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L'uso "scientifico" della dialettica in Aristotele

A cura di Enrico Berti 1. I diversi usi della dialettica secondo Top. I 2 Il noto passo di Topici I 2, 101 a 34-b 4, in cui Aristotele afferma l'utilit del suo trattato, cio della conoscenza della dialettica, per il progresso delle scienze e per la ricerca dei loro princpi, stato quasi sempre sottovalutato. Anche gli interpreti pi recenti, che cercano di rivalutare la dialettica, gli dedicano un'attenzione molto limitata1, oppure vi scorgono semplicemente l'esposizione di un processo di induzione ()2, o lo considerano insufficiente a giustificare ci che esso afferma 3, o infine lo riferiscono solo a una forma particolare di dialettica, cio alla "peirastica"4. D'altra parte coloro che criticano tale rivalutazione propongono di dividere il passo in questione in due parti, separando l'affermazione dell'utilit della dialettica per le scienze "filosofiche" dall'affermazione della sua utilit per la ricerca dei princpi di tutte le scienze. Sulla base di questa separazione essi considerano la prima parte del passo come il prolungamento diretto della dialettica platonica, e la seconda come espressione di un punto di vista pi maturo, che presupporrebbe la teoria della scienza sviluppata negli Analitici posteriori5; o, al contrario, considerano la prima parte come concernente argomenti che non sono essi stessi dialettici, e la seconda come il residuo di una versione pi antica, cio platonica, dei Topici6; o infine vedono nella prima parte una preparazione alle teorie scientifiche e nella seconda una semplice discussione concernente i princpi comuni7. Ora, anzitutto possibile dimostrare che il passo in questione non allude a due differenti "utilit" della dialettica, ma si riferisce a una sola e medesima utilit. Un primo argomento a sostegno di questa tesi il fatto che, all'inizio del capitolo, Aristotele indica nel numero di tre, e non di quattro, le attivit per le quali il suo trattato "utile" ( ): la ginnastica intellettuale (), gli incontri occasionali () e le scienze di carattere filosofico ( )8. Questo argomento tuttavia non decisivo, perch l'allusione all'utilit concernente la ricerca dei princpi, che certi interpreti considerano come la quarta, potrebbe essere stata introdotta dopo la prima redazione del testo, per mezzo della congiunzione . Ma in questo caso si dovrebbero supporre strati redazionali successivi9, il che richiederebbe di essere dimostrato. D'altra parte la distinzione tra le scienze di carattere filosofico ( ), alle quali si riferirebbe la terza utilit, e la totalit delle scienze (101 a 37: , 101 b 3: ), alla quale si riferirebbe la quarta10, non ha alcun fondamento, perch per Aristotele non c' differenza tra le "scienze" () in generale e la "filosofia" ( )11, come risulta dal fatto che egli, per distinguere dalle altre scienze quella che noi chiamiamo semplicemente "filosofia", deve chiamarla

"filosofia prima"12. Di conseguenza l'espressione non allude a un tipo particolare di scienze, ma significa semplicemente le scienze propriamente dette, cio tutte le scienze in quanto producono un vero sapere ( )13. Ma l'argomento decisivo a sostegno dell'unit fra la terza e la presunta quarta utilit della dialettica, a mio avviso, la connessione stretta che esiste tra la vocazione "esaminatrice" della dialettica (101 b 3: exetastkh ), considerata come causa della sua capacit di condurre ai princpi, e dunque di esprimere la sua quarta utilit, e la sua attitudine a "sviluppare le aporie argomentando in entrambi i sensi" (101 a 35: , in utramque partem disserere), che le permette di "discernere pi facilmente il vero e il falso in ogni cosa", in cui consiste la sua terza utilit. Questa connessione risulta molto chiaramente da un passo dell'Etica Eudemea, dove Aristotele afferma che a proposito di certe opinioni nessun uomo sano di spirito vorrebbe "sviluppare delle aporie" ( ), mentre a proposito delle aporie proprie a ciascun oggetto di studio " bene esaminare a fondo ( ) le opinioni" che le producono14. Qui non c' dubbio che ed sono termini pressoch sinonimi15. Anche il contesto di questo passo analogo a quello di Top. I 2: sia nell'Etica Eudemea, infatti, che in un passo ulteriore di Top. I Aristotele osserva che certe opinioni, quelle dei bambini, o degli ammalati, o dei pazzi, non hanno bisogno di essere esaminate, ma solo di essere corrette per mezzo di un rimprovero () o di un rinvio all'esperienza dei sensi16. E le linee immediatamente successive al passo di Eth. Eud. I, cio la celebre affermazione che "le confutazioni () degli avversari sono dimostrazioni ( ) dei discorsi che sono stati loro opposti", confermano la connessione tra , ed , che sono le operazioni caratteristiche della dialettica, connessione che collega le due presunte utilit della dialettica per le scienze filosofiche al contesto degli Elenchi sofistici, cio alla "peirastica", come stato giustamente sottolineato17. Se tutto ci vero, non siamo in presenza di due utilit diverse, ma la dialettica utile alle scienze di carattere filosofico, cio alla scienze in generale, sia perch, sviluppando le aporie in entrambi i sensi, ci fa discernere pi facilmente il vero ed il falso, sia perch, grazie alla sua vocazione esaminatrice, essa ci apre l'accesso ai princpi di tutte le discipline. Anzi l'esame () delle diverse opinioni consiste propriamente nel considerare ciascuna opinione e la sua negazione, in modo da formare un'aporia, e nello sviluppare questa aporia in entrambi i sensi, cio nel dedurre le conseguenze che derivano dalle due opposte opinioni che la formano. Se le conseguenze di una di queste due opinioni sono confutate, cio se approdano a una contraddizione ("deduzione della contraddizione" la definizione di confutazione18), la loro confutazione equivale alla dimostrazione dell'opinione opposta. In questo modo la dialettica ci permette di discernere pi facilmente il vero e il falso, cio l'opinione vera e quella falsa.

Ebbene, questa operazione la stessa che conduce alla scoperta dei princpi di tutte le scienze, cio che permette di discernere, tra le diverse opinioni che sono, per cos dire, i candidati al titolo di princpi di una scienza, quali sono vere, e dunque sono dei veri princpi, e quali non lo sono. Ma quali sono le premesse a partire dalle quali la dialettica giunge a confutare un'opinione e dunque a dimostrare l'opinione a essa opposta? Aristotele lo dice molto chiaramente a proposito della ricerca dei princpi, affermando che, poich i princpi sono ci che primo rispetto a tutto il resto, impossibile dirne qualche cosa a partire da altri princpi, e di conseguenza non si pu farlo che a partire dalle "opinioni degne di stima a proposito di ciascuna di queste cose" (101 b 1: ). "Questo compito - aggiunge immediatamente Aristotele - proprio della sola dialettica, o almeno di essa principalmente", dunque non si tratta di impiegare, nella ricerca dei princpi, un tipo speciale di dialettica, una dialettica per cos dire pi "scientifica", quale sarebbe secondo qualcuno la "peirastica", la quale partirebbe da un tipo speciale di cio gli menzionati negli Elenchi sofistici19. Non si tratta nemmeno di un procedimento "non dialettico", quale sarebbe quello che Aristotele impiega nel libro B della Metafisica, deducendo le conseguenze di entrambi i corni delle aporie, come stato sostenuto20. Si tratta del procedimento normale della dialettica, che deduce delle conclusioni a partire da opinioni degne di stima (ndoxa), e che sempre lo stesso, sia nella sua funzione "ginnastica", a cui si riferisce la sua prima utilit, sia nella sua funzione "omiletica" (per usare il linguaggio di Brunschwig), a cui si riferisce la sua seconda utilit21. La sola differenza che rimane - al di l del procedimento, che lo stesso - tra l'impiego della dialettica a proposito di tesi che non sono princpi e il suo impiego a proposito dei princpi, che nel primo caso la dialettica non indispensabile, mentre nel secondo sembra esserlo. Ci risulta dal fatto che, quando non si ha a che fare con i princpi, come dice Aristotele, lo sviluppo delle aporie in entrambi i sensi permette di discernere il vero e il falso "pi facilmente" (): dunque ci sono anche delle altre possibilit, cio di discernere il vero e il falso meno facilmente, per mezzo di altri procedimenti che, dovendo appartenere alle scienze propriamente dette, potranno essere la dimostrazione a partire da princpi o a partire da altre tesi gi dimostrate. Invece, quando si ha a che fare con i princpi, non si dispone di alcuna premessa interna alla scienza in questione da cui partire, e pertanto la dialettica il solo procedimento di cui si dispone per cercare i princpi. A dire il vero Aristotele afferma che tale compito "proprio della sola dialettica, o almeno di essa principalmente" ( ). Si potrebbe scorgere in quest'ultima espressione un'allusione ad altri procedimenti che permettono di scoprire i princpi, per esempio all'induzione (), a cui il celebre ultimo capitolo degli Analitici posteriori (II 19) attribuisce precisamente il compito di stabilire i princpi delle scienze. Ma, poich il compito menzionato in Top. I 2 consiste nel partire da ndoxa, il che non accade nel caso dell'induzione, si deve considerare l'espressione come pleonastica, oppure come avente un significato diverso da quello che le abbiamo dato.

Infatti, oltre a significare che il compito in questione appartiene alla sola dialettica o ad essa principalmente, essa pu significare che tale compito, cio la discussione a partire dagli ndoxa, il solo o il principale compito della dialettica22. In ogni caso resta stabilito che la dialettica permette di scoprire i princpi per mezzo del suo procedimento "normale", cio lo sviluppo delle aporie a partire dagli ndoxa. 2. Il problema della "base epistemologica" della dialettica E per questo che si pone il problema della "base epistemologica" (come l'ha chiamata Bolton) della dialettica, cio la domanda: come possibile che la dialettica, partendo sempre da semplici opinioni degne di stima (ndoxa), giunga a discernere il vero dal falso o, pi ancora, a scoprire i princpi di tutte le scienze? Bisogna confessare che nei Topici Aristotele non d alcuna spiegazione di questo fatto, come stato giustamente sottolineato da Brunschwig. Ma io credo che non la dia nemmeno negli Elenchi sofistici, come invece pretende Bolton, non perch al tempo della composizione di queste opere egli fosse ancora troppo giovane e possedesse soltanto una dialettica "debole", come sostiene Irwin, ma perch la spiegazione di quella che chiamerei la funzione "scientifica" della dialettica non era compito n dei Topici, che hanno per oggetto la descrizione della dialettica in generale, n degli Elenchi sofistici, che hanno per oggetto lo smascheramento dell'impiego sofistico della dialettica, in particolare della confutazione. L'illustrazione dell'uso scientifico della dialettica deve essere cercata l dove quest'uso si dispiega, cio nei trattati scientifici. Tra questi ve ne sono alcuni in cui Aristotele fornisce dei chiarimenti concernenti il suo metodo. Si tratta di passi molto noti, come quello di Etica Nicomachea VII 1, che concerne l'impiego degli ndoxa, o di passi meno noti, come quelli dell'Etica Eudemea che sto per discutere, o di passi noti ma quasi mai utilizzati a questo scopo, come il libro B della Metafisica, e di altri ancora, presenti in trattati diversi23. Non si pu dire, quindi, che il metodo in questione appartenga esclusivamente alla filosofia pratica24. A proposito di Metaph. B tutti sanno che il metodo qui impiegato da Aristotele chiamato , esattamente come quello menzionato nei Topici a proposito dell'utilit scientifica della dialettica, e che esso consiste nel dedurre le conseguenze dei due corni delle aporie, per vedere se esse approdano a delle contraddizioni. Quasi tutti considerano questo metodo come dialettico, ma quasi nessuno ha osservato che Aristotele in esso ricorre a dei veri ndoxa, come esige la dialettica. Consideriamo, per esempio, la prima aporia, che consiste nel chiedersi se lo studio di tutti i generi di cause, cio delle cause materiali, formali, motrici e finali, spetti a una sola e medesima scienza, oppure a molte. Aristotele esamina in primo luogo la tesi secondo la quale questo studio spetterebbe a una sola scienza e le obietta immediatamente: "come potrebbe spettare a una sola scienza conoscere i princpi, dato che essi non sono contrari tra di loro?"25. Si tratta evidentemente di una domanda retorica, che significa: spetta a una sola scienza conoscere i contrari, ma i princpi, o le cause, non sono contrari, dunque lo studio di essi non spetta a una sola scienza. Qui abbiamo una contraddizione tra la tesi considerata e una conseguenza che abbiamo

tratto, dunque la tesi in questione stata confutata. Ma da dove abbiamo tratto questa conseguenza? Dall'affermazione che spetta a una sola scienza conoscere i contrari. Ebbene, questa affermazione uno dei pi celebri ndoxa citati da Aristotele, perch essa l'esempio stesso che il filosofo fa nei Topici per illustrare che cos' una premessa dialettica, cio un ndoxon messo in forma interrogativa26. In secondo luogo Aristotele esamina la tesi opposta alla prima, cio l'affermazione che lo studio delle diverse cause appartiene a pi scienze. A questa tesi egli obietta che ciascuna delle scienze concernenti i diversi tipi di cause ha diritto al nome di "sapienza" ( ) e, pertanto, pu sembrare che esse formino tutte una sola e medesima scienza. Per esempio, la scienza della causa finale ha diritto ad essere considerata come la scienza sovrana e dominatrice, alla quale tutte le altre devono obbedire, perch conosce il fine in vista del quale bisogna agire, e la scienza dominatrice coincide con la sapienza27. Ora, quest'ultima affermazione si fonda su una delle celebri "assunzioni" () esposte nel libro A a proposito della sapienza, secondo la quale "una scienza dominatrice pi sapienza di quella che le subordinata", e non il sapiente che deve obbedire ad altri, ma a lui che deve obbedire chi meno sapiente28. Non c' dubbio, mi pare, che questo giudizio sia un ndoxon, quindi la confutazione della tesi in questione sviluppata sulla base di un ndoxon. Ma si potrebbe continuare con altri esempi. Dato, allora, che la base delle confutazioni dialettiche sempre costituita dagli ndoxa, bisogna vedere qual il valore di verit di questi ndoxa per risolvere il problema della base epistemologica della dialettica e dunque per comprendere qual la sua utilit per le scienze. La definizione di ndoxon quella, notissima, dell'inizio dei Topici, cio: "le opinioni ( ) condivise da tutti, o dalla maggior parte, o dai competenti ( ), e tra questi da tutti, o dalla maggior parte, o dai pi noti e stimati ()"29. Come stato pi volte notato, questa definizione ammette diversi gradi di "endossalit", secondo un criterio che al tempo stesso quantitativo e qualitativo, cio che tiene conto sia della quantit dei soggetti che condividono l'ndoxon (tutti o la maggior parte), sia della loro qualit (i competenti, i pi noti, i pi stimati)30. Questa concezione "gerarchica" (termine impiegato da Brunschwig in occasione del suo seminario tenuto a Padova il 27 maggio 1994) degli ndoxa permette di risolvere gli eventuali conflitti che possono aver luogo tra gli ndoxa e di scegliere come premesse delle deduzioni dialettiche quelli che hanno il grado pi alto di endossalit. Questi ultimi sono senza dubbio gli endoxtata di cui parlano gli Elenchi sofistici e che, secondo Bolton, sono le premesse della peirastica, cio della dialettica pi "scientifica". Ma questo grado non ancora sufficiente per assicurare agli ndoxa un valore di verit e dunque per risolvere il problema della base epistemologica della dialettica. possibile, infatti, non solo che gli ndoxa siano falsi, ma che lo siano anche gli endoxtata. La prima possibilit risulta chiaramente da un passo famoso, in cui Aristotele ammette esplicitamente la possibilit di una deduzione a partire da premesse "false ma endossali"

( ) e chiama questa deduzione "puramente logica" (), cio appunto dialettica31. Non serve a nulla invocare, come qualcuno ha fatto, a sostegno della verit degli ndoxa la distinzione, fatta da Aristotele all'inizio dei Topici, tra gli ndoxa reali, cio autentici, che formano le premesse delle deduzioni dialettiche, e gli ndoxa apparenti, che formano le premesse delle deduzioni eristiche ( )32. Infatti la (101 a 1) che appartiene a questi ultimi non una falsit che si opponga ad un presunto valore di verit degli ndoxa autentici, ma semplicemente un'apparenza (100 b 27-28: ) di endossalit che si oppone alla vera endossalit degli ndoxa autentici35. La seconda possibilit, cio la possibilit che anche gli endoxtata siano falsi, risulta mi sembra - dall'analisi che Aristotele fa dellargomento sillogistico pi sottile", o pi intrigante ( , argumentatio argutissima), cio l'argomento capace di distruggere, a partire da premesse condivise in grado massimo ( ), una conclusione in grado massimo endossale ( )34. Qui non siamo interessati alla natura o al valore di questo argomento, che secondo alcuni avrebbe per esempio la forma seguente: "tutte le madri amano i loro figli (ndoxon), Medea era madre (altro ndoxon), dunque Medea amava i suoi figli" (conclusione che distrugge l'ndoxon secondo il quale Medea non amava i suoi figli); oppure: "tutte le madri amano i loro figli (ndoxon), Medea non amava i suoi figli (altro ndoxon), dunque Medea non era madre" (conclusione che distrugge l'ndoxon secondo il quale Medea era madre)35. Secondo altri interpreti questo argomento sembra produrre vere antinomie, quali il paradosso di Epimenide o quelli di Russell36. Ci che ci interessa notare che in ogni caso, se una conclusione endossale al massimo pu essere correttamente distrutta a partire da una premessa endossale al massimo, questa premessa e questa conclusione sono incompatibili, e dunque, in base al principio di non-contraddizione, impossibile che esse siano entrambe vere. Ci significa che, poich entrambe sono endossali al massimo, anche gli ndoxa in grado massimo, cio gli endoxtata, possono essere falsi37. Il grado di endossalit delle sue premesse dunque, malgrado ci che ne ha detto Bolton, non sufficiente per assicurare alla dialettica una base epistemologica adeguata a renderla utile alle scienze. 3. La coerenza con la maggior parte degli ndoxa La tesi che sottopongo alla discussione nella presente occasione, e che non mi sembra essere stata ancora considerata, che il criterio indicato da Aristotele come sufficiente per attribuire agli ndoxa un valore di verit, e dunque alla dialettica una base epistemologica soddisfacente perch essa possa essere utile alle scienze, non costituito dal grado di endossalit delle sue premesse, ma dalla loro coerenza, non per semplicemente con altri ndoxa, bens con "la maggior parte" di essi. In altre parole, ci che rende degno di fiducia un ndoxon, dal punto di vista delle scienze, non il suo grado di endossalit, cio la quantit o la qualit delle persone che lo condividono, ma la quantit e la qualit degli altri ndoxa con i quali esso o non compatibile. Se si adotta

la distinzione tra le interpretazioni "fondazionalistiche" e le interpretazioni "coerentistiche" della dialettica aristotelica, che stata recentemente proposta, collocherei la mia tra queste ultime, ma sottolineando che per Aristotele la coerenza di una proposizione con la maggior parte degli ndoxa anche un segno della sua verit38. Il passo principale, ma non l'unico, sul quale fondo questa interpretazione quello celeberrimo del VII libro dell'Etica Nicomachea, dove Aristotele, illustrando il metodo della sua trattazione sull'incontinenza, dichiara: Noi dobbiamo, come a proposito degli altri oggetti, dopo avere esposto i pareri ( ) relativi a questo e dopo avere anzitutto sviluppato le aporie ( ) che essi sollevano, mostrare per mezzo di questo procedimento ( ) preferibilmente tutti gli ndoxa concernenti queste passioni o, se non possibile, la maggior parte ed i pi importanti ( ); poich, qualora si risolvano le difficolt ( ) e insieme si lascino sussistere ( ) gli ndoxa, si sar dimostrato in modo sufficiente ( )39. Qui interpreto i phainmena alla maniera di Owen, cio come le diverse opinioni espresse a proposito di un determinato oggetto40, significato reso perfettamente dall'italiano "pareri", che conserva la derivazione dal verbo "apparire" (); ma non li identifico interamente, come fanno altri studiosi41, con gli ndoxa di cui parla il medesimo passo. I phainmena intesi come opinioni, infatti, comprendono gli ndoxa come una classe di opinioni pi particolare, ma non si limitano ad essi. Essi comprendono, cos come i dokounta, dei quali sono sinonimi, anche le opinioni non endossali, per esempio le tesi di singoli filosofi, le quali talvolta sono paradossali42. In quanto tali, i phainmena concernenti un particolare oggetto sono sottoposti all'esame dialettico, cio sono disposti in modo da formare delle aporie, ovvero dei "problemi" intesi nel senso tecnico che Aristotele precisa nei Topici43. Questi a loro volta sono sviluppati per mezzo della deduzione delle conseguenze dei due corni del dilemma che li costituisce, in modo che si possa vedere se tali conseguenze approdano o no a una contraddizione. Gli ndoxa invece non sono sottoposti ad alcun esame, perch essi formano le premesse, intese nel senso tecnico di premesse dialettiche44, a partire dalle quali, prese insieme con le tesi che costituiscono le aporie, si deducono le conseguenze di queste; oppure essi sono sottoposti ad esame solo nella misura in cui si confrontano con essi le conseguenze dedotte dalle opinioni esaminate45. L'espressione "mostrare per mezzo di questo procedimento", usata da Aristotele nel passo citato, non pu avere altro significato che quello di "preservare", cio "lasciare sussistere" gli ndoxa, impiegata nello stesso passo due linee pi avanti, ed il procedimento che essa indica non deve essere confuso con quello indicato dallespressione "si sar dimostrato in modo sufficiente", posta a conclusione del passo. Quest'ultima, infatti, riguarda la dimostrazione di quella, tra le tesi che sono sottoposte all'esame dialettico, cio tra i phainmena, che si intende fare propria, mentre la prima

espressione indica una delle due condizioni richieste per questa dimostrazione. Queste due condizioni sono, come dice Aristotele, da un lato () la risoluzione delle difficolt e dall'altro () la preservazione degli ndoxa. Ciascuna di queste due condizioni necessaria, ma non sufficiente, per la dimostrazione di una tesi. La preservazione degli ndoxa, di tutti o - nel caso di un conflitto tra ndoxa, determinato dal fatto che alcuni di essi, come abbiamo visto, possono essere falsi - della maggior parte e dei pi importanti, la condizione necessaria per dedurre dalla tesi esaminata tutte le sue conseguenze. In quanto tale, questa condizione non permette ancora di individuare, fra due tesi opposte, quale vera e quale falsa, perch entrambe le tesi, combinate con un ndoxon compatibile con tutti gli altri o con la maggior parte ed i pi importanti, possono produrre delle conseguenze compatibili con essi46. A questo punto interviene l'altra condizione, cio la risoluzione delle difficolt. Questa espressione indica la confutazione della tesi opposta a quella che si vuole dimostrare 47, ma tale confutazione deve essere fatta anchessa, beninteso, a partire da uno dei molti ndoxa compresi in tutti quelli che riguardano l'oggetto in questione, o nella maggior parte e nei pi importanti di essi, i quali sono compatibili tra loro, e consiste nel dedurre da questa tesi conseguenze incompatibili con qualcuno di essi. Ora, se si riesce a mostrare non solo che una tesi lascia sussistere questi ndoxa, ma anche che la tesi opposta, la quale costituisce per essa una difficolt, pu essere confutata, e quindi questa difficolt pu essere risolta, a partire dallo stesso insieme di ndoxa, allora - conclude Aristotele - si sar dimostrato in modo sufficiente (la prima tesi). Questa conclusione confermata da un altro passo dello stesso libro VII dell'Etica Nicomachea, dove Aristotele trattando dello stesso oggetto afferma: "la risoluzione dell'aporia scoperta" della verit48. A proposito del significato dell'espressione "la maggior parte" ( ) degli ndoxa non ci sono problemi, mentre a proposito del significato dell'espressione "i pi importanti" () potrebbero essercene. Il termine in questione, infatti, significa letteralmente "i pi dominanti" e pu indicare sia i pi dominanti dal punto di vista della diffusione, cio i pi endossali, sia i pi dominanti dal punto di vista delle loro relazioni reciproche, cio i pi fondamentali, quelli dai quali gli altri dipendono 49. Propendo per questa seconda interpretazione, perch gli ndoxa pi diffusi potrebbero essere in conflitto con la maggior parte degli ndoxa, mentre i pi fondamentali, essendo a causa del loro primato quelli da cui deriva la maggior parte degli altri, non possono essere in conflitto con questa. D'altronde nel suo testo Aristotele non contrappone tra loro la maggior parte e i pi importanti tra gli ndoxa, ma sembra considerarli un unico insieme. Egli dice, infatti, "la maggior parte e i pi importanti", non "la maggior parte o i pi importanti". Ebbene, se l'accordo delle conseguenze di un'opinione e la maggior parte e i pi importanti degli ndoxa, insieme con l'incompatibilit dell'opinione ad essa opposta col medesimo insieme di ndoxa, formano per Aristotele una condizione sufficiente perch si possa considerare dimostrata la prima opinione, ci significa che la maggior parte e i

pi importanti degli ndoxa - dunque non tutti - riguardanti un determinato oggetto sono veri. Questo risultato confermato da una serie di passi, presenti in diverse opere di Aristotele. Nella stessa Etica Nicomachea, libro I, ce n' uno che dice: Dobbiamo discutere a proposito di questa [suppongo la felicit] non solo a partire dalla conclusione e dalle premesse dell'argomentazione, ma anche a partire dalle cose che se ne dicono ( ); perch col vero tutte le cose sussistenti () si accordano, mentre col falso il vero subito in disaccordo50. Qui i legmena coincidono con i phainmena del passo precedente, mentre gli hyprchonta coincidono con gli ndoxa del medesimo passo, o con gli ndoxa pi importanti, o con gli endoxtata, come risulta dal fatto che altrove Aristotele chiama i primi 51 e i secondi o 52. D'altra parte qualche linea pi avanti Aristotele aggiunge: Tra queste cose [cio i legmena o i phainmena] alcune le dicono molti uomini e antichi, altre pochi e stimati (4); ora ragionevole che n gli uni n gli altri si sbaglino interamente, ma che almeno su una cosa o anche sulla maggior parte siano nel giusto53. Qui Aristotele distingue di nuovo, all'interno dei phainmena, gli ndoxa ed afferma che questi, nella maggior parte dei casi, sono veri. Nelle linee precedenti egli aveva detto che l'accordo degli ndoxa, se generale, una garanzia di verit, mentre il disaccordo di uno tra essi con tutti gli altri segno della sua falsit. Nell'Etica Eudemea ci sono due passi che, a mio avviso, sono paralleli rispettivamente a quello del libro VII e a quello del libro I dell'Etica Nicomachea e si trovano anch'essi esattamente nel libro VII e nel libro I. Vediamo anzitutto quest'ultimo: Su tutti questi problemi - dice Aristotele - bisogna sforzarsi di cercare la persuasione per mezzo di argomenti, usando come testimonianze ed esempi i pareri ( ). Infatti l'argomento pi forte che tutti gli uomini paiano essere d'accordo con le cose che saranno dette, e se non possibile, che tutti lo facciano in qualche modo, cio una volta persuasi a mutare opinione ( ); poich ciascuno ha qualche familiarit (4) con la verit, a partire da cui necessario dimostrare in qualche modo a proposito di questi problemi. A partire infatti dalle cose dette con verit ma senza chiarezza, a coloro che procedono verr anche la chiarezza, se essi prendono sempre le cose pi note tra quelle che sogliono essere dette in modo confuso54. Qui l'accordo tra tutti gli uomini non solo considerato una garanzia della verit, ma esplicitamente fondato su un'attitudine che ciascuno avrebbe a cogliere la verit,

all'inizio in modo oscuro e confuso ed in seguito in modo pi chiaro. Gli ndoxa probabilmente sono, tra i phainmena, le affermazioni sulle quali c' accordo generale e che sono come delle verit oscure e confuse, dalle quali tuttavia necessario partire per giungere alle verit pi chiare e riconosciute come tali, evidentemente anche attraverso l'eliminazione di alcune tra esse, al fine di rendere l'insieme perfettamente coerente. Ci che interessante in questo passo la possibilit, ammessa da Aristotele, che l'accordo con la maggior parte degli ndoxa sia ottenuto per mezzo di una modifica ( ), cio di una correzione, dei modi di pensare pi diffusi, prodotta evidentemente per mezzo di argomentazioni. Egli aveva alluso a questa possibilit anche parlando delle "utilit" della dialettica nei Topici, l dove aveva detto che la dialettica utile per gli incontri occasionali, perch essa ci permette di persuadere gli altri a modificare ( ) delle affermazioni che ci sembrino inaccettabili55. Ci dimostra che il metodo dialettico per Aristotele non consiste nell'accettare l'opinione della maggior parte degli uomini, in nome di un piatto conformismo, ma nel ricercare un vero consenso per mezzo della discussione56. Il passo parallelo a quello notissimo di Eth. Nic. VII 1 si trova in Eth. Eud. VII, dove Aristotele scrive: Dobbiamo trovare una definizione la quale contemporaneamente ci restituisca il pi possibile le opinioni ( ) su questi oggetti e risolva le aporie e le opposizioni. Ci accadr se le opinioni opposte [alle opposizioni] appariranno ragionevoli ( ), poich tale definizione sar il pi possibile in accordo con i pareri ( ). Accade infatti che le opposizioni rimangano se ci che detto in un senso vero e in un altro non lo 57. Qui, come nel libro VII dell'Etica Nicomachea, Aristotele cerca l'accordo con la maggior parte delle opinioni ( , cio ) in cui sono evidentemente compresi gli ndoxa, per mezzo della risoluzione delle aporie, cio della confutazione delle opinioni opposte. Ci significa che non sono salvate tutte le opinioni, ma solo quelle che non sono in conflitto tra di loro, cio che sono reciprocamente coerenti. Finch rimangono i contrasti, non si ha ancora la verit assoluta, perch la definizione cercata vera dal punto di vista di alcune opinioni, ma falsa dal punto di vista di altre. Del resto la verit del consensus hominum affermata da Aristotele anche altrove, per esempio nel noto passo della Metafisica dove si dice che la ricerca della verit in un certo senso difficile e in un altro facile; ne segno il fatto che nessuno capace di coglierla adeguatamente n possibile che tutti la manchino, ma ciascuno in grado di dire qualcosa sulla natura, e preso da solo vi contribuisce in nessuna o in piccola parte, ma da tutti i contributi presi insieme ( ) nasce una certa grandezza58. Insomma il singolo pu ingannarsi, ma la maggior parte degli uomini, almeno nella maggior parte dei casi, non si inganna. Dunque la maggior parte degli ndoxa sono veri.

Un altro passo molto noto quello della Retorica, che dice: Scorgere il vero e il verosimile ( ) proprio della stessa facolt, e gli uomini contemporaneamente non solo sono per natura sufficientemente dotati in rapporto al vero, ma anche nella maggior parte dei casi ( ) colgono la verit; perci la buona attitudine () verso gli ndoxa propria di chi ha una simile attitudine anche verso la verit59. In questo passo gli ndoxa sono indicati anche come "il verosimile", espressione che non significa ci che sembra vero ma non lo , ma indica ci che si avvicina molto al vero, ossia un'opinione che nella maggior parte dei casi vera. Poich la natura ha dotato gli uomini di una buona attitudine a cogliere la verit, nella maggior parte dei casi essi la colgono, e l'espressione di questa attitudine sono appunto gli ndoxa, condivisi dalla maggior parte degli uomini e veri nella maggior parte dei casi. Nell'Etica Nicomachea c' infine un passo in cui, a proposito della definizione del bene come ci a cui tutti aspirano, risalente a Eudosso e pi volte lodata dallo stesso Aristotele, si afferma esplicitamente: "le cose che sembrano a tutti, queste diciamo che sono [cio che sono vere], mentre colui che distrugge questa credenza non dir affatto cose pi degne di fede"60. Qui il consenso di tutti ritenuto garanzia, se non di verit assoluta, almeno di verit maggiore rispetto all'opinione contraria. 4. Soluzione delle difficolt C' d'altra parte nella Retorica qualche passo che sembra contraddire questa dottrina, in particolare Rhet. II 25, dove Aristotele afferma: manifesto dunque che la controdeduzione ( ) si pu fare a partire dagli stessi luoghi [che la deduzione], poich le deduzioni si fanno a partire dagli ndoxa, ma molte opinioni ( ) sono tra loro opposte61. Questo passo stato interpretato come se Aristotele dicesse che vi sono molti ndoxa tra loro opposti e che, pertanto, vi sono molti ndoxa falsi62. Ma bisogna ricordarsi che le opinioni ( ) non coincidono con gli ndoxa, bens, allo stesso modo dei phainmena, le comprendono63. Di conseguenza il fatto che molte opinioni siano tra loro opposte non significa che lo siano anche molti ndoxa, ma che, quando si vuole opporre una controdeduzione a una tesi dedotta da certi ndoxa, si pu trovare, tra le opinioni che comprendono questi ndoxa, qualche altra opinione che sia opposta agli ndoxa da cui stata dedotta la tesi in questione e che sia, a sua volta, un ndoxon. Tuttavia resta vero che, se si vuole stabilire, per ragioni non dialettiche o retoriche, ma epistemologiche, quali sono gli ndoxa veri tra quelli reciprocamente opposti, si dovr vedere, secondo Aristotele, quali tra essi si accordano con "la maggior parte e i pi importanti". La stessa osservazione vale per gli altri passi, tutti contenuti - non a caso - nella Retorica, in cui Aristotele consiglia di argomentare a partire da premesse diverse, e

persino opposte, al fine di persuadere degli uditori, o dei giudici, affetti da passioni diverse od opposte64. chiaro infatti che in tutti questi casi le premesse a partire dalle quali si deve argomentare non sono ndoxa, ma sono semplicemente opinioni professate dagli stessi uditori, come risulta da Rhet. II 18, 1391 b 21-24, dove esse sono esplicitamente chiamate "opinioni e premesse" ( ), e da Rhet. II 22, 1395 b 31-1396 a 2, dove esse sono indicate come "le opinioni ( ) [...] di coloro che giudicano o di coloro dei quali essi accettano l'autorit". In conclusione la base epistemologica della dialettica aristotelica costituita dal fatto che gli ndoxa nella loro maggior parte sono anche veri e per questa ragione permettono di vedere, tra due tesi opposte da cui si siano dedotte le conseguenze, quale vera e quale falsa, luna essendo quella le cui conseguenze si accordano con la maggior parte degli ndoxa, laltra quella le cui conseguenze vi contraddicono. Lo stesso procedimento pu, o deve, essere applicato nella ricerca dei princpi delle scienze, per vedere, tra due tesi opposte ed ugualmente candidate al titolo di princpi, cio di premesse vere, quale vera e quale falsa. Questa base epistemologica non si oppone - mi sembra - a tutti i passi ben noti in cui Aristotele distingue la dialettica, in quanto fondata sull'opinione, dalla scienza, in quanto fondata sulla verit, n si oppone in particolare al famoso passo di Metaph. 2, in cui Aristotele distingue la dialettica in quanto peirastik dalla filosofia in quanto gnoristik65. Mi limito a osservare che in questo passo, il quale dovrebbe essere oggetto di uno studio a parte, Aristotele non confronta soltanto la dialettica e la filosofia (prima), ma confronta la dialettica, la filosofia e la sofistica. Egli afferma, infatti, che i dialettici e i sofisti assumono lo stesso aspetto del filosofo, perch la sofistica una filosofia apparente mentre i dialettici discutono di tutto, e ci che comune a tutto l'essere, cio l'oggetto della filosofia (prima). Ma la filosofia prosegue Aristotele - differisce dalla dialettica per la natura della facolt impiegata e dalla sofistica per la scelta di vita che propone: d'altra parte la dialettica peirastica () a proposito delle stesse cose di cui la filosofia cognitiva () e di cui la sofistica sembra esserlo, ma non lo 66. Probabilmente questo passo ha di mira soprattutto la dialettica platonica, come risulta dal contesto che lo precede, dove Aristotele non accusa i dialettici di non fare filosofia, ma solo di non dire nulla della sostanza67. Ora i dialettici in questione sono soprattutto Platone, cio l'autore del Sofista, che smaschera la falsa pretesa di sapere propria dei sofisti68. Ma, a parte questo, quando si interpreta il termine peirastik, per mezzo del quale Aristotele qualifica in questo passo la dialettica, ci si deve ricordare ci che lo stesso Aristotele ha detto sulla peirastica negli Elenchi sofistici, dove egli caratterizza questa parte, o quest'uso, della dialettica come consistente nell'esaminare, e nel confutare per mezzo di deduzioni dialettiche, coloro che pretendono di sapere ma non sanno69.

Questi ultimi non possono essere che i sofisti, i quali pretendono di sapere ci che oggetto della filosofia (prima), cio l'ente in quanto ente e le propriet che gli appartengono per se stesso (vale a dire i princpi ad esso coestensivi). Dunque la dialettica peirastica rispetto alla sofistica, nel senso che esamina la pretesa dei sofisti di conoscere le propriet dell'ente e, confutandola, ne dimostra la falsit. Ma, poich la confutazione di una tesi equivale alla dimostrazione della tesi ad essa opposta, la dialettica dimostra a sua volta certe tesi, specialmente dove non vi sono princpi da cui partire, per esempio a proposito dei princpi stessi della filosofia prima, che sono quelli coestensivi all'ente in quanto ente, cio il principio di non-contraddizione e quello del terzo escluso, come risulta dal medesimo libro della Metafisica70. Aristotele approva sicuramente la confutazione della sofistica fatta da Platone per mezzo della dialettica, ma la giudica insufficiente per conoscere le vere propriet dell'ente in quanto ente, a causa della sua negligenza della polisema di quest'ultimo e del primato che, tra i suoi diversi significati, appartiene alla sostanza. Lui stesso invece, grazie all'analisi dei diversi significati del termine, che d'altronde uno strumento della dialettica71, ha potuto giungere a quella vera conoscenza dell'ente in quanto ente che la filosofia, ma ha potuto farlo per mezzo della dialettica, la quale in tal modo si rivela ancora una volta "utile" alla conoscenza scientifica. Note (*) Questo articolo stato pubblicato in "Giornale di metafisica", nuova serie, n. XVII, 1995. L'edizione di questo testo provvisoria: va rivista la grafia dei termini greci (per problemi tecnici). G.E.L. Owen, , in Aristote et les problmes de mthode, Louvain 1961, pp.83-103.
1 2

J.D.G. Evans, Aristotle's Concept of Dialectic, Cambridge 1977, p. 23. T.H. Irwin, Aristotle's First Principles, Oxford 1988, pp. 66-67, 167-168.

R. Bolton, "The Epistemological Basis of Aristotelian Dialectic", in D. Devereux et P. Pellegrin (dd.), Biologie, logique et mtaphysique chez Aristote, Paris 1990, pp. 185236, spec. 213; Id., "The Problem of Dialectical Reasoning (Sullogismos) in Aristotle", Ancient Philosophy 14 (1994), pp. 99-132.
5

questa l'opinione di J. Brunschwig, Introduction a Aristote, Topiques (livres I-IV), Paris 1967, p. XII (v. anche la nota 4 a p. 116); Id., "Aristotle on Arguments without Winners or Losers", Wissenschaftskolleg Jahrbuch 1984-1985, Berlin 1986, p. 33; Id., "Remarques sur la communication de Robert Bolton", in D. Devereux et P. Pellegrin (dd.), op. cit., pp. 237-262, spec. 262.
6

la tesi di D. Devereux, "Comments on Robert Bolton's The Epistemological Basis of Aristotelian Dialectic", ivi, pp. 246-286, spec. 284-285.

R. Smith, "Aristotle on the Uses of Dialectic", Synthse 96 (1993), pp. 335-357, spec. 351-354.
8

Aristot. Top. I 2, 101 a 25-28. la tesi, mi sembra, dellultimo intervento di Brunschwig (1990, p. 262).

10

Questa distinzione stata fatta da Brunschwig nel suo primo intervento (1967, p. 116), ma non stata da lui ripresa in quelli successivi.
11

Cfr. Metaph. VI 1, 1026 a 18-19, dove Aristotele chiama "filosofie" tutte e tre le scienze teoretiche, cio la matematica, la fisica e la teologia; e in generale si veda la voce nell'Index di Bonitz (Graz 1955).
12

Metaph. VI 1, 1026 a 16. Cfr. anche Bolton, 1990, p. 195.

Cfr. anche Eth. Eud. I 8, 1217 b 22-23, dove i sono tutti i trattati non essoterici.
13 14

Eth. Eud. I 3, 1214 b 28-1215 a 6.

15

Ci stato notato sia da J. Barnes, "Aristotle and the Methods of Ethics", Revue Internationale de Philosophie 133-134 (1980), pp. 490-511, che da C. Rossitto, "Sull'uso dialettico e retorico del termine 'extasis' nella tradizione platonico-aristotelica", in E. Berti e L.M. Napolitano Valditara (a cura), Etica, Politica, Retorica. Studi su Aristotele e la sua presenza nell'et moderna, L'Aquila 1989, pp. 163-200, spec. 183-184.
16

Top.I 11, 105 a 3-7.

Bolton, 1990, p. 213, afferma che i due aggettivi e derivano da radici i cui significati in greco si sovrappongono e che essi sono interscambiabili sia in Aristotele che in Platone (egli cita Rhet. I 1, 1354 a 5; Top. VIII 5, 159 a 25, 33; e Platone, Apol. 22 E-23 C; Prot. 348 A).
17 18

Cfr. An. pr. II 20, 66 b 11; Soph. el. 9, 170 b 1; 10, 171 a 2, 4. la tesi di Bolton, 1990, pp. 199-200.

19

20

la tesi di Devereux, 1990, p. 284, n. 49, che non vede in Metaph. B alcun impiego degli .
21

A questo proposito concordo interamente con Brunschwig, 1990.

22

La prima interpretazione difesa da Brunschwig (Topiques, p. 117), che peraltro pensa ai diversi accessi alla conoscenza dei princpi. E lui che ha attirato la mia attenzione sulla differenza tra l'impiego della dialettica a proposito dei princpi ed il suo impiego a proposito delle altre opinioni.

21

Si vedano per esempio Phys. IV 4, 211 a 7-11; De caelo I 10, 279 b 4-12. Ho analizzato tutti questi passi nel mio libro Le ragioni di Aristotele, Roma-Bari 1989.
24

Come ha sostenuto Barnes, art. cit. Metaph. III 2, 996 a 20-21. Top. I 10, 103 b 15-16. Metaph. III 2, 996 b 10-13 Metaph. I 2, 982 a 16-19. Top. I 1, 100 b 21-23.

25

26

27

28

29

30

Una delle analisi migliori a questo proposito stata fatta da W. Cavini, "Modalit dialettiche nei Topici di Aristotele", in Le teorie della modalit. Atti del Convegno internazionale di Storia della logica, Bologna 1989, pp. 15-46.
31

Top. VIII 12, 162 b 27. A questo proposito Bolton osserva (art. cit., 1994) che la dialettica argomenta a partire da premesse false perch sviluppa le aporie in entrambi i sensi, e che essa lo fa proprio allo scopo di confutare tali premesse.
32

Top. I 1, 100 b 23-101 a 1. R. Wardy, "Transcendental Dialectic", Phronesis 36 (1991), pp. 86-106, ha sostenuto che, poich gli ndoxa apparenti sono sicuramente falsi, gli ndoxa autentici devono essere ipso facto veri.
33

Brunschwig ha perfettamente ragione di tradurla come "la nature exacte du subterfuge".


34

Soph. el. 33, 182 b 37-38.

35

questa l'interpretazione di Pacius, riportata da J. Tricot (Aristote, Organon, Paris 1950, vol. VI, ad loc.).
36

Cfr. Cavini, art. cit., pp. 26-29.

37

Ci stato giustamente notato da P. Fait, "Argomentazioni e comparazioni endossali: sulla struttura del metodo dialettico aristotelico", Annali del Dipartitnento di Filosofia, Universit di Firenze, 7 (1991), pp. 3-40, spec. 13-14.
38

La suddetta distinzione proposta da Fait, art. cit., pp. 7-14, che dal canto suo adotta l'interpretazione coerentistica, ma non sottolinea la funzione della "maggior parte" degli ndoxa. In questo articolo l'interpretazione che ho dato della dialettica aristotelica nel libro citato collocata tra quelle fondazionalistiche, a causa della mia affermazione secondo cui Aristotele certamente credeva che gli ndoxa fossero veri (p. 25). Ora devo

correggere questa affermazione aggiungendovi "nella maggior parte dei casi", ma posso confermare nel suo insieme l'interpretazione proposta in questo libro.
39

Eth. Nic. VII 1, 1145 b 2-7.

40

G.E.L. Owen, art. cit. Penso tuttavia che non vi sia unopposizione molto netta fra questo significato, che il pi conforme alle scienze pratiche, e il significato di "fenomeni sensibili", che il termine ha a proposito delle scienze fisiche. Al riguardo concordo perci con J.J. Cleary, "Phainomena in Aristotle's Methodology", International Journal of Philosophical Studies 2 (1994), pp. 61-97.
41

M. Craven Nussbaum, "Saving Aristotle's Appearances", in M. Schofield and M. Nussbaum (eds.), Language and Logos, Cambridge 1982, pp. 267-293.
42

Cfr. Top. I 11, 104 b 19-28, dove alcune opinioni di filosofi (chiamate "tesi") sono dette paradossali.
43

Top. I 11, 104 b 1-2. Top. I 10, 104 a 8-11.

44

45

Questa interpretazione, proposta da Brunschwig contro Bolton nel 1990, era stata proposta anche da me nel libro citato, p. 127.
46

Sono debitore di questa preziosa osservazione a M. Mignucci, che qui ringrazio.

Cfr. Soph. el. 9, 170 a 39-b 5, in cui la "risoluzione" ( ) esplicitamente collegata con la confutazione (); Soph. el. 18, 176 b 29, e 24, 179 b 23, in cui la risoluzione definita come la manifestazione della falsit di una deduzione; Rhet. II 25, 1402 a 31-32, in cui la risoluzione identificata con la "controdeduzione" (), cio con la deduzione a partire da premesse opposte, e Rhet. II 26, 1403 a 24-26, dove essa identificata con la "controdimostrazione" ( ), cio con la dimostrazione della tesi opposta.
47 48

Eth. Nic. VII 4, 1146 b 7-8. Questa interpretazione mi stata suggerita da Devereux e Irwin. Eth. Nic. I 8, 1098 b 9-12.

49

50

51

Cfr. Phys. IV 4, 211 a 9. Ci stato notato anche da Barnes, art. cit., p. 506, n. 35, e Fait, art.cit., p. 31, n.57.
52

De an. I 2, 403 b 25; Soph. el. 34, 183 a 38. possibile anche che gli hyprchonta siano i fatti osservati, ma in questo caso essi hanno la stessa funzione degli ndoxa, come osserva Cleary nell'art. cit.

53

Eth. Nic. I 8, 1098 b 27-29. Eth. Eud. I 6, 1216 b 26-35. Top. I 2,101a 30-34.

54

55

56

Sono daccordo, a questo proposito, con ci che scrivono Barnes, art. cit., e C. Natali, "Fino a che punto rispettare le opinioni in etica: Aristotele e gli endoxa", in N. Di Domenico, A. Escher Di Stefano e G. Puglisi, Ermeneutica e filosofia pratica, Venezia 1990, pp. 191-202.
57

Eth. Eud. VII 2, 1235 b 12-18. Metaph. II 1, 993 a 30-b 4. Rhet. I 1, 1355 a 14-18. Eth.Nic. X 2, 1172 b 366-1173 a 2. Rhet. II 25, 1402 a 32-34.

58

59

60

61

62

Ci stato sostenuto da M. Burnyeat in occasione del seminario da me tenuto a Cambridge l8 marzo 1993 sul tema "How many dialectics are there in Aristotle?".
63

Top.I 1, 100 a 2l-23. Cfr., per esempio, Rhet. II 4, 1382 a 16-19; 6, 1385 a 14-15.

64

65

proprio questo passo che ha spinto T.H. Irwin a scrivere, come lui stesso ammette, il suo libro Aristotle's First Principles (cfr. p. VII) e a sostenere lesistenza in Aristotele di due dialettiche, luna debole e laltra forte. Per una valutazione di questa tesi devo rinviare alla mia recensione di tale libro, pubblicata in Elenchos 12 (1991), pp. 116-125, e alla mia relazione "Is there a Development in Aristotle's Conception of Dialectic?", presentata in occasione del colloquio di Boston su New Studies in Aristotele's Philosophical Development (18-20 gennaio 1992), in corso di stampa.
66

Metaph. IV 2, 1004 b 17-26. Metaph. IV 2, 1004 b 8-10.

67

68

Ci stato dimostrato in modo, a mio avviso, convincente da C. Rossitto, "La possibilit di unindagine scientifica sugli oggetti della dialettica nella Metafisica di Aristotele", Atti dell'Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti 136 (1977-78), pp. 363389, e "La dialettica e il suo ruolo nella Metafisica di Aristotele", Rivista di filosofia neoscolastica 85 (1993), pp. 370-424.

69

Cfr. Soph. el. 11, 171 b 4-6. Ci stato giustamente osservato da R. Bolton, "Aristotle's Conception of Metaphysics as a Science", in D. Charles, M.L. Gill, T. Scaltsas (edd.), Unity, Identity and Explanation in Aristotle's Metaphysics, Oxford 1994, pp. 321-354.
70

Evidentemente la dimostrazione del principio di non-contraddizione per via di confutazione, realizzata da Aristotele nel libro della Metafisica, una confutazione del tutto particolare, perch non pu consistere semplicemente nella riduzione della tesi dell'avversario a contraddizione, dato che la contraddizione prova la falsit di una tesi solo in base allo stesso principio di non-contraddizione. Ci non stato visto, mi sembra, da Bolton nell'articolo citato alla nota precedente.
71

Top. I 13, 105 a 21-24.

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