pi antica narrativa fanno leffetto di veri intellettuali, Una donna di servizio narra che nel suo casamento cera labitudine di riunirsi, il primo luned di ogni mese, nellalloggio di un tabaccaio a prendere il t, pagando una piccola quota; quindi il padron di casa leggeva ad alta voce lultimo fascicolo di Dombey, e alla lettura venivano ammessi gratis tutti gli inquilini dello stabile18. Dickens fu un produttore di letteratura amena per le masse, il continuatore del vecchio romanzo nero e linventore del moderno giallo19; insomma, lautore di libri che, a prescindere dal valore poetico, corrispondono perfettamente ai nostri best-sellers. Ma sarebbe un errore credere chegli scrivesse i suoi romanzi soltanto per le masse incolte o di scarsa cultura; una parte dellalta borghesia e perfino degli intellettuali lo leggevano con entusiasmo. I suoi romanzi erano adeguati ai tempi, arte attuale, come per noi quella del film; e, anche per chi ben conscio dei suoi difetti, essa ha linapprezzabile valore di cosa viva e volta allavvenire. Fin dallinizio Dickens, tanto come gusto quanto come ideologia, fu lesponente della nuova letteratura progressista. Egli riusciva a interessare anche dove non piaceva, e si trovavano divertenti i suoi romanzi anche se non riusciva gradito il suo messaggio sociale. La sua arte si poteva separare dalla politica. Egli si scagliava con parole infiammate contro le colpe della societ, contro

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la spietata albagia dei ricchi, la durezza ottusa dei giudici, il crudele trattamento dei bambini, le condizioni inumane nelle prigioni, nelle fabbriche e nelle scuole, insomma contro la brutalit propria di ogni organizzazione istituzionale. Le sue accuse rimbombavano allorecchio di tutti ed empivano i cuori dellangoscioso sentimento di uningiustizia imputabile a tutta la societ. Ma non si andava oltre il grido dallarme e la soddisfazione che si prova quando ci si sfogati a gridare. Il messaggio sociale del poeta non port frutti in politica e la sua filantropia non fu sempre vantaggiosa per larte. Essa approfond la sua penetrazione psicologica, ma suscit anche un sentimentalismo atto a velargli lo sguardo. Il suo confuso atteggiamento umanitario, il suo cheeriblismo [fratelli Cheeryble sono figure filantropi del Nicola Nickleby], la sua fiducia che la beneficenza privata e la bont dei ricchi possano rimediare ai mali della societ nascevano, in conclusione, da un difetto di chiarezza nella sua concezione sociale, che ne faceva un piccolo-borghese indeciso fra luna e laltra classe. Egli non riusc mai a superare la violenta scossa della sua fanciullezza, lesperienza di chi era stato gettato fuori del ceto medio, ai limiti del proletariato, e si sent sempre un decaduto, o in procinto di diventarlo20. Era in fondo un filantropo radicale, un liberale amico del popolo, un appassionato avversario dei conservatori, ma non un socialista n un rivoluzionario: al massimo, un piccoloborghese ribelle, un umiliato che non dimentic mai quel che gli era toccato in giovent21. E per tutta la vita egli rimase il piccolo-borghese che credeva di dover scongiurare non solo un pericolo dallalto, ma anche uno dal basso. Egli sentiva e pensava da piccolo-borghese e i suoi ideali erano quelli della piccola borghesia: la vita era fatta di lavoro, di sforzo, di risparmio, per giungere alla sicurezza, alla tranquillit e alla rispettabilit; la felicit consisteva nel modesto benessere, nel-

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lidillio di una vita al riparo dal mondo ostile, nel cerchio familiare, nel rifugio di una camera ben riscaldata, di unaccogliente locanda o della diligenza che ti conduce a una meta sicura. Dickens incapace di superare le intime contraddizioni della sua visione sociale. Da un lato egli accusa la societ nel modo pi amaro, ma dallaltro sottovaluta la portata del male, perch rifiuta di riconoscerla22. In realt egli si attiene ancora al principio: Tutto per il popolo nulla con il popolo, e non riesce a liberarsi dal pregiudizio che il popolo sia incapace di governarsi23. Egli teme la plebaglia e identifica il popolo in senso ideale con il ceto medio. Flaubert, Maupassant e i Goncourt, bench conservatori, sono ribelli irriducibili; Dickens invece, bench politicamente progressista e oppositore, un pacifico borghese che accetta senzaltro i presupposti del dominante capitalismo. Egli conosce soltanto i fardelli e le pene della piccola borghesia e combatte contro mali a cui si pu rimediare senza scuotere le basi della societ. Della condizione del proletariato, della vita nelle grandi citt industriali egli non sa quasi nulla, e sul movimento dei lavoratori ha molte idee storte. Solo la sorte dellartigiano, del piccolo esercente, dei garzoni e degli apprendisti lo preoccupa. Le esigenze della classe operaia, la grande forza del futuro in continuo accrescimento, non fanno che impaurirlo. Le conquiste tecniche del suo tempo non lo interessano in modo particolare e lo spirito romantico con cui egli aderisce alle forme di vita tradizionali molto pi profondo e spontaneo dellentusiasmo di Carlyle e di Ruskin per i conventi e le Arti del Medioevo. Di fronte allamore di Balzac per la grande citt, le innovazioni, il tecnicismo, questo atteggiamento appare inerzia, meschinit provinciale. Nelle opere tarde, specie in Tempi difficili, la sua concezione forse si amplia: il problema della citt industriale vi ormai presente, e il destino della

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classe lavoratrice discusso con crescente interesse. Tuttavia il quadro chegli si fa dellintima struttura del capitalismo rimane insufficiente e limitato ed ingenuo il giudizio sui fini del movimento proletario. Del resto tipicamente piccolo-borghese la sua idea che lagitazione socialista sia tutta demagogia e lo sciopero non sia che ricatto!24. La simpatia dellautore va al bravo Stephen Blackpool, che non ha preso parte allo sciopero e, per atavica, canina fedelt, si sente irresistibilmente, bench assai velatamente, solidale con il padrone. La morale del cane in Dickens ha una parte importante. Quanto pi un atteggiamento lontano dalla posizione matura, critica di un intellettuale, tanto maggiore comprensione e simpatia trova in Dickens. I semplici, gli incolti gli sono sempre pi vicini della gente colta, e i bambini, pi degli adulti. Dickens fraintende del tutto la lotta fra capitale e lavoro; non capisce che si tratta del contrasto di due forze inconciliabili e che non basta la buona volont del singolo a comporre il dissidio. La verit evangelica che luomo non vive di solo pane non suona molto persuasiva in un romanzo che appunto descrive la lotta del proletariato per il pane quotidiano. Ma Dickens non pu rinunziare alla sua puerile fiducia nella possibilit di conciliare le classi. Egli si culla nellillusione che sentimenti di patriarcale filantropia da una parte, e una paziente abnegazione dallaltra possano assicurare la pace sociale. Predica la rinunzia alla violenza, perch ritiene che rivolta e sovversione siano mali peggiori delloppressione e dello sfruttamento. Non mai arrivato a parole cos dure come il famoso meglio lingiustizia che il disordine solo perch era meno audace di Goethe e meno chiaro verso se stesso. Egli trasforma il sano, schietto egoismo dellantica borghesia in un intruglio zuccherino di filosofia natalizia, che Taine caratterizza benissimo: Siate buoni e amatevi; il sentimento

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del cuore lunica vera gioia... Lasciate la scienza ai dotti, lorgoglio ai nobili, il lusso ai ricchi...25. Dickens non sapeva quanto fosse duro il nocciolo di quel messaggio damore e quanto cara sarebbe costata la sua pace ai pi deboli. Ma lo sentiva e le intime contraddizioni della sua visione si riflettono chiaramente nei gravi disturbi nervosi che lo affliggono. Il mondo di questo apostolo di pace non certo un mondo pacifico e innocente. Il suo beato sentimentalismo spesso non che la maschera di una spaventosa crudelt, lumorismo un sorriso fra le lacrime, il buonumore combatte con una soffocante angoscia, dietro i lineamenti delle sue figure pi bonarie si cela una smorfia, il decoro borghese confina sempre con la criminalit, lo scenario del suo diletto mondo patriarcale un sinistro ripostiglio di roba vecchia, la sua immensa vitalit, la sua gioia di vivere sta allombra della morte e la sua fedelt al vero una febbrile allucinazione. Questo vittoriano apparentemente cos decoroso, corretto, rispettabile si rivela un disperato surrealista in preda a sogni angosciosi. Dickens non soltanto un rappresentante del verismo e del naturalismo, non solo un perfetto maestro, di petits faits vrais, ma proprio lartista a cui il naturalismo della letteratura inglese deve le pi importanti conquiste. Tutto il romanzo inglese moderno deriva da lui larte di ricreare lambiente, di disegnare i caratteri, di condurre i dialoghi. In realt per tutti i personaggi di questo naturalista sono caricature, tutti i tratti della vita sono calcati, esagerati, spinti allestremo, tutto diventa un fantastico spettacolo di marionette, di ombre cinesi, tutto si trasforma in situazioni e rapporti da melodramma, stilizzati, semplificati, stereotipi. Le sue figure pi attraenti sono veri e propri pazzi, i suoi pi innocui piccoli borghesi sono degli originali impossibili, dei monomani, dei coboldi; i suoi ambienti accuratamente disegnati fanno leffetto di scenari romantici, e tutto il

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suo naturalismo sbocca sovente nel fantasma crudo e tagliente del sogno. Le peggiori assurdit di Balzac risultano pi logiche di molte delle visioni dickensiane. Le inibizioni e i compromessi vittoriani favoriscono in lui lo sviluppo di uno stile affatto senza equilibrio, incontrollato, nevrotico. Daltronde non sempre le nevrosi sono complicate, e Dickens effettivamente non aveva in s nulla di complicato e differenziato. Non solo era fra i meno colti scrittori inglesi, non solo era altrettanto indotto e di scarse letture che un Richardson o una Jane Austen; ma, a differenza specialmente di questultima, era primitivo e per certi aspetti ottuso, veramente un bambino insensibile ai pi profondi problemi della vita. Non aveva nulla in s dellintellettuale, e del resto agli intellettuali non era molto favorevole. Se gli avveniva di descrivere un artista o un pensatore, se ne prendeva gioco. Di fronte allarte manteneva la diffidenza del puritano, aggiungendovi lincomprensione e lostilit del prosaico borghese; egli la considerava propriamente come qualcosa di superfluo, anzi dissoluto. Questa sua avversione era peggio che borghese, era piccolo-borghese e filistea. Egli rifiutava ogni rapporto con artisti, poeti e simili fanfaroni, come se volesse provare anche cos la propria solidariet con il suo pubblico26. Nellepoca vittoriana il pubblico letterario era gi diviso in due sfere ben distinte e Dickens, bench avesse i suoi fedeli anche fra le classi elevate, era considerato lautore del pubblico incolto e di facile contentatura. Questa divisione esisteva fin dal Settecento, e di fronte a Defoe e a Fielding si pu ritenere che fosse Richardson a interpretare il gusto della borghesia pi raffinata; tuttavia i lettori di Defoe, Fielding e Richardson erano in complesso le stesse persone. Invece dopo il 1830 il divario di cultura tra i due ceti si fece assai pi sensibile, e il pubblico di Dickens poteva distinguersi abbastanza nettamente da quello di Thackeray e di Trol-

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lope, bench molti lettori appartenessero alluno e allaltro. Evidentemente anche nel Settecento cerano coloro che si potevano identificare pi facilmente e perfettamente con gli eroi e le eroine di Richardson, altri invece con quelli di Fielding; ma ora la distinzione pi netta: c chi non pu assolutamente sopportare Dickens e chi non riesce quasi a capire Thackeray o George Eliot. La presenza accanto al pubblico colto e dotato di senso critico di lettori altrettanto assidui, ma che nella letteratura cercano solo un leggero e fugace divertimento, un fenomeno tipico dei nostri giorni, ma era ignoto prima dellet vittoriana. Il pubblico della letteratura amena era per lo pi un pubblico di lettori occasionali; i lettori assidui e regolari non si trovavano che tra le persone colte. Ma ai tempi di Dickens, proprio come oggi, la letteratura amena ha gi due gruppi diversi di clienti. Quei tempi si distinguono dai nostri in quanto allora il romanzo popolare comprendeva le opere di un Dickens, amate anche da molti che pur sapevano apprezzarne anche di pi raffinate27; mentre oggi la buona letteratura fondamentalmente non popolare e quella popolare non per la gente di gusto. Lesposizione universale del 1851 segna una svolta nella storia dInghilterra; a differenza del primo periodo vittoriano, il successivo un tempo di prosperit e di pacificazione. LInghilterra diventa lofficina del mondo, i prezzi salgono, le condizioni dei lavoratori migliorano, il socialismo reso inoffensivo, il potere politico della borghesia si consolida. Veramente i problemi sociali non vengono risolti, ma semplicemente smussati. La catastrofe del 1848 ha provocato una sorta di stanchezza e passivit nei ceti progressisti e cos anche il romanzo perde la sua aggressiva intolleranza. Thackeray, Trollope e George Eliot non scrivono pi romanzi sociali come quelli di Kingsley, Mrs Gaskell e Dickens. Essi disegnano grandi quadri della societ, ma

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di rado discutono i problemi del giorno, e rinunziano a diffondere una tesi politico-sociale. Per George Eliot, la cui concezione assai caratteristica dellatmosfera intellettuale del tempo28, la realt sociale non pi in primo piano, sebbene, come per Jane Austen, sia lelemento vitale in cui si muovono i personaggi diventando lun per laltro fatali. Suo tema costante linterdipendenza degli uomini, il campo magnetico chessi creano intorno a s, e di cui intensificano la potenza con ogni azione e ogni parola29; essa mostra che nella societ moderna nessuno pu vivere isolato, autonomo30, e il suo in questo senso un romanzo sociale. Ma laccento mutato: la societ s una realt positiva, che tutto abbraccia, ma anche un fatto che si accetta e non si discute. George Eliot significa nella storia del romanzo inglese una svolta verso lintroversione. Gli avvenimenti pi importanti sono nella sua opera di natura intellettuale e morale, e la scena delle grandi lotte fatali lanima, lintimo, la coscienza morale degli uomini. Il suo quindi un romanzo psicologico31. Anzich avvenimenti e avventure esteriori, questioni e conflitti sociali, al centro dellazione stanno un problema e una crisi morale. I suoi eroi sono anime pensose, per cui le esperienze della mente e della coscienza morale hanno limmediatezza di fatti fisici. I romanzi della Eliot sono saggi psicologicofilosofici, che in certa misura si accostano a quellideale del romanzo a cui miravano i romantici tedeschi. Tuttavia si tratta di unarte gi diversa dal romanticismo, anzi il primo tentativo fortunato di sostituirne i valori intellettuali e morali con altri, fondamentalmente antiromantici. I romanzi di George Eliot hanno un nuovo contenuto intellettuale e passionale che si era perduto dal tempo del classicismo. Anzich su esperienze sentimentali di natura irrazionale, lopera si impernia su un atteggiamento, che lautrice stessa chiama passione intellettuale32. Analisi e interpretazione della vita, conoscenza

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e comprensione dei valori intellettuali, ecco il vero argomento dei suoi romanzi. Comprendere la parola che vi ricorre sempre33; un atteggiamento vigile, responsabile, severo con se stesso, e lesigenza sempre ribadita: Il segno della vocazione e dellelezione la rinunzia alloppio, la sopportazione del dolore con piena coscienza ed occhi aperti, essa scrive in una lettera del 186034. Solo nellopera di un autore cos profondamente legato alla vita intellettuale del proprio tempo come George Eliot, poteva esprimersi il destino di nature cos riflessive, con i suoi problemi e le sue contraddizioni, le sue tragedie e le sue sconfitte, giungendo allimmediatezza e alla forza, che troviamo in Middlemarch. I migliori pensatori dellInghilterra di allora, i pi progressisti Mill, Spencer, Huxley sono amici di George Eliot; essa traduce Feuerbach e D. F. Strauss, ed al centro del movimento razionalista e positivista. Un severo senso critico, che la tiene lontana da ogni atteggiamento superficiale e da ogni credulit e che impronta il suo atteggiamento morale, caratterizza tutto il suo pensiero. Fra i romanzieri inglesi la prima a saper descrivere adeguatamente un intellettuale. Nessun altro contemporaneo sa parlare di un artista o di uno studioso senza renderlo ridicolo e senza cader nel ridicolo. Anche per Balzac gli intellettuali sono esseri strani, esotici, che lo gettano in un ingenuo stupore e lo inducono a un sorriso pi o meno bonario. Accanto a George Eliot, egli fa la figura di un autodidatta semicolto, anche se, come nel Chef-duvre inconnu, apre prospettive pi ampie e pi profonde di quelle concesse allarte della scrittrice inglese. La forza di Balzac sta nella rappresentazione della vita, quella di George Eliot nellanalisi. Essa conosce per propria esperienza il tormento di chi lotta con problemi intellettuali, conosce o intuisce le tragedie legate alle sconfitte dello spirito, altrimenti non avrebbe mai potuto creare una figura cos originale come il

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dottor Casaubon35. Solo grazie a questintima disposizione essa pu giungere a un nuovo ideale di vita e a una nuova concezione della vita mancata, arricchendo di un tipo nuovo la serie di quei falliti a cui appartengono per lo pi gli eroi del romanzo moderno. Lintellettualismo di George Eliot non tuttavia la causa reale dello svolgersi del romanzo sociale in senso psicologico, ma solo il sintomo di un generale processo che provoca un recedere dei problemi sociali di fronte a quelli psicologici. Il romanzo psicologico il genere letterario degli intellettuali in quanto ceto colto in via di emancipazione dalla borghesia, come il romanzo sociale era quello di una intellettualit ancora in complesso solidale con essa. Solo al principio del secondo periodo vittoriano gli intellettuali si presentano in Inghilterra come un gruppo libero, indipendente36, al di l di ogni distinzione di classe37, mediatore fra le classi38. Fino a quel momento non cera stato un ceto intellettuale conscio di una propria autonomia sociale e ribelle alla borghesia. A questa il ceto colto rimane legato fino a che la borghesia non lo lascia andare per la sua strada. Questo processo di separazione tra la letteratura progressista e la borghesia conservatrice, che era cominciato con il romanticismo, cess quando i romantici divennero conservatori. Gli scrittori del primo periodo vittoriano propugnavano riforme allinterno della societ borghese, ma non pensarono mai a distruggerla. E neppure la borghesia li aveva mai considerati come estranei, n come traditori; anzi ne seguiva la critica sociale e culturale con simpatia e benevolenza. Nella vita della societ borghese lintellettuale esercitava una funzione della cui importanza le classi dominanti erano pi o meno consapevoli. Era la valvola di sicurezza che evitava le esplosioni e dava sfogo alle tensioni interne della borghesia, rivelando conflitti di coscienza che minacciavano di venire repressi.

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Soltanto dopo la vittoria sulla Rivoluzione e la sconfitta del cartismo, la borghesia si sent cos sicura del suo potere che non ebbe pi conflitti di coscienza n rimorsi e credette di poter fare a meno di critiche. I gruppi culturali e specialmente gli scrittori perdettero in questo modo il senso di avere una missione nella societ. Si videro esclusi da quella classe di cui fino allora erano stati gli interpreti, e si sentirono affatto isolati tra i ceti incolti da un lato e dallaltro la borghesia che non aveva pi bisogno di loro. Cos questi gruppi, prima profondamente radicati nella borghesia, furono portati a mutarsi nel ceto sociale, che noi chiamiamo degli intellettuali. Veramente questa fu solo lultima fase del lungo processo di graduale affrancamento degli esponenti della cultura da quelli del potere. Lumanesimo e lilluminismo erano state le prime tappe su questa via, emancipando la cultura sia dal dogma e dalla Chiesa, che dallegemonia del gusto aristocratico. La Rivoluzione francese aveva segnato la fine del monopolio culturale dei due ceti superiori e aperta la strada a quello della borghesia, che con la monarchia di luglio sembra definitivamente assicurato. Verso la met del secolo lepoca rivoluzionaria si conclude con il distacco della cultura dalle classi dominanti e lavvio alla formazione di un vero e proprio ceto degli intellettuali. Il ceto degli intellettuali trae origine dalla borghesia e ha i suoi precursori in quellavanguardia che aveva presieduto al maturare della Rivoluzione francese. La cultura per loro illuministica e liberale, il loro ideale di umanit quello della personalit libera, progressiva, sciolta da vincoli tradizionali. Quando la borghesia allontana da s gli intellettuali e questi abbandonano la classe dorigine, a cui li legano innumerevoli fili, si compie un processo veramente innaturale, assurdo. Lemancipazione degli intellettuali pu considerarsi una fase della generale specializzazione, un aspetto cio di

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quel processo di astrazione che dopo la rivoluzione industriale abolisce i nessi organici tra i diversi ceti, tra le varie professioni e i vari campi culturali; ma pu anche interpretarsi come una diretta reazione a quel processo, come un tentativo di attuare lideale delluomo completo, versatile, che integra in s tutti i valori culturali. Lapparente indipendenza degli intellettuali dalla borghesia, e quindi da ogni vincolo sociale, corrisponde allillusione che lo spirito trascenda le classi, illusione comune a borghesi e intellettuali. Questi vogliono credere al carattere assoluto della verit e della bellezza, perch in questo modo vengono ad essere gli esponenti di una verit superiore e possono compensare la loro mancanza dinflusso sociale; quelli tollerano la pretesa degli intellettuali di essere al di sopra delle classi, perch cos credono di veder dimostrata lesistenza di valori universali e la possibilit di superare i contrasti di classe. Ma la scienza per la scienza o la verit per la verit, non meno che lart pour lart, sono solo una conseguenza dellestraniarsi dellintellettuale dalla vita pratica. Lidealismo implicito in questo atteggiamento esige che la borghesia superi il suo odio per la cultura, ma glintellettuali da parte loro vi esprimono soprattutto la loro gelosia per la potenza dei borghesi. Il risentimento degli uomini di cultura contro i loro padroni non nuovo; gi gli umanisti avevano sofferto di questo conflitto da cui derivavano i ben noti sintomi nevrotici del loro complesso dinferiorit. Ma era forse possibile per una classe, che si credeva in possesso, della verit, non provare odio e gelosia contro quella che possedeva tutta la potenza economica e politica? Nel Medioevo il monopolio della verit laveva il clero, a cui non mancavano i mezzi per esercitare il potere nella politica e nelleconomia. Tale coincidenza evitava i fenomeni patologici, che seguirono pi tardi alla divisione di queste sfere dautorit.

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A differenza del clero medievale, il moderno ceto degli intellettuali si recluta da classi varie per censo e mestiere e di esse rappresenta gli interessi e le vedute, diverse e spesso antagonistiche. Questo rafforza in loro il senso di essere al di sopra dei conflitti di classe e di rappresentare la viva coscienza della societ. La loro origine promiscua li rende pi sensibili ai limiti delle varie ideologie e forme di cultura, e inasprisce il tono della loro critica sociale a cui gi si sentivano chiamati fin dal tempo della loro alleanza con la borghesia. Fin da principio il loro compito era stato di chiarire le premesse dei valori culturali e furono loro a dare chiara formulazione alle idee che stavano allorigine della concezione borghese, ad assicurare coerenza ideologica a quello che semplicemente era un senso della vita; in un mondo pratico essi adempirono alla funzione del pensiero contemplativo, dellintroversione e della sublimazione; furono insomma i portavoce dellideologia borghese. Ma, allentati ormai i loro vincoli con la borghesia, quella che un tempo era una censura che la classe dominante imponeva a se stessa, si trasforma in una critica distruttiva, il principio della dinamica e del rinnovamento si muta in un principio di anarchia. Come parte della classe borghese, gli intellettuali avevano aperto la via alle riforme; abbandonandola, diventano fomite di rivolta e disgregazione. Fin verso il 1848, rappresentano ancora lo spirito davanguardia della borghesia, dopo il 1848 consciamente o inconsciamente diventano i campioni della classe lavoratrice. La precariet della loro esistenza li porta a sentire una certa comunione di destino con il proletariato, e questo senso di solidariet accresce la loro costante disposizione a cospirare contro la borghesia, contribuendo a preparare la rivoluzione contro il capitalismo. Nella bohme laffinit fra intellettuali e proletariato va ben oltre i limiti di questa generica simpatia. Anzi,

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il bohmien parte del proletariato. In certo modo egli rappresenta la figura compiuta, e insieme anche la caricatura dellintellettuale. Infatti se la bohme emancipa lintellettuale dalla borghesia, fa anche in modo che la lotta contro le convenzioni borghesi diventi unidea fissa, spesso quasi una mania di persecuzione. Attuando lideale di una concentrazione esclusiva sui fini intellettuali, lintellettuale trascura gli altri valori della vita e toglie ogni significato a questa vittoria dello spirito sulla vita. Lindipendenza del mondo borghese si rivela una libert apparente, poich lintellettuale sente il proprio isolamento come una colpa grave, se pure inconfessata; la sua arroganza copre in realt una debolezza; il suo esagerato orgoglio, un dubbio sulla propria forza creativa. In Francia questevoluzione e pi rapida che in Inghilterra, dove a mezzo il secolo con Ruskin, J. S. Mill, Huxley, George Eliot e il loro seguito appaiono i primi rappresentanti di un pensiero libero, indipendente, ma dove per il momento non si pu parlare n di una svolta verso la rivoluzione proletaria, n del costituirsi di una bohme. I vincoli con la borghesia qui sono ancora cos stretti che gli intellettuali preferiscono rifugiarsi in un aristocratico moralismo39 piuttosto che far causa comune con le masse. Anche George Eliot concepisce essenzialmente come una questione psicologico-morale quel che in realt un problema sociologico, e i suoi romanzi cercano nella psicologia la risposta a quesiti, che soltanto il sociologo pu risolvere. Cos essa abbandona il sentiero che il romanzo russo invece percorre, trovandovi la sua perfezione. Il moderno romanzo russo essenzialmente opera dellintelligencija russa, cio di quelllite che si considera scissa dalla Russia ufficiale e per letteratura intende anzitutto critica della societ e per romanzo il romanzo sociale. Come semplice genere ameno o pura analisi

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psicologica, senza pretese dimportanza e di utilit sociale, il romanzo un genere ignoto in Russia fin verso il 1880. La nazione in tal fermento e fra i lettori cos evoluta la coscienza politica e sociale, che un principio come lart pour lart qui non pu certo affermarsi. In Russia lintellettuale implica sempre lattivista, ben pi legato che in Occidente allopposizione democratica. I nazionalisti conservatori non possono in alcun modo essere annoverati fra questi intellettuali intransigenti, esclusivi, settari40, e gli stessi maestri maggiori del romanzo russo, specialmente Dostoevskij e Tolstoj, solo con riserva vi possono rientrare; per altro il loro atteggiamento critico verso la societ legato al pensiero dellintelligencija, e la loro arte partecipa alla sua opera distruttiva, anche se personalmente non vogliono aver nulla di comune con essa41. Tutta la moderna letteratura russa nasce dallo spirito dellopposizione. La sua prima fioritura si deve allattivit poetica della nobilt progressista e cosmopolita, che mira ad affermare le idee dellilluminismo e della democrazia contro il dispotismo degli zar. La nobilt liberale e occidentalizzante , al tempo di Pukin, lunico gruppo colto della societ russa. vero che con il sorgere del capitalismo commerciale e industriale la classe dei lavoratori della mente, finora composta soprattutto di funzionari e di medici, si allarga sensibilmente grazie ai nuovi tecnici, avvocati e giornalisti42; ma la letteratura rimane dominio esclusivo di ufficiali dellaristocrazia, insoddisfatti del loro mestiere, che sperano pi nel libero mondo borghese che nel loro vacillante feudalesimo43. Sconfitti i decabristi, la reazione, rinvigorita, riesce, s, a sbaragliare i ribelli, ma non a evitare la formazione di una nuova avanguardia politica e letteraria quella dellintelligencija. Cos nella letteratura russa finisce legemonia della nobilt, quasi esclusiva fin verso il 1840. La morte di Pukin conclude unepo-

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ca: la funzione direttiva passa nelle mani dellintelligencija e in complesso non vi sono deviazioni fino alla rivoluzione bolscevica44. Il nuovo ceto colto un gruppo misto di nobili e plebei, che recluta spostati dogni classe. Lo compongono i cosiddetti nobili penitenti, idealmente ancora abbastanza vicini ai decabristi, e i figli di piccoli commercianti, di funzionari subalterni, di preti di citt e di servi emancipati, che di solito vengono indicati come gente di origine promiscua, e per lo pi conducono la vita precaria di liberi artisti, giornalisti, studenti e precettori. Fin verso la met del secolo i plebei sono una minoranza di fronte ai nobili, ma a poco a poco si fanno pi numerosi e finiscono con lassorbire gli altri elementi. La parte pi importante lhanno i figli dei sacerdoti, che da casa portano con s una certa cultura e sensibilit intellettuale, ma, per la naturale opposizione tra padri e figli, sono i pi aspri nel manifestare lostilit dellintelligencija alla religione e alle tradizioni. In complesso essi sono quel che nel Settecento erano stati i figli dei pastori in Occidente, dove lilluminismo aveva trovato condizioni analoghe a quelle della Russia prerivoluzionaria. Non a caso, dunque, due dei massimi campioni del razionalismo e del radicalismo russo, Cernyevskij e Dobroljubov, sono figli di preti e vengono dalla borghesia delle grandi citt commerciali. Luniversit di Mosca con le sue associazioni studentesche e i suoi circoli culturali il centro della nuova intelligencija senza classi. Il contrasto tra lantica residenza imperiale, scettica e dedita ai piaceri, popolata di alti funzionari e generali, e la moderna citt universitaria con la sua giovent infiammabile e avida di sapere, sta allorigine di questa svolta culturale45. Lo studente povero, che pu contare solo su se stesso, il prototipo del nuovo ceto intellettuale, come il nobile ufficiale della Guardia lo era dellantica lite. La societ colta di

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Mosca conserva ancora per qualche tempo unimpronta semiaristocratica, e fin verso il 1850 le discussioni filosofiche si tengono ancora per lo pi nei salotti46, ma questi non hanno pi un carattere esclusivo e a poco a poco perdono dimportanza. Nel settimo decennio del secolo la democratizzazione della letteratura e la costituzione del nuovo ceto intellettuale sono ormai compiute. Dopo lemancipazione dei contadini questo si accresce notevolmente per lafflusso di elementi della piccola nobilt impoverita; ma questi elementi non mutano pi nulla allintima struttura del gruppo. I possidenti rovinati debbono in parte vivere del loro lavoro intellettuale e adattarsi alle condizioni dellintelligencija borghese. Se una parte di essi va ad accrescere il numero degli occidentalisti, cosmopoliti e progressisti, unaltra parte accresce quello degli slavofili, favorendo cos lequilibrio fra i due gruppi. Il movimento slavofilo, reazione intellettuale al razionalismo degli occidentalisti, corrisponde allo storicismo e al tradizionalismo romantico con cui, mezzo secolo prima, lOccidente aveva reagito alla Rivoluzione. Gli slavofili sono gli eredi indiretti, e per lo pi inconsci, di Burke, de Bonald, de Maistre, Herder, Hamann, Mser e Adam Mller, come gli occidentalisti sono discepoli di Voltaire e dellEncyclopdie, dellidealismo tedesco e, pi tardi, dei socialisti Saint-Simon, Fourier e Comte, o dei materialisti Feuerbach, Bchner, Vogt e Moleschott. Di fronte al cosmopolitismo e al libero pensiero ateo degli occidentalisti, gli slavofili insistono sul valore delle tradizioni religiose e nazionali e proclamano la loro mistica fede nel contadino russo e la loro devozione alla Chiesa ortodossa. In contrasto con il razionalismo e il positivismo, si dichiarano per lidea irrazionale dellorganico sviluppo storico e presentano la vecchia Russia con il suo genuino cristianesimo libero dallindividualismo occidentale, come lideale e la salvezza

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dellEuropa; mentre per gli occidentalisti, era lEuropa lideale e la salvezza della Russia. La slavofilia in s antichissima, anche pi antica dellopposizione alle riforme di Pietro il Grande, ma ufficialmente comincia solo con la lotta contro Belinskij. Ad ogni modo lavvio effettivo e il programma del movimento risalgono allopposizione contro gli uomini del quinto decennio. Esponenti di questa slavofilia che presenta una sua definizione teorica e una sua consapevolezza programmatica dapprima sono specialmente nobili possidenti, ancora legati a una vita feudale e che mascherano il loro conservatorismo politico e sociale con lideologia della santa Russia e della funzione messianica degli Slavi. Per lo pi il loro culto delle tradizioni nazionali non che un mezzo per combattere le idee progressive degli occidentalisti, e il loro entusiasmo, rousseauiano e romantico, per il contadino russo solo la forma ideologica del loro sforzo di mantenere condizioni di vita patriarcali e feudali. Ma la slavofilia non sidentifica del tutto con il conservatorismo e la reazione. Fra gli slavofili ci sono veri amici del popolo, come tra gli occidentalisti non mancano anche avversari della democrazia. noto che lo stesso Herzen nutriva certe riserve contro le istituzioni democratiche dellOccidente. I primi slavofili sono, in ogni caso, avversari dellautocrazia zarista e combattono il governo di Nicola I. Pi tardi la loro corrente si riconcilia con lo zarismo, la cui idea parte integrante della loro teoria dello Stato e della loro filosofia della storia; ma continuano ad annoverare dei democratici fra i loro partigiani. Dobbiamo distinguere soprattutto due fasi nel movimento slavofilo, proprio come dobbiamo parlare di due generazioni diverse di occidentalisti. Infatti, come il riformismo e il razionalismo degli anni 1840-50 si sviluppa nel socialismo e nel materialismo degli anni 60-80, cos la slavofilia dei proprietari feu-

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dali si trasforma nel panslavismo e nel populismo di Danilevskij, Grigorev e Dostoevskij. Il nuovo indirizzo democratico in stridente contrasto con lantica tendenza aristocratica47. Dopo lemancipazione dei contadini molti degli scrittori pi anziani sallontanano dallintelligencija e dagli occidentalisti per aderire al nazionalismo, cos che non si pu pi affermare che la critica conservatrice qualitativamente e quantitativamente sia notevolmente inferiore a quella progressista48. Gli slavofili e gli occidentalisti ora si distinguono pi nei metodi di lotta che nei fini. Tutti glintellettuali russi fanno propria lidea slava; tutti sono patrioti e araldi della missione russa. Essi singinocchiano misticamente davanti al contadino e alla sua pelliccia di pecora49, studiano lanima russa e si entusiasmano per la poesia folkloristica. La frase di Pietro il Grande: Abbiamo bisogno dellEuropa per qualche decennio, poi potremo voltarle le spalle, risponde ancora allopinione prevalente fra questi riformatori. La parola narod, che vuol dire insieme popolo e nazione, tale da permettere di cancellare la distinzione tra democratici e nazionalisti50. Le velleit slavofile dei radicali si spiegano anzitutto col fatto che i Russi, ancora in una fase iniziale del capitalismo, sono una nazione assai pi omogenea, cio assai meno differenziata in classi, di quelle dellOccidente. In Russia tutta llite intellettuale sotto linflusso di Rousseau e pi o meno ostile allarte e alla cultura; le tradizioni culturali dellOccidente, lantichit classica, la Chiesa romana, la scolastica medievale, il Rinascimento e la Riforma e, in parte, perfino il moderno individualismo, lorientamento scientifico e quello estetizzante, le appaiono come un ostacolo allattuazione. delle sue proprie mete51. Lutilitarismo estetico di Belinskij, Cernyevskij e Pisarev antitradizionalista non meno dellatteggiamento di Tolstoj contro larte. Neppure nella grande controversia tra soggettivismo

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e obiettivismo, individualismo e collettivismo, libert e autorit, le parti sono nettamente divise tra occidentalisti e slavofili, bench naturalmente i primi siano pi inclini al liberalismo, i secondi allautoritarismo. Belinskij e Herzen combattono non meno disperatamente di Dostoevskij e Tolstoj, e spesso nello stesso modo inconsulto, con il problema della libert individuale. Tutta la speculazione filosofica dei Russi simpernia su questo problema, e il pericolo del relativismo morale, lo spettro dellanarchia, il caos del delitto sono langosciosa preoccupazione di ogni pensatore russo. Il grande problema, fondamentale per la coscienza europea, dellestraniarsi dellindividuo dalla societ, della solitudine e dellisolamento delluomo moderno, diviene per i Russi il problema della libert. In nessun altro luogo esso stato vissuto e dibattuto pi profondamente e intensamente; e nessuno pi tormentosamente di Tolstoj e Dostoevskij ha sentito la responsabilit della sua soluzione. Leroe delle Memorie del sottosuolo, Raskolnikov, Kirillov, Ivan Karamazov, tutti vi si cimentano, tutti lottano contro il pericolo di essere inghiottiti dallabisso dellillimitata libert, dellarbitrio e dellegoismo. Il rifiuto dellindividualismo da parte di Dostoevskij, la sua critica allEuropa razionalista e materialista, la sua apoteosi della solidariet umana e dellamore non hanno altro senso che quello di prevenire unevoluzione che porterebbe al nichilismo di Flaubert. Il romanzo occidentale finisce con la rappresentazione dellindividuo isolato dalla societ, soccombente al peso della propria solitudine; il romanzo russo, dal principio alla fine, descrive la lotta contro i demoni che inducono lindividuo a rinnegare il mondo e la comunit degli uomini. Questo tratto essenziale spiega non solo le figure problematiche di Raskolnikov e Ivan Karamazov, di Pierre Bezuchov e Levin, non solo il messaggio damore e

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di fede di Dostoevskij e Tolstoj, ma il messianismo di tutta la letteratura russa. Il romanzo russo letteratura impegnata in un senso molto pi stretto che non quello occidentale. I problemi sociali non solo vi occupano pi spazio e una posizione pi centrale, ma vi mantengono una preminenza pi lunga e incontrastata che nella letteratura dOccidente. Fin dallinizio in esso laggancio con le questioni sociali e politiche del momento pi stretto che nelle opere degli scrittori contemporanei di Francia e dInghilterra. Il dispotismo russo non permette alle energie intellettuali altra affermazione che quella letteraria, e la censura fa s che la critica sociale non abbia altra via di comunicazione che la poesia52. In quanto forma che meglio vi si presta, il romanzo assume quindi un carattere attivistico, pedagogico, anzi profetico, che in Occidente non ebbe mai, e gli autori russi rimangono i maestri e i profeti del loro popolo, quando ormai in Europa i letterati cadono in totale passivit e isolamento. LOttocento lepoca illuministica dei Russi; per tutto il secolo essi conservano lentusiasmo e lottimismo dellOccidente prerivoluzionario. La Russia non ha provato le delusioni delle rivoluzioni europee, tradite, sconfitte, falsate; qui non c traccia della stanchezza che si osserva in Francia e in Inghilterra dopo il 1848. Alla giovanile inesperienza della nazione e alla sua fiducia, non ancora mortificata, nellidea del progresso sociale dobbiamo la promettente freschezza del romanzo naturalistico russo, mentre il naturalismo in Francia e in Inghilterra comincia ad evolversi verso un passivo impressionismo. La letteratura russa, passando dalle mani della nobilt stanca e in declino in quelle di un ceto in ascesa, quando in Occidente la borghesia, il ceto culturalmente egemone, si sente ormai esausta e minacciata dal basso, riesce a superare non soltanto la malinconia che cominciava ad affermarsi negli scrittori della nobilt

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incline al romanticismo, ma anche lo stato danimo rassegnato e scettico prevalente nella moderna letteratura occidentale. Nonostante i suoi toni cupi, il romanzo russo esprime un invincibile ottimismo, testimonia la fede nellavvenire della Russia e dellumanit; e rimane pervaso da uno spirito combattivo pieno di speranza, da una brama, da una certezza evangelica di redenzione. Questottimismo non si manifesta certo in facili ideali n in un lieto fine a buon mercato, ma nella sicura fiducia che abbiano un senso e non siano mai vani il dolore e il sacrificio dellumanit. Le opere dei grandi scrittori russi hanno quasi sempre una fine dolcemente placata, sebbene spesso tristissima; sono pi seri dei romanzi di Flaubert, di Maupassant e dei Goncourt, ma non sono mai cos amari, cos disperati. prodigioso come il romanzo russo, pur cos recente, non solo uguagli il romanzo francese e inglese, ma si sostituisca ad essi nella funzione di guida e si ponga come la forma letteraria pi avanzata e vitale del tempo. Accanto alle opere di Dostoevskij e di Tolstoj, tutta la letteratura occidentale del secondo Ottocento appare esausta e stagnante. Anna Karenina e I fratelli Karamazov segnano le vette del naturalismo europeo; essi riassumono e sorpassano le conquiste psicologiche del romanzo francese e inglese, senza mai smarrire il senso dei grandi nessi sovraindividuali. Come il romanzo sociale giunge a perfezione con Balzac, il romanzo della formazione intima con Flaubert, il romanzo picaresco con Dickens, cos il romanzo psicologico entra con Dostoevskij e Tolstoj nella piena maturit. Sono questi due artisti i primi che portano a conclusione il processo iniziatosi con il romanzo sentimentale di Rousseau, Richardson e Goethe, come con il romanzo analitico di Marivaux, Benjamin Constant e Stendhal. La psicologia moderna comincia con la rappresentazione del dissidio dellanima, dissidio che non si pu semplicemente ridur-

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re a un conflitto intimo. Gi Antigone oscilla fra dovere e impulsi e gli eroi di Corneille si pu dire non vivono se non in questo contrasto. In Shakespeare lindecisione delleroe diventa largomento stesso del dramma. vero che le inibizioni qui non vengono soltanto da un impulso morale, come in Sofocle e in Corneille, ma anche dai nervi, cio da una zona psichica inconscia e incontrollata; ma le opposte inclinazioni si presentano sempre ben distinte, e il giudizio morale dei personaggi sui propri impulsi netto e coerente. Al pi essi esitano tra impulsi e sentimenti diversi, ma non mai nella loro adesione morale alluna o allaltra parte dei loro impulsi. La disintegrazione della personalit, per cui lantagonismo dei sentimenti va tantoltre che lindividuo non pi chiaro a se stesso e diventa per se stesso un problema, non fa la sua comparsa che al principio del secolo scorso. Solo con i fenomeni connessi con il moderno capitalismo, cio il romanticismo e lestraniarsi dellindividuo dalla societ, si hanno questi spiriti cos coscienti del loro intimo dissidio e con essi il problematico personaggio moderno. Le contraddizioni psicologiche in Shakespeare e negli elisabettiani per lo pi non sono che assurdit; rappresentano uno stadio di sviluppo anteriore alla sintesi classica. In altri termini, il drammaturgo non ha ancora imparato come si disegna un personaggio che agisca in modo unitario e coerente, n d speciale importanza allunit del carattere. I personaggi incoerenti della letteratura romantica sono invece espressione di una cosciente e programmatica reazione al razionalismo della psicologia classica. Si prediligono tipi sfrenati e fantastici, perch si crede che il caotico sentimento sia pi genuino e spontaneo della coerente e metodica ragione. Lespressione pi evidente, bench ancora un po cruda, dellanima in contrasto con se stessa, ormai irriducibile ad unit razionale, lidea del doppio, che lo stesso Dostoevskij desume dai roman-

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tici come requisito costante del personaggio, e conserva sino alla fine. Ma la completa dissoluzione dellunit del carattere, cio la disorganizzazione che consiste non solo nellincoerenza dei contenuti psichici, ma anche nel loro continuo spostarsi e trasformarsi, mutando valore e significato, si ha con la lotta contro il romanticismo e il continuo oscillare fra atteggiamenti romantici e antiromantici. In Stendhal, che apre questa fase, i vari contenuti della psiche si trasformano sotto i nostri occhi. La provvisoriet del quadro psichico e la natura indefinibile degli atteggiamenti intimi, diventano ora il criterio di ogni studio psicologico e solo una figura cangiante e caleidoscopica pu suscitare un interesse artistico. Lultimo stadio di questa evoluzione si ha nei personaggi di Dostoevskij, del tutto imprevedibili e irrazionali. Tu non sei quel che sembri, diventa la norma della psicologia, e importanza psicologica nelluomo ha soltanto quel che strano e sinistro, demoniaco e abissale. Accanto alle figure di Dostoevskij, i caratteri ben meno complicati della letteratura precedente appaiono sempre, dal pi al meno, idillici e arbitrari. Oggi per altro facile accorgersi che anche la psicologia di Dostoevskij piena di tratti convenzionali e largamente si serve di residui di byronismo e di romanzo nero. Vediamo che Dostoevskij non un inizio, ma un termine e che, pur con tutta la sua originalit e fecondit, pronto ad accogliere e sviluppare coerentemente le conquiste del romanzo psicologico occidentale. Dostoevskij scopre il pi importante principio della psicologia moderna: lambivalenza dei sentimenti e il dissidio di ogni atteggiamento psichico eccessivo, che si esplichi in forme esagerate e troppo dimostrative. Non solo amore e odio, orgoglio e umilt, autoesaltazione e autoavvilimento, sadismo e masochismo, desiderio del sublime e nostalgia del fango, sono intimamente legati; non solo figure come Raskolnikov e Svidrigailov,

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Mykin e Rogoin, Ivan Karamazov e Smerdjakov sono due volti di un unico principio; ma ogni impulso, ogni moto dellanimo, ogni idea suscita il suo opposto appena affiora alla coscienza di questi uomini. Gli eroi di Dostoevskij sono sempre di fronte ad alternative: dovrebbero e non possono scegliere; quindi il loro pensiero, lautoanalisi e lautocritica non sono che un continuo infierire contro se stessi. La parabola dei porci in cui entrato il Maligno non si riferisce solo ai personaggi dei Demoni, ma pi o meno a tutta la stirpe dostoevskiana. I suoi romanzi si svolgono alla vigilia del giudizio universale; vi regna sempre una terribile tensione, unangoscia mortale, vi si disfrena il caos; ogni cosa attende lume, pace, salvezza da un miracolo: attende una soluzione che non verr pi dalla forza e dal rigore dellintelletto, dalla dialettica razionale, ma dalla rinunzia a quella forza e dal sacrificio della ragione. Nellidea del suicidio intellettuale, che Dostoevskij propugna, si rivela quanto sia discutibile la sua filosofia, che cerca di risolvere in modo affatto irreale problemi reali, questioni rettamente impostate. Dostoevskij deve la profondit e la sottigliezza della sua psicologia allintensit con cui egli vive la problematica dellintellettuale moderno. Ma lingenuit della sua etica nasce dai suoi scarti antirazionalistici, dallabbandono dei valori intellettuali e dallincapacit di resistere alle seduzioni del romanticismo e dellastratto idealismo. In lui nazionalismo mistico, ortodossia religiosa, etica intuitiva si legano in una fondamentale unit che risale evidentemente alla stessa esperienza, alla medesima scossa psichica. In giovent Dostoevskij fu un radicale e appartenne alla cerchia socialisteggiante di Petraevskij. Per tale attivit venne condannato a morte e, dopo aver assistito a tutti i preparativi dellesecuzione, fu graziato e mandato in Siberia. Questesperienza e gli anni della prigionia sembrano averne fiaccato lo spi-

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rito di rivolta. Quando, dopo unassenza di dieci anni, egli torna a Pietroburgo, non pi socialista n radicale, bench sia ancora molto lontano dal misticismo politico e religioso dei suoi anni successivi. Soltanto le terribili privazioni dei tempi che seguirono, il peggioramento della malattia e il vagabondaggio per lEuropa infrangeranno del tutto la sua resistenza. Gi lautore di Delitto e castigo e dellIdiota cerca rifugio e pace nella religione, ma il creatore dei Demoni e dei Fratelli Karamazov ormai un entusiastico apologeta dellautorit ecclesiastica e laica e un banditore del dogma. Solo per negli ultimi anni Dostoevskij diventa il moralista, il mistico, il reazionario, quale si suole sommariamente caratterizzarlo53. Tuttavia, anche con queste limitazioni non agevole definirlo politicamente. La sua critica del socialismo semplicemente assurda; eppure, il mondo chegli descrive invoca il socialismo e la liberazione dellumanit dalla miseria e dallumiliazione. Anche in questo caso si deve parlare di trionfo del realismo, di vittoria dellartista penetrante e sensibile alla realt sul politico romantico e confuso. Ma in Dostoevskij la situazione assai pi complicata che in Balzac. Nellarte sua hanno una grande importanza la simpatia e la solidariet con gli umiliati e offesi, simpatia di cui non c traccia nello scrittore francese; e c in lui una specie di nobilt della miseria, bench nelle sue pagine sulla povera gente molto sia convenzione letteraria e derivazione romantica. In ogni caso Dostoevskij uno dei pochi veri poeti della povert, e non solo per compassione verso i poveri come George Sand ed Eugne Sue, o per pallidi ricordi come Dickens, ma perch ha passato la pi gran parte della sua vita in miseria e talvolta ha letteralmente sofferto la fame. Perci, anche quando parla dei suoi problemi religiosi e morali, Dostoevskij riesce pi travolgente e rivoluzionario di George Sand, Eugne Sue e Dickens quando descrivo-

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no la miseria e lingiustizia del loro tempo. Ma egli non comunque un interprete delle masse rivoluzionarie. Con il proletariato operaio e coi contadini egli non ha alcuna intima affinit, nonostante la sua idealizzazione del popolo e la sua slavofilia54. Solo il proletariato intellettuale lo attrae veramente. Egli stesso si chiama proletario della letteratura e cavallo di posta, perch lavora sempre sotto lassillo del contratto, non ha mai venduto unopera se non a pagamento anticipato, e spesso non sa ancora quale sar la fine di un capitolo, mentre il principio gi in tipografia. Egli si lamenta che il lavoro lo ha schiacciato, consunto; che ha lavorato fino allistupidimento, fino a sentirsi rompere il cervello e sospira di riuscire a scrivere anche un solo romanzo, come Turgenev e Tolstoj scrivono le loro opere. Tuttavia egli si proclama letterato in tono di fierezza e di sfida e si considera il rappresentante di una nuova generazione e di una nuova classe sociale, che ancora non hanno trovato espressione letteraria. E, nonostante la sua opposizione alle aspirazioni politiche dellintelligencija, il primo valido esponente di essa nel romanzo russo. Gogol, Goncarov e Turgenev, sostanzialmente esprimono ancora la mentalit nobiliare, anche se sostengono idee molto avanzate e, in contrasto con gli interessi della propria classe, sono fra i campioni dellevoluzione borghese della Russia. Dostoevskij giustamente annovera anche Tolstoj fra i rappresentanti di questa letteratura di possidenti, e lo chiama lo storiografo dellaristocrazia, che nei suoi grandi romanzi, soprattutto in Guerra e pace, si attiene alla forma della cronaca famigliare di Aksakov55. Per lo pi gli eroi di Dostoevskij, specie Raskolnikov, Ivan Karamazov, \catov, Kirillov, Stepan Verchovenskij, sono intellettuali borghesi, e lautore orienta la sua analisi della societ secondo il loro punto di vista, bench non si identifichi mai espressamente con

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loro. Ma per capire la visione di uno scrittore non importa tanto sapere quale causa egli sostenga, quanto con quali occhi egli consideri il mondo. Dostoevskij vede i problemi sociali del suo tempo, anzitutto il disgregarsi della societ e labisso sempre pi profondo tra le classi, dal punto di vista dellintelligencija, e per lui la soluzione pu venire solo dal ricongiungersi della gente colta al popolo ingenuo e credente da cui si allontanata. Tolstoj giudica gli stessi problemi dal punto di vista della nobilt e spera il risanamento sociale dallintesa fra contadini e signori terrieri. Il suo pensiero rimane vincolato alle idee di un feudalesimo patriarcale, e anche quei personaggi che meglio incarnano le sue idee, Levin e Pierre Bezuchov, sono al pi benefattori del popolo, ma non veri democratici. Invece nel mondo di Dostoevskij domina una perfetta democrazia spirituale. Tutti i suoi personaggi, ricchi e poveri, aristocratici e plebei, lottano con gli stessi problemi morali. Mykin, il ricco principe, e Raskolnikov, il povero studente, sono entrambi esuli, vagabondi, decaduti e reietti e non hanno posto nella moderna societ borghese. In certa misura tutti i suoi eroi ne sono esclusi e formano un mondo senza classi, in cui dominano rapporti puramente spirituali. In quel che fanno essi si impegnano con tutto lessere loro, con tutta lanima, e nella meccanica monotonia del mondo moderno rappresentano unutopica realt dellintelletto e dellanima. Noi non abbiamo interessi di classe, perch, a rigore, non abbiamo classi e perch lanima russa pi grande dei contrasti, degli interessi e della giustizia di classe, scrive Dostoevskij nel Diario di uno scrittore; e nulla pi caratteristico del suo modo di pensare di questa affermazione che contraddice alla sua consapevolezza desser diverso dai suoi nobili colleghi proprio per una differenza di classe. Il medesimo Dostoevskij che pone una cesura cos netta tra s e gli esponenti della letteratu-

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ra dei possidenti e come scrittore fonda la sua ragion dessere sulla sua natura di intellettuale plebeo, daltra parte nega le classi e crede al primato di rapporti spirituali fuori dogni legame sociale. Pi volte si insistito sullanalogia fra la posizione sociale dello scrittore russo e quella di Dickens. stato osservato che entrambi erano figli di gente senza salde radici sociali e fin da giovani conobbero linsicurezza sociale e la condizione di spostati56. Il padre di Dostoevskij era un medico militare e la madre era figlia di un mercante. Il padre aveva acquistato una piccola propriet e fatto educare i figli in una scuola frequentata specialmente da giovani nobili. La madre mor presto e il padre, datosi al bere, venne ucciso dai suoi contadini che, a quanto pare, egli maltrattava. Cos, da un livello sociale relativamente rispettabile, Dostoevskij cadde al livello di quel proletariato intellettuale, da cui egli si sentiva attratto e insieme respinto. Nulla di pi verosimile che, per Dickens come per Dostoevskij, il loro atteggiamento verso la societ, contraddittorio e per molti aspetti confuso, sia connesso con la posizione incerta del padre e con la loro precoce esperienza della degradazione sociale. Nella storia del romanzo sociale Dostoevskij ha anzitutto il merito di averci dato la prima rappresentazione naturalistica della grande citt moderna con la sua popolazione piccolo-borghese e proletaria, i bottegai e gli impiegati, gli studenti e le prostitute, i perdigiorno e gli affamati. La Parigi di Balzac era ancora una selva romantica, teatro di fantastiche avventure e di prodigiosi incontri, uno scenario dipinto a violento chiaroscuro, un paese di fiaba dove la ricchezza abbagliante stava accanto alla povert pittoresca. Invece Dostoevskij dipinge il quadro della gran citt grigio su grigio, come un luogo di cupa, incolore miseria. Egli ne mostra i sordidi uffici, le bettole soffocanti, le camere ammobiliate, quelle

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casse da morto comegli le chiama in cui consumano i loro giorni le pi tristi vittime della vita cittadina. Tutto ci ha un chiaro significato sociale e una punta politica; ma Dostoevskij si sforza di eliminare dai suoi personaggi i coefficienti di classe. Egli abbatte le barriere economiche e sociali e li mescola tutti insieme, come se veramente esistesse per gli uomini un comune destino. In lui spiritualismo e nazionalismo hanno la stessa funzione: servono a creare la leggenda di un essere morale che vive secondo leggi che trascendono la nascita, la classe e la cultura. In Gonarov, Turgenev e Tolstoj le caratteristiche di classe dei personaggi rimangono; il fatto chessi siano nobili, borghesi o popolani non mai trascurato n dimenticato. Invece Dostoevskij tralascia spesso queste distinzioni, anzi talvolta sembra farlo deliberatamente. Se tuttavia il carattere di classe riesce ad affermarsi nei suoi personaggi, e soprattutto i suoi intellettuali ci appaiono come un gruppo sociale ben definito, questo un trionfo del realismo che fa di Dostoevskij, a suo dispetto, un materialista. Ma questo materialismo non che una delle premesse invisibili e per lo pi inconsce, di una vera passione intellettuale, di unossessione che lo spinge ad esaurire fino allultimo le esperienze, a scrutare i sentimenti fin nel pi remoto impulso, ad approfondire sempre pi le idee, a esperimentarne le estreme conseguenze scendendo fino alle pi profonde sorgenti del subconscio. Gli eroi di Dostoevskij sono pensatori appassionati, impavidi, maniaci, in lotta disperata con le loro idee e i loro fantasmi come un tempo gli eroi dei romanzi cavallereschi con i mostri e i giganti. Per le idee essi soffrono, uccidono, muoiono; per essi la vita un compito filosofico e la loro unica incoercibile attivit, lunica sostanza della vita il pensiero. Essi lottano veramente con i mostri, con idee non ancor nate, indefinibili, amorfe, con problemi che non si possono risolvere, anzi

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neppur formulare. Non solo Dostoevskij il primo pensatore moderno che sappia rendere unesperienza intellettuale concreta e immediata come unesperienza sensibile, ma si spinge in regioni dello spirito ancora inesplorate. Egli scopre una nuova dimensione, una nuova profondit, una nuova intensit del pensiero. Certo la scoperta appare cos nuova anzitutto perch il romanticismo ci ha abituati a distinguere nettamente pensiero e sentimento, idea e passione, e a considerare oggetto di poesia soltanto sentimenti e passioni57. La vera novit dello spirito dostoevskiano consiste nel fatto chegli un romantico del pensiero e in lui le idee hanno la stessa forza emotiva, lo stesso impeto passionale, anzi patologico, che presso i romantici hanno il flusso e il tumulto dei sentimenti. La sintesi di intellettualismo e romanticismo la pietra miliare posta dallarte di Dostoevskij; da essa deriva la forma letteraria pi avanzata della seconda met dellOttocento, la forma pi adeguata alle esigenze artistiche di quel tempo inscindibilmente legato al romanticismo e irresistibilmente attratto dallintellettualismo. La rinunzia alluno o allaltro di questi elementi culturali, laffettazione neoclassica come listerismo neoromantico si erano rivelati vicoli ciechi; lespressionismo dostoevskiano invece poteva essere continuato, e adattato al nuovo senso della vita. Dostoevskij per oltre che sulle vette si muoveva anche nelle bassure del romanticismo. vero che lopera sua continua la letteratura di confessione dei romantici, ma anche il romanzo di delitti e di avventure58. Anche in questo egli il contemporaneo di Dickens uno scrittore che nella scelta dei suoi mezzi artistici non era pi difficile degli altri produttori di letteratura dappendice. Forse egli avrebbe davvero evitato certi difetti di gusto e certa trascuratezza, se avesse potuto lavorare come Tolstoj o Turgenev. Daltra parte il tono melodrammatico del suo stile era intimamente connes-

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so alla sua concezione del romanzo psicologico; e i mezzi drastici non servivano soltanto ad aumentare la tensione nel lettore, ma contribuivano anche a creare quella rovente atmosfera spirituale senza cui sarebbero inconcepibili le situazioni drammatiche dei suoi romanzi. Se si vuole, I fratelli Karamazov sono un romanzo giallo, Delitto e castigo un romanzo poliziesco, I demoni un romanzo di avventure, LIdiota un romanzo sensazionale; assassinio e delitto, segreti e sorprese, scene commoventi e orrende, stati morbosi e macabri vi hanno una parte preminente. Ma sarebbe un errore credere che tutto questo miri unicamente a compensare il lettore dellastratto contenuto intellettuale; anzi il poeta vuol suscitare il senso che i processi spirituali su cui simpernia la storia sono elementari quanto gli impulsi pi primitivi. In Dostoevskij ritroviamo tutta la galleria degli eroi romantici: leroe byroniano bello, forte, misterioso e solitario (Stavrogin), il personaggio impulsivo, sfrenato, pericoloso, ma bonario (Rogozin e Dmitrij Karamazov), le figure angeliche e luminose (My\kin e Al\a), le prostitute dallanima pura (Sonja e Nata\a Filippovna), il vecchio dissoluto (Fdor Karamazov), il forzato evaso (Fedka), il beone depravato (Lebjadkin) e cos via. Vi ritroviamo tutti gli elementi e le caratteristiche del romanzo nero e avventuroso: la ragazza sedotta e abbandonata, il matrimonio segreto, le lettere anonime, lassassinio misterioso, la pazzia, gli accessi epilettici, lo schiaffo clamoroso, soprattutto e ripetutamente le scene di pubblico scandalo che portano a unesplosione59. Queste specialmente mostrano che cosa sappia trarre Dostoevskij dai mezzi del romanzo sensazionale. Non solo esse gli servono, come si potrebbe credere, per finali e colpi di scena, ma fin dal principio incombono come un pericolo, e suscitano il senso che le grandi passioni e le condizioni elementari dellanima

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urtano sempre contro i limiti della convenzione e della tolleranza sociale. LUtopia spirituale in cui vive leroe di Dostoevskij si rivela una stretta gabbia; appena limmanenza della sua vita viene forzata, tosto ne nasce lo scandalo. In queste scene di scandalo essenziale la presenza di un pubblico straordinariamente misto, lintervento degli elementi socialmente pi disparati. Sia nella grande scena in casa di Nataa Filippovna, nellIdiota, come in quella presso Varvara Petrovna, nei Demoni, tutti coloro che vi partecipano sono raccolti, come per provare che la differenziazione sociale non pu reggere di fronte alla catastrofe generale. Ognuna di queste scene come un sogno angoscioso; una folla di gente stipata in uno spazio incredibilmente stretto e latmosfera dincubo mostra quale sinistro potere abbia per Dostoevskij la societ con le sue differenze di classe e di rango, i suoi tab e i suoi veti. Per lo pi i critici mettono in rilievo la struttura drammatica dei grandi romanzi di Dostoevskij; senonch di solito questa caratteristica formale viene interpretata come un puro espediente per effetti teatrali e viene contrapposta allampio, epico flusso dei romanzi tolstoiani. Eppure la tecnica drammatica in Dostoevskij non serve solo per le scene culminanti, in cui confluiscono le fila dellazione e scoppia il conflitto fino allora incombente, ma piuttosto anima tutta lazione ed esprime una visione affatto diversa da quella epica. Per Dostoevskij il senso della vita non nel suo carattere temporale, nel sorgere e nello svanire delle sue mete, nei ricordi e nelle illusioni, negli anni, giorni e ore che cadono lun sullaltro a seppellirci; ma in quei momenti eccelsi in cui le anime sono messe a nudo, ridotte a una formula semplice e chiara, in cui esse sentono la loro indubbia sostanza, si dichiarano identiche a se stesse e in armonia con il proprio destino. Sullesistenza di simili momenti si fonda il tragico ottimismo di Dostoevskij,

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quella riconciliazione con il destino, che la tragedia greca chiamava catarsi. Su ci si fonda la sua filosofia opposta al pessimismo e al nichilismo di Flaubert. Dostoevskij ha sempre indicato il senso della massima felicit e della perfettissima armonia come unesperienza di eternit; tale soprattutto lo stato di Mykin prima degli attacchi epilettici e i cinque secondi di Kirillov, quel gaudio, comegli afferma, che non si potrebbe sopportare pi a lungo. Per descrivere unesistenza che culmina in momenti simili, la concezione flaubertiana del romanzo, fondata tutta sul senso del tempo, dovette subire tali trasformazioni, che spesso il risultato pare non avere pi nulla di comune con il romanzo in senso tradizionale. Se vero che la forma dostoevskiana continua direttamente il romanzo sociale e psicologico, anche vero che essa d lavvio a un nuovo processo. Quella che si suol chiamare la sua struttura drammatica si regge su un principio formale affatto diverso dallunit propria dei romanzi damore e della formazione intima, che con il romanticismo serano sostituiti alla vecchia forma picaresca. Il romanzo dostoevskiano piuttosto un ritorno a questultima, gi per il solo fatto che i momenti drammatici vi sono dispersi, costituendo dei punti di concentrazione indipendenti. Abolendo in questo modo la continuit a favore di una serie di episodi essenziali, carichi di potenza espressiva, ma combinati a mosaico, esso precorre il principio formale del moderno romanzo espressionistico. La narrazione cede il passo alla spiegazione, allanalisi psicologica e alla discussione filosofica, e il romanzo diventa una raccolta di dialoghi e intimi monologhi, accompagnati da commenti e digressioni dellautore. Spesso questo metodo sallontana dal naturalismo come stile non meno che dal romanzo come genere epico. Innegabilmente per lacutezza dellosservazione psicologica Dostoevskij rappresenta la forma pi evolu-

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ta del romanzo naturalistico; ma se per naturalismo sintende la rappresentazione di quel che normale, medio, quotidiano, bisogna vedere una reazione al naturalismo nel suo amore per le situazioni estreme quasi da allucinazione, per i caratteri fantasticamente esagerati. Dostoevskij stesso definisce la sua posizione storico-stilistica con perfetta esattezza: Mi chiamano psicologo, dice; falso, io non sono che un realista in senso pi alto, cio descrivo tutti gli abissi dellanima umana. E per lui questi abissi sono appunto gli aspetti irrazionali, demoniaci, visionari e spettrali delluomo; elementi che richiedono un naturalismo che non si limiti alla verit superficiale; che rivelano fenomeni in cui gli elementi della vita reale si mescolano, fantasticamente disordinati e acuiti. Egli dichiara: Il realismo nellarte lamo fuor di misura, il realismo che, per cos dire, giunge al fantastico... Che cosa pu apparirmi pi fantastico e inatteso della realt? Anzi, che cosa pu essere pi inverosimile? Non c definizione pi esatta dellespressionismo e del surrealismo. Quelle che in Dickens erano ancora puntate puramente occasionali, e per lo pi inconsce, in quella zona che sta al limite fra sogno e realt, esperienza e allucinazione, qui diventa una costante apertura sui misteri della vita. In questo modo si prepara la rottura con lo scientifismo dellarte naturalistica. Un nuovo spiritualismo sta sorgendo dalla reazione allorientamento scientifico, dalla rivolta contro il naturalismo, dalla diffidenza per la visione scientifica del mondo e per il modo razionalistico di affrontare i problemi. La vita stessa ora viene sentita come qualcosa di essenzialmente irrazionale; si crede di percepire da ogni parte voci misteriose, e larte ne diventa leco. Nonostante i profondissimi contrasti, c una fondamentale analogia tra latteggiamento di Dostoevskij e quello di Tolstoj di fronte al problema dellindividuali-

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smo e della libert. Entrambi considerano il distacco dellindividuo dalla societ, la sua solitudine e il suo isolamento, come il peggiore dei mali. Entrambi vogliono ad ogni costo evitare il caos che minaccia di travolgere gli uomini resi cos solitari. Specialmente in Dostoevskij tutto simpernia sul problema della libert e i suoi grandi romanzi, in fondo, non sono che analisi e interpretazioni di questidea. Il problema in s non era nuovo; i romantici vi si erano sempre affaticati e dal 1830 esso era al centro del pensiero filosofico e politico. Per il romanticismo libert significava la vittoria dellindividuo sulla convenzione; libera e creatrice era ritenuta una personalit che avesse la forza intellettuale e il coraggio di trascurare i pregiudizi estetici e morali del suo tempo. Per Stendhal il problema quello stesso del genio, in particolare del genio di Napoleone il cui successo, egli pensa, dipende dalla brutale imposizione della sua volont, della sua personalit, della sua grandezza. Larbitrio del genio e i sacrifici chesso richiedeva gli parevano il prezzo dovuto dal mondo alleroe dello spirito. Su questa via il Raskolnikov di Dostoevskij rappresenta la tappa successiva. Lindividualismo geniale trova in questa figura una forma astratta, virtuosistica, la forma, per cos dire, del gioco. La personalit esige le sue vittime non pi nellinteresse di unidea superiore, di un fine obiettivo, di unopera praticamente valida, ma semplicemente per provare la propria attitudine allazione libera e sovrana. Lazione in s diventa affatto secondaria; il problema puramente formale: la libert dellindividuo in se stessa un valore? La risposta di Dostoevskij non certo cos chiara come potrebbe a prima vista sembrare. Lindividualismo porta al caos e allanarchia, ma dove portano la costrizione e lordine? Il problema trova la sua espressione ultima e pi profonda nel racconto del Grande Inquisitore, e la soluzione a cui giunge qui Dostoevskij pu considerarsi il risultato

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di tutta la sua filosofia morale e religiosa. Labolizione della libert cristallizza le istituzioni e sostituisce alla religione la Chiesa, allindividuo lo Stato, allinquietudine di chi domanda e ricerca lacquietamento nel dogma. Cristo intima libert, ma anche lotta senza fine; la Chiesa intima costrizione, ma anche pace e sicurezza. Si vede come sia dialettico il pensiero di Dostoevskij e quanto sia difficile definirne chiaramente la posizione etica e politico-sociale. Il tanto deprecato reazionario e dogmatico conclude lopera sua con un problema aperto. Per Tolstoj la questione dellindividualismo di gran lunga meno importante che per Dostoevskij, ma pur sempre la chiave per comprendere le sue figure psicologicamente pi interessanti e moralmente pi significative. Soprattutto la figura di Levin tutta costruita per essere lesponente di questo problema, e la violenza dei suoi intimi conflitti rivela quanto sia dura la lotta di Tolstoj con lidea dellisolamento e lo spettro delluomo abbandonato a se stesso. Dostoevskij aveva ragione: Anna Karenina non un libro innocuo. pieno di dubbi, scrupoli, timori. Il motivo fondamentale, che quello poi che lega la storia di Anna con quella di Levin, anche qui lappartarsi dellindividuo dalla societ e il pericolo di diventarle estranei. Lo stesso destino, che colpisce Anna per il suo adulterio, minaccia Levin per il suo individualismo, la sua visione anticonformista, i suoi strani dubbi e problemi. Entrambi si espongono al rischio di venir espulsi dalla societ della gente normale e rispettabile. Ma, mentre Anna rinunzia senzaltro allapprovazione della societ, Levin fa ogni sforzo per non perderne lappoggio. Egli accetta il giogo matrimoniale, amministra la sua terra come fanno i suoi vicini, si piega alle convenzioni e ai pregiudizi del suo ambiente; in breve, disposto a tutto, pur di non diventare uno spostato, un escluso, un eccentrico, uno stravagante60.

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Ma nellanti-individualismo di Dostoevskij e di Tolstoj si svela tutta la differenza della loro mentalit. Le obiezioni di Dostoevskij sono di natura irrazionale e mistica; per lui il principium individuationis significa la negazione dello spirito universale, lunit originaria, lidea divina che, in forma storicamente concreta, si manifesta come popolo, nazione, comunit sociale. Tolstoj invece respinge latteggiamento individualistico semplicemente per motivi razionali, eudemonistici; lassoluta libert personale non pu portare alluomo n felicit, n soddisfazione; sollievo e contentezza egli pu trovare soltanto nella rinunzia al proprio io e nellaltruismo. Fra i due scrittori si ripropone quel rapporto significativo, esemplare, profondamente tipico, che gi era intercorso fra Voltaire e Rousseau e che si era ripresentato in termini analoghi fra Goethe e Schiller61. In tutti questi casi si tratta dellantitesi di razionalismo e irrazionalismo, senso e intelletto, o, come si esprime Schiller, di spontaneo e sentimentale. Nei tre casi il contrasto si pu ricondurre alle differenze sociali degli antagonisti: ogni volta un aristocratico, un patrizio sta di fronte a un plebleo, a un ribelle. Certamente si deve soprattutto alla sua natura aristocratica se tutta larte e il pensiero di Tolstoj si radicano nellidea del corporeo, dellorganico, del naturale. Lo spiritualismo di Dostoevskij invece, la sua natura speculativa, il procedere dinamico, dialettico del suo pensiero si spiegano con la sua origine borghese e la sua plebea mancanza di vincoli. Laristocratico si afferma col semplice fatto di essere, grazie allorigine, alla razza; ma il plebeo deve tutto al suo talento, alle sue attitudini e alle sue azioni. Il rapporto tra signori feudali e scrivani non mutato nel corso dei secoli, anche se talvolta il signore diventato egli stesso una specie di scrivano. Il contrasto tra la discrezione di Tolstoj e lesibizionismo di Dostoevskij, tra il nobile ritegno delluno e

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com detto nei Demoni il danzar nudo in pubblico dellaltro, risulta dallo stesso divario sociale che divide Voltaire da Rousseau. Pi difficile invece riferire a premesse sociologiche le peculiarit di stile e di carattere: cio misura disciplina, ordine per luno; assenza di forma, caos, anarchia per laltro. In certe circostanze la dismisura dellaristocratico come del plebeo, e sappiamo che larte borghese dimostra spesso una tendenza al rigorismo non inferiore a quella dellarte aulica. Nella composizione delle sue opere Tolstoj eccessivo e arbitrario quanto Dostoevskij; per questo riguardo sono entrambi anarchici. Ma in Tolstoj c un riserbo maggiore nello scrutare gli abissi dellanima e un pi esigente criterio nella scelta dei mezzi destinati a commuovere. Larte sua molto pi elegante, pura e gradevole di quella di Dostoevskij e, di contro a questo tipico rappresentante della nevrosi ottocentesca, a ragione lo si detto un figlio del Settecento. Rispetto a Dostoevskij romantico, mistico, dionisiacamente estatico, egli ha, pi o meno, laria di un classico o, se vogliamo mantenere la terminologia di Nietzsche, di una natura apollinea, plastica, statuaria. In contrasto con la natura problematica di Dostoevskij, tutto il suo modo di pensare ha un carattere positivo, nel senso che gli attribuiva Goethe quando diceva di voler sentire lopinione altrui espressa in forma positiva, perch di problematico ne aveva abbastanza in se stesso. Il detto, se non per la forma certo per la sostanza, potrebbe essere di Tolstoj, che appunto disse qualcosa di simile a proposito di Dostoevskij. Egli lo paragonava a un cavallo che alla prima occhiata fa una splendida impressione e pare valga mille rubli; ma a un tratto ci si accorge che ha un difetto nellandatura e zoppica, e si conclude con rincrescimento che non vale un soldo. Effettivamente Dostoevskij aveva un difetto e, accanto al robusto, sano Tolstoj, lascia sempre un po unimpressione

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patologica, come Rousseau di fronte al ragionevole ed equilibrato Voltaire. Ma qui le categorie non si possono pi distinguere cos nettamente come in Voltaire e in Rousseau. Lo stesso Tolstoj rivela tutta una serie di tratti che per molti riguardi lo pongono assai pi di Dostoevskij vicino a Rousseau. Il suo ideale di semplicit, naturalezza e sincerit non che una variante del rousseauiano disagio della cultura, e la sua nostalgia dellidillico villaggio patriarcale non che una nuova forma della vecchia avversione romantica alla civilt. Non per nulla egli cita le parole di Lichtenberg, che lumanit sarebbe perduta se non ci fossero pi selvaggi. Ma anche questi aspetti alla Rousseau non sono che espressione del timore della solitudine, dello sradicamento, dellesclusione dalla societ. Tolstoj condanna la civilt moderna per i suoi effetti di differenziazione, e larte di Shakespeare, di Beethoven e di Pukin, perch divide, invece di unirli, i vari strati dellumanit. Quel che nelle teorie di Tolstoj potrebbe dirsi collettivismo e lotta contro le distinzioni di classe, non ha nulla a che vedere con la democrazia e il socialismo; piuttosto la nostalgia di un intellettuale solitario per una comunit da cui egli spera anzitutto la propria salvezza. Quando Cristo invit il giovane ricco a distribuire ai poveri tutto quanto possedeva non voleva, secondo lesegesi di Henry George, aiutare i poveri, ma solo il giovane ricco. Anche lintento di Tolstoj di aiutare anzitutto il giovane ricco. Lautoperfezionamento e la salvezza dellanima sono il suo vero scopo. Spiritualismo ed egocentrismo determinano il carattere irreale, utopico del messaggio sociale tolstoiano e le intime contraddizioni della sua dottrina politica. Questa morale strettamente privata implica il quietismo, il rifiuto dellopposizione violenta al male, e lo sforzo di riformare le anime invece della realt. Nulla pi dannoso per gli uomini, scrive nel suo appello Al popolo lavoratore dopo la rivo-

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luzione del 1905, dellidea che le cause della loro miseria stiano nelle condizioni esteriori, anzich in loro stessi. La passivit di Tolstoj di fronte alla realt esteriore corrisponde allo spirito pacifico della soddisfatta classe dominante e il suo lambiccato moralismo di autoaccusa e di autotormento del tutto estraneo al pensiero e al sentimento del popolo. Ma Tolstoj, come Dostoevskij, non si lascia costringere in una definizione politica troppo stretta. Egli un inflessibile osservatore della realt sociale, un sincero amico della verit e della giustizia e un implacabile critico del capitalismo, bench giudichi i difetti e le colpe della moderna societ unicamente dal punto di vista del contadino e delleconomia agricola; daltra parte, egli non vede le vere cause del male e predica una morale che a priori significa la rinunzia ad ogni attivit politica62. Tolstoj non un rivoluzionario, anzi un nemico aperto di ogni atteggiamento rivoluzionario; tuttavia, a differenza dei fautori dellordine e della pace sociale in Occidente, come Balzac, Flaubert e i Goncourt, egli tollera il terrore governativo ancor meno di quello rivoluzionario. Lassassinio di Alessandro II non lo scuote affatto, ma allesecuzione degli attentatori reagisce con una protesta63. Nonostante i suoi pregiudizi e i suoi errori, Tolstoj rappresenta unimmensa forza rivoluzionaria. La sua lotta contro le menzogne dello stato poliziesco e della Chiesa, il suo entusiasmo per la comunit contadina e lesempio della sua stessa vita, qualunque sia stato lintimo motivo della sua conversione e della sua fuga finale, sono da considerare tra i fermenti che disgregano la vecchia societ e favoriscono non solo la rivoluzione russa, ma il movimento rivoluzionario contro il capitalismo in tutta Europa. Di fatto, per Tolstoj si pu parlare non solo di trionfo del realismo, ma anche di trionfo del socialismo; non solo della spre-

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giudicata pittura sociale di un aristocratico, ma anche dellefficacia rivoluzionaria di un reazionario nato. Lintransigente razionalismo impedisce allarte e alla dottrina filosofica di Tolstoj di finire nella sterilit e nellinefficienza. Il suo sguardo acuto e obiettivo per i fatti fisici e psichici e la sua ripugnanza ad ingannare se stesso e gli altri mantengono la sua religiosit fuori da ogni misticismo e dogmatismo e fanno del suo moralismo cristiano un efficace fattore politico. Lentusiasmo di Dostoevskij per lortodossia russa gli estraneo quanto in genere la religiosit degli slavofili. Anche alla fede egli giunge per una via razionale, pragmatica, non spontanea64. Tutto razionale il processo della sua cosiddetta conversione, senza alcuna immediata esperienza religiosa. Fu, comegli dice nella sua Confessione, il senso di paura di chi orfano e solo a far di lui un cristiano. Non unesperienza mistica di Dio e dellaldil, ma la scontentezza di s, laspirazione a trovare un senso e uno scopo alla vita, la disperazione per la propria nullit e inconsistenza, e soprattutto linfinita paura della morte fanno di lui un credente. Egli diventa un apostolo dellamore, perch ha coscienza di mancare damore; esalta la solidariet umana per contrastare alla propria sfiducia e al proprio disprezzo verso gli uomini; e afferma limmortalit dellanima umana, perch non pu sopportare lidea della morte. Tutta la sua esperienza religiosa unascesi razionalmente intesa a uno scopo, un esercizio di cristianesimo secondo il modello orientale. Ma la sua fuga dal mondo aristocraticamente altera, non gi cristianamente umile; al mondo egli rinunzia, perch il mondo non si lascia completamente dominare e possedere. Il concetto della grazia lunico elemento irrazionale nella concezione religiosa di Tolstoj. Nei suoi Racconti popolari lo scrittore riprende una vecchia leggenda dorigine medievale. In tempi remoti viveva in unisola

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deserta un santo eremita. Un giorno, presso la sua capanna, approdarono dei pescatori, fra cui un vecchio cos semplice che non riusciva quasi ad esprimersi e non sapeva nemmeno pregare. Leremita, profondamente turbato da tanta ignoranza, con molta fatica gli insegn il Paternoster. Il vecchio lo ringrazi caldamente e, con gli altri pescatori, lasci lisola. Dopo qualche tempo, quando il battello era ormai sparito in lontananza, a un tratto il santo scorse allorizzonte una figura umana che si avvicinava allisola camminando sullo specchio delle acque. Ben presto riconobbe il vecchio, il suo scolaro, e, quando questi tocc terra, gli and incontro muto e sbalordito. Balbettando, il vecchio gli fece capire che aveva dimenticato la preghiera. Tu non hai bisogno di pregare, rispose leremita, e conged il vecchio che, librandosi sullacqua, saffrett verso il battello dei pescatori. Il senso di questa storia sta nellidea di una salvezza eterna non legata ad alcun criterio morale. In un altro racconto degli anni tardi, Padre Sergio, Tolstoj rappresenta lo stesso motivo dal lato opposto: la grazia, che ad uno viene concessa senza che faccia nessun sforzo e apparentemente senza merito, rimane negata allaltro, nonostante ogni pena e ogni tormento, nonostante i sacrifici sovrumani e leroica vittoria su se stesso. Questo concetto della grazia, per cui lelezione sta al di sopra del merito e la predestinazione viene assimilata alla nascita e alla fortuna, evidentemente si lega pi con lorigine aristocratica di Tolstoj che con il suo cristianesimo. Lottimismo dellaristocratico sano e sicuro di s, che ancora domina in Guerra e pace, e fa del romanzo unapoteosi della vita animale, vegetativa, organicamente creatrice, un grande idillio, uningenua epopea e sul suo coronamento, come osserva cos gustosamente Merekovskij, il poeta pianta come bandiera che indichi la via allumanit le fasce dei bimbi di Nataa65

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questo ottimismo panteistico si oscura in Anna Karenina e si avvicina al pessimismo della letteratura occidentale; ma la delusione per larida e convenzionale civilt moderna ha qui tuttaltro carattere che in Flaubert e in Maupassant. Il trionfo della vita reale sul romanticismo dei sentimenti gi in Guerra e pace si contaminava di una certa malinconia, e anche prima, ad esempio in Felicit domestica, Tolstoj aveva avuto toni flaubertiani nel descrivere il degenerare delle grandi passioni, specialmente il decadere dellamore ad amicizia. Ma il dissidio tra ideale e realt, poesia e prosa, giovinezza e vecchiaia non mai in lui cos sconsolato come nei francesi. La sua delusione non porta mai al nichilismo, n allaccusa contro tutto quel che ha corpo e vita. Nel romanzo occidentale leroe venuto a conflitto con la realt commisera e drammatizza se stesso con troppe querimonie; la colpa dellurto sempre delle condizioni esteriori: societ, stato, ambiente. In Tolstoj invece, quando si giunge al conflitto, lio soggettivo colpevole quanto la realt obiettiva66. Se la vita che delude troppo arida, leroe deluso per troppo sentimentale, poetico, utopico; alla vita manca, vero, ogni tolleranza verso i sognatori, ma a questi manca il senso della realt. Da questa concezione dellio e del mondo, diversa da quella di Flaubert, dipende soprattutto la profonda differenza di forma tra il romanzo occidentale e quello tolstoiano. Di fatto, questo lontano dalla norma naturalistica almeno quanto quello di Dostoevskij; ma in senso opposto. Se i romanzi di Dostoevskij hanno una struttura drammatica, i suoi hanno carattere epico, sono veramente simili allepos. Non c lettore attento che non ne abbia sentito il maestoso, omerico fluire, lampiezza panoramica e il panteistico senso della vita. Tolstoj stesso si era paragonato a Omero, e il paragone diventato una formula costante nella critica. Omerica sempre apparsa la sua forma, aliena da ogni risalto

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romantico e drammatico, la sua rinunzia allesasperazione e allintensit del dramma. Laccentramento drammatico del romanzo, maturato con il trapasso dalla forma picaresca del Settecento a quella biografica del preromanticismo, non si riscontra ancora in Guerra e pace. Egli considera il conflitto tra individuo e societ non come una tragedia inevitabile, ma come una calamit che egli, come i settecentisti, fa risalire alla mancanza di perspicacia, dintelligenza e di seriet morale. Egli vive ancora nellet illuministica della Russia, in unatmosfera intellettuale di fiducia nel mondo e nellavvenire. Ma, lavorando ad Anna Karenina, quellottimismo viene meno, e soprattutto viene meno la sua fede nellarte, dichiarata del tutto inutile, anzi dannosa, a meno che non rinunci alle raffinatezze e alle trovate del naturalismo e dellimpressionismo moderno, e da articolo di lusso diventi bene comune dellumanit. Nellestraniarsi dellarte dalle grandi masse e nel restringersi del pubblico a una cerchia sempre pi angusta, Tolstoj riconobbe un reale pericolo. indubbio che lampliarsi di quella cerchia e il contatto con ceti culturalmente meno esclusivi sarebbe stato un vantaggio per larte. Ma un tale mutamento non poteva prodursi se non contrastando lattivit degli artisti cresciuti nella tradizione dellarte moderna e favorendo invece con ogni mezzo, e a svantaggio di quelli, lattivit dei dilettanti che a questa tradizione erano estranei? Col suo rifiuto della grande evoluzione dellarte moderna e la sua predilezione per le forme dellarte primitiva, universalmente umana, Tolstoj si palesa ancora discendente di Rousseau, non meno di quando contrappone il villaggio alla citt e identifica la questione sociale con quella dei contadini. Che per esempio egli trascurasse Shakespeare, perfettamente comprensibile. Come poteva piacere il manierismo di un poeta, anche grandissimo, a un puritano che odiava ogni forma di esuberanza e di virtuosismo? Ma

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incomprensibile che il creatore di opere darte cos raffinate come Anna Karenina e La morte di Ivan Ilic, in tutta la letteratura moderna accettasse senza riserve, oltre a La capanna dello zio Tom, solo I masnadieri di Schiller, I Miserabili di Victor Hugo, I racconti di Natale di Dickens, Le memorie dalla casa dei morti di Dostoevskij e Adam Bede di George Eliot67. Latteggiamento di Tolstoj di fronte allarte pu essere inteso soltanto come il sintomo di un mutamento storico, come il segno di unevoluzione che conclude la cultura estetica dellOttocento e produce una generazione che nellarte torna a vedere anzitutto la mediatrice delle idee68. Questa generazione vener nellautore di Guerra e pace non solo il grande poeta, non solo il creatore del massimo romanzo della letteratura universale, ma pi ancora il riformatore sociale e il fondatore di una religione. Tolstoi ebbe la fama di Voltaire, la popolarit di Rousseau, lautorit di Goethe e, pi di tutto questo, divenne una figura leggendaria, il cui prestigio ricordava gli antichi veggenti e profeti. Jasnaja Poljana divenne meta di pellegrinaggio per uomini dogni nazione, classe e cultura, che ammiravano come un santo il vecchio conte con la blusa da contadino. Gorkij non devessere stato lunico a pensare, vedendolo: Questuomo simile a Dio! Confessione di un miscredente che cos chiude i suoi ricordi su Tolstoj69. E forse, come Thomas Mann, molti altri ebbero il senso che dopo la sua morte lEuropa fosse rimasta senza padrone70. Ma erano soltanto sentimenti e stati danimo, parole di riconoscenza e di fedelt. Senza dubbio Tolstoj fu come la viva coscienza dellEuropa, il grande maestro ed educatore che meglio di ogni altro seppe esprimere linquietudine morale e la volont di rinnovamento spirituale della sua generazione; ma con il suo ingenuo orientamento alla Rousseau e con il suo quietismo non avrebbe certo potuto rimanere padrone del-

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lEuropa, se mai lo fu. Infatti, come pensava echov, per un artista pu bastare porre giustamente i problemi, ma per un uomo che debba regnare sul suo secolo necessario che sappia anche giustamente risolverli.
a. paul opp, Art, in Early Victorian England, a cura di G. M. Young, 1934, II, p. 154. 2 ruskin, Stones of Venice, III, in Works, 1904, XI, p. 201. 3 h. w. singer, Der Prraffaelismus in England, 1912, p. 51. 4 Cfr. a. clutton-brock, William Morris. His Work and Influence, 1914, p. 9. 5 d. c. somervell, English Thought in the 19th Century, 1947, 5a ed., p. 153. 6 christian eckert, John Ruskin, in Schmollers Jahrbuch, XXVI, 1902, p. 362. 7 e. batho - b. dobre, The Victorians and After, 1938, p. 112. 8 a. clutton-brock, William Morris ecc. cit., p. 150. 9 Ibid., p. 228. 10 william morris, Art under Plutocracy, 1883. 11 m. louis cazamian, Le Roman social en Angleterre (1830-1850), II, 1935, pp. 250-51. 12 Ibid., I, 1934, pp. 11-12, 163. 13 w. l. cross, The Development of the English Novel, 1899, p. 182. 14 m. l. cazamian, Le roman social ecc. cit., I, p. 8. 15 a. h. thorndike, Literature in a Changing Age, 1920, pp. 24-25. 16 Cfr. q. d. leavis, Fiction and the Reading Public, 1939, p. 156. 17 g. k. chesterton, Charles Dickens, 1917, 11a ed., pp. 79, 84. 18 amy cruse, The Victorians and their Books, 1936, 2a ed., p. 158. 19 osbert sitwell, Dickens, 1932, p. 15. 20 Cfr. m. l. cazamian Le roman social ecc. cit., I, pp. 209 sgg. 21 t. a. jackson, Charles Dickens, 1937, pp. 22-23. 22 humphrey house, The Dickens World, 1941, p. 219. 23 Cfr. il discorso di Dickens a Birmingham il 27 settembre 1869. 24 Cfr. h. house, The Dickens World cit., p. 209. 25 hippolyte taine, Histoire de la littrature anglaise, 1864, IV, p. 66. 26 o. sitwell, Dickens cit., p. 16. 27 q. d. leavis, Fiction ecc. cit., pp. 33-34, 42-43, 158-59, 168-69. 28 m. l. cazamian, Le roman et les ides en Angleterre, I, 1923, p. 138. - elizabeth s. haldane, George Eliot and her Times, 1927, p. 292. 29 p. bourlhonne, George Eliot, 1933, pp. 128, 135. 30 ernest a. baker, History of the English Novel, VIIII, 1937, pp. 240-54.
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Arnold Hauser - Storia sociale dellarte e. batho - b. dobre, The Victorians and After cit., pp. 78-79, 91-92. 32 george eliot, Middlemarch, 1871-72, XV. 33 m. l. cazamian, Le roman social cit., p. 108. 34 j. w. cross, George Eliots Life as related in her Letters and Journal, 1885, p. 230. 35 f. r. leavis, The Great Tradition, 1948, p. 61. 36 alfred wtzer, Die Not der geistigen Arbeiter, in Schriften des Vereins fr Sozialpolitik, 1920. 37 g. lukacs, Moses Hess und die Probleme der idealistischen Dialektik, in Archiv fr die Geschichte des Sozialismus und der Arbeiterbewegung, xii, 1926, p. 123. 38 karl mannheim, Ideology and Utopy, 1936, pp. 136 sgg. - Man and Society in an Age of Reconstruction, 1940, pp. 79 sgg. 39 Cfr. hans speier Zur Soziologie der burggerlischen Intelligenz in Deutschland, in Die Gesellschaft, II, 1929, p. 71. 40 d. s. mirsky, Contemporary Russian Literature, 1926, pp. 42-43. 41 id., A History of Russian literature, 1927, p. 321-22. 42 m. n. pokrovsky, Brief History of Russia, I, 1933, p. 144. 43 d. s. mirsky, Russia. A Social History 1931, p 199. 44 janko lavrin, Pushkin and Russian Literature, 1947, p. 198. 45 d. s. mirsky, A History of Russian Literature, pp. 203-4. 46 Ibid., p. 204. 47 Ibid., p. 282. 48 t. g. masaryk, Zur russischen Geschichts- und Religionsphilosophie, 1913, I, p. 126. 49 turgenev in una lettera a Herzen dell8 novembre 1862. 50 e. h. carr, Dostoevsky, 1931. p. 268. 51 nikolaj berdjaev, Mirosozercanie Dostoevskogo, Praha 1923 [trad. it., La concezione di Dostoevskij, Torino 1945, p. 21]. 52 mirsky, A History of Russian Literature cit., p. 219. 53 e. h. carr, Dostoevsky cit., pp. 281 sgg. 54 Ibid., pp. 267-68. 55 dostoevskij, Diario di uno scrittore, febbraio 1877. 56 edmund wilson, The Wound and the Bow, 1941, p. 50. - rex warner, The Cull of Power, 1946, p. 41. 57 Cfr. d. s. MEREZKOVSKIJ, Tolstoj i Dostoevskij [trad. ted., Tolstoj und Dostojewskij, 1903, p. 232]. 58 vladimir pozner, Dostoievskij et le roman daventure, in Europe XXVII, 1931. 59 Ibid., pp. 135-36. 60 Cfr. lenon sestov, Dostoevskij i Nietzsche [trad. ted., Dostojewskij und Nietzsche, 1924, pp. 90-91].
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Arnold Hauser - Storia sociale dellarte t. mann, Goethe und Tolstoi, in Bemhungen, 1925, p. 33 [trad. it., Goethe e Tolstj, in Nobilit dello spirito, Milano 1954]. 62 n. lenin, L. N. Tolstoi (1910), in n. lenin - g. plechanov, L. N. Tolstoi im Spiegel des Marxismus, 1928, pp. 42-44. 63 d. s. mirsky, Contemporary Russian Literature cit., p. 8. 64 Ibid., p. 9. janko lavrin, Tolstoy, 1944, p. 94. 65 d. s. mereikovskij, Tolstoij Dostoevskij cit., p. 183. 66 g. lukcs, Nagy orosz realistk, Budapest 1946, p. 92 [trad. it., Saggi sul realismo, Torino 1950]. 67 tolstoj, Che cosa larte?, XVI. 68 Cfr. t. mann, Die Forderung des Tages cit., p. 283. 69 maksim gorkij, Letteratura e vita. 70 t. mann, Die Forderung des Tages cit., p. 278.
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Capitolo quarto Limpressionismo

Il confine fra naturalismo e impressionismo fluido, le due correnti non ammettono una precisa distinzione n storica, n concettuale. La gradualit del mutamento stilistico corrisponde alla continuit dello sviluppo economico dellepoca e alla stabilit dei rapporti sociali. Nella storia di Francia il 1871 ha unimportanza solo transitoria. Il predominio dellalta borghesia rimane sostanzialmente intatto e allimpero liberale subentra la repubblica conservatrice: quella repubblica senza repubblicani1, a cui ci si adatta, perch sembra assicurare il minor attrito possibile nella soluzione dei problemi politici. Ma con essa ci si riconcilia soltanto dopo che essa ha sterminato i comunardi, confortandosi con la teoria del salasso necessario e benefico2. Gli intellettuali assistono perplessi agli avvenimenti. Flaubert, Gautier, i Goncourt e molti altri con loro si sfogano in vituperi e imprecazioni contro i perturbatori. Al massimo, dalla repubblica sperano un riparo contro il clericalismo e nella democrazia vedono il male minore3. Il capitalismo finanziario e industriale continua la sua coerente evoluzione secondo lantico indirizzo; ma nel profondo avvengono mutamenti notevoli, sebbene ancora inavvertiti. Leconomia entra nello stadio del grande capitalismo e da libero gioco di forze si trasforma in un sistema rigidamente organizzato e razionalizzato, in una fitta rete di sfere dinteressi, zone doganali, situazioni

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di monopolio, cartelli, trusts e sindacati. E come questo accentramento sistematico delleconomia ha potuto esser designato come un fenomeno di senilit4, cos dovunque nella societ borghese si possono constatare indizi dincertezza e segni premonitori di dissoluzione. La Comune finisce con una sconfitta cos completa degli insorti, quale nessunaltra rivoluzione aveva ancora subito, ma la prima che sia sostenuta da un movimento operaio internazionale, e la borghesia ne esce, s, vittoriosa, ma con il senso di un pericolo acuto5. questintima crisi a rinnovare le tendenze idealistiche e mistiche e a suscitare contro il pessimismo prevalente la reazione di un forte movimento religioso. Soltanto nel corso di questo processo limpressionismo, perde il contatto con il naturalismo e, specie nella poesia, si trasforma in una nuova forma di romanticismo. Gli enormi progressi della tecnica non valgono a mascherare lintima crisi del tempo. Anzi la crisi stessa da considerarsi tra gli stimoli alle conquiste tecniche e al miglioramento dei metodi produttivi6. Certi aspetti dellatmosfera di crisi si fanno sentire in tutte le manifestazioni della tecnica. Soprattutto il ritmo frenetico dello sviluppo e il succedersi forzato dei mutamenti appaiono patologici, specie se confrontati con il progresso dei secoli precedenti e studiati nelle loro ripercussioni sullarte. Il rapido sviluppo della tecnica non affretta soltanto il variare delle mode, ma anche il mutare del gusto artistico; sovente esso porta a unassurda e sterile smania di novit, a una incessante aspirazione al nuovo in quanto nuovo. Gli imprenditori debbono accrescere ad arte il bisogno di prodotti pi moderni e alimentare continuamente lidea che la cosa nuova sia sempre la migliore, se vogliono realmente trarre profitti dalle conquiste della tecnica7. Ma la continua e sempre pi frequente sostituzione dei vecchi oggetti duso fa s che diminuisca sempre pi lattaccamento alle cose

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materiali, e ben presto anche a quelle dello spirito, sicch il ritmo dei mutamenti in campo filosofico e artistico finisce per adattarsi a quello delle mode. La tecnica moderna provoca cio una inaudita dinamizzazione della concezione del mondo, ed essenzialmente questo nuovo senso dinamico che si esprime nella vita. Un fenomeno imponente che va connesso con il progresso tecnico lo svilupparsi dei centri di cultura in vere e proprie metropoli moderne; queste sono il terreno in cui larte nuova affonda le sue radici. Limpressionismo larte urbana per eccellenza, e non solo perch scopre la citt e alla citt riporta, dalla campagna, la pittura di paesaggio, ma anche perch vede il mondo con gli occhi del cittadino e reagisce alle impressioni dallesterno con lipertensione nervosa delluomo educato alla tecnica moderna. uno stile urbano, perch ritrae la mutevolezza, il ritmo nervoso, le impressioni subitanee, nette ma labili, della vita cittadina. E appunto come tale rappresenta unimmensa espansione della percezione sensoriale, una nuova, acuita sensibilit, una nuova eccitabilit nervosa e, accanto allarte gotica e al romanticismo, rappresenta una fra le pi importanti svolte nella storia dellarte occidentale. Nel processo dialettico che percorre la storia della pittura, nellalternarsi di stasi e dinamismo, disegno e colore, ordine astratto e vita organica, limpressionismo segna lacme della tendenza dinamica che dissolve interamente la statica visione medievale. Come dalleconomia del tardo Medioevo al grande capitalismo corre una linea ininterrotta di sviluppo, cos anche dallarte gotica allimpressionismo; e luomo moderno, che concepisce tutta la sua vita come lotta e gara, che traduce in movimento e mutamento ogni forma di vita, che sente lesperienza del mondo sempre pi come esperienza del tempo, il prodotto di questo processo duplice, ma fondamentalmente unitario.

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Il prevalere del momento sulla durata e la stabilit, il senso che ogni fenomeno una costellazione transitoria e irripetibile, una labile onda del fiume in cui non si scende due volte, la pi semplice formula a cui si pu ridurre limpressionismo. Tutto il metodo impressionistico, con i suoi mezzi e i suoi trucchi, non mira che ad esprimere questa visione eraclitea, sottolineando che la realt non un essere, ma un divenire, non uno stato, ma un evento. Ogni quadro impressionistico il sedimento di un istante nel perpetuum mobile della vita, la rappresentazione di un labile equilibrio sempre minacciato nel gioco delle opposte forze. La visione impressionistica trasforma il quadro naturale in un processo, in qualche cosa che si forma e svanisce. Ogni cosa stabile e coerente, si risolve in essa in metamorfosi e la realt vi assume un volto non-finito e imperfetto. Viene cio perfettamente reso latto soggettivo del vedere, non pi lobiettivo substrato di esso vedere, con cui sinizia la storia della moderna pittura prospettica. La rappresentazione della luce, dellaria, dellatmosfera, la scomposizione della superficie colorata in macchie e tocchi, la dissoluzione del colore locale in tono, in valori prospettici e atmosferici, il gioco dei riflessi e delle ombre schiarite, il tocco virgolato, tremulo e guizzante e la pennellata scoperta, fluida, libera, tutto quel dipingere alla prima con il rapido disegno appena schizzato, il colpo docchio fuggevole, apparentemente distratto, e limmagine resa con virtuosistica approssimazione, in ultima analisi altro non esprimono se non quel senso di una realt mobile, dinamica, sempre mutevole che cominciato con la soggettivizzazione della rappresentazione pittorica attraverso la prospettiva. Un mondo di fenomeni che senza posa si rinnova per innumerevoli, impercettibili passaggi, suscita limpressione di un continuo in cui tutto confluisce; sicch a mutare solo latteggiamento, il punto di vista dellos-

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servatore. Unarte adeguata a questo mondo non solo accentuer il carattere momentaneo e transitorio dei fenomeni, non solo vedr nelluomo la misura delle cose, ma cercher il criterio del vero nellhic et nunc dellindividuo. Il caso sar per essa il principio di ogni esistenza e la verit del momento toglier valore ad ogni altra verit. Il primato dellistante, del divenire e del caso significa, espresso in termini estetici, il prevalere dello stato danimo sulla vita, cio di un rapporto con le cose, caratterizzato non solo dalla mutevolezza, ma dalla mancanza di qualsiasi impegno. In questa tendenza dellarte si esplica un atteggiamento fondamentalmente passivo di fronte alla vita, un adattarsi alla parte di spettatore, di soggetto recettivo e contemplante, cio una posizione di distacco, di attesa, di neutralit insomma, il puro atteggiamento estetico. Limpressionismo al sommo di questa cultura ed lestrema conseguenza della rinunzia romantica alla vita attiva. Come stile, limpressionismo un fenomeno singolarmente complesso. Per certi aspetti esso rappresenta soltanto la coerente evoluzione del naturalismo. Se con questo termine sintende il passaggio dal generale al particolare, dal tipico allindividuale, dallidea astratta allesperienza concreta, determinata nel tempo e nello spazio, la rappresentazione impressionistica della realt, proprio in quanto accentua lelemento momentaneo e irripetibile, rappresenta una importante conquista del naturalismo. I quadri impressionistici sono pi vicini allesperienza dei sensi di quelli naturalistici in senso stretto, e per la prima volta nella storia dellarte sostituiscono totalmente alloggetto del sapere teorico quello dellimmediata esperienza visiva. Senonch, separando gli elementi ottici da quelli concettuali ed elaborando il dato visivo nella sua autonomia, limpressionismo si allontana da tutta la pratica dellarte precedente e quindi anche dal naturalismo. Mentre finora si tendeva

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a unimmagine che, pur unificata nella coscienza, era tuttavia composta di elementi eterogenei, concettuali e sensoriali, il metodo proprio dellimpressionismo tende a ottenere una omogeneit dellimmagine puramente visiva. Ogni arte precedente era il risultato di una sintesi; limpressionismo, di unanalisi. Ogni volta esso costruisce il suo oggetto dai puri dati dei sensi, risalendo allinconscio meccanismo psichico, e in parte esso fornisce un materiale desperienza ancora grezzo, pi lontano dalla consueta immagine della realt di quanto lo siano le impressioni sensoriali elaborate razionalmente. Limpressionismo meno illusionistico del naturalismo, non d lillusione, ma gli elementi delloggetto; invece di unimmagine totale, d i singoli elementi di cui si compone lesperienza. Prima dellimpressionismo larte riproduceva gli oggetti per mezzo di segni, ora li rappresenta attraverso le loro componenti, attraverso elementi della materia prima di cui sono composti8. Rispetto allarte pi antica, il naturalismo aveva significato un ampliamento del patrimonio della pittura, aveva accresciuto i temi e arricchita la tecnica. Invece il metodo impressionistico implica una serie di riduzioni, un sistema di limitazioni e semplificazioni9. Nulla pi tipico per un dipinto impressionista del fatto che si debba contemplarlo da una certa distanza e chesso ritragga le cose con le omissioni proprie della veduta da lontano. La serie delle riduzioni comincia limitando gli elementi figurativi alla pura visualit ed eliminando tutto quello che non di natura ottica o traducibile nelle categorie dellottica. La rinunzia ai cosiddetti elementi letterari del soggetto, al racconto o allaneddoto, lespressione pi evidente di questo ripiegare della pittura sui propri mezzi. Che i temi figurativi si riducano al paesaggio, alla natura morta e al ritratto, o che ogni altro soggetto venga trattato come paesaggio o natura morta, non che un sintomo che rivela il pre-

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dominio di uno specifico pittoricismo: La scelta di un soggetto non per se stesso, ma per i suoi toni ci che distingue gli impressionisti dagli altri pittori, constata gi uno dei primi storici e teorici del movimento10. Questa tendenza a materializzare, a neutralizzare il tema, pu essere considerata come espressione dei sentimenti antiromantici dellepoca, una forma di completa diseroicizzazione dei soggetti artistici, ma pu anche essere intesa come un allontanamento dalla realt; e la tendenza a limitare la pittura a soggetti specifici pu apparire come una perdita da un punto di vista naturalistico. Il sorriso, che i Greci avevano dato allarte figurativa e che, come qualcuno ha osservato, va perdendosi nellarte moderna11, sacrificato alla visione pittorica; ma con esso scompare dalla pittura ogni psicologia e ogni umanesimo. La sostituzione dellimmagine visiva allimmagine plastica, cio la traduzione in superficie del volume dei corpi e della forma plastico-spaziale, un grado ulteriore, anchesso legato alla tendenza pittorica dellepoca, nella serie di quelle riduzioni che limpressionismo impone allimmagine naturalistica della realt. Questa per non il fine, ma soltanto una conseguenza laterale del metodo. solo per meglio accentuare gli effetti cromatici e per il desiderio di trasformare la superficie del quadro in unarmonia di effetti di colore e di luce, che lo spazio viene assorbito e viene dissolta la struttura dei corpi. Limpressionismo, oltre a ridurre la realt a una superficie bidimensionale, la semplifica ancora in un sistema di macchie senza contorno; rinunzia insomma alla plastica e al disegno, alla forma spaziale e a quella lineare. indiscutibile che in questo modo la rappresentazione acquista, in luogo della chiarezza e dellevidenza che innegabilmente perde, energia e fascino sensuale, e questo appunto premeva agli impressionisti. Ma il pubblico sent la perdita pi dellacquisto, ed

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impossibile per noi moderni, per i quali la visione impressionistica ormai uno dei fattori pi importanti della nostra esperienza visiva, immaginare la perplessit suscitata da quellintrico di macchie, tocchi e sgorbi. Limpressionismo fu certo lultimo passo di un secolare processo di involuzione formale. Fin dallet barocca la pittura era diventata sempre pi difficile per il pubblico; si era fatta sempre meno nitida, e sempre pi complicato era divenuto il suo rapporto con la realt. Ma in tutto questo processo limpressionismo rappresenta certamente il salto pi ardito, e lo scandalo delle prime esposizioni non comparabile a quello di nessunaltra novit artistica. La tecnica sommaria e la mancanza di forma degli impressionisti parvero una provocazione; furono prese come una beffa e il pubblico se ne vendic nel modo pi crudele. Ma la serie delle riduzioni di cui il metodo si serve non si esaurisce qui. Gli stessi colori usati dallimpressionismo mutano e deformano limmagine della comune esperienza. Ad esempio, per noi un pezzo di carta bianco bianco, comunque sia illuminato, nonostante i riflessi colorati chesso mostra alla luce diurna. In altri termini, il colore della memoria, che noi associamo a un oggetto e che risulta da lunga esperienza e abitudine, soverchia la concretezza dellesperienza immediata12; ora limpressionismo al di l del colore mentale, teorico, ritrova la percezione reale, il che daltronde non un atto spontaneo, ma rappresenta un processo psicologico quanto mai artificioso e complicato. La visione impressionistica infine compie unaltra sensibilissima riduzione sullimmagine consueta della realt, mostrando i colori non come qualit concrete, legate al singolo oggetto, ma come fenomeni cromatici astratti, incorporei, immateriali per cos dire, colori in s. Se davanti a un oggetto mettiamo uno schermo con una piccola apertura, che lasci vedere un colore, ma non

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consenta di farsi nessuna idea della forma delloggetto e del suo rapporto con quel determinato colore, noi, com noto, otteniamo unimpressione di colore sciolta, incorporea, fluttuante, di natura diversissima da quella dei colori che siamo abituati a vedere inscindibili dalla forma delloggetto. In questo modo il fuoco perde il suo splendore, la sera il suo riflesso, lacqua la sua trasparenza, e cos via13. Ora limpressionismo dipinge sempre gli oggetti in questi incorporei colori di superficie che, cos freschi e intensi, producono unimpressione immediata, ma diminuiscono considerevolmente lillusionismo della rappresentazione e rivelano chiarissima la convenzionalit del metodo. Nella seconda met dellOttocento la pittura larte davanguardia. Limpressionismo ha gi raggiunto una sua autonomia, quando in letteratura si combatte ancora per il naturalismo. La prima esposizione collettiva degli impressionisti del 1874, ma la storia dellimpressionismo comincia circa ventanni prima e finisce nel 1886, con lottava esposizione del gruppo. Questo si scioglie verso quellanno e si apre da allora un nuovo periodo, post-impressionistico, che dura fino alla morte di Czanne, nel 190614. Dopo il predominio della letteratura nel Sei e nel Settecento e quello della musica nellet romantica, verso la met dellOttocento la volta della pittura. Il critico darte Asselineau gi verso il 1840 constata che la pittura ha detronizzato la poesia15 e, una generazione pi tardi, i fratelli Goncourt esclamano con entusiasmo: Che felice professione quella del pittore rispetto a quella del letterato!16. Non solo la pittura domina tutte le altre arti come la pi progredita del tempo, ma anche qualitativamente le sue creazioni superano la letteratura contemporanea, specie in Francia, dove si potuto dire con ragione che i grandi poeti di quegli anni sono i pittori impressionisti17. vero che larte dellOttocento rimane in certa misura roman-

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tica, cio musicale, e i poeti del secolo confessano di aver nella musica il loro supremo ideale; ma con ci essi intendono un simbolo della sovrana forza creatrice, indipendente dalla realt obiettiva, pi che lesempio concreto della musica. Invece la pittura impressionistica scopre sensazioni, che in seguito anche la poesia e la musica si sforzeranno di esprimere, adattando il proprio linguaggio alle forme pittoriche. Le impressioni atmosferiche, specialmente lesperienza della luce, dellaria e della chiarit colorata sono percezioni proprie della pittura, e quando le altre arti cercano di riprodurle giustificato parlare di pittoricismo della poesia e della musica. Pittorico per altro lo stile di queste arti anche quando esse si esprimono in forme senza contorni, ricorrendo ad effetti di colore e di luce, e dnno pi importanza alla vivacit dei particolari che allunit dellimpressione complessiva. Quando Paul Bourget constata, a proposito dello stile letterario del suo tempo, che limpressione delle singole pagine sempre pi forte di quella di tutto il libro, che la frase colpisce pi della pagina e la parola pi della frase18, egli caratterizza il metodo dellimpressionismo, stile di una visione atomistica e dinamica del mondo. Limpressionismo tuttavia non soltanto lo stile del tempo, che domina in tutte le arti, anche lultimo stile europeo, lultima corrente artistica che possa contare su un generale consenso del gusto. Dopo, non si avr pi uno stile unitario che comprenda le diverse arti o la cultura delle diverse nazioni. Ma limpressionismo non cessa n sorge allimprovviso. Delacroix, che scopre la legge dei colori complementari e delle ombre colorate, e Constable, che constata la composizione complessa degli effetti di colore in natura, precorrono in pi modi il metodo impressionistico. Il dinamizzarsi della visione, che costituisce lessenza dellimpressionismo, comincia senza dubbio con loro. I rudimenti del plein air speri-

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mentati dai pittori di Barbizon sono un altro passo su quella via. Ma al sorgere dellimpressionismo come movimento collettivo contribuiscono soprattutto lesperienza pittorica della citt i cui primi segni si hanno in Manet e in Monet, e anche la coalizione delle energie giovanili provocata dallostilit del pubblico. A prima vista pu apparire sorprendente che la grande citt, cos affollata e promiscua, abbia potuto nutrire questarte cos intima, cos radicata nel sentimento dellindividualit e della solitudine. Ma, com noto, nulla isola quanto la stretta vicinanza di troppa gente e in nessun luogo ci si trova cos soli e abbandonati come in una gran folla estranea. I due fondamentali sentimenti, che la vita in simile ambiente provoca, il senso di esser soli e inosservati e limpressione vertiginosa del traffico, del moto incessante, del continuo mutamento, sono quelli che determinano la visione impressionistica, visione che unisce gli stati danimo pi sottili con il pi rapido avvicendarsi delle sensazioni. E altrettanto sorprendente pu apparire a prima vista losservazione che latteggiamento ostile del pubblico ha dato impulso al movimento impressionista. Gli impressionisti non furono mai aggressivi di fronte al pubblico; volevano rimanere nel quadro delle tradizioni e spesso fecero sforzi disperati per ottenere il placet delle sfere ufficiali, soprattutto al Salon, considerato la normale via del successo. In ogni caso lo spirito di contraddizione e il desiderio di attirare lattenzione con mezzi sbalorditivi molto meno rilevante in loro che nella maggior parte dei romantici e in molti naturalisti. E tuttavia non cera forse mai stata scissione cos profonda tra gli ambienti ufficiali e gli artisti della nuova generazione, n mai era stato cos forte nel pubblico il senso di esser gabbato. Non si pu dire che gli impressionisti aiutassero la gente a capire le loro idee ma che dire di un pubblico che quasi lasciava

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morire di fame artisti cos grandi, onesti, pacifici come Monet, Renoir e Pissarro! N daltra parte limpressionismo aveva in s alcun elemento plebeo che potesse respingere il borghese; anzi uno stile aristocratico, elegante e arguto, nervoso e sensibile, sensuale ed epicureo, amante del prezioso e del raro, ispirato da esperienze strettamente personali, dal senso della solitudine e dellisolamento, da sensi e nervi raffinatissimi. Daltra parte esso opera di artisti che non solo vengono in gran parte dal popolo e dalla piccola borghesia, ma che di problemi estetici e intellettuali si occupano assai meno dei colleghi della generazione precedente; sono molto meno versatili e complicati, pi schiettamente artigiani e tecnici dei predecessori. Ma fra loro si trovano anche borghesi agiati e perfino aristocratici: Manet, Bazille, Berthe Morisot e Czanne sono di famiglia ricca, Degas un aristocratico e Toulouse-Lautrec discende da un grande casato. Lintelligente e mondana raffinatezza di Manet e di Degas, e la scaltrita originalit di Constantin Guy e di ToulouseLautrec mostrano sotto laspetto pi attraente la cospicua societ borghese del Secondo Impero, il mondo delle crinoline e dei dcollets, delle carrozze e dei cavalli da sella al Bois. Nella storia letteraria il quadro assai pi complicato che nella pittura. Come stile letterario, limpressionismo non un fenomeno nettamente definito; i suoi inizi non si possono facilmente discernere dal complesso del naturalismo, e le sue forme pi evolute si confondono completamente con le manifestazioni del simbolismo. Anche cronologicamente si pu osservare un certo divario fra limpressionismo letterario e quello pittorico: il suo periodo pi fecondo gi passato nella pittura, quando comincia appena a definirsi nella poesia. Ma la distinzione maggiore sta nel fatto che limpressionismo in letteratura perde abbastanza presto il contatto

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con il naturalismo, il positivismo, il materialismo, e quasi subito si fa laraldo di quella reazione idealistica che in pittura si fa strada solo dopo la disgregazione del gruppo impressionista. Il fenomeno trova la sua spiegazione soprattutto nel fatto che llite culturale conservatrice ha fra i letterati un peso incomparabilmente maggiore che fra i pittori, assai pi difesi, per la loro stessa formazione artigiana, di mestiere, contro gli assalti dello spiritualismo. La crisi del naturalismo, semplice sintomo di quella del positivismo, si palesa solo verso il 1885, ma se ne possono constatare i segni premonitori fin dal 1870. I nemici della repubblica sono per lo pi nemici del razionalismo, del materialismo e del naturalismo; combattono il progresso scientifico e si attendono la rinascita dello spirito da un rinnovamento religioso. Parlano di bancarotta della scienza, di fine del naturalismo, di arido meccanizzarsi della civilt; ma quando si scagliano contro il materialismo del tempo, pensano sempre alla rivoluzione, alla repubblica, al liberalismo. Se i conservatori hanno perduto il loro influsso sul governo, hanno per mantenuto la loro autorit nella vita pubblica. Occupano sempre i posti pi importanti nellamministrazione, nella diplomazia, nellesercito e dirigono listruzione pubblica, specie nei gradi superiori19. Licei e universit sono ancora dominio del clero e dellalta finanza, e di qui si diffondono gli ideali della cultura che si affermano pi che mai fra i letterati. Gli scrittori di formazione accademica sono assai pi numerosi di prima, e sotto il loro influsso la vita intellettuale acquista un prevalente aspetto reazionario. Flaubert, Maupassant e Zola non erano dei dotti; Bourget e Barrs invece rappresentano lo spirito dellaccademia e delluniversit; in certo modo essi si sentono responsabili del patrimonio culturale della nazione e si presentano nella loro missione di guide intellettuali della giovent20. Lin-

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tellettualizzarsi della letteratura forse il tratto pi spiccato e generale dellepoca; esso si manifesta sia negli scrittori progressisti, sia nei conservatori21. Per questo aspetto Anatole France non si distingue minimamente dai suoi colleghi clericali e nazionalisti. Ma se di fronte ai Bourget, ai Barrs, ai Brunetire, ai Bergson, ai Claudel troviamo un solo Anatole France, lautorit di questo erede di Voltaire prova che in Francia non morto lo spirito dellilluminismo. Daltra parte, casi come il processo Dreyfus e lo scandalo del canale di Panama sono fatti apposta per destarlo dal letargo. Intorno al 1870 la Francia attraversa una delle sue pi gravi crisi intellettuali e morali; ma quella Sedan intellettuale, contrariamente allasserzione di Barrs22, non dipende affatto dal disastro militare, e la mortale stanchezza non deriva, come crede Bourget, dal materialismo e dal relativismo. Da quella stanchezza della vita non vanno esenti n Bourget n Barrs, come non lo erano stati Baudelaire e Flaubert. Si tratta ancora della malattia romantica del secolo e il naturalismo zoliano, che la generazione del 1885 tratta da capro espiatorio, rappresenta in realt lunico tentativo serio, bench insufficiente, di superare il nichilismo che si impadronito degli animi. Il panorama letterario verso il 1890 dominato dagli assalti contro Zola e dalla dissoluzione del movimento naturalistico, come tendenza dominante. Questa limpressione pi forte che si ricava dalle risposte allinchiesta promossa da Jules Huret, collaboratore de LEcho de Paris, che nel 1891 furono pubblicate in volume sotto il titolo Enqute sur lvolution littraire e costituiscono uno dei documenti pi importanti sullo sviluppo culturale di quegli anni. Huret chiese a sessantaquattro scrittori, fra i pi noti al pubblico francese, che cosa pensassero del naturalismo: se potesse ancora salvarsi o fosse gi morto e, se mai, quale corrente letteraria lo avrebbe sostituito. La gran mag-

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gioranza degli interrogati, e, fra i primi, molti ex discepoli di Zola, diedero per spacciato il paziente. Solo il fedele Paul Alexis si affrett a telegrafare: Naturalisme pas mort. Lettre suit, come se volesse evitare la diffusione di una voce pericolosa. Ma la sua fretta non serv a nulla. La voce si diffuse e il naturalismo fu rinnegato anche da quelli che gli dovevano tutta la loro vita di artisti. Eppure fra questi cerano molti fra i migliori dellepoca. Infatti che cosa stata fino allo scorcio del secolo la letteratura valida, e che cos, in parte, ancor oggi, se non naturalismo distruttore di formule, teso ad arricchire sempre pi i contenuti dellesperienza? Soprattutto il romanzo psicologico di Bourget, Barrs, Huysmans e ancora quello di Proust cosera se non il prodotto di unosservazione naturalistica, intenta al document humain? vero che alcuni tratti antinaturalistici sono inscindibili dallimpressionismo letterario come da quello pittorico, ma rampollano anchessi dal terreno del naturalismo. Laccanimento del pubblico nel reagire contro di esso appare a prima vista inspiegabile. Gli argomenti contro il naturalismo non erano nuovi; strano invece che ci si ribellasse contro di esso con tanta acrimonia nel momento in cui sembrava essere vittorioso. Che cosa non si poteva, o si fingeva di non poter perdonare al naturalismo? Si afferma chesso unarte brutale, oscena, espressione di un piatto materialismo, strumento di una stupida, grossolana propaganda democratica, una raccolta di noiose, futili volgarit, una rappresentazione della realt che descrive nelluomo solo la bestia selvaggia, feroce, sfrenata, nella societ soltanto lopera della distruzione, il dissolversi dei rapporti umani, il disgregarsi della famiglia, della nazione e della religione; insomma, esso distruttivo, contro natura, ostile alla vita. La generazione del 1850 combattendo il naturalismo difendeva semplicemente gli interessi dei ceti superiori; quella del 1885 lo combatte per difende-

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re lumanit, la vita feconda, il buon Dio. La religione ci ha forse guadagnato, non certo la sincerit. Si farnetica sui misteri dellessere e gli abissi dellanima; si chiama piatto ci che ragionevole e si vuole esplorare, sperimentare lignoto, linconoscibile. Si fa professione di ideali ascetici negatori del mondo, ma si trascura di chiedersi con Nietzsche a che cosa essi servano in realt. Il simbolismo la corrente letteraria in auge; Verlaine e Mallarm sono al centro dellinteresse generale. I pi grandi nomi del movimento romantico, Chateaubriand, Lamartine, Vigny, Musset, Mrime, Gautier, George Sand non compaiono nemmeno nelle risposte ricevute da Huret23. Si scoprono in questoccasione Stendhal e Baudelaire, ci si entusiasma per Villiers de lIsle-Adam e Rimbaud, si crea la moda del romanzo russo, del preraffaellismo inglese e della filosofia tedesca. Ma linflusso pi profondo e fecondo quello di Baudelaire; egli appare il massimo precursore della poesia simbolista e il creatore della lirica moderna. lui a riportare la generazione di Bourget e Barrs, Huysmans e Mallarm sulla via dellestetismo romantico, insegnando a conciliare il nuovo misticismo con il vecchio fanatismo per larte. Con gli impressionisti, lestetismo giunge al colmo del suo sviluppo. Ormai i suoi tratti caratteristici, latteggiamento passivo, puramente contemplativo, di fronte alla vita, la fugacit dellesperienza che non impegna e il sensualismo edonistico sono i soli criteri dellarte. Lopera non solo considerata fine a se stessa, come un gioco il cui fascino andrebbe distrutto con limposizione di un qualsiasi scopo estraneo allarte, non solo tenuta il pi bel dono della vita, al cui godimento occorre prepararsi devotamente, ma nel suo splendido isolamento, nella sua indifferenza per tutto ci che fuori della sua sfera, essa diventa modello di vita: la vita del

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dilettante che ora nella stima dei poeti comincia a sostituire gli antichi eroi dello spirito, e diventa lideale fin de sicle. Ci che soprattutto tipico del dilettante il suo proposito di far della sua vita unopera darte, cio qualcosa di lussuoso e dinutile, qualcosa che scorre libero e prodigo, interamente dedito alla bellezza, alla forma pura, allarmonia dei colori e delle linee. Lestetismo imperante, che eleva a stile di vita linutile e il superfluo, la quintessenza della rassegnazione e della passivit romantica. Anzi esso esagera il romanticismo; non solo rinunzia alla vita per amore dellarte, ma in questa cerca la giustificazione della vita. Considera lopera darte come lunico compenso alle delusioni, la vera attuazione e il compimento dellesistenza, in s sempre imperfetta e confusa. Ma ci significa non solo che la vita sublimata nelle forme dellarte appare pi bella e attraente, ma che secondo la concezione di Proust, lultimo grande impressionista ed edonista soltanto nel ricordo, nella visione, nellesperienza estetica essa si dispiega in pregnante realt. Noi siamo maggiormente presenti e partecipi delle nostre esperienze non quando incontriamo realmente gli uomini e le cose il tempo e la presenza sono qui sempre perduti , ma quando ritroviamo il tempo, quando cio non siamo pi attori, ma spettatori della nostra vita, quando creiamo opere darte o le godiamo, cio quando ricordiamo. In Proust per la prima volta larte simpadronisce di quel che Platone le rifiutava: le idee, il ricordo adeguato alle forme essenziali dellessere. Il moderno estetismo, in quanto atteggiamento passivo e puramente contemplativo di fronte alla vita, risale nel suo fondamento teoretico a Schopenhauer, che definisce larte riscatto dalla volont, elemento sedativo che riduce al silenzio avidit e passioni. La concezione estetica del mondo giudica e valuta lintera esistenza dal punto di vista di questarte abulica e apatica. Il suo idea-

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le un pubblico tutto di artisti veri o potenziali, nature per cui la realt costituisce soltanto il substrato di esperienze estetiche. Il mondo civile per essi un grande studio dartista e lartista stesso il miglior intenditore darte. DAlembert poteva ancora ammonire: Guai allarte che riservi la sua bellezza agli artisti! Ma chegli si sentisse indotto a questo ammonimento prova che il pericolo dellestetismo esisteva gi nel Settecento; nel Seicento unidea simile non sarebbe venuta a nessuno. E per lOttocento quel che DAlembert temeva non pi un pericolo. I Goncourt vedono nelle sue parole la pi gran sciocchezza che si possa immaginare24, e soprattutto sono profondamente persuasi che la prima condizione per intendere adeguatamente larte sia una vita ad essa dedicata, cio il suo esercizio pratico. Lestetismo dellepoca impressionistica segna linizio di una degenerazione profonda. Gli artisti creano per gli artisti e larte, cio lesperienza formale del mondo sub specie artis, si riduce ad avere come suo unico soggetto larte stessa. La rozza, informe, vergine natura perde il suo fascino estetico e lideale della naturalezza cede il posto a quello dellartificio. La citt con la sua cultura e i suoi piaceri, la vie factice e i paradis artificiels non soltanto paiono incomparabilmente pi attraenti, ma anche assai pi intelligenti e spirituali del cosiddetto fascino della natura. Questa di per s brutta, volgare, informe; soltanto larte la rende piacevole. Baudelaire odia la campagna, i Goncourt nella natura scorgono una nemica, e i pi tardi esteti, specialmente Whistler e Wilde, ne parlano con sprezzante ironia. la fine dellArcadia, del romantico entusiasmo per la natura e della fede nellidentit di natura e ragione. Si conclude cos la reazione a Rousseau e al culto, da lui promosso, dello stato di natura. Tutto ci che semplice e chiaro, istintivo ed ingenuo perde valore; si insiste invece sulla consapevolezza, lintellettualismo e lartificio della cultura.

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Nello stesso processo della creazione artistica si scopre la partecipazione dellintelligenza e delle facolt razionali. La fantasia dellartista produce di continuo cose buone, mediocri, cattive, afferma Nietzsche; solo il suo giudizio scarta, sceglie e ordina il materiale disponibile25. In fondo anche questidea, come tutta la filosofia della vie factice, procede da Baudelaire, che vuol trasformare il diletto in conoscenza, nel poeta vuol sempre vedere anche il critico26 e nel suo entusiasmo per tutto quel ch artificioso va cos oltre da considerare la natura anche moralmente inferiore. Egli afferma che il male accade senza sforzo, cio naturalmente, mentre il bene sempre il prodotto di unarte, cio artificiale, innaturale27. Tuttavia lentusiasmo per lartificio della cultura non che una nuova forma dellevasione romantica. Si sceglie la vita artificiosa e fittizia, perch la realt non potrebbe mai esser bella come lillusione, e ogni contatto con la realt, ogni tentativo di attuare sogni e desideri finisce col corromperli. Solo che ora fuggendo dalla realt sociale non ci si rifugia nella natura, come facevano i romantici, ma in un mondo artificiale, pi alto, sublimato. NellAxel di Villiers de lIsle-Adam (pubblicato postumo nel 1890), una delle classiche espressioni del nuovo senso della vita, le forme intellettuali e fantastiche prevalgono sempre su quelle naturali e pratiche, e i desideri inadempiuti appaiono sempre pi perfetti e soddisfacenti del loro attuarsi nella realt comune e volgare. Axel vuole uccidersi insieme con lamata Sara. Essa pronta a morire con lui, ma prima vorrebbe conoscere la felicit di una notte damore. Tuttavia Axel teme che dopo gli mancher il coraggio di morire e che il loro amore, come tutti i sogni avverati, non resister alla prova del tempo. Egli preferisce la perfetta illusione allimperfetta realt. Da questo sentimento deriva pi o meno tutto il mondo ideale dei neoromantici; dap-

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pertutto cimbattiamo in un Lohengrin che, per dirla con Nietzsche, lascia in asso la sua Elsa nella notte delle nozze. Vivere? domanda Axel: ci pensano i nostri servi per noi. In A rebours di Huysmans (1884), il testo fondamentale di questo estetismo timoroso della natura e del mondo, la sostituzione della vita mentale alla vita pratica ancora pi completa. Des Esseintes, il celebre eroe del romanzo, il prototipo di tutti i Dorian Gray, si isola cos ermeticamente dal mondo, che non osa pi nemmeno intraprendere un viaggio, perch teme di essere deluso dalla realt. lo stesso paralizzante soggettivismo ostile alla vita che si esprime nel tedio della natura. Il tempo della natura dice Des Esseintes passato. Essa ha ormai esaurito la pazienza degli spiriti raffinati con la stucchevole monotonia dei suoi paesaggi e dei suoi cieli. Per quegli spiriti non c che una via: rendersi del tutto indipendenti e sostituire la natura con lo spirito, la realt con la finzione. Si tratta di torcere quel ch diritto, di invertire ogni impulso e ogni inclinazione naturale. Des Esseintes vive nella sua casa come in un chiostro, non fa n riceve visite, non scrive n riceve lettere, dorme di giorno, legge, fantastica e specula di notte; si crea i suoi paradisi artificiali e rifiuta tutto ci che piace al comune mortale. Inventa sinfonie di colori, profumi, bevande, fiori strani, gemme rare; poich rari e preziosi debbono essere gli strumenti del suo acrobatismo spirituale. Naturalmente, nel suo vocabolario, dire che una cosa a buon mercato come dirla insulsa o plebea. Ma il misticismo di tutto questo indirizzo non ha forse espressione pi forte della novella Vra di Villiers de lIsle-Adam28. Vera lidolatrata sposa delleroe, che rifiuta di ammettere la sua morte prematura, perch non potrebbe sopportare di averne coscienza. Attraverso le sbarre del cancello, il protagonista getta la chiave del sepolcro in cui essa giace, va a casa e comincia una

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nuova vita fittizia, cio continua come prima, come se nulla fosse accaduto. Si comporta, parla e agisce come sella fosse viva e accanto a lui. Il suo contegno un insieme cos coerente e perfetto di atteggiamenti e di azioni, che a renderlo del tutto sensato non manca che la presenza fisica di Vera. Ma in ispirito essa cos presente, e cos immediata e soverchiante la suggestione della sua personalit, che la sua vita artificiale assume una realt ben pi profonda, vera e pura che non il fatto della sua morte. Essa muore soltanto quando al sonnambulo sfuggono le parole: Mi ricordo... sei proprio morta! A nessun lettore intelligente sfuggir lanalogia fra questo ostinato rifiuto di conoscere limportanza della realt e la negazione cristiana del mondo; ma insieme nessuno pu trascurare la differenza tra lostinazione di unidea fissa e la fermezza di una fede religiosa. Anzi non si pu immaginare nulla di pi lontano dal cristianesimo, di pi alieno dallo spirito del Medioevo, dellennui, questa nuova forma, impressionistica, della malinconia romantica. Vi si esprime un senso di ripugnanza per la monotonia della vita29, cio proprio lopposto di quella insoddisfazione per le avversit dellesistenza, che, come fu osservato, avevano provato et pi antiche, che credevano in un ordine divino30. In queste si era turbati dalla mutevolezza della fortuna, dallincostanza e imprevedibilit del destino; si aspirava alla quiete e alla sicurezza, alla monotonia e alla noia della pace; per il moderno esteta, invece, lordine e la sicurezza borghese sono la cosa pi insopportabile. Laspirazione dellimpressionismo a fermare lora mutevole, il suo abbandono allumore del momento come al pi alto valore della vita, irriducibile e indefinibile, la volont di vivere nellistante e dissolversi in esso, soltanto la conseguenza di quella visione antiborghese, di quella rivolta contro la routine e la disciplina della vita borghese. Anche limpressionismo unarte di opposizione,

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come ogni movimento davanguardia dal romanticismo in poi, e il sentimento di ribellione latente nellatteggiamento dellimpressionismo verso la vita, bench non sempre gli impressionisti ne fossero consapevoli, tra le cause del rifiuto dellarte nuova da parte del pubblico borghese. Tra il 1880 e il 90 ledonismo estetico assume di preferenza il nome di decadentismo. Des Esseintes, il raffinato epicureo, anche il prototipo dellestenuato decadente. Ma lidea di decadentismo include motivi che esorbitano dallestetismo: anzitutto il senso del declino di una cultura e di una crisi profonda, la coscienza cio di trovarsi alla conclusione di un ciclo storico e prossimi alla fine di una civilt. La simpatia per antiche epoche, stanche e ultraraffinate, come lellenismo, la tarda romanit, il Rococ e il tardo stile impressionistico dei grandi maestri del passato, un tratto essenziale del decadentismo. Il senso di essere a una svolta della storia si era avuto anche in epoche precedenti, ma sempre sera accompagnato ad un rammarico profondo, come avviene, ad esempio, ancora in Musset, per questo trovarsi a vivere il tramonto di una cultura; ora invece il concetto di senescenza e stanchezza, di saturazione culturale e degenerazione, si unisce a unidea di nobilt spirituale. Simpadronisce degli uomini una vera ebbrezza di rovina, sentimento anchesso non nuovo, ma pi forte che mai. I richiami alla tradizione di Rousseau, al tedio byroniano e alla romantica volutt della morte sono chiarissimi. Lo stesso abisso attrae romantici e decadenti, la stessa brama di distruzione, di autoannientamento li travolge. Ma per i decadenti tutto abisso, tutto pervaso dallinsicurezza e da unangoscia mortale: Tout plein de vague horreur, menant on ne sait o [Tutto pieno di vago orrore, che porta non sai dove] come si legge in Baudelaire.

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Chi sa se la verit non triste diceva Renan: parole di profondo scetticismo, quali nessun grande scrittore russo avrebbe sottoscritto. Poich tutto per loro poteva esser triste, tranne la verit. Ma quanto pi sinistre sono le parole di Rimbaud: Quel che non sappiamo forse orrendo (Le forgeron). Si intuisce da quali impenetrabili e inesauribili enigmi egli si senta circondato, anche se subito aggiunge: Noi sapremo. Labisso che per il cristiano era il peccato, per il cavaliere il disonore, per il borghese lillegalit, per il decadente tutto ci che sfugge a concetti, parole, formule. Di qui la sua lotta disperata per la forma e la sua invincibile ripugnanza per tutto quanto informe, selvaggio, naturale. Di qui la sua predilezione per le et pi ricche di formule anche se non profondissime e che offrivano per tutto una parola, anche se inadeguata. La frase di Verlaine Je suis lempire la fin de la dcadence [Sono limpero alla fine della decadenza] diventa letichetta del tempo; e bench nellapologia della decadenza romana gi lo abbiano preceduto Grard de Nerval31, Baudelaire e Gautier32, egli sa lanciare il suo motto al momento giusto e muta cos quella che era stata la semplice espressione di uno stato danimo in un programma culturale. Cerano state epoche che di unet delloro non sapevano o non volevano sapere, ma prima del decadentismo ottocentesco mai cera stata una generazione che allet delloro preferisse let argentea. Questa scelta significava non solo una coscienza di epigoni, non solo una modestia di tardi eredi, ma anche una specie di contrizione e un senso dinferiorit. I decadenti erano edonisti di cattiva coscienza, peccatori che, come Barbey dAurevilly, Huysmans, Verlaine, Wilde, Beardsley, si gettavano fra le braccia della Chiesa cattolica. Questo senso di colpa trova nella loro concezione dellamore, tutta dominata da quella psicologia della pubert che era stata propria del romanticismo, la sua

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espressione pi scoperta. Per Baudelaire lamore il frutto proibito, la caduta, la perdita irreparabile dellinnocenza. Faire lamour cest faire le mal [Far lamore fare il male]. Il suo romantico satanismo tuttavia trasforma anche il peccaminoso in una fonte di volutt: non solo in s e per s lamore male, ma il piacere supremo consiste appunto nella coscienza di far male33. Anche la simpatia per le prostitute, comune a romantici e decadenti, e a questi suggerita da Baudelaire, rivela linibizione, il senso di colpa che pesa sullamore. Naturalmente questa simpatia soprattutto espressione della rivolta contro la societ e la morale borghese, fondata sulla famiglia. La prostituta la spostata, la reietta, che si ribella non solo alla forma istituzionale dellamore, ma anche alla sua naturale forma psicologica. Essa distrugge non solo la disciplina morale del sentimento, ma anche i fondamenti di esso. fredda nellinfuriare della passione, e rimane spettatrice distaccata della volutt chessa provoca, si sente sola e indifferente dove altri si abbandona allebbrezza: in breve, essa il doppio femminile dellartista. Da questa comunione di sentimenti e di destino nasce la comprensione dellartista decadente. Anchegli sa di prostituirsi, di esibire i suoi pi cari sentimenti, di cedere a vile prezzo i suoi segreti. Con questa dichiarata solidariet con la prostituta, lestraneit dellartista dalla societ borghese completa. Il cattivo scolaro si mette nellultimo banco, come dice Thomas Mann di un suo eroe, e, col senso di sollievo di chi lascia il campo della gara, resta nellultimo banco, disprezzato, ma indisturbato. Sarebbe strano che in un pensatore come Thomas Mann, la cui concezione ruota tutta intorno a un unico problema, la posizione dellartista nella societ borghese, anche questa osservazione, apparentemente innocua, non si legasse con la sua problematica. La peculiare esistenza dellar-

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tista, priva di ambizioni borghesi, proprio simile a un ultimo banco che lo sottrae ad ogni responsabilit e ad ogni controllo. certo comunque che laccentuato contegno borghese di Thomas Mann, non meno che, ad esempio, il corretto atteggiamento sociale di Henry James si debbono intendere unicamente come reazione al costume di quegli artisti che si erano messi ostentatamente nellultimo banco, e coi quali non si voleva avere nulla in comune. Ma Thomas Mann e Henry James sanno fin troppo bene che lartista necessariamente deve condurre una vita extraumana e inumana, che la via normale gli preclusa, n gli servono la spontaneit, lingenuit, il calore del sentimento. Il paradosso della sua sorte sta nel dover ritrarre la vita ed esserne insieme escluso. Ne risultano complicazioni gravi, spesso inestricabili. Paul Overt, il pi giovane dei due scrittori che si contrappongono in The Lesson of the Master [La lezione del maestro] di James, si ribella invano alla crudele ascesi di una vita dedita allarte, recalcitra invano contro la rinunzia ad ogni felicit personale, privata, che il maestro, Henry St. George, esige da lui. Egli pieno dimpazienza e di rancore contro la spietata tirannia a cui si vincolato. Ma Lei non creder chio esalti larte! replica il maestro: Felice la societ che non la conosce! E verso larte Thomas Mann altrettanto severo, altrettanto inesorabile. Infatti se egli ci mostra tutte le esistenze problematiche, ambigue e sospette, il debole, il malato, il degenerato, qualsiasi avventuriero, cavaliere dindustria o delinquente, e in ultimo perfino Hitler come affini psichicamente allartista34, questa la pi tremenda accusa che mai sia stata elevata contro larte. Lepoca dellimpressionismo offre due tipi estremi dellartista moderno, asociale, estraniato dalla societ: il nuovo bohmien e quello che per fuggire alla civilt occidentale si rifugia in lontane terre esotiche. Sono

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entrambi espressione dello stesso sentimento, dello stesso disagio della civilt, ma luno sceglie lemigrazione interna, laltro la fuga effettiva. Entrambi vivono una vita astratta, separata dalla realt concreta e pratica, entrambi si esprimono in forme che debbono apparire sempre pi strane, sempre pi incomprensibili alla maggioranza del pubblico. Il viaggio in paesi lontani, per fuggire la civilt moderna, antico quanto la protesta della bohme contro lordine borghese. Entrambi risalgono allirrealismo e allindividualismo romantico, ma per via si sono profondamente trasformati, e la particolare fisionomia che questi fenomeni presentano fra l80 e il 90 deriva soprattutto da Baudelaire. I romantici cercavano ancora il fiore azzurro, il paese dei sogni e dellideale, mais les vrais voyageurs, dice Baudelaire, sont ceux-l seuls qui partent pour partir [Ma i veri viaggiatori sono soltanto quelli che partono per partire]. Ecco la vera fuga, il viaggio verso lignoto, che obbedisce non gi allattrazione, ma alla repulsione: O Mort, vieux capitaine, il est temps! levons lancre! Ce pays nous ennuie, Mort! Appareillons! Si le ciel et la mer sont noirs comme lencre! Nos curs que tu connais sont remplis de rayons! [Morte, vecchio capitano, tempo! leviamo lancora | Il paese ci annoia, Morte! Spieghiamo le vele! | Se il cielo e il mare son neri come linchiostro, | I nostri cuori, li conosci, sono pieni di raggi!] Rimbaud intensifica il dolore del congedo: la vie est absente, nous ne sommes pas au monde [La vita assente, noi non siamo al mondo], ma nulla aggiunge alla bellezza di quel commiato, senza pari nella poesia moderna. Eppure egli lunico vero erede di Baudelaire, lunico ad attuare i viaggi immaginari del maestro e

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a mutare in sistema di vita quel che, prima di lui, non era che una scappata nel mondo della bohme. In Francia la bohme non un fenomeno unitario e univoco. ovvio che Rimbaud, posseduto dal Maligno, e Verlaine, oscillante fra delinquenza e misticismo religioso, non hanno nulla di comune con i frivoli e amabili giovani dellopera pucciniana. Ma lascendenza di Rimbaud e Verlaine assai ramificata, e per intenderli bisogna distinguere tre fasi e tre forme diverse nella vita degli artisti: la bohme romantica, la naturalistica, limpressionistica35. In origine la bohme non era che una protesta contro il costume borghese. Vi partecipavano giovani artisti e studenti, in massima parte figli di gente facoltosa, e la loro opposizione alla societ dominante per lo pi si esauriva in giovanile insolenza e spirito di contraddizione. Thophile Gautier, Grard de Nerval, Arsne Houssaye, Nestor Roqueplan e tanti altri si staccavano dalla societ borghese non perch fossero obbligati a farlo, ma semplicemente perch volevano vivere altrimenti dai loro genitori. Erano puri romantici, che volevano essere originali e stravaganti anche nel modo di vita, perch per arte e poesia intendevano qualche cosa di assolutamente originale e stravagante. Essi fuggivano nel mondo dei reietti e dei paria come si fa un viaggio in terra lontana ed esotica; nulla sapevano della miseria della bohme pi tarda, e la via del ritorno alla societ borghese era per loro sempre aperta. La bohme della generazione successiva, quella del naturalismo militante, che teneva il suo quartier generale in birreria, e a cui fra gli altri appartenevano Champfleury, Courbet, Nadar e Murger, era invece una vera bohme, cio un proletariato artistico fatto di gente che viveva in modo affatto precario, al di fuori della societ borghese. La loro lotta contro la borghesia non era quindi un gioco insolente, ma una dura necessit; il costume antiborghese era quel che meglio si attagliava alla loro incerta

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esistenza, e non pi una semplice mascherata. Come lo spirito peculiare di Baudelaire, che cronologicamente appartiene a questa generazione, da un lato risale alla bohme romantica e dallaltro precorre limpressionismo, cos anche Murger, bench in altro senso, un fenomeno di transizione. Ora che la bohme cessa di essere romantica, la borghesia comincia a idealizzarla romanticamente. Murger vi ha la parte del matre de plaisir che le offre un Quartiere Latino ben lavato e addomesticato. Ci gli vale, secondo il merito, un avanzamento fra gli autori accreditati della borghesia. Per il filisteo la bohme quasi come linferno. Essa lo attrae e lo respinge. Egli civetta con la libert e lirresponsabilit che vi dominano, ma arretra spaventato davanti al disordine e allanarchia impliciti in quella vita. Idealizzandola, Murger tende a far pi innocua di quanto sia realmente questa minaccia alla societ, e a lasciare che limprovvido borghese continui a nuotare nei suoi sogni ambigui. I personaggi di Murger per lo pi sono giovani allegri e un po sventati, ma brava gente che si ricorder della sua vita di bohme come il lettore borghese ricorda le sue follie di studente. Questaspetto transitorio della bohme la rendeva innocua agli occhi del filisteo. E Murger non era il solo a pensarla cos. Anche Balzac considerava transitoria la vita di bohme dei giovani artisti: La bohme fatta di giovani ancora oscuri, ma che un giorno saranno chiari e famosi, scrive in Un Prince de la bohme. Tuttavia non solo la bohme di Murger, ma anche quella vera del periodo naturalistico un idillio in confronto alla vita degli artisti e dei poeti antiborghesi della generazione successiva, come Rimbaud, Verlaine, Tristan Corbire, Lautramont. La bohme diventata veramente unaccolta di vagabondi e di reietti, un gruppo di disperati, in rotta non solo con la borghesia, ma con tutta la civilt europea. Baudelaire, Verlaine, Tou-

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louse-Lautrec sono affetti da grave alcolismo; Rimbaud, Gauguin e Van Gogh, vagabondi e giramondo; Verlaine e Rimbaud muoiono allospedale, Van Gogh e Toulouse-Lautrec conoscono il manicomio, i pi passano la vita nei caff, nei variet, nei bordelli, negli ospedali o sulla strada. Essi distruggono in s tutto quel che potrebbe essere utile alla societ, si accaniscono contro tutto ci che d alla vita stabilit e durata, e perfino contro se stessi, come se volessero estirpare da s quel che li accomuna agli altri. Io mi uccido, scrive Baudelaire in una lettera del 1845, perch sono inutile agli altri e pericoloso per me stesso. Egli ha coscienza non solo della propria infelicit, ma anche che la felicit degli altri qualcosa di comune e volgare. Lei un uomo felice, scrive in una lettera pi tarda: La compiango, signore, di esser cos facilmente felice. Un uomo devessere caduto molto in basso per ritenersi felice36. Nella novella Luva spina echov esprime lo stesso disprezzo per la felicit a buon mercato. E non sorprende in uno scrittore che ha tanta simpatia per la bohme. Dica, perch vive in modo cos noioso, scolorito?, domanda al suo ospite leroe di una delle sue novelle: La mia una vita triste, difficile, monotona, perch io sono un artista, un uomo strano, fin dalla prima giovinezza straziato dallinvidia, scontento di me stesso; incerto del mio lavoro; sono povero, sono un vagabondo; ma Lei, Lei, un uomo sano e normale, un possidente, un signore perch vive in modo cos scialbo, perch prende cos poco della vita?37. Il colore, almeno, non mancava alla vita della prima bohme: essa si adattava alla miseria pur di vivere in modo interessante e colorito. Ma la nuova bohme oppressa dal cupo tanfo di una noia soffocante; larte non inebria pi, stordisce soltanto. Tuttavia, n Baudelaire, n echov, n gli altri sospettano quale inferno potesse diventare la vita per un uomo come Rimbaud. La civilt occidentale doveva

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giungere alla crisi odierna, perch noi potessimo capire una vita simile. Un nevrastenico, un buono a nulla, un perdigiorno, un uomo perverso, pericoloso, che errando di paese in paese, si fa maestro di lingua, merciaio ambulante, simpiega in un circo, fa lo scaricatore, il bracciante, il marinaio, il volontario nellesercito olandese, il meccanico, lesploratore, il mercante di coloniali, e chiss cosa ancora; si prende uninfezione chiss dove in Africa, deve farsi amputare una gamba in un ospedale di Marsiglia, per morire a trentasette anni, membro a membro, fra i pi atroci tormenti; un genio che scrive a diciassette anni versi immortali, a diciannove abbandona del tutto la poesia e non parler mai pi di letteratura per tutto il resto della sua vita, un delinquente verso gli altri e verso se stesso, che fa getto dei suoi pi preziosi tesori, dimentica e nega assolutamente di averli mai posseduti; uno dei precursori e, come molti sostengono, il vero fondatore della poesia moderna che, quando la notizia della sua gloria lo raggiunge in Africa, non vuol saperne e non ha altro da dire che merde pour la posie: si pu immaginare nulla di pi sinistro, di pi contrario allidea di un poeta? Tristan Corbire non ha forse ragione quando dice: I suoi versi erano di un altro; egli non li ha letti? Non questo il pi tremendo nichilismo, lestrema negazione di s? Ed questo che si raccoglie da quel che hanno seminato Flaubert, il buon borghese onesto e scrupoloso, e i suoi amici raffinati, colti, sensibili allarte. Dopo il 189o la parola decadentismo perde la sua eco suggestiva e il simbolismo a sua volta assurge a tendenza artistica dominante. Moras ad introdurne il nome, e lo definisce come laspirazione a sostituire, nella poesia, lidea alla realt38. Gi la nuova terminologia sta ad indicare la vittoria di Mallarm su Verlaine, e uno spostarsi della linea di sviluppo dallimpressionismo sensualistico verso lo spiritualismo. Spes-

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so molto difficile distinguere limpressionismo dal simbolismo: i due concetti sono in parte antitetici, in parte equivalenti. Limpressionismo di Verlaine e il simbolismo di Mallarm si distinguono abbastanza nettamente, ma non altrettanto agevole unesatta definizione dello stile di un Maeterlinck. Impressionistici sono nel simbolismo gli effetti ottici e acustici, la contaminazione e lo scambio dei diversi dati dei sensi, linflusso reciproco delle forme darte, soprattutto quel che intendeva Mallarm quando parlava di riprendere alla musica i beni della poesia. Ma il simbolismo con la sua posizione irrazionalistica e spiritualistica costituisce anche una netta reazione allimpressionismo, per sua natura naturalistico e materialistico. Mentre per limpressionismo, infatti, lesperienza dei sensi qualcosa di conclusivo e irriducibile, per il simbolismo tutta la realt empirica non che limmagine di un mondo ideale. Il simbolismo rappresenta il risultato dellevoluzione che, dalla scoperta romantica della metafora come cellula germinale della poesia, conduce alla ricchezza dimmagini dellimpressionismo; tuttavia esso rifiuta non solo limpressionismo perch materialista, e il movimento parnassiano perch formalista e razionalista, ma perfino il romanticismo perch sentimentale e convenzionale nel suo linguaggio figurato. Per qualche aspetto il simbolismo si pu considerare come la reazione a tutta la poesia anteriore39; esso scopre qualcosa che fin qui era rimasto ignoto o trascurato: la posie pure40, la poesia nata dallirrazionale spirito della lingua, cio estranea ai concetti, ribelle allinterpretazione logica. Per i simbolisti la poesia non che lespressione dei rapporti e delle rispondenze, che la lingua abbandonata a se stessa crea fra il concreto e lastratto, la materia e lidea, come anche fra i diversi ordini di sensazioni. La poesia, per Mallarm, allusione ad immagini che ondeggiano e svaporano; nominare un oggetto, egli dice, significa

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annullare per tre quarti il piacere dindovinarlo a poco a poco41. E il simbolo non mira soltanto ad eludere la necessit di nominare le cose, ma serve anche come indiretta espressione di un significato che non si pu enunciare direttamente, che anzi per sua stessa natura ricusa di venir formulato e definito. Il simbolo come mezzo espressivo non certo uninvenzione della generazione di Mallarm; gi prima era esistita unarte simbolica. Semplicemente, essa ha scoperto la differenza tra simbolo e allegoria e ha fatto del simbolismo come stile poetico il fine consapevole delle sue aspirazioni. Pur senza esprimerlo chiaramente, si rendeva conto che lallegoria non fa che tradurre in figura concreta unidea astratta, che rimane per altro relativamente indipendente dalla sua espressione figurata tanto che potrebbe anche esprimersi in altra forma; il simbolo invece unifica inscindibilmente lidea e la figura, e col mutare di questa muta anche quella. Il contenuto di un simbolo, insomma, intraducibile in altra forma, mentre il simbolo stesso si pu interpretare in modi assai diversi, e gli appunto essenziale questa mobilit dellinterpretazione, questapparente impossibilit di esaurirne il significato. Accanto al simbolo, lallegoria appare sempre la semplice, chiara e relativamente superflua trascrizione di unidea che nulla acquista nel traslato. una specie dindovinello, che si pu prontamente risolvere. Il simbolo invece pu soltanto venire interpretato, non risolto. Lallegoria espressione del pensiero statico, il simbolo, di quello dinamico; quella pone una meta e un limite allassociazione delle idee, questo le mette e le mantiene in moto. Larte dellalto Medioevo si esprime principalmente in simboli, quella del tardo Medioevo in allegorie. Simboliche sono le avventure di Don Quijote, allegoriche quelle degli eroi dei romanzi cavallereschi che servono di modello a Cervantes. Daltronde in quasi tutte le epoche troviamo

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accanto a unarte simbolica unarte allegorica e a volte perfino confuse nelle opere di uno stesso artista. La ruota di fuoco (wheel of fire) di Lear un simbolo, le candele della notte (nights candles) di Romeo sono unallegoria; ma la frase successiva dello stesso Romeo the jocund day stands tiptoe on the misty mountain tops [Il gaio mattino | Si leva furtivo sulle cime nebbiose dei monti] suona gi affine al simbolismo. Essa ricca di rapporti e allusioni la cui forza rappresentativa maggiore di quella di unallegoria. Il simbolismo procede dallidea che la poesia debba esprimere qualcosa difficilmente raffigurabile e comunque non attingibile per via diretta. Poich non si pu dire nulla dimportante sulle cose con i mezzi chiari della coscienza, mentre la lingua arriva a scoprirne i segreti rapporti, per cos dire, automaticamente, il poeta, come afferma Mallarm, deve lasciare liniziativa alle parole, deve lasciarsi trasportare dal loro flusso, dallo spontaneo susseguirsi di immagini e visioni. Con ci si viene a dire non solo che la lingua pi poetica, ma anche pi filosofica della ragione. Lidea di Rousseau di uno stato di natura superiore alla civilt, e quella di Burke, di un organico sviluppo storico, pi fecondo di bene che non il riformismo con la sua smania del nuovo, sono le vere fonti di questa poetica mistica, e sono fonti riconoscibili anche nellidea di Tolstoj e di Nietzsche, della maggior saggezza del corpo rispetto allo spirito, e nella teoria bergsoniana dellintuizione che pi profonda dellintelletto. Per un altro verso questo misticismo della lingua, questa alchimie du verbe muove da Rimbaud, come tutta linterpretazione del creare poetico quale fenomeno allucinatorio. La parola decisiva per la poesia moderna stata sua: il poeta doveva diventare un veggente e a tale stato doveva prepararsi distraendo sistematicamente i sensi dalle loro funzioni normali, rendendoli innaturali e inumani. La pratica

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raccomandata da Rimbaud non rispondeva soltanto allideale dellartificio, miraggio di tutti i decadenti, ma gi conteneva un elemento nuovo: la deformazione, la smorfia quale mezzo espressivo, che doveva assumere tanta importanza per il moderno espressionismo. Essa si fondava sul sentimento che gli atteggiamenti spontanei, normali dellanima fossero artisticamente sterili, e che il poeta dovesse superare in s la natura per scoprire il senso occulto delle cose. Mallarm era un platonico, che vedeva nella comune realt sensibile la forma corrotta di un ente ideale, eterno, assoluto, ma voleva attuare, almeno in parte, nella vita terrena il mondo delle idee. Viveva nel vuoto del suo intellettualismo, del tutto scisso dalla vita comune, e si pu dire che non avesse rapporti col mondo, se non letterari. Uccisa in s ogni spontaneit, divenne, per cos dire, lanonimo artefice delle sue opere. Nessuno pi fedelmente di lui seppe seguire lesempio di Flaubert. Tout au monde existe pour aboutir un livre [Al mondo tutto esiste per mettere capo a un libro]. Il maestro stesso non avrebbe potuto trovare una formula pi flaubertiana. un livre dice Mallarm, ma non un libro quel che ne esce. Egli passa tutta la vita a scrivere, riscrivere e correggere una dozzina di sonetti, due dozzine di poesie pi brevi e sei o sette poesie di pi ampio respiro, una scena drammatica e alcuni frammenti teorici42. Sapeva che larte sua era un vicolo cieco43 e perci il motivo della sterilit prende tanto spazio nella sua poesia44. La vita del raffinato, colto, acuto Mallarm si concluse con uno scacco tremendo come quella del vagabondo Rimbaud. Entrambi disperarono dellarte, della cultura, della societ umana e non si sa chi dei due si sia comportato con pi coerenza45. Con il Chef-duvre inconnu Balzac si dimostrato buon profeta: estraniandosi dalla vita, lartista distrugge lopera sua.

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Gi Flaubert pensava a un libro senza soggetto, che doveva essere pura forma, puro stile, puro ornamento, e a lui per primo si present lidea della posie pure. Forse Mallarm non avrebbe accettato alla lettera la sua frase: un bel verso senza senso val pi di uno che abbia un senso, ma sia meno bello. La rinunzia ad ogni contenuto non rispondeva affatto alla sua concezione della poesia; egli pretendeva per che il poeta rinunziasse a suscitare affetti e passioni e a servirsi di motivi extra estetici, pratici e razionali. La concezione della poesia pura pu comunque considerarsi come il miglior compendio della sua estetica e la quintessenza di tutte le sue aspirazioni di poeta. Mallarm cominciava a scrivere senza saper bene dove lo avrebbe condotto la prima parola, il primo verso; la poesia si formava come cristallizzazione quasi automatica di parole e di segni, catena di associazioni e di visioni che sbocciavano luna dallaltra, modificandosi a vicenda46. La posie pure traduce il principio di questo metodo della creazione poetica in una teoria del comportamento recettivo, e afferma che, per ottenere unesperienza poetica, non occorre affatto leggere tutta la poesia, per quanto breve; spesso bastano uno o due versi, talvolta persino frammenti di parole per averne unimpressione adeguata. In altri termini: per godere una poesia non necessario o comunque non basta, intenderne il significato razionale, anzi, come dimostra la poesia popolare, non occorre affatto che vi sia un senso chiaro47. innegabile la somiglianza fra latteggiamento recettivo qui descritto e la contemplazione a giusta distanza di un dipinto impressionista; tuttavia nella concezione della poesia pura vi sono elementi che non ricorrono necessariamente in quella dellimpressionismo. Essa la forma pi schietta e intransigente dellestetismo ed esprime essenzialmente lidea che possa esistere un mondo poetico affatto indipendente dalla realt consueta, pratica, razionale, un

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microcosmo estetico autonomo, per s stante, che gira su un proprio asse. Lorgoglio aristocratico del poeta che si isola e si estrania dalla vita reale si palesa anche pi intenso nella voluta oscurit dellespressione e nella ricercata difficolt del pensiero. Mallarm lerede del rimar chiuso dei trovatori e della dotta poesia degli umanisti. Egli cerca il vago, lenigmatico, il difficile, non solo perch sa che lespressione risulta tanto pi riccamente allusiva quanto pi vaga, ma anche perch a suo parere una poesia devessere qualcosa di misterioso, e il lettore deve trovarne la chiave 48. Catulle Mends indica espressamente questo carattere aristocratico della poesia di Mallarm e dei suoi seguaci. Alla domanda di Jules Huret, se rimproverasse ai simbolisti la loro oscurit, egli risponde: Niente affatto. In questo tempo di democrazia larte pura diventa sempre pi lesclusiva di una lite, di unaristocrazia bizzarra, malaticcia, affascinante. giusto che il suo livello si mantenga alto49. Constatando che di fronte alla poesia latteggiamento caratteristico della mente non la comprensione razionale, Mallarm ne deduce che il fondamento di ogni grande poesia lincomprensibile e lincommensurabile. evidente il profitto che larte pu trarre dallespressione ellittica a cui egli pensa; saltare qualche anello nella catena delle associazioni permette una rapidit, e quindi unintensit, che va perduta in un lento sviluppo degli effetti50. Mallarm sfrutta a fondo questi vantaggi, e la sua poesia deve il suo fascino soprattutto alla condensazione delle idee e al succedersi improvviso delle immagini. Ma in lui lastrusit non sempre dipende da unintima necessit artistica, anzi spesso risulta da arbitrarie, artificiose manipolazioni linguistiche51. E lambizione della difficolt in quanto tale svela solo la mira del poeta di distinguersi dalla folla, chiudendosi in un cerchio minimo di seguaci. I simbolisti erano, in sostanza,

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dei reazionari, nonostante lapparente indifferenza politica; erano, per dirla con Barrs, i boulangisti della letteratura52. Come la poesia di Mallarm, anche lodierna, la cui difficolt deriva in parte dagli stessi motivi, appare esoterica, antidemocratica, volutamente chiusa al gran pubblico, per quanto possano variare le opinioni politiche dei singoli poeti e per quanto noi sappiamo benissimo che tale difficolt risulta da unevoluzione della cultura moderna, ineluttabile e preparata di lunga mano. Dalla Restaurazione in poi, linflusso francese in Inghilterra non fu mai tanto forte come nellultimo quarto dellOttocento. Dopo un lungo periodo di prosperit, limpero inglese attraversa una crisi economica che si sviluppa in vera e propria crisi dello spirito vittoriano. La gran depressione comincia verso il 1875 e non dura pi di un decennio, ma la borghesia inglese vi smarrisce lantica fiducia in s. Comincia a sentire la concorrenza economica di altre nazioni, spesso pi giovani, come la tedesca e lamericana, e si vede impegnata in unaspra lotta per il possesso delle colonie. Come diretta conseguenza delle nuove condizioni si ha un recedere delle concezioni liberistiche, che finora, nonostante ogni critica, avevano avuto per la borghesia inglese autorit di dogma53. Il decrescere delle esportazioni provoca un abbassamento della produzione che si ripercuote sul tenore di vita dei lavoratori. La disoccupazione aumenta, gli scioperi si moltiplicano, e il movimento socialista, arenatosi dopo gli anni rivoluzionari verso la met del secolo, ora non solo riprende vigore, ma, per la prima volta in Inghilterra, si fa consapevole delle sue mete e della sua forza. Questa svolta ha le pi vaste ripercussioni sullo sviluppo intellettuale del paese. La coscienza di avere di fronte una concorrenza estera pone fine allisolazionismo britannico54 e prepara il terreno agli influssi intellettuali stranieri. Fra questi, anzitutto quello della

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letteratura francese; vengono poi il romanzo russo, Wagner, Nietzsche e Ibsen e integrano gli stimoli che vengono dalla Francia. Ma c un fatto ben pi importante degli influssi dallestero, che anzi di questi costituisce la premessa: con la scossa inflitta allorgoglio borghese e alla fede nella divina missione dellInghilterra nel mondo, ma soprattutto con il nuovo movimento socialista dopo l80, si rinnova la lotta per la libert individuale, che impronta di s tutta la cultura, la letteratura progressista e il modo di vita delle giovani generazioni. Si pu dire che nellabito mentale del tempo non c tratto che non rifletta questa lotta contro la tradizione e la convenzione, il puritanesimo e il filisteismo, larido utilitarismo e il sentimentalismo romantico. Si combatte contro la vecchia generazione per conquistare e godere la vita. Modernit diventa il motto estetico e morale della giovent che batte alla porta e vuol passare. Fine e contenuto della vita ora libseniana affermazione di se stessi, la volont di esprimere la propria personalit e dimporre il proprio valore. E per quanto rimanga per lo pi oscuro quel che sintende per realizzazione di s, crolla sotto i colpi della nuova generazione la sicurezza morale del vecchio mondo borghese. Fin verso il 1875 la giovent si trova di fronte a una societ in complesso stabile, sicura nelle sue tradizioni e convenzioni e rispettata anche dagli oppositori. Non solo in Jane Austen, ma anche in George Eliot si sente la saldezza di un ordine sociale, che se non perfetto n del tutto accettabile, non tuttavia trascurabile n facile a sostituirsi. Ma ora tutte le norme della vita sociale perdono a un tratto il loro valore; tutto vacilla, diventa problematico e discutibile. Nella letteratura e nellarte inglese dopo l80 la tendenza liberale afferma un individualismo apolitico, bench naturalmente limpulso alla realizzazione di s, cos vivo nella giovent, e la lotta di questa contro le vecchie

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forme sovraindividuali siano strettamente connessi con la nuova situazione politico-sociale55. La giovent schiettamente antiborghese, ma non democratica e tanto meno socialista. Anzi, in essa il sensualismo e ledonismo, la volont di godere la vita e di inebriarsene, di fare della propria esistenza unopera darte, in cui ogni ora diventi unesperienza indimenticabile e insostituibile, assume spesso un aspetto antisociale e amorale. La spinta antifilistea non prende di mira i capitalisti, ma i borghesi nemici dellarte. Tutto il movimento inglese verso la modernit dominato da questodio contro i filistei, che diventa a sua volta una convenzione estrinseca. Ad essa sono da connettere in gran parte anche le modificazioni che limpressionismo subisce in Inghilterra. In Francia larte e la letteratura impressionistica non erano espressamente antiborghesi; i francesi erano gi oltre la fase della lotta contro il filisteismo, anzi i simbolisti provavano una certa simpatia per la borghesia conservatrice. In Inghilterra, invece, spetta alla letteratura decadente di compiere lopera di disgregazione che in Francia romanticismo e naturalismo avevano da tempo compiuto. Il tratto pi spiccato che ora distingue la letteratura inglese da quella francese il gusto del paradosso, dellespressione sorprendente, bizzarra, volutamente urtante, di quellarguzia ricercata che oggi sembra cos insulsa e con la sua civetteria cos compiaciuta di s e incurante della verit. chiaro che questo amore del paradosso non che spirito di contraddizione, che ha la sua origine soprattutto nel desiderio di pater le bourgeois [sbalordire il borghese]. Tutte le singolarit e le affettazioni, nella lingua come nel modo di pensare, nel vestire come nella condotta degli artisti, sono una protesta contro le opinioni del filisteo insensibile alle muse, privo di fantasia, bugiardo e ipocrita. Tale il loro stravagante dandysmo, proprio come la loro lingua colorita che sfoggia tutte le attratti-

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ve dello stile impressionistico. Il decadentismo inglese stato con ragione chiamato una sintesi di Mayfair e Bohemia. In Inghilterra non troviamo n una bohme cos pura come in Francia, n artisti che vivano come Mallarm in una torre davorio, perfetta e inaccessibile. La borghesia inglese ancora abbastanza energica per assimilarli o per eliminarli. Oscar Wilde un fortunato scrittore borghese finch la classe dominante lo giudica tollerabile, ma appena egli comincia a disgustarla viene liquidato senza piet. In Inghilterra il dandy sostituisce in certo modo il bohmien, mentre in Francia gli si contrapponeva. Il dandy lintellettuale borghese spostato nellalta societ, il bohmien invece lartista decaduto al livello del proletariato. Lelegante ricercatezza e la stravaganza del dandy hanno la stessa funzione dellincuria e della dissipazione del bohmien. Entrambi incarnano una medesima protesta contro la monotonia e la volgarit della vita borghese, solo che gli Inglesi preferiscono portare il girasole allocchiello piuttosto che il colletto sbottonato. Com noto, gi i modelli di Musset, Gautier, Baudelaire e Barbey dAurevilly erano stati inglesi; Whistler, Wilde e Beardsley rilevano cos dai francesi la filosofia del dandysmo. Per Baudelaire il dandy la protesta vivente contro il livellamento democratico. Agli occhi del poeta egli raduna in s tutte le virt aristocratiche compatibili con la vita odierna; allaltezza di ogni situazione, non si stupisce di nulla, non mai volgare e conserva sempre il freddo sorriso dello stoico. Il dandysmo lultima manifestazione delleroismo in unet di decadenza, un sole al tramonto, un estremo fulgido raggio dellorgoglio umano56. Leleganza del vestire, la raffinatezza del contegno, il rigore intellettuale non sono che la disciplina esteriore, che gli uomini di questordine eletto simpongono nella volgarit del mondo attuale; quel che soprattutto importa lintima superiorit e indipendenza, lassenza di

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scopi pratici e di precise ragioni nellessere e nellagire57. Baudelaire antepone il dandy allartista58, poich questi ancora capace dentusiasmo, lavora, produce: ancora un meccanico, nel senso antico. Qui si va anche oltre la crudele previsione di Balzac: lartista non solo distrugge lopera sua, ma nega il suo diritto alla gloria e allonore. Quando Oscar Wilde vuol fare della sua vita unopera darte larte delle sue conversazioni, dei suoi rapporti, di tutto il suo modo di vivere e la antepone alle sue opere letterarie, guarda anzitutto al dandy di Baudelaire, allideale di unesistenza affatto inutile, gratuita, senza meta. Ma quanta vanit e civetteria ci sia in questa rinunzia agli onori e alla gloria, appare dalla strana unione di dilettantismo e di estetismo che caratterizza i decadenti inglesi. Mai larte fu presa sul serio come ora; mai ci si diede tanta pena per scrivere versi magistralmente cesellati, una prosa impeccabile, frasi perfettamente articolate ed equilibrate. Mai lelemento decorativo, la bellezza, leleganza, la squisitezza e la rarit ebbero tanta importanza nellarte; mai il preziosismo e il virtuosismo vi furono pi largamente spiegati. Se in Francia la pittura era modello alla poesia, in Inghilterra ci si ispira propriamente allarte dellorafo. Non per nulla Wilde parla con tanto entusiasmo del jewelled style [stile gemmato] di Huysmans. Effetti di colore come i jadegreen piles of vegetables [velluti verde-giada degli ortaggi] a Covent Garden sono la sua personale aggiunta alleredit dei francesi. G. K. Chesterton osserva da qualche parte che lo schema del paradosso di Shaw consiste nel dire, invece di uva bianca, uva verde-chiaro. Anche Wilde, che ha tanto di comune con Shaw a dispetto di tutte le differenze, nelle sue metafore parte spesso dalla massima evidenza e trivialit e il tipico del suo stile si rivela appunto nellunione del triviale con lo squisito. come se egli volesse dire che anche nella

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realt pi ordinaria si trova la bellezza, come Walter Pater gli ha insegnato. Non il frutto dellesperienza, ma lesperienza stessa il fine... Nel mantenere questestasi sta il successo nella vita, dice Pater nella conclusione del Rinascimento, e in queste frasi contenuto il programma di tutto il movimento estetizzante. In Walter Pater levoluzione iniziata con Ruskin e continuata con William Morris giunge a compimento, ma, a differenza dei suoi predecessori, i fini sociali esulano dai suoi propositi, che non sono che edonistici, mirano solo ad esaltare lintensit dellesperienza estetica. In lui limpressionismo solo una forma di epicureismo. Poich tutto scorre in senso eracliteo e la vita rumoreggiando dilegua con sinistra rapidit, per noi non c che una verit, quella del momento, e tutta la volutt o il piacere solo quello che possiamo rapire allistante. Ma in nostro potere di non lasciarne passare uno solo senza goderne il fascino particolare, lintima virt. Quanto in questo lestetismo inglese si allontani dallimpressionismo francese, lo vediamo chiaramente in un fenomeno come Beardsley. Non si pu immaginare unarte pi letteraria della sua, in cui pi dogni altra hanno importanza la psicologia, i contenuti intellettuali, gli aneddoti. Il calligrafismo artigianale, che i maestri francesi si dnno tanto pena di evitare, lelemento pi tipico del suo stile; ed il punto di partenza di tutta quellevoluzione antimpressionistica che porta agli scenografi e agli illustratori mondani, cos cari alla borghesia benestante e mediocremente colta. Lintellettualismo, dominante nella letteratura francese nonostante la forte corrente intuizionistica, rappresenta anche in Inghilterra il tratto fondamentale della nuova letteratura. Wilde non solo accetta lidea di Matthew Arnold, che il critico a determinare il clima intellettuale di un secolo59, e non solo consente alle parole di Baudelaire, che ogni vero artista deve essere anche

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un critico, ma giunge ad anteporre il critico allartista ed incline a considerare il mondo con gli occhi del critico. Questo spiega perch sovente larte sua, come quella dei suoi contemporanei, appare cos dilettantesca. Quasi tutto quello chessi creano pare il gioco abilissimo di persone molto dotate, tuttavia non di artisti di mestiere. Ma, se dobbiamo credere loro, essi volevano appunto suscitare questimpressione. Sul terreno dello stesso intellettualismo, sebbene a un pi alto livello, si muovono Meredith e Henry James. Se nel romanzo inglese c una tradizione che collega George Eliot con Henry James60, certo quella dellintellettualismo. Dal punto di vista sociologico, con George Eliot si apre una nuova fase nella storia della letteratura inglese: sorge un pubblico nuovo, pi esigente. Ma George Eliot, bench rappresentasse un ceto intellettuale assai superiore al pubblico di Dickens, poteva contare su una cerchia relativamente ampia di lettori; il pubblico di Meredith e Henry James invece si limita ormai a un esiguo ambiente dintellettuali che a un romanzo non chiedono, come il pubblico di Dickens o di George Eliot, unazione impressionante e figure di gran risalto, ma uno stile impeccabile e maturi, esemplari giudizi sulla vita. Quel che per lo pi in Meredith soltanto maniera, in Henry James spesso vera passione intellettuale; ma entrambi rappresentano unarte che ha con la realt rapporti essenzialmente astratti; e le loro creature, confrontate con il mondo di Stendhal, Balzac, Flaubert, Tolstoj, pare che si muovano nel vuoto. Verso la fine del secolo limpressionismo predomina in tutta Europa. Dappertutto fiorisce una poesia degli stati danimo, delle impressioni atmosferiche, del dileguare della stagione e dellora. La lirica si estenua in sensazioni fuggevoli, inafferrabili, in eccitamenti dei sensi indeterminati, indefinibili, in tinte delicate e voci stan-

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che. Lindeciso, il vago, quel che si muove alla soglia della percezione sensoriale, diventa il tema principe della poesia; non si tratta pi della realt obiettiva, ma della commozione del poeta per la propria sensibilit e capacit desperienza. Questarte eterea degli stati danimo domina ormai tutte le forme letterarie; tutte si trasformano in lirismo, in immagine e musica, in colore e sfumatura. Il racconto si riduce a semplici situazioni, lazione a scene liriche, il disegno dei caratteri alla descrizione di intime disposizioni e stati psichici. Tutto diventa episodico, periferico in una vita priva di centro. Fuori di Francia, linflusso dellimpressionismo sulla letteratura pi forte di quello del simbolismo. Se invece si guarda solo alla letteratura francese, si facilmente indotti a identificare le due correnti61. Anche Victor Hugo chiamava il giovane Mallarm mon cher pote impressioniste. Ma a un esame pi attento le differenze sono evidenti: limpressionismo materialistico e sensualistico, per quanto delicati ne siano i temi; il simbolismo invece idealistico e spiritualistico, bench il suo mondo ideale non sia che una sublimazione del mondo dei sensi. Ma il simbolismo francese in cui dobbiamo includere quello belga con le sue derivazioni, cio il vitalismo di Bergson da un lato, il cattolicismo monarchico dellAction franaise dallaltro, si distingue essenzialmente in quanto rappresenta una tendenza sempre pronta a mutarsi in attivismo; mentre limpressionismo dei viennesi, dei tedeschi, dei russi e degli italiani, che ha in Schnitzler, Hofmannsthal, Rilke, echov, DAnnunzio, gli interpreti maggiori, esprime una concezione della passivit, del perfetto abbandono al mondo circostante e del dissolversi senza resistenze nellistante. Eppure, quanto siano profondi i rapporti fra impressionismo e simbolismo, come facilmente prevalga in entrambi il momento irrazionale e la passivit si trasformi in frivolo attivismo, lo dimostra levoluzione di

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poeti come Stefan George e DAnnunzio. Saremmo senzaltro disposti a collegare con le simpatie fasciste di questultimo il suo cattivo gusto, la paludata verbosit, la cronica ebrezza di vita, se Barrs e Stefan George non manifestassero la stessa velleit politica, pur con un gusto e con maniere letterarie tanto migliori. La forma pi pura dellimpressionismo che ripugna ad ogni atteggiamento attivo e si abbandona senza resistenza al flusso delle esperienze quella dei viennesi. Forse la vecchia, stanca cultura della citt, la mancanza di ogni attiva politica nazionale e il grande contributo straniero, specie ebraico, alla vita letteraria, a dare allimpressionismo viennese il suo particolare carattere di sottigliezza e di passivit. Si tratta dellarte di giovani eredi borghesi, espressione del malinconico edonismo di quella seconda generazione che gode i frutti del lavoro paterno. Sono nevrotici e tristi, stanchi e senza meta, scettici e ironici verso se stessi questi poeti degli stati danimo squisiti e subito dileguati, di cui nulla rimane, se non il senso del transitorio, del mancato e la coscienza dellinettitudine alla vita. Il contenuto latente di ogni impressionismo, la coincidenza di vicino e lontano, lestraneit delle cose prossime, quotidiane, il senso di esser sempre divisi dal mondo, diventa qui lesperienza di fondo. Si pu dar che questi giorni vicini sian passati, per sempre passati e del tutto perduti? domanda Hofmannsthal, e in questa domanda sono contenute in germe anche le altre: il brivido delladesso e qui che insieme un oltre, lo stupirsi perch queste cose sono altre e ancora altre le parole che usiamo, lo sgomentarsi perch tutti gli uomini vanno per la loro strada e infine lultimo, grande problema: Quando uno muore, porta con s un segreto: come sia stato possibile a lui, proprio a lui, vivere nel senso spirituale della parola. Se si pensa alla frase di Balzac Nous mourons

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tous inconnus, si vede con quanta coerenza si sviluppi in Europa il senso della vita dopo il 1830. Esso presenta un carattere costante, prevalente, sempre pi profondo: la coscienza dellisolamento, della solitudine, che pu avvilirsi fino al sentimento del completo abbandono da parte di Dio e del mondo, o elevarsi nellistante dellorgoglio, che spesso quello della massima disperazione, allidea del superuomo; questi nellaria rarefatta delle altezze si sente solo e infelice come lesteta nella sua torre davorio. Il fenomeno pi rilevante di tutta la storia dellimpressionismo europeo la sua adozione da parte dei russi e il sorgere di uno scrittore come echov, che pu dirsi il pi puro rappresentante di tutto lo stile. Nulla pi sorprendente di un tale artista in un paese che fino a poco prima viveva ancora nellatmosfera intellettuale dellilluminismo, ed era del tutto estraneo allestetismo e decadentismo che in Occidente accompagnano il sorgere dellimpressionismo. Ma in un secolo tecnico come il xix le idee si diffondono presto e ladozione delleconomia industriale crea anche qui condizioni che portano al nascere di un gruppo sociale simile a quello degli intellettuali dOccidente e al manifestarsi di un atteggiamento analogo allennui62. Gorkij fin dallinizio comprese la funzione decisiva che era destinata a echov nella letteratura russa; egli vide che con lui si concludeva tutta unepoca, e che il suo stile possedeva per le nuove generazioni un fascino a cui esse non avrebbero pi potuto rinunziare. Sa Lei quel che fa? gli scrive nel 1900. Lei annienta il realismo... Dopo uno dei Suoi racconti, sia pure il meno importante, tutto sembra rozzo, scritto con un bastone, non con la penna63. Come apologeta dellinsuccesso e dellinettitudine alla vita, echov ha i suoi precursori in Dostoevskij e Turgenev, ma questi non considerano ancora la sfortuna e la solitudine come inevitabile destino dei migliori.

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Solo con echov si ha una visione del mondo imperniata sullesperienza della incomunicabilit fra gli uomini, cos caratteristica dellimpressionismo, sulla loro incapacit di superare del tutto la distanza che li divide o, pur riuscendovi, di mantenersi vicini. Lumanit di echov si sente derelitta e disperata, irrimediabilmente paralizzata nella volont, o sterile in ogni suo sforzo. Questa filosofia della passivit e dellindolenza, questo senso che nulla nella vita giunga allo scopo e al termine, hanno grandi conseguenze formali; portano ad accentuare il carattere episodico, irrilevante dellavvenimento esterno, alla rinunzia ad ogni struttura formale, a ogni concentrazione e integrazione, portano a preferire una composizione eccentrica, che trascura o violenta la cornice. Come Degas respinge parti importanti della scena proprio ai margini del quadro e le taglia con la cornice, echov termina le sue novelle e i suoi drammi con unarsi, per accentuare anche cos limpressione del non conchiuso, dellinterrotto, della fine casuale, arbitraria. Egli segue un principio formale perfettamente opposto a quello della frontalit: anzi, tutto predisposto per dare allopera il carattere di un evento casuale, scoperto, colto per caso. Il senso che gli eventi esterni sono assurdi, irrilevanti e frammentari, porta nel dramma a ridurre al minimo lazione e a rinunciare agli effetti cos caratteristici della pice bien faite. Il buon teatro deve essenzialmente la sua efficacia ai princip della forma classica: unit, conclusione e armonioso sviluppo dellazione. Il dramma poetico, sia quello simbolico di Maeterlinck, sia quello impressionistico di echov, rinunzia a questi mezzi strutturali a favore dellimmediata espressione lirica. La forma cecoviana forse la meno teatrale di tutta la letteratura una forma in cui i coups de thtre, gli effetti scenici di sorpresa e di tensione hanno una parte minima. Non c dramma pi povero di avvenimenti, di

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movimento, di conflitti. I personaggi ignorano la lotta, la difesa, la sconfitta; cedono, affondano a poco a poco, inghiottiti dalla monotonia della loro vita senza vicende e senza prospettive. Si abbandonano al loro destino che si consuma in delusioni, non in catastrofi. Fin dalla sua prima comparsa, si dubitato di poter giustificare un simile dramma privo dazione e di movimento e ci si chiesti se fosse il vero dramma, vero teatro, cio se sulla scena si sarebbe mostrato vitale. La pice bien faite apparteneva ancora al vecchio teatro e, pur accogliendo certi elementi del naturalismo, in complesso si atteneva sia alle convenzioni tecniche della scena, sia allideale eroico del dramma classico-romantico. Soltanto nel nono decennio il naturalismo conquista la scena, quando gi nel romanzo comincia la sua parabola discendente. Il primo dramma naturalistico, Les corbeaux di Henri Becque, del 1882, e il Thtre libre di Antoine, il primo della corrente naturalistica, fondato nel 1887. Da principio il pubblico borghese si mostra del tutto refrattario, bench Henri Becque e i suoi immediati successori non facciano che sfruttare per la scena quel che gi da gran tempo Balzac e Flaubert hanno reso familiare a tutti. Il dramma naturalistico in senso stretto sorge altrove, nei paesi nordici, in Germania e in Russia. A poco a poco il pubblico ne accetta le convenzioni, come ha accettato quelle del romanzo, e Ibsen, Brieux e Shaw suscitano proteste solo per gli assalti troppo aspri alla morale borghese. Ma infine, bench avverso ad essa, il nuovo indirizzo conquista la borghesia, e persino il dramma socialista di Gerhart Hauptmann celebra i suoi primi e massimi trionfi negli ambienti dellalta borghesia berlinese. Il teatro naturalistico non che la via verso il dramma intimo, verso linteriorizzazione dei conflitti, verso un pi immediato contatto fra scena e pubblico. I troppo facili espedienti, lintreccio complicato e la tensione forzata, gli

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indugi e le sorprese artificiose, le scene madri e i finali di grandeffetto resistono nel teatro pi a lungo che nel romanzo, ma a un tratto cominciano a sembrare ridicoli e debbono essere sostituiti o velati con effetti pi sottili. Senza ladesione di un pubblico relativamente vasto, il dramma naturalistico non sarebbe mai divenuto una realt nella storia del teatro. Se un volume di liriche pu uscire in due o trecento copie, e un romanzo in mille o duemila, una rappresentazione teatrale devesser vista da diecimila persone, perch se ne coprano le spese. Il nuovo dramma naturalistico in questo senso gi da un pezzo si era dimostrato vitale, quando ancora critici e teorici si stillavano il cervello sulle sue possibilit. Essi non riuscivano a liberarsi dalla concezione classica del dramma e anche i pi ragionevoli fra loro, o i pi acuti, consideravano il teatro naturalistico come una contradictio in adiecto64. Soprattutto non potevano ammettere che si trascurasse leconomia del dramma classico, conversando liberamente sulla scena, discutendo problemi, descrivendo esperienze, saltando di palo in frasca, come se la rappresentazione non dovesse mai finire. Biasimavano che il dramma naturalistico non nascesse dalla considerazione del destino, del personaggio e del soggetto, ma da una riproduzione particolaristica della realt65; in realt poi accadde semplicemente che la realt, con i suoi vincoli concreti, divenne essa stessa il destino, e i personaggi non furono pi semplici figure da palcoscenico, ma uomini dalle molte facce, complicati, incoerenti, senza carattere come si diceva un tempo e che, come espose Strindberg nel suo proemio a La signorina Giulia del 1888, erano un prodotto delle condizioni, delleredit, dellambiente, delleducazione, dellindole, degli influssi locali, stagionali e accidentali; e le loro decisioni non avevano un solo motivo, ma tutta una serie di motivi.

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Col prevalere dellinteriorit, dello stato danimo, dellatmosfera e del lirismo sullazione drammatica, si assiste alla scomparsa del racconto vero e proprio, nel teatro come nella pittura impressionistica. Tutta larte del tempo mostra una tendenza allo psicologismo e al lirismo; la ripugnanza al racconto e linclinazione a sostituire il movimento intimo a quello esteriore, la filosofia e linterpretazione della vita allazione, possono di certo considerarsi il tratto essenziale del nuovo indirizzo artistico, che si afferma in ogni campo. Ma, mentre la pittura aneddotica non trov difensori fra i critici darte, i critici teatrali protestarono con la massima energia contro chi trascurava lazione. Specialmente in Germania, essi parlarono di una fatale separazione del dramma dal teatro, del peso decisivo dellefficienza scenica per lesperienza teatrale, del carattere di massa di tale esperienza e della fondamentale assurdit del teatro intimo. I moventi di questa opposizione erano diversissimi; la reazione politica non sempre vi aveva la parte principale, e spesso si esprimeva solo per via indiretta; di maggior peso invece furono le simpatie per un teatro monumentale che, soprattutto in Germania, si contrapponeva al teatro intimo rispondente alle vere esigenze spirituali, nonch lambizione di creare un teatro di massa per le masse che effettivamente cerano, ma non formavano un pubblico teatrale. Caratteristico di tutta questa confusione didee fu che come stile adatto al futuro teatro popolare si fin per presentare non gi il naturalismo cresciuto di pari passo con la concezione democratica, ma il classicismo della vecchia aristocrazia e della borghesia. Le maggiori accuse rivolte contro il nuovo dramma erano quelle di determinismo e relativismo, entrambi inscindibili dalla visione naturalistica del mondo. Si proclamava che dove manchino libert intima ed esteriore, valori assoluti, regole morali obiettive, universali e indi-

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scutibili, non pu esistere un vero dramma, cio una tragedia. La relativit delle norme etiche e la comprensione per opposte posizioni morali escluderebbe del tutto un vero conflitto drammatico. Quando sia lecito tutto comprendere e tutto perdonare, leroe nella sua lotta a oltranza apparir alla fine un pazzo testardo, il conflitto perder ogni necessit e il dramma verr a prendere un carattere tragicomico e patologico66. Tutto il ragionamento brulica di equivoci, pseudoproblemi e sofismi. In primo luogo, si viene a identificare nel dramma tragico tutto il dramma, o almeno lo si rappresenta come la sua forma ideale, esprimendo cos un giudizio di valore per se stesso molto relativo, in quanto determinato da condizioni storiche e sociali. In realt, non solo il dramma senza tragedia, ma anche senza conflitto pu essere una forma teatrale perfettamente legittima; e il teatro si pu benissimo conciliare con una visione relativistica del mondo. Ma anche se si considera il conflitto un elemento indispensabile, difficile capire perch dovrebbero prodursi conflitti profondamente commoventi solo dove si tratti di valori assoluti. Non altrettanto impressionante la lotta degli uomini per i loro princip morali determinati da unideologia? E perfino quando si tratta di una lotta necessariamente tragicomica non sar proprio questo suo carattere a produrre, in un tempo di razionalismo e di relativismo, i maggiori effetti drammatici? Del resto la premessa di tutta largomentazione discutibile, e cio lidea che lassenza di libert sociale e il relativismo etico escludano senzaltro la tragedia. Non consta affatto che solo uomini del tutto liberi, socialmente indipendenti, come sovrani e condottieri, siano eroi da tragedia. Non forse tragico il destino del Mastro Antonio di Hebbel, del Gregers Werle di Ibsen, dello Henschel di Hauptmann? Concediamo pure che tragico e triste non sono la stessa cosa. Ma sarebbe antidemocratico affermare con Schiller che non ci

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pu esser tragedia nel furto di cucchiai dargento. La tragicit di una situazione dipende soltanto dalla forza, dallintransigenza con cui diversi, inconciliabili princip morali si affrontano nellanima di un uomo. Ma perch si determini leffetto tragico non neppure assolutamente necessario che un pubblico veda posti in discussione valori chesso crede assoluti, e tanto meno valori in cui non crede pi. Nella storia del dramma moderno Ibsen la figura centrale, e non solo perch il maggior drammaturgo del secolo, ma perch lopera sua pone con il massimo vigore i problemi filosofici del tempo. La liquidazione dellestetismo, problema cruciale della sua generazione, segna il principio e la fine della sua carriera artistica. Fin dal 1865 egli scrive a Bjrnson: Se in questo momento io dovessi dichiarare quale profitto abbia tratto in sostanza dal mio viaggio, direi che mi sono liberato dallestetismo, che mi aveva tutto in suo potere, pretendendosi fine a se stesso. Quindi esso ora mi sembra una maledizione per la poesia, come la teologia per la religione67. Secondo ogni apparenza, Ibsen giunge a risolvere questo problema sotto linflusso di Kierkegaard, che tanta parte deve aver avuto nella sua evoluzione, benchegli affermasse di non capire gran che delle teorie del filosofo68. Kierkegaard con il suo aut-aut deve aver dato limpulso decisivo soprattutto allevolversi del rigorismo morale ibseniano69. La passione etica di Ibsen, la coscienza di dover scegliere e decidere, la concezione dellattivit poetica come lultima sentenza su se stessi, tutto ci ha radice nelle idee di Kierkegaard. Che il tutto o nulla di Brand corrisponda allaut-aut di Kierkegaard, lo si osservato spesso; ma Ibsen deve ben altro allintransigenza del suo maestro; gli deve tutta la sua concezione etica, antiromantica e scevra destetismo. La miopia dei romantici consisteva soprattutto nel ridurre ogni manifestazione dello spirito a categorie estetiche,

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e ai loro occhi tutti i valori portavano pi o meno limpronta del genio. Kierkegaard fu il primo che contro il Romanticismo os affermare che lesperienza etica e religiosa non ha a che vedere con la bellezza e la genialit, e un eroe della fede affatto diverso da un genio. NellOccidente postromantico nessun altro aveva colto i limiti della sfera estetica, e allinfuori di lui non vi era nessuno che potesse influire in tal senso su Ibsen. Quanto tale influsso abbia contribuito a determinare la critica ibseniana del romanticismo difficile dire. Lirrealismo romantico era un problema generale del tempo, e certo allo scrittore non occorrevano speciali stimoli per affrontarlo. Tutto il naturalismo francese simperniava sul conflitto tra ideale e realt, finzione e verit, poesia e prosa, e i pi noti pensatori del secolo riconoscevano nel difetto di realismo la maledizione della cultura moderna. Sotto questo aspetto Ibsen non fece che continuare la lotta dei suoi predecessori, ultimo di una lunga serie che includeva tutti gli avversari del romanticismo. Il colpo mortale che egli porta al nemico consiste nello svelare il lato tragicomico dellidealismo romantico. Dopo il Don Quijote la cosa non era del tutto nuova, ma Cervantes trattava ancora il suo eroe con simpatia e indulgenza, mentre Ibsen annienta moralmente Brand, Peer Gynt e Gregers Werle. Lesigenza ideale, fuor dogni realt, dei suoi romantici si rivela puro egoismo, che lingenuit dellegoista non basta a mitigare. Don Quijote affermava i suoi ideali anzitutto contro se stesso; gli idealisti di Ibsen invece si distinguono soltanto per la loro intolleranza verso gli altri. Ibsen dovette la sua fama europea al messaggio sociale dei suoi drammi, riducibile, in ultima analisi, a una sola idea: il dovere dellindividuo verso se stesso, il suo compito di realizzarsi affermando la propria natura contro le convenzioni, meschine, stupide e superate, della societ borghese. Il suo era dunque un vangelo dellin-

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dividualismo, unesaltazione della personalit sovrana, unapoteosi della vita creatrice; dunque, in certo modo, ancora un ideale romantico che fece la pi profonda impressione sulla giovent; e non solo era essenzialmente affine allidea nietzschiana del superuomo e alllan vital di Bergson, ma torn a riecheggiare in Shaw, nel suo mito della forza vitale. In fondo Ibsen era un individualista anarchico; nella libert personale scorgeva il pi alto valore della vita e il suo principio era che lindividuo libero, sciolto da ogni vincolo esteriore, pu far molto per s, mentre pochissimo pu fare per lui la societ. La sua idea della realizzazione di se medesimi era innegabilmente di grande portata sociale, ma la questione sociale vera e propria lo lasciava indifferente. A dir vero, per la solidariet non ho mai avuto gran simpatia egli scrive a Brandes nel 187170. Il suo pensiero si imperniava sui problemi delletica individuale; per lui la societ esprimeva solo il principio del male. Egli non vi scorgeva che il regno della stupidaggine, del pregiudizio e della costrizione. Infine giunse a quella morale aristocraticamente conservatrice, che rappresent con particolare chiarezza in Rosmerholm. Per la sua modernit, il suo antifilisteismo, la sua lotta accanita contro ogni convenzione, Ibsen apparve allEuropa uno spirito assolutamente progressista; ma in patria, dove si era in grado di giudicare le sue opinioni politiche con maggior conoscenza di causa, lo si considerava il grande poeta conservatore, che si contrapponeva al radicale Bjrnson. Allestero tuttavia se ne intese meglio limportanza storica. Egli apparve una delle poche figure rappresentative dellepoca, se non la sola, che fosse lecito paragonare a Tolstoj, Anchegli, infatti, dovette il suo nome e la sua autorit non tanto alla sua opera di poeta, quanto a quella di agitatore e di educatore. In lui si onor soprattutto il grande moralista, lappassionato accusatore e limpavido campione della verit, per il

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quale il teatro era il mezzo a un fine pi alto. Politicamente, tuttavia, Ibsen non aveva nulla di positivo da dire ai suoi contemporanei. Tutta la sua visione del mondo era incrinata da una contraddizione profonda: egli lottava contro la morale convenzionale, i pregiudizi borghesi, la societ dominante, in nome duna libert chegli stesso non credeva attuabile. Era un crociato senza fede, un rivoluzionario senza ideali sociali: e il riformatore si trasform alla fine in un duro fatalista. Ibsen fin proprio come il Frenhofer di Balzac, o come Rimbaud e Mallarm. Rubek, leroe del suo ultimo dramma, la pi schietta incarnazione della sua idea dellartista, rinnega la propria opera e prova quel che ogni artista pi o meno ha provato dal romanticismo in poi: il senso di essersi lasciato sfuggire per larte la vita. Una notte estiva sui monti con te, s, con te, Irene, questo sarebbe stata la vita! In questo grido implicito il giudizio su tutta larte moderna. Lapoteosi delle notti estive della vita diventata un povero surrogato, un oppio che ottunde i sensi e rende luomo incapace di godere direttamente la vita. Lunico vero discepolo e successore di Ibsen Shaw, lunico che ne abbia continuato con efficacia la lotta contro il romanticismo, approfondendo il grande dibattito dellEuropa ottocentesca. lui che completa lo smascheramento delleroe romantico, e la distruzione della fede nei grandi gesti teatrali. Tutto ci che puramente decorativo, vistosamente eroico, sublime e idealistico con lui diventa sospetto; ogni sentimentalismo e distacco dalla realt si rivelano inganni e imposture. La psicologia dellautoinganno la fonte della sua arte, ed egli fra i pi animosi e intransigenti, ma anche fra i pi gioviali e divertenti smascheratori di questintima inclinazione. Se tutto il suo pensiero, cos accanito nel distruggere leggende e rivelare finzioni, ha uninnegabile origine illuministica, la sua filosofia della storia, radica-

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ta nel materialismo storico, fa di lui il pi progressista e il pi moderno scrittore della sua generazione. Egli dimostra che la falsa prospettiva in cui gli uomini vedono il mondo e se stessi, le menzogne chessi proclamano o lasciano affermare come verit e per cui, in certi casi, sono pronti a tutto, sono legate alle ideologie, cio a interessi economici e aspirazioni sociali. Il peggio non che essi pensino in modo irrazionale spesso anzi sono fin troppo razionali ma che non abbiano alcun senso della realt, che non vogliano ammettere i fatti come fatti. Quindi non il razionalismo, bens il realismo la meta di Shaw; e la volont, non la ragione, la facult maitresse dei suoi eroi71. Questo spiega in parte anche la sua vocazione di drammaturgo, e come nel pi dinamico fra i generi letterari le sue idee abbiano trovato la loro forma pi adeguata. Shaw non sarebbe il perfetto rappresentante del suo tempo, se non ne condividesse anche lintellettualismo. Pur con la loro pulsante vivacit, lefficacia scenica spesso memore della pice bien faite e il tono melodrammatico talvolta un po volgare, i suoi drammi sono essenzialmente intellettualistici; pi ancora di quelli di Ibsen sono drammi di discussione e di polemica. Il ripiegarsi delleroe su se stesso e il dibattito intellettuale fra le dramatis personae non sono caratteristiche esclusive del teatro moderno; anzi il conflitto drammatico, se deve raggiungere una sua incisivit e un suo rilievo, esige sempre dai personaggi che vi sono impegnati la piena coscienza di quel che avviene in loro. Non c vero effetto drammatico, e tanto meno tragico, senza questintellettualismo dei personaggi. I pi ingenui, impulsivi eroi di Shakespeare diventano geniali nel momento in cui si decide il loro destino. Ma, dopo il magro vitto offerto alla mente dalle commedie allora in voga, quei dibattiti drammatici, come furono chiamati i lavori di Shaw, riuscirono cos indigesti, che critici e pubblico

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dovettero prima avvezzarcisi. Shaw si atteneva allintellettualismo tradizionale del dialogo drammatico assai pi rigorosamente dei suoi predecessori; ma nessun pubblico poteva gustare una simile rappresentazione meglio degli intelligenti frequentatori del teatro sullo scorcio del secolo. Ed essi si divertirono cordialmente alle acrobazie intellettuali che venivano loro offerte, appena si furono persuasi che gli assalti di Shaw alla societ borghese non erano davvero cos pericolosi come pareva e, soprattutto, che egli non voleva togliere a nessuno il suo denaro. Alla fine si scopr che in sostanza egli era solidale con la borghesia, ed era semplicemente il portavoce di quellautocritica che rientra nellabito mentale di questa classe. La psicologia, che sullo scorcio del secolo determina la concezione del mondo, una psicologia del profondo. Tanto Nietzsche che Freud partono dallassunto che la vita psichica manifesta cio quel che gli uomini sanno o pretendono di sapere sui moventi del loro comportamento spesso non fa che velare e deformare i reali motivi dei sentimenti e delle azioni. Nietzsche imputa tale falsificazione alla decadenza che travaglia lumanit dallinizio del cristianesimo, e allo sforzo di presentare come valori etici, come ideali altruistici e ascetici, la debolezza e i rancori dellumanit degenerata. Al fenomeno dellautoinganno che Nietzsche scopre valendosi della critica storica della civilt Freud giunge analizzando la psiche individuale e giunge a stabilire che, dietro la coscienza delluomo sta, vero motore degli atteggiamenti e delle azioni, linconscio: ogni pensiero cosciente non che il velo pi o meno trasparente degli impulsi che sono il contenuto dellinconscio. Qualunque cosa Nietzsche e Freud sapessero e pensassero di Marx, quando sviluppavano le loro teorie, certo che nelle loro indagini seguivano quella tecnica

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analitica, che per la prima volta il materialismo storico aveva applicato. Anche Marx insiste sulla coscienza deformata e guasta e sul fatto che essa vede il mondo in una falsa prospettiva. Il concetto di razionalizzazione della psicanalisi corrisponde appunto a quel che Marx ed Engels intendono per elaborazione delle ideologie e falsa coscienza. Engels72 e Jones73 definiscono i due concetti nello stesso senso. Gli uomini non solo agiscono, ma spiegano e giustificano le loro azioni secondo il loro particolare punto di vista, determinato da condizioni sociali e psichiche. Marx il primo a rilevare che, sotto la spinta degli interessi di classe, non solo essi incorrono in singoli errori, falsificazioni e mistificazioni, ma che tutto il loro pensiero, tutta la loro visione ne vengono distorti e falsati, ed essi non possono pi vedere e giudicare la realt se non partendo da premesse tratte dalle loro condizioni economiche e sociali. La dottrina su cui Marx fonda tutta la sua filosofia della storia consiste nel principio che in una societ differenziata e scissa in classi senzaltro impossibile un pensiero corretto74. La scoperta che per lo pi si tratta di autoinganno, e che i singoli individui non sempre sono consci dei motivi del loro agire, fu di fondamentale importanza per lulteriore sviluppo della psicologia. Ma anche il materialismo storico, con la sua tecnica analitica, fu un prodotto di quella visione borghesecapitalistica, di cui voleva scoprire il fondo. Prima che leconomia avesse raggiunto nella coscienza del mondo occidentale lassoluta preminenza che ha ai nostri giorni, una simile teoria sarebbe stata inconcepibile. Lesperienza decisiva per let postromantica fu quella della dialettica di ogni avvenimento, lantitesi di esistenza e coscienza, lambivalenza dei rapporti e delle rappresentazioni. Il principio fondamentale della nuova tecnica analitica il sospetto che dietro ogni fatto manifesto ce ne sia uno latente, dietro ogni coscienza si celi un incon-

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scio, dietro ogni apparente unit un dissidio. Perch questo orientamento si generalizzasse non era affatto necessario che i singoli pensatori e studiosi consapevolmente si rifacessero al metodo del materialismo storico; lidea del pensiero e della psicologia come strumenti di smascheramento e rivelazione era tipica del secolo, e Nietzsche non dipendeva tanto da Marx, n Freud da Nietzsche, quanto tutti insieme da unatmosfera di crisi. Ciascuno a suo modo, scoprirono che lautonomia dello spirito una finzione e che noi siamo gli schiavi di una forza che opera dentro di noi e spesso contro di noi. Come pi tardi in quella della psicanalisi, nella dottrina del materialismo storico, pur pi ottimista nelle sue conclusioni, lOccidente esprime una concezione che rivela la perdita della baldanzosa fede in se stesso. Anche i pensatori pi razionali e consapevoli, non sempre, nello sviluppo delle loro teorie, partono da quelle che sono le effettive premesse del loro pensiero. Spesso le realizzano solo pi tardi, e talvolta mai. Anche Freud soltanto in uno stadio relativamente tardo della sua evoluzione raggiunse una chiara consapevolezza dellesperienza da cui derivava la problematica della sua psicanalisi. Questa esperienza, che era anche allorigine di ogni significativa manifestazione del secolo, intellettuale come artistica, Freud stesso la chiam disagio della civilt. Essa era espressione dello stesso senso di estraneit e di smarrimento che si ritrova nel romanticismo e nellestetismo, della stessa angoscia mortale, della stessa incertezza sul significato della cultura, della stessa sensazione di esser circondati da pericoli ignoti, insondabili, indefinibili. Freud spiegava questo disagio, questo senso di equilibrio instabile e precario, con la forte menomazione della vita istintiva, e soprattutto degli impulsi erotici, trascurando del tutto la parte che poteva avervi la mancanza di sicurezza economica, di affermazione sociale e di influsso politico dellindividuo.

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Senza dubbio le nevrosi rientrano nel prezzo da pagare per la nostra civilt, ma sono soltanto una parte, sovente solo una forma secondaria, dello scotto che paghiamo alla struttura sociale. Freud per la sua visione strettamente scientifica non in grado di valutare i fattori sociologici nella vita psichica degli uomini, e bench nel super-io egli scorga unistanza sociale, nega nello stesso tempo che levoluzione della societ possa provocare sostanziali mutamenti nella nostra costituzione biologico-istintiva. Per lui le forme culturali non sono costruzioni storico-sociologiche, ma espressioni pi o meno meccaniche degli istinti. Nella societ borghese-capitalistica giungono a palesarsi istinti di erotismo anale, le guerre sono opera dellimpulso di morte, il disagio nella civilt risale alla repressione della libido. Perfino la teoria della sublimazione, che fra i grandiosi risultati della psicanalisi, porta a una pericolosa e grossolana semplificazione del concetto di cultura, se si considera listinto sessuale come lunica, o almeno la pi importante fonte della creazione intellettuale. I marxisti hanno ragione quando rimproverano alla psicanalisi di muoversi nel vuoto, con il suo metodo che prescinde dalla storia e dalla sociologia, e di celare un residuo didealismo conservatore nellidea di una natura umana costante. Assai pi dogmatica invece appare laltra obiezione, che designa la psicanalisi come un portato della borghesia in decadenza, destinato a soccombere con essa. Infatti, quali dei nostri valori intellettuali veramente vivi compreso il materialismo storico non sono il portato di questa cultura in decadenza? Se la psicanalisi un fenomeno di decadenza, lo anche lintero romanzo naturalistico e tutta larte impressionistica; e insomma tutto quello che porta in s il dissidio dellOttocento decadenza. Thomas Mann osserva che Freud per la natura del suo materiale dindagine linconscio, gli affetti, gli

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impulsi e i sogni profondamente legato allirrazionalismo dellultimo Ottocento75. In verit, Freud si lega strettamente non solo a questo irrazionalismo neoromantico, che accentra il suo interesse sul volto notturno della vita psichica, ma anche agli inizi e alle origini di tutto quel filone del pensiero romantico, che si volge al primitivo e al prerazionale. C ancora parecchio di Rousseau nel compiacimento con cui egli caratterizza la libert delluomo selvaggio, tutto istinto. E se anche non giunge ad affermare che, ad esempio, luomo allo stato di natura che uccideva il padre e si accoppiava con tutte le donne della famiglia, si pu chiamare buono nel senso usato da Rousseau, comunque mette in dubbio che sia diventato gran che migliore o pi felice incivilendosi. Il pericolo dellirrazionalismo non sta, per la psicanalisi, nella scelta del materiale dindagine e nella simpatia per i primitivi immuni dalla civilt, ma nella sua stessa teoria psicologica fondata sulla vita istintiva. Ogni concezione delluomo che non sia dialettica e consideri la sua natura come un dato costante, non modificabile dalla storia, contiene gi un elemento irrazionale e conservatore. Chi non crede alla possibilit di evoluzione delluomo, per lo pi non desidera affatto chegli muti se stesso e la societ. Pessimismo e conservatorismo sono in questo caso interdipendenti. Ma Freud non un vero pessimista e neppure un conservatore o un irrazionalista. Nonostante tutti gli elementi pericolosi, lopera sua presenta con innegabile evidenza una spontanea filantropia e un orientamento progressista per cui non occorrono speciali prove. Queste, del resto, non mancano. Certo egli dubita che la ragione possa prevalere sugli impulsi, tuttavia dichiara che per dominarli non c altro mezzo che la nostra intelligenza. E non unaffermazione disperata in lui. La voce dellintelletto tenue, egli dice, ma non tace prima di aver ottenuto udienza. Alla fine, sovente dopo innumerevoli ripul-

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se, trova ascolto. Questo uno dei pochi punti per cui si pu essere ottimisti sullavvenire dellumanit, ma in s non cosa da poco e vi si possono riannodare altre speranze. Il primato dellintelletto certo molto, molto lontano, ma verosimilmente non a distanza infinita76. Freud sa superare il suo tempo e combatte le forze oscure e irrazionali da cui esso dominato; ma ad esso, alle sue conquiste e alle sue deficienze, e rimane legato per innumerevoli fili. Il principio stesso della sua psicologia del profondo, in cui le differenze individuali hanno una parte tanto maggiore che in Marx, strettamente affine allideale impressionistico e al relativismo filosofico di quegli anni. tipico della mentalit impressionista quel concetto dellillusione che nasce dallesperienza del continuo variare in noi di sensazioni e impressioni, di stati danimo, e rappresentazioni, cos che la realt si mostra in forme sempre diverse, sempre instabili, e ogni impressione che ne ricaviamo insieme conoscenza e inganno; e la corrispondente idea freudiana che gli uomini passano tutta la vita come in incognito davanti agli altri e a se stessi, difficilmente sarebbe stata concepibile prima dellimpressionismo. Limpressionismo veramente lo stile del tempo, nel pensiero come nellarte. Tutta la filosofia degli ultimi decenni del secolo ne determinata. Relativismo, soggettivismo, psicologismo, storicismo, lo spirito antisistematico, il principio dellatomizzarsi del mondo intellettuale e la concezione prospettica della verit, sono elementi comuni alle teorie di Nietzsche, di Bergson, dei pragmatisti e di tutti gli indirizzi filosofici indipendenti dallidealismo accademico. Non s ancor vista la verit a braccetto con un assoluto, osserva Nietzsche. La scienza fine a se stessa, la verit incondizionata, la bellezza disinteressata, la morale altruistica sono, per lui e per i suoi contemporanei, finzioni. Quelle che noi chiamiamo verit, egli afferma77,

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realmente non sono che una serie di inganni e menzogne opportune, necessarie alla vita, di cui esaltano le energie; e in sostanza anche il pragmatismo adotta questo concetto attivistico e utilitaristico della verit. Vero quel che efficace, conveniente, utile, quel che fa buona prova e si fa pagare, come dice William James. Non si pu immaginare teoria della conoscenza meglio rispondente allimpressionismo. Ogni verit ha una precisa attualit; valida solo in ben determinate situazioni. Unaffermazione pu essere vera in se, ma affatto assurda in certe circostanze, perch priva di qualsiasi riferimento. Se alla domanda: Che et hai? si risponde: La terra gira intorno al sole, queste parole, nonostante leventuale verit dellasserzione, sono in questo caso affatto inutili e assurde. La verit un rapporto indissolubile fra soggetto e oggetto, di cui i singoli componenti non si possono discernere e concepire come autonomi. Noi mutiamo, e con noi muta il mondo obiettivo. Ragguagli su avvenimenti naturali e storici, che centanni fa possono esser stati veri, oggi non lo sono pi, perch la verit , come noi, in continuo moto, sviluppo, mutamento; la somma di fenomeni sempre nuovi, inaspettati, casuali, e non pu mai considerarsi conclusa. Tutto il pragmatismo deriva dalla mutevole esperienza della realt, che limpressionismo aveva realizzato; nellimpressionismo infatti, cio nella sfera dellarte, i rapporti con la verit sono di fatto come quella filosofia li afferma per lesperienza in genere. Lo Shakespeare del dottor Johnson, di Coleridge, di Hazlitt e di Bradley non esiste pi: le opere del poeta non sono pi quel che erano un tempo. Se le parole possono essere le stesse, unopera non soltanto fatta di parole, ma anche del loro significato, e questo muta da una generazione allaltra. Il pensiero impressionista trova la sua espressione pi pura nella filosofia di Bergson, e proprio nellinter-

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pretazione bergsoniana del tempo, cio di quel medium che lelemento vitale dellimpressionismo. Lunicit dellistante, che non mai esistito prima e non si ripeter mai pi, fu lesperienza fondamentale dellOttocento, e tutto il romanzo naturalistico, specie quello di Flaubert, non fu se non la rappresentazione e lanalisi di tale esperienza. La visione flaubertiana si distingue tuttavia da quella di Bergson soprattutto perch Flaubert vedeva ancora nel tempo un elemento di dissoluzione che distrugge la sostanza ideale della vita. Il mutamento nella nostra concezione del tempo e in fondo di tutta la realt sensibile si comp gradualmente, prima nella pittura impressionistica, poi nella filosofia bergsoniana, infine nel modo pi esplicito e significativo nellopera di Proust. Il tempo non pi principio di dissoluzione e distruzione, lelemento in cui le idee e gli ideali perdono il loro valore, la vita e lo spirito la loro sostanza, ma anzi la forma in cui noi diventiamo padroni e consci del nostro essere spirituale, della nostra natura vivente, opposta alla morta materia e alla rigida meccanica. Quel che noi siamo, lo diventiamo non solo nel tempo, ma grazie al tempo. Non solo siamo la somma dei singoli momenti della nostra vita, ma il prodotto dei nuovi aspetti chessi acquistano ad ogni nuovo momento. Non diventiamo pi poveri per il tempo passato e perduto; solo esso anzi d sostanza alla nostra vita. La giustificazione della filosofia bergsoniana il romanzo di Proust; in esso per la prima volta si esplica pienamente la concezione bergsoniana del tempo. Lesistenza riceve vita, moto, colore, trasparenza ideale e contenuto spirituale solo dalla prospettiva di un presente che risulta dal nostro passato. Non c felicit fuor del ricordo, che risuscita, ravviva, conquista il tempo passato e perduto; poich i veri paradisi sono quelli perduti, come dice Proust. Dallet romantica in poi si era sempre fatto carico allarte di perdere la vita, e si era conside-

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rato il dire e lavoir di Flaubert come una tragica alternativa; Proust il primo a scorgere nella contemplazione, nella memoria e nellarte non solo una delle forme possibili, ma lunica in cui sia dato possedere la vita. Veramente la nuova concezione del tempo nulla muta di sostanziale nellestetismo di quegli anni, solo gli conferisce unapparenza pi confortante; ma nullaltro che unapparenza, poich in Proust il trasmutare dei valori della vita non che il conforto e lillusione di un malato, di un sepolto vivo.

andr bellessort, Les Intellectuels et lavnement de la troisime Rpublique, 1931, p. 24. 2 p. louis, Histoire du socialisme en France de la Rvolution nos jours, 3a ed., 1936, pp. 236-37. 3 a. bellessort, Les Intellectuels ecc. cit., p. 39 4 w. sombart, Der moderne Kapitalsmus cit., III, 1, 1927, pp. xii-xiii 5 p. louis, Histoire du socialisme ecc. cit., pp. 242, 216-17. 6 Cfr. henry ford, My Life and Work, 1922, p. 153. 7 w. sombart, Der moderne Kapitalismus cit., III, 2, pp. 603-7 - Die deutsche Volkswirtschaft im 19. Jahrhundert cit., pp. 397-98. 8 Cfr. pierre francastel, LImpressionisme, 1937, pp. 25-26, 80. 9 georg marzynsky, Die impressionistische Methode, in Zeitschrift fr sthetik und allgemeine Kunstwissenschaft, xiv, 1920. 10 georges rivire, Exposition des Impressionistes, in Limpressioniste. Journal dArt, 6 aprile 1877. Riprodotto in l. venturi, Les Archives de lImpressionisme, 1939, II, p. 309. 11 andr malraux, The Psychology of Art, in Horizon, 1948, 103, p. 55. 12 g. marzynsky, Die impressionistische Methode cit., p. 90. 13 Ibid., p. 91. 14 john rewald, The History of Impressionism, 1946, pp. 6-7 [trad. it., Storia dellimpressionismo, Firenze 1949]. 15 albert cassagne, La Thorie de lart pour lart en France, 1906, p. 351. 16 e. e j. de goncourt, Journal, 1 maggio 1869, ed. cit., III, p. 221. 17 h. focillon, La Peinture aux XIXe et XXe sicles, 1928, p. 200. 18 paul bourget, Essais de psychologie contemporaine, 1885, p. 25.
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Arnold Hauser - Storia sociale dellarte charles seignobos, Lvolution de la troisime Rpublique, in e. lavisse, Histoire de la France contemporaine, VIII, 1921, pp. 54-55. 20 henry brenger, LAristocratie intellectuelle, 1895, p. 3. 21 a. thibaudet, Histoire de la littrature franaise de 1789 nos jours, 1936, p. 430. 22 e. r. curtius, Maurice Barrs, 1921, p. 98. 23 jules huret, Enqute sur lvolution littraire, 1891, pp. xvi, xvii. 24 e. e j. de goncourt, Ides et sensations, 1866. 25 nietzsche, Menschliches Allzumenschliches, 155. 26 baudelaire, Richard Wagner et Tannhuser Paris, 1861. 27 id., La Peintre de la vie moderne, 1863, in LArt romantique, ed. Ernest Raynaud, 1931, p. 79. 28 villiers de lisle-adam, Contes cruels, 1883, pp. 13 sgg. 29 emile tardieu, LEnnui, 1903, pp. 81 sgg. 30 e. von sydow, Die Kultur der Dekadenz, 1921, p. 34. 31 peter quennel, Baudelaire and the Symbolists, 1929, p. 82. 32 max nordau, Entartung, 1896, 3a ed., II, p. 102. 33 baudelaire, Journaux intimes, ed. Ad. van Bever, 1920, p. 8 [trad. it., Giornali intimi, Torino 1942]. 34 t. mann, Kollege Hitler. Das Tagebuch, a cura di Leopold Schwarzschild, 1939. 35 Cfr. ren dumesnil, Lpoque realiste et naturaliste, 1945, pp. 31 sgg. - ernest raynaud, Baudelaire et la religion du dandysme, 1918, pp. 13-14. 36 baudelaire, uvres posthumes, ed. J. Crpet, I, p 223 sgg. 37 anton echov, Dom s mezoninom [trad. it., La villa del mezzanino, in Racconti, Torino, 1950, I, p. 419]. 38 Le Figaro, 18 settembre 1886. 39 a. thibaudet, Histoire de la littrature franaise ecc. cit., p. 485. 40 Ibid., p. 489 41 j. huret, Enqute sur lvolution littraire cit., p. 60. 42 Cfr. ernest raynaud , La Mle symboliste, 1920, II, p. 163. 43 john charpentier, Le Symbolisme, 1927, 62. 44 charles mauron, introduzione alle poesie di Mallarm tradotte da Roger Fry, 1936, p. 14. 45 georges duhamel, Les Potes et la posie, 1914, pp. 145-46. 46 Cfr. roger fry, An Early Introduction to Mallarms Poems, 1936, pp. 296, 302, 304-6. 47 henri bremond, La Posie pure, 1926, pp. 16-20. 48 e. e j. de goncourt, Journal, 23 febbraio 1893, IX, p. 87. 49 j. huret, Enqute sur lvolution littraire cit., p. 297. 50 Cfr. c. m. bowra, The Heritage of Symbolism, 1943, p. 10. 51 g. m. turnell, Mallarm, in Scrutiny, v, 1937, p. 432. 52 j. huret, Enqute sur lvolution littraire cit., p. 23.
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Arnold Hauser - Storia sociale dellarte h. m. lynd, England in the Eighteen-Eighties, 1945, p. 17. Ibid., p. 8. 53 bernhard fehr, Die englische Literatur des 19. und 20. Jahrhunderts, 1931, p. 322. 56 baudelaire, Le Peintre ecc. cit., pp. 73-74. 57 j.-p. sartre, Baudelaire, 1947, pp. 166-67. 58 baudelaire, Le Peintre ecc. cit., p. 50. 59 m. l. cazamian, Le Roman et les ides en Angleterre (1880-1900), 1935, p. 167. 60 f. r. leavis, The Great Tradition, 1948, passim. 61 h. hatzfeld, Der franzsische Symbolismus, 1923, p. 140. 62 Cfr. d. s. mirsky, Modern Russian Literature, 1925, pp. 84-85. 63 janko lavrin, An Introduction to the Russian Novel, 1942, p. 134. 64 t. mann, Versuch ber das Theater, in Rede und Antwort, 1916, p. 55. 65 paul ernst, Ein Credo, 1912, I, p. 227. 66 id., Der Weg zur Form, 1928, 3a ed., pp. 42 sgg. 67 ibsen, Smtliche Werke, X, 1904, p. 40, lettera del 12 settembre 1865. 68 halvdan koht, The Life of Ibsen, 1931, p. 63. 69 m. c. bradbrook, Ibsen, 1946, pp. 34-35. 70 ibsen, Smtliche Werke, X 169. 71 holbrook jackson, The Eighteen Nineties, 1939 (1913), p. 177. 72 Lettera a Mehring del 14 luglio 1893, in marx-engels, Correspondance, 1934, pp. 511-12. 73 ernest jones, Rationalism in Everyday Life. Read at the First International Psycho-Analytic Congress, 1908, in Papers on Psycho-Analysis, 1913. 74 karl mannheim, Ideology and Utopia, 1936, pp. 61-62. 75 t. mann, Die Stellung Freuds in der modernen Geistesgeschichte, in Die Forderung des Tages, pp. 201 sgg. 76 s. freud, Die Zukunft einer Illusion, in Gesammelte Werke, XIV, 1948, p. 377. 77 nietzsche, Werke, 1895 sgg. XVI, p. 19.
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