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PROF.

ATTILIO SACRIPANTI

BIOMECCANICA SUPERIORE

PER GIOCHI PARALIMPICI

76 S

2008

Università degli Studi di Roma Tor Vergata

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INDICE

1. Biomeccanica negli Sport Olimpici e Paralimpici

(Strumentazione, equipaggiamenti e tecnologie).

2. Teoria dei materiali - Protesi

3. Materiali, Scarpa Sportiva ed Elasticità non lineare

4. Base Teoriche della Modellazione Biomeccanica

5. Applicazione di FEM alle protesi articolari

6. Carrozzella

7. Protesi per atletica leggera

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1. Biomeccanica negli Sport Olimpici e Paralimpici (Strumentazione,
equipaggiamenti e tecnologie).

Biomeccanica negli Sport Olimpici


La tecnologia permette agli atleti di esprimersi a standard elevati raggiungendo limiti prima
considerati impossibili. Gli atleti non sono i soli a competere durante le Olimpiadi: vi sono
anche duelli tecnologici. Designers ed ingegneri lavorano per guadagnare millesimi di
secondo nel corso di una performance.
Miglioramento degli equipaggiamenti:
 Designs di scarpe, tute, implementi
Miglioramento delle tecniche:
 Metodi di analisi biomeccanica:
o Qualitativa
o Quantitativa
Miglioramento dell’allenamento:
 Modifica del training
 Analisi delle deficienze tecniche e tipo di training per il miglioramento
Nuovi sviluppi nel vestiario sportivo aiutano gli atleti olimpici a migliorare le chance di
vittoria in molti sport. Tali vestiari possono fornire il vantaggio che giustifica la differenza
fra una medaglia di argento ed una d’oro nelle competizioni di elite (Schrof et al 42).
Applicazioni ai vestiti:
 Aerodinamica / idrodinamica (Ciclismo, corsa, nuoto)
 Attrito
o All Blacks – hanno strisce ad alto attrito che permettono di tenere la
palla legata alla maglia.
 Assorbitori di Shock
o Strutture protettive per rugby, cricket, ciclismo pattinaggio
Variazioni sono state apportate ai disegni ed ai materiali di tute per ridurre il drag di
superficie e l’attrito superficiale.

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Speedo® Fastskin I (TM): È la tuta più avanzata. La tecnica costruttiva copia la pelle di
zigrino ed ha delle creste a v che decrescono il drag e la turbolenza intorno al corpo. I
componenti di compressione dei muscoli riducono la vibrazione muscolare. Le cuciture
sono atte a migliorare la coordinazione muscolare.
Nuoto
 Fastskin II (SPEEDO)
Usa materiali rugosi e lisci in parti differenti del corpo. Le
giunzioni sono fatte con filo stirato in direzione del flusso
dell’acqua. Creste in rilievo sul torace e sul dorso creano
vortici microscopici che secondo la casa costruttrice
riducono il drag.
Scaglie di titanio sulle tuta nella parte interna del braccio
sono disegnate per aiutare il nuotatore ad afferrare l’acqua (Los Angeles Times: April 12,
2004).
 TYR
La Tuta Aqua Shift possiede una serie di piccoli tubi orizzontali di 3mm che riducono il
drag totale del 15%-20%, secondo le indicazioni della ditta. I tubi fanno si che la
turbolenza si allarghi in anticipo e questo fenomeno permette all’acqua di riconnettersi con
l’atleta.

Pattinaggio veloce
 SPEEDWYRE
SPEEDWYRE è stata sviluppata tra il 1995 ed 1996 by Spyder Active Sports, Inc. di
Boulder, Colorado. Essa riduce la quantità di scia dietro un oggetto smussato come il
corpo umano.
SPEEDWYRE è una “filo speciale" che è incorporato nella superficie di una tuta o di un
accessorio. Il piazzamento corretto di SPEEDWYRE in una tuta può produrre un

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significativo abbassamento del drag aereodinamico, migliorando la stabilità del flusso ed
aumentando lo scambio termico.

Triathlon
Triathlon (nuoto/corsa)
 Skinsuit
Fatte con lycre specifica per il triathlon che si fonde al corpo anche se bagnato. Il vento
scivola sulla tuta come fa l’acqua sulla gamba di nuoto del triathlon.
Triathlon (ciclismo)
Le ricerche mostrano che il mezzo più semplice per alleggerire la bicicletta è quello di
focalizzarsi sulle parti in moto circolare. Edmund R. Burke, Ph.D., ha dimostrato che 1
pound aggiunto ad una ruota o alla pedaliera equivale a circa 2 pounds sul telaio
(Velonews Vol 28, No 16).

Tute Aerodinamiche
 Nike Swift Suit
Una Swift Suit è disegnata per aiutare lo sprinter a massimizzare la sua
velocità dalla partenza all’arrivo diminuendo il drag aereodinamico,
aumentando la libertà di movimento e fissando le articolazioni. Il peso
della tuta è diminuito ed essa aumenta la ventilazione attraverso mesh
particolari per tale scopo.
È anche possibile abbassare la resistenza significativamente coprendo i
capelli la riduzione totale di drag può produrre un significativo
miglioramento nella performance .

Attrezzature
La Biomeccanica è utilizzata anche per migliorare l’efficienza delle attrezzatura sportive.
Vari esempi:
 Giavellotto (vecchio vs nuovo)
Il giavellotto moderno ha il centro di galleggiamento dietro il centro di massa. Questo crea
un momento di punta verso il suolo che riduce il tempo di volo ed assicura l’atterraggio di
punta. L’atterraggio di punta permette la misura più agevole ed il giavellotto più sicuro.

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galleggiamento

attrito forza
(momento)

peso

Forze su di un giavellotto
vecchio Galleg. nuovo Galleg.

Peso
Peso

Non vi era momento sul vecchio giavellotto per cui esso non atterrava punta in giù. Il
momento sul nuovo permette l’atterraggio di punta.

 Disco
Le distanze maggiori possono esser raggiunte con un leggero vento contrario. È
fondamentale il lift prodotto dal disco.
Le due superfici hanno la medesima forma. Se si fornisce un piccolo angolo d’attacco si
produce il galleggiamento che agevola il tiro.
Momento Ang. = momento d’inerzia X velocità Ang.
Momento d’ Inerzia = Σmasse X (raggio)2

 Martello
Momento Ang. = momento d’inerzia X velocità Ang.
Momento d’ Inerzia = Σmasse X (raggio)2

 Salto con l’Asta


Variazione nel diametro dell’asta.
L’asta, formata di tre strati di fibre differenti usate per massimizzare la stiffness mentre
minimizza la capacità di ruotare durante l’uso (preso da: K.E. Easterling.).

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 “La Lingua”
È stata suggerita nel 1993. Testata la prima volta nel CdM del 2001 e usata ufficialmente
nel 2003.
Vantaggi della lingua:
 >Sicurezza *
 Salti più aggressivi
 Più facile da apprendere
 Unisex
Area di contatto più efficace:
 Vecchia : 20” x 12” (50cm x
30cm)
 Nuova : 20” x 20” (50cm x 50cm)
 Superficie maggiorata del 40%.

Svantaggi della lingua:


 Necessita di aggiustamenti
 Porta minor supporto per le mani

Variazioni nei salti acrobatici


 Entrate rotatorie più facilitate
 Minori salti frontali di forza di braccia

 Pattinaggio di velocità
La tecnica nel pattinaggio di velocità può paragonarsi allo sprint.
Una maggior estensione delle gambe garantisce più potenza. Le gambe non possono
essere estese correttamente senza la spinta dell’ “alluce”.
I pattinatori si allenano a fermare la spinta prima di flettere la caviglia
 Riduce la lunghezza del passo
 Riduce la potenza
Il risultato è lo sviluppo del Klapskate.
 Klapskate vs. pattini tradizionali

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La differenza fra pattini tradizionali e Klapskate è data dalla mobilità del piede. L’idea è
vecchia di 100 ann.i Sviluppati da Gerrit Jan Van Ingen Schenau. Le sue ricerche si
fondarono sul paragone tra flessione plantare in velocità e corsa o salto.
L’inventore creò il “Jumping Jack”. Partire sui talloni è come pattinare con pattini
convenzionali, mentre partire normalmente è come usare i Klapskates 2” più veloce di una
normale partenza = più veloce di 1/100th sec/passo. I pattinatori di elite pattinano 50
passi/giro.

 Ciclismo
Fattori di resistenza al moto in una bicicletta
Drag:
 Drag di Superficie
 Drag di Forma
 Drag di Profilo: Si forma una tasca di bassa
pressione che “trattiene” il ciclista. Quando la
velocità raddoppia questa forza resistiva
quadruplica !!!!
Fattori importanti:
 Profilo
 Rugosità
 Orientazione (crouch can lower resistance ~30%)
Caschi aereodinamici di protezione in composito:
 Ferite alla testa
 Iper/ipo Termia
 Danni da usura

Miglioramento equipaggiamento alle Olimpiadi


 Michael Johnson’s ha usato scarpe ultraleggere da 105 g.
 Nuovi remi con pale che spostano più acqua.
 Nuove mazze fatte da metalli ultraleggeri, che spingono le palle più lontano e più
velocemente.
 “Sci intelligenti” sensorizzati in modo da misurare le vibrazioni dovute alla pista. Questi
sensori permettono allo sci di indurirsi o di rendersi più flessibile aiutando a conservare
il controllo dell’equilibrio ad altissime velocità.

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Partenza e Sprint
Gli sprinters partono dai blocchi. Con la testa piegata in avanti essi divengono più
aerodinamici. Mentre si corre, il movimento delle braccia con forza e velocità è importante,
ma anche la costanza del piano di movimento (parallelo al sagittale) diminuisce l’attrito
aerodinamico.

Scarpe Aerodinamiche
La copertura dei lacci offre un profilo più aerodinamici che aiutano a bloccare il piede a
posto. Si usa anche un sottoscarpa con otto punti il Pebax e una chiusura superiore
aerodinamica. Il piatto Pebax e leggerissimo e sviluppa eccellente trazione e propulsione.

Applicazioni alle scarpe


 Attrito: Fra scarpe e fondo, se piccolo fa cadere se grande procura traumi.
 Assorbimento schock: Assorbe l’impatto durante la corsa
 Stabilità:
o Scarpe tennis/corsa
o pronazione / supinazione

Applicazioni agli sport invernali


 Gli sci:
Componenti:
 Sci
 Scarponi
 Attacchi
Parti dello sci
 Camera
 Lunghezza
 Larghezza : punta(S), ventre (W), coda(T)
Equazione del taglio laterale:
Rsc=C²/(8SC)
C è la lunghezza del contatto e
SC=1/4(S-2W+T)
Equazione della Camera:
Rflex=C²/(8SCtanø )

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ø è l’angolo fra sci e superficie

Sci materiali e struttura


Effetti su:
 Flessione
 Torsione
Sci base:
 Materiali
o Durabili
o Di poco attrito
 Sciolina
o Minimizza l’attrito
o Conserva l’adesione
 Fianco dello sci
o Costruzione
o Raggio di curvatura
Alternative
 Attacchi Elettromeccanici
 Variano il settaggio in base all’attività muscolare
 Estremamente complessi

Forze sullo sciatore


Le forze attive sono: la reazione del suolo, le
forze di attrito sia tra gli sci e la neve che quelle
aerodinamiche che si oppongono al moto, ed
infine la forza esterna che è la componente della
forza di gravità in funzione dell’angolo di
pendenza della pista (fig. 1).
Per cui potremo considerare la frenata dinamica
e la frenata aerodinamica come le forze che
rallentano il moto mentre la velocità aumenta
proporzionalmente nel tempo sotto l’impulso Figura 1 Forze in gioco su di uno sciatore

della componente di gravità.

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L’analisi biomeccanica qualitativa
L’analisi biomeccanica qualitativa di una performance permette di identificare le macro
deficienze in tecnica, forza, potenza endurance o flessibilità ad esempio.
L’attuale tecnologia permette di operare su questi punti deboli in modo opportuno e
variato.
Nella figura successiva si osserva un vero e proprio simulatore di bob usato per allenare la
squadra olimpica USA per permettere al guidatore di assuefarsi alla guida su piste diverse
anche in condizioni senza neve.

Tecnologia e Tunnel del vento


Le analisi aerodinamiche migliorano il posizionamento biomeccanico per adegure la
flessibilità, il respiro e l’output di potenza. Il tunnel permette misure simultanee di drag e
output di potenza.

mg
Fair  C pV 2  mg V
Cp

Skate Classico
Skate :
 Asse, base piatta, con un punto di rotazione
 L’asse ruota su due cuscinetti di uretano
 Permettendo alle ruote di seguire un arco predefinito

Ingegnerizzazione delle scarpe da Football


L’analisi delle partite determina l’uso delle scarpe.
 Moto :
o Camminare 24%.; corsa leggera 44%; velocità elevata 13%; sprint 5%; corsa
all’indietro 8%; in diagonale 2%; con il pallone 4%.
 Situazioni specifiche/in partita:
o 13 tackles, 9 salti, 50 rotazioni, 26 contatti

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 Differenze di ruolo
 Studio delle forze in gioco
 Pedane di forza
o Si ripetono movimenti realistici
o Si studiano
 Il centro di pressione che cambia nel corso del movimento
 Il moto di direzione delle forze durante i movimenti
 Stress nelle scarpe ha un’intensità 3 volte maggiore in allenamento piuttosto che in gara
una forza cumulativa in gioco di 58kN contro i 161kN in allenamento.

Calcio e scarpe sportive


Scarpe alte
 Scarpe antiche
 Supporto caviglia
Scarpe scollate:
 Permettono di accrescere la mobilità delle caviglie
 Caviglie nei confronti delle altre articolazioni
Rigidità torsionale delle scarpe
 Scarpe alte necessitano di maggior rigidità
 Scarpe basse di minore = alta deformazione durante un calcio!
Johnson et al (1976) Biomechanical approach to the design of football boots. J Biomech.
9, 581-585.

Nike Mercurial Vapour


Pesano solo 196g e sono le scarpe più leggere che esistano. Designate per calciatori che
necessitano di sviluppare alte accelerazioni in per breve tempo.
Utilizzatori: Thierry Henry, Ronaldo e Ruud van Nistelrooy

Adidas Predator
Il peso è distribuito presso la punta, al fine di assicurare che la massima potenza sia
trasferirta alla palla. Fatta con pelle di canguro forte ma soffice che da un grande comfort.
Piccoli pesi sono stati strategicamente posti nella punta per aumentare la deviazione della
palla.

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Un lancio asimmetrico significa che la superficie utile delle predator è morbida favorendo
una grande precisione del calcio. Un calcagno doppiamente rinforzato riduce le pressioni
sul tendine d’Achille.
Utilizzatori: David Beckham

Studi sui tacchetti


 Stabilità
o Rotazioni e frenate
o Esposizione alle intemperie/effetti di superfice
 Configurazione dei tacchetti (numero e posizione)/lame
o baromisure- footscan® insoles: 4 sensori/cm2
 Lunghezza dei tacchetti
 Studi sulle differenze pressorie di picco ricevute dai piedi
 Studi sulle differenze di trazione

Tacchetti & Lame


Differenti condizioni del terreno hanno fatto nascere differenti tipi di tacchetti/lame.

Terreni duri richiedono tacchetti o


Terreni morbidi richiedono tacchetti o
lame modellati che provvedono una
lame metalliche in modo da provvedere
presa fra scarpa e terreno senza
la presa migliore fra suolo e scarpe
vangare in suolo duro

Compressione nelle scarpe da corsa – perchè?


 Ammortizzamento: serve a decelerare il piede del corridore quando urta il terreno.
 Relazione impulso - momento [Ft = m (vf – vi)]
o Troppo duro – il piede rallenta troppo velocemente = lo shock viene avvertito
al ginocchio.
o Troppo morbido – foot “bottoms out” ed urta il suolo in modo duro = un altro
shock al ginocchio.

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Quindi per ammortizzare viene utilizzato gel, camere ad aria, intersuole di schiuma a
densità variabile s, molle metalliche, ecc. Ma tutto dipende anche dal peso dell’atleta es:

Sviluppo della scarpa da corsa Adidas 1


Il team innovativo Adidas di Portland & Herzogenaurach partì nel 2001 tre anni di lavoro
segreto (50 ricercatori, i loro nomi non sono noti al pubblico). Lo scopo è produrre una
scarpa atta a cambiare secondo lo stile personale del corridore.
Qual’il range ideale di ammortizzamento per un corridore?
Uno speciale sensore sotto l’alluce di scarpe standard da corsa ed un piccolo magnete al
calcagno creava un campo magnetico misurato dal sensore (sensore ad effetto Hall). Poi
furono invitati degli atleti ad usare le scarpe da loro ritenute più confortevoli – praticamente
tutti avevano preferito lo stesso range di compressione.
Le scarpe hanno una batteria, un sensore elettrico, un microprocessore ed un motore
elettrico. Sensore elettrico a batteria – accuratezza 0.1mm,
20,000 letture /s. Esso deve essere cambiato ogni 100 ore di uso.
Il microprocessore è il cervello che effettua 10,000 calcoli/s. Esso
comanda al motore elettrico di variare l’ammortizzamento della
scarpa.
Il motore elettrico gestisce l’ammortizzamento durante la corsa.
Vi è anche la possibilità di settaggio manuale tramite un bottone
luminoso.

Applicazioni agli equipaggiamenti


 Equipaggiamenti
Giavellotti, racchette, palle etc. Design spesso è influenzato dall’aerodinamica:
 Veicoli
Biciclette, pattini,scarpe,sedie, ecc.

Biomeccanica del Golf


I fattori che sono legati alla mazza sono i seguenti:
 lunghezza
 attaccatura della testa
 forma della testa
 asta

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Lunghezza:
 possibile un maggiore velocità della testa
 maggior momento d’inerzia – minore

Velocità angolare
 diminuzione del controllo

Parti della mazza:


La mazza è composta da:
 Testa: I materiali che vengono utilizzati per la costruzione della testa della mazza sono:
legno, titanio, acciaio inossidabile, acciaio inossidabile, titanio e ferro.
 Asta : I materiali che vengono utilizzati per la costruzione dell’asta della mazza sono:
acciaio, fibra di carbonio, resine composite.
 Impugnatura : L’impugnatura viene costruita da pelle o gomma.

Tipi di mazze
 Driver/legno: mazze più lunghe, usate per le lunghe distanze, materiali: legno, titanio or
acciaio inossidabile
 Irons: di due tipi (di ferro)
o poco angolate per medie distanze,
o molto angolate per tiri corti
 Putter: usate per spingere sul green

Fattori legati alla mazza:


 lunghezza
 attaccatura della testa

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 forma della testa
 asta

Design
 Volume: influenza il momento d’inerzia – maggiore è migliore
 Peso: leggero è migliore
 Coefficiente di elasticità: limitato da USGA
 Ruvidezza: influenza lo spin
Tipi di teste speciali

Titleist Titanium 983K Driver


 volume 365cc.
 Forma a pera.
 Larga con l’inserzione di una sottile fascia di titanio
 Usata per un grande angolo nel lancio iniziale

Taylormade R540 series driver


 Volume 350cc
 Tutta in titanio
 La ditta Taylormade fece la prima testa di metallo per il giocatore
medio

Nike Forged 450cc driver


 La più moderna
 Voluma 450 cc.
 Testa molto grande
 Aumentata dolcezza del colpo
 Sebbene moderna ottimo successo

Contatto con la palla


Il tempo di contatto fra testa e palla è meno di un millesimo di secondo. La forza media fra
testa e palla è di circa 2000 N e la palla si deforma schiacciandosi sulla testa.
La palla quando è colpita rotola sulla testa per l’attrito e vola via con grande velocità sopra
l’orizzontale relativa al punto di contatto.
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La Palla
Palle da golf - storia e cenni costruttivi
La prima palla da golf fu di pelle riempita di piume. Quando essa si induriva diventava
molto dura ed allora veniva oliada e dipinta. Queste palle potevano raggiungere i 100 -
150 metri. Le palle di pelle e piume furono usate sino al 1848 quando fu inventata la gutta-
perga.
La gutta-perga è una gomma derivante dagli alberi della Malaysia. Poiché diventava
ruvida si comprese che la palla poteva esser guidata meglio delle palle lisce.
Le palle moderne sono costituite di un core di polybutadiene, una gomma sintetica. Più
duro è il core più la palla può andar lontano. Oggi una palla da golf può raggiungere
agevolmente i 300m.
La palla può esser formata da due pezzi o da molti strati. Il coefficiente di elasticità
influenza le perdite d’energia.
Fattori che lo influenzano:
 disegno
 velocità dello Swing
 Temperatura
 Invecchiamento
Fattori aerodinamici (fossette o Dimples)
Il drag rallenta la palla.
Dimples riducono il drag:
 producono uno strato limite intorno alla palla
 lo strato limite riduce la turbolenza
 la turbolenza ridotta riduce il drag

Biomeccanica del Canottaggio


Drag sulla barca e sui rematori
Drag di superficie della barca: 80% del drag idrodinamico (dipende dalla forma della barca
e dall’area totale bagnata).
Il contributo d’onda è invece piccolo - <10% del drag totale.
La resistenza dell’aria – normalmente <10% del drag totale, dipende dalla sezione d’urto
dei rematori.
Scalmo scorrevole

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 Idea brevettata nel 1870. Il modello funzionale costruito nel 1950. Ulteriori sviluppi sono
stati da Volker Nolte ed Empacher nel 1980.
 Kolbe vince WC nel 1981 con lo scalmo scorrevole.
 Top 5 1x finalisti usarono lo scalmo scorrevole nel 1982.
 Fuorilegge dalla FISA nel 1983.

Tennis - Fisica della racchetta


Il colpo morbido
 Due colpi morbidi
o Nodo
o COP
 Forza trasmessa alla mano
o Moti del manico
 Rotazione
 Traslazione
 Vibrazione
 Massima velocità della palla
Nodo di vibrazione
La racchetta da tennis viene trattata come una
trave uniforme.
Frequenza:
 100Hz per sistema flessibile
 140Hz per sistema rigido
Due nodi
 Vicino al centro delle corde
 Vicino al manico

La frequenza è 2.75 volte la frequenza fondamentale. Non si eccita con nessuna


ampiezza significativa
 Durata, T=5ms
 Picco a zero a f=1.5/T=300Hz
 Vicino alla seconda frequenza

Centro di percussione

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Il centro di percussione è conosciuto come punto d’impatto.
 Punti coniugati
 Impatto vicino alla punta
 L’asse di rotazione è a circa ½ via fra la fine del manico ed il CM
 Impatto vicino alla gola
 L’asse di rotazione è fuori la fine del manico

Potenza dei colpi


Maggiore sarà la potenza quando si colpisce la palla presso la gola della racchetta.
Quando la palla colpisce presso la gola le viene impressa maggiore velocità. Più pesante
è la racchetta maggiore è la velocità che acquisisce la palla.
Coefficiente di restituzione
Il rapporto tra l’altezza di rimbalzo e l’altezza incidente della palla è un parametro
importante nella racchetta.
Il coefficiente di restituzione (COR) varia quando la palla rimbalza fuori di certi punti
speciali della racchetta. La massima potenza si sviluppa quando il COR è più grande.
COR = la sua posizione è data dalla radice quadrata di altezza di rimbalzo/ altezza iniziale
Colpo morto
Si dice colpo morto il colpo presso la testa in un punto in cui la palla non rimbalza affatto.
Tutta l’energia si disperde nella racchetta. La racchetta assorbe tutto. La massa effettiva
della racchetta in quel punto è uguale a quella della palla. La massa effettiva è F=ma,
quindi m=F/a
Sul servizio questo punto è il migliore per colpire la palla. Quando si risponde, esso è il
peggiore.
Corde sulla racchetta
Le corde sulla racchetta agiscono come mezzo. Esse assorbono la maggior parte
dell’energia cinetica della palla. Restituiscono una parte dell’energia alla palla
Le corde tese rallentano la velocità della palla mentre le corde lente producono una
velocità di rimbalzo leggermente maggiore ed una maggior potenza.

Biomeccanica del Baseball


Storia della mazza:
 Età del legno
Dal 1900 fino al 1970 si è sempre usata la mazza di legno.

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 Età dell’alluminio
La prima appare circa nel 1970. Fino al 1980 si sono usati materiali con un rapporto
forza/massa maggiori. La pletora di recenti innovazioni causa difficoltà in softball &
baseball strutture federali
 Età dei compositi

Miglioramento tecnico
Nuove tecnologie di match analysis sono sviluppate per migliorare la precisione dei dati da
analizzare ottenute da video camere digitali.
CompuTrainer (by RacerMate, Inc.)
Utilizza lo stato dell’arte della grafica 3D interattiva per simulare colline, curve, visioni
panoramiche ecc.
SpinScan
è un video biofeedback grafico usato per valutare l’impatto di piccole variazioni del
settaggio della bicicletta per trovare la posizione dinamica più efficiente.

Applicazioni al coaching
Analisi delle tecniche qualitative e quantitative: Con l’utilizzo dello slow motion / freezing.
L’allenatore è agevolato nel suo lavoro di analisi differenziale e sintesi strutturale.
La valutazione funzionale serve a dare informazioni sullo stato dell’atleta

Software di Analisi del Movimento


Il SwingTrainer™ è un sistema completo di analisi dello Swing che controlla tutti gli aspetti
di tale movimento per tutti gli sport interessati quali: golf, baseball, tennis ed hockey.
Otto sensori controllano la posizione e l’orientazione di 36 punti del corpo e delle
attrezzature: mazze,racchette,bastoni al rateo di 144 frame / secondo.

Chimica e Fisica nel progetto di una palla da Calcio


 Chimica del pallone
Fullerene (telaio della palla)
Molecole di carbone più grandi scoperte nel 1985 da Richard Smalley (1996 premio Nobel
per la Chimica)

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C60 C70

 Nanotecnologie
Nanofili: “una singola molecola gigante di giant fullerene”, “un conduttore metallico di pochi
nanometri di diametro, ma migliaia di micron (fino al metro) di lunghezza”, “possiede la
conduttività elettrica del rame, una conduttività termica alta come quella del diamante, ed
una resistenza tensile 100 volte più alta dell’acciaio”.

 Fisica del pallone


 Gli elettroni sono in equilibrio.
 Il nucleo ha n orbitali elettronici.
 Gli elettroni si respingono.
 L’equilibrio si ottiene per il minimo di energia
Se vale la legge di Coulomb, allora bisogna minimizzare le distanze mutue, i. e.

 j X
i i  X j 1
Su tutte le configurazioni possibili di N punti X1 , … , XN sulla sfera.
32 Elettroni 122 Elettroni

In Equilibrio In Equilibrio

Adidas Roteiro Football


Questo pallone disegnato specificamente per il Portogallo ha quattro specifiche peculiarità:
1. La superficie consiste di una spessa pellicola di poliuretano che è resistente alle
abrasioni ed in uno strato quasi del tutto impermeabile.

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2. Un nuovo processo di sutura termica sviluppata dall’Adidas produce una superficie
senza cuciture che produce un maggior equilibrio in volo
ed una costante accuratezza nella struttura.
3. Sotto la superficie si trova uno strato flessibile di schiuma
di poliuretano conuna buona flessibilità a bassa
temperatura, che fornisce buone caratteristiche di
smorzamento e di volo.
4. Lo strato più interno è di latex gomma naturale che da eccellenti proprietà di
rimbalzo.

Applicazioni Biomeccaniche negli Sport Paralimpici


I Giochi Paralimpici, o Paralimpiadi, sono l'equivalente dei Giochi Olimpici per atleti con
disabilità fisiche, visive o intellettive.

Sport Paralimpici - Sport estivi


 Atletica leggera
 Bocce
 Calcio a 5
 Calcio a 7
 Ciclismo
 Equitazione
 Goalball
 Judo
 Nuoto
 Pallacanestro su sedia a rotelle
 Pallavolo
 Rugby su sedia a rotelle
 Scherma su sedia a rotelle
 Sollevamento pesi
 Tennis su sedia a rotelle
 Tennis tavolo
 Tiro a segno
 Tiro con l’arco

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 Vela

 Basket in carrozzina
Il basket in carrozzina è uno degli sport per disabili più conosciuti
anche dal grande pubblico. Le regole del gioco, le dimensioni del
campo e l'altezza dei canestri sono quasi tutte comuni a quelle
della pallacanestro per normodotati.
La carrozzina può avere tre o quattro ruote di cui due grandi
posteriori (il diametro non deve superare i 66 cm e devono essere munite di un
mancorrente) ed una o due piccole davanti.
Altezza max del sedile: 53 cm da terra.
Su di esso viene posto un cuscino di materiale flessibile, spesso da 5 a 10 cm a seconda
della categoria di handicap del giocatore. Non sono permessi pneumatici neri, meccanismi
di sterzo, freni o altri congegni.

Figura 2 Illustrazione dei parametri di lancio per una


palla ed angolo di entrata nel canestro:
θr = angolo di lancio della palla
h = distanza verticale dall’anello del canestro ed il punto di
lancio,
L = distanza orizzontale dal punto di lancio al centro del
canestro ,
Vr = velocità di lancio
θe = angolo di entrata.
MALONE et al. Shooting mechanics in wheelchair
basketball.2002

 Handcycling
Le Handbike sono carrozzine a tre ruote che hanno la particolarità di essere azionate con
la sola forza delle braccia, in posizione semi-sdraiata o seduta, a scelta dell’atleta.
Molto affini alle normali biciclette da corsa, ne “importano” alcune delle principali
componenti, quali le moltipliche, il cambio, i freni e le ruote. Per i telai, normale è l’utilizzo
di alluminio, titanio e fibra di carbonio.
Gli atleti sono suddivisi in categorie in base al grado di disabilità riportato. Per la
particolare morfologia della Handbike, possono gareggiare anche atleti senza handicap.
Posizione di guida:
23
 Sdraiata
 Inginocchiata

 Atletica leggera
L'Atletica Leggera per i diversamente abili nasce dalle rovine della seconda guerra
mondiale ed ha origine ufficiosa presso un ospedale militare dove vi erano ricoverati i
reduci del conflitto planetario i quali usavano allestire delle gare di corsa in carrozzina
lungo la pista lunga 60 metri che divideva il rifugio degli elicotteri dall'ospedale. In seguito
l'Atletica Leggera per i diversamente abili divenne sport paraolimpico a Roma nel 1960.
Oggigiorno, possono gareggiare i paraplegici, gli amputati, i soggetti con esiti di
poliomielite o paralisi ed altre incapacità fisiche, i non vedenti e gli ipovedenti, i disabili
intellettivi. Generalmente gli atleti gareggiano in carrozzine speciali oppure utilizzando
speciali protesi alle gambe o alle braccia. Per coloro con problemi di visione è previsto il
sostegno in gara di una guida.
 Corsa 100 m.
 Corsa 200 m.
 Corsa 400 m.
 Corsa 800 m.
 Corsa 1500 m.
 Corsa 5.000 m.
 Corsa 10.000 m.
 Corsa a Staffette 4x100 m.
 Corsa a Staffette 4x400 m.
 Lancio del Peso
 Lancio del Disco
 Lancio del Giavellotto
 Salto in Lungo
 Pentathlon
 Maratona

Sport Paralimpici - Sport invernali


 Sci di fondo
 Biathlon
 Hockey su slittino

24
 Sci Alpino
 Curling in carrozzina

 Sci Alpino
Ci sono tre tipologie di disabilità e le attrezzature utilizzate:
 atleti accompagnati da una guida (Blind-non vedenti)
 atleti che gareggiano in piedi (Standing)
 atleti che gareggiano seduti (Sitting)
L'attrezzatura va adattata all'abilità funzionale dello sportivo,
che può utilizzare:
 normali sci
 una slitta montata su sci
 stabilizzatori o
 protesi ortopediche a seconda dei casi.

 Monosci
Al posto degli sci, usano un attrezzo chiamato monosci
(mono-ski o sit-ski). Esso è costituito da un sedile montato su
uno sci e dotato di sospensioni e apposite imbragature. Al
posto dei bastoncini usano gli stabilizzatori.

 Hockey su slittino
Il hockey su slittino viene praticato su slittino
e con due stecche a doppia funzione: da una
parte per colpire il disco, dall’altra per
spingersi sul ghiaccio.
L'atleta deve avere una disabilità permanente
nella parte inferiore del corpo che: sia ovvia e
facilmente riconoscibile; renda impossibile la
possibilità del normale pattinaggio.

 Curling in carrozzina
È la variante del curling riservata alle persone con disabilità agli arti inferiori.
Rispetto al curling convenzionale, le scope (brooms) non sono necessarie perché lo
scivolamento è vietato.

25
Per il resto la superficie di gioco, le pietre e le regole sono le stesse, con alcuni
adattamenti legati al fatto che i giocatori si spostano su sedie a rotelle.

2. Teoria dei materiali - Protesi

La protesi
In medicina, una protesi è un dispositivo artificiale atto a sostituire una parte del corpo
mancante (un arto, un organo o un tessuto), o a integrare una danneggiata.
La protesi deve essere adattata in modo ottimale, deve rispondere alle necessità
dell'amputato e soddisfare le esigenze individuali quanto a stabilità, durata nel tempo
comfort.

Classificazione delle protesi

Le protesi si dividono in:


A. Esoprotesi (esterne)
B. Endoprotesi (interne)

A. Esoprotesi
Le esoprotesi sono dispositivi medici, costruiti su misura da protesisti ortopedici con
tecnologie artigianali e/o sistemi CAD/CAM; queste hanno il compito di sostituire la
morfologia e, in parte, la funzionalità di un arto amputato.
Questi dispositivi si dividono, con caratteristiche molto diverse fra loro, in:
 protesi di arto superiore
 protesi di arto inferiore

 Protesi di arto superiore


Questo tipo di dispositivo deve rispondere soprattutto a complessi meccanismi funzionali
(oltre che estetici).

26
Infatti le protesi di arto superiore hanno integrato, sempre più, sistemi di provenienza
elettronica, per svolgere, quanto più possibile, operazioni e motricità vicine a quelli di un
arto naturale.

 Protesi di arto inferiore


Le protesi di arto inferiore hanno come scopo fondamentale quello di permettere ad un
soggetto amputato la deambulazione.

Attenti studi di biomeccanica e cinematica del passo hanno permesso lo sviluppo di


componenti articolari di altissimo livello per usi normali e quotidiani e per usi sportivi o
addirittura agonistici.

Le amputazioni
Possiamo distinguere due tipi di amputazione del ginocchio:
 Amputazioni al di sotto del ginocchio.
 Amputazioni al di sopra del ginocchio.

Protesi per amputazioni al di sopra del ginocchio


I fattori di base che influiscono su una buona funzione della protesi al di sopra del
ginocchio sono:
 Tipo di invaso
 Modello e caratteristiche dell’articolazione meccanica del ginocchio, caviglia-piede
 Scelta dei componenti
 Corretto allineamento
 Peso adeguato della protesi

Classificazione per protesi di arto inferiore (in relazioni alla tecnica costruttiva)
Le protesi di arto inferiore si suddividono in:
 tradizionali
 modulari

 Le protesi tradizionali
Nelle protesi tradizionali, le pareti determinano la forma e hanno
funzione portante. Esse vengono costruite partendo da prefabbricati a

27
pareti spesse, in materiali quali legno o schiuma e quindi allineate staticamente. Vengono
poi passo passo eseguite modifiche minime fino a raggiungere un allineamento e una
conformazione statica precisi e infine viene definita la forma esterna.
In seguito la protesi in legno viene assottigliata dall'interno e laminata, rivestita cioè di
materiale plastico, conferendole solidità e un buon aspetto estetico.
Le protesi tradizionali sono molto robuste, affidabili e meno estetiche.

 Le protesi modulari
Le protesi modulari sono costituite da singoli componenti detti moduli intercambiabili. Tutti
i componenti tecnici sono collocati all'interno di un rivestimento
cosmetico in materiale espanso morbido.
La separazione di funzione e forma ha permesso lo sviluppo di una
molteplicità di moduli particolari come tubi e giunti, articolazioni di
ginocchio e d'anca, e piedi atti a soddisfare le esigenze funzionali
dell'amputato
Per la costruzione delle protesi modulari c’è una grande
disponibilità di materiali (acciaio, alluminio, titanio, carbonio,..).

L’invasatura
L'invasatura è l'elemento di collegamento fra il corpo e la protesi. Prima che una protesi di
qualunque tipo possa assolvere il proprio compito, deve essere perfettamente adattata
all'amputato.
La costruzione dell'invasatura è generalmente un lavoro manuale. I materiali che vengono
utilizzati sono: legno, cuoio e resine termoplastiche e silicone.
I requisiti sono: adattamento ottimale e capacità di sostenere il carico.
Accanto alla lavorazione artigianale, negli ultimi anni ha fatto il suo
ingresso la modellazione e finitura dell'invasatura con l'ausilio del
computer. Uno scanner 3D acquisisce la forma del moncone e invia i
dati a un PC per la elaborazione. Da qui i dati vengono direttamente
inviati a una unità fresatrice a controllo numerico per la costruzione di un modello.
L'ulteriore lavorazione dipende dal tipo di materiale. L'uso del legno è sostituito in misura
sempre maggiore dalla resina e dai materiali termoplastici, che vengono modellati a
decompressione sul modello positivo di gesso.

28
L’elemento di collegamento tra il corpo dell’amputato e la protesi deve essere in linea con i
seguenti principi:
 Esatto rilevamento del volume del moncone.
 Perfetta aderenza della protesi al moncone.
 Buona capacità di sopportare peso e sollecitazioni.
 Comando sicuro della protesi.
 La circolazione arteriosa, venosa e linfatica non devono essere compromesse, ed
eventuali punti di pressione non fisiologici sono da evitare.
 Tutte le singole aree dell’invasatura devono corrispondere esattamente all’anatomia del
moncone.

Allineamento nel cammino


Dato che le protesi vengono usate in primo luogo non per stare fermi in piedi ma per
camminare, è interessante l'allineamento cinematico e dinamico della protesi.
Il principio base dell’allineamento è che tutti gli elementi costruttivi devono essere allineati
in modo che garantiscano stabilità quando questa è necessaria e la tolgano quando la
deambulazione lo richieda, creando, in base alle necessità momenti estensori o flessori
sul ginocchio.

Metodi per l’allineamento per protesi al di sopra del ginocchio


Per le protesi sopra il ginocchio, il criterio utilizzato per rendere stabile l’articolazione
consiste nell’allineare l’asse del ginocchio artificiale in modo tale che la direzione del
carico sopportato dall’invaso passi davanti al ginocchio e forzi l’articolazione nella
configurazione estesa di fermo. Questo criterio viene impiegato in tutte le protesi al di
sopra del ginocchio.
L’operazione che porta al soddisfacimento ditale criterio dicesi allineamento.

B. Endoprotesi
Endoprotesi di arto inferiore - Protesi dell’anca
L’endoprotesi d’anca può essere:
 Endoprotesi parziale: si sostituisce chirurgicamente o la parte femorale oppure la parte
cotiloidea con una componente protesica che andrà ad interfacciarsi con la componente
naturale.

29
 Protesi totale (artroprotesi): si asporta la porzione prossimale del femore e il cotile con
appropriate tecniche chirurgiche sostituendo poi queste componenti con due diverse
endoprotesi (femorale+cotiliodea)

 Protesi totale dell’anca (artroprotesi):


L’impianto di una protesi totale d’anca permette la sostituzione dell’articolazione coxo-
femorale con una artificiale. È importante ribadire che l’artroprotesi viene impiantata per
togliere il dolore e per consentire al paziente un miglioramento della motilità articolare.

Protesi del ginocchio


La protesi di ginocchio può essere:
 Monolaterale o emiprotesi: si sostituisce chirurgicamente la parte mediale o laterale del
femore distale e della tibia prossimale per sostituirla con apposite protesi di materiale
metallico o ceramico che articolano su apposito spaziatore (o inserto) generalmente di
polietilene. Nelle emiprotesi non vengono rimossi il crociato anteriore e posteriore.
 Protesi totale (artroprotesi): si sostituisce chirurgicamente tutta l'articolazione, femore
distale, tibia prossimale, e menischi, con protesi di materiale metallico o ceramico che
articolano su apposito spaziatore (o inserto) generalmente di polietilene.

Ginocchi idraulici:
Sono basati su un liquido che si sposta da una camera all’altra. Si dividono in:
 Sistemi a grandi ammortizzatori: il flusso del liquido è turbolento, riescono ad adattarsi
alla velocità del passo. Hanno lo svantaggio di essere difficilmente nascondibili.
 Sistemi a microidraulica, hanno il vantaggio di essere facilmente nascondibili in una
cosmesi. Sono a flusso laminare del liquido. Non si hanno rilevanti variazioni di velocità
del liquido al variare della velocità del passo: se le valvole sono regolate per il cammino,
nella corsa il ginocchio arriverà in ritardo.

Materiale
Si definisce materiale una sostanza fisica, generalmente solida, manipolata e/o usata
dall’uomo per la realizzazione di specifici manufatti, non soggetti a significative
trasformazioni durante l’uso.

 Proprietà meccaniche del materiali

30
Il comportamento dei materiali varia in funzione del tipo di materiale, delle sue
caratteristiche e delle condizioni esistenti al momento della deformazione.
Si comportano in modo perfettamente elastico quei solidi che si deformano
istantaneamente in maniera proporzionale al carico applicato e ritornano istantaneamente
alla forma iniziale alla rimozione del carico. Il comportamento idealmente elastico segue
la legge di Hook (fig.3).
Hanno comportamento perfettamente plastico quei solidi nei quali una forza, superiore
ad un valore di soglia porta solo a deformazioni istantanee irreversibili; il materiale
continua a deformarsi a velocità costante sino a quando il carico è applicato e le
deformazioni rimangono dopo la rimozione del
carico.

Figura 3
 Stress
Lo stress è definito come la forza agente su di una determinata superficie.

F

A
Nel SI l’unità di misura dello sforzo (stress) è la medesima che per la pressione N m-2
(newton su metro quadro) o pascal (Pa).
Lo sforzo (stress) è indipendente dalla forma e dalla grandezza del materiale.
Lo stress assiale (tensione o compressione) su di un materiale è causato dalle forze che
agiscono lungo i suoi assi geometrici, fig.4.
Lo stress trasversale (shear) è causato dalle forze che agiscono in direzione opposta o
trasversale e che fanno scivolare superfici o piani all’interno del materiale, fig.5.
Lo stress di piegamento (Bending) è generato in un materiale sottoposto a compressione
e tensione sul lato opposto, fig.6 (lato concavo = compressione, lato convesso = tensione).

31
Figura 4 Stress assiale Figura 5 Stress trasversale

Figura 6 Stress di piegamento

 Deformazione (strain)
Applicando una forza ad un corpo, si induce traslazione, rotazione e distorsione. La
distorsione provoca cambiamento della forma o del volume del materiale.

L  L0

L0
 Relazione Stress – Strain
Materiali differenti mostrano differenti relazioni stress - strain secondo le proprie
caratteristiche strutturali e meccaniche.

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Una curva di stress - strain quindi può risultare come strumento utile per paragonare le
differenti proprietà elastoplastiche dei materiali.

Il modulo di Young “E” (anche chiamato modulo d’elasticità) combina le proprietà


sperimentali di un materiale, stress e strain tra loro, esso è definito come il loro rapporto:

Modulo di Young = Stress / Strain

La rigidità di una barra è un indicatore della sua capacità di resistere ad una


deformazione assiale. Essa è uguale al prodotto del modulo di Young del materiale per la
sezione della sbarra
Durezza è la capacità di un materiale di assorbire energia tensionale senza fratturarsi.

 Comportamento Viscoso
Un materiale deformato, che mostra un comportamento viscoso, non si deforma
istantaneamente quando si applica un carico.
La tensione applicata (stretching) deve essere prolungata. Inoltre se il carico è rimosso, il
materiale non ritornerà nelle sua configurazione originale (forma e dimensione). Questo
indica che non si è verificata la conservazione di tutta l’energia di deformazione, ma che
essa è stata in parte dissipata sotto forma di calore.

 Comportamento viscoelastico
Un materiale che mostra un comportamento viscoelastico si comporta in modo viscoso se
sollecitato da un carico (ritardo nel tempo della deformazione) ed un comportamento
elastico quando il carico cessa perché ritorna nella sua forma e dimensione originale.

33
Fenomeni viscoelastici caratteristici:
 Rilassamento (tensione a deformazione costante)
 Creep (deformazione a carico costante)

 Deformazione permanente
Alcuni materiali continuano ad allungarsi nel tempo quando subiscono un carico costante.
Il fenomeno di sviluppare una tensione nel tempo e detto deformazione permanente.

t
dF
u (t )   c(t   ) ( ) d
0
dt
 Rilassamento
Quando un corpo è rapidamente deformato e la deformazione è mantenuta costante la
tensione indotta nel corpo decresce nel tempo.

t
du
F (t )   k (t   ) ( )d
0
dt
Protesi composta
Le tecniche attuali impiegano sia le protesi cementate che non cementate e gli
accoppiamenti tra le due componenti della articolazione possono essere entrambe in
metallo, una in metallo e l’altra in polietilene, una combinazione di polietilene e ceramica o
infine ceramica/ceramica.
Altri materiali di largo utilizzo sono: il titanio e l’idrossiapatite, utilizzata come materiale di
rivestimento.
Alcuni tra i principali inconvenienti relativi ai dispositivi biomedici ed agli impianti,
dipendono strettamente dalla natura chimico-fisica del biomateriale e possono essere
ricondotti a problemi di:
 biocompatibilità
 usura/durata
 contaminazione batterica
 mobilizzazione asettica

34
Le giunture artificiali sono generalmente costituite da una coppa di materiale polimerico
(UHMWPE) e da una sfera metallica (titanio o leghe cobalto/cromo) oppure ceramica
(allumina o ossido di zirconio) supportata da uno stelo di metallo.
Questa tipologia di protesi artificiali viene utilizzata per sostituire giunture naturali, come
anca, ginocchio, spalla, polso, dita della mano e del piede, danneggiate dall’artrite o da
altre malattie degenerative o da traumi.
La vita media di una protesi articolare artificiale è di circa 8-12 anni. Purtroppo la durata si
riduce per le persone più giovani ed attive. Le protesi usurate debbono essere rimosse e
sostituite con un nuovo impianto.

Muscoli artificiali in Medicina


Perché possono essere importanti?
 Assistono muscoli deboli
 Valvole
 Pompe
 Impianti Bioattivi
 Soluzioni bioniche

Il disegno di un muscolo naturale


I muscoli sono semplicemente dei trasduttori. Essi cambiano i segnali elettrochimici dei
nervi in energia meccanica.
I muscoli artificiali dovrebbero esser simili per elasticità ed abilità di produrre forza
Un po’ di Storia
Nel 1619 Descartes postulò che impulsi sensori attivavano i muscoli. Nel 1780 Galvani
studiò la contrazione come fenomeno prodotto da corrente elettrica.
Nel 1968: 1° muscolo artificiale di gomma. Prodotto da diverse strisce lungo un asse
longitudinale. Vi era iniettata aria compressa.
Vi sono molti tipi di “muscoli”:
 l’attuatore muscolare di McKibbin
 Tubi gonfiabili, producono grandi forze a basse frequenze .
 PAN-stimolati chimicamente dalla variazione di PH.
 “Tessuti” elettrostimolati
 IPMC
 Solenoidi

35
 Polimeri piezoattivi , o ceramici

La tecnologia attuale - Il muscolo artificiale di McKibben


Sviluppato nel 1950's dal medico americano Joseph L.
McKibben. Originalmente costruito per gli arti amputati.
Più recentemente commercializzato dall’1980 dalla Bridgestone
Rubber Company giapponese e brevettato con il nome di
“Rubbertuator”.
Attualmente in Inghilterra lo Shadow Robot Group produce
questi attuatori per robot.
Esso consiste di una camera d’aria interna. La camera d’aria è
ricoperta da un involucro a maglie intrecciate. Ai due capi sono
connesse due strutture tendinee.
Appena la camera è pressurizzata si espande come un pallone contro l’involucro.
L’involucro resiste e conserva la forma cilindrica. Quando il volume della camera d’aria
cresce a causa della pressione l’attuatore si accorcia e produce tensione.
I muscoli McKibben sono connessi con strumenti elastici che simulano le proprietà del
tendine e la conservazione dell’energia di un muscolo reale.

I vantaggi del muscolo McKibben sono i seguenti:


 Ottimo rapporto peso/forza
 Leggero
 Poco costoso
 Morbido
 Dimensione regolabile
 Flessibile
 Potente
 Smorzato
 Efficace

Punti deboli:
 Attrito fra parti e tubi
 Richiedono algoritmi di controllo complessi
 Deformazione del tubo di gomma

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 Lo spostamento massimo è limitato al -20-30% della contrazione
 Output di forza basso: 650N (a riposo); 300N (15% contrazione); 0N (30%
contrazione). Pressione applicata: 300 kPa. Lunghezza = 15cm; diametro a riposo =
1.4cm

 Protesi per il ciclismo (Cycling Prosthesis)


Questa protesi transtibiale leggera è stata progettata
specificatamente per pedalare ed è attaccata al pedale della
bicicletta. Il design aerodinamico elimina movimenti e giochi, per
massimizzare la trasmissione di potenza dal ciclista al pedale. La
versione usata per le olimpiadi di Atlanta fu costruita da un

ingegnere australiano materiale laminato (fig.7).


Figura7 Protesi per il ciclismo
 Protesi per il lancio del disco (Elastic Strain Energy
Prosthesis)
Arto prostetico progettato per un lanciatore di disco amputato transfemorale. Questo
progetto unico fu sviluppato usando una struttura laminata per permettere una determinata
risposta elastica di forza necessaria in questo sport.

3. Materiali, Scarpa Sportiva ed Elasticità non lineare


La fisica della materia condensata soffice si occupa di colloidi, soluzioni polimeriche,
emulsioni, schiume, soluzioni tensioattive, polveri e materiali simili. Si tratta di sistemi
largamente presenti nella nostra vita quotidiana: ne sono esempi le vernici, l’olio per
motori, la maionese, la crema da barba, il talco e così via. In tutti questi casi, la
composizione molecolare precisa del sistema ha solo una limitata influenza sul
comportamento fisico, che è controllato dalla struttura su scala mesoscopica, cioè su
lunghezze che vanno da 1 nm (10-9 m) a 1 μm (10-6 m), facilmente modificabile da agenti
esterni quali le sollecitazioni meccaniche. Le peculiari proprietà meccaniche di tali fasi
condensate soffici sono ampiamente sfruttate sia dalla Natura sia dall’uomo, tanto
direttamente quanto nei processi di trasformazione. Un esempio di queste ultime
applicazioni è la modellatura di un oggetto di plastica dura per stampa da una colata: i fusi
polimerici rappresentano la materia condensata soffice per eccellenza.

Materiale polimerico

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Il polimero (plastica, resina, ecc.) è un materiale organico di peso molecolare elevato (103
– 106 g/mol), prodotti dalla combinazione di molecole semplici sotto condizioni controllate
di temperatura e pressione, frequentemente in presenza di catalizzatori, promotori,
acceleranti.
I materiali polimerici sono costituiti da macromolecole filiformi, formate da un gran numero
di unità ripetitive.
I materiali polimerici trovano da alcuni decenni largo impiego nel settore dei biomateriali
grazie ad alcune caratteristiche peculiari, quali l’elevata inerzia chimica, una buona
biocompatibilità generale, facile processabilità ed estrema versatilità di impiego.
Essi sono costituiti da molecole ad elevato peso molecolare, generalmente organiche,
dette macromolecole.
Le macromolecole si originano dal concatenamento di un gran numero di piccole unità,
dette monomeri, fino a formare lunghissime catene che possono essere:
 lineari
 ramificate
 reticolate
I polimeri con catena lineare o ramificata hanno proprietà meccaniche inferiori ai polimeri
reticolati. Infatti le catene lineari e ramificate sono legate fra loro da legami deboli del tipo
Van der Waals, dipolo-dipolo, etc., che consentono, quando il polimero è sottoposto a
sollecitazione, lo scorrimento delle catene l’una rispetto all’altra. Tale scorrimento, di tipo
viscoso, è responsabile del comportamento viscoelastico dei polimeri a catene lineare o
ramificata.
È comunque importante sottolineare che i polimeri a catena lineare hanno in genere
proprietà meccaniche inferiori a quelle dei polimeri a catena ramificata perché questi
ultimi, grazie alla conformazione strutturale delle catene, scorrono con maggiore difficoltà
a causa degli impedimenti fisici che si generano.
Come grado di cristallinità di un polimero è definito la percentuale in peso della sostanza
allo stato cristallino rispetto al peso totale.
Il grado di cristallinità dipende:
 dalla struttura delle molecole componenti;
 dalla “storia” meccanica e termica della sostanza.
Alcuni polimeri altamente cristallini:
 Polistirene sindiotattico
 Nylon

38
 Kevlar
 Polichetoni
I materiali polimerici sono classificabili, in base alle loro proprietà termo meccaniche in:
 termoplastici
 termoindurenti

I termoplastici, a catena lineare o ramificata, sono modellabili plasticamente un numero


praticamente illimitato di volte, purché ciò avvenga in un certo intervallo di temperature.
Gli indurenti, invece, a catena reticolata, oltre un certo stadio del processo di ottenimento
non sono più modellabili e anzi è proprio il calore che determina inevitabilmente
l’indurimento del polimero.
I polimeri termoplastici, come conseguenza delle proprietà termomeccaniche e delle
proprietà viscoelastiche dei materiali macromolecolari, hanno diagrammi sforzo-
deformazione che dipendono da:
 velocità di deformazione,
 temperatura.
Caratteristiche dei polimeri termoplastici:
 Solubilità in solventi specifici
 La “temperatura di rammollimento” varia fortemente in funzione del tipo e del “grado” di
polimero
 Temperature elevate possono provocare reazioni di degradazione/decomposizione e
combustione
 Generalmente durante la trasformazione (processing) non avvengono modifiche
chimiche
 Elevata resistenza all’impatto
 Migliore “processabilità”
 Adattabilità a geometrie complesse

39
Figura 8 Proprietà meccaniche dei polimeri termoplastici

I polimeri termoindurenti subiscono una modifica chimica (reticolazione, crosslinking)


durante il processo di trasformazione, diventando permanentemente infusibili ed insolubili.
Alcune delle caratteristiche dei polimeri termoindurenti sono:
 Dopo la “reticolazione” il materiale non può fluire.
 A temperature elevate si può avere degradazione ma mai fusione (plastificazione).

Figura 9 Proprietà meccaniche dei polimeri termoindurenti

Polimeri Elastomeri
Un materiale che a temperatura ambiente può essere allungato ripetutamente per almeno
due volte la sua lunghezza originale e dopo la cessazione della sollecitazione, ritorna
immediatamente con forza alla sua approssimativa lunghezza originale.
Nella figura 10 si possono vedere le proprietà meccaniche dei polimeri elastomeri.

40
Figura 10 Proprietà meccaniche dei polimeri elastomeri

Applicazioni dei materiali polimerici in BioIngegneria


I materiali polimerici hanno vastissime applicazione nel settore della BioIngegneria e ciò
dipende da numerose cause.
Innanzi tutto è facile ottenere manufatti in molte differenti forme quali ad esempio:
 fibre
 tessuti
 pellicole
 barre
 forme geometricamente complesse
 liquidi viscosi
Inoltre con i polimerici è possibile fabbricare gran parte dei materiali compositi i quali
possono avere sia la matrice sia il riempitivo polimerico.
I polimeri sintetici hanno una struttura chimica molto simile ai polimeri naturali contenuti
nei tessuti biologici, ad esempio, il collagene, e in alcuni casi è possibile ottenere dei
legami chimici tra le catene dei polimeri naturali e quelle dei legami chimici tra le catene
dei polimeri naturali e quelle dei polimeri sintetici. In questo caso i materiali polimerici
possono avere una buona biocompatibilità intesa come interazione che promuove
l’accettazione del materiale da parte dell’organismo.
Alcuni dei materiali polimerici per uso biomedico:
 PoliEsteri
 PoliAmmidi
 PoliEtilene
 PoliSilossani
 PoliTetraFluorEtilene
 PoliUretani
 PoliMetilMetAcrilato

I materiali metallici
I materiali metallici trovano larghissimo uso come materiali da costruzione di dispositivi
biomedici. Gli impieghi sono i più svariati e vanno da componenti di apparecchiature a
intere protesi o loro parti. La maggior parte trova applicazione nella fabbricazione di
strumentario chirurgico, di protesi ortopediche e dentali e di mezzi di osteosintesi. Infatti i
41
materiali metallici si prestano bene a risolvere i problemi legati alla sostituzione di tessuti
duri quali ossa e denti. Ciò dipende dalle loro elevate meccaniche che rendono possibile la
realizzazione di protesi in grado di sopportare carichi elevati con piccole sezioni.
In generale, i materiali metallici trovano applicazioni come biomateriali grazie ai seguenti
principali motivi:
 hanno un elevato modulo elastico (≈100÷200 GPa) ed una elevata resistenza di
snervamento (≈300÷1000 MPa) così da rendere possibile la costruzione di strutture in
grado di sopportare carichi elevati senza grandi deformazioni elastiche né deformazioni
plastiche permanenti;
 hanno una buona duttilità e quando lo sforzo supera la resistenza di snervamento, la
struttura si deforma plasticamente invece di rompersi in maniera fragile. Ciò permette di
solito di intervenire sostituendo il componente deformato prima che si rompa;
 hanno un’elevata resistenza alla fatica meccanica e quindi sono indicati per quelle
applicazioni per le quali si prevedono cicli di carico;
 hanno un’ottima biocompatibilità. La biocompatibilità è connessa, nel caso dei metalli, al
problema della corrosione in ambiente biologico. Infatti all’interno dell’organismo i fluidi
biologici hanno un elevato potere corrosivo nei confronti dei metalli. Le conseguenze
della corrosione sono la perdita di materiale metallico da parte dell’impianto con
possibilità di perdita di funzionalità dell’impianto stesso e la contaminazione metallica
dei tessuti con effetti non desiderati e dannosi.

I materiali metallici da impianto:
 Acciai inossidabili
o Protesi articolari
o Mezzi di osteosintesi
 Leghe di Cobalto
 Titanio
 Leghe di Titanio
o Applicazioni ortopediche

 Biomateriale
Biomateriale è una sostanza inerte, sia nei confronti dell’organismo che dal punto di vista
farmacologico, progettata per essere impiantata o incorporata in un sistema vivente.
Un’altra definizione di biomateriale è la seconda:

42
Biomateriale è ogni sostanza o combinazione di sostanze di origine sintetica o naturale,
diversa da un farmaco, che può essere impiegata per qualsiasi periodo di tempo da sola o
come parte di un sistema, che tratta, aumenta o sostituisce un qualsiasi tessuto organo o
funzione del corpo.

Biocompatibilità
La biocompatibilità di un materiale consiste nella caratteristica di stabilire interazioni non
sfavorevoli con i sistemi viventi con i quali esso viene in contatto.
La biocompatibilità è un requisito fondamentale, legato alla necessità di migliorare e/o
ripristinare una determinata funzione biologica, senza interferire o interagire in modo
dannoso con le attività fisiologiche dell’organismo.
Il grado di biocompatibilità di un materiale è funzione della forma, della struttura, della
composizione chimica, delle proprietà chimiche, fisiche, meccaniche, elettriche. Esso
dipende inoltre dal sito di localizzazione nell’organismo e dal tipo di applicazione.

I biomateriali servono per costruire dispositivi e impianti biomedici, specificamente


progettati per esplicare determinate funzioni nell’organismo. Alcuni esempi:
 Dispositivi ortopedici (protesi di ginocchio, protesi d’anca, impianti spinali, sistemi di
fissaggio osseo)
 Impianti cardiaci (valvole artificiali, pacemakers)
 Impianti per tessuti molli (protesi mammarie, collagene iniettabile)
 Impianti dentali (sostituzione di denti, radici, tessuto osseo nella cavità orale)
I biomateriali servono anche per:
 Ferri ed attrezzature chirurgiche
 Costruzione di biomacchine
 Dispositivi impiantabili per il rilascio controllato di farmaci
I biomateriali hanno risposto al bisogno dell’uomo di sostituire o integrare tessuti ed
organi, non più attivi dal punto di vista funzionale o metabolico, danneggiati da eventi
patologici o traumatici, ed hanno coronato di successo una lunga serie di tentativi che
risalgono agli albori della medicina.

Classificazione dei Biomateriali


In base agli effetti prodotti sul materiale:
 Biostabili

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 Biodegradabili
In base all’interazione materiale/organismo:
 Biotossici
 Bioattivi
 Bioriassorbibili
 Bioinerti
In base alla natura chimica:
 Polimerici
 Metallici
 Ceramici
 Compositi
 Di derivazione biologica

I biomateriali ceramici
I biomateriali ceramici impiegati per applicazioni biomediche. Essi sono utilizzati nella
realizzazione di dispositivi per la sostituzione funzionale di tessuti duri.
Tipiche applicazioni sono pertanto nei settori:
 Ortopedico
o Protesi articolari
o Mezzi di osteosintesi
 Odontoiatrico
o Implantologia
o Denti artificiali
 Otorinolaringoiatrico
o Protesi degli ossicini dell’orecchio interno
o Chirurgia ricostruttiva del naso e della gola
 Cardiovascolare
o Protesi valvolari cardiache
La valutazione dei ceramici come possibili materiali per organi artificiali d’ossa e rimpiazzi
di dispositivi di giunzioni cominciò negli anni 60.
Ci furono due grosse ragioni per cui si trascurarono i ceramici come materiali da innesto:
 I ceramici tecnici non sono molto puri, quindi la biocompatibilità era dubbia;
 Sono tutti limitati in resistenza rispetto agli altri materiali.

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I materiali ceramici per impieghi biomedici si classificano usualmente secondo due
categorie:
 Inerti: non inducono né subiscono alterazioni chimiche o biologiche a causa del
contatto.
 Attivi: inducono nei tessuti biologici una risposta con l'instaurazione di processi chimici e
biologici all'interfaccia.
Tale classificazione tiene conto dell'interazione che ci può essere tra ceramico e ambiente
fisiologico.

L'allumina
Uno dei ceramici di tipo inerte più importante per applicazioni biomediche è senz'altro
l'allumina (Al2O3). L’allumina è il materiale ceramico bioinerte per eccellenza in quanto
mostra la maggiore inerzia chimica.
Le proprietà meccaniche di rigidezza e di durezza rendono l’Allumina adatta per la
sostituzione di tessuti duri per applicazioni in ortopedia ed in odontoiatria.
Il principale problema connesso con l’uso dell’Allumina è la sua fragilità in quanto forze
impulsive possono produrre la rottura del materiale. Nonostante l’ottima levigatezza
superficiale ottenibile, può accadere che le superfici articolari realizzate in Allumina si
usurino rapidamente per distacco dei grani se si innesca in qualche punto un processo di
usura.
Applicazioni:
 protesi d’anca
 impianti dentari
 protesi di ginocchio
 viti d’osso
 keratoprotesi (sostituzione di cornea)
 fili
 lame
 viti e innesti postdentali
I materiali ceramici bioattivi favoriscono:
 reazioni positive dell’ambiente biologico all’impianto (ad esempio attività rigeneratrice
dell’osso).
 reazioni chimiche che modificano il materiale per un certo spessore sotto la sua
superficie.

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I materiali ceramici bioattivo sono riconducibili a due categorie:
1. I ceramici intrinsecamente bioattivi i quali favoriscono la bioattività grazie alla loro
composizione chimica
o BioCeramiche (Idrossiapatite).
o BioVetri (Bioglass, Cervital).
2. I ceramici nei quali la bioattività è indotta o da trattamenti di superficie (ad esempio
il rivestimento con sostanza polimeriche o con eparina) o a seguito del riempimento
dei pori del materiale con sostanze farmacologicamente attive.

I BioVetri
I Biovetri possiedono eccellenti proprietà meccaniche e termiche e sono noti con i nomi
commerciali di Bioglass e Cervital. Si ottengono buoni risultati con BioVetro filato e
intrecciato con fibre polimeriche. Queste soluzioni tecnologiche trovano applicazione nella
sostituzione di tendini.
Altre applicazioni: rivestimenti di protesi ortopediche metalliche di cui aumentato la
biocompatibilità.

Materiali Composti
Si definiscono materiali composti i materiali che, su scala microscopica, contengono due o
più componenti o fasi costituenti.
Essi possono esser definiti come materiali con due (o più) fasi macroscopiche distinte. Di
fatto sono costituiti di due o più materiali combinati in modo che ogni materiale sia
distinguibile.
I materiali composti possono fornire prestazioni importanti.

Nel Borsic, le fibre sono composte di un sottile Argento-rame rinforzato con fibre di
strato di boro depositato su fili di tugsteno di carbonio.
piccolo diametro.

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Compositi laminati
I composti laminati sono formati da strati a fibre direzionalmente distinte.

Uso dei Compositi:


 Bicicletta in composito
 Snowboard di grafite
 Arco di fibra di vetro laminata

La scarpa sportiva
Una scarpa sportiva è costituita da 15-20 parti individuali o elementi costruttivi che sono
cuciti e cementati insieme in una ben specifica maniera.
In una scarpa sportiva si possono individuare almeno quattro parti principali:
 Tomaia
 Inserto
 Intersuola
 Suola
La tomaia della scarpa è disegnata in modo opportuno per
soddisfare i seguenti criteri costruttivi:
A. Adattabilità alla forma del piede
B. Contribuire alla stabilità
C. Contribuire alla durata della scarpa
D. Consentire l’opportuna flessibilità
La soletta svolge diversi compiti:
A. Sostiene l’arco plantare
B. Ammortizza in parte
C. Assorbe umidità
D. Assorbe odori spiacevoli
L’intersuola è la parte più evoluta della scarpa.

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A. La sua funzione specifica è ammortizzare gli shock, favorendo al contempo:
flessibilità stabilità e durata alla struttura.
La suola deve garantire una buona adesione al terreno, conservando la opportuna
flessibilità e garantendo al contempo la necessaria durata alla struttura.

Classificazione del piede secondo il suo arco plantare:


Quando si prova di classificare la geometria del piede si appariscono diversi problemi.
Come deve essere il piede tipico per un maratoneta? Un sprinter deve avere un piede
piatto o un piede cavo? Ci sono vari modi di classificare il piede in varie tipologie. Un
metodo comune è quello che utilizza l’altezza e la condizione dell’arco per identificare tre
gruppi: piede normale, piede piatto e piede cavo, fig.11.

Piede piatto - Pes Planus


È una deformità anatomica della pianta del piede dovuta ad
una riduzione della concavità fisiologica dell'arco plantare e
ad cedimento mediale eccessivo nella fase di appoggio.
Il piede piatto è accompagnato da disordini posturali a vari
livelli, che si propagano dal basso verso l’alto:
 Valgo calcaneare
 Rotazione interna della gamba e della coscia
 Le rotule sono posizionate più all’interno
 Divergenza articolare interna, tendenza alla flexum
 Apertura del bacino
 Antiversione iliaca
 Basculla posteriore del sacro
 Aumento della lordosi lombare
 Proiezione di L3 e dell’ombellico in avanti
 Ipercifosi dorsale compensatoria
Figura 11 Classificazione del piede
 Piano scapolare posteriore
 Iperlordosi cervicale

Piede cavo - Pes Cavus


Il piede cavo è una deformazione del piede caratterizzata dall’accentuazione dell’arco
plantare interno (l’opposto del piede piatto). Il grado di accentuazione dell’arco plantare

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interno determina la gravità della patologia. Il caso più estremo è rappresentato dal piede
equino.
Spesso al piede cavo sono associate le dita a martello, la caduta delle teste metatarsali
(con conseguente formazione di callosità), il varismo del retro-piede, il varismo della
ginocchia, la tibia vara.
Rispetto al piede piatto, il piede cavo può causare maggiori fastidi e dolori, soprattutto
quando il grado di cavismo è molto accentuato. Nel caso del piede equino la
deambulazione è abbastanza compromessa.
Il piede cavo può essere associato ad una serie di patologie a carattere involutivo del
piede:
 metatarsalgie dell’avampiede con possibili callosità associate
 nevralgie interdigitali con possibili involuzioni in neurinomi
 griffe delle dita con possibili dita a martello allorquando si ingenera un’anchilosi
articolare
 fasciti plantari, entesopatie della fascia plantare, spine calcaneari
 instabilità negli esiti di distorsioni ricorrenti
 sindromi artrosiche delle interlinee articolari del mesopiede con possibili alterazioni del
profilo dorsale del piede.

Categorie delle scarpe sportive


I criteri che suddividono le scarpe da corsa sono i seguenti:
 ambito di utilizzo: si dividono in scarpe da gara e da allenamento e per distanze corte,
medie e lunghe
 tipo di appoggio: Appoggio in pronazione, in inversione o neutro. In base alla tipologia
di appoggio a terra sono state create scarpe che tengono il piede in una posizione tale
da ridurre/risolvere il problema.
 peso dell’atleta: Il peso dell’atleta condiziona la robustezza e i materiali di fabbricazione
della scarpa.
In genere possiamo suddividere le scarpe, secondo la loro struttura e funzione, in tre
categorie:
1. Ammortizzanti (Cushion shoes)
Disegnate per ridurre la forza d’impatto ed i suoi effetti. La loro particolare conformazione
le rende decisamente comode e protettive, preservando l’atleta dagli infortuni legati agli
eccessivi carichi di lavoro. In questa categoria appartengono le scarpe da running di forma

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dritta o semicurva, con un buon dislivello tra avampiede e tallone per salvaguardare
tendini e articolazioni da infortuni.
2. Stabilizzanti (Stability shoes)
Le scarpe stabilizzanti sono intermedie fra quelle ammortizzate e controllanti. Esse sono
disegnate per ridurre la forza d’impatto, assicurare un supporto al piede ed una durabilità.
3. Controllanti (Motion – control shoes)
Le scarpe controllanti sono disegnate per correggere l’eccesso di pronazione, ovvero per
chi ha il piede piatto e tende a piegare le calzature all’interno. Resistono ai movimenti del
piede sull’asse longitudinale mediano senza che si verifichi una deformazione permanente
nella loro struttura.
Classificazione delle scarpe secondo il tipo del piede (fig.12):
1. Piede piatto: Un piede con un arco plantare basso tende ad una pronazione
eccessiva, per cui ha bisogno di scarpe che riescano a favorire il controllo dei
movimenti.
2. Piede cavo: Per poter compensare l’assorbimento inadeguato degli urti e favorire
la pronazione, il piede cavo ha bisogno di una scarpa imbottita, costruita su una
forma curva.
3. Piede normale: La scarpa migliore per un piede normale è quella neutra,
caratterizzata da una discreta stabilità e da un buon ammortizzamento. La sua
funzione deve essere quella di assecondare il movimento corretto del piede
durante l’appoggio e quindi di solito non è dotata di supporti particolari.

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Figura 12 Classificazione delle scarpe secondo il tipo del piede

Negli ultimi trent’anni la tecnologia utilizzata per la creazione delle scarpe sportive si è
modificata notevolmente con l’introduzione di nuovi materiali leggeri e sintetici al fine di
migliorare le prestazioni degli atleti.

Materiali per la costruzione della tomaia:


I materiali utilizzati per la costruzione della tomaia hanno raggiunto prestazioni elevate
grazie allo sviluppo sinergico di nuovi materiali e tecnologie.
Tali materiali vanno dal tradizionale cuoio al GORE-TEX® materiale estremamente
avanzato in quanto a caratteristiche estetiche accoppia elevata resistenza meccanica,
durabilità, traspirazione e protezione ambientale.
I materiali più utilizzati per la costruzione della tomaia sono:
 Nubuck: pelle di vitello lavorata.
 Durabuck: pelle sintetica.
 Nylon.
 Suede: Pelle scamosciata.
 Canvas: Tela.

Materiali per la costruzione degli inserti


Gli inserti per le scarpe sportive possono essere di differenti tipi di plastiche e vinilacetato
di etilene (E.V.A. – Ethyl Vinyl Acetate). Il mercato offre una grande varietà di inserti,
particolarmente per chi fa jogging e corsa. Recentemente sono stati sviluppati degli inserti
che si modellano, con una tecnica termoplastica, sui piedi del soggetto. Un altro tipo di
inserto è quello che è incorporato all’interno o sopra la suola delle scarpe.
In generale, i materiali che si utilizzano per la costruzione degli inserti sono i seguenti:
 Grafite
 Poliuretano Espanso (Foam polymers)
 Poliestere (Polyester)
 Plastica termica
 Ethyl vinyl acetate (EVA)
 Poliuretano
 Gomma

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 Sorbothane
 Cuoio

Materiali per la costruzione dell’intersuola


I materiali più utilizzati per la costruzione dell’intersuola sono:
 PU (poliuretano) – è una famiglia di polimeri in cui la catena polimerica è costituita di
legami uretanici –NH-CO-O-. È largamente impiegato per produrre schiume rigide e
flessibili, elastomeri, guarnizioni ed entra come componente anche nella produzione di
alcuni tipi di vernici. Esso è una resina sintetica non particolarmente resistente. La
qualità della schiuma è un elemento critico. Usare blocchi di schiuma con diversa
densità causa una drammatica diminuzione di prestazione/qualità. Il poliuretano è un
materiale molto sensibile, molto pericoloso e le varie fasi di stampa sono un
concentrato di tecnologia dove nulla è lasciato al caso. Il poliuretano può essere rigido,
resistente alla abrasione come un prodotto ceramico o estensibile cole la gomma.
 L’EVA (Ethyl vinyl Acetate) è un materiale sintetico leggero,
estremamente morbido e flessibile che può essere modellato
come semplice plastica (fig.13). I pregi di questo materiale
sono molti: impermeabile, resistente alle basse temperature,
flessibile e difficilissimo da rompere, resistente alle radiazioni
UV ed antiscivolo. Figura 13 Schiuma EVA

Quanto possa essere complessa un intersuola viene mostrato nel seguente disegno
(fig.14):

Figura 14

Materiali per la costruzione della suola


Dato che la suola è sottoposta a numerose sollecitazioni come flessione e trazione, la
suola è costruita in gomma per le sue qualità di alta resistenza e durata. A seconda delle
superfici sportive su cui è usata (palestre, asfalti o campi) la suola avrà un battistrada
liscio o con sporgenze.

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Per la suola vengono utilizzati materiali di lunga durata e grande flessibilità come:
 Gomma al carbonio: conferisce alla scarpa compattezza e resistenza all’usura su
qualsiasi superficie. L’ammortizzazione e la flessibilità vengono ridotte dalla densità del
materiale.
 Gomma espansa: Essa è una gomma porosa che rende la suola più leggera e
flessibile ma meno resistente rispetto a quelle in gomma di carbonio. La porosità
conferisce a questo materiale miglior assorbimento d’urto.
 Gomma naturale: Questo materiale garantisce un’ottima aderenza su vari tipi di
superficie. È più pesante della gomma espansa e più leggere di quelle in gomma al
carbonio ma meno resistenti. Questo tipo di suola viene utilizzata per calzature per
sport indoor in quanto non macchiano la superficie.
 EVA (Ethyl vinyl Acetate)
L’unità di base in tutte le gomme naturali e sintetiche è un idrocarburo organico
denominato isoprene. Il grado in cui le unità dell’isoprene sono collegate insieme tramite
lunghe catene molecolari ed il tipo e la quantità di altre sostanze usate nell’elaborazione,
dà la vasta gamma delle proprietà meccaniche disponibili nei vari tipi di gomme.
Uno svantaggio notevole delle suole in poliuretano è che offrono una trazione molto
povera in circostanze bagnate.
La gomma è un materiale molto versatile la sua peculiarità è di essere elastica
caratteristica per la quale ha avuto una diffusione così ampia. Infatti la gomma può essere
tirata o sottoposta a pressioni deformandosi per poi riacquistare rapidamente la sua forma
iniziale. La gomma prima di essere messa sul mercato viene lavorata in maniera differente
a seconda dell’uso a cui è adibita.

Effetto elastocalorico
La suola della scarpa composta di gomma ed elastomeri produce anche un altro effetto
poco noto : l’effetto elastocalorico.
Infatti con una frequenza tra 50-70 colpi/minuti e con una intensità tra 2-3 volte il peso
dell’atleta la suola si riscalda di un delta che dipende dal materiale e dalla struttura.
Mostriamo un esempio quantitativo di questo fenomeno sviluppato nel corso della ricerca
ENEA-DIADORA.
Durante una compressione adiabatica l’effetto elastocalorico produce una variazione di
temperatura.

T  T0     T  dF
 F  s, p
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Per nuna compressione vale l’uguaglianza di Maxwell

 T   L   L   T 
         
 F  s , p  S  F , p  T  F , p  S  F , p
Ma ricordando che:
 T  T
 
 S  CV
 L 
   L
 T 

Otteniamo: T  T0     LT dF
C V
Per differenze di temperatura piccole ma positive possiamo sviluppare in serie ed
otteniamo: 2 3
T F T  F  T0  F 
T  T0  0  0       
C 2!  C  3!  C 

Arrestandoci al primo termine si ricava la forza d’impatto (ignota) che ha prodotto


l’innalzamento termico (se invece la forza è nota si può ottenere l’innalzamento di
temperatura) nel nostro caso si ottiene 12,2 N : 46,8 N che rappresenta circa un rapporto
di 4 elicitando la linearità del fenomeno 1 martellata- 5 martellate.

Elasticità non lineare


Questi materiali (naturali e di nuova sintesi) sono stati scelti o preparati per ottenere delle
proprietà meccaniche o meccanotermiche particolari nelle scarpa.
Tutti questi nuovi materiali di sintesi mostrano un comportamento elastico non lineare.
La teoria dell’elasticità non lineare è ancora una branca in evoluzione.
Cosa è l’elasticità
Descrizione della deformazione di un corpo rigido e delle fluttuazioni, dell’energia e delle
forze derivanti da questa deformazione. Essa descrive la meccanica dei corpi estesi dal
amcroscopico fino almicroscopico (ovvero da un ponte al citoscheletro).
Perché studiare la teoria non lineare?
 Sistemi che possono sostenere grandi deformazioni – gomma, catene polimeriche.

54
 La teoria non lineare permette di capire le proprietà dei materiali statisticamente
deformati.
 È una teoria elegante e complessa di grande utilità.
Perché ora:
 Interesse nei materiali biologici sottoposti a grandi deformazioni
 Elastomeri a cristalli liquidi – mostrano un comportamento esotico e non lineare
 Vecchia area di ricerca che necessita di rinnovamento

Networks di Biopolimeri

Gel di actina corticale Network di neurofilamenti

Caratteristiche dei Networks


 Molto diverse dai lattici
 Link Complessi, semi-flessibili piuttosto che polimeri ramificati (teoria del random-
walk)
 Localmente randomicamente inomogenei ed anisotropi ma globalmente omogenei
ed isotropi
 Reologia Complessa dipendente dalla frequenza
 Una elasticità non lineare impressionante
Scopi:
 Indurimento tensionale (maggiore resistenza alle deformazioni all’aumentare della
tensione) – importanza fisiologica
 Formalismi per trattare l’elasticità non lineare dei lattici randomici
o Approssimazioni affini
o Non affini

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Cosa sono i Gel Nematici?
 Sistemi omogenei ed elastici con simmetria rotazionale rotta (uniassiale, biassiale)
 Molto interessanti – sistemi con simmetria rotta che si sviluppano spontaneamente
da uno stato elastico omogeneo ed isotropo

Elastomeri nematici
 Gli elastomeri nematici ideali possono esibire una elasticità morbida.
 L’elasticità semi-morbida è manifestata nei fenomeni non lineari.
 L’idridinamica linearizzata dei morbidi NE è stessa come quella della fase
colonnare. Quello di un Ne semi-morbido è lo stesso come quello di un solido
monoassiale.
 Alle frequenze alte, NE's esibirà modi del polimero;il semi-morbido può esibire i
plateau per i momenti adatti di rilassamento.
 La casualità può influenzare l’analisi: lo sforzo trasversale casuale, costanti elastici
casuali complicano lo smorzamento ed il comportamento ad alta frequenza.

La fisica della materia condensata soffice si occupa di colloidi, soluzioni polimeriche,


emulsioni, schiume, soluzioni tensioattive, polveri e materiali simili. Si tratta di sistemi
largamente presenti nella nostra vita quotidiana: ne sono esempi le vernici, l’olio per
motori, la maionese, la crema da barba, il talco e così via. In tutti questi casi, la
composizione molecolare precisa del sistema ha solo una limitata influenza sul
comportamento fisico, che è controllato dalla struttura su scala mesoscopica, cioè su
lunghezze che vanno da 1 nm (10-9 m) a 1 μm (10-6 m), facilmente modificabile da agenti
esterni quali le sollecitazioni meccaniche. Le peculiari proprietà meccaniche di tali fasi
condensate soffici sono ampiamente sfruttate sia dalla Natura sia dall’uomo, tanto
direttamente quanto nei processi di trasformazione. Un esempio di queste ultime
applicazioni è la modellatura di un oggetto di plastica dura per stampa da una colata: i fusi
polimerici rappresentano la materia condensata soffice per eccellenza.
La fisica della materia condensata descrive il comportamento di sistemi contenenti
moltissime particelle, a una densità tanto alta che ciascuna interagisce con numerose
altre. Esempi tipici sono i solidi cristallini e i liquidi. Poiché ogni atomo o molecola
interagisce con numerosi vicini e ognuno di questi con molti altri, e così via, l’intero
sistema di particelle è accoppiato. Questa forte correlazione conferisce speciali proprietà
collettive al materiale, quali l’elasticità di un cristallo e la viscosità (resistenza allo

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scivolamento) di un liquido. Non si possono di solito comprendere tali proprietà riferendosi
a singole particelle isolate e neppure a piccoli gruppi di particelle: la fisica della materia
condensata è, sostanzialmente, un problema a 1023 corpi.
Non esiste per la materia condensata soffice una definizione su cui vi sia un accordo
generale, ma una possibilità è la seguente: un corpo è costituito di materia condensata
soffice se resiste fortemente alla compressione, ma debolmente al taglio. Un esempio è
dato da un pezzo di gomma naturale a legami incrociati (lattice): esso può essere
facilmente deformato a volume costante ma, forse sorprendentemente, la sua resistenza a
cambiamenti di volume, misurata dal modulo di compressibilità, è alta quanto quella di un
solido cristallino. È in questo senso che possono essere qualificati come materia
condensata soffice i seguenti materiali: gel polimerici (gelatina), emulsioni (maionese),
soluzioni detergenti viscoelastiche (shampoo), reticoli cristallini di grassi (margarine),
colloidi concentrati (vernici), soluzioni di polimeri (olio per motori multigrade) e cristalli
liquidi liotropici (per es., la poltiglia prodotta da una saponetta quando è lasciata in una
pozza d’acqua). È meno immediato qualificare come materia soffice la schiuma da barba e
la spuma della birra, che sono anch’esse relativamente incompressibili finché non è
permessa la fuga del gas intrappolato al loro interno.
Tutti questi materiali differiscono dai liquidi semplici, come l’acqua. Quest’ultima non si
comprime facilmente e, si potrebbe dire, oppone poca resistenza alle sollecitazioni di
taglio, ma in un modo puramente viscoso: lo sforzo interno è proporzionale alla velocità
della deformazione. Questo comportamento è detto ‘newtoniano’, dal nome di Isaac
Newton (1642-1727), che per primo lo descrisse. Al contrario, la maggior parte dei
materiali elencati in precedenza si oppone alle sollecitazioni secondo una modalità detta
‘viscoelastica’: la loro risposta alla deformazione mostra una mescolanza di
caratteristiche
elastiche e viscose. Per esempio, una soluzione polimerica, cui sia applicata una piccola
forza di taglio, dapprima risponde elasticamente, cioè con uno sforzo di taglio
proporzionale alla forza applicata per unità di superficie (la pressione di taglio) ma, dopo
un tempo limitato (un secondo o due o, in alcuni casi, molto di più), inizia a fluire come un
liquido, con una velocità di deformazione (non la deformazione stessa) proporzionale allo
sforzo. Ne sono un esempio alcuni giocattoli divertenti quale lo ‘stucco sciocco’ (silly
putty), che rimbalza come una palla di gomma ma che, se lasciato a sé, si estende fino a
formare sul piano d’appoggio una frittella sottile. Il primo studioso che considerò tale

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comportamento teoricamente fu James C. Maxwell (1831-1879), che ne diede una
semplice descrizione teorica, oggi conosciuta come ‘modello di Maxwell’.
 I polimeri
Una catena polimerica lineare è una lunga sequenza non ramificata di unità chimicamente
identiche collegate da legami e dotata di una certa flessibilità. Una tale catena può essere
esaminata semplicemente, su una scala abbastanza grande, come una linea a zig zag: c’è
un numero cospicuo di microstati (corrispondenti a varie sequenze di configurazioni di
legami nella catena) con energie simili. Su questa scala i dettagli della chimica locale non
sono rilevanti: le proprietà di un polimero possono essere considerate ‘universali’. Sotto
tali condizioni, è solo la massimizzazione dell’entropia a essere importante nella
minimizzazione dell’energia libera; da questo punto di vista ogni catena può essere vista
come un ‘cammino casuale’ (random walk). Questo termine sta a denotare un cammino
composto da una sequenza di passi, ognuno dei quali è fatto in una direzione casuale
rispetto a quello precedente.
 I colloidi
Un altro esempio di fisica dominata da fattori entropici è quella dei colloidi di sfere rigide,
vale a dire colloidi in cui le particelle colloidali sono schematizzabili come sfere rigide.
La possibilità che le sfere rigide potessero cristallizzare in assenza di interazioni attrattive
venne suggerita sul finire degli anni Trenta da John G. Kirkwood;
Per comprendere come la massimizzazione dell’entropia possa portare a una fase
ordinata, occorre distinguere due contributi differenti all’entropia. Il primo è l’entropia
associata alla densità media di particelle ρ(r) che dipende dalla posizione r. Tuttavia vi è
un secondo contributo all’entropia, che è molto più difficile da calcolare: un termine
collettivo SC. Questo termine riflette la difficoltà che le particelle hanno nell’evitare
localmente i loro vicini. In un fluido denso colloidale, poche sfere possono essere spostate
a una distanza significativa senza richiedere che si muovano anche molte sfere vicine.

L’elasticità entropica
I materiali come: gel, emulsioni, colloidi, ecc. sono tutti soffici; tuttavia ci si chiederà che
cosa conferisca loro una certa elasticità e perché il modulo di taglio statico (elasticità
trasversale) non è nullo, come nei fluidi semplici.
La prima risposta soddisfacente a questa domanda è stata data per il caso degli
elastomeri, quali le gomme a legami incrociati e i gel polimerici. Un elastomero è formato
da una rete di trefoli polimerici, a ognuno dei quali è associato un cammino casuale, tenuti
insieme nei punti di congiunzione. Se il gel è improvvisamente deformato a temperatura
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costante, i trefoli, che si muovono a caso, devono cambiare la loro forma media: essi si
stirano nella direzione di allungamento. L’entropia di un insieme di trefoli deformati è
inferiore a quella di un insieme non deformato perché, per definizione, il cammino casuale
originario è lo stato più casuale possibile (in questo caso l’argomento semplice, cioè che la
casualità massima equivalga all’entropia massima, risulta corretto).
 Le miscele
In molti materiali sono contemporaneamente presenti sia polimeri sia colloidi. Essi
possono essere accompagnati da goccioline di emulsione o aggregati tensioattivi o da
ulteriori tipi di materia in sospensione, praticamente in ogni combinazione possibile. Tali
componenti possono interagire in modo fortemente non additivo: vale a dire che un
materiale di questo tipo è molto di più della somma delle sue parti.
Si supponga che siano miscelate in una soluzione grandi sfere e piccoli polimeri. Le spirali
del polimero non possono avvicinarsi troppo alle sfere senza appiattirsi lungo la superficie
– una deformazione che farebbe perdere loro entropia. Per evitare ciò, i polimeri tendono
a stare fuori da una ‘zona di esclusione’ intorno a ogni sfera; anche questo fa perdere ai
polimeri l’entropia, sebbene non in grande quantità. È possibile però una combinazione
ancora più economica: cioè la sovrapposizione delle zone di esclusione di diverse
particelle colloidali. Tali sovrapposizioni significano che il ‘volume escluso’ totale (il volume
in cui i polimeri non possono entrare senza deformarsi fortemente) è ridotto, cosicché
l’entropia del polimero aumenta (fig. 15).

Figura 15 - Attrazione entropica in miscele colloide/polimero. I polimeri (A) evitano la zona di esclusione intorno a
ogni sfera (ombreggiatura chiara). Sovrapponendo queste aree, il volume totale ancora disponibile per i polimeri può
essere aumentato di una quantità uguale alla regione ombreggiata scura. L’aumento risultante dell’entropia del polimero
causa una riduzione dell’energia libera degli stati nei quali le sfere colloidali sono vicine e determina, quindi,
un’attrazione effettiva tra le sfere. La causa di questo fenomeno è riconducibile a una ‘forza di svuotamento’.
Analogamente alla forza attrattiva (di van der Waals) tra gli atomi di gas inerti, che può causare una separazione di fase
gas/liquido, il fenomeno può portare alla coesistenza di fluidi colloidali aventi frazioni di volume diverse (B). I polimeri
(non mostrati) hanno una concentrazione più alta nella fase in cui la concentrazione di colloidi è più bassa.

 Forze coulombiane e di dispersione

59
In molti materiali soffici le interazioni coulombiane, cioè elettrostatiche, sono vitali: i
polimeri, i colloidi e i tensioattivi possono contenere gruppi chimici che si ionizzano se
messi in acqua. Le forze di Coulomb si pongono, insieme all’entropia, come un fattore
determinante delle proprietà fisiche, almeno nei sistemi acquosi e specialmente in quelli
biologici.

Conclusioni
La fisica della materia condensata soffice entra poco nei curricula universitari e rimane
di interesse minoritario (sebbene crescente) tra i fisici che si occupano di materia
condensata. Tra questi ultimi essa ha la reputazione, immeritata, di argomento ‘confuso’,
intendendo forse che molti materiali soffici devono essere studiati chimicamente e
fisicamente prima di arrivare a una comprensione completa dei fenomeni. Non c’è dubbio
che sia così, ma in quasi tutti i sistemi ricorrono problematiche fisiche quali le fluttuazioni
termiche di grande entità, i moti browniani vincolati e l’elasticità entropica. Ciò significa che
la comprensione si fonda su un’unica struttura concettuale, all’interno della quale si
possono poi differenziare le varie caratteristiche chimiche.
La fisica della materia condensata soffice è stata (e continua a essere) una disciplina di
grande problematicità, proponendo sfide tanto agli sperimentali, quanto ai teorici, quanto a
coloro che si occupano di simulazioni numeriche. Si tratta di un campo molto interessante
soprattutto perché si occupa delle proprietà di materiali che si incontrano ogni giorno:
materiali che mangiamo, che frizioniamo sulla nostra pelle, con cui decoriamo le nostre
case e, in parte, di cui siamo fatti.

4. Base Teoriche della Modellazione Biomeccanica

Per analizzare i movimenti complessi occorre la semplificazione dei movimenti. Questo


tipo di semplificazione è la modellazione biomeccanica del movimento umano.
La modellazione biomeccanica è un metodo adatto per studiare il movimento del corpo
umano.
Perché:
 La modellazione è inevitabile, quando effettuare misurazioni è impossibile oppure
quando effettuare una prova è considerata pericolosa.
 In alcune situazioni, è di interesse soltanto il movimento di alcuni parti del corpo umano.
In tal caso la modellazione biomeccanica è particolarmente adeguata.

60
 Attraverso la simulazione si possono stabilire quale sono le condizioni iniziali
necessarie ed i valori al contorno per un movimento nuovo, con il scopo di compiere il
movimento con precisione.
 Attraverso la modellazione si può definire qual è il somatotipo (antropometria) più adatto
per eseguire particolari movimenti.
 Una modellazione può indicare chiaramente se una nuova tecnica promette un
aumento di efficienza.

Procedimenti della Modellazione Biomeccanica

La formulazione del problema


La formulazione del problema fornisce le informazioni connesse con lo scopo del modello
e le sua applicazione. Nella modellazione biomeccanica, il modello è sempre un sistema
che consiste dei segmenti del corpo umano. Lo scopo del modello include l'ottimizzazione
di un'abilità motoria, la spiegazione e/o la previsione delle condizioni che conducono nel
successo o nel fallimento così come la determinazione dei fattori che influenzano il
controllo del movimento.
Costruzione del modello
 Scelta del tipo del modello:

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o Sperimentali vs. Teorici
o Deterministico vs. stochastico
I due concetti compaiono spesso nella realtà in una forma combinata.
 Identificazione e selezione delle variabili: quale variabili descrivono le caratteristiche
dominanti dell'origine del modello.
 Raccolta dei dati: quale è utilizzato per determinare quantitativamente le variabili del
modello.
 Calcolo del modello: quale equazione stabilisce i rapporti fra le variabili del modello
Validazione del modello
Test di validità del modello. I risultati di un esperienza possono essere usati come input
nel modello e gli output del modello comparati con i dati misurati su di un esempio
sperimentale.
La validità del modello fornisce delle informazioni sugli effetti delle variabili del modello.

Simulazione
Per simulazione si intende un modello della realtà che consente di valutare e prevedere lo
svolgersi dinamico di una serie di eventi susseguenti all'imposizione di certe condizioni da
parte dell'analista o dell'utente.
Un simulatore di volo, ad esempio, consente di prevedere il comportamento
dell'aeromobile a fronte delle sue caratteristiche e dei comandi del pilota.

Modelli del corpo umano


Secondo Miller (1979) i modelli del corpo umano si dividono in due gruppi:
 Modello del corpo rigido
o esempio di un modello rigido del corpo umano è il modello HANAVAN (1964)
che è stato usato da NASA nell'indagine sul movimento dell'astronauta
(fig.16).
 Modello deformabile
o modelli ad elementi finiti (ossa, pelle, organi)
o modelli massa – molla (modello del muscolo)

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Figura 16 Modello HANAVAN composta da 16 segmenti
In generale, il modello deformabile è utilizzato per esaminare regioni specifiche all'interno
del corpo, mentre il modello rigido è utilizzato per le simulazioni di movimenti del corpo
intero.
Modello Rigido
 I segmenti non sono deformabili ed hanno una densità uniforme.
 Un segmento può ruotare soltanto intorno alle articolazioni e/o intorno all'asse
longitudinale del segmento.
 La deformazione dei tessuti e la posizione asimmetrica degli organi al interno del corpo
umano sono trascurate.

Antropometria
La modellazione biomeccanica non sarebbe possibile senza la conoscenza
antropometrica. L’antropometria studia le misure del corpo umano per utilizzarle nelle
valutazioni biomeccaniche.
In antropometria si possono distinguere una serie di misure statiche, ed un insieme di
misure cinematiche.
In passato sono stati sviluppati vari metodi di misurazione per la raccolta dei dati
antropometrici. Per esempio:
 Indagini sui cadaveri (DEMPSTER 1955)
 Indagine sugli esseri viventi

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Cinematica e dinamica
Lo studio della cinematica e della dinamica degli atti motori si può realizzare tramite l’uso
di strumenti di rilevazione della posizione e della velocità e strumenti di rilevazione delle
forze applicate.
La cinematica studia il moto dei corpi senza occuparsi delle cause che lo generano. Essa
definisce quantità necessarie a descrivere il moto quali spazio percorso, velocità,
accelerazione.
Si possono ottenere dati cinematici attraverso un sistema per la cattura del movimento
(motion capture system) come per esempio: Vicon, Motion Analysis, Peak, e qualsiasi
DVs. Gli apparecchi in grado di fornire informazioni sulla cinematica del movimento sono
basati sull’acquisizione delle coordinate cartesiane di specifici markers applicati sulle parti
del corpo da analizzare.
I markers possono essere: passivi o attivi.
I markers sono generalmente delle piccole semisfere ricoperte di carta adesiva riflettente
(marker passivi) o piccole lampadine (marker attivi). Essi servono a facilitare
l’identificazione dei punti d’interesse. I markers passivi sono illuminati ad intervalli regolari
da una sorgente a luce infrarossa (presente su ciascuna telecamera). La luce riflessa dal
marker viene ripresa dalla telecamera coassiale alla sorgente di luce.
I markers passivi si limitano a trasferire segnali ottici riflessi ad una telecamera. I markers
attivi: sono dei dispositivi che trasmettono segnali prodotti dal markers stesso (per
esempio segnali ultrasonici o segnali luminosi).
L’uso di markers passivi presenta il vantaggio di rendere libero il soggetto da fili connessi
ai markers. Invece i markers attivi devono essere alimentati per cui sono collegati a fili che
possono ridurre la gamma di movimenti che si possono studiare.
I dati cinetici forniscono le caratteristiche delle interazioni fra il corpo umano e l'ambiente o
fra le parti del corpo umano durante il movimento.

Elettromiografia
L’elettromiografia (EMG) misura l’attività elettrica di un muscolo. Attraverso l’uso dell’EMG
è possibile stabilire le relazioni temporali e di ampiezza dell’attivazione nervosa dei diversi
muscoli coinvolti nel movimento.
La registrazione può essere effettuata :
 per via invasiva: elettrodi ad ago od a filo che incidono su un limitato numero di
fibre;

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 per via non-invasiva: elettrodi superficiali che registrano l’attività relativa ad un
vasto numero di fibre.
In biomeccanica vi sono tre applicazioni che dominano l’uso dell’EMG di superficie :
1. come un indicatore per l’inizio dell’attivazione del muscolo
2. come un indicatore della forza del muscolo
3. come indice dei processi di fatica che avvengono nel muscolo.
Essa si basa sull’esistenza del segnale mioelettrico

Simulatori di sistemi multibody


I simulatori di sistemi multibody sono programmi che eseguono l’analisi del moto di sistemi
meccanici.
I simulatori di sistemi multibody analizzano sia la cinematica che la dinamica del sistema;
si distinguono quindi da altri programmi che permettono la visualizzazione del moto di
sistemi meccanici considerando solo la loro cinematica (ad es.: programmi di animazione
3D).
Esempi di simulatori multibody:
 ADAMS
 DADS
 Pro/Mechanica Motion
 Working Model - Visual Nastran
Gli elementi che costituiscono un sistema multibody sono:
 corpi (rigidi)
 vincoli
 forze (esterne)
Nei simulatori multibody si analizza generalmente il moto di
sistemi composti da corpi rigidi; se la flessibilità dei corpi
non può essere trascurata, occorre ricondurre i corpi
flessibili a sistemi di corpi rigidi uniti da vincoli, elasticità e
smorzamenti concentrati.
Vanno distinte le forze esterne, esercitate dall’esterno sul
sistema, dalle reazioni interne, scambiate tra i corpi
costituenti il sistema.
Esistono simulatori multibody che trattano in maniera
distinta i sistemi bidimensionali (moto di sistemi nel piano) e quelli tridimensionali (moto di

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sistemi nello spazio) ed altri che trattano solo sistemi tridimensionali (i sistemi
bidimensionali ne costituiscono un sottoinsieme)

Modello del Calcolo


 Analisi Dinamica Diretta
Considera le forze e/o i momenti che agiscono sul corpo per valutare i cambiamenti del
movimento del corpo (cinetica => cinematica).
 Analisi Dinamica Inversa
Considera il movimento del corpo (per esempio le rotazioni delle articolazioni) per
determinare i cambiamenti dei carichi (cinematica => cinetica).
L'analisi dinamica inversa determina le forze delle articolazioni ed i momenti muscolari
basati sulle caratteristiche cinematiche del movimento, quali i cambiamenti delle posizioni
dei segmenti, le rotazioni ecc.
Conclusioni: I modelli semplici e i robots possono aiutare a comprendere meglio la
locomozione. La stabilità è uno strumento efficace per identificare i modelli del movimento
con controllo a basso costo. La locomozione e la corsa possono essere descritte come
comportamenti diversi dello stesso sistema meccanico.

5. Applicazione di FEM alle protesi articolari


Il metodo degli elementi finiti (FE) è un metodo numerico utilizzato per risolvere problemi
di campo (sforzi & deformazioni, vibrazioni, termico, fluidodinamico, elettromagnetico,…).
Esso è una modellazione computazionale che descrive il comportamento fisico di una
struttura. Inoltre, il metodo degli elementi finiti è una procedura che permette di
approssimare i valori di una funzione qualsiasi in determinati
punti.
Il metodo FE considera un continuo come un insieme di parti di
dimensione finite (elementi finiti) connessi in punti sul contorno
(nodi). Un modello FE può essere realizzato con differenti tipi di
elementi. Il tipo di elemento da utilizzare dipende dalla geometria
dell’oggetto da analizzare e dal tipo di informazione che si
intende ottenere
Tipi di elementi
 Monodimensionali
 Bidimensionali

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 Tridimensionali
L’analisi ad elementi finiti (FEA) permette l’investigazione delle strutture biologiche
complesse sotto carico attraverso la loro discretizzazione cioè descrivere la struttura
attraverso un numero finito di punti.
La modellazione computazionale delle articolazioni aiuta a capire meglio il trauma da
sforzo ripetuto, le malattie degenerative come la osteoartrite e le lesioni acute.
La modellazione delle protesi ortopediche può fornire delle informazioni utili per
l’avanzamento delle protesi e per un maggiore comfort del paziente.
La modellazione delle protesi attraverso il metodo degli elementi finiti può fornire ai
chirurghi ed agli assistenti tecnici biomeccanici gli attrezzi analitici utili per migliorare la
durata delle protesi.
Studi clinici hanno fornito indicazioni qualitative circa modalità di fallimento delle protesi di
ginocchio a medio e lungo termine a seguito di fenomeni di usura a carico del componente
polimerico. La progettazione di tali dispositivi attualmente è basata anche su modelli
numerici atti a studiare il comportamento meccanico. Tali modelli sfruttano le potenzialità
dell’approccio a elementi finiti e presuppongono la conoscenza delle condizioni
cinematiche e di carico agenti sul dispositivo.
Il modello ad elementi finiti trascura la disomogeneità e l’anisotropia del tratto anatomico e
permette di simulare con due differenti materiali le vertebre e i dischi intervertebrali.
Vari modelli FE sono stati sviluppati basandosi su determinati presupposti (Steege et al.,
1987; Quesada and Skinner, 1991; Reynolds and Lord, 1992; Silver-Thorn and Childress,
1997; Sanders and Daly, 1993; Zhang et al., 1995, Zachariah and Sanders, 2000).
All'inizio sono stati utilizzati modelli elastici lineari semplici con una geometria simmetrica o
2D per arrivare a modelli 3D e non lineari con una geometria più accurata.

La scarpa sportiva - FEM


Il metodo degli elementi finiti può essere un ausilio nella sperimentazione per determinare
la distribuzione del carico fra il piede e la scarpa. Esso può offrire delle informazioni
supplementari quali la tensione e lo sforzo interno del sistema caviglia-piede.

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Figura 17 Plottaggio dello stress, z, sull’
interfaccia piede-suola (l’asse z è normale al Figura 18 Plottaggio dello spostamento lungo la
piano strada) direzione z, uz sulla parte inferiore della suola
Il sistema d’ammortizzamento idrodinamico

La stabilità del calcagno è agevolata dal sistema idrodinamico collocato nel tallone della
scarpa Brooks.
Procedura del sistema:
 Polyurethano inizialmente in forma granulare.
 Sistemi di fusione per formare la struttura.
 Riempimento di silicone fluido.
 Testato con pressione uniforme.
Il sistema d’ammortizzamento idrodinamico
incorpora due camere gemelle
ergonomicamente analizzate. Nelle camere
gemelle del sistema esiste un flusso del fluido
generato dal passo dell’atleta.
Il sistema stabilizza meglio il piede per locomozione anormale. Le forze correttive sono
uniche per ogni soggetto.

Relazione fra le pressioni:

6. Carrozzella
Cenni Storici
Nel 1944, in Inghilterra, il neurologo Ludwig Guttman vede per la prima volta nello sport
un'efficace attività riabilitativa.

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I primi Giochi per disabili furono istituiti presso lo Stoke Mandeville Hospital in Inghilterra,
dove Ludwig Guttman iniziò un programma di riabilitazione su alcuni pazienti rimasti lesi
da traumi durante la seconda guerra mondiale.
Nel 1948 viene inaugurata a Londra la prima edizione dei "Giochi di Stoke Mandeville",
riservati ad atleti su sedia a rotelle; quattro anni dopo nascono, sempre in Gran Bretagna, i
primi "Giochi Internazionali per Disabili".
Nel 1960, l'Italia, che ospita le Olimpiadi a Roma, è promotrice dei primi "Giochi
Paralimpici", che vedono la partecipazione di 400 atleti provenienti da 23 nazioni diverse.
Nel 1992 la città svedese di Ornskoldsvik organizza le Olimpiadi Invernali e inaugura la
prima edizione invernale delle Paralimpiadi.
La carrozzina è il veicolo di movimento del soggetto con problemi motori agli arti inferiori.
Gli elementi più importanti della carrozzina si possono vedere nella figura 19:

Figura 19 Elementi fondamentali della carrozzina


Esistono:
 Carrozzine elettroniche
 Carrozzine manuali con telai rigidi o pieghevoli
Per valutare il tipo di carrozzina è necessario considerare il grado di disabilità, le
potenzialità esistenti e l'ambiente di utilizzo.
Oggi la gamma dei prodotti offerti è veramente ampia. Si va dalle semplici carrozzine che
garantiscono la mobilità, alle carrozzine superleggere, pieghevoli, rigide, alle carrozzine
per praticare vari sport (carrozzine da tennis, carrozzine da corsa, carrozzine da basket,
ecc.), carrozzine elettriche, carrozzine particolari da caricare in macchina.
Le carrozzine elettroniche sono indicate per pazienti con scarsa o assente forza nelle
braccia. L'azionamento avviene tramite joystick o altri tipi di comando funzionanti tramite

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mento, piede o soffio-succhio. I comandi possono essere regolati e adattati alle esigenze
individuali dei pazienti.
Il telaio della carrozzina
Il telaio è “l’impalcatura” della carrozzina, raccorda e sostiene gli altri componenti (ruote,
sistemi di postura, accessori).
Nelle diverse carrozzine i telai si differenziano per caratteristiche tecniche, materiale,
misure. In particolare distinguiamo:
 telaio pieghevole
 telaio rigido.
Il telaio pieghevole è costituito da due fiancate unite da una crociera singola o doppia. E’
una carrozzina che ammortizza discretamente le sollecitazioni del terreno ma proprio per
questo è soggetta a maggiore usura meccanica nel tempo.
Il telaio rigido è costituito da un numero inferiore di pezzi, spesso quasi da un unico tubo
che costituisce sedile e pedane.

Le ruote della carrozzina


 Ruotine piccole:
Le ruotine piroettanti della carrozzina facilitano le manovre di spostamento e si
differenziano per: diametro, coperture e posizione rispetto alla ruota grande.
 Ruote grandi per autospinta:
Sono le ruote utilizzate per imprimere l’autospinta. Si differenziano per diametro tipo di
copertura intelaiatura e posizione sul telaio
Le coperture possono essere:
 Gonfiabili
 In gomma piena
 Antiforatura

I materiali
Una carrozzina, per essere utilizzabile, deve disporre di un telaio, un sedile, uno
schienale, tre o quattro ruote, un sistema di protezione degli abiti ed una pedana
poggiapiedi. Poiché tutto ciò ha un peso quello che farà la differenza, tra un modello ed un
altro, saranno i materiali con cui è realizzato il telaio ed il tipo stesso di telaio.

70
I materiali per la costruzione della carrozzina possono essere più o meno leggeri e robusti
secondo l’uso della carrozzina. Direttamente proporzionale in questo caso è il costo finale
della carrozzina in riferimento ai materiali con cui è realizzato il telaio.
Per la costruzione della carrozzina sono utilizzati i seguenti superleggeri materiali:
 Titanio
 Cromo
 Alluminio
 Acciaio

Lo sport in carrozzina
Danno la possibilità agli atleti disabili di partecipare alle discipline sportive con l'ausilio di
una carrozzina che gli permette di muoversi.
 Scherma in carrozzina
 Hockey su slittino
 Rugby in carrozzina
 Handcycling
 Calcio in carrozzina
 Curling in carrozzina
 Carrozzina in atletica leggera
Le carrozzine per lo sport sono diverse da quelle tradizionali per l’uso quotidiano. Esse
sono molto più leggere per assorbire le sollecitazioni di gioco. La maggioranza degli atleti
disabili utilizza per le proprie prestazioni sportive delle carrozzine appositamente
predisposte, costruite sulla base sia delle caratteristiche dell’atleta che del tipo di sport da
praticare.
Le carrozzine utilizzate per la corsa di velocità o di fondo sono costruite in modo tale da
garantire una posizione quanto più aerodinamica possibile, col tronco accovacciato, il
baricentro del corpo molto vicino al terreno e le braccia che coprano tutta la circonferenza
delle ruote. Quelle usate per il basket prevedono invece che si possa mantenere una
posizione seduta-eretta, con sedile posizionato al limite massimo consentito di 53 cm.
Classificazione dei disabili
Ogni atleta viene classificato a seconda delle sue capacità funzionali cioè non dal suo
livello di menomazione ma dalla sua capacità di compiere il gesto proprio della disciplina
alla quale si dedica.
Le funzioni motorie valutabili sono per tutte le discipline sportive:

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 forza muscolare;
 mobilità articolare;
 coordinazione motoria.
Queste le classi degli amputati in atletica leggera, semplificando molto:
 42 : amputati trans-femorali e soggetti che non estendono e flettono ginocchio e
piede
 43: amputati bilaterali transtibiali e che non estendono e flettono i piedi
 44: amputati transtibiali e soggetti che non flettono/estendono il piede
 45: amputati di due braccia e soggetti che non flettono/estendono le braccia
 46: amputati di un braccio e soggetti che non flettono/estendono un braccio

La carrozzina in atletica leggera


La carrozzina per svolgere attività atletica è di due tipi:
 una da lancio
 una da corsa
La carrozzina da lancio ha una sola regola determinante: l'altezza del sedile rispetto al
suolo. Per chi non riesce a sostenersi sulle proprie gambe di utilizzare delle sedute che
garantiscano stabilità e il massimo della potenza sviluppata nella fase di lancio. In questo
caso il tipo di seduta viene solitamente personalizzato da chi effettua il lancio in base alle
sue caratteristiche fisiche.
La carrozzina da corsa è studiata invece attraverso tre variabili fondamentali: il materiale
di costruzione della carrozzina, la posizione di seduta dell'atleta, la tecnica di spinta. Essa
realizzata con materiali molto leggeri e studiata appositamente e su misura per agevolare
al meglio l’atleta che la utilizzerà, la carrozzina da corsa deve essere priva di ingranaggi o
leve meccaniche e va spinta esclusivamente in modo manuale.
L’altezza massima misurata dal terreno al corpo principale del sedile deve essere di 50 cm
e nessuna parte della struttura può estendersi al di fuori del mozzo della ruota anteriore ed
essere più larga della distanza misurata all’interno dei mozzi delle due ruote posteriori.
La carrozzina da corsa dell’atleta disabile inoltre è dotata di almeno due ruote grandi e una
piccola. Il diametro massimo della ruota grande, compreso il pneumatico gonfio, non deve
eccedere i 70 centimetri, mentre
il diametro della ruota più piccola è al
massimo di 50 centimetri.

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La carrozzina nel Tennis
Lo sviluppo del gioco dipende dalla leggerezza della carrozzina. Carrozzina dal peso
molto ridotto e dal telaio fisso.
Non essendo previsto contatto fisico tra gli atleti, la manovrabilità assume un'importanza
primaria rispetto alla robustezza.
Le caratteristiche che differenziano la sedia da tennis da quella da passeggio sono:
dimensioni, assetto delle ruote, compattezza, assetto posturale, materiali, scorrevolezza,
maneggevolezza.
Il giocatore richiede una sedia costruita su misura.
Le ruote laterali, di materiale simile a quello delle biciclette
da competizione, sono assemblate alla carrozzina con una
campatura che può variare dai dieci ai venti gradi circa.
Questo consente di vincere la forza centrifuga per la forte
sollecitazione velocistica nei cambi di direzione.
Sono inoltre presenti: anteriormente, una o due ruote
piccole per assicurare grande mobilità (l'attuale tendenza è
di utilizzare due ruote perché la ruota anteriore singola crea
disturbo nei colpi di recupero) e posteriormente, un'ulteriore rotella per evitare che il
giocatore possa capovolgersi all'indietro (ad esempio durante l'esecuzione del servizio, a
causa dell'estensione in dietro del busto) e per permettere un maggiore velocità nel girarsi.
La sedia da tennis deve diventare come una parte aggiunta del corpo dell'atleta, deve
perciò avvolgere il giocatore e rendere il binomio atleta-carrozzina il più compatto
possibile.
L'industria e la tecnologia offrono oggi grosse opportunità per un'applicazione mirata e
consona alle esigenze di robustezza e leggerezza; un esempio sono le leghe in alluminio,
in acciaio leggero, in titanio ecc. che costituiscono i vari telai delle sedie da tennis.

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La carrozzina nel Basket
Utilizzo di carrozzine con caratteristiche tecniche tali da
abbinare alla maneggevolezza, per consentire spostamenti
rapidi, la stabilità, per evitare, per quanto possibile, cadute e
la robustezza visti i frequenti contatti, anche violenti, durante
le concitate fasi di gioco.
Le carrozzine solitamente utilizzate sono a telaio rigido, con
ruote posteriori con un angolo di campanatura molto
accentuato, con protezione dei raggi e con ruote posteriori
antiribaltamento.

Biomeccanica dell’arto superiore nello sport in carrozzina


Propulsione della carrozzina:
La propulsione della carrozzina è un‘azione ripetuta che è controllata soprattutto dall'arto
superiore.
L’arto superiore costituisce un argomento di interesse traumatologico particolare nell’atleta
disabile poiché alla patologia traumatica e microtraumatica correlata al gesto specifico
dello sport praticato si aggiunge quella dipendente dalla propulsione della carrozzina.
In particolare i traumi acuti sono i più frequenti. Si tratta generalmente di cadute dalla
carrozzina ma anche di contrasti fra atleti o fra atleta e carrozzine. Ma un ruolo di primo
piano è rivestito dalla patologia da sovraccarico.
Da un punto di vista strettamente biomeccanico è comunque la spalla a rivestire
l’interesse maggiore. Le sue peculiari caratteristiche anatomiche rendono ragione di una
biomeccanica complessa e delle conseguenti manifestazioni cliniche.
Durante la propulsione della carrozzina infatti la spalla è l’articolazione più sollecitata e la
quota maggiore del lavoro esercitato dai muscoli attorno al cingolo scapolare viene
impiegata per stabilizzare l’articolazione (Van der Helm e Weeger 1996);
Attenzione particolare va poi posta sullo squilibrio muscolare che viene a determinarsi
nella spalla dell’atleta in carrozzina. Confrontata a quella dell’atleta non disabile questa è
globalmente più forte ma d’altra parte vi è presente un netto squilibrio fra adduttori
(pettorale, latissimus dorsi e grande rotondo) ed abduttori (deltoide e cuffia dei rotatori) a
favore di questi ultimi oltre ad deficit di vario grado dell’efficacia dei rotatori impegnati
nell’azione di stabilizzazione (Burnham et al. 1993).
I picchi dei momenti interni dell'articolazione della spalla sono più grandi nella flessione,
seguita dall'adduzione e dalla rotazione esterna (Kulig, 1998; Rodgers, 1998).

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Il gomito è un complesso articolare molto più stabile rispetto alla spalla: le due articolazioni
che lo compongono consentono due soli gradi di libertà. In particolare la omero-radio-
ulnare prossimale (articolazione trocleare) consente la flesso-estensione, mentre la radio-
ulnare prossimale (articolazione trocoide) consente la prono-supinazione.

Figura 20 Diagramma di corpo libero della carrozzina quando è in moto su


una strada uniforme (senza deformazioni).

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Figura 21 Diagramma di corpo libero di
una persona in carrozzina.

Adattamenti cardiovascolari nel disabile in carrozzina


In uno studio che ha confrontato due gruppi di atleti, 11 praticanti il basket in carrozzina e
12 praticanti la corsa in carrozzina, nel gruppo praticante la corsa si è riscontrata una
frequenza cardiaca a riposo inferiore, un diametro diastolico ed una massa ventricolare
sinistra maggiori rispetto al gruppo praticante il basket, e notevolmente maggiori rispetto al
gruppo di controllo di disabili non praticanti sport.
Questi dati dimostrano che l’attività sportiva è in grado di contrastare i fenomeni regressivi
a carico dell’apparato cardiovascolare collegati alla riduzione della massa muscolare attiva
e alla forzata inattività fisica.
Il riadattamento muscolare dipende ovviamente dalla gravità della patologia di base e
dall’intensità e costanza dell’allenamento.

Conclusioni: La attività sportiva nel disabile offre più di un vantaggio: oltre ai ben
conosciuti effetti di miglioramento della funzione articolare, di aumento della forza e della
resistenza muscolare va ricordata la minor frequenza di ricoveri ospedalieri e di richieste di
visita medica da parte dei praticanti sport rispetto ai non praticanti e quindi una importante
funzione preventiva che si esercita probabilmente a più livelli.
Ruolo fondamentale dell’allenamento fisico come momento di riabilitazione e il grande
beneficio che la pratica dello sport comporta dal punto di vista psicologico.

7. Protesi per atletica leggera


Nel 1960 l'Italia ospita le Olimpiadi a Roma. Il livello tecnologico delle protesi di allora non
consentiva agli atleti di correre e saltare in maniera produttiva. L’evoluzione tecnologica
delle protesi negli anni seguenti fu piuttosto modesta e di conseguenza piuttosto lento fu il
progresso delle prestazioni degli atleti nell’atletica leggera. I risultati eclatanti furono quelli
ottenuti da atleti che saltavano senza ausilio di protesi.
Si può affermare che grazie alle nuove tecnologie gli atleti hanno concretamente la
possibilità di cimentarsi con successo in tutte le gare di corsa e salto con prestazioni
sempre più vicine a quelle degli atleti normodotati.
Quando, per lo svolgimento di un’attività sportiva, un atleta amputato dell’arto inferiore,
utilizza una protesi non sportiva, ossia concepita per l’uso quotidiano e non per lo sport
agonistico, sopravvengono normalmente problemi.

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Protesi normale: è utilizzata per uso quotidiano. Permette il movimento naturale durante la
locomozione.
Protesi per la corsa: è utilizzata da persone paraplegiche per poter svolgere attività
atletica, in particolare la corsa.
Anni 80: introduzione di materiali provenienti dall’industria aerospaziale come fibre di
carbonio, fibre di kevlar, leghe di titanio, leghe d’alluminio ad alta resistenza.
É stato possibile realizzare componenti protesici, soprattutto piedi e ginocchi ad elevato
contenuto tecnologico, estremamente funzionali e resistenti, utilizzabili per praticare
attività sportiva.
In genere le protesi sportive sono del tipo scheletrico modulare tranne che per le attività a
contatto con l’acqua. L’utilizzo dei ginocchi protesici, per questo tipo di protesi devono
possedere particolari caratteristiche di velocità del pendolo e robustezza nel movimento di
flesso estensione.
La progettazione dell’invasatura comunque resta e rimane la
parte più importante della protesi. Infatti, durante la pratica
dell’attività sportiva, il moncone, sia nella sua parte scheletrica,
sia in quella muscolare, è sottoposto a carichi molto elevati e, in
genere, se la sollecitazione è prolungata tende a dilatarsi.
Risulta indispensabile, pertanto, l’adozione di un’invasatura con
tecniche di costruzione che consentano di distribuire
maggiormente i carichi sulla superficie del moncone (carico
idrostatico), di compensarne le variazioni di volume e di favorirne
l’attività muscolare e limitandone un’eccessiva sudorazione, è pertanto indispensabile
l’inserimento di un’invasatura flessibile, di cuffie termoformabili con o senza chiodo.
Nelle protesi d’arto inferiore, per le attività sportive, la scelta del piede protesico richiede
sempre da parte del tecnico ortopedico una particolare attenzione. Infatti, le sue
caratteristiche funzionali e costruttive, il suo posizionamento rispetto agili altri componenti
della protesi, influenzano in misura sostanziale il comportamento di quest’ultima durante la
deambulazione.

Piede dinamico
Nel 1988, Paraolimpiadi Seul: il primo piede dinamico.
Il piede dinamico è un arto progettato con la funzione non solo di appoggio ma anche di
impulso vero e proprio.

77
La caratteristica principale dei piedi dinamici è quella di accumulare
energia e poi di restituirla in grande parte. Tale struttura è divisa in
due parti, collegate tra loro, avente la forma di molle a balestra,
una per l’avampiede ed una per il calcagno, la sua realizzazione è
di norma in fibra di carbonio. Le due molle deformandosi
elasticamente sotto l’azione del peso corporeo, accumulano
energia cinetica (energia storing) durante le fasi d’appoggio
calcaneare e dell’avampiede, restituendola poi al diminuire del
carico in modo da imprimere una spinta (reazione) in avanti e verso
l’alto della protesi.
Il piede dinamico fornisce come risultato pratico, quello di rispondere attivamente ai
carichi. Ha quindi, un effetto virtuale di compensazione del peso della protesi contribuendo
a migliorare la funzionalità e quindi il suo controllo e di ridurre le sollecitazioni sulle
strutture scheletriche utilizzate nelle zone d’appoggio dell’invasatura.
I piedi realizzati in fibre di carbonio, in particolare quelli prodotti dall’azienda americana
Flex, hanno dimostrato un’indubbia superiorità rispetto agli altri, fornendo valori più elevati
d’energia restituita e per le molte alternative disponibili.
 Il Flex-Foot è prevalentemente utilizzato in molte discipline sportive (fig.22).
 Il Re-Flex ideale per il basket e volley grazie alla presenza di un ammortizzatore
assiale costituito da un cilindro pneumatico e una lamina a balestra supplementare
(fig.23).
 Il Ceterus, che ha caratteristiche simili al Re-Flex, consente di variare l’entità
dell’energia restituita modificando la pressione dell’aria contenuta in un bumper di
gomma nella parte superiore del piede, consigliato per la scherma ed il tennis
(fig.24).

Figura 10 Flex - Foot


Figura 24 Ceterus

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Figura 11 Re - Flex
Quando è consigliabile applicare un piede dinamico:
 su un soggetto particolarmente attivo;
 per utenti che non hanno problemi a livello di invasatura, infatti l'applicazione di
questo piede aumenta le sollecitazioni: moncone - invasatura proprio per effetto
della maggior energia in gioco sull'arto artificiale;
 per utenti che hanno le articolazioni prossimali all'amputazione capaci di
sopportare, queste maggiori sollecitazioni anche nel tempo;
In atletica leggera si possono distinguere piedi dalla forma strana caratterizzati
dall’assenza del tallone per le specialità veloci, dalla presenza di
una sola lamina dell’avampiede da un particolare forma a C aperta
(a) e chiusa la cui lama anteriore è appositamente studiata per la
corsa in modo che la protesi riceva la massima spinta nella
restituzione d’energia in avanti (b) (fig.25).
Tutte le applicazioni dei piedi ad accumulo-restituzione d’energia
sono sempre personalizzati in quanto devono sempre essere
costruiti in base alle caratteristiche del paziente. Figura 25

La struttura interna del piede si deforma elasticamente durante l’appoggio calcaneare e


restituisce l’energia al diminuire del carico in modo da imprimere una spinta in avanti al
piede e quindi alla protesi.
Importantissimo in queste protesi:
 La scelta del tipo di piede con la lamina di durezza personalizzata al peso del
paziente e alla sua capacità di sfruttarne la reazione, al tipo di disciplina ecc.
 L’allineamento tra l’invasatura e il piede o tra invasatura, ginocchio e piede che, se
non ben effettuato può compromettere il notevole vantaggio del piede stesso.

Il piede Seattle (Seattle foot)


Nel 1981 il piede Seattle (Seattle foot) porta una rivoluziona
alle protesi con l’introduzione di alcuni elementi chiave:
 Nuovi materiali più forti e leggeri (resine acetaliche
Derlin, fibre di carbonio)

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 energy storing prosthetic foot (ESPF) - piede protesico con accumulo di energia
Questo progetto dà la possibilità di disegnare e analizzare un prodotto atipico, che anche
se di semplice disegno introduce tanti aspetti ingegneristici.
Processo del design:
 Determinare l’atleta di riferimento:
 Peso massimo dell’atleta: P=100 kg.
 Amputato trans-tibiale (sopra il piede e sotto il ginocchio)
 Determinare le forze agenti (statiche & dinamiche)
 Implementare un modello dinamico
 Alternazione delle forze da P a -3P
Considerazioni ingegneristiche importanti
 Flessione
o Trovare il punto critico per la flessione
o Determinare la massima flessione (in valore assoluto).
o Questo è il primo passo per scegliere il materiale

Sforzo dovuto alla flessione in una trave inflessa:

M (R  r) 1500(7.71  7.95)
 bending    3937 psi
Ar (r  R) 1.12 * 7.95(7.7  7.71)

M = Momento interno, determinato dalle equazioni di equilibrio.


A = l’area della sezione trasversale
R = la distanza misurata dal centro di curvatura all’asse neutro
r (barrato) = la distanza misurata dal centro di curvatura al centroide della sezione trasversale
r = la distanza misurata dal centro di curvatura al punto in cui si vuole determinare lo sforzo.

Calcolo di R, A, r (barrato) per l’area di una sezione rettangolare:

R
A

bh b(r  r )
 2 1 
(r2  r1 ) r2  r1
dA r2 r2 ln r2  ln r1 r  r1  h  r1
A r b ln
r1
b ln
r1 2 2

A  bh  b r2  r1 
 Fatica
o Per l’elemento considerato viene richiesta una durata infinita.

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o Determinare gli stress
o Ksize, Ktemp=1, Kload, Kreliability (99.99%), Ksurf
o La fatica è il secondo parametro per scegliere il materiale.

Flessione per una trave inflessa: g g


Myds Mxds
x   y  
0
EI 0
EI
3
F [ Rout  Rin ]
3
 2  600[7.953  7.493 ] 2
B  1  1  0.3241in
2 EI 4 2 *15200000 * 0.009 4

Biomeccanica della locomozione di un amputato


Gli amputati hanno una deambulazione molto simile a quella dei soggetti sani. Tuttavia,
alcuni dati risultano differenti.
 Larghezza del passo: l’amputato allarga la sua base d’appoggio per migliorare
l’equilibrio;
 Durata fase d’appoggio sull’arto sano: l’amputato rimane un tempo più lungo
sull’arto sano perché si sente più sicuro, ed effettua tutte le correzioni d’equilibrio
che non gli sarebbero possibili o quantomeno risulterebbero più difficoltose con
l’arto artificiale;
 Velocità durante la fase oscillante del piede sano: in quanto deve recuperare il
tempo perso durante la fase d’appoggio;
 Lunghezza del passo con la protesi: nell’amputato trans-tibiale è notevolmente più
lungo di quello controlaterale, ciò è una diretta conseguenza del prolungato
appoggio sul piede sano.

Biomeccanica della corsa di un amputato


La biomeccanica della corsa di un amputato è un’area interessante che si rivela utile nelle
applicazioni cliniche. Comprendere cosa accade durante la corsa aiuterà moltissimo la
fabbricazione di protesi per arto inferiore, la scelta ottimale dei componenti e la stesura di
un appropriato programma di allenamento che condurrà gli amputati a raggiungere i loro
obiettivi atletici.
Per le gambe possono individuarsi tre fasi:
 fase di atterraggio/supporto
 fase di spinta
 fase di volo

81
 Nella fase di atterraggio/supporto:
L’arto inferiore si comporta come un ammortizzatore per il corpo,
riducendo le considerevoli forze di reazione del terreno passanti per
l’arto, che possono essere due o tre volte superiori al peso del corpo.
Quando l’amputato trans-tibiale colpisce il terreno con l’arto
protesizzato, una forza posteriore viene istantaneamente creata dalla
muscolatura dell’anca dell’emilato della protesi. Questo genera uno sforzo due o tre volte
superiore rispetto a quello di un arto sano, in parte per aiutare a muovere il corpo sul piede
stazionario e in parte per compensare la perdita della flessione plantare attiva della
caviglia.
La stabilizzazione muscolare unita al movimento articolare, crea
un’elasticità biomeccanica che riduce gli effetti delle forze di
reazione del terreno.
Quando gli amputati corrono, nell’arto protesizzato si verifica una
riduzione di forza di reazione di impatto col terreno, in parte
compensata dal piede dinamico che serve appunto ad accumulare
energia per poi restituirla successivamente. Questa riduzione della forza di reazione del
terreno suggerisce che gli amputati assorbono e generano meno energia con la loro
protesi.
Tale riduzione di energia potrebbe essere dovuta ad un più passivo utilizzo dell’arto,
all’assorbimento delle forze tramite il tessuto morbido incapsulato nello zoccolo, o alla
presenza di una contrazione isometrica della muscolatura.

 Nella fase di spinta:


La maggior parte della propulsione in avanti del corpo proviene
dall’andamento dell’arto controlaterale sano e dal movimento delle
braccia.
Durante questa fase l’amputato trans-tibiale ben allenato può
raggiungere modelli di flessione ed estensione simili a quelli di un
corridore non amputato.
La contrazione dei quadricipiti unita alla contrazione del polpaccio,
crea un’adeguata stabilità del ginocchio.

82
L’utilizzo del Flex-Foot, che consente flessioni dorsali ben controllate, è usato da molti per
assistere significativamente alla flessione del ginocchio. Il Flex-Foot è nato per fornire un
più normale modello di funzionamento del muscolo estensore dell’anca e del ginocchio
durante tutta la fase di appoggio.
Per continuare l’avanzamento dell’appoggio dell’arto protesizzato, il grande gluteo
promuove la rapida estensione dell’anca. Mentre l’anca raggiunge la massima estensione,
tutti i movimenti sono passivi durante l’appoggio finale tranne gli adduttori dell’anca stessa
i quali si contraggono per assicurare la stabilità pelvica.
Lo sforzo totale dei muscoli di un corridore amputato trans-tibiale nella parte interessata
dalla protesi è pari alla metà dello sforzo misurato in un arto intatto e in un corridore non
menomato; questo non dovrebbe sorprendere se si considera l’assenza dei flessori
plantari.

 Nella fase di volo:


In questa fase nessuno dei due arti inferiori è a contatto col suolo ed
entrambi oscillano in direzioni opposte. Successivamente alla fase
di volo, mentre il piede si prepara a colpire il suolo, i muscoli sono
pronti a spingere il corpo in avanti assorbendo allo stesso tempo le
forze reattive del terreno.
Il ginocchio deve essere leggermente flesso e ci sarà una riduzione
delle forze nel momento in cui l’arto si prepara a colpire il terreno. In
questo momento il piede dinamico inizia ad acquisire energia e si
prepara alla fase successiva, fase di assorbimento.
Tronco ed oscillazioni delle braccia
Uno sforzo di concentrazione e autocontrollo dei movimenti, deve essere effettuato per
mantenere un andamento simmetrico delle braccia, specialmente quando la velocità
aumenta e gli arti inferiori hanno la tendenza a perdere simmetria e coordinazione di
movimento.

Biomeccanica della partenza


La partenza è una delle fasi più studiate dell’intera
area dell’atletica. I diagrammi dello spostamento
orizzontale in funzione del tempo, velocità in
funzione del tempo ed accelerazione in funzione del

83
tempo sono caratteristiche di ogni singolo sprinter. Quindi possono essere utilizzati solo
per il perfezionamento dell’atleta stesso e non come caratteristica generale.
Lo scopo della partenza è quello di facilitare un efficiente spostamento dell’atleta nella
direzione del traguardo. Mentre lo scopo della posizione di partenza è quello di poter
lasciando i blocchi ed al contempo di accelerare nel più breve tempo.
Tutto ciò si ottiene:
 Assumendo una posizione ben bilanciata sui blocchi.
 Applicare una forza sui blocchi che sia passante per il baricentro del corpo con un
angolo di applicazione di circa 45°.
 Posizionare le ginocchia con l’angolo ottimale.
 Lasciare i blocchi in equilibrio e con il massimo della spinta.
Quanto sia importante la partenza lo si può evincere ad esempio dal record di Ben
Johnson in Roma nel 1987 con 9,83 il secondo Carl Lewis segnò un tempo di 9,93 cioè
0,10 sec in più. All’uscita dai blocchi il distacco a favore di Johnson era di 0,067 circa i 2/3
del vantaggio totale all’arrivo.
La relazione biomeccanica che descrive la partenza è:

Ft  mv fin  mvin 


ma la velocità iniziale è 0 per cui Ft=mvfin
Da ciò si deduce che maggiore è l’impulso esercitato dall’atleta sui blocchi, maggiore è la
velocità che si ottiene.
La velocità e quindi l’accelerazione sono anche
funzione dell’inclinazione della base dei
blocchi. Bisogna però notare che il grande
impulso deve essere quasi tutto a carico della
forza esercitata, perché se ad aumentare è il
tempo allora si svilupperà una accelerazione
più piccola con danno per l’atleta.

Amputati negli arti superiori


Gli arti superiori forniscono equilibrio, propulsione e guida durante la corsa. Gli atleti
amputati di un solo arto, spesso si presentano con forza inferiore nel arto amputato e con
relativa scoliosi a causa della differenza nella forza muscolare.

84
Atleti normodotati vs amputati
In una ricerca (Allison et al 2007) sul confronto fra atleti amputati, e normodotati, che
hanno corso alla stessa velocità su pista; i primi hanno dimostrato valori più elevati di:
 consumo di ossigeno (diagramma 1)
 frequenza cardiaca (diagramma 2).

Diagramma 1

Diagramma 2

I principali svantaggi degli atleti amputati, dal punto di vista della biomeccanica sono:
 Generazione di potenza insufficiente durante la fase di spinta, dovuta alla presenza
della protesi.

85
 Nel caso di atleti amputati ad una sola gamba, forze di impatto superiori nella
gamba normale e asimmetria negli arti.

Conclusioni:
Le protesi disegnate per la corsa forniscono un significato risparmio di energia e danno la
possibilità all’atleta amputato di correre con un costo energetico che non differenzia tanto
dagli atleti nomodotati.

Oscar Pistorius :Analisi di un fenomeno


Oscar Pistorius è un atleta sudafricano, campione paralimpico nel 2004 sui 200 m piani.
Pistorius è un amputato bilaterale che corre sui 100, 200 e 400 m piani. e detiene il record
del mondo per amputati bilaterali su tutte e tre le distanze su cui corre: 10.91 sui 100,
21.58 sui 200 e 46.56 sui 400.
Corre grazie a particolari protesi in fibra di carbonio

Fin dal 2005 ha espresso il desiderio di poter correre coi normodotati alle Olimpiadi di
Pechino 2008.
La IAAF ha respinto la sua richiesta, sostenendo che "le sue gambe non tradizionali lo
avvantaggiano rispetto agli altri atleti"

86
Un parziale successo Pistorius però lo ha ottenuto nel giugno del 2007, quando gli
organizzatori del Golden Gala di Roma lo hanno ammesso a competere coi normodotati
sui 400 metri
Il 13 luglio 2007, Pistorius ha gareggiato nello Stadio Olimpico di Roma per il gruppo B del
Golden Gala, assieme ad atleti normodotati, ottenendo la seconda posizione.
Le sue protesi “Ossur” gli consentirebbero di risparmiare energia fisica e correre con
falcate più ampie rispetto ai normodotati.

Le protesi di Oscar Pistorius possono restituire fra il 90-95% dell’energia prodotta


quando impatta con il suolo, il piede di un normodotato restituisce il 60% in quanto si
ha una dissipazione d’energia nella caviglia di circa il 40% e questa quantità può
aumentare con la fatica.
Alcuni esperti desumono che Pistorius non si affatichi nello stesso modo durante la
corsa.
Il diagramma successivo compara lo split temporale con i finalisti del campionato del
mondo 1999. Egli è stato il solo atleta a mostrare un incremento nella seconda fase
della corsa.

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Studi di Peter Bruggemann
la IAAF ha richiesto all’università di Colonia di analizzare il soggetto per poi dare un parere
alla sua richiesta di partecipazione alla Olimpiadi di Pechino 2008.
IlI laboratorio di biomeccanica dell’università di Colonia ha redatto uno studio fisiologico-
biomeccanico tra Pistorius e 5 normodotati sulla performance di 400 m
Risultati fisiologici Pistorius, a parità di velocità, consuma circa il 25% in meno di energia.
L’analisi biomeccanica ha mostrato fondamentali differenze nella meccanica della corsa
La forza massimale di reazione al suolo e l’impulso verticale erano profondamente
differenti, la quantità di energia restituita dalle protesi è tre volte superiore a quella
dell’articolazione di una caviglia normale.
La perdita di energia delle protesi era di circa il 9,3% non paragonabile al 41% disperso da
una caviglia normale.
Quindi il vantaggio meccanico della lama in fibra di carbonio è di circa il 30% superiore a
quella di una normale caviglia.
Le analisi sono state effettuate da 10 scienziati con la collaborazione dell’equipe del Prof
Mester dell’istituto di scienza dell’allenamento e dell’informatica applicata allo Sport
Strumentazioni usate sono state 12 telecamere ad alta velocità per l’osservazione
cinematica in 3D e 4 per l’osservazione del solo piano sagittale.
Sono state effettuate misure di acido lattico. Gli atleti hanno usato dei K4 per il VO2
Max., misurato anche con il test di Wingate.
Sulla base di queste risultanze la IAAF ha bocciato la richiesta di Pistorius di poter
partecipare alle Olimpiadi di Pechino.
l’atleta ha fatto ricorso al TAS e questi sono i punti salienti della sentenza definitiva.

88
«La decisione del Consiglio della Iaaf del 14 gennaio 2008 è revocata con effetto
immediato e Oscar Pistorius è eleggibile per gli eventi della Iaaf. Può usare le protesi
Ossur Cheetah Flex-Foot, le stesse usate nei test richiesti dalla Iaaf ed esibite nell'udienza
presso il Tas. La commissione del Tas ha stabilito che la Iaaf non è riuscita a provare
l'infrazione da parte di Pistorius della regola 114.2 (e). Sulla base degli elementi portati da
esperti di entrambe le parti, la commissione non si è convinta che ci fossero sufficienti
prove di qualsiasi vantaggio metabolico di una persona con due amputazioni che usa le
Cheetah Flex-Foot. Inoltre, la commissione del Tas ha considerato che la Iaaf non è
riuscita a provare che gli effetti biomeccanici derivanti dall'uso di particolari protesi diano a
Pistorius un vantaggio sugli atleti che non le usano.
La commissione del Tas ha sottolineato che l'applicazione della sua decisione riguarda
solo Oscar Pistorius e solo l'uso di quel tipo di protesi. La commissione non esclude la
possibilità che in futuro, con le nuove conoscenze scientifiche, la Iaaf possa riuscire a
dimostrare che le protesi Cheetah Flex-Foot diano un vantaggio a Pistorius sugli altri
atleti».

OBIETTIVO: MINIMO SUI 400 - Grazie alla sentenza del Tribunale arbitrale dello sport,
Oscar Pistorius può tornare a sperare di qualificarsi alle Olimpiadi di Pechino. La gara su
cui punta è quella dei 400 metri, in cui ha un personale di 46"46. Nel 2007 ha corso la
distanza in 46"56, ma per assicurarsi il viaggio in Cina deve ottenere entro il 23 luglio il
tempo di 45"95, vale a dire il minimo B fissato dalla Iaaf. Questo perchè nessun atleta
sudafricano è in possesso del minimo A (45"55) e, al momento, neppure del B (fra 2007 e
2008 il migliore è Ofentse Mogawane con un crono di 46"06). Rimane aperta anche
l'ipotesi staffetta 4x400.

Bibliografia:
[1] Allison, A. Impact of the Running Specific Prosthesis on the Exercise Intensity, and
Running Economy of Amputees During Level Treadmill Running. Georgia Institute of
Technology, 2007.
[2] Cates, M. Materia condensata soffice. Storia della Scienza, Volume IX, La Grande
Scienza, pp 645-656. Istituto della Enciclopedia Italiana, Fondata da Giovanni Treccani
2003.

89
[3] Malone, A. Shooting mechanics related to player classification and free throw success
in wheelchair basketball. Journal of Rehabilitation Research and Development. Vol. 39,
No. 6, November/December 2002, p. 701–710. 2002.
[4] Monti, R. Dall’amputazione di arto inferiore (trans-tibiale) all’atletica leggera (corsa).
Università di Bologna, Facoltà di Medicina e Chirurgia, Corso di Laurea in Fisioterapia, a.a
2002/2003.
[5] Sacripanti, A. Biomeccanica degli Sport. Un viaggio nella fisica dello sport. Edizioni il
Vascello, 2004.

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