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Prefazione

Il presente quaderno racchiude gli argomenti di funzioni analitiche trattati nel


corso di Metodi Matematici per le Applicazioni, tenuto dal sottoscritto nell’a.a.
2008-9 presso il Corso di Studi in Matematica dell’Università di Torino.
Gli argomenti svolti sono tutti di carattere elementare e i primi tre capitoli
fanno parte dell’insieme di nozioni che ogni laureato in Matematica dovrebbe
conoscere. Nella stesura di questi appunti ho attinto abbondantemente dallo
splendido libro di Conway: Functions of one complex variable, Springer-Verlag;
come peraltro il lettore può verificare da sé.

Torino, Settembre 2009.

Ernesto Buzano.
Indice

1 Definizioni e prime proprietà 1


1.1 Richiami sui numeri complessi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1
1.2 Definizioni e prime proprietà delle funzioni analitiche . . . . . . . 2

2 Integrazione in campo complesso e teorema di Cauchy 13


2.1 Integrazione in campo complesso . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13
2.2 Indice di avvolgimento di un cammino rispetto ad un punto . . . 18
2.3 Formula Integrale di Cauchy I . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22
2.4 Stima di Cauchy. Teorema di Liouville. . . . . . . . . . . . . . . 25
2.5 Formula integrale di Cauchy II . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 26

3 Singolarità isolate e residui 29


3.1 Sviluppo in serie di Laurent . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 29
3.2 Zeri e singolarità di una funzione analitica . . . . . . . . . . . . . 32
3.3 Teorema dei residui . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 37
3.4 Qualche applicazione del teorema dei residui e del teorema di
Cauchy . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 43

4 Gamma di Eulero e Zeta di Riemann 47


4.1 La funzione Gamma di Eulero . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 47
4.2 La funzione Zeta di Riemann . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 53
Capitolo 1

Definizioni e prime proprietà

1.1 Richiami sui numeri complessi


Ricordiamo che un numero complesso 𝑧 è individuato da una coppia (𝑥, 𝑦) di
numeri reali. In notazione cartesiana si scrive

𝑧 = 𝑥 + 𝒊𝑦,

con 𝒊 unità immaginaria tale che

𝒊2 = −1. (1.1)

𝑥 ed 𝑦 sono rispettivamente la parte reale e la parte immaginaria di 𝑧:

Re 𝑧 = 𝑥, Im 𝑧 = 𝑦.

L’insieme C dei numeri complessi è un campo rispetto alle operazioni di


somma:
𝑧1 + 𝑧2 = 𝑥1 + 𝑥2 + 𝒊(𝑦1 + 𝑦2 )
e prodotto:
𝑧1 𝑧2 = 𝑥1 𝑥2 − 𝑦1 𝑦2 + 𝒊(𝑥1 𝑦2 + 𝑦1 𝑥2 ).
L’identità (1.1) esclude che in C vi possa essere una relazione d’ordine compati-
bile con l’operazione di somma e prodotto. Infatti se ciò fosse possibile, dovrem-
mo avere 𝒊2 > 0, in quanto in un campo ordinato il quadrato di un elemento è
sempre non-negativo. D’altra parte dovremmo anche avere 𝒊2 = −1 = −12 < 0,
in contraddizione con quanto visto subito prima.
C è uno spazio metrico completo rispetto alla distanza euclidea:

𝑑(𝑧1 , 𝑧2 ) = ∣𝑧1 − 𝑧2 ∣,

dove √
∣𝑧∣ = 𝑥2 + 𝑦 2
è il modulo di 𝑧.
Dunque a parte l’operazione di prodotto C ed R2 sono la stessa cosa.

1
2 Definizione e prime proprietà

1.2 Definizioni e prime proprietà delle funzioni


analitiche
Dato 𝑧0 ∈ C e 𝑟 > 0, indichiamo con

𝐵(𝑧0 ; 𝑟) = {𝑧 ∈ C : ∣𝑧 − 𝑧0 ∣ < 𝑟}

il disco (o intorno) aperto di centro 𝑧0 e raggio 𝑟. Se 𝑟 = ∞ intendiamo

𝐵(𝑧0 ; ∞) = C.

Indichiamo poi con


˙ 0 ; 𝑟) = 𝐵(𝑧0 ; 𝑟) ∖ {𝑧0 }
𝐵(𝑧
il disco bucato e con
¯ 0 ; 𝑟) = {𝑧 ∈ C : ∣𝑧 − 𝑧0 ∣ ⩽ 𝑟}
𝐵(𝑧

il disco chiuso.
Considerata una funzione
˙ 0 ; 𝑟) → C,
𝑓 : 𝐵(𝑧

diciamo che
lim 𝑓 (𝑧) = 𝜆 ∈ C
𝑧→𝑧0

se per ogni 𝜖 > 0 esiste 0 < 𝛿 < 𝑟 tale che

∣𝑓 (𝑧) − 𝜆∣ < 𝜖, ˙ 0 ; 𝛿).


∀ 𝑧 ∈ 𝐵(𝑧

Diciamo invece che


lim 𝑓 (𝑧) = ∞,
𝑧→𝑧0

se per ogni 𝜖 > 0 esiste 0 < 𝛿 < 𝑟 tale che


1 ˙ 0 ; 𝛿).
∣𝑓 (𝑧)∣ > , ∀ 𝑧 ∈ 𝐵(𝑧
𝜖
¯ 𝑟), diciamo che
Infine, se 𝑓 è definita sul complementare di 𝐵(0;
{
𝜆 ∈ C,
lim 𝑓 (𝑧) =
𝑧→∞ ∞,

se abbiamo che per ogni 𝜖 > 0 esiste 0 < 𝛿 < 1/𝑟 tale che
{
∣𝑓 (𝑧) − 𝜆∣ < 𝜖, ¯ 1/𝛿).
∀𝑧 ∈/ 𝐵(0;
∣𝑓 (𝑧)∣ > 1𝜖 ,

Una funzione 𝑓 definita in 𝐵(𝑧0 ; 𝑟) è continua in 𝑧0 se

lim 𝑓 (𝑧) = 𝑓 (𝑧0 ).


𝑧→𝑧0

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E. Buzano — Funzioni Analitiche 3

Proposizione 1.1. Data una funzione continua 𝑓 in un aperto Ω di C, per


ogni punto 𝑧0 ∈ Ω tale che 𝑓 (𝑧0 ) ∕= 0 esiste 𝛿 > 0 tale che 𝑓 (𝑧) ∕= 0 per ogni
𝑧 ∈ 𝐵(𝑧0 ; 𝛿).

Dimostrazione. Consideriamo 0 < 𝜖 < 𝑓 (𝑧0 ) . Per la continuità esiste 𝛿 > 0
tale che 𝐵(𝑧0 ; 𝛿) ⊂ Ω e 𝑓 (𝑧) − 𝑓 (𝑧0 ) < 𝜖. Abbiamo allora che

𝑓 (𝑧) > 𝑓 (𝑧0 ) − 𝜖 > 0, ∀ 𝑧 ∈ 𝐵(𝑧0 ; 𝛿).

Una funzione 𝑓 : 𝐵(𝑧0 ; 𝑟) → C è derivabile in 𝑧0 se

𝑓 (𝑧) − 𝑓 (𝑧0 )
lim esiste ed è finito. (1.2)
𝑧→𝑧0 𝑧 − 𝑧0
Il valore del limite (1.2) è detto derivata di 𝑓 in 𝑧0 ed è indicato con

𝒅𝑓 𝑓 (𝑧) − 𝑓 (𝑧0 )
𝑓 ′ (𝑧0 ) = 𝑫𝑓 (𝑧0 ) = (𝑧0 ) = lim .
𝒅𝑧 𝑧→𝑧0 𝑧 − 𝑧0
In particolare abbiamo che una funzione derivabile è anche continua:

𝑓 (𝑧) − 𝑓 (𝑧0 )
(𝑧 − 𝑧0 ) = 𝑓 ′ (𝑧0 ) ⋅ 0 = 0.
( )
lim 𝑓 (𝑧) − 𝑓 (𝑧0 ) = lim
𝑧→𝑧0 𝑧→𝑧0 𝑧 − 𝑧0
Problema. Data una funzione 𝑓 definita in 𝐵(𝑧0 ; 𝑟) poniamo
{
𝑢(𝑥, 𝑦) = Re 𝑓 (𝑥 + 𝒊𝑦),
𝑣(𝑥, 𝑦) = Im 𝑓 (𝑥 + 𝒊𝑦).

Provare che 𝑓 è derivabile in 𝑧0 = 𝑥0 + 𝒊𝑦0 se e solo se 𝑢 e 𝑣 ammettono derivate


parziali rispetto ad 𝑥 ed 𝑦 in (𝑥0 , 𝑦0 ) soddisfacenti le cosiddette equazioni di
Cauchy-Riemann: {
𝑢′𝑥 (𝑥0 , 𝑦0 ) = 𝑣𝑦′ (𝑥0 , 𝑦0 ),
𝑢′𝑦 (𝑥0 , 𝑦0 ) = −𝑣𝑥′ (𝑥0 , 𝑦0 ).

Definizione 1.2. Una funzione 𝑓 è detta analitica (o olomorfa) in un aperto


Ω di C se possiede derivata prima continua in Ω.
In particolare una funzione analitica è continua.
Problema. Provare che nell’ambito complesso valgono le stesse regole di deriva-
zione delle funzioni di variabile reale. In particolare abbiamo che:
∙ la somma e il prodotto di due funzioni analitiche sono ancora funzioni ana-
litiche, mentre il rapporto è analitico dove non si annulla il denominatore;
∙ la composizione di due funzioni analitica è ancora analitica nell’aperto in
cui è definita.
Esempi. 1) Per ogni 𝑛 ∈ N = {0, 1, 2, . . .}, abbiamo che 𝑧 𝑛 è analitica in C.
2) I polinomi sono analitici in C.
3) Le funzioni razionali sono analitiche dove non si annulla il denominatore.
4) 𝑧¯, 𝑧 𝑧¯ e ∣𝑧∣ non sono analitiche in nessun aperto di C.

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4 Definizione e prime proprietà

Un modo molto efficace per definire delle funzioni analitiche è quello di


ricorrere agli sviluppi in serie di potenze di cui ricordiamo alcune importanti
proprietà. ∑∞
Ricordiamo innanzitutto che una serie di funzioni 𝑛=0 𝑓𝑛 (𝑧) è totalmente
convergente su un sottoinsieme 𝑆 di C∑se posto 𝑀𝑛 = sup𝑧∈𝑆 ∣𝑓𝑛 (𝑧)∣ per ogni

𝑛 ∈ N, abbiamo che la serie numerica 𝑛=0 𝑀𝑛 è convergente.
L’importanza della convergenza totale è data dalla seguente
∑∞
Proposizione 1.3. Una serie di funzioni 𝑛=0 𝑓𝑛 (𝑧) totalmente convergente
su un sottoinsieme 𝑆 di C è assolutamente ed uniformemente convergente in 𝑆.
Dimostrazione. Poniamo 𝑀𝑛 = sup𝑧∈𝑆 ∣𝑓𝑛 (𝑧)∣ per ogni 𝑛 ∈ N. La convergenza
∑∞
assoluta segue allora dal criterio del confronto,
∑∞ poiché la serie 𝑛=0 ∣𝑓𝑛 (𝑧)∣ è
maggiorata dalla serie numerica convergente 𝑛=0 𝑀𝑛 .
Proviamo la convergenza uniforme. Dato 𝜖 > 0 dobbiamo provare che esiste
𝑘0 tale che
∑∞
𝑓𝑛 (𝑧) < 𝜖, ∀ 𝑘 > 𝑘0 , 𝑧 ∈ 𝑆.


𝑛=𝑘
∑∞ ∑∞
Poiché 𝑛=0 𝑀𝑛 < +∞, esiste 𝑘0 tale che 𝑛=𝑘 𝑀𝑛 < 𝜖 per ogni 𝑘 > 𝑘0 .
Ma allora abbiamo pure
∑∞ ∑ ∞ ∞

𝑓𝑛 (𝑧) ⩽ 𝑓𝑛 (𝑧) ⩽ 𝑀𝑛 < 𝜖, ∀ 𝑘 > 𝑘0 , 𝑧 ∈ 𝑆


𝑛=𝑘 𝑛=𝑘 𝑛=𝑘

e questo completa la dimostrazione.


L’importanza della convergenza uniforme è data dal seguente teorema che
riportiamo senza dimostrazione.
∑∞
Teorema 1.4. La somma di una serie di funzioni 𝑛=0 𝑓𝑛 (𝑧) continue, uni-
formemente convergente in un sottoinsieme 𝑆 di C è continua in 𝑆.
Nel caso particolare di una serie di potenze


𝑎𝑛 (𝑧 − 𝑧0 )𝑛 , (1.3)
𝑛=0

considerato un numero reale 𝑟 ⩾ 0, abbiamo che la (1.3) converge totalmente in


¯ 𝑟) se e solo se
𝐵(0;


∣𝑎𝑛 ∣ 𝑟𝑛 < +∞.
𝑛=0

Infatti
sup ∣𝑎𝑛 (𝑧 − 𝑧0 )𝑛 ∣ = ∣𝑎𝑛 ∣ 𝑟𝑛 .
∣𝑧−𝑧0 ∣⩽𝑟
∑∞
Definizione 1.5. Data una serie di potenze 𝑛=0 𝑎𝑛 (𝑧 − 𝑧0 )𝑛 , poniamo
{ ∞
∑ }
𝑅 = sup ∣𝑧 − 𝑧0 ∣ : 𝑎𝑛 (𝑧 − 𝑧0 )𝑛 converge .
𝑛=0

La quantità 0 ⩽ 𝑅 ⩽ +∞ è detta raggio di convergenza della serie.

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E. Buzano — Funzioni Analitiche 5

Teorema 1.6. Data una serie di potenze




𝑎𝑛 (𝑧 − 𝑧0 )𝑛 , (1.4)
𝑛=0

¯ 0 ; 𝑟)
con raggio di convergenza 𝑅, abbiamo che la (1.4) converge totalmente in 𝐵(𝑧
¯ 0 ; 𝑅).
per ogni 0 ⩽ 𝑟 < 𝑅 e non converge in C ∖ 𝐵(𝑧

Dimostrazione. In base alla definizione 1.5, la (1.4) non converge per ∣𝑧 − 𝑧0 ∣ >
𝑅.
Consideriamo 0 ⩽ 𝑟 < 𝑅.∑In base alla definizione 1.5 deve esistere 𝑧 ∈ C

tale che 𝑟 < ∣𝑧 − 𝑧0 ∣ < 𝑅 e 𝑛=0 𝑎𝑛 (𝑧 − 𝑧0 )𝑛 sia convergente. In particolare
dobbiamo avere che lim𝑛→+∞ 𝑎𝑛 (𝑧 − 𝑧0 )𝑛 = 0 e quindi deve esistere 𝑛0 tale che
𝑛
∣𝑎𝑛 ∣ ∣𝑧 − 𝑧0 ∣ ⩽ 1 per ogni 𝑛 > 𝑛0 . Ma allora

𝑛 𝑟𝑛 𝑟𝑛
∣𝑎𝑛 ∣ 𝑟𝑛 = ∣𝑎𝑛 ∣ ∣𝑧 − 𝑧0 ∣ 𝑛 ⩽ 𝑛, ∀ 𝑛 > 𝑛0 .
∣𝑧 − 𝑧0 ∣ ∣𝑧 − 𝑧0 ∣
∑∞
E quindi 𝑛=0 ∣𝑎𝑛 ∣ 𝑟𝑛 < +∞ poiché maggiorata per 𝑛 > 𝑛0 dalla serie geome-
∑+∞ ( )𝑛
trica 𝑛=0 𝑟/ ∣𝑧 − 𝑧0 ∣ che converge poiché 𝑟/ ∣𝑧 − 𝑧0 ∣ < 1.

Osservazioni. 1) Se esiste 𝐿 = lim𝑛→∞ 𝑎𝑎𝑛+1 , allora il raggio di convergenza

𝑛

della (1.4) è dato da 𝑅 = 1/𝐿 (intendendo che 𝑅 = 0 se 𝐿 = +∞ e 𝑅 = +∞ se


𝐿 = 0).
(𝑧−𝑧0 )𝑛+1
Infatti abbiamo 𝐿 ∣𝑧 − 𝑧0 ∣ = lim𝑛→∞ 𝑎𝑛+1𝑎𝑛 (𝑧−𝑧0 )𝑛 . Dunque per il criterio

del rapporto la (1.4) converge se 𝐿 ∣𝑧 − 𝑧0 ∣ < 1 e non converge se 𝐿 ∣𝑧 − 𝑧0 ∣ > 1.


E quindi dobbiamo avere 𝑅 = 1/𝐿.
2) Per la proposizione 1.3 ed i teoremi 1.4 e 1.6, la somma della (1.4) definisce
una funzione continua in tutto il cerchio di convergenza 𝐵(𝑧0 ; 𝑅).

Teorema 1.7. Consideriamo




𝑓 (𝑧) = 𝑎𝑛 (𝑧 − 𝑧0 )𝑛 , (1.5)
𝑛=0

dove la serie di potenze ha raggio di convergenza 𝑅 > 0.


Abbiamo allora che

1) la serie


𝑛𝑎𝑛 (𝑧 − 𝑧0 )𝑛−1 (1.6)
𝑛=1

ha raggio di convergenza eguale ad 𝑅;


2) la funzione 𝑓 è derivabile in 𝐵(𝑧0 ; 𝑅) con


𝑓 ′ (𝑧) = 𝑛𝑎𝑛 (𝑧 − 𝑧0 )𝑛−1 . (1.7)
𝑛=1

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6 Definizione e prime proprietà

Dimostrazione. Dimostriamo il punto (1). Proviamo che la serie (1.6) converge


¯ 0 ; 𝑟) per ogni 0 ⩽ 𝑟 < 𝑅 e non converge per in C ∖ 𝐵(𝑧
totalmente in 𝐵(𝑧 ¯ 0 ; 𝑅).
Considerato un qualunque 𝑠 tale che 𝑟 < 𝑠 < 𝑅, abbiamo che
( 𝑟 )𝑛−1
lim 𝑛 = 0.
𝑛→+∞ 𝑠
Dunque, esiste 𝑛0 tale che
( 𝑟 )𝑛−1
𝑛 ⩽ 1, ∀ 𝑛 ⩾ 𝑛0 .
𝑠
Ma allora

∑ ∞
∑ ( 𝑟 )𝑛−1
𝑛∣𝑎𝑛 ∣𝑟𝑛−1 = ∣𝑎𝑛 ∣𝑛 𝑠𝑛−1 ⩽
𝑛=𝑛0 𝑛=𝑛0
𝑠

∑ ∞

⩽ ∣𝑎𝑛 ∣𝑠𝑛−1 = 𝑠−1 ∣𝑎𝑛 ∣𝑠𝑛 < +∞,
𝑛=𝑛0 𝑛=𝑛0

¯ 0 ; 𝑠).
poiché per il teorema 1.6 la (1.5) converge totalmente in 𝐵(𝑧
In particolare, se indichiamo con 𝑅′ il raggio di convergenza della (1.6),
abbiamo che 𝑅′ ⩾ 𝑅. D’altra parte, se ∣𝑧 − 𝑧𝑧 ∣ < 𝑅′ , applicando il teorema 1.6
otteniamo che la (1.6) deve convergere assolutamente. Ma allora avremmo

∑ ∞

𝑛 𝑛−1
∣𝑎𝑛 ∣ ∣𝑧 − 𝑧0 ∣ = ∣𝑎0 ∣ + ∣𝑧 − 𝑧0 ∣ ∣𝑎𝑛 ∣ ∣𝑧 − 𝑧0 ∣ ⩽
𝑛=0 𝑛=1

∑ 𝑛−1
⩽ ∣𝑎0 ∣ + ∣𝑧 − 𝑧0 ∣ 𝑛 ∣𝑎𝑛 ∣ ∣𝑧 − 𝑧𝑧 ∣ < +∞,
𝑛=1

che implica 𝑅 ⩽ 𝑅′ .
Proviamo ora il punto (2). Posto


𝑔(𝑧) = 𝑛𝑎𝑛 (𝑧 − 𝑧0 )𝑛−1 , (1.8)
𝑛=1

dobbiamo provare che


𝑓 (𝑤) − 𝑓 (𝑧)
lim = 𝑔(𝑧), ∀ 𝑧 ∈ 𝐵(𝑧0 ; 𝑅),
𝑤→𝑧 𝑤−𝑧
cioè che, dato 𝜖 > 0, esiste 𝛿 > 0 tale che

𝑓 (𝑤) − 𝑓 (𝑧)
˙


𝑤−𝑧 − 𝑔(𝑧) < 𝜖, ∀ 𝑤 ∈ 𝐵(𝑧; 𝛿). (1.9)

La convergenza della serie a secondo membro nella (1.8) è garantita dal pun-
to (1). Fissato 𝑧 ∈ 𝐵(𝑧0 ; 𝑅), poniamo
𝑛

𝑓𝑛 (𝑧) = 𝑎𝑘 (𝑧 − 𝑧0 )𝑘 ,
𝑘=0


ℎ𝑛 (𝑧) = 𝑓 (𝑧) − 𝑓𝑛 (𝑧) = 𝑎𝑘 (𝑧 − 𝑧0 )𝑘 .
𝑘=𝑛+1

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E. Buzano — Funzioni Analitiche 7

Abbiamo

𝑓 (𝑤) − 𝑓 (𝑧)

𝑤−𝑧 − 𝑔(𝑧) ⩽

𝑓𝑛 (𝑤) − 𝑓𝑛 (𝑧) ′

ℎ𝑛 (𝑤) − ℎ𝑛 (𝑧)
⩽ − 𝑓𝑛 (𝑧) + ∣𝑓𝑛 (𝑧) − 𝑔(𝑧)∣ +
.
𝑤−𝑧 𝑤−𝑧

Consideriamo 𝑟 tale che ∣𝑧∣ < 𝑟 < 𝑅. Per ogni 𝑤 ∈ 𝐵(𝑧¯ 0 ; 𝑟) ∖ {𝑧} abbiamo

(𝑤 − 𝑧0 )𝑘 − (𝑧 − 𝑧0 )𝑘

ℎ𝑛 (𝑤) − ℎ𝑛 (𝑧) ∑
= 𝑎𝑘
𝑤−𝑧 𝑤−𝑧


𝑘=𝑛+1


∣𝑎𝑘 ∣ ∣𝑤 − 𝑧0 ∣𝑘−1 + ∣𝑤 − 𝑧0 ∣𝑘−2 ∣𝑧 − 𝑧0 ∣ + ⋅ ⋅ ⋅ + ∣𝑧 − 𝑧0 ∣𝑘−1
{ }

𝑘=𝑛+1
∑∞
⩽ 𝑘∣𝑎𝑘 ∣𝑟𝑘−1 < +∞.
𝑘=𝑛+1

Grazie al punto (1) ed al teorema 1.6.




𝑘∣𝑎𝑘 ∣𝑟𝑘−1 < ∞,
𝑘=1

quindi in particolare esiste 𝑛 tale che



ℎ𝑛 (𝑤) − ℎ𝑛 (𝑧) ∑ 𝜖
⩽ 𝑘∣𝑎𝑘 ∣𝑟𝑘−1 < , ¯ 𝑟) ∖ {𝑧}.
∀ 𝑤 ∈ 𝐵(𝑧;
𝑤−𝑧 3
𝑘=𝑛+1

D’altra parte, abbiamo pure


∞ ∞
∑ ∑ 𝜖
∣𝑓𝑛′ (𝑧) − 𝑔(𝑧)∣ ⩽ 𝑘∣𝑎𝑘 ∣∣𝑧 − 𝑧0 ∣𝑘−1 ⩽ 𝑘∣𝑎𝑘 ∣𝑟𝑘−1 < .
3
𝑘=𝑛+1 𝑘=𝑛+1

Infine osserviamo che 𝑓𝑛 (𝑧) è analitica in quanto polinomio, dunque

𝑓𝑛 (𝑤) − 𝑓𝑛 (𝑧)
lim = 𝑓𝑛′ (𝑧),
𝑤→𝑧 𝑤−𝑧
quindi esiste 0 < 𝛿 ⩽ 𝑟 − ∣𝑧∣ tale che

𝑓𝑛 (𝑤) − 𝑓𝑛 (𝑧) ′ < 𝜖, ˙ ¯ 𝑟).

− 𝑓𝑛 (𝑧) ∀ 𝑤 ∈ 𝐵(𝑧; 𝛿) ⊂ 𝐵(𝑧;
𝑤−𝑧 3

Questo ci permette di concludere che vale la (1.9).


∑∞
Corollario 1.8. Una serie di potenze 𝑛=0 𝑎𝑛 (𝑧 − 𝑧0 )𝑛 con raggio di conver-
genza 𝑅 > 0, definisce una funzione


𝑓 (𝑧) = 𝑎𝑛 (𝑧 − 𝑧0 )𝑛 ,
𝑛=0

analitica in 𝐵(𝑧0 ; 𝑅).

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8 Definizione e prime proprietà

Dimostrazione. Grazie al teorema 1.7 la 𝑓 è derivabile. Inoltre 𝑓 ′ è continua


poiché il secondo membro della (1.7) definisce una funzione continua per il
teorema 1.6.
Corollario 1.9. Nelle stesse ipotesi del teorema 1.7 abbiamo che
1) Per ogni 𝑘 ∈ Z+ = {1, 2, . . .} la serie

∑ 𝑛!
𝑎𝑛 (𝑧 − 𝑧0 )𝑛−𝑘
(𝑛 − 𝑘)!
𝑛=𝑘

ha raggio di convergenza eguale ad 𝑅.


2) La funzione 𝑓 possiede derivate di qualunque ordine in 𝐵(𝑧0 ; 𝑅) date da

∑ 𝑛!
𝑓 (𝑘) (𝑧) = 𝑎𝑛 (𝑧 − 𝑧0 )𝑛−𝑘 ,
(𝑛 − 𝑘)!
𝑛=𝑘

per ogni 𝑘 ∈ N.
Dimostrazione. Segue per induzione dal teorema 1.7.
Grazie al Teorema 1.7 possiamo estendere la definizione della funzione espo-
nenziale e delle funzioni trigonometriche al campo complesso:

∑ 1 𝑛
exp 𝑧 = 𝒆𝑧 = 𝑧 ,
𝑛=0
𝑛!

∑ (−1)𝑛 2𝑛+1
sin 𝑧 = 𝑧 ,
𝑛=0
(2𝑛 + 1)!

∑ (−1)𝑛 2𝑛
cos 𝑧 = 𝑧 .
𝑛=0
(2𝑛)!

Queste serie di potenze hanno raggio di convergenza ∞, dunque per il Corollario


1.8 sono analitiche in C.
Esercizi. Provare che
𝒅𝒆𝑧
1) = 𝒆𝑧 ,
𝒅𝑧
𝒅 sin 𝑧 𝒅 cos 𝑧
2) = cos 𝑧, = − sin 𝑧.
𝒅𝑧 𝒅𝑧
3) 𝒆𝑧+𝑤 = 𝒆𝑧 𝒆𝑤 ,
4) (𝒆𝑧 )−1 = 𝒆−𝑧 ,
5) 𝒆𝑧 = 𝒆𝑧¯,
6) ∣𝒆𝑧 ∣ = 𝒆Re 𝑧 ,
7) 𝒆𝑧 ∕= 0, ∀ 𝑧,
𝑧
8) 𝒆 = 1 ⇐⇒ 𝑧 ∈ 2𝝅𝒊Z,
9) 𝒆𝑧+2𝑘𝝅𝒊 = 𝒆𝑧 , ∀ 𝑘 ∈ Z,
𝒊𝑧
10) 𝒆 = cos 𝑧 + 𝒊 sin 𝑧,

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E. Buzano — Funzioni Analitiche 9

11) (cos 𝑧)2 + (sin 𝑧)2 = 1,


12) cos(−𝑧) = cos 𝑧, sin(−𝑧) = − sin 𝑧,
13) cos(𝑧 + 2𝑘𝝅) = cos 𝑧, sin(𝑧 + 2𝑘𝝅) = sin 𝑧, ∀ 𝑘 ∈ Z,

Ricordiamo che un numero complesso si può rappresentare in forma trigo-


nometrica o polare:
𝑧 = 𝜌𝒆𝒊𝜃 ,
dove 𝜌 ∈ [0, ∞) ⊂ R è il modulo, mentre 𝜃 ∈ R è l’argomento di 𝑧. Poiché
∣𝒆𝒊𝜃 ∣ = 1, abbiamo
𝜌 = ∣𝑧∣,
coerentemente col nome dato a 𝜌. Ricavare l’argomento 𝜃 a partire da 𝑧 è più
complicato. Innanzitutto bisogna osservare che l’argomento è indeterminato se
𝑧 = 0. Se 𝑧 ∕= 0 abbiamo che 𝜃 è soluzione del sistema:
⎧ Re 𝑧
⎨cos 𝜃 =
 ,
∣𝑧∣
Im 𝑧
⎩sin 𝜃 =
 .
∣𝑧∣

Questo sistema ovviamente ha infinite soluzioni che differiscono per multipli


interi di 2𝝅. Definiamo come argomento principale la soluzione in (−𝝅, 𝝅], che
indichiamo con arg 𝑧. Posto
C∗ = C ∖ {0},
abbiamo che
arg : C∗ → ]−𝝅, 𝝅] .
Problema. Provare che (1)
Im 𝑧
arg 𝑧 = 2 arctan , ∀ 𝑧 ∈ C∗ ∖ R− , (1.10)
Re 𝑧 + ∣𝑧∣

e quindi che arg è una funzione continua su C∗ ∖ R− .

Estendiamo ora la funzione logaritmo al campo complesso. Dato 𝑧 ∈ C∗


cerchiamo le soluzioni dell’equazione in 𝑤:

𝒆𝑤 = 𝑧. (1.11)

Due numeri complessi sono eguali quando hanno lo stesso modulo e gli argomenti
differiscono di un multiplo intero di 2𝝅; pertanto dobbiamo avere
{
𝒆Re 𝑤 = ∣𝒆𝑤 ∣ = ∣𝑧∣,
Im 𝑤 − arg 𝑧 ∈ 2𝝅𝒊Z.

Dunque la (1.11) ha infinite soluzioni:

𝑤𝑘 (𝑧) = log ∣𝑧∣ + 𝒊(arg 𝑧 + 2𝑘𝝅), per 𝑘 ∈ Z.


(1) Con R+ e R− indichiamo rispettivamente i numeri reali positivi e negativi.

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10 Definizione e prime proprietà

Ciascuna di queste funzioni 𝑤𝑘 è chiamata ramo 𝑘–esimo del logaritmo. Il ramo


corrispondente a 𝑘 = 0 è detto ramo principale del logaritmo ed è indicato con

log 𝑧 = log ∣𝑧∣ + 𝒊 arg 𝑧.

Abbiamo che
log : C∗ → C
è continua in C∗ ∖ R− ma non in C∗ .
Proposizione 1.10. Consideriamo due aperti Ω1 , Ω2 di C e due funzioni

𝑓 : Ω1 → Ω2 , 𝑔 : Ω2 → Ω1 ,

tali che ( )
𝑔 𝑓 (𝑧) = 𝑧, ∀ 𝑧 ∈ Ω1 .
Se 𝑓 è( continua e 𝑔 è derivabile, allora anche 𝑓 lo è in tutti i punti 𝑧 ∈ Ω1 tali
che 𝑔 ′ 𝑓 (𝑧) ∕= 0 ed in tal caso abbiamo
)

1
𝑓 ′ (𝑧) = ( ).
𝑔′ 𝑓 (𝑧)

In particolare, se 𝑔 è analitica(in Ω2), allora 𝑓 è analitica nel complementare


in Ω1 dell’insieme degli zeri di 𝑔 ′ 𝑓 (𝑧) .

Dimostrazione. Consideriamo 𝑧0 ∈ Ω1 tale che 𝑔 ′ 𝑓 (𝑧0 ) ∕= 0. Poniamo 𝑤0 =


( )

𝑓 (𝑧0 ) ∈ Ω2 . Poiché 𝑔 ′ (𝑤0 ) ∕= 0, abbiamo che esiste 𝑟 > 0 tale che 𝐵(𝑤0 ; 𝑟) ⊂ Ω2
e
𝑔(𝑤) − 𝑔(𝑤0 ) ˙ 0 ; 𝑟)
∕= 0, ∀ 𝑤 ∈ 𝐵(𝑤
𝑤 − 𝑤0
e quindi in particolare possiamo scrivere che
𝑤 − 𝑤0 1
lim = ′ .
𝑤→𝑤0 𝑔(𝑤) − 𝑔(𝑤0 ) 𝑔 (𝑤0 )
Ne segue che
𝑓 (𝑧) − 𝑓 (𝑧0 ) 𝑓 (𝑧) − 𝑓 (𝑧0 )
lim = lim ( ) ( )
𝑧→𝑧0 𝑧 − 𝑧0 𝑧→𝑧0 𝑔 𝑓 (𝑧) − 𝑔 𝑓 (𝑧0 )

𝑤 − 𝑤0 1 1
= lim = ′ = ′( ).
𝑤→𝑤0 𝑔(𝑤) − 𝑔(𝑤0 ) 𝑔 (𝑤0 ) 𝑔 𝑓 (𝑧0 )

Corollario 1.11. log 𝑧 è una funzione analitica in C∗ ∖ R− tale che


𝒅 log 𝑧 1
= .
𝒅𝑧 𝑧
Esercizi. 1) Calcolare log(1 + 𝒊)
sin 𝑧
2) Trovare il dominio di analiticità di tan 𝑧 = cos 𝑧 .
3) Trovare il dominio di analiticità di log(𝑧 + 𝒊).
4) Trovare modulo, parte reale e parte immaginaria di sin 𝑧 e cos 𝑧.
5) Trovare la parte reale e quella immaginaria di exp 𝒆𝑧 .

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E. Buzano — Funzioni Analitiche 11

6) Determinare l’argomento principale di 1 − 2𝒊 e di 𝒆2+𝒊 .


7) Dato 𝑎 ∈ R, definiamo

𝑧 𝑎 = 𝒆𝑎 log 𝑧 , 𝑧 ∈ C∗ . (1.12)

a) Provare che se 𝑎 ∈ Z allora (2)





 |𝑧 ⋅ 𝑧 ⋅{z⋅ ⋅ ⋅ ⋅ 𝑧}, se 𝑎 ∈ Z+ ,
𝑎–volte



1, se 𝑎 = 0

𝑎
𝑧 =
1 1 1
⋅ ⋅ ⋅ ⋅ ⋅ ⋅ , se 𝑎 ∈ Z− .


𝑧 𝑧 {z 𝑧}




⎩|
(−𝑎)–volte

b) Dato 𝑛 ∈ Z, provare che


(𝑧 𝑎 )𝑛 = 𝑧 𝑛𝑎 .
c) Per quali valori di 𝑎, 𝑧 𝑎 è analitica in C∗ ? E per quali si estende ad una
funzione analitica in C?
d) La definizione (1.12) riguarda il ramo principale della potenza 𝑧 𝑎 . Vi sono
altri rami dati da

exp {𝑎 (log 𝑧 + 2𝑘𝝅𝒊)} , 𝑘 ∈ Z.

Provare che abbiamo un numero finito di rami se e solo se 𝑎 ∈ Q e che vi


è un un unico ramo se solo se 𝑎 ∈ Z.
e) Provare che se 𝑎 = 1/𝑛 con 𝑛 ∈ Z+ , allora gli 𝑛 rami

exp {𝑎 (log 𝑧 + 2𝑘𝝅𝒊)} , 𝑘 = 0, 1, . . . , 𝑛 − 1,

coincidono con le 𝑛 radici in campo complesso di 𝑧 ∈ C∗ , cioè con le 𝑛


soluzioni dell’equazione in 𝑤:

𝑤𝑛 = 𝑧.

8) Trovare il dominio di analiticità di 1 − 𝑧 = (1 − 𝑧)1/2 .
9) Determinare sotto quali ipotesi abbiamo

log(𝑧𝑤) = log 𝑧 + log 𝑤.

(2) Z± = Z ∩ R± .

Università di Torino
12 Definizione e prime proprietà

Quaderni Didattici del Dipartimento di Matematica


Capitolo 2

Integrazione in campo
complesso e teorema di
Cauchy

2.1 Integrazione in campo complesso


Poiché C è in omeomorfo ad R2 , possiamo trasferire a C la teoria delle integra-
zione delle forma differenziali in R2 .
Ricordiamo brevemente alcune nozioni riformulandole nel linguaggio dei
numeri complessi:
∙ Una curva nel piano complesso è una funzione continua 𝛾 : 𝐼 → C definita
su un intervallo non degenere 𝐼 (cioè con interno non vuoto). Nel seguito
ci limitiamo a considerare il caso in cui 𝐼 è compatto e cioè 𝐼 = [𝑎, 𝑏], con
−∞ < 𝑎 < 𝑏 < +∞ e quindi la curva ha due estremi 𝛾(𝑎) (punto iniziale)
e 𝛾(𝑏) (punto finale). Se 𝛾(𝑎) = 𝛾(𝑏), la curva è chiusa.
∙ Una curva 𝛾 : [𝑎, 𝑏] → C èsemplice se ogni punto è percorso una sola volta
e cioè 𝑎 ⩽ 𝑡1 < 𝑡2 ⩽ 𝑏 implica 𝛾(𝑡1 ) ∕= 𝛾(𝑡2 ), con la sola eccezione di
𝛾(𝑎) = 𝛾(𝑏) nel caso della curva chiusa.
∙ Una curva 𝛾 : [𝑎, 𝑏] → C è rettificabile se ha lunghezza finita.
∙ Due curve 𝛾𝑗 : [𝑎𝑗 , 𝑏𝑗 ] → C sono equivalenti se si verifica uno dei casi
seguenti:
– esiste una biiezione crescente 𝜙 : [𝑎1 , 𝑏1 ] → [𝑎2 , 𝑏2 ] tale che 𝛾2 = 𝛾1 ∘𝜙;
– le due curve sono chiuse e 𝛾1 e 𝛾2 si estendono alla stessa funzione
periodica di periodo.
∙ Un cammino Γ è una classe di equivalenza nell’insieme delle curve con
estremi e rettificabili.
∙ È chiaro che un cammino eredita le proprietà delle curve che lo rappre-
sentano, cioè delle sue parametrizzazioni. In particolare possiamo parlare
di cammini semplici, chiusi, ecc.

13
14 Teorema di Cauchy

Esempi. 1) Segmento congiungente due punti 𝑧1 , 𝑧2 ∈ C: è il cammino indicato


con [𝑧1 , 𝑧2 ] parametrizzato da:
{
𝛾 : [0, 1] → C,
𝛾 : 𝑡 7→ 𝑡𝑧2 + (1 − 𝑡)𝑧1 .

2) Circonferenza di centro 𝑧0 ∈ C e raggio 𝑟 ∈ R+ , percorsa in senso positivo


cioè antiorario: è il cammino 𝐶(𝑧0 ; 𝑟) parametrizzato da
{
𝛾 : [0, 2𝝅] → C,
𝛾 : 𝑡 7→ 𝑧0 + 𝑟𝒆𝒊𝑡 .

3) Semicirconferenza superiore di centro 𝑧0 ∈ C e raggio 𝑟 ∈ R+ : è il cammino


𝐶+ (𝑧0 ; 𝑟) parametrizzato da
{
𝛾 : [0, 𝝅] → C,
𝛾 : 𝑡 7→ 𝑧0 + 𝑟𝒆𝒊𝑡 .

4) Semicirconferenza inferiore di centro 𝑧0 ∈ C e raggio 𝑟 ∈ R+ : è il cammino


𝐶− (𝑧0 ; 𝑟) parametrizzato da
{
𝛾 : [0, 𝝅] → C,
𝛾 : 𝑡 7→ 𝑧0 + 𝑟𝒆−𝒊𝑡 .

Ricordiamo che tutte le parametrizzazioni di un cammino Γ hanno la stessa


immagine che viene chiamata sostegno di Γ ed è indicata con {Γ}.( Dunque,
) se
𝛾 : [𝑎, 𝑏] → C è una parametrizzazione di Γ, abbiamo che {Γ} = 𝛾 [𝑎, 𝑏] .
Dato un cammino Γ, parametrizzato da 𝛾 : [𝑎, 𝑏] → C, definiamo il cam-
mino opposto −Γ come lo stesso cammino ma percorso in senso opposto, cioè
parametrizzato da:
[𝑎, 𝑏] ∋ 𝑡 7→ 𝛾(𝑎 + 𝑏 − 𝑡).
Infine, dati due cammini Γ1 , Γ2 , parametrizzati da
𝛾1 : [𝑎1 , 𝑏1 ] → C, 𝛾2 : [𝑎2 , 𝑏2 ] → C,
e contigui, cioè tali che
𝛾1 (𝑏1 ) = 𝛾2 (𝑎2 ),
definiamo il cammino somma Γ1 + Γ2 , come il cammino parametrizzato da

⎨𝛾 : [0, 1]{→ C,

𝛾1 (2(𝑏1 − 𝑎1 )𝑡 + 𝑎1 ) , per 0 ⩽ 𝑡 ⩽ 1/2,
⎩𝛾(𝑡) =

𝛾2 (2(𝑏2 − 𝑎2 )𝑡 + 2𝑎2 − 𝑏2 ) , per 1/2 ⩽ 𝑡 ⩽ 1.

Esempi. 1) −𝐶(0; 1) è la circonferenza di centro 0 e raggio 1, percorsa in senso


antiorario.
2) 𝐶(0; 1) = 𝐶+ (0; 1) − 𝐶− (0; 1).
3) 𝑛𝐶(𝑧0 ; 𝑟) = 𝐶(𝑧0 ; 𝑟) + ⋅ ⋅ ⋅ + 𝐶(𝑧0 ; 𝑟), con (1) 𝑛 ∈ Z∗ = Z ∖ {0}, è la circonfe-
renza 𝐶(𝑧0 ; 𝑟) percorsa 𝑛 volte in senso antiorario se 𝑛 > 0, in senso orario se
𝑛 < 0.
(1) Z∗ = Z ∖ {0}.

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E. Buzano — Funzioni Analitiche 15

4) Un altro esempio è dato dal perimetro di un triangolo di vertici 𝑧1 , 𝑧2 , 𝑧3 :

[𝑧1 , 𝑧2 ] + [𝑧2 , 𝑧3 ] + [𝑧3 , 𝑧1 ] .

5) Più in generale possiamo definire un cammino poligonale di vertici 𝑧1 , . . . , 𝑧𝑛


come:
[𝑧1 , 𝑧2 , . . . , 𝑧𝑛 ] = [𝑧1 , 𝑧2 ] + [𝑧2 , 𝑧3 ] + ⋅ ⋅ ⋅ + [𝑧𝑛−1 , 𝑧𝑛 ] .

Data una funzione 𝑓 (𝑧) di variabile complessa, possiamo considerare la forma


differenziale
( ) ( )
𝑓 (𝑧) 𝒅𝑧 = 𝑢(𝑥, 𝑦) 𝒅𝑥 − 𝑣(𝑥, 𝑦) 𝒅𝑦 + 𝒊 𝑣(𝑥, 𝑦) 𝒅𝑥 + 𝑢(𝑥, 𝑦) 𝒅𝑦 ,

con
𝑓 (𝑥 + 𝑖𝑦) = 𝑢(𝑥, 𝑦) + 𝒊𝑣(𝑥, 𝑦).
Se 𝑓 è definita sul sostegno di un cammino Γ, diciamo che 𝑓 𝒅𝑧 è integrabile
lungo Γ se lo sono 𝑢 𝒅𝑥−𝑣 𝒅𝑦 e 𝑣 𝒅𝑥+𝑢 𝒅𝑦 ed in tal caso poniamo per definizione
∫ ∫ ∫
𝑓 𝒅𝑧 = (𝑢 𝒅𝑥 − 𝑣 𝒅𝑦) + 𝒊 (𝑣 𝒅𝑥 + 𝑢 𝒅𝑦) . (2.1)
Γ Γ Γ

È opportuno ricordare che, come nel caso reale, l’integrale di una forma
differenziale è indipendente dalla parametrizzazione scelta.
Riportiamo senza dimostrazione il seguente teorema.

Teorema 2.1. Una forma differenziale 𝑓 𝒅𝑧 continua sul sostegno di un cam-


mino Γ è integrabile lungo Γ.

La seguente proposizione, di cui omettiamo la dimostrazione, permette di


ricondurre il calcolo dell’integrale lungo un cammino a quello di funzioni in una
variabile reale.

Proposizione 2.2. Consideriamo una forma differenziale 𝑓 𝒅𝑧 integrabile lungo


un cammino Γ. Se Γ ammette una parametrizzazione 𝛾 : [𝑎, 𝑏] → C di classe
𝒞1 𝑆𝒮 ∁, abbiamo che
∫ ∫ 𝑏
𝑓 𝛾(𝑡) 𝛾 ′ (𝑡) 𝒅𝑡.
( )
𝑓 𝒅𝑧 = (2.2)
𝑎
Γ

Osservazione. Posto 𝛼 = Re 𝛾 e 𝛽 = Im 𝛾 e tenuto conto della (2.1), abbiamo


che la (2.2) si riscrive come
∫ ∫ 𝑏( )
𝑢 𝛼(𝑡), 𝛽(𝑡) 𝛼′ (𝑡) − 𝑣 𝛼(𝑡), 𝛽(𝑡) 𝛽 ′ (𝑡) 𝒅𝑡 +
( ) ( )
𝑓 𝒅𝑧 =
𝑎
Γ
∫ 𝑏( )
𝑣 𝛼(𝑡), 𝛽(𝑡) 𝛼′ (𝑡) + 𝑢 𝛼(𝑡), 𝛽(𝑡) 𝛽 ′ (𝑡) 𝒅𝑡.
( ) ( )
+𝒊
𝑎

Estendiamo ora la diseguaglianza triangolare al caso complesso.

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16 Teorema di Cauchy

Proposizione 2.3. Data una funzione 𝑓 integrabile sul supporto di un cammino


Γ abbiamo che
∫ ∫
𝑓 𝒅𝑧 ⩽ ∣𝑓 ∣ ∣𝒅𝑧∣ . (2.3)

Γ Γ

Dimostrazione. Per semplicità ci limitiamo al caso in cui Γ abbia una parame-


trizzazione 𝛾 : [𝑎, 𝑏] → C di classe 𝒞1 . Abbiamo allora
∫ ∫ 𝑏 ∫ 𝑏 ( ∫

( ) ) ′
𝑓 𝒅𝑧 = 𝑓 𝛾(𝑡) 𝛾 (𝑡) 𝒅𝑡 ⩽ 𝑓 𝛾(𝑡) 𝛾 (𝑡) 𝒅𝑡 = ∣𝑓 ∣ ∣𝒅𝑧∣ .

𝑎 𝑎
Γ Γ

Riportiamo senza dimostrazione il teorema di integrabilità termine a termine


di una serie uniformemente convergente ed il teorema della continuità e della
derivabilità degli integrali dipendenti da un parametro.
Se il cammino non ha una parametrizzazione di classe 𝒞1 risulta utile il
seguente teorema.
∑∞
Teorema 2.4. Data una serie 𝑛=0 𝑓𝑛 di funzioni integrabili ed uniformemente
convergente sul sostegno di un cammino Γ, abbiamo che la somma della serie
definisce una funzione 𝑓 integrabile su {Γ} e tale che
∫ ∞ ∫

𝑓 𝒅𝑧 = 𝑓𝑛 𝒅𝑧.
Γ 𝑛= 0 Γ

Teorema 2.5. Dati un cammino Γ, un aperto Ω e una funzione continua 𝑓 :


{Γ} × Ω → C, abbiamo che

𝑔(𝑧) = 𝑓 (𝑤, 𝑧) 𝒅𝑤
Γ

è continua in Ω.
Se inoltre ∂𝑓 /∂𝑧 esiste ed è continua su {Γ} × Ω, allora 𝑔 è analitica in Ω
ed abbiamo ∫
∂𝑓
𝑔 ′ (𝑧) = (𝑤, 𝑧) 𝒅𝑤.
∂𝑧
Γ

Definizione 2.6. Definiamo come distanza di un punto 𝑧 ∈ C da un cammino


Γ il numero reale
𝑑(𝑧, Γ) = inf ∣𝑤 − 𝑧∣ .
𝑤∈{Γ}

Proposizione 2.7. Dati un cammino Γ ed un punto 𝑧0 ∈ C abbiamo che esiste


𝑤0 ∈ {Γ} tale che
𝑑(𝑧0 , Γ) = ∣𝑤0 − 𝑧0 ∣ . (2.4)

In particolare
𝑑(𝑧0 , Γ) = 0 ⇐⇒ 𝑧0 ∈ {Γ}.

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E. Buzano — Funzioni Analitiche 17

Dimostrazione. La funzione

C ∋ 𝑤 7→ ∣𝑤 − 𝑧0 ∣ ∈ R

è continua. Infatti abbiamo che



∣𝑤2 − 𝑧0 ∣ − ∣𝑤1 − 𝑧0 ∣ ⩽ ∣𝑤2 − 𝑤1 ∣ , ∀ 𝑤1 , 𝑤2 ∈ C.

D’altra parte {Γ} è compatto, in quanto chiuso e limitato. Ma allora per il


teorema di Weierstraß abbiamo che che ∣𝑤 − 𝑧0 ∣ raggiunge il minimo su {Γ} e
cioè esiste 𝑤0 ∈ {Γ} per cui vale la (2.4).
Proposizione 2.8. Dati un cammino Γ ed una funzione continua 𝑓 : {Γ} → C
abbiamo che ∫
𝑓 (𝑤)
𝑔(𝑧) = 𝒅𝑤
𝑤−𝑧
Γ

è analitica di classe 𝒞 ∞
in C ∖ {Γ} e per ogni 𝑘 ∈ N abbiamo

𝑓 (𝑤)
𝑔 (𝑘) (𝑧) = 𝑘! 𝒅𝑤, ∀𝑧 ∈ C ∖ {Γ}. (2.5)
(𝑤 − 𝑧)𝑘+1
Γ

Inoltre per ogni 𝑧0 ∈


/ {Γ}, 𝑔 è sviluppabile in serie di Taylor nel disco 𝐵(𝑧0 ; 𝑅),
con 𝑅 = 𝑑(𝑧0 , Γ) > 0.
Dimostrazione. Che 𝑔 sia analitica di classe 𝒞∞ e che le sue derivate soddisfino
la (2.5) segue facilmente per induzione dal teorema 2.5. Ci limitiamo pertanto
a provare la sviluppabilità in serie di Taylor.
Consideriamo 0 < 𝑟 < 𝑅 e osserviamo che
∞ ( )𝑘
1 1 1 1 ∑ 𝑧 − 𝑧0
= 𝑧−𝑧0 = ,
𝑤−𝑧 𝑤 − 𝑧0 1 − 𝑤−𝑧 𝑤 − 𝑧0 𝑤 − 𝑧0
0 𝑘=0
¯ 0 ; 𝑟), 𝑤 ∈ {Γ}. (2.6)
∀ 𝑧 ∈ 𝐵(𝑧

Poiché
𝑧 − 𝑧0 𝑟 ¯ 0 ; 𝑟), 𝑤 ∈ {Γ},
∀ 𝑧 ∈ 𝐵(𝑧
𝑤 − 𝑧0 ⩽ 𝑅 < 1,

∑∞ ( 𝑧−𝑧0 )𝑘 ¯ 0 ; 𝑟). Dun-


la serie 𝑘=0 𝑤−𝑧 0
converge totalmente in {Γ} per ogni 𝑧 ∈ 𝐵(𝑧
que, per la proposizione 1.3 ed il teorema 2.4 possiamo integrare termine a
termine la (2.6), ottenendo, grazie alla (2.5), che
∞ ∫ ∞
∑ 𝑓 (𝑤) 𝑘
∑ 𝑔 (𝑘) (𝑧0 ) 𝑘
𝑔(𝑧) = 𝒅𝑤 (𝑧 − 𝑧0 ) = (𝑧 − 𝑧0 ) .
(𝑤 − 𝑧0 )𝑘+1 𝑘!
𝑘=0 Γ 𝑘=0

Esercizi. Calcolare:

1) 𝑧 𝑛 𝒅𝑧, 𝑛 ∈ Z,
𝐶(0;1)

𝒅𝑧
2) , 𝑛 ∈ Z∗ .
𝑧
𝑛𝐶(0;1)

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18 Teorema di Cauchy


3) 𝑧 𝑘 𝒅𝑧, 𝑛 ∈ Z∗ , 𝑘 ∈ Z.
𝑛𝐶(0;1)
∫ ∫
𝒅𝑧 𝒅𝑧
4) √ , √ .
𝑧 𝑧
𝐶+ (0;1) 𝐶− (0;1)
∫ ∫
𝒅𝑧 𝒅𝑧
5) 2
, .
𝑧 −1 𝑧2−1
𝐶(1;1) 2𝐶(1;1)

2.2 Indice di avvolgimento di un cammino rispet-


to ad un punto
Proposizione 2.9. Per ogni cammino chiuso Γ ed ogni punto 𝑧0 ∈
/ {Γ}, abbia-
mo che ∫
1 𝒅𝑧
2𝝅𝒊 𝑧 − 𝑧0
Γ

è un numero intero.

Dimostrazione. Per semplicità ci limitiamo al caso in cui Γ ammetta una para-


metrizzazione 𝛾 : [𝑎, 𝑏] → C di classe 𝒞1 . Abbiamo allora che
𝑏
𝛾 ′ (𝑠) 𝒅𝑠
∫ ∫
𝒅𝑧
= .
𝑧 − 𝑧0 𝑎 𝛾(𝑠) − 𝑧0
Γ

Poniamo
𝑡
𝛾 ′ (𝑠) 𝒅𝑠

𝜃(𝑡) = , 𝑎 ⩽ 𝑡 ⩽ 𝑏,
𝑎 𝛾(𝑠) − 𝑧0
e proviamo che 𝜃(𝑏) è un multiplo intero di 2𝝅𝒊. Posto

𝜙(𝑡) = 𝒆𝜃(𝑡) ,

abbiamo
𝛾 ′ (𝑡) (𝛾(𝑡) − 𝑧0 )′
𝜙′ (𝑡) = 𝜙(𝑡)𝜃′ (𝑡) = 𝜙(𝑡) = 𝜙(𝑡)
𝛾(𝑡) − 𝑧0 𝛾(𝑡) − 𝑧0
e dunque ( )′
𝜙(𝑡)
= 0, ∀ 𝑡 ∈ [𝑎, 𝑏].
𝛾(𝑡) − 𝑧0
Questo significa che
𝜙(𝑡)
𝛾(𝑡) − 𝑧0
è costante in [𝑎, 𝑏] e quindi in particolare che

𝜙(𝑏) 𝜙(𝑎)
= , ∀ 𝑡 ∈ [𝑎, 𝑏]..
𝛾(𝑏) − 𝑧0 𝛾(𝑎) − 𝑧0

Ma
𝜙(𝑎) = 𝒆𝜃(𝑎) = 𝒆0 = 1,

Quaderni Didattici del Dipartimento di Matematica


E. Buzano — Funzioni Analitiche 19

e quindi
𝛾(𝑏) − 𝑧0
𝒆𝜃(𝑏) = = 1,
𝛾(𝑎) − 𝑧0
poiché il cammino è chiuso. Quest’ultima uguaglianza implica che 𝜃(𝑏) sia un
multiplo intero di 2𝝅𝒊.
/ C∗ ∖ R− per ogni 𝑡 ∈ [𝑎, 𝑏], grazie al
Osservazione. Nel caso in cui 𝛾(𝑡) − 𝑧0 ∈
corollario 1.11 abbiamo che
𝒅 ( ) 𝛾 ′ (𝑡)
log 𝛾(𝑡) − 𝑧0 = ,
𝒅𝑡 𝛾(𝑡) − 𝑧0
e quindi oteniamo immediatamente che

𝒅𝑤 ( ) ( )
= log 𝛾(𝑏) − 𝑧0 − log 𝛾(𝑎) − 𝑧0 = 0.
𝑤−𝑧
Γ

Definizione 2.10. Il numero intero



1 𝒅𝑧
ℐΓ (𝑧0 ) =
2𝝅𝒊 𝑧 − 𝑧0
Γ

è detto indice di avvolgimento di Γ intorno a 𝑧0 .


Proposizione 2.11. Dato un cammino chiuso Γ, abbiamo che ℐΓ (𝑧) è costan-
te su ogni componente connessa di C ∖ {Γ}. In particolare ℐΓ (𝑧) = 0 sulla
componente connessa illimitata di C ∖ {Γ}.
Dimostrazione. In base al Proposizione 2.8 sappiamo che ℐΓ (𝑧) è una funzione
continua su C ∖ {Γ}. D’altra parte, per la Proposizione 2.9, ℐΓ (𝑧) è a valori
interi, dunque deve essere costante su ogni componente connessa di C ∖ {Γ}
poiché l’immagine continua di un insieme connesso è connessa e le componenti
connesse di Z sono i suoi punti.
Proviamo ora che ℐΓ (𝑧) = 0 sulla componente connessa illimitata di C ∖ {Γ}
che indichiamo con 𝐶∞ . Poiché ℐΓ (𝑧) è costante su 𝐶∞ , è sufficiente dimostrare
che
lim ℐΓ (𝑧) = 0. (2.7)
𝑧→∞

Poiché {Γ} è compatto e quindi limitato, esiste 𝑅 ∈ R+ tale che 𝐶∞ ⊂


¯ 𝑅). È chiaro che si ha
C ∖ 𝐵(0;

∣𝑤∣ < 𝑅 < ∣𝑧∣, ∀ 𝑤 ∈ {Γ}, 𝑧 ∈ ¯ 𝑅),


/ 𝐵(0;
e quindi

1 1 1
∀ 𝑤 ∈ {Γ}, 𝑧 ∈ ¯ 𝑅).
𝑤 − 𝑧 ⩽ ∣𝑧∣ − ∣𝑤∣ ⩽ ∣𝑧∣ − 𝑅 , / 𝐵(0;

Per la proposizione 2.3 ne segue che


∣𝒅𝑧∣
∫ ∫
1 1 1 1 𝐿
ℐΓ (𝑧) ⩽ ⩽ ∣𝒅𝑧∣ = , ∀∣𝑧∣ > 𝑅,
2𝝅 ∣𝑤 − 𝑧∣ 2𝝅 ∣𝑧∣ − 𝑅 2𝝅 ∣𝑧∣ − 𝑅
Γ Γ

dove 𝐿 è la lunghezza di Γ. Per confronto ne segue immediatamente la (2.7).

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20 Teorema di Cauchy

Esempio. Dati 𝑟 ∈ R+ , 𝑧0 ∈ C e 𝑘 ∈ Z∗ , abbiamo


{
2𝑘𝝅𝒊, se ∣𝑧 − 𝑧0 ∣ < 𝑟,
ℐ𝑘𝐶(𝑧0 ;𝑟) (𝑧) =
0, se ∣𝑧 − 𝑧0 ∣ > 𝑟.

Infatti, per la proprietà di additività degl’integrali abbiamo che

ℐ𝑘𝐶(𝑧0 ;𝑟) (𝑧) = 𝑘ℐ𝐶(𝑧0 ;𝑟) (𝑧),

dunque è sufficiente calcolare ℐ𝐶(𝑧0 ;𝑟) (𝑧). Per la proposizione 2.11 sappiamo già
che ℐ𝐶(𝑧0 ;𝑟) (𝑧) = 0 se ∣𝑧 − 𝑧0 ∣ > 𝑟. Se ∣𝑧 − 𝑧0 ∣ < 𝑟, sempre per la proposizione
2.11 abbiamo che
∫ 2𝝅
ℐ𝐶(𝑧0 ;𝑟) (𝑧) = ℐ𝐶(𝑧0 ;𝑟) (𝑧0 ) = 𝒊 𝒅𝑡 = 2𝝅𝒊.
0

Esercizi. 1) Consideriamo

Ω = 𝐵(0; 3) ∖ (𝐵(−1; 1/2) ∪ 𝐵(1; 1/2)) .

Scegliere Γ1 = ±𝐶(1; 1), Γ2 = ±𝐶(−1; 1) e Γ3 = ±/𝐶(0; 2) in modo che


ℐ(Γ1 , 𝑤) + ℐ(Γ2 , 𝑤) + ℐ(Γ3 , 𝑤) = 0, per ogni 𝑤 ∈
/ Ω.
2) Calcolare ∫
𝒅𝑧
,
𝑧2 +1
Γ

con Γ cammino di equazione parametrica

𝛾(𝑡) = 2 ∣cos(2𝑡)∣ 𝒆𝒊𝑡 , 0 ⩽ 𝑡 ⩽ 2𝝅.

3) Considerare il cammino Γ di equazione parametrica


{
𝑡𝒆𝒊𝑡 , per 0 ⩽ 𝑡 ⩽ 2𝝅,
𝛾(𝑡) =
4𝝅 − 𝑡, per 2𝝅 ⩽ 𝑡 ⩽ 4𝝅.

Calcolare ∫
𝒅𝑧
.
𝑧2 + 𝝅2
Γ

4) Trovare un esempio di cammino Γ chiuso tale che per ogni 𝑘 ∈ Z esiste un


/ {Γ} tale che ℐΓ (𝑧) = 𝑘.
punto 𝑧 ∈

Terminiamo il paragrafo con la seguente importante definizione.


Definizione 2.12. Un cammino di Jordan è un cammino Γ chiuso e tale che
C ∖ {Γ} ha esattamente due componenti connesse: una limitata, detta parte
interna di Γ ed indicata con int Γ, su cui ℐΓ ha modulo 1; ed una illimitata,
detta parte esterna di Γ ed indicata con ext Γ, su cui ℐΓ è nullo.
Se ℐΓ = 1 su int Γ diciamo che il cammino è orientato positivamente, mentre
se ℐΓ = −1 su int Γ, diciamo che il cammino è orientato negativamente.
Osservazione. Non confondere la parte interna di un cammino di Jordan con
l’interno di un insieme.

Quaderni Didattici del Dipartimento di Matematica


E. Buzano — Funzioni Analitiche 21

Riportiamo senza dimostrazione il seguente teorema di Jordan:


Teorema 2.13. Un cammino chiuso è di Jordan se e soltanto se è semplice,
cioè privo di punti multipli.
Diamo ora un semplice metodo geometrico per calcolare l’orientamento di
un cammino di Jordan in un caso particolare, ma ciò nonostante abbastanza
generale.
Proposizione 2.14. Dato un cammino Γ di Jordan, supponiamo ci sia una
parametrizzazione 𝛾 : [𝑎, 𝑏] → C, un punto 𝑧0 ∈ int Γ ed 0 < 𝑟 < (𝑏 − 𝑎)/2 tali
che, posto
𝑤0 = 𝛾(𝑎) = 𝛾(𝑏),
abbiamo che



 Re 𝑤0 < Re 𝑧0 ,
Im 𝑤0 = Im 𝑧0 ,



{Γ} ∩ {𝑧 ∈ C : Re 𝑧 < Re 𝑧0 , Im 𝑧 = Im 𝑧0 } = {𝑤0 },

Im 𝛾(𝑡) > Im 𝑤0 , ∀ 𝑡 ∈ ]𝑏 − 𝑟, 𝑏[ ,





⎩Im 𝛾(𝑡) < Im 𝑤 ,
0 ∀ 𝑡 ∈ ]𝑎, 𝑎 + 𝑟[ .
Allora Γ è orientato positivamente.
Dimostrazione. Per semplicità ci limitiamo al caso in cui 𝛾 sia di classe 𝒞1 . In
base alle ipotesi abbiamo( che 𝛾(𝑡) )− 𝑧0 ∈ C∗ ∖ R− per ogni 𝑡 ∈ ]𝑎, 𝑏[; dunque
possiamo considerare log 𝛾(𝑡) − 𝑧0 per ogni 𝑡 ∈ ]𝑎, 𝑏[. Ma allora abbiamo che
∫ 𝑏−𝜖
𝛾 ′ (𝑡)

𝒅𝑤
= lim 𝒅𝑡
𝑤 − 𝑧0 𝜖→0+ 𝑎+𝜖 𝛾(𝑡) − 𝑧0
Γ
[ ]𝑏−𝜖 [ ( )]𝑏−𝜖
= lim log(𝛾(𝑡) − 𝑧0 = 𝒊 lim arg 𝛾(𝑡) − 𝑧0
𝜖→0+ 𝑎+𝜖 𝜖→0+ 𝑎+𝜖
( )
[ Im 𝛾(𝑡) − 𝑧0 ]𝑏−𝜖
= 2𝒊 lim arctan ( ) = 2𝝅𝒊,
𝜖→0+ Re 𝛾(𝑡) − 𝑧0 + (𝛾(𝑡) − 𝑧0 ) 𝑎+𝜖
tenuto conto della (1.10) e del fatto che

𝑦 𝑥2 + 𝑦 2 − 𝑥 𝝅
arctan √ = arctan →± ,
𝑥 + 𝑥2 + 𝑦 2 𝑦 2
per {
𝑥 → Re(𝑤0 − 𝑧0 ) < 0,
𝑦 → 0±,
in quanto
√ √
𝑥2 + 𝑦 2 − 𝑥 → (Re(𝑤0 − 𝑧0 ))2 − Re(𝑤0 − 𝑧0 ) = −2 Re(𝑤0 − 𝑧0 ),
per {
𝑥 → Re(𝑤0 − 𝑧0 ) < 0,
𝑦 →0±.
Possiamo allora concludere che ℐΓ (𝑧0 ) = 1 e quindi che Γ è orientato positiva-
mente.

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22 Teorema di Cauchy

2.3 Formula Integrale di Cauchy I


Teorema 2.15 (Formula integrale di Cauchy in un aperto convesso). Dati
una funzione 𝑓 analitica su un aperto convesso Ω ed un cammino di Jordan Γ
contenuto in Ω ed orientato positivamente, abbiamo che
{
𝑓 (𝑧0 ), ∀ 𝑧0 ∈ int Γ,

1 𝑓 (𝑧)
𝒅𝑧 =
2𝝅𝒊 𝑧 − 𝑧0 0, ∀ 𝑧0 ∈ ext Γ.
Γ

Dimostrazione. Per semplicità ci limitiamo al caso in cui Γ ammette una para-


metrizzazione 𝛾 : [𝑎, 𝑏] → C di classe 𝒞1 di modo che
∫ 𝑏 ( )
𝑓 𝛾(𝑡)

𝑓 (𝑧)
𝒅𝑧 = 𝛾 ′ (𝑡) 𝒅𝑡.
𝑧 − 𝑧0 𝑎 𝛾(𝑡) − 𝑧0
Γ

Poiché Ω è convesso, possiamo considerare


( )
𝑓 𝑠𝛾(𝑡) + (1 − 𝑠)𝑧0 ′
𝜙(𝑠, 𝑡) = 𝛾 (𝑡), 0 ⩽ 𝑠 ⩽ 1, 𝑎 ⩽ 𝑡 ⩽ 𝑏.
𝛾(𝑡) − 𝑧0
Abbiamo che
∂𝜙
(𝑠, 𝑡) = 𝑓 ′ 𝑠𝛾(𝑡) + (1 − 𝑠)𝑧0 𝛾 ′ (𝑡) =
( )
∂𝑠
1 ∂ ( )
= 𝑓 𝑠𝛾(𝑡) + (1 − 𝑠)𝑧0 , ∀ 𝑠 ∈]0, 1], 𝑡 ∈ [𝑎, 𝑏].
𝑠 ∂𝑡
Dunque, tenuto conto del fatto che 𝜙 è di classe 𝒞1 , ne segue che
∫ 𝑏 ∫ 𝑏
∂ ∂ ( 1 )
𝜙(𝑠, 𝑡) 𝒅𝑡 = 𝑓 𝑠𝛾(𝑡) + (1 − 𝑠)𝑧0 𝒅𝑡 =
∂𝑠𝑎 𝑎 ∂𝑡 𝑠
1[ ( )]𝑡=𝑏
= 𝑓 𝑠𝛾(𝑡) + (1 − 𝑠)𝑧0 = 0, ∀ 𝑠 ∈]0, 1],
𝑠 𝑡=𝑎
∫𝑏
poiché 𝛾(𝑎) = 𝛾(𝑏). Ma allora 𝑎 𝜙(𝑠, 𝑡) 𝒅𝑡 è costante in ]0, 1] e quindi in [0, 1],
per continuità. In particolare abbiamo che
∫ ∫ 𝑏 ∫ 𝑏 ∫
𝑓 (𝑧) 𝑓 (𝑧0 )
𝒅𝑧 = 𝜙(1, 𝑡) 𝒅𝑡 = 𝜙(0, 𝑡) 𝒅𝑡 = 𝒅𝑧 = 2𝝅𝒊𝑓 (𝑧0 ).
𝑧 − 𝑧0 𝑎 𝑎 𝑧 − 𝑧0
Γ Γ

Corollario 2.16. Nelle ipotesi del teorema 2.15, abbiamo che


{
𝑓 (𝑛) (𝑧0 ), 𝑧0 ∈ int Γ,

𝑛! 𝑓 (𝑧)
𝒅𝑧 = (2.8)
2𝝅𝒊 (𝑧 − 𝑧0 )𝑛+1 0, 𝑧0 ∈ ext Γ,
Γ

per ogni 𝑛 ∈ N.
Dimostrazione. Posto

𝑓 (𝑧)
𝑔(𝑤) = 𝒅𝑧, ∀𝑤 ∈
/ {Γ},
𝑧−𝑤
Γ

Quaderni Didattici del Dipartimento di Matematica


E. Buzano — Funzioni Analitiche 23

per il teorema 2.15 abbiamo che


{
2𝝅𝒊𝑓 (𝑧0 ), 𝑧0 ∈ int Γ,
𝑔(𝑧0 ) =
0, 𝑧0 ∈ ext Γ.

La (2.8) segue allora dalla (2.5) della proposizione 2.8.


Corollario 2.17. Dato un cammino di Jordan Γ orientato positivamente ab-
biamo che ∫
𝒅𝑧
= 0, ∀ 𝑛 ∈ Z ∖ {1}, 𝑧0 ∈
/ {Γ}.
(𝑧 − 𝑧0 )𝑛
Γ

Dimostrazione. Se 𝑛 < 1 abbiamo che 𝑓 (𝑧) = (𝑧 − 𝑧0 )1−𝑛 è analitica in C e


quindi per il teorema 2.15 abbiamo che
∫ ∫
𝒅𝑧 𝑓 (𝑧)
𝑛
= 𝒅𝑧 = 2𝝅𝒊 𝑓 (𝑧0 ) = 0.
(𝑧 − 𝑧0 ) (𝑧 − 𝑧0 )𝑛
Γ Γ

Se 𝑛 > 1, posto 𝑓 (𝑧) = 1 per ogni 𝑧 ∈ C, per il corollario 2.16 abbiamo



𝒅𝑧
= 𝑓 (𝑛−1) (𝑧0 ) = 0, ∀ 𝑧0 ∈
/ {Γ}.
(𝑧 − 𝑧0 )𝑛
Γ

Teorema 2.18. Una funzione 𝑓 analitica in un aperto Ω è di classe 𝒞∞ in Ω


ed è sviluppabile in serie Taylor in ogni disco 𝐵(𝑧0 , 𝑅) ⊂ Ω.
Dimostrazione. Poiché 𝐵(𝑧0 , 𝑅) è convesso, possiamo applicare il teorema 2.15.
Ma allora il risultato segue dalla proposizione 2.8.
Proposizione 2.19. La somma


𝑓 (𝑧) = 𝑎𝑛 (𝑧 − 𝑧0 )𝑛 (2.9)
𝑛=0

di una serie di potenze con raggio di convergenza 𝑅 > 0 è analitica in 𝐵(𝑧0 ; 𝑅)


ed ha il secondo membro della (2.9) come sviluppo di Taylor:
𝑓 (𝑛) (𝑧0 )

1 𝑓 (𝑤)
𝑎𝑛 = 𝒅𝑤 = , ∀ 𝑛 ∈ N, (2.10)
2𝝅𝒊 (𝑤 − 𝑧0 )𝑛+1 𝑛!
Γ

con Γ cammino di Jordan positivo e tale che 𝑧0 ∈ int Γ ⊂ int Γ ⊂ 𝐵(𝑧0 ; 𝑅).
Dimostrazione. L’analiticità di 𝑓 in 𝐵(𝑧0 ; 𝑅) segue dal teorema 1.7.
Proviamo la (2.10). Dato 𝑘 ∈ N, dividiamo ambo i membri della (2.9) per
(𝑧 − 𝑧0 )𝑘+1 ed integriamo termine a termine, cosa lecita grazie alla convergenza
uniforme del secondo membro in ogni disco 𝐵(𝑧 ¯ 0 ; 𝑟) con 0 < 𝑟 < 𝑅. Grazie al
corollario 2.17 otteniamo allora
∫ ∞ ∫ ∫
𝑓 (𝑧) ∑ 𝒅𝑧 𝒅𝑧
𝑘+1
𝒅𝑧 = 𝑎𝑛 𝑘+1−𝑛
= 𝑎𝑘
(𝑧 − 𝑧0 ) 𝑛=0
(𝑧 − 𝑧0 ) 𝑧 − 𝑧0
Γ Γ Γ
= 2𝝅𝒊 ℐΓ (𝑧0 ) 𝑎𝑘 = 2𝝅𝒊 𝑎𝑘 .
La seconda uguaglianza nella (2.10) segue dal corollario 2.16.

Università di Torino
24 Teorema di Cauchy

In base ai Teoremi 1.7 e 2.18 abbiamo il seguente


Teorema 2.20. Una funzione 𝑓 definita in un aperto Ω di C è analitica se e
solo se è è sviluppabile in serie di potenze in un intorno di ogni punto di Ω.
Esercizi. 1) Calcolare ∫ ( )𝑛
𝑧
𝒅𝑧,
𝑧−1
𝐶(1;1)

per ogni 𝑛 ∈ Z+ .
2) Calcolare
𝒆𝑧 − 𝒆−𝑧

𝒅𝑧,
𝑧2
𝐶(𝑧0 ;𝑟)

con ∣𝑧0 ∣ < 𝑟.


3) Calcolare ∫ ( )
1 1
exp 𝒅𝑧,
𝑧2 𝑧2 − 1
𝐶(𝑧0 ;𝑟)

con ∣𝑧0 ∣ < 𝑟 < ∣𝑧0 ± 1∣.


4) Trovare tutti i valori possibili di
𝒆𝒊𝝅𝑧 𝒅𝑧

,
𝑧2 + 1
Γ

per ogni cammino di Jordan Γ tale che ±𝒊 ∈


/ {Γ}.
5) Sviluppare ⎧ 𝑧
⎨𝒆 − 1
∕ 0,
, per 𝑧 =
𝑓 (𝑧) = 𝑧
⎩1, per 𝑧 = 0.
intorno a 𝑧 = 0 e calcolare il raggio di convergenza.
6) Sviluppare log 𝑧 intorno a 𝑧 = 𝒊 e calcolare il raggio di convergenza.

7) Sviluppare 𝑧 intorno a 𝑧 = 1 e calcolare il raggio di convergenza.
8) Trovare il dominio di analiticità di
1 1 + 𝒊𝑧
log . (2.11)
2𝑖 1 − 𝒊𝑧
9) Esprimendo tan 𝑧 in termini di esponenziali, provare che
( )
1 1 + 𝒊𝑧
tan log = 𝑧.
2𝒊 1 − 𝒊𝑧
Questo significa che la (2.11) è un’estensione al campo complesso dell’arcotan-
gente. Possiamo pertanto porre per definizione:
1 1 + 𝒊𝑧
arctan 𝑧 = log .
2𝒊 1 − 𝒊𝑧
10) Sviluppare arctan 𝑧 in un intorno dell’origine e determinare il raggio di
convergenza.

Quaderni Didattici del Dipartimento di Matematica


E. Buzano — Funzioni Analitiche 25

2.4 Stima di Cauchy. Teorema di Liouville.


Teorema 2.21 (Stima di Cauchy). Se 𝑓 è analitica in 𝐵(𝑧0 ; 𝑅), con 𝑅 > 0 e
sup ∣𝑓 (𝑧)∣ = 𝑀 < ∞,
𝑧∈𝐵(𝑧0 ;𝑅)

allora per ogni 𝑛 ∈ Z+ abbiamo


𝑛!𝑀
(𝑛)
𝑓 (𝑧0 ) ⩽ 𝑛 .

𝑅
Dimostrazione. Grazie al teorema 2.15 e alle proposizioni 2.8 e 2.3, abbiamo

𝑓 (𝑧0 ) ⩽ 𝑛! 𝑀 𝑛!𝑀
(𝑛)
2𝝅 𝑛+1 ∣𝒅𝑧∣ = 𝑟 𝑛 , ∀ 𝑟 ∈]0, 𝑅[.
∣𝑧 − 𝑧0 ∣
𝐶(𝑧0 ;𝑟)

Passando al limite per 𝑟 → 𝑅− otteniamo il risultato.

Una funzione analitica in tutto C si dice intera.


Teorema 2.22 (Teorema di Liouville). Se 𝑓 è intera e limitata, allora è co-
stante.
Dimostrazione. In base alla diseguaglianza di Cauchy, per ogni 𝑘 ∈ Z+ , abbiamo
che
(𝑘)
𝑘!
𝑓 (0) ⩽ 𝑘 sup ∣𝑓 (𝑧)∣ , ∀ 𝑅 > 0,
𝑅 𝑧∈C
e quindi (passando al limite per 𝑅 → +∞)
𝑓 (𝑘) (0) = 0.
Poiché 𝑓 è intera abbiamo allora

∑ 𝑓 (𝑘) (0)
𝑓 (𝑧) = 𝑧 𝑘 = 𝑓 (0), ∀ 𝑧 ∈ C.
𝑘!
𝑘=0

Corollario 2.23 (Teorema fondamentale dell’algebra). Un polinomio di grado


positivo ha almeno una radice.
Dimostrazione. Per assurdo supponiamo che esista un polinomio
𝑛

𝑝(𝑧) = 𝑎𝑘 𝑧 𝑘 ,
𝑘=0

con 𝑛 > 0, 𝑎𝑛 ∕= 0 e che non si annulli mai.


Poiché 𝑛 > 0 e 𝑎𝑛 ∕= 0 abbiamo che
( 𝑎𝑛−1 𝑎1 𝑎𝑛 )
lim 𝑝(𝑧) = lim 𝑧 𝑛 𝑎𝑛 + + ⋅ ⋅ ⋅ + 𝑛−1 + 𝑛 = ∞. (2.12)
𝑧→∞ 𝑧→∞ 𝑧 𝑧 𝑧
1
D’altra parte, 𝑝(𝑧) è una funzione intera, poiché 𝑝(𝑧) non si annulla mai e
1
limitata, grazie alla (2.12). Ma allora per il teorema di Liouville 𝑝(𝑧) deve
essere costante e quindi in particolare nulla, di nuovo per la (2.12); e questo è
impossibile.

Università di Torino
26 Teorema di Cauchy

2.5 Formula integrale di Cauchy II


Teorema 2.24 (Formula integrale di Cauchy in un aperto qualsiasi). Conside-
riamo una funzione 𝑓 analitica su un aperto Ω. Siano Γ1 , . . . , Γ𝑚 dei cammini
chiusi contenuti in Ω e tali che
𝑚

ℐΓ𝑗 (𝑧) = 0, ∀𝑧 ∈
/ Ω.
𝑗=1
∪𝑚
Per ogni 𝑧 ∈ Ω ∖ 𝑗=1 {Γ𝑗 } abbiamo che
𝑚 𝑚 ∫
∑ 1 ∑ 𝑓 (𝑤)
ℐΓ𝑗 (𝑧)𝑓 (𝑧) = 𝒅𝑤. (2.13)
𝑗=1
2𝝅𝒊 𝑗=1 𝑤−𝑧
Γ𝑗

Dimostrazione. Definiamo 𝜙 : Ω × Ω → C come segue:



⎨ 𝑓 (𝑧) − 𝑓 (𝑤)
, se 𝑧 ∕= 𝑤,
𝜙(𝑤, 𝑧) = 𝑧−𝑤
⎩𝑓 ′ (𝑤), se 𝑧 = 𝑤.
Abbiamo che 𝜙 è analitica separatamente in ciascuna delle due variabili. Infatti,
𝜙 è palesemente analitica in ciascuna variabile al di fuori della diagonale 𝑧 = 𝑤,
in quanto lo è 𝑓 . Inoltre, grazie al teorema 2.18 possiamo sviluppare 𝑓 (𝑧) in
serie di Taylor nel punto 𝑧 = 𝑤 ottenendo

∑ 𝑓 (𝑘) (𝑤)
𝑓 (𝑧) = 𝑓 (𝑤) + (𝑧 − 𝑤) (𝑧 − 𝑤)𝑘−1 , ∀ 𝑧 ∈ 𝐵(𝑤; 𝑟), (2.14)
𝑘!
𝑘=1

con 𝑟 ∈ R+ tale che 𝐵(𝑤; 𝑟) ⊂ Ω, e quindi



∑ 𝑓 (𝑘) (𝑤)
𝜙(𝑤, 𝑧) = (𝑧 − 𝑤)𝑘−1 , ∀ 𝑧 ∈ 𝐵(𝑤; 𝑟),
𝑘!
𝑘=1

Quindi, grazie al teorema 2.20, 𝜙 è analitica nella prima variabile e poiché è


simmetrica (𝜙(𝑧, 𝑤) = 𝜙(𝑤, 𝑧)), lo è pure nella seconda.
Definiamo ora 𝑔 : C → C come
⎧𝑚 ∫

𝜙(𝑤, 𝑧) 𝒅𝑤, se 𝑧 ∈ Ω,





⎨ 𝑗=1
Γ𝑗
𝑔(𝑧) = ∑ 𝑚 ∫
 𝑓 (𝑤)

 𝒅𝑤, se 𝑧 ∈/ Ω.
⎩ 𝑗=1 𝑤 − 𝑧


Γ𝑗

Verifichiamo che 𝑔 è analitica e quindi intera. Per la proposizione 2.8


𝑚 ∫
∑ 𝑓 (𝑤)
ℎ(𝑧) = 𝒅𝑤
𝑗=1
𝑤−𝑧
Γ𝑗
∪𝑚
è analitica in C ∖ 𝑗=1 {Γ𝑗 }. Consideriamo
{ 𝑚
∪ 𝑚
∑ }
𝐻= 𝑧 ∈C∖ {Γ𝑗 } : ℐΓ𝑗 (𝑧) = 0 .
𝑗=1 𝑗=1

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E. Buzano — Funzioni Analitiche 27

Si vede immediatamente
∪𝑚 che 𝐻∑è un aperto, perché unione delle componenti
𝑚
connesse di C ∖ 𝑗=1 {Γ𝑗 } su cui 𝑗=1 ℐΓ𝑗 (𝑧) = 0.
Sappiamo che 𝑔 è analitica in Ω, proviamo che lo è pure in C∖Ω. Osserviamo
che in base all’ipotesi abbiamo
C ∖ Ω ⊂ 𝐻,
dunque, poiché 𝐻 è aperto e ℎ è analitica in 𝐻, è sufficiente mostrare che
𝑔(𝑧) = ℎ(𝑧), ∀𝑧 ∈ 𝐻.
Se 𝑧 ∈
/ Ω, abbiamo 𝑔(𝑧) = ℎ(𝑧) per definizione. Se 𝑧 ∈ Ω ∩ 𝐻, abbiamo
𝑚 ∫ 𝑚 ∫ 𝑚
∑ 𝑓 (𝑧) ∑ 𝒅𝑤 ∑
𝒅𝑤 = 𝑓 (𝑧) = (2𝝅𝒊)𝑓 (𝑧) ℐΓ𝑗 (𝑧) = 0
𝑗=1
𝑤−𝑧 𝑗=1
𝑤−𝑧 𝑗=1
Γ𝑗 Γ𝑗

e quindi
𝑚 ∫ 𝑚 ∫
∑ 𝑓 (𝑧) − 𝑓 (𝑤) ∑ −𝑓 (𝑤)
𝑔(𝑧) = 𝒅𝑤 = 𝒅𝑤 = ℎ(𝑧).
𝑗=1
𝑧 − 𝑤 𝑗=1
𝑧−𝑤
Γ𝑗 Γ𝑗
∪𝑚
Dunque 𝑔 è una funzione intera. D’altra parte 𝑗=1 {Γ𝑗 } è compatto e quindi
∪𝑚
limitato. Dunque esiste 𝑅 ∈ R+ tale che 𝑗=1 {Γ𝑗 } ⊂ 𝐵(0; 𝑅). Se ∣𝑧∣ > 𝑅
dobbiamo avere
𝑚 ∫ 𝑚 ∫ 𝑚 ∫
∑ 𝑓 (𝑤) ∑ ∣𝑓 (𝑤)∣ 1 ∑
∣𝑔(𝑧)∣ ⩽ 𝑤 − 𝑧 ∣𝒅𝑧∣ ⩽
∣𝒅𝑧∣ ⩽ ∣𝑓 (𝑤)∣ ∣𝒅𝑧∣ ,
𝑗=1 Γ
∣𝑧∣ − ∣𝑤∣ 𝑗=1 Γ
∣𝑧∣ − 𝑅 𝑗=1 Γ
𝑗 𝑗 𝑗

che implica
lim 𝑔(𝑧) = 0. (2.15)
𝑧→∞
Questo ci dice in particolare che 𝑔 è limitata e quindi costante, per il Teo-
rema di Liouville. Ma allora, usando di nuovo la (2.15), otteniamo che 𝑔 è
identicamente nulla.
Questo implica in particolare che
𝑚 ∫ 𝑚
∑ 𝑓 (𝑧) − 𝑓 (𝑤) ∪
𝒅𝑤 = 0, ∀𝑧 ∈ Ω ∖ {Γ𝑗 },
𝑗=1
𝑧−𝑤 𝑗=1
Γ𝑗

cioè
𝑚 ∫ 𝑚 ∫
1 ∑ 𝑓 (𝑤) 1 ∑ 1
𝒅𝑤 = 𝑓 (𝑧) 𝒅𝑤
2𝝅𝒊 𝑗=1 𝑤−𝑧 2𝝅𝒊 𝑗=1
𝑤 − 𝑧
Γ𝑗 Γ𝑗
𝑚
∑ 𝑚

= ℐΓ𝑗 (𝑧)𝑓 (𝑧), ∀𝑧 ∈ Ω ∖ {Γ𝑗 }.
𝑗=1 𝑗=1

Corollario 2.25. Sotto le medesime ipotesi del teorema precedente, per ogni
𝑘 ∈ N abbiamo che
𝑚 𝑚 ∫ 𝑚
∑ 𝑘! ∑ 𝑓 (𝑤) ∪
ℐΓ𝑗 (𝑧)𝑓 (𝑘) (𝑧) = 𝒅𝑤, ∀𝑧 ∈ Ω ∖ {Γ𝑗 }.
𝑗=1
2𝝅𝒊 𝑗=1 (𝑤 − 𝑧)𝑘+1 𝑗=1
Γ𝑗

Università di Torino
28 Teorema di Cauchy

∑𝑚
Dimostrazione. Poiché 𝑗=1 ℐΓ𝑗 (𝑧) è costante sulle componenti connesse di C ∖
∪𝑚
𝑗=1 {Γ𝑗 }, abbiamo che

𝑚 𝑚
𝒅 ∑ ∪
ℐΓ (𝑧) = 0, ∀𝑧 ∈ C ∖ {Γ𝑗 }. (2.16)
𝒅𝑧 𝑗=1 𝑗 𝑗=1

La (2.16) segue allora dalla (2.13) e dalla proposizione 2.8.


Corollario 2.26 (Teorema di Cauchy). Sotto le medesime ipotesi del Teorema
2.24 abbiamo che
𝑚 ∫

𝑓 𝒅𝑧 = 0.
𝑗=1 Γ
𝑗

∪𝑚
Dimostrazione. Infatti, dato 𝑧0 ∈ Ω ∖ 𝑗=1 {Γ𝑗 }, abbiamo che
𝑚 ∫ 𝑚 ∫
∑ ∑ 𝑓 (𝑧)(𝑧 − 𝑧0 )
𝑓 (𝑧) 𝒅𝑧 = 𝒅𝑧
𝑗=1 Γ 𝑗=1
𝑧 − 𝑧0
𝑗 Γ𝑗
𝑚

= 2𝝅𝒊 ℐΓ𝑗 (𝑧0 )𝑓 (𝑧0 )(𝑧0 − 𝑧0 ) = 0.
𝑗=1

Corollario 2.27. Data una funzione 𝑓 analitica su un aperto Ω, abbiamo che


∫ ∫
𝑓 𝒅𝑧 = 𝑓 𝒅𝑧,
Γ1 Γ2

per ogni coppia di cammini di Jordan Γ1 e Γ2 orientati nello stesso verso,


contenuti in Ω e tali che

(int Γ1 ) ∩ (C ∖ Ω) = (int Γ2 ) ∩ (C ∖ Ω).

Dimostrazione. In base alle ipotesi abbiamo che

C ∖ Ω ⊂ (int Γ1 ∩ int Γ2 ) ∪ (ext Γ1 ∩ ext Γ2 ).

Dunque, poiché Γ1 e Γ2 hanno lo stesso orientamento, abbiamo che ℐΓ1 = ℐΓ2


su (int Γ1 ∩ int Γ2 ) ∪ (ext Γ1 ∩ ext Γ2 ) e quindi su C ∖ Ω. Ma allora il risultato
segue dal corollario 2.26 applicato ai cammini Γ1 e −Γ2 .

Quaderni Didattici del Dipartimento di Matematica


Capitolo 3

Singolarità isolate e residui

3.1 Sviluppo in serie di Laurent


Iniziamo estendendo la nozione di serie di potenze alle serie doppiamente infi-
nite. Poniamo per definizione:
∞ ∞ ( )𝑛 ∑ ∞

𝑛
∑ 1
𝑎𝑛 (𝑧 − 𝑧0 ) = 𝑎−𝑛 + 𝑎𝑛 (𝑧 − 𝑧0 )𝑛 . (3.1)
𝑛=−∞ 𝑛=1
𝑧 − 𝑧0 𝑛=0

Definiamo come raggi di convergenza della serie a primo membro della (3.1) le
−1
due quantità∑𝑅 1 , 𝑅2 ∈ [0, +∞] tali che 𝑅1 è il raggio ci convergenza della serie
∞ 𝑛
di
∑∞ potenze 𝑛=1 𝑎−𝑛 𝑤 e 𝑅2 è il raggio di convergenza della serie di potenze
𝑛
𝑛=0 𝑎𝑛 𝑤 . ( )𝑛
∑∞ 1
Abbiamo che 𝑎
𝑛=1 −𝑛 𝑧−𝑧0 converge per 1/ ∣𝑧 − 𝑧0 ∣ < 1/𝑅1 e non
∑∞
converge per 1/ ∣𝑧 − 𝑧0 ∣ > 1/𝑅1 , mentre 𝑛=0 (𝑧 − 𝑧0 )𝑛 converge per ∣𝑧 − 𝑧0 ∣ <
𝑅
∑2+∞e non converge per ∣𝑧 − 𝑧0 ∣ > 𝑅2 . Dunque la serie doppiamente infinita
𝑛
𝑛=−∞ 𝑎𝑛 (𝑧 − 𝑧0 ) converge nella corona circolare

¯ 0 ; 𝑅1 )
𝐴(𝑧0 ; 𝑅1 , 𝑅2 ) = 𝐵(𝑧0 ; 𝑅2 ) ∖ 𝐵(𝑧
¯ 0 ; 𝑅2 ) . In particolare otteniamo che
( )
e non converge in 𝐵(𝑧0 ; 𝑅1 ) ∪ C ∖ 𝐵(𝑧
l’insieme dei punti di convergenza del primo membro della (3.1) non è vuoto se
𝑅1 < 𝑅2 , mentre è certamente vuoto se 𝑅1 > 𝑅2 . Nel primo caso abbiamo il
seguente corollario del teorema 1.6
∑+∞
Corollario 3.1. Se la serie doppiamente infinita 𝑛=−∞ 𝑎𝑛 (𝑧 − 𝑧0 )𝑛 ha raggi
di convergenza 𝑅1 < 𝑅2 , allora la serie in questione converge totalmente in ogni
corona circolare chiusa
¯ 0 ; 𝑟1 , 𝑟2 ) = 𝐵(𝑧
𝐴(𝑧 ¯ 0 , 𝑟2 ) ∖ 𝐵(𝑧0 ; 𝑟1 ),

con 𝑅1 < 𝑟1 ⩽ 𝑟2 < 𝑅2 .


Teorema 3.2. Consideriamo una serie di potenze doppiamente infinita


𝑎𝑛 (𝑧 − 𝑧0 )𝑛
𝑛=−∞

29
30 Singolarità isolate e residui

con raggi di convergenza


0 ⩽ 𝑅1 < 𝑅2 ⩽ ∞.
Per ogni 𝑧0 ∈ C la funzione


𝑓 (𝑧) = 𝑎𝑛 (𝑧 − 𝑧0 )𝑛 (3.2)
𝑛=−∞

è analitica nella corona 𝐴(𝑧0 ; 𝑅1 , 𝑅2 ) e i coefficienti della serie (3.2) soddisfano


l’identità ∫
1 𝑓 (𝑧)
𝑎𝑛 = 𝒅𝑧, ∀ 𝑛 ∈ Z, (3.3)
2𝝅𝒊 (𝑧 − 𝑧0 )𝑛+1
Γ
dove Γ è un qualunque cammino di Jordan orientato positivamente e tale che
¯ 0 , 𝑅1 ) ⊂ int Γ ⊂ int Γ ⊂ 𝐵(𝑧0 ; 𝑅2 ).
𝐵(𝑧 (3.4)
(Osservare che per il corollario 2.27 l’integrale a secondo membro della (3.3) è
lo stesso per ogni cammino di Jordan orientato positivamente e soddisfacente la
(3.4)).
Viceversa ogni funzione 𝑓 analitica in 𝐴(𝑧0 ; 𝑅1 , 𝑅2 ) si sviluppa in serie di
potenze doppiamente infinita (3.2) con i coefficienti dati dalla (3.3) e con raggi
di convergenza rispettivamente minore o eguale di 𝑅1 e maggiore o eguale di
𝑅2 .
Lo sviluppo in serie (3.2) si dice sviluppo in serie di Laurent della funzione
𝑓.
Dimostrazione. In base alla definizione di serie doppiamente infinita la funzione
𝑓 definita dalla (3.2) si scrive come
𝑓 (𝑧) = 𝑓1 (𝑧) + 𝑓2 (𝑧)
con
∞ ∞
∑ 𝑎−𝑛 ∑
𝑓1 (𝑧) = e 𝑓2 (𝑧) = 𝑎𝑛 (𝑧 − 𝑧0 )𝑛 .
𝑛=1
(𝑧 − 𝑧0 )𝑛 𝑛=0
Ora 𝑓2 è somma di una serie di Taylor con raggio di convergenza 𝑅2 e dun-
que
∑∞ è analitica in 𝐵(𝑧0 , 𝑅2 ). Invece 𝑓1 è data dalla composizione di ℎ(𝑤) =
𝑛 1
𝑎
𝑛=1 −𝑛 𝑤 con 𝑧−𝑧0 e ℎ(𝑤) è somma di una serie di Taylor con raggio di con-
¯ 0 , 𝑅1 ). Pos-
vergenza 𝑅11 . Dunque 𝑓1 definisce una funzione analitica in C ∖ 𝐵(𝑧
siamo pertanto concludere che 𝑓 è analitica nella corona circolare 𝐴(𝑧0 ; 𝑅1 , 𝑅2 ).
Proviamo che vale l’identità (3.3). Per questo moltiplichiamo la (3.2) per
(𝑧 − 𝑧0 )−(𝑘+1) ed integriamo termine e termine lungo Γ, cosa ammissibile grazie
al corollario 3.1. Grazie al corollario 2.17 otteniamo
∫ ∞ ∫
𝑓 (𝑧) ∑ 𝒅𝑧
𝒅𝑧 = 𝑎𝑛 = 2𝝅𝒊𝑎𝑘 ,
(𝑧 − 𝑧0 )𝑘+1 𝑛=−∞
(𝑧 − 𝑧0)
𝑘+1−𝑛
Γ Γ

da cui segue la (3.3).


Viceversa, supponiamo che 𝑓 sia una funzione analitica in 𝐴(𝑧0 ; 𝑅1 , 𝑅2 ) e
proviamo che è sviluppabile in serie di Laurent in ogni punto 𝑧 ∈ 𝐴(𝑧0 ; 𝑅1 , 𝑅2 ).
Consideriamo 𝑅1 < 𝑟1 < ∣𝑧 − 𝑧0 ∣ < 𝑟2 < 𝑅2 . Poiché
{
−1 + 1 = 0, ∀ 𝑧 ∈ 𝐵(𝑧0 ; 𝑅1 ),
ℐ−𝐶(𝑧0 ;𝑟1 ) + ℐ𝐶(𝑧0 ;𝑟2) =
0 + 0 = 0, ∀𝑧 ∈ ¯ 0 ; 𝑅2 ),
/ 𝐵(𝑧

Quaderni Didattici del Dipartimento di Matematica


E. Buzano — Funzioni Analitiche 31

grazie al teorema 2.24 abbiamo che


∫ ∫
𝑓 (𝑤) 𝑓 (𝑤)
𝒅𝑤 + 𝒅𝑤 =
𝑤−𝑧 𝑤−𝑧
−𝐶(𝑧0 ;𝑟1 ) 𝐶(𝑧0 ;𝑟2 )

= ℐ−𝐶(𝑧0 ;𝑟1 ) (𝑧) + ℐ𝐶(𝑧0 ;𝑟2 ) (𝑧) 2𝝅𝒊𝑓 (𝑧) = 2𝝅𝒊𝑓 (𝑧),
( )

per ogni 𝑧 ∈ 𝐴(𝑧0 ; 𝑟1 , 𝑟2 ).


Poniamo
𝑓 (𝑧) = 𝑓2 (𝑧) − 𝑓1 (𝑧),
con
∫ ∫
1 𝑓 (𝑤) 1 𝑓 (𝑤)
𝑓1 (𝑧) = 𝒅𝑤 e 𝑓2 (𝑧) = 𝒅𝑤.
2𝝅𝒊 𝑤−𝑧 2𝝅𝒊 𝑤−𝑧
𝐶(𝑧0 ;𝑟1 ) 𝐶(𝑧0 ;𝑟2 )

Per il proposizione 2.8 𝑓1 ed 𝑓2 sono analitiche rispettivamente in C ∖


{𝐶(𝑧0 ; 𝑟1 )} ed in C ∖ {𝐶(𝑧0 ; 𝑟2 )}. Inoltre, sempre per la proposizione 2.8, 𝑓2 è
sviluppabile in serie di Taylor in 𝐵(𝑧0 , 𝑟2 ):


𝑓2 (𝑧) = 𝑎𝑛 (𝑧 − 𝑧0 )𝑛 , ∀ 𝑧 ∈ 𝐵(𝑧0 , 𝑟2 ),
𝑛=0

con ∫
1 𝑓 (𝑤)
𝑎𝑛 = 𝒅𝑤.
2𝝅𝒊 (𝑤 − 𝑧0 )𝑛+1
𝐶(𝑧0 ,𝑟2 )

Sviluppiamo 𝑓1 in C ∖ 𝐵(𝑧 ¯ 0 , 𝑟1 ). Osserviamo che non possiamo applicare la


proposizione 2.8, poiché essa ci garantisce solo la sviluppabilità in potenze di
¯ 0 , 𝑟1 ) e non in potenze di 𝑧 −𝑧0 . Considerati 𝑤 ∈ {𝐶(𝑧0 ; 𝑟1 )}
𝑧 −𝑧1 con 𝑧1 C∖ 𝐵(𝑧
e𝑧∈ ¯
/ 𝐵(𝑧0 , 𝑟1 ), abbiamo che
∞ ( )𝑛
1 1 1 1 ∑ 𝑤 − 𝑧0
=− =− . (3.5)
𝑤−𝑧 𝑧 − 𝑧0 1 − 𝑤 − 𝑧0 𝑧 − 𝑧0 𝑛=0 𝑧 − 𝑧0
𝑧 − 𝑧0

La serie (3.5) converge totalmente per 𝑤 ∈ {𝐶(𝑧0 ; 𝑟1 )}, poiché



𝑤 − 𝑧0 𝑟1
𝑧 − 𝑧0 = ∣𝑧 − 𝑧0 ∣ < 1,

dunque possiamo integrare termine a termine lungo 𝐶(𝑧0 ; 𝑟1 ) ottenendo


∞ ∫
1 ∑ 1
𝑓1 (𝑧) = − 𝑓 (𝑤)(𝑤 − 𝑧0 )𝑛 𝒅𝑤.
2𝝅𝒊 𝑛=0 (𝑧 − 𝑧0 )𝑛+1
𝐶(𝑧0 ;𝑟1 )

Ponendo 𝑛 = −(𝑘 + 1), abbiamo infine


−1

𝑓1 (𝑧) = − 𝑎𝑘 (𝑧 − 𝑧0 )𝑘 , ∀𝑧 ∈ ¯ 0 , 𝑟1 ),
/ 𝐵(𝑧
𝑘=−∞

Università di Torino
32 Singolarità isolate e residui

con ∫
1 𝑓 (𝑤)
𝑎𝑘 = 𝒅𝑤.
2𝝅𝒊 (𝑤 − 𝑧0 )𝑘+1
𝐶(𝑧0 ;𝑟1 )

Mettendo insieme lo sviluppo di 𝑓1 (𝑧) ed 𝑓2 (𝑧) otteniamo 𝑓 (𝑧) è sviluppabile


in serie di potenze doppiamente infinita in 𝐴(𝑧0 ; 𝑅1 , 𝑅2 ).
1
Ad esempio, cerchiamo lo sviluppo in serie di Laurent di 1+𝑧 2 nella corona

𝐴(0; 1, ∞). Grazie allo sviluppo in serie geometrica abbiamo per ∣𝑧∣ > 1
∞ ( )𝑛 0
1 1 1 1 ∑ 1 ∑
= 2 = = 𝑧 −2(𝑛+1) .
1+𝑧 2 𝑧 1 𝑧 2 𝑛=0 𝑧 2
1+ 𝑛=−∞
𝑧2

3.2 Zeri e singolarità di una funzione analitica


Teorema 3.3. Consideriamo un aperto Ω, un punto 𝑧0 ∈ Ω, ed una funzione
𝑓 analitica in Ω ∖ {𝑧0 } con sviluppo di Laurent


𝑓 (𝑧) = 𝑎𝑛 (𝑧 − 𝑧0 )𝑛 . (3.6)
𝑛=−∞

Per ogni 𝑘 ∈ Z le seguenti condizioni sono equivalenti:


1) 𝑎𝑛 = 0 per ogni 𝑛 < 𝑘 e 𝑎𝑘 ∕= 0;
𝑓 (𝑧)
2) lim 𝑘 = 𝑎𝑘 ∈ C ∖ {0};
𝑧→𝑧0 (𝑧−𝑧0 )

3) 𝑓 (𝑧) = (𝑧 − 𝑧0 )𝑘 𝑔(𝑧), per ogni 𝑧 ∈ Ω ∖ {𝑧0 }, con 𝑔 analitica in Ω e tale


che 𝑔(𝑧0 ) = 𝑎𝑘 ∕= 0.
Dimostrazione. (1) =⇒ (3). Definiamo
{ 𝑓 (𝑧)
(𝑧−𝑧0 )𝑘
, 𝑧 ∈ Ω ∖ {𝑧0 },
𝑔(𝑧) = (3.7)
𝑎𝑘 , 𝑧 = 𝑧0 .

È chiaro che 𝑔(𝑧0 ) ∕= 0 e che 𝑔 è analitica in Ω ∖ {𝑧0 }. Per completare la


dimostrazione dobbiamo allora provare che 𝑔 è analitica anche in 𝑧0 . Ma questo
segue dal fatto che lo sviluppo in serie di Laurent (3.6) diviene:


𝑓 (𝑧) = 𝑎𝑛 (𝑧 − 𝑧0 )𝑛 ,
𝑛=𝑘

e quindi dalla (3.7) otteniamo che



∑ ∞

𝑔(𝑧) = 𝑎𝑛 (𝑧 − 𝑧0 )𝑛−𝑘 = 𝑎𝑘+𝑛 (𝑧 − 𝑧0 )𝑛 .
𝑛=𝑘 𝑛=0

Questo implica che 𝑔 sia analitica in 𝑧0 e quindi in tutto Ω.


𝑓 (𝑧)
(3) =⇒ (2). Abbiamo che lim 𝑘 = 𝑔(𝑧0 ) = 𝑎𝑘 .
𝑧→𝑧0 (𝑧−𝑧0 )

Quaderni Didattici del Dipartimento di Matematica


E. Buzano — Funzioni Analitiche 33

(2) =⇒ (1). Considerato un intero 𝑛 < 𝑘, proviamo che 𝑎𝑛 = 0. Utilizzando la


(3.3) con Γ = 𝐶(𝑧0 ; 𝑟), abbiamo che

1 𝑓 (𝑧)
𝑎𝑛 = 𝒅𝑧. (3.8)
2𝝅𝒊 (𝑧 − 𝑧0 )𝑛+1
𝐶(𝑧0 ;𝑟)

Poiché per il corollario 2.27 il secondo membro della (3.8) non dipende da 𝑟,
possiamo passare al limite per 𝑟 → 0+ ottenendo che

1 𝑓 (𝑧)
𝑎𝑛 = lim 𝒅𝑧.
2𝝅𝒊 𝑟→0+ (𝑧 − 𝑧0 )𝑛+1
𝐶(𝑧0 ;𝑟)

Per l’ipotesi (2), sappiamo in particolare che

𝑓 (𝑧) 𝑓 (𝑧)
lim 𝑛
= lim (𝑧 − 𝑧0 )𝑘−𝑛 = 0.
𝑧→𝑧0 (𝑧 − 𝑧0 ) 𝑧→𝑧 0 (𝑧 − 𝑧0 )𝑘

Ma allora, dato 𝜖 > 0, esiste 𝛿 > 0 tale che



𝑓 (𝑧)
˙ 0 ; 𝛿).
∀ 𝑧 ∈ 𝐵(𝑧
(𝑧 − 𝑧0 )𝑛 < 𝜖,

In particolare otteniamo che



𝑓 (𝑧)
(𝑧 − 𝑧0 )𝑛 < 𝜖,
∀ 𝑧 ∈ {𝐶(𝑧0 ; 𝑟)}, 𝑟 ∈ ]0, 𝛿[

e quindi, grazie alla proposizione 2.3,



∣𝒅𝑧∣

1 𝑓 (𝑧) ∣𝒅𝑧∣ < 𝜖

= 𝜖, ∀ 𝑟 ∈ ]0, 𝛿[ ,
2𝝅 (𝑧 − 𝑧0 )𝑛+1 2𝝅 ∣𝑧 − 𝑧0 ∣
𝐶(𝑧0 ;𝑟) 𝐶(𝑧0 ;𝑟)

cioè ∫
1 𝑓 (𝑧)
𝑎𝑛 = lim 𝒅𝑧.
2𝝅𝒊 𝑟→0+ (𝑧 − 𝑧0 )𝑛+1
𝐶(𝑧0 ;𝑟)

Poiché 𝑎𝑛 = 0 per ogni 𝑛 < 𝑘, lo sviluppo (3.6) si riduce a




𝑓 (𝑧) = 𝑎𝑛 (𝑧 − 𝑧0 )𝑛 .
𝑛=𝑘

Dividendo ambo i membri per (𝑧 − 𝑧0 )𝑘 otteniamo allora



𝑓 (𝑧) ∑
= 𝑎𝑛 (𝑧 − 𝑧0 )𝑛−𝑘 ,
(𝑧 − 𝑧0 )𝑘
𝑛=𝑘

che implica
𝑓 (𝑧)
𝑎𝑘 = lim ∕= 0.
𝑧→𝑧0 (𝑧 − 𝑧0 )𝑘

Università di Torino
34 Singolarità isolate e residui

Definizione 3.4. Consideriamo una funzione 𝑓 analitica in un aperto Ω. Di-


ciamo che 𝑧0 ∈ Ω è uno zero di molteplicità 𝑚 ∈ Z+ di 𝑓 se
𝑓 (𝑧0 ) = 𝑓 ′ (𝑧0 ) = ⋅ ⋅ ⋅ = 𝑓 (𝑚−1) (𝑧0 ) = 0,
𝑓 (𝑚) (𝑧0 ) ∕= 0.
Uno zero di molteplicità 1 è detto semplice.
Diciamo invece che 𝑧0 è uno zero di molteplicità infinita se
𝑓 (𝑘) (𝑧0 ) = 0, ∀ 𝑘 ∈ N.
Teorema 3.5. Gli zeri di molteplicità finita di una funzione 𝑓 analitica in un
aperto Ω sono tutti isolati.
Dimostrazione. Consideriamo uno zero 𝑧0 ∈ Ω di molteplicità finita 𝑚. Questo
significa che il primo coefficiente non nullo dello sviluppo di Taylor nel punto
(𝑚)
𝑧0 è 𝑓 𝑚!(𝑧0 ) . Dunque lo sviluppo di Laurent di 𝑓 in 𝑧0 soddisfa il punto (1)
del teorema 3.3. Ma allora per il punto (3) dello stesso teorema abbiamo che
(𝑚)
𝑓 (𝑧) = (𝑧 − 𝑧0 )𝑘 𝑔(𝑧) con 𝑔 analitica in Ω e 𝑔(𝑧0 ) = 𝑓 𝑚!(𝑧0 ) ∕= 0. Per la
proposizione 1.1, 𝑔(𝑧) ∕= 0 in un intorno 𝐵(𝑧0 ; 𝛿) di 𝑧0 e quindi 𝑓 (𝑧) ∕= 0 in
˙ 0 ; 𝛿).
𝐵(𝑧
Teorema 3.6. Per una funzione 𝑓 analitica su un aperto connesso e non vuoto
Ω ⊂ C, i seguenti fatti sono equivalenti:
1) 𝑓 è identicamente nulla.
2) L’insieme degli zeri di 𝑓 ha un punto di accumulazione in Ω.
3) 𝑓 ha uno zero di molteplicità infinita.
Dimostrazione. Tutti i punti di Ω sono di accumulazione. Infatti, poiché Ω è
aperto abbiamo che
˙ 0 ; 𝜖) ∕= ∅,
Ω ∩ 𝐵(𝑧 ∀ 𝑧0 ∈ Ω.
Come conseguenza abbiamo che (1) implica (2).
Proviamo che (2) implica (3). Per ipotesi sappiamo che esiste un punto di
accumulazione 𝑧0 dell’insieme degli zeri di 𝑓 . Per continuità abbiamo che 𝑧0 è
uno zero di 𝑓 . Chiaramente questo zero non è isolato, dunque per il teorema
3.5 non può avere molteplicità finita.
Proviamo che (3) implica (1). Sia Ω0 l’insieme degli zeri di 𝑓 di molteplicità
infinita. L’insieme Ω0 è aperto poiché dato 𝑧0 ∈ Ω0 , abbiamo che lo sviluppo
in serie di Taylor di 𝑓 in 𝑧0 è identicamente nullo e quindi 𝑓 è identicamente
nulla in un disco aperto 𝐵(𝑧0 ; 𝑟). Ciò significa che 𝑓 ha tutte le derivate nulle
in 𝐵(𝑧0 ; 𝑟), che deve pertanto essere contenuto in Ω0 .
D’altra parte, se 𝑧0 ∈ Ω ∖ Ω0 , abbiamo che 𝑓 (𝑧0 ) ∕= 0 oppure 𝑓 ha uno zero
di molteplicità finita in 𝑧0 . In entrambi i casi, per la proposizione 1.1 o per il
˙ 0 ; 𝑟)
teorema 3.5, esiste un intorno 𝐵(𝑧0 ; 𝑟) ⊂ Ω tale che 𝑓 non si annulli in 𝐵(𝑧
e quindi tale che 𝐵(𝑧0 ; 𝑟) ⊂ Ω ∖ Ω0 .
Abbiamo allora decomposto Ω in due sottoinsiemi aperti e disgiunti: Ω =
Ω0 ∪ (Ω ∖ Ω0 ). Poiché Ω0 ∕= ∅ per ipotesi e Ω è connesso, dobbiamo avere
Ω ∖ Ω0 = ∅ e cioè Ω = Ω0 . In particolare questo significa che 𝑓 è identicamente
nulla in Ω.

Quaderni Didattici del Dipartimento di Matematica


E. Buzano — Funzioni Analitiche 35

Corollario 3.7. Gli zeri di una funzione analitica e non identicamente nulla
su un aperto connesso sono tutti isolati e di molteplicità finita.

Teorema 3.8. Consideriamo due funzioni 𝑓 e 𝑔 analitiche in un aperto con-


nesso Ω. Se 𝑓 (𝑧) = 𝑔(𝑧) su un sottoinsieme 𝑆 compatto e infinito di Ω, allora
𝑓 e 𝑔 coincidono in Ω.

Dimostrazione. Sia 𝐾 il sottoinsieme compatto ed infinito di Ω su cui 𝑓 = 𝑔.


Consideriamo ℎ = 𝑓 − 𝑔. Poiché 𝐾 è limitato, per il teorema di Bolzano-
Weierstraß esiste un punto di accumulazione 𝑧0 di 𝐾. Ma 𝐾 è chiuso perché
compatto, e quindi 𝑧0 ∈ 𝐾 ⊂ Ω. Ma allora l’insieme degli zeri di ℎ ha un punto
di accumulazione in Ω, e quindi per il teorema 3.6 ℎ è identicamente nulla.

Naturalmente una funzione analitica può avere infiniti zeri che però si de-
vono accumulare sulla frontiera del suo dominio oppure tendere ad infinito. Ad
1+𝑧
esempio cos 1−𝑧 ha infiniti zeri dati da

(2𝑘 + 1)𝝅 − 2
𝑧= , per 𝑘 ∈ Z,
(2𝑘 + 1)𝝅 + 2

che però sono tutti isolati e tendono al punto 1 dove la funzione non è definita.

Consideriamo un aperto Ω di C, un punto 𝑧0 ∈ Ω ed una funzione analitica


in Ω ∖ {𝑧0 }.

∙ Se 𝑓 è definita anche in 𝑧0 ed è analitica in tutto Ω, diciamo che 𝑧0 è un


punto regolare di 𝑓 .

∙ Se 𝑓 non è definita in 𝑧0 , diciamo che 𝑧0 è un punto singolare isolato di 𝑓 .

Nel caso in cui 𝑧0 sia una singolarità isolata, consideriamo lo sviluppo in


serie di Laurent di 𝑓 nel punto 𝑧0 :


𝑓 (𝑧) = 𝑎𝑛 (𝑧 − 𝑧0 )𝑛 .
𝑛=−∞

Si presentano tre casi:

1) 𝑎𝑛 = 0 per ogni 𝑛 < 0. In questo caso la serie di Laurent è in realtà una


serie di Taylor e definisce una funzione analitica in un intorno di 𝑧0 . Se
poniamo per definizione
𝑓 (𝑧0 ) = 𝑎0 . (3.9)
In questo modo otteniamo una funzione analitica in tutto Ω. Questo tipo
di singolarità si chiama singolarità eliminabile.
Se non è detto esplicitamente il contrario, noi supporremo sempre di
eliminare questo tipo di singolarità mediante la definizione (3.9).
sin 𝑧
Ad esempio, la funzione 𝑧 ha una singolarità eliminabile in 𝑧 = 0.
Infatti,

∑ (−1)𝑛 2𝑛+1
sin 𝑧 = 𝑧 , ∀𝑧
𝑛=0
(2𝑛 + 1)!

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36 Singolarità isolate e residui

e quindi

sin 𝑧 ∑ (−1)𝑛 2𝑛
= 𝑧 , ∀ 𝑧 ∕= 0. (3.10)
𝑧 𝑛=0
(2𝑛 + 1)!

In accordo a quanto detto sopra, noi eliminiamo questa singolarità as-


segnandole come valore il coefficiente di ordine 0 della serie a secondo
membro della (3.10):
sin 𝑧
= 1. (3.11)
𝑧 𝑧=𝑧0
sin 𝑧
Quindi quando consideriamo 𝑧 intendiamo sempre che valga la defini-
zione (3.11).

2) Esiste 𝑚 ∈ Z+ tale che 𝑎−𝑚 ∕= 0 e 𝑎𝑛 = 0 per ogni 𝑛 < −𝑚. Questo


tipo di singolarità è detta polo di ordine 𝑚. Un polo di ordine 1 è detto
semplice.

3) Vi sono infiniti coefficienti non nulli di indice negativo. In questo caso


diciamo che c’è una singolarità essenziale.

Proposizione 3.9. Dati una funzione 𝑓 analitica in un aperto Ω, un punto


𝑧0 ∈ Ω, ed un numero intero positivo 𝑚, le seguenti condizioni sono equivalenti:

1) 𝑓 ha ha uno zero di molteplicità 𝑚 in 𝑧0 ,

2) 1/𝑓 ha uno polo di ordine 𝑚 in 𝑧0 .

Dimostrazione. Per la proposizione 1.1 ed il teorema 3.5 esiste un intorno bucato


˙ 0 , 𝑅) in cui la funzione non si può annullare; dunque 1/𝑓 è ben definita ed
𝐵(𝑧
˙ 0 ; 𝑅). Il risultato segue allora dall’equivalenza fra i punti (1) e
analitica in 𝐵(𝑧
(2) del teorema 3.3.

Proposizione 3.10. Dati un aperto Ω, un punto 𝑧0 ∈ Ω ed una funzione 𝑓


analitica in Ω ∖ {𝑧0 } con una singolarità isolata in 𝑧0 , abbiamo che

1) 𝑧0 è una singolarità eliminabile se e solo se

𝑎0 = lim 𝑓 (𝑧) esiste finito,


𝑧→𝑧0

ed in tal caso la singolarità si elimina ponendo 𝑓 (𝑧0 ) = 𝑎0 .

2) 𝑧0 è un polo se e solo se
lim 𝑓 (𝑧) = ∞. (3.12)
𝑧→𝑧0

3) 𝑧0 è una singolarità essenziale se e solo se lim𝑧→𝑧0 𝑓 (𝑧) non esiste.

Dimostrazione. Il punto (3) segue per esclusione dai punti (1) e (2).
Il punto (1) segue dall’equivalenza fra i punti (1) e (2) del teorema 3.3.
Dimostriamo il punto (3). Chiaramente 𝑓 → ∞ per 𝑧 → 𝑧0 se e solo se
1/𝑓 → 0 per 𝑧 → 𝑧0 e questa condizione equivale al fatto che 1/𝑓 abbia una
singolarità eliminabile in 𝑧0 , che eliminata dà luogo ad uno zero. Dunque la
(3.12) è equivalente al fatto che 1/𝑓 abbia uno zero in 𝑧0 . Ma per la proposizione
3.10 questo equivale al fatto che 𝑓 abbia un polo in 𝑧0 .

Quaderni Didattici del Dipartimento di Matematica


E. Buzano — Funzioni Analitiche 37

1
Esempi. 1) sin 𝑧−𝑧 ha un polo di ordine 3 in 𝑧 = 0, grazie alla proposizione 3.9.
Infatti
∞ ∞
∑ (−1)𝑛 2𝑛+1 ∑ (−1)𝑛 2(𝑛−1)
sin 𝑧 − 𝑧 = 𝑧 = 𝑧3 𝑧 , ∀𝑧
𝑛=1
(2𝑛 + 1)! 𝑛=1
(2𝑛 + 1)!

ha uno zero di molteplicità 3 in 𝑧 = 0.


2) exp 𝑧1 ha una singolarità essenziale in 𝑧 = 0 poiché

∞ ( )𝑛 0
1 ∑ 1 1 ∑ 1
exp = = 𝑧𝑛, ∀ 𝑧 ∕= 0.
𝑧 𝑛=0 𝑛! 𝑧 𝑛=−∞
(−𝑛)!

Esercizi. 1) Determinare il tipo di singolarità nell’origine delle seguenti funzio-


ni:
log(1 + 𝑧) 1
3
, 𝑧 4 cos .
𝑧 𝑧
2) Trovare lo sviluppo in serie di Laurent in 𝐴(0; 0, 1), 𝐴(0; 1, 2), 𝐴(0; 2, ∞),
della seguente funzione:
1
.
𝑧(𝑧 − 1)(𝑧 − 2)
3) Dimostrare che tan 𝑧 ha solo poli semplici e calcolare il termine di ordine
negativo dello sviluppo di Laurent in ciascun polo.
4) Trovare le singolarità di
1
.
1
sin
𝑧
Determinare quali sono isolate e quali no. Studiare la natura di quelle isolate.

3.3 Teorema dei residui


˙ 0 ; 𝑅), con 𝑅 > 0, e con sviluppo
Consideriamo una funzione 𝑓 analitica in 𝐵(𝑧
di Laurent
∑∞
𝑓 (𝑧) = 𝑎𝑛 (𝑧 − 𝑧0 )𝑛 .
𝑛=−∞

Il coefficiente 𝑎−1 è detto residuo di 𝑓 in 𝑧0 ed è indicato con

Res(𝑓, 𝑧0 ) = 𝑎−1 .

Dalla (3.3) abbiamo che



1
Res(𝑓, 𝑧0 ) = 𝑓 𝒅𝑧, ∀ 𝑟 ∈ (0, 𝑅) ,
2𝝅𝒊
Γ

con Γ cammino di Jordan orientato positivamente e tale che 𝑧0 ∈ int(Γ) e


int(Γ) ⊂ 𝐵(𝑧0 ; 𝑅).

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38 Singolarità isolate e residui

Teorema 3.11 (Teorema dei Residui). Dati un aperto Ω di C, 𝑛 punti 𝑧1 , 𝑧2 , . . . , 𝑧𝑛 ∈


Ω ed una funzione 𝑓 analitica in Ω ∖ {𝑧1 , 𝑧2 , . . . , 𝑧𝑛 }, abbiamo che
∫ 𝑛
1 ∑
𝑓 𝒅𝑧 = Res(𝑓, 𝑧𝑗 ), (3.13)
2𝝅𝒊 𝑗=1
Γ

per ogni cammino Γ di Jordan orientato positivamente e tale che

int(Γ) ⊂ Ω e {𝑧1 , 𝑧2 , . . . , 𝑧𝑛 } ⊂ int(Γ).

Dimostrazione. Procedendo per induzione scegliamo 𝑟 > 0 tale che


¯ 𝑗 ; 𝑟) ∖ {𝑧𝑗 } ⊂ Ω ∖ {𝑧1 , . . . , 𝑧𝑛 } ,
𝐵(𝑧 ∀ 𝑗 ∈ {1, 2, . . . , 𝑛}. (3.14)

In effetti, se 𝑛 = 1, poiché Ω è aperto deve esistere 𝐵(𝑧1; ¯ 𝑟) ⊂ Ω.


Supponiamo ora che il risultato sia vero per 𝑛 = 𝑚 e proviamolo per 𝑛 =
𝑚 + 1. Consideriamo l’aperto Ω′ = Ω ∖ {𝑧𝑚+1 ed applichiamo l’ipotesi induttiva
a Ω′ e {𝑧1 , 𝑧2 , . . . , 𝑧𝑚 . Deve allora esistere 𝑟′ > 0 tale che
¯ 𝑗 ; 𝑟′ ) ∖ {𝑧𝑗 } ⊂ Ω′ ∖ {𝑧1 , . . . , 𝑧𝑚 } ,
𝐵(𝑧 ∀ 𝑗 ∈ {1, 2, . . . , 𝑚}

/ Ω′ , abbiamo che
Poiché 𝑧𝑚+1 ∈
𝑚
(∪ )
′′
𝑧𝑚+1 ∈ Ω = Ω ∖ ¯ ′
𝐵(𝑧𝑗 ; 𝑟 ) .
𝑗=1

¯ 𝑚+1 ⊂ Ω′′ e quindi tale che


Ma Ω′′ è aperto, quindi esiste 𝑟′′ > 0 tale che 𝐵(𝑧
¯ 𝑗 ; 𝑟) ∖ {𝑧𝑗 } ⊂ Ω ∖ {𝑧1 , . . . , 𝑧𝑚+1 } ,
𝐵(𝑧 ∀ 𝑗 ∈ {1, 2, . . . , 𝑚 + 1},

con
𝑟 = min{𝑟′ , 𝑟′′ }.
Grazie alla (3.14) abbiamo che
𝑛

ℐΓ (𝑧) − ℐ𝐶(𝑧𝑗 ;𝑟) (𝑧) = 0, ∀ 𝑧 ∈ (C ∖ Ω) ∪ {𝑧1 , . . . , 𝑧𝑛 }.
𝑗=1

Infatti, se 𝑧 ∈
/ Ω, tutti gli indici sono nulli in quanto nella componente illimitata
del complementare di ciascun cammino. Se 𝑧 = 𝑧𝑗 , allora

ℐΓ (𝑧𝑗 ) = ℐ𝐶(𝑧𝑗 ;𝑟) (𝑧𝑗 ) = 1

e
ℐ𝐶(𝑧𝑗 ;𝑟) (𝑧𝑘 ) = 0, ∀ 𝑘 ∕= 𝑗.
Possiamo allora applicare il corollario 2.26 ed ottenere che
∫ 𝑛
∑ ∫ 𝑛

𝑓 𝒅𝑧 = 𝑓 𝒅𝑧 = 2𝝅𝒊 Res(𝑓, 𝑧𝑗 ).
Γ 𝑗=1 𝑗=1
𝐶(𝑧𝑗 ;𝑟)

Quaderni Didattici del Dipartimento di Matematica


E. Buzano — Funzioni Analitiche 39

Proposizione 3.12. Supponiamo che 𝑓 abbia un polo di ordine 𝑚 in 𝑧0 , allora,


posto (cfr. il teorema 3.3)
{
(𝑧 − 𝑧0 )𝑚 𝑓 (𝑧), se 𝑧 ∕= 𝑧0
𝑔(𝑧) = 𝑚
(3.15)
lim𝑤→𝑧0 (𝑤 − 𝑧0 ) 𝑓 (𝑤), se 𝑧 = 𝑧0 ,

abbiamo che
𝑔 (𝑚−1) (𝑧0 ) 𝑑𝑚−1 (
(𝑧 − 𝑧0 )𝑚 𝑓 (𝑧) .
)
Res(𝑓, 𝑧0 ) = = lim 𝑚−1
(3.16)
(𝑚 − 1)! 𝑧→𝑧0 𝑑𝑧

In particolare se 𝑧0 è un polo semplice, cioè 𝑚 = 1, allora

Res(𝑓, 𝑧0 ) = 𝑔(𝑧0 ) = lim (𝑧 − 𝑧0 )𝑓 (𝑧). (3.17)


𝑧→𝑧0

Dimostrazione. Dallo sviluppo di Laurent di 𝑓 in 𝑧0 :



∑ 𝑛 ˙ 0 , 𝑟),
𝑓 (𝑧) = 𝑎𝑛 (𝑧 − 𝑧0 ) , ∀ 𝑧 ∈ 𝐵(𝑧
𝑛=−𝑚

otteniamo che 𝑔 ha ha il seguente sviluppo di Taylor in 𝑧0 :



∑ 𝑛+𝑚
𝑔(𝑧) = 𝑎𝑛 (𝑧 − 𝑧0 ) , ∀ 𝑧 ∈ 𝐵(𝑧0 , 𝑟). (3.18)
𝑛=−𝑚

𝑚−1
In particolare 𝑎−1 è il coefficiente di (𝑧 − 𝑧0 ) e quindi dalla (3.18) si deduce
che
𝑔 (𝑚−1) (𝑧0 )
Res(𝑓, 𝑧0 ) = 𝑎−1 = .
(𝑚 − 1)!
Questo completa la dimostrazione.

Poiché 𝑓 ha un polo in 𝑧0 , il secondo membro della (3.15) presenta una


singolarità eliminabile in 𝑧0 e quindi il calcolo di 𝑔 (𝑚−1) (𝑧0 ) si può effettuare
calcolando prima la derivata di ordine 𝑚 − 1 di (𝑧 − 𝑧0 )𝑚 𝑓 (𝑧) per 𝑧 ∕= 𝑧0 e
quindi passando al limite per 𝑧 → 𝑧0 , come espresso nelle formule (3.16) e
(3.17). Illustriamo tutto questo con un esempio:
log(1 + 𝑧 2 )
𝑓 (𝑧) =
𝑧5
ha un polo di ordine 3 in 𝑧 = 0, grazie al teorema 3.3. Infatti, poiché

∑ (−1)𝑛−1 2𝑛
log(1 + 𝑧 2 ) = 𝑧 2 + 𝑧 ,
𝑛=2
𝑛

abbiamo
log(1 + 𝑧 2 )
lim 𝑧 3 𝑓 (𝑧) = lim = 1.
𝑧→0 𝑧→0 𝑧2
Vediamo di calcolare il residuo in 𝑧 = 0. Posto
2
{
𝑧 3 𝑓 (𝑧) = log(1+𝑧
𝑧 2
)
, 𝑧 ∕= 0,
𝑔(𝑧) =
1, 𝑧 = 0,

Università di Torino
40 Singolarità isolate e residui

abbiamo
2 log(1 + 𝑧 2 )
𝑔 ′ (𝑧) = − 2 , 𝑧 ∕= 0,
(1 + 𝑧 2 )𝑧 𝑧3
6 + 10𝑧 2 log(1 + 𝑧 2 )
𝑔 ′′ (𝑧) = − + 6 , 𝑧 ∕= 0.
((1 + 𝑧 2 )2 𝑧 2 𝑧4

Per calcolare lim𝑧→0 𝑔 ′′ (𝑧) conviene porre 𝑧 2 = 𝑤 e sviluppare in serie di potenze


nell’origine (1) :

6 + 10𝑤 log(1 + 𝑤)
𝑔 ′′ (𝑧) = − (1 + 𝑤)−2 + 6
𝑤 𝑤2
∞ ( ∞
6 ∑ (−1)𝑛−1 𝑛
)
6 + 10𝑤 ∑ −2 𝑛
=− 𝑤 + 2 𝑤
𝑤 𝑛=0
𝑛 𝑤 𝑛=1 𝑛
∞ ( ∞ ( ∞
(−1)𝑛−1 𝑛−2
) )
∑ −2 𝑛−1 ∑ −2 𝑛 ∑
= −6 𝑤 − 10 𝑤 +6 𝑤
𝑛=0
𝑛 𝑛=0
𝑛 𝑛=1
𝑛
∞ (
−1𝑛−1 2𝑛
( ) ( ) )
∑ −2 −2
= −1 + −6 − 10 +6 𝑧
𝑛=1
𝑛−1 𝑛 𝑛+2

Dunque
𝑔 ′′ (0) = lim 𝑔 ′′ (𝑧) = −1
𝑧→0

e pertanto
1
Res(𝑓, 0) = − .
2
Il calcolo effettuato è di solito ridondante (salvo in generale che per le funzioni
razionali). Conviene, se possibile, sviluppare subito in serie di Laurent:

log 1 + 𝑧 2 ) −5
∑ (−1)𝑛−1 2𝑛
5
= 𝑧 𝑧
𝑧 𝑛=1
𝑛

∑ (−1)𝑛−1 2𝑛−5
= 𝑧 .
𝑛=1
𝑛

Dunque il termine di ordine −1 corrisponde a 𝑛 = 2 ed abbiamo


1
Res(𝑓, 0) = − .
2
A ulteriore conferma che spesso è più semplice sviluppare in serie di Laurent
che applicare la (3.16), consideriamo un altro esempio. Prima però è opportuno
vedere come calcolare lo sviluppo in serie del rapporto di due funzioni analitiche.
(1) Utilizziamo lo sviluppo binomiale:
∞ ( )
∑ 𝑠 𝑘
(1 + 𝑤)𝑠 = 𝑤 , ∀ 𝑤 ∈ 𝐵(0; 1),
𝑘=0
𝑘

con 𝑠 ∈ R e {
(𝑠) 1, se 𝑘 = 0,
= 𝑠(𝑠−1)⋅⋅⋅(𝑠−𝑘+1)
𝑘 𝑘!
, se 𝑘 > 0.

Quaderni Didattici del Dipartimento di Matematica


E. Buzano — Funzioni Analitiche 41

Consideriamo dunque due funzioni analitiche in un intorno dell’origine con


i loro sviluppi in serie di Taylor:


𝑓 (𝑧) = 𝑎𝑛 𝑧 𝑛 ,
𝑛=0


𝑔(𝑧) = 𝑏𝑛 𝑧 𝑛 .
𝑛=0

Se 𝑏0 = 𝑔(0) ∕= 0, 𝑓 /𝑔 è analitica in un intorno dell’origine e si può sviluppare


in serie di Taylor in un intorno dell’origine:

𝑓 (𝑧) ∑
= 𝑐𝑛 𝑧 𝑛 . (3.19)
𝑔(𝑧) 𝑛=0
Il nostro scopo è quello di trovare una procedura ricorrente per il calcolo dei
coefficienti 𝑐𝑛 in termine dei coefficienti 𝑎𝑛 e 𝑏𝑛 fino ad un opportuno ordine
preassegnato.
La (3.19) si può riscrivere come

(∑ ∞
)( ∑ ) ∑∞
𝑏𝑛 𝑧 𝑛 𝑐𝑛 𝑧 𝑛 = 𝑎𝑛 𝑧 𝑛 . (3.20)
𝑛=0 𝑛=0 𝑛=0

Poiché le serie di potenze convergono assolutamente e quindi indipendentemente


dall’ordine in cui si considerano i termini, il prodotto si può scrivere raccogliendo
le potenze dello stesso grado:
(∑ ∞ ∞
)( ∑ ) ∑ ∞ (∑ 𝑛 )
𝑛 𝑛
𝑏𝑛 𝑧 𝑐𝑛 𝑧 = 𝑏𝑘 𝑐𝑛−𝑘 𝑧 𝑛 . (3.21)
𝑛=0 𝑛=0 𝑛=0 𝑘=0

Confrontando la (3.21) con la (3.20) otteniamo che si deve avere


𝑛

𝑏𝑘 𝑐𝑛−𝑘 = 𝑎𝑛 , ∀ 𝑛 ∈ N. (3.22)
𝑘=0

La (3.22) è un sistema in forma triangolare:



𝑏0 𝑐0 = 𝑎0 ,


𝑏0 𝑐1 + 𝑏1 𝑐1 = 𝑎1 ,




⎨𝑏 𝑐 + 𝑏 𝑐 + 𝑏 𝑐 = 𝑎 ,
0 2 1 1 2 0 2


 ⋅⋅⋅
𝑏0 𝑛 + 𝑏1 𝑐𝑛−1 + ⋅ ⋅ ⋅ + 𝑏𝑛 𝑐0 = 𝑎𝑛 ,
𝑐





⋅⋅⋅ ,

che si può risolvere in modo ricorrente fino all’ordine desiderato:


1

𝑐0 =
 𝑎0 ,



 𝑏0
⎨𝑐1 = 1 (𝑎1 − 𝑏1 𝑐1 ) = 1 𝑎1 − 𝑏1 𝑎0 ,



𝑏0 𝑏0 𝑏20

 1 1 𝑏1 ( 𝑏2 𝑏2 )
1
𝑐 = (𝑎 − 𝑏 𝑐 − 𝑏 𝑐 ) = 𝑎 − 𝑎 + − 𝑎0 ,

 2 2 1 1 2 0 2 1
𝑏20 𝑏30 𝑏20




 𝑏0 𝑏0
⎩ ⋅⋅⋅ .

Università di Torino
42 Singolarità isolate e residui

Consideriamo ora il seguente esempio. La funzione

𝒆𝑧
𝑓 (𝑧) =
sin 𝑧 − 𝑧 cos 𝑧

ha un polo di ordine 3 in 𝑧 = 0. Il calcolo del residuo mediante la (3.16) è piut-


tosto elaborato, mentre lo sviluppo di Laurent dà quanto segue. Innanzitutto
sviluppiamo numeratore e denominatore:

𝑧
∑ 1 𝑛
𝑒 = 𝑧 ,
𝑛=0
𝑛!
∞ ∞
∑ (−1)𝑛 2𝑛+1 ∑ (−1)𝑛 2𝑛
sin 𝑧 − 𝑧 cos 𝑧 = 𝑧 −𝑧 𝑧 ,
𝑛=0
(2𝑛 + 1)! 𝑛=0
(2𝑛)!
∞ ∞
∑ (−1)𝑛+1 2𝑛 2𝑛+1 ∑ (−1)𝑛+1 2𝑛 2(𝑛−1)
= 𝑧 = 𝑧3 𝑧 .
𝑛=1
(2𝑛 + 1)! 𝑛=1
(2𝑛 + 1)!

Quindi usando la procedura descritta sopra calcoliamo lo sviluppo in serie di


𝑧 3 𝑓 (𝑧) fino al terz’ordine:
∑∞ 1 𝑛 ∞
𝑛=0 𝑛! 𝑧

𝑧 3 𝑓 (𝑧) = ∑∞ (−1)𝑛+1 2𝑛 2(𝑛−1)
= 𝑐𝑛 𝑧 𝑛 .
𝑛=1 (2𝑛+1)! 𝑧 𝑛=0

Abbiamo
{∑∞
1 𝑛 1 2
𝑛=0 𝑛! 𝑧 = 1 + 𝑧 + 2 𝑧 + ⋅ ⋅ ⋅ ,
∑∞ (−1)𝑛+1 2𝑛 1 1 2
𝑛=1 (2𝑛+1)! = 3 − 30 𝑧 + ⋅ ⋅ ⋅ ,

e quindi

1
⎨ 3 𝑐0 = 1,

1
3 𝑐1 + 0𝑐0 = 1,
⎩1
 1 1
3 𝑐2 + 0𝑐1 − 30 𝑐0 = 2 ,

che dà

⎨𝑐0 = 3,

𝑐1 = 3,
𝑐2 = 59 ,

cioè
9 2
𝑧 3 𝑓 (𝑧) = 3 + 3𝑧 + 𝑧 + ⋅⋅⋅ ,
5
e quindi
𝒆𝑧 9
= 3 𝑧 −3 + 3 𝑧 −2 + 𝑧 −1 + ⋅ ⋅ ⋅ .
sin 𝑧 − 𝑧 cos 𝑧 5
Ne segue che
9
Res(𝑓, 0) = .
5

Quaderni Didattici del Dipartimento di Matematica


E. Buzano — Funzioni Analitiche 43

3.4 Qualche applicazione del teorema dei residui


e del teorema di Cauchy
Illustriamo mediante alcuni esempi l’uso del teorema dei residui e del teorema
di Cauchy nel calcolo di alcuni integrali definiti.

1) Calcoliamo
+∞
𝑥2

𝝅
𝒅𝑥 = √ . (3.23)
−∞ 1 + 𝑥4 2
Consideriamo la funzione di variabile complessa

𝑧2
𝑓 (𝑧) = .
1 + 𝑧4
Questa funzione ha quattro poli semplici negli zeri di 1 + 𝑧 4 , cioè in
1+𝒊 −1 + 𝒊
𝑧1 = 𝒆𝒊𝝅/4 = √ , 𝑧2 = 𝒆𝒊3𝝅/4 = √ ,
2 2
𝒊5𝝅/4 1−𝒊 −1 − 𝒊
𝑧3 = 𝒆 = √ , 𝑧4 = 𝒆𝒊7𝝅/4 = √ .
2 2
Scelto un qualunque numero reale 𝑅 > 1, consideriamo il cammino di Jordan

Γ = [−𝑅, 𝑅] + 𝐶+ (0; 𝑅).

Per la proposizione 2.14 Γ è orientato positivamente. Poiché 𝑧1 , 𝑧2 ∈ int(Γ), per


il Teorema dei Residui abbiamo che
𝑧2

1
𝒅𝑧 = Res(𝑓, 𝑧1 ) + Res(𝑓, 𝑧2 ).
2𝝅𝒊 1 + 𝑧4
Γ

Per la Proposizione 3.12

𝑧12 1−𝒊
Res(𝑓, 𝑧1 ) = lim (𝑧 − 𝑧1 )𝑓 (𝑧) = = √
𝑧→𝑧1 (𝑧1 − 𝑧2 )(𝑧1 − 𝑧3 )(𝑧1 − 𝑧4 ) 4 2
e

𝑧22 −1 − 𝒊
Res(𝑓, 𝑧2 ) = lim (𝑧 − 𝑧2 )𝑓 (𝑧) = = √ ,
𝑧→𝑧2 (𝑧2 − 𝑧1 )(𝑧2 − 𝑧3 )(𝑧2 − 𝑧4 ) 4 2
dunque
𝑅
𝑥2 𝑧2 𝑧2
∫ ∫ ∫
𝒅𝑥 + 𝒅𝑧 = 𝒅𝑧
−𝑅 1 + 𝑥4 1 + 𝑧4 1 + 𝑧4
𝐶+ (0;𝑅) Γ (3.24)
( )
1 − 𝒊 −1 − 𝒊 𝝅
= 2𝝅𝒊 √ + √ =√ .
4 2 4 2 2
Se proviamo che
𝑧2

lim 𝒅𝑧 = 0, (3.25)
𝑅→∞ 1 + 𝑧4
𝐶+ (0;𝑅)

Università di Torino
44 Singolarità isolate e residui

passando al limite per 𝑅 → ∞ nella (3.24), otteniamo la (3.23). Ma per 𝑅 > 1


abbiamo che
∫ 𝝅
𝑧2 𝑅2 𝒆2𝒊𝑡 𝑅3

𝒊𝑡

𝒅𝑧 = 𝑅𝒊𝒆 𝒅𝑡 ⩽ 𝝅,

1 + 𝑧4 1 + 𝑅4 𝒆4𝒊𝑡 𝑅4 − 1

0
𝐶+ (0;𝑅)

che implica la (3.25).


2) Calcoliamo ∫ ∞
sin 𝑥 𝝅
𝒅𝑥 = . (3.26)
0 𝑥 2
Consideriamo il cammino chiuso di Jordan

Γ = [−𝑅, −𝑟] − 𝐶+ (0; 𝑟) + [𝑟, 𝑅] + 𝐶+ (0; 𝑅),

con 0 < 𝑟 < 𝑅.


La funzione 𝒆𝒊𝑧 /𝑧 ha un unico polo semplice in 𝑧 = 0, che è esterno a Γ,
dunque per il Teorema di Cauchy abbiamo
∫ 𝒊𝑧
𝒆
𝒅𝑧 = 0. (3.27)
𝑧
Γ

Proviamo che
𝒆𝒊𝑧

lim 𝒅𝑧 = 0. (3.28)
𝑅→∞ 𝑧
𝐶+ (0;𝑅)

Fissato 0 < 𝜖 < 𝝅/2, abbiamo

𝒆𝒊𝑧 𝝅 exp 𝒊𝑅𝒆𝒊𝑡 ∫ 𝝅


∫ ∫ ( )
𝒊𝑡
𝒆−𝑅 sin 𝑡 𝒅𝑡

𝒅𝑧 = 𝑅𝒊𝒆 𝒅𝑡 ⩽

𝑧 𝑅𝒆 𝒊𝑡
0 0
𝐶+ (0;𝑅)
∫ 𝜖 ∫ 𝝅−𝜖 ∫ 𝝅
= 𝒆−𝑅 sin 𝑡 𝒅𝑡 + 𝒆−𝑅 sin 𝑡 𝒅𝑡 + 𝒆−𝑅 sin 𝑡 𝒅𝑡
0 𝜖 𝝅−𝜖
∫ 𝜖 ∫ 𝝅−𝜖 ∫ 𝝅
−𝑅 sin 𝜖
⩽ 𝒅𝑡 + 𝒆 𝒅𝑡 + 𝒅𝑡
0 𝜖 𝝅−𝜖
−𝑅 sin 𝜖
⩽ 2𝜖 + 𝝅𝒆 .

Passando al limite per 𝑅 → ∞ otteniamo


𝒆𝒊𝑧
∫ ] 𝝅[

lim 𝒅𝑧 ⩽ 2𝜖, ∀𝜖 ∈ 0, ,
𝑅→∞ 𝑧 2
𝐶+ (0;𝑅)

e quindi, passando al limite per 𝜖 → 0, otteniamo la (3.28).


Proviamo ora che
𝒆𝒊𝑧

lim+ 𝒅𝑧 = −𝒊𝝅. (3.29)
𝑟→0 𝑧
𝐶− (0;𝑟)

Abbiamo
𝝅
𝒆𝒊𝑧
∫ ∫
exp 𝒊𝑟𝒆𝒊𝑡 𝒊 𝒅𝑡
( )
𝒅𝑧 = (3.30)
𝑧 0
𝐶+ (0;𝑟)

Quaderni Didattici del Dipartimento di Matematica


E. Buzano — Funzioni Analitiche 45

ed exp(𝒊𝑟𝒆𝒊𝑡 ) è continua per (𝑟, 𝑡) ∈ [0, 1]×[0, 𝝅], dunque la (3.30) è una funzione
continua di 𝑟 e pertanto otteniamo
∫ 𝝅 ∫ 𝝅
lim exp(𝒊𝑟𝒆𝒊𝑡 ) 𝒅𝑡 = 𝒅𝑡 = 𝝅,
𝑟→0 0 0

che, insieme alla (3.30), implica la (3.29).


Infine
∫ −𝑟 𝒊𝑥 ∫ 𝑅 𝒊𝑥
𝒆𝒊𝑧 𝒆𝒊𝑧
∫ ∫
𝒆 𝒆
𝒅𝑧 + 𝒅𝑧 = 𝒅𝑥 + 𝒅𝑥
𝑧 𝑧 −𝑅 𝑥 𝑟 𝑥
[−𝑅,−𝑟] [𝑟,𝑅]
𝑅 𝑅
𝒊𝑥
𝒆−𝒊𝑥
∫ ( ) ∫
𝒆 sin 𝑥
= − 𝒅𝑥 = 2𝒊 𝒅𝑥
𝑟 𝑥 𝑥 𝑟 𝑥
e quindi

𝒆𝒊𝑧 𝒆𝒊𝑧
( ∫ ∫ ) ∫
sin 𝑥
lim lim 𝒅𝑧 + 𝒅𝑧 = 2𝒊 𝒅𝑥.
𝑅→∞ 𝑟→0 𝑧 𝑧 0 𝑥
[−𝑅,−𝑟] [𝑟,𝑅]

Utilizzando le (3.27), (3.28), (3.29) otteniamo allora la (3.26).


3) Calcoliamo ∫ 𝝅
𝒅𝑡 𝝅
=√ , con 𝑎 > 1.
0 𝑎 + cos 𝑡 2
𝑎 −1
Abbiamo
1 ( 𝒊𝑡 ) 𝒆2𝒊𝑡 + 2𝑎𝒆𝒊𝑡 + 1
𝑎 + cos 𝑡 = 𝑎 + 𝒆 + 𝒆−𝒊𝑡 = ,
2 2𝒆𝒊𝑡
dunque
2𝝅
𝒊𝒆𝒊𝑡 𝒅𝑡
∫ ∫
𝒅𝑧
=
𝑧 2 + 2𝑎𝑧 + 1 0 𝒆2𝒊𝑡 + 2𝑎𝒆𝒊𝑡 + 1
𝐶(0;1) (3.31)
∫ 2𝝅 ∫ 𝝅
𝒊 𝒅𝑡 𝒅𝑡
= =𝒊 ,
2 0 𝑎 + cos 𝑡 0 𝑎 + cos 𝑡
poiché
2𝝅 0 𝝅
−𝒅𝑠
∫ ∫ ∫
𝒅𝑡 𝒅𝑠
= = .
𝝅 𝑎 + cos 𝑡 𝝅 𝑎 + cos(2𝝅 − 𝑠) 0 𝑎 + cos 𝑠
2 −1
La funzione (𝑧 + 2𝑎𝑧 + 1) ha due poli semplici in
√ √
−𝑎 + 𝑎2 − 1, −𝑎 − 𝑎2 − 1,
¯ 0).
di cui il primo è interno al disco 𝐵(1; 0) mentre il secondo è esterno a 𝐵(1;
Per il Teorema dei Residui abbiamo allora
∫ ( )
𝒅𝑧 1 √ 𝒊𝝅
= 2𝝅𝒊 Res , −𝑎 + 𝑎 − 1 = √
2 .
𝑧 2 + 2𝑎𝑧 + 1 𝑧 2 + 2𝑎𝑧 + 1 𝑎2 − 1
𝐶(0;1)

Confrontando con la (3.31) otteniamo il risultato.

Esercizi. 1) Trovare il residuo di

Università di Torino
46 Singolarità isolate e residui

𝒆𝑎𝑧
1) nei poli 𝑧 = 𝒊(2𝑚 + 1)𝝅, per 𝑚 ∈ Z (R.: −𝒆𝒊𝑎(2𝑚+1)𝝅 ).
1 + 𝒆𝑧
𝒆𝑧
2) nei poli 𝑧 = 𝑚𝝅, per 𝑚 ∈ Z (R.: 𝒆𝑚𝝅 ).
(sin 𝑧)2
2) Calcolare
𝑧 2 𝒅𝑧

) = 0.
𝑧 − 2 − 𝒊 𝑧 − 1 − 2 𝒊 𝑧 − 1 − 2𝒊 𝑧 − 23 − 𝒊
1 3
( )( )( )(
[0,2,2+2𝒊,2𝒊,0]

3) Calcolare i seguenti integrali definiti:


∫ ∞
𝒅𝑥 𝝅
1) 6
= ,
𝑥 +1 3
∫0 ∞
𝑥2 𝒅𝑥 7𝝅
2) 2 + 1)2 (𝑥2 + 2𝑥 + 2)
= ,
(𝑥 50
∫−∞∞
𝒅𝑥 5𝝅
3) 2 + 1)(𝑥2 + 4)2
= ,
0 (𝑥 288
∫ ∞
cos(𝑎𝑥) 𝝅
4) 2
𝒅𝑥 = 𝒆−𝑎 , (𝑎 ∈ R+ ),
1+𝑥 2
∫0 ∞
cos(𝑎𝑥) 𝝅(𝑎 + 1) −𝑎
5) 2 )2
𝒅𝑥 = 𝒆 , (𝑎 ∈ R+ ),
(1 + 𝑥 4
∫0 ∞
𝑥 sin(𝝅𝑥)
6) 2 + 2𝑥 + 5
𝒅𝑥 = −𝝅𝒆−2𝝅 ,
−∞ 𝑥
4) Calcolare ∫ ∞
log(𝑥2 + 1)
𝒅𝑥 = 𝝅 log 2.
0 1 + 𝑥2
(Suggerimento: decomporre
∫ ∞ ∫ ∞ ∫ ∞
log(𝑥2 + 1) log(𝑥 + 𝒊) 𝒅𝑥
2
𝒅𝑥 = 2
𝒅𝑥 − 𝒊𝝅
0 1 + 𝑥 −∞ 1 + 𝑥 0 1 + 𝑥2
ed integrare lungo [−𝑅, 𝑅] + 𝐶+ (0; 𝑅)).
5) Calcolare i seguenti integrali:
∫ 2𝝅
𝒅𝜃
1) = 𝝅,
0 3 − 2 cos 𝜃 + sin 𝜃
∫ 2𝝅
cos(3𝜃) 𝝅
2) 𝒅𝜃 = ,
0 5 − 4 cos 𝜃 12
∫ 2𝝅
𝒅𝜃 5𝝅
3) 2
= .
0 (5 − 3 sin 𝜃) 32
6) Calcolare ∫ ∞
cos 𝑥 − 1 𝝅
2
𝒅𝑥 = − .
0 𝑥 2
7) Calcolare ∫ ∞
𝒆𝑎𝑥 𝝅
𝑥
𝒅𝑥 = , (0 < 𝑎 < 1).
−∞ 1 + 𝒆 sin(𝝅𝑎)
(Suggerimento: integrare lungo il cammino
[−𝑅, 𝑅, 𝑅 + 2𝒊𝝅, −𝑅 + 2𝒊𝝅, −𝑅]).

Quaderni Didattici del Dipartimento di Matematica


Capitolo 4

Gamma di Eulero e Zeta di


Riemann

4.1 La funzione Gamma di Eulero


La funzione Gamma è definita come segue
∫ ∞
Γ(𝑧) = 𝒆−𝑡 𝑡𝑧−1 𝒅𝑡, per Re 𝑧 > 0. (4.1)
0

L’integrale a secondo membro è un integrale improprio, con punti singolari


nei due estremi. La sua convergenza è assicurata dal criterio del confronto.
Infatti abbiamo −𝑡 𝑧−1
𝒆 𝑡 = 𝒆−𝑡 𝑡Re 𝑧−1 .

Le proprietà degli integrali dipendenti da un parametro si possono estendere


agli integrali impropri. In particolare si può dimostrare la proposizione che
segue.

Proposizione 4.1. La (4.1) definisce una funzione analitica nel semipiano


Re 𝑧 > 0.

Proposizione 4.2. Abbiamo

𝑧Γ(𝑧) = Γ(𝑧 + 1) per Re 𝑧 > 0. (4.2)

Dimostrazione. Osserviamo innanzitutto che l’integrazione per parti si estende


anche agli integrali impropri. Abbiamo allora
∫ ∞ ∫ ∞
𝒅
𝑧Γ(𝑧) = 𝒆−𝑡 𝑧𝑡𝑧−1 𝒅𝑡 = 𝒆−𝑡 𝑡𝑧 𝒅𝑡 =
0 0 𝒅𝑡
∫ ∞
[ −𝑡 𝑧 ]∞
= 𝒆 𝑡 0 + 𝒆−𝑡 𝑡𝑧 𝒅𝑡 = Γ(𝑧 + 1).
0

Corollario 4.3. Abbiamo

Γ(𝑛 + 1) = 𝑛!, ∀𝑛 ∈ N. (4.3)

47
48 Gamma di Eulero e Zeta di Riemann

Dimostrazione. Procediamo per induzione. Per 𝑛 = 0 abbiamo


∫ ∞
]∞
𝒆−𝑡 𝒅𝑡 = − 𝒆−𝑡 0 = 1.
[
Γ(1) =
0

Supponiamo ora la (4.3) verificata per 𝑛 = 𝑘 e proviamola per 𝑛 = 𝑘 + 1.


Grazie alla (4.2) abbiamo

Γ(𝑘 + 1) = 𝑘Γ(𝑘) = 𝑘(𝑘 − 1)! = 𝑘!.

Definizione 4.4. Dati due aperti Ω0 ⊂ Ω e due funzione analitiche 𝑓0 : Ω0 → C


e 𝑓 : Ω → C, diciamo che 𝑓 è un prolungamento analitico di 𝑓0 ad Ω, se
𝑓 (𝑧) = 𝑓0 (𝑧) per ogni 𝑧 ∈ Ω0 .
Proposizione 4.5 (Principio del prolungamento analitico). Il prolungamento
analitico ad un aperto connesso è unico.
Dimostrazione. Consideriamo due aperti Ω0 ⊂ Ω e due prolungamenti analitici
𝑓1 ed 𝑓2 ad Ω di una stessa funzione analitica 𝑓0 : Ω0 → C. È chiaro che dob-
biamo avere 𝑓1 (𝑧) = 𝑓2 (𝑧) per ogni 𝑧 ∈ Ω0 . Poiché ogni disco chiuso contenuto
in Ω0 è un compatto infinito, per il teorema 3.8 otteniamo che 𝑓1 = 𝑓2 su Ω.
Osservazione. Poiché il prolungamento analitico da un aperto Ω0 ad un aperto
connesso più grande Ω è unico, indichiamo con la stessa lettera sia la funzione
originaria su Ω0 che il suo prolungamento ad Ω.
Proposizione 4.6. La funzione Gamma ha un prolungamento analitico a C∗ ∖
Z− con un polo semplice in 𝑧 = −𝑛 per ogni 𝑛 ∈ N.
Inoltre l’identità (4.2) si estende ad ogni 𝑧 ∈ C∗ ∖ Z− .
Dimostrazione. Grazie alla (4.2) si verifica immediatamente per induzione che

𝑧(𝑧 + 1)(𝑧 + 2) ⋅ ⋅ ⋅ (𝑧 + 𝑛)Γ(𝑧) = Γ(𝑧 + 𝑛 + 1), per Re 𝑧 > 0, (4.4)

per ogni 𝑛 ∈ N. La (4.4) si può riscrivere come segue

Γ(𝑧 + 𝑛 + 1)
Γ(𝑧) = , per Re 𝑧 > 0. (4.5)
𝑧(𝑧 + 1)(𝑧 + 2) ⋅ ⋅ ⋅ (𝑧 + 𝑛)

Poiché il secondo membro della (4.5) è definito per Re 𝑧 > −𝑛 − 1 e 𝑧 ∈ /


{0, −1, . . . , −𝑛}, esso definisce un prolungamento analitico del primo membro
all’aperto connesso Ω𝑛 = {𝑧 ∈ C : Re 𝑧 > −𝑛 − 1, } ∖ {0, −1, . . . , −𝑛}.
Procedendo per induzione e sfruttando l’unicità del prolungamento∪ analitico,
possiamo estendere Γ ad ogni Ω𝑛 per ogni 𝑛 ∈ N e quindi a C∗ ∖Z− = 𝑛∈N Ω𝑛 .
Inoltre grazie al teorema 3.8 abbiamo che la (4.4) e quindi la la (4.5) è
verificata per ogni 𝑧 ∈ C∗ ∖ Z− e per ogni 𝑛 ∈ N. Poiché

Γ(𝑧 + 𝑛 + 1) = Γ(𝑛 − 𝑘 + 1) = (𝑛 − 𝑘)! ∕= 0,

𝑧=−𝑘

per ogni 𝑘 ∈ {0, 1, . . . , 𝑛} ed ogni 𝑛 ∈ N, la (4.5) ci dice che Γ ha un polo


semplice in 𝑧 = −𝑛 per ogni 𝑛 ∈ N.
Per finire osserviamo che la (4.2) è un caso particolare della (4.4) e quindi
vale per ogni 𝑧 ∈ C∗ ∖ Z− .

Quaderni Didattici del Dipartimento di Matematica


E. Buzano — Funzioni Analitiche 49

Proposizione 4.7. Abbiamo che


𝑛!𝑛𝑥
lim = Γ(𝑥), ∀ 𝑥 ∈ R+ . (4.6)
𝑛→∞ 𝑥(𝑥 + 1)(𝑥 + 2) ⋅ ⋅ ⋅ (𝑥 + 𝑛)

Osservazione. In realtà si può dimostrare che il limite (4.6) vale per ogni 𝑥 ∈
C∗ ∖ Z− . Poiché la (4.6) ci serve solo per 𝑥 ∈ R+ , ci limitiamo a denunciarla e
a dimostrarla solo in questo caso.
Dimostrazione. Fissato 𝑡 ∈ R+ , proviamo innanzitutto che la funzione
( )𝑦
𝑡
𝑦 7→ 1 − (4.7)
𝑦
è crescente per 𝑦 ⩾ 𝑡. Posto 𝑦 = 𝑡𝑠, abbiamo che
( )𝑦 (( )𝑠 )1/𝑡
𝑡 1
1− = 1− .
𝑦 𝑠
)𝑠
Poiché 1/𝑡 > 0, è sufficiente provare che 1 − 1𝑠 è crescente per 𝑠 ⩾ 1.
(

Abbiamo
( )𝑠 ( ( ) )( )𝑠
𝒅 1 1 1 1
1− = log 1 − + 1− > 0, per 𝑠 > 1.
𝒅𝑠 𝑠 𝑠 𝑠−1 𝑠
Infatti
( ( ) )
𝒅 1 1 1
log 1 − + =− < 0, per 𝑠 > 1
𝒅𝑠 𝑠 𝑠−1 𝑠(𝑠 − 1)2
e quindi
( ) ( ( ) )
1 1 1 1
log 1 − + > lim log 1 − + = 0, per 𝑠 > 1.
𝑠 𝑠 − 1 𝑢→∞ 𝑢 𝑢−1

Poiché la (4.7) è crescente, abbiamo in particolare che


( )𝑛 ( )𝑛+1
𝑡 𝑡
1− ⩽ 1− , per ogni intero 𝑛 > 𝑡.
𝑛 𝑛+1
Inoltre
( )𝑛 ( )𝑘 ( )𝑘
𝑡 𝑡 𝑡
1− ⩽ sup 1 − = lim 1 − = 𝒆−𝑡 , ∀ 𝑡 ∈ R+ . (4.8)
𝑛 𝑘>𝑡 𝑘 𝑘→∞ 𝑘

Dato allora 𝑀 ∈ R+ , abbiamo che


∫ 𝑀( )𝑛 ∫ 𝑛( )𝑛 ∫ ∞
𝑡 𝑡
1− 𝑡𝑥−1 𝒅𝑡 ⩽ 1− 𝑡𝑥−1 𝒅𝑡 ⩽ 𝒆−𝑡 𝑡𝑥−1 𝒅𝑡,
0 𝑛 0 𝑛 0

per ogni intero 𝑛 > 𝑀 .


Tenuto conto della (4.8), ne segue che
∫ 𝑀 ∫ 𝑛( )𝑛 ∫ ∞
−𝑡 𝑥−1 𝑡
𝒆 𝑡 𝒅𝑡 ⩽ lim 1− 𝑡 𝑥−1
𝒅𝑡 ⩽ 𝒆−𝑡 𝑡𝑥−1 𝒅𝑡.
0 𝑛→∞ 0 𝑛 0

Università di Torino
50 Gamma di Eulero e Zeta di Riemann

Passando infine al limite per 𝑀 → ∞ otteniamo che


∫ 𝑛( )𝑛 ∫ ∞
𝑡
lim 1− 𝑡𝑥−1 𝒅𝑡 = 𝒆−𝑡 𝑡𝑥−1 𝒅𝑡 = Γ(𝑥), ∀ 𝑥 ∈ R+ .
𝑛→∞ 0 𝑛 0

Per completare la dimostrazione dobbiamo solo provare che


∫ 𝑛( )𝑛
𝑡 𝑛!𝑛𝑥
1− 𝑡𝑥−1 𝒅𝑡 = , ∀ 𝑛 ∈ Z+ , 𝑥 ∈ R+ .
0 𝑛 𝑥(𝑥 + 1)(𝑥 + 2) ⋅ ⋅ ⋅ (𝑥 + 𝑛)
Ma questo segue facilmente mediante 𝑛 integrazioni per parti:
∫ 𝑛( )𝑛 ∫ 𝑛( )𝑛
𝑡 𝑥−1 𝑡 𝒅 𝑡𝑥
1− 𝑡 𝒅𝑡 = 1− 𝒅𝑡
0 𝑛 0 𝑛 𝒅𝑡 𝑥
[( )𝑛 𝑥 ]𝑛 ∫ 𝑛( )𝑛−1
𝑡 𝑡 𝑛 𝑡
= 1− + 1− 𝑡𝑥 𝒅𝑡
𝑛 𝑥 0 𝑥𝑛 0 𝑛
∫ 𝑛( )𝑛−1
𝑛 𝑡
= 1− 𝑡𝑥 𝒅𝑡
𝑥𝑛 0 𝑛
∫ 𝑛( )𝑛−2
𝑛(𝑛 − 1) 𝑡
= 1 − 𝑡𝑥+1 𝒅𝑡
𝑥(𝑥 + 1)𝑛2 0 𝑛
∫ 𝑛( )𝑛−𝑘
𝑛(𝑛 − 1) ⋅ ⋅ ⋅ (𝑛 − 𝑘 + 1) 𝑡
= ... = 1 − 𝑡𝑥+𝑘−1 𝒅𝑡
𝑥(𝑥 + 1) ⋅ ⋅ ⋅ (𝑥 + 𝑘 − 1)𝑛𝑘 0 𝑛
∫ 𝑛( )0
𝑛! 𝑡
= ... = 1− 𝑡𝑥+𝑛−1 𝒅𝑡
𝑥(𝑥 + 1) ⋅ ⋅ ⋅ (𝑥 + 𝑛 − 1)𝑛𝑛 0 𝑛
∫ 𝑛
𝑛!
= ... = 𝑡𝑥+𝑛−1 𝒅𝑡
𝑥(𝑥 + 1) ⋅ ⋅ ⋅ (𝑥 + 𝑛 − 1)𝑛𝑛 0
𝑛!𝑛𝑥+𝑛 𝑛!𝑛𝑥
= 𝑛
= .
𝑥(𝑥 + 1) ⋅ ⋅ ⋅ (𝑥 + 𝑛)𝑛 𝑥(𝑥 + 1) ⋅ ⋅ ⋅ (𝑥 + 𝑛)
Prima di passare all’ultimo teorema di questo paragrafo, è opportuno enun-
ciare e dimostrare un lemma che utilizzeremo anche nel prossimo paragrafo.
Lemma 4.8. Per ogni 𝑧 ∈ C ∖ Z abbiamo che

∑ 2𝑧 𝝅 cos(𝝅𝑧) 1
2 − 𝑛2
= − . (4.9)
𝑛=1
𝑧 sin(𝝅𝑧) 𝑧

Dimostrazione. Consideriamo la funzione


𝝅 cos(𝝅𝑤)
𝑓 (𝑤) = ,
sin(𝝅𝑤) (𝑤2 − 𝑧 2 )
con 𝑧 ∈ C ∖ Z. La 𝑓 ha infiniti poli in semplici dove si annulla il denominatore:
{
𝑤 = ±𝑧,
𝑤 = 𝑛, 𝑛 ∈ Z.

Calcoliamo il residuo in questi punti. Abbiamo


𝝅 cos(𝝅𝑤) 𝝅 cos(𝝅𝑧)
Res(𝑓 ; ±𝑧) = lim (𝑤 ∓ 𝑧)𝑓 (𝑤) = lim = ,
𝑤→±𝑧 𝑤→±𝑧 sin(𝝅𝑤) (𝑤 ± 𝑧) 2𝑧 sin(𝝅𝑧)

Quaderni Didattici del Dipartimento di Matematica


E. Buzano — Funzioni Analitiche 51

e
𝝅(𝑤 − 𝑛) cos(𝝅𝑤)
Res(𝑓 ; 𝑛) = lim
𝑤→𝑛 sin(𝝅𝑤)(𝑤2 − 𝑧 2 )
𝝅(𝑤 − 𝑛) cos(𝝅𝑛) cos(𝝅𝑤) 1
= lim ( ) = 2 , ∀ 𝑛 ∈ Z.
𝑤→𝑛 sin 𝝅(𝑤 − 𝑛) (𝑤 2 − 𝑧 2 ) 𝑛 − 𝑧2
Per ogni 𝑛 ∈ Z+ , consideriamo il cammino di Jordan orientato positivamente
[ ]
1 1 1 1 1
Γ𝑛 = 𝑛 + + 𝑛𝒊, −𝑛 − + 𝑛𝒊, −𝑛 − − 𝑛𝒊, 𝑛 + − 𝑛𝒊, 𝑛 + + 𝑛𝒊 .
2 2 2 2 2
Grazie al teorema 3.11 abbiamo allora
∫ 𝑛
1 𝝅 cos(𝝅𝑤) 𝝅 cos(𝝅𝑧) ∑ 1
2 2
𝒅𝑤 = +
2𝝅𝒊 sin(𝝅𝑤) (𝑤 − 𝑧 ) 𝑧 sin(𝝅𝑧) 𝑘 − 𝑧2
2
Γ𝑛 𝑘=−𝑛
𝑛
𝝅 cos(𝝅𝑧) 1 ∑ 2
= − 2− , ∀ 𝑛 ∈ Z+ , 𝑛 > ∣𝑧∣ .
𝑧 sin(𝝅𝑧) 𝑧 𝑧 2 − 𝑘2
𝑘=1

Se proviamo che

𝝅 cos(𝝅𝑤)
lim 𝒅𝑤 = 0, (4.10)
𝑛→∞ sin(𝝅𝑤) (𝑤2 − 𝑧 2 )
Γ𝑛

la (4.9) segue dalla (4.10) e la dimostrazione


è completa.
Per provare la (4.10) maggioriamo cos(𝝅𝑤)
sin(𝝅𝑤) su {Γ𝑛 }. Per

( )
1
𝑤 =± 𝑛+ + 𝑡𝑛𝒊, con −1 ⩽ 𝑡 ⩽ 1,
2
abbiamo

cos(𝝅𝑤) 𝒆±𝒊𝝅(𝑛+ 2 )−𝑡𝑛𝝅 + 𝒆∓𝒊𝝅(𝑛+ 2 )+𝑡𝑛𝝅
1 1

=
sin(𝝅𝑤) ±𝒊𝝅(𝑛+ 12 )−𝑡𝑛𝝅
− 𝒆∓𝒊𝝅(𝑛+ 2 )+𝑡𝑛𝝅
1
𝒆
∣𝑒−𝑡𝑛𝝅 − 𝒆𝑡𝑛𝝅 ∣
= ⩽ 1, ∀ 𝑛 ∈ Z+ .
𝑒−𝑡𝑛𝝅 + 𝒆𝑡𝑛𝝅
Per ( )
1
𝑤= 𝑛+ 𝑡 ± 𝑛𝒊, con −1 ⩽ 𝑡 ⩽ 1,
2
abbiamo

cos(𝝅𝑤) 𝒆𝒊𝝅𝑡(𝑛+ 2 )∓𝑛𝝅 + 𝒆−𝒊𝝅𝑡(𝑛+ 2 )±𝑛𝝅
1 1

sin(𝝅𝑤) = 𝒊𝝅𝑡(𝑛+ 12 )∓𝑛𝝅



− 𝒆−𝒊𝝅𝑡(𝑛+ 2 )±𝑛𝝅
1
𝒆
𝑒𝑛𝝅 + 𝒆−𝑛𝝅
⩽ ⩽ 2, ∀ 𝑛 ∈ Z+ .
𝑒𝑛𝝅 − 𝒆−𝑛𝝅
Tornando all (4.10) abbiamo allora
∫ ∫
𝝅 cos(𝝅𝑤) 2𝝅
lim 𝒅𝑤 𝑛→∞ 𝑛2 − ∣𝑧∣2 ∣𝒅𝑤∣
⩽ lim
2
𝑛→∞ sin(𝝅𝑤) (𝑤2 − ∣𝑧∣ )
Γ𝑛 Γ𝑛
4𝝅(4𝑛 + 1)
= lim 2 = 0.
𝑛→∞ 𝑛2 − ∣𝑧∣

Università di Torino
52 Gamma di Eulero e Zeta di Riemann

Teorema 4.9. Abbiamo che vale la seguente equazione funzionale:


𝝅
Γ(𝑤)Γ(1 − 𝑤) = , ∀ 𝑤 ∈ C ∖ Z. (4.11)
sin(𝝅𝑤)
Dimostrazione. Grazie al teorema 3.8 è sufficiente verificare la (4.11) per

𝑤 = 𝑧 ∈ ] 0, 1[ .

Grazie alla (4.6) abbiamo che


𝑛! 𝑛1−𝑧
Γ(1 − 𝑧) = lim
𝑛→∞ (1 − 𝑧)(2 − 𝑧) ⋅ ⋅ ⋅ (𝑛 + 1 − 𝑧)

(𝑘 − 1)! (𝑘 − 1)1−𝑧
= lim
𝑘→∞ (1 − 𝑧)(2 − 𝑧) ⋅ ⋅ ⋅ (𝑘 − 𝑧)

e quindi
𝑛! 𝑛𝑧 (𝑛 − 1)! (𝑛 − 1)1−𝑧
Γ(𝑧)Γ(1 − 𝑧) = lim lim
𝑛→∞ 𝑧(𝑧 + 1) ⋅ ⋅ ⋅ (𝑧 + 𝑛) 𝑛→∞ (1 − 𝑧)(2 − 𝑧) ⋅ ⋅ ⋅ (𝑛 − 𝑧)

𝑛! 𝑛𝑧 (𝑛 − 1)! (𝑛 − 1)1−𝑧
= lim
𝑛→∞ 𝑧(𝑧 + 1) ⋅ ⋅ ⋅ (𝑧 + 𝑛) (1 − 𝑧)(2 − 𝑧) ⋅ ⋅ ⋅ (𝑛 − 𝑧)

𝑛𝑧−1 (𝑛 − 1)1−𝑧 (𝑛!)2


= lim
𝑛→∞ 𝑧(1 − 𝑧)(2 − 𝑧) ⋅ ⋅ ⋅ (𝑛 − 𝑧)(1 + 𝑧) ⋅ ⋅ ⋅ (𝑛 + 𝑧)
)𝑧−1 𝑛
𝑘2
(
𝑛 1 ∏
= lim lim
𝑛→∞ 𝑛 − 1 𝑧 𝑛→∞ 𝑘 − 𝑧2
2
𝑘=1
𝑛 2
1 ∏ 𝑘
= lim , ∀ 𝑧 ∈ ]0, 1[ .
𝑧 𝑛→∞ 𝑘2 − 𝑧2
𝑘=1

La (4.11) è allora conseguenza della seguente identità, che ora dimostriamo:


𝑛
∏ 𝑘2 𝝅𝑧
lim = , ∀ 𝑧 ∈ ]0, 1[ . (4.12)
𝑛→∞ 𝑘2 − 𝑧2 sin(𝝅𝑧)
𝑘=1

La (4.12) è equivalente a
𝑛 (
𝑧2
)
∏ sin(𝝅𝑧)
lim 1− 2 = , ∀ 𝑧 ∈ ]0, 1[ . (4.13)
𝑛→∞ 𝑘 𝝅𝑧
𝑘=1

Prendendo il logaritmo di ambo i membri otteniamo che la (4.13) è equiva-


lente a

𝑧2
( )
∑ sin(𝝅𝑧)
log 1 − 2 = log , ∀ 𝑧 ∈ ]0, 1[ . (4.14)
𝑘 𝝅𝑧
𝑘=1

Poiché la serie delle derivate del primo membro della (4.14) converge to-
talmente in ogni sottointervallo chiuso di ]0, 1[, possiamo derivare termine a
termine la (4.14) ottenendo

∑ 2𝑧 𝝅 cos(𝝅𝑧) 1
= − , ∀ 𝑧 ∈]0, 1[. (4.15)
𝑛=1
𝑧2 −𝑛 2 sin(𝝅𝑧) 𝑧

Quaderni Didattici del Dipartimento di Matematica


E. Buzano — Funzioni Analitiche 53

Viceversa, le primitive dei due membri della (4.15) devono differire per una
costante 𝑐:

𝑧2
( )
∑ sin(𝝅𝑧)
log 1 − 2 = log + 𝑐, ∀ 𝑧 ∈ ]0, 1[ . (4.16)
𝑘 𝝅𝑧
𝑘=1

Passando al limite per 𝑧 → 0+ otteniamo che 𝑐 = 0 e quindi che la (4.16)


coincide con la (4.14).
Dunque la (4.12) è equivalente alla (4.15), che è stata dimostrata nel lemma
4.8.

4.2 La funzione Zeta di Riemann


La funzione Zeta di Riemann è definita come segue:

∑ 1
𝜻(𝑧) = , per Re 𝑧 > 1.
𝑛=1
𝑛𝑧

C’è uno stretto legame fra la 𝜻 e i numeri primi, come suggerito dal seguente
teorema.
Teorema 4.10. Data la successione (𝑝𝑘 ) dei numeri primi maggiori di 1,
abbiamo che
𝑛 ( )−1
∏ 1
𝜻(𝑧) = lim 1− 𝑧 , per Re 𝑧 > 1.
𝑛→∞ 𝑝𝑘
𝑘=1

Dimostrazione. Indichiamo con N𝑛 l’insieme dei numeri interi positivi che non
sono divisibili per 𝑝1 , 𝑝2 , . . . , 𝑝𝑛 . Osserviamo innanzitutto che se si tolgono da
N𝑛 i multipli di 𝑝𝑛+1 otteniamo N𝑛+1 :

N𝑛+1 = N𝑛 ∖ 𝑝𝑛+1 N𝑛 . (4.17)

Ne segue per induzione che


𝑛 ( )
∏ 1 ∑ 1
𝜻(𝑧) 1− 𝑧 = , ∀ 𝑛 ∈ Z+ . (4.18)
𝑝𝑘 𝑘𝑧
𝑘=1 𝑘∈N𝑛

Infatti, grazie alla (4.17) con 𝑛 = 1 abbiamo che


( ) ∑ ∞ ∞
1 1 ∑ 1 ∑ 1
𝜻(𝑧) 1 − 𝑧 = 𝑧
− 𝑧
= .
𝑝1 𝑘 𝑚=1
(𝑝1 𝑚) 𝑘𝑧
𝑘=1 𝑘∈N1

Inoltre, se la (4.18) è vera per 𝑛 = 𝑚 allora lo è pure per 𝑛 = 𝑚 + 1. Infatti,


grazie alla (4.17) con 𝑛 = 𝑚, abbiamo che
𝑚+1
∏( ) 𝑚 ( )( )
1 ∏ 1 1
𝜻(𝑧) 1− = 𝜻(𝑧) 1 − 1 −
𝑝𝑧𝑘 𝑝𝑧𝑘 𝑝𝑧𝑚+1
𝑘=1 𝑘=1
∑ 1 ( 1
) ∑ 1 ∑ 1 ∑ 1
= 𝑧
1 − 𝑧 = 𝑧
− =
𝑘 𝑝𝑚+1 𝑘 (𝑝𝑚+1 𝑘)𝑧 𝑘𝑧
𝑘∈N𝑚 𝑘∈N𝑚 𝑘∈N𝑚 𝑘∈N𝑚+1

Università di Torino
54 Gamma di Eulero e Zeta di Riemann

Per concludere la dimostrazione, rimane da provare che


∑ 1
lim = 1.
𝑛→∞ 𝑘𝑧
𝑛∈N𝑛

I primi due numeri che fanno parte di N𝑛 sono 1 e 𝑝𝑛+1 . Dunque


∑ ∑ 1
1 =
∑ 1

𝑧
⩽ 𝑧
𝑘 𝑘 𝑘 Re 𝑧
𝑘∈N𝑛 𝑘∈N𝑛 𝑘∈N𝑛

∑ 1
⩽1+ → 1, per 𝑛 → ∞.
𝑘 Re 𝑧
𝑘=𝑝𝑛+1

Nel seguito abbiamo bisogno del seguente lemma.

Lemma 4.11. Dato un numero complesso 𝑧 tale che ∣Re 𝑧∣ < 1, abbiamo che
∫ ∞
𝑡𝑧 𝝅
2+1
𝒅𝑡 = . (4.19)
0 𝑡 2 cos(𝝅𝑧/2)

Dimostrazione. Grazie al teorema 3.8 possiamo limitarci a considerare il caso


in cui 𝑧 = 𝑥 è reale. Dati

0<𝑟<𝑅 e 𝜖 > 0,

consideriamo il cammino di Jordan

Γ = 𝐿1 + Γ1 + 𝐿2 + Γ2 ,

di equazioni parametriche

𝜆1 (𝑡) = 𝑡 + 𝒊𝜖, 𝑟 ⩽ 𝑡 ⩽ 𝑅,
⎨𝛾 (𝑡) = √𝑅2 + 𝜖2 𝒆𝒊𝑡 ,


arctan 𝑅𝜖 ⩽ 𝑡 ⩽ 2𝝅 − arctan 𝑅𝜖 ,

1
 𝜆2 (𝑡) = 𝑅 + 𝑟 − 𝑡 − 𝒊𝜖, 𝑟 ⩽ 𝑡 ⩽ 𝑅,

 √
𝛾2 (𝑡) = 𝑟2 + 𝜖2 𝒆−𝒊𝑡 , arctan 𝑟𝜖 ⩽ 𝑡 ⩽ 2𝝅 − arctan 𝑟𝜖 .

Per la proposizione 2.14, Γ è orientato positivamente.


La funzione exp(𝑥 log(−𝑤))/(𝑤2 + 1) è analitica in C∗ ∖ R+ con due poli
semplici in 𝑤 = ±𝒊; dunque per il Teorema dei Residui abbiamo che

1 exp(𝑥 log(−𝑤)) 𝝅𝑥
𝒅𝑤 = − sin . (4.20)
2𝝅𝒊 𝑤2 + 1 2
Γ

Infatti 𝝅𝑥
𝒆𝑥 log(∓𝒊) 𝒆∓ 2 𝒊
( )
exp(𝑥 log(−𝑤))
Res , ±𝒊 = =± ,
𝑤2 + 1 ±2𝒊 2𝒊
e pertanto
𝝅𝑥 𝝅𝑥
𝒆− 2 𝒊 − 𝒆 2 𝒊
( ) ( )
exp(𝑥 log(−𝑤)) exp(𝑥 log(−𝑤)) 𝝅𝑥
Res , 𝒊 +Res , −𝒊 = = − sin .
𝑤2 + 1 𝑤2 + 1 2𝒊 2

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E. Buzano — Funzioni Analitiche 55

Proviamo che

exp(𝑥 log(−𝑤))
lim+ 𝒅𝑤 =
𝜖→0 𝑤2 + 1
Γ
∫ 2𝝅
𝑅
( )
𝑡𝑥 exp 𝑥 log(−𝑅𝒆𝒊𝑡 )

= −2𝒊 sin(𝝅𝑥) 𝒅𝑡 + 𝑅𝒊𝒆𝒊𝑡 𝒅𝑡 (4.21)
𝑡 2+1 𝑅 2 𝒆2𝒊𝑡 + 1
( 𝑟 ) 0
exp 𝑥 log(−𝑟𝒆−𝒊𝑡 )
∫ 2𝝅
− 2 𝒆−2𝒊𝑡 + 1
𝑟𝒊𝒆−𝒊𝑡 𝒅𝑡.
0 𝑟

Infatti abbiamo
∫ 𝑅
exp (𝑥 log(−𝑡 − 𝒊𝜖))

exp(𝑥 log(−𝑤))
2
𝒅𝑤 = 𝒅𝑡 =
𝑤 +1 𝑟 (𝑡 + 𝒊𝜖)2 + 1
𝐿1
( √ −𝜖
)
∫ 𝑅 exp 𝑥 log 𝑡2 + 𝜖2 + 2𝒊𝑥 arctan √
−𝑡+ 𝑡2 +𝜖2
= 2+1
𝒅𝑡
𝑟 (𝑡 + 𝒊𝜖)
( √ )
∫ 𝑅 exp 𝑥 log 𝑡2 + 𝜖2 + 2𝒊𝑥 arctan √ 𝜖
𝑡− 𝑡2 +𝜖2
= 2+1
𝒅𝑡.
𝑟 (𝑡 + 𝒊𝜖)

Ma log 𝑡2 + 𝜖2 e 1+𝑡+𝒊𝜖 sono uniformemente continue per (𝑡, 𝜖) ∈ [𝑟, 𝑅]×[0, 1],
dunque

𝑡2 + 𝜖2 = log 𝑡 e lim+ (𝑡 + 𝒊𝜖)2 + 1 = 𝑡2 + 1
( )
lim+ log
𝜖→0 𝜖→0

uniformemente in 𝑡 ∈ [𝑟, 𝑅]. Inoltre

𝜖 𝜖 𝝅
arctan √ ⩾ arctan √ ⩾− , ∀ 𝑡 ∈ [𝑟, 𝑅]
𝑟− 2
𝑟 +𝜖 2 2
𝑡− 𝑡 +𝜖 2 2

implica che
𝜖 𝝅
arctan √ →− , per 𝜖 → 0+
𝑡− 2
𝑡 +𝜖2 2

uniformemente in 𝑡 ∈ [𝑟, 𝑅]. Dunque possiamo passare al limite sotto il segno


di integrale, ottenendo

𝑅
exp(𝑥 log 𝑡 − 𝒊𝑥𝝅)
∫ ∫
exp(𝑥 log(−𝑤))
lim 𝒅𝑤 = 𝒅𝑡.
𝜖→0+ 𝑤2 + 1 𝑟 𝑡2 + 1
𝐿1

Analogamente otteniamo

𝑅
exp (𝑥 log(𝑡 − 𝑅 − 𝑟 + 𝒊𝜖))
∫ ∫
exp(𝑥 log(−𝑤))
lim 𝒅𝑤 = lim − 𝒅𝑡
𝜖→0+ 𝑤2 + 1 𝜖→0+ 𝑟 (𝑅 + 𝑟 − 𝑡 − 𝒊𝜖)2 + 1
𝐿2
∫ 𝑅 ∫ 𝑅
exp (𝑥 log(−𝑡 + 𝒊𝜖)) exp(𝑥 log 𝑡 + 𝒊𝑥𝝅)
= − lim+ 𝒅𝑡 = − 𝒅𝑡,
𝜖→0 𝑟 (𝑡 − 𝒊𝜖)2 + 1 𝑟 𝑡2 + 1

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56 Gamma di Eulero e Zeta di Riemann

e quindi
{∫ ∫ }
exp(𝑥 log(−𝑤)) exp(𝑥 log(−𝑤))
lim+ 𝒅𝑤 + 𝒅𝑤
𝜖→0 𝑤2 + 1 𝑤2 + 1
𝐿1 𝐿2
𝑅 ∫ 𝑅
exp(𝑥 log 𝑡 − 𝒊𝑥𝝅)

exp(𝑥 log 𝑡 + 𝒊𝑥𝝅)
= 2+1
𝒅𝑡 − 𝒅𝑡
𝑟 𝑡 𝑟 𝑡2 + 1
) 𝑅 exp(𝑥 log 𝑡)
∫ 𝑅
𝑡𝑥

= 𝒆−𝒊𝝅𝑥 − 𝒆𝒊𝝅𝑥
(
2
𝒅𝑡 = −2𝒊 sin(𝝅𝑥) 2
𝒅𝑡.
𝑟 𝑡 +1 𝑟 𝑡 +1

Consideriamo ora gli integrali su Γ1 e Γ2 . Anche qui per la continuità


uniforme dell’integrando otteniamo

exp (𝑥 log(−𝑤))
lim 𝒅𝑤 =
𝜖→0+ 𝑤2 + 1
Γ1
( ( √
2𝝅−arctan(𝜖/𝑅)
))
exp 𝑥 log − 𝑅2 + 𝜖2 𝒆𝒊𝑡 √ 2

= lim 𝑅 + 𝜖2 𝒊𝒆𝒊𝑡 𝒅𝑡
𝜖→0+ arctan(𝜖/𝑅) (𝑅2 + 𝜖2 )𝒆2𝒊𝑡 + 1
∫ 2𝝅 ( ( ))
exp 𝑥 log −𝑅𝒆𝒊𝑡
= 2 𝒆2𝒊𝑡 + 1
𝑅𝒊𝒆𝒊𝑡 𝒅𝑡
0 𝑅
e

exp (𝑥 log(−𝑤))
lim+ 𝒅𝑤 =
𝜖→0 𝑤2 + 1
Γ2
( √
2𝝅−arctan(𝜖/𝑟)
exp 𝑥 log − 𝑟2 + 𝜖2 𝒆−𝒊𝑡 √ 2
∫ ( ))
= − lim+ 𝑟 + 𝜖2 𝒊𝒆−𝒊𝑡 𝒅𝑡
𝜖→0 arctan(𝜖/𝑟) (𝑟2 + 𝜖2 )𝒆−2𝒊𝑡 + 1
2𝝅 −𝒊𝑡
( ( ))
exp 𝑥 log −𝑟𝒆

=− 𝑟𝒊𝒆−𝒊𝑡 𝒅𝑡.
0 𝑟2 𝒆−2𝒊𝑡 + 1
Dalle (4.20) e (4.21) otteniamo pertanto

sin(𝝅𝑥) 𝑅 𝑡𝑥
∫ 2𝝅 ( )
exp 𝑥 log(−𝑅𝒆𝒊𝑡 )

− 𝒅𝑡 + 𝑅𝒊𝒆𝒊𝑡 𝒅𝑡−
𝝅 𝑟 1+𝑡 0 𝑅2 𝒆2𝒊𝑡 + 1
(4.22)
exp 𝑥 log(−𝑟𝒆−𝒊𝑡 )
∫ 2𝝅 ( )
𝝅𝑥
− 2 𝒆−2𝒊𝑡 + 1
𝑟𝒊𝒆−𝒊𝑡 𝒅𝑡 = − sin ,
0 𝑟 2
per ogni 0 < 𝑟 < 𝑅.
D’altra parte
exp 𝑥 log(−𝑅𝒆𝒊𝑡 ) = exp 𝑥 Re(log(−𝑅𝒆𝒊𝑡 )) = 𝒆𝑥 log 𝑅 = 𝑅𝑥
( ) ( )

e quindi
2𝝅
( )
exp 𝑥 log(−𝑅𝒆𝒊𝑡 )

𝒊𝑡


2 2𝒊𝑡
𝑅𝒊𝒆 𝒅𝑡

0 𝑅 𝒆 +1
∫ 2𝝅
𝑅𝑥 2𝝅𝑅𝑥+1
⩽ 2
𝑅 𝒅𝑡 = 2 → 0, per 𝑅 → ∞,
0 𝑅 −1 𝑅 −1
tenuto conto che 𝑥 < 1.

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E. Buzano — Funzioni Analitiche 57

Analogamente
exp 𝑥 log(−𝑟𝒆−𝒊𝑡 ) = 𝑟𝑥
( )

e quindi
2𝝅
exp 𝑥 log(−𝑟𝒆−𝒊𝑡 )
∫ ( )
−𝒊𝑡


2 −2𝒊𝑡
𝑟𝒊𝒆 𝒅𝑡

0 𝑟 𝒆 +1
∫ 2𝝅
𝑟𝑥 2𝝅𝑟𝑥+1
⩽ 𝑟 𝒅𝑡 = → 0, per 𝑟 → 0,
0 1 − 𝑟2 1 − 𝑟2
tenuto conto che 𝑥 > −1.
Passando al limite per 𝑅 → ∞ e 𝑟 → 0+ nella (4.22) otteniamo allora

sin(𝝅𝑥) ∞ 𝑡𝑥

𝝅𝑥
− 2+1
𝒅𝑡 = − sin ,
𝝅 0 𝑡 2

che implica la (4.19), tenuto conto dell’identità


𝝅𝑥 𝝅𝑥
sin(𝝅𝑥) = 2 sin cos .
2 2
Teorema 4.12. La funzione 𝜻 ha un prolungamento analitico a C ∖ {1} con un
polo semplice in 𝑧 = 1 e soddisfa alla seguente identità
𝝅𝑧
𝜻(𝑧) = 2(2𝝅)𝑧−1 Γ(1 − 𝑧)𝜻(1 − 𝑧) sin , ∀ 𝑧 ∈ C ∖ {1}. (4.23)
2
Osservazione. La (4.23) si chiama equazione funzionale di Riemann.
Dimostrazione. Consideriamo la (4.1) e poniamo 𝑡 = 𝑛𝑠, con 𝑛 ∈ Z+ , nell’inte-
grale a secondo membro:
∫ ∞
Γ(𝑧) = 𝒆−𝑛𝑠 (𝑛𝑠)𝑧−1 𝑛 𝒅𝑠. (4.24)
0

Ripristinando la variabile 𝑡 in luogo di 𝑠, possiamo riscrivere la (4.24) come


∫ ∞
Γ(𝑧)
= 𝒆−𝑛𝑡 𝑡𝑧−1 𝒅𝑡.
𝑛𝑧 0

Sommando rispetto ad 𝑛 otteniamo infine che


∞ ∫
∑ ∞
𝜻(𝑧)Γ(𝑧) = 𝒆−𝑛𝑡 𝑡𝑧−1 𝒅𝑡, per Re 𝑧 > 1. (4.25)
𝑛=1 0

∑∞ −𝑛𝑡
La 𝑛=1 𝒆 è una serie geometrica di ragione 𝑒−𝑡 e quindi ne possiamo
calcolare la somma:
∞ ∞
∑ ∑ )𝑛 1 𝒆−𝑡 1
𝒆−𝑛𝑡 = 𝒆−𝑡
(
−1= −𝑡
−1= = 𝑡 , ∀ 𝑡 ∈ R+ .
𝑛=1 𝑛=0
1−𝒆 1 − 𝒆−𝑡 𝒆 −1

Scambiando la somma della serie con l’integrale a secondo membro della (4.25)
otteniamo ∫ ∞ 𝑧−1
𝑡
𝜻(𝑧)Γ(𝑧) = 𝒅𝑡, per Re 𝑧 > 1. (4.26)
0 𝑒𝑡 − 1

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58 Gamma di Eulero e Zeta di Riemann

Questo passaggio richiede naturalmente qualche commento. Innanzitutto l’in-


tegrale (4.26) converge poiché l’integrando diverge in 𝑡 = 0 come∑𝑡𝑧−2 con

Re 𝑧 − 2 > −1 per Re 𝑧 > 1. Sfortunatamente la convergenza della 𝑛=1 𝒆−𝑛𝑡
non è uniforme, dunque una giustificazione dello scambio della serie con l’inte-
grale nella (4.25) è piuttosto laboriosa, a meno di non invocare il teorema della
convergenza monotona di Beppo Levi. Per brevità non entriamo nei dettagli.
Calcoliamo ora
𝑒𝑡 − 1
( ) ( )
1 1 1
lim − = lim 𝑡 1−
𝑡→0 𝑒𝑡 − 1 𝑡 𝑡→0 𝑒 − 1 𝑡
( (∑ 𝑘 )) (∑ 𝑘−1 )
1 1 𝑡 1 𝑡
= lim 𝑡 1− −1 = − lim 𝑡 =
𝑡→0 𝑒 − 1 𝑡 𝑘! 𝑡→0 𝑒 − 1 𝑘!
𝑘=0 𝑘=2
(∑ 𝑘−2 )
𝑡 𝑡 1
= − lim 𝑡 =− .
𝑡→0 𝑒 − 1 𝑘! 2
𝑘=2

Ne segue che 𝑒𝑡1−1 − 1𝑡 − 12 ha una discontinuità eliminabile in 𝑡 = 0. Eliminando


tale discontinuità otteniamo una funzione continua che si annulla in 𝑡 = 0. In
particolare questo implica che
∫ 1( )
1 1 1 𝑧−1
− + 𝑡 𝒅𝑡
0 𝑒𝑡 − 1 𝑡 2

converge per Re 𝑧 > −1, perché l’integrando si comporta in 𝑡 = 0 come 𝑡𝑧 .


Possiamo allora scrivere
∫ 1 𝑧−1 ∫ 1( ∫ 1(
𝑡𝑧−1
) )
𝑡 1 1 1 𝑧−1 𝑧−2
𝑡
𝒅𝑡 = − + 𝑡 𝒅𝑡 + 𝑡 − 𝒅𝑡
0 𝑒 −1 0 𝑒𝑡 − 1 𝑡 2 0 2
∫ 1( )
1 1 1 𝑧−1 1 1
= 𝑡
− + 𝑡 𝒅𝑡 + − , per Re 𝑧 > 1
0 𝑒 −1 𝑡 2 𝑧 − 1 2𝑧

e quindi
∫ 1( ) ∫ ∞ 𝑧
1 1 1 𝑧−1 1 1 𝑡 −1
𝜻(𝑧)Γ(𝑧) = 𝑡
− + 𝑡 𝒅𝑡 + − + 𝒅𝑡, (4.27)
0 𝑒 −1 𝑡 2 𝑧 − 1 2𝑧 1 𝒆𝑡 − 1

per Re 𝑧 > 1.
Grazie alla (4.11), Γ non si annulla mai. Ne segue che possiamo dividere per
Γ(𝑧) ed ottenere
(∫ 1 ( ) ∫ ∞ 𝑧 )
1 1 1 1 𝑧−1 1 1 𝑡 −1
𝜻(𝑧) = − + 𝑡 𝒅𝑡 + − + 𝒅𝑡 .
Γ(𝑧) 0 𝑒𝑡 − 1 𝑡 2 𝑧 − 1 2𝑧 1 𝒆𝑡 − 1
(4.28)
Poiché gli integrali a secondo membro della (4.27) convergono per Re 𝑧 > −1
e Γ(𝑧) ha un polo semplice in 𝑧 = 0, il secondo membro della (4.28) è analitico
per Re 𝑧 > −1, salvo che in 𝑧 = 1 dove c’è un polo semplice. Dunque il secondo
membro è un prolungamento analitico della 𝜻 a {𝑧 ∈ C : Re 𝑧 > −1, 𝑧 ∕= 1}.
D’altra parte per Re 𝑧 < 0 abbiamo che
∫ ∞(
𝑡𝑧−1
)
1 1 𝑧−2
− =− 𝑡 − 𝒅𝑡
𝑧 − 1 2𝑧 1 2

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e quindi possiamo riscrivere la (4.28) come


∫ ∞( )
1 1 1 1 𝑧−1
𝜻(𝑧) = − + 𝑡 𝒅𝑡, per −1 < Re 𝑧 < 0. (4.29)
Γ(𝑧) 0 𝒆𝑡 − 1 𝑡 2
Osserviamo ora che
1 1 1 𝒆𝑡 + 1 1 𝒆𝑡/2 + 𝒆−𝑡/2 1 2 cos(𝒊𝑡/2) 𝒊 cos(𝒊𝑡/2)
𝑡
+ = 𝑡
= 𝑡/2 −𝑡/2
= = .
𝒆 −1 2 2 𝒆 −1 2 𝒆 −𝒆 2 −2𝒊 sin(𝒊𝑡/2) 2 sin(𝒊𝑡/2)
Dal lemma 4.8 otteniamo che
∞ 𝒊𝑡
𝝅 cos(𝒊𝑡/2) 2𝝅 ∑ 𝝅
= + 𝑡2 .
sin(𝒊𝑡/2) 𝒊𝑡 𝑛=1
− 4𝝅 2 − 𝑛
2

e quindi

1 1 𝒊 cos(𝒊𝑡/2) 1 ∑ 2𝑡
𝑡
+ = = + . (4.30)
𝒆 −1 2 2 sin(𝒊𝑡/2) 𝑡 𝑛=1 𝑡 + 4𝑛2 𝝅 2
2

Sostituendo nella (4.29) otteniamo infine che


∞ ∫
1 ∑ ∞ 2𝑡𝑧
𝜻(𝑧) = 𝒅𝑡, per −1 < Re 𝑧 < 0. (4.31)
Γ(𝑧) 𝑛=1 0 𝑡2 + 4𝑛2 𝝅 2
La giustificazione dello scambio della serie con l’integrale è laboriosa, a meno di
non invocare il teorema della convergenza monotona di Beppo Levi. Per brevità
non entriamo nei dettagli.
Poniamo ora 𝑡 = 2𝝅𝑛𝑠 nell’integrale a secondo membro della (4.31):
∞ ∫ ∞
1 ∑ 𝑧−1 𝑠𝑧
𝜻(𝑧) = 2(2𝝅𝑛) 𝒅𝑠
Γ(𝑧) 𝑛=1 0 𝑠2 + 1
2(2𝝅)𝑧−1 𝜻(1 − 𝑧) ∞ 𝑠𝑧

= 𝒅𝑠, per −1 < Re 𝑧 < 0.
Γ(𝑧) 0 𝑠2 + 1
Per il lemma 4.11 e il teorema 4.9 possiamo allora concludere che
sin(𝝅𝑧) 𝝅
𝜻(𝑧) = 2(2𝝅)𝑧−1 𝜻(1 − 𝑧)Γ(1 − 𝑧)
𝝅 2 cos(𝝅𝑧/2)
= 2(2𝝅)𝑧−1 𝜻(1 − 𝑧)Γ(1 − 𝑧) sin(𝝅𝑧/2),
per −1 < Re 𝑧 < 0.
D’altra parte 2(2𝝅)𝑧−1 𝜻(1 − 𝑧)Γ(1 − 𝑧) sin(𝝅𝑧/2) è analitica per Re 𝑧 < 2 e
𝑧 ∕= 1, dove c’è un polo semplice e quindi definisce un prolungamento analitico
della 𝜻 a C ∖ {1}. Grazie al teorema 3.8 possiamo allora concludere che la (4.23)
vale in C ∖ {1}.
Proposizione 4.13. La funzione 𝜻 non si annulla per Re 𝑧 > 1, e nel semipiano
Re 𝑧 < 0 ha soltanto degli zeri semplici in 𝑧 = −2𝑛 per ogni 𝑛 ∈ Z+ .
Dimostrazione. Grazie al teorema 4.10, la 𝜻 non si annulla nel semipiano Re 𝑧 >
1.
D’altra parte gli eventuali zeri di 𝜻 nel semipiano Re 𝑧 < 0 debbono annullare
il secondo membro della (4.23). Poiché 𝜻(𝑧) non si annulla nel semipiano Re 𝑧 >
1, abbiamo che 𝜻(1 − 𝑧) ∕= 0 per Re 𝑧 < 0. D’altra parte anche Γ(1 − 𝑧) non si
annulla e quindi il secondo membro della (4.23) si annulla nel semipiano Re 𝑧 < 0
solo se si annulla sin 𝝅𝑧2 e cioè per 𝑧 = −2𝑛, con 𝑛 ∈ Z+ .

Università di Torino
60 Gamma di Eulero e Zeta di Riemann

Possiamo ora enunciare uno dei più importanti problemi aperti della mate-
matica al momento in cui sono state scritte queste note (Giugno 2009) e cioè se
e vera o falsa la cosiddetta
Ipotesi di Riemann: gli zeri di 𝜻 appartenenti alla striscia 0 ⩽ Re 𝑧 ⩽ 1
cadono tutti sulla retta Re 𝑧 = 21 .

Quaderni Didattici del Dipartimento di Matematica

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