You are on page 1of 156

1.

Curve
Un cammino in R
n
`e una applicazione continua
: [a, b] R
n
.
Poniamo
l() = sup

() ,
dove varia tra tutte le suddivisioni nite a = t
0
< t
1
< < t
h
= b dellintervallo [a, b]
e
l

() =
h

i=1
(t
i
) (t
i1
) .
Si dice che `e retticabile se l() < +, nel qual caso l() si chiama lunghezza di
.
`
E una conseguenza immediata della denizione che, se f : [c, d] [a, b] `e continua e
biunivoca, il nuovo cammino (t) = (f(t)) ottenuto riparametrizzando tramite f ha
la stessa lunghezza di . Ricordiamo che un cammino : [a, b] R
n
si dice di classe
C
r
a tratti se esiste una suddivisione a = t
0
< t
1
< < t
h
= b tale che la restrizione di
a [t
i1
, t
i
] sia C
r
per ogni i. Ricordiamo anche che
Proposizione (1.1). Ogni cammino : [a, b] R
n
di classe C
1
a tratti `e retticabile e
l() =
_
b
a
(t)dt .
Diremo che un cammino di classe C
r
, r 1, `e regolare se (t) = 0 per ogni valore di
t. Un tale cammino ha una riparametrizzazione canonica, o pi` u esattamente una classe
di riparametrizzazioni canoniche. Poniamo
s(t) = c +
_
t
a
()d ,
dove c `e una costante arbitraria. Allora s(t) `e una funzione C
r
con derivata strettamente
positiva; ha quindi una inversa t(s), anchessa C
r
con derivata strettamente positiva, e
il cammino (s) = (t(s)) `e C
r
e ha la propriet` a che
(1.2)

(s) = 1 ,
in quanto
d
ds
=
d/dt
ds/dt
=
d/dt
d/dt
.
La propriet` a (1.2) `e equivalente a che sia ds/dt = d/dt; le funzioni s(t) sono dunque
caratterizzate, tra quelle crescenti, da (1.2). Il parametro s viene chiamato parametro
naturale o lunghezza darco.
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
2 Note di Geometria Dierenziale
Due cammini di classe C
r
, r 1, : [a, b] R
n
e : [c, d] R
n
saranno detti
equivalenti, o pi` u esattamente C
r
-equivalenti, se esiste una applicazione biunivoca e
crescente f : [a, b] [c, d] di classe C
r
e con inversa C
r
tale che (t) = (f(t)). Questa `e
ovviamente una relazione di equivalenza; le classi di equivalenza di cammini regolari sono
dette curve orientate.
`
E utile notare che la riparametrizzazione f ha le caratteristiche
richieste se e solo se f `e C
r
e inoltre f(a) = c, f(b) = d e

f > 0 ovunque. Se nella
denizione di equivalenza si lascia cadere la richiesta che f sia crescente, si ottiene la
nozione di curva non orientata. Nel seguito ci occuperemo, salvo avviso esplicito, di
curve orientate, che chiameremo semplicemente curve. Faremo anche un uso abbastanza
rilassato dei termini curva e cammino, usando spesso uno al posto dellaltro.
Siano () e (t) cammini equivalenti di classe C
k
in R
n
. Applicazioni ripetute
della formula di derivazione delle funzioni composte mostrano che, per ogni i k e
per ogni valore di t,
(i)
((t)) `e combinazione lineare di

(t),

(t), . . . ,
(i)
(t). Poiche
i ruoli di e possono essere rovesciati, se ne deduce che il sottospazio vettoriale di
R
n
generato da

(t), . . . ,
(k)
(t) coincide con quello generato da

((t)), . . . ,
(k)
((t)).
Diremo che un cammino : [a, b] R
n
`e k-regolare se `e di classe C
k
e

(t), . . . ,
(k)
(t)
sono indipendenti per ogni t [a, b]. Per quanto si `e appena osservato, questa propriet` a
si conserva per riparametrizzazione. Se `e k-regolare, per ogni i k il sottospazio
ane di R
n
passante per (t) e parallelo a

(t), . . . ,
(i)
(t) viene chiamato i-esimo spazio
osculatore a nel punto (t). Per i = 1 si tratta semplicemente della retta tangente a
in (t), e per i = 2 di quello che viene di norma chiamato piano osculatore a in (t).
Siano (v
1
, . . . , v
h
) e (w
1
, . . . , w
h
) due basi di uno stesso spazio vettoriale reale V .
Possiamo scrivere
v
i
=
h

j=1
a
ij
w
j
, i = 1, . . . , h.
Diremo che le basi (v
1
, . . . , v
h
) e (w
1
, . . . , w
h
) hanno la stessa orientazione (o sono
concordemente orientate) se il determinante della matrice (a
ij
) `e positivo. Quella di essere
concordemente orientate `e una relazione di equivalenza tra basi ordinate, per il teorema
di Binet. Sempre per il torema di Binet, due basi che non siano concordemente orientate
con una terza sono concordemente orientate tra loro: vi sono dunque esattamente due
classi di equivalenza, che sono dette orientazioni di V . Se su V si sceglie una orientazione,
diremo che una base di V `e positivamente orientata se appartiene alla orientazione scelta.
Su R
n
vi `e una orientazione canonica, determinata dalla base standard
e
1
= (1, 0, . . . , 0), e
2
= (0, 1, . . . , 0), . . . , e
n
= (0, 0, . . . , 1) .
Siano ora v
1
(t), . . . , v
n
(t) vettori in R
n
che dipendono in modo almeno C
1
da t,
per t [a, b]. Supponiamo che, per ogni t, i vettori in questione costituiscano una base
ortonormale di R
n
; diremo in questo caso che (v
1
(t), . . . , v
n
(t)) `e un riferimento mobile
ortonormale. Possiamo scrivere
v
i
(t) =
h

j=1
a
ij
(t)v
j
(t) , i = 1, . . . , h,
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
1. Curve 3
Notiamo che le a
ij
sono funzioni continue. Infatti le relazioni qui sopra sono equivalenti
alla relazione tra matrici

V = AV ,
dove V (t) `e la matrice le cui righe sono v
1
(t), . . . , v
n
(t) e A(t) = (a
ij
(t))
i,j=1,...,n
. Dunque
A =

V V
1
dipende con continuit` a da t. Indichiamo ora con , il prodotto scalare
euclideo in R
n
e deriviamo rispetto a t le relazioni di ortonormalit` a
v
i
, v
j
=
ij
.
Si ottiene
0 = v
i
, v
j
+v
i
, v
j

=
n

h=1
a
ih
v
h
, v
j
+
n

h=1
a
jh
v
i
, v
h

= a
ij
+a
ji
.
In conclusione la matrice (a
ij
) `e antisimmetrica.
Esempi particolari importanti di riferimenti mobili sono i cosiddetti riferimenti
di Frenet associati a un cammino regolare : [a, b] R
n
di classe C
2
. Un
riferimento di Frenet per `e un riferimento mobile ortonormale positivamente orientato
v
1
(t), . . . , v
n
(t) , t [a, b], tale che v
1
=

e che v
i
(t) sia combinazione lineare di
v
1
(t), . . . , v
i+1
(t) per ogni i e ogni t. Da queste condizioni segue, in particolare, che, per
ogni i n e ogni t,
(i)
(t) appartiene al sottospazio di R
n
generato da v
1
(t), . . . , v
i
(t).
Se indichiamo con s il parametro naturale per e scriviamo
(1.3)
dv
i
ds
=
n

j=1
a
ij
v
j
, i = 1, . . . , n,
segue dalla denizione di riferimento di Frenet che a
ij
= 0 se j > i+1; per lantisimmetria
di (a
ij
), ci` o implica anche che a
ij
= 0 se j < i 1. In denitiva la matrice (a
ij
) `e della
forma
_
_
_
_
_
_
_
_
_
0
1
0

1
0
2

0
2
0


0
n1
0
n1
0
_
_
_
_
_
_
_
_
_
.
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
4 Note di Geometria Dierenziale
Le relazioni (1.3) si traducono dunque nelle formule di Frenet generalizzate
(1.4)
_

_
dv
1
ds
=
1
v
2
dv
2
ds
=
1
v
1
+
2
v
3

dv
i
ds
=
i1
v
i1
+
i
v
i+1

dv
n
ds
=
n1
v
n1
Le funzioni
1
, . . . ,
n1
sono le curvature di . Quando n = 2 o n = 3, `e duso scrivere
T = v
1
, N = v
2
, B = v
3
, =
1
e =
2
; i nomi consueti di questi oggetti sono,
rispettivamente, tangente unitaria, normale, binormale, curvatura e torsione. Quando
n = 2 o n = 3 le formule di Frenet generalizzate si riducono alle usuali formule di Frenet,
che, per curve in R
3
, sono
dT
ds
= N ,
dN
ds
= T + B,
dB
ds
= N .
Se `e una curva regolare in R
3
o in R
2
e la sua curvatura, per un dato valore t
del parametro, non `e nulla, il centro di curvatura di nel punto (t) `e denito come
(t) +
1

N(t). Come mostra il seguente esempio, dal punto di vista geometrico il centro
di curvatura non `e altro che il centro del cerchio giacente nel piano osculatore e tangente
a in (t), avente la stessa curvatura che ha in (t).
Esempio (1.5). La curva piana (t) = (r cos(t), r sin(t)) `e un cerchio di raggio r centrato
nellorigine. Il parametro naturale `e s(t) = rt. Inoltre
= r(sin(t), cos(t)) ,
T = (sin(t), cos(t)) ,
dT
ds
=

T

=
1
r
(cos(t), sin(t)) ,
N = (cos(t), sin(t)) ,
=
1
r
.
Esempio (1.6). Consideriamo lelica circolare (t) = (a cos(t), a sin(t), bt). Si ha che
=

a
2
+b
2
, quindi il parametro naturale per `e s = t/c, dove c = 1/

a
2
+b
2
.
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
1. Curve 5
Dunque
T = c(a sin(cs), a cos(cs), b) ,
dT
ds
= ac
2
(cos(cs), sin(cs), 0) ,
= ac
2
=
a
a
2
+b
2
,
N = (cos(cs), sin(cs), 0) ,
dN
ds
= c(sin(cs), cos(cs), 0) ,
B = T N = c(b sin(cs), b cos(cs), a) ,
dB
ds
= c
2
(b cos(cs), b sin(cs), 0) = bc
2
N ,
= bc
2
=
b
a
2
+b
2
.
Non `e detto che una curva ammetta un riferimento di Frenet, come vedremo in
seguito. Inoltre, in generale, un riferimento di Frenet `e tuttaltro che unico. A rigor
di termini, nelle ipotesi in cui ci siamo posti, solo v
1
`e univocamente determinato. Un
caso importante in cui vi `e un riferimento di Frenet canonico `e quello in cui `e di
classe C
n
e (n1)-regolare. In questo caso un riferimento di Frenet pu` o essere ottenuto
applicando dapprima ai vettori

(t), . . . ,
(n1)
(t) il procedimento di ortonormalizzazione
di Gram-Schmidt, ponendo cio`e
(1.7)
_

_
v
1
=

,
w
2
=

, v
1
v
1
,
v
2
=
w
2
w
2

,
w
3
=
(3)

(3)
, v
1
v
1

(3)
, v
2
v
2
,
v
3
=
w
3
w
3

,

w
n1
=
(n1)

(n1)
, v
1
v
1

(n1)
, v
n2
v
n2
,
v
n1
=
w
n1
w
n1

.
e aggiungendo poi un ulteriore vettore unitario v
n
a v
1
, . . . , v
n1
in modo da ottenere un
riferimento mobile ortonormale positivamente orientato. Specicamente, v
n
`e il vettore la
cui i-esima componente `e (1)
n+i
volte il determinante del minore ottenuto cancellando
la i-esima colonna dalla matrice le cui righe sono v
1
, . . . , v
n1
. Per dimostrare che il
riferimento v
1
, . . . , v
n
appena costruito `e un riferimento di Frenet per basta mostrare
che, per ogni i e ogni t, v
i
(t) `e combinazione lineare di v
1
(t), . . . , v
i+1
(t); lo faremo per
induzione su i. Se i = 1 lasserto segue dalle prime tre tra le identit` a (1.7). Se i > 1,
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
6 Note di Geometria Dierenziale
le (1.7) implicano che v
i
(t) `e combinazione lineare di w
i
(t) e di v
i
(t). A sua volta,
w
i
(t) `e combinazione lineare di v
1
(t), . . . , v
i1
(t), v
1
(t), . . . , v
i1
(t) e
(i+1)
(t), cio`e, per
ipotesi induttiva, di v
1
(t), . . . , v
i
(t) e
(i+1)
(t). Inne, sempre per le (1.7),
(i+1)
(t) `e
combinazione lineare di v
1
(t), . . . , v
i+1
(t). Notiamo che lipotesi che sia (n1)-regolare
implica che, per ogni i < n e ogni t, i sottospazi di R
n
generati da

(t), . . . ,
(i)
(t)
e da v
1
(t), . . . , v
i
(t) coincidono. Ci` o ha come conseguenza che il riferimento di Frenet
appena costruito `e essenzialmente lunico possibile per ; ogni altro riferimento di Frenet
si ottiene da esso cambiando i segni di un numero pari dei v
i
con i > 1. Sia infatti
u
1
, . . . , u
n
un riferimento di Frenet per . Poiche `e (n 1)-regolare, il sottospazio
H
i
(t) di R
n
generato da

(t), . . . ,
(i)
(t) ha dimensione i per ogni i compreso tra 0
e n 1 e per ogni t; dato che, come si `e gi`a osservato, `e contenuto nel sottospazio
generato da u
1
(t), . . . , u
i
(t), coincide con questultimo. Dunque, per ogni i, u
i
(t) `e un
vettore di norma 1 contenuto in H
i
(t) e ortogonale a H
i1
(t). Vi sono esattamente
due vettori con queste caratteristiche, e sono uno lopposto dellaltro. Dunque u
i
=
i
v
i
,
dove
1
= 1 e
i
= 1 se i > 1. Poiche (u
1
, . . . , u
n
) e (v
1
, . . . , v
n
) sono concordemente
orientate deve essere

i
= 1. Notiamo inne che la condizione che sia (n1)-regolare
implica che le sue curvature
1
, . . . ,
n2
sono ovunque non nulle (anzi, positive, se si
lavora con il riferimento di Frenet canonico) mentre in generale nulla pu` o essere detto
di
n1
. In eetti lannullarsi di
i
(t) per qualche i implica, in virt` u delle formule di
Frenet, che v
1
(t), . . . , v
i
(t) sono combinazioni lineari di v
1
(t), . . . , v
i
(t). Derivando le (1.7)
si ricava che
(i+1)
(t) `e combinazione lineare di v
1
(t), . . . , v
i
(t) e v
1
(t), . . . , v
i
(t), cio`e, per
quanto appena accennato, di v
1
(t), . . . , v
i
(t). Dunque
(i+1)
(t) `e combinazione lineare di

(t), . . . ,
(i)
(t); se i < n 1 ci`o contrasta con lipotesi che sia (n 1)-regolare.
Ci si pu` o chiedere, da un lato, se esistano curve in R
n
con curvature assegnate ad
arbitrio, e dallalto, in quale misura una curva sia determinata dalle sue curvature. La
risposta alla prima domanda `e positiva senza riserve, la risposta alla seconda `e che una
curva `e sostanzialmente nota una volta che ne siano note le curvature. Vale infatti il
seguente risultato.
Teorema (1.8). Siano assegnate n 1 funzioni continue a valori reali
1
, . . . ,
n1
denite su un intervallo [a, b], un punto
0
R
n
e una base ortonormale positivamente
orientata u
1
, . . . , u
n
di R
n
. Allora esistono, unici, un cammino : [a, b] R
n
di classe
C
2
parametrizzato dalla lunghezza darco e un riferimento di Frenet v
1
, . . . , v
n
per ,
con curvature
1
, . . . ,
n1
, e tali che (a) =
0
e v
i
(a) = u
i
, i = 1, . . . , n. Se la funzione

i
`e di classe C
ni1
per ogni i, allora `e C
n
.
Dimostriamo dapprima lunicit` a. Scriviamo
K =
_
_
_
_
_
_
_
_
_
0
1
0

1
0
2

0
2
0


0
n1
0
n1
0
_
_
_
_
_
_
_
_
_
,
e indichiamo con V (t) e con U le matrici le cui righe sono i vettori v
1
(t), . . . , v
n
(t) e
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
1. Curve 7
u
1
, . . . , u
n
, rispettivamente. Le formule di Frenet si riducono alla relazione tra matrici
(1.9)

V = KV .
Questa `e un sistema di n
2
equazioni dierenziali lineari del primo ordine in forma
normale le cui incognite sono le n
2
componenti di V . Vi `e quindi una e una sola
soluzione di (1.9) con valore iniziale V (a) = U, tale cio`e che v
i
(a) = u
i
, i = 1, . . . , n. Il
riferimento di Frenet v
1
, . . . , v
n
`e dunque univocamente determinato. Quanto a , ha
v
1
come derivata e vale
0
per t = a, quindi anchesso `e univocamente determinato.
Passiamo ora allesistenza. Come abbiamo detto, esiste una soluzione di (1.9) tale che
V (a) = U; siano v
1
, . . . , v
n
le sue righe. Dico che v
1
, . . . , v
n
sono un riferimento mobile
ortonormale, cio`e che V (t) `e una matrice ortogonale per ogni t. In eetti si ha che
t
V (a)V (a) =
t
UU = I ,
dove I sta per la matrice identit` a n n, e inoltre che
d
dt
(
t
V V ) =
t
V

V +
t
V V

=
t
V
t
KV +
t
V KV =
t
V KV +
t
V KV = 0 ,
perch`e K `e antisimmetrica. Quindi
t
V (t)V (t) = I per ogni t. Inoltre V (t) ha determinante
1 perch`e V (a) = U ha determinante 1. Ci` o equivale a dire che il riferimento v
1
(t), . . . , v
n
(t)
`e positivamente orientato per ogni t. Poniamo
(t) =
0
+
_
t
a
v
1
(r)dr .
Il cammino `e parametrizzato dalla lunghezza darco perch`e

= v
1
e v
1
= 1, mentre
il riferimento v
1
, . . . , v
n
soddisfa le relazioni (1.9) e quindi `e di Frenet per . Inoltre
`e C
2
perch`e v
1
`e C
1
. Resta da dimostrare che `e C
n
, cio`e che v
1
`e di classe C
n1
,
quando ogni
i
`e di classe C
ni1
. Lo faremo dimostrando, per induzione discendente
su k, che v
1
, . . . , v
k
sono di classe C
nk
, per ogni k compreso tra 1 e n. Ci` o `e certo
vero quando k = n o k = n 1. Supponiamo ora di aver gi` a mostrato che v
1
, . . . , v
k+1
sono C
nk1
. Se 1 < i k, la formula di Frenet
v
i
=
i1
v
i1
+
i
v
i+1
,
lipotesi induttiva e il fatto che
i1
`e di classe C
ni
e
i
di classe C
ni1
mostrano
che v
i
`e di classe C
nk1
, e quindi che v
i
`e di classe C
nk
. Usando la formula di
Frenet v
1
=
1
v
2
, lo stesso ragionamento mostra che anche v
1
`e di classe C
nk
. La
dimostrazione del Teorema (1.8) `e completa.
A volte per una curva : [a, b] R
n
`e denito in modo naturale o canonico solo un
riferimento di Frenet parziale, cio`e un sistema di vettori unitari e ortogonali fra loro
v
1
(t), . . . , v
k
(t), con v
1
=

, che dipendono in modo C


1
da t [a, b] e soddisfano
le prime k 1 tra le relazioni di Frenet (1.4). Un caso tipico `e quello di una curva
k-regolare ma non (k +1)-regolare. In questo caso il procedimento descritto per associare
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
8 Note di Geometria Dierenziale
a una curva non degenere il suo riferimento di Frenet produce v
1
, . . . , v
k
, e qui si arresta.
Nel caso in cui si abbia a disposizione solo un riferimento di Frenet parziale sono denite
solo le prime k 1 curvature
1
, . . . ,
k1
. Anche se
k
non `e ben denita ha per` o
senso dire che
k
si annulla per un certo valore t del parametro. In eetti, nel caso
in cui si abbia a disposizione un riferimento di Frenet completo, segue dalle formule di
Frenet che lannullarsi di
k
(t) `e equivalente a che v
k
(t) sia linearmente dipendente da
v
1
(t), . . . , v
k
(t). Questa ultima condizione, in cui la curvatura
k
non interviene, pu` o
essere presa come denizione dellannullarsi di
k
(t) nel caso di un riferimento di Frenet
parziale.
Le curve per cui la k-esima curvatura si annulla identicamente sono assai particolari.
Si ha infatti il seguente risultato.
Proposizione (1.10). Se la k-esima curvatura della curva : [a, b] R
n
si annulla
identicamente, ([a, b]) `e contenuto in un sottospazio ane k-dimensionale di R
n
.
La dimostrazione `e semplice. Non `e restrittivo supporre che sia parametrizzata dalla
lunghezza darco. Supponiamo che la sua k-esima curvatura si annulli, e sia u un vettore
ortogonale a v
1
(a), . . . , v
k
(a). Se indichiamo con V la matrice le cui righe sono v
1
, . . . , v
k
,
V soddisfa il sistema di equazioni dierenziali

V = KV ,
dove
K =
_
_
_
_
_
_
_
_
_
0
1
0

1
0
2

0
2
0


0
k1
0
k1
0
_
_
_
_
_
_
_
_
_
.
Moltiplicando questa relazione a destra per
t
u si ottiene
(1.11)

(V
t
u) = KV
t
u.
Ma V
t
u `e una matrice colonna le cui componenti sono i prodotti scalari v
i
, u per
i = 1, . . . , k. Dunque V
t
u si annulla per t = a, e quindi per ogni t, dato che V
t
u
soddisfa il sistema di equazioni dierenziali del primo ordine (1.11). Ci` o signica che, per
ogni t, v
1
(t), . . . , v
k
(t) appartengono al sottospazio W di R
n
generato da v
1
(a), . . . , v
k
(a);
in particolare,

(t) W. Siano ora u


1
, . . . , u
nk
vettori indipendenti ortogonali a W.
Dico che ([a, b]) `e contenuto nel sottospazio ane k-dimensionale di R
n
di equazioni
X, u
i
(a), u
i
= 0 , i = 1, . . . , n k .
Basta osservare che (a) soddisfa ovviamente queste equazioni, mentre la derivata rispetto
a t di
(t), u
i
(a), u
i

Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000


1. Curve 9
vale

(t), u
i
, che `e nullo perch`e

(t) appartiene a W. Ci` o dimostra la Proposizione


(1.10).
Conseguenze particolari della Proposizione (1.10) sono che una curva in R
3
con
torsione nulla `e una curva piana, cio`e contenuta in un piano, e che una curva in R
3
(o
in R
2
) con curvatura nulla `e un pezzo di retta. Vale anche un parziale reciproco della
Proposizione (1.10): una curva : [a, b] R
n
che sia contenuta in un sottospazio ane
k-dimensionale di R
n
e che sia k-regolare ha curvatura k-esima identicamente nulla. In
eetti, sia W un sottospazio vettoriale k-dimensionale di R
n
tale che sia contenuta in
un suo traslato. Allora

(t), . . . ,
(k)
(t) sono contenuti in W per ogni t, anzi lo generano,
perch`e sono indipendenti. Quindi, se v
1
, . . . , v
k
`e un riferimento di Frenet parziale per ,
anche v
1
, . . . , v
k
sono contenuti in W, e lo stesso vale per le loro derivate, in particolare
per v
k
, che `e perci`o linearmente dipendente da v
1
, . . . , v
k
. Ci` o signica che la curvatura
k-esima di `e nulla. Casi particolari di quanto ora detto sono che un pezzo di retta
ha curvatura nulla e che una curva in R
3
che sia piana e abbia curvatura diversa da
zero ovunque ha torsione nulla.
Sia (t) un cammino in R
n
, non necessariamente parametrizzato dalla lunghezza
darco. Pu` o avere interesse ottenere formule che esprimano le curvature di in funzione
delle derivate di rispetto a t, senza dover fare uso del parametro naturale. Ci limiteremo
a dare formule di questo tipo per curve in R
3
e in R
2
. Sia dunque : [a, b] R
3
un cammino 2-regolare, e sia s il suo parametro naturale. Indicando con un apice la
derivazione rispetto a t, si ha che
T =

,
N =
dT
ds
=

2

1

2
d
ds
(

,
T
dT
ds
=

3
,
=
_
_
_
_
T
dT
ds
_
_
_
_
=

3
,
B =
1

T
dT
ds
=

.
Daltra parte
=
_
dB
ds
, N
_
=
1

_
dB
ds
,
dT
ds
_
,
mentre
dB
ds
=
1

+
1

d
dt
_
1

.
Quindi
=

2
=

2
,
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
10 Note di Geometria Dierenziale
o ancora
=
det(

2
,
dove det(

) sta per il determinante della matrice le cui righe (o colonne, se si


preferisce) sono

. Per curve in R
2
, la formula per la curvatura `e
=
det(

3
.
Esempio (1.12). Torniamo al cerchio (t) = (r cos(t), r sin(t)) in R
2
. Si ha che

= r(sin(t), cos(t)) ,

= r(cos(t), sin(t)) ,
quindi
=
det(

3
=
r
2
r
3
=
1
r
.
Esempio (1.13). La parabola y = ax
2
in R
2
pu` o essere descritta, in forma parametrica,
come la curva (t) = (t, at
2
). Si ha che

= (1, 2at) ,

= (0, 2a) ,

=
_
1 + 4a
2
t
2
,
quindi
=
det(

3
=
2a
(1 + 4a
2
t
2
)
3/2
=
2a
(1 + 4ay)
3/2
.
Esempio (1.14) (Le eliche). Sia (t), t [a, b], una curva regolare in R
3
. Diremo
che `e unelica se vi `e una direzione con la quale (t) formi un angolo costante.
In altre parole, `e unelica se e solo se vi `e un vettore non nullo v tale che T, v
sia indipendente da t; chiameremo la retta generata da v asse dellelica. Dora in
poi supporremo che ammetta un riferimento di Frenet. Dire che T, v `e costante
equivale a dire che la sua derivata, che in virt` u delle formule di Frenet vale N, v,
`e identicamente nulla. Ne segue che, se `e unelica la cui curvatura sia non nulla
su un sottinsieme denso di [a, b], esiste un piano (e precisamente il piano di equazione
X, v = 0) al quale N `e parallelo per ogni valore del parametro. Viceversa, se questa
ultima condizione `e soddisfatta, allora `e unelica.
Supponiamo ora che esista un vettore non nullo v tale che B, v sia costante; per
le formule di Frenet ci` o equivale a dire che N, v `e identicamente nullo. Dunque, in
completa analogia con quanto si `e appena visto, se la torsione di `e non nulla su un
sottinsieme denso di [a, b] esiste un piano al quale N `e parallelo per ogni valore del
parametro, e viceversa se questa ultima condizione `e soddisfatta c`e un vettore non nullo
v tale che B, v sia costante.
Riassumendo, possiamo concludere che, se curvatura e torsione di sono diverse da
zero su sottinsiemi densi di [a, b], allora le seguenti aermazioni sono equivalenti:
i) `e unelica;
ii) esiste un piano al quale N(t) `e parallelo per ogni t;
iii) esiste una direzione che forma un angolo costante con B.
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
1. Curve 11
Inoltre ii) implica i) e iii) in ogni caso, anche senza ipotesi di non annullamento sulla
curvatura e la torsione.
Vi `e unaltra caratterizzazione delle eliche che pu` o essere utile. Supponiamo ancora
che sia una curva regolare in R
3
che ammette un riferimento di Frenet. Supponiamo
anche che la curvatura e la torsione di siano tra loro proporzionali, cio`e che ci siano
costanti a e b, non entrambe nulle, tali che a = b. Poniamo v = aT +bB, e notiamo
che, per le formule di Frenet,
v = a

T +b

B = aN bN = 0 ;
in altre parole, v `e costante. Inoltre v non `e nullo e N, v = 0, quindi `e unelica.
Viceversa, supponiamo che vi sia un vettore non nullo v tale che N, v = 0. Possiamo
allora scrivere v = fT + gB, dove f e g sono funzioni che non si annullano mai
contemporaneamente. Dierenziando si ottiene
0 = v =

fT + gB + (f g)N .
Dato che T, N e B sono ovunque indipendenti ne segue che f e g sono costanti e che
f = g, quindi che e sono proporzionali. In particolare, se `e unelica la cui
curvatura si annulla al pi` u su un insieme privo di parte interna, allora la curvatura e la
torsione di sono tra loro proporzionali.
Esempio (1.15). Costruiamo una cammino regolare in R
3
che non ammette un
riferimento di Frenet. Poniamo
(t) = (a(t) cos(t), a(t) sin(t), t) per t 0 ,
(t) = (a(t) cos(t + ), a(t) sin(t + ), t) per t 0 ,
dove a(t) `e una funzione che si annulla di ordine sucientemente alto per t = 0 ed `e
positiva e strettamente decrescente per t < 0, e `e una costante da determinarsi. Se
a(t) `e di classe C
k
e si annulla con le sue prime k derivate per t = 0, allora anche
`e di classe C
k
; in particolare, se si sceglie una a(t) che sia C

e tale che tutte le sue


derivate si annullino per t = 0, il cammino `e C

. Inoltre `e 2-regolare per t = 0;


dunque la normale N `e univocamente determinata per t = 0. Basta dunque mostrare
che, per una scelta opportuna di , N non `e continua per t = 0. Supponiamo che N sia
continua per una certa scelta di . Per t = 0, N `e ortogonale a

(0), e quindi allasse


delle z. Sostituire il originale con + ha leetto di ruotare di intorno allasse
delle z la parte di corrispondente a valori positivi di t; anche lim
t0
+
N viene ruotato
di rispetto alla posizione originale. Dunque, se non `e multiplo di 2, N non `e pi` u
continua.
Esercizi
Salvo avviso contrario, si suppone che tutte le curve considerate in questi esercizi
posseggano un riferimento di Frenet.
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
12 Note di Geometria Dierenziale
1.1) Trovare una parametrizzazione naturale per la parabola in R
2
.
1.2) Calcolare il parametro naturale, curvatura e torsione per il cammino:
(t) = (e
t
cos(t), e
t
sin(t), e
t
)
1.3) Trovare una parametrizzazione naturale e la curvatura per la curva piana di equazione
cartesiana x
3
= y
2
.
1.4) Si mostri che, se tutte le rette tangenti a una curva in R
3
passano per uno stesso
punto, la curva `e una retta.
1.5) Si mostri che, se tutti i piani osculatori a una curva in R
3
passano per uno stesso
punto, la curva `e piana.
1.6) Sia una curva dierenziabile in R
3
i cui piani normali passano tutti per un punto
ssato p. Dimostrare che giace su una supercie sferica.
1.7) Sia una curva tracciata su una supercie sferica in R
3
. Si mostri che, se ha
curvatura costante, `e una curva piana.
1.8) Calcolare curvatura e torsione della curva di equazione parametrica
x = 3t t
3
, y = 3t +t
3
, z = 3t
2
.
Si mostri che questa curva `e unelica, e si calcoli la direzione del suo asse.
1.9) Si descrivano tutte le curve in R
3
con curvatura e torsione costanti.
1.10) Per quali valori di a e b la curva (t) = (at, bt
2
, t
3
) `e unelica ?
1.11) Sia (t) una curva in R
3
. Consideriamo il cammino (t) in R
3
che associa a ogni t
la tangente unitaria a in (t). Mostrare che `e unelica se e solo se limmagine
di `e contenuta in un cerchio.
1.12) Trovare curvatura e torsione di:
(t) = (t,
1 +t
t
,
1 t
2
t
) a)
(t) = (a(t sint), a(1 cos t), bt) b)
(t) = (a(3t t
3
), 3at
2
, a(3t +t
3
)) c)
(t) = (a(1 + cos t), a sint, 2a sin
1
2
t) d)
1.13) Trovare una funzione (t) tale che la curva
(t) =
__
t
0
() sin()d,
_
t
0
() cos()d
_
t
0
() tan()d
_
abbia curvatura costante.
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
1. Curve 13
1.14) Mostrare che il luogo dei centri di curvatura di unelica circolare
(t) = (r cos t, r sint, ht)
`e unaltra elica circolare coassiale alla precedente.
1.15) Sia : [a, b] R
3
una curva di classe almeno C
2
.
a) Si mostri che, se `e una curva contenuta in un piano passante per lorigine,
allora (t),

(t) e

(t) sono linearmente dipendenti per ogni t.


b) Si mostri che, se (t) e

(t) sono indipendenti e (t),

(t) e

(t) linearmente
dipendenti per ogni t [a, b], allora `e contenuta in un piano passante per
lorigine.
c) Si mostri che la conclusione di b) non `e necessariamente valida se non si
suppongono (t) e

(t) indipendenti.
1.16) Sia (t) una curva in R
3
parametrizzata dalla lunghezza darco, e se ne denotino
con e curvatura e torsione. Mostrare che

=
2
T +

N + B.
1.17) Sia x(s) una curva C

in R
3
con parametro naturale s. Limmagine sferica normale
di x `e la curva N(s); indichiamo con s il suo parametro naturale. Mostrare che
d s
ds
=
_

2
+
2
,
dove e sono curvatura e torsione di x(s).
1.18) Sia (t) una curva in R
3
. Supponiamo che t ne sia il parametro naturale e
indichiamone con T, e la tangente unitaria, la curvatura e la torsione, che
supponiamo ben denite. La mappa T(t) descrive una curva sulla sfera unitaria di
R
3
, che supponiamo regolare. Indichiamo con
1
e
1
curvatura e torsione di questa
curva, che supponiamo ben denite. Si mostri che tra , ,
1
e
1
intercorrono le
seguenti relazioni:

2
1
=
(
2
+
2
)

2
,
1
=
(

)
(
2
+
2
)
.
1.19) Dimostrare che, se una curva dierenziabile di classe almeno C
3
in R
3
con parametro
naturale s, curvatura e torsione giace su una sfera, allora curvatura e torsione
soddisfano la relazione
d
ds
_

_
=

1.20) Sia x(s) una curva in R


3
, dove s `e il parametro naturale, e siano e curvatura
e torsione di x. Poniamo = 1/, = 1/. Mostrare che, se vale la relazione

2
+ ( )
2
= r
2
,
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
14 Note di Geometria Dierenziale
dove r `e una costante positiva, e non si annulla, allora x ha immagine contenuta
in una supercie sferica di raggio r.
1.21) Sia una curva dierenziabile chiusa in R
3
interamente contenuta nella supercie
sferica unitaria di R
3
. Siano e la curvatura e la torsione di . Mostrare che
_

ds = 0 .
1.22) Sia una curva tracciata su una supercie sferica in R
3
di raggio r. Si mostri che
la curvatura di `e ovunque almeno 1/r.
1.23) Sia (t) una curva non degenere in R
3
. Mostrare che i vettori tangenti a e al
luogo dei suoi centri di curvatura in punti corrispondenti sono tra loro ortogonali.
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
2. Il teorema delle funzioni implicite
Un dieomorsmo C
k
tra aperti A e B di R
n
`e un omeomorsmo f : A B di classe
C
k
con inversa anchessa di classe C
k
. Sia U un aperto in R
n
e sia f : U R
m
una
applicazione C
1
. Se p U indicheremo con J
p
f la matrice Jacobiana
J
p
f =
_
_
_
_
f
1
x
1
(p)
f
1
x
2
(p)
f
2
x
1
(p)


_
_
_
_
.
Diremo che f ha rango k nel punto p se J
p
f ha rango k. Se x = (x
1
, . . . , x
h
) `e un
gruppo di variabili, useremo anche la notazione
f
x
per indicare la matrice Jacobiana di f rispetto alle variabili x. Supponiamo ora che U
sia convesso, e siano p e q punti di U. La funzione F(t) = f(t(q p) +p) `e C
1
su [0, 1],
e F(0) = f(p), F(1) = f(q). Dunque possiamo scrivere
f(q) f(p) =
_
1
0
dF
dt
dt =
n

i=1
(q
i
p
i
)
_
1
0
f
x
i
(t(q p) +p)dt .
Si possono quindi trovare funzioni continue h
1
, . . . , h
n
tali che
f(q) f(p) =
n

i=1
(q
i
p
i
)h
i
(q, p) .
Se f `e di classe C
k
, le h
i
sono di classe C
k1
. Inoltre, se le derivate f/x
i
hanno
norma (euclidea) uniformemente limitata da una costante su U, anche h
i
`e limitata
da , e quindi si ha
f(q) f(p)

|q
i
p
i
|h
i
(q, p)

|q
i
p
i
|

nq p .
Teorema (2.1) (della funzione inversa). Sia U un aperto in R
n
, e sia f : U R
n
una applicazione di classe C
k
, k 1. Se la matrice Jacobiana J
p
0
f di f nel punto p
0
`e non singolare vi `e un intorno aperto V di p
0
tale che W = f(V ) sia aperto e che la
applicazione f
|V
: V W sia un dieomorsmo C
k
.
Nella dimostrazione converr` a pensare i punti di R
n
come matrici colonna. Dimostreremo
innanzitutto il teorema sotto le ipotesi aggiuntive che p
0
= f(p
0
) = 0 e che J
p
0
f = I.
Poniamo
T
y
(x) = x f(x) +y ,
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
16 Note di Geometria Dierenziale
e osserviamo che le ipotesi aggiuntive su f implicano che J
0
T
y
= 0. Inoltre f(x) = y se
e solo se T
y
(x) = x, cio`e se e solo se x `e un punto sso di T
y
. Dato > 0, esiste una
palla chiusa B(0, r) su cui tutte le derivate parziali di T
y
hanno norma limitata da .
Possiamo inoltre supporre che in ogni punto di questa palla la matrice Jacobiana di f
sia non singolare. Dunque, se p e q appartengono a B(0, r),
T
y
(p) T
y
(q)

np q .
Se scegliamo 1/(4

n), si ha dunque
T
y
(p) T
y
(q)
1
4
p q ;
inoltre, dato che T
y
(0) = y, se y r/4 si ha che, per ogni p in B(0, r),
T
y
(p) y +
1
4
p
r
2
.
Dunque T
y
`e una contrazione di B(0, r) in s`e tale che T
y
(B(0, r)) B(0, r/2); in
particolare T
y
(B(0, r)) B(0, r). Ne segue che T
y
ha uno e un solo punto sso x in
B(0, r), e che x B(0, r/2). Ci` o signica che, per ogni y B(0, r/4), vi `e uno e un
solo x B(0, r) tale che f(x) = y, e che x B(0, r/2). Dunque la restrizione di f
a f
1
(B(0, r/4)) B(0, r/2) `e iniettiva e ha come immagine B(0, r/4); poiche `e una
applicazione continua da uno spazio topologico compatto su uno di Hausdor, `e un
omeomorsmo di f
1
(B(0, r/4)) B(0, r/2) su B(0, r/4). Ponendo ora
V = B(0, r) f
1
(B(0, r/4)) ,
si conclude che W = f(V ) = B(0, r/4), che f
|V
`e un omeomorsmo di V su W, e che
f
|V
ha ovunque Jacobiano non singolare.
Vogliamo ora mostrare che linversa di f
|V
: V W, che indicheremo con g, `e
dierenziabile. Per fare ci` o notiamo intanto che, se p e q appartengono a B(0, r), per
ogni y in B(0, r/4),
p q f(p) +f(q) = T
y
(p) T
y
(q)
1
4
p q ,
e dunque
f(p) f(q)
3
4
p q .
Ora, se p e q appartengono a W,
g(p) g(q) (J
g(q)
f)
1
(p q) (J
g(q)
f)
1
(J
g(q)
f)(g(p) g(q)) f(g(p)) +f(g(q))
= o(g(p) g(q)) ,
perch`e f `e dierenziabile nel punto g(q). Daltra parte, per quanto si `e appena visto,
g(p) g(q) = O(p q). Quindi g `e dierenziabile nel punto q e
J
q
g = (J
g(q)
f)
1
.
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
2. Il teorema delle funzioni implicite 17
Poich`e gli elementi dellinversa di una matrice A sono funzioni razionali degli elementi
di A, J
q
g ha dunque la stessa classe di dierenziabilit` a di J
g(q)
f. Dobbiamo mostrare
che g `e C
k
, cio`e che J
q
g `e C
k1
, o ancora, per quanto appena osservato, che J
g(q)
f `e
C
k1
. Poich`e J
q
f `e C
k1
, baster` a mostrare che g `e C
k1
; per far ci` o baster`a mostrare
che g `e C
k2
, e cos` via. La tesi segue dunque dalla continuit` a di g.
Per completare la dimostrazione del teorema basta ora rimuovere le ipotesi aggiuntive
che p
0
= f(p
0
) = 0 e che J
p
0
f = I. Poniamo
(x) = (J
p
0
f)
1
(f(x +p
0
) f(p
0
)) .
La matrice Jacobiana di nellorigine `e la matrice identit` a e (0) = 0. Dunque,
per quanto `e stato gi`a dimostrato, esiste un intorno aperto dellorigine V

tale che la
restrizione di a V

sia un dieomorsmo C
k
da V

a W

= (V

). Ma allora si pu` o
scegliere V = V

+ p
0
. In eetti la restrizione di f a V `e
|V
, dove `e la
traslazione di p
0
, quella di f(p
0
), e la moltiplicazione per la matrice J
p
0
f. La
dimostrazione del teorema `e ora completa.
Dimostriamo ora una prima importante conseguenza del teorema della funzione
inversa. Chiameremo cubo un aperto di R
n
che sia un prodotto di n intervalli aperti.
Corollario (2.2) (Teorema del rango). Sia U un aperto in R
n
e sia f : U R
m
una applicazione C
k
, k 1. Supponiamo che il rango di f sia costante su U, e
indichiamolo con r. Allora, se p `e un punto di U, vi sono intorni aperti A di p e B di
f(p) e dieomorsmi di classe C
k
: A P e : B Q, dove P e Q sono cubi in R
n
e in R
m
, tali che f
1
sia della forma
(x
1
, x
2
, . . . , x
n
) (x
1
, x
2
, . . . , x
r
, 0, . . . , 0) .
Si pu` o scegliere A = P e uguale allidentit` a quando r = n, oppure B = Q e
uguale allidentit` a quando r = m (ma non entrambe le cose contemporaneamente quando
r = m = n).
Scriveremo i punti di R
n
sotto la forma (x, y), dove x R
r
e y R
nr
, e scriveremo anche
f(x, y) = (g(x, y), h(x, y)), dove g ha valori in R
r
e h ha valori in R
mr
. Tratteremo per
primo il caso r = n m, poi quello r = m n, e inne quello generale. Se r = n m,
salvo cambiare lordine delle variabili in R
m
e restringere U, possiamo supporre che la
matrice Jacobiana g/x sia non singolare su tutto U. Deniamo ora una applicazione
F di classe C
k
da U R
mn
a R
m
ponendo
F(x, ) = (g(x), h(x) + ) .
La matrice Jacobiana di F `e
_
_
g
x
0
h
x
I
_
_
,
quindi
det(JF) = det
_
g
x
_
= 0 .
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
18 Note di Geometria Dierenziale
Per il teorema della funzione inversa vi `e un cubo Q = AQ

in R
m
, dove A e Q

sono
cubi in R
n
e R
mn
, contenente (p, 0), tale che B = F(Q) sia aperto e che F : Q B
abbia uninversa di classe C
k
. In particolare
(g(x), h(x) + ) = (x, ) .
Ponendo = 0 si ottiene che, per ogni x A,
(f(x)) = (g(x), h(x)) = (x, 0) ,
come si voleva.
Supponiamo ora che r = m n. Salvo cambiare lordine delle variabili in R
n
e
restringere U, possiamo supporre che la matrice Jacobiana f/x sia non singolare su
tutto U. Deniamo ora una applicazione di classe C
k
da U a R
n
ponendo
(x, y) = (f(x, y), y) .
La matrice Jacobiana di `e
_
_
f
x
f
y
0 I
_
_
,
quindi
det(J) = det
_
f
x
_
= 0 .
Per il teorema della funzione inversa vi `e un intorno aperto A di p tale che P = (A)
sia un cubo e che : A P abbia uninversa C
k
. Dunque, se scriviamo

1
(x, y) = ((x, y), (x, y)) ,
dove ha valori in R
m
e ha valori in R
nm
, si ha
y = (x, y) , x = f((x, y), (x, y)) ,
e quindi
x = f((x, y), y) .
In altre parole f(
1
(x, y)) = x, come si voleva (e B = f(A) `e un cubo).
Trattiamo ora il caso generale. Salvo permutare le variabili in R
n
e R
m
e restringere
U, si pu` o supporre che la matrice Jacobiana g/x sia non singolare su tutto U. Per
quanto `e stato appena dimostrato, vi sono dunque un intorno A di p, un cubo P in R
n
,
e un dieomorsmo : A P tali che g(
1
(x, y)) = x per ogni (x, y) in P. Dunque
f(
1
(x, y)) = (x, h(
1
(x, y)))
per ogni (x, y) in P. Daltra parte la matrice Jacobiana di f
1
deve avere rango
r ovunque. Questo `e possibile solo se (h
1
)/y `e identicamente nullo, cio`e solo se
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
2. Il teorema delle funzioni implicite 19
h(
1
(x, y)) non dipende da y, ma solo da x. Quindi vi `e una funzione di classe C
k
tale che h(
1
(x, y)) = (x), e dunque
f(
1
(x, y)) = (x, (x)) .
Se scriviamo P = P

, dove P

`e un cubo in R
r
e P

un cubo in R
nr
, lapplicazione
: P

R
mr
P

R
mr
denita da
(, ) = (, ())
`e un dieomorsmo C
k
(ha come inversa (, ) (, + ())). Inoltre
(f(
1
(x, y))) = (x, (x)) = (x, 0) .
Per concludere basta scegliere Q = P

, dove Q

`e un cubo in R
mr
contenente
lorigine, e B =
1
(Q). La dimostrazione di (2.2) `e ora completa.
Corollario (2.3) (Teorema delle funzioni implicite). Sia f : U R
n
una
applicazione C
k
, k 1, dove U `e un aperto in R
n
R
m
. Indichiamo con x = (x
1
, . . . , x
n
)
e con y = (y
1
, . . . , y
m
) le variabili in R
n
e R
m
. Supponiamo che in un punto (x
0
, y
0
) di
U la matrice f/x sia non singolare. Allora esistono intorni aperti A di x
0
e B di y
0
e una funzione : B A di classe C
k
tali che
{(x, y) AB| f(x, y) = f(x
0
, y
0
)}
coincida con il graco di , cio`e con
{((y), y) | y B} .
La dimostrazione `e sostanzialmente identica a quella del caso r = m n del corollario
(2.2). Costruiamo una applicazione F : U R
n
R
m
ponendo
F(x, y) = (f(x, y), y) .
La matrice Jacobiana di F `e
_
_
f
x
f
y
0 I
_
_
,
quindi
det(J
(x
0
,y
0
)
F) = det
_
f
x
(x
0
, y
0
)
_
= 0 .
Per il teorema della funzione inversa vi `e un intorno aperto di (x
0
, y
0
), che possiamo
supporre della forma AB

, tale che la restrizione di F ad AB

`e un dieomorsmo
su W = F(A B

). Sia x = G(, ), y = H(, ) la funzione inversa di F


|AB
. In altri
termini
= f(G(, ), H(, )) , = H(, ) .
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
20 Note di Geometria Dierenziale
Ne segue che
(2.4) = f(G(, ), ) .
Se poniamo f
0
= f(x
0
, y
0
), linsieme {(x, y) A B

| f(x, y) = f
0
} coincide con
F
1
({(x, y) W | x = f
0
}), e quindi, per la (2.4), con {(G(f
0
, y), y) | (f
0
, y) W}.
Daltra parte si pu` o trovare un intorno B di y
0
tale che {f
0
} B sia interamente
contenuto in W. Ne segue che
{(x, y) AB| f(x, y) = f
0
} = {(G(f
0
, y), y) | y B} .
Se poniamo (y) = G(f
0
, y), ci` o `e esattamente quello che si voleva dimostrare.
Esercizi
2.1) Sia U un aperto di R
n
, e sia f : U R
m
una applicazione di classe C
k
, k 1.
Supponiamo che f abbia rango costante r su U. Si mostri che per ogni punto p U
esistono un intorno V e una funzione C
k
: A R
n
, dove A `e un aperto di R
nr
,
iniettiva e di rango n r ovunque, tale che
V f
1
(f(p)) = {(x) | x A} .
2.2) Sia U un aperto di R
n
, e siano f : U R
m
e g : U R
h
applicazioni di classe C
k
,
k 1. Supponiamo che f abbia ovunque rango m e g abbia ovunque rango h.
a) Supponiamo che, per ogni punto q U, le righe delle matrici J
q
f e J
q
g siano
tutte indipendenti. Si mostri che, dato un punto p U, esistono un intorno V
di p e una funzione C
k
: A R
n
, dove A `e un aperto di R
nmh
, iniettiva
e di rango n mh ovunque, tale che
V f
1
(0) g
1
(0) = {(x) | x A} .
b) La conclusione di a) vale anche senza lipotesi che le righe di J
q
f e J
q
g siano
tutte indipendenti?
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
3. Supercie: teoria locale elementare
In questo capitolo, provvisoriamente, per supercie C
k
in R
3
(con k 1) intenderemo
una applicazione : U R
3
di classe C
k
, dove U `e un aperto di R
2
, tale che:
a) `e un omeomorsmo di U su (U),
b) J ha rango 2 su tutto U.
Non saremo interessati a ottenere risultati ottimali di dierenziabilit` a, e quindi
supporremo, salvo avviso esplicito, che k sia grande quanto basta, cio`e che si possano
fare tutte le derivate che ci serviranno; in pratica ci comporteremo come se tutte le
funzioni che intervengono fossero C

. Indicheremo le coordinate in U con u


1
, u
2
.
Sia dunque : U R
3
una supercie C
k
. Poniamo S = (U). Sia : [a, b] R
3
un cammino tale che ([a, b]) S, cio`e, come diremo spesso, un cammino tracciato su
S. Poiche `e un omeomorsmo da U a S, possiamo scrivere
(t) = (u
1
(t), u
2
(t)) ,
dove u
1
(t) e u
2
(t) sono funzioni continue. Osserviamo che, in realt` a, se `e C
k

,
con k

k, allora u
1
(t) e u
2
(t) sono di classe C
k

. In eetti dal teorema del rango


(corollario (2.2)) segue che, ssato t
0
, esistono intorni A di (u
1
(t
0
), u
2
(t
0
)) e B di (t
0
)
e un dieomorsmo di B su un aperto di R
3
tali che ((u
1
, u
2
)) = (u
1
, u
2
, 0). Ma
allora, se t `e vicino a t
0
, u
1
(t) e u
2
(t) non sono altro che le prime due componenti di
((u
1
(t), u
2
(t))) = ((t)), che `e C
k

.
Sia ora p un punto di S. Un vettore tangente a S nel punto p `e un vettore v R
3
della forma

(t
0
) per qualche curva (t) tracciata su S e tale che (t
0
) = p. In altre
parole, un vettore tangente a S in p `e il vettore velocit`a di una curva su S passante
per p, calcolato nel punto p. Se (t) = (u
1
(t), u
2
(t)) `e come sopra, possiamo scrivere

(t
0
) = u

1
(t
0
)

u
1
(v
1
, v
2
) +u

2
(t
0
)

u
2
(v
1
, v
2
) ,
dove si `e posto v
i
= u
i
(t
0
). Dunque ogni vettore tangente a S in p `e combinazione
lineare di /u
1
e /u
2
, calcolati nel punto (v
1
, v
2
). Viceversa ogni vettore
a

u
1
(v
1
, v
2
) +b

u
2
(v
1
, v
2
)
`e tangente ad S in p, in quanto `e della forma

(0) per la curva tracciata su S


(t) = (at +v
1
, bt +v
2
) .
Poiche richiedere che J abbia rango 2 equivale a richiedere che /u
1
e /u
2
siano
indipendenti, linsieme dei vettori tangenti a S in p `e dunque uno spazio vettoriale reale
di dimensione 2, che viene di solito indicato con T
p
S. Su questo spazio vettoriale vi
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
22 Note di Geometria Dierenziale
`e un prodotto scalare naturale, che non `e altro che la restrizione a T
p
S del prodotto
scalare euclideo , su R
3
. Questo prodotto scalare va anche sotto il nome di prima
forma fondamentale di S, e si scrive anche I( , ).
`
E duso scrivere
g
ij
=
_

u
i
,

u
j
_
.
In altri termini, la matrice della prima forma fondamentale rispetto alla base
/u
1
, /u
2
`e (g
ij
).
`
E chiaro dalla denizione che g
ij
dipende in modo C
k1
da u
1
e u
2
.
I vettori tangenti a S hanno una interpretazione come derivate direzionali. Sia
infatti X un vettore tangente a S in un punto p = (v
1
, v
2
), sia f una funzione denita
su un intorno di p in S, e supponiamo che f sia almeno C
1
. Deniamo la derivata
di f rispetto ad X, che scriveremo X(f), nel modo seguente. Scegliamo un cammino
(t) su S tale che (0) = p e

(0) = X e poniamo
X(f) =
d(f )
dt
(0) .
Se scriviamo (t) = (u
1
(t), u
2
(t)) possiamo anche scrivere
d(f )
dt
(0) = u

1
(0)
(f )
u
1
+u

2
(0)
(f )
u
2
.
Ci`o mostra che X(f) non dipende dalla scelta di , ma solo da u

1
(0) e da u

2
(0), e cio`e
da X. Segue anche da questa formula che X(f) `e lineare in X ed f. Inne loperazione
di derivazione rispetto a X soddisfa anche la regola di Leibniz
X(fg) = fX(g) +gX(f) .
Vogliamo ora denire per S un analogo della nozione di curvatura per le curve in
R
2
. Un campo di vettori unitari normali a S `e il dato, per ogni p S, di un vettore
unitario N
p
che sia ortogonale a T
p
S e che dipenda con continuit` a da p. Una scelta
canonica per N `e
(3.1) N =

u
1


u
2
_
_
_

u
1


u
2
_
_
_
.
Per ogni p vi sono solo due scelte possibili per N
p
. Poiche N deve dipendere con
continuit` a da p, su ogni componente connessa di S le sole scelte possibili per N sono
dunque quella data dalla (3.1) e il suo negativo. La formula (3.1) mostra che N `e
una funzione C
k1
di u
1
e u
2
. Fissiamo un campo N di vettori unitari normali a S e
poniamo, per ogni X T
p
S
LX =
X
N ,
dove
X
N `e il vettore che si ottiene derivando rispetto a X ogni componente di N
separatamente. Notiamo che LX `e una funzione lineare di X e che inoltre LX T
p
S.
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
3. Supercie: teoria locale elementare 23
Infatti, derivando rispetto a X lidentit` a 1 = N, N e usando la regola di Leibniz si
ottiene che
0 = X(N, N) =
X
N, N +N,
X
N = 2 LX, N ,
cio`e che LX `e ortogonale a N
p
e quindi tangente a S in p. Lapplicazione lineare
L : T
p
S T
p
S
va sotto il nome di applicazione di Weingarten. Questa applicazione ha la importante
propriet` a di essere autoaggiunta rispetto alla prima forma fondamentale. Si ha cio`e
LX, Y = X, LY
per ogni coppia di vettori X, Y T
p
S. Aermare questo `e equivalente ad aermare che
la seconda forma fondamentale di S, denita come LX, Y e scritta di norma II(X, Y ),
`e simmetrica. Per dimostrare quanto aermato basta perci` o vedere che la matrice della
seconda forma fondamentale rispetto alla base /u
1
, /u
2
, e cio`e la matrice (b
ij
),
dove
b
ij
=
_
L

u
i
,

u
j
_
,
`e simmetrica. Per la regola di Leibniz
_
L

u
i
,

u
j
_
=
_
N
u
i
,

u
j
_
=

u
i
_
N,

u
j
_

_
N,

2

u
i
u
j
_
.
Poiche N e

u
j
sono ortogonali, se ne ricava che
b
ij
=
_
N,

2

u
i
u
j
_
.
Questa espressione `e chiaramente simmetrica in i e j.
Anche se questo pu` o sembrare bizzarro, lapplicazione di Weingarten `e un esatto
analogo della curvatura di una curva in R
2
. Per vedere ci` o deniamo una applicazione
di Weingarten per un cammino regolare in R
2
. Sia N la normale unitaria di .
Se p = (t
0
), un vettore X tangente a in p non `e altro che la derivata di una
riparametrizzazione (t()) rispetto a , calcolata in un punto
0
tale che t(
0
) = t
0
,
cio`e
d
d
((t()))
|=
0
=
dt
d
(
0
)

(t
0
) .
Dunque un vettore tangente non `e altro che un multiplo c

(t
0
) della tangente unitaria
a in p. Se X `e un vettore tangente a in p si pu` o denire LX =
X
N esattamente
come per le supercie in R
3
. Ma allora
LX =
X
N = c
dN
dt
= c
ds
dt
dN
ds
= c
ds
dt
T = X .
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
24 Note di Geometria Dierenziale
A meno del segno, dunque, la applicazione di Weingarten per una curva in R
2
non `e
altro che la moltiplicazione per la curvatura.
Poiche lapplicazione di Weingarten `e autoaggiunta, vi `e una base ortonormale X, Y
di T
p
S costituita da autovettori di L, tale cio`e che
LX = hX , LY = kY ,
dove h e k sono gli autovalori di L. Nel caso in cui h = k i vettori X e Y sono
univocamente determinati a meno del segno. Tradizionalmente, h e k sono chiamati
curvature principali di S nel punto p, e X e Y direzioni principali di curvatura. La
curvatura Gaussiana K(p) e la curvatura media H(p) di S nel punto p sono denite,
rispettivamente, come
K(p) = hk = det(L)
e
H(p) = h +k = Tr(L) ,
dove Tr(L) `e la traccia di L. Se sono note la prima e la seconda forma fondamentale
di S `e immediato calcolare curvatura Gaussiana e media. Infatti, se (a
ij
) `e la matrice
di L rispetto alla base /u
1
, /u
2
di T
p
S, si ha che
b
ij
=
_
L

u
i
,

u
j
_
=
_

l
a
il

u
l
,

u
j
_
=

l
a
il
g
lj
,
cio`e che
(a
ij
) = (b
ij
)(g
ij
)
1
.
`
E duso denotare linversa di (g
ij
) con (g
ij
). Dunque
K =
det(b
ij
)
det(g
ij
)
= det(b
ij
) det(g
ij
) , H = Tr
_
(b
ij
)(g
ij
)
_
.
`
E chiaro dalla denizione che il segno delle curvature principali dipende dalla scelta
della normale unitaria N, e che lo stesso avviene per la curvatura media. La curvatura
Gaussiana invece non dipende dalla scelta di N. Essa `e nulla se una delle curvature
principali `e nulla, positiva se le curvature principali hanno lo stesso segno, negativa se
hanno segni opposti. Un punto p di S si dice ellittico, iperbolico o parabolico se K(p)
`e, rispettivamente, positiva, negativa o nulla. Un punto p S si dice ombelicale, o un
ombelico, se le due curvature principali di S in p coincidono. Un vettore X tangente
a S in p si dice asintotico se LX, X = 0. Una curva tracciata su S si dice una
linea asintotica (rispettivamente, una linea di curvatura) se i suoi vettori tangenti sono
ovunque vettori asintotici (risp., direzioni principali di curvatura).
Esempio (3.2). Consideriamo una supercie della forma
(u
1
, u
2
) = (u
1
, u
2
, f(u
1
, u
2
)) .
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
3. Supercie: teoria locale elementare 25
Si ha che

u
1
=
_
1, 0,
f
u
1
_
,

u
2
=
_
0, 1,
f
u
2
_
,

u
i
u
j
=
_
0, 0,

2
f
u
i
u
j
_
,
N =
_

f
u
1
,
f
u
2
, 1
_
_
1 +
_
f
u
1
_
2
+
_
f
u
2
_
2
.
Dunque
g
ij
=
_

u
i
,

u
j
_
=
ij
+
f
u
i
f
u
j
,
b
ij
=
_
N,

2

u
i
u
j
_
=

2
f
u
i
u
j
_
1 +
_
f
u
1
_
2
+
_
f
u
2
_
2
.
det(g
ij
) = 1 +
_
f
u
1
_
2
+
_
f
u
2
_
2
.
det(b
ij
) =
det
_

2
f
u
i
u
j
_
1 +
_
f
u
1
_
2
+
_
f
u
2
_
2
.
Ne segue che
K =
det
_

2
f
u
i
u
j
_
_
1 +
_
f
u
1
_
2
+
_
f
u
2
_
2
_
2
.
Esaminiamo ora cosa accade nel punto p = (0, 0, 0) nel caso particolare in cui f(0, 0) = 0
e, ci`o che `e pi` u importante,
f
u
1
(0, 0) =
f
u
2
(0, 0) = 0. In questo caso possiamo scrivere
f(u
1
, u
2
) = Q(u
1
, u
2
) +R(u
1
, u
2
) ,
dove
Q(u
1
, u
2
) =

q
ij
u
i
u
j
`e un polinomio omogeneo di secondo grado e R(u
1
, u
2
) ha uno zero di ordine superiore
al secondo nellorigine. Si pu` o supporre, senza modicare Q, che la matrice (q
ij
) sia
simmetrica. Le formule che abbiamo ricavato nel caso di una f generale ci dicono che,
nel punto p,
g
ij
=
ij
, b
ij
= 2q
ij
.
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
26 Note di Geometria Dierenziale
In un certo senso dunque, a parte un ininuente fattore 2, la seconda forma
fondamentale `e il polinomio di secondo grado che meglio approssima f. O ancora,
data la matrice (b
ij
) della seconda forma fondamentale, a meno di termini di ordine
superiore al secondo, vicino allorigine la nostra supercie `e il paraboloide di equazione
x
3
=
1
2

i,j=1,2
b
ij
x
i
x
j
.
La curvatura della supercie risulta positiva se la matrice (b
ij
) `e denita (positiva o
negativa), cio`e se abbiamo a che fare con un paraboloide ellittico (gura 1), negativa
se (b
ij
) `e indenita ma non singolare, cio`e se abbiamo a che fare con un paraboloide
iperbolico (gura 2), nulla se (b
ij
) `e singolare, cio`e se abbiamo a che fare con un piano
o con un cilindro parabolico (gura 3).
g. 1 g. 2 g. 3
Sia (u
1
, u
2
), (u
1
, u
2
) U, una supercie in R
3
, e sia una cammino regolare C
1
tracciato su S = (U). Indichiamo con s il parametro naturale per , con T la tangente
unitaria a , e con N una normale unitaria per S (attenzione: N non `e la normale
principale di !). Per ogni punto p = (t) indichiamo con G
p
il vettore unitario in
T
p
S ortogonale a T e tale che (T, G) sia una base di T
p
S orientata concordemente a
(/u
1
, /u
2
). La curvatura normale di `e

n
=
_
dT
ds
, N
_
,
mentre la curvatura geodetica di `e

g
=
_
dT
ds
, G
_
.
Osserviamo che
dT
ds
=
n
N +
g
G.
Derivando rispetto a s lidentit` a T, N = 0 si ottiene
0 =
_
dT
ds
, N
_
+T,
T
N .
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
3. Supercie: teoria locale elementare 27
Dunque

n
= T,
T
N = LT, T = II(T, T) .
In particolare se ne ricava che, se in un punto p = (t) il vettore T `e una direzione
principale di curvatura e k `e la curvatura principale corrispondente, allora nel punto p
la curvatura normale di `e k.
Diremo che `e una geodetica se la sua curvatura geodetica `e identicamente nulla e
la norma di

`e costante.
Esempio (3.3). Una supercie di rotazione, intuitivamente, `e una supercie spazzata
da una curva giacente in un piano quando questo piano viene fatto ruotare rigidamente
intorno a un asse in esso contenuto. Dunque una supercie di rotazione nello spazio
euclideo con coordinate x, y, z avente come asse di rotazione lasse delle z `e della forma
(u, ) = (a(u) cos , a(u) sin, b(u)) .
Questa supercie `e ottenuta facendo ruotare intorno allasse z la curva (t) = (0, a(t), b(t))
contenuta nel piano yz. Al solito, indichiamo con S limmagine di . Una scelta di
normale unitaria a S `e
N =
(b

cos , b

sin, a

)
_
a

2
+b

2
.
Per ragioni evidenti chiameremo meridiani le curve su S della forma { = costante}
e paralleli quelle della forma {u = costante}. Osserviamo che i meridiani sono linee
di curvatura. Infatti il meridiano { =
0
} `e tagliato su S dal piano di equazione
sin
0
x cos
0
y = 0.
`
E chiaro che N
p
giace in per ogni p su { =
0
}. Dunque la
derivata di N rispetto a u giace in , ed `e quindi proporzionale a /u. La curvatura
principale corrispondente a /u non `e altro che la curvatura della curva piana
(attenzione ai segni!) e vale perci` o
h =
a

_
a

2
+b

2
_
3/2
.
I paralleli su S sono anchessi linee di curvatura perch`e sono ovunque ortogonali ai
meridiani. Per calcolare la corrispondente curvatura principale basta calcolarne la
curvatura normale. La tangente unitaria a un parallelo `e T = (sin, cos , 0), e
la sua derivata dT/ds rispetto al parametro naturale vale

1
a
(cos , sin, 0) .
Quindi la curvatura principale corrispondente a T `e
k =
n
=
_
dT
ds
, N
_
=
b

a
_
a

2
+b

2
.
In conclusione, la curvatura Gaussiana della nostra supercie vale
K = hk =
a

2
a(a

2
+b

2
)
2
,
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
28 Note di Geometria Dierenziale
mentre la curvatura media `e
H = h +k =
b

3
+b

2
+aa

aa

a(a

2
+b

2
)
3/2
.
Nel caso particolare (che `e quello che pi` u spesso si presenta) in cui a(u) = u, la formula
per la curvatura Gaussiana di S si riduce a
K =
b

u(1 +b

2
)
2
.
Esercizi
3.1) Mostrare che i paralleli di una supercie di rotazione in R
3
hanno curvatura geodetica
costante.
3.2) Si considerino le supercie date in forma parametrica da:
x = a sinucos v, y = b sinusinv, z = c cos u.
(ellissoide)
x = a sinhucos v, y = b sinhusinv, z = c cosh u.
(iperboloide a due falde)
x = a sinhusinhv, y = b sinhucosh v, z = c sinhu.
(cono)
x = aucos v, y = businv, z = u
2
.
(paraboloide ellittico)
x = aucosh v, y = businhv, z = u
2
.
(paraboloide iperbolico)
Trovare lequazione di queste supercie sotto la forma F(x, y, z) = 0 e dire quali
curve sono le curve u = costante e v = costante.
3.3) Si consideri una supercie della forma z = f(x, y). Si trovino prima e seconda forma
fondamentale e lequazione delle linee di curvatura.
3.4) Si mostri che le linee asintotiche sulla supercie
z =
x
4
a
4

y
4
b
4
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
3. Supercie: teoria locale elementare 29
sono le curve lungo cui la supercie incontra le due famiglie di cilindri
x
2
a
2
+
y
2
b
2
= costante
x
2
a
2

y
2
b
2
= costante.
3.5) Si calcolino curvatura Gaussiana e curvatura media delle supercie in R
3
di equazione
e
z
= cos(x)/ cos(y) ,
z = e
x
2
y
2
.
3.6) Due supercie si intersecano lungo una curva con angolo costante. Si mostri che,
se `e una linea di curvatura su una delle due supercie, lo `e anche sullaltra.
3.7) Si calcolino la curvatura Gaussiana e media e le curvature principali delle supercie
in R
3
di equazione:
z = cos x + cos y ,
z = sinx + cos y ,
z = sinx + siny ,
y cosh(z) = xsinh(z) .
3.8) Calcolare la curvatura Gaussiana e media della supercie generata dalle normali
principali allelica (t) = (a cos(t), a sin(t), bt).
3.9) Si calcolino la seconda forma fondamentale, le curvature principali, Gaussiana e
media della supercie con rappresentazione parametrica
x = a(u + 2v), y = b(2u v), z = uv,
dove a e b sono costanti non nulle.
3.10) Calcolare la curvatura Gaussiana della supercie in R
3
di equazione
x
2
+y
2
a
2
z
2
= 1 .
3.11) In R
3
`e data la supercie S con la rappresentazione parametrica
x(t, ) = (e
t
cos(), e
t
sin(), t) .
Si calcolino prima e seconda forma fondamentale di S, linee di curvatura su S,
curvature principali e curvatura Gaussiana. Si determinino i due sistemi di curve
asintotiche su S.
3.12) Sia S = {(x, y, z) R
3
| z > 0, x
2
+y
2
= z
2
}. Mostrare che S `e una supercie regolare
e calcolare in ogni punto p S la prima e seconda forma fondamentale, loperatore
di Weingarten, le curvature principali, la curvatura media e quella Gaussiana, le
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
30 Note di Geometria Dierenziale
direzioni principali e asintotiche, le linee di curvatura e le linee asintotiche. Mostrare
che ogni p S `e parabolico. Inne, se C = S, dove `e il piano di equazione
y +z = 2, calcolare la curvatura normale nei punti di C.
3.13) Mostrare che la curvatura geodetica delle curve u = costante sul paraboloide
x = ucos , y = usin , z =
1
2
au
2
`e
1
u(1 +u
2
)
1/2
.
3.14) Due supercie in R
3
sono tangenti lungo una curva . Mostrare che, se `e una
geodetica su una delle due supercie, lo `e anche sullaltra.
3.15) Esistono superci di rotazione con curvatura Gaussiana costante e curvatura media
nulla ?
3.16) Sia X una supercie in R
3
.
a) Si mostri che, se X contiene un (pezzo di) retta, questa `e una linea asintotica.
b) X si dice rigata se per ogni suo punto passa un (pezzo di) retta. Si mostri che
in questo caso X ha curvatura gaussiana 0.
3.17) Sia S una supercie in R
3
. Si supponga che vi siano tre rette distinte contenute
in S e passanti per uno stesso punto p di S. Si mostri che la seconda forma
fondamentale di S in p `e nulla.
3.18) Sia S una supercie in R
3
. Mostrare che per ogni punto di S passano esattamente
due linee asintotiche distinte se e solo se la curvatura Gaussiana di S `e ovunque
strettamente negativa.
3.19) Sia una curva di curvatura non nulla su una supercie S. Si mostri che, se `e
una linea asintotica, la normale principale a `e ovunque tangente a S.
3.20) Si mostri che le curvature principali della supercie di equazione
y cos(z/a) = xsin(z/a)
sono uguali a a/(x
2
+y
2
+a
2
).
3.21) Sia S la supercie generata dalle rette normali a una curva (s) in R
3
con parametro
naturale s. Si scriva una rappresentazione parametrica di S, se ne calcolino prima
e seconda forma fondamentale, curvatura Gaussiana e media. Si determinino su S
le curve asintotiche.
3.22) Trovare i punti ombelicali sullellissoide:
x
2
a
2
+
y
2
b
2
+
z
2
c
2
= 1.
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
3. Supercie: teoria locale elementare 31
3.23) Sia (t) una curva dierenziabile in R
3
e sia S la supercie generata da tutte le
binormali a . Si calcolino la curvatura Gaussiana e la curvatura media di S.
3.24) Sia S R
3
una supercie e sia (s) una linea di curvatura di S. Se L `e lapplicazione
di Weingarten possiamo scrivere
L (s) = (s) (s) ,
dove (s) `e una funzione. Sia T la supercie di equazione parametrica
(s, v) = (s) +vN(s) ,
dove N(s) `e il vettore unitario normale a S in (s). Si mostri che T ha curvatura
Gaussiana identicamente nulla e curvatura media
H =

g
1 +v
,
dove
g
`e la curvatura geodetica di come curva in S. Si mostri inoltre che, se
`e una geodetica su T con curvatura non nulla, allora `e una curva piana.
3.25) Mostrare che la supercie di rotazione
x = ucos v , y = usinv , z = a log
_
u +
_
u
2
a
2
_
ha curvatura media nulla. Mostrare anche che `e la sola supercie di rotazione di
curvatura media nulla.
3.26) Sia X una supercie in R
3
, e sia N una normale principale lungo X. Sia (t) una
curva tracciata su X, e si consideri la curva in R
3
data da (t) = N
(t)
. Si mostri
che

(t) `e proporzionale a

(t) per ogni t se e solo se `e una linea di curvatura


su X.
3.27) Sia (t) un arco di curva su una supercie M in R
3
. Si supponga che sia una
linea di curvatura e sia k la curvatura principale corrispondente.
a) Si mostri che, se k 0, `e una curva piana.
b) Si mostri che, se k `e costante e non nulla, tutte le rette normali a M passanti
per punti di passano per uno stesso punto p e giace su una supercie
sferica di centro p tangente a M lungo .
3.28) Siano
1
, . . . ,
n
curve su una supercie S passanti per un punto p. Si supponga
che le tangenti a queste curve in p formino tra loro angoli di 2/n. Si indichi con

i
la curvatura normale di
i
in p e con H la curvatura media di S. Si mostri che,
se n > 2, allora

1
+
2
+ +
n
=
n
2
H(p).
3.29) Sia S la supercie in R
3
di rappresentazione parametrica
x(u, v) =
_
u
u
3
3
+uv
2
, v
v
3
3
+vu
2
, (u
2
v
2
)
_
.
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
32 Note di Geometria Dierenziale
Si calcolino:
a) Prima e seconda forma fondamentale di S.
b) Linee di curvatura e curvature principali di S.
c) Curvatura Gaussiana di S.
d) Curve asintotiche di S.
3.30) Sia S la supercie in R
3
data dalla rappresentazione parametrica:
x(u, v) = (u(3v
2
u
2

1
3
), v(3u
2
v
2

1
3
), 2uv) .
Si calcolino prima e seconda forma fondamentale, curvatura media e Gaussiana di
S. Si determinino le linee di curvatura su S, le curve asintotiche, e la natura del
punto (u, v) = (0, 0).
3.31) Calcolare prima e seconda forma fondamentale, curvatura Gaussiana e media della
supercie di rotazione:
x = cosh ucos v, y = cosh usinv, z = u.
3.32) Sia una linea asintotica su una supercie X R
3
di curvatura Gaussiana K. Si
mostri che la torsione di `e uguale a

K.
3.33) Sia data la supercie S in R
3
con rappresentazione parametrica
x(t, ) = (t cos(), t sin(), exp(t
2
) .
a) Si calcolino direzioni principali e curvature principali di S.
b) Si calcoli la curvatura Gaussiana di S.
c) Si determini quali punti di S sono ellittici, quali iperbolici, quali parabolici.
d) Le curve = costante sono geodetiche?
3.34) Sia X la supercie di rotazione in R
3
di rappresentazione parametrica
((u) cos(v), (u) sin(v), (u)),
e si supponga che

2
+

2
= 1.
a) Si mostri che

e che la curvatura Gaussiana di X `e K =

/.
b) Si trovino i casi in cui X ha curvatura costante positiva.
c) Si mostri che vi sono superci (non compatte) in R
3
di curvatura costante
positiva che non sono localmente congruenti a sfere.
3.35) Sia (t) una geodetica parametrizzata dalla lunghezza darco su una supercie S in
R
3
.
a) Supponendo che la curvatura di non sia mai nulla si mostri che

(t
0
) `e una
direzione principale di curvatura per S in (t
0
) se e solo se la torsione di (t)
si annulla per t = t
0
.
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
3. Supercie: teoria locale elementare 33
b) Si pu` o dedurre da questo che una geodetica che sia una linea di curvatura `e
una curva piana ?
3.36) Mostrare che, sullellissoide M di equazione
x
2
a
2
+
y
2
b
2
+
z
2
c
2
= 1 ,
le curve ottenute intersecando M con il piano x = 0, con il piano y = 0 o con il
piano z = 0 sono geodetiche.
3.37) Si considerino le seguenti propriet` a di una curva su una supercie in R
3
:
a) `e asintotica.
b) `e una retta.
c) `e una geodetica. Si mostri che a) e c) implicano b).
`
E vero o no che a) e
b) implicano c) ? E che b) e c) implicano a) ?
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
4. Variet`a dierenziabili
Siano X, Y e Z tre insiemi, sia A un sottinsieme di Y , e siano f : A Z, g : X Y
due applicazioni. Nel seguito sar` a conveniente dare un senso alla notazione f g anche
quando g(X) A ponendo
f g = f g
|g
1
(A)
.
In altri termini f g `e lapplicazione g
1
(A) Z denita da f g(x) = f(g(x)).
Sia ora X uno spazio topologico. Una carta locale di dimensione n su X `e una
coppia (U, ), dove U `e un aperto di X e `e un omeomorsmo da U su un aperto
di R
n
. Diremo che U `e un aperto coordinato, che `e un sistema di coordinate locali
su U, e chiameremo le componenti di coordinate locali. Un insieme A di carte locali
che ricopra tutto X si dice un atlante. Un atlante A si dice di classe C
k
se, per ogni
coppia (U, ), (V, ) di carte di A, lapplicazione

1
: (U V ) (U V )
`e di classe C
k
. Poiche i ruoli di (U, ) e (V, ) possono essere scambiati,
1
`e
un dieomorsmo C
k
. Chiameremo le applicazioni della forma
1
cambiamenti di
coordinate. Diremo che un atlante di classe C
k
`e massimale (come atlante C
k
) se non
`e propriamente contenuto in alcun altro atlante C
k
. Una variet` a di classe C
k
`e il dato
di uno spazio topologico X e di un atlante massimale A di classe C
k
su X; se x `e un
punto di X deniremo dimensione della variet` a nel punto x la dimensione di una carta
(U, ) A tale che U contenga x. Notiamo che questa `e una buona denizione, cio`e che
lintero cos` denito non dipende dalla scelta di (U, ). Per k = 0 questo `e un risultato
non immediato di topologia algebrica, che va sotto il nome di Teorema di invarianza
del dominio. Per k > 0 la dimostrazione `e semplice. Sia (V, ) unaltra carta tale che
x V , e siano n e m le dimensioni di (U, ) e (V, ). Le applicazioni dierenziabili

1
e
1
sono una inversa dellaltra. Dunque la matrice Jacobiana di
1
in (x) `e linversa della matrice Jacobiana di
1
in (x), ed `e perci`o invertibile,
quindi quadrata. Dato che si tratta di una matrice n m la tesi segue. Se x `e un
punto di una variet` a M, indicheremo con dim
x
(M) la dimensione di M nel punto x;
se M ha in ogni suo punto la stessa dimensione, questa verr` a chiamata dimensione di
M e la si indicher` a con dim(M). Osserviamo che dim
x
(M) `e una funzione localmente
costante: dunque una variet` a connessa ha una dimensione. Le variet` a di classe C
0
non
sono altro che le variet` a topologiche. Le variet` a di classe C
k
con k 1 si chiamano
variet` a dierenziabili di classe C
k
.
Lemma (4.1). Sia A un atlante C
k
sullo spazio topologico X. Allora A `e contenuto in
un unico atlante massimale C
k
.
Il lemma dice, in particolare, che un atlante C
k
su uno spazio topologico X individua
su X una struttura di variet` a C
k
. Vi sono per` o pi` u atlanti che determinano la stessa
struttura di variet` a C
k
.
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
4. Variet` a dierenziabili 35
Dimostriamo il lemma. Sia B linsieme di tutte le coppie (V, ) tali che V sia un
aperto di X, che sia un omeomorsmo da V a un aperto di R
n
per qualche n e
che
1
sia un dieomorsmo C
k
per ogni carta (U, ) in A.
`
E ovvio che B A
e che B, se `e un atlante C
k
, `e massimale.
`
E anche chiaro che, se C `e un atlante C
k
contenente A, allora C B; quindi, se B `e un atlante C
k
, `e lunico atlante massimale
contenente A. Resta dunque da dimostrare che, se (V, ) e (W, ) sono carte di B,
allora
1
`e di classe C
k
. Sia x un punto di V W, e mostriamo che
1
`e
C
k
su un intorno di (x). Scegliamo una carta (U, ) in A tale che x U. Allora

1
= (
1
) (
1
)
sullaperto (U V W), che contiene (x). Su questo aperto
1
`e C
k
perch`e `e
composizione delle due applicazioni
1
e
1
, che sono C
k
per come `e stato
costruito B. Il lemma `e dimostrato.
Gli esempi pi` u semplici di variet` a dierenziabili (di classe C
k
, per ogni k ) sono
gli spazi R
n
, muniti dellatlante consistente della sola applicazione identica R
n
R
n
(o, se vogliamo essere pi` u pedanti, del corrispondente atlante massimale C
k
). Un altro
semplice esempio `e dato dalle sfere.
Esempio (4.2) (Le sfere). Poniamo una struttura di variet` a dierenziabile C

sulla
sfera S
n
. Siano x, y
1
, . . . , y
n
le coordinate standard in R
n+1
; scriveremo y al posto di
y
1
, . . . , y
n
. La sfera S
n
`e il luogo in R
n+1
di equazione
x
2
+y
2
= 1 .
Indicheremo con p il polo nord (1, 0) di S
n
, e con q il polo sud (1, 0). Indicheremo
con
p
la proiezione stereograca di U
p
= S
n
\ p da p sulliperpiano x = 0, che
identicheremo nel modo naturale a R
n
. In altre parole, se (x, y) `e un punto di
U
p
, allora (0,
p
(x, y)) `e il punto di intersezione delliperpiano x = 0 con la retta per p
e (x, y). Dato che questa retta ha equazione parametrica
(tx + 1 t, ty) , t R,
il punto (0,
p
(x, y)) corrisponde al valore 1/(1 x) del parametro t, e perci`o

p
(x, y) =
y
1 x
.
Analogamente, se poniamo U
q
= S
n
\ q e indichiamo con
q
: U
q
R
n
la proiezione
stereograca da q, abbiamo che

q
(x, y) =
y
1 +x
.
Vogliamo mostrare che (U
q
,
q
), (U
p
,
p
) costituiscono un atlante C

su S
n
. Per farlo
notiamo che linversa di
p
`e

1
p
() =
_

2
1

2
+ 1
,
2

2
+ 1
_
.
In particolare
p
`e un omeomorsmo, e lo stesso vale ovviamente per
q
. Inoltre

q

1
p
() =

2
.
Quindi
q

1
p
`e un dieomorsmo C

(e coincide con il proprio inverso).


Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
36 Note di Geometria Dierenziale
Sia A un aperto di una variet` a dierenziabile X di classe C
k
; allora anche A
ha una struttura naturale di variet` a C
k
. Se A `e un atlante per X, un atlante per
A `e {(U A,
|UA
)}
(U,)A
. Il lettore potr` a facilmente vericare che la struttura
dierenziabile su A cos` denita non dipende dal particolare atlante scelto per X. Se X
ha una dimensione, A ha la stessa dimensione di X. Quanto abbiamo detto si applica in
particolare alle componenti connesse di X. In eetti, se Y `e una componente connessa
di X, allora `e un aperto di X. Per vederlo, basta osservare che ogni variet` a `e localmente
connessa, cio`e che ogni suo punto ha un sistema fondamentale di intorni connessi; ma se
x `e un punto di Y , un suo intorno connesso deve essere contenuto in Y . Questo mostra
che Y `e aperta. Ogni componente connessa di una variet` a di classe C
k
ha quindi una
struttura naturale di variet` a C
k
.
Siano ora M e N variet` a dierenziabili C
k
, e sia h un intero minore o uguale a k.
Una applicazione f : M N si dice di classe C
h
in un punto x M se esistono carte
(U, ) su M e (V, ) su N tali che x U, f(x) V , e che la applicazione composta
f
1
sia C
h
. In particolare, una applicazione che sia C
h
in x `e continua su un
intorno di x. Diremo che f `e C
h
se `e tale in ogni punto di M; per quanto abbiamo
appena osservato, in questo caso f `e continua.
`
E importante notare che, se f `e C
h
,
allora f
1
`e C
h
per ogni carta (A, ) su M e ogni carta (B, ) su N. Infatti,
se x A f
1
(B), possiamo trovare carte (U, ) e (V, ) tali che x U, f(x) V ,
e che f
1
sia C
h
. Ma allora su un intorno di (x) lapplicazione f
1
coincide con (
1
) ( f
1
) (
1
), che `e C
h
in quanto composizione di
tre applicazioni C
h
tra aperti di R
n
.
Diremo che una applicazione f : M N `e un dieomorsmo C
h
se f `e biunivoca e
sia f che f
1
sono C
h
. Siano ora f : M N e g : N L applicazioni C
h
tra variet` a
C
k
. Lapplicazione composta g f `e anchessa C
h
. Infatti, se x `e un punto di M e
(U, ), (V, ) e (W, ) sono carte locali su intorni di x, f(x) e g(f(x)), le applicazioni
f
1
e g
1
sono C
h
, e dunque lo stesso `e vero anche di
g f
1
= ( g
1
) ( f
1
) .
Poiche linclusione di un aperto A in una variet` a M di classe C
k
`e ovviamente C
k
, la
composizione di questa inclusione con una applicazione f : M N, cio`e la restrizione di
f ad A, ha lo stesso ordine di dierenziabilit` a di f.
Sia f : M N una applicazione di classe C
h
tra variet` a C
k
, e sia x un punto di
M. Siano (U, ) una carta locale su un intorno di x e (W, ) una su un intorno di
f(x). Deniamo il rango di f nel punto x come il rango di f
1
nel punto (x).
Questa `e una buona denizione: infatti, se (V, ) e (Z, ) sono altre carte su intorni di
x e f(x), si ha
J
_
f
1
_
= J
_

1
_
J
_
f
1
_
J
_

1
_
.
Dato che le matrici J
_

1
_
e J
_

1
_
sono invertibili, il rango di f
1
nel punto (x) coincide con quello di f
1
nel punto (x). Diremo che f `e una
immersione locale se il suo rango in ogni punto x di M `e pari alla dimensione di M
in x, e che `e una immersione se `e una immersione locale ed inoltre `e un omeomorsmo
di M su f(M). Diremo che f `e un dieomorsmo locale se ogni x M ha un intorno
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
4. Variet` a dierenziabili 37
aperto W tale che f(W) sia aperto e che la restrizione a W di f sia un dieomorsmo
su f(W). Per il teorema della funzione inversa, una condizione necessaria e suciente
perch`e f sia un dieomorsmo locale `e che in ogni punto x di M il rango di f sia uguale
sia alla dimensione di M in x che alla dimensione di N in f(x). Un dieomorsmo non
`e altro che un dieomorsmo locale biunivoco.
Consideriamo ora il caso particolare delle applicazioni da una variet` a M in R
n
.
Segue dalle denizioni che una applicazione f : M R
n
`e C
h
se e solo se, per ogni
punto x M e ogni componente f
i
di f, esiste una carta (U, ), dove U `e un intorno di
x, tale che f
i

1
sia C
h
. Le applicazioni C
h
da M in R si possono sommare, sottrarre,
moltiplicare e dividere tra loro (purche il denominatore non si annulli) e i risultati di
queste operazioni sono ancora funzioni C
h
; ci`o segue dal fatto che questa aermazione `e
vera nel caso particolare in cui M = R
m
. Analogamente, le applicazioni che si ottengono
sommando tra loro applicazioni C
h
da M in R
n
o moltiplicando applicazioni C
h
da M
in R
n
per funzioni C
h
da M in R sono C
h
.
Esempio (4.3). Vogliamo mostrare che linclusione j : S
n
R
n+1
`e una immersione di
classe C

. Siano
p
e
q
i due sistemi di coordinate locali su S
n
introdotti nellesempio
(4.2). Bisogna mostrare innanzitutto che j
1
p
e j
1
q
sono C

. In (4.2) si `e
calcolata esplicitamente linversa di
p
, mostrando che
(4.4)
1
p
() =
_

2
1

2
+ 1
,
2

2
+ 1
_
.
Questa formula mostra che
1
p
(), come punto di R
n
, dipende in modo C

da , cio`e
che j
1
p
`e C

. In modo del tutto analogo si mostra che j


1
q
`e C

. La formula
(4.4) permette anche di calcolare la matrice Jacobiana di j
1
p
, che `e
J

(j
1
p
) =
1
(
2
+ 1)
2
_
_
4
2(
2
+ 1)I
n
4
t

_
_
.
La matrice
t
ha rango 1 (o 0, quando = 0) perch`e tutte le sue righe sono
proporzionali a . Dunque n 1 tra gli autovalori di
t
sono nulli. Il rimanente
autovalore vale
2
e un autovettore ad esso corrispondente `e
t
, dato che
t
=
2
e quindi
t

t
=
_

2
_
t
. La matrice A = 2(
2
+ 1)I
n
4
t
`e singolare se e solo se
(
2
+ 1)/2 `e un autovalore di
t
, dunque se e solo se
2
= 1; in questo caso ha
rango n 1 e i vettori colonna X tali che AX = 0 sono tutti proporzionali a
t
. Per` o
quando
2
= 1 si ha che 4
t
= 4
2
= 4, e quindi il solo vettore colonna X tale che
J

(j
1
p
)X = 0 `e anche in questo caso il vettore nullo. Ci` o mostra che J

(j
1
p
)
ha rango n per ogni . Ragionamenti del tutto analoghi mostrano che anche la matrice
Jacobiana di j
1
q
ha rango n ovunque. Dunque j `e unimmersione.
Dora in poi ci occuperemo, salvo avviso esplicito, solo di variet` a e applicazioni
dierenziabili di classe C

. Useremo la parola liscio come sinonimo di C

. Per ora
conosciamo pochissimi esempi di variet`a dierenziabili. Vi sono per` o varie costruzioni
che permettono di ottenere nuove variet` a dierenziabili da quelle gi` a note. La pi` u
importante tra esse `e senza dubbio quella che ha a che fare con il concetto di sottovariet` a
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
38 Note di Geometria Dierenziale
dierenziabile. Sia M una variet` a dierenziabile. Un sottoinsieme N di M si dice una
sottovariet`a dierenziabile di M se per ogni punto x di N esistono un aperto coordinato
U su M contenente x e un sistema di coordinate locali
1
, . . . ,
n
su U tali che
N U = {p U |
r+1
(p) = =
n
(p) = 0}
per qualche r. In parole povere, nella carta (U, (
1
, . . . ,
n
)), linsieme N appare come
un pezzo di sottovariet` a ane di R
n
. Segue dalla denizione che una sottovariet` a N `e
un sottoinsieme localmente chiuso di M, cio`e che ogni punto di N ha un intorno aperto
U tale che N U sia chiuso in U.
Lemma (4.5). Sia N una sottovariet` a dierenziabile di una variet` a dierenziabile M.
Allora vi `e su N ununica struttura di variet` a dierenziabile tale che linclusione
j : N M sia una immersione.
Dimostriamo il lemma. Ricopriamo N con carte (U, (
1
, . . . ,
n
)) tali che
N U = {p U |
r+1
(p) = =
n
(p) = 0}
per qualche r; per ognuna di queste deniamo una carta
(U N, (
1
|UN
, . . . ,
r
|UN
))
su N. Linsieme di queste carte `e un atlante A su N. Dico che A `e liscio e che, con la
struttura dierenziabile su N che ne risulta, j `e unimmersione. La seconda aermazione
`e ovvia perch`e, in coordinate locali, j `e della forma (x
1
, . . . , x
r
) (x
1
, . . . , x
r
, 0, . . . , 0).
Resta da vedere che A `e un atlante liscio. Siano allora (U N, (
1
|UN
, . . . ,
r
|UN
))
e (V N, (
1
|V N
, . . . ,
s
|V N
)) due carte in A. Sappiamo che ogni
i
`e una funzione
liscia di
1
, . . . ,
n
; se si tengono
s+1
, . . . ,
n
ssi e uguali a 0, dunque, ogni
i
`e
una funzione liscia di
1
, . . . ,
s
, come si doveva mostrare. Lesistenza di una struttura
dierenziabile su N con le caratteristiche cercate `e dimostrata. Dobbiamo ora provare
che `e unica. Supponiamo dunque data su N una struttura dierenziabile tale che j sia
unimmersione, e scegliamo un sistema di coordinate locali = (
1
, . . . ,
r
) su un aperto
V di N. Per il teorema del rango, salvo restringere V , vi sono un aperto U in M e
cooordinate locali = (
1
, . . . ,
n
) su U tali che V = U N e che j
1
sia della
forma (x
1
, . . . , x
r
) (x
1
, . . . , x
r
, 0, . . . , 0). Questo signica che V `e il sottinsieme di U
denito dallannullarsi di
r+1
, . . . ,
n
e che
i
=
i
|V
per i = 1, . . . , r, cio`e che (V, )
appartiene ad A. Il lemma `e ora completamente dimostrato.
Dora in poi, quando parleremo di sottovariet` a dierenziabili, le penseremo sempre
come variet`a dierenziabili la cui struttura `e data dal lemma (4.5). Siano ora M e
N variet` a dierenziabili, sia L una sottovariet` a dierenziabile di N, e indichiamo con
j linclusione di L in N.
`
E utile osservare che una applicazione f : M L `e liscia
se e solo se lo `e j f. Una delle due implicazioni `e ovvia, poiche j `e liscia e la
composizione di applicazioni lisce `e liscia. Supponiamo viceversa di sapere che j f `e
liscia. Vogliamo mostrare che f `e liscia in ogni punto x M. Scegliamo una carta locale
(U, (
1
, . . . ,
n
)) su un intorno di f(x) in modo che L U sia il luogo dei punti p U
tali che
r+1
(p) = =
n
(p) = 0. Poiche j f `e liscia, ogni
i
j f =
i
|LU
f `e
liscia. Dato che le restrizioni di
1
, . . . ,
r
a LU sono coordinate locali su un intorno
di f(x) in L, f `e liscia su un intorno di x.
Molte sottovariet` a possono essere costruite usando il seguente corollario del teorema
del rango.
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
4. Variet` a dierenziabili 39
Proposizione (4.6). Siano M e N variet` a dierenziabili e sia f : M N una
applicazione liscia. Sia x un punto di N. Supponiamo che f abbia rango costante
su un intorno di f
1
(x). Allora f
1
(x) `e una sottovariet` a dierenziabile di M. Se M
ha dimensione m e f ha rango r su un intorno di f
1
(x), allora f
1
(x) ha dimensione
mr.
Nella maggior parte dei casi si usa una versione leggermente meno generale di questo
risultato.
Corollario (4.7). Siano M e N variet` a dierenziabili di dimensioni m e n e sia
f : M N una applicazione liscia. Sia x un punto di N. Supponiamo che f abbia
rango n su f
1
(x). Allora f
1
(x) `e una sottovariet` a dierenziabile di M di dimensione
mn.
Il corollario segue dalla proposizione se si osserva che la funzione rango `e semicontinua
inferiormente; se il rango di f `e n su f
1
(x), deve dunque essere almeno n su un intorno
A di f
1
(x). Poiche non pu` o superare n, deve essere costante su A.
Dimostriamo ora (4.6). Possiamo supporre, rimpiazzando M con un intorno
opportuno di f
1
(x), che il rango di f sia costante. Il teorema del rango asserisce che,
dato un punto y di f
1
(x), vi sono carte locali (V, ) su N e (U, ) su M tali che y U,
x V , che (x) = 0 e che f
1
sia della forma (x
1
, . . . , x
m
) (x
1
, . . . , x
r
, 0, . . . , 0).
Se
1
, . . . ,
m
sono le componenti di ci` o signica che
f
1
(x) U = {p U |
1
(p) = =
r
(p) = 0} .
Ci` o mostra che f
1
(x) `e una sottovariet` a dierenziabile di M. La dimensione di
f
1
(x) U `e chiaramente pari a mr. Questo dimostra (4.6).
Applichiamo il corollario (4.7) e il lemma (4.5) per ritrovare la struttura dierenziabile
sulle sfere descritta nellesempio (4.2). La sfera S
n
pu` o esser descritta come f
1
(1),
dove f : R
n+1
R `e lapplicazione f(x
1
, . . . , x
n+1
) =

x
2
i
. Le derivate parziali di f
si annullano tutte solo nellorigine, quindi il rango di f su S
n
`e 1. Dunque S
n
`e una
sottovariet` a dierenziabile di dimensione n di R
n+1
. La struttura dierenziabile fornita
da (4.5) `e la sola per cui linclusione di S
n
in R
n+1
sia una immersione. Poich`e anche
la struttura dierenziabile su S
n
data da (4.2) `e tale che linclusione di S
n
in R
n+1
sia
una immersione (cf. lesempio (4.3)), essa deve coincidere con quella data da (4.5).
Descriveremo ora varie altre costruzioni che permettono di ottenere nuove variet` a
dierenziabili a partire da altre gi` a note. Le semplici dimostrazioni di molte delle
aermazioni che faremo saranno lasciate al lettore.
Costruzione (4.8). Se {M
i
}
iI
`e una famiglia di variet` a dierenziabili, sullunione
disgiunta M =

M
i
vi `e una struttura naturale di variet` a dierenziabile. Un atlante
per M `e A =

A
i
, dove A
i
`e un atlante per M
i
. Ogni M
i
`e un aperto di M.
Costruzione (4.9) (Prodotto di variet
`
a). Siano M e N variet` a dierenziabili. Vi `e
su MN una struttura naturale di variet` a dierenziabile. Questa `e denita dallatlante
costituito da tutte le applicazioni
: U V R
m
R
n
,
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
40 Note di Geometria Dierenziale
dove : U R
m
e : V R
n
sono carte locali per M e N. Le proiezioni

M
: M N M ,
N
: M N N
sono lisce, e una applicazione
F : L M N
`e liscia se e solo se lo sono
M
F e
N
F.
Costruzione (4.10). Sia M una variet` a dierenziabile, siano A e B due aperti di M
con chiusure disgiunte, e sia f : A B un dieomorsmo. Sia X lo spazio topologico
ottenuto da M identicando ogni punto x di A con il punto f(x) B; in altri termini,
X `e il quoziente di M modulo la relazione di equivalenza
x y x = y oppure y = f(x) oppure x = f(y) .
Su X vi `e una struttura naturale di variet` a dierenziabile. Indichiamo con lapplicazione
naturale da M a X. Osserviamo che `e aperta, che
|(M\A)
`e un omeomorsmo da M\A
a (M \ A) e analogamente per
|(M\B)
, mentre la restrizione ad A di
1
|(M\A)

|(M\B)
non `e altro che f. Le carte che deniscono la struttura dierenziabile su X sono le
applicazioni del tipo
1
|(M\A)
e
1
|(M\B)
, dove (U, ) varia tra le carte locali su
M tali che U A = , e (V, ) tra quelle per cui V B = . La sola cosa da dimostrare
`e che
1
|(M\A)

|(M\B)

1
e la sua inversa sono lisce per ogni e ogni . Ci` o
equivale a dire che
1
|(M\A)

|(M\B)
e la sua inversa sono lisce. Ma
1
|(M\A)

|(M\B)
`e
denita su A (M \ A), coincide con lidentit` a su M \ A e con f su A, quindi `e liscia.
Analoghe considerazioni si applicano a
1
|(M\B)

|(M\A)
. Notiamo, per concludere, che
`e un dieomorsmo locale.
Esempio patologico (4.11). Applichiamo la costruzione (4.10) nel caso in cui
M = R

R, A `e lintervallo aperto ]0, 1[ in una delle due copie di R, B `e lintervallo


aperto ]0, 1[ nellaltra copia, e f `e lidentit` a. La variet` a X che si ottiene non `e di
Hausdor perch`e, se p `e limmagine in X del punto 1 di una delle due copie di R e q
limmagine in X del punto 1 dellaltra, p e q, pur essendo distinti, non hanno intorni
disgiunti.
Per evitare patologie del tipo di quella descritta nellesempio (4.11), dora in poi
tutte le variet` a che prenderemo in considerazione saranno di Hausdor. Per evitare altre
patologie che non `e il caso di discutere qui, prenderemo inoltre in considerazione solo
variet` a la cui topologia abbia una base numerabile. Dora in poi, dunque, salvo esplicito
avviso contrario, variet` a signicher` a variet` a di Hausdor a base numerabile.
Costruzione (4.12). Sia X una variet` a dierenziabile e sia : M X un rivestimento.
Allora M ha una struttura naturale di variet` a dierenziabile, che pu` o essere denita
come segue. Scegliamo innanzitutto un atlante A per X tale che, per ogni sua carta
(U, ), U sia un aperto ammissibile. Ricordiamo che ci` o signica che limmagine inversa

1
(U) `e lunione disgiunta

U
i
di aperti in M con la propriet` a che la restrizione a U
i
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
4. Variet` a dierenziabili 41
di `e un omeomorsmo su U. Un atlante per M `e linsieme delle coppie (U
i
,
|U
i
).
Bisogna mostrare che i cambiamenti di coordinate di questo atlante sono lisci. Siano
dunque (U, ) e (V, ) due carte di A, e scriviamo
1
(U) =

U
i
,
1
(V ) =

V
j
,
dove ogni U
i
`e omeomorfo a U e ogni V
j
a V . Vogliamo mostrare che

|U
i

1
|V
j

1
`e liscia. Ma questa applicazione, dove `e denita, coincide con
1
, che `e liscia.
Notiamo, per concludere, che `e un dieomorsmo locale.
Costruzione (4.13). Sia M una variet` a dierenziabile, e sia G un gruppo che agisce
su M. Supponiamo che lazione sia liscia; ci` o signica che, per ogni g G, lapplicazione
m gm `e un dieomorsmo. Supponiamo anche che G agisca in modo propriamente
discontinuo e senza punti ssi. Ricordiamo che ci` o equivale a dire che ogni punto m di
M ha un intorno aperto A tale che, se g `e un elemento di G tale che AgA = , allora
g = 1
G
. Per abbreviare, chiameremo provvisoriamente buoni gli aperti con questa
propriet` a. Vogliamo dare una struttura naturale di variet` a dierenziabile a X = M/G.
Sia : M X lapplicazione quoziente. Consideriamo latlante A su M costituito da
tutte le carte (U, ), dove U `e un aperto buono. Osserviamo che, poiche U `e buono,

1
((U)) =

gG
gU ,
e che `e un omeomorsmo da U a (U). Un atlante su X `e costituito da tutte le
carte ((U),
1
|U
). Per mostrare che questo atlante denisce su X una struttura di
variet` a dierenziabile dobbiamo mostrare che, date (U, ) e (V, ) in A,

1
|U

|V

1
`e liscia. In altri termini, dobbiamo mostrare che
1
|U

|V
`e una applicazione liscia. Se
v V e u U sono tali che
1
|U

|V
(v) = u, cio`e che
|V
(v) =
|U
(u), vi `e un elemento
g di G tale che u = gv. Poiche U `e un intorno di u, per continuit` a vi `e un intorno W
di v tale che gW U e
1
|U

|V
(W) U. Per ogni w W, (gw) = (
1
|U

|V
(w)).
Poiche la restrizione di a U `e iniettiva ne segue che, su W, lapplicazione
1
|U

|V
coincide con la moltiplicazione per g, ed `e dunque liscia, come si doveva dimostrare.
Una osservazione nale `e che lapplicazione `e un dieomorsmo locale di M su X.
Esempio (4.14) (I tori). Applichiamo la costruzione (4.13) al caso in cui M = R
n
,
G = Z
n
, e lazione di g Z
n
`e la traslazione x g + x. Il risultato `e una struttura
di variet` a dierenziabile sul toro n-dimensionale T = R
n
/Z
n
. Il toro T `e dieomorfo al
prodotto di n copie di S
1
; se identichiamo S
1
al cerchio unitario in C, un dieomorsmo
si ottiene per passaggio al quoziente da
(x
1
, . . . , x
n
) (e
2

1x
1
, . . . , e
2

1x
n
) .
Esempio (4.15) (Gli spazi proiettivi reali). Lo spazio proiettivo reale di dimensione
n, che indicheremo con P
n
(R), `e il quoziente di R
n+1
\ {0} modulo lazione del gruppo
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
42 Note di Geometria Dierenziale
R

dei numeri reali non nulli agente su R


n+1
\{0} per moltiplicazione. In modo del tutto
equivalente, pu` o essere visto come quoziente di S
n
modulo lazione del gruppo G = {1}.
Poiche la moltiplicazione per -1 `e un dieomorsmo di S
n
in s`e (vericare!) G agisce in
modo liscio su S
n
. Lazione di G su S
n
`e senza punti ssi ed `e propriamente discontinua
perche G `e un gruppo nito. Per (4.13), dunque, P
n
(R) `e una variet` a dierenziabile
e lapplicazione quoziente : S
n
P
n
(R) `e liscia. Indicheremo con lo stesso simbolo
anche lapplicazione quoziente R
n+1
P
n
(R). Indichiamo le coordinate in R
n+1
con
x
0
, x
1
, . . . , x
n
e ricordiamo che `e duso scrivere (x
0
, . . . , x
n
) = [x
0
: : x
n
]. Descriviamo
ora esplicitamente un atlante per P
n
(R). Seguendo la ricetta di (4.13), dobbiamo trovare
aperti coordinati buoni su S
n
. Aperti di questa natura sono per esempio gli insiemi
U
+
i
= {(x
0
, . . . , x
n
) S
n
| x
i
> 0} , U

i
= {(x
0
, . . . , x
n
) S
n
| x
i
< 0} .
Su U
+
i
e su U

i
, un sistema di coordinate locali `e dato per esempio da
0
, . . . ,
i
, . . . ,
n
,
dove
i
sta a signicare che
i
viene omessa e

j
(x
0
, . . . , x
n
) =
x
j
x
i
.
Per mostrare che ci`o `e corretto bisogna mostrare che queste coordinate sono funzioni
lisce delle coordinate denite in (4.2), e viceversa. Ricordiamo che i sistemi di coordinate
deniti in (4.2) sono

p
(x
0
, . . . , x
n
) =
(x
1
, . . . , x
n
)
1 x
0
,
q
(x
0
, . . . , x
n
) =
(x
1
, . . . , x
n
)
1 +x
0
.
Ora
x
j
x
i
=
x
j
1 x
0
_
x
i
1 x
0
_
1
=
x
j
1 +x
0
_
x
i
1 +x
0
_
1
,
mentre, su U
+
i
,
x
j
1 x
0
=
x
j
x
i
1

h
_
x
h
x
i
_
2

x
0
x
i
;
su U

i
vale la stessa formula, ma con il segno della radice cambiato. Analoghe formule
esprimono le x
j
/(1+x
0
) in funzione delle
j
, che sono dunque coordinate lisce su S
n
. Se
indichiamo con lapplicazione quoziente S
n
P
n
(R), un atlante per P
n
(R) `e dunque
dato dalle carte (V
i
,
i
), dove
V
i
= (U
+
i
) = (U

i
)
e

i
([x
0
: : x
n
]) =
_
x
0
x
i
, . . . ,
x
i
x
i
, . . . ,
x
n
x
i
_
.
`
E importante notare che questultima formula ha perfettamente senso per un qualsiasi
punto (x
0
, . . . , x
n
) R
n+1
\{0}, cio`e anche se si pensa P
n
(R) come quoziente di R
n+1
\{0}
modulo R

. In eetti il lato destro della formula dipende solo dalla classe di omotetia
di (x
0
, . . . , x
n
).
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
4. Variet` a dierenziabili 43
Esempio (4.16) (Gli spazi proiettivi complessi). Lo spazio proiettivo complesso di
dimensione (complessa) n, che si indica con P
n
(C), `e il quoziente di C
n+1
\ {0} modulo
lazione del gruppo C

dei numeri complessi non nulli. Indichiamo con (z


0
, z
1
, . . . , z
n
)
le coordinate complesse standard in C
n+1
. Vogliamo porre su P
n
(C) una struttura di
variet` a dierenziabile di dimensione 2n. Un ricoprimento aperto di P
n
(C) `e dato dagli
aperti
X
i
= {[z
0
: : z
n
] | z
i
= 0} .
Deniamo omeomorsmi
i
: X
i
C
n

= R
2n
ponendo

i
([z
0
: : z
n
]) =
_
z
0
z
i
, . . . ,
z
i
z
i
, . . . ,
z
n
z
i
_
.
Dico che {(X
i
,
i
)}
i=0,...,n
`e un atlante liscio su P
n
(C). In eetti, i cambiamenti di
coordinate
i

1
j
sono della forma
z
h
z
i
=
z
h
z
j
_
z
i
z
j
_
1
, h = i, j ,
z
j
z
i
=
_
z
i
z
j
_
1
,
e sono dunque lisci.
`
E da notare che lapplicazione quoziente : C
n+1
\ {0} P
n
(C) `e
liscia.
Esempio (4.17) (Il gruppo lineare e il gruppo ortogonale). Un gruppo di Lie
`e il dato di un gruppo G e di una struttura di variet` a dierenziabile su G tale che le
applicazioni prodotto
GG G , (g, g

) gg

e inverso
G G , g g
1
siano lisce. Lesempio base `e dato dal gruppo lineare GL(n, R), costituito da tutte le
matrici reali invertibili nn, con loperazione prodotto di matrici. Si tratta di un aperto
nello spazio R
n
2
di tutte le matrici n n, e il prodotto `e ovviamente liscio. Quanto
allapplicazione che associa a ogni matrice invertibile la sua inversa, per mostrare che `e
liscia basta notare che, per la regola di Cramer, gli elementi dellinversa di una matrice
A sono funzioni razionali degli elementi di A.
Descriveremo ora alcuni altri esempi di gruppi di Lie. Questi saranno tutti
sottovariet` a di GL(n, R), e loperazione sar` a il prodotto di matrici. Che prodotto e
inverso siano lisci sar` a perci` o automaticamente vericato. Un primo esempio `e dato dal
gruppo lineare speciale SL(n, R), costituito da tutte le matrici in GL(n, R) che hanno
determinante 1. Si tratta dunque del sottoinsieme dellinsieme di tutte le matrici n n
denito dallequazione
det(X) = 1 .
Per mostrare che si tratta di una sottovariet` a dierenziabile di GL(n, R) basta mostrare
che, per ogni matrice invertibile A, almeno una delle derivate parziali di det(X) non `e
nulla in A. Scriviamo X = (x
ij
) e osserviamo che, per la regola di Laplace,
det(X) =

h
(1)
i+h
x
ih
det(X
ih
) ,
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
44 Note di Geometria Dierenziale
dove X
ih
`e la matrice ottenuta da X cancellando la riga i-esima e la colonna h-esima.
Dunque
det(X)
x
ij
= (1)
i+j
det(X
ij
) .
Poiche, quando A `e non singolare, almeno uno dei suoi minori (n 1) (n 1) `e non
singolare, la tesi segue.
Un altro esempio `e dato dal gruppo ortogonale O(n), costituito da tutte le matrici
ortogonali n n, cio`e da tutte le matrici reali n n che hanno come inversa la propria
trasposta. Si tratta dunque del sottoinsieme dello spazio R
n
2
di tutte le matrici n n
denito dalle equazioni
X
t
X = I .
Mostriamo che la applicazione f(X) = X
t
X ha rango costante su GL(n, R). Se scriviamo
X = (x
ij
), si ha che
f
ij
x
hk
=
ih
x
jk
+
jh
x
ik
.
Dunque, se A = (a
ij
) GL(n, R) e B = (b
ij
) `e una matrice n n,
c
ij
=

h,k
f
ij
x
hk
(A)b
hk
=

k
a
jk
b
ik
+

k
a
ik
b
jk
,
cio`e
(c
ij
) = B
t
A+A
t
B.
Da ci`o segue che (c
ij
) = 0 se e solo se la matrice A
t
B `e antisimmetrica. Questultima
condizione equivale a (n
2
+ n)/2 condizioni lineari indipendenti sui coecienti di B,
perch`e A `e non singolare. Il rango della matrice Jacobiana di f `e quindi costante su
GL(n, R) e vale (n
2
+n)/2. Dunque O(n) `e una sottovariet` a dierenziabile di GL(n, R)
di dimensione (n
2
n)/2. Inoltre O(n) `e compatto perch`e `e una sottovariet` a chiusa
e limitata di R
n
2
, ed ha due componenti connesse, quella delle matrici ortogonali di
determinante 1 e quella delle matrici ortogonali di determinante -1. La prima tra queste
`e un gruppo di Lie, il gruppo ortogonale speciale, e si indica con SO(n).
Esempio (4.18). Sia n un intero positivo, e sia l un intero compreso tra 0 e n.
Indichiamo con F(l, n) linsieme costituito da tutte le l-uple (v
1
, . . . , v
l
) di vettori
indipendenti in R
n
. Indicheremo anche con FO(l, n) il sottinsieme di F(l, n) costituito
dalle l-uple di vettori unitari e tra loro ortogonali (rispetto al prodotto scalare euclideo
su R
n
).
`
E utile associare a ogni elemento (v
1
, . . . , v
l
) di F(l, n) la matrice l n le cui
righe sono i vettori v
1
, . . . , v
l
, e pensare quindi F(l, n) come linsieme delle matrici reali
l n di rango l. Osserviamo che, quando l = n, F(l, n) coincide con GL(n, R) e FO(l, n)
con O(n). Dato che F(l, n) `e un aperto nello spazio R
ln
di tutte le matrici reali l n,
ha una struttura naturale di variet` a dierenziabile di dimensione ln. Vogliamo mostrare
che FO(l, n) `e una sottovariet` a chiusa di R
ln
di dimensione nl (l
2
+l)/2. Se X = (x
ij
)
`e una matrice l n di indeterminate, le equazioni che deniscono FO(l, n) sono

h
x
ih
x
jh
=
ij
,
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
4. Variet` a dierenziabili 45
o anche
X
t
X = I .
Bisogna dunque mostrare che la matrice Jacobiana di f(X) = X
t
X ha rango (l
2
+l)/2
in ogni punto di F(l, n). La dimostrazione `e identica a quella fatta nellesempio (4.17)
per mostrare che O(n) `e una sottovariet` a chiusa di R
n
2
, e non verr` a ripetuta. Dato che
FO(l, n) `e limitata, `e compatta.
Sia A una matrice in F(l, n). La matrice A
t
A `e simmetrica e denita positiva. Vi
sono dunque una matrice ortogonale M e una matrice diagonale D tali che
A
t
A = MDM
1
;
inoltre i termini diagonali di D sono positivi. Sia E la matrice diagonale i cui termini
diagonali sono le radici quadrate positive dei corrispondenti termini di D, e poniamo
B = MEM
1
.
`
E chiaro che B
2
= A
t
A; si vede anche facilmente che B `e la sola matrice
simmetrica denita positiva il cui quadrato sia A
t
A. Scriviamo ora Q = B
1
A. Si ha
che
Q
t
Q = B
1
A
t
A
t
B
1
= B
1
B
2
B
1
= I ,
e dunque Q FO(l, n). Si pu` o quindi scrivere A come prodotto BQ di una matrice
denita positiva e di una appartenente a FO(l, n). Questa decomposizione `e unica. In
eetti, se A = BQ, dove B `e denita positiva e Q FO(l, n), allora
A
t
A = BQ
t
Q
t
B = B
2
.
Come si `e osservato, vi `e una sola matrice denita positiva con questa propriet` a, quindi
B, e dunque Q, sono univocamente determinate. Indichiamo con P(l) linsieme di tutte
le matrici reali simmetriche denite positive l l: `e un aperto della sottovariet` a lineare
dello spazio di tutte le matrici l l costituita dalle matrici simmetriche. Quanto si `e
osservato mostra che lapplicazione
: P(l) FO(l, n) F(l, n) , (B, Q) BQ
`e biunivoca. Si tratta ovviamente di una applicazione liscia. Vogliamo vedere che
in eetti `e un dieomorsmo. Siano dunque
1
, . . . ,
(l
2
+l)/2
coordinate su P(l) e

((l
2
+l)/2)+1
, . . . ,
ln
coordinate su FO(l, n). Bisogna mostrare che la matrice Jacobiana di
rispetto alle `e non singolare. Bisogna cio`e mostrare che, se
1
, . . . ,
ln
sono numeri
reali e

i
= 0, allora gli
i
sono tutti nulli. Ora `e chiaro che

i
`e uguale a
B

i
Q se i (l
2
+l)/2 e a B
Q

i
se i > (l
2
+l)/2.
`
E anche chiaro che
B

i
`e una matrice
simmetrica, e quindi che C =

i
`e simmetrica. Per quanto riguarda
Q

i
, derivando
la relazione Q
t
Q = I si ottiene la relazione
Q

i
t
Q+Q

t
Q

i
= 0 .
Dunque, se poniamo D =

i
, vale la relazione
D
t
Q+Q
t
D = 0 ;
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
46 Note di Geometria Dierenziale
in altri termini, D
t
Q `e una matrice antisimmetrica. Ora, aermare che

i
= 0
equivale a dire che CQ + BD = 0, il che implica, moltiplicando a destra per
t
Q e
sfruttando la relazione Q
t
Q = I, che C + BD
t
Q = 0. Per concludere basta dunque
mostrare che BD
t
Q non pu` o essere simmetrica, a meno che C e D, e quindi
1
, . . . ,
ln
,
non siano nulli. Poniamo F = D
t
Q, e ricordiamo che F `e antisimmetrica. Se BF `e
simmetrica, si ha
BF =
t
(BF) =
t
F
t
B = FB.
Ma allora, se v `e un autovettore di B e il corrispondente autovalore, si ha
BFv = FBv = Fv ,
e quindi anche `e un autovalore di B, contro lipotesi che B sia denita positiva.
Nel caso particolare in cui l = n, quanto ora dimostrato si riduce allaermazione che
lapplicazione : P(n) O(n) GL(n, R) data da (B, Q) = BQ `e un dieomorsmo.
Esempio (4.19) (Le Grassmanniane reali). Sia n un intero positivo, e sia l un intero
compreso tra 0 e n. Indichiamo con G(l, n) linsieme dei sottospazi vettoriali l-dimensionali
di R
n
, e con GO(l, n) linsieme dei sottospazi vettoriali l-dimensionali orientati di R
n
.
Chiameremo G(l, n) Grassmanniana degli l-piani in R
n
, e GO(l, n) Grassmanniana degli
l-piani orientati in R
n
. Vi `e una applicazione 2-1 naturale GO(l, n) G(l, n) che
corrisponde a dimenticare lorientazione. Osserviamo che G(1, n) non `e altro che lo
spazio proiettivo reale P
n1
(R) e GO(1, n) non `e altro che la sfera S
n1
.
Vi sono applicazioni naturali da F(l, n) a G(l, n) e a GO(l, n) che assegnano a ogni
l-upla (v
1
, . . . , v
l
) di vettori indipendenti il sottospazio (naturalmente orientato) che essi
generano. Osserviamo che GL(l, R) agisce su F(l, n) per moltiplicazione a sinistra, e che
il quoziente di F(l, n) modulo questa azione si identica in modo naturale a G(l, n). Se
A GL(l, R) e V FO(l, n), allora
AV
t
(AV ) = AV
t
V
t
A = A
t
A.
In particolare, AV FO(l, n) se e solo se A O(l). Ne segue, in particolare, che G(l, n)
pu` o anche essere descritto come il quoziente di FO(l, n) modulo lazione di O(l). Sia
: F(l, n) G(l, n) lapplicazione naturale, e : FO(l, n) F(l, n) linclusione. Poniamo
su G(l, n) la topologia quoziente di quella di F(l, n). Poiche FO(l, n) `e compatto, anche
G(l, n) `e compatta. Osserviamo che `e aperta; infatti, se U `e un aperto in F(l, n),

1
((U)) = GL(l, R)U =
_
GL(l,R)
U .
Mostriamo ora che anche lapplicazione composta `e aperta, cosicche la topologia
di G(l, n) pu` o anche essere descritta come la topologia quoziente di quella di FO(l, n).
Basta osservare che, se U `e un aperto in FO(l, n),

1
( (U)) = P(l)O(l)U ,
e che questo `e aperto in F(l, n) perch`e O(l)U `e aperto in FO(l, n) mentre F(l, n) `e
dieomorfo a P(l) FO(l, n), come `e stato dimostrato nellesempio (4.18).
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
4. Variet` a dierenziabili 47
Deniremo ora una struttura naturale di variet` a dierenziabile su G(l, n). Sia E
una matrice n n non singolare, e siano e
1
, . . . , e
n
le sue righe. Sia Y
E
laperto in
F(l, n) costituito da tutte le matrici V tali che, se v
1
, . . . , v
l
sono le righe di V , allora
v
1
, . . . , v
l
, e
l+1
, . . . , e
n
sono indipendenti. Poniamo X
E
= (Y
E
); poiche `e aperta, X
E
`e aperto.
`
E anche chiaro che, al variare di E, gli aperti X
E
ricoprono G(l, n). Sia V
un punto di Y
E
. Per ogni i l possiamo scrivere, in un unico modo,
e
i
=
l

h=1
b
ih
v
h
+
nl

h=1
a
ih
e
l+h
.
Possiamo riscrivere questa relazione in forma matriciale come
(4.20)
_
B A
0 I
__
V
E

_
=
_
E

_
,
dove A = (a
ij
), B = (b
ij
), E

`e la matrice le cui righe sono e


1
, . . . , e
l
, ed E

`e la
matrice le cui righe sono e
l+1
, . . . , e
n
. Osserviamo che B `e invertibile e che inoltre, se si
rimpiazza V con MV , dove M GL(l, R), la matrice A resta inalterata. Ci` o signica che
A dipende solo dal sottospazio di R
n
generato da v
1
, . . . , v
l
. Possiamo dunque denire
una applicazione continua

E
: X
E
R
l(nl)
,
dove R
l(nl)
`e identicato allo spazio delle matrici l (n l), ponendo
E
((V )) = A.
Lapplicazione
E
`e biunivoca; la sua inversa `e
E
, dove
E
: R
l(nl)
Y
E
`e denita
da

E
(A) = E

AE

.
`
E chiaro che
E
`e liscia; poiche la relazione (4.20) pu` o anche essere riscritta sotto la
forma
_
B A
0 I
_
=
_
E

__
V
E

_
1
,
anche
E
`e liscia. Siamo ora in grado di mostrare che le carte (X
E
,
E
) formano
un atlante liscio su G(l, n). Infatti, se E e F sono due matrici n n non singolari,

F

1
E
=
F

E
`e liscia in quanto `e la composizione delle due applicazioni lisce
F
e
E
. Abbiamo
dunque denito su G(l, n) una struttura di variet` a dierenziabile di dimensione l(n l).
Lapplicazione : F(l, n) G(l, n) `e liscia in quanto
E
`e liscia per ogni E; ha
inoltre rango l(nl) ovunque. La variet` a G(l, n) `e di Hausdor. In eetti, se p e q sono
punti di G(l, n), vi `e una matrice E tale che sia p che q appartengano a X
E
. Poiche
X
E
`e un aperto in G(l, n) ed `e di Hausdor, in quanto `e omeomorfo a R
l(nl)
, p e q
hanno intorni disgiunti in G(l, n). Inne lasciamo al lettore di vericare che, nel caso
in cui l = 1, la struttura dierenziabile ora denita su G(1, n) = P
n1
(R) coincide con
quella dellesempio (4.15).
La Grassmanniana orientata GO(l, n) `e un rivestimento doppio di G(l, n), e quindi
ha anchessa una struttura di variet` a dierenziabile. Essa pu` o anche essere descritta
come il quoziente di F(l, n) modulo lazione del sottogruppo di GL(l, R) costituito da
tutte le matrici con determinante positivo, o anche come il quoziente di FO(l, n) modulo
lazione di SO(l).
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
48 Note di Geometria Dierenziale
Esercizi
4.1) Sia M(2) linsieme delle matrici 2 2 a coecienti reali e sia : R
2
M(2)
lapplicazione denita da
(x, y) =
_
x
2
xy
yx y
2
_
.
Calcolare il dierenziale e il rango di in ogni punto. Mostrare inne che (R
2
\{0})
`e una sottovariet` a dierenziabile chiusa di M(2) {0}.
4.2) Mostrare che la conclusione della proposizione (4.6) non `e necessariamente vera se si
sostituisce lipotesi che f abbia rango costante su un intorno di f
1
(x) con quella
pi` u debole che f abbia rango costante su f
1
(x).
4.3) In R
2
con le usuali coordinate (x, y) si consideri la curva C di equazione y
2
= x
3
. Si
dica se C `e una sottovariet` a dierenziabile di R
2
, o se C, privata di un opportuno
insieme di punti, `e una sottovariet` a dierenziabile.
Assegnato P
0
C, P
0
= (x
0
, y
0
) = (0, 0), la tangente a C in P
0
interseca C in
un ulteriore punto P
1
, la tangente a C in P
1
interseca C in un ulteriore punto
P
2
, e cos` via. Si denisce cos` per ricorrenza una successione di punti {P
n
} su
C. Mostrare che lim
n
P
n
= (0, 0) (suggerimento: usare la parametrizzazione di C:
x = t
2
, y = t
3
).
4.4) Trovare esplicitamente un dieomorsmo tra S
2
e lellissoide di equazione
x
2
a
2
+
y
2
b
2
+
z
2
c
2
= 1.
4.5) Si consideri il sottinsieme di R
2n
:
A = {(u, v) | u, v R
n
, ||u|| = ||v|| = 1, u, v = 0}.
Si mostri che A `e una sottovariet` a dierenziabile di R
2n
e se ne calcoli la dimensione.
4.6) Mostrare che il luogo di equazione
x
2
y
2
+y
4
+y
2
z
2
+x
3
+xy
2
+xz
2
= 0
`e una sottovariet` a dierenziabile chiusa di R
3
.
4.7) Sia M una variet` a dierenziabile, e sia la diagonale in M M. Si mostri che
`e una sottovariet` a dierenziabile di M M.
4.8) Sia M una variet` a dierenziabile e sia p un suo punto. Mostrare che, dato comunque
un intorno U di p, esiste una funzione C

da M in R che vale 1 in p ed `e nulla


fuori da U (Suggerimento: trattare dapprima il caso M = R
n
).
4.9) Sia GL(n) il gruppo delle matrici reali n n a determinante non nullo. Indichiamo
con SL(n) e SO(n) i sottogruppi delle matrici a determinante 1 e delle matrici
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
4. Variet` a dierenziabili 49
ortogonali a determinante 1. GL(n) pu` o essere considerato come un sottoinsieme di
R
n
2
.
a) Mostrare che GL(n) `e un aperto in R
n
2
.
b) Mostrare che SL(n) e SO(n) sono sottovariet` a dierenziabili di GL(n).
c) Mostrare che SO(n) `e una sottovariet` a dierenziabile di SL(n).
d) Mostrare che lapplicazione prodotto
GL(n) GL(n) GL(n)
`e C

. Stessa domanda ove al posto di GL(n) si sostituisca SL(n) o SO(n).


4.10) Mostrare che linsieme dei punti di R
3
della forma
(
1
4
sint cos s,
1
4
sint sins,
1
4
cos t)
`e una sottovariet` a dierenziabile di R
3
di dimensione 2.
4.11) Sia M

2
(R) linsieme delle matrici 22 reali non nulle e sia X linsieme delle matrici
A M

2
(R) con autovalori nulli. Si mostri che X `e una sottovariet` a dierenziabile
chiusa di M

2
(R) e se ne calcoli la dimensione.
4.12) Siano h, k e n interi positivi tali che h k n. Sia X linsieme di tutte le
coppie (V, W), dove V `e un sottospazio vettoriale di R
n
di dimensione h e W `e un
sottospazio vettoriale di R
n
di dimensione k, tali che V W. Si mostri che X `e
una sottovariet` a dierenziabile di G(h, n) G(k, n).
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
5. Il brato tangente
Un cammino liscio su una variet` a dierenziabile M `e una applicazione liscia da un
intervallo (non necessariamente aperto o chiuso o limitato) a M. Sia M una variet` a
dierenziabile e sia p un suo punto. Sia V
p
linsieme dei cammini lisci da un intervallo
aperto centrato nellorigine di R a M tali che (0) = p. Scelto un sistema di coordinate
locali su un intorno di p, ad un elemento :] , [M di V
p
possiamo associare il
vettore in R
n
d( )
dt
(0) .
Questo denisce una applicazione da V
p
a R
n
. Notiamo innanzitutto che `e
suriettiva. Dato infatti (a
1
, . . . , a
n
) R
n
, se poniamo (t) =
1
(a
1
t + b
1
, . . . , a
n
t + b
n
),
dove (p) = (b
1
, . . . , b
n
), `e chiaro che () = (a
1
, . . . , a
n
). Lo spazio tangente a M in
p, che verr` a indicato con T
p
(M), `e linsieme quoziente di V
p
modulo la relazione di
equivalenza indotta da ; `e quindi, in modo naturale, in corrispondenza biunivoca con
R
n
, e da questo eredita una struttura di spazio vettoriale reale. Gli elementi di T
p
(M)
si dicono vettori tangenti a M in p. Osserviamo che lo spazio tangente a M in p e la
sua struttura di spazio vettoriale non dipendono dalla scelta del sistema di coordinate
. Sia infatti un altro sistema di coordinate, e sia la corrispondente applicazione
da V
p
a R
n
. Se `e un elemento di V
p
, considerando temporaneamente gli elementi di
R
n
come matrici colonna, si ha che
() =
d( )
dt
(0) =
d(
1
)
dt
(0) = J
(p)
_

1
_
d( )
dt
(0) .
Se ne ricava che = , dove `e la moltiplicazione per la matrice invertibile
J
(p)
_

1
_
. Poiche `e un isomorsmo di spazi vettoriali ne segue dunque che
T
p
(M), come spazio vettoriale, non dipende dal sistema di coordinate scelto. Esaminiamo
il caso particolare in cui M = R
n
. Se p `e un qualsiasi punto di R
n
vi `e una identicazione
canonica tra T
p
(R
n
) e R
n
, data dal sistema di coordinate banale su R
n
. Nel seguito,
quando parleremo di vettori tangenti a R
n
, sar` a dunque lecito trattarli come elementi
di R
n
.
I vettori tangenti a una variet` a dierenziabile M in un suo punto p hanno anche
una interpretazione come operatori di derivazione direzionale. Sia X un elemento di
T
p
(M), rappresentato da un cammino liscio . Sia poi f una funzione liscia a valori
reali su un intorno di p. Poniamo
X(f) =
d(f )
dt
(0) ,
e osserviamo che X(f) non dipende dal particolare rappresentante scelto per X. In
eetti, se = (x
1
, . . . , x
n
) `e un sistema di coordinate locali su un intorno di p e
(x
1
(t), . . . , x
n
(t)) = ((t)) `e la rappresentazione di in queste coordinate, si ha che
d(f )
dt
(0) =

i
f
x
i
((p))
dx
i
dt
(0) .
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
5. Il brato tangente 51
Lespressione di destra dipende solo dalle derivate prime delle funzioni x
i
(t) nellorigine,
cio`e dalla classe di equivalenza del cammino , ovverosia da X. Chiameremo X(f) la
derivata di f rispetto a X. Sia g unaltra funzione liscia su un intorno di p. Valgono
le seguenti propriet` a:
(5.1)
_

_
X(f) = 0 se f `e costante,
X(f +g) = X(f) +X(g) ,
X(fg) = f(p)X(g) +g(p)X(f) .
Esse seguono dalle analoghe propriet` a della derivata delle funzioni reali di variabile reale.
Scegliamo un sistema di coordinate locali = (x
1
, . . . , x
n
) su un intorno U di p.
Per ogni i deniamo il vettore tangente

x
i
T
p
(M)
come la classe di equivalenza del cammino
(t) =
1
(te
i
+(p)) ,
dove e
i
`e li-esimo vettore della base standard di R
n
. La notazione `e giusticata dal
fatto che, se f `e una funzione a valori reali su un intorno di p,

x
i
(f) =
f
1
x
i
((p)) .
Osserviamo che, se `e lisomorsmo tra T
p
(M) e R
n
determinato dal sistema di
coordinate , allora
_

x
i
_
= e
i
. Ne segue, in particolare, che i vettori tangenti

x
i
,
i = 1, . . . , n, sono una base di T
p
(M). Osserviamo anche che, data una operazione che
associ a ogni funzione f denita su un intorno di p un numero reale (f) e che goda
delle propriet` a formali (5.1), questa corrisponde alla derivazione rispetto a uno e un
solo vettore tangente X T
p
(M). Poniamo infatti X =

a
i

x
i
, dove a
i
= (x
i
). Una
qualsiasi funzione f denita su un intorno di p si scrive in modo unico sotto la forma
f = f(p) +

i
(x
i
x
i
(p))h
i
,
dove le h
i
sono funzioni lisce, e dunque
(f) = (f(p)) +

i
h
i
(p)(x
i
x
i
(p)) +

i
(x
i
(p) x
i
(p))(h
i
)
=

i
a
i
h
i
(p) =

i
a
i

x
i
(f) = X(f) .
Se poi Y =

i
b
i

x
i
`e un altro vettore tangente tale che Y (f) = (f) per ogni f, i
calcoli appena eettuati mostrano che b
i
= (x
i
) = a
i
, e quindi che Y = X. La notazione
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
52 Note di Geometria Dierenziale

x
i
individua un elemento di T
q
(M) per ogni q U; dunque

x
i
`e quello che si chiama
un campo di vettori tangenti su U. Formalmente, dato un aperto A M, un campo di
vettori tangenti a M su A (o, pi` u sbrigativamente, un campo di vettori su A) `e una
applicazione che a ogni punto q di A associa un elemento di T
q
(M). Se X `e un campo
di vettori su A, q A e = (x
1
, . . . , x
n
) `e un sistema di coordinate locali su un intorno
U A di q, la restrizione di X a U si pu` o scrivere in modo unico sotto la forma

a
i

x
i
, dove le a
i
sono funzioni. Diremo che il campo di vettori X `e liscio nel punto
q se esiste un sistema di coordinate locali come sopra tale che le funzioni a
i
siano lisce.
Notiamo che questa nozione, in realt` a, `e indipendente dal sistema di coordinate scelto.
Infatti, se (y
1
, . . . , y
n
) `e un altro sistema di coordinate, vale la relazione

x
i
=

j
y
j
x
i

y
j
,
e dunque, se si scrive X =

b
j

y
j
, si ha che
b
j
=

i
y
j
x
i
a
i
.
Quindi, se le a
i
sono lisce lo stesso `e vero per le b
i
. Se il campo di vettori X `e
liscio in ogni punto di A diremo semplicemente che `e liscio. I campi di vettori su A
possono essere sommati tra loro o moltiplicati per funzioni a valori reali denite su A. I
risultati di queste operazioni sono ancora campi di vettori su A; essi sono lisci se i dati
di partenza sono lisci. Dora in poi, salvo esplicito avviso contrario, campo di vettori
signicher` a campo di vettori liscio.
Siano X e Y campi di vettori su un aperto A di una variet` a dierenziabile M, e
sia p un punto di A. Per ogni funzione liscia f denita su un intorno U di p, sia X(f)
che Y (f) sono funzioni liscie su U. Poniamo allora
[X, Y ]
p
(f) = X
p
(Y (f)) Y
p
(X(f)) .
Questa operazione gode delle propriet` a formali (5.1), e denisce quindi un elemento di
T
p
(M). La sola cosa che richieda qualche verica `e la validit` a della regola di Leibniz.
Se f e g sono funzioni su un intorno di p si ha che
[X, Y ]
p
(fg) = X
p
(Y (fg)) Y
p
(X(fg)) = X
p
(fY (g) +gY (f)) Y
p
(fX(g) +gX(f))
= f(p)X
p
(Y (g)) +X
p
(f)Y
p
(g) +g(p)X
p
(Y (f)) +X
p
(g)Y
p
(f)
f(p)Y
p
(X(g)) Y
p
(f)X
p
(g) g(p)Y
p
(X(f)) Y
p
(g)X
p
(f)
= f(p)[X
p
(Y (g)) Y
p
(X(g))] +g(p)[X
p
(Y (f)) Y
p
(X(f))]
= f(p)[X, Y ]
p
(g) +g(p)[X, Y ]
p
(f) .
Quindi [X, Y ] `e un campo di vettori tangenti a M su A, che si chiama parentesi di Lie
di X e Y . Si tratta di un campo di vettori liscio. Se infatti (x
1
, . . . , x
n
) `e un sistema
di coordinate locali e scriviamo X =

a
i

x
i
e Y =

b
i

x
i
, si ha che
[X, Y ] =

j
_
a
j
b
i
x
j
b
j
a
i
x
j
_

x
i
.
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
5. Il brato tangente 53
In un certo senso, la parentesi di Lie di due campi di vettori tangenti X e Y misura
quanto le derivate direzionali rispetto a X e Y siano intercambiabili. In particolare
la parentesi di Lie
_

x
i
,

x
j
_
`e nulla. Segue immediatamente dalle denizioni che la
parentesi di Lie gode delle seguenti propriet` a. Siano X, Y e Z campi di vettori e f
una funzione liscia; allora
[X, Y ] = [Y, X] ,
[X +Z, Y ] = [X, Y ] + [Z, Y ] ,
[X, fY ] = X(f)Y +f[X, Y ] .
Vale inoltre lidentit`a di Jacobi
[X, [Y, Z]] + [Y, [Z, X]] + [Z, [X, Y ]] = 0 .
Infatti, se f `e una funzione liscia, si ha
([X, [Y, Z]] + [Y, [Z, X]] + [Z, [X, Y ]])(f) = XY Z(f) XZY (f) Y ZX(f) +ZY X(f)
+Y ZX(f) Y XZ(f) ZXY (f) +XZY (f)
+ZXY (f) ZY X(f) XY Z(f) +Y XZ(f)
= 0 .
Sia f : M N una applicazione liscia tra variet` a dierenziabili. Siano p un punto di
M e X un elemento di T
p
(M). Scegliamo un cammino che rappresenta X. Deniamo
df(X) (scritto a volte anche df
p
(X)) come il vettore tangente a N in f(p) rappresentato
dal cammino f . Per mostrare che questa `e una buona denizione scegliamo sistemi
di coordinate locali = (x
1
, . . . , x
m
) e = (y
1
, . . . , y
n
) su intorni di p e f(p), scriviamo
X =

a
i

x
i
, df(X) =

b
j

y
j
, e osserviamo che
a
i
=
d(x
i
)
dt
(0) ,
b
j
=
d(y
j
f )
dt
(0)
=

i
(y
j
f)
x
i
d(x
i
)
dt
(0)
=

i
(y
j
f)
x
i
a
i
.
Questo mostra che df(X) non dipende dalla scelta di , che
df
p
: T
p
(M) T
f(p)
(N)
`e una applicazione lineare, e che la sua matrice rispetto alle basi

x
i
, i = 1, . . . , m e

y
i
, i = 1, . . . , n non `e altro che la matrice Jacobiana di f
1
nel punto (p) (o
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
54 Note di Geometria Dierenziale
la sua trasposta, a seconda delle convenzioni). Lapplicazione df
p
si chiama dierenziale
di f nel punto p. Per quanto si `e appena mostrato, il suo rango coincide con il rango
di f nel punto p, come denito nel capitolo 4. Lasciamo al lettore di vericare che
nel caso di una applicazione f da R
m
a R
n
il dierenziale di f ora denito coincide
con quello usuale, ove si identichino gli spazi tangenti a R
m
e a R
n
in p e f(p) con
R
m
e R
n
nel modo canonico. Se f : M N e g : L M sono applicazioni lisce
tra variet` a dierenziabili, segue immediatamente dalla denizione del dierenziale che
d(f g) = df dg.
Se M `e una sottovariet` a dierenziabile della variet` a dierenziabile N e j : M N `e
linclusione, per ogni punto p di M lomomorsmo dj
p
identica T
p
(M) a un sottospazio
vettoriale di T
p
(N). Nel caso particolare in cui M `e una sottovariet` a di R
n
, gli
spazi tangenti T
p
(M) possono dunque essere pensati come sottospazi vettoriali di R
n
.
Rendiamo questo pi` u esplicito. Sia un sistema di coordinate locali su M e poniamo
(u
1
, . . . , u
m
) = j
1
(u
1
, . . . , u
m
). Per costruzione
dj
_

u
i
_
=

u
i
.
Sia f una funzione liscia a valori reali denita su un aperto A di R
n
che si annulla
su A M.
`
E importante notare che, se p `e un punto di A M, il gradiente di f in
p `e ortogonale a T
p
(M). Per vederlo basta derivare la relazione f((u
1
, . . . , u
m
)) 0.
Indicando con x
1
, . . . , x
n
le coordinate standard su R
n
, con
1
, . . . ,
n
le componenti di
e con grad(f) il gradiente
_
f
x
1
, . . . ,
f
x
n
_
di f si ottiene infatti
0 =
f((u
1
, . . . , u
m
))
u
i
=

j
f
x
j

j
u
i
=
_
grad(f),

u
i
_
.
Apriamo una piccola parentesi per enunciare e dimostrare una versione un po
pi` u generale del corollario (4.7). Sia f : M N una applicazione liscia tra variet` a
dierenziabili, e sia L una sottovariet` a dierenziabile di N. Diremo che f `e trasversa a
L se per ogni p f
1
(L) si ha che
T
f(p)
(N) = T
f(p)
(L) +df(T
p
(M)) .
Vale il seguente risultato.
Proposizione (5.2). Siano M e N variet` a dierenziabili, e sia L una sottovariet` a di
N. Sia poi f : M N una applicazione liscia trasversa a L. Allora f
1
(L) `e una
sottovariet` a dierenziabile di M. La dimensione di f
1
(L) in un suo punto p `e pari a
dim
p
(M) dim
f(p)
(N) + dim
f(p)
(L).
Sia (x
1
, . . . , x
n
) un sistema di coordinate locali su un aperto U di N tale che
L U sia denito dallannullarsi di x
r+1
, . . . , x
n
. Lipotesi di trasversalit` a signica
che il dierenziale di (x
r+1
f, . . . , x
n
f) ha rango n r lungo f
1
(L U). Il
teorema delle funzioni implicite implica che, per ogni punto p di f
1
(L U), vi `e
un sistema di coordinate locali (y
1
, . . . , y
m
) su un intorno V di p in M tale che
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
5. Il brato tangente 55
y
mn+r+1
= x
r+1
f, . . . , y
m
= x
n
f. Si pu` o anche supporre che f(V ) U. Dunque
f
1
(L) V `e denito dallannullarsi delle coordinate y
mn+r+1
, . . . , y
m
. Quindi f
1
(L)
`e una sottovariet` a dierenziabile di M e
dim
p
(f
1
(L)) = mn +r = dim
p
(M) dim
f(p)
(N) + dim
f(p)
(L) .
Questo conclude la dimostrazione di (5.2).
Come insieme, il brato tangente a una variet` a dierenziabile M, che indicheremo
con il simbolo TM, `e lunione disgiunta degli spazi tangenti a M. In simboli
TM =

pM
T
p
(M) .
Vi `e una applicazione naturale : TM M che associa ad ogni vettore tangente il
punto di applicazione. Mostreremo che TM `e in modo naturale una variet` a dierenziabile
e che lapplicazione `e liscia. Per fare ci` o useremo un risultato molto generale.
Proposizione (5.3). Sia X una variet` a dierenziabile (non necessariamente a base
numerabile), e sia f : X Y una applicazione suriettiva. Poniamo R = {(x, y)
X X | f(x) = f(y)}. Supponiamo che R sia una sottovariet` a dierenziabile di X X e
che le proiezioni di R sui due fattori di X X siano dieomorsmi locali. Allora su Y
vi `e una e una sola struttura di variet` a dierenziabile (non necessariamente di Hausdor
o a base numerabile) tale che f sia un dieomorsmo locale. Inoltre Y `e di Hausdor
se e solo se R `e un chiuso in X X.
Diamo uno schizzo di dimostrazione. Se f `e un dieomorsmo locale tutte le applicazioni
della forma g, dove g : V U `e una inversa locale di f e : U R
n
`e una carta locale
su X, sono carte locali per la struttura dierenziabile di Y , che `e quindi univocamente
determinata da quella di X. Dimostriamo ora lesistenza della struttura dierenziabile
su Y . Indichiamo con e le proiezioni di R sui due fattori di X X. Notiamo
intanto che, se si pone su Y la topologia quoziente, f `e aperta. Infatti, se A `e un
aperto in X, allora f
1
(f(A)) = (
1
(A)) `e aperto perch`e `e aperta. Indichiamo con

X
la diagonale in X X. Sia p un punto di X e sia una sistema di coordinate
locali su un intorno U di p; se U `e sucientemente piccolo, R(U U) =
X
(U U).
Quindi la restrizione di f a U `e un omeomorsmo sullaperto f(U); ne sia
U
linversa.
Dunque (f(U),
U
) `e una carta locale su Y . Dico che linsieme di queste carte
`e un atlante liscio su Y . Se si accetta questo, `e chiaro che f `e un dieomorsmo
locale; infatti
U
f
1
`e lidentit` a su (U). Sia dunque (f(U),
U
) la carta
locale su Y costruita poco fa, e sia (f(V ),
V
) unaltra carta costruita con lo stesso
metodo. Dobbiamo mostrare che
V
(
U
)
1
=
V

1
U

1
`e liscia, cio`e
che
V

1
U
`e liscia. Ma questo `e chiaro, dato che le restrizioni di e a R(V U)
sono iniettive, e quindi dei dieomorsmi sulle loro immagini, e
V

1
U
= , dove
: (R (V U)) R (V U) `e linversa della restrizione di a R (V U).
Il criterio per stabilire se Y `e di Hausdor `e di natura puramente topologica. Per
dimostrarlo notiamo intanto che R = (f f)
1
(
Y
). Se Y `e di Hausdor,
Y
`e un
chiuso in Y Y , e quindi R `e un chiuso in X X. Supponiamo viceversa che R sia un
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
56 Note di Geometria Dierenziale
chiuso. Se p e q sono punti di X tali che f(p) = f(q), cio`e tali che (p, q) R, vi sono
intorni U di p e V di q tali che R (U V ) = . Dunque f(U) e f(V ) sono intorni
disgiunti di f(p) e f(q). Questo conclude la dimostrazione della proposizione.
Come abbiamo annunciato, la proposizione (5.3) permette di costruire una struttura
di variet` a dierenziabile sul brato tangente di una variet` a dierenziabile M. Scegliamo
un atlante liscio {(U
i
,
i
)}
iI
su M. Siano x
i,1
, . . . , x
i,n
i
le componenti di
i
. Poniamo
X
i
= U
i
R
n
i
,
e deniamo una applicazione f
i
: X
i
TM ponendo
f
i
(p, a
1
, . . . , a
n
i
) =

j
a
j
_

x
i,j
_
p
,
dove
_

x
i,j
_
p
sta per il valore del campo di vettori tangenti

x
i,j
nel punto p.
`
E chiaro
che f
i
(X
i
) =
1
(U
i
), dove : TM M `e la proiezione naturale. Poniamo poi
X =

iI
X
i
,
e sia f : X TM lapplicazione la cui restrizione a ogni X
i
`e f
i
. In questo caso
R `e lunione disgiunta degli R
ij
= R (X
i
X
j
). Chiaramente, R
ij
`e linsieme dei
punti (p, a
1
, . . . , a
n
i
, p, b
1
, . . . , b
n
j
), dove p U
i
U
j
e a
h
=

b
k
x
i,h
x
j,k
. Dunque R
ij
`e una
sottovariet` a dierenziabile di X
i
X
j
e le sue proiezioni sui fattori sono dieomorsmi
su (U
i
U
j
) R
n
i
. Le condizioni della proposizione (5.3) sono soddisfatte.
`
E anche
chiaro che `e liscia. Per mostrare che TM `e di Hausdor ci si pu` o di nuovo appellare
alla proposizione (5.3) oppure ragionare direttamente come segue. Se due punti v e w
di TM sono tali che (v) = (w), allora (v) e (w) hanno intorni disgiunti V e W e
quindi
1
(V ) e
1
(W) sono intorni disgiunti di v e w. Se (v) = (w), allora v e
w appartengono a un aperto
1
(U
i
), che `e di Hausdor perch`e omeomorfo a U
i
R
n
i
.
Risulta inne dalla costruzione che, per ogni v TM, si ha
dim
v
(TM) = 2 dim
(v)
(M) .
La costruzione che abbiamo appena completata fornisce anche un atlante liscio per
TM. Questo `e la collezione di tutte le carte (
1
(U
i
),
i
), dove
i
`e la composizione
dellinversa di f
i
: U
i
R
n
i

1
(U
i
) con lapplicazione
(p, a
1
, . . . , a
n
i
) ((p), a
1
, . . . , a
n
i
) .
In altre parole, se v T
p
(M), p U
i
e scriviamo
v =

j
a
j

x
i,j
,
si ha
(v) = (x
i,1
(p), . . . , x
i,n
i
(p), a
1
, . . . , a
n
i
) .
Notiamo inne che un campo di vettori tangenti su un aperto A di M non `e altro
che una applicazione liscia : A TM tale che sia lidentit` a su A.
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
5. Il brato tangente 57
Osservazione (5.4). La proposizione (5.3) generalizza parecchie delle costruzioni del
Capitolo 4. Questo `e chiaro per la costruzione (4.10). Anche la costruzione (4.13) `e un
caso particolare di (5.3). Infatti
R = {(m, n) M M | n = gm per qualche g G} =

gG
{(m, gm) | m M} .
Chiaramente, per ogni g G, M
g
= {(m, gm) | m M} `e una sottovariet` a di M M e
le sue proiezioni sui due fattori sono dieomorsmi. Per concludere basta mostrare che,
per ogni g, ogni punto di M
g
ha un intorno che non tocca M
g
per ogni g

= g. In
eetti, ogni m M ha un intorno U tale che U U = per ogni = 1
G
. Ora U gU
`e un intorno di (m, gm), mentre se vi `e un punto della forma (n, g

n) in U gU si deve
concludere che n U g

1
gU e quindi che g = g

.
Esercizi
5.1) Siano X, Y , Z campi di vettori tangenti su una variet` a dierenziabile M. Si dimostri
lidentit` a di Jacobi:
[X, [Y, Z]] + [Y, [Z, X]] + [Z, [X, Y ]] = 0
5.2) Siano M e N variet` a dierenziabili e si supponga M connessa. Sia f : M N una
applicazione dierenziabile. Si mostri che f `e costante se e solo se df 0.
5.3) Sia M una variet` a dierenziabile e siano A e B sue sottovariet`a chiuse. Diremo che
A e B sono trasverse se per ogni p A B si ha che
T
p
A+T
p
B = T
p
M.
Si mostri che, se A e B sono trasverse, AB `e una sottovariet` a di M di dimensione
dimA+ dimB dimM e che, per ogni p A B:
T
p
(A B) = T
p
A T
p
B.
5.4) Siano M, N e L variet` a dierenziabili e l e siano f : M L e g : N L
applicazioni lisce tali che df
p
e dg
q
siano suriettivi per ogni p M e ogni q N. Il
prodotto brato di M con N su L `e
M
L
N = {(x, y) M N | f(x) = g(y)} .
Si mostri che M
L
N `e una sottovariet` a dierenziabile chiusa di M N.
5.5) Sia M una variet` a dierenziabile. Si mostri che le applicazioni
s : TM
M
TM TM
p : R TM TM
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
58 Note di Geometria Dierenziale
denite da s(v, w) = v +w e p(r, v) = rv sono lisce.
5.6) Sia S una supercie chiusa in R
3
e si consideri il sottinsieme di R
6
:
N = {(p, v) | p S, v T
p
S}.
Sia f : N R
3
lapplicazione denita da:
f(p, v) = p +v.
i) Si mostri che N `e una sottovariet` a di R
6
di dimensione 3.
ii) Si mostri che f `e C

e che df ha rango 3 in ogni punto della forma (p, 0).


5.7) Si consideri il gruppo O(n) delle matrici n n ortogonali. O(n) `e una sottovariet` a
dierenziabile dello spazio R
n
2
di tutte le matrici reali nn. Si mostri che lo spazio
tangente a O(n) nel punto corrispondente alla matrice identit` a, come sottospazio
dello spazio di tutte le matrici reali n n, consiste di tutte e sole le matrici
antisimmetriche.
5.8) Sia H la matrice (p +q) (p +q):
H =
_
I
p
0
0 I
q
_
.
dove I
p
e I
q
sono le matrici identit` a p p e q q. Si indichi con O(p, q) linsieme
di tutte le matrici A, reali e (p +q) (p +q), tali che
t
AHA = H.
Si mostri che O(p, q) `e una sottovariet` a dierenziabile dello spazio R
(p+q)
2
delle
matrici reali (p +q) (p +q) e se ne calcoli la dimensione.
5.9) Indichiamo con Q la matrice 2n 2n
_
0 I
I 0
_
,
dove I `e la matrice identit` a n n. Sia G linsieme di tutte le matrici 2n 2n A
tali che
t
AQA = Q.
Si mostri che G `e una sottovariet` a dierenziabile chiusa di R
(2n)
2
, identicato allo
spazio di tutte le matrici 2n 2n, e se ne calcoli la dimensione.
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
6. Le equazioni fondamentali della teoria delle supercie
Dora in poi, per supercie liscia intenderemo una variet` a dierenziabile di dimensione 2;
una supercie liscia in R
3
`e una sottovariet` a dierenziabile bidimensionale di R
3
. Spesso,
quando non c`e rischio di equivoco, ometteremo laggettivo liscia. Il collegamento tra
queste nozioni e la denizione provvisoria di supercie usata nel capitolo 3 `e data dal
seguente corollario del teorema delle funzioni implicite.
Proposizione (6.1). Siano M e N due variet` a dierenziabili, e sia f : M N una
immersione. Allora f(M) `e una sottovariet` a dierenziabile di N.
Sia p un punto di M. Il teorema del rango implica che vi sono un intorno A di p e un
intorno B di f(p) tali che f(A) B e che, rispetto a opportune coordinate x
1
, . . . , x
m
su A e y
1
, . . . , y
n
su B, limmersione f sia data da
y
1
= x
1
, y
2
= x
2
, . . . , y
m
= x
m
, y
m+1
= = y
n
= 0 .
Restringendo B e A, se necessario, si pu`o anche fare in modo che linsieme dei punti
di B dove y
m+1
= = y
n
= 0 sia uguale a f(A). Poiche f `e una immersione, in
particolare `e un omeomorsmo da M a f(M), e quindi, eventualmente restringendo B,
si pu` o supporre che f
1
(B) = A. Ora `e chiaro che lintersezione di B e f(M) `e il luogo
dei punti di B dove y
m+1
= = y
n
= 0. Quindi f(M) `e una sottovariet` a dierenziabile
di N.
Una supercie, nella accezione del capitolo 3, non `e altro che una immersione
: U R
3
, dove U `e un aperto in R
2
. Dunque S = (U) `e una supercie nel senso
specicato allinizio di questo capitolo; in pi` u linversa di : U S fornisce un sistema
di coordinate su tutta S. Osserviamo che le nozioni di vettore tangente e spazio tangente
e linterpretazione dei vettori tangenti come derivazioni direzionali date nel capitolo 3
sono in perfetto accordo con quelle date in generale nel capitolo 5. Dunque tutto
quanto mostrato nel capitolo 3 vale, al pi` u con ovvii aggiustamenti terminologici, per
un aperto su una supercie in R
3
su cui sia ssato un sistema di coordinate locali.
In realt` a molte delle nozioni denite nel capitolo 3 sono del tutto indipendenti dalla
scelta delle coordinate. Questo vale, in particolare, per lapplicazione di Weingarten e
le altre nozioni ad essa collegate, come quelle di seconda forma fondamentale, curvatura
principale, curvatura media e Gaussiana, curvatura normale e geodetica, e cos` via.
Sia Y un campo si vettori su un aperto A di R
3
, e sia X un vettore tangente a
R
3
in un punto p A. Come nel capitolo 3, indichiamo con
X
Y il vettore tangente
a R
3
in p le cui componenti sono le derivate delle componenti di Y rispetto a X.
`
E
importante notare che, per poter denire
X
Y , non `e in realt` a necessario che Y sia
denito su tutto un intorno di p; basta che sia denito su una supercie, o addirittura
su una curva, passante per p e tangente a X. Descriviamo ora alcune propriet` a formali
delloperazione
X
Y .
`
E chiaro innanzitutto che
X
Y `e lineare in X, mentre, se Y

`e
un altro campo di vettori e f `e una funzione liscia, si verica subito che

X
(Y +Y

) =
X
Y +
X
Y

X
(fY ) = f(p)
X
Y +X(f)Y
p
.
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
60 Note di Geometria Dierenziale
Come duso, indichiamo con , il prodotto scalare euclideo. Se X e Y sono campi di
vettori e Z `e un vettore tangente a R
3
nel punto p `e immediato che valgono anche le
seguenti propriet` a:
Z X, Y =
Z
X, Y +X,
Z
Y ,

X
(Y )
Y
(X) = [X, Y ] .
Sia ora S una supercie in R
3
. Se Y `e un campo di vettori su un aperto di S e X `e un
vettore tangente a S in un punto p,
X
Y non `e, in generale, tangente a S. Indichiamo
con D
X
Y la sua proiezione ortogonale su T
p
S. In simboli, indicando con N un campo
di vettori unitari normali a S denito su un intorno di p, si ha
(6.2) D
X
Y =
X
Y
X
Y, N
p
N
p
.
Ricordiamo che
X
N = LX e deriviamo rispetto a X la relazione di ortogonalit` a
N, Y = 0, ottenendo
0 = XN, Y =
X
N, Y +N,
X
Y = LX, Y +N,
X
Y .
La (6.2) si riduce dunque alla equazione di Gauss
(6.3) D
X
Y =
X
Y +LX, Y N .
Diremo che D
X
Y `e la derivata covariante di Y rispetto ad X. Loperazione D va anche
sotto il nome di connessione Riemanniana (o connessione metrica) su S. La derivata
covariante pu` o essere pensata come una sorta di derivata direzionale per campi di vettori
anziche per funzioni.
La derivazione covariante gode di propriet` a formali analoghe a quelle di
X
Y (che
in eetti non `e altro che la connessione Riemanniana su R
3
, come vedremo in seguito).
Pi` u esattamente, se X e Y sono campi di vettori tangenti a S, Z `e un vettore tangente
a S in p e f `e una funzione liscia su S, si ha che
(6.4)
_

_
D
Z
X `e lineare in Z ,
D
Z
(X +Y ) = D
Z
X +D
Z
Y ,
D
Z
(fX) = f(p)D
Z
X +Z(f)X
p
.
Le prime due di queste propriet` a sono chiare dalla denizione di D. Quanto alla terza,
ricordando che X e N sono ortogonali si pu` o scrivere
D
Z
(fX) =
Z
(fX)
Z
(fX), N
p
N
p
= f(p)
Z
X +Z(f)X
p
f(p)
Z
X +Z(f)X
p
, N
p
N
p
= f(p)
Z
X +Z(f)X
p
f(p)
Z
X, N
p
N
p
= f(p)D
Z
X +Z(f)X
p
.
Un secondo gruppo di propriet` a formali di D `e
(6.5)
_
Z X, Y = D
Z
X, Y +X, D
Z
Y ,
D
X
Y D
Y
X = [X, Y ] .
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
6. Le equazioni fondamentali della teoria delle supercie 61
Per ricavare la prima identit` a basta osservare che, dato che
Z
X e D
Z
X dieriscono
per un vettore che `e ortogonale a T
p
S, essi hanno lo stesso prodotto scalare con Y , e
lo stesso `e vero se si scambiano i ruoli di X e Y . Quindi
Z X, Y =
Z
X, Y +X,
Z
Y
= D
Z
X, Y +X, D
Z
Y .
Per dimostrare la seconda identit` a ci servono un paio di semplici osservazioni preliminari.
La prima `e che, date una variet` a dierenziabile M e una sua sottovariet` a N, un campo
X di vettori tangenti a N pu` o sempre essere esteso, localmente, a un campo di vettori
tangenti a M. Possiamo infatti scegliere coordinate locali x
1
, . . . , x
m
su M in modo
che, in queste coordinate, N sia denito dallannullarsi di x
n+1
, . . . , x
m
, e che quindi
x
1
, . . . , x
n
siano coordinate locali su N. In queste coordinate si pu` o scrivere
X =
n

i=1
a
i

x
i
,
dove le a
i
sono funzioni di x
1
, . . . , x
n
. Una estensione locale di X a un aperto di M `e

X =
n

i=1
a
i

x
i
+ 0

x
n+1
+ + 0

x
m
.
Se Y `e un altro campo di vettori su N e

Y una sua estensione locale a M, si vede
immediatamente che
[X, Y ] = [

X,

Y ]
|N
.
Torniamo ora alla seconda delle (6.5). Usando lequazione di Gauss e la simmetria della
seconda forma fondamentale si ottiene
D
X
Y D
Y
X =
X
Y
Y
X +LX, Y N LY, X N
=
X
Y
Y
X
=
_

X
_
|S
= [

X,

Y ]
|S
= [X, Y ] .
Siano X, Y , Z campi di vettori su un aperto di R
3
. Vale lidentit` a
(6.6)
X

Y
Z
Y

X
Z
[X,Y ]
Z = 0 .
In eetti, se z `e una componente di Z, la corrispondente componente di (6.6) si riduce
a
X(Y (z)) Y (X(z)) [X, Y ](z) = 0 ,
cio`e alla denizione di [X, Y ](z).
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
62 Note di Geometria Dierenziale
Segue dalle considerazioni svolte nel dimostrare le (6.5) che lidentit` a (6.6) `e valida
anche quando X, Y , Z sono campi di vettori tangenti su un aperto di una supercie
S R
3
. La (6.6) ha in questo caso conseguenze assai profonde, che si ottengono
dividendola nelle sue componenti tangenziale e normale e usando lequazione di Gauss.
Tratteremo separatamente i tre termini del lato sinistro di (6.6). Si ha

[X,Y ]
Z = D
[X,Y ]
Z L[X, Y ], Z N ,

Y
Z =
X
(D
Y
Z LY, Z N)
= D
X
D
Y
Z LY, Z LX LX, D
Y
Z N XLY, Z N .

X
Z = D
Y
D
X
Z LX, Z LY LY, D
X
Z N Y LX, Z N .
Dunque la parte tangenziale di (6.6) `e
(6.7) 0 = D
X
D
Y
Z D
Y
D
X
Z D
[X,Y ]
Z +LX, Z LY LY, Z LX ,
mentre la parte normale `e
0 = LX, D
Y
Z LY, D
X
Z +XLY, Z Y LX, Z L[X, Y ], Z ,
che, usando le identit` a
XLY, Z = D
X
LY, Z +LY, D
X
Z ,
Y LX, Z = D
Y
LX, Z +LX, D
Y
Z ,
si riduce a
0 = D
X
LY, Z D
Y
LX, Z L[X, Y ], Z .
Poiche Z `e del tutto arbitrario, questa identit` a `e equivalente alle cosiddette equazioni di
Codazzi-Mainardi
(6.8) L[X, Y ] = D
X
LY D
Y
LX .
Torniamo ora allidentit` a (6.7). Questa `e, nella sostanza, il cosiddetto Theorema
Egregium di Gauss. Poniamo
R(X, Y )Z = D
X
D
Y
Z D
Y
D
X
Z D
[X,Y ]
Z .
Osserviamo che R(X, Y )Z `e antisimmetrico in X e Y e R-lineare in ciascuno dei suoi
tre argomenti. In altre parole si ha che
R(X, Y )Z = R(Y, X)Z
e, se a e b sono numeri reali e X

, Y

e Z

sono campi di vettori, si ha anche che


R(aX +bX

, Y )Z = aR(X, Y )Z +bR(X

, Y )Z ,
R(X, aY +bY

)Z = aR(X, Y )Z +bR(X, Y

)Z ,
R(X, Y )(aZ +bZ

) = aR(X, Y )Z +bR(X, Y )Z

.
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
6. Le equazioni fondamentali della teoria delle supercie 63
Ci` o che `e pi` u inatteso, dato che la denizione di R coinvolge derivate, `e che, se f `e
una funzione, si ha anche
(6.9) R(fX, Y )Z = R(X, fY )Z = R(X, Y )fZ = fR(X, Y )Z .
Per vederlo, scriviamo
R(fX, Y )Z = D
fX
D
Y
Z D
Y
D
fX
Z D
[fX,Y ]
Z
= fD
X
D
Y
Z D
Y
fD
X
Z D
f[X,Y ]Y (f)X
Z
= fD
X
D
Y
Z fD
Y
D
X
Z Y (f)D
X
Z fD
[X,Y ]
Z +Y (f)D
X
Z
= fD
X
D
Y
Z fD
Y
D
X
Z fD
[X,Y ]
Z
= fR(X, Y )Z .
Che R(X, fY )Z = fR(X, Y )Z segue per lantisimmetria di R(X, Y )Z nelle prime due
variabili. Inne
R(X, Y )fZ = D
X
D
Y
(fZ) D
Y
D
X
(fZ) D
[X,Y ]
(fZ)
= D
X
(fD
Y
Z +Y (f)Z) D
Y
(fD
X
Z +X(f)Z) fD
[X,Y ]
Z [X, Y ](f)Z
= fR(X, Y )Z +X(f)D
Y
Z +Y (f)D
X
Z Y (f)D
X
Z X(f)D
Y
Z
+X(Y (f))Z Y (X(f))Z [X, Y ](f)Z
= fR(X, Y )Z .
Una importante conseguenza di (6.9) `e che il valore di R(X, Y )Z in un punto p dipende
solo dai valori di X, Y e Z in p. Dato che R(X, Y )Z `e R-lineare nelle tre variabili,
per dimostrarlo basta mostrare che R(X, Y )Z si annulla in p se almeno uno tra X, Y
e Z si annulla in p. Supponiamo, per esempio, che X
p
= 0. Scegliamo coordinate locali
u
1
, u
2
centrate in p, denite cio`e su un intorno di p e tali che u
1
(p) = u
2
(p) = 0. Allora
possiamo scrivere, su un intorno di p
X = u
1
X
1
+u
2
X
2
,
dove X
1
e X
2
sono campi di vettori. Ma allora
R(X, Y )Z = u
1
R(X
1
, Y )Z +u
2
R(X
2
, Y )Z
si annulla in p. Se Y
p
= 0 oppure Z
p
= 0 si procede in modo analogo. In conclusione,
dati X, Y e Z in T
p
S, `e ben denito un elemento R(X, Y )Z di T
p
S. Per calcolarlo
basta scegliere campi di vettori

X,

Y e

Z su un intorno di p che valgano X, Y e Z in
p; allora R(X, Y )Z `e uguale al valore di R(

X,

Y )

Z nel punto p.
Teorema (6.10) (Theorema Egregium). Sia S una supercie in R
3
e sia p un suo
punto. Siano X e Y elementi indipendenti di T
p
S. Allora la curvatura Gaussiana di S
nel punto p `e
K(p) =
R(X, Y )Y, X
X
2
Y
2
X, Y
2
.
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
64 Note di Geometria Dierenziale
Come abbiamo annunciato, il Teorema `e sostanzialmente lidentit` a (6.7). In eetti la
curvatura Gaussiana di S `e det(L), mentre (6.7) implica che
R(X, Y )Y, X = LX, X LY, Y LX, Y LY, X
= det
_
LX, X LX, Y
LY, X LY, Y
_
= det(L) det
_
X, X X, Y
Y, X Y, Y
_
= det(L)(X, X Y, Y X, Y Y, X) .
Per comprendere limportanza dei risultati che abbiamo dimostrato conviene porsi
da un punto di vista un po pi` u generale di quello adottato nora. Sia M una variet` a
dierenziabile. Una connessione (o derivata covariante) su M (pi` u propriamente, sul
brato tangente TM) `e un operatore D che associa a ogni campo liscio di vettori Y su
un aperto A di M e a ogni vettore X tangente a M in un punto p A un elemento
D
X
Y T
p
M e gode delle seguenti propriet` a. Innanzitutto D
X
Y deve essere lineare in
X e, se Y e Z sono campi lisci di vettori e f `e una funzione liscia, si deve avere
D
X
(Y +Z) = D
X
Y +D
X
Z ,
D
X
(fY ) = f(p)D
X
Y +X(f)Y
p
.
Poi la derivata covariante deve essere compatibile con le restrizioni, nel senso che, se
Y `e un campo di vettori su un intorno A di p e B `e un altro intorno di p contenuto
in A, deve essere D
X
Y = D
X
Y
|B
. Da ultimo, se X e Y sono campi lisci di vettori
tangenti, anche il campo di vettori D
X
Y deve essere liscio. Abbiamo gi`a incontrato un
esempio di connessione, e precisamente la connessione Riemanniana su una supercie in
R
3
. Un altro esempio `e fornito dalloperatore , che `e una connessione su R
3
. Sia D
una connessione su una variet` a dierenziabile M. Come per le supercie in R
3
, dati
campi di vettori X,Y e Z, poniamo
R(X, Y )Z = D
X
D
Y
Z D
Y
D
X
Z D
[X,Y ]
Z .
Per motivi che saranno chiariti pi` u avanti, R(X, Y )Z si chiama tensore di curvatura di
D. Come nel caso delle supercie in R
3
, il valore di R(X, Y )Z in un punto p M
dipende solo da X
p
, Y
p
e Z
p
; inoltre R(X
p
, Y
p
)Z
p
`e lineare in ognuna delle variabili.
Inne, R(X, Y )Z `e antisimmetrico in X e Y .
Sia M una variet` a dierenziabile. Una metrica Riemanniana su M `e il dato di un
prodotto scalare denito positivo ,
p
su ogni spazio tangente T
p
M, p M, che dipenda
in modo liscio da p nel senso che, se X e Y sono campi di vettori lisci, X, Y deve
essere una funzione liscia. Una variet` a Riemanniana `e una variet` a dierenziabile munita
di una metrica Riemanniana. Abbiamo gi` a incontrato esempi di variet` a Riemanniane.
Un primo esempio `e dato dagli spazi R
n
, muniti della metrica euclidea. Un secondo
esempio, assai pi` u interessante, `e dato dalle supercie in R
3
, munite della metrica indotta
da quella euclidea di R
3
.
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
6. Le equazioni fondamentali della teoria delle supercie 65
Una variet` a Riemanniana `e dotata di una connessione canonica, la cosiddetta
connessione Riemanniana (o connessione metrica). Siano infatti x
1
, . . . , x
n
coordinate
locali su M.
`
E duso scrivere
g
ij
=
_

x
i
,

x
j
_
.
La matrice (g
ij
) `e simmetrica denita positiva e determina la metrica riemanniana
(sullaperto dove x
1
, . . . , x
n
sono coordinate locali). In eetti, se

a
i

x
i
e

b
i

x
i
sono
vettori tangenti, si deve avere
_

a
i

x
i
,

b
i

x
i
_
=

i,j
g
ij
a
i
b
j
.
Scriveremo (g
ij
) per indicare la matrice inversa di (g
ij
). Se D `e una connessione su M,
possiamo scrivere
D
x
i
_

x
j
_
=

k
ij

x
k
.
I coecienti
k
ij
si chiamano simboli di Christoel di seconda specie. Essi determinano
completamente la connessione (sullaperto dove x
1
, . . . , x
n
sono coordinate locali). Infatti,
se X =

a
i

x
i
`e un vettore tangente e Y =

b
i

x
i
`e un campo di vettori si deve
avere
(6.11)
D
X
Y =

i,j
a
i
D
x
i
_
b
j

x
j
_
=

i,j
a
i
b
j
x
i

x
j
+

i,j,k
a
i
b
j

k
ij

x
k
.
I simboli di Christoel di prima specie
ijh
sono deniti come

ijh
=

k
g
hk

k
ij
.
I simboli di Christoel di seconda specie possono essere ricavati da quelli di prima specie
usando la formula

k
ij
=

h
g
kh

ijh
.
Supponiamo ora che la connessione D sia compatibile con la metrica, cio`e che si abbia,
per ogni vettore tangente X e ogni coppia di campi di vettori tangenti Y e Z,
XY, Z = D
X
Y, Z +Y, D
X
Z .
Supponiamo inoltre che D sia simmetrica (o priva di torsione), cio`e che si abbia, per
ogni coppia di campi di vettori X e Y ,
D
X
Y D
Y
X = [X, Y ] .
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
66 Note di Geometria Dierenziale
Notiamo che questa condizione `e equivalente a che si abbia

k
ij
=
k
ji
,
o, che `e lo stesso,
ijk
=
jik
, per ogni i, j e k. Infatti, se D `e simmetrica si ha

k
_

k
ij

k
ji
_

x
k
= D
x
i
_

x
j
_
D
x
j
_

x
i
_
=
_

x
i
,

x
j
_
= 0 ,
e dunque
k
ij
=
k
ji
. Viceversa, se questa condizione `e vericata, la (6.11) mostra che D
`e simmetrica. Lipotesi che D sia compatibile con la metrica mostra che
g
ij
x
k
=

x
k
_

x
i
,

x
j
_
=
_

l
ki

x
l
,

x
j
_
+
_

x
i
,

l
kj

x
l
_
=

l
ki
g
lj
+

l
kj
g
il
=
kij
+
kji
Usando la simmetria dei simboli di Christoel se ne ricava
(6.12)
ijk
=
1
2
_
g
ik
x
j
+
g
jk
x
i

g
ij
x
k
_
.
In conclusione la connessione D `e completamente determinata dalla metrica Riemanniana.
Viceversa, lasciamo al lettore di vericare che la (6.12) e la (6.11) deniscono una
connessione sullaperto di M dove sono denite le coordinate x
1
, . . . , x
n
. Ogni punto di
M ha dunque un intorno su cui vi `e una connessione simmetrica e compatibile con la
metrica. Il fatto, appena dimostrato, che una connessione con queste caratteristiche, se
esiste, `e unica, mostra che queste connessionioni si incollano e danno una connessione
simmetrica e compatibile con la metrica su tutto M. Abbiamo dunque dimostrato il
seguente risultato.
Proposizione (6.13). Sia M una variet` a Riemanniana. Su M vi `e una e una sola
connessione D tale che, per ogni vettore tangente X e ogni coppia di campi di vettori
Y e Z si abbia
XY, Z = D
X
Y, Z +Y, D
X
Z ,
D
Y
Z D
Z
Y = [Y, Z] .
La connessione la cui esistenza `e asserita da (6.13) `e detta connessione Riemanniana (o
connessione metrica) su M. Dora in poi, quando parleremo di una connessione su una
variet` a Riemanniana, intenderemo sempre la connessione metrica, salvo esplicito avviso
contrario. Segue da (6.13) che loperatore denito allinizio del capitolo non `e altro
che la connessione Riemanniana su R
3
, munito della metrica euclidea. Segue da (6.13) e
dalle (6.4) e (6.5) che, data una supercie S in R
3
, loperatore D denito dalla formula
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
6. Le equazioni fondamentali della teoria delle supercie 67
(6.2) `e la connessione Riemanniana su S, quando si prenda come metrica Riemanniana
su S quella indotta dalla metrica euclidea di R
3
.
Alla luce della proposizione (6.13), il Theorema Egregium aerma, in particolare,
che la curvatura Gaussiana di una supercie `e completamente nota una volta che sia
nota la prima forma fondamentale della supercie stessa. Pi` u esattamente, segue dal
Theorema Egregium e dalle formule esplicite (6.12) che la curvatura Gaussiana `e una
funzione razionale degli elementi della matrice (g
ij
) e delle loro derivate prime e seconde.
Da un altro punto di vista, il Theorema Egregium pu` o essere preso come denizione
della curvatura Gaussiana di una supercie munita di una metrica Riemanniana, anche
quando questa non sia data come sottovariet` a di R
3
.
Sia M una variet` a Riemanniana. Il tensore di curvatura di Riemann (o, pi` u
brevemente tensore di Riemann) di M `e il tensore di curvatura della connessione
Riemanniana su M. Il tensore di Riemann gode delle seguenti propriet` a di simmetria.
Proposizione (6.14) (Simmetrie del tensore di curvatura di Riemann). Siano
X, Y , Z e W campi di vettori sulla variet` a Riemanniana M. Allora
R(X, Y )Z +R(Y, X)Z = 0 , a)
R(X, Y )Z, W +R(X, Y )W, Z = 0 , b)
R(X, Y )Z +R(Y, Z)X +R(Z, X)Y = 0 , c)
R(X, Y )Z, W = R(Z, W)X, Y . d)
Si `e gi`a osservato che a) `e vericata. Dato che il valore di R(X, Y )Z in un punto dipende
solo dal valore di X, Y e Z nel punto stesso, per dimostrare le altre identit` a possiamo
supporre che tutte le parentesi di Lie tra X, Y , Z e W siano nulle. Dimostriamo c).
R(X, Y )Z +R(Y, Z)X +R(Z, X)Y
= D
X
D
Y
Z D
Y
D
X
Z +D
Y
D
Z
X D
Z
D
Y
X +D
Z
D
X
Y D
X
D
Z
Y
= D
X
(D
Y
Z D
Z
Y ) D
Y
(D
X
Z D
Z
X) +D
Z
(D
X
Y D
Y
X)
= D
X
[Y, Z] D
Y
[X, Z] +D
Z
[X, Y ]
= 0 .
Dimostriamo ora b); `e chiaro che basta mostrare che R(X, Y )Z, Z = 0.
R(X, Y )Z, Z = D
X
D
Y
Z, Z D
Y
D
X
Z, Z
= XD
Y
Z, Z D
Y
Z, D
X
Z Y D
X
Z, Z +D
X
Z, D
Y
Z
=
1
2
XY Z, Z
1
2
Y XZ, Z
=
1
2
[X, Y ] Z, Z
= 0 .
Passiamo ora a d). Valgono le seguenti identit` a
R(X, Y )Z, W +R(Y, Z)X, W +R(Z, X)Y, W = 0 ,
R(X, Y )Z, W +R(Y, W)Z, X +R(X, W)Y, Z = 0 ,
R(Y, W)Z, X +R(Y, Z)X, W +R(Z, W)X, Y = 0 ,
R(X, W)Y, Z +R(Z, X)Y, W +R(Z, W)X, Y = 0 .
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
68 Note di Geometria Dierenziale
La prima tra queste non `e altro che la c). Le altre si riducono anchesse alla c) per
mezzo della a) e della b). Per esempio, la seconda identit` a segue da
R(X, W)Y +R(W, Y )X +R(Y, X)W = 0
se si tiene conto del fatto che R(Y, W)Z, X = R(W, Y )X, Z e R(X, Y )Z, W =
R(Y, X)W, Z. Sommando le prime due identit` a e sottraendo dal risultato le ultime due
si ottiene
2 R(X, Y )Z, W 2 R(Z, W)X, Y = 0 ,
come si voleva.
Sulla variet` a Riemanniana M ssiamo un sistema di coordinate locali x
1
, . . . , x
n
e
deniamo i simboli di Riemann R
k
ijh
tramite la formula
R
_

x
i
,

x
j
_

x
h
=

k
R
k
ijh

x
k
.
Porremo anche
R
ijhk
=

l
g
kl
R
l
ijh
.
Si ha
R
_

x
i
,

x
j
_

x
h
= D
x
i
_

l
jh

x
l
_
D
x
j
_

l
ih

x
l
_
=

l
jh
x
i

x
l

l
ih
x
j

x
l
+

l
jh

r
il

x
r

l
ih

r
jl

x
r
,
e quindi
(6.15) R
k
ijh
=

k
jh
x
i


k
ih
x
j

l
_

l
ih

k
lj

l
jh

k
li
_
.
Esempio (6.16). Calcoliamo il tensore di Riemann per una metrica che sia conforme a
quella euclidea di R
n
, per una metrica cio`e che, in opportune coordinate x
1
, . . . , x
n
, sia
della forma g
ij
= f
ij
, dove f `e una funzione liscia. La formula (6.12) d` a

k
jh
=
1
2f

kl
_
f
x
j

hl
+
f
x
h

jl

f
x
l

jh
_
=
1
2
_

hk
log f
x
j
+
jk
log f
x
h

jh
log f
x
k
_
.
Dopo conti abbastanza dolorosi, che non riproduciamo, la (6.15) d` a
4R
k
ijh
=
jk
_
2

2
log f
x
i
x
h

log f
x
i
log f
x
h
_

jh
_
2

2
log f
x
i
x
k

log f
x
i
log f
x
k
_

ik
_
2

2
log f
x
j
x
h

log f
x
j
log f
x
h
_
+
ih
_
2

2
log f
x
j
x
k

log f
x
j
log f
x
k
_
+ (
ih

jk

jh

ik
)

l
_
log f
x
l
_
2
.
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
6. Le equazioni fondamentali della teoria delle supercie 69
Esempio (6.17) (Il disco di Poincar

e). Specializziamo al caso bidimensionale le


considerazioni svolte nellesempio precedente, di cui conserviamo le notazioni. Per il
Theorema Egregium la curvatura Gaussiana `e
K =
R
1221
det(g
ij
)
=
1
f
R
1
122
.
Daltra parte, i calcoli svolti nellesempio (6.16) mostrano che
R
1
122
=
1
2
_

2
log f
x
2
1
+

2
log f
x
2
2
_
=
1
2
(log f) ,
dove `e loperatore di Laplace. Dunque la curvatura Gaussiana `e
(6.18) K =
1
2f
(log f) .
Consideriamo ora il caso particolare del disco di Poincare, cio`e del disco unitario B in
R
2
, munito della metrica
g
ij
=
4
(1 x
2
)
2

ij
,
dove x = (x
1
, x
2
). Si ha

_
log
_
4
(1 x
2
)
2
__
= 2
_
log
_
1
1 x
2
__
= 2

x
i
_
(1 x
2
)

x
i
_
1
1 x
2
__
= 2

x
i
_
2x
i
1 x
2
_
=
8
1 x
2
+

i
8x
2
i
(1 x
2
)
2
=
8
(1 x
2
)
2
.
La formula (6.18) d` a quindi
K = 1 .
Pi` u in generale, gli stessi calcoli mostrano che la metrica
g
ij
=
4
c (1 x
2
)
2

ij
su B ha curvatura Gaussiana costante pari a c.
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
70 Note di Geometria Dierenziale
Gli esempi precedenti, e in particolare (6.16), mostrano che i calcoli necessari per
trovare la curvatura Gaussiana, o pi` u in generale il tensore di Riemann, di una variet` a
Riemanniana possono essere abbastanza pesanti. A volte pu` o essere di aiuto il seguente
risultato.
Lemma (6.19). Sia M una variet` a Riemanniana di dimensione n, e sia p un suo punto.
Esistono coordinate locali u
1
, . . . , u
n
centrate in p rispetto alle quali la prima forma
fondamentale `e data da
g
ij
=
_

u
i
,

u
j
_
=
ij
+
ij
,
dove le funzioni
ij
e le loro derivate prime si annullano nel punto p.
`
E chiaro che si possono trovare coordinate x
1
, . . . , x
n
centrate in p rispetto alle quali la
prima forma fondamentale sia data da una matrice (h
ij
) con h
ij
(0) =
ij
. Ci` o che non
`e a priori evidente `e che si pu`o fare in modo che anche le derivate prime delle h
ij
si
annullino per x
1
= = x
n
= 0. Sceglieremo coordinate u
1
, . . . , u
n
legate alle x
1
, . . . , x
n
da relazioni della forma
x
i
= u
i
+f
i
(u
1
, . . . , u
n
) , i = 1, . . . , n,
dove le f
i
sono polinomi omogenei di secondo grado da determinarsi. Si ha allora

u
i
=

j
_

ij
+
f
j
u
i
_

x
j
.
Scriviamo
h
ij
=
ij
+
ij
(x
1
, . . . , x
n
) +O(2) =
ij
+
ij
(u
1
, . . . , u
n
) +O(2) ,
dove le
ij
sono funzioni lineari e O(2) sta per innitesimi di ordine superiore al primo;
si noti che
ij
=
ji
. Allora
g
ij
=

k
_

ik
+
f
k
u
i
_

m
_

jm
+
f
m
u
j
_
(
km
+
km
(u
1
, . . . , u
n
) +O(2))
=

k,m
_

ik

jm

km
+
ik

jm

km
(u
1
, . . . , u
n
) +
ik
f
m
u
j

km
+
f
k
u
i

jm

km
_
+O(2)
=
ij
+
ij
(u
1
, . . . , u
n
) +
f
i
u
j
+
f
j
u
i
+O(2) .
Bisogna dunque mostrare che si possono scegliere le f
i
in modo che

ij
(u
1
, . . . , u
n
) +
f
i
u
j
+
f
j
u
i
= 0
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
6. Le equazioni fondamentali della teoria delle supercie 71
per ogni scelta di i e j. In altre parole bisogna dimostrare la suriettivit` a dellapplicazione
lineare T dallo spazio delle n-uple di polinomi quadratici omogenei a quello delle matrici
simmetriche di funzioni lineari che associa ad ogni n-upla (f
1
, . . . , f
n
) la matrice

ij
=
f
i
u
j
+
f
j
u
i
.
Notiamo che entrambi gli spazi vettoriali in gioco hanno dimensione n(n
2
+n)/2. Basta
quindi mostrare che T `e iniettiva, cio`e che, se
(6.20)
f
i
u
j
+
f
j
u
i
= 0 per ogni i e ogni j,
allora tutti gli f
h
sono nulli. Per farlo basta osservare che dalla (6.20) segue che, per
ogni terna i, j, h di indici,

2
f
h
u
i
u
j
=

2
f
j
u
i
u
h
=

2
f
i
u
j
u
h
=

2
f
h
u
i
u
j
,
e quindi che tutte le derivate seconde di ogni f
h
sono identicamente nulle. Ci` o conclude
la dimostrazione di (6.19).
Consideriamo ora una delle possibili generalizzazioni del concetto di curvatura
Gaussiana a variet` a Riemanniane di dimensione superiore a 2, e cio`e la nozione di
curvatura sezionale. Sia M una variet` a Riemanniana di dimensione n 2. Dato un
punto p M e un sottospazio bidimensionale di T
p
M, la curvatura sezionale di M
lungo `e denita come
K() =
R(X
1
, X
2
)X
2
, X
1

X
1

2
X
2

2
X
1
, X
2

2
,
dove {X
1
, X
2
} `e una base di . In particolare, quando M `e una supercie, K() non
`e altro che la curvatura Gaussiana di M. Naturalmente bisogna dimostrare che K() `e
indipendente dalla scelta di una base per . Sia {Y
1
, Y
2
} unaltra base, scriviamo
Y
i
=

j
a
ij
X
j
,
e indichiamo con A la matrice (a
ij
). Allora
Y
1

2
Y
2

2
Y
1
, Y
2

2
= (det A)
2
_
X
1

2
X
2

2
X
1
, X
2

2
_
,
mentre
R(Y
1
, Y
2
)Y
2
, Y
1
=

i
1
,i
2
,j
1
,j
2
a
1i
1
a
2i
2
a
1j
1
a
2j
2
R(X
i
1
, X
i
2
)X
j
2
, X
j
1
.
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
72 Note di Geometria Dierenziale
Daltra parte, visto che R(X, Y )Z, W `e antisimmetrico nelle prime due variabili e nelle
ultime due variabili, si ha
R(Y
1
, Y
2
)Y
2
, Y
1
=

i,j
Sgn(i)Sgn(j)a
1i
1
a
2i
2
a
1j
1
a
2j
2
R(X
1
, X
2
)X
2
, X
1
,
dove Sgn(i) `e il segno di i se i `e una permutazione e vale zero se i
1
= i
2
. In denitiva
R(Y
1
, Y
2
)Y
2
, Y
1
= (det A)
2
R(X
1
, X
2
)X
2
, X
1
,
e quindi
R(X
1
, X
2
)X
2
, X
1

X
1

2
X
2

2
X
1
, X
2

2
=
R(Y
1
, Y
2
)Y
2
, Y
1

Y
1

2
Y
2

2
Y
1
, Y
2

2
.
Esempio (6.21) (Le sfere). Consideriamo la sfera unitaria S
n
R
n+1
. La metrica
euclidea su R
n+1
induce su S
n
una metrica Riemanniana. Dico che questa metrica ha
curvatura sezionale costante e uguale a 1. Daremo due schizzi di dimostrazione di questa
aermazione. La prima dimostrazione `e di natura computazionale. Adottiamo le notazioni
dellesempio (4.2). Calcoliamo esplicitamente la metrica di S
n
nelle coordinate
1
, . . . ,
n
date dalla proiezione stereograca
p
. Si calcola facilmente che, se v = (v
1
, . . . , v
n
) `e un
vettore tangente a R
n
in un punto , allora v = d(
p
)(X), dove
X =
1
(
2
+ 1)
2
(4 , v , 2
2
v 4 , v + 2v) .
In altri termini, questo X `e il vettore tangente

v
i

i
, o, pi` u esattamente,
X = dj(

v
i

i
), dove j : S
n
R
n+1
`e linclusione. Ne segue che, se

w
i

i
`e
un altro vettore tangente a S
n
nel punto di coordinate , e poniamo w = (w
1
, . . . , w
n
),
il prodotto scalare di

v
i

i
e

w
i

i
risulta uguale al prodotto scalare euclideo di
X e di
Y =
1
(
2
+ 1)
2
(4 , w , 2
2
w 4 , w + 2w) ,
cio`e a
4 v, w
(1 +
2
)
2
.
Dunque, nelle coordinate , la metrica di S
n
`e della forma
g
ij
=
4
ij
(1 +
2
)
2
.
La curvatura sezionale di questa metrica si pu` o ora calcolare usando le formule ricavate
nellesempio (6.16). I calcoli risultano particolarmente semplici se si nota che ci si pu` o
limitare a fare il calcolo per = 0. In eetti, dato che il nostro problema `e quello di
calcolare le curvature sezionali in un punto di S
n
, si pu` o supporre n dallinizio, dopo
un opportuno cambiamento di coordinate, che il punto in questione sia il polo sud
(0, 1).
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
6. Le equazioni fondamentali della teoria delle supercie 73
La seconda dimostrazione del fatto che la curvatura sezionale di S
n
`e 1 `e di
natura pi` u concettuale e si basa sul fatto che S
n
`e una ipersupercie in R
n+1
, cio`e una
sottovariet` a dierenziabile di R
n+1
di dimensione n. In generale, se V `e una ipersupercie
in R
n+1
, nellintorno di ogni punto di V `e determinato, a meno del segno, un campo N
di vettori unitari normali a V . Esattamente come per le supercie in R
3
si pu` o denire
una applicazione di Weingarten LX =
X
N, dove `e la connessione metrica su R
n+1
con la metrica euclidea. Esattamente come per le supercie in R
3
, la connessione metrica
su V , rispetto alla metrica indotta da quella euclidea su R
n+1
, `e data dalla equazione
di Gauss (6.3), mentre il tensore di Riemann `e dato dalla equazione (6.7). La stessa
dimostrazione che nel caso n = 2 d` a il Theorema Egregium dice in questo caso che, se
`e il piano in T
p
M generato da due vettori X e Y , allora la curvatura sezionale lungo
vale
(6.22) K() =
LX, X LY, Y LX, Y
2
X
2
Y
2
X, Y
2
.
Nel caso particolare in cui V = S
n
, per ogni punto p S
n
si ha che N
p
= p. Se
scegliamo N
p
= p, ne ricaviamo che lapplicazione di Weingarten `e lidentit` a, e la (6.22)
d` a K() 1.
Esempio (6.23) (Le pseudosfere). Consideriamo R
n+1
come linsieme delle coppie
(x, y), dove y = (y
1
, . . . , y
n
) `e un punto di R
n
. Indicheremo con , sia il prodotto
scalare euclideo su R
n
che il prodotto scalare Lorentziano
(x, y), (x

, y

) = y, y

xx

su R
n+1
. Indichiamo con M linsieme dei punti = (x, y) R
n+1
tali che
(6.24) , = 1 , x > 0 .
Osserviamo che M `e una sottovariet` a dierenziabile di R
n+1
. Infatti le derivate parziali
dellequazione che denisce M si annullano tutte solo nellorigine di R
n+1
, che non
appartiene a M. Se poi (t) `e un cammino su M, derivando la (6.24) si vede che
,

(0) = 0, dove = (0). Dunque


T

M = {u R
n+1
| , u = 0} .
Notiamo che, se u = (v, w) T

M e = (x, y), usando la disuguaglianza di Schwarz si


ottiene
x
2
v
2
= y, w
2
y
2
w
2
= x
2
w
2
w
2
.
Dato che x
2
= 1 +y
2
1, se ne ricava che
u
2
= w
2
v
2

w
2
x
2
.
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
74 Note di Geometria Dierenziale
Daltra parte, se w = 0 allora xv = 0, quindi v = 0 e u = 0; in denitiva, il prodotto
scalare su R
n+1
induce un prodotto scalare denito positivo su tutti gli spazi tangenti
a M, cio`e una metrica Riemanniana su M. Dico che la curvatura sezionale di questa
metrica `e costante e pari a 1. La dimostrazione, salvo alcuni cambiamenti di segno,
`e formalmente la stessa fatta per mostrare che la curvatura sezionale di S
n
`e 1. Dato
M, un vettore normale a M in , cio`e un vettore N

tale che N

, u = 0 per
ogni vettore u tangente a M in , `e stesso. Dunque lapplicazione di Weingarten
Lu =
u
N `e lidentit` a. La connessione metrica su M `e data da un analogo della
equazione di Gauss, che dierisce da quella ordinaria solo per un segno, e cio`e da
D
X
Y =
X
Y LX, Y N .
La dierenza di segno `e dovuta al fatto che N
2
vale 1 e non 1. Vale un analogo
della (6.7) e cio`e
R(X, Y )Z = LX, Z LY LY, Z LX .
Anche questa formula dierisce dalla (6.7) per un segno; ci` o dipende dal cambiamento
di segno nella equazione di Gauss. Dunque, se `e un piano in T

M e X e Y ne sono
una base, si ha
K() =
LX, Y LY LY, Y LX, X
X, X Y, Y X, Y
2
=
X, Y Y, X X, X Y, Y
X, X Y, Y X, Y
2
= 1 .
Si pu` o dare una descrizione alternativa della variet` a Riemanniana M. Indichiamo con
la proiezione stereograca di M dal punto (1, 0) sulliperpiano di equazione x = 0, che
identichiamo a R
n
nel modo ovvio. Se (x, y) `e un punto di M, lequazione parametrica
della retta per (1, 0) e (x, y) `e (t(x + 1) 1, ty), e il punto di intersezione di questa
retta con liperpiano x = 0 `e il punto
_
0,
y
x+1
_
. Dunque
(x, y) =
y
x + 1
.
Notiamo che `e un dieomorsmo di M sulla palla unitaria in R
n
, che indichiamo con
B. Infatti, se (x, y) M,
_
_
_
_
y
x + 1
_
_
_
_
2
=
x
2
1
(x + 1)
2
=
x 1
x + 1
,
che `e minore di 1 dato che x > 0. Daltra parte una inversa di : M B `e

1
() =
_
1 +
2
1
2
,
2
1
2
_
.
La metrica Riemanniana su M pu` o essere trapiantata su B tramite . La metrica
che ne risulta su B `e
g
ij
=
4
ij
(1
2
)
2
.
I calcoli per mostrarlo sono, tranne qualche cambiamento di segno, come gli analoghi
calcoli per S
n
.
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
6. Le equazioni fondamentali della teoria delle supercie 75
Esercizi
6.1) Calcolare i simboli di Christoel per le coordinate polari nel piano.
6.2) Sia S una supercie. Si supponga che vi siano su S due campi di vettori X e Y
linearmente indipendenti e tali che
[X, Y ] = D
Y
D
X
X = 0 .
Si mostri che S ha curvatura Gaussiana nulla se e solo se D
X
D
X
Y, Y = 0.
6.3) Calcolare i simboli di Christoel per una supercie di rotazione:
x = ucos v, y = usinv, z = h(u).
6.4) Sia X il disco di Poincare. Si descriva il luogo di tutti i punti di X che hanno
distanza 1 (nella metrica di Poincare) dal punto 1/2.
6.5) Sia M una variet` a dierenziabile di dimensione 2 con metrica Riemanniana , ,
e si consideri la nuova metrica
< , >= f , ,
dove f `e una funzione C

positiva. Si calcolino i simboli di Christoel e la


curvatura Gaussiana di < , > in funzione di quelli di , , di f e delle sue
derivate.
6.6) Sia (x, y, z) = F(u, v) la rappresentazione parametrica di una supercie S in R
3
.
Si supponga che il campo F/u di vettori tangenti a S sia parallelo (cio`e che
D
X
(F/u) sia nullo per ogni vettore X tangente a S). Si mostri che la curvatura
di S `e identicamente nulla.
6.7) Siano u
1
e u
2
coordinate locali su una supercie M in R
3
. Si supponga che, in
queste coordinate, la prima forma fondamentale sia data da
g
11
= 1, g
22
=
2
, g
12
= 0.
Si mostri che la curvatura Gaussiana di M `e

u
2
1
.
6.8) Si trovino tutte le metriche Riemanniane su un intorno dellorigine in R
2
che siano
della forma
g
11
= 1 , g
12
= 0 , g
22
=
2
e abbiano curvatura 1. (Suggerimento: mostrare che la curvatura vale
1

u
1
2
)
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
76 Note di Geometria Dierenziale
6.9) Sia M una variet` a Riemanniana bidimensionale, e sia p un suo punto. Siano r e
coordinate polari geodetiche su M centrate in p; in altre parole, per r piccolo
il punto di coordinate (r, ) `e exp
p
(cos()v
1
+ sin()v
2
), dove v
1
, v
2
`e una base
ortonormale dello spazio tangente a M nel punto p. Supponiamo che la curvatura
Gaussiana di M vicino al punto p sia
K =
6
1 +r
2
.
Per ogni numero reale sucientemente piccolo c si calcoli la lunghezza della curva
chiusa
c
di equazione r = c.
6.10) Sia S R
3
una supercie con coordinate locali x
1
, x
2
rispetto alle quali la prima
forma fondamentale abbia le propriet` a che g
22
non dipende da x
2
e che
g
22
x
1
= 2
g
12
x
2
.
Mostrare che le curve x
1
= costante, x
2
= t sono geodetiche su S.
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
7. Supercie di curvatura costante
Siano M una variet` a Riemanniana di dimensione n e p un suo punto. Se U `e un intorno
sucientemente piccolo di p esistono su U campi di vettori ortonormali X
1
, . . . , X
n
,
tali cio`e che X
i
, X
j
=
ij
. Per vederlo, basta considerare campi di vettori Y
1
, . . . , Y
n
su un intorno di p che siano ovunque indipendenti e applicare loro il processo di
ortonormalizzazione di Gram-Schmid. Basta porre cio`e
X
1
=
Y
1
Y
1

2
= Y
2
Y
2
, X
1
X
1
X
2
=

2

. . .

h
= Y
h

h1

i=1
Y
h
, X
i
X
i
X
h
=

h

. . .
Diremo che X
1
, . . . , X
n
`e un riferimento ortonormale per TM. Scriviamo
D
X
i
X
j
=

a
h
ij
X
h
.
Dierenziando le relazioni di ortogonalit` a tra gli X
i
si ottiene
0 = X
k
(X
i
, X
j
)
= D
X
k
X
i
, X
j
+X
i
, D
X
k
X
j

h
a
h
ki
X
h
, X
j
+

h
a
h
kj
X
i
, X
h

= a
j
ki
+a
i
kj
.
Consideriamo il caso particolare in cui M `e una supercie. In questo caso poniamo
X = X
1
e Y = X
2
. I soli coecienti a
k
ij
che non siano nulli sono a
2
11
= a
1
12
, che
indicheremo con f, e a
1
22
= a
2
21
, che indicheremo con g. Si ha dunque
(7.1) D
X
X = fY , D
Y
Y = gX , D
X
Y = fX , D
Y
X = gY .
Notiamo che
(7.2) [X, Y ] = D
X
Y D
Y
X = gY fX .
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
78 Note di Geometria Dierenziale
Dunque la curvatura Gaussiana di M `e
(7.3)
K =

D
X
D
Y
Y D
Y
D
X
Y D
[X,Y ]
Y, X
_
= D
X
(gX) +D
Y
(fX) +fD
X
Y gD
Y
Y, X
=

X(g)X +gD
X
X +Y (f)X +fD
Y
X f
2
X g
2
X, X
_
= Y (f) +X(g) f
2
g
2
.
Supponiamo ora che M sia una supercie in R
3
. Sia N un campo di vettori unitari
normali a M su un aperto U. Per ogni p U siano h(p) k(p) le corrispondenti
curvature principali. Se indichiamo con K e con H le curvature Gaussiana e media, h
e k sono le radici del polinomio
X
2
HX +K ,
e quindi
h =
H +

H
2
4K
2
,
k =
H

H
2
4K
2
.
Dato che H e K sono funzioni lisce su U, queste formule mostrano che h e k sono
funzioni continue su U, lisce nei punti non ombelicali. In particolare ne segue che
linsieme dei punti ombelicali `e chiuso in M. Sia p un punto non ombelicale. Vogliamo
mostrare che su un intorno di p vi `e un riferimento ortonormale X, Y tale che
LX = hX , LY = kY .
Su un intorno di p scegliamo due campi di vettori indipendenti Z e W. Scriviamo
LZ = aZ +bW , LW = cZ +dW ,
dove a, b, c e d sono funzioni lisce. Osserviamo che
H = a +d = h +k , K = ad bc = hk .
Possiamo supporre che b(p) = 0. Infatti, se b(p) = 0 ma c(p) = 0 possiamo scambiare Z
con W. Se invece b(p) = c(p) = 0 possiamo sostituire Z con Z +W; si ha infatti
L(Z +W) = aZ +dW = a(Z +W) + (d a)W
e d(p) a(p) = 0 perch`e in questo caso a(p) e d(p) sono le due curvature principali nel
punto p. Poniamo ora
X

= (h d)Z +bW .
Notiamo che X

non si annulla su un intorno di p dato che b(p) = 0 e che


L(X

) = (h d)(aZ +bW) +b(cZ +dW)


= h(aZ +bW) KZ
= h(aZ +bW) hkZ
= hX

Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000


7. Supercie di curvatura costante 79
dato che a k = h d. Se ora poniamo
Y

= bZ + (d h)W ,
allora Y

non si annulla su un intorno di p ed `e ortogonale a X

; dunque
L(Y

) = kY

.
Il riferimento ortonormale cercato `e quindi
X =
X

, Y =
Y

.
Applichiamo la formula (7.3) per calcolare la curvatura di M. Dobbiamo innanzitutto
valutare f e g. Usando le (7.1) e (7.2), lequazione di Codazzi-Mainardi d` a
0 = D
X
LY D
Y
LX L[X, Y ]
= D
X
(kY ) D
Y
(hX) +L(fX gY )
= X(k)Y fkX Y (h)X +ghY +fhX gkY ,
cio`e
0 = Y (h) +fk fh = X(k) +gh gk .
Dunque
(7.4) f =
Y (h)
h k
, g =
X(k)
h k
.
La (7.3) ora d` a
(7.5)
K = Y
_
Y (h)
h k
_
+X
_
X(k)
h k
_

Y (h)
2
+X(k)
2
(h k)
2
=
Y
2
(h)
h k

X
2
(k)
h k
+
X(k)X(h k)
(h k)
2

Y (h)Y (h k)
(h k)
2

Y (h)
2
+X(k)
2
(h k)
2
=
Y
2
(h) X
2
(k)
h k
+
X(k)X(h 2k) +Y (h)Y (k 2h)
(h k)
2
.
Useremo la (7.5) per studiare la struttura delle supercie di curvatura Gaussiana costante.
Il primo risultato `e il seguente.
Teorema (7.6) (Liebmann). Sia M una supercie chiusa e connessa in R
3
di curvatura
costante K > 0. Allora M `e una sfera di raggio 1/

K.
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
80 Note di Geometria Dierenziale
Per ora dimostreremo il teorema sotto lipotesi aggiuntiva che M sia compatta. Questa
ipotesi verr` a rimossa nel capitolo ?? quando vedremo che una supercie in R
3
che sia
chiusa e connessa e abbia curvatura limitata inferiormente da una costante positiva `e
necessariamente compatta.
Iniziamo con una considerazione di carattere generale che ci sar` a utile anche in
seguito. Sia T una supercie in R
3
, non necessariamente chiusa. Supponiamo che la
curvatura Gaussiana di T sia ovunque non negativa e che T non contenga punti planari,
punti cio`e dove entrambe le curvature principali si annullano. Allora esiste un campo
liscio N di vettori normali unitari su tutta la supercie T. Sappiamo infatti che su ogni
disco coordinato U esiste un campo liscio di vettori normali unitari N
U
, e che inoltre
N
U
`e univocamente determinato a meno del segno. Dato che la curvatura Gaussiana di
T `e non negativa, le curvature principali hanno lo stesso segno; inoltre, dato che su T
non vi sono punti planari, esse non possono cambiare segno su U. Salvo rimpiazzare N
U
con N
U
, se necessario, possiamo dunque supporre che la curvatura media sia positiva
su ogni U. Ne segue che, dati due dischi coordinati U e V , i campi di vettori normali
N
U
e N
V
coincidono su U V . Dunque i campi N
U
si incollano tra loro e deniscono
il campo N cercato su tutta T. Notiamo anche che le curvature principali relative al
campo N che abbiamo costruito risultano ovunque non negative.
Torniamo alla supercie M. Sia N un campo di vettori normali unitari su M,
e siano h e k, h k, le corrispondenti curvature principali. Come abbiamo appena
osservato, possiamo supporre che h e k siano positive. Dato che M `e compatta, vi `e un
punto p di M in cui h raggiunge il suo massimo e quindi, dato che K = hk `e supposta
costante e positiva, k raggiunge il suo minimo. Vogliamo mostrare che p `e un punto
ombelicale. Dato che per ogni punto q di M si ha
h(p) h(q) k(q) k(p) ,
ci`o implica che ogni punto di M `e ombelicale. Ragioniamo per assurdo, supponendo che
p non sia ombelicale. Se questo `e vero h e k sono lisce su un intorno di p; inoltre
nel punto p le derivate prime di h e k si annullano, le derivate seconde di h sono non
positive e quelle di k non negative. Dunque la (7.5) d` a
K =
Y
2
(h) X
2
(k)
h k
0 ,
contro lipotesi. Abbiamo mostrato che ogni punto di M `e ombelicale. Il teorema ora
segue dal seguente risultato.
Lemma (7.7). Sia T una supercie connessa in R
3
di curvatura costante positiva K.
Supponiamo che ogni punto di T sia ombelicale. Allora T `e un aperto di una sfera di
raggio 1/

K.
In eetti il lemma implica che la nostra supercie M `e contenuta in una sfera S di raggio
1/

K. Daltra parte, per ipotesi, M `e un chiuso in R


3
, e poiche S `e connessa deve
coincidere con S. Resta da dimostrare il lemma. Le ipotesi implicano che lapplicazione
di Weingarten di T `e data da LX = hX, dove h =

K `e costante. Consideriamo ora
lapplicazione
F : T R
3
, F(p) = p
1
h
N
p
.
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
7. Supercie di curvatura costante 81
Vogliamo mostrare che vi `e un vettore F
0
R
3
tale che F(p) = F
0
per ogni p, cio`e
che tutti i punti di T giacciono sulla sfera S di raggio
1
h
e centro F
0
. Dato che T `e
connessa basta mostrare che le derivate di F sono ovunque nulle. In eetti, se X `e un
vettore tangente a T,
X(F) = X
1
h
LX = 0 .
Abbiamo dunque dimostrato che T `e contenuta nella sfera S. Dato che T e S sono variet` a
dierenziabili della stessa dimensione, T deve essere un aperto di S. La dimostrazione
di (7.7), e quindi del teorema (7.6), `e conclusa.
Il lemma (7.7) serve anche a dimostrare il seguente risultato.
Proposizione (7.8). Sia M una supercie connessa in R
3
. Supponiamo che ogni punto
di M sia ombelicale. Allora M `e un aperto di una sfera o di un piano.
La curvatura Gaussiana di M deve essere positiva o nulla. Mostriamo che essa `e costante.
Si ha LX = hX, dove h
2
`e la curvatura Gaussiana. Vogliamo mostrare che h `e costante.
Se h `e identicamente nulla, non vi `e nulla da dimostrare; altrimenti baster` a mostrare
che le derivate di h sono nulle in ogni punto p in cui h non `e nulla (osserviamo che in
un tale punto h `e liscia). Se X e Y sono campi di vettori indipendenti su un intorno
di p, lequazione di Codazzi-Mainardi dice che
0 = D
X
LY D
Y
LX L[X, Y ]
= X(h)Y +hD
X
Y Y (h)X hD
Y
X h[X, Y ]
= X(h)Y Y (h)X +h(D
X
Y D
Y
X [X, Y ])
= X(h)Y Y (h)X ,
e quindi in particolare che X(h) = 0. Dato che X `e del tutto arbitrario questo mostra
che h `e costante. Se la curvatura di M `e positiva sono dunque vericate le ipotesi del
lemma (7.7) e quindi M `e un aperto di una sfera. Supponiamo invece che la curvatura
di M sia identicamente nulla, cio`e che h sia identicamente nulla. Questo signica che
lapplicazione di Weingarten di M `e nulla, e quindi che lapplicazione da M in P
2
(R)
che associa a ogni punto p di M la retta generata da un vettore normale a M in p `e
localmente costante, e dunque costante dato che M `e connessa; in altri termini, vi `e un
vettore unitario N che `e ortogonale a T
p
M per ogni p. Se p `e un qualsiasi punto di
M, ne segue che M `e contenuta nel piano di equazione P() = 0, dove
P() = N, N, p .
Infatti, se X `e un vettore tangente a M,
X
_
P
|M
_
= N, X = 0 ,
quindi P
|M
`e localmente costante su M, dunque costante poiche M `e connesso, quindi
nulla dato che si annulla in p. Abbiamo mostrato che M `e contenuta nel piano ; dato
che e M sono variet` a dierenziabili della stessa dimensione, M `e un aperto di .
Questo conclude la dimostrazione di (7.8).
Ora che abbiamo chiarito quale sia la natura delle supercie in R
3
di curvatura
costante positiva, passiamo a quelle di curvatura costante negativa. In questo caso la
risposta `e ancora pi` u semplice: non ce ne sono. Pi` u esattamente, vale il seguente
risultato.
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
82 Note di Geometria Dierenziale
Teorema (7.9) (Hilbert). Sia M una supercie chiusa in R
3
. Allora sup
pM
K(p) 0.
Non dimostreremo questo teorema, ma ci limiteremo a un suo caso estremamente
particolare.
Proposizione (7.10). Sia M una supercie compatta in R
3
. Allora vi `e almeno un
punto in cui la curvatura Gaussiana di M `e strettamente positiva.
Sia r lestremo superiore delle distanze da punti di M allorigine di R
3
; dato che M
`e compatta vi `e un suo punto p la cui distanza dallorigine di R
3
`e esattamente r.
Dimostreremo che K(p)
1
r
2
. Sia (s) un cammino tracciato su M e tale che (0) = p;
supponiamo che s sia il parametro naturale di . La derivata prima rispetto a s di
(s)
2
`e
2
_
d
ds
,
_
.
Per s = 0 questa derivata si deve annullare; ci` o signica che un vettore unitario normale
a M in p = (0) `e
N
p
=
1
r
(0) .
La derivata seconda rispetto a s di (s)
2
`e
2
_
d
2

ds
2
,
_
+ 2
_
_
_
_
d
ds
_
_
_
_
2
= 2
_
d
2

ds
2
,
_
+ 2 .
Per s = 0 questa derivata `e minore o uguale a zero. Dunque
_
d
2

ds
2
(0), (0)
_
+ 1 0 .
Dato che la curvatura normale di in p `e
k
n
=
_
d
2

ds
2
(0), N
p
_
,
la disuguaglianza qui sopra si pu` o riscrivere sotto la forma
k
n

1
r
.
In particolare, se
d
ds
(0) `e una direzione principale di curvatura e k `e la corrispondente
curvatura principale, ne segue che
k = k
n

1
r
.
Quindi K(p)
1
r
2
, come si voleva.
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
7. Supercie di curvatura costante 83
Prima di analizzare la struttura delle supercie di curvatura nulla in R
3
facciamo
una digressione sullintegrazione dei campi vettoriali. Sia M una variet` a dierenziabile;
se (t) `e un cammino liscio su M indicheremo con
d
dt
() il vettore tangente a M nel
punto () determinato dal cammino s (s + ). In altri termini,
d
dt
= d
_

t
_
.
Sia ora X un campo di vettori tangenti a M. Una curva integrale di X `e un cammino
(t) tale che
d
dt
() = X
()
per ogni .
`
E importante notare che, se (t) `e una curva integrale di X, anche (t +c)
lo `e, per ogni costante c. Sia p un punto di M e cerchiamo una curva integrale di
X passante per p; per quanto abbiamo osservato basta cercare una con (0) = p.
In coordinate locali x
1
, . . . , x
n
su un intorno di p la traduzione del problema `e la
seguente. Scriviamo X =

a
i

x
i
e poniamo y
i
= x
i
. Allora quello che si cerca `e
una soluzione del sistema di n equazioni dierenziali ordinarie del primo ordine nelle n
funzioni incognite y
1
, . . . , y
n
dy
i
dt
= a
i
(y
1
, . . . , y
n
) , i = 1, . . . , n,
che soddis le condizioni iniziali
y
i
(0) = x
i
(p) , i = 1, . . . , n.
Il teorema di esistenza e unicit`a per le soluzioni di equazioni dierenziali ordinarie assicura
che una soluzione di questo problema esiste sullintervallo |t| , se `e sucientemente
piccolo, e che inoltre questa soluzione `e unica. In realt` a il teorema aerma molto di
pi` u. In primo luogo, se q `e un punto di M e p varia su un intorno sucientemente
piccolo di q, allora si pu` o scegliere un indipendente da p. In secondo luogo le funzioni
y
i
dipendono in modo liscio da t e dai valori iniziali, e quindi in denitiva da p.
Concludendo, esistono un intorno aperto U di M {0} in M R e una applicazione
liscia : U M tale che
d
dt
(p, ) = X
(p,)
, (p, 0) = p .
Torniamo alle supercie di curvatura Gaussiana costante. Vale il seguente risultato.
Proposizione (7.11) (Massey). Sia M una supercie chiusa e connessa in R
3
di
curvatura Gaussiana identicamente nulla. Allora o M `e un piano oppure per ogni punto
p M passa una e una sola retta l
p
che sia contenuta in M. Inoltre le rette l
p
sono
tutte parallele.
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
84 Note di Geometria Dierenziale
Se ogni punto di M `e ombelicale, M `e un piano per la proposizione (7.8). Supporremo
dora in poi che M contenga punti che non sono ombelicali. Sia p un punto di M e
supponiamo che per p passi un segmento aperto di equazione parametrica t tX +p,
dove X `e un vettore unitario. Dico che LX = 0. Sia infatti N un campo di vettori
unitari normali a M su un intorno di p; allora, considerando X come un campo di
vettori lungo , si ha
0 = X(N, X) = LX, X +N,
X
X = LX, X ,
dato che
X
X = 0. Dunque, se Y `e un vettore unitario tangente a M in p e ortogonale
a X,
LX = aY .
Dato che L `e una applicazione lineare autoaggiunta si deve avere
LY = aX +bY .
Dunque la curvatura Gaussiana di M in p `e a
2
. Ne segue che a = 0, come si voleva.
Indichiamo ora con A linsieme dei punti non ombelicali di M e con B linsieme
dei punti ombelicali. Se p `e un punto di A indichiamo con X e Y due campi di vettori
tangenti unitari e ortogonali fra loro su un intorno di p tali che
LX = 0 , LY = kY .
Segue dalla (7.1) e dalla (7.4) che D
X
X = 0. Dato che LX, X = 0, lequazione di
Gauss implica allora che
X
X = 0; se (t) `e una curva integrale di X questo dice che
d
2

dt
2
= 0, cio`e che `e la rappresentazione parametrica di un segmento. Dunque per ogni
punto non ombelicale di M passa una retta tale che la sua intersezione con M contenga
un segmento contenente p; questa retta `e unica, altrimenti il punto p sarebbe ombelicale.
Indichiamo con l
p
il segmento massimale passante per p e contenuto in M; ovviamente
l
p
`e chiuso e p `e al suo interno. Vogliamo mostrare che l
p
`e una retta. Sia (t) una
rappresentazione parametrica della retta su cui l
p
giace, dove (0) = p e t `e il parametro
naturale. Nei punti non ombelicali di l
p
la (7.5) d` a
(7.12) 0 = K =
X
2
(k)
k
2
X(k)
2
k
2
= kX
2
_
1
k
_
.
Supponiamo che l
p
contenga punti ombelicali, e sia t
0
il valore minimo, in modulo, del
parametro t per cui (t
0
) `e ombelicale. La (7.12) implica che sullintervallo di estremi
0 e t
0
le curvatura media k, come funzione di t, `e della forma
(7.13) k =
1
t +
,
per opportune costanti e . Per la continuit` a di k questa identit` a deve valere anche
in t
0
, e quindi si giunge alla conclusione che (t
0
) non `e ombelicale, contro lipotesi. Se
l
p
non `e una retta, esso ha un estremo q. Per quanto abbiamo appena osservato, q non
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
7. Supercie di curvatura costante 85
`e ombelicale. Dunque per q passa un segmento aperto contenuto in M, che non pu` o
essere allineato con l
p
. Per quanto osservato durante la costruzione di l
p
, questo implica
che q `e ombelicale, una contraddizione. Ora sappiamo che l
p
`e una retta e che nessuno
dei suoi punti `e ombelicale. Inoltre, come abbiamo gi` a osservato, per ogni t R vale la
(7.13). Questo `e possibile solo se = 0, e quindi k `e costante lungo l
p
.
Tenendo conto delle (7.1) e delle (7.4), il fatto che k sia costante lungo le rette
l
p
implica che D
Y
X = 0. Dato che LY, X = 0, ne segue che
Y
X = 0. Questo,
a sua volta, mostra che la direzione di l
p
`e localmente costante, e quindi costante su
ogni componente connessa di A. In altri termini, tutte le rette l
p
, dove p varia su una
componente connessa di A, sono parallele.
Ci proponiamo di mostrare che anche per un punto ombelicale di M passa una e
una sola retta contenuta in M. Per ogni punto q di A indichiamo con (q) la retta
parellela a l
q
passante per lorigine di R
3
; dunque `e una applicazione da A in P
2
(R).
Sia ora p un punto ombelicale di M. Supponiamo che p appartenga alla frontiera di
A. Ci` o signica che vi `e una successione {p
n
} di punti di A che converge a p. Dato
che P
2
(R) `e compatto, salvo passare a una sottosuccessione, possiamo supporre che la
successione {(p
n
)} converga a una retta
0
passante per lorigine; dunque per ogni
punto q di
0
vi sono punti q
n
(p
n
) tali che la succesione {q
n
} converga a q. Ne
segue che la successione dei punti p
n
+q
n
l
p
n
converge a p +q; dato che M `e chiusa
p+q appartiene a M. Si conclude che la retta l
p
= p+
0
`e contenuta in M e passa per
p. Vogliamo mostrare che non vi sono altre rette con questa propriet` a. Ragioniamo per
assurdo e supponiamo che una tale retta, che indichiamo con l, esista. Dato che le rette
l
p
n
convergono a l
p
, se n `e sucientemente grande l
p
n
deve intersecare l in un punto
q. Poiche l
p
n
`e costituita interamente da punti non ombelicali, q non `e ombelicale. Ci`o
`e assurdo dato che si `e gi`a mostrato che per un punto non ombelicale passa una sola
retta contenuta in M. Notiamo inne che ogni punto di l
p
appartiene alla frontiera di
A. Infatti, come si `e osservato, tutti i punti di l
p
appartengono alla chiusura di A;
daltra parte, se un punto q di l
p
appartenesse ad A, se ne concluderebbe che l
p
= l
q
, e
quindi che ogni punto di l
p
, incluso p, appartiene ad A, una contraddizione.
Quanto abbiamo appena osservato mostra che la frontiera di A, che `e uguale alla
frontiera di B, `e una unione di rette a due a due disgiunte. Sia ora B

una componente
connessa della parte interna di B. Dato che ogni punto di B

`e ombelicale e M ha
curvatura Gaussiana nulla, la proposizione (7.8) implica che B

`e un aperto in un piano.
Per quanto si `e appena osservato sulla struttura della frontiera di B, la frontiera di
B

pu` o essere costituita o da una sola retta, o da due rette parallele. Nel primo caso
B

`e un semipiano, nel secondo `e una striscia. In ogni caso, per ogni punto p di B

passa una e una sola retta l


p
contenuta in B

. Nessuna altra retta l passante per p `e


contenuta in M. Infatti, se l `e contenuta nel piano di B

essa deve incontrare le rette


che costituiscono la frontiera di B

; dato che per un punto della frontiera di B

passa
una sola retta contenuta in M, la retta l non pu` o essere contenuta in M.
Abbiamo mostrato che per ogni punto p di M passa una e una sola retta l
p
contenuta in M. Come abbiamo gi` a fatto, indichiamo con (p) la retta parallela a l
p
e passante per lorigine. Sappiamo gi` a che lapplicazione : M P
2
(R) `e localmente
costante sia su A che sulla parte interna di B, e dunque su un aperto denso di M. Se
riuscissimo a mostrare che `e di classe almeno C
1
se ne concluderebbe che `e localmente
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
86 Note di Geometria Dierenziale
costante, e dunque costante, su tutta M. Ci` o mostrerebbe che le rette l
p
sono tutte
parallele e quindi concluderebbe la dimostrazione del teorema (7.11). Cominciamo col
dimostrare che `e continua. Ragioniamo per assurdo: se non `e continua si possono
trovare un punto p di M, una successione {p
n
} convergente a p e un intorno U di
p tali che (p
n
) U per ogni n. Per la compattezza di P
2
(R) si pu` o trovare una
sottosuccessione {p
n
i
} di {p
n
} tale che {(p
n
i
)} converga a una retta
0
passante per
lorigine. La retta p +
0
passa per p ed `e contenuta in M; poiche vi `e una sola retta
con queste caratteristiche,
0
= (p), il che `e assurdo dato che (p
n
) U per ogni n.
Vogliamo ora mostrare che `e liscia. La chiave per farlo `e la seguente osservazione.
Se q `e un qualsiasi punto di M e X `e un vettore tangente a l
q
, si `e mostrato che
LX = 0, cio`e che N `e costante lungo l
q
, o, equivalentemente, che il piano tangente a M
nel punto q, che indicheremo con
q
, `e tangente a M in ogni punto di l
q
. Sappiamo
gi` a che `e liscia in A e allinterno di B. Sia ora p uno dei punti della frontiera di A.
Con una opportuna scelta di coordinate cartesiane x, y e z in R
3
si pu` o supporre che
p sia lorigine, che l
p
sia la retta {x = z = 0} e che
p
sia il piano {z = 0}. Tagliamo
M con il piano {y = 0} e indichiamo con la componente connessa dellintersezione
di M con la striscia {(x, y, z) | y = 0, |x| < } che contiene p. Se `e sucientemente
piccolo `e una sottovariet` a dierenziabile di R
3
e la proiezione ortogonale da sul
segmento {(x, y, z) | y = z = 0, |x| < } `e un dieomorsmo. Fissiamo un numero reale
c, e deniamo una applicazione continua :] , [ R nel modo seguente. Sia t un
numero reale tale che |t| < . Sia q(t) lunico punto di tale che x(q(t)) = t e sia r(t)
il punto di intersezione di l
q(t)
con il piano {y = c}. Poniamo (t) = x(r(t)). Dico che
lapplicazione `e strettamente crescente. Supponiamo di averlo gi` a dimostrato e vediamo
come questo permette di concludere. Dato che il numero c `e del tutto arbitrario, il fatto
che sia crescente implica che, per 0 < |t| < , la retta l
q(t)
non taglia il piano {x = 0}.
Dunque, se q varia su un intorno sucientemente piccolo di p, la retta l
q
`e parallela al
piano {x = 0}. Le funzioni x e y sono coordinate locali su un intorno di p in M; su
questo intorno il campo di vettori
X =
/y
/y
`e liscio. Daltra parte, per ogni q sucientemente vicino a p, il vettore X
q
, visto come
elemento di R
3
, genera (q), dato che questa retta `e parallela al piano {x = 0}. Quindi
(q) `e una funzione liscia di q.
Resta da mostrare che lapplicazione `e strettamente crescente. A questo scopo
`e suciente mostrare che, per ogni t
0
tale che |t
0
| < , se t > t
0
`e sucientemente
vicino a t
0
allora (t) > (t
0
). Poiche
q(t
0
)
non `e ortogonale a
p
, se U `e un intorno
sucientemente piccolo del segmento q(t
0
)r(t
0
) in M, la proiezione ortogonale su
p
d` a
un dieomorsmo di U su un intorno della proiezione di q(t
0
)r(t
0
). Ne segue che, se t `e
sucientemente vicino a t
0
, allora la proiezione su
p
del segmento q(t)r(t) non taglia
la proiezione della retta l
q(t
0
)
. Ci` o equivale a dire che (t) > (t
0
). La dimostrazione
del teorema (7.11) `e (nalmente!) completa.
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
7. Supercie di curvatura costante 87
Esercizi
7.1) Siano X e una supercie compatta e un piano in R
3
. Il complementare di `e
unione disgiunta di due semispazi aperti A e B. Si mostri che, se A X non `e
vuoto, contiene almeno un punto in cui la curvatura di X `e strettamente positiva.
7.2) Sia M una supercie chiusa e connessa in R
3
con K = 0 e H costante. Mostrare
che M `e un piano o un cilindro circolare retto.
7.3) Sia M una supercie chiusa e connessa in R
3
con K e H costanti, priva di punti
ombelicali. Mostrare che M `e un cilindro circolare retto.
7.4) Sia M una supercie chiusa e connessa in R
3
. Si mostri che la prima e la seconda
forma fondamentale di M sono uguali se e solo se M `e una sfera di raggio 1.
7.5) Sia M una supercie chiusa e connessa in R
3
. La terza forma fondamentale di M `e
LX, LX, dove L `e lapplicazione di Weingarten. Si mostri che la prima e la terza
forma fondamentale di M sono uguali se e solo se M `e una sfera di raggio 1.
7.6) Sia M una supercie chiusa e connessa in R
3
. La terza forma fondamentale di M
`e LX, LX, dove L `e lapplicazione di Weingarten. Si mostri che, se la seconda e
la terza forma fondamentale di M sono uguali, allora M `e una sfera di raggio 1,
un piano o un cilindro circolare retto di raggio 1.
7.7) Sia D = {(x, y) R
2
| x
2
+y
2
< 1} il disco unitario con la metrica
g
ij
=
3
2(1 x
2
y
2
)
2

ij
.
Mostrare che D non `e isometrico ad alcuna supercie in R
3
.
7.8) Sia S R
3
una supercie e sia p un suo punto. Supponiamo che in p vi siano
due, e solo due, direzioni asintotiche distinte. Si mostri che vi sono un intorno U
di p e due campi di vettori X e Y su U tali che, per ogni q U, X
q
e Y
q
siano
indipendenti e asintotici.
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
8. Geodetiche
Sia f : N M una applicazione C
k
tra variet` a dierenziabili di dimensioni n e m.
Un campo di vettori tangenti a M lungo f `e una applicazione V : N TM tale che
V = f, dove `e la proiezione naturale di TM su M. In parole povere, un campo
di vettori tangenti a M lungo f `e una applicazione che associa a ogni punto p di N
un vettore tangente a M in f(p). Diremo che il campo di vettori V `e di classe C
h
se
`e di classe C
h
come applicazione da N a TM. In generale considereremo applicazioni
f che sono lisce e campi di vettori lisci, ma vi potranno essere eccezioni; di norma
sottintenderemo laggettivo liscio quando non vi `e rischio di confusione. Un esempio
di campo di vettori tangenti a M lungo f pu` o essere costruito a partire da un campo
X di vettori tangenti a M ponendo V
p
= X
f(p)
; indicheremo questo campo con f

(X).
In generale per` o non tutti i campi lungo f possono essere ottenuti in questo modo. Per
mostrarlo consideriamo un altro esempio: sia Y un campo di vettori tangenti a N e
poniamo V
p
= df(Y
p
). Si vede senza dicolt` a che V `e un campo di vettori tangenti a
M lungo f. Un caso particolare di questo esempio `e quello in cui N `e un intervallo
in R, ci`o quello in cui f `e un cammino in M, e Y = /t. Allora il campo V di cui
stiamo parlando `e il campo

f che associa a ogni t il vettore velocit` a di f in f(t).
`
E
chiaro che, se f non `e iniettiva, V non `e in generale della forma f

(X). Infatti, se cos`


fosse, dati due punti t
1
= t
2
tali che f(t
1
) = f(t
2
), si dovrebbe avere

f(t
1
) = X
f(p)
=

f(t
2
) ,
mentre in generale

f(t
1
) =

f(t
2
).
Sia f : N M come sopra, e supponiamo in pi` u che M sia una variet` a Riemanniana.
Indichiamo con D la connessione Riemanniana su M. Vogliamo mostrare che `e possibile
denire in modo naturale una operazione di derivazione covariante di campi di vettori
tangenti a M lungo f rispetto a vettori tangenti a N che si riduce alla derivazione
covariante usuale quando f `e lapplicazione identica di M in s`e. Ci`o che cerchiamo `e
una operazione D
X
V che associ a ogni vettore X tangente a N in un punto p e a
ogni campo V di vettori tangenti a M lungo f
|A
, dove A `e un intorno aperto di p, un
vettore tangente a M in f(p) e che goda delle seguenti propriet` a formali. Se V e W
sono campi di vettori tangenti a M lungo f
|A
, X `e un vettore tangente a N in p e
una funzione liscia su A, si deve avere
(8.1)
_

_
D
X
V `e lineare in X ,
D
X
(V +W) = D
X
V +D
X
W ,
D
X
(V ) = (p)D
X
V +X()V
p
.
Loperazione in questione deve essere compatibile con le restrizioni nel senso che, se B
`e un intorno di p che sia contenuto in A, si deve avere D
X
V = D
X
(V
|B
). Se Y `e un
campo di vettori su M vogliamo anche si abbia
(8.2) D
X
(f

Y ) = D
df(X)
Y .
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
8. Geodetiche 89
Notiamo che le (8.1) e (8.2), insieme con la propriet` a di compatibilit` a con le restrizioni,
caratterizzano loperazione che cerchiamo. Siano infatti y
1
, . . . , y
m
coordinate locali su
un intorno di f(p). Localmente possiamo scrivere
V =

a
i

y
i
,
dove le a
i
sono funzioni lisce su un intorno di p (pi` u esattamente dovremmo scrivere
f

_

y
i
_
invece di

y
i
, ma non saremo cos` pedanti). Le (8.1) e (8.2) implicano allora
che si deve avere
(8.3) D
X
V =

X(a
i
)

y
i
+

a
i
D
df(X)

y
i
.
Viceversa, `e facile vericare che se si usa la (8.3) come denizione di D
X
V si ottiene
una operazione con le propriet` a cercate. La compatibilit` a della connessione Riemanniana
con la metrica implica che, se V e W sono campi di vettori lungo f e X `e un vettore
tangente a N, allora
X(V, W) = D
X
V, W +V, D
X
W .
La simmetria della connessione Riemanniana si traduce invece nel fatto che, se X e Y
sono campi di vettori su N, allora
D
X
df(Y ) D
Y
df(X) = df([X, Y ]) .
Un caso particolare di questa propriet` a che useremo in seguito `e il seguente. Consideriamo
il caso in cui
N = {(s, t) R
2
| a < s < b, c < t < d} ,
`e il prodotto di due intervalli aperti. Allora si ha
(8.4) D
s
f
t
D
t
f
s
= 0 ,
dato che [/s, /t] = 0.
Sia f : N M come sopra. Un campo V di vettori tangenti a M lungo f si dice
parallelo se D
X
V = 0 per ogni vettore X tangente a N. Se V e W sono campi paralleli,
allora
X(V, W) = D
X
V, W +V, D
X
W = 0
per ogni X; dunque il prodotto scalare V, W `e localmente costante su N.
Sia S una supercie in R
3
. Nel capitolo 3 abbiamo denito una geodetica come un
cammino (t) tracciato su S con velocit` a costante in modulo e curvatura geodetica
nulla. Questa seconda condizione signica che, se s indica il parametro naturale per ,
allora
d
2

ds
2
`e ovunque normale a S. Poiche `e costante, il vettore accelerazione `e
proporzionale a
d
2

ds
2
, e risulta quindi normale a S. Viceversa, se `e un cammino tale
che sia ovunque normale a S, allora
d
dt
, = 2 , = 0 .
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
90 Note di Geometria Dierenziale
Dunque `e costante e il vettore
d
2

ds
2
`e proporzionale a , e quindi normale a S.
In denitiva, un cammino (t) tracciato su S `e una geodetica se e solo se la sua
accelerazione `e ovunque normale a S, o anche, indicando con N un campo di vettori
unitari normali a S, se e solo se
D
t
= , N N = 0 .
In questa sua ultima forma la nozione di geodetica ha un carattere intrinseco, dipende
cio`e solo dalla struttura Riemanniana di S, e non dalla particolare realizzazione di S
come sottovariet`a di R
3
. Possiamo dunque estendere la nozione di geodetica a qualsiasi
variet` a Riemanniana M: diremo che un cammino (t) tracciato su M `e una geodetica
se il campo di vettori `e parallelo lungo , cio`e, in simboli, se
(8.5) D
t
= 0 .
Anche in questo contesto pi` u generale risulta indipendente da t, dato che `e
parallelo. Spesso useremo il termine geodetica anche per indicare, impropriamente,
limmagine di una geodetica.
Riscriviamo la (8.5) in coordinate locali. Scegliamo coordinate x
1
, . . . , x
n
su M e
indichiamo con
k
ij
i corrispondenti simboli di Christoel. Se poniamo y
i
(t) = x
i
((t)),
si ha
=

dy
i
dt

x
i
D
t
=

k
d
2
y
k
dt
2

x
k
+

i,j,k
dy
i
dt
dy
j
dt

k
ij

x
k
.
Dunque la (8.5) `e equivalente al sistema di equazioni dierenziali del secondordine
(8.6)
d
2
y
k
dt
2
+

i,j

k
ij
dy
i
dt
dy
j
dt
= 0 , k = 1, . . . , n.
Questo sistema non `e integrabile in termini niti se non in casi molto particolari. La
situazione pi` u semplice `e quella di R
n
con la metrica euclidea. Se x
1
, . . . , x
n
sono
coordinate cartesiane, i corrispondenti simboli di Christoel sono nulli, e dunque la (8.6)
si riduce alla richiesta che le derivate seconde di tutte le y
i
siano nulle. Quindi in questo
caso le geodetiche non sono altro che le rette, parametrizzate linearmente. Un altro
esempio semplice `e quello delle sfere in R
3
. Sia S una sfera di raggio r, che possiamo
pensare con centro nellorigine. Dire che una curva (t) tracciata su S `e una geodetica
equivale a dire che `e ovunque proporzionale a , cio`e che
0 .
Questa condizione implica che
d
dt
( ) = + = 0 ,
cio`e che v = `e costante. Se non `e nullo, nel qual caso abbiamo a che fare con
un cammino costante, v non `e nullo e quindi giace nel piano passante per lorigine
e ortogonale a v. Nel caso in questione, dunque, le geodetiche sono i cerchi massimi,
percorsi con velocit`a costante.
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
8. Geodetiche 91
Esempio (8.7) (Geodetiche sulle superficie di rotazione). Sia S una supercie di
rotazione in R
3
, e sia (t) una curva tracciata su S. Se f `e una quantit` a dipendente da t
indicheremo con

f,

f, e cos` via, le sue derivate rispetto a t. Scegliendo opportunamente
le coordinate, si pu` o supporre che S abbia una rappresentazione parametrica della forma
(u, ) = (a(u) cos(), a(u) sin(), b(u)) .
Indichiamo con X il campo di vettori tangenti

= a(sin(), cos(), 0)
su S. Osserviamo innanzitutto che
(8.8) ,

X = 0 .
Infatti si ha che
= V
1
+V
2
,

X = W
1
+W
2
,
dove
V
1
= ( a cos(), a sin(),

b) ,
V
2
= a

(sin(), cos(), 0) ,
W
1
= a(sin(), cos(), 0) ,
W
2
= a

(cos(), sin(), 0) .
La (8.8) segue dal fatto che
V
1
, W
1
= V
2
, W
2
= 0 , V
2
, W
1
= a a

= V
1
, W
2
.
Supponiamo ora che sia una geodetica, cio`e che sia ovunque normale a S. Ne segue
in particolare che , X = 0, e quindi che
(8.9)
d
dt
, X = ,

X + , X = 0 .
Poiche per ogni punto p di S il vettore X
p
`e diretto lungo il parallelo passante per p e
ha modulo pari al raggio del parallelo stesso, la (8.9) dice che, se indichiamo con (t)
langolo formato, nel punto (t), dalla tangente a e dal parallelo passante per (t) e
con r(t) il raggio del parallelo, allora la quantit` a r cos() `e costante lungo . Questo
enunciato va sotto il nome di Teorema di Clairaut.
Cerchiamo ora di determinare in quale misura il teorema di Clairaut caratterizzi
le geodetiche. Sia (t) un cammino su S per cui vale la tesi del teorema di Clairaut
e supponiamo che sia indipendente da t. Queste due condizioni equivalgono,
rispettivamente, a
d
dt
, X = 0
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
92 Note di Geometria Dierenziale
e a
, = 0 .
Per quanto si `e visto, la prima di queste condizioni equivale a
, X = 0 .
Quando `e indipendente da X, cio`e non diretto lungo i paralleli, si conclude che
`e ortogonale a S, e quindi che `e una geodetica. Questo si applica in particolare ai
meridiani di S, che sono dunque geodetiche. Se invece `e diretto lungo i paralleli
non si pu` o concludere che `e una geodetica. Infatti i paralleli non sono, in generale,
geodetiche, anche se per essi vale la tesi del teorema di Clairaut.
Il teorema di Clairaut non fornisce esplicitamente le geodetiche su S. Permette
per` o di ridurre il problema di determinare una geodetica con dati iniziali assegnati
allintegrazione di un campo vettoriale.
Occupiamoci ora del problema dellesistenza di geodetiche in generale. Il sistema
(8.6) `e un caso particolare di sistema di equazioni dierenziali della forma
y
(k)
= F(y, y

, . . . , y
(k1)
) ,
dove la funzione incognita y(t) ha valori in R
n
e F `e una funzione liscia, denita
nellintorno di un punto (y
0
, y
1
, . . . , y
k1
) R
kn
. Il teorema di esistenza e unicit`a per
sistemi di questa natura `e il seguente.
Teorema (8.10). Esistono un intorno U di (y
0
, , . . . , y
k1
) e un numero > 0 tali che,
per ogni (y
0
, . . . , y
k1
) U, lequazione
y
(k)
= F(y, y

, . . . , y
(k1)
)
ha una e una sola soluzione y(t) denita per |t| < che soddis le condizioni iniziali
y
(i)
(0) = y
i
, i = 0, . . . , k 1 .
Inoltre la soluzione dipende in modo liscio dai dati iniziali, nel senso che (y
0
, . . . , y
k1
, t)
y(t) `e una applicazione liscia da U] , [ a R
n
.
Per la dimostrazione rimandiamo a ??. Una prima conseguenza del teorema, applicato
allequazione dierenziale delle geodetiche su una variet` a Riemanniana M, `e che una
geodetica `e sempre un cammino liscio. Si pu` o per` o dire molto di pi` u.
Lemma (8.11). Sia p un punto della variet` a Riemanniana M. Esistono un intorno U di
p e un numero reale > 0 tali che, per ogni q U e ogni v T
q
M con v < , esiste
ununica geodetica
v
:] 2, 2[M tale che

v
(0) = q , (0) = v .
Inoltre
v
(t) `e una funzione liscia di v e t.
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
8. Geodetiche 93
Non vi `e nulla di magico nel numero 2: come sar` a chiaro dalla dimostrazione avremmo
potuto scegliere qualsiasi altro numero positivo. Preso alla lettera, il teorema (8.10)
aerma qualcosa di pi` u debole dellenunciato del lemma, e cio`e che esistono un intorno
U di p e due numeri reali positivi e tali che esiste una geodetica
v
:] , [ M
con le condizioni iniziali richieste quando q appartiene a U e v < . Per ottenere
lenunciato del lemma si usa una importante propriet` a di omogeneit` a della equazione
delle geodetiche, e cio`e che, se (t) `e una geodetica e c `e un numero reale, anche
(t) = (ct) `e una geodetica. Infatti
D
t

= c
2
D
t
= 0 .
Notiamo anche che (0) = (0) e che

(0) = c (0). Poniamo = /2. Se q U, v `e un
elemento di T
q
M tale che v < e |t| < 2, poniamo

v
(t) = 2

v
_

2
t
_
.
Dato che
_
_
2

v
_
_
<
2

= ,
v
`e una geodetica denita per |

2
t| < , cio`e per |t| < 2.
Inoltre
v
(0) = q e
v
(0) = v. Il lemma `e dimostrato.
Sia : [a, b] M un cammino di classe C
1
a tratti. La lunghezza di `e denita
come
l() =
_
b
a
dt .
Quando si ha a che fare con curve tracciate su una supercie in R
3
, questa nozione di
lunghezza si riduce a quella usuale. Se a c d b poniamo
l
d
c
() =
_
d
c
dt .
Sia ora : [0, 1] M una geodetica con (0) = q e (0) = v. Deniamo lapplicazione
esponenziale ponendo exp
q
(v) = (1); a volte scriveremo semplicemente exp(v) al posto
di exp
q
(v). Osserviamo che, con queste notazioni, (t) = exp
q
(tv). In eetti, il cammino
(t), 0 1, `e una geodetica con q per estremo iniziale e tv per velocit` a
iniziale. Notiamo anche che la lunghezza di `e pari a v.
In generale exp
q
(v) non `e denito per ogni v; il lemma (8.11) aerma per`o che `e
denito se v `e sucientemente piccolo. Pi` u esattamente, il lemma aerma quanto segue.
Indichiamo con la sezione nulla di TM, cio`e linsieme dei vettori tangenti nulli in
tutti i punti di M. Allora vi `e un intorno A di in TM tale che exp(v) `e denito per
ogni v A e lapplicazione exp : A M `e liscia.
`
E interessante calcolare il dierenziale
di exp lungo . Sia p un punto di M e scegliamo coordinate locali x
1
, . . . , x
n
su un
intorno di p. Ogni vettore tangente in un punto di questo intorno si scrive in modo
unico sotto la forma

x
i
. Un sistema di coordinate locali su un intorno di 0 T
p
M
in TM `e (x
1
, . . . , x
n
,
1
, . . . ,
n
). Dico che in queste coordinate la matrice Jacobiana di
exp nel punto 0 T
p
M `e
( I I ) .
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
94 Note di Geometria Dierenziale
In eetti exp
q
(0) = q per ogni q mentre, per ogni v T
p
M, si ha
d
dt
exp
p
(tv)
|t=0
= v .
Consideriamo ora lapplicazione F : A M M che associa a ogni vettore tangente
v T
q
M la coppia (q, exp
q
(v)). Per quanto si `e appena osservato, la matrice Jacobiana
di F nel punto 0 T
p
M `e, nelle coordinate (x
1
, . . . , x
n
,
1
, . . . ,
n
), della forma
_
I 0
I I
_
.
Dunque vi `e un intorno di su cui F `e un dieomorsmo locale. Dato che la restrizione
di F a `e una immersione, la restrizione di F a un opportuno intorno B di `e
un dieomorsmo su un aperto di M M. In termini concreti, questo ha le seguenti
conseguenze.
Lemma (8.12). Per ogni punto p di M vi sono un intorno U e un numero positivo
tali che
(1) Per ogni q U lapplicazione exp
q
d` a un dieomorsmo dalla palla di raggio
centrata nellorigine di T
q
M su un aperto contenente U.
(2) Due qualsiasi punti q
1
e q
2
di U sono congiunti da ununica geodetica di lunghezza
minore di . Questa geodetica dipende in modo liscio dagli estremi nel senso che,
se la scriviamo sotto la forma exp
q
1
(tv), 0 t 1, allora v `e una funzione liscia
di q
1
e q
2
.
Il teorema delle funzioni implicite dice che vi `e un intorno V di 0 T
p
M in TM tale
che la restrizione di F a V sia un dieomorsmo su un aperto in M M. Possiamo
supporre che vi siano un intorno W di p e un numero reale positivo tali che V sia
linsieme dei vettori tangenti v T
q
M per cui q W e v < . Ora basta scegliere
come U un intorno aperto di p tale che U U F(V ). In eetti questultima condizione
dice che, dati due punti q
1
e q
2
di U, si pu` o scrivere q
2
= exp
q
1
(v), dove v < .
Questo si pu` o fare in modo unico dato che la restrizione di F a V `e iniettiva. Inne v
dipende in modo liscio da q
1
e q
2
perch`e linversa di F
|V
`e liscia.
Sia p un punto di M. Se A `e la palla (aperta o chiusa) in T
p
M di raggio r centrata
nellorigine e lapplicazione exp
p
d` a un dieomorsmo di un intorno di A su un aperto
di M diremo che B = exp
p
(A) `e la palla geodetica (aperta o chiusa) di centro p e raggio
r. Chiameremo il bordo di B sfera geodetica di centro p e raggio r.
Le geodetiche hanno la propriet` a di essere, localmente, curve di lunghezza minima.
Pi` u esattamente, vale il seguente risultato.
Proposizione (8.13). Siano U ed come nel lemma (8.12). Sia : [a, b] M un
cammino di classe C
1
a tratti che congiunge due punti di U, e sia : [0, 1] M la
geodetica di lunghezza minore di che congiunge i due estremi di . Allora
l() l() .
Si ha uguaglianza se e solo se `e della forma r, dove r `e una applicazione suriettiva
e non decrescente da [a, b] a [0, 1].
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
8. Geodetiche 95
La chiave della dimostrazione `e il seguente lemma.
Lemma (8.14) (Lemma di Gauss). Sia (t) un cammino C
1
in M, e sia E(t) un
campo C
1
di vettori tangenti a M lungo tale che
E(t) = 1 , E(t), (t) = 0
per ogni t. Poniamo F(s, t) = exp
(t)
(sE(t)). Allora
_
F
s
,
F
t
_
= 0
per ogni s e ogni t.
Dimostriamo il lemma. Dato che
F
s
(0, t) = E(t) ,
F
t
(0, t) = (t) ,
la tesi `e vera per s = 0. Per concludere baster` a mostrare che

F
s
,
F
t
_
`e indipendente
da s. Derivando rispetto a s e usando il fatto che le curve s F(s, t) sono geodetiche
e la formula (8.4) si ottiene

s
_
F
s
,
F
t
_
=
_
D
s
F
s
,
F
t
_
+
_
F
s
, D
s
F
t
_
=
_
F
s
, D
s
F
t
_
=
_
F
s
, D
t
F
s
_
=
1
2

t
_
F
s
,
F
s
_
.
Daltro canto

F
s
,
F
s
_
`e indipendente da s dato che le curve s F(s, t) sono geodetiche,
e si riduce a E(t), E(t) = 1 per s = 0. Quindi

F
s
,
F
s
_
vale 1 per ogni s e ogni t, e
dunque

s

F
s
,
F
t
_
= 0, come si doveva dimostrare.
Ora che il lemma (8.14) `e dimostrato, passiamo alla dimostrazione della proposizione
(8.13). Salvo riparametrizzare , possiamo supporre che a = 0 e b = 1. Poniamo q = (0),
indichiamo con B la sfera geodetica di centro q e raggio e con la lunghezza di .
Vi `e un numero reale t
0
< 1 tale che (t
0
) = q ma (t) = q se t > t
0
. Per t > t
0
, se
(t) B possiamo scrivere, in un unico modo, (t) = exp
q
(r(t)v(t)), dove v(t) = 1 e
r(t) e v(t) sono funzioni C
1
a tratti di t. Sia t
2
il minimo tra i valori di t per cui
r(t) = . Sia un numero positivo minore di e sia t
1
il minimo valore di t per cui
r(t) = e t > t
0
; `e ovvio che t
0
< t
1
< t
2
. Poniamo F(s, t) = exp
q
(sv(t)) e notiamo
che a F si applica il lemma di Gauss (con (t) q ed E = v), tranne che nei punti
di discontinuit` a della derivata prima di v. Daltra parte, se t `e compreso tra t
0
e t
2
,
(t) = F(r(t), t), quindi
d
dt
=
F
s
r(t) +
F
t
,
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
96 Note di Geometria Dierenziale
e per il lemma di Gauss
_
_
_
_
d
dt
_
_
_
_
2
= r(t)
2
_
_
_
_
F
s
_
_
_
_
2
+
_
_
_
_
F
t
_
_
_
_
2
.
Dato che
_
_
F
s
_
_
= 1 se ne deduce che
_
_
_
_
d
dt
_
_
_
_
| r(t)| ,
e che si ha uguaglianza se e solo se
F
t
= 0. Dunque
(8.15) l
t
2
t
1
() =
_
t
2
t
1
_
_
_
_
d
dt
_
_
_
_
dt
_
t
2
t
1
| r(t)|dt
_
t
2
t
1
r(t)dt = .
Passando al limite per tendente a 0 si conclude che
l() l
t
2
0
() = l() .
Ci`o dimostra la prima parte di (8.13); questa, applicata al cammino
|[0,t
1
]
, dice in
particolare che l
t
1
0
() . Supponiamo ora che l() = l(); ne segue che
l
t
2
t
1
() = l
t
2
0
() l
t
1
0
() l() = .
Dunque la (8.15) `e una catena di uguaglianze per ogni , quindi r(t) `e non decrescente e
v(t) costante. Inoltre, passando al limite per tendente a zero, si trova che l() = l
t
2
t
0
().
Bisogna quindi che (t) sia costante per t t
2
e per t t
0
. In conclusione si deve
avere (t) = (r(t)), dove r `e non decrescente. Questo completa la dimostrazione della
proposizione (8.13).
La proposizione (8.13) ha varie conseguenze importanti. La prima `e la seguente.
Corollario (8.16). Siano q
1
e q
2
due punti di una variet` a Riemanniana M, e
supponiamo che tra tutti i cammini di classe C
1
a tratti che hanno q
1
e q
2
per
estremi ve ne sia uno di lunghezza minima. Allora questo cammino `e una geodetica
(eventualmente riparametrizzata).
Sia : [a, b] M il cammino in questione, sia p = (t) un suo punto, e siano U ed
lintorno di p e il numero positivo la cui esistenza `e asserita dal lemma (8.12). Allora
se t
1
t e t
2
t sono sucientemente vicini a t, i punti (t
1
) e (t
2
) appartengono a
U, e quindi sono congiunti da ununica geodetica : [0, 1] M di lunghezza minore di
. La proposizione (8.13) dice che la lunghezza di non supera quella della restrizione
di a [t
1
, t
2
]; in eetti, per la propriet` a di minimalit` a di , deve essere
l() = l
t
2
t
1
() ,
altrimenti si potrebbe rimpiazzare il tratto di compreso tra (t
1
) e (t
2
) con
(opportunamente riparametrizzata) e ottenere un cammino che congiunge q
1
a q
2
e ha
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
8. Geodetiche 97
lunghezza strettamente minore di quella di . La proposizione (8.13) dice allora che la
restrizione di a [t
1
, t
2
] `e una riparametrizzazione della geodetica . Ci` o mostra che
nellintorno di ogni t [a, b] il cammino `e una geodetica riparametrizzata e dimostra
il corollario.
Una seconda conseguenza della proposizione (8.13) `e la seguente. Dati due punti p
e q su una variet` a Riemanniana connessa M, poniamo
(p, q) = inf{l() | `e un cammino C
1
a tratti con estremi p e q} .
Allora `e una distanza su M. Notiamo innanzitutto che (p, q) `e ben denita per ogni
p e q. Non `e infatti dicile mostrare che linsieme dei punti di M che sono congiungibili
a p con un cammino C
1
a tratti `e sia aperto che chiuso, e quindi coincide con M.
Poi osserviamo che tutte le propriet` a di una distanza sono ovviamente soddisfatte da
(p, q), tranne quella di annullarsi solo quando p = q. Per vedere che gode anche di
questa propriet` a ragioniamo cos`. Se p = q ed `e un numero positivo sucientemente
piccolo, la palla geodetica di centro p e raggio non contiene q; inoltre ogni suo punto
`e congiunto a p da una sola geodetica di lunghezza minore di . Qualsiasi cammino che
congiunga p a q deve attraversare la sfera geodetica di centro p e raggio /2 e deve
avere quindi lunghezza almeno /2 (in eetti, con un minimo di cura in pi` u, almeno ).
Dunque (p, q) > 0. Nel seguito la distanza sar`a chiamata la distanza geodetica su M.
Su M ci sono ora almeno due topologie naturali: quella originaria di M e quella
indotta dalla metrica. Per fortuna esse coincidono. Nel mostrarlo riserveremo la parola
aperto agli aperti della topologia originaria di M. Cominciamo col notare che ogni
palla geodetica `e un aperto in M, mentre segue da (8.13) che, per ogni punto p di M,
se `e sucientemente piccolo la palla geodetica di centro p e raggio `e esattamente
linsieme dei punti di M che distano meno di da p. Viceversa, se A `e un aperto di
M e p un suo punto, A contiene una palla geodetica di centro p, dato che lapplicazione
esponenziale `e continua.
Sia M una variet` a Riemanniana. Diremo che M `e geodeticamente completa se
ogni geodetica : [a, b] M pu` o essere indenitamente estesa, cio`e se esiste una
geodetica : R M la cui restrizione ad [a, b] sia . Non tutte le variet` a Riemanniane
sono geodeticamente complete. Un esempio `e fornito dal piano bucato P = R
2
\ {0}
con la metrica euclidea: i segmenti contenuti in rette per lorigine non possono essere
indenitamente estesi. Osserviamo che vi sono punti di P che non possono essere congiunti
tra loro con una geodetica; ci` o accade per due punti di P che siano allineati con lorigine
ma da parti opposte rispetto a questa. Limportante risultato che ora dimostreremo dice
che questo fenomeno non si pu` o presentare su una variet` a geodeticamente completa.
Teorema (8.17) (Hopf-Rinow). Sia M una variet` a Riemanniana connessa.
Supponiamo che vi sia un punto p di M con la propriet` a che ogni geodetica avente p
come estremo pu`o essere indenitamente estesa. Allora per ogni punto q di M esiste
una geodetica di lunghezza (p, q) che ha per estremi p e q.
Poniamo r = (p, q). Siano U un intorno di p ed un numero reale positivo come in
(8.12). Scegliamo una sfera geodetica S di centro p e raggio < che sia contenuta
in U. Dato che S `e compatta, vi `e un suo punto q
1
che ha distanza minima da q.
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
98 Note di Geometria Dierenziale
Possiamo scrivere q
1
= exp(v), dove v ha norma 1. Mostreremo che q = exp(rv), e
quindi che la geodetica (t) = exp(tv), 0 t r, ha come estremi p e q; dato che
ha lunghezza r, questo dimostra il teorema. Pi` u in generale mostreremo che, per ogni t
tale che t r, si ha
(P(t)) ((t), q) = r t .
Osserviamo, per cominciare, che P() `e vera. In eetti per ogni ogni > 0 vi `e un
cammino di lunghezza minore di r + con estremi p e q. Il cammino deve tagliare
S in almeno un punto q
2
. Ma allora
r + > l() + (q
2
, q) ,
e quindi
r (q
1
, q) (q
2
, q) < r + .
Per larbitrariet` a di si ha che (q
1
, q) = r , come si voleva.
Indichiamo ora con t
0
lestremo superiore dei t per cui P(t) `e vericata. Per
continuit` a `e vericata anche P(t
0
). Vogliamo mostrare che t
0
= r. Se ci` o non accade
indichiamo con p

il punto (t
0
) e scegliamo una piccola sfera geodetica S

di raggio

centrata in p

. Sia q
3
un punto di S

che ha distanza minima da q. Ragionando come


nella dimostrazione di P() si conclude che
(q
3
, q) = (p

, q)

= r t
0

.
Ora, per la disuguaglianza triangolare,
(p, q
3
) (p, q) (q
3
, q) = r (r t
0

) = t
0
+

.
Daltra parte un cammino di lunghezza t
0
+

che congiunge p a q
3
si ottiene seguendo
no a p

e una geodetica di lunghezza

da p

a q
3
. Dunque (p, q
3
) = t
0
+

e il
cammino appena costruito `e una geodetica, per il corollario (8.16): dunque esso deve
coincidere con la restrizione di a [0, t
0
+

], e quindi q
3
= (t
0
+

). Dato che si `e
mostrato che (q
3
, q) = r t
0

, ci` o contraddice la scelta di t


0
, e dimostra il teorema.
Una geodetica : [a, b] M si dice minimale se la sua lunghezza `e pari alla distanza
tra i suoi estremi (a) e (b). Il lemma (8.12) e la proposizione (8.13) aermano che due
punti sucientemente vicini tra loro su una variet` a Riemanniana sono sempre congiunti
da una geodetica minimale. Il teorema di Hopf-Rinow aerma che due punti di una
variet` a connessa e geodeticamente completa sono sempre congiunti da una geodetica
minimale. Questa geodetica non `e per`o necessariamente unica. Un esempio `e fornito da
due punti antipodali su una sfera: tutti i meridiani che li congiungono sono geodetiche
minimali. Vogliamo ora mostrare che la nozione di completezza geodetica coincide con
quella di completezza metrica.
Proposizione (8.18). Sia M una variet` a Riemanniana connessa. Le seguenti condizioni
sono equivalenti:
(1) M, munita della distanza geodetica, `e uno spazio metrico completo.
(2) M `e geodeticamente completa.
(3) Vi `e un punto p di M tale che ogni geodetica avente p come estremo pu`o essere
indenitamente estesa.
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
8. Geodetiche 99
`
E ovvio che (2) implica (3). Supponiamo che valga la (3). Il teorema di Hopf-Rinow
implica che exp
p
: T
p
M M `e suriettiva. Ne segue che, se A `e un sottinsieme limitato
di M e indica lestremo superiore delle distanze di punti di A da p, allora A exp
p
(B),
dove B `e la palla chiusa di centro lorigine e raggio in T
p
M. Dunque ogni sottinsieme
limitato di M `e contenuto in un compatto; ci` o vale, in particolare, per le successioni
di Cauchy in M. Quindi ogni successione di Cauchy ammette una sottosuccessione
convergente, e dunque `e essa stessa convergente. Abbiamo mostrato che (3) implica (1).
Resta da mostrare che (1) implica (2). Sia q un punto di M e v un vettore
unitario tangente a M in q. Dobbiamo mostrare che exp
q
(tv) `e denita per ogni t 0.
Ragioniamo per assurdo supponendo che, se t
0
`e lestremo superiore dei t per cui exp
q
(tv)
`e denita, si abbia t
0
< +. Poniamo (t) = exp
q
(tv) e osserviamo che, se t
1
e t
2
appartengono a [0, t
0
[, allora
((t
1
), (t
2
)) |t
1
t
2
| ,
e quindi `e una applicazione Lipschitziana. Dato che M `e completa (t) converge a
un punto p M per t t
0
. Il Lemma (8.12) mostra che vi sono un intorno U di
p e un numero reale > 0 tali che, per ogni x U, lapplicazione exp
x
sia denita
su tutta la palla di raggio centrata nellorigine di T
x
M. Scegliamo ora un numero
positivo t
1
strettamente compreso tra t
0
e t
0
e tale che (t
1
) U, e consideriamo la
geodetica (t) = exp
(t
1
)
((t t
1
)w), dove w = (t
1
). Per come `e stato scelto , (t) `e
certamente ben denita per t compreso tra t
1
e t
1
+ . Daltra parte (t
1
) = (t
1
)
e (t
1
) = (t
1
), quindi e coincidono dove sono entrambe denite. In particolare,
(t) = (t) se t
1
t < t
0
. Il cammino : [0, t
1
+ ] M denito da
(t) =
_
(t) se t < t
0
(t) se t
0
t t
1
+
`e dunque una geodetica che estende , in contraddizione con la denizione stessa di .
Questo completa la dimostrazione di (8.18).
Il lemma (8.12) pu` o essere migliorato. Ci`o che si pu` o mostrare `e che ogni punto
di una variet` a Riemanniana ha un intorno U geodeticamente convesso. Ci` o signica che
due punti di U sono sempre congiunti da una geodetica minimale interamente contenuta
in U. Pi` u esattamente vale il seguente risultato.
Teorema (8.19) (J. C. H. Whitehead). Sia M una variet` a Riemanniana. Per ogni
punto p di M vi `e un numero positivo con le seguenti propriet` a:
(1) Due qualsiasi punti della palla geodetica di centro p e raggio sono congiunti da
una e una sola geodetica minimale.
(2) Per ogni numero positivo , dati due punti della palla geodetica B di centro
p e raggio , la geodetica minimale che li congiunge `e interamente contenuta in
B.
La prima parte del teorema `e gi`a contenuta in (8.12). Sia A una palla geodetica di
centro p e raggio da determinarsi. Se `e sucientemente piccolo la propriet`a (1) vale
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
100 Note di Geometria Dierenziale
per A. Poniamo = /2. Notiamo intanto che la geodetica minimale che congiunge due
punti della palla B di centro p e raggio `e interamente contenuta in A. In eetti la
distanza tra due punti di B `e sempre minore di 2 (due volte la distanza dal bordo di B
a p) mentre un cammino che congiunga due punti di B e esca da A ha necessariamente
lunghezza maggiore di 2 (due volte la distanza tra il bordo di B e quello di A). Siano
ora q
1
e q
2
due punti di B e siano r
1
e r
2
le loro distanze da p; per ssare le idee
supponiamo che r
1
r
2
. Sia : [0, 1] M la geodetica minimale che congiunge q
1
e
q
2
. Se passa per p `e ovviamente contenuta in B. Supponiamo quindi che non passi
per p; possiamo allora scrivere, in modo unico, (t) = exp
p
(r(t)v(t)), dove v(t) 1.
Mostreremo che, se `e sucientemente piccolo (indipendentemente da q
1
e q
2
) r(t) r
1
per ogni t [0, 1]. Questo concluder` a la dimostrazione. Per farlo, ragioniamo per assurdo:
supponiamo che ci` o non sia vero, e sia [a, b] [0, 1] un intervallo tale che r(a) = r(b) = r
1
e r(t) > r
1
per ogni t strettamente compreso tra a e b. Sia il cammino ottenuto da
rimpiazzando il tratto tra (a) e (b) con exp
p
(r
1
v(t)), a t b. Mostreremo che,
se `e sucientemente piccolo, l
b
a
() < l
b
a
(), e quindi l() < l(), il che contraddice la
minimalit` a di . Poniamo F(s, t) = exp
p
(sv(t)), e ricordiamo (cf. la dimostrazione della
proposizione (8.13)) che, per t tra a e b,

_
_
_
_
F
t
(r(t), t)
_
_
_
_
,
mentre
=
_
_
_
_
F
t
(r
1
, t)
_
_
_
_
.
Baster`a dunque mostrare che
F
t
(s, t) `e una funzione strettamente crescente di s per
0 < s < , se `e sucientemente piccolo. Pi` u in generale, indichiamo con S la sfera
di raggio 1 in T
p
M e con :]0, [S M, dove `e un opportuno numero positivo,
lapplicazione denita da (s, w) = exp
p
(sw). Ogni vettore X tangente a S in un punto w
determina un campo di vettori tangenti a ]0, [S lungo ]0, [{w}, che indicheremo con
X. Allora d(X) `e un campo di vettori tangenti a M lungo la geodetica s exp
p
(sv):
per ogni ssato t,
F
t
(s, t) `e della forma d(X), dove X = v(t). Quanto dobbiamo
dimostrare `e dunque il seguente risultato.
Lemma (8.20). Esiste un numero reale positivo tale che, per ogni vettore X tangente
a S, d(X)
2
sia una funzione strettamente crescente di s sullintervallo ]0, [.
Nel dimostrare il lemma non si perde in generalit` a se si suppone che d(X) sia della
forma
G

, dove
G(s, ) = exp
p
(s(cos()v
1
+ sin()v
2
))
e v
1
e v
2
sono vettori unitari e ortogonali fra loro in T
p
M. Il lemma di Gauss implica
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
8. Geodetiche 101
che

s
_
_
_
_
_
G

_
_
_
_
2
_
= 2
_
D
s
G

,
G

_
= 2
_
D

G
s
,
G

_
= 2

_
G
s
,
G

_
2
_
G
s
, D

_
= 2
_
G
s
, D

_
.
Dobbiamo dunque mostrare che
_
G
s
, D

_
`e negativo se s `e sucientemente piccolo.
Per farlo ssiamo una base ortonormale e
1
, . . . , e
n
di T
p
M e scriviamo
v
i
=

j
a
ij
e
j
.
Linversa della applicazione (x
1
, . . . , x
n
) exp
p
(

x
i
e
i
) `e una carta locale su un intorno
di p. In queste coordinate si pu` o scrivere
G

= s

j
(a
1j
sin() +a
2j
cos())

x
j
,
cio`e
G

= s

j
b
j

x
j
,
dove le b
j
sono funzioni limitate da costanti indipendenti da v
1
e v
2
. Poi
D

= s

j
(a
1j
cos() +a
2j
sin())

x
j
+s
2

i,j,k
b
i
b
j

k
ij

x
k
,
dove i
k
ij
sono i simboli di Christoel nelle coordinate x
1
, . . . , x
n
. Daltra parte
G
s
=

j
(a
1j
cos() +a
2j
sin())

x
j
,
e dunque
_
G
s
, D

_
= s
_
_
_
_
G
s
_
_
_
_
2
+s
2
f = s +s
2
f ,
dove f `e una funzione limitata da costanti indipendenti da v
1
e v
2
(si pu` o fare di meglio,
mostrando che i simboli di Christoel, e quindi anche f, si annullano in p). Quindi vi
`e > 0 tale che
_
G
s
, D

_
< 0
per ogni s tale che 0 < s < , come si voleva. Questo conclude la dimostrazione del
lemma e quindi anche del teorema (8.19).
I due esempi che seguono non sono strettamente legati al tema di questo capitolo,
ma ci aiuteranno nello studio delle geodetiche sul disco di Poincare.
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
102 Note di Geometria Dierenziale
Esempio (8.21) (SU(2) e SO(3, R)). In questo esempio e in quello che segue converr`a
pensare gli elementi di R
n
, di C
n
, ecc., come matrici colonna. Il gruppo unitario U(n) `e
il sottogruppo del gruppo GL(n, C) costituito da tutte le matrici unitarie, cio`e da tutte
le matrici A tali che
t
AA = I; `e un sottogruppo di Lie di GL(n, C). Il gruppo U(n)
agisce su C
n
per moltiplicazione a sinistra. Una matrice complessa n n A `e unitaria
se e solo se lapplicazione da C
n
in C
n
data da A `e una isometria, cio`e ha la
propriet` a che, per ogni coppia di vettori ed si ha
A, A =
t

t
AA =
t
= , .
Il gruppo unitario speciale SU(n) `e costituito da tutte le matrici unitarie n n di
determinante 1; `e un sottogruppo di Lie di U(n).
Se identichiamo R
3
con R C, lapplicazione di Hopf h : C
2
R
3
`e denita da
h
_
z
w
_
=
_
|z|
2
|w|
2
2zw
_
.
Notiamo che
_
_
_
_
h
_
z
w
__
_
_
_
2
= |z|
4
+ |w|
4
2|z|
2
|w|
2
+ 4|z|
2
|w|
2
=
_
_
_
_
_
z
w
__
_
_
_
4
.
In particolare
_
_
_
_
_
z
w
__
_
_
_
= 1
_
_
_
_
h
_
z
w
__
_
_
_
= 1 .
Se `e un numero complesso di modulo 1, allora h() = h(). Supponiamo viceversa
che h(

) = h(), e siano z e w, z

e w

le componenti di e

. Se z e w
non sono nulli, scrivendo z

= z, w

= w se ne deduce che 1 = . Quindi


||
2
|z|
2
||
2
|w|
2
= |z|
2
|w|
2
. Poiche t|z|
2
t
1
|w|
2
`e una funzione strettamente
crescente di t ne segue che || = 1 e che = . Se z = 0, o z

o w

deve essere nullo;


daltra parte |z

|
2
|w

|
2
`e negativo o nullo, a seconda che w sia non nullo o nullo, e
quindi z

deve essere nullo e si deve avere |w

| = |w|. Il caso in cui w `e nullo si tratta


allo stesso modo. Dunque in ogni caso si conclude che h(

) = h() se e solo se vi `e un
numero complesso di modulo 1 tale che

= .
Notiamo che h `e suriettiva. Siano infatti dati un numero reale x e un numero
complesso y. Se y non `e nullo, scelti numeri complessi e tali che 2 = y, esiste un
numero reale tale che x =
2
||
2

2
||
2
, dato che t t||
2
t
1
||
2
`e una funzione
suriettiva dai reali positivi in R. Ponendo quindi z = e w =
1
si ha che
h
_
z
w
_
=
_
x
y
_
.
Se y = 0 e x > 0 si sceglie w = 0 e z in modo tale che |z|
2
= x; il caso in cui y = 0 e
x < 0 si tratta in modo analogo. Se x = y = 0 si prende z = w = 0.
Gli elementi di SU(2) sono tutte e sole le matrici A della forma
A =
_
a b
b a
_
,
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
8. Geodetiche 103
dove |a|
2
+ |b|
2
= 1. Dunque SU(2) `e omeomorfo alla sfera unitaria in C
2
, cio`e a S
3
.
Deniamo ora una applicazione

A di R
3
= R C in s`e ponendo

A(h()) = h(A()) .
Questa `e una buona denizione perch`e, se h(

) = h(), allora c`e un numero di modulo


1 tale che

= e dunque
h(A(

)) = h(A()) = h(A()) = h(A()) .


Notiamo che

AB =

A

B; ne segue che

A `e biunivoca per ogni A SU(2) e che A

A
`e un omomorsmo da SU(2) nel gruppo delle applicazioni biunivoche di R
3
in s`e.
Vogliamo ora mostrare che

A `e lineare (su R). Si ha infatti
|az +bw|
2
| bz +aw|
2
= (|a|
2
|b|
2
)(|z|
2
|w|
2
) + 2abzw + 2bawz ,
2(az +bw)(bz +aw) = 2ab(|z|
2
|w|
2
) + 2a
2
zw 2b
2
wz ,
e dunque
(8.22)

A
_
x
y
_
=
_
(|a|
2
|b|
2
)x +aby +aby
2abx +a
2
y b
2
y
_
.
In conclusione,

A `e una applicazione R-lineare di R
3
in s`e; in pi` u, per ogni = h(), si
ha che

A() = h(A()) = A()


2
=
2
= h() = ,
e quindi

A `e una trasformazione ortogonale. Dunque lapplicazione che associa

A ad A `e
un omomorsmo : SU(2) O(3, R). Dato che SU(2) `e connesso, in realt`a limmagine
di `e contenuta nella componente connessa dellidentit` a di O(3, R), cio`e in SO(3, R).
Segue da (8.22) che il nucleo di `e {I}; dunque, per ogni A SU(2),
1
((A)) `e
costituito da A e A. Inne , come applicazione da SU(2) a SO(3, R), `e suriettiva. Per
vederlo ci serviremo di alcune osservazioni di carattere generale. Siano G e H due gruppi
di Lie, e sia : G H un omomorsmo di gruppi di Lie, cio`e una applicazione liscia
che sia anche un omomorsmo di gruppi. Osserviamo che il rango di d
g
`e indipendente
da g. In eetti, ssato g, lapplicazione `e la composizione della moltiplicazione per
g
1
, di stessa e della moltiplicazione per (g). Dato che la prima e lultima di queste
applicazioni sono dieomorsmi, si conclude che il rango di d
g
`e pari a quello di d
1
,
dove 1 sta per lelemento neutro di G. Ad , visto che ha rango costante, si pu` o
applicare la proposizione (4.6) e concludere che, per ogni h H, o
1
(h) `e vuota o
`e una sottovariet` a dierenziabile di G di dimensione pari alla dimensione di G meno il
rango di . Se applichiamo queste considerazioni a , tenendo conto del fatto che sia
SU(2) che SO(3, R) hanno dimensione 3 e che, per ogni A,
1
(A) consta di al pi` u
due elementi, ne deduciamo che `e un dieomorsmo locale, e quindi che (SU(2)) `e
aperto. Dato che SO(3, R) `e connesso, per concludere che SO(3, R) = (SU(2)) basta
ora mostrare che un sottogruppo di un gruppo di Lie che sia aperto `e anche chiuso. In
eetti, se G `e un gruppo di Lie e H un suo sottogruppo aperto, il complementare di H
`e unione di classi laterali di H e quindi `e aperto.
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
104 Note di Geometria Dierenziale
Esempio (8.23) (SU(1, 1) e SO(1, 2)). Siano p e q interi non negativi e sia n la loro
somma. Dati due vettori complessi
=
_
_
_
z
1

z
n
_
_
_
, =
_
_
_
w
1

w
n
_
_
_
,
poniamo
Q
p,q
(, ) =
p

i=1
z
i
w
i
+
n

i=p+1
z
i
w
i
.
Questo denisce una forma hermitiana non degenere su C
n
. Il gruppo U(p, q) `e il
sottogruppo di GL(n, C) costituito da tutte le applicazioni lineari A di C
n
in s`e tali
che, per ogni coppia di vettori ed in C
n
si abbia
Q
p,q
(A, A) = Q
p,q
(, ) .
Se identichiamo le applicazioni lineari di C
n
in s`e con le matrici n n, U(p, q) pu` o
anche essere descritto come il gruppo di tutte le matrici complesse n n A tali che
t
AMA = M ,
dove M `e la matrice diagonale che ha sulla diagonale 1 ripetuto p volte, seguito da
1 ripetuto q volte. Naturalmente, con SU(p, q) indicheremo il sottogruppo di U(p, q)
costituito da tutti gli elementi di determinante 1.
Siano p, q e n come sopra. Deniremo ora una forma bilineare simmetrica non
degenere su R
n
, che indicheremo con P
p,q
. Dati due vettori in R
n
,
=
_
_
_
x
1

x
n
_
_
_
, =
_
_
_
y
1

y
n
_
_
_
,
poniamo
P
p,q
(, ) =
p

i=1
x
i
y
i
+
n

i=p+1
x
i
y
i
.
Il gruppo O(p, q) pu` o essere denito come il gruppo di tutte le applicazioni lineari A di
R
n
in s`e tali che
P
p,q
(A, A) = P
p,q
(, )
per ogni coppia , di elementi di R
n
, oppure, in modo del tutto equivalente, come
linsieme delle matrici reali n n A tali che
t
AMA = M .
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
8. Geodetiche 105
Le matrici di determinante 1 in O(p, q) costituiscono un sottogruppo, che si indica con
SO(p, q).
Se, come nellesempio (8.21), identichiamo R
3
con R C, possiamo denire una
applicazione

k da C
2
a R
3
che `e un analogo della applicazione di Hopf ponendo

k
_
z
w
_
=
_
|z|
2
+ |w|
2
2zw
_
.
Scriveremo P per indicare la forma bilineare P
1,2
e Q per indicare la forma hermitiana
Q
1,1
. In analogia con quanto visto nellesempio (8.21), si verica immediatamente che
P
_

k
_
z
w
_
,

k
_
z
w
__
= |z|
4
+ |w|
4
+ 2|z|
2
|w|
2
4|z|
2
|w|
2
= Q
__
z
w
_
,
_
z
w
__
2
.
Segue da ci` o e dalla denizione che limmagine di

k `e contenuta nella chiusura del cono
aperto C
+
costituito da tutti i vettori
=
_
x
y
_
,
dove x `e un numero reale e y un numero complesso, tali che
P(, ) < 0 , x > 0 ,
cio`e tali che
|y|
2
x
2
< 0 , x > 0 .
Inoltre, se Q(, ) = 0, allora

k() `e contenuto in C
+
. Dora in poi useremo la lettera k
per indicare la restrizione di

k al cono C
2
costituito da tutti i vettori
=
_
z
w
_
tali che
Q(, ) > 0 ,
cio`e tali che
|w|
2
|z|
2
> 0 ,
vista come applicazione in C
+
. Ragionando come nellesempio (8.21), si mostra che
k() = k(

) se e solo se vi `e un numero complesso di modulo 1 tale che

= , e
che inoltre k : C
+
`e suriettiva.
Sia ora
A =
_
a b
c d
_
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
106 Note di Geometria Dierenziale
una matrice complessa 2 2. Dire che A SU(1, 1) equivale a dire che
ad bc = 1 ,
ab dc = 0 ,
|a|
2
|c|
2
= 1 ,
|d|
2
|b|
2
= 1 .
Dunque sia x = d, y = b che x = a, y = c sono soluzioni del sistema di equazioni
lineari
ax +cy = 1
bx +dy = 0 .
Dato che A `e invertibile bisogna che sia d = a e c = b. Dunque gli elementi di SU(1, 1)
sono tutte e sole le matrici della forma
_
a b
b a
_
tali che |a|
2
|b|
2
= 1. Ne segue in particolare che SU(1, 1) `e connesso (`e omeomorfo al
prodotto R
2
S
1
).
Sia ora
A =
_
a b
b a
_
un elemento di SU(1, 1). Deniamo una applicazione

A di C
+
in s`e ponendo

A(k()) = k(A()) .
Questa `e una buona denizione perch`e, se k(

) = k(), allora c`e un numero di modulo


1 tale che

= e dunque
k(A(

)) = k(A()) = k(A()) = k(A()) .


Notiamo che

AB =

A

B; ne segue che

A `e biunivoca per ogni A SU(1, 1) e che A

A
`e un omomorsmo da SU(1, 1) nel gruppo delle applicazioni biunivoche di C
+
in s`e.
Notiamo che
|az +bw|
2
+ |bz +aw|
2
= (|a|
2
+ |b|
2
)(|z|
2
+ |w|
2
) + 2abzw + 2bawz ,
2(az +bw)(bz +aw) = 2ab(|z|
2
+ |w|
2
) + 2a
2
zw + 2b
2
wz ,
e dunque, se poniamo
_
x
y
_
= k
_
z
w
_
,
si ha che
(8.24)

A
_
x
y
_
=
_
(|a|
2
+ |b|
2
)x +aby +aby
2abx +a
2
y +b
2
y
_
.
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
8. Geodetiche 107
In conclusione,

A `e la restrizione di una applicazione R-lineare di R
3
= RC in s`e, che
indicheremo con lo stesso simbolo

A; in pi` u, per ogni = k() C
+
, si ha che
P(

A(),

A()) = P(k(A), k(A)) = Q(A, A)
2
= Q(, )
2
= P(k(), k()) = P(, ) .
In realt` a questa uguaglianza vale per ogni . Infatti sia P(

A(),

A()) che P(, ) sono
polinomi omogenei di secondo grado in . Dato che coincidono sullaperto C
+
, hanno le
stesse derivate su C
+
e, per continuit` a, anche nellorigine. Quindi sono uguali. Dato che
P(

A(),

A()) = P(, )
per ogni ,

A appartiene a O(1, 2). Dunque lapplicazione che associa

A ad A `e un
omomorsmo : SU(1, 1) O(1, 2). Segue dalla (8.24) che
1
(I) = {I} e quindi che

1
((A)) = {A} per ogni A SU(1, 1).
Il gruppo O(1, 2) non `e connesso, dato che `e lunione del chiuso SO(1, 2) e del
chiuso consistente di tutti gli elementi di O(1, 2) di determinante 1. Ma nemmeno
SO(1, 2) `e connesso, in quanto `e unione del sottogruppo aperto
SO
0
(1, 2) = {A SO(1, 2) | A(C
+
) C
+
}
e dellaperto
{A SO(1, 2) | A(C
+
) C

} ,
dove C

`e costituito da tutti i vettori


=
_
x
y
_
in R C tali che
P(, ) < 0 , x < 0 .
Infatti, dato che C = C
+
C

`e linsieme dei vettori tali che P(, ) < 0, A(C) C


per ogni A O(1, 2). Poiche SU(1, 1) `e connesso, limmagine di `e contenuta in
SO
0
(1, 2). Se mostriamo che SO
0
(1, 2) `e connesso, ragionando esattamente come per
lanalogo omomorsmo da SU(2) in SO(3) si concluder` a che (SU(1, 1)) = SO
0
(1, 2).
Mostreremo che SO
0
(1, 2) `e connesso costruendo una applicazione continua e suriettiva
da M S
1
a SO
0
(1, 2), dove M `e la pseudosfera
{ C
+
| P(, ) = 1} .
Indichiamo con e il vettore in R
3
di componenti x
1
= 1, x
2
= x
3
= 0. Gli elementi A
di SO
0
(1, 2) tali che Ae = e non sono altro che le rotazioni intorno allasse delle x
1
,
e quindi linsieme di questi elementi si identica naturalmente a S
1
. Sia ora A una
matrice reale 3 3 e indichiamo con
1
,
2
e
3
le sue colonne. Allora A appartiene a
SO
0
(1, 2) se e solo se
P(
1
,
1
) = 1 ,
P(
2
,
2
) = P(
3
,
3
) = 1 ,
P(
i
,
j
) = 0 se i = j ,
det(A) = 1 ,

1
C
+
.
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
108 Note di Geometria Dierenziale
Se
=
_
_
x
1
x
2
x
3
_
_
`e un elemento di M, poniamo
B() = ( ) ,
dove
=
1
_
x
2
1
x
2
2
_
_
x
2
x
1
0
_
_
(si noti che x
2
1
x
2
2
`e necessariamente maggiore di 1), e `e lunica soluzione del sistema
di equazioni lineari in X
det( X) = 1 ,
P(, X) = 0 ,
P(, X) = 0 .
Per quanto si `e osservato, B() appartiene a SO
0
(1, 2). Si noti che, per la regola di
Cramer, `e una funzione razionale di ed , e quindi B() dipende con continuit` a da
. Inoltre, per costruzione,
B()e = ;
Ci` o mostra, fra laltro, che SO
0
(1, 2) agisce in modo transitivo su M.
Se M e R `e una rotazione intorno allasse delle x
1
poniamo ora
(, R) = B()R.
Si tratta di una applicazione continua da M S
1
a SO
0
(1, 2). Dobbiamo vedere che `e
suriettiva. Sia A un elemento di SO
0
(1, 2) e poniamo = Ae. Allora B()
1
Ae = e e
quindi R = B()
1
A `e una rotazione intorno allasse delle x
1
. Dunque A = (, R).
Ci proponiamo ora di approfondire lo studio della geometria del disco di Poincare.
Incominciamo con alcune denizioni. Sia f : N M una applicazione liscia tra variet` a
Riemanniane. Diremo che f `e isometrica se per ogni punto p di N e ogni coppia di
vettori v, w T
p
N si ha che
df(v), df(w) = v, w .
Una applicazione isometrica `e una immersione locale. Diremo che f `e una isometria
locale se df
p
: T
p
N T
f(p)
M `e una isometria per ogni p. Una isometria locale `e un
dieomorsmo locale. Inne, se f `e sia un dieomorsmo che una isometria locale, diremo
che f `e una isometria. Una isometria di M in s`e sar`a anche detto un automorsmo di M.
Notiamo che la composizione di due isometrie e linversa di una isometria sono anchesse
isometrie; ne segue che linsieme di tutte le isometrie di una variet` a Riemanniana in s`e
`e un gruppo.
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
8. Geodetiche 109
Esempio (8.25) (Geometria sul disco di Poincar

e). Identichiamo C a R
2
associando a ogni numero complesso le sue parti reale e immaginaria. Il disco di
Poincare pu` o essere visto come il disco unitario
B = {z C| |z| < 1} ,
in R
2
= C, munito della metrica
g
ij
=
4
ij
(1 |z|
2
)
2
.
Indichiamo con M la pseudosfera bidimensionale. Indicando, come nellesempio (8.23),
con P la forma R-bilineare
P
__
x
y
_
,
_
x

__
= Re(yy

) xx

,
M `e linsieme dei vettori
=
_
x
y
_
R C
tali che P(, ) = 1, con la metrica indotta da P. Dato che gli elementi del gruppo
SO
0
(1, 2) rispettano la forma bilineare P, le loro restrizioni a M sono automorsmi di
M. Abbiamo gi` a osservato (cf. lesempio (6.23)) che lapplicazione
_
x
y
_

y
1 +x
`e una isometria di M su B. Quindi il gruppo SO
0
(1, 2) agisce con isometrie anche su
B. Dato che vi `e un omomorsmo di SU(1, 1) su SO
0
(1, 2), anche SU(1, 1) agisce su
B; questa azione `e assai pi` u semplice da descrivere di quella di SO
0
(1, 2). Ricordiamo
che ogni elemento di M `e della forma
_
x
y
_
= k
_

_
=
_
||
2
+ ||
2
2
_
,
dove
_

_
`e un vettore in C
2
tale che ||
2
||
2
= 1. La composizione di k con lisometria
_
x
y
_

y
1 +x
di M su B `e data da
_

2
1 + ||
2
+ ||
2
=
2
2||
2
=

.
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
110 Note di Geometria Dierenziale
Quindi, se poniamo z = /, un elemento
A =
_
a b
b a
_
di SU(1, 1) agisce su z B secondo la regola
z
a +b
b +a
=
az +b
bz +a
.
Abbiamo dunque a che fare con la restrizione a B di una particolare trasformazione
lineare frazionaria o trasformazione di M obius, cio`e con una trasformazione della forma
(8.26) (z) =
az +b
cz +d
,
dove
_
a b
c d
_
`e una matrice complessa di determinante 1.
Conviene ora dimostrare alcune propriet` a elementari delle trasformazioni di M obius.
Ad ogni elemento di SL(2, C) `e associata una trasformazione di M obius; a due elementi
di SL(2, C) `e associata la stessa trasformazione se e solo se essi dieriscono solo per un
segno. Inoltre il prodotto di matrici corrisponde alla composizione di trasformazioni di
M obius. Sia ora come in (8.26). Osserviamo intanto che , come applicazione in C,
`e ben denita per ogni numero complesso z, tranne che per z = d/c quando c = 0.
Calcoliamo poi il dierenziale di in un punto z. Un vettore tangente a C in z pu` o
essere identicato a un numero complesso ; con questa identicazione
d
z
() =
d(z +t)
dt |t=0
,
dove t `e un parametro reale. Ora
d(z +t)
dt |t=0
=
a
cz +d

c(az +b)
(cz +d)
2
=
(ad bc)
(cz +d)
2
=

(cz +d)
2
,
e quindi d
z
non `e altro che la moltiplicazione per il numero complesso (cz +d)
2
. Ne
segue in particolare che `e una trasformazione conforme, nel senso che, per ogni z, d
z
conserva gli angoli formati tra loro (rispetto alla metrica euclidea su C = R
2
) da vettori
tangenti. Pi` u esattamente, una applicazione liscia : X Y tra variet` a Riemanniane si
dice conforme se esiste una funzione f su X a valori reali tale che, per ogni coppia v,
w di vettori tangenti a X in un suo punto x si abbia
d(v), d(w) = f(x) v, w .
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
8. Geodetiche 111
Torniamo a e mostriamo che, se C C `e un cerchio o una retta, allora (C) `e un
cerchio o una retta. La trasformazione di M obius corrispondente alla matrice
_


_
=
_
a b
c d
_
1
`e linversa di . Sia
r|z|
2
+sz +sz +t = 0
lequazione di C, dove r e t sono numeri reali e s `e un numero complesso; C `e una
retta se e solo se r = 0. Lequazione di (C) `e allora
r

z +
z +

2
+s
z +
z +
+s
z +
z +
+t = 0
cio`e
r|z + |
2
+s(z + )(z + ) +s(z + )(z + ) +t|z + |
2
= 0 ,
che `e della forma
(r||
2
+s +s +t||
2
)|z|
2
+ (z, z) = 0 ,
dove `e un polinomio di primo grado. Questa `e lequazione di una retta se
r||
2
+s +s +t||
2
= 0, altrimenti `e lequazione di un cerchio.
Consideriamo il caso particolare in cui la matrice
_
a b
c d
_
appartiene a SU(1, 1), cio`e il caso in cui c = b, d = a e |a|
2
|b|
2
= 1. Sappiamo gi` a
che (B) = B. Ci` o pu` o essere anche visto direttamente osservando che |(z)| < 1 se e
solo se
|az +b|
2
< |bz +a|
2
,
cio`e se e solo se
|a|
2
|z|
2
+ |b|
2
+abz +baz < |b|
2
|z|
2
+ |a|
2
+abz +baz ,
cio`e ancora se e solo se
(|a|
2
|b|
2
)|z|
2
< |a|
2
|b|
2
.
Dato che |a|
2
|b|
2
= 1 ci`o equivale a dire che |z| < 1. Sappiamo anche che `e una
isometria di B in s`e. Anche questo pu` o essere dimostrato direttamente. Infatti, se `e
un vettore tangente a B in un punto z, visto come numero complesso, la lunghezza di
d
z
(), nella metrica di Poincare, vale
||
|bz +a|
2
1
1

az+b
bz+a

2
=
||
|bz +a|
2
|az +b|
2
=
||
(|a|
2
|b|
2
)(1 |z|
2
)
=
||
1 |z|
2
,
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
112 Note di Geometria Dierenziale
che `e la lunghezza di .
Sappiamo che SU(1, 1) agisce su B in modo transitivo. Ridimostriamolo direttamente.
Basta trovare, per ogni z B, un elemento di SU(1, 1) che trasforma lorigine in z.
Scriviamo z = te

1
, e consideriamo le due matrici, entrambe appartenenti a SU(1, 1),
A =
_
e

2
0
0 e

2
_
, A

=
_
1

1t
2
t

1t
2
t

1t
2
1

1t
2
_
.
Siano e

le trasformazioni lineari frazionarie corrispondenti ad A e A

. Si verica
immediatamente che

(0) = t , (t) = z .
In eetti non `e altro che la rotazione di un angolo in verso antiorario intorno
allorigine. Dunque la trasformazione di M obius

porta 0 in z.
Si pu` o fare di meglio che dimostrare che SU(1, 1) agisce in modo transitivo su B.
Quello che si pu` o mostrare `e che, dati due punti p e q in B e vettori tangenti unitari
v T
p
B e w T
q
B, esiste un elemento di SU(1, 1) tale che, se indichiamo con la
corrispondente trasformazione di M obius, si abbia
(p) = q , d(v) = w.
Basta farlo quando p `e lorigine. Indichiamo con G linsieme di tutte le trasformazioni
di M obius provenienti da elementi di SU(1, 1). Sappiamo che vi `e un elemento

di G
che porta lorigine in q. Sia v

il vettore tangente a B in 0 tale che d

(v

) = w. Dato
che

`e una isometria v

`e un vettore unitario. Sia ora

la rotazione di un angolo
intorno allorigine, dove `e langolo formato da v e v

. Sappiamo che

appartiene a
G, e inoltre `e chiaro che d

(v) = v

. La trasformazione cercata `e dunque =

.
Possiamo ora descrivere tutte le geodetiche su B. Ci baseremo su considerazioni di
simmetria. Losservazione da cui si parte `e che, se f : X Y `e una isometria tra variet` a
Riemanniane, ogni oggetto denito in termini puramente metrici su X viene trasformato
da f nel corrispondente oggetto su Y ; in particolare f trasforma geodetiche in geodetiche.
Applicheremo questa osservazione alle isometrie di B in s`e. Tra queste, come abbiamo
osservato, vi sono gli elementi del gruppo G costituito da tutte le trasformazioni di
M obius provenienti da elementi di SU(1, 1). Vi sono per` o anche altre isometrie, come
ad esempio le simmetrie rispetto a rette per lorigine. Si pu` o in eetti mostrare che il
gruppo delle isometrie di B in s`e `e generato da G e da una di queste simmetrie (ad
esempio il coniugio z z), ma questo risultato non ci servir` a. Dico che i diametri di B
sono geodetiche. In eetti, sia r uno di essi, p un suo punto, e v un vettore non nullo
tangente a B in p diretto lungo r. Sia (t) la geodetica tale che (0) = p e (0) = v. Se
`e la simmetria rispetto a r anche `e una geodetica con gli stessi dati iniziali, e
quindi coincide con . Se ne conclude che giace su r. Dunque r `e una geodetica. Sia
ora p un punto di B e v un vettore non nullo tangente a B in p. Sia un elemento di
G tale che (0) = p e sia w il vettore tangente a B in 0 tale che d(w) = v. Se r `e il
diametro diretto lungo w, (r) `e la geodetica passante per p e tangente a v. Dato che
`e una trasformazione di M obius, (r) `e un segmento o un arco di cerchio. Notiamo
che r taglia ortogonalmente il bordo di B; dato che `e conforme e trasforma in s`e
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
8. Geodetiche 113
il bordo di B, lo stesso accade per (r). Se ne deduce che le geodetiche su B sono i
diametri e gli archi di cerchio che tagliano ortogonalmente il bordo di B.
Mostriamo che B `e completo. Bisogna dimostrare che ogni geodetica `e indenitamente
estesa. Dato che tutte le geodetiche si possono ottenere una dallaltra tramite isometrie,
baster`a vederlo per una sola geodetica, per esempio per una geodetica che parametrizzi
linsieme dei punti di B con parte immaginaria nulla, cio`e lintervallo ] 1, 1[. Sia (t)
una tale geodetica; senza perdere in generalit` a possiamo supporre che (0) = 0 e che
(0) = 1. La funzione (t) `e una funzione a valori reali, crescente, e con la propriet` a
che
(8.27) l
t
0
() = |t| .
Osserviamo che la lunghezza del segmento [0, a] nella metrica di Poincare vale
_
a
0
2du
1 u
2
=
_
a
0
du
1 u
+
_
a
0
du
1 +u
= log
_
1 +a
1 a
_
.
Dunque la (8.27) d` a
(t) =
e
t/2
e
t/2
e
t/2
+e
t/2
.
`
E chiaro da questa espressione che, perch`e (t) varii tra 1 e 1, il parametro t deve
variare tra e +. Questo mostra che B `e completo.
Sia la trasformazione di M obius corrispondente alla matrice
A =
_
1

2
1

2
_
.
La parte immaginaria di (z) `e
Im((z)) =
1
2

1
_
z +

1z + 1

z

1z + 1
_
=
1 |z|
2
|

1z + 1|
2
.
Dunque limmagine di B tramite `e il semipiano superiore H = {z C| Im(z) > 0}
e limmagine del bordo di B `e la retta reale. Deniamo una metrica Riemanniana su
H imponendo che sia una isometria, ponendo cio`e, per ogni coppia v, w di vettori
tangenti ad H,
v, w
H
=

d
1
(v), d
1
(w)
_
B
,
dove ,
B
indica il prodotto scalare su B. Diamo una formula esplicita per questa
metrica. Sia z = (z

) un punto di H, e siano v = d(v

) e w = d(w

) vettori tangenti
ad H in z. Se pensiamo i vettori tangenti a C come numeri complessi, si ha
v = 2
v

_
1z

+ 1
_
2
,
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
114 Note di Geometria Dierenziale
e analogamente per w. Dunque
v, w
H
= v

, w

B
=
4Re(v

)
(1 |z

|
2
)
2
=
4|

1z

+ 1|
4
Re(vw)
(1 |z

|
2
)
2
=
Re(vw)
Im(z)
2
.
In conclusione, nelle coordinate x = Re(z) e y = Im(z), la metrica che abbiamo denito
su H `e
g
ij
=

ij
y
2
.
Gli automorsmi di B corrispondono, tramite lisometria , ad automorsmi di H. Pi` u
esattamente, allautomorsmo di B corrisponde
1
. Se `e la trasformazione
di M obius di matrice
M =
_
a b
b a
_
,
dove |a|
2
|b|
2
= 1, allora
1
`e la trasformazione di M obius di matrice
AMA
1
=
_
1

2
1

2
_
_
a b
b a
_
_
1

2
1

2
_
=
_
_
Re(a) + Im(b) Re(b) + Im(a)
Re(b) Im(a) Re(a) Im(b)
_
_
.
Questa `e una matrice reale di determinante 1, cio`e un elemento di SL(2, R). Viceversa
ogni matrice
_


_
appartenente a SL(2, R) `e della forma AMA
1
con
a =
+
2
+

1

2
, b =
+
2
+

1

2
.
Dunque lapplicazione
M AMA
1
`e un isomorsmo di SU(1, 1) su SL(2, R).
Dato che `e una isometria di B su H, le geodetiche su H sono tutte e sole le
curve della forma (), dove `e una geodetica su B. Esse sono dunque archi di cerchio
o intervalli su una retta e tagliano ortogonalmente lasse reale. Le geodetiche su H sono
quindi le rette x = costante e i semicerchi con estremi sullasse reale.
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
8. Geodetiche 115
Esercizi
8.1) Si consideri la metrica Riemanniana sul semipiano H = {y > 0} in R
2
la cui matrice,
rispetto alle coordinate euclidee x e y, `e data da g
ij
=
ij
/y
2
. Si calcolino i simboli
di Christoel e la curvatura Gaussiana di questa metrica. Identicato R
2
al piano
complesso ponendo z = x +

1y, si determinino tutte le trasformazioni lineari


frazionarie
T(z) =
az +b
cz +d
tali che T(H) = H, e si mostri che sono tutte isometrie per la metrica data sopra.
Si trovino poi tutte le geodetiche su H e si mostri che possono essere indenitamente
estese.
8.2) Trovare lequazione delle geodetiche su una supercie della forma z = f(x, y).
8.3) Si trovino tutte le geodetiche sulla supercie in R
3
di equazione x
2
+ 2y
2
= 2.
8.4) Si mostri che una supercie in R
3
ha due famiglie mutuamente ortogonali di
geodetiche se e solo se ha curvatura Gaussiana identicamente nulla.
8.5) Sia M una supercie in R
3
, e sia (t), < t < , un arco di curva regolare
tracciato su M. Sia E(t) un campo di vettori tangenti unitari normali a lungo
. Si ponga
f(x
1
, x
2
) = exp
(x
2
)
(x
1
E(x
2
)), |x
1
| < , |x
2
| < .
Si mostri che, se `e sucientemente piccolo, f `e linversa di una carta locale su
un intorno di (0) e che, nelle coordinate x
1
e x
2
, g
11
= 1 e g
12
= 0.
8.6) Sia X il cilindro in R
3
di equazione x
2
+y
2
= 1. Siano A e B i cerchi tagliati su X
dai piani z = 0 e z = h, dove h `e un numero diverso da zero. Si determinino tutti
i numeri reali che sono lunghezze di almeno una geodetica congiungente un punto
di A a uno di B.
8.7) Siano u
1
e u
2
coordinate locali su una supercie M in R
3
. Si supponga che, in
queste coordinate, la prima forma fondamentale sia data da
g
11
=
2
, g
22
=
2
, g
12
= 0.
Si mostri che la curvatura geodetica di una curva su M della forma u
1
= costante `e
1

u
1
.
8.8) Sia M una variet` a Riemanniana di dimensione 2 e supponiamo che, in coordinate
locali u
1
e u
2
, la metrica g
ij
di M sia della forma
g
11
= 1 , g
12
= 0 , g
22
=
2
.
Si mostri che le curve u
2
= costante sono geodetiche.
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
116 Note di Geometria Dierenziale
8.9) Sia M una variet` a Riemanniana. Una geodetica (t), t R, tracciata su M si dice
chiusa se esiste un numero reale positivo r tale che, per ogni t, (t +r) = (t). Sia
ora M liperboloide in R
3
di equazione
x
2
+y
2
= 1 +z
2
.
Si mostri che su M la sola geodetica chiusa `e il cerchio intersezione di M con il
piano z = 0. (Suggerimento: usare il teorema di Clairaut)
8.10) Sia X una variet` a Riemanniana connessa, e sia : Y X un suo rivestimento.
a) Si mostri che su Y vi `e una e una sola metrica Riemanniana tale che sia
una isometria locale.
b) Si mostri che X `e completa se e solo se lo `e Y .
Si supponga che X sia completa. Sia p un punto di X.
c) Si mostri che, per ogni
1
(X, p), esiste una geodetica : [0, 1] X tale
che rappresenti . Si mostri inoltre che vi `e tra queste geodetiche una che
ha lunghezza minima tra tutti i rappresentanti di (suggerimento: usare il
teorema di Hopf-Rinow sul rivestimento universale di X)
8.11) Sia S una supercie e sia (t, s) una applicazione C

da [0, 1] [1, 1] a S tale


che, per ogni s ssato, lapplicazione t (t, s) sia una geodetica. Si considerino i
campi di vettori T = /t e J = /s
|s=0
. Si mostri che J verica lequazione
di Jacobi:
D
T
D
T
J = R(T, J)T,
dove R `e il tensore di Riemann.
8.12) Sia M una variet` a Riemanniana completa, e sia p un punto di M. Per ogni n N
sia
n
: [0, 1] M una geodetica tale che
n
(0) = p; supponiamo che ci sia una
costante L tale che l(
n
) L per ogni n, dove l(
n
) `e la lunghezza di
n
. Si mostri
che:
a) Esistono una sottosuccessione {
n
i
} e una geodetica : [0, 1] M tali che, per
ogni t [0, 1],
n
i
(t) converge a (t).
a) Se ogni
n
`e minimale, anche `e minimale; se `e minimale, non `e invece
detto che
n
i
sia minimale per i sucientemente grande.
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
9. Partizioni dellunit`a
Sia X uno spazio topologico. Una famiglia {E
i
}
iI
di sottinsiemi di X si dice localmente
nita se ogni punto di X ha un intorno U tale che E
i
U = tranne che per un
numero nito di indici i. Notiamo che in questo caso, se K `e un sottinsieme compatto
di X, K pu` o essere ricoperto con un numero nito di aperti che intersecano solo un
numero nito di E
i
. Dunque E
i
K = tranne che per un numero nito di indici i.
Notiamo anche che, se ogni E
i
`e chiuso, anche E
i
`e chiuso. Infatti, se x E
i
e U `e
un intorno di x che interseca solo un numero nito di E
i
, diciamo E
i
1
, . . . , E
i
n
, allora
U \ (E
i
1
E
i
n
) `e un intorno di x che non interseca E
i
.
Supponiamo ora che {A
i
}
iI
sia un ricoprimento aperto di X; un ranamento di
{A
i
}
iI
`e il dato di un ricoprimento aperto {B
j
}
jJ
pi` u una applicazione r : J I tale
che
B
j
A
r(j)
per ogni j. Diremo che X `e paracompatto se `e di Hausdor e ogni suo ricoprimento
aperto ha un ranamento localmente nito.
Proposizione (9.1). Ogni variet` a dierenziabile `e paracompatta. Inoltre, se M `e una
variet` a dierenziabile e {A
i
}
iI
un suo ricoprimento aperto localmente nito, esiste un
ricoprimento aperto {B
i
}
iI
tale che B
i
A
i
per ogni i.
Diremo che un ricoprimento {B
i
}
iI
come quello fornito da (9.1) `e un restringimento
di {A
i
}
iI
. La proposizione (9.1) `e un risultato di natura puramente topologica, che
vale pi` u in generale per ogni spazio topologico di Hausdor, a base numerabile e
localmente compatto. Ricordiamo a questo proposito che uno spazio topologico si dice
localmente compatto se ogni suo punto ha un intorno compatto; ogni punto di una variet` a
dierenziabile, o pi` u in generale di una variet` a topologica, ha un sistema fondamentale
di intorni omeomor a dischi chiusi in R
n
, e quindi compatti. La dimostrazione di (9.1)
si basa sui tre lemmi seguenti.
Lemma (9.2). Sia X uno spazio topologico di Hausdor, localmente compatto e a base
numerabile. Allora X `e paracompatto.
Lemma (9.3). Ogni spazio topologico paracompatto `e T
4
.
Lemma (9.4). Sia X uno spazio topologico paracompatto. Allora ogni ricoprimento
aperto localmente nito di X ha un restringimento.
Cominciamo col dimostrare (9.2). Notiamo che X ha una base numerabile formata da
aperti relativamente compatti. Sia infatti A una base numerabile di X, e indichiamo
con B linsieme di tutti gli aperti relativamente compatti appartenenti ad A. Vogliamo
mostrare che B `e anchessa una base di X. Sia A un aperto di X. Se x `e un punto di
A sia U un suo intorno compatto. Vi `e certo un B A che contiene x ed `e contenuto
sia in A che nella parte interna di U. Dato che B U e che X `e di Hausdor, B `e
relativamente compatto, e dunque appartiene a B. Quindi A `e unione di elementi di B.
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
118 Note di Geometria Dierenziale
Sia ora {U
i
}
iN
una base numerabile di X formata da aperti relativamente compatti.
Poniamo C
1
= U
1
. Dato che C
1
`e compatto vi `e un intero n
1
> 1 tale che
C
1
U
1
U
n
1
.
Indichiamo il lato destro dellinclusione con C
2
e notiamo che `e un aperto relativamente
compatto. Possiamo dunque trovare un intero n
2
> n
1
tale che
C
2
U
1
U
n
2
.
Procedendo allo stesso modo possiamo trovare una successione di interi n
1
< n
2
< n
3
<
tale che, se poniamo
C
i
= U
1
U
n
i1
,
si abbia che
C
i
C
i+1
per ogni i N. Si noti che ogni C
i
`e un aperto relativamente compatto e che

C
i
= X.
Sar` a utile anche porre C
1
= C
0
= .
Sia ora {A
i
}
iI
un ricoprimento aperto di X. Per ogni j 1 possiamo ricoprire
il compatto C
j
\ C
j2
con un numero nito di aperti del ricoprimento, diciamo con
A
i(j,1)
, . . . , A
i(j,m
j
)
. Poniamo
B
j,l
= A
i(j,l)
(C
j
\ C
j2
) , l = 1, . . . , m
j
.
La famiglia B costituita da tutti gli aperti B
j,l
`e un ricoprimento di X. Se infatti x `e
un punto di X, scegliamo j in modo che x C
j
ma x C
j1
. Allora x appartiene a
C
j
\ C
j2
, e quindi a B
j,l
per qualche l. La famiglia B `e un ranamento di {A
i
}
iI
per costruzione, ed `e anche localmente nita. Se infatti x `e un punto di X, e scegliamo
j in modo che x C
j
, allora C
j
`e un intorno di x che interseca solo un numero nito
di aperti in B e precisamente solo quei B
h,l
per cui h j + 1. Questo dimostra (9.2).
Osservazione (9.5).
`
E importante notare che il ranamento costruito nella
dimostrazione del Lemma (9.2) `e costituito da aperti relativamente compatti. Si pu` o
dunque dire che nelle ipotesi di (9.2), e quindi anche in quelle di (9.1), ogni ricoprimento
aperto di X ha un ranamento localmente nito e costituito da aperti relativamente
compatti.
Osservazione (9.6). Un ricoprimento localmente nito di uno spazio topologico X a
base numerabile `e necessariamente numerabile. Siano infatti B una base numerabile e A
un ricoprimento localmente nito di X. Ogni punto di X ha un intorno che interseca solo
un numero nito di aperti di A. Restringendo questo intorno, se necessario, possiamo
supporre che appartenga a B. Vi `e dunque una sottofamiglia di B che ricopre X e ogni
cui membro interseca solo un numero nito di aperti di A.
Passiamo ora alla dimostrazione di (9.3). Sia X uno spazio paracompatto.
Mostreremo innanzitutto che X `e T
3
. Sia dunque F un chiuso in X, e sia x un
punto di X non appartenente a F. Per ogni y F vi sono un intorno aperto U
y
di x
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
9. Partizioni dellunit` a 119
e un intorno aperto V
y
di y che non si intersecano. Linsieme di tutti i V
y
, insieme a
X \ F, costituisce un ricoprimento aperto di X; ha quindi un ranamento localmente
nito {A
i
}
iI
. Sia U un intorno di x che interseca solo un numero nito di aperti A
i
;
tra questi, quelli che intersecano F sono contenuti in ununione nita di aperti della
forma V
y
, diciamo V
y
1
V
y
n
. Allora
U U
y
1
U
y
n
,
_
A
i
F=
A
i
sono intorni disgiunti di x e F.
La dimostrazione che X `e T
4
non `e molto diversa. Siano infatti E ed F chiusi
disgiunti in X. Per ogni y F vi sono un intorno aperto U
y
di E e un intorno aperto
V
y
di y che non si intersecano. Linsieme di tutti i V
y
, insieme a X \ F, costituisce un
ricoprimento aperto di X; ha quindi un ranamento localmente nito {A
i
}
iI
. Per ogni
x E scegliamo un intorno B
x
che interseca solo un numero nito di A
i
; tra questi,
quelli che intersecano F sono contenuti in ununione nita di aperti della forma V
y
,
diciamo V
y
1
V
y
n
. Poniamo
W
x
= B
x
U
y
1
U
y
n
,
e notiamo che
W
x

_
_
_
A
i
F=
A
i
_
_
= .
Dunque
_
xE
W
x
,
_
A
i
F=
A
i
sono intorni disgiunti di E e F. Questo dimostra (9.3).
Veniamo al Lemma (9.4). Lo dimostreremo solo per ricoprimenti numerabili; in
virt` u dellosservazione (9.6), questo `e suciente a dimostrare (9.1). Comunque la
dimostrazione nel caso generale non `e sostanzialmente diversa da quella che daremo, a
patto che si sostituisca linduzione ordinaria con quella transnita. Sia dunque {A
i
}
iN
un ricoprimento aperto di X. Allora
X \
_
_
i>1
A
i
_
`e un chiuso contenuto in A
1
. Dato che X `e T
4
vi `e un aperto B
1
che lo contiene e la
cui chiusura `e contenuta in A
1
; in particolare {B
1
, A
2
, A
3
, . . . } `e un ricoprimento aperto
di X. A questo ricoprimento si pu` o applicare lo stesso tipo di ragionamento e trovare
un aperto B
2
tale che B
2
A
2
e che {B
1
, B
2
, A
3
, . . . } sia un ricoprimento aperto di X,
e cos` via. Si possono dunque costruire aperti B
i
, i N, tali che per ogni i si abbia
B
i
A
i
,
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
120 Note di Geometria Dierenziale
e inoltre
(9.7) X = B
1
B
i
A
i+1
.
Dico che {B
i
}
iN
`e il restringimento cercato. Per farlo basta mostrare che lunione dei
B
i
`e X. Se x `e un punto di X, appartiene a un numero nito di A
j
, dato che abbiamo
a che fare con un ricoprimento localmente nito; dunque x non appartiene ad A
j
se j `e
maggiore di un certo i. Ma allora x deve appartenere a B
1
B
i
, per (9.7). Questo
dimostra il Lemma (9.4).
Sia ora X uno spazio topologico e {A
i
}
iI
un suo ricoprimento aperto. Ricordiamo
che il supporto supp() di una funzione a valori reali denita su X `e la chiusura
dellinsieme degli x X tali che (x) = 0. Diremo che una famiglia {
i
}
iI
di funzioni
continue a valori reali non negativi su X `e una partizione dellunit` a subordinata ad
{A
i
}
iI
se
supp(
i
) A
i
per ogni i ,
{supp(
i
)}
iI
`e una famiglia localmente nita ,

iI

i
1 .
Segue dalla denizione che ogni
i
assume solo valori compresi tra 0 e 1. Notiamo anche
che la somma

i
ha senso perch`e, localmente, vi `e solo un numero nito di funzioni
i
non nulle. Se X `e una variet` a dierenziabile diremo che la partizione dellunit` a {
i
}
iI
`e liscia se le funzioni
i
sono tutte lisce. Quando parleremo di partizioni dellunit` a su
variet` a dierenziabili considereremo in generale, implicitamente, solo partizioni dellunit` a
lisce.
Proposizione (9.8). Sia M una variet` a dierenziabile e sia {A
i
}
iI
un suo ricoprimento
aperto. Allora esiste una partizione dellunit` a liscia subordinata ad {A
i
}
iI
.
La dimostrazione usa il seguente lemma.
Lemma (9.9). Sia K un sottinsieme compatto di R
n
e sia A R
n
un aperto contenente
K. Allora vi `e una funzione liscia e non negativa su R
n
, a supporto contenuto in A e
strettamente positiva su K.
Per dimostrare il lemma ricordiamo innanzitutto che la funzione
f(t) =
_
0 se t 0
exp(1/t
2
) se t > 0
`e C

su tutto R. Per completezza dimostriamolo. Proveremo, induttivamente su i, che


la derivata i-esima di f `e della forma
f
(i)
(t) =
_
0 se t 0
P(t)
t
h
exp(1/t
2
) se t > 0
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
9. Partizioni dellunit` a 121
dove P `e un polinomio e h un intero. Questo `e certo vero per i = 0. Supponiamolo
vero per f
(i)
e dimostriamolo per f
(i+1)
. Non c`e naturalmente problema per t < 0. Per
t > 0 si ha
f
(i+1)
(t) =
t
3
P

(t) ht
2
P(t) + 2P(t)
t
h+3
exp(1/t
2
) .
Resta da esaminare cosa accade per t = 0. In questo punto la derivata sinistra di f
(i)
vale ovviamente zero. Quanto alla derivata destra, `e per denizione
lim
t0
P(t)
t
h+1
exp(1/t
2
) = 0 .
Se x, p R
n
e > 0 poniamo

p,
(x) = f
_
1 2
_
_
_
_
x p

_
_
_
_
2
_
.
La funzione
p,
`e liscia, non negativa, e ha per supporto il disco chiuso di raggio /2
centrato in p. Indichiamo ora con la distanza tra K e R
n
A, e con E linsieme dei
punti di R
n
le cui coordinate sono tutte della forma k/2

n, con k intero. Dico che


una funzione con le caratteristiche richieste `e
=

d(p,K)</2
pE

p,
.
In eetti i punti di E che distano da K meno di /2 sono in numero nito, e il supporto
di `e lunione dei dischi chiusi di raggio /2 centrati in questi punti; in particolare il
supporto di `e contenuto in A. Inoltre ogni punto di R
n
dista meno di /2 da almeno
un punto di E, e quindi `e strettamente positiva su K. Questo dimostra il lemma.
Possiamo ora dimostrare (9.8). Supponiamo che il teorema sia stato dimostrato
per un ranamento di {A
i
}
iI
. Supponiamo cio`e che ci siano un ricoprimento aperto
{B
j
}
jJ
, una partizione dellunit` a {
j
} ad esso subordinata, e una applicazione i : J I
con B
j
A
i(j)
per ogni j J. Se poniamo

h
=

i(j)=h

j
,
le funzioni
i
costituiscono una partizione dellunit` a subordinata a {A
i
}
iI
; in eetti,
dato che la famiglia di chiusi {supp(
j
)}
jJ
`e localmente nita,
supp(
h
) =
_
i(j)=h
supp(
j
) .
Ci siamo dunque ridotti a dimostrare la proposizione per un opportuno ranamento del
ricoprimento dato. Scegliamo dunque un ranamento {B
j
}
jJ
che sia localmente nito
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
122 Note di Geometria Dierenziale
e costituito da aperti coordinati relativamente compatti. Sia {C
j
}
jJ
un restringimento
di questo ricoprimento. Ora C
j
`e un compatto contenuto in B
j
, che `e a sua volta
dieomorfo a un aperto in R
n
. Il Lemma (9.9) ci dice dunque che esiste una funzione
liscia su B
j
, nulla fuori da un sottinsieme compatto di B
j
e strettamente positiva su C
j
.
Indichiamo con
j
la funzione che si ottiene prolungando questa funzione a zero fuori da
B
j
; si tratta di una funzione C

a supporto compatto contenuto in B


j
e strettamente
positiva in ogni punto di C
j
. La funzione =

j
`e ben denita perch`e {B
j
}
jJ
`e
localmente nito, ed `e positiva su tutto M perch`e {C
j
}
jJ
`e un ricoprimento di M. Se
poniamo

j
=

j

otteniamo la partizione dellunit` a cercata. Questo completa la dimostrazione di (9.8).


Unutile conseguenza dellesistenza di partizioni dellunit` a `e la seguente.
Corollario (9.10). Sia M una variet` a dierenziabile. Sia K un sottinsieme compatto
di M e sia A un suo intorno aperto. Allora esiste una funzione liscia a valori in [0, 1]
denita su tutta M, a supporto compatto contenuto in A e identicamente uguale a 1
su un intorno di K.
Mostriamo come (9.10) segue da (9.8). Possiamo trovare un numero nito di sottinsiemi
compatti di A le cui parti interne ricoprano K. Vi `e dunque un intorno C di K
compatto e contenuto in A. Vi `e una partizione dellunit` a subordinata al ricoprimento
aperto di M costituito dalla parte interna di C e dal complementare di K. Ci` o signica
che vi sono due funzioni non negative lisce e su M tali che il supporto di sia
contenuto nella parte interna di C, che il supporto di non tocchi K, e che + 1.
Ne segue che la funzione vale identicamente 1 su M \ supp(), che `e un intorno di
K, e quindi ha tutte le caratteristiche richieste.
Le partizioni dellunit` a vengono in genere usate per incollare soluzioni locali di
un problema in modo da ottenerne soluzioni globali. Un esempio di questo tipo di
applicazioni `e il seguente risultato.
Corollario (9.11). Su ogni variet` a dierenziabile vi `e una metrica Riemanniana.
Per dimostrare il corollario ragioniamo come segue. Sia M una variet` a dierenziabile.
Ricopriamo M con aperti coordinati A
i
. Dato che ogni A
i
`e dieomorfo a un aperto
di R
n
, su A
i
vi `e una metrica Riemanniana ,
i
. Scegliamo una partizione dellunit` a
{
i
} subordinata al ricoprimento {A
i
}. Una metrica Riemanniana su M `e
, =

i
,
i
,
dove ogni forma bilineare
i
,
i
si intende estesa a tutta M ponendola uguale alla
forma nulla fuori da A
i
.
`
E infatti chiaro che , `e una forma bilineare simmetrica.
Inoltre essa `e liscia, dato che `e localmente somma di un numero nito di forme
i
,
i
,
ognuna delle quali `e liscia; resta da vedere che `e denita positiva. Sia v un elemento
non nullo di T
p
M. Vi `e un indice i tale che
i
(p) > 0. Allora
v, v
i
(p) v, v
i
> 0 .
Questo conclude la dimostrazione del corollario.
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
10. Un po di algebra lineare
Sia V uno spazio vettoriale su un campo K. Indicheremo con V

lo spazio duale di V .
Una forma bilineare
: V V K
si dice alternante se
(v, v) = 0
per ogni v. Se `e alternante
(10.1) (v, w) = (w, v)
per ogni v e w. Infatti
(v, w) + (w, v) = (v, w) + (w, v) + (v, v) + (w, w) = (v +w, v +w) = 0 .
Viceversa se vale la (10.1) allora, per ogni v, (v, v) = (v, v), cio`e 2(v, v) = 0. Se K
`e di caratteristica diversa da 2, ci` o implica che (v, v) = 0, e dunque che `e alternante.
Pi` u in generale, una forma k-lineare
: V
k
K
si dice alternante se `e alternante in ogni coppia di variabili. Diremo anche che `e
una forma alternante di grado k su V . Dato che ogni permutazione `e un prodotto di
trasposizioni, segue da (10.1) che, se `e una forma alternante di grado k su V e `e
una permutazione degli interi da 1 a k, allora
(v
(1)
, . . . , v
(k)
) = sgn()(v
1
, . . . , v
k
) ,
dove sgn() indica il segno di . Viceversa questa condizione `e equivalente al fatto che
sia alternante se la caratteristica di K non `e 2. Supporremo dora in poi che V sia
uno spazio vettoriale di dimensione nita n. Linsieme delle forme k-lineari alternanti su
V `e uno spazio vettoriale su K, che si indica con
_
k
V

e si chiama k-esima potenza


esterna di V

. Se k = 0 si pone
_
k
V

= K.
Sia : V
k
K una forma k-lineare (non necessariamente alternante). Allora la
forma k-lineare
(v
1
, . . . , v
k
) =

S
k
sgn()(v
(1)
, . . . , v
(k)
) ,
dove S
k
indica il gruppo delle permutazioni di {1, . . . , k}, `e alternante. Supponiamo
infatti che vi siano due indici distinti i e j tali che v
i
= v
j
, e indichiamo con la
trasposizione che scambia i e j. Allora
(v
(1)
, . . . , v
(k)
) = (v
(1)
, . . . , v
(k)
) .
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
124 Note di Geometria Dierenziale
Daltra parte (v
1
, . . . , v
k
) `e somma di termini della forma
sgn()(v
(1)
, . . . , v
(k)
) + sgn()(v
(1)
, . . . , v
(k)
)
= sgn()[(v
(1)
, . . . , v
(k)
) (v
(1)
, . . . , v
(k)
)] ,
e quindi `e nullo.
Un caso particolare della costruzione precedente `e il seguente. Siano e due
forme alternanti di gradi p e q su V . Per quanto si `e visto, la formula
(v
1
, . . . , v
p+q
) =
1
p!q!

S
p+q
sgn()(v
(1)
, . . . , v
(p)
)(v
(p+1)
, . . . , v
(p+q)
)
denisce una forma (p +q)-lineare alternante, che si chiama prodotto esterno di e .
`
E chiaro dalla denizione che `e lineare nei suoi due argomenti. Inoltre
= (1)
pq
.
Infatti, dato che il segno della permutazione
= (q + 1, . . . , p +q, 1, . . . , q)
vale (1)
pq
, si ha
(v
1
, . . . , v
p+q
) =
1
p!q!

sgn()(v
(1)
, . . . , v
(q)
)(v
(q+1)
, . . . , v
(p+q)
)
=
1
p!q!

sgn()(v
(q+1)
, . . . , v
(p+q)
)(v
(1)
, . . . , v
(q)
)
=
1
p!q!

sgn()(v
(1)
, . . . , v
(p)
)(v
(p+1)
, . . . , v
(p+q)
)
= (1)
pq
1
p!q!

sgn()(v
(1)
, . . . , v
(p)
)(v
(p+1)
, . . . , v
(p+q)
)
= (1)
pq
(v
1
, . . . , v
p+q
) .
Indicheremo con S(p, q) linsieme delle permutazioni S
p+q
tali che (1) < < (p) e
(p+1) < < (p+q). Pi` u in generale, se m
1
, . . . , m
h
sono interi positivi e m =

m
i
,
indicheremo con S(m
1
, . . . , m
h
) linsieme delle permutazioni S
m
tali che
(1) < < (m
1
) , (m
1
+ 1) < < (m
1
+m
2
) , . . . .
Notiamo ora che ogni permutazione di {1, . . . , p + q} si scrive in uno e un solo modo
sotto la forma
(10.2) (((1)), . . . , ((p)), (p + (1)), . . . , (p + (q))) ,
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
10. Un po di algebra lineare 125
dove S
p
, S
q
e S(p, q) ; inoltre il segno della permutazione (10.2) vale
sgn()sgn()sgn() .
Quindi, dato che e sono alternanti, vale la formula
(10.3) (v
1
, . . . , v
p+q
) =

S(p,q)
sgn()(v
(1)
, . . . , v
(p)
)(v
(p+1)
, . . . , v
(p+q)
) .
Il prodotto esterno `e associativo. Se , e sono forme alternanti di gradi p, q ed r
si ha infatti
( ) (v
1
, . . . , v
p+q+r
)
=

S(p+q,r)
sgn()( )(v
(1)
, . . . , v
(p+q)
)(v
(p+q+1)
, . . . , v
(p+q+r)
)
=

S(p+q,r)
sgn()

S(p,q)
sgn()(v
(1)
, . . . , v
(p)
)(v
(p+1)
, . . . , v
(p+q)
)
(v
(p+q+1)
, . . . , v
(p+q+r)
)
=

S(p,q,r)
sgn()(v
(1)
, . . . , v
(p)
)(v
(p+1)
, . . . , v
(p+q)
)(v
(p+q+1)
, . . . , v
(p+q+r)
) .
Nello stesso modo si mostra anche che
( (v
1
, . . . , v
p+q+r
)
=

S(p,q,r)
sgn()(v
(1)
, . . . , v
(p)
)(v
(p+1)
, . . . , v
(p+q)
)(v
(p+q+1)
, . . . , v
(p+q+r)
) .
Il prodotto esterno rende
_
V

k0
_
k
V

unalgebra associativa, che si chiama algebra esterna su V

.
Proposizione (10.4). Sia V uno spazio vettoriale di dimensione n su K, e sia v
1
, . . . , v
n
una sua base. Sia w
1
, . . . , w
n
la base duale di V

. Allora una base di


_
k
V

`e costituita
da tutti i prodotti
w
i
1
w
i
k
con i
1
< < i
k
. Dunque la dimensione di
_
k
V

`e
dim
_
k
V

=
_
n
k
_
.
In particolare
_
k
V

= {0} quando k > n.


Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
126 Note di Geometria Dierenziale
Chiamiamo crescenti i multiindici (i
1
, . . . , i
k
) tali che i
1
< < i
k
. Iniziamo
la dimostrazione osservando che, se `e una forma k-lineare alternante tale che
(v
i
1
, . . . , v
i
k
) = 0 per ogni multiindice crescente (i
1
, . . . , i
k
), allora `e la forma nulla.
Infatti, dato che `e alternante, in questo caso (v
j
1
, . . . , v
j
k
) = 0 per qualsiasi multiindice
(j
1
, . . . , j
k
). Daltra parte, se u
1
, . . . , u
k
sono elementi di V e scriviamo
u
i
=

j
a
ij
v
j
,
allora per linearit` a
(u
1
, . . . , u
k
) =

j
1
,...,j
k
a
1j
1
. . . a
kj
k
(v
j
1
, . . . , v
j
k
) = 0 .
Una seconda osservazione `e che, se (i
1
, . . . , i
k
) e (j
1
, . . . , j
k
) sono multiindici crescenti,
allora
w
i
1
w
i
k
(v
j
1
, . . . , v
j
k
) =
k

l=1

i
l
j
l
.
Dimostriamolo per induzione su k. Il caso k = 1 non `e altro che la denizione di base
duale. Per k > 1 la formula (10.3) d` a
w
i
1
w
i
k
(v
j
1
, . . . , v
j
k
) =

l
(1)
l1
w
i
1
(v
j
l
)w
i
2
w
i
k
(v
j
1
, . . . , v
j
l
, . . . , v
j
k
) ,
dove il cappuccio sopra la variabile v
j
l
indica che questa viene omessa. Lipotesi induttiva
dice che in questa somma vi `e al pi` u un termine non nullo, e precisamente quello (se
c`e) per cui i
1
= j
l
e (i
2
, . . . , i
k
) = (j
1
, . . . ,

j
l
, . . . , j
k
). Dato che (i
1
, . . . , i
k
) e (j
1
, . . . , j
k
)
sono multiindici crescenti, questo accade solo se essi sono uguali e l = 1. In questo caso
dunque
w
i
1
w
i
k
(v
j
1
, . . . , v
j
k
) = w
i
1
(v
i
1
)w
i
2
w
i
k
(v
i
2
, . . . , v
i
k
) = 1 .
Sia ora una forma alternante di grado k. Per ogni multiindice (i
1
, . . . , i
k
) poniamo
a
i
1
,...,i
k
= (v
i
1
, . . . , v
i
k
) .
Dico che
(10.5) =

i
1
<<i
k
a
i
1
,...,i
k
w
i
1
w
i
k
.
Infatti

i
1
<<i
k
a
i
1
,...,i
k
w
i
1
w
i
k
(v
j
1
, . . . , v
j
k
) =

a
i
1
,...,i
k
k

l=1

i
l
j
l
= a
j
1
,...,j
k
= (v
j
1
, . . . , v
j
k
) .
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
10. Un po di algebra lineare 127
Per quanto si `e osservato allinizio della dimostrazione, questo prova la (10.5). Notiamo
che la (10.5) mostra che i prodotti w
i
1
w
i
k
con i
1
< < i
k
generano
_
k
V

.
Daltra parte essi sono indipendenti perch`e, se

i
1
<<i
k
a
i
1
,...,i
k
w
i
1
w
i
k
= 0
allora
a
j
1
,...,j
k
=

i
1
<<i
k
a
i
1
,...,i
k
w
i
1
w
i
k
(v
j
1
, . . . , v
j
k
) = 0
per ogni multiindice crescente (j
1
, . . . , j
k
). Questo dimostra la proposizione (10.4).
Esercizi
10.1) Sia V uno spazio vettoriale di dimensione nita n. Sia S
h
V

lo spazio dei tensori


contravarianti simmetrici di grado h su V , cio`e lo spazio dei tensori T tali che
T(x
1
, . . . , x
h
) = T(x
(1)
, . . . , x
(h)
)
per ogni permutazione di 1, . . . , h. Si calcolino la dimensione e una base di S
h
V

10.2) Sia V uno spazio vettoriale di dimensione n su un campo K. Dimostrare che


lalgebra tensoriale

i=0
T
i
(V ) `e una K-algebra associativa.
10.3) Sia V uno spazio vettoriale di dimensione n su un campo K. Sia una forma
h-lineare alternante su V . Si mostri che, se v
1
, . . . , v
h
sono linearmente dipendenti,
allora (v
1
, . . . , v
h
) = 0. Dedurne che
h
(V

) = 0 se h > n.
10.4) Sia V uno spazio vettoriale di dimensione n su un campo K. Sia v un elemento di
V . Si mostri che esistono applicazioni lineari
v
:
h
(V

)
h1
(V

) tali che:
i) Se w V

,
v
(w) = w(v).
ii) Se
h
(V

),
v
( ) =
v
() + (1)
h

v
().
Mostrare che i) e ii) caratterizzano
v
e che
v
() dipende linearmente da v.
10.5) Sia V uno spazio vettoriale di dimensione nita, e ne siano U e W due sottospazi
con basi u
1
, . . . , u
n
e w
1
, . . . , w
m
. Poniamo u = u
1
u
n
, w = w
1
w
m
.
a) Mostrare che U W se e solo se vi sono elementi s
1
, . . . , s
mn
di W tali che
w = s
1
s
mn
u.
b) Mostrare che U W = {0} se e solo se u w = 0.
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
11. Forme dierenziali
Sia M una variet` a dierenziabile. Una forma dierenziale di grado k (o k-forma) su M
`e una applicazione che ad ogni punto p di M associa una forma k-lineare alternante su
T
p
M. Se `e una forma di grado k porremo deg() = k. Spiegheremo ora cosa signica
dire che una k-forma `e continua, o liscia, e cos` via. Avvertiamo comunque n dora il
lettore che, nelluso pratico, forma dierenziale signicher` a per noi forma dierenziale
liscia, a meno che non sia esplicitamente specicato altrimenti.
Se f `e una funzione liscia su un intorno di un punto p di M, possiamo interpretare
il dierenziale di f in p come una forma lineare su T
p
M ponendo
(11.1) df
p
(X) = X(f)
per ogni vettore X T
p
M. Infatti, se x
1
, . . . , x
n
sono coordinate locali su un intorno di
p e scriviamo X =

b
i

x
i
, allora X(f) vale

b
i
f
x
i
(p)
e dipende quindi solo da X e da df
p
. Mostriamo che la (11.1) d` a una identicazione
canonica tra il duale di T
p
M e lo spazio dei dierenziali nel punto p di funzioni lisce.
Per ogni funzione f, il dierenziale df
p
si scrive in modo unico come combinazione lineare
a coecienti reali di dx
1
, . . . , dx
n
, e viceversa ogni combinazione lineare a coecienti
reali

a
i
dx
i
`e della forma df, dove f =

a
i
x
i
. Baster`a quindi mostrare che ai dx
i
corrispondono funzionali lineari indipendenti su T
p
M. Si pu` o in eetti fare di meglio: la
(11.1) dice in particolare che
dx
i
_

x
j
_
=
ij
,
cio`e che dx
1
, . . . , dx
n
`e la base duale di

x
1
, . . . ,

x
n
. Sia ora una forma dierenziale
su M. Per quanto si `e detto e per la proposizione (10.4), si scrive, localmente,
=

i
1
<<i
k
a
i
1
,...,i
k
dx
i
1
dx
i
k
,
dove le a
i
1
,...,i
k
sono funzioni. Diremo che `e di classe C
h
in un punto p se tali sono
le funzioni a
i
1
,...,i
k
. Bisogna mostrare che questa nozione `e indipendente dalla scelta
delle coordinate. Lo faremo mostrando che `e di classe C
h
in p se e solo se, per ogni
scelta di campi di vettori lisci v
1
, . . . , v
k
su un intorno di p, la funzione (v
1
, . . . , v
k
)
`e C
h
in p. Supponiamo infatti che questultima condizione sia vericata. Segue dalla
dimostrazione di (10.4) che
a
i
1
,...,i
k
=
_

x
i
1
, . . . ,

x
i
k
_
,
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
11. Forme dierenziali 129
e quindi le funzioni a
i
1
,...,i
k
sono di classe C
h
, cio`e `e C
h
, in p. Dimostriamo ora il
viceversa; mostreremo anzi di pi` u, e precisamente che, se `e C
h
in p, v
1
, . . . , v
k
sono
campi di vettori lisci lungo una applicazione liscia : N M e q `e un punto di N tale
che (q) = p, allora (v
1
, . . . , v
k
), vista come funzione su N, `e C
h
in q. Scriviamo
v
i
=

b
ij

x
j
,
dove le b
ij
sono funzioni lisce su N. Allora
(v
1
, . . . , v
k
) =

j
1
,...,j
k
b
1j
1
. . . b
kj
k

_

x
j
1
, . . . ,

x
j
k
_
.
Osserviamo che
_

x
j
1
, . . . ,

x
j
k
_
`e nullo se il multiindice (j
1
, . . . , j
k
) contiene ripetizioni;
se invece non vi sono ripetizioni (j
1
, . . . , j
k
) si pu` o scrivere in modo unico sotto la forma
(i
(1)
, . . . , i
(k)
), dove S
k
e i
1
< < i
k
, e quindi

_

x
j
1
, . . . ,

x
j
k
_
= sgn()
_

x
i
1
, . . . ,

x
i
k
_
= sgn()a
i
1
,...,i
k
.
Si conclude che (v
1
, . . . , v
k
) `e combinazione lineare a coecienti lisci delle funzioni
a
i
1
,...,i
k
. Dunque (v
1
, . . . , v
k
) `e di classe C
h
in q. Questo termina la dimostrazione del
fatto che, per le forme dierenziali, la propriet` a di essere C
h
in un punto `e intrinseca.
Diremo che una forma dierenziale su M `e di classe C
h
se `e tale in ogni punto di M.
Date due forme dierenziali e , queste si possono sommare, se hanno lo stesso
grado, o se ne pu` o fare il prodotto esterno; il risultato `e unaltra forma dierenziale,
che `e di classe C
h
se lo sono e . Sia f : N M una applicazione liscia tra variet` a
dierenziabili. Data una k-forma su M deniamo una k-forma f

() su N ponendo,
per ogni k-upla di vettori tangenti a N in un suo punto q,
f

()(v
1
, . . . , v
k
) = (df
q
(v
1
), . . . , df
q
(v
k
)) .
`
E chiaro che, se `e di classe C
h
, lo `e anche f

(). In italiano manca, almeno a


conoscenza dellautore, una parola adeguata per designare f

(); la chiameremo quindi,


allinglese, il pullback di . Lapplicazione f

`e compatibile con la somma e il prodotto


esterno; in altre parole, se e sono due forme dierenziali, si ha che
f

( + ) = f

() +f

() , f

( ) = f

() f

() .
Se g : L N `e unaltra applicazione liscia tra variet` a dierenziabili, segue
immediatamente dalla denizione di pullback che
(f g)

= g

.
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
130 Note di Geometria Dierenziale
In eetti, se u
1
, . . . , u
k
sono vettori tangenti a L in uno stesso punto si ha che
(f g)

()(u
1
, . . . , u
k
) = (d(f g)(u
1
), . . . , d(f g)(u
k
))
= (df(dg(u
1
)), . . . , df(dg(u
k
)))
= f

(dg(u
1
), . . . , dg(u
k
))
= g

(u
1
, . . . , u
k
) .
Ci occuperemo ora delloperazione di dierenziazione esterna. Questa, applicata a
una forma di grado k e di classe C
h
, con h 1, produce una forma di grado k + 1
e classe C
h1
. Quando abbiamo a che fare con una forma di grado zero, cio`e con
una funzione , la derivata esterna di non `e altro che il dierenziale d. In gradi
maggiori di 1 daremo la denizione in un sistema di coordinate ssato, dimostreremo
alcune propriet` a formali della dierenziazione esterna, e inne usando queste mostreremo
che la denizione data `e indipendente dal sistema di coordinate scelto. Sia dunque m
un punto della variet` a dierenziabile M, e sia x
1
, . . . , x
n
un sistema di coordinate su
un intorno di m. Se I = (i
1
, . . . , i
k
) `e un multiindice, scriveremo a volte dx
I
come
abbreviazione per dx
i
1
dx
i
k
. Sia una k-forma dierenziale su un intorno di m.
Possiamo scrivere, in un unico modo,
=

a
I
dx
I
,
dove I varia tra tutti i multiindici crescenti di lunghezza k. La derivata esterna di `e
denita come
d =

da
I
dx
I
.
Una prima propriet` a della dierenziazione esterna che segue immediatamente dalla
denizione `e che, se e sono forme dierenziali dello stesso grado, allora
(11.2) d( + ) = d +d .
Sia J = (j
1
, . . . , j
k
) un multiindice. Come si `e osservato, se J non contiene ripetizioni pu` o
essere scritto in modo unico sotto la forma (i
(1)
, . . . , i
(k)
), dove S
k
e I = (i
1
, . . . , i
k
)
`e un multiindice crescente. Allora, se a `e una funzione,
d(adx
J
) = d(sgn()adx
I
) = sgn()da dx
I
= da dx
J
.
Se invece J contiene ripetizioni sia d(adx
J
) che dadx
J
sono nulli. In ogni caso, quindi,
d(adx
J
) = da dx
J
,
che J sia crescente o no. Siano ora
=

I crescente
di lunghezza p
a
I
dx
I
, =

J crescente
di lunghezza q
b
J
dx
J
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
11. Forme dierenziali 131
forme dierenziali di gradi p e q su un intorno di m. Vale la seguente propriet` a:
(11.3) d( ) = d + (1)
p
d .
Se e sono funzioni, questa `e la regola di Leibniz. Altrimenti, usando le due propriet` a
della dierenziazione esterna che abbiamo dimostrato, si ottiene
d( ) =

d(a
I
b
J
dx
I
dx
J
)
=

d(a
I
b
J
) dx
I
dx
J
=

(b
J
da
I
+a
I
db
J
) dx
I
dx
J
=

da
I
dx
I
b
J
dx
J
+ (1)
p

a
I
dx
I
db
J
dx
J
= d + (1)
p
d .
Mostriamo ora che per ogni forma dierenziale si ha
(11.4) d(d) = 0 .
Per la (11.2), basta farlo quando `e della forma
= adx
I
.
In questo caso
d(d) = d(da dx
I
)
= d
_
_

j
a
x
j
dx
j
dx
I
_
_
=

i,j

2
a
x
i
x
j
dx
i
dx
j
dx
I
=

i<j
_

2
a
x
i
x
j


2
a
x
j
x
i
_
dx
i
dx
j
dx
I
= 0 .
Siamo ora in grado di dimostrare che la denizione di dierenziazione esterna che abbiamo
dato `e indipendente dal sistema di coordinate scelto. Cominciamo collosservare che, se
y
1
, . . . , y
k
sono funzioni su un intorno di m,
d(dy
1
dy
k
) = 0 .
Questo si pu` o dimostrare per induzione, a partire dal caso k = 1, che `e un caso
particolare della (11.4). Se k > 1, usando lipotesi induttiva possiamo scrivere
d(dy
1
dy
k
) = d(dy
1
(dy
2
dy
k
))
= d(dy
1
) (dy
2
dy
k
) dy
1
d(dy
2
dy
k
)
= 0 .
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
132 Note di Geometria Dierenziale
Consideriamo ora una forma dierenziale
=

i
1
<<i
k
b
i
1
,...,i
k
dy
i
1
dy
i
k
,
dove y
1
, . . . , y
n
sono funzioni su un intorno di m. Usando quanto si `e appena osservato
e le propriet` a (11.2), (11.3) e (11.4) si ottiene
d =

i
1
<<i
k
d(b
i
1
,...,i
k
dy
i
1
dy
i
k
)
=

i
1
<<i
k
d(b
i
1
,...,i
k
) dy
i
1
dy
i
k
+b
i
1
,...,i
k
d(dy
i
1
dy
i
k
)
=

i
1
<<i
k
d(b
i
1
,...,i
k
) dy
i
1
dy
i
k
.
Quando y
1
, . . . , y
n
sono coordinate locali su un intorno di m questa formula `e lesatto
analogo di quella usata per denire la derivata esterna nelle coordinate x
1
, . . . , x
n
. Ci` o
mostra che la derivata esterna `e indipendente dalla scelta delle coordinate.
Loperazione di derivata esterna `e compatibile con il pullback, nel senso che, se
f : N M `e una applicazione liscia tra variet` a dierenziabili e `e una forma su M,
allora
d(f

) = f

(d) .
Se `e una funzione ci` o equivale a dire che, per ogni vettore v tangente a N, si ha
d( f)(v) = d(df(v)) .
In eetti
d( f)(v) = v( f) = df(v)() = d(df(v)) .
Se ha grado k > 1 e la sua espressione in coordinate locali `e
=

i
1
<<i
k
a
i
1
,...,i
k
dx
i
1
dx
i
k
,
si ha
f

() =

i
1
<<i
k
(a
i
1
,...,i
k
f)d(x
i
1
f) d(x
i
k
f) ,
e quindi
d(f

) =

i
1
<<i
k
d(a
i
1
,...,i
k
f) d(x
i
1
f) d(x
i
k
f)
=

i
1
<<i
k
f

(da
i
1
,...,i
k
) f

dx
i
1
f

dx
i
k
= f

(d) .
Esempio (11.5) (Le equazioni strutturali di Cartan). Le equazioni strutturali di
Cartan danno un formalismo, basato sulluso di forme dierenziali, per descrivere le
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
11. Forme dierenziali 133
connessioni e le quantit` a da esse derivabili, come il tensore di curvatura, che `e spesso
assai pi` u maneggevole e trasparente di quello basato sulluso dei simboli di Christoel.
Cominciamo con una osservazione di carattere generale. Siano e due 1-forme
su una variet` a M di dimensione n. Dato un punto p di M, le 2-forme e d
corrispondono, nel punto p, a forme bilineari alternanti su T
p
M, che si possono calcolare
esplicitamente. Se X e Y sono vettori tangenti a M in p, allora
(X, Y ) = (X)(Y ) (Y )(X) ,
d(X, Y ) = X((Y )) Y ((X)) ([X, Y ]) .
La prima di queste uguaglianze non `e altro che un caso particolare della denizione
di prodotto esterno. Quanto alla seconda, la dimostrereremo con dei conti espliciti e
pedestri in coordinate locali. Siano dunque x
1
, . . . , x
n
coordinate e scriviamo
=

i
a
i
dx
i
, X =

u
i

x
i
, Y =

v
i

x
i
.
Allora
d(X, Y ) =

u
h
v
k
a
i
x
j
dx
j
dx
i
_

x
h
,

x
k
_
=

u
h
v
k
a
i
x
j
(
jh

ik

ih

jk
)
=

(u
j
v
i
u
i
v
j
)
a
i
x
j
.
Daltra parte
X((Y )) = X
_

a
i
v
i
_
=

u
j
v
i
a
i
x
j
+

a
i
u
j
v
i
x
j
,
e analogamente per Y ((X)), mentre
([X, Y ]) =

a
i
_
u
j
v
i
x
j
v
j
u
i
x
j
_
.
Combinando queste identit` a si ottiene
X((Y )) Y ((X)) ([X, Y ]) =

(u
j
v
i
u
i
v
j
)
a
i
x
j
,
come si voleva.
Sia ora M una variet` a Riemanniana di dimensione n e siano e
1
, . . . , e
n
campi di
vettori indipendenti su un aperto A di M. Diremo che e
1
, . . . , e
n
`e un riferimento mobile
su A. Un esempio di riferimento mobile `e fornito dai campi

x
1
, . . . ,

x
n
, dove x
1
, . . . , x
n
sono coordinate locali su un aperto di M; `e comunque tecnicamente utile avere la libert` a
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
134 Note di Geometria Dierenziale
di usare riferimenti che non siano necessariamente di questo tipo. Siano
1
, . . . ,
n
le
1-forme dierenziali su A denite dalla condizione

i
(e
j
) =
ij
.
In altre parole
1
, . . . ,
n
`e, in ogni punto di A, la base duale di e
1
, . . . , e
n
. In particolare,
se X `e un vettore tangente a M in un punto di A, allora
X =

i
(X)e
i
.
Se X `e come sopra, scriviamo
D
X
e
i
=

ij
(X)e
j
.
Dato che D
X
e
i
`e lineare in X, lo stesso `e vero per
ij
(X): dunque
ij
`e una 1-forma
su A. La prima equazione strutturale di Cartan `e, nella nostra situazione,
(11.6) d
i
=

l

li
.
Per dimostrarla cominciamo col ricordare che la connessione metrica `e simmetrica, e cio`e
che, dati comunque campi di vettori X e Y , si ha
D
X
Y D
Y
X [X, Y ] = 0 ,
o anche, con le nostre notazioni,
0 = D
X
_

i
(Y )e
i
_
D
Y
_

i
(X)e
i
_

i
([X, Y ])e
i
=

(X(
i
(Y )) Y (
i
(X))
i
([X, Y ]))e
i
+

(
l
(Y )
li
(X)
l
(X)
li
(Y ))e
i
.
In altri termini, per ogni i si ha
d
i
(X, Y )

l

li
(X, Y ) = 0 .
Per larbitrariet` a di X e Y , questo d` a la (11.6).
Passiamo alla seconda equazione strutturale di Cartan. Scriviamo
R(X, Y )e
i
=

ij
(X, Y )e
j
,
dove R `e il tensore di Riemann. Dato che R `e bilineare e antisimmetrico in X e Y , le

ij
sono 2-forme su A. La seconda equazione strutturale dice che
(11.7)
ij
= d
ij

il

lj
.
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
11. Forme dierenziali 135
La dimostrazione `e sostanzialmente identica a quella della prima equazione strutturale:
si nota che
R(X, Y )e
i
= D
X
D
Y
e
i
D
Y
D
X
e
i
D
[X,Y ]
e
i
= D
X
_

ij
(Y )e
j
_
D
Y
_

ij
(X)e
j
_

ij
([X, Y ])e
j
=

(X(
ij
(Y )) Y (
ij
(X))
ij
([X, Y ]))e
j

(
il
(X)
lj
(Y )
il
(Y )
lj
(X))e
j
=

d
ij
(X, Y )e
j

il

lj
(X, Y )e
j
,
cio`e che, per ogni i e j,

ij
(X, Y ) = d
ij
(X, Y )

il

lj
(X, Y ) .
Per larbitrariet` a di X e Y questo implica la (11.7).
Le forme dierenziali si possono integrare. Per spiegare come questo avviene `e
necessaria una digressione sulla nozione di orientabilit` a per le variet` a dierenziabili.
Ricordiamo innanzitutto (cf. Cap. 1) che una orientazione su uno spazio vettoriale V di
dimensione nita non `e altro che una classe di equivalenza di basi ordinate di V modulo
la seguente relazione: due basi si dicono equivalenti se la matrice del cambiamento di
base dalluna allaltra ha determinante positivo. Sia ora M una variet` a dierenziabile.
Una orientazione su M `e il dato di una orientazione e
p
su ogni spazio tangente T
p
M,
p M, con la propriet` a che per ogni punto p di M esiste un sistema di coordinate
x
1
, . . . , x
n
su un intorno A di p tale che, per ogni q A, lorientazione e
q
coincida con
quella determinata su T
q
M dalla base

x
1
, . . . ,

x
n
. Una variet` a M si dice orientabile se
ammette una orientazione. Una variet` a dierenziabile orientata `e il dato di una variet` a
dierenziabile orientabile pi` u una scelta di orientazione.
Lemma (11.8). Su una variet` a dierenziabile orientabile connessa vi sono esattamente
due orientazioni.
Sia M la variet` a in questione e sia e = {e
p
} una orientazione su M. Osserviamo intanto
che, se indichiamo con g
p
lorientazione su T
p
M opposta a e
p
, allora g = {g
p
} `e una
orientazione su M. Se infatti x
1
, . . . , x
n
`e un sistema di coordinate su un aperto A di
M tale che in ogni punto di A lorientazione e
p
sia quella determinata da

x
1
, . . . ,

x
n
,
`e chiaro che, per ogni p A, g
p
`e lorientazione corrispondente a

y
1
, . . . ,

y
n
, dove
y
1
= x
1
e y
i
= x
i
per i > 1. Vi sono dunque su M almeno due orientazioni. Supponiamo
che f = {f
p
} sia una terza orientazione e poniamo
A = {p M | f
p
= e
p
} , B = {p M | f
p
= g
p
} .
Gli insiemi A e B sono disgiunti e hanno per unione M; dato che M `e connessa, per
concludere la dimostrazione del lemma baster`a mostrare che sono aperti. Sia p un punto
di A. Vi sono sistemi di coordinate x
1
, . . . , x
n
e y
1
, . . . , y
n
su un intorno connesso V di p
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
136 Note di Geometria Dierenziale
tali che in ogni punto q di V le orientazioni e
q
ed f
q
siano determinate da

x
1
, . . . ,

x
n
e da

y
1
, . . . ,

y
n
. La matrice Jacobiana
J =
_
y
i
x
j
_
i,j=1,...,n
`e non singolare in ogni punto di V ; dato che V `e connesso, det(J) non pu` o cambiare
segno su V . Daltra parte J `e la matrice del cambiamento di base da

y
1
, . . . ,

y
n
a

x
1
, . . . ,

x
n
; dato che f
p
= e
p
, il determinante di J `e positivo in p, e quindi su tutto
V . Ci` o signica che le basi

y
1
, . . . ,

y
n
e

x
1
, . . . ,

x
n
sono concordemente orientate in
ogni punto di V , e dunque che V A. Ci` o mostra che A `e aperto. Allo stesso modo
si procede per B. Il lemma `e dimostrato.
Sia M una variet` a dierenziabile orientata. Una carta locale x
1
, . . . , x
n
su M si
dice orientata se in ogni punto lorientazione corrispondente a

x
1
, . . . ,

x
n
`e quella di
M. Un atlante orientato su M `e un atlante costituito da carte orientate.
`
E chiaro che,
se e sono carte appartenenti a un atlante orientato, allora il determinante della
matrice Jacobiana J(
1
) `e positivo. Viceversa, sia A un atlante su una variet` a
dierenziabile M con la propriet` a che, per ogni coppia , di carte di A, la matrice
J(
1
) ha ovunque determinante positivo. Allora vi `e su M una (e una sola)
orientazione per cui A sia un atlante orientato. Se p `e un punto di M, basta porre
su T
p
M lorientazione determinata da

x
1
, . . . ,

x
n
, dove x
1
, . . . , x
n
`e una carta locale
appartenente ad A; chiaramente questa non dipende dalla particolare carta scelta.
Esempio (11.9). Sia S una supercie in R
3
. Di solito si dice che S `e orientabile se ha
due facce. Vogliamo mostrare che questa nozione di orientabilit` a coincide con la nostra,
e pi` u esattamente che S `e orientabile se e solo se vi `e su di essa un campo continuo
(in eetti liscio) di vettori unitari normali. Poniamo su R
3
lorientazione standard e
consideriamo i vettori tangenti a S come elementi di R
3
. Supponiamo dapprima che S
sia orientabile e ssiamo una orientazione su S. Se p `e un punto di S, deniamo N
p
come il vettore unitario normale a S tale che

u
1
,

u
2
, N
p
sia una base positivamente orientata di R
3
, dove u
1
, u
2
`e un sistema di coordinate
orientato su un intorno di p. Se v
1
, v
2
`e un altro sistema di coordinate orientato, la
matrice del cambiamento di base da

u
1
,

u
2
, N
p
a

v
1
,

v
2
, N
p
`e
_
_
(u
1
,u
2
)
(v
1
,v
2
)
0
0 1
_
_
,
il cui determinante `e det
_
(u
1
,u
2
)
(v
1
,v
2
)
_
, che `e positivo.
`
E chiaro quindi che N
p
non dipende
dalla scelta delle coordinate, purche queste siano orientate. Localmente si ha
N =

u
1


u
2


u
1


u
2

.
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
11. Forme dierenziali 137
Ci` o mostra che N `e un campo liscio di vettori unitari normali a S. Rovesciamo questo
ragionamento e mostriamo viceversa che, se un campo N con queste caratteristiche esiste,
allora S `e orientabile. Dobbiamo trovare un atlante orientato per S. Se p `e un punto di
S, scegliamo un sistema di coordinate u
1
, u
2
su un intorno di p. Possiamo supporre che

u
1
,

u
2
, N
p
sia una base positivamente orientata di R
3
; se questo non accade, infatti,
basta rimpiazzare u
1
, u
2
con u
1
, u
2
. La collezione di tutte le carte locali cos` ottenute
`e un atlante orientato A per S. Infatti, se v
1
, v
2
`e unaltra carta in A, il determinante
della matrice cambiamento di base da

u
1
,

u
2
, N
p
a

v
1
,

v
2
, N
p
, che `e positivo, vale
det
_
(u
1
,u
2
)
(v
1
,v
2
)
_
.
Lemma (11.10). Sia M una variet` a dierenziabile di dimensione n. Allora M `e
orientabile se e solo se vi `e su M una n-forma ovunque non nulla.
Nel dimostrare il lemma supponiamo dapprima che una n-forma mai nulla esista. Sia
x
1
, . . . , x
n
un sistema di coordinate locali su M. In queste coordinate si pu` o scrivere,
localmente,
= f dx
1
dx
n
,
dove f `e una funzione mai nulla. Nellintorno di ogni punto di M si pu` o scegliere
un sistema di coordinate in modo che f sia positiva. La collezione di questi sistemi
di coordinate `e un atlante A; vediamo che `e orientato. Se x
1
, . . . , x
n
`e come sopra e
y
1
, . . . , y
n
`e un altro sistema di coordinate in A, possiamo scrivere
= g dy
1
dy
n
,
dove g `e positiva. Daltra parte
dy
1
dy
n
=

j
1
,...,j
n
y
1
x
j
1
. . .
y
n
x
j
n
dx
j
1
dx
j
n
=

S
n
y
1
x
(1)
. . .
y
n
x
(n)
dx
(1)
dx
(n)
= det
_
(y
1
, . . . , y
n
)
(x
1
, . . . , x
n
)
_
dx
1
dx
n
,
e quindi
(11.11) det
_
(y
1
, . . . , y
n
)
(x
1
, . . . , x
n
)
_
=
f
g
`e positivo, come si doveva dimostrare.
Supponiamo ora che M sia orientabile, e costruiamo una n-forma mai nulla su M.
Scegliamo una orientazione su M e un atlante orientato {(U
i
,
i
)} per M. Se x
1
, . . . , x
n
sono le componenti di
i
poniamo

i
= dx
1
dx
n
.
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
138 Note di Geometria Dierenziale
Scegliamo poi una partizione dellunit` a {
i
} subordinata al ricoprimento {U
i
}, e poniamo
=

i
,
dove
i

i
`e posto uguale a zero fuori da U
i
. La n-forma `e liscia su tutta M; resta
da vedere che non si annulla in alcun punto. Se p appartiene a M le funzioni
i
il cui
supporto contiene p sono in numero nito; indichiamole con
i
1
, . . . ,
i
h
. Se x
1
, . . . , x
n
`e una carta orientata su un intorno di p, si pu` o scrivere, localmente,

i
j
= f
j
dx
1
dx
n
,
dove le f
j
sono funzioni positive. Dunque, nel punto p,
=
h

j=1

i
j
f
j
dx
1
dx
n
.
Ne segue che non si annulla in p, perch`e in questo punto la funzione

i
j
f
j
`e
positiva, in quanto somma di funzioni non negative almeno una delle quali strettamente
positiva in p. Questo completa la dimostrazione del lemma.
Sia M una variet` a dierenziabile orientata di dimensione n, e sia una n-forma
su M. Diremo che `e positiva (risp. non negativa) se, dato comunque un sistema
di coordinate positivamente orientato x
1
, . . . , x
n
su M, la forma si scrive localmente
f dx
1
dx
n
, dove f `e una funzione positiva (risp. non negativa). Il lemma che
abbiamo appena dimostrato mostra tra laltro che su M vi sono n-forme positive.
Possiamo ora spiegare cosa signica integrare una forma. Sia dunque una n-
forma su una variet` a dierenziabile orientata (come vedremo questo `e essenziale) M di
dimensione n. Vogliamo dare un senso a
_
M
.
Lo faremo dapprima quando `e continua e a supporto compatto. Iniziamo dal caso in cui
supp() `e contenuto nel dominio U di un sistema orientato di coordinate = (x
1
, . . . , x
n
).
Su U possiamo scrivere
= f dx
1
dx
n
.
Poniamo
_
M
=
_
(U)
f
1
d,
dove d `e la misura di Lebesgue su R
n
.
`
E chiaro che questo integrale `e additivo, cio`e
che, se `e unaltra n-forma, si ha
_
M
( + ) =
_
M
+
_
M
.
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
11. Forme dierenziali 139
Mostriamo che lintegrale di non dipende dalla scelta delle coordinate. Sia
= (y
1
, . . . , y
n
) unaltra carta locale orientata su un intorno di supp(); in queste
coordinate possiamo scrivere
= g dy
1
dy
n
,
dove
g = f det
_
(x
1
, . . . , x
n
)
(y
1
, . . . , y
n
)
_
(cf. (11.11)). Dato che i sistemi di coordinate in gioco sono orientati, il determinante
det
_
(x
1
, . . . , x
n
)
(y
1
, . . . , y
n
)
_
= det(J(
1
))
`e positivo. Si ha dunque
_
(supp )
g
1
d =
_

1
((supp ))
(f
1
) (
1
) det(J(
1
))d
=
_

1
((supp ))
(f
1
) (
1
)| det(J(
1
))|d
=
_
(supp )
f
1
d,
per il teorema di cambiamento di variabile negli integrali multipli.
Per denire lintegrale di anche quando supp non `e contenuto in un aperto
coordinato ci serviremo di una partizione dellunit` a {
i
} subordinata a un ricoprimento
{A
i
} di M con aperti coordinati, ponendo
(11.12)
_
M
=

i
_
M

i
.
Mostriamo che questa denizione ha senso. In primo luogo, per ogni i, supp(
i
) `e un
compatto contenuto nellaperto coordinato A
i
, e quindi gli addendi del membro di destra
di (11.12) sono ben deniti. In secondo luogo, dato che la famiglia dei supporti delle

i
`e localmente nita, vi `e solo un numero nito di indici i per cui supp() supp(
i
)
non `e vuoto, e quindi la somma in (11.12) `e in realt` a una somma nita. Dobbiamo
ora dimostrare che la denizione (11.12) `e indipendente dalla scelta del ricoprimento
e della partizione dellunit` a. Sia dunque {B
j
} un altro ricoprimento di M con aperti
coordinati e sia {
j
} una partizione dellunit` a ad esso subordinata. Usando ladditivit` a
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
140 Note di Geometria Dierenziale
dellintegrale si ottiene
_
M
=

i
_
A
i

i
_
A
i
_

j
_

i,j
_
A
i
B
j

j
_
B
j
_

i
_

j
_
B
j

j
,
come si doveva dimostrare.
Ad ogni n-forma continua su M si pu` o associare una misura d

ponendo, per
ogni funzione f continua e a supporto compatto,
_
M
f d

=
_
M
f.
Possiamo dunque parlare di funzioni misurabili o integrabili, nonche di integrale di una
funzione, rispetto a questa misura. Scegliamo ora una che sia liscia e positiva. Ogni
n-forma si pu` o scrivere come f, dove f `e una funzione. Diremo che `e misurabile
o integrabile se lo `e f, e in questultimo caso porremo
_
M
=
_
M
f d

.
Mostriamo che queste nozioni sono indipendenti dalla scelta di . Se `e unaltra
n-forma liscia e positiva, possiamo scrivere = g, dove g `e una funzione liscia e
positiva, e dunque = fg.
`
E chiaro che d

= g d

. Dunque f `e misurabile rispetto


a d

se e solo se lo `e rispetto a d

, e questo avviene se e solo se `e misurabile fg.


Quanto allintegrale, si ha ovviamente
_
M
=
_
M
f d

=
_
M
fg d

.
Lintegrale di forme ora denito si riduce, quando lintegrando `e continuo e a supporto
compatto, a quello denito in precedenza. Va anche osservato che, se `e una n-forma
integrabile e {
i
} `e una partizione dellunit` a si ha, come nel caso in cui lintegrando `e
continuo a supporto compatto,
(11.13)
_
M
=

i
_
M

i
.
Che ci`o sia vero segue dal teorema di convergenza dominata; la serie che compare in
questa identit` a converge assolutamente.
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
11. Forme dierenziali 141
Se `e una n-forma su M e K un sottinsieme di M porremo
_
K
=
_
M

K
,
dove
K
`e la funzione caratteristica di K.
`
E utile osservare che, se K `e contenuto in
una sottovariet` a propria N M, allora lintegrale di su K `e nullo. In virt` u della
(11.13) la questione `e locale. Ci si pu` o dunque limitare a trattare il caso in cui M sia
un aperto di R
n
e N una sua sottovariet` a lineare; ma allora quanto aermato segue dal
fatto che N ha misura di Lebesgue nulla.
Una propriet` a formale ovvia dellintegrale di forme `e la linearit` a: se e sono
due n-forme dierenziali su M, e a e b due numeri reali, allora
_
M
(a +b) = a
_
M
+b
_
M
.
Unaltra propriet` a importante dellintegrale ha a che fare con lintegrazione di pullback di
forme. Sia f : M N un dieomorsmo tra variet` a dierenziabili orientate di dimensione
n. Supponiamo che f sia orientata, cio`e che il determinante della sua matrice Jacobiana,
calcolata rispetto a coordinate orientate sia su M che su N, sia ovunque positivo. Allora,
se `e una n-forma integrabile su N, anche f

() `e integrabile e vale luguaglianza


_
M
f

() =
_
N
.
Usando opportune partizioni dellunit` a, nel dimostrarlo si pu` o supporre che i supporti di
che f

() siano contenuti in aperti coordinati, e quindi in denitiva che M e N siano


aperti in R
n
; in questo caso il risultato che dobbiamo dimostrare `e una conseguenza
immediata della formula di cambiamento di variabile negli integrali multipli. Se infatti
x
1
, . . . , x
n
e y
1
, . . . , y
n
sono coordinate su M e su N, possiamo scrivere, localmente,
= g dy
1
dy
n
,
e dunque
f

() = g f det
_
(y
1
, . . . , y
n
)
(x
1
, . . . , x
n
)
_
dx
1
dx
n
.
Dato che f `e orientata ne segue che
_
M
f

() =
_
M
g f det
_
(y
1
, . . . , y
n
)
(x
1
, . . . , x
n
)
_
dx
1
. . . dx
n
=
_
M
g f

det
_
(y
1
, . . . , y
n
)
(x
1
, . . . , x
n
)
_

dx
1
. . . dx
n
=
_
N
g dy
1
. . . dy
n
.
Siano ora M e N variet` a dierenziabili, e si supponga N orientata e di dimensione
k. Sia una forma dierenziale di grado k su M, e sia K un sottoinsieme di N.
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
142 Note di Geometria Dierenziale
Sia : K M una applicazione liscia; ci` o signica che `e la restrizione a K di una
applicazione liscia da un intorno di K a M. Lintegrale di lungo `e
_

=
_
K

() .
Pi` u in generale, se c =

r
i

i
`e una combinazione lineare formale nita a coecienti
reali di applicazioni lisce
i
: K
i
M, dove i K
i
sono sottinsiemi di variet` a orientate
k-dimensionali, porremo
_
c
=

i
r
i
_

i
.
Un risultato fondamentale della teoria dellintegrazione di forme dierenziali `e la
formula di Stokes. Per enunciarla ci serve un po di nomenclatura. Scriveremo I per
indicare lintervallo [0, 1]. Sia X uno spazio topologico. Quello che viene chiamato
pomposamente k-cubo singolare in X non `e altro che una applicazione continua
: I
k
X .
Se F `e un anello commutativo, una k-catena (cubica) singolare in X con coecienti in
F `e una combinazione lineare formale nita

r
i

i
, dove gli r
i
sono elementi di F e i
i
sono k-cubi singolari in X. Linsieme delle k-catene singolari in X a coecienti in F `e
un modulo su F, che indicheremo con C
k
(X, F). Se X `e una variet` a dierenziabile una
catena singolare si dir` a liscia se `e composta da cubi singolari lisci. Deniamo operatori
di faccia
i,
: I
k1
I
k
, per i = 1, . . . , k e = 0, 1 ponendo

i,
(x
1
, . . . , x
k1
) = (x
1
, . . . , x
i1
, , x
i
, . . . , x
k1
) .
Se `e un k-cubo singolare il bordo di `e la (k 1)-catena singolare
(11.14) =

i,
(1)
i+

i,
.
Per illustrare il signicato di questa denizione conviene soermarsi sul caso in cui X `e
una variet` a dierenziabile di dimensione k e `e la restrizione a I
k
di un dieomorsmo
orientato da un intorno di I
k
su un aperto di X. Possiamo allora pensare x
1
, . . . , x
k
come coordinate locali orientate su un intorno di K = (I
k
) e il bordo topologico di
K `e lunione dei sottinsiemi K
i,
=
i,
(I
k1
). Pensiamo K
i,
come sottinsieme della
sottovariet` a X
i,
= {x
i
= }, orientata in modo che, se p `e un suo punto, v
1
, . . . , v
k1
`e
una base orientata di T
p
X
i,
e N `e un vettore normale a X
i,
e diretto verso lesterno
di K, la base N, v
1
, . . . , v
k1
di T
p
X sia positivamente orientata.
`
E immediato vericare
che, se `e una (k 1)-forma su X, si ha
_
K
i,
= (1)
i+
_

i,
.
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
11. Forme dierenziali 143
Quindi, in modo un po impreciso ma sostanzialmente corretto, si pu` o dire che lintegrale
_

`e pari allintegrale di sul bordo di K, quando su questo, nei punti lisci, si scelga
lorientazione che, aggiunta a un vettore che punta verso lesterno di K, d` a lorientazione
di X. Possiamo dunque concludere che i segni nella (11.14) non sono altro che un modo
di tenere conto dellorientazione corretta delle varie facce di .
Abbiamo denito loperatore bordo per k-cubi singolari. Pi` u in generale, il bordo di
una k-catena singolare c =

r
i

i
`e denito per linearit` a come
c =

i
r
i

i
.
Una propriet` a importante delloperatore bordo `e che
2
= 0. Per vederlo basta mostrare
che
2
= 0 per ogni k-cubo singolare .
`
E immediato vericare che gli operatori di
faccia soddisfano le relazioni di commutazione

j,

i,
=
i+1,

j,
se i j ,

j,

i,
=
i,

j1,
se i < j .
Usando queste relazioni possiamo scrivere
() =
_

(1)
+j

j,
_
=

(1)
++i+j

j,

i,
=

i<j
(1)
++i+j

j,

i,
+

ij
(1)
++i+j

i+1,

j,
.
=

i<j
(1)
++i+j

j,

i,
+

i<j
(1)
++i+j1

j,

i,
= 0 .
Sia f : X Y una applicazione continua tra spazi topologici. Se `e un k-cubo singolare
in X, indicheremo con f

() il k-cubo singolare f . Pi` u in generale, se c =

r
i

i
`e
una k-catena in X a coecienti in F, poniamo
f

(c) =

r
i
f

(
i
) .
Ci` o denisce un omomorsmo
f

: C
k
(X, F) C
k
(Y, F) .
Segue immediatamente dalle denizioni che f

commuta con , cio`e che per ogni catena


c si ha
(11.15) (f

c) = f

(c) ,
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
144 Note di Geometria Dierenziale
e inoltre che, se g : Y Z `e una applicazione continua,
g

= (g f)

.
Sia f : X Y una applicazione liscia tra variet` a dierenziabili, e sia c una k-catena
liscia a coecienti reali su X; allora anche f

(c) `e liscia, e inoltre per ogni k-forma


su Y si ha che
(11.16)
_
c
f

() =
_
f

(c)
.
Siamo ora in grado di enunciare e dimostrare una versione abbastanza generale della
formula di Stokes.
Teorema (11.17) (Formula di Stokes; prima versione). Sia una (k 1)-forma
liscia su una variet` a dierenziabile M, e sia c una k-catena singolare liscia a coecienti
reali in M. Allora
_
c
d =
_
c
.
Poiche i due lati dipendono linearmente da c, basta fare la dimostrazione quando c `e un
k-cubo singolare . Anzi, in virt` u delle (11.15) e (11.16), baster` a fare la dimostrazione
nel caso in cui M `e un aperto A R
k
contenente I
k
e il k-cubo in questione `e
linclusione di I
k
in A. Infatti, se `e una estensione liscia di a un intorno di I
k
,
allora =

(), e quindi
_

d =
_

(d) =
_

d(

()) ,
_

=
_

()
=
_

() .
Quanto va dimostrato `e dunque che, se `e una (k 1)-forma su un intorno di I
k
in
R
k
, allora
(11.18)
_
I
k
d =

(1)
i+
_
I
k1

i,
() .
Se x
1
, . . . , x
k
sono le coordinate euclidee in R
k
, possiamo scrivere
=

i
f
i
dx
1


dx
i
dx
k
.
Dato che i due lati di (11.18) sono R-lineari in , baster` a dimostrare la (11.18) stessa
quando
= f dx
1

dx
h
dx
k
.
In questo caso
d = (1)
h1
f
x
h
dx
1
dx
k
,
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
11. Forme dierenziali 145
e quindi
_
I
k
d = (1)
h1
_
I
k
f
x
h
dx
1
. . . dx
k
= (1)
h1
_
I
k1
__
1
0
f
x
h
dx
h
_
dx
1
. . .

dx
h
. . . dx
k
= (1)
h1
_
I
k1
f(x
1
, . . . , x
h1
, 1, x
h+1
, . . . , x
k
)dx
1
. . .

dx
h
. . . dx
k
(1)
h1
_
I
k1
f(x
1
, . . . , x
h1
, 0, x
h+1
, . . . , x
k
)dx
1
. . .

dx
h
. . . dx
k
.
Daltra parte, se indichiamo con y
1
, . . . , y
k1
le coordinate euclidee in R
k1
, abbiamo
che

i,
() =
_
f(y
1
, . . . , y
h1
, , y
h
, . . . , y
k1
)dy
1
dy
k1
se i = h,
0 altrimenti,
e dunque

(1)
i+
_
I
k1

i,
() = (1)
h+1
_
I
k1

h,1
() + (1)
h
_
I
k1

h,0
()
= (1)
h1
_
I
k1
f(y
1
, . . . , y
h1
, 1, y
h
, . . . , y
k1
)dy
1
. . . dy
k1
(1)
h1
_
I
k1
f(y
1
, . . . , y
h1
, 0, y
h
, . . . , y
k1
)dy
1
. . . dy
k1
=
_
I
k
d.
Questo conclude la dimostrazione della formula di Stokes nella sua prima versione.
Osserviamo che la formula di Stokes `e una generalizzazione multidimensionale del
teorema fondamentale del calcolo integrale; in eetti proprio a questo teorema si riduce
la formula quando k = 1 e la catena c `e l1-cubo banale in R. Va tra laltro osservato
che, a parte luso di una notazione intelligente e una certa astuzia combinatoria, i soli
ingredienti della dimostrazione sono il teorema fondamentale del calcolo integrale e il
teorema di Fubini.
Daremo ora una seconda versione della formula di Stokes che ha carattere leggermente
pi` u geometrico. Sia A un aperto di una variet` a dierenziabile M di dimensione n. Diremo
che il bordo di A `e liscio a tratti se per ogni punto p di A vi `e una carta locale (U, )
su un intorno di p tale che U A sia connesso e che (U A) sia lintersezione di (U)
con una unione nita di intersezioni nite di semispazi chiusi i cui bordi contengono
(p).
Nel caso in cui la dimensione di M sia 2 questo equivale a dire che il bordo di A `e
unione disgiunta di curve C

a tratti che soddisfano la seguente condizione: se (t) `e


una parametrizzazione di una di queste curve tramite la lunghezza darco, allora (t

) `e
diverso da (t
+
) per ogni t. In altri termini, il bordo di A non deve contenere spine
del tipo di quella disegnata qui sotto.
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
146 Note di Geometria Dierenziale
In eetti in dimensione 2 una intersezione nita di semispazi i cui bordi passano per un
punto p non `e altro che una regione delimitata da due semirette uscenti da p e formanti
tra loro un angolo di non pi` u di , mentre una unione nita di regioni di questo tipo la
cui parte interna sia connessa non `e altro che una regione delimitata da due semirette
uscenti da p o lintero piano.
Se A ha bordo liscio a tratti linsieme dei punti di A nellintorno dei quali A
appare, in coordinate opportune, come un semispazio, `e una sottovariet` a dierenziabile
di M di dimensione n1, che chiameremo la parte liscia di A. Quando M `e orientata,
orienteremo la parte liscia del bordo di A in base alla seguente convenzione. Se p `e un
punto della parte liscia di A una base v
1
, . . . , v
n1
di T
p
(A) sar`a positivamente orientata
se `e positivamente orientata, come base di T
p
M, la n-upla di vettori N, v
1
, . . . , v
n1
,
dove N `e un vettore normale a A che punta verso lesterno di A. Se M `e orientata e
`e una forma dierenziale di grado n 1 su M lintegrale di su A `e denito come
lintegrale di sulla parte liscia di A. Possiamo ora enunciare la formula di Stokes
sotto una nuova forma.
Teorema (11.19) (Formula di Stokes; seconda versione). Sia M una variet` a
dierenziabile orientata di dimensione n, e sia una (n 1)-forma liscia a supporto
compatto su M. Sia A un aperto di M con bordo liscio a tratti. Allora
_
A
d =
_
A
.
In pratica si user` a quasi sempre la seguente conseguenza di (11.19).
Corollario (11.20). Sia M una variet` a dierenziabile orientata di dimensione n, e sia
una (n 1)-forma liscia su M. Sia A un aperto di M, relativamente compatto e con
bordo liscio a tratti. Allora
_
A
d =
_
A
.
Per dedurre il corollario dal teorema si sceglie una funzione liscia a supporto compatto
che valga 1 su un intorno di A, e si applica (11.19) a ottenendo
_
A
d =
_
A
d() =
_
A
=
_
A
.
Veniamo ora alla dimostrazione di (11.19). Il primo passo consiste nel ridursi ad un
enunciato di natura locale. Possiamo trovare un numero nito di carte locali (U
i
,
i
),
i = 1, . . . , k, tali che supp A sia ricoperto dagli U
i
. Possiamo inoltre supporre che
per ognuna di queste carte o U
i
sia interamente contenuto in A oppure U
i
A sia
connesso e
i
(U
i
A) sia lintersezione di
i
(U
i
) con una unione nita di intersezioni
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
11. Forme dierenziali 147
nite di semispazi chiusi i cui bordi contengono uno stesso punto, che si pu` o supporre
essere lorigine in R
n
. Scegliamo poi una partizione dellunit` a
1
, . . . ,
k
, subordinata
al ricoprimento di M dato da U
1
, . . . , U
k
, U, dove si `e posto U = M \ (suppA). Dato
che

|A
=
k

i=1
(
i
)
|A
,
baster`a dimostrare (11.19) sotto lipotesi aggiuntiva che supp sia contenuto in uno degli
U
i
, cio`e, in denitiva, sotto lipotesi che M = R
n
, che A sia connesso e che A sia una
unione nita di intersezioni nite di semispazi chiusi i cui bordi contengono lorigine.
La situazione `e particolarmente semplice per n = 2; inizieremo dunque col discutere
questo caso. Per quanto si `e osservato, A `e tutto R
2
oppure `e una regione limitata da
due semirette uscenti dallorigine; in questa secondo caso, con un cambiamento lineare
orientato di coordinate possiamo supporre che A sia linterno del primo quadrante,
linterno dellunione del primo e secondo quadrante, oppure linterno dellunione dei
primi tre quadranti. Indichiamo le parti interne dei quattro quadranti con A
1
, . . . , A
4
.
Valutiamo lintegrale di d su A
1
. Dato che ha supporto compatto si pu` o trovare
un quadrato Q con due lati sul bordo di A
1
e tale che supp A
1
sia contenuto nella
parte interna di Q.
Si pu` o applicare a Q e la formula di Stokes nella sua prima versione ottenendo
_
A
1
d =
_
Q
d =
_
Q
=
_
A
1
,
dove Q e A
1
sono orientati in modo che percorrendoli nel verso positivo ci si trovi
a sinistra linterno di Q o di A
1
. Se A = A
1
questo conclude la dimostrazione. Se
invece, ad esempio, A = A
1
A
2
, allora
_
A
d =
_
A
1
d +
_
A
2
d =
_
A
1
+
_
A
2
=
_
A
,
dato che la semiretta che separa primo e secondo quadrante va orientata in versi opposti
a seconda che la si consideri come parte del bordo di A
1
o di A
2
, e quindi i suoi
contributi agli integrali di su A
1
e su A
2
si elidono. Allo stesso modo si trattano
i casi in cui A sia lunione dei primi tre quadranti o tutto R
2
. La dimostrazione della
formula di Stokes, nella sua seconda versione, `e dunque completa per n = 2.
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
148 Note di Geometria Dierenziale
Esercizi
11.1) Sia x un punto su una variet` a dierenziabile M di dimensione n. Siano f
1
, . . . , f
n
funzioni dierenziabili su un intorno di x. Mostrare che queste funzioni sono un
sistema di coordinate locali su un intorno opportuno di x se e solo se df
1
df
n
= 0
in x.
11.2) Mostrare che il brato tangente di una variet` a dierenziabile `e sempre orientabile.
11.3) Sia M una variet` a dierenziabile di dimensione n, e sia f una funzione C

su M.
Poniamo N = {x M|f(x) = 0}, e supponiamo che df non si annulli mai lungo N,
cosicche N `e una sottovariet` a di M di dimensione n 1. Consideriamo lo spazio
vettoriale A delle n-forme su M N della forma (1/f), dove `e una forma C

su tutto M, e indichiamo con B lo spazio vettoriale delle n 1-forme su N.


a) Mostrare che, lungo N, ogni elemento di A si scrive localmente sotto la forma
(df/f) , dove `e una n 1-forma C

.
b) Mostrare che
(df/f)
|N
denisce una applicazione lineare
res : A B.
c) Mostrare che A e res non dipendono dalla scelta di f ma solo da N.
d) Mostrare che res `e C

-lineare, nel senso che, se g `e una funzione C

su M,
allora res(g) = g
|N
res().
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
12. I teoremi di Gauss-Bonnet e dellindice
Esercizi
12.1) Sia M una supercie compatta, connessa e orientabile in R
3
. Si mostri che, se M
non `e omeomorfa a S
2
, allora vi `e almeno un punto in cui la curvatura Gaussiana
di M `e negativa.
12.2) Calcolare direttamente (cio`e senza usare il teorema di Gauss-Bonnet) la curvatura
totale di un toro di rotazione in R
3
.
12.3) Sia D = {(x, y) R
2
|y > 0}, e sia B un sottinsieme compatto di D il cui bordo
`e costituito da tre archi di cerchio AB, BC e CA con centro sulla retta y = 0.
Mostrare che
_
B
dx dy
y
2
= ,
dove , e sono gli angoli interni del triangolo ABC.
12.4) Calcolare la curvatura totale delle regioni di supercie disegnate qui sotto (il bordo
delle regioni `e indicato con un tratto pi` u pesante):
Nella gura a) il bordo `e una geodetica, in b) il triangolo giace in un aperto della
supercie che `e contenuto in un piano, in c) il bordo `e un triangolo geodetico con
angoli esterni
1
,
2
e
3
.
12.5) Sia M una supercie compatta e connessa in R
3
. Supponiamo che la curvatura
Gaussiana di M sia ovunque strettamente positiva. Si mostri che M `e omeomorfa
a S
2
.
12.6) Sia D il disco di Poincare, cio`e il disco unitario in R
2
centrato nellorigine e dotato
della metrica
g
ij
=
4
ij
(1 x
2
1
x
2
2
)
2
.
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
150 Note di Geometria Dierenziale
Sia C un cerchio di raggio r < 1 centrato nellorigine. Si calcoli la curvatura
geodetica di C rispetto alla metrica di Poincare.
12.7) Calcolare la curvatura totale della supercie in R
3
:
(u, ) =
_
aucos , busin,
1
1 +u
2
_
,
dove a e b sono costanti positive.
12.8) Sia S = {(x, y, z) R
3
|x
2
+y
10
+z
6
= 1}. Si calcolino
_
S
KdV, K(p),
dove K `e la curvatura Gaussiana di S e p = (0, 0, 1).
12.9) Sia X il disco unitario di centro lorigine in R
2
, dotato della metrica di Poincare
g
ij
=

ij
(1 x
2
y
2
)
2
.
Siano A, B e C tre punti distinti sul bordo di X, e si indichi con Y la regione
delimitata dai tre archi di cerchio in X che congiungono A con B, B con C e C
con A e sono ortogonali al bordo di X (vedi gura qui sotto). Si trovi larea di Y ,
calcolata rispetto alla metrica di Poincare.
12.10) Siano
1
e
2
geodetiche su una supercie di curvatura negativa. Vero o falso:

1
e
2
non possono incontrarsi in pi` u di un punto.
12.11) Si consideri il semipiano di Poincare
H = {(x, y) R
2
| y > 0} , ds
2
=
1
y
2
(dx
2
+dy
2
)
Si mostri che:
a) le geodetiche in H hanno lunghezza innita;
b) larea di H `e innita;
c) i triangoli geodetici in H hanno area nita e limitata (uniformemente).
Se T `e un triangolo rettangolo geodetico, `e vero che larea di T `e data dalla formula
1/2(cateto cateto) ?
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
12. I teoremi di Gauss-Bonnet e dellindice 151
12.12) Si dimostri che per una supercie S R
3
orientata, compatta, connessa e
semplicemente connessa, con curvatura media H, si ha
_
H
2
dA 16
(dA `e lelemento di volume su S) e luguaglianza vale se e solo se S `e una sfera
(suggerimento: si consideri lequazione caratteristica delle curvature principali).
12.13) Sia U un aperto omeomorfo a un disco su una supercie di curvatura negativa.
Mostrare che U non pu` o contenere geodetiche : [0, 1] U tali che (0) = (1).
Mostrare che la conclusione `e falsa se non si richiede che U sia omeomorfo a un
disco.
12.14) Sia X una supercie compatta connessa orientabile in R
3
di curvatura ovunque
positiva. Una geodetica chiusa su X `e un arco di geodetica : [a, b] X tale che
(a) = (b),

(a) =

(b) e inoltre, se t t

, (t) = (t

) se e solo se t = t

oppure
t = a, t

= b. Si mostri che due geodetiche chiuse su X devono necessariamente


incontrarsi.
12.15) Sia S una supercie in R
3
. Sia p un punto di S. Si mostri che, se U `e un intorno
sucientemente piccolo di p, allora U non contiene geodetiche chiuse (ricordiamo
che una geodetica chiusa `e una geodetica : [a, b] S tale che (a) = (b),

(a) =

(b)).
12.16) Sia U una regione semplicemente connessa in una supercie. Si supponga che il
bordo di U sia costituito da due archi di geodetica toccantisi negli estremi. Si
mostri che vi deve essere un punto interno a U in cui la curvatura Gaussiana della
supercie `e strettamente positiva.
12.17) Calcolare la curvatura totale della supercie:
12.18) Usare il teorema di Gauss-Bonnet per mostrare che, per un poliedro convesso, vale
la relazione V L + F = 2, dove V indica il numero dei vertici, L quello dei lati,
F quello delle facce (teorema di Eulero).
12.19) Si mostri che sulliperboloide in R
3
di equazione x
2
+ y
2
= z
2
+ 1 vi `e una e una
sola geodetica chiusa (cio`e una geodetica : [0, 1] U tale che (0) = (1) e

(0) =

(1)).
12.20) Calcolare la curvatura totale di un semicono circolare retto il cui vertice sia stato
smussato (cio`e rimpiazzato con un pezzo di supercie liscia omeomorfo a un disco).
12.21) Calcolare la curvatura totale di un paraboloide di rotazione.
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
152 Note di Geometria Dierenziale
12.22) Calcolare la curvatura totale di una falda di un iperboloide di rotazione a due falde.
12.23) Si calcoli la curvatura totale della supercie in R
3
di equazione
2x
2
+y
6
+z
2
+ 2xz = 1
12.24) Si calcoli la curvatura totale della supercie in R
3
di equazione
x
2
+y
2
= 1 +z
2
.
12.25) Sia S R
3
la supercie di rotazione ottenuta facendo ruotare intorno allasse z la
curva
(t) =
_
0, t,
t
2
3

3(t + 1)
_
, t > 0 .
Si calcoli la curvatura totale di S.
12.26) Mostrare che, se su una supercie S vi sono due famiglie di geodetiche che formano
tra loro un angolo costante, allora S ha curvatura nulla.
12.27) Si calcoli la curvatura totale (=
_
S
Kdv) della supercie S in R
3
disegnata qui sotto.
(ognuna delle due regioni tratteggiate giace su un piano).
12.28) Sia S una supercie, e sia f : S R una funzione C

. Mostrare che esiste un


unico campo C

di vettori grad(f) su S tale che per ogni vettore X tangente a S


si abbia grad(f), X = X(f). Si consideri ora la supercie S:
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
12. I teoremi di Gauss-Bonnet e dellindice 153
in R
3
, e sia f la restrizione della coordinata z a S. Vericare il teorema dellindice
per il campo di vettori grad(f).
12.29) Sia M una supercie compatta e connessa in R
3
.
a) Supponiamo che M sia omeomorfa a S
2
. Si mostri che su M vi `e almeno un
punto ombelicale (suggerimento: se non vi sono punti ombelicali, si costruisca
su M un campo di vettori mai nullo).
b) Si mostri invece che, se M `e omeomorfa a un toro, su M possono non esistere
punti ombelicali.
12.30) Sia M una supercie compatta connessa in R
3
, e sia X un campo di vettori tangenti
a M con punti singolari isolati p
1
, . . . , p
h
di indici I
1
, . . . , I
h
. Si mostri che vi `e su
M un campo di vettori tangenti Y con punti singolari isolati p, p
3
, . . . , p
h
di indici
I, I
3
, . . . , I
h
, dove I = I
1
+I
2
.
12.31) Costruire un campo di vettori C

su S
2
con una sola singolarit` a. Vericare
esplicitamente il teorema dellindice di Hopf per questo campo.
12.32) Sia S il piano proiettivo reale.
a) Trovare un campo di vettori su S con un solo zero, di indice 1.
b) Vericare il teorema dellindice per S.
12.33) Sia TS
2
il brato tangente di S
2
, e sia : TS
2
S
2
la proiezione naturale. Si
mostri che non esistono dieomorsmi : S
2
R
2
TS
2
tali che sia la proiezione
di S
2
R
2
su S
2
.
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
Esercizi di riepilogo
1) a) Sia una curva C

chiusa regolare in R
3
, cio`e una applicazione C

: S
1
R
3
con dierenziale ovunque non nullo. Si supponga che limmagine di sia contenuta
nella palla di centro lorigine e raggio r. Si mostri che esiste almeno in punto in
cui ha curvatura almeno 1/r.
b) Sia : R R
3
una curva C

. Si supponga che la curvatura di sia ovunque


almeno 1/r.
`
E vero o falso che limmagine di `e contenuta in una palla di raggio
r?
2) Sia una curva dierenziabile piana chiusa che sia bordo di un aperto U R
2
connesso e convesso. Sia s un parametro naturale su , e sia (s) la funzione
curvatura di . Mostrare che
_

(s)ds = 2 .
3) Si calcolino la curvatura Gaussiana e la curvatura totale della supercie S R
3
di
equazione
x
2
+y
2
= (coshz)
2
.
4) Sia S una supercie orientabile in R
3
e sia N un campo di vettori normali unitario
lungo S. Si consideri lapplicazione F : S R R
3
denita da
F(x, t) = x +tN
x
.
a) Si mostri che F `e dierenziabile.
b) Si mostri che il dierenziale dF `e singolare precisamente in quei punti (x, t) tali
che 1/t `e una delle curvature principali di S in x.
5) Si consideri, sulla sfera S
2
, un triangolo geodetico delimitato da tre quarti di cerchio
massimo (vedi disegno qui sotto).
Qual`e lapplicazione lineare T
p
S
2
T
p
S
2
determinata dal trasporto parallelo lungo
il bordo del triangolo nel verso indicato dalla freccia ?
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
Esercizi di riepilogo 155
6) Sia y(s) una curva piana, dove s `e il parametro naturale, sia n(s) il vettore unitario
normale di y, e sia e il vettore normale al piano su cui giace y. Si determinino
prima e seconda forma fondamentale, linee di curvatura, curvatura Gaussiana della
supercie S di equazione parametrica
x(s, ) = y(s) +a cos()n(s) +a sin()e ,
dove a `e una costante positiva sucientemente piccola. Se y `e chiusa si determini
la curvatura totale di S.
7) Sia M una supercie orientabile compatta connessa in R
3
, e sia F : M S
2
lapplicazione normale che associa a ogni p M la normale unitaria a M in p.
Indicate con , e K la forma di volume su M, la forma di volume su S
2
e la
curvatura Gaussiana di M rispettivamente, mostrare che:
i) F

( ) = K.
ii) 2 deg(F) = (M) se F `e suriettiva.
8) Sia X lo spazio proiettivo reale tridimensionale, cio`e il quoziente di S
3
per lazione
del gruppo {1}. Si calcolino i gruppi di omologia (coecienti reali o interi, a
scelta) di X. (Suggerimento: se si scelgono coecienti reali, si possono paragonare
i gruppi di (co)omologia di X e di S
3
e usare il teorema di deRham).
9) Sia E
n
= {x R
n
| x 1}. Dimostrare il seguente teorema di punto sso
(Brouwer): ogni applicazione dierenziabile f : E
n
E
n
ha almeno un punto sso
(Suggerimento: si ragioni per assurdo, usando i gruppi di coomologia di deRham).
10) Si consideri R
2
con coordinate cartesiane ortogonali x e y, e sia F : R
2
R
2
la
funzione denita da F(x, y) = (x, y). Si ponga T = R
2
/Z
2
.
i) Si mostri che F induce una applicazione C


F : T T.
ii) Si calcoli il numero di Lefschetz di

F.
iii) Si calcoli il numero di punti ssi di

F.
11) Sia P(x) un polinomio a coecienti complessi di grado 2k +1 e con radici semplici.
Sia
X = {(x, y) C
2
| y
2
= P(x)}
e sia X una supercie dierenziabile compatta tale che X \ p sia dieomorfa ad X
per un certo punto p X (X `e la compatticazione di Alexandro di X). Mostrare
che
i) X `e connessa e orientabile;
ii) lapplicazione : X X denita da (x, y) = (x, y) induce una mappa
dierenziabile : X Xcon
2
uguale allidentit` a; inoltre ha 2k + 2 punti
ssi ciascuno di indice 1;
iii) il genere di X `e k (si applichi il teorema del punto sso di Lefschetz).
12) Sia X il luogo in R
3
di equazione 4(x
2
+y
2
) +z
2
= 4.
a) Si mostri che X `e una supercie connessa e compatta, e se ne calcoli la
curvatura gaussiana.
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000
156 Note di Geometria Dierenziale
b) Se S `e una supercie in R
3
, una isometria di S `e un dieomorsmo f di S in s`e
tale che, per ogni p in S, il dierenziale df
p
: T
p
(S) T
f(p)
(S) sia una isometria
di spazi vettoriali. Si mostri che ci` o equivale a dire che f `e una isometria di
spazi metrici nel senso usuale del termine, se si prende come distanza su S la
funzione: d(p, q) = estremo inferiore delle lunghezze di tutti i cammini da p a
q.
c) Si determinino tutte le isometrie di X.
13) Sia S una supercie dierenziabile connessa compatta e orientabile in R
3
. R
3
\ S
`e lunione di due componenti connesse, di cui una U limitata (interna a S) e una
illimitata. Si consideri lapplicazione F : S (, ) R
3
denita da:
F(p, t) = p +tN
p
,
dove N
p
`e il vettore normale unitario interno a S in p.
a) Si mostri che, se `e sucientemente piccolo, dF `e ovunque non singolare.
b) Si mostri che, se `e sucientemente piccolo, F `e un dieomorsmo da S(, )
a F(S (, )).
c) Si mostri che U e U S hanno lo stesso tipo di omotopia.
Cornalba, Note di Geometria Dierenziale (versione provvisoria) - 8.3.2000

You might also like