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UNIVERSIT DEGLI STUDI DI UDINE

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FACOLT DI LINGUE E LETTERATURE STRANIERE Corso di Laurea in Lingue e Letterature Straniere

Tesi di Laurea

LA SOCIETA DEL BENESSERE E IL MIRACOLO ECONOMICO IN ITALIA (1948-1973)

Relatore: Prof. Fulvio Salimbeni

Laureando: Nicolas Driutti

ANNO ACCADEMICO 2003/2004

Indice

pag. Introduzione I. Cenni storici


Una definizione del consumismo Storia del consumismo Prima fase (1873 1945) Seconda fase (1945 1973) 7 10 11 19 4

II. Il consumismo in Italia


Introduzione La situazione politica ed economica nel dopoguerra Il miracolo economico Dalla societ contadina alla societ affluente Particolarit della nascita della societ dei consumi nellambito del miracolo economico Il ruolo dei partiti Il post-miracolo (1963 1973) La crisi del 73 Echi nella letteratura, nella musica e nel cinema 37 42 45 50 53 26 26 28 31

III. Considerazioni finali


Introduzione Le contraddizioni del benessere I limiti del benessere Il fallimento delle rivendicazioni Consumismo contro democrazia 60 60 63 66 69

IV. Conclusions

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Ringraziamenti Bibliografia

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Introduzione

Lobiettivo di questo lavoro quello di fornire una panoramica sulla storia della nascita e la crescita della societ del benessere nellItalia del dopoguerra, in particolare analizzando gli stravolgimenti sociali, politici e culturali provocati dal miracolo economico, che cambiarono profondamente gli stili di vita e i consumi di gran parte degli italiani. Questo lavoro nasce dalla voglia di capire le fenomenologie legate agli atteggiamenti consumistici presenti nella societ Italiana odierna, che spesso degenerano in patologie sociali, economiche ed ambientali. In particolare, mi sono focalizzato sugli anni Cinquanta e Sessanta, proprio perch in quei decenni avvenne quella trasformazione profonda degli assetti sociali ed economici che cambieranno la natura stessa dellItalia. La societ rurale, fortemente legata alla terra e ai suoi riti millenari, sorvegliata da vicino da una zelante Chiesa cattolica venne soppiantata nel volgere di un decennio dalla civilt urbana e industriale, portando lItalia a far parte del ristretto gruppo dei paesi pi industrializzati del pianeta. La prima parte della tesi si concentra soprattutto sulla nascita, a fine Ottocento, dei primi grandi agglomerati finanziari e industriali,, legando cos in grandi gruppi i fornitori di capitali e i produttori. La grande crisi (causata per la prima volta nella storia dalla sovrapproduzione) del 1873 e la sua scia dei fallimenti a catena che la segu, permise alle aziende e alle banche pi forti di assorbire quelle pi piccole, dando inizio a un periodo di forte incremento della concentrazione produttiva e degli investimenti in innovazione tecnologica, non pi legate unicamente al genio di scienziati isolati. Da queste premesse parte il mio approfondimento sul legame tra lo sviluppo del capitalismo e lo sviluppo della societ del benessere (ed una delle sue conseguenze pi nefaste, il consumismo) dal 1873 fino al 1973, prima negli Stati Uniti e, dal dopoguerra in poi, anche in Europa Occidentale. Il secondo capitolo tratta in particolare le problematiche e le particolarit del processo di rapido sviluppo economico che favorir la nascita della societ dei consumi in Italia, individuando nel miracolo economico il perno su cui si basa la mia analisi 4

dei fenomeni sociali, economici e politici fautori del cambiamento. Le trasformazioni avvenute in seno alla societ italiana degli anni Cinquanta e Sessanta, oltre ad essere caratterizzate da una velocit travolgente e dalla trasformazione del modo di vita di milioni di persone, sar profondamente segnata anche da gravi mancanze nella gestione e nel controllo dei cambiamenti da parte dello Stato centrale. Queste mancanze non saranno riscontrate soltanto nellambito della mancanza di finanziamenti ai consumi pubblici, ma piuttosto alla cattiva gestione di questi fondi e al conservatorismo con cui vengono letti i venti di cambiamento della societ. Una parte importante del mio lavoro punta precisamente a rendere pi chiaro il legame tra le mancanze dello stato nella gestione del pubblico e le conseguenze che esse ebbero sui futuri assetti della collettivit, in particolare dellascesa durante gli anni Settanta di due fenomeni: da un lato dellescalation degli attacchi dinamitardi e terroristici e, dallaltro, la diffusione in ampi settori sociali di un crescente senso di smarrimento e scontento nei confronti dello Stato e i suoi organi rappresentativi. Lo Stato reagisce a questo malcontento aumentando la repressione nei confronti dei ceti in subbuglio e allargando le pratiche della politica clientelare atte a garantirsi il consenso tra quei settori che traevano beneficio da questo tipo di cultura politica. La particolare combinazione di cambiamenti accelerati assieme ad un contesto istituzionale incapace di gestirli peser anche nella scelta dei consumi privati, spesso condizionati dalle mancanze dello Stato, in special modo per quel che riguarda la mobilit ed il possesso di una casa. Con la diffusione della societ dei consumi questi atteggiamenti sfoceranno nella diffusione di comportamenti spiccatamente individualistici per quel che riguarda la scelta dello stile di vita ed i modi in cui raggiungere il successo personale, anche a scapito delle regole basiche che disciplinano la vita in societ. Infine, nellultimo capitolo cerco di dare qualche chiave di lettura partendo dalla critica alla societ dei consumi elaborata da noti studiosi critici appartenenti a scuole differenti, in particolare facendo riferimento a Marcuse, Galbraith e Latouche. La critica sincentra soprattutto sullorigine dei bisogni che portano poi allesasperazione quasi patologica di certi aspetti della societ dei consumi, come ad esempio laumento dello spreco, delluso di grandi quantit di materiali ed energia per scopi dettati dai capricci della moda o delle tendenze commerciali del momento. Questi bisogni hanno origine nel sistema produttivo, e vengono trapiantati poi nelle case di ognuno di noi attraverso la pubblicit, che tende ad invadere spazi sempre pi ampi della vita quotidiana. Mediante questo meccanismo, sebbene aumentino la quantit di beni disponibili sul mercato e le aziende siano in condizioni di garantire livelli dimpiego adeguati, ma cos 5

si viene a creare un legame troppo pericoloso per lintera societ, che mette le sue sorti in mano ai grandi gruppi economici, chiaramente interessati a fare innanzitutto i propri affari, qualche volta coincidenti con quelli della collettivit ma il pi delle volte no, soprattutto se consideriamo i problemi causati nel Primo e nel Terzo mondo da questo modello di sviluppo. In particolare, mi preme mettere in risalto il fatto che il benessere raggiunto dalle societ dellOccidente industrializzato, oltre ad essere gestito e orientato verso le necessit dei grandi gruppi multinazionali, si poggia su basi molto fragili minacciando fondamentalmente la sostenibilit ambientale a lungo scadere di una tale concezioni di sviluppo economico e, provocando, tra laltro, un visibile divario tra zone ricche e povere, che tende a crescere piuttosto che a ridursi col passare degli anni, a dispetto anche delle promesse fatte dai promotori della globalizzazione liberista del capitalismo. A sua volta, il progredire del sistema di accumulazione capitalista, in particolare con limpostazione datagli dal dopoguerra in poi, svuota il peso decisionale e la capacit di regolazione delle economie nazionali che in teoria spetterebbe alle istituzioni democratiche, screditando in questo modo anche il sistema rappresentativo su cui esse si fondano. Oltre a minacciare la sopravvivenza stessa delluomo e di molte altre specie sulla faccia della terra, lanalisi dello sviluppo capitalistico degli ultimi sessantanni ci mette davanti interrogativi di pressante attualit, in particolare quello sollevato dagli ultimi avvenimenti mediorientali: pu lOccidente mettersi in testa lidea desportare i propri sistemi democratici in certe aree del pianeta, quando il funzionamento stesso delle sue democrazie viene continuamente falsato e scavalcato dai flussi economici internazionali, i quali, di fatto, agiscono seguendo soltanto le proprie regole, ovvero le regole del capitalismo?

Capitolo primo

Cenni Storici

Una definizione del consumismo

In questa prima parte, cercher, utilizzando diverse fonti testuali, di formulare una definizione del consumismo il pi chiara e precisa possibile. Inizier prima con quella pi semplice, tratta da un vocabolario della lingua italiana:
Consumismo: tendenza, tipica delle economie caratterizzate da un alto livello di benessere, e rafforzata dalle tecniche pubblicitarie, a incentivare i consumi privati di beni anche non necessari.1

Questa definizione, ancorch semplice, introduce gi due degli elementi pi caratteristici che riguardano il fenomeno del consumismo, e cio la societ del benessere e la pubblicit. Tuttavia, questi due elementi non esauriscono completamente la fenomenologia che riguarda il consumismo, quindi introdurr altre due definizioni che ci aiuteranno ad avere un quadro pi chiaro. In primo luogo, Sergio Vitale, nellintroduzione della sua raccolta di saggi Consumismo e societ contemporanea, definisce il consumismo in questi termini:
Con l'avvento della rivoluzione industriale, la situazione subisce un radicale mutamento: la nuova direzione assunta dalla accumulazione capitalistica, con la sostituzione del sistema di fabbrica alla manifattura artigiana e il conseguente sviluppo di nuove forze sociali, esige come presupposto essenziale per il funzionamento e la sopravvivenza stessa del sistema economico che l'incremento della produzione, reso possibile dal progresso tecnico-scientifico, non conosca in alcun modo rallentamenti o

Zingarelli, Nicola, Vocabolario della lingua italiana, Bologna, Zanichelli, 2000, pag. 435.

battute d'arresto. Questo spiega, da una parte, la continua immissione di beni e di servizi sul mercato, la creazione di bisogni prima inesistenti, la diffusione di modelli di comportamento sempre diversi; e, dallaltra, il consumo sempre pi accelerato degli oggetti della produzione, lincalzante succedersi delle mode, la rapida obsolescenza delle merci.2

In secondo luogo, abbiamo la definizione fornita da Ravaioli (2000) che, a riguardo dello stesso argomento si esprime cos:
Il consumismo, questa accelerazione coatta nell'uso di beni sempre meno necessari, che nulla ha a che fare con una giusta diffusione di consumi tra tutti i ceti, che non in alcun modo finalizzato al benessere delle masse, e non serve altro obiettivo che la continua alimentazione della spirale produttivistica, avrebbe dovuto svelare la sua verit di strumento del capitale; il suo essere non l'aspetto negativo, eccedente, dello sviluppo capitalistico, ma la pi vistosa manifestazione della sua stessa essenza, la concreta rappresentazione del fatto che (come diceva Claudio Napoleoni) "la funzione specifica del valore d'uso consiste nel fornire un supporto al valore di scambio".3

Dunque come possiamo dedurre dal contributo delle ultime due definizioni, il consumismo va oltre la sua definizione pi semplice. In effetti, un processo molto articolato, nato nelle societ dei paesi di prima industrializzazione, proprio come conseguenza dello sviluppo dei grandi gruppi industriali che, investendo massicce somme di capitale nella produzione devono assicurarsi lo sbocco di ci che essi producono in quantit sempre pi elevate. La produzione abbisogna non solo di mano dopera a buon mercato, ma ha altres bisogno che la mano dopera investa i propri redditi nellacquisto dei prodotti messi a loro disposizione sul mercato. Se ci non accade, il cerchio non si chiude e leconomia precipita inevitabilmente in una crisi di sovrapproduzione. Per la prima volta nella storia umana, per secoli segnata dalla scarsit e dalle penurie, con lavvento del sistema di produzione industriale capitalista, si produce ad un ritmo talmente elevato che le merci non trovano sbocco sul mercato. Trovatosi di fronte a questo problema, lapparato produttivo non ha preso le crisi di sovrapproduzione come se fossero una misura della saziet del mercato (provando a fare unanalogia col corpo umano), riducendo le proprie capacit produttive o riducendo
AA. VV. (a cura di Vitale, Sergio), Consumismo e societ contemporanea, Firenze, Sansoni Universit, 1975, pagg. 5-6. 3 Ravaioli, Carla, Contro il mito della crescita, in La sinistra Rivista (rivista mensile del quotidiano Il manifesto), numero 9, settembre 2000.
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il carico di lavoro richiesto ai lavoratori, giacch laumento della produttivit non ha conosciuto battute darresto, non riconoscendo che cos si riuscirebbe a dare unoccupazione a molte pi persone. Sarebbe stata la cosa pi logica da fare, la produzione sarebbe continuata e allo stesso tempo le persone avrebbero potuto dedicare diverse ore delle loro giornate alle pi svariate attivit personali o comunitarie. Purtroppo per, come ce lo dimostrano tanti casi del passato e del presente, lapparato produttivo ed in genere leconomia rispondono solo alle logiche (ed anche alle versione miticizzate di esse a cui sovente si appellano gli economisti quasi fosse una religione) del profitto, la crescita, lo sviluppo, del libero mercato, a seconda della convenienza e a scapito di tutto il resto, in primo luogo noi stessi. Ci vuol dire che il problema della sovrapproduzione stato, ed ancora risolto, stimolando attraverso la pubblicit (con tutti i modelli di vita e consumo da essa proposti) ed il credito luso di porzioni di reddito sempre maggiori per lacquisto di merci dogni tipo. Si potrebbe obiettare questo affermando che lapparato produttivo immette nuovi prodotti sul mercato solo per soddisfare i bisogni umani, innumerevoli, in continuo sviluppo e spesso imprevedibili; e quindi il fatto che le persone abbiano sempre maggiori possibilit di soddisfarli proprio un indice del benessere raggiunto da queste persone. Il problema, per, come ce lo dimostra Galbraith, la fonte che alimenta questo processo: E chiaro che non si pu sostenere la produzione come strumento per soddisfare i bisogni, quando la produzione stessa che crea tali bisogni.4 Il consumo di massa nelle societ capitalistiche inevitabilmente degenera nel consumismo proprio perch il consumo stesso creato artificialmente dal sistema produttivo, straniandosi completamente dal desiderio e dal bisogno umano, ubbidendo soltanto alle logiche della produzione. Non si tratta di negare che vi siano dei bisogni, delle attivit naturali, ecc., si tratta di vedere che il consumo come concetto specifico delle societ contemporanee, non l.5

Galbraith, John K., Leffetto della dipendenza, in AA. VV., pag. 297. Baudrillard, Jean, La societ dei consumi: i suoi miti e le sue strutture, Bologna, Il Mulino, 1976, pag. 101.
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Storia del consumismo

Dopo aver definito cosa si intende per consumismo e quali altri concetti sono compresi dentro questo fenomeno, cercher di delineare un percorso diacronico in cui verr illustrata la nascita e lo sviluppo del consumismo fino al 1973, anno in cui si verifica la crisi del petrolio che segna uno spartiacque nella storia economica e politica mondiale. Cos com capitato per tanti altri avvenimenti e processi che riguardano lintera societ in diverse regioni del pianeta, non possiamo stabilire con precisione una data certa dinizio del consumismo. In ogni caso, nulla ci impedisce di effettuare una scelta pi o meno arbitraria, per appunto lanno 1873; e anche s arbitraria, la scelta di questanno in particolare risponde a delle ragioni ben precise. Il periodo di crisi economica che ebbe origine quellanno e che si protrasse fino al 1895 (conosciuta come la Grande Depressione), rientra s nellambito delle crisi croniche di sfiato del sistema capitalista industriale, ma con delle caratteristiche innovative rispetto alle altre crisi verificatesi nel XIX secolo: per la prima volta le capacit produttive sono nettamente superiori alle capacit dassorbimento da parte del mercato, ci provoca fallimenti a catena, crac borsistici, licenziamenti di massa e riduzione dei salari; nascono cos in questo periodo le prime grandi concentrazioni di gruppi industriali e finanziari che approfittano della situazione di crisi generale per fare grosse acquisizioni. E la nascita di una nuova fase nelleconomia, quella del capitalismo finanziario, nascono i germi dei colossi industriali e finanziari che in futuro si spartiranno il controllo dei mercati mondiali e saranno tra gli attori principali responsabili per la nascita del consumismo. Il 1873 lanno che denota anche lavvio della II Rivoluzione Industriale: lo sviluppo industriale non pi solo unesclusiva della Gran Bretagna; dora in poi anche Francia, Germania e Stati Uniti (ma non solo) cominciano a sviluppare le proprie industrie nazionali e cresce il tasso durbanizzazione e di proletarizzazione delle popolazioni in questi paesi, e proprio loro saranno il terreno di coltura ideale di cui il consumismo ha bisogno per attecchire.

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Prima fase (1873 1945)

La grave crisi iniziata nel 1873 fu causata dalla concomitanza di diverse crisi speculative combinate con la diminuzione della redditivit degli investimenti e laumento della concorrenza che sbocciarono in una serie di crisi borsistiche e finanziarie (in particolare nelle borse di Vienna e New York); ma anche, ed questo il fatto che cinteressa in particolare, la sovrapproduzione diventa un problema per leconomia: [In Inghilterra] Le capacit produttive sono nettamente superiori al fabbisogno; nel 1873 le fonderie sono in grado di produrre 2,5 milioni di tonnellate di binari; ma la richiesta crolla a 500.000 tonnellate; fra il 1872 e il 1881 il loro prezzo scende del 60%.6 C inoltre da tener conto della caduta dei prezzi agricoli in Europa causato dallarrivo del grano russo e americano; le campagne europee ne soffrono parecchio e si accentua limmigrazione interna verso i grandi poli industriali e soprattutto verso le Americhe. E una crisi che colpisce maggiormente i settori agricolo e finanziario; quello industriale, colpito principalmente dalla sovrapproduzione, costretto a ridurre i volumi di produzione, i prezzi ed i margini di guadagno. Tuttavia, la crisi fa fallire le industrie e le banche pi deboli spianando il mercato a quelle pi forti e con maggiori disponibilit di capitali. Questi gruppi escono rafforzati, e grazie alle nuove invenzioni tecniche, la riduzione del numero di concorrenti e la mano dopera a buon mercato sempre disponibile (si verific, come in ogni crisi, un deciso aumento della disoccupazione col conseguente abbassamento delle retribuzioni), riusciranno a rimettersi in sesto. Di questo periodo di crisi ci interessa in particolare il modo in cui i grandi capitalismi nazionali reagirono alla Grande Depressione. Le modalit scelte per arginare i problemi del sistema industriale e finanziario segneranno fortemente il mondo intero, di fatti, proprio questo periodo vede la nascita dellespansione imperialistica, la corsa frenetica delle principali potenze mondiali verso quelle zone del pianeta ancora poco esplorate e poco conosciute, oppure colonizzate solo commercialmente e in modo parziale. Il mondo fu suddiviso a tavolino in aree dinfluenza, tutti i continenti furono presi di mira dallappetito vorace delle potenze industriali: bisognava trovare mercati nuovi in cui fosse possibile collocare i prodotti industriali in eccesso e nuove zone da cui attingere le materie prime necessarie a sostenere lapparato produttivo; il tutto
Beaud, Michel, Storia del capitalismo: dal Rinascimento alla new economy, Milano, Mondadori, 2004, pag. 158.
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sempre giustificato dalla missione civilizzatrice ed evangelizzatrice delluomo bianco. Persino i Paesi latinoamericani che avevano raggiunto lindipendenza dalla Spagna nei primi decenni del XIX secolo, furono costretti a rientrare allinterno di questespansione del capitalismo su livello mondiale, subdolamente per, senza fare ricorso alla forza militare. Attraverso le pressioni dei grandi gruppi finanziari mondiali, lapertura forzata dei loro mercati interni alla libera concorrenza e con la testa dariete delle multinazionali7 che operavano nel settore delle materie prime e potevano agire a mani libere allinterno di questi paesi complici molto spesso delle aristocrazie latifondiste corrotte. Un contributo per poter capire la portata dellimperialismo ce lo fornisce Luxemburg, che agli inizi del Novecento, nellAccumulazione del capitale, fece unaccurata analisi dei processi sottostanti allespansione imperialistica: Il capitale ozioso non trovava possibilit di accumulazione in patria, mancandovi la richiesta di prodotti addizionali: ma allestero, dove la produzione capitalistica non si ancora sviluppata, una nuova domanda si determinata in strati non-capitalistici, o la si determina con la forza. (...). Lessenziale che il capitale accumulato nel vecchi paese trovi nel nuovo una rinnovata possibilit di produrre plusvalore e di realizzarlo, cio di continuare laccumulazione.8 Fu lunico modo con cui si riusc a rimandare lipotesi di una guerra a tutto campo (purtroppo soltanto fino al 1914) tra le potenze, rivelatasi sempre pi vicina con linasprimento della concorrenza soprattutto nei settori di prima industrializzazione; e con linarrestabile ascesa delle nuove comparse nello scenario internazionale (Stati Uniti e Germania) che provocarono laumento dei punti dattrito tra i paesi industrializzati. Inoltre, attraverso le politiche legate alla colonizzazione e il fervore nazionale suscitato dalle imprese di conquista che promettevano terre e lavoro ai diseredati dellindustrializzazione, lo Stato e gli industriali inscenavano uno spettacolo che distoglieva lattenzione dai problemi sociali ed economici reali, alimentando anche il ghiotto boccone delle commesse di guerra (non dimentichiamoci che molti tra i pi micidiali sviluppi della tecnica militare sono di questo periodo9). Laltra forma dadattamento escogitata per far fronte alla situazione di crisi internazionale, il capitalismo finanziario, a noi interessa in modo particolare perch dar avvio allassetto economico da cui scatur lideazione e messa in atto di quelle misure
Vedere in particolare il capitolo 21 in Perrault, Gilles et al., Il libro nero del capitalismo, Milano, Net, 2003. 8 Luxemburg, Rosa, Laccumulazione del capitale, Torino, Einaudi, 1968, pag. 427. Vedere in particolare i capitoli XXX, XXXII e XXXII in cui vengono trattate le tematiche riguardanti limperialismo, il militarismo e lespansione coloniale delle potenze europee. 9 Solo per citare alcune delle innovazioni, possiamo nominare il siluro inventato nel 1860, il sottomarino nel 1863, la dinamite nel 1867 e la mitragliatrice nel 1883. Rif. Bibl.: Del Torre, Giuseppe e Viggiano, Alfredo, Corso di storia e percorsi di approfondimento, Firenze, Edizioni Sansoni, 2000, pag. 373.
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per incentivare il consumo del maggior numero possibile di beni, da noi prima definito come consumismo. Il capitalismo finanziario segna la fine della netta divisione tra fornitori di capitale e produttori, ora questi due fattori si legano e si concentrano sotto la direzione dellalta finanza. Il numero degli attori presenti sul mercato si riduce, si verifica una fortissima concentrazione di capitali e di forza produttiva in poche mani, sinveste nella ricerca di nuove tecniche, nuovi prodotti, nuovi fonti denergia, nuove modalit di commercializzazione, nuove produzioni che permettessero alle aziende di ritornare a fare profitti. Mai prima dora sera creato un legame cos forte tra industria, finanza, laboratori e scienziati; i nuovi agglomerati industriali potevano contare con un vasto supporto finanziario per realizzare questi investimenti, altrimenti impensabili. Per cercare d'arginare i problemi causati dalla sovrapproduzione e dalla stagnazione generale dell'economia, le potenze industriale tornano a ricorrere al protezionismo dopo due decenni che avevano visto l'espansione del liberismo; cos, ogni potenza, mettendo insieme i nuovi mercati aperti dalla colonizzazione protetti da barriere doganali si credette di risolvere il problema degli sbocchi commerciali. Nonostante il varo di misure protezionistiche e l'allargamento dei mercati disponibili e delle conquiste realizzate dal capitalismo internazionale, la tensione e le ipotesi di conflitto non s'allentarono affatto, anzi, nacque una corsa agli armamenti che vide impegnate soprattutto la Gran Bretagna e la Germania, ognuna delle due messasi a capo di una coalizione internazionale in chiave difensiva che, di fatto, comprometteva l'Europa tutta nel gioco delle alleanze, facendo diventare il continente una polveriera pronta a scoppiare in qualsiasi momento. E, di fatti, non ci voluto molto tempo prima d'andare a fuoco nel 1914. La I Guerra Mondiale ebbe effetti devastanti non solo perch provoc la perdita di milioni di vite umane, ma anche perch sconvolse un'intera generazione provocando cambiamenti epocali nella societ, nell'economia, nel mondo del lavoro e nei rapporti tra i sessi e tra le classi. Sul piano dei rapporti internazionali, la guerra segna l'inizio del lento declino del primato mondiale dell'Europa e la comparsa nello scacchiere internazionale delle due superpotenze situate proprio ai margini dell'Europa: gli Stati Uniti e l'Urss. Fu la prima guerra totale; ovvero, tutto l'apparato economico e industriale, tutte le componenti della societ vennero mobilitate e coinvolte nello sforzo bellico, costringendo ai lavoratori a fare molte concessioni sul piano dei diritti in pro del raggiungimento degli obiettivi della macchina bellica. Fra tutti questi fattori a noi interessano in modo particolare quelli che riguardano le misure (e le conseguenze di esse) messe in atto durante il periodo della guerra che saranno d'importanza fondamentale per capire gli sviluppi del consumo di massa, analizzando in 13

particolare i risvolti della congiuntura economica americana e internazionale nel periodo tra le guerre. Diversamente dalla situazione in cui versavano i paesi europei dopo la I guerra mondiale, gli Stati Uniti trassero pi di qualche vantaggio in particolare per quel che riguarda l'aumento delle riserve aurifere e dal fatto che la guerra fece da volano dello sviluppo industriale ed economico. Il deciso aumento della produttivit che si verific nel periodo bellico fu in gran parte dovuto all'introduzione del taylorismo. Le linee guida che ponevano le basi per l'organizzazione scientifica del lavoro, ideate da Taylor verso la fine dell'Ottocento, prima della guerra, non avevano trovato molti adepti, invece ora vengono applicati da tutti i sistemi industriali avanzati e non solo nella produzione industriale. Il fattore chiave per vincere una guerra dopo la Rivoluzione Industriale giace nell'apparato industriale di un Paese pi che nella quantit di soldati che esso in grado di schierare sul campo. Chi riesce a produrre di pi, innovare e migliorare la distruttivit e l'efficienza degli armamenti ed in grado di assicurare e gestire le proprie fonti di materie prime in modo migliore vince la guerra. L'introduzione del taylorismo nelle fabbriche non pu pi essere arginata dai sindacati, il cui margine di manovra stato drasticamente ridotto dalle leggi speciali approvate nel periodo bellico che vietavano gli scioperi od ogni tipo di protesta che prevedesse la sospensione della produzione. Il taylorismo fu soltanto un primo passo di un cambiamento ancora pi profondo che ebbe luogo nel periodo tra le guerre negli Stati Uniti con l'introduzione del fordismo. L'innovazione dell'organizzazione scientifica della produzione introdotta da Henry Ford va al di l del semplice miglioramento della produzione con la catena di montaggio e della sua applicazione in maniera sistematica ad ogni mansione svolta in fabbrica o della produzione in serie di grandi quantit di prodotti identici. Mi rifar a Beaud (2004) per dare un'idea pi chiara della portata del fordismo:
Il fordismo non consiste soltanto nell'applicazione di un rinnovato modello di organizzazione del lavoro, esso rappresenta anche un nuovo modo di inserire i lavoratori nella societ capitalista: si tratta al contempo di un nuovo modello di produzione capitalista (con salari relativamente elevati per una parte della classe operaia e forte aumento della produttivit grazie alla produzione di massa e alla razionalizzazione) e di realizzazione del valore cos creato (con lo sviluppo del

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consumo di massa, che si estende a un settore della classe operaia, le cui condizioni di vita si avvicinano a quelle della classe media).10

Col five dollars a day,11 uno dei punti chiave dell'attuazione del fordismo, nasceva un settore della classe operaia che poteva permettersi di consumare di pi, avvicinando il livello dei loro consumi a quello della borghesia americana. Di certo la fatica e l'avvilimento prodotto dai ritmi frenetici delle nuove fabbriche ristrutturate secondo i dettami del taylorismo e dai gesti ripetuti migliaia di volte al giorno non erano scomparsi, tutt'altro, l'aumento vertiginoso della produttivit in questo periodo un chiaro segnale del fatto che i ritmi di lavoro sono addirittura aumentati. Tuttavia, lo stimolo creato dall'occasione di disporre un reddito maggiore e la possibilit di godere un livello di vita superiore sono un attrattivo che, nonostante le voci contrarie sollevate dagli economisti dell'epoca che consideravano ogni aumento del costo della mano d'opera come un danno per la competitivit, si riveler vincente. Inoltre, per poter beneficiare del five dollars a day, i lavoratori (soltanto gli uomini che avevano lavorato per un determinato numero di anni vi potevano accedere) dovevano sottostare a determinate regole di comportamento, di moralit e di vita; creando cos delle differenze e delle divisioni tra quelli che lavoravano alla Ford e quelli che no, ed anche tra le diverse categorie di operai appartenenti ad essa. Finita la guerra sorge per il problema dell'utilizzo dell'apparato industriale sovradimensionato e del surplus di produttivit che non trovano pi il suo sbocco naturale nell'industria bellica. Il sistema industriale decise allora di puntare sullo sviluppo dei consumi personali degli americani, Paese caratterizzato da solide tradizioni di risparmio, tipiche della morale protestante e uno dei valori fondanti della cultura americana. Per riuscire in quest'impresa si fece ricorso a due armi: la pubblicit e lo stimolo a far uso del credito. Con questi due espedienti si riusc a cambiare la mentalit di un paese in un solo decennio, dando avvio a un nuovo sistema di sfruttamento pilotato dall'apparato industriale che, facendo leva sui bisogni falsi,12 riuscir a diffondersi prima negli Stati Uniti, per seguire poi nelle altre nazioni industrializzate dell'Europa Occidentale, e finalmente con la globalizzazione, in tutto il mondo. Lo
Op. cit. Beaud, Storia del capitalismo, pag. 206, [corsivo suo]. Five dollars a day, in italiano cinque dollari al giorno, questa misura ideata da H. Ford aumentava il salario minimo nelle sue fabbriche per alcune categorie di lavoratori da due o tre dollari a cinque, e allo stesso tempo, riducendo la giornata lavorativa da nove a otto ore. 12 Secondo la definizione di Marcuse in L'uomo a una dimensione L'ideologia della societ industriale avanzata, Torino, Einaudi, 1967, pag. 25, I bisogni falsi sono quelli che vengono sovrimposti all'individuo da parte di interessi sociali particolari cui preme la sua repressione: sono i bisogni che perpetuano la fatica, l'aggressivit, la miseria e l'ingiustizia.
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sviluppo di tecniche sempre pi raffinate di marketing, pubblicit e linvenzione del credito al consumo vennero definite allepoca il Vangelo economico del Consumo.13 Queste misure puntavano a favorire il senso di insoddisfazione cronica nella popolazione abituata a lavorare il minimo indispensabile per poter coprire i bisogni basici del nucleo famigliare o della persona, e che il pi delle volte non ricorrevano al mercato per soddisfare i propri bisogni materiali. Chiaramente, per il sistema industriale americano la persistenza di questa mentalit era estremamente dannosa, laumento della produttivit e la razionalizzazione della produzione sfornavano sempre pi prodotti che rimanevano invenduti nei magazzini. Di fronte alla prospettiva di una nuova crisi di sovrapproduzione, il marketing e la pubblicit, prima alquanto trascurati dal sistema industriale che puntava soprattutto allo sviluppo delle capacit di produzione piuttosto che allo stimolo del consumo, conobbero una forte espansione nel corso degli anni Venti cercando di imporre alla popolazione americana nuovi modelli di vita e di consumo. I nuovi guru del marketing e della pubblicit capirono che la chiave per riuscire ad imporre nei cuori e nelle menti delle persone la propensione al consumo sfrenato si trovava nel ridicolizzare lo stile di vita sobrio, la cultura del risparmio e la produzione artigianale e, allo stesso tempo, nel bombardare la classe lavoratrice con modelli di vita e di consumo del lusso tipici dellaristocrazia e delle personalit famose, nellinventare mode e invadere il mercato con nuovi prodotti, nel programmare lobsolescenza dei prodotti per garantirsi gli acquirenti in futuro, nellintrodurre e diffondere i prodotti di marca (pi adatti allo stile di vita moderno secondo la pubblicit dellepoca) prima inesistenti dacch quasi tutto veniva acquistato sfuso. Tuttavia, lintroduzione del credito e degli acquisti a rate fu la mossa vincente nel processo di cambiamento della mentalit collettiva della classe lavoratrice statunitense: Fare acquisti a rate era affascinante e per molti divenne un vizio. In meno di un decennio, una nazione frugale e lavoratrice venne travolta da una cultura edonistica che predicava la ricerca di sempre nuove strade per la gratificazione immediata.14 Questo processo dincentivazione ed esasperazione dei consumi privati portato avanti dal sistema industriale per cercare di compensare gli aumenti dei volumi delle merci prodotte fu anche responsabile delle grandi difficolt che ebbe leconomia americana per risollevarsi dalla crisi borsistica del 1929. Le imprese erano riluttanti a trasferire i guadagni di produttivit ai lavoratori, alimentando un circolo vizioso da cui si usc soltanto grazie alla II Guerra Mondiale. Si produce di pi convogliando con la
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Rifkin, Jeremy, La fine del lavoro, Milano, Mondadori, 2002, pag. 48. Op. cit. Rifkin, La fine del lavoro, pag. 52-3.

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pubblicit ed il credito pi gente al consumo delle nuove merci prodotte ma, allo stesso tempo, la macchina produttiva aveva sempre meno bisogno di mano dopera ed i salari ristagnavano (tranne che per gli operai della Ford che potevano accedere al five dollars a day) non permettendo alla gente di aumentare i loro consumi. La crisi generale che colp il capitalismo americano e mondiale nel corso degli anni Trenta mise a dura prova la capacit di mantenere la stabilit sociale in un contesto di disoccupazione generalizzata, povert, ristagnazione economica e col continuo inasprimento dei conflitti sociali che tutto ci provocava. Mentre molti Paesi dell'Europa Occidentale abbracciavano, in diverse forme, il fascino delle ideologie fasciste-nazionalistescioviniste (con l'eccezione della Francia e la Gran Bretagna, Paesi in cui le consolidate tradizioni democratiche riuscirono a reggere l'onda d'urto del nazionalismo); nel 1932 alla Casa Bianca viene eletto Franklin D. Roosvelt, grazie ad una innovativa campagna elettorale basata sull'utilizzo della radio che denunciava gli errori della precedente amministrazione repubblicana e prometteva al popolo americano un New Deal, un nuovo corso capace di risollevare le sorti del Paese. Uno dei pilastri del programma politico roosveltiano fu quello di riaprire il dialogo con i sindacati per cercare di ottenere il maggior consenso possibile e a tutto campo, sia tra la classe operaia che tra i rappresentanti dell'alta finanza e dei grandi gruppi industriali. Il problema principale che ebbe ad affrontare Roosvelt fu la disoccupazione che aveva raggiunto livelli spaventosi dopo il Marted Nero di Wall Street. Prendendo spunto dai buoni risultati raggiunti dalla ditta Kellogg15 i sindacati individuarono la soluzione al problema della disoccupazione nelle proposte avanzate dal movimento della condivisione del lavoro, che racchiudeva in s due iniziative: la richiesta della riduzione dell'orario di lavoro per poter godere di pi tempo libero (un punto su cui i sindacati puntavano da anni), e allo stesso tempo, la possibilit di far s che pi persone ricominciassero a lavorare poich le aziende sarebbero costrette ad impiegare pi persone per coprire gli stessi turni. La paga oraria delle persone ora impiegate si sarebbe ridotta di poco, e come conseguenza benefica per leconomia, il reddito da loro reso disponibile insieme ad una maggiore condivisione dei guadagni di produttivit da parte delle aziende avrebbe creato le condizioni per la nascita di un circolo virtuoso. Il maggior numero di occupati, la riduzione delle ore dedicata da ciascuno alla produzione, legato alla ridistribuzione di una quota maggiore di ricchezza avrebbe strappato dalla fame pi famiglie, ridando vigore all'intera economia. L'adozione di un programma cos innovativo poneva per in pericolo tutte le conquiste realizzate dal sistema industriale nel corso degli anni Venti:

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Op. cit. Rifkin, La fine del lavoro, pag. 60.

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innanzitutto l'establishment non vedeva con buoni occhi una maggiore condivisione dei guadagni di produttivit coi lavoratori, ed il fatto che la gente lavorasse, guadagnasse e consumasse di meno poteva voler dire un pericoloso ritorno al passato, vanificando tutti gli sforzi compiuti in senso contrario con le politiche del Vangelo del Consumi. La proposta di un progetto di legge per stabilire la settimana lavorativa di trenta ore in tutti gli Stati Uniti fu presentata dal senatore Black dell'Alabama il 31 dicembre 1932. Dopo la sua inattesa e veloce approvazione in Senato, la legge pass al vaglio della Camera dei Rappresentanti, dove tutti prevedevano un percorso veloce. Purtroppo, ancora una volta, le prerrogative del sistema industriale prevalsero sul benessere generale e il Presidente Roosvelt diede l'indicazione di bocciare la legge, barattando al suo posto il NIRA (National Industry Recovery Act), che prevedeva l'applicazione dell'orario ridotto solo in alcuni settori specifici, bloccando, di fatto, il varo di una normativa federale. Anche se il NIRA ed il Fair Labor Standard Act (varato nel 1937 dopo che il NIRA venne dichiarato incostituzionale) introdussero diverse novit positive per quel che riguarda la contrattazione collettiva, la libera scelta del sindacato da parte del lavoratore, la protezione del lavoro minorile, ecc., tuttavia non poterono spezzare la resistenza dei grandi industriali a condividere parte delle ricchezze prodotte nelle loro fabbriche e da loro accumulate. Roosvelt invece decise che la soluzione al problema della disoccupazione era quello del rilancio dell'economia attraverso un massiccio programma dinvestimenti pubblici in grandi infrastrutture, sussidi per i disoccupati e l'aumento delle tasse sui redditi pi alti; lo Stato diventa il datore di lavoro che in ultima istanza provvede a dare un'occupazione per chi non riesce a trovarla nel settore privato. In ogni caso, Il New Deal non riuscito a rilanciare il poderoso meccanismo di accumulazione caratteristico del capitalismo americano: soltanto la guerra ci riuscir. Certo, la disoccupazione scesa, ma nel 1940 il suo livello resta del 10%.16 Lo scoppio della II Guerra Mondiale sar l'evento che far finalmente ripartire la macchina industriale americana, e, anche se gli Stati Uniti non furono coinvolti direttamente nella guerra sino all'attacco giapponese alla base navale di Pearl Harbor, dai primi momenti della guerra l'economia americana ne trasse vantaggio poich era fondamentale il suo apporto di derrate alimentari e materiale bellico alla Gran Bretagna e ai suoi alleati. L'organizzazione dell'economia bellica prevedeva un forte intervento statale destinato al controllo dei prezzi, dell'inflazione e dell'organizzazione della produzione industriale. In questo contesto, la pianificazione economica sar

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Op. cit. Beaud, Storia del capitalismo, pag. 212.

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fondamentale per poter portare avanti il sistema economico, e lo sar ancor di pi dopo la fine della guerra (sia per il controllo dell'offerta che della domanda), pur essendo un termine che provocava orrore tra i sostenitori del libero mercato contrapposto alle economie pianificate del blocco sovietico. Prima della guerra fredda il termine pianificazione voleva dire evitare delle disgrazie evitabili, interessarsi per il futuro. Dopo per, questo termine si carica di contenuti ideologici viene abbandonato perch considerato nemico della societ liberista. L'industria moderna ed uso intensivo di capitale e tecnologia richiede per una pianificazione a lungo raggio.17 Nello sviluppo della seconda fase di questa storia del consumismo mi occuper pi in profondit delle tematiche collegate alla pianificazione industriale ed il suo legame con la pianificazione dei bisogni. In questa prima parte mi sono limitato a trattare quasi esclusivamente il contesto economico degli Stati Uniti, trascurando volutamente l'Europa. Le ragioni della mia scelta sono dovute al fatto che nelle economie europee del dopo guerra, fortemente impegnate nella ricostruzione post bellica e nel ristabilimento della parit aurea delle divise pi importanti, mancavano quelle condizioni sociali (cio la disponibilit di reddito da parte del proletariato salariato) e dunque anche la possibilit da parte delle imprese europee di creare una macchina fautrice di desideri capace di stravolgere l'intiera societ com'era successo in America col Vangelo dei Consumi.

Seconda fase (1945 1973)

Il trentennio che va dalla fine della seconda guerra mondiale fino alla crisi del petrolio del 73, caratterizzato da un impressionante aumento della produttivit e degli scambi commerciali internazionali. Anche tenendo conto delle distruzioni provocate dalla guerra alle economie europee e asiatiche, e dal fatto che una non trascurabile parte del globo si trovasse fuori dallambito capitalista, questo sar senzaltro uno dei periodi di maggiore stabilit e sviluppo del capitalismo a livello mondiale. Il grande aumento della produttivit nel dopoguerra, dovuto in parte al miglioramento delle tecniche dautomazione e razionalizzazione, ma soprattutto ad una maggiore pressione esercitata sui lavoratori che vengono costretti a fare turni stremanti ed ad aumentare i ritmi di
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Galbraith, John Kenneth, Il nuovo stato industriale, Torino, Einaudi, 1968, pag. 21.

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lavoro, spesso in condizioni di lavoro molto precarie. In Europa, ci avvenne mediante lintroduzione del sistema americano di produzione (taylorismo-fordismo) in concomitanza con la riconversione dellindustria bellica. La seconda fase dello sviluppo della societ dei consumi vede, innanzi tutto, il superamento dellaccumulazione di stampo imperialistico e coloniale; con la sua suddivisione rigida del mondo in compartimenti stagni, custoditi gelosamente da ogni paese impedendo il flusso libero di capitali americani che avevano bisogno di riversarsi sullEuropa Occidentale ed i paesi del Terzo mondo. Larrivo di questi capitali viene accompagnato dalle promesse di benessere e libert (prima e ovvia conseguenza dellarrivo del libero mercato!), sfidando apertamente lespansione del comunismo, che anzi, doveva essere contrastato a livello mondiale con qualsiasi mezzo, legale o illegale, anche andando contro la volont popolare. Lesaurimento delle risorse delle potenze coloniali europee nel corso della guerra non permette ad esse di mantenere i vasti imperi coloniali (le cui popolazioni erano sempre pi insofferenti nei confronti della dominazione coloniale); gli Stati Uniti, pur consapevoli del pericolo della deriva socialista incombente sulle nuove nazioni, sattivano per favorire e incentivare il processo di decolonizzazione in seno allOnu, consci poter rimpiazzare il ruolo dellEuropa e consapevoli di essere la prima potenza economica e militare, in grado di contrastare lUrss in qualsiasi area del mondo. La politica monetaria che scatur dagli accordi di Bretton Woods diede il supporto monetario necessario a finanziare il nuovo ruolo degli Stati Uniti nel mondo: il dollaro venne parificato alloro, quindi in pratica il dollaro era buono come loro, diventando cos la moneta di riferimento mondiale per gli scambi commerciali. Inoltre, attraverso lazione della Banca Mondiale e il Fmi (Fondo Monetario Internazionale, nate anchesse dagli accordi di Bretton Woods) in cui gli Stati Uniti vi giocano un ruolo di primordine si consolidarono gli interessi americani in quei paesi desiderosi di uscire dalla povert e il sottosviluppo a cui furono costretti dallimperialismo. Questi organismi internazionali giocarono un ruolo fondamentale nellazione di sostegno dellinfluenza politica ed economica americana nel resto del mondo, elargendo prestiti e aiuti militari a tutti quei paesi che giuravano fedelt agli Stati Uniti, senza badare molto a chi governasse questi paesi o per quali scopi fossero destinati i soldi dati in prestito. Lenorme quantit di denaro riversatasi sul Terzo mondo con lobiettivo dichiarato di favorire lo sviluppo economico e colmare il divario col Primo mondo venne utilizzato per avviare massicci programmi dindustrializzazione, vista in quel momento da economisti e intellettuali sia socialisti, sia liberisti come il tassello mancante nelle economie meno sviluppate. Si pensava che il resto del mondo doveva compiere lo stesso percorso per riuscire a raggiungere il benessere di cui ora godevano i 20

paesi di vecchia industrializzazione, quindi vista la mancanza di un ceto di capitalista o grado di far partire la crescita dellindustria, e vista la debolezza strutturale ed economica dei nuovi stati, gli organismi internazionali dovevano provvedere a coprire questa carenza. Il risultato fu per quello di far crescere soltanto lindebitamento e la dipendenza del Terzo mondo, in cui le differenze nella distribuzione del reddito presenti gi da tempo su scala mondiale vengono riprodotte e aumentate. Le loro economie entrano a far parte del mercato internazionale, e spesso questa totale dedizione delleconomia al commercio estero fa s che le colture tradizionali siano trascurate o completamente abbandonate; in una situazione simile, la stessa sopravvivenza della popolazione dipende dalle derrate alimentari importate o arrivate sotto forma daiuti alimentari. In un certo modo, loccidentalizzazione non altro che il rivestimento culturale dellindustrializzazione, ma loccidentalizzazione del Terzo mondo in primo luogo una deculturazione, cio una distruzione pura e semplice delle strutture economiche, sociali e mentali tradizionali, per essere sostituita a lungo andare soltanto da un grosso ammasso di ferraglia promesso alla ruggine. Il vicolo cieco industriale conduce direttamente al vicolo cieco sociale.18 Allinterno del sistema economico americano i cambiamenti che si verificarono in questi anni di crescita travolgente non sono da poco. Gli indugi governativi posti al sistema economico durante la guerra vengono meno, aumenta la concentrazione industriale e finanziaria, e cambia la struttura stessa dell'organizzazione aziendale. La figura del padrone industriale che comanda e controlla tutto viene rimpiazzata dalla tecnostruttura,19 ovvero, una fitta rete di impiegati intermedi altamente qualificati e specializzati che si occupano di tutte le mansioni relative all'organizzazione della produzione, anche se la vecchia figura del padrone (il capo carismatico da cui dipendono tutte le decisioni prese in azienda) viene mantenuta per le occasioni mondane. La nascita di questa nuova forma dorganizzazione aziendale stata agevolata dalla disponibilit di quelle nuove tecnologie applicabili al lavoro negli uffici (in primis i calcolatori numerici), che permettono daumentare la produttiva dei singoli impiegati e migliorare il coordinamento e la comunicazione degli stessi allinterno della compagine aziendale. Un altro segno di cambiamento viene dalla mutata strategia delle aziende, non pi dedite soltanto alla ricerca del massimo profitto da distribuire fra gli
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Latouche, Serge, LOccidentalizzazione del mondo, Torino, Bollati Boringhieri, 1992, pag. 91. Il termine tecnostruttura fu coniato e introdotto dalleconomista John Kenneth Galbraith ed utilizzato allinterno delle sue due opere pi importanti, Il nuovo stato industriale e La societ opulenta, in cui il sistema economico americano viene analizzato minuziosamente, denunciando in particolare quei meccanismi attuati dallapparato industriale per creare e manipolare artificiosamente la domanda di prodotti industriali.
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azionisti, ma bens pi preoccupate del mantenimento e la sopravvivenza della tecnostruttura, ormai diventata la colonna vertebrale dei grandi gruppi che detengo nelle loro mani quasi la totalit dell'economia americana e mondiale.20 Se potesse risultare pericolosa per la tecnostruttura la ricerca del massimo profitto, o qualsiasi altra azione portata avanti dallazienda, questa viene automaticamente bloccata. Poich le decisioni non dipendono pi dalle scelte di una singola persona, ed ogni livello della tecnostruttura ha il compito di controllare l'altro, piuttosto difficile il verificarsi di errori gravi di valutazione che potrebbero recare qualche danno, sia questo l'arresto della crescita della tecnostruttura o la sua distruzione. L'investimento di massicce somme di capitale ed il rischio che ci comporta, fanno s che sia impensabile dipendere soltanto dalla libera scelta del consumatore e dal gioco dell'offerta e la domanda, sarebbe un rischio troppo grande che la tecnostruttura non disposta a correre, pena la sua sopravvivenza. E' fondamentale per tutto il sistema economico, controllato e gestito dalla tecnostruttura, che la totalit della produzione abbia uno sbocco commerciale assicurato sul mercato. Lanciare un nuovo prodotto o una nuova linea di prodotti comporta anni e anni di ricerca e molti investimenti, lasciarli in balia del mercato sarebbe quasi come giocare d'azzardo, perci pari passo con l'investimento in ricerca e produzione, l'investimento pubblicitario fondamentale per il buon andamento dei piani aziendali. Quello che una volta era considerato un investimento inutile, che non portava nessun guadagno tangibile per l'azienda, riceve dagli anni '50 in poi somme impressionanti di denaro,21 col chiaro obiettivo di preparare il terreno su cui verr poi seminato il nuovo prodotto. Galbraith a proposito della
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Questa affermazione potrebbe sembrare paradossale agli occhi di molti poich non sembrerebbe logico, se guardiamo i dettati delleconomia classica, che nellattivit imprenditoriale non si vada sempre alla ricerca del massimo profitto. In effetti, gli economisti sono sempre pronti ad affermare che questo lo spirito che muove il capitalismo. Tuttavia, secondo lanalisi di Galbraith, questo un concetto superato non pi valido nelleconomia capitalista avanzata, dove pochi grandi gruppi si spartiscono il mercato interno ed esterno, in un regime quasi monopolistico. Galbraith afferma che se la ricerca del massimo profitto sempre e comunque, anche in periodi di stagnazione, rischia di mettere in pericolo lazienda (ergo la tecnostruttura incaricata di gestirla), questa automaticamente rinuncia al massimo profitto per consentire la sopravvivenza della tecnostruttura. Il suo obiettivo principale quello di espandersi, o almeno, di mantenere le stesse dimensioni; quindi pi spesso le aziende sadoperano al fine di tenere i prezzi ad un livello che consenti di fare profitti, che nonostante non vengano spinti al massimo raggiungibile, consentono lo stesso alle imprese di fare lauti guadagni, visto lesiguo numero di attori presenti sul mercato. La spartizione del mercato fra questi gruppi fa s che concetti delleconomia classica come la concorrenza, la sovranit nella scelta dei prodotti da parte dei consumatori, la ricerca del massimo profitto e la validit stessa della legge dellofferta e la domanda come meccanismo regolatore della vita economica non abbiano pi senso. Uno degli obiettivi dichiarati dei due volumi scritti da Galbraith proprio quello di sfatare questi miti, oramai datai e il cui uso d una visione errata dei fenomeni economici. 21 Tra il 1950 e il 1996 le spese pubblicitarie mondiali sono aumentate di sette volte, ad un ritmo assai pi sostenuto di quello registrato dalla produzione citazione tratta da Schiller, Dan, I parassiti della vita quotidiana, in Le Monde Diplomatique, maggio 2001, pag. 12.

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tecnostruttura ci dice: La tecnostruttura soprattutto impegnata nella produzione di beni e nel relativo controllo e sostegno della loro domanda. E evidente limportanza del fatto che a tali attivit venga riconosciuta unalta funzione sociale e che quanto maggiore la produzione di beni, tanto maggiore sar il servizio reso alla societ.22 La teconostruttura prende letteralmente le redini dellintera economia, dalla produzione alla vendita, facendosi carico e organizzando tutti i passaggi intermedi, garantendosi la vendita dei prodotti da essa prodotti, ed elevando i miti della crescita, il Pil e la produzione ad un livello quasi religioso (purtroppo lazione propagandistica di questi miti riuscita a far breccia anche tra quelle le forze politiche riformiste o socialdemocratiche di sinistra). E' molto difficile che una grande azienda collochi sul mercato un prodotto di cui non sicura d'avere un successo garantito: e il modo migliore per assicurare il successo dei nuovi prodotti lo diede (e lo d ancora) la massiccia pressione pubblicitaria esercitata sulla societ. Questa pressione si fa particolarmente forte sui ceti inferiori della societ, costretti in questo modo ad inseguire il livello di vita sfoggiato dalle classe superiori e dalle icone del cinema e la tiv, idealizzato a livello di traguardo sociale. Le massicce somme di denaro che riceve dallapparato industriale si uniscono alla disponibilit di un nuovo mezzo, la televisione, con cui in grado di raggiungere i futuri acquirenti direttamente nelle loro case. La potenzialit di sollecitazione al consumo venne amplificata dalla combinazione delle nuove tecniche pubblicitarie coi nuovi mezzi di comunicazione, alimentando tutte quelle storture che col tempo diverranno la regola delle societ industriali avanzate: cos lusura e lobsolescenza pianificate vengono giustificate dalle innovazioni incalzanti della tecnica che costringe a buttar via o cambiare le cose dopo un periodo molto breve, spesso senza sapere perch. Non paradossale che proprio quando la scienza e la tecnica siano al suo apice, i suoi prodotti durino sempre di meno? Questinnovazione nellorganizzazione aziendale arriva in un secondo momento in Europa, spinta in primo luogo dallafflusso di capitali provenienti dallAmerica, derivati dallaumento dei proventi petroliferi e destinati allacquisto di banche e titoli azionari delle maggiori aziende europee (assieme a questi capitali arrivano anche il modello di concepire limpresa e la concezione del ruolo dello Stato negli Stati Uniti, fortemente critici dei livelli di spesa sociale dei paesi europei), e verso la fine del decennio dallondata neo-liberista che porter Margareth Thatcher al governo nel Regno Unito. Nel primo dopoguerra lo Stato gioca un ruolo chiave nella

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Op. cit. Galbraith, Il nuovo stato industriale, pag. 143.

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programmazione economica, con lobiettivo di gestire e coordinare gli sforzi della ricostruzione, ma anche per cercare di dare una risposta ai gravi problemi sociali sorti dopo anni di guerra e distruzioni che minacciavano seriamente la stabilit sociale dei paesi europei (disoccupazione altissima, provvedere a sopperire le richieste di quelle persone che si ritrovavano senza casa, ai mutilati e ai feriti di guerra, alla penuria alimentare ed energetica, alla riconversione dellindustria bellica). In effetti, dopo lintroduzione negli anni 30 nei paesi scandinavi dei primi sistemi di tutela del cittadino in cui lo Stato si assumeva lonore di provvedere allistruzione, alla sanit e alla previdenza in una misura mai vista prima. Nel dopoguerra il testimone fu preso dallInghilterra: il governo socialista che succedette a Churchill introdusse tutte quelle misure e garanzie in favore dei cittadini che poi verranno riassunte sotto il nome di Welfare state, ovvero lo Stato sociale. Lapplicazione di queste tutele negli anni successivi diverr patrimonio comune, con tempi diversi e scegliendo modalit diverse, anche dei paesi dellEuropa continentale. In ogni caso, le differenze del capitalismo europee non arrestano la sempre maggiore integrazione tra le due sponde dellAtlantico, contribuendo a consolidare una delle tendenze tipiche del commercio mondiale, ovvero, limportanza sempre crescente degli scambi commerciali tra le zone pi ricche e sviluppate del pianeta, che col tempo diverranno predominanti. Non arrestano nemmeno la diffusione dello stile di vita americano in Europa, soprattutto delle mode e degli stili di consumo, facendo sentire la sua influenza anche sui paesi del blocco sovietico, per i quali costituiva seppur in maniera minore e in modi diversi un modello da cui attingere. Per quel che riguarda il caso italiano, dobbiamo anche tener conto che la disponibilit di mano dopera abbondante a buon mercato fa s che non ce ne sia bisogno di rinnovare n dammodernare il sistema economico (cio dotandosi di una tecnostruttura e investendo su tecnologie in grado di aumentare la produttivit), rimanendo ancorato per pi tempo alla vecchia figura del padrone dazienda onnisciente e onnipresente. In parte un cambiamento di rotta pu essere notato dopo londata rivendicativa dellAutunno caldo e la crisi energetica, che provocarono rispettivamente laumento del costo del lavoro e delle materie prime. Non fu per una svolta completa poich il sistema industriale italiano prefer prendere delle scorciatoie per aggirare il problema posto dallaumento dei costi di produzione: in primo luogo favorendo il dislocamento di molte lavorazioni in aziende piccole e medie in cui i lavoratori e i sindacati avevano un potere di contrattazione molto pi basso, ci si traduce evidentemente in salari pi bassi. In secondo luogo, svalutando la lira si favorisce lesportazione dei prodotti italiani, queste vanno in soccorso della bilancia commerciale, fortemente penalizzata vista la totale dipendenza energetica dellItalia. 24

La crisi del petrolio del 73 e le sue conseguenze sul mondo capitalista; dopo un trentennio in cui il sistema economia mondiale aveva quasi dimenticato la possibilit della ricomparsa della crisi, ecco che ricompare sotto unaltra veste. Il petrolio ormai diventata la fonte energetica primordiale, surclassando il carbone ed altre fonte denergia dorigine fossile. Grazie allazione combinata dei servizi segreti, e gli interventi diretti, i maggiori paesi industriali serano assicurati le fonti dapprovvigionamento nei paesi arabi tramite la presenza delle compagnie petrolifere americane ed europee, che ottengono profitti elevatissimi, garantiscono un flusso continuo di greggio a basso prezzo a discapito delleconomia di questi paesi, in cui la stragrande maggioranza vive soggiogata da regimi filo-occidentali che si spartiscono le ricchezze prodotte dal sottosuolo. La guerra arabo-israeliana del 73 provoc per la reazione dei paesi produttori che decidono di ridurre la produzione ed allo stesso tempo aumentare i prezzi, sia per tutelarsi dalla perdita di valore del dollaro dopo che questo venne sganciato dalloro nel 71 (legame troppo oneroso per un paese che vedeva crescere lindebitamento pari passo col suo impegno nel Vietnam), sia come rappresaglia nei confronti degli Stati Uniti, il primo e pi grande alleato dIsraele. Ma se guardiamo pi in profondit, laumento del prezzo del petrolio non fu del tutto dannoso per gli Stati Uniti. In effetti, le maggiori compagnie petroliere americane furono i principali beneficiari dellaumento del prezzo del greggio visto che i loro profitti non si ridussero affatto con lo scoppio della crisi, anzi, avvenne proprio lincontrario. Il massiccio afflusso di capitali freschi rese possibile linvestimento nella ricerca e lestrazione di petrolio in quelle zone considerate prima troppo impervie o difficili da raggiungere per giustificare gli investimenti necessari per lavviamento dello sfruttamento dei giacimenti. Le grandi piattaforme petrolifere nel Mare del Nord, nel Golfo del Messico e in Alaska diventano ora gli obiettivi principali su cui puntano le sette sorelle23 e lamministrazione americana, desiderosa di porre fine alla sua dipendenza dal greggio mediorientale. La situazione di continua instabilit nelle zone mediorientali, che continua tuttora in gran parte dovuta al fatto che questi paesi letteralmente galleggiano sulla risorsa pi importante per il sistema economico internazionale.

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Con questo appellativo viene chiamato il cartello formato dalle sette pi grandi compagnie petrolifere a livello mondiale.

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Capitolo secondo

Il consumismo in Italia

Introduzione

Nel primo capitolo ho fatto un excursus sulla storia del consumismo col quale ho cercato di dare le premesse storiche proponendo un primo approccio al nucleo centrale di cui composto questo lavoro, vale a dire, lo sviluppo del consumismo nella cornice del miracolo economico italiano e le conseguenze che esso ebbe sulla societ, prestando particolare attenzione a quelle logiche che faranno rientrare in piena regola lItalia nella societ dei consumi, cercando di descrivere le particolarit nazionali del fenomeno. Il mio interesse s rivolto in particolare al periodo del miracolo economico per le sue valenze come momento di svolta nella vita sociale italiana. Una svolta che per continuer a portarsi avanti tante caratteristiche e zavorre del passato combinandole con la modernit in maniera del tutto particolare, cambiando il volto del Paese.

La situazione economica e politica nel dopoguerra

Leconomia italiana dellimmediato dopoguerra si trova nella stessa disastrosa situazione in cui si trova lintero continente dopo cinque anni di guerra e bombardamenti: penuria di materie prime, impianti e vie di comunicazione distrutti, mancanza di investimenti e di acquirenti, inflazione galoppante provocata anche dallemissione incontrollata delle Am-lire nel Mezzogiorno occupato, altissimi livelli di disoccupazione che peggiorano nel 48 con la politica deflazionistica di Einaudi, colpendo soprattutto i ceti bassi; tutto questo in una situazione economica e politica che non permette di varare quelle misure basiche di welfare capaci di alleviare in qualche 26

modo la penuria e la miseria che al momento imperversavano in tuttItalia. La svolta arriv nel 1948 quando il governo americano approv il varo del Piano Marshall, ovvero, prestiti a fondo perduto e a condizioni vantaggiose per lacquisto di materie prime e macchinari destinati alla ricostruzione e alla ripresa economica dellEuropa Occidentale, e che allo stesso tempo la fecero diventare unappendice di quella americana. Questi prestiti permisero una ripresa degli investimenti nellindustria manifatturiera, che favorita dal basso costo della mano dopera italiana e approfittando della situazione economica internazionale positiva si tradusse in una crescita veloce e decisa, puntando soprattutto sullo sviluppo dellindustria di base e meccanica. Lo sviluppo massiccio del settore industriale dal 48 in poi provoc cambiamenti e stravolgimenti radicali nella societ italiana. Lindustria italiana era nata gi alla fine dellOttocento, concentrata soprattutto a Nord Ovest, con la costruzione delle prime dighe sulle Alpi che diedero la disponibilit di una fonte dapprovvigionamento energetico favorendo la nascita delle prime fabbriche; tuttavia, il settore industriale non arriv mai ad avere le dimensioni raggiunte da altri paesi europei continentali come la Francia, la Germania o il Belgio. LItalia rimaneva sostanzialmente un paese agricolo e arretrato, nel quale erano presenti molte aree in cui i latifondi e sistemi di tipo mezzadrile erano ancora la regola. Larretratezza era anche dovuta al fatto che con la divisione netta del mondo in due blocchi e lingresso dellItalia in quello occidentale, lapprovazione del versamento dei fondi del Piano Marshall allItalia era condizionata dallattuazione di una decisa politica di repressione e dallontanamento dalle strutture dello stato di chiunque fosse sospettato di avere simpatie socialiste o comuniste, nel quadro di un clima di repressione e caccia alle streghe che pu essere benissimo paragonato a quello scatenato negli Stati Uniti dal senatore Joseph McCarthy. Puntualmente, questa repressione vide i momenti di pi intensa esasperazione nei periodi di maggiore tensione tra i due blocchi a partire dalla Guerra di Corea ma non solo; la sua azione si concentr anche nei periodi pi difficili per i governi guidati dalla Democrazia Cristiana,24 come quello scaturito dopo il tentativo di approvazione della legge truffa25 del 53 e ogni qualvolta ce ne fossero manifestazioni di piazza con lintervento brutale e spesso smisurato delle forze dellordine.
Dora in avanti Dc. Unaccurata descrizione della portata di questa legge la troviamo nella prefazione del volume Cera una volta il Pci, a cura di Guido Crainz: La definizione propagandistica tanto efficace quanto fondata, e non inutile ricordarlo oggi. Quel sistema maggioritario che attribuiva il 65% dei seggi al partito o ai partiti collegati che avessero raggiunto il 50% dei voti pi uno era stato proposto dalla Democrazia cristiana proprio perch poteva funzionare solo in una direzione: certamente non a favore delle sinistre (...). Davvero una truffa, dunque: e una truffa volta a confermare e consolidare i tratti di quella
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Sono gli anni della cosiddetta democrazia congelata, in cui una reale alternativa di governo alla Democrazia Cristiana e al centrismo era improbabile e a dir poco impossibile da prospettarsi per varie ragioni: sin dallesclusione del governo delle sinistre nellaprile del 47 si impone nel Paese un clima di scontro generale e di demonizzazione delle opposizioni, in particolare di quella comunista, chiara dimostrazione sul piano politico nazionale dello scontro che al contempo si verifica sul piano internazionale. Parte dei soldi stanziati dal governo americano per la ricostruzione furono destinati al finanziamento dellapparato partitico democristiano e alla propaganda anti-comunista, inoltre, prese piede la pratica del clientelismo politico atta a garantire i consensi elettorali in quelle zone in cui la Dc era meno certa della vittoria. Una pratica che col tempo sintensificher, arrivando a coinvolgere parlamentari, membri di spicco dei partiti di governo e nel 1978, perfino lallora presidente della repubblica, Giovanni Leone, costretto a dare le dimissioni. La diffusione del clientelismo politico e della corruzione saranno particolarmente gravi e dannose per il Mezzogiorno, dove la presenza da lunga data di organizzazioni malavitose di stampo mafioso e di una diffusa cultura del malaffare, le connivenze tra gli apparati dello Stato e noti criminali, le speculazioni e la mancanza di scrupoli da parte dei cosiddetti imprenditori edili, faranno pesare parecchio sulle spalle di una popolazione gi provata da anni di sofferenza e storicamente pi bisognosa daiuti da parte dello Stato centrale. In questa zona dItalia si verificheranno le pi clamorose sperequazioni, sia attraverso gli interventi della Cassa del Mezzogiorno ma anche attraverso il controllo degli appalti.

Il miracolo economico

La crescita economica che si protrae lungo gli anni 50 (in particolare dal 53 in poi, quando vengono raggiunti e superati i livelli di produzione prebellici) porta lItalia ad avvicinarsi alle nazioni di vecchia industrializzazione, riducendo di molto il divario almeno per quel che riguarda la produzione industriale, la ricchezza prodotta ed i livelli di produttivit industriale. Tuttavia, come abbiamo gi accennato prima, non possiamo dire lo stesso per quel che riguarda lapparato statale in s, ancora saldamente legato al
democrazia congelata, di quella violazione sostanziale del dettato costituzionale che abbiamo appena evocato [corsivo suo]. Op. cit. Novelli, Edoardo, Cera una volta il Pci, Roma, Editori Riuniti, 2000, pag. 8.

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passato fascista, pur riconoscendogli qualche piccolo passo in avanti con le riforme agrarie attuate nel 49 dal governo De Gasperi. Nacquero diversi enti locali preposti ad attuare la riforma agraria, attesa da anni in un Paese in cui in lungo e in largo dominavano forme di dominazione che costringevano i contadini a sottostare ai padroni, fossero questi i grandi latifondi del Sud o i mezzadri/fittavoli del Centro Nord. Anche in questo caso, la gestione clientelare degli enti e dellerogazione dei contributi per la pensione e delle mutue portata avanti dalle associazioni collegate alla Dc provocarono evidenti distorsioni nella distribuzione dei finanziamenti e notevoli sprechi di denaro pubblico, penalizzando i possibili effetti positivi e limitando la portata della riforma. Non sar sorprendente notare che da l a dieci anni quelle stesse campagne saranno svuotate dallesodo verso i poli industriali del Nord. Vale la pena citare Crainz per fare un esempio dellapplicazione della riforma nel Polesine: Si vedano i dati dellEnte Delta Padano riguardanti il Ferrarese: a fronte di 4000 famiglie cui sono stati assegnati i terreni vi sono circa 400 dipendenti dellEnte. E qui al 1960 cio pochissimi anni dopo leffettiva presa di possesso il 30% delle prime famiglie assegnatarie ha lasciato il podere, orientandosi in larghissima parte verso occupazione extra-agricole.26 La datazione storica contemporanea ormai daccordo nello stabilire il 1958 come lanno dinizio del miracolo economico. In effetti, questanno vede per la prima volta nella storia italiana gli occupati nel settore industriale sopravanzare quelli del settore agricolo. Soltanto dopo un decennio dal varo del Piano Marshall la geografia del lavoro in Italia stravolta completamente: lindustrializzazione, prima prerogativa soltanto del Nord Ovest si espande scendendo gi per la Val Padana, e comincia anche ad interessare alcune zone dellItalia centrale e centro orientale, in particolare la Toscana, le Marche ed il Veneto, anche se per certi versi solo in maniera marginale ed in alcune zone concentrata quasi esclusivamente nella riconversione dellindustria bellica. Sono gli anni in cui saccentua lesodo dalle campagne povere di tutta lItalia verso i poli industriali del Nord (Milano, Torino, Genova, Bologna). Le periferie delle citt industriali crescono in maniera smisurata e disordinata senza alcun piano regolatore.27 Nascono delle baraccopoli di fortuna in cui mancano i pi elementari
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Crainz, Guido, Storia del miracolo italiano Culture, identit, trasformazioni fra anni 50 e 60, Roma, Donzelli Editore, 2003, pag. 89. 27 Nelloscuro panorama dellabusivismo edilizio negli anni Sessanta si pu segnalare la felice eccezione dello zoccolo duro della sinistra italiana, lEmilia-Romagna per lappunto, come esemplificato da Crainz: Una diversa realt vi infatti nella regione rossa per eccellenza, lEmilia-Romagna, erede della tradizione socialista dei primi due decenni del secolo. Lesperienza avviata a Bologna dopo la Liberazione dal sindaco comunista Dozza si inserisce in un solco solido, anche se il percorso ostacolato in pi forme dal governo centrale. Cfr. Crainz, Guido, Il paese mancato Dal miracolo economico agli anni Ottanta, Roma, Donzelli Editore, 2003, pag. 76.

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servizi, tra cui lelettricit, lacquedotto, la raccolta dei rifiuti, le fognature. Le citt in cui si verifica un precipitoso sviluppo dellindustria non sono preparate per accogliere questa massa di persone e, oltre al verificarsi di fenomeni di discriminazione nei confronti dei nuovi arrivati (non mancano in una citt come Torino, dove lafflusso di meridionale particolarmente importante, cartelli su cui campa la scritta Non si affitta a meridionali), ci sono molti che se ne approfittano della disperata condizione dei nuovi arrivati dando vita a pratiche speculative dogni genere. Come ogni altro fenomeno economico, il miracolo economico nasce dallaccumularsi di una serie di condizioni favorevoli per il sistema economico italiano risalenti al 1948. Abbiamo gi accennato il ruolo degli aiuti americani come prima misura atta a favorire la ripresa e la modernizzazione dellapparato industriale italiano. Per quel che riguarda le misure di casa nostra che fecero da volano allo sviluppo industriale, mi rifaccio di nuovo a Crainz:
E andrebbero visti assieme tre eventi del 1953: la nascita dellEnte Nazionale Idrocarburi voluto da Mattei, cui affidato lo sfruttamento dei giacimenti di metano da poco scoperti nella valle del Po; linvestimento di trecento miliardi da parte della Fiat per la costruzione del nuovo stabilimento di Mirafiori, dalle cui catene di montaggio uscir nel 1955 la Seicento; lapprovazione della legge per lo sviluppo del credito industriale nellItalia meridionale e insulare, primo passo verso quella del 1957 che precisa incentivi e obiettivi di industrializzazione del Mezzogiorno.28

Ecco quindi che si profila la nascita ed il rafforzamento di quelli che saranno i settori trainanti del miracolo ed in generale di tutto il periodo postbellico nellEuropa Occidentale: lindustria meccanica e petrolchimica, col concorso ed il supporto dello Stato, il cui era a sua volta partecipe in prima persona del processo di sviluppo attraverso la miriade dimprese pubbliche o semi-pubbliche gestite dallIri e lEni; oppure attraverso lAnas finanziando la costruzione della rete autostradale senza di cui la motorizzazione di massa non poteva partire; e anche attraverso i dazi doganali che colpivano limportazione dautomobili straniere. A questi fattori vanno aggiunti anche quelli legati alla disponibilit di unelevata quantit di mano dopera a basso costo (lesercito di riserva utilizzando la terminologia marxiana, formatosi analogamente al caso inglese con lesodo di massa dalle campagne, e anche se nel caso italiano non centrano le enclosures, il ripetersi delle dinamiche del capitalismo evidente), cui
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Op. cit. Crainz, Storia del miracolo italiano, pag. 112-113.

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viene richiesta sempre pi produttivit grazie allaumento dei ritmi di lavoro e dello sfruttamento nelle fabbriche. Queste misure combinate ad una politica di contenimento dei salari permisero allItalia dessere molto competitiva a livello internazionale, favorendo landamento positivo delle esportazioni e la bilancia commerciale con lestero: LItalia pot conquistare una posizione competitiva di tutto rispetto nei settori moderni grazie a un rapporto salari-produttivit molto favorevole nel confronto coi paesi concorrenti.29

Dalla societ contadina alla societ affluente30

Il cambiamento a mio parere pi radicale che si verific negli anni del miracolo economico avvenne nella struttura sociale dellItalia. LItalia contadina chiusa e patriarcale, controllata molto da vicino dalla chiesa cattolica e in cui la mobilit sociale era pressoch inesistente, nel volgere di pochi anni vedr lo spostamento di gran parte dei suoi abitanti nelle citt, dove si ritroveranno a vivere in un contesto sociale completamente diverso con regole e abitudini diverse: dovranno far fronte ai problemi della societ industriale di massa, dovranno adeguarsi ai ritmi di lavoro della catena di montaggio che scandiscono la vita delle persone lungo larco di tutto lanno e per essere precisi, lungo larco di tutta la vita; ma, allo stesso tempo, avranno a disposizione nuovi beni e servizi che renderanno la vita delle famiglie molto pi facile, avranno la possibilit di spostarsi con maggiore facilit che in passato, saranno esposti a nuovi stimoli culturali cos come a nuove sollecitazioni e nuove modalit con cui spendere la maggior quantit di denaro reso disponibile dal lavoro salariato e dalla crescita economica impetuosa. Il desiderio di riscatto dalle condizioni di miseria in cui versavano larghi strati della popolazione si fece pi che mai pressante con la fine della guerra e la caduta del fascismo. Le speranze di cambiamento e rinnovamento sollevate dal nuovo assetto

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Maione, Giuseppe, Spesa pubblica o consumi privati?, in Italia Contemporanea, numero 231, giugno 2003, pag. 189. 30 Col termine societ affluente od opulenta ci riferiamo a quel tipo di societ nata tra le due grandi guerre negli Stati Uniti, caratterizzata dalla diffusa disponibilit di prodotti di consumo industriali sempre pi differenziati attraverso le marche e la creazione di nuove mode e stili. Essi sono disponibili in quantit sempre pi abbondante anche per le classi meno abbienti, e dal loro acquisto e produzione dipendono in gran parte la crescita e lo sviluppo economico. Mi soffermer pi a lungo su queste tematiche nel terzo capitolo di questa tesi.

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politico fecero sperare in un mutamento della situazione doppressione, favorendo il cambiamento nei rapporti di forza tra la classe lavoratrice (qui compresi i braccianti, gli operai, i mezzadri, ecc.) ed il padronato. Lo Stato non poteva pi disattendere le richieste di una popolazione stremata da cinque anni di guerra e privazioni, per di pi esasperata dal protrarsi dantichi riti, soprusi e sopraffazioni nei luoghi di lavoro che non permettevano il miglioramento delle qualit della vita nemmeno in tempo di pace. La modernit bussava alla porta degli italiani, ed essi non erano intenzionati a farla aspettare fuori. Coloro che non scelsero la strada dellemigrazione verso lestero (ed erano ancora in tanti a farlo, nemmeno la crescita economica verificatasi prima e durante il miracolo riuscir a fermare questa tendenza) dovettero fare i conti col fallimento della riforma agraria, costatando amaramente che poco era cambiato rispetto al passato. Anzi, in un certo senso si pu benissimo dire, senza timore desagerare, che lo stato di cose era rimasto pressoch invariato: alle sofferenze della vita quotidiana saggiungeva la disillusione per una democrazia che per il demos faceva ben poco. E non solo, a questi fattori si aggiunge lavanzare sempre pi incalzante della meccanizzazione nelle campagne, che lascia senza lavoro intere famiglie di braccianti, costringendole quindi a lasciare le loro tradizionali occupazioni e modi di vita. La diffusione sempre pi capillare dei mezzi di comunicazione di massa in ogni caso portava agli occhi degli italiani la promessa di trovare altrove la possibilit di costruirsi una vita nuova che gli era negata nel paesino nato. Prima dellavvento delle trasmissioni televisive, elemento che giocher un ruolo chiave nelle profonde trasformazioni degli anni 50 e 60, il fotoromanzo sar portatore dimportanti novit proponendo nuovi modi di rapportarsi tra i sessi e non solo, arrivando anche nelle borgate pi sperdute dellItalia contadina.31 Genere dinvenzione italiana, poi esportato nel resto del mondo, il fotoromanzo conoscer una larghissima diffusione negli anni del dopoguerra, soprattutto tra il pubblico femminile. Spesso ingiustamente criticato con laccusa dessere portatore di falsi valori e promesse, contrari alla morale cristiana per alcuni, mezzo per la diffusione dellamericanizzazione delle masse per qualcun altro. E se non viene criticato duramente, passa completamente inavvertito, snobbato dalle pubblicazioni critiche dellepoca. Il fotoromanzo fece vedere a tantissime donne, per la prima volta, nuovi orizzonti di vita in cui poter indirizzare il loro futuro, facendole
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Unaltra prova della popolarit che ebbe il fotoromanzo tra il pubblico femminile ce la fornisce la circolazione del fotoromanzo anche al di fuori dellItalia, nelle zone interessate dallemigrazione (perfino in quelle extra-europee), come la citt di Resistencia, nella Repubblica Argentina, in cui le donne italiane leggevano e si scambiavano tra di loro intensamente Grand Hotel (Testimonianza fornita da Mariutte Zuttion in Driutti tramite suo nipote Artenio Driutti, padre dellautore di questa tesi).

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capire che avevano il diritto di pensare con le loro teste, uscendo finalmente dai vecchi ruoli che volevano una donna sottomessa entro le mura domestiche. Nella trama di estasi e formalismi che la formula modernista-americaneggiante delle tre testate classiche, passa un modello che nellItalia degli anni Quaranta e Cinquanta non affatto universalmente accettato, il matrimonio damore come valore cui devono inchinarsi interessi familiari e convenienze sociali: non la rivoluzione, ma un passo verso il cambiamento32, e Difficile non vedere in questa sintonia accusatoria anche una questione di genere sessuale: si tratta di giornali destinati alle donne e letti in massa dalle donne, che in Italia sono ancora considerate labili minorenni a vita33 e finalmente (...) nelle campagne povere e poco alfabetizzate, leggere Grand Hotel significa aspirare alla promozione culturale, allautonomia, a qualche spicchio di modernit.34 Non bisogna dimenticare che soltanto nel 1956 le donne saranno ammesse nelle Corti dassise e nei tribunali per i minorenni (e sollevando anche aspre polemiche da parte del governo e degli interessi di ceto presenti allinterno del corpo dei magistrati), e bisogner attendere addirittura fino al 1968 perch la Corte costituzionale stabilisca che ladulterio da parte della donna non costituisce reato. Possiamo senzaltro affermare che il mezzo che pi di tutti port le immagini della tanto agognata modernit ed insieme ad esse la voglia di cambiamento in ogni angolo dItalia fu la televisione. Proprio la concretezza e la chiarezza delle immagini che arrivavano nei bar (prima della comparsa in tutte le case degli apparecchi Tv negli anni 70, la gente si radunava nei bar, nelle osterie, nei circoli per guardare le trasmissioni) di tutta Italia portando esempi di nuovi stili di vita, di nuovi modi di concepire i rapporti sociali, di concepire la sessualit, di consumare, di avere, insomma, la prospettiva di una vita migliore lontano dallombra del campanile e dalla sorveglianza di padroni e preti. La Rai comincia le trasmissioni nel gennaio del 54, subendo una stretta sorveglianza e censura da parte della Dc; infatti, sono i preti delle piccole parrocchie nelle campagne, in stretto contatto con la popolazione, i primi a rendersi conto della capacit di stravolgere la realt sociale immobile delle campagne insita in questo nuovo mezzo. Ai fini dillustrare la capacit di sconvolgere gli assetti sociali e limmaginario delle campagne della tiv, riporto un brano tratto dalla Storia del miracolo, che riporta unintervista a un contadino comparsa in un programma dedicato al modo in cui gli italiani guardano la televisione: Poi ad un anziano
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Bravo, Anna, Il fotoromanzo, Bologna, Il Mulino, 2003, pag. 84. Op. cit. Bravo, Il fotoromanzo, pag. 109. 34 Op. cit. Bravo, Il fotoromanzo, pag. 110.

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contadino viene chiesto qual lo spettacolo pi bello della televisione, e lui risponde, un po in dialetto: Il bacio, il bacio in pubblico... perch si vede che non peccato, si pu fare....35 Pur essendo una tiv scevra di contenuti culturali di qualsiasi tipo, in cui facevano piazza pulita il balletto del sabato sera e lascia o raddoppia?, dove non cera nemmeno il pi piccolo spazio per le opposizioni (o una qualsivoglia critica alloperato del governo) e in cui le prime tribune politiche compariranno soltanto quasi un decennio dopo lavvio delle trasmissioni (nel 1960), la sua importanza nellinnescare i primi sommovimenti del mondo contadino innegabile. C anche da segnalare che il modello dominante presentato dalla tiv di quegli anni quello di un mondo quasi mitico di felicit, benessere e opulenza, uno spaccato miticizzato di unItalia democristiana e perbenista, una visione imbonitrice e fasulla della realt italiana ai tempi del miracolo. Dallaltra parte dello schermo si nascondono agli occhi della povera gente le insidie della societ moderna, proponendo soltanto un modello di societ senza incrinature, a cui tutti sarebbero in grado arrivare, trascurando allo stesso tempo di presentare la dura realt della vita nelle coree36 e del lavoro industriale, con cui gli emigranti dovevano fare i conti quando arrivavano in citt. Un altro elemento che aiuta ad aumentare il potenziale di suggestione della tiv fu la comparsa, nel 1957 (e andr in onda fino al 1977), dei primi spot pubblicitari, allinterno della trasmissione Carosello, che anche se venivano limitati al codino iniziale della trasmissione e non avevano ancora quei connotati dinvasivit tipici della pubblicit odierna, hanno giocato un ruolo non marginale nella presentazione di nuovi prodotti e stili di vita. Probabilmente, il fatto che la pubblicit fosse limitata solo alla parte iniziale della trasmissione seguita poi da un cartone o una scenetta, ha fatto s che limpatto sui telespettatori della propaganda commerciale venisse in qualche modo ammorbidito, attenuando il primo approccio del pubblico italiano con la pubblicit. Questo tipo format godette di molto successo nei primi anni della televisione, soprattutto tra i pi piccoli, segnando indici di ascolto da capogiro, in futuro diventati avidi consumatori dimmagini televisive, dei prodotti in essa pubblicizzati e subiranno non poche influenze dai modelli proposti dalla tiv. La comparsa di un determinato prodotto in una pubblicit televisiva ne determina il successo; la sua bont e la sua superiorit rispetto agli altri prodotti sono confermate dalla sua comparsa sullo schermo televisivo. La televisione diventa anche un mezzo efficace per presentare i nuovi prodotti della societ industriale (siano essi alimentari, mobili per larredamento, accessori ed apparecchi per
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Op. cit. Crainz, Storia del miracolo economico, pag. 101. Cos furono chiamate le periferie delle citt cresciute a dismisura e disordinatamente, caratterizzate dalla mancanze dei pi elementari servizi , dallinsalubrit e dal sovraffollamento.
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la casa, ecc.), sconosciuti agli occhi di una popolazione che fino ad allora era abituata ad acquistare il minimo indispensabile. Lintroduzione delle differenze di marca trova un terreno pi fertile in tiv che negli altri mezzi di comunicazione, e pur avendo una diffusione ridotta nei primi anni, la capacit di fondere suoni ed immagini in un messaggio pubblicitario sar la carta vincente del nuovo mezzo (non a caso al giorno doggi la tiv in pratica monopolizza il mercato degli introiti pubblicitari, raccogliendo pi pubblicit di tutti gli altri mezzi messi insieme). I nuovi arrivati nelle citt e nella societ di massa venivano tempestati dagli svariati stimoli provenienti dalla pubblicit,37 con i nuovi prodotti che trovavano spazio in anchessi nuovi modi di distribuzione dei beni. Dagli Stati Uniti arrivarono i supermercati e con questi un modo completamente nuovo di concepire gli acquisti. I consumatori entrano in contatto diretto con le merci profusamente esposte lungo gli scaffali, viene meno la mediazione ed il senso di distacco tra le merci e gli acquirenti provvista dal bottegaio e dal bancone del negozio tradizionale. Si crea un rapporto vis--vis tra le merci e la persona, non pi unaltra persona a mediare la scelta del prodotto, spetta solo allindividuo di decidere non solo cosa comprare (dato presumibilmente noto in partenza), anche se non lo si pu dare sempre per scontato, le merci sono disposte allinterno del supermercato spesso in maniera poco chiara e non sempre seguono un ordine logico. Ci non dovuto al caso o a impiegati poco attenti alle regole dellazienda, infatti, pi tempo la gente costretta a districarsi tra gli scaffali in cerca di un determinato prodotto e pi aumentano le probabilit di essere stimolati e spinti ad acquistare cose che uno non simmaginava nemmeno quando era entrato dentro al supermercato. Qui entra in gioco soprattutto il meccanismo della pubblicit, che indirettamente condiziona il subconscio dellacquirente: chi non ha sperimentato, entrando in un supermercato, al guardare un determinato prodotto, di ricordarsi della sua pubblicit o di certi aspetti appariscenti attinenti ad essa come il colore, la forma, un motto particolare abbinato al marchio, ecc. Lesplosione di questo fenomeno si avr con la comparsa, verso la fine degli anni 70 delle emittenti private, in cui la totalit dei finanziamenti arriva dagli introiti pubblicitari. La pubblicit si ritaglia cos uno spazio maggiore nelle trasmissioni, diventando il perno su cui si muove il mondo televisivo, sia pubblico che privato. Parlando di questo periodo e dellaffermarsi di nuovi stili di consumo, Crainz sostiene: La corsa ai consumi assume di nuovo i ritmi degli anni sessanta: accentuando il valore
Presto venne sfruttata dalla pubblicit la memoria del tempo ciclico contadino per inserire in questa scansione temporale prodotti e comportamenti di consumo tipici della civilt industriale, divenendo simboli delle scadenze religiose o mondane. Per elencare qualche esempio, basta vedere i nuovi comportamenti sociali e di consumo riguardanti le diversi occasione in cui diventa un obbligo fare dei regali, oppure lelevazione a consumo nazionale di certi prodotti prima solo di zone determinate del territorio, come ad esempio il panettone.
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di status symbol di essi, dilatando il peso e il ruolo della dimensione simbolica del benessere, con i suoi idoli e le sue icone. (...). E un fenomeno accentuato dal peso crescente dei messaggi pubblicitari e dai modelli che essi propongono: veicolo importante di questo dilagare il prepotente affermarsi proprio in questo periodo delle televisioni commerciali.38 Il ceto che pi di tutti sub lattrazione di questo nuovo mondo fu quello giovanile; non cera pi ragione per cui continuare a soffrire la miseria e a sopportare limmobilit sociale subita dai loro antenati. I giovani sono uno dei ceti pi dinamici e pi rappresentativi dei mutamenti in corso nella societ italiana del miracolo. Per la prima volta trovano uno spazio proprio nella societ, si verifica sempre di meno il passaggio diretto dallinfanzia allet adulta caratteristico della civilt contadina; i giovani scoprono questa tappa intermedia grazie anche al prolungamento del tempo trascorso a scuola39 che aiuta loro a scoprirsi come gruppo differenziato dagli altri. Nascono nuovi spazi daggregazione dediti esclusivamente agli adolescenti, in cui le differenze di ceto se non scompaiono, vengono in gran parte attutite dalla condivisione delle stesse preferenze dabbigliamento e gli stessi consumi culturali. La scelta di determinati tipi di prodotti e stili aiutano la definizione di questa nuova comparsa nello scenario della societ italiana, che trovava ora la possibilit di definirsi e mostrarsi in virt dellimportante crescita demografica verificatasi nellimmediato dopoguerra (il cosiddetto baby boom) e utilizzando i mezzi messi a loro disposizione dal mutato assetto sociale (la vita nelle grandi citt) ed economico (i nuovi beni messi a loro disposizione dalla societ industriale). Sar su di loro che lamericanizzazione diverr pi evidente: i flipper ed i juke-box non mancavano mai nei luoghi di ritrovo dei giovani. Il cinema americano, il cui acquisto e diffusione a quote fisse venne imposto alla fine della guerra, porter molte novit che subito troveranno riscontro tra gli adolescenti italiani; per citarne alcune: il rock and roll, i jeans, la diffusione del
Op. cit. Crainz, Il paese mancato, pag. 592. Unaltra conferma dellimportanza acquisita dalle tiv commerciali ce la daranno le elezioni politiche del 94. Limprenditore televisivo Silvio Berlusconi, dopo la sua scesa in campo un anno prima, ottenne la vittoria guidando una coalizione di centro destra, facendo leva sulla sua estraneit ai misfatti della Prima Repubblica, proponendosi agli elettori come una istanza di rinnovamento dellormai logoro apparato di potere. Paradossalmente, fu proprio grazie alla struttura di potere di quella Prima Repubblica che Berlusconi riusc a consolidare la posizione di dominio della sua azienda stabilendo, di fatto, la nascita del duopolio. 39 La scuola media unificata e obbligatoria fu introdotta nel 1962, cancellando finalmente la distinzione tra la scuola media inferiore e la scuola davviamento professionale. Una delle poche, se non lunica pagina felice della stagione riformista dei primi anni Sessanta, la cui portata purtroppo venne azzoppata dal mancato avvio di una riforma del sistema scolastico nel suo complesso. Gli anni Cinquanta e Sessanta vedono un marcato aumento delle iscrizioni alle scuole medie superiori e alluniversit, e anche della durata complessiva della permanenza degli alunni nelle strutture scolastiche, pur caratterizzate da un elevato tasso dabbandoni che colpivano prevalentemente gli allievi dei ceti bassi.
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consumo della gomma da masticare, e cos tanti altri. Lentamente cominciano a diffondersi anche nuovi metodi anti-concezionali che cambiano il modo in cui concepito il rapporto tra i sessi. Queste manifestazioni dadesione a modelli e consumi americaneggianti; il maggiore interesse per la ricerca di nuovi luoghi dincontro e divertimento fuori delle strutture tradizionali proposte dalle due subculture di massa (cattolica e comunista) non ci deve indurre a stilare ipotesi affrettate sulla condizione della giovent bruciata e qualunquista, come venne chiamata da qualcuno, nel classico tentativo di scaricare sui giovani colpe e mancanze degli adulti, dimenticando che essi non sono un elemento estraneo alla societ in cui vivono, bens sono il riflesso dei vizi e delle virt di un determinato periodo storico. Proprio dai giovani nasceranno le spinte che porteranno poi alla contestazione profonda e radicale del sistema, sia dai giovani operai che non volevano pi subire passivamente lostilit della fabbrica, sia dagli studenti liceali e universitari che contestavano larretratezza e linadeguatezza del sistema scolastico ad una realt sociale profondamente cambiata. Non a caso le contestazioni del 68 e dellAutunno caldo vedranno la partecipazione massiccia degli studenti accanto agli operai, non solo con il loro coinvolgimento nei cortei e nelle occupazioni, ma anche nel ruolo di promotori di nuove e originali forme di lotta e dincontro tra i movimenti.

Particolarit della societ dei consumi nellambito del miracolo economico

Diversamente da ci che avvenne nelle societ degli altri paesi industrializzati, in particolar modo gli Stati Uniti, dove la nascita della societ dei consumi avvenne qualche decennio prima che nellEuropa Occidentale, in Italia c un intreccio particolare tra lesperienza di vivere in una grande citt e subire il fascino e lattrazione dei nuovi consumi che coincide con loccasione di milioni di persone di trovare finalmente risposta alle esigenze di una migliore condizione di vita, intesa in tutti i sensi. Vuol dire che la nascita della societ dei consumi si produsse in un momento storico in cui per la prima volta la popolazione intravedeva la possibilit di soddisfare i pi elementari bisogni insieme ai desideri di riscatto sociale e morale attesi da lungo tempo. Volle dire non solo poter guadagnare di pi, ma anche poter mangiare meglio, poter vestirsi meglio, poter spostarsi liberamente, poter mettere su famiglia in un

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ambiente adeguato e ricevere adeguata assistenza sanitaria e istruzione. Queste esigenze vennero per a cozzare da un lato con la dura realt delle periferie industriali e del lavoro in fabbrica, da un altro, con lincapacit dello Stato centrale nel gestire i consumi pubblici, pi che mai necessari in un periodo di forte mobilit sociale che vedeva la concentrazione di un numero sempre pi elevato di persone nei tessuti urbani delle citt, col conseguente aumento dei compiti e le responsabilit di gestione della pubblica amministrazione. Le pi gravi mancanze dello Stato risiedono non tanto nel mancato intervento o nella mancata disponibilit di finanziamenti, bens nelle modalit scelte per realizzare tali interventi. Una volta date queste premesse possiamo capire il perch di certi orientamenti nei consumi degli italiani, come ad esempio nel caso della motorizzazione di massa, prima con laumento del numero delle moto, e poi con unespansione fortissima del settore auto (che porter in futuro a raggiungere il rapporto pi elevato di automobili per abitante al mondo, superando persino gli Stati Uniti). Questa partiva dallesigenza di maggiore mobilit delle persone (in particolare dei giovani, ma non solo), da una parte, nelle zone rurali con lo scopo di raggiungere i centri abitati pi grandi nelle giornate libere, che fungono da punti di riferimento in cui si pu cambiare aria, trovarsi con altre persone della stessa fascia det, divertirsi, spezzare limmobilismo secolare delle campagne. Dallaltra, in citt, il possesso di un mezzo di trasporto privato serve a coprire i vuoti lasciati da un sistema di trasporto pubblico inadeguato alle nuove dimensioni delle citt ed ai bisogni della gente che deve raggiungere il posto di lavoro e spostarsi da una parte allaltra della citt. A questi fattori possiamo anche aggiungere limportanza che ha un mezzo di trasporto privato (in particolare per quel che riguarda lItalia dove gli investimenti nelle ferrovie furono e lo sono ancor oggi notevolmente trascurati in favore di quelli per la costruzione del sistema autostradale) per il godimento di una delle novit pi importanti della societ opulenta: il tempo libero e le vacanze. Lindustria del turismo di massa nasce proprio in questo frangente, con laumento esponenziale delle presenze nelle strutture alberghiere40 e nei campeggi, nasce e simpone su tutte le altre la moda delle vacanze al mare, ma ogni occasione buona per una scampagnata o una gita breve. Da essere unesclusivit delle classi pi agiate, il turismo e i viaggi diventano unesperienza alla portata di quasi tutti, e a questo concorrono non solo la riduzione dellorario di lavoro con lintroduzione della settimana corta e le vacanze; sono anche uno dei pochi modi a disposizione per uscire dalla monotonia e la noia caratteristiche del lavoro in fabbrica o
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Questo fenomeno alimenter purtroppo lespansione dellabusivismo edilizio nelle localit di villeggiature delle coste italiane, in particolar modo nelle regioni del Sud, dove si verificheranno gli scempi del paesaggio pi clamorosi.

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in ufficio. Vi si possono ritrovare in questi due casi, la motorizzazione ed il turismo di massa, le spinte che nascono dal desiderio di raggiungere uno status, una maggiore visibilit sociale, accentuandola attraverso lo sfoggio di una certa vettura, nota per le sue particolari qualit sportive; oppure facendo vedere agli amici le foto di una vacanza in un luogo esotico. Tuttavia, unanalisi del genere non pu essere applicata che ad una piccola percentuale della popolazione. Lacquisto di unautovettura utilitaria per la maggior parte delle persone imponeva notevoli sforzi economici alle famiglie, e quelle che sono in grado di permetterselo spesso sono costrette a ridimensionare le altre spese, in qualche caso anche quelle alimentari (di per s non elevatissime in questo periodo, in cui per la prima volta possibile disporre di proteine in quantit adeguate nella dieta di ogni giorno). Ci sarebbe da chiedersi il perch di questo comportamento, perch scegliere di privarsi di certi consumi basici pur di poter acquistare un bene durevole, il cui costo pesa parecchio sul bilancio familiare? Possiamo ipotizzare diversi motivi: la ricerca di status, il sopperire alle mancanze del trasporto pubblico per coprire le necessit basiche di mobilit, la maggiore disponibilit di credito al consumo, le conseguenze delle sollecitazioni pubblicitarie che trovano un terreno particolarmente fertile in una popolazione che ha subito per lungo tempo privazioni dogni genere. Ci sono due linee di pensiero principali che cercano di dare una spiegazione dellandamento dei consumi nel dopoguerra: la prima afferma che c stata una netta predilezione per i consumi privati, anche di beni piuttosto costosi (opulenti) per il reddito medio dellepoca a scapito di consumi pi essenziali; la seconda, invece, cerca di confutare questipotesi mettendo a risalto il fatto che comunque i consumi di beni durevoli in Italia restavano inferiori alla media europea, e che lentit dellintervento pubblico non era da trascurare: lintervento pubblico, assieme a una politica di tassazione che bersagliava pesantemente i consumi opulenti favorivano il risparmio (pi alti in Italia che negli altri paesi europei), fondamentali per permettere allo Stato dinvestire nella spesa pubblica e nelle aziende controllate attraverso i diversi enti.41 Crainz a sua volta, propone una mediazione fra queste due correnti, non confutando una per favorirne unaltra, bens le fonde cogliendo gli aspetti fondamentali messi in evidenza dalle diverse teorie: Proprio perch il punto di partenza era basso, quegli indici hanno un significato rilevantissimo: la rapidit con cui nuovi consumi si affermano insieme alla soddisfazione di antichi bisogni incide in profondit nella vita e nellimmaginario collettivo del paese. E la possibilit di accedere ai nuovi consumi elemento altrettanto forte dellaccesso effettivo ad essi.42 Ed qui che entrano in gioco
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E questa la tesi di Giuseppe Maione nel suo articolo Spesa pubblica o consumi privati?. Op. cit. Crainz, Storia del miracolo economico, pag. 134.

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tutte quelle dinamiche che fanno capo alle nuove pratiche di sollecitazione al consumo tipiche delle societ industriali di massa, puntando sulla creazione di nuovi bisogni attuata dalla pubblicit favorisce la nascita del desiderio di consumare anche in quelle persone che non hanno una disponibilit economica tale da permettere loro laccesso ad un determinato bene. E nel caso italiano, come ricorda Crainz, anche molto importante il peso dellimmaginario e della carica ideale intrinseca a certi prodotti (e insieme a questi la capacit di raggiungere un livello di consumi pi elevato). Non sar marginale il ruolo che queste spinte avranno nellaumentare la capacit dattrazione delle citt (nellimmaginario dellepoca, il luogo per eccellenza in cui risiede la modernit e lemancipazione dalla miseria), facendo s che la gente sopportasse privazioni e in molti casi un lavoro non affatto soddisfacente perch convinta che ci gli avrebbe permesso in futuro di godere una qualit di vita migliore.
Indubbiamente il benessere possibile, prima ancora di quello reale, innesca meccanismi rilevanti di consenso al sistema nel suo insieme e fonda un nuovo modello di nazionalizzazione basato sulle aspettative crescenti. Inoltre, nel momento in cui si rompe un orizzonte basato rigidamente su bassi redditi e bassi consumi prende corpo un elemento centrale, che ha comunque una carica liberatoria: la soggettivit. Per questa via, i consumi diventano sempre pi il prodotto di un modello culturale in senso forte: di sistemazione dellesperienza individuale e di orientamento delle sue scelte.43

In questa prospettiva sinserisce lanalisi della societ dei consumi fatta da Baudrillard nel suo famoso saggio Il sistema degli oggetti, in cui sostiene che la relazione tra persone e oggetti mediata dalla presenza di un sistema di significati e segni intrinseco alle merci (in analogia con la scienza semiotica). Questo concetto chiaramente sintetizzato da Sassatelli: I consumatori non consumano insomma specifici oggetti per rispondere a concreti e specifici bisogni, ma segni che sono parte di un sistema culturale che sostituisce un ordine sociale di valori e classificazioni a un mondo contingente di bisogni e piaceri.44 Luniverso di segni in relazione agli oggetti, oltre ad essere presente nel vissuto personale, viene caricato di nuovi significati grazie allazione della pubblicit e dei nuovi modelli di vita da essa presentati. La somma delle distorsioni nellimpiego dei soldi pubblici e linadeguatezza delle istituzioni di fronte allavanzare dirompente della nuova societ, reticenti ad

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Op. cit. Crainz, Storia del miracolo economico, pagg. 134-5. Sassatelli, Roberta, Consumo, cultura e societ, Bologna, Il Mulino, 2004, pag. 110.

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affrontare qualsiasi tentativo di riforma e modernizzazione, aggravarono le mancanze gi piuttosto gravi sul terreno della spesa pubblica. Queste mancanze crebbero in maniera esponenziale durante il miracolo economico, e riguardavano in particolare un bene fondamentale qual la casa. La presenza dello stato nel settore edile pressoch inesistente di fronte alla crescita della domanda che si registra con lafflusso di un gran numero di persone nelle citt, per la prima volta in grado di possedere un immobile, e senzaltro particolarmente bisognose di averlo considerando le dimensioni dellesodo dalle campagne. Si aggiungano a questo i piani regolatori inesistenti o nei casi in cui esistevano, le amministrazioni erano pronte a sanare qualsiasi irregolarit: labusivismo cresce e salimenta soprattutto dal bisogno di possedere una casa. Le mancanze dello stato in questo caso si riveleranno particolarmente rovinose, poich oltre a favorire lillegalit e la speculazione edilizia a danno degli acquirenti e dei comuni, contribuisce allarricchimento di pochi imprenditori poco attenti alla qualit dei fabbricati (nascono i palazzoni e gli alveari delle periferie), al rispetto dei diritti dei lavoratori (ledilizia conosce da sempre tassi molto alti dinfortuni sul posto di lavoro) e non meno importante, incentiv il deturpamento e linquinamento dellambiente. Col passare degli anni, la pratica dellabusivismo e della speculazione edilizia arriveranno ad interessare i litorali e in genere quasi tutte le localit di villeggiatura interessate dal turismo di massa: nuovi alberghi, villaggi turistici, seconde case, tutti bocconi molto ghiotti per gli imprenditori del mattone. Infine, unaltra particolarit dellaffermarsi della societ dei consumi in Italia lo si pu trovare nelle differenze tra quelle zone pi dinamiche dal punto di vista economico, ossia il Centro Nord, e il Sud, dove lunico elemento di novit che si pensa possa distribuire i frutti dello sviluppo economico consiste nella presenza di qualche mega-impianto siderurgico o petrolchimico finanziato dalla Cassa del Mezzogiorno. Proprio lestraneit di queste tipologie dintervento statale rispetto alla situazione di partenza delleconomia meridionale, votata prevalentemente allagricoltura, far s che le differenze, di per s gi molto consistenti, crescano ancora. Le differenze di reddito col Settentrione, la persistenza di forme dorganizzazione agricole arretrate in cui la maggior parte della forza lavoro era costituita da braccianti sottopagati, la mancanza di un settore industriale capace di raccordarsi con le vocazioni economiche storiche del territorio e la disoccupazione che ne consegue ostacoleranno lavanzare di quella societ dei consumi, per certi versi gi consolidata al Nord. Questo costituir anche un altro elemento che spinger tante persone ad emigrare e alimenter anche un diffuso senso dinsoddisfazione e smarrimento. La tiv e le testimonianze di tante persone che se 41

nerano gi andate portarono agli occhi dei meridionali la consapevolezza dellesistenza nel Paese di zone in cui il benessere non era pi un miraggio, alimentando lo scontento di ampi settori della popolazione. Una manifestazione di questi sentimenti di sconforto la si pu ritrovare nello scoppio della rivolta generale nella citt di Reggio Calabria nel 1970, provocata dalla contesa con Cosenza per la scelta del capoluogo regionale, ma al cui interno confluiscono tutte quelle situazioni di disagio presenti nel territorio: la disoccupazione, la mancanza di prospettive per il futuro se non quella di prendere la via del Nord, la diffusa criminalit, la presenza di una classe politica corrotta che si d da fare solo in vista delle scadenze elettorali, ma anche questioni prettamente localistiche come la disputa per la scelta della sede universitaria regionale.

Il ruolo dei partiti

Volgendo lo sguardo sui due mondi che caratterizzano la scena politica italiana in quegli anni, possiamo segnalare che, in modi diversi, entrambi erano impreparati allimpatto col boom economico e le sue conseguenze. La sinistra conservava ancora una chiave di lettura catastrofista dellavvenire del capitalismo in Italia e nel mondo, rifiutandosi di vedere i segnali di cambiamento e di progressivo adattamento che esso mostrava da diversi anni e che lavrebbero portato a crescere in maniera ininterrotta fino al 73. Chiudendosi in questa visione, la sinistra non riusc, innanzitutto, a cogliere la portata dei mutamenti in corso nella societ, non essendo in grado di capire i desideri e le speranze dei propri elettori e/o iscritti. Col passare degli anni, costretta comera a stare in una posizione difensiva nei confronti dei partiti della maggioranza, senza la prospettiva di arrivare a governare il Paese (ci vale in particolar modo per il Pci), non riusc nemmeno a darsi un impianto programmatico capace di proporre delle alternativa ai governi centristi, n a dare delle proposte soddisfacenti per affrontare i problemi sempre pi assillanti che si vennero a creare negli anni del miracolo economico. Credo il maggiore sbaglio delle analisi prodotte dalla sinistra dallora sia stato quello di confondere molti dei desideri di riscatto e le richieste di miglioramento della qualit della vita venute dalla gente con una cieca adesione allo stile di vita americano. Ci era vero per taluni atteggiamenti, come per esempio lacquisto di unautomobile, ma non si pu dire la stessa cosa per altri consumi che alleggerirono il carico di lavoro delle donne dentro le mura domestiche, alleviando e

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riducendo il tempo necessario per sbrigare le faccende quotidiane, aiutando la loro emancipazione e permettendo loro di acquisire un ruolo pi attivo nella societ. Allinterno del dibattito interno del Pci, spesso le chiavi di lettura della nuova fase del capitalismo sviluppatasi dopo gli accordi Bretton Woods del 44, in particolare quelle proposte dai membri della Scuola di Francoforte (molti dei quali emigrarono negli Stati Uniti dopo la presa del potere da parte del partito nazionalsocialista in Germania), e mi riferisco in particolare al consumismo, non vennero neppure prese in considerazione se non da voci isolate, puntualmente taciute con le solite accuse di qualunquismo. La stessa visione della centralit del partito nella vita politica fu la causa di quel distacco dai movimenti avvenuto nel 68, favorendo la nascita della sinistra extraparlamentare, in cui confluirono gli elementi pi politicizzati del movimento. Un altro elemento di distacco del partito dalla nuova realt politica in fermento lo diede la repressione attuata con le truppe del Patto di Varsavia del movimento di rinnovazione del comunismo prima in Ungheria e poi in Cecoslovacchia . Liniziale scostamento da quella azione repressiva e le voci di dissenso (tra laltro molto deboli) non furono seguite da un vera analisi critica della democrazia nei paesi del socialismo realizzato e dei rapporti tra il Pci e il Pcus che rimasero in sostanza immutati. Fu il colpo di grazia inflitto allimmagine e al mito dellUnione Sovietica (di per s incrinato dopo i fatti del 56 in Ungheria), non pi visto come il paese guida nella lotta al capitalismo, baluardo della rivoluzione, da parte dei giovani. Una conferma di ci ce la d il sostanziale crollo delle iscrizioni alla federazione giovanile del partito, che scende ai minimi storici proprio nel 68, pur essendo gli anni di maggiore coinvolgimento in politica dei giovani. Guardando anche il numero degli iscritti al partito, si consolida sempre di pi quello scarto tra elettori e iscritti al partito: il numero di elettori rimane pressoch invariato e anzi, subisce un leggero incremento di elezione in elezione (il numero di elettori del Pci crescer in continuazione fino al 1979) ma al contempo il numero degli iscritti cala visibilmente. Viene a mancare quel legame stretto tra il partito e le sue strutture periferiche che coinvolgevano e coordinavano lattivit del popolo comunista. Per vedere una vera proposta politica per il cambiamento, allaltezza dei tempi, bisogner aspettare fino a met anni 70, quando Berlinguer (nel contesto dei governi dunit nazionale che per la prima volta videro il coinvolgimento dei comunisti, seppur limitato, nellazione di governo), constatando la gravit della crisi energetica e del modello di sviluppo dei due decenni passati propone la politica dellausterit. Le sue linee guida in sostanza criticavano la diffusione del consumismo, il culto del denaro e la crescita economica totalmente dipendente da fonti energetiche inquinanti, la cui importazione era parecchio onerosa per lo Stato e quindi per i cittadini, soprattutto per coloro i quali 43

avevano uno stipendio fissato da un contratto e dunque venivano penalizzati pi degli altri dalla crescita dellinflazione. Purtroppo, anche in questo caso cos comera successo ai socialisti nel 64 la linea di evitare la rottura con la Dc, onde uscire dallisolamento storico a cui furono costretti per anni i comunisti, prevalse sulla volont di applicare lausterit a tutto campo, colpendo anche quei settori economici privilegiati i cui interessi venivano da sempre protetti dalla Dc. Lausterit cos come veniva effettivamente applicata faceva pagare i costi della crisi ai ceti bassi, chiedendo sacrifici a coloro che li avevano sempre fatti, e oramai non pi disposti a subire le conseguenze dellagire di una classe politica pi interessata ad occupare poltrone piuttosto che a interessarsi per i problemi del Paese. La perdita della sua identit, le contraddizioni di una retorica che condannava i ministri e loperato della Dc mentre in Parlamento si scendeva a compromessi, in poche parole lingresso del Pci nelle logiche della democrazia dei partiti, oltre ad essere responsabile del crollo del 79, sancisce anche la definitiva estraniazione di strati sempre pi ampi della societ civile dalla politica. Un fatto che non pu darsi per scontato dopo le ondate di partecipazione e mobilitazione verificatesi dieci anni prima, arrivando ad un grado di politicizzazione della societ tra i pi alti dEuropa. Dallaltra parte, larroccamento del maggior partito di governo (la Dc) ed i suoi alleati dentro posizioni ultra conservative, guidate da un anticomunismo viscerale, dalla paura di perdere consensi tra il padronato e lelettorato moderato, e dalluso di fondi pubblici per soli scopi clientelari hanno fatto s che il governo disperdesse tempo e risorse, trascurando di risolvere i pi gravi problemi del Paese, siano questi vecchi (come lannosa questione meridionale e la riforma agraria) o nuovi (come la gestione dei flussi migratori nei grandi agglomerati urbani, la lotta contro la criminalit organizzata e labusivismo edilizio). Ci risulta molto utile, per spiegare latteggiamento del governo nei confronti del problema dellaccoglienza dei flussi migratori nelle citt, questo esempio tratto sempre da Crainz: Si pu aggiungere che governo e prefetti pongono una qualche attenzione alle migrazioni interne solo quando i risultati elettorali sembrano indicare che la crescita delle sinistre nelle grandi citt del nord dovuta al voto degli immigranti (oltre che a quello dei giovani).45 La breve esperienza del centro sinistra nei primi anni 60 porto con s speranze di riforme e miglioramenti dellordinamento giuridico, del sistema fiscale, ed il varo di

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Op. cit. Crainz, Storia del miracolo italiano, pag. 107.

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nuovi piani urbanistici (onde contrastare lallarmante espansione dellabusivismo su tutta la penisola); in molti casi inadeguati alla mutuata condizione economica e sociale del Paese, ed in molti altri casi carichi ancora del pesante fardello lasciato in eredit dal ventennio fascista. Purtroppo tranne che per qualche successo parziale, limpulso riformatore del centro sinistra fu subito bloccato dallottusit dei settori pi reazionari e conservatori della Dc (ci fu persino un tentativo di colpo di Stato, il cosiddetto piano Solo nellestate del 64, che diede il colpo di grazia alle speranze di cambiamento), e anche se formalmente il Psi continuava a far parte del governo, avr le mani legate fino alla fine del decennio quando sesaurir definitivamente lesperienza del centro sinistra.

Il post-miracolo (1963-1973)

Il periodo di spettacolare crescita economica (oltre il 6% annuo dal 58) finisce nellestate del 63; seguiranno due anni in cui ci troveremo in una fase di crisi temporanea denominata congiuntura. Una crisi che nei suoi molteplici risvolti si rivela essere pi una crisi auto-prodotta dal sistema industriale e finanziario italiano piuttosto che una vera crisi dovuta allaccumularsi di fattori recessivi interni od esterni. E vero che nel 63, dopo londata rivendicativa protrattasi dal 59, laumento dei salari pareggia (e anche per un breve periodo, supera) laumento della produttivit; ma ci non basta a motivare il sorgere di una crisi, in special modo quando questi aumenti si verificano dopo anni e anni di crescita sostenuta da una politica di contenimento salariale. Perch, dunque, parlo di una crisi auto-prodotta, o meglio, auto-indotta? Partiamo innanzitutto dalla situazione politica interna. Dalla fine del 62 allestate del 64 vengono discusse dal governo e dalle Camere le pi importanti proposte di riforme avanzate dal centro-sinistra: lintroduzione della tassazione dei redditi finanziari (la cedolare dacconto, introdotta nel dicembre del 62, che mirava a colpire la diffusa e sempre pi preoccupante evasione fiscale), la proposta di legge per lintroduzione di piani urbanistici (sempre della fine del 62, puntava a disciplinare il settore edile, uno dei pi dinamici del miracolo che, tuttavia, sera sviluppato al di fuori dogni regola e rischiava dintaccare gravemente intere aree del paese), e infine, la riforma scolastica (ho gi fatto cenno alle vicende riguardanti questa riforma nella nota 15). Lallarmismo dei settori pi conservatori sul rischio di sovietizzazione delleconomia italiana fu sollevato anche un anno prima, dopo la nazionalizzazione della produzione e la

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distribuzione dellenergia elettrica; tra laltro riuscita solo di facciata, visto che i due colossi che controllavano il settore (la Montecatini e lEdison) grazie alla pressione esercitata sul Parlamento dallallora governatore della Banca dItalia, Guido Carli, e dal nuovo Presidente della Repubblica, Segni, riuscirono a snaturare completamente la nazionalizzazione. In poche parole, le aziende private si videro pagare gli indennizzi in contanti, non in azioni dellazienda di Stato, perci subito dopo aver perso il monopolio dellenergia ebbero a disposizione uningente quantit di capitali, prontamente investiti nei settori della chimica e la siderurgia.46 Una situazione simile si verific anche per le altre riforme: le pressioni effettuate dalle frange pi conservatori della maggioranza, della Presidenza della Repubblica, della Confindustria (e della stampa legata ad essa) insieme a quella del governatore della Banca dItalia riuscirono a creare un argine che blocc, insabbi o snatur fino al punto di rendere vuote le proposte di legge pi innovative sorte dalle menti pi innovative del centro sinistra. Nemmeno gli esponenti di maggiore peso tra le fila del Psi fecero molto per tentare devitare linsabbiamento delle riforme, pur facendo formalmente parte del governo in carica. Preferirono scongiurare lipotesi di una spaccatura totale con la Dc e di rimandare le riforme rimanendo allinterno del governo, in attesa di una congiuntura economica pi favorevole (in linea con la politica attendista di Aldo Moro). Lincredibile passivit socialista pu essere anche letta con unaltra chiave di lettura: il cedimento senza lotta pur di mantenere intatti i rapporti con i democristiani fu anche motivato dalla minaccia di una deriva autoritaria e anticostituzionale, sorta dallinsofferenza di certi settori del Paese nei confronti di un governo troppo, secondo la visione di alcuni settori, troppo spostato a sinistra. Una conferma di questipotesi verr data nel 67 da uninchiesta del settimanale LEspresso, in cui vengono finalmente alla luce le trame e gli obiettivi del Piano Solo che vedr il coinvolgimento, oltre ai vertici dellarma dei carabinieri ed i servizi segreti, anche parlamentari, ministri e lo stesso Aldo Moro. In questo clima politico, matura la decisione degli industriali di sferrare unoffensiva contro i sindacati per recuperare il terreno perduto nellultima contrattazione, rendendosi responsabili di peggiorare la situazione economica. Frenando gli investimenti produttivi (il cosiddetto

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Il disastro del Vajont (9 ottobre 1963) avvenne proprio nel momento in cui veniva effettuato il passaggio da privato a pubblico: i privati velocizzarono i lavori di costruzione della diga quando cominciarono a correre le prime voci sulla statalizzazione per aumentare il valore dellazienda che stava per essere venduta allo Stato trascurando volutamente i rapporti che indicavano la pericolosit dellopera. Purtroppo, lEnel non diede ascolto alle voci dallarme che provenivano da diverse fonti e che alla fine si rivelarono vere. Mi preme evidenziare, tra tutti gli aspetti sconvolgenti del disastro del Vajont, latteggiamento dellallora capo del governo, citando Crainz (Il paese mancato, pag. 7): Che sia unItalia da rimuovere sembra pensarlo anche Giovanni Leone: come capo del governo accorre sui luoghi del disastro a promettere giustizia, come avvocato lavorer al processo dalla parte degli imputati, non dei superstiti.

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sciopero degli investimenti) proprio in un momento in cui la domanda interna cresceva (aiutata in questo senso dagli aumenti salariali ottenuti con i nuovi contratti) si favor laumento dellinflazione e del disavanzo della bilancia commerciale, nonch un ulteriore rincaro del costo della vita e del deficit dei conti pubblici. La classe imprenditoriale italiana prefer esportare gli enormi guadagni del periodo precedente allestero piuttosto che investirli nelle proprie fabbriche, motivando questa decisione con laumento della pressione fiscale e dellingerenza dello Stato nella gestione dei propri capitali. Un primo e blando tentativo di dare un sistema fiscale adatto ad uno stato moderno, in un paese dove levasione fiscale e lesportazioni di capitali sono la regola, fa balzare dalla sedia lestablishment; non c da meravigliarsi se da l a qualche anno si vivr una stagione di conflitti e tensioni senza paragoni in Europa. E non finita qui: loffensiva padronale si scaglia anche contro gli operai pi sindacalizzati e pi impegnati in politica, si moltiplicano, infatti, i licenziamenti arbitrari, che puntano solo ad indebolire il sindacato o semplicemente ad abbassare la qualifica degli operai (che magari da l a qualche mese vengono riassunti, chiaramente partendo dalla categoria pi bassa e senza il riconoscimento di alcuna anzianit). Inoltre, la politica di ristrutturazione aziendale avviata in quegli anni si basa esclusivamente sullaumento dei ritmi di lavoro nella catena (seguendo le stesse linee guida del periodo precedente), provocando un aumento sensibile del numero degli infortuni sul posto di lavoro e la crescente insoddisfazione di tantissimi lavoratori costretti ad un lavoro frenetico, che oltre a provocare malattie fisiche e mentali, istupidisce le persone poich non valorizza in alcun modo le capacit e il percorso di studi dei lavoratori. Insomma: sciopero degli investimenti, ristrutturazione aziendale basata sullintensificazione del lavoro, evasione fiscale ed esportazione di capitali: se questa la norma, come confermano molti studi, c anche chi fa di peggio.47 La sconfitta definitiva delle speranze di cambiamento dopo lesile fiammata riformista, fa ripiombare lItalia nellimmobilismo, nel congelamento caratteristico dei governi del regime democristiano48 (in cui rimanevano soltanto le spoglie di quel che fu il centro sinistra), coinvolgendo sempre di pi anche il suo alleato di governo nelle

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Op. cit. Crainz, Il paese mancato, pag. 38. Ho trovato questo termine nellarticolo Alle sue spalle lagonia dellEuropa di Donatella Di Cesare, comparso su il manifesto, pag. 14, del 31 dicembre 2004. Mi sembra adeguato a descrivere la situazione in cui si venne a trovare la Repubblica Italiana, governata ininterrottamente sin dal 48 da innumerevoli governi di coalizione rimasti sempre sotto la guida dei democristiani. Questi governi furono spesso incapaci capaci dinnovare ed aggiornare il modo in cui gestivano il potere, ignorando i cambiamenti prodottisi in seno alla societ italiana negli anni del miracolo economico, e allo stesso tempo, attuando politiche repressive nei confronti degli oppositori che sfioravano il limite della legalit.
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logiche di partito che esso sera proposto di combattere entrando al governo:49 spartizione di uffici su basi arbitrarie, clientelismi, ecc. Saranno gli anni sprecati, del tempo perso, che contribuiranno e non poco allacuirsi delle richieste di cambiamento portate avanti da quei settori maggiormente penalizzati che troveranno in seguito modo di sfogarsi nel 68 degli studenti e successivamente nellAutunno caldo. Mi interessa in modo particolare lanalisi della contestazione dal punto di vista delle critiche sorte dalla constatazione del delinearsi sempre pi evidente di uno dei fenomeni da poco comparsi nella societ italiana, mi riferisco cio al consumismo. Bench la rivolta studentesca sia nata dalla contestazione delle arretratezze del sistema universitario e pi in generale dellistruzione italiana nel suo complesso col tempo il movimento studentesco sarricchisce coinvolgendo dentro di s diverse stanze di protesta. Sono gli anni in cui si crea un forte legame col mondo operaio, gruppi di studenti marciano insieme agli operai nei cortei di protesta e nascono i primi gruppi di coordinamento tra le diverse anime del movimento; vi giocano un ruolo fondamentale i giovani, siano essi studenti universitari, medi od operai. In questo senso, le chiusure ed il rifiuto di qualsiasi dialogo da parte delle autorit non fanno che aumentare la politicizzazione e la voglia di partecipazione dei giovani, essi non si sentono pi rappresentati dai partiti n dalle associazioni collegate (mero prolungamento dei partiti nelle universit, cui unico ruolo quello di fare da ponte di lancio per chi volesse far carriera in politica). Fu cos che si svilupparono nuove forme di lotta e di contestazione non ortodosse: occupazioni di facolt, volantinaggi nei teatri e cartelloni su cui comparivano degli slogan che ironizzavano sulle istituzioni dellordine stabilito. Nelle fabbriche si diffondono gli scioperi a scacchiera, i cortei dentro gli stabilimenti e le occupazioni che comportano il blocco totale della produzione; tutte forme di lotta che molte volte contrastavano con le indicazioni dei sindacati, questi, infatti, venivano considerati troppo accomodanti nei confronti dellestablishment. La contestazione per la prima volta coinvolse anche larghi settori del sindacato cattolico e delle Acli, che per la prima volta seguono una linea nettamente contraria alla Dc, vista anche da loro come un partito che reagisce soltanto quando deve bloccare in Parlamento le iniziative volte a dare un nuovo assetto allapparato statale. Un esempio di ci lo possiamo trovare ancora in Crainz: Al Natale consumistico contrapposto in molte citt il Natale dei

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Nel gennaio del 64 si verifica la scissione della sinistra del Psi che d vita al Psiup (Partito socialista di unit proletaria), il resto di del partito si fonde col Psdi (Partito social democratico) forma il Psu (Partito socialista unificato). Crainz la descrive come unoperazione di vertice, insomma, concepita in termini di puro schieramento (...), in Il paese mancato, pag. 67.

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poveri, spesso ad opera di gruppi cattolici: a Venezia come a Sassari, a Trento come a Verona, a Milano come a Bologna (qui protestano anche gli scout).50 E particolarmente interessante lesplosione di questa contestazione nella societ italiana perch fondamentalmente i giovani anticonformisti degli anni Sessanta sono la prima generazione nata e cresciuta col miracolo economico, nel contesto della societ del benessere, in cui una larga percentuale della popolazione pu godere di un livello di consumi mai visto prima, e pu allo stesso tempo, permettersi di rimanere pi a lungo fuori dal mercato del lavoro. Coloro i quali teoricamente dovevano essere i pi mansueti, i pi vogliosi dentrar a far parte del sistema poich non avevano subito le penurie delle generazione passate sono tra i primi a ribellarsi, rivelando le storture e gli inganni cui veniva sottoposta la gente in nome del benessere. Questo viene molto chiaramente esplicitato da Crainz: In questo quadro i giovani appaiono incerti e quasi lacerati fra due poli: da un lato lorizzonte mentale e le regole sempre meno accettabili della societ precedente, con i suoi vincoli e i suoi tab, le sue gerarchie e le sue ipocrisie; dallaltro, i nuovi modelli di un consumismo senza regole, lo scarso appeal di un mondo segnato nella sua norma, prima ancora che nei suoi versanti patologici da nuovi conformismi e disvalori.51 A questa situazione interna si sommano anche le vicende internazionali: in primis la contestazione al crescente coinvolgimento americano in Vietnam ed in genere la contestazione dellequilibrio del terrore che minacciava dannientare lumanit intera, le suggestioni venute dalla rivoluzione cinese e dal tentativo di espandere la rivoluzione nellAmerica del Sud compiuto da Ernesto Che Guevara che portarono agli occhi dellopinione pubblica dei paesi del primo mondo lattualit dei problemi di quel lontano Terzo mondo, rimasto fino allora nelloblio. La richiesta di rinnovamento delle istituzioni scolastiche e di nuovi diritti per la collettivit si unisce con lo scontento provato nei confronti della societ ed i suoi valori, in particolare, quello del lavoro e del voler guadagnare sempre di pi. I giovani si chiedevano allora se ne valeva veramente la pena di finire a fare un lavoro faticoso e che non richiedeva alcun impegno intellettuale, il pi delle volte senza nemmeno sapere che cose si stesse facendo. Laumento della produttivit ottenuto dal 63 in poi fu dovuto principalmente alla messa in pratica di nuove misure di stampo tayloristico mirate a razionalizzare ed ottimizzare le azioni svolte da ogni persona nella catena,
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Op. cit. Crainz, Il paese mancato, pag. 279. Op. cit. Crainz, Il paese mancato, pag. 198.

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chiaramente aumentando la fatica del lavoro. Non si pu certo dire che fosse un problema soltanto attinente alla classe operaia, la situazione di molti dei colletti bianchi era simile, senzaltro non avevano a che fare con una catena di montaggio sporca ed insalubre, tuttavia, le direttive mirate ad aumentare lefficienza degli impiegati facevano s che lo stress sofferto da queste categorie di lavoratori aumentasse, cos come i carichi di lavoro da svolgere in ufficio.52 Certo chi svolgeva mansioni pi pericolose, in cui i rischi per la salute erano maggiori, era ricompensato da un salario pi elevato; qui che vediamo londata di cambiamento insita nei movimenti del 68, non s pi disposti ad accettare la monetizzazione della salute, sorge la richiesta puntuale e precisa del diritto a lavorare in un ambiente sano. Il lavoro finalmente acquisisce quel valore di diritto fondamentale dogni persona, base della costituzione della Repubblica Italiana; il movimento sessantottino agevola la generalizzazione di questo concetto e della consapevolezza che bisogna lottare per ottenerlo, lasciandosi definitivamente alle spalle la concezione del lavoro come favore concesso dallindustriale al proletario (la pratica di andare dal prete perch lui desse conferma al padrone per cui si voleva lavorare dellintegrit morale di una persona, ovvero di non essere sindacalisti n davere simpatie socialcomuniste, si protrasse fino agli anni Sessanta).

La crisi del 73

La crisi energetica di fine 1973 arriva in un momento particolarmente delicato per le istituzioni e linsieme della societ italiana. Lavvio della strategia della tensione con la strage di Piazza Fontana nel dicembre 1969, col chiaro intento di spostare lopinione pubblica a destra proprio nel periodo in cui le agitazioni operaie si estendevano a macchia dolio in tutto il Paese, far piombare lItalia nellincubo degli anni di piombo. Anche in questo caso, la gestione poco chiara delle indagini, volutamente di parte e spesso in collusione con gruppi eversivi di stampo neo-fascista effettuata dalla magistratura, che cerc di scaricare le colpe su un gruppo danarchici,
Nel romanzo La vita agra di Luciano Bianciardi, si raccontano le vicende di un laureato in lingue di Grossetto che si trasferisce a Milano in cerca di lavoro, lasciandosi dietro la moglie e il figlioletto. Il romanzo descrive le difficolt incontrate dal protagonista nel far quadrare i conti ogni mese, nel rispettare le scadenze al lavoro e anche nel gestire il rapporto con la sua amante. E, a mio parere, un analisi interessante delle difficolt nel vivere in una grande citt, con cui dovevano fare i conti anche quegli emigranti in qualche modo privilegiati, inseriti tra i colletti bianchi ma che ugualmente erano costretti a patire ritmi di lavoro snervanti.
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con lo scopo di far sorgere nellopinione pubblica la convinzione dellesistenza di un legame tra linasprimento dei conflitti sociali degli ultimi anni e la strage. Successivamente, nuove indagini riveleranno la falsit delle accuse rivolte agli anarchici, mettendo in chiara luce le responsabilit della magistratura nellideazione di una messinscena destina a colpevolizzare gli anarchici, e con essi, tutto il movimento di contestazione. Ma la strage di Piazza Fontana non fu che linizio di unoffensiva neofascista destinata a colpire sindacalisti, militanti di sinistra, sedi di partito, luoghi pubblici, manifestazioni, treni, col chiaro obiettivo dinstallare un governo autoritario, in grado di contrastare efficacemente loffensiva della classe operaia e degli studenti. Il fatto che rende ancora pi grave la situazione, e che segner indelebilmente la storia italiana futura, viene dallatteggiamento delle istituzioni nei confronti di questa offensiva terroristica. Non pochi furono i tentativi da parte di alti rappresentanti delle istituzioni e dei servizi segreti di depistare, insabbiare o rallentare le indagini per non far emergere le responsabilit di certi gruppi neo-squadristi negli attentati dinamitardi. Oltre a ci possiamo evidenziare la prassi naturale di cercare le colpe tra i manifestanti ed i militanti di sinistra, tipica di certi settori della magistratura formatasi nel Ventennio e di chiaro stampo conservatore, principali responsabili dei gravi ritardi e delle falle nelle indagini. Questo quadro politico non fa che consolidare nellopinione di gran parte della stampa e di quella nuova borghesia arricchitasi col boom economico, la convinzione che londata di protesta si fosse prolungata troppo a lungo, e che certi gruppi legati alla contestazione fossero i responsabili della recente ondata di terrore. Per questo nuovo ceto medio, che Crainz descrive come portatori di una laicizzazione consumistica, intrisi di modelli acquisitivi individuali, alla ricerca di nuove forme di prestigio coniugate al benessere. Aperti, certo, alla modernit: ma una modernit priva di valori, intrecciata spesso alla rincorsa di nuovi privilegi, di nuove forme di difesa dallo Stato, o di rifiuto dello Stato (...).53 In questo contesto di scontro e di crescente ostilit nei confronti del movimento, matura in quelle frange pi estremistiche lidea della lotta armata, che la crisi del 73 far esplodere portando gli scontri a livelli paurosi. Dopo parecchi anni di lotta, cortei e scioperi che certo portarono novit legislative (si pensi al varo dello statuto dei lavoratori) e miglioramenti salariali ma il tutto sempre rimanendo dentro il medesimo schema di societ capitalistica e percorrendo sempre le stesse vie per raggiungere lo sviluppo economico; e vedendo spesso la complicit delle istituzioni nelle trame eversive, perci in molti videro la lotta

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Op. cit. Crainz, Il paese mancato, pag. 381.

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armata come lunica alternativa rimastagli a disposizione per riuscire a raggiungere quegli obiettivi per cui molte persone avevano tanto combattuto. Larrivo della crisi energetica provocher anche un grande contraccolpo a livello dellimmaginario collettivo: allepoca la si vide come la fine di unepoca piena di speranze e fiducia riposte nel futuro, che in parte aveva motivato cos tante persone a scendere in piazza qualche anno prima, ma che ora di fronte allevidenza della crisi e delle mancate riforme, gettava un velo di sfiducia in grado di arrestare molti di quei fermenti presenti nel 68 e nellAutunno caldo. Le pur importanti riforme portate avanti dagli ultimi bagliori riformisti del centro sinistra attuazione delle regioni e dellistituto del referendum, lintroduzione del divorzio, la legge sulla casa, lo Statuto dei lavoratori e la legalizzazione dellobiezione di coscienza54 difficilmente immaginabili senza la pressione ed il continuo spronare dei movimenti, subirono per, come dieci anni prima, continui tentativi dinsabbiamento, emendamenti per rallentare il percorso delle leggi nelle Camere che alla fine portarono al progressivo svuotamento e sfibramento delle riforme.55 La sconfitta di questo nuovo tentativo di governare lo sviluppo signific non solo il definitivo abbandono della formula del centro sinistra, ma anche del diffondersi di un pi generale distacco dalle istituzioni e dallapparato di governo, i cui vizi a danno della collettivit aumentavano danno in anno, mantenendo il consenso attraverso la concessione di privilegi quei ceti e gruppi, vecchi e nuovi, che si arricchirono durante il miracolo approfittando della mancanza di controlli, spesso inserendosi nelle logiche clientelari facenti capo ai partiti di governo. Larenamento delle riforme fu anche un duro colpo per i sindacati, che avevano puntato forte su di esse e poi finirono per trovarsi con le mani vuote, o meglio, con le tasche vuote, vista limpennata dellinflazione provocata in parte dagli aumenti salariali (dopo quasi un decennio di restrizioni salariali). Tuttavia, gli aumenti salariali non furono accompagnati da una politica antinflazionistica efficace, quindi tutto quel che venne guadagnato con gli aumenti salariali fin per essere rosicchiato dallinflazione. Linefficacia delloperato del governo non fu solo casuale, laumento dellinflazione, infatti, permise al governo dindebolire ancora una volta la posizione di lavoratori e sindacati, colpevolizzati dal governo e da una parte della stampa dessere i responsabili dellimpennata
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Op. cit. Crainz, Il paese mancato, pag. 419. Un esempio ce lo fornisce lapprovazione dello Statuto dei lavoratori nel 1971, importante s per tutelare i lavoratori dipendenti dei grandi complessi industriali, ma inapplicabile in quelle piccole e medie imprese che da l a poco diverranno gli attori principali dellindustria italiana, icone per eccellenze del modello Nord Est (in contrapposizione al modello della grande fabbrica tipico del triangolo industriale), che in parte deve il suo successo alla sua estraneit da quei vincoli posti alle imprese dallo Statuto.
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inflazionistica. Quando nel dicembre del 73 laumento del prezzo del greggio e laumento dellinflazione che ne segu si fecero sentire in Italia al governo cera gi la nuova maggioranza di centro destra capeggiata da Giulio Andreotti. Questa maggioranza decide di cambiare rotta, applicando una politica inflazionistica che prevedeva laumento del debito pubblico (che in gran parte fin per finanziare gli investimenti pubblici nelle aziende decotte e lallargamento della rete clientelare) e nellestate del 73 la svalutazione della lira. Difficile trovare una combinazione peggiore per le tasche dei lavoratori dipendenti, che oltre a vedere decurtato il proprio potere dacquisto subiscono anche la beffa delle misure restrittive varate da un governo tuttaltro che votato al risparmio.

Echi nella letteratura, nella musica e nel cinema

Seguendo la metodologia di lavoro usata da Crainz, nella Storia del miracolo e ne Il paese mancato, introdurr qualche spunto di riflessione su questo periodo storico sorto dal lavoro di scrittori, registi e musicisti dellepoca e anche pi recenti. Nella storia contemporanea in special modo dal dopoguerra in poi, in cui il ruolo dei mezzi di comunicazione di massa e della cultura ormai anchessa massificata diventato via via sempre pi importante lanalisi della produzione culturale pu risultare molto utile alla comprensione degli umori delle persone e dei riflessi che gli eventi storici ebbero sulla collettivit. In primo luogo perch spesso gli artisti si sono avvalsi degli eventi storici e politici usandoli come spunti di riflessione, ma non solo. La scuola cinematografica neorealista, nata in Italia nel dopoguerra, basa le proprie realizzazioni sullanalisi della societ nel suo complesso, cogliendone gli aspetti pi profondi da cui nascono le storie che vengono raccontate e proposte al pubblico attraverso i film. Lo stesso si pu dire dei riflessi che questa ebbe sulla produzione letteraria, il vissuto e le sofferenze quotidiane, sono la materia su cui poi viene innestato il testo letterario. La mia intenzione non quella di presentare un quadro complessivo ed esaustivo di tutta la produzione culturale che in qualche modo ha a che fare con le tematiche di questa tesi, mi limiter ad analizzare un numero limitato di opere che ho considerato rappresentassero con efficacia certe caratteristiche della nuova societ che ebbe origine col miracolo economico e, allo stesso modo, i connotati di quella societ che lItalia si lasci alle spalle. Mi rifaccio a Barraclough in questo caso, che afferma Ma sarebbe

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anche sorprendente se gli umori della letteratura e delle altre forme di espressione umana non fossero alterati dal nuovo ordine sociale prodotto dalla nuova civilt tecnologica.56 Il mio primo sguardo si volge verso la letteratura: si potrebbero citare tanti esempi, vista la prolificit e la ricchezza di spunti di riflessione provenienti dalla produzione letteraria italiana contemporanea, anche limitando la trattazione al secondo dopoguerra. Ho preso in considerazione due brani tratti da due opere diverse di Italo Calvino. Il primo sintitola Marcovaldo al supermarket, una delle tante novelle che compongono la raccolta Marcovaldo Ovvero le stagioni in citt,57 scritta nel decennio che va dal 1952 al 1963 (e pubblicata in questo stesso anno), quindi una valida testimonianza (anche se romanzata e non situata in nessuna citt in particolare) dei cambiamenti profondi e delle novit che in quel momento stavano cambiando lItalia. Le novelle sono suddivise seguendo lordine delle stagioni naturali e la sua ciclicit, in evidente contrasto col trascorrere del tempo caratteristico delle civilt urbana, lineare e monotono. Marcovaldo, che di mestiere fa il manovale in una ditta non precisata, un elemento estraneo allambiente urbano, infatti, le uniche cose che riescono ad attirare la sua attenzione sono quei piccoli segni e indizi forniti dalla natura visibili in citt, che stanno ad indicare il passaggio di una stagione allaltra. Non riesce ad inserirsi n tanto meno a comprendere i ritmi esasperati, i comportamenti e le regole del contesto sociale in cui si trova. Nella novella in questione, Marcovaldo e la sua famiglia vanno a spasso in citt quando la folla dedita a fare spesa la sera attira la loro attenzione; in effetti, il loro divertimento consiste nel vedere gli altri fare spese. Decidono di entrare in un supermercato per cercare di vivere lesperienza di fare acquisti in uno di quei nuovi negozi self-service. Ma, poich sono squattrinati (laffitto ed i debiti si portano via tutto lo stipendio), Marcovaldo ed i suoi sono costretti ad aggirarsi per il supermercato coi carrelli senza poter caricarli; il supermercato diventa quasi una specie di museo, in cui si pu solo guardare ma non si pu toccare. Ad un certo punto, per, la tentazione diventa troppo forte e, credendo di non essere notato dagli altri membri della famiglia, Marcovaldo comincia a riempire il suo carrello imitando le altre persone, promettendosi di rimettere tutto sugli scaffali dopo aver fatto un giretto col carrello pieno. Non saccorge, per, che il resto della famiglia ha deciso di fare la stessa cosa, e tutta un tratto, si ritrovano tutti coi carrelli pieni di una spesa che non possono pagare. Cercano
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Barraclough, Geoffrey, Guida alla storia contemporanea, Roma-Bari, Laterza, 2002, 7a ed., pagg. 241Calvino, Italo, Marcovaldo, Milano, Garzanti, 1990, pag. 103.

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di rimettere i prodotti sugli scaffali frettolosamente, tuttavia, continuano a riempire i carrelli man mano che li svuotano, e vanno avanti cos fino a quando sentono lannuncio che ricorda tutti lavvicinarsi dellorario di chiusura. La vicenda si chiude con luscita fortunosa di tutta la famiglia attraverso una parete aperta da un cantiere che sta portando avanti i lavori di ampliamento del negozio. Questa breve novella ci presenta, seppur in forma tragicomica, alcune delle caratteristiche del miracolo: in primis, la comparsa di un nuovo tipo di negozio, caratterizzato da una maggiore dimensione in cui la profusione e lattrazione delle merci viene aumentata ad hoc; e dal nuovo ruolo che lacquirente vi gioca. Inoltre, la figura del manovale Marcovaldo raffigura in qualche modo la persona emigrata in citt ed il suo confrontarsi con la nuova realt cittadina; in questa novella in particolare viene evidenziata la dicotomia tra il tempo di produzione e quello di consumo, con le sue suggestioni che coinvolgono anche una famiglia non in grado di partecipare attivamente alla festa del consumo che ha luogo in citt ogni sera. Se prendiamo in considerazione le altre novelle presenti nella raccolta, riusciamo a ritrovare altri aspetti che hanno a che fare con il miracolo, partendo dal lavoro faticoso, monotono e mal retribuito, la vita in una soffitta con poco spazio per una famiglia numerosa, le differenze sociali stridenti, per finire con il fantasticare la campagna e gli spazi verdi (forse Marcovaldo lha conosciuta da piccolo, forse non lha mai vista; Calvino non lo esplicita mai) in una citt stretta nella morsa dellabusivismo. Il secondo brano che ho scelto di prendere in considerazione sintitola Le citt continue, una delle tante citt descritte allinterno del romanzo Le citt invisibili.58 Il romanzo si basa sulla figura del viaggiatore veneziano Marco Polo, incaricato dallimperatore dei tartari, Kublai Kan, di viaggiare in lungo e in largo per il territorio imperiale a lui ignoto, riportandogli una precisa descrizione delle citt e dei luoghi incontrati nel viaggio. I luoghi e le vicende descritti nel romanzo sono fantastici, non esiste un riferimento preciso ad alcuna citt in particolare. In ogni caso, ne Le citt continue, pur non chiamando causa nessuna citt, possiamo ritrovare i connotati di alcuni tra gli aspetti pi negativi di una qualunque citt moderna, ovvero il problema dellimmondizia. Qui ci viene descritta la citt di Leonia, in cui lopulenza ed il benessere goduti dai suoi abitanti contrasta con le immense quantit di rifiuti da essa prodotti, ogni giorno ammassati sulle strade aspettando di essere portati fuori citt. Ci non costituirebbe un problema, se non fosse perch la citt cresce sempre di pi ogni anno, espandendosi verso quelle zone in cui prima venivano portati i rifiuti, cui

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Calvino, Italo, Le citt invisibili, Torino, Einaudi, 1972, pag. 119.

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smaltimento diventa anchesso pi problematico col passare degli anni perch in citt larte di creare nuovi materiali non conosce soste, di conseguenza anche i rifiuti sono pi resistenti. Laltro serio problema che devessere affrontato a Leonia quello della concorrenza: ci sono anche altre citt che producono fiumi di spazzatura, queste citt si contendono gli immondezzai dove poter scaricare i propri rifiuti. Nelle zone di confine si creano montagne di spazzatura, la cui altezza cresce minacciando di franare su Leonia, ricoprendola completamente coi suoi rifiuti, spianando cos nuovi terreni sui quali le altre citt, senza perdere tempo, si espanderanno. Non si pu fare a meno di non vedere in questo racconto un chiaro legame con la situazione che s venuta a creare in molte citt italiane, ma, in genere anche nelle citt di tutti i paesi industrializzati: la gestione dellimmensa massa di rifiuti prodotti nelle citt e nelle fabbriche che aumenta danno in anno e diventa sempre pi difficile da smaltire. In pratica, ogni cosa che acquistiamo, piccola o grande, confezionata utilizzando grandi quantit di cellofan, cartone, plastica, ecc., e se a questo aggiungiamo anche i rifiuti prodotti nei passaggi intermedi della produzione, il tutto sommato alla grande variet di materiali presenti al giorno doggi sugli scaffali di tutti i negozi, il problema dello smaltimento (e anche della bonifica di quei rifiuti industriali troppo pericolosi perch siano processati direttamente) diventa di primordine. In questo racconto breve abbiamo anche un ammonimento, non basta allontanare limmondizia dagli occhi, nascondendola sotto terra oppure cercando di bruciarla. Prima o poi le cose che abbiamo gettato torneranno e saranno la nostra rovina. E chi pu negare lanalogia con la situazione attuale,59 con le discariche piene fino allorlo e senza pi posti dove aprirne di nuove, montagne di rifiuti tossici smaltiti abusivamente dalle ecomafie, scorie nucleari in attesa di trovare un luogo sicuro in cui poter riposare per qualche migliaio di anni cosicch non possano presentare pi un pericolo per lambiente e cos via; non voglio andare oltre perch per fare un elenco di tutte le situazioni problematiche provocate dai rifiuti della nostra societ dei consumi ci vorrebbe pi di una tesi. Per quel che riguarda la produzione cinematografica, un film che rappresenta in maniera inequivocabile e anche tragicomica le vicende di un operaio trapiantato dalla Sicilia a Torino Mim metallurgico ferito nellonore del 1972 in cui vengono proposte
Per un approfondimento di questi argomenti vedere il sito www.report.rai.it, nella sezione ambiente possibile trovare la trascrizione delle puntate del 01/03/01 e del 06/05/04, in cui viene riportata uninchiesta sulla situazione delle scorie nucleari e delle centrali nucleari dismesse. Sullemergenza rifiuti nel Mezzogiorno nellestate del 2004 vedere larticolo: http://www.repubblica.it/2004/c/sezioni/cronaca/rifiutcas/nonpart/nonpart.html. Ma gli esempi che si potrebbero citare sono tanti, lemergenza rifiuti si ripete quasi ogni anno in Campania ed in altre regioni del Sud dItalia.
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tutte le difficolt delladattamento alla nuova realt e alla durezza del lavoro in fabbrica. Costretto a lasciare la sua vita e la sua moglie a Catania per via delle sue simpatie politiche che gli costano il posto di lavoro, grazie ad unassociazione di immigrati siciliani riesce a trovarne uno nuovo a Torino, che poi per si riveler per essere una mera facciata per coprire le attivit illecite di un gruppo mafioso. In questa vicenda sintreccia anche la relazione amorosa del protagonista con una ragazza conosciuta a Torino, con cui ha anche un figlio. Tornato di nuovo in Sicilia con la sua nuova compagna, si mette al servizio della mafia grazie ai suoi agganci conosciuti in seno allassociazione siciliana a Torino, ma scopre anche che la moglie ha una relazione con un finanziere. La vicenda si complica ancora quando Mim mette incinta la moglie del finanziere per gelosia, e quindi i sicari della mafia uccidono il finanziere temendo rappresaglie nei confronti del suo assassino, che appunto Mim. A questo punto, Fiore (lamante del protagonista) non vede con buoni occhi il voltagabbana ideologico e decide dabbandonare Mim. Il film racconta molto efficacemente le vicende e le problematiche che affliggevano lemigrazione meridionale nelle citt del Nord, ma anche mette a luce i problemi degli operai politicizzati, colpiti da licenziamenti arbitrari e costretti a dover emigrare per trovare una nuova occupazione. Nellambito della musica prender in considerazione due canzoni del gruppo Modena City Ramblers: Quarantanni60 e Giro di vite.61 La prima canzone si riferisce appunto ai primi quarantanni di vita della Repubblica Italiana, denunciandone le storture, puntando il dito soprattutto sulla cultura clientelare spesso intrecciata coi gruppi malavitosi e con la pressante minaccia di una deriva autoritaria, tutti mali gi presenti nel 64 (anno del piano Solo) e che col progressivo aumento della tensione sociale sarebbero peggiorati, sfociando nella strategia della tensione da una parte; nellesplosione del debito pubblico ed il sempre maggiore distacco della classe politica dalla societ civile: Ho quarantanni spesi male fra tangenti e corruzione/ ho comprato ministri, faccendieri, giornalisti [...]/ Ho quarantanni ed un passato non troppo edificante/ ho massacrato Borsellino e tutti gli altri [...]/ Ma ho scoperto laltro giorno, guardandomi allo specchio/ di essere ridotta ad uno straccio/ questo male irreversibile che mi ha tutta divorata/ un male da garofano e da scudo crociato. Il riferimento al regime partitocratrico e alle sue pratiche di governo pi che evidente, e anche se la

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Terza traccia dellalbum Riportando Tutto A Casa (1994). Settima traccia dellalbum La Grande Famiglia (1996).

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degenerazione totale della politica verificatasi nel corso degli anni 80 col craxismo62 e ed il pentapartito va oltre il periodo analizzato in questa tesi, sono tutti fenomeni le cui radici si possono ritrovare nel profondo degli anni 50, ma anche prima visto che i primi casi duso clientelare di soldi pubblici ci riportano indietro al 1948. La seconda canzone che ho scelto si riferisce pi in particolare alla composizione di quel blocco sociale,63 base di consenso del craxismo, anchesso figlio delle problematiche irrisolte nei decenni precedenti nel periodo dello sviluppo non-governato, caratterizzato da un individualismo e da una voglia di arricchirsi a dispetto dogni regola e soprattutto a dispetto della collettivit:
E cominciato in silenzio nella Milano da bere tra i padri di famiglia coi loro BOT e le loro Mercedes timorati di Dio e delle tasse, elettori di Craxi e dei suoi spaventati di perdere tutto se qualcuno li avessi sorpresi E continuato a Pontida in un grido di rabbia e paura di geometri con lo spadone, e dentisti con larmatura decisi a difendere il Patrol e la villetta sulla tangenziale le nigeriane sui viali e la loro evasione fiscale

In seno a questo blocco sociale si formeranno nel corso degli anni 80 quei gruppi che rivendicano la particolarit storica, politica e culturale del Settentrione, quali la Liga Veneta e la Lega Lombarda che confluiranno nella Lega Nord, criticando la corruzione e gli sprechi di denaro pubblico del governo, chiedendo in qualche caso addirittura la secessione dal resto dellItalia. Non ci sarebbe nulla da obiettare nel loro atteggiamento critico nei confronti degli sprechi dello Stato, se non fosse perch la loro stessa base politica s arricchita grazie alla pratica dellevasione fiscale diffusa. Laspetto senzaltro pi negativo del sorgere di queste nuove formazioni politiche spesso di vedute molto corte lo si pu ritrovare nel loro uso manipolatorio della storia e della mitologia celtica per rivendicare una particolarit alquanto dubbia e ancora peggio, per arroccarsi dentro posizioni molte volte xenofobe e/o razziste nei confronti
Il craxismo fu quella stagione politica italiana caratterizzati dalla forte alleanza tra Psi e Dc e gli altri tre partiti minori (Pri, Psdi e Pli), sempre in chiave anti Pci, che a differenza del passato, dal 1983 in poi vedr il susseguirsi di diversi governi capeggiati da Bettino Craxi, leader del Psi. Per la prima volta, un rappresentante di un partito minoritario rispetto alla Dc, ha la responsabilit di formare il governo. Questa novit non muter di fatto landazzo del sistema politico italiano, che anzi, sotto la guida di Bettino Craxi conoscer alcune delle sue pagine pi oscure. 63 Op. cit. Crainz, Il paese mancato, pag. 597.
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degli stranieri ma anche degli abitanti delle altre zone dItalia. Il fatto assurdo che, spesso, sono queste persone a lavorare nelle loro fabbriche, piccole officine, aziende agricole e cantieri edili. C una contraddizione troppo evidenti, una specie di xenofobia intermittente che scatta ogni volta che loro si sentono presumibilmente penalizzati dallo Stato oppure la loro integrit culturale viene minacciati dai non nativi; ma che scompare quando si tratta di assumere mano dopera a basso costo venuta da fuori o quando si tratta di evadere il fisco o si ricevono aiuti da parte dello Stato. Tutte questi fenomeni di individualismo esasperato e di rigurgito dei particolarismi locali sono problematiche nate dal mancato adeguamento dei poteri pubblici al mutamento veloce subito dalla societ italiana nel volgere di due decenni. Dopo che passata leuforia del miracolo, sopravvenuta la crisi e si sono spente le illusioni di un cambiamento profondo dellassetto generale del Paese, la cui classe politica perdeva il tempo nei meandri della partitocrazia e della politica clientelare, sapprofondirono nella societ italiana le spinte individualistiche che vedevano nello Stato e le sue regole un nemico se non da sconfiggere, almeno dal quale sfuggire. Queste spinte si manifesteranno in maniera diversa a seconda del contesto in cui si presentano, a Nord ad esempio con levasione fiscale diffusa da parte dei lavoratori autonomi e del ceto imprenditoriale; a Sud con la diffusione a livelli mai visti prima della corruzione e dei legami tra apparati dello Stato e la mafia, compiendo cos un salto di qualit che la porter a essere meno presente sulle pagine dei giornali ma, nel contempo, a fare pi affari.

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Capitolo terzo

Considerazioni finali

Introduzione

Dopo aver esaminato in particolare la nascita della moderna societ del benessere nellItalia del miracolo economico, in questo capitolo conclusivo mi propongo di fornire ai lettori qualche spunto di riflessione ispirato dalla teoria critica della societ dei consumi facendo riferimento a diversi autori, in particolare Galbraith e Marcuse. Entrambi, negli anni 60, partendo da presupposti filosofici e punti di vista diversi, fecero unaccurata analisi critica della societ che si andava creando nei paesi industrializzati dal dopoguerra. In particolare, studiano gli sviluppi della societ americana visto il suo ruolo guida nelleconomia mondiale, ma questanalisi pu anche essere estesa ai paesi dellEuropa Occidentale, i quali, seppur in tempi e maniere diverse, seguirono anchessi linee di sviluppo simili a quelle statunitensi.

Le contraddizioni del benessere

La riduzione del divario nei consumi ha reso possibile lintegrazione delle classi lavoratrici nelle logiche del capitalismo azionario. In Italia, la concomitanza di questintegrazione con la possibilit storica di poter uscire da una condizione di miseria estrema fece s che la contrapposizione e la denuncia a tutto campo del nuovo sistema di sfruttamento sorto con la societ dei consumi venisse in qualche modo attenuata dalla paura di dover tornare indietro nel tempo, di ripiombare ancora nella miseria e la fame. Le pi gravi mancanze dei partiti di sinistra e dei maggiori sindacati risiedono proprio qui: non riuscirono a proporre altro che la parificazione dei consumi delle classi 60

inferiori con quelli della borghesia e le classi pi agiate. Trascurarono completamente la possibilit di proporre un cambiamento radicale, in grado di portare la societ oltre la nuova condizione di sfruttamento insita nel capitalismo industriale. Marx ed Engels, nel loro celeberrimo Manifesto, parlando del nuovo tipo di sfruttamento caratteristico della societ borghese, affermano che In una parola, al posto dello sfruttamento mascherato da illusioni religiose e politiche, ha messo lo sfruttamento aperto, spudorato, diretto, indifferente.64 Constatando il salto di qualit rappresentato dalla moderna societ dei consumi, possiamo ben affermare che ora lo sfruttamento viene di nuovo mascherato, ma stavolta gli sfruttatori fanno appello al benessere, al prestigio personale, allo status e alle possibilit di scalata sociale. Ci non toglie che di sfruttamento sempre si tratti. Liniziativa nel campo della contestazione radicale venne presa soltanto da piccoli gruppi extraparlamentari, nati anche grazie allimpulso sempre pi forte dato dalla critica ai partiti e ai sindacati tradizionali. Certamente, la possibilit daccedere ad una pi ampia variet di consumi privati e pubblici e lemancipazione dalle gerarchie padronali di stampo feudale presenti nelle campagne furono raggiunti; tuttavia, ci non fa del nuovo sistema una panacea in grado di liberare lintera umanit dalla sofferenza e dalla fame, anzi, promuove la nascita di un nuovo sistema di sfruttamento e di accumulazione capace di indebolire e soffocare le spinte centrifughe e gli anticonformismi con la promessa del benessere, dellarricchimento personale, della scomparsa della povert: tutte belle promesse che svaniscono appena uno volge lo sguardo verso le profonde contraddizioni presenti nel sistema e da esso alimentate. In primis, loscena condizione di sfruttamento a cui sottoposta gran parte dellumanit che permette allaltra piccola parte di godere i benefici della societ del benessere. Benefici per molti versi relativi, dacch si basano sullutilizzazione di materie prime non rinnovabili e creano allinterno della societ opulenta gravissimi problemi di squilibrio sociale e contraddizioni ancor pi insopportabili: solo per citare un esempio, mentre si spendono ingenti somme nella ricerca medica e nel mantenimento dei sistemi di sanit pubblica che hanno s dato importanti risultati per quel che concerne il debellamento di molte malattie prima mortali, dallaltra parte poco si fa e si fatto per contrastare linquinamento industriale e domestico responsabile di non pochi morbi. La mancanza dazione in questo senso motivata dal timore di rallentare la crescita economica, primo e principale obiettivo del governo di un paese, e senzaltro, per gli economisti, indice dellabilit dei politici nel creare le condizioni per il benessere della sua popolazione. La profusione di nuove merci, anche a portata di mano di quei settori

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Marx, Karl, ed Engels, Friedrich, Manifesto del Partito Comunista, Milano, BUR, 1998, pag. 55.

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storicamente esclusi dai consumi di beni durevoli, si dimostra essere abilmente pilotata e gestita dai grandi gruppi industriali e dalla pubblicit. Non stata di certo la loro bonariet ad averli portati a condividere merci prima gelosamente riservate solo a pochi privilegiati, quali segni del loro status e del loro prestigio sociale. Il motivo di questo cambiato atteggiamento molto semplice, e lo si pu ritrovare nello spirito che ha da sempre guidato lagire del capitale: la possibilit di fare profitti. La dimensione raggiunta dalle fabbriche ed i livelli di produttivit sempre crescenti abbisognavano disperatamente di nuovi acquirenti, altrimenti allorizzonte si prospettava nuovamente la minaccia di una crisi. Dando alle classi sfruttate maggiori disponibilit economiche mediante luso di politiche fordiste oppure con lo Stato che funge da mediatore in linea con le idee keynesiane dintervento pubblico a sostegno delleconomia e attuando una politica di sollecitazione al consumo, si riusc a far ripartire la macchina dellaccumulazione capitalistica, giocando anche la carta dellaumento del benessere dei ceti bassi. Un benessere relativo per, che nasconde tutte le insidie e le storture di un sistema che basa il proprio successo sul controllo della domanda dei prodotti che esso stesso produce, e allo stesso tempo, sul mantenimento di uno squilibrio internazionale nella distribuzione e nelluso delle ricchezze del pianeta. Benessere che spesso e volentieri si confonde e si riduce soltanto al ben-avere,65 ossia, confondere il mero possesso e lampia scelta di merci a disposizione sul mercato col stare bene realmente (il ben-essere), non solo in senso materiale o economico. Nulla di tutto ci ha fatto per cambiare idea agli economisti che ancor oggi predicano i dogmi del mercato libero, la concorrenza salutare e del libero arbitrio dei consumatori. Siamo succubi di un sistema di pianificazione ideato solo per raggiungere gli scopi del sistema industriale, e cio, produrre sempre di pi, senza avere altro traguardo che quello della crescita fine a s stessa. Tutto il benessere della societ occidentale dipende da pochi fattori: l'aumento della produzione e la crescita del PIL, in cui vengono sommate tutte le cose che si producono senza far uso di alcun discriminante, anche se a nessuna persona ragionevole verrebbe in mente di mettere sullo stesso piatto la produzione di armi e quella di cibi in scatola. Contribuiscono ad accrescere i numeri del PIL anche tutte quelle spese a carico della collettivit che servono a riparare i danni causati dalla corsa frenetica allo sviluppo, causa principale di innumerevoli problemi per la salute umana e ambientale innati nello stile di vita delle societ industriali e post-industriali. Spetta anche alla corsa dissennata verso la crescita
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Ho preso questo termine da Latouche, Serge, La megamacchina, Torino, Bollati Boringhieri, 1995, pag. 145.

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di garantire l'occupazione che permette agli individui di godere un livello di vita mai conosciuto prima nella storia umana, e quindi lo Stato, attraverso la tassazione dei redditi dei lavoratori e delle imprese, pu garantire un livello minimo di Welfare state, ovvero quellinsieme di garanzie e protezioni per le persone disoccupate o indigenti, nonch la pubblica istruzione, la sanit garantita per tutti, ecc. Qualsiasi tentativo d'arresto sarebbe dannoso per tutti quanti, anzitutto per le persone che verrebbero a trovarsi senza lavoro per causa della diminuita produzione e della minore richiesta di servizi. Tutto ci non ha fatto che alimentare quel circolo vizioso in cui si venuto a trovare il proletariato66 dei paesi industrializzati: se da un lato la solidariet nei confronti delle problematiche del Terzo mondo sempre pi diffusa, grazie anche alla maggiori visibilit dei problemi internazionali data dalla globalizzazione dei media ed il miglioramento delle comunicazioni su vasta scala, dallaltro il relativo benessere dei lavoratori delle societ opulente dipende dal sistema di sfruttamento messo in piede dallapparato industriale-finanziario, principale responsabile a sua volta, della condizione di miseria in cui si trova gran parte del mondo sottosviluppato.

I limiti del benessere

Possiamo essere certi che la prosecuzione degli obiettivi del sistema economico sia l'unico modo per garantire il benessere della societ? Ci siamo mai fermati ad analizzare il modo in cui questo benessere nostro stato costruito costringendo a gran parte del genere umano a vivere in condizioni di estrema povert? Possiamo fidarci ciecamente della sicurezza economica e occupazionale offertaci dal sistema industriale, quando questa sicurezza si basa sullaumento continuo della produzione, la crescita ed il consumo? Non basterebbe applicare le stesse formule anche nel Terzo mondo per far s che questo si risollevi dalla sua condizione di miseria e sfruttamento? Il capitalismo e lindustrializzazione sinternazionalizzano, e come bene spiega Beaud, Lattuale sistema capitalista mondiale , su una scala mai raggiunta finora, al contempo unico

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Per la definizione questo concetto mi rifaccio a Negri e Hardt: Con proletariato intendiamo riferirci dunque non solo alla classe operaia di fabbrica, ma a tutti coloro che producono, subordinati e sfruttati, sotto il comando del capitale. Op. cit. Negri, Antonio, e Hardt, Michael, Impero, Milano, Rizzoli, 2001, pag. 244. Come vediamo, il passaggio da uneconomia in cui gli occupati nel settore industriale sono la maggioranza, ad uneconomia in cui il settore terziario diventato quello predominante, non ha sancito per nulla la scomparsa del proletariato; bens ne ha segnato una modificazione della sua composizione. Finch rimarremo in un sistema economico guidato dalla logica dellaccumulazione capitalistica lo sfruttamento del proletariato continuer ad esistere.

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(mercato mondiale, multinazionalizzazione della produzione) e diversificato (disparit di costi della forza lavoro, forti differenze nei valori nazionali di una stessa merce).67 Lindustrializzazione, la liberalizzazione delleconomia e limitazione degli stili di vita occidentali vengono proposti come gli unici palliativi in grado di ridurre il divario tra i paesi supersviluppati e quelli non ancora sviluppati. Levidente fallimento di queste proposte stanno sotto gli occhi di tutti, basti vedere le conseguenze dei programmi di aggiustamento strutturale proposti dal Fmi ai paesi sottosviluppati, non pi in grado di pagare i prestiti dati dallo stesso organismo per favorire lo sviluppo economico di questi paesi. Questi programmi non hanno fatto altro che sancire la dipendenza dal Fmi e dai capricci del mercato internazionale dellintera economia dei paesi sottoposti ad aggiustamento, costringendoli a cancellare le poche garanzie sociali esistenti e privatizzando selvaggiamente tutti i servizi pubblici, ora in mano a grandi gruppi multinazionali. Tutta la ricchezza prodotta da un paese che applica le ricette economiche ed i programmi daggiustamento del Fmi, viene utilizzata per pagare i prestiti e gli interessi dei prestiti accumulatisi con gli anni, arricchendo i paesi creditori, che di per s sono i paesi pi ricchi e sviluppati del pianeta. Tornando ad occuparci del benessere del Primo mondo, esso innanzitutto poggia su delle basi molto fragili, ed alquanto relativo, poich perfino allinterno di quello che viene considerato come il Primo mondo rimangono ancora grandi sacche di povert, disoccupazione o occupazione precaria e/o temporanea. La totale dipendenza da fonti denergia non rinnovabili, in particolare del petrolio, oltre che mettere delle serie ipoteche sul futuro dellumanit e causare problemi ambientali di cui non si conosce ancora la portata, sono fonte di continui conflitti internazionali per il suo controllo e distribuzione (la questione del petrolio sta dietro gli ultimi scenari di guerra a livello globale, lAfghanistan e lIraq, anche se ufficialmente le cause dello scoppio di questi conflitti si vogliono attribuire allo scontro di civilt), alimenta tutta una serie di comportamenti tendenti allo spreco energetico, sia in ambito privato che in settori chiave delleconomia dei paesi industrializzati. Lesempio che ci mostra pi di tutti la fragilit di un legame cos stretto tra il petrolio e le possibilit di successo della nostra economia lo si pu vedere gi nelle conseguenze sociali di una pur lieve crisi quale fu quella del 73. O ancora, la gestione della moderna agricoltura industriale europea, responsabile di innumerevoli problematiche ambientali ed economiche. Com noto, il settore primario nellUE ha bisogno di una forte politica di sovvenzioni comunitarie e controlli pubblici per scongiurare il rischio della sovrapproduzione, che provocherebbe conseguentemente

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Op. cit. Beaud, Storia del capitalismo, pag. 279.

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labbassamento dei prezzi delle derrate agricole e quindi la crisi totale del settore. Ebbene, anche un settore che si penserebbe poco dipendente dalle dinamiche del prezzo del greggio come lagricoltura, nel caso di unimprovvisa impennata delle quotazioni o della sua mancanza si troverebbe in difficolt: oltre al combustibile necessario per far andare le macchine agricole, tutta la filiera della produzione agricola moderna ha bisogno di una continua immissione di sostanze chimiche, fertilizzanti, diserbanti ed altro ancora per garantire la produzione, sostanze cui prezzo strettamente legato a quello del petrolio. Lesasperata ricerca di pi alti livelli di produttivit agricola, oltre che favorire la sovrapproduzione, lesaurimento dei campi, linquinamento delle falde e leutrofizzazione dei fiumi con la conseguente comparsa di mucillagini sulle nostre coste, colpevole di trascurare la qualit dei prodotti agro-alimentari; la civilt industriale ha portato insidie alla salute umana anche sulle tavole. Inoltre, la politica di sussidi al settore primario, finora, oltre a favorire lo sviluppo di unagricoltura per certi versi pericolosa per la salute umana (senza rallentare lo svuotamento delle campagne) e a cui destinata met del budget comunitario, in aperto contrasto con le politiche ultra-liberista sbandierate da gran parte dellestablishment e dagli organismi internazionali come soluzione ai problemi dei paesi poveri. Il problema risiede nel fatto che il libero mercato finora rimasto come unimposizione per i poveri e un optional per i ricchi, che lo applicano secondo convenienza. Unanalisi simile potrebbe essere effettuata in ogni singolo settore economico, e le contraddizioni e gli inganni che ne verrebbero fuori non sarebbero di certo minori. Lanalisi delle aberrazioni pi evidente della societ industriale (che diverranno ancora pi forti nella cosiddetta societ post-industriale) immancabilmente portano a luce le storture presenti su scala internazionale, le quali ci conducono direttamente al suo fautore: il capitalismo. Allinizio di questo lavoro mi sono posto la domanda se fosse possibile immaginare lo sviluppo economico dentro il sistema capitalista senza il consumismo; pensando erroneamente che il consumismo fosse una deviazione evitabile rimanendo sempre allinterno della cornice dellaccumulazione capitalistica. Ora, dopo aver analizzato le dinamiche in cui questo fenomeno nacque e sespanse, mi risulta difficile ipotizzare una societ non-consumistica rimanendo dentro lambito dello sviluppo del capitalismo industriale: lo stesso concetto di sviluppo verrebbe limitato o annullato dalla mancanza di un sistema di sollecitazione al consumo in grado di creare artificialmente livelli di domanda pronti ad assorbire quei prodotti e servizi sfornati in continuazione dal sistema economico. E come sappiamo, qualsiasi limitazione o intoppo alla crescita economica tende ad essere eliminato dal sistema stesso, sempre alla ricerca 65

di nuovi mercati dove espandersi o, quando non esiste la possibilit di andare oltre vista la limitatezza della superficie terrestre il capitalismo saccanisce sui mercati gi acquisiti cercando di spremerli il pi possibile, puntando precisamente sulla promozione del consumismo esasperato. Lespansione della sfera della circolazione pu essere realizzata potenziando i mercati esistenti allinterno della sfera capitalistica con linduzione di nuovi bisogni e desideri. E tuttavia, la quantit di salario a disposizione del lavoratore per il consumo e la necessit da parte del capitalista di accumulare sono limiti che ostacolano rigidamente questa espansione. (...). Per il capitale, lunica soluzione efficace di guardare oltre se stesso e scoprire dei mercati non capitalistici in cui scambiare le merci e realizzare il loro valore.68

Il fallimento delle rivendicazioni

Le richieste portate avanti da alcuni dei movimenti sessantottini e, soprattutto, quelle proposto dai sindacati durante lAutunno caldo, col senno di poi, si possono ritenere non del tutto giuste, poich miravano quasi esclusivamente alla parificazione del livello dei consumi con la borghesia. Non intendo dire con questo che fosse sbagliato scendere in piazza e alzare il livello dello scontro, tuttaltro, la mia critica si rivolge contro ristrettezza dorizzonti dimostrata dai sindacati che indirizzarono la mobilitazione popolare verso traguardi non abbastanza ambiziosi: poter consumare come i ceti superiori non volle dire e non vuol dire ancora adesso raggiungere un livello di vita migliore, bens costituisce soltanto una specie di risarcimento materiale dato in cambio per le penose condizioni di lavoro, linquinamento ambientale, lo sconvolgimento della vita di tante persone costrette ad adattare le loro vite alla volont di un padrone, la distruzione delle risorse del pianeta a vantaggio di pochi, e molto altro ancora, questi che ho nominato non sono che alcuni dei problemi con cui il proletariato ha a che fare in tutto il mondo. La portata di queste richieste, esasperate col passare degli anni per via della totale negazione di qualsiasi concessione da parte del padronato e del governo; insieme allavvento della stagione del terrore provoc, col trascorrere degli anni, il confluire di gran parte del movimento in quellappiattimento conformista caratteristico di larghi settori della societ verso la fine degli anni 70 e per tutti gli anni 80. Per altro, i settori da sempre privilegiati e quelli arricchitisi considerevolmente
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Op. cit. Negri e Hardt, Impero, pag. 213.

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grazie al miracolo, non vedevano con buoni occhi lavanzata salariale delle classi inferiori, desiderose comerano di mantenere il divario ad ogni costo (spesso durante la stagione dellAutunno caldo gli impiegati scioperarono proprio per mantenere nelle giuste misure il divario con gli operai), quindi la rincorsa dei ceti bassi diventa infinita. Anche perch la stessa borghesia impegnata nella rincorsa di consumi pi alti, quello delle star del cinema, della vecchia e nuova aristocrazia, dei personaggi da rotocalco, ecc. Questeterna rincorsa di modelli di consumo superiori uno dei motori che tengono in piedi leconomia, costituisce una delle pi forti spinte al consumo e al ricambio delle merci, fatta grazie allabilit della pubblicit nel convincere le persone che sia possibile migliorarsi attraverso lacquisto di determinate merci o servizi. Inoltre, questi processi di livellamento e miglioramento salariale innescano quei fenomeni descritti da Marx e che io propongo qui con le parole di Negri e Hardt: Le lotte proletarie costituiscono in termini reali, ontologici il motore dello sviluppo capitalistico. Costringono il capitale ad adottare livelli tecnologici sempre pi avanzati e, in tal modo, trasformano il processo lavorativo.69 Cos facendo, oltre ad aumentare i profitti e la produttivit, si modifica profondamente la struttura della classe lavoratrice, spezzandone lunit e creando tutta una nuova serie di rapporti di produzione in cui nascono nuovi gruppi privilegiati ma anche nuovi diseredati. E il caso delle societ post-moderne, le cui economie sono caratterizzate dalla forte presenza del terziario e dalla scomparsa dellidentificazione proletario uguale operaio dellindustria. In economie come queste, il proletariato multiforme e si trova ad avere a che fare con nuove forme di sfruttamento e insicurezza, prima fra tutte, il lavoro precario o a tempo determinato. Allo stesso tempo, il nuovo proletariato possiede una preparazione culturale maggiore ed inserito in settori chiave de leconomia dellinformazione. Il suo potenziale di contestazione dellordine stabilito non s affatto affievolito, solo una questione di trovare nuovi modi per esprimersi e convogliare le proprie forze. Negli anni 70 prevalse la convinzione che niente sarebbe cambiato, quindi le richieste e le manifestazioni avevano principalmente (anche se non per tutti: cerano frange pi politicizzate attente ad altre tematiche) lo scopo di strappare al padronato qualche concessione salariale, trascurando volutamente o a causa dei continui fallimenti, la ricerca di un mutamento profondo che riuscisse a cambiare i rapporti di forza ed il modello di societ verso cui si avviava il Paese. Il fallimento dellesperienza dellAutunno caldo pu anche essere attribuito al mancato raccordo fra i settori pi

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Op. cit. Hardt e Negri, Impero, pag. 199.

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allavanguardia del movimento e settori pi ampi del mondo operaio (e della societ nel suo insieme), raccordo non favorito da sindacati troppo impegnati nel contenere i settori pi intransigenti che scavalcavano in continuazione i suoi confini, piuttosto che nel cercare di creare punti di contatto tra le diverse anime del movimento onde favorire la creazione di un soggetto sociale il pi ampio possibile e quindi in grado di ottenere il cambiamento del paradigma dominante nella societ italiana. Paradigma che la guidava e la portava soprattutto verso il consumismo, la produzione fine a s stessa, il possedere simboli di status: tutti bersagli dei settori pi anticonformisti allinterno del movimento sessantottino. Vittorio Foa a questo proposito sostiene: Il principio di autorit era stato scosso ma non si era creata una nuova autorevolezza, un diverso disegno della vita. Il consumismo come dogma dei consumi privati rimase sovrano. (...). Ma la lotta operaia, pur nella sua grandezza morale, nella sua affermazione di valori diversi da quelli del mercato, era per ancora dentro il modello dei consumi privati. Certo, essa si anche data come obiettivo il servizio pubblico collettivo, ma la spinta profonda della lotta fu sempre la richiesta di rompere un muro dinferiorit sociale, di essere come gli altri, che voleva dire consumare come gli altri.70 Le conseguenze della mancanza di anche un minimo segnale di cambiamento, sommate alle riforme incomplete e presto vanificate dalla comparsa della crisi petrolifera approfondiranno il divario tra politica e societ civile in maniera pi che evidente. Questa separazione si manifester pienamente nello scontento giovanile caratteristico delle sommosse del 77, che a differenza di quelle del 68 non andranno oltre lambito studentesco e in cui il senso di smarrimento e la mancanza di prospettive di futuro prevarranno sulle istanze di cambiamento della societ. La carica di profonda disillusione (alimentata anche dallaumento della disoccupazione giovanile, fenomeno quasi sconosciuti nei decenni precedenti) nei confronti del mondo politico, e della societ degli adulti in genere, spesso trover modo di sfogarsi in atti di violenza prima inconcepibili, come ad esempio la diffusione delluso darmi da fuoco tra i membri dei servizi dordine in occasioni delle manifestazioni di protesta. Laltra faccia dellallontanamento della societ civile dal regime partitocratico pu essere ritrovata nella diffusione dellindividualismo esasperato, in cui prevale soltanto la volont darricchimento personale, raggiunto molto spesso a scapito dei diritti della collettivit ed in netto contrasto con le leggi dello Stato, resosi colpevole di favorire questo modello per via di un lassismo spiegabile solo dalla paura di perdere i voti di quei settori agiati

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Foa, Vittorio, Questo Novecento, Torino, Einaudi, 1996, pag. 317 [corsivo suo].

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che continuavano ad arricchirsi approfittando della totale mancanza di controlli e sanzioni.71

Consumismo contro democrazia

Nel libro di Ellen Meiksins Wood, Democracy against capitalism,72 lautrice analizza come il capitalismo, mentre ha permesso lallargamento della cittadinanza a quasi tutti le persone nellambito degli stati nazionali, al tempo stesso ha svuotato di significato la portanza politica del concetto di cittadinanza. Nella democrazia ateniese, pur con tutti i suoi aspetti negativi (in particolare la schiavit e la negazione dei diritti politici alle donne), anche i contadini e gli artigiani potevano accedere alla cittadinanza. La cittadinanza non solo permetteva loro di avere voce e voto in ambito politico, ma voleva anche dire che la maggioranza della popolazione faceva valere le sue ragioni. Ad Atene la cittadinanza non veniva conferita solo ai grandi proprietari terrieri o ai ricchi commercianti, perfino gli artigiani o i piccoli contadini erano in grado di ottenerla, dovevano solo essere ateniesi. Questa organizzazione sociale permetteva a queste persone di godere pieni diritti politici e, soprattutto, di far fruttare il loro lavoro esclusivamente per s, senza dover sottostare ai soprusi dei ceti economicamente pi forti, poich sul piano giuridico e politico, tutti i cittadini godevano degli stessi diritti. Nelle moderne democrazie Occidentali, impostate secondo la tradizione angloamericana e caratterizzate dalla rappresentativit dei singoli cittadini in un parlamento, lestensione del diritto di voto al proletariato e alle donne venne accompagnata dalla perdita di quella forte valenza che aveva la cittadinanza ad Atene. La rappresentanza dei ceti pi bassi in Parlamento, nei casi in cui non viene direttamente operata dalla borghesia o dai ceti pi agiati, sorganizza in modo di far s che la maggioranza della popolazione conti poco o nulla in Parlamento. Ed anche nei casi delle democrazie pi avanzate, dove questi scogli alla rappresentanza popolare vengono meno (anche se in ogni caso si deve far fronte allastensionismo ed alla continua estraniazione della popolazione dalla politica), ci si ritrova di fronte al dato di fatto che nellambito dellaccumulazione capitalistica, la sfera politica s completamente distaccata dalla sfera economica, perdendo la capacit di controllo e regolazione, per non parlare nemmeno di indirizzarla verso obiettivi che rispondano alle esigenze umane e non a
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Ho gi fatto riferimento a questo fenomeno nella parte finale del secondo capitolo. Democrazia contro capitalismo [tr. dellautore].

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quelle dellespansione del capitale. Nessuno vuole contestare il chiaro avanzamento fatto sul terreno dei diritti politici e sociali, e dalla diminuzione delle differenze e le discriminazioni tra i sessi e tra le razze nei paesi del capitalismo avanzato. Il problema risiede nel fatto che la capacit di contrattazione nei confronti del mondo economico di questi nuovi diritti stata ridotta a livelli infimi. Lampliamento del diritto di voto ai ceti proletari non ha posto indugi allespansione imperialistica n tanto meno allo strapotere dei grandi gruppi multinazionali, in grado di movimentare pi risorse di capitale ed umane degli stessi stati nazionali, scavalcando i confini secondo le proprie convenienze. Inoltre, il radicamento delle prerogative del capitale in ogni sfera della vita umana (soprattutto in quella lavorativa, ma non solo), e cio, della crescita e dellaumento della produttivit ad ogni costo e in qualsiasi condizione ha definitivamente inglobato la sfera privata (quindi anche quella politica) dentro le logiche del capitale. Questo vale sia per il caso della sollecitazione di impulsi, bisogni e desideri di consumi congrui alle aspettative e necessit del sistema economico e della sua tecnostruttura (indipendentemente dal fatto che si tratti del settore secondario o terziario, cambiano solo i prodotti/servizi forniti, ma non le logiche che stanno dietro alla loro creazione); costringendo quindi la gente a lavorare pi del dovuto per potere cos procurarsi sul mercato i beni che fanno comodo allapparato economico. Le stesse contraddizioni appaiono anche al momento delle elezioni, in cui le campagne di propaganda politica vengono sempre di pi gestite allo stesso modo in cui vengono orchestrate le campagne di propaganda commerciale: si punta tutto sullimmagine e le caratteristiche fisiche dei candidati, spettacolarizzando in stile hollywoodiano le loro presentazioni televisive e riducendo i loro progetti politici con semplici slogan ad effetto (come se scegliere un determinato partito o candidato fosse paragonabile alla scelta tra due marche diverse di pasta). In questo modo, lappiattimento dellagire politico e delle scelte dei partiti sono allordine del giorno, persino i partiti della sinistra moderata ispirati dalla socialdemocrazia e dal riformismo si trovano con le mani legate in materia di politica economica, di fronte allinevitabilit delle scelte decise dai gruppi dirigenti delle multinazionali; e spesso diventano anchessi zelanti difensori della liberalizzazione delleconomia, sempre chiaramente in nome della crescita e lo sviluppo economico, minacciati dalla rigidit della legislazione dello Stato Sociale. Lo sviluppo del consumismo si consolida legando la creazione di posti di lavoro (e conseguentemente anche la stabilit sociale e la sicurezza economica che dipendono dalloccupazione del maggior numero possibile di persone) alle prerogative del sistema economico internazionale e le sorti della politica alle decisioni dei consigli 70

damministrazione delle multinazionali, concentrati soprattutto nellincrementare i propri dividendi ed accrescere le loro quote di mercato. In ultima istanza le grandi multinazionali e soltanto se ci pu risultare conveniente ai fini delle loro tecnostrutture possono anche pensare a condividere obiettivi che favoriscano la crescita non solo materiale della collettivit. Lagire dei sindacati, i programmi e gli orientamenti dei partiti politici e, come ho cercato di dimostrare prima, le elezioni nei sistemi democratici rappresentativi strutture fondamentali per il buon funzionamento della democrazia vengono cos soggiogati irrimediabilmente alle scelte spietate del capitalismo. E questo il triste corollario che possiamo trarre alla fine di questo lavoro: pur possedendo istituzioni che in teoria rappresentano lintero spettro sociale e che sarebbero (o almeno dovrebbero esserlo) in grado di convogliare le richieste ed i desideri provenienti dalla societ in agire politico, condizionando quindi le scelte economiche per far s che queste si adattino meglio alle reali necessit della collettivit, e in particolare di quei settori pi svantaggiati, il sistema capitalista ha trovato il modo di scavalcarle e di far prevalere i propri bisogni, mettendo in questo modo a repentaglio la sopravvivenza stessa della specie umana su questo pianeta.

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Chapter Four

Conclusions

The purpose of this thesis is to shed some light on the birth of the affluent society in Italy, treating in particular the post-war period up to 1973, the year of the Arab-Israeli war which caused the first global oil crisis. I decided to take on this particular argument because my attention was caught by the way how some rituals of consumption in the modern Western society have gradually degenerated up to the point of becoming a social illness, causing as well many environmental and economic problems. On one side, environmental problems mostly concern the disposal of enormous quantities of industrial and domestic waste, which day after day is becoming a critical problem in several Italian and European regions; furthermore, the massive use of plastics is nowadays widespread all over the world and it is present in almost every passage of the economic system. On the other side, the economic implications inherent in the affluent society imply that economic development (and thus employment and social stability) relies mostly on the continuous increase of the consumption of the goods and services offered by the industrial apparatus. In doing this, the economic establishment acts through two main means: increasing the offer of consumption credit and launching massive advertising campaigns. The main role played once in economics by production has been displaced by consumption; proof of this, is the amount of money which increasingly flows towards advertising agencies and related sciences, in charge of concocting new ways of inducing people to use greater and greater amounts of their income to buy new goods. My research looks backwards to mid-nineteenth century, trying to trace back in time the beginning of all those phenomena which set up the roots of the affluent society and consumerism in the Western capitalist world, to focus then my attention in the period of the Italian economic miracle with all the consequences it had on social, political and economic relations.

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The first chapter starts by giving a definition of consumerism, aided in this by different sources which contribute to build a theoretical frame capable of supporting my critical approach towards modern consumer society and the economic system laying behind it, namely capitalism. In short, consumerism is the artificially stimulated creation of new habits of consumption by the industrial apparatus in the context of the modern mass society. Such new habits tend to contrast with traditional consumption habits, so that new products and costums need to be widely cultivated by advertisement before rooting definitively in a determinate social context. Another important characteristic of modern consumer society is that not only consumption of new goods needs to be accelerated, but also, these new goods proposed to the public tend to have an artificially limited life span (be it due to the effective bad quality of the product or be it because it has become out of fashion, socially inducing the need of a replacement), introducing once again a new potential factor of environmental pollution and consumeristic exacerbation. After defining the object of this study, I carry on giving a historical excursus on the history of consumerism taking into consideration the century that goes from 1873 up to 1973. I do not analyse the history of the rise of the affluent society in one country in particular (although many parts of it are referred mainly to the US due to its role as leading country of worlds capitalism: as a matter of fact, the fundamentals of the consumer society first appeared in the Twenties in the US). My purpose, instead, is that of seizing those particular phenomena developed in worlds capitalistic system from the 1873 crisis on. This crisis marks a very important shift in the history of economic relations: the Great Depression that started in 1873 was the first crisis caused by overproduction, meaning with this that the availability of goods went over the markets capacity to absorb them, causing an abrupt price fall and a series of bankruptcies that affected mainly the smaller banks and the smaller industrial groups, less capable of adapting to the new market situation. As a consequence of this, banks and industrial groups which benefited from bigger capital availability joined together in the race for the bankrupted societies, giving birth to the first trusts, ancestors of modern multinational companies. Another reaction to the crisis was the increase of customs barriers between major European nations, in order to protect local market and national industry from foreign competition, but as a counterpart, European countries increased the competition for new colonies in the rest of the world in order to find new markets to place the increasing amount of goods produced by industry, and at the same time, to find new raw materials reservoirs, opening the sad season of European Imperialism. 73

This race to conquer new lands managed to avert the risk of war between the European great Powers for some decades, but eventually it exploded in 1914, seeing the confrontation of the most powerful nation in the world at the time, Great Britain, and one of the newcomers on the scene of the industrialized Powers, the German Empire. At this point one might be tempted to think, what has all this got to do with the formation of the consumer society and of consumerism? Well, while the European Powers economic and social situation at the end of WWI was completely disastrous, the USA, which had entered the war in 1917 and did not suffer the weigh of the armies in its territory, increased its gold reserves and the capacity of its productive system by means of selling foodstuff, weapons and war materials to the other members of the Entente. The enormous growth of its industrial system was aided as well by the introduction of the Taylorist and Fordist models of industrial organisation, which made productivity figures rise to levels never seen before. When the war was over, much of that industrial capacity was destined to be seriously cut unless some new market outlet was found to it. This outlet was to be found in the American population, which consequently underwent a massive consumerist indoctrination, leading to the abandonment of the traditional puritan way of thinking, in which saving and self-sufficiency played an important role. This mentality was constantly demonised by specifically designed advertisement campaigns that in the course of a decade managed to change an entire society, giving birth to the first mass consumer society in the world. This situation, so far, could only be found in the USA, since major European countries would struggle to recover from the ravages of war throughout the Twenties. An important challenge to the consumer society was the 1929 Wall Street Crash, an event that reached global dimensions, affecting not only the most developed nations, but the whole of the economic system showing the level of connection reached by capitalistic economy, not only between the Powers and its colonies, but also between the financial systems of the rich countries. Traditional economic measures (following the indications of liberal economist) were not able to solve the problems created by the Crash, above all unemployment, which was cause of growing social unrest and industrial paralysis (no jobs meant no wages, thus stagnation). American Trade Unions, following the positive experience at the Kellogg industries, proposed the job sharing policy, that is to say reducing the numbers of hours each worker had to spend in the factory in order to give more people the chance of getting an occupation. Implementing this policy would had meant less working hours and slightly reduced wages, so that people would have had more free time to spend in non-economical activities, out of the 74

reach of the market. Unfortunately, Roosevelt, who at first seemed to share the Trade Unions point of view, fearing retaliation from the owners and the industrial class, which insisted on saying how dangerous the job sharing policy might have been to the American working spirit, reducing the USA to an undeveloped state, full of lazy people and moreover, unwilling to work for more than what was necessary, the real fear for the American establishment. If people were willing to work just for the amount of time needed to provide for their living, all the efforts carried out by advertisement campaigns intended to urge the purchase of new and often unnecessary goods, would have been vain. The New Deal president preferred to approve the NIRA, a series of Keynesian economic policies aimed at increasing occupation by stimulating the private sector with public money, increasing the number of civil servants and introducing a plan of big, publicly financed infrastructures intended to create new jobs and thus bringing the economy back to life. Even though all the efforts made by the Roosevelt administration to improve American internal situation, only WWII provided the thrust needed to restart industrial production and therefore employment and internal consumption. After World War II, the USA were undoubtedly the first world Power in terms of economical and military power, having taken advantage of the war to grow at an impressive rate while again Europe find itself totally devastated after five years of a shattering war, fought with the precise objective of annihilating the enemy. On the other bank of the river, a new economic Power is raising from war destruction, the Soviet Union, proposing a completely different conception of economy, society, politics and production. The friendship bond that linked the two super Powers in the fight against the common Nazi-fascist enemy was broken after Roosevelts death, starting the atomic race and Cold War. In this confrontation context, world was divided in influence areas, the Western and the Soviet blocs, each Power influenced heavily the political and economical course of the countries belonging to each of the blocs. The USA played an important role in the reconstruction of Western Europe economies, and at the same time, it made them complementary to the American monetary system, linking tightly the fortune of the two sides of the Atlantic. In this new global context, American industry found the necessary outlet of it productivity directing the amount of goods in excess to cover the European needs of industrial, agricultural and military goods (the armies of the North Atlantic Treaty were refurnished by the US), developing the nuclear weapons sector and increasing internal consumption.

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This was possible thanks to the appearance of a new mass media: commercial television. Using the new tool, commercial advertisements reached directly American homes, giving further impulse to the affluent society and consumerism. The financial and industrial concentration process continued, reaching almost monopolistic levels, supported this time by the introduction of a new type of enterprise organisation: the technostructure. Companies are no longer guided by a sole figure, the omnipresent capitalist manager, responsible of all the decisions taken. The huge amounts of money invested in the ideation and production of a new product by modern companies required a solid network of intermediate groups of highly prepared technical employees, whose task was to control all the processes linked to the realisation of new products. Launching a new product or a new line of products has become an extremely delicate operation due to the amounts of capital and time required by the design, ideation, planning, manufacturing and advertise, thus it is an essential requirement to guarantee a large number of customers ready to purchase it. This amount of willing-to-buycustomers is provided thanks to the joint work of advertisement campaigns and technostructure, in charge of leading the direction publicists should take and, first of all, of providing the necessary financial support to the advertising system. Other than being focused on making profit for its company, the technostructure pursues two main goals: developing to the biggest extent possible, surviving the negative economic periods, and being able to generate the maximum demand available to the goods it is in charge of producing and selling. In the second chapter I deal specifically with the development of the affluent society in the post-war Italy, that is, from 1948 up to 1973. I have chosen this period in particular because the birth of this new type of economic and social organisation coincides with other important novelty: after centuries of misery and sufferings, an important part of the Italian population can finally receive part of the benefits of economic growth and live in an political context no longer dominated by small aristocratic groups or the terror and repression of a fascist regime. After the referendum celebrated June 2nd 1946, Italians chose democracy, obliging the members of the Savoia royal house to flee for exile. Democracy, however, didnt automatically mean enjoying a better quality of life and total freedom of speech and thought. Being in the context of the Cold War, with Italy firmly attached to the Western bloc, the relative majority party (Democrazia Cristiana, or Christian Democratic party) allied with the small pre-fascist parties, excluded in 1947 the Opposition parties (formed by the Italian Socialist Party and the Italian Communist Party) from the government of National Unity, obeying an 76

American diktat. This started a period of uninterrupted Christian Democratic governments which lasted until 1992 when this political stall was swept away by the Mani Pulite scandals. The strategy of the party was quite simple as a matter of fact: it consisted mainly in isolating the main Opposition party, the Pci (the Communist Party), through different alliances with smaller parties in order to find itself always with the majority of votes in the Houses of Parliament. The lack of a real alternative in the government of the country meant increasing cases of corruption and patronage politics causing the waste and embezzlement of colossal sums of public funds, particularly in Southern Italy, historically the most penalised region in terms of occupation, education, public safety and wealth. Paradoxically, Southern Italy was the region supposed to receive most of public funds in order to reach at least the conditions of the North and Central areas; however, most of the money destined for the South finished in the wrong hands, filling the pockets of corrupt public servants, criminals, mafia groups and so on, creating just a series of useless and unproductive industrial sites, totally out of context in the economy of the Mezzogiorno.73 In this environment of political immobility, the entire country goes through a deep change in its social composition and in the distribution of the population. The quick economic growth started in 1948 (thanks to approval in the US of the Marshall Plan consisting of loans and supply of raw materials and machinery at very advantageous interest rates). The GDP rates grew constantly until 1963, reaching its highest peaks from 1958 until 1963 and the extraordinary levels of productivity and wealth reached all along this years induced historians to call it the period of the economic miracle or economic boom. The most important sectors of the period were mainly car manufacturing and engineering, which explains the elevation of the FIAT Cinquecento and the Vespa motorbike as symbols of the Sixties in Italy and the economic miracle. Nothing was left untouched by the miracle: industrial cities in the North West saw the arrival of several thousands of people which left the economically depressed countryside hoping to find new life prospects there. The lack of adequate urban development plans favoured unscrupulous construction entrepreneurs who took advantage of the need for new housing for the immigrants, becoming responsible of severe environmental disfiguration and the construction of low quality buildings (which, other than being architectonically horrendous, lacked of the minimum necessary public services, such as sewage, public transportation, parks, libraries, etc.). New consumer
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In analogy with the French word Midi (midday), used in the English language to talk about Southern France; in Italian the same word, Mezzogiorno, is normally used to make reference to Southern Italy.

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habits coming from the USA and diffused by the mass media, typical of the Western industrial society started to appear in everyday life. An important role in this diffusion was played (as in the American case) by television, which started transmissions in 1954, hitting hard on the traditional peasant society and its cutoms, presenting new lifestyles and products even in the most remote villages of the Peninsula. The modern mass consumer society facilitated the emergence of a new social category young people, whether adolescent students or young workers remained for long time in the shadows of a society that witnessed a very quick passage from childhood to adult life. The other novelty that helped this emersion was the approval, by the Houses of Parliament in 1962, of the law that established compulsory free education up to the age of 14. Young people had the chance to know each other (considering as well the growth of the young population in the post-war time, also known as the baby boom) and stay out of a work context longer than in the past. The figures of young people that carried on studying after the compulsory age, reaching the higher levels of education, grew at very high rates. These young people, who now had the occasion of discovering themselves and the society in which they lived, would be, from 1968 and afterwards (and even before, as the backwardness of the Italian Education system had been perceived since the beginning of the Sixties), protagonists of the massive street riots that intended to attack not only State immobility (incapable of adapting State laws and regulations to the new national reality) and corruption, but it was also aimed against Vietnam war, bad working conditions and the permanence of a rigid class system in most of the public institutions (starting from schools, universities, and even in the courts of law). Finally, in the concluding part of the second chapter, I focus on the analysis of the decade that goes from 1963, the year which marks the end of the miracle, up to 1973, which marks the end of the Sixties euphoria. This abrupt halt will shock all the Western developed countries, but the particular situation of the Italian political system and the winds of change appeared inside the 1968 political movements and in the massive 1969 strikes (known as the Autunno caldo or Hot Autumn) would greatly characterise the social reactions to the crisis. In fact, the last part of the Sixties and up to the mid-Eighties would see the rise of many terrorist groups that intended to shock Italian population and wanted to favour the creation of an authoritarian dictatorship from one side (the so called black terrorism); and from the mid-Seventies, as a reaction to this, more and more extreme left-wing groups decided to apply the same tactic in order to favour a popular Revolution against the State (the so called red terrorism). At first, the reaction of the State against these attacks was quite inefficient and weak, and 78

in some occasions even the State was directly involved in some of the bomb attacks, causing increasing social confusion and the common feeling that the State was merely a big structure only preoccupied of the relations between parties and favouring the groups linked with corruption and crime. The total inability of the government to read the increasing social unrest, and the total refusal to find any agreement with the Trade Unions, helped and encouraged the explosion of terrorism and also the growth, especially in the middle and upper classes, of many subtle attitudes against the State, mainly tax evasion and exportation of capital to tax havens. The sum of all this particular Italian social and economical characteristics prepare the ground for the disastrous Eighties74, when the links between crime, politics and Masonic lodges (like the famous P2 lodge) gave rise to some of the most clamorous scandals of Italian republican history, accentuating the already big distance between political sphere and civil society. The third and final chapter tries to show and analyse the contradictions of the affluent society in Italy and its bond with capitalism and economical development, as conceived in the Western world. The affluent society in Italy, even though it contributed to the modernisation and improvement of life quality in some areas of the country, was also responsible of the generalisation of many of the most negative characteristics of capitalism, such as consumerism and the total dependence on imported energy sources. These contradictions become more and more evident with the worsening of environmental conditions in the First World countries and with the worsening of poverty and famine in the Third World, closely linked by the way world economy has been guided since the end of WWII. Moreover, affluence and the relative social security provided by national Welfare policies in Europe depend mostly on the success of the industrial system, which success relies exclusively on the continuous increase of consumption. Not only employment, but also success and good government of a nation are measured by the figures of the GDP, leaving aside any possibility of pursuing antieconomic or anti-consumerism policies which may result in a real improvement in the conditions of life. In my analysis I also deal with the kind of requests made to the establishment by major Trade Unions during the Hot Autumn: in fact, they limited their request just to economics. Their main goal was to reach the same wage and consumption levels present in the bourgeois classes, forgetting that even reaching those levels without a radical change of the rules which guide economic relations, the gains

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Guido Crainz, in his book Il paese mancato, called the Eighties the catastrophe.

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were relative, only with regards to the material aspects. But it is well proved that an improvement of the economical situation in a general context which is characterised by poor social relations, pollution, oil wars, political decay and competition at all levels cannot be considered as an actual improvement. The very concept of affluence and wealth should be reviewed considering the weak basis on which it is founded, and why not, the very economic and social system that lies on top of it. This is the system that considers normality the increasing social insecurity in the First World (how long will Welfare States and workers rights resist the attacks of those economists which consider those social warrants just as an obstacle to the development of economy?), and misery, famine, death and tyranny in the Third World. On behalf of this view, I would like to add this quotation which concisely describes the nature of capitalism, the system I was referring to before:
Capitalism is constituted by class exploitation, but capitalism is more than just a system of class oppression. It is a ruthless totalizing process which shapes our lives in every conceivable aspect, and everywhere, not just in the relative opulence of the capitalist North. Among other things, and even leaving aside the direct power wielded by capitalist wealth both in the economy and in the political sphere, it subjects all social life to the abstract requirements of the market, through the commodification of life in all its aspects, determining the allocation of labour, leisure, resources, patterns of production, consumption and the disposition of time.75

In the crusade for profit, even democracy and constitutional rights are constantly menaced by the urgent needs of capitalism everywhere in the world, influencing not only politicians (nowadays multinational groups have got more influence and power on politicians than their electors) but even the way in which elections are carried out. Political campaigns use the same techniques used by advertisers to sell products and very little space is left to real debate and discussion about real political issues; image and propaganda always seems to come first.

Meiksins Wood, Ellen, Democracy against capitalism, Cambridge, Cambridge University Press, 1995, pp. 262-3.

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Ringraziamenti

Vorrei in primo luogo ringraziare Olga e Artenio, i miei genitori, per il loro contributo nella correzione e nella lettura delle prime bozze di questa tesi; grazie a loro sono riuscito ad arrivare fino in fondo nella stesura di questa tesi. Mi preme anche ringraziare i loro costanti contributi bibliografici e spunti di riflessione, nonch lo spirito critico che ho sin da piccolo appreso da loro, destrema utilit nellaffrontare le diverse tematiche e argomenti presenti in questo lavoro. In secondo luogo, vorrei ringraziare tutti gli amici e i compagni, sia udinesi che bolognesi, i quali col loro costante incoraggiamento e supporto mi sono stati sempre vicini nel travagliato periodo di gestazione e stesura della tesi.

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Bibliografia

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