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Si parla spesso della scuola e dei suoi (numerosi) problemi essenzialmente su tematiche di ordine quantitativo, legate perlopi all'apparato nozionistico, tralasciando tuttavia argomenti di tipo qualitativo come quello comunicativo, relazionale e motivazionale dell'individuo. In questo mia disamina dedicher ampio spazio a come i vari tipi di linguaggio adottati dai docenti possano influenzare (talvolta irrimediabilmente) il futuro dei discenti. La comunicazione umana si esprime attraverso due principali canali: il linguaggio verbale e quello non verbale. Il primo prevede l'utilizzo della parola orale o scritta. Mentre il secondo riguarda pi ambiti: una comunicazione paraverbale, ossia ci che riguarda indirettamente la voce (tono, volume, ritmo), ma anche le pause, le risate, il silenzio ed altre espressioni sonore (schiarirsi la voce, tamburellare, far suoni); un linguaggio definito corporeo che riguarda soprattutto le espressioni facciali. Il linguaggio non verbale sembra veicolare messaggi molto potenti nella percezione altrui, spesso agendo sull'inconscio. Watzlawick, della scuola di Palo Alto, afferma che impossibile non comunicare, qualora una persona decidesse di stare in silenzio e solo per il fatto di esistere, comunicherebbe comunque la sua volont di non comunicare ( Watzlawick, Beavin e Jackson, 1971). Il linguaggio verbale caratterizza l'essere umano ed un sofisticato mezzo per esprimere concetti complicati ed astratti. Esso consente di comunicare con immediatezza e permette ad una persona (vista la sua intenzionalit) di trasmettere i suoi significati agli altri utilizzando un gran numero di nozioni e permettendo una comprensione pi profonda . Inoltre ha la prerogativa di poter rappresentare situazioni passate e prospettare uno scenario futuro con relativa facilit. Il pi grosso limite del linguaggio orale, vista la sua arbitrariet, di rischiare una rappresentazione della realt che rischia di essere fittizia, perch potrebbe fornire messaggi incongruenti rispetto a quelli provenienti dal corpo. Una comunicazione efficace invece richiede accordo tra le due forme espressive. Si pu tranquillamente affermare che il linguaggio del corpo di una persona possa esprimere talvolta anche il contrario di ci che dice verbalmente. Un interlocutore che comunica discrepanza tra i due linguaggi produce segnali negativi che sarebbero da evitare nell'ambito scolastico (Rogers, cit. in Bruzzone D. 2007). Mediante i segnali analogici (verbali) definiamo la relazione che abbiamo con un altra persona ed solo con questa tipologia di comunicazione che possiamo comprendere le varie sfumature delle frasi non interpretabili. Ad esempio se fossero pronunciate da un computer non potremmo capire questo tipo di espressivit. Il linguaggio non verbale pu rivelare lo stato d'animo, i sentimenti, ci che si sta provando in una situazione specifica e vista la sua non intenzionalit, risulta difficilmente falsificabile. L'importanza di questo codice essenziale perch sembra veicolare la gran parte dell'informazione che un soggetto trasmette ai riceventi. Infatti secondo le ricerche condotte da Albert Mehrabian,in una comunicazione interpersonale solo il 7% viene comunicato con la parola, il 38% costituito dal para -verbale (tono, timbro cadenza e ritmo) mentre il restante occupato dal non verbale (gesti, postura, espressioni facciali). Ovviamente ogni situazione va contestualizzata e in certe occasioni difficile credere che il messaggio verbale influisca in maniera cos poco determinante. Vi sono persone infatti che concentrano la loro attenzione maggiormente sul verbale dando meno importanza agli altri aspetti. (Birkenbihl, 1993). Nell'importante professione dell'insegnante, troppo spesso non contemplata la forza comunicativa del linguaggio corporeo e svariate volte non si presta necessaria attenzione alla sfera dei messaggi silenziosi che giungono ai destinatari. Tali messaggi se non elaborati consciamente verranno comunque recepiti e interpretati in qualche modo. Essere consapevoli di questo tipo di comunicazione, permette di rivolgere maggiore attenzione alla totalit dell'espressione consentendo di trasmettere un'immagine coerente tra i due aspetti espressivi. All'insegnante viene chiesto di comprendere la complessit del soggetto educativo, la sua ricchezza e l'influenza che esercita nella percezione della sua realt. Numerosi studi dimostrano come l'opinione che ha l'insegnante dell'allievo, determini la sua riuscita scolastica. tal riguardo, sono di fondamentale importanza gli studi condotti da Robert Rosenthal che analizza in quale modo un l'insegnante , possa modificare la percezione del s dell'alunno. Le persone a contatto con l'ambiente tendono, per esigenze di economia cognitiva, a formarsi immagini stereotipate di persone, luoghi e oggetti, per risparmiare spazio nella memoria e recuperare le informazioni necessarie pi velocemente. Questi schemi mentali hanno quindi l'importante funzione di organizzare il caos nel mondo in cui il soggetto vive. Lo svantaggio di questo ordine mentale risiede nella refrattariet a modificare questi modelli che agiscono indipendentemente dal soggetto e richiedono un sforzo consapevole per poterli mutare. Logicamente l'insegnante non immune dal percepire il mondo in questo modo tende infatti a crearsi un idea iniziale dei bambini con cui si relaziona e questa prima impressione condizioner fatalmente una rappresentazione pi esaustiva del soggetto. Ad esempio se un bambino appare meno brillante rispetto ai compagni, l'insegnante tender ad assegnarli un'etichetta e in futuro, concentrandosi su quegli aspetti che confermino le proprie credenze ogni volta che il bambino si trova in difficolt, si creer un'immagine stereotipata non rispondente ad una realt oggettiva dell'individuo. Al contrario, tender a dare minor importanza alle situazioni in cui il bambino si dimostra competente. Le convinzioni sulle abilit dell'allievo si rifletteranno sul comportamento e conseguentemente sulla comunicazione verbale e non verbale dell'insegnante, che invier all'allievo condizionandone il rendimento scolastico. L'insegnante potrebbe anche crearsi una concezione pi positiva di quanto l'alunno meriti cosicch le sue aspettative saranno improntate a maggior affabilit, calore e interesse. In questo caso il condizionamento che ne deriverebbe sarebbe positivo. Come abbiamo visto, Rosenthal definisce questa conseguenza effetto pigmalione ed viene paragonata alla stregua di una profezia che si realizza. Egli la definisce cos: la forza delle aspettative che nutriamo nei confronti di un altro tale da poter gi di per se sola influenzare il suo comportamento. E' un fenomeno che definiamo avverarsi delle profezia: il concetto che ci facciamo circa le capacit di un individuo talvolta decisivo per il suo divenire futuro (Rosenthal, Jacobson, 19991, p.14). Talvolta queste profezie provengono dalla stessa persona. Poniamo ad esempio il caso di una persona che suppone, per una sensazione o per qualche problema relazionale, di non piacer al prossimo. A causa di questa idea probabilmente si comporter in modo ostile generando intorno a s proprio quel disprezzo che si aspettava, fornendosi la prova della sua convinzione. Per lo stesso motivo un individuo che ha un alto senso di s e per questo si aspetter di piacere agli altri cercher ogni convalida positiva per avallare la sua aspettativa. Tale semplificazione, meramente funzionale a comprendere il concetto, logicamente non si esaurisce in situazioni cos schematiche. E' da tenere in considerazione che la costruzione della realt mediata dalle esperienze personali (diverse per ognuno) che condizionano l'individuo. La mente dell'uomo pu essere paragonata a quella di un computer e ogni conoscenza simile viene etichettata formando degli schemi mentali Come ho avuto modo di spiegare la formazione dei concetti pu avere degli esiti positivi o negativi perch gli oggetti reali del mondo, ordinati in base alla somiglianza ne compromettono una comprensione pi esaustiva e specifica. Ci si esplica logicamente anche nel rapporto con gli altri ed sintomatico come gli schemi cognitivi interiorizzati diano una valutazione parziale degli individui con cui si entra in contatto. A met degli anni '60 Rosenthal e Jacobson, (1991) conducono una serie di esperimenti con classi vere. Il pi celebre fu sviluppato in una scuola elementare pubblica americana, l'Oak School, sottoponendo ad un test d'intelligenza la totalit degli alunni. Successivamente i ricercatori, selezionarono in modo casuale i soggetti e stabilirono arbitrariamente chi fossero quelli pi intelligenti, in modo che si potesse prevedere per questi banbini i maggiori progressi. Fecero credere agli insegnanti che i risultati dei test erano altamente attendibili e diedero loro una lista di soggetti che avrebbero dovuto fornire ottime prestazione. Ebbene dopo un anno i due scienziati tornarono nella scuola e constatarono che i soggetti indicati dai ricercatori ebbero effettivamente i migliori risultati seppure fossero stati scelti a caso, senza tener conto dei test intellettivi. Il motivo di ci da ricondursi nella maggiore attenzione e cura che gli insegnanti riservarono loro. A differenza dell'effetto alone che si basa essenzialmente sulla generalizzazione di una singola caratteristiche che illumina anche le altre, nell'effetto Pigmalione invece la situazione pi complessa e la forza delle aspettative che l'insegnante nutre nei confronti del discente tale da influenzare il suo comportamento. Tali aspettative si traducono tramite il linguaggio corporeo, la voce e il sistema d'insegnamento.