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Il Cappello frigio e altri simboli

cosmici

<< Negli Angeli l’amore è sviluppato fin quasi alla


perfezione; nell’uomo l’amore non è sviluppato quasi
per nulla ed è confuso con molte altre entità che
sgorgano dai regni del desiderio. A differenza degli
angeli l’uomo non ha ricevuto il dono dell’amore
puro: per poter progredire deve perfezionarsi fino
ad imparare ad amare senza condizioni e senza
desiderio>>.

Mark Hedsel

He ♥ Δ+E3 e ¶ † ⅔ ∑⌂5

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Il Cuore come metafora dell’unione e
dell’essenza

Il primo capitolo è stato motivo di ricerca per


mostrare l’importanza del superamento della
dicotomia. “L’Essere è Totale” significa
considerare il fatto che non siamo divisi. Il
sentirsi divisi e non riuscire ad armonizzare è
causa di problemi su vari livelli.
Creiamo barriere dentro l’immensità
relazionale che ci avvolge ad ogni livello. Se
consideriamo la vita quotidiana, base per la
ricerca, notiamo come per affrontare con
serenità la giornata occorra sentirsi armoniosi,
costanti, pratici, convinti ed in forma, costanti.
I miti intervengono all’interno dei processi
quotidiani, si calano all’interno del contesto

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relazionale quotidiano poiché lo trascendono e
lo inglobano. Così come l’archetipo, i simboli e
le metafore che si rifanno alla figura del Cuore.
Ognuno di noi ha un’immagine mentale del
Cuore. Eppure nelle sue mille varianti
l’immagine del cuore, metafora dell’amore e
della spiritualità, conserva la sua peculiare
caratteristica: l’incontro di due poli, due metà,
due. Per creare Uno. L’amore, la meditazione,
portano nelle persone uno stato di
partecipazione mistica all’esperienza della
totalità che ci trascende. In alcune forme di
guarigione è sempre presente uno stato
meditativo, contemplativo, della persona
sofferente, che può essere anche la preghiera
o l’affidarsi a qualcosa di più grande di lui,
credere che esiste una finalità totalizzante
benefica. L’amore stesso, se vissuto nella sua
dimensione spirituale permette di sviluppare
delle sensazioni positive per sé e per l’altro,
l’amore è unione.

L’immagine del Cuore contiene vari livelli di


analisi e rappresentazioni; richiama inoltre
alcuni interessanti concetti:

1. Alchemico/esoterico Quadratura del


cerchio,
Sublimazione
Alchemica
Rosa Croce.

2. Religioso Cristianesimo,
cuore/croce.

3. Mitologico Venere, cupido.

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4. Simbolico Ouroboros, cerchio,
Terzo Occhio,
Triangolo.

5. Culturale L’Amore e la
coppia.

6. Spirituale Chakra, Loto, Rosa.

Risulta singolare anche il proprio stile nel


disegnare un cuore. A mano libera (a parte per
i pittori di talento) le due metà che
compongono il cuore non saranno mai
totalmente uguali e simmetriche. Cambieranno
di volta in volta e da persona a persona:

a) L’inclinazione rispetto al foglio (quadrato).


b) La dimensione sia del cuore in generale che
delle singole metà.
c) La lunghezza e il diametro.
d) L’espressività e i colori.
e) La scelta stilistica e l’aspettativa del
soggetto.

Nel simbolismo classico il cuore rappresenta il


centro dell’essere, sia fisico che spirituale. Il
centro del macrocosmo e del microcosmo.
Se già in alcune tradizioni il cuore è
strettamente associato alla compassione,
comprensione, il “luogo segreto”, la carità, che
contiene il sangue della vita.
In tradizioni millenarie come quella Azteca, il
cuore rappresenta il centro dell’uomo, il
principio vitale unificante. Per gli Indù è la

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dimora di Brahma: “É Brahma, è tutto”. Il
cuore è simboleggiato dal loto.
L “Occhio del Cuore” è il Terzo occhio di siva,
saggezza trascendente, lo spirito onnisciente,
illuminazione.
Per il Tao è la sede della comprensione: Il
saggio ha sette orifizi nel cuore, tutti aperti.
Sia l’occhio, che il cuore sono associati al Sole i
cui rimandi simbolici sono la luce (quindi la
conoscenza, saggezza) e la sfera o cerchio
(perfezione, ciclicità, e tutto il simbolismo del
cerchio). La metà superiore del cuore, in un
disegno stilizzato (es. ♥ ), richiama l’immagine
del Tre (3) girato di novanta gradi.
Quindi occhio, sole, croce e cuore sono
intrinse- camente associati in un pelago di
rimandi simbolici e metaforici, talvolta
intrecciati a formare un significato unico, come
per esempio nel Sigillo della Catholic
Confederacy proclamata in Irlanda nel 1642: il
cuore fiammeggiante è il simbolo dominante, e
denota fervore religioso; è accompagnato da
Corona (simbolo che si rifà al cerchio), Croce
(che sta in centro), Colomba (la spiritualità) e
Arpa (simbolo irlandese).
Mi sono accorto, attraverso alcuni “calcoli” che
la parola “cuore” gioca sul simbolismo del tre
(spirito) e del quattro (materia): per esempio le
lettere R ed E sommate danno 21, che dà 3 (in
numerologia si ricavano sempre numeri interi e
simbolici). Sia in italiano che in inglese, ma
anche in francese (coeur), la parola cuore è
composta da 5 lettere (che ricordano la quinta
essenzia).
In numerologia il Cinque indica la Libertà, è
simbolo di Mercurio.

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Sennonché il numero 5 in arabo è

rappresentato in modo circolare .

Il numero cinque è associato alla lettera “E”


che denota, in numerologia Dichiarazione
d’amore (colpo di scena), desiderio di
tenerezza e bisogno di cercare altrove ciò che
non si trova in casa propria (ovvero la ricerca
della metà), e l’espressione “va dove ti porta il
cuore” ne racchiude una forte intuizione.
Stando sempre sul numero Cinque, i Romani e
prima ancora gli Etruschi, ne avevano fatto il
numero del matrimonio (che unisce due
principi e cioè il maschile/cielo/tre e il
femminile/terra/due) che veniva celebrato fra
cinque fiaccole accese: il 5 rappresenta per i
greco-romani amore e unione, quindi Venere e
i 5 anni venusiani.
Inoltre, nella Kabbalah la lettera 5, ovvero He
(che è peraltro l’iniziale di cuore presso le
lingue anglofone) è il simbolo esoterico dell’
Ispirazione, senza la quale l’essere umano
prima e l’artista-scienziato in seguito non
potrebbero percepire gli impulsi della propria
interiorità né ciò che viene dai piani più sottili.
Il 5 denota altre due cose fondamentali: è
sinonimo di quinta essenza; rappresenta il
centro, ovvero il fulcro della croce, concetto
che sarà ripreso più avanti. Aggiungiamo che
la svastica, che è una croce, si trova proprio
nel cuore di Buddha, nel centro della vita.

Pure coincidenze? O gioco di corrispondenze


esoteriche e gnostiche da cui siamo lontani nel
carpirne l’essenza?

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Il numero è l’archetipo del simbolo.
Torniamo ancora al numero 5 che (secondo la
mia intuizione) racchiude la parabola del Cuore
(come quintessenza). Il cinque è anche
associato alla stella e ai pentagramma ( come
quello musicale) che con il cerchio ne
condividono alcuni significati come di Centro e
di Perfezione: cinque è un numero circolare in
quanto si riproduce nell’ultima cifra innalzato a
potenza.
La squadra e il compasso massonico formano il
sigillo della quintessenza (3 + 2) ovvero la
quadratura del cerchio ed anche l’unione dei
poli maschile (associato al numero dispari tre)
e del femminile (associato al numero pari del
due). Per il Buddismo il cuore ha quattro
direzioni, cinque con il suo centro, che
rappresenta l’universalità, infatti è la svastica
che concretizza l’immagine del cuore anche
come metafora di direzioni o vie. Anche nel
cristianesimo riscontriamo una simile
interpretazione. Il cuore e la croce sono uniti
anch’essi dalla simbologia del numero cinque:
la croce ha cinque punte o direzioni, cioè i
quattro punti cardinali più il centro.

È come se, in fondo, un recondito sapere


misterico che si può scorgere in questi simboli
volesse comunicare l’unica vera realtà che
comprende tali simboli: la totalità e il
superamento della dicotomia. Il cuore ad
esempio, presuppone l’incontro più o meno
romantico, di due persone, di due cuori per far
nascere un solo amore con potere sublimatore
delle passioni. Metaforicamente parlando
possiamo dire: “la strada è unica. I segnali

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stradali sono infiniti, quanti infiniti sono i
singoli desideri di percorrerla”.

Un ultimo simbolo associato al cinque e di


conseguenza al cuore è la mano. Essa se tesa,
con le cinque dita aperte indica accoglienza o
dono, apertura e disponibilità con i suoi
significati e rimandi psicologici e sociali di
interazione, empatia, generosità, giustizia.
Nelle iconografie cristiane si nota in alcuni
dipinti come Cristo sorregge in mano il cuore, o
il mondo (simboli circolari e totali). Tra le tante
rappresentazioni delle mani e dei loro
interminabili significati, ci interessa qui
costatare che le mani congiunte indicano
unione, matrimonio mistico, amicizia,
promessa di fedeltà; è come l’unione di due
cuori che battono all’unisono. Infine, ma c’era
d’aspettarselo, la Mano degli egiziani raffigura
l’unione del femminile e del maschile, del
fuoco e dell’acqua: il cerchio si chiude!
Per rimanere sulle parti del corpo, anche il
naso è una figura a forma di cuore, capovolto.
Il naso con le coane (che ha assonanze con
cuore) è l’inizio della respirazione, indi della
vita. Ogni naso è diverso, non ce n’è uno
uguale e tuttavia tutti hanno la stessa
funzione.

L’amore il cui simbolo è il cuore è una delle


chiavi di accesso, che stiamo proponendo in
questo libro. Il suo simbolismo, con l’immagine
del cuore racchiude svariati contesti e
significati. “Bisogna ascoltare la voce del
cuore”, le cose “fatte con amore o col cuore”,
sono le più gratificanti, l’aver un “cuor di
leone” (il leone, associato al sole è il quinto

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segno zodiacale), il pentagramma musicale, il
“cuore d’oro” sono tutti significati da
ricondurre all’unità della forza dell’amore. In
un epoca come la nostra dove i grandi
significati hanno un po’ smarrito la loro origine
di guida e illuminazione possiamo solo
sperimentare nella migliore delle ipotesi una
forma di amore che è appena passione per
l’altro, non dono totale e gratuito. Il Cuore
nella suo significato simbolico racchiude anche
altri significati. Prima avevamo visto che la
parte superiore di un cuore è un tre rovesciato
e orizzontale. Il numero tre riveste un profondo
significato relativamente alla scissione
spirituale, per le correnti esoteriche. Il tre
rappresenta infatti la fusione, la saggezza,
l’amore (che è l’atto di fare tre partendo da
due in un unico afflato: 1+1=3, poiché il
risultato della somma di due Valori è
pienamente concordante con un “di più” della
somma stessa). “Tutto quello che so, dopo
tanto cercare, è che il segreto di tutto è
l’amore”… “L’amore è di per sé una via
iniziatica. L’amore insegna come guardare il
mondo”. [Hedsel, 1999]. L’amore è una forza
che spinge l’uomo verso mete a volte
disperate e irraggiungibili. La vera meta in
questo caso non è l’arrivo ma la vera meta è il
viaggio. Una significativa riflessione di Roberto
Assagioli (1977) dice: “Una delle cause
principali dei disordini della nostra epoca è la
mancanza di amore da parte di coloro che
hanno volontà e la mancanza di volontà in chi
è buono e pieno di amore”.
Analizzando il cuore come immagine simbolica
scopriamo che una delle prime raffigurazioni
del cuore che ho potuto rileggere in chiave

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simbolica è associata proprio al pianeta
Venere. Nell’astronomia precolombiana una
delle rappresentazioni di Venere consisteva in
un disco alato. Il pianeta Venere è raffigurato
sulle porte dei templi, come un cerchio che ne
contiene un altro piccolo ed ha quattro ali. In
realtà il simbolo in seguito avrà certamente
subito (anche in maniera involontaria) certi
mutamenti, giungendo sino a noi sotto forma
del simbolo che tutti conosciamo benissimo,
ovvero il cuore.
Inizialmente il “sigillo” di Venere, che in Grecia
ha assunto le vesti di Dea dell’Amore,
racchiudeva il significato di Occhio, o per
meglio dire di Terzo Occhio e le ali stavano ad
indicare una dimensione trascendente il
materiale che solo con l’amore è possibile
raggiungere. Allora “Cerchi Amo” di essere
ricettivi al messaggio dell’amore, in un epoca
dove l’utilità di una cosa è la sola misura per
tutto e ciò che è utile si riduce a ciò che mi
serve qui e ora.
Tutti i grandi pensatori carismatici hanno
dissertato sulla forza vitale dell’amore. Alcune
frasi tratte dal libro “L’arte di vivere” di Gandhi
serviranno a chiudere il discorso sul cuore e
quindi sulla natura dell’amore.

“Il fatto che ci siano ancora tanti uomini al


mondo dimostra che esso è basato non sulla
forza delle armi, ma sulla forza della Verità e
dell’Amore”..”due facce della stessa
medaglia”.

“Se si aprono le porte del cuore tutto può


entrarvi”.

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“L’amore trova compenso in se stesso”.

“L’amore è la forza più grande che il mondo


possieda, e tuttavia è la più umile che si possa
immaginare”.

““Cos’è
Cos’è l’ a m o r e? Due domande che cercano una
comune risposta!”…

Il Terzo Occhio

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()
Questo simbolo ricorrente in varie culture
cristiane e pre-cristiane come quella Greca,
Egizia, Orientale rappresenta vari elementi tra
cui:

• L’Occhio
• La Bocca
• il Pesce
• Il Seme
• L’aura o Vesica Piscis
• La vulva
• la Verginità
• Il segno astrologico del cancro
• Uovo
• Vaso
• Portale
• Ru: il geroglifico egiziano. emblema
della bocca, dell’occhio, dell’utero ()
• Il segno del Cancro (che come forme
somiglia al Ru

Un simbolo che racchiude dunque una


enigmatica commistione di significati e di
rimandi simbolici. Un simbolo che cambia e si

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rinnova nelle varie culture. L’aura o Vesica
Piscis o ancora Mandorla Mistica che avvolge i
santi (o l’aureola) è un simbolo adottato già
nell’Egitto dei faraoni.
Si ritrova poi in contesti cristiani per
rappresentare la santità o alto livello spirituale
della persona che ne è circondata come
avvolta tra due “braccia”. Rappresenta in
sostanza il Terzo occhio.
“Lo spirito e la materia non sono polarità, bensì
aspetti differenti della stessa cosa” [M. Hedsel,
1999].
Il simbolo che d’ora in poi chiameremo Ru,
dato dall’unione di due poli simmetrici e
complementari, rappresenta elementi sia
“materiali” come il seme e la bocca e spirituali
come l’aura e il Terzo Occhio. Quest’ultimo
elemento sta a indicare una dimensione
raggiunta di integrità spirituale, è cioè un
occhio che vede non solo le cose materiali ma
soprattutto l’essenza che si cela dentro di
esse, vede il Tutto dentro un granello di sabbia.
L’aureola dell’arte cristiana che si rifà al Ru
compare in molte cattedrali, solitamente
accoglie il corpo di Maria Vergine, come per
esempio in una delle vetrate della cattedrale di
Burgos, in Spagna.
In realtà il segno raffigurante Ru () un
importante geroglifico egizio ha dato origine al
simbolo egiziano Ankh, la croce egizia (un altro
elemento in comune con il cristianesimo),
successivamente divenuto simbolo di Venere
♀, dea dell’Amore. L’Ankh, una croce
sormontata da un cerchio, indica l’unione dei
principi opposti del maschile e del femminile,
Osiride e Iside dell’umano e del divino, è
presente come simbolo presso molti popoli tra

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cui tibetani, lapponi, svizzeri, compare in Siria,
Cina, Danimarca, Fenicia. In Egitto è Maat, Dea
della Verità che tiene in mano come una
chiave l’Ankh, che si può paragonare per
parallelismi alla bilancia con la quale condivide
in primis le due dimensioni del
Sopra/Cerchio/Cielo o Sole/Eternità da una
parte e del Sotto/Quadrato/ Terra/Lunghezza-
Larghezza dall’altra.

Il punto di domanda è Perché significati diversi


e talora opposti e paradossali si ritrovano
insieme nello stesso simbolo che indica:
visione-risveglio-illuminazione; verginità-vulva-
spiritualità; porta-passaggio-aura.
È dunque un simbolo che riveste significati
apparentemente diversi e contrastanti a
seconda del contesto storico, culturale,
biologico e esoterico dove compare.
Un po’ come la svastica che nel buddismo
rappresen- ta il cuore di Buddha, nel nazismo,
invece, indica sempre una purificazione o
elevazione, ma a senso unico e secondo la
pazzia di Hitler.
Come dice Carl Gustav Jung nel suo libro
“Psicologia e Alchimia” (1944): “stranamente il
paradosso appartiene ai beni spirituali più
preziosi”. Paradossi che stanno alla base della
religione, della politica, dell’economia, della
società, che investono l’individuo e che
scardinano i presupposti logici della mente
razionale e positiva. Ogni cultura, ogni
religione, filosofia o mito, porta con sé nei
propri simboli un frammento di verità.
Lo sbaglio, individuale e collettivo sta proprio
nell’assolutizzare questo frammento di verità

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relativo e proporlo come dogma perdendo quel
senso di unità cosmica che precede la
costruzione mentale e paramentale del
significato simbolico.
Una verità stupefacente quanto semplice è il
potere delle mani e delle dita di formare molti
dei simboli geometrici fondamentali come il
triangolo, il cerchio, il Ru, losanga, ellisse,
uovo, cuore, ma solo attraverso l’unione delle
due mani. È curioso come per formare il
cerchio basta una sola mano (come nell’OK, o
nel pugno), mentre per formare un quadrato o
un quadrilatero occorrono invece quattro mani
(che hanno ad una estremità i pollici uniti
verticalmente e all’altra estremità del quadrato
le palme parallele). Infine per formare il cuore
occorrono due mani. Un odierno modo di
salutare diffuso tra i teenegers consiste
nell’incontro delle mani l’una verso l’altra con
uno schiocco seguito dall’incontro dei pugni
dei due che si battono.
Tale saluto esprime senso di accoglienza e
uguaglianza, come anche forza nell’unione.
Anche nelle mani, dunque, si può cogliere quel
senso di appartenenza simbolica a realtà che
esprimono un patrimonio comune di
conoscenza, attraverso la geometria sacra, i
numeri “magici” e simbolici quali l’Uno, il Due,
il Tre, il Quattro…il Dieci.
Sul tempio di Apollo a Delfi si può leggere: “Il
numero è la legge del cosmo”. I simboli, come
anche gli archetipi e i miti comunicano sempre
con la parte desta del cervello, che parla un
linguaggio fatto di immagini e metafore in
sintonia con la logica interna racchiusa dai
simboli. Il cervello destro comprende anche il
linguaggio delle emozioni e delle sensazioni,

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della comunicazione paraverbale ed
emotivamente coinvolgente.
Ritorniamo all’argomento che ci interessa qui
in modo particolare: il Ru, ovvero il Terzo
Occhio.
Essendo un simbolo mitologico la cui origine si
perde nella notte dei tempi, esso compare in
molte delle tradizioni religiose o di culto
pagano. Si può stilare una breve lista di origini
del Terzo Occhio. A sinistra indichiamo la zona
geografica interessata e a destra il
corrispettivo simbolo del Terzo Occhio nelle
sue varie rappresentazioni in Dei o animali:

Oriente Dea Durga, la Madre Terribile, il


cui terzo occhio, simboleggia il potere
di liberare l’uomo dall’illusione della
dua- lità e dello squilibrio.
Il Dio Kali e Siva nell’Induismo1.
Buddha e l’occhio
dell’Illuminazione.

Egitto L’Uraeus è il Terzo Occhio di


Ra
che assume forma di cobra.

Cristiano L’occhio di Dio in un Triangolo;


la Vescica Piscis che riprende il
Ru egiziano.

Alchemico Unicorno, Mercurio, l’Oro.


1
Gli indiani usano adornarsi la fronte con un punto rosso
disegnato tra i due occhi.

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L’unicorno compare in diverse allegorie
cristiane, alchimistiche, medievali ed anche
orientali, sia come cavallo, sia come cervo,
leone, grifone e pesce. Spesso si trova
associato in dipinti dove compare una vergine,
oppure nel Giardino dell’Eden o ancora ad
indicare Mercurio o meglio assieme al leone
esprime la tensione esistente fra i contrari
all’interno del mercurio, chiaramente
alchimistico. Il significato è comunque lo
stesso in tutte le rappresentazioni ovvero il
superamento della dicotomia materiale e la
visione sdicotomizzazta dell’essenza delle cose
che si raggiunge con una purificazione
spirituale che risveglia nel novizio la visione
trascendentale e totale. I due corni congiunti
fino a formarne uno solo simboleggiano
l’unione degli opposti e il potere sovrano e
indiviso. L’unicorno è anche associato alla
Montagna il cui simbolismo sarà spiegato più
avanti.
Secondo Platone “c’è un occhio dell’anima …
soltanto con esso si vede la Verità”.
Forse il monito principale, escatologico, che ci
viene concesso da tali raffigurazioni è il fatto
che l’umanità deve risvegliare il potere del
terzo occhio per essere guidata nella “dritta
via” e contemplare attraverso l’amore e il
superamento della condizione materiale di
cecità l’unica Verità che ci trascende e di cui
facciamo parte: l’Unità dell’uomo con il cosmo.
Unità che avviene per gradi e che passa dalla
solidarietà tra gli uomini, dall’armonizzazione
dell’uomo con la natura e infine dalla

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consapevolezza di appartenere ad un universo
che ci contiene e che conteniamo.
Infine se volessimo rappresentare il Terzo
Occhio o Ru sotto le spoglie naturali dovremmo
ricorrere al Mirto, che ha dietro come per
l’unicorno una complessa simbologia. Il Mirto
rappresenta il principio femminile, la Vesica
Piscis. La corona di mirto è portata dagli
iniziati, può indicare amore, parto, felicità e
gioia, inoltre simboleggia il germinare, il
rinascere di vita, il suo rinnovarsi. Portare in
testa una corona di mirto per un iniziato
equivaleva a saldare il cerchio collegando
l’Ariete (la Testa) ai Pesci (i Piedi) così da
chiudere simbolicamente il cerchio della vita
passata. Un altro simbolo del terzo occhio è il
corno (cornucopia, corno d’oro, eccetera).

Ma è solo un concetto così astratto quello del


Terzo Occhio? La risposta è negativa, in quanto
il Terzo Occhio si può riclassificare come sede
dell’anima, ovvero quella che già Cartesio
identificava essere albergata nella ghiandola
pineale, ovvero la piccolissima ma
importantissima Epifisi sede del controllo delle
emozioni. L’epifisi è una ghiandola, di cui già
parlava Aristotele nel 380 a.C. circa, i cui
misteri non sono del tutto svelati. Essa è una
ghiandola endocrina, sita nel centro del
cervello, che produce la melatonina, un
neurotrasmettitore (neuropeptide) che ha
varie funzioni:
presiede alla regolazione del ciclo sonno
veglia;
sviluppo psicofisico nell’uomo;
reattività comportamentale (attacco – fuga);

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permette anche un migliore adattamento agli
sbalzi nei ritmi circadiani e del fusorario (per
esempio ne jet lag).
Ma la funzione più importante e forse meno
conosciuta riguarda l’ampliamento delle
facoltà percettive e della coscienza se prodotta
in quantità maggiori della norma o se
introdotta farmacologica- mente (come
sostanze allucinogene).
Infatti, molti mistici, medium e sensitivi, o chi
dichiara di aver avuto/subito esperienze
paranormali (come il caso degli incontri
ravvicinati di 4° tipo), hanno dosi al di sopra
della norma in circolo di melatonina o
serotonina (il precursore chimico della prima).
In sostanza, per non entrare troppo nei dettagli
tecnici, la funzione della melatonina, ad un
livello “ottimale” sarebbe quello di porre
l’uomo nella facoltà di “viaggiare” per altri
mondi, fare esperienze che derivano da una
maggiore lucidità mentale con la liberazi9one
di nuove possibilità percettive (e niente di
strano che gli egizi erano al corrente di
tecniche facilitatici in tale proposito, che
svolgevano all’interno delle Piramidi/parabole,
ovvero captavano frequenze più ampie,
rispetto a quelle della normale vita quotidiana,
vedi Zed, tecniche di imbalsamazione e
Orione). La melatonina, o meglio la ghiandola
pituitaria, sarebbe il Terzo Occhio, capace di
espandere i livelli ordinari di coscienza,
catalizzerebbe reazioni “spirituali”. Ma alla
scienza forse non interesserà tanto...

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L’uovo e l’uomo

Un altro simbolo che suscita mistero e allo


stesso tempo armonia è sicuramente quello
dell’ Uovo e delle sue rappresentazioni in
ambito cosmogonico, artistico-esoterico,
biologico, mitico e metaforico. Esso, peraltro
condivide con il Ru alcuni elementi di
simmetria e disposizione.
In natura l’uovo o la sua conformazione
dimensionale si scorge tra le seguenti
strutture:

• l’ovoide fetale,
• l’ovoide encefalico (emisferica
cerebrale)
• l’ovoide cefalico umano,
• nelle unità minerali,
• nelle unità vegetali (frutti, semi, foglie,
Protofiti, ecc.),
• unità intracorporee e corporee animali
(il cuore è biovale);
• in molte manifestazioni morfologiche di
malattie (ascesso, calcoli, ulcera,
ragade, fistola, pustola, cisti, neo, ed in
alcune forme di cancro).

Insomma, l’uovo è una rappresentazione


naturale che ha delle corrispondenze sia sul
piano morfologico e bio-fisico sia sul piano
simbolico-interpretativo (come vedremo) e
sorregge una possibile spiegazione scientifica

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della costituzione universale in senso evolutivo
e decisamente energetica. Secondo l’ipotesi
biocosmica (cfr. L. Nivoli & Ciu, Pen, Lei, 1976)
l’uomo essendo una creatura cosmica inserita
nell’armonia naturale e cosmica è
compartecipe dei rapporti intimi e continui fra
energia e materia, fra costituzione terrestre e
costituzione biologica. L’uomo è un
microcosmo. Se il cosmo è un uovo (o
rappresentato come tale) anche l’uomo è
espressione ovoide del cosmo. L’uomo
essendo l’ultimo gradino (almeno per ora..) di
quell’evoluzione cosmica iniziata molto prima
si ritrova a possedere in sé tutte le
caratteristiche energetiche e formali dei
precedenti stadi evolutivi, in particolare:

1. la Situazione Minerale (planetaria


e galattica);
2. la Situazione Vegetale (verticale
inferiore) e Acquea/ittica;
3. la Situazione Animale (orizzontale
anteriore);
4. La Situazione Antropica e
Mentale.

Ogni Evoluzione contiene la precedente che


funge da basamento energetico ed evolutivo.
Così la natura dell’uomo è in corrispondenza
totipotente con la struttura energetica cosmica
che evolverebbe per gradi, dal più “basso” e
pesante al più “alto”, endoverticale, meno
caotico e totalizzante di tutte le potenzialità
che stanno alla base.
Da questa descrizione risulta una figura
rappresentazionale a piramide conica o ad

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uovo contenente all’interno una sorta di Axis
Mundi che avanza con moto endoverticale man
mano che la piramide si evolve strato per
strato conservando e integrando le proprietà
precedenti (cfr. Ciu, Pen, Lei, 1976).

I Dogon, una popolazione del Mali, in Africa,


nella loro cosmogonia, una delle più antiche e
imperturbate, vengono rappresentati 14 mondi
verticali che ruotano attorno ad un unico “asse
cosmico” ed hanno tutti la stessa forma: un
disco circolare con un’isola al centro,
circondata dalle acque. Ogni mondo è
circondato da un serpente (alias Ouroboros)
che si morde la coda, una rappresentazione
comune a culture vicine all’ Africa o lontane
come l’Oriente..
La terra degli uomini fa parte, secondo i
Dogon, dei 7 mondi inferiori. Inoltre, più si
scende verso il basso, più i mondi e l’universo
sono “caotici”. La struttura generale dei mondi
verticali dei Dogon ricorda la precedente
rappresentazione di Ciu, Pen e Lei.
Ma c’è di più.
Nelle varie culture Orientali e Occidentali,
antiche e nuove, l’ “Uovo Cosmico” sinonimo
di sfera, è il principio vitale, la totalità
indifferenziata e la potenzialità, il germe di
tutta la creazione, nonché lo stato perfetto
degli opposti uniti.
È quindi un altro simbolo della totalità, insieme
al cerchio, al cuore, all’albero e al serpente.
Quest’ultimo si ritrova spesso attorno all’uovo
e lo cinge sottoforma di Ouroboros. Talora è lo
stesso serpente che depone l’uovo il quale
esce dalla sua bocca. Ciò è vero nei miti
egiziani dove tra l’altro il dio Ptah, il Padre

75
Creatore plasma nella sua ruota da vasaio
l’uovo del mondo, che contiene il suo stesso
spirito (accompagnato dall’uovo del Sole,
dorato, e dall’uovo della Luna, anch’essi da lui
creati). In talune rappresentazioni anche
l’immagine dell’albero (Albero Cosmico)
prende forma dall’uovo e galleggia sulle acque
del caos. Il colore dell’uovo è il bianco che
connota l’indifferenziato, la perfezione
trascendente, l’innocenza, la luce ed è
associato sia alla vita che alla morte o la morte
nella vecchia vita e la rinascita nella nuova
vita: è il colore dell’uovo per antonomasia.
L’uovo essendo una figura geometrica ciclica
indica l’inizio (tutti deriviamo da un uovo) e la
fine che è un nuovo inizio circolare. L’uovo si
presta bene come metafora della vita e
dell’uni-verso.
I Dogon che come abbiamo detto avevano una
visione del cosmo circolare e “serpentina”
condividono alcuni elementi base del loro
culto, quali il serpente e il numero 7 con
un'altra civiltà più antica. La Genesi dei
Nacaal, stirpe appartenente alla civiltà Mu
(50.000 a.c. circa) dell’ Oceano Pacifico,
tramanda che la Potenza Autoesistente, il
Serpente dalle Sette Teste, modulò sette ordini
per creare i mondi. I gas plasmarono la Terra
nello spazio, l’atmosfera e le acque, infine la
luce solare dardeggiò nelle liquide profondità e
il fango partorì le uova cosmiche. Il glifo
corrispondente mostra, infatti, il disco del Sole
percorso da un piccolo serpente piumato
sinuoso, che secondo Cotterell ne “Le Profezie
di Tutankhamon” esprime l’attività delle
macchie undecennali nella regione
dell’equatore solare. Interessante la sua

76
affermazione in proposito: "…la leggenda del
serpente piumato raccontava la storia di come
il Sole influenza la vita sulla Terra. Il serpente
piumato era il Sole".

I miti cosmogonici della creazione sono densi


di riferimenti simbolici condensati soprattutto
nelle figure del Serpente e dell’Uovo. Nel
capitolo precedente il serpente è stato
associato all’albero, come raffigurazione
cristiana inerente la Creazione. Insomma, nel
bene o nel male, il serpente fa parte della
creazione, così come l’uovo. Due principi
antagonisti, ciclici e complementari.

Uno degli artisti più enigmatici della storia, il


pittore Jeroen Anthoniszoon van Aken, alias
Bosch, vissuto nel Quattrocento, fa dell’uovo
una delle sue figure chiave. Ancora oggi si
stenta a comprendere in pieno tutta la
potenzialità esplicativa e mitologica delle
opere di Bosch, anche perché va letto in buona
parte in chiave esoterica ed ermetico-
alchemica.
Premettiamo che l’uovo per gli alchimisti è il
vaso sigillato ermeticamente in cui si compie
la Grande Opera, ovvero la creazione e la
sublimazione della materia impura (caotica) in
spirito libero dalle dicotomie e trascendente.
Nell’opera di Bosch chiamata Trittico delle
delizie (1503-1504) si possono notare una
serie di uova rotte alla punta che fungono da
contenitore per delle persone. In particolare
nell’Inferno musicale (il terzo dipinto del
trittico) degli uomini tentano di salire tramite
una scala (simbolo alchemico di salita
dell’albero filosofale e di ascesa verso la

77
sublimazione) un grande uovo spaccato ad una
estremità. Accanto ad esso si scorge una
macina (altro simbolo alchemico di
purificazione) che sovrasta la testa di un uomo
(forse l’autoritratto di Bosch) affiancata
all’uovo nella parte posteriore come a sentire
qualcosa. Tra le righe si legge anche un ritorno
dell’uomo all’uovo cioè alla totalità, al
superamento degli opposti e alla saggezza
totale e alle origini. Ci sono diversi livelli di
interpretazione di un’opera, di un simbolo, di
un mito. Il livello sicuramente più importante è
quello che si accorda con l’anima della persona
che in quel momento scorge in un simbolo o in
un mito una risonanza di significati attribuiti e
di vita vissuta e quindi si adatta alla propria
intuizione della vita e ci guida verso una fonte
di Saggezza più grande da dove originano
l’uovo e l’uomo in un percorso concentrico e
infinito.
L’uomo è crocevia di significati e significanti.
Una rappresentazione simbolica, molto vicina
all’immagine e al significato dell’uovo è la
Vescica Piscis che ha appunto una forma ovale,
senza differenza tra base e vertice essendo
due cerchi che si intersecano, due figure
opposte e duali ma complete nella loro unione
simmetrica. Essa, spesso circonda una figura
sacra ed è una figura basilare nella geometria
sacra. Vedremo che i sui significati
rappresentano, come per i precedenti simboli,
la totalità originaria.

78
Il Simbolismo della Montagna

Ancora una volta una metafora ci viene in


soccorso per spiegare meglio i concetti.
Aprendo un libro di simboli e cercando alla
voce Montagna, si dirà più o meno quanto
segue:
1) La montagna cosmica è un centro del
mondo, un onfalo, attraverso il quale scorre
l’asse polare (confronta per esempio con la
cosmogonia dei Dogon dell’Africa).
2) Personifica le forze cosmiche e la vita: le
rocce sono ossa; i fiumi sangue; la vegetazione
i capelli e le nuvole il respiro; e così via.
3) La montagna simboleggia la costanza;
l’eternità; la saldezza; l’ immobilità. A livello
spirituale le vette delle montagne indicano lo
stato della piena coscienza. Mosè parla con Dio
sul monte Sinai, lontano dalla moltitudine dalla
quale si recherà in seguito per guidarla verso
la salvezza.
In genere i pellegrinaggi in visita alle
Montagne Sacre simboleggiano aspirazione, la
rinuncia ai desideri terreni, il raggiungimento
degli stati più elevati e l’ascesa dal parziale e

79
limitato fino all’integro e illimitato, la Fonte di
Salvezza.
4) I templi costruiti sotto forma di montagne,
come gli ziqqurat sumerici e i templi di
Borobudur e Inca, simboleggiano il centro del
cosmo, i piani ascendenti dell’essere e l’ascesa
dell’anima.
La Montagna indica la verticalità, la vetta o il
picco cui tende l’anima di colui che ricerca
l’Unità originaria di tutte le cose, ovvero lo
spirito, il Sé, il cosmo.

A proposito di anima, essa è un elemento


semplice, poiché autosufficiente ed eterno,
almeno secondo le concezioni religiose.

L’alchimia è il procedimento materiale ma


soprattutto trascendentale e spirituale dove
“gli elementi composti si dissolvono in
elementi distinti che a loro volta si riducono al
‘semplice’, dal quale si producono infine le
quintessenze, le idee originarie semplici.
L’etere è la quintessenza ’’ ( Aristotele, De
Coelo, I. 3 e Meteorologica, I. 3). L’anima è
sempre centrale. Il fatto è che la montagna è
associata all’idea di stabilità, durata, coerenza,
inamovibilità, altezza, cima, tutti attributi dei
grandi dei della storia e di dio stesso, centro
incorruttibile.

La farfalla come metafora dell’Anima

80
Un altro simbolo di natura animale quale la
farfalla ha sempre richiamato in ogni cultura
una qualche associazione con il concetto di
Anima. Ciò valeva tanto per i Greci quanto per
i Celti, Maori, Cinesi, e religioni come il
Cristianesimo. Il concetto di anima insito nella
farfalla indica il ciclo di metamorfosi che parte
da Uno. Le farfalle nascono dalle larve (ciò
richiama il concetto di unità, sfera, Uno), le
larve inizialmente sono poco più di un chicco di
grano. Quando le larve crescono diventano
vermi (vedi Putrefatio alchimistica) e dopo t r e
giorni larve, crisalidi e farfalle. La metamorfosi
della farfalla segue a pieno il principio 1 
Molti in quanto da uno stadio iniziale di
indifferenziazione si passa ad un tendere
sempre più verso la “complessità”, l’ordine, la
differenziazione, dis-unione .
L’anima (ψché) a livello percettivo si
percepisce sempre come qualcosa di luminoso,
colorato e leggero. Quale esempio meglio di
quello della farfalla. Si può intravedere persino
nello schema morfologico della farfalla
un’ulteriore nesso con il concetto di anima. La
farfalla ha un centro da cui si partono due ali
dai colori raggianti. Schema che ricompare
negli emisferi cerebrali dell’uomo, nel cuore.
Tendono dunque a comparire gli elementi
dicotomici come perfetti elementi speculari
che derivano entrambi da una unità, qui
somatomorfogenetica.

L’unità scorre come un fiume…sotterraneo.

Risale al 1500 a.C. un motivo a farfalla


rappresen- tante la Grande Madre: “come lei la
farfalla riunisce in sé tutte le sue precedenti

81
incarnazioni e la promessa di future
generazioni” (vedi J. C. Cooper, 1897).

In Grecia l’anima lasciava il corpo sotto forma


di serpente: principio di unità, sprovvisto cioè
di elementi morfologici dicotomici come gli
arti. Si dice che i serpenti fossero derivati dai
dinosauri e alcuni uccelli sarebbero dinosauri
in miniatura.
In un racconto dello scrittore Edgard Hallan
Poe uno dei sui personaggi dice: "Vi sono due
corpi: quello rudimentale e quello completo,
corrispondenti alle due condizioni del bruco e
della farfalla. Ciò che noi chiamiamo morte
non è che la dolorosa metamorfosi. La nostra
incarnazione presente è progressiva,
preparatoria, temporanea. L'incarnazione
futura è perfezionata, ultima, immortale. La
vita ultima è lo scopo supremo". Questo
passaggio tratto dai "Racconti straordinari"
dello scrittore statunitense, ci porta di riflesso
al simbolismo della crisalide, luogo per
eccellenza delle trasformazioni.
Per i massoni è naturale accostare questo
mistero al Gabinetto delle riflessioni, da dove
s'inizia la metamorfosi che dal buio ci porta
alla Luce. La crisalide non è solo l'involucro (il
corpo) protettore, ma bensì uno stato
transitorio fra due momenti del divenire.

Comporta la rinunzia del passato (la materia)


per la conquista di un nuovo stato (lo spirito). I
riti d'iniziazione ai grandi misteri (Elèusi,
Cibele, Mitra) erano simbolo di resurrezione di
un ritorno alla vita attesa dagli iniziati. La
prima fase alchemica della Nigredo o nerezza,
ritratta sotto le sembianze di uno scheletro, o

82
di una terra nera, spoglia o ancora come
Melancolia (vedi Durer, 1514). La materia al
nero, a cui allude lo stato di malinconia è la
prima fase dell’Opus alchimistico, un
passaggio necessario e obbligato, il passaggio
dalle tenebre alla luce.
Hillmann pone una distinzione tra spirito e
anima: il primo è “astratto, unificato,
concentrato”, l’altra “concreta, molteplice,
immanente” (“Fuochi blu” di J. Hillman, 2003).
In greco, psyche indica non solo l’anima, ma
anche una farfalla notturna e una fanciulla
particolarmente leggiadra nella leggenda di
Eros e Psiche. L’anima è come la crisalide uno
stato di passaggio, un punto critico, che ci
permette di collegare il corpo materiale con il
Sé Spirituale ed eterno, lo Spirito che chiama
in causa l’Unicità delle essenze che sovrastano
e superano la condizione materiale, la nigredo.
Il nero. come è risaputo è un colore o
frequenza che attira tutti gli altri (tutti in uno
dal quale si possono estrarre attraverso
gradazioni di chiaro). Il bianco, contrapposto al
nero è la luce, è l’uno indivisibile che forma i 7
colori dell’arcobaleno attraverso il passaggio in
un prisma o per effetto dell’evaporazione
dell’acqua. Sono le cose più semplici che
contengono le verità più complesse. L’uomo di
oggi, occidentale rifugge da due cose: dalle
cose semplici e dalle cose incerte. Si aggrappa
a stati transitori, veloci e sfuggenti, si
identifica con l’apparenza e la superficialità,
non scava dentro.

Vi sono dei simboli detti di trasformazione che


come la farfalla indicano un susseguirsi di stati

83
di morte e rinascita. Tra i vari simboli
riconducibili a tale schema ritroviamo la Fenice
(Phoenix) che risorge dalle ceneri dopo tre
notti e tre giorni (di novilunio); il serpente o la
salamandra, lo scorpione, il leone, come anche
il Sole e i simboli ad esso associati, in quanto
dal tramonto all’alba vi sono vari passaggi
scanditi dal trascorrere del tempo. Il sole sorge
ogni giorno su tutto e tutti. Al pari della Fenice,
la Farfalla è simbolo di trasformazione.
Rappresenta l'anima che, uscita dal corpo,
raggiunge un grado superiore di perfezione. In
questo caso la crisalide rappresenta il corpo
umano che contiene le potenzialità dell'essere
e la farfalla che esce è un simbolo di
resurrezione, di uscita dalla tomba: «Quella
che il bruco chiama la fine del mondo, il
maestro la chiama farfalla» (Richard Bach).

Un accenno al mito greco-romano di


Mitra

“Se c'è molteplicità c'è infinità e dunque una


serie di proprietà contraddittorie” (pensiero
attribuito a Zenone).
La procedura alchemica dell’estrazione
dell’oro, ovvero l’opera alchemica di
sublimazione della materia, segue il

84
ragionamento che sta alla base dello schema 1
 molti. Il due precede l’Uno.
Nelle raffigurazioni tradizionali di dipinti
alchemici come si nota una disposizione degli
elementi posti in due poli: destra, centro,
sinistra.
Analizzando una tra le tante opere possibili a
sfondo alchimistico (tutte sostanzialmente
recenti lo stesso principio oppositivo) vediamo
quali elementi e quali disposizioni si ritrovano
in particolare in un manoscritto del XVIII
secolo, Figurarum aegyptiorum secretarum.
(Figura che ho trovato aprendo per caso un
libro… ma la casualità è sempre un
nascondere o un avvicinarsi alla verità)

Notiamo al centro del dipinto in basso un


primo elemento. Potrebbe rappresentare una
roccia cilindrica; è scura; sorregge una Coppa,
il vaso mistico nel quale si uniscono le due
nature (Sol e Luna, Re e Regina, Uomo e
Donna, caduceo). In alto, scaturisce
dall’unione dei contrari il filius hermaphro-
ditus, l’Ermete Psicopompo. Ai lati del corpus
centrale dell’opera stanno le sei divinità
disposte similmente a come compare in molte
pitture facenti parte del culto mitraico al quale
diamo una breve descrizione visto la centralità
della sua importanza ai fini di quanto ci
accingiamo a scrivere. Esso è un colto che
dalla Persia giunge fino a Roma città nella
quale è riadattato alle usanze sociali e sacre
del tempo. A Roma, almeno all’inizio
dell’impero e comunque prima della venuta di
Cristo si veneravano molte divinità, dai tutelari
della casa agli dei associati ad alcuni lavori dei
campi, eccetera. Un culto, quello di mitra che

85
si è diffuso fino ai confini nordici dell’impero
romano, Inghilterra in primis.
Molti simboli del culto mitraico compaiono (sia
per inglobamento in nuovi culti ad esso
ispirati, sia per un interscambio culturale
collettivamente condiviso ed automatico)
costantemente in varie circostanza che lo
legano alla massoneria (cappello frigio),
all’alchimia (caduceo, sole e luna,
sublimazione), all’astrologia e alla tauromachia
(Toro e segni zodiacali) e alla religione cristiana
che ne condivide aspetti come:
a) la consacrazione del pane e del vino e
l’ultima cena;
b) l’impostazione dei riti sacri (l’uno nei mitrei
l’altro nelle chiese molte delle quali sono ex
mitrei);
c) il vestiario sacro che accomuna il Pater
(papa) mitreo e il vescovo attuali: la tunica
rossa e la mitra, eccetera.
d) Mitra nacque da una vergine che lo concepì
in una roccia il solstizio d’inverno (25
Dicembre), come d’altronde Horus da Iside.

Nel carnevale odierno si conserva ancora un


nesso con il culto mitraico e cioè le maschere
che portavano gli adepti o iniziati al culto, che
rappresentavano in ordine di grado:

DIVINITA E GRADO SIMBOLI


DI INIZIAZIONE

86
1°) Corvo (Corax) (simboleggia la morte del Corvo,
Caduceo, ariete,
neofita 2) tartaruga, lira,
vaso.
Il grado è sotto la protezione di Mercurio.

2°) Nymphus (Crisalide) (Venere) Coppa piena


d’acqua come offerta d’amore;
serpente, farfalla.

3°) Miles (soldato), sotto la Scorpione, gambero,


elmo,
protezione di Marte. lancia , berretto
frigio, bisaccia.

4°) Leone (Giove) Sole, gallo, fuoco,


cane, cipresso, alloro,
folgore, l'aquila, vespa,
incenso.

5°) Perses (Persiano) (Luna) Un pastore con la


torcia abbassata
(Cautopates); miele, arpa, arco,
faretra, bastone, falce di luna,
civetta, usignolo,
archi, acinace, chivi, brocca,
delfino, treppiede,
spiga.

6°) Eliodromo (Dio Sole) Torcia sollevata


(Cautes), Corona a 7 raggi,
sferza, spiga, globo, lucertola,
coccodrillo, palma,
gallo.

7°) Pater (Saturno) Bastone (simbolo del


suo carico spirituale);
il rosso cappello frigio

2
Anche nella putrefatio alchemica compare il concetto
metamorfico di morte o nigredo e nuova vita, si è in uno stato di
Malinconia, eccetera...In alcuni dipinti si vedono dei corvi
spiccare il volo in seguito ad una “sublimazione”. La carta dei
tarocchi che simboleggia la morte è invece la numero tredici (dai
colori rosso della vita e nero del nulla o morte). Raccontano i
miti egizi che il dio Ptah (dal cui nome i greci ne derivarono il
nome dell’Egitto) , dalla testa d’uomo, creò il mondo dalla nera
creta (M. Hedsel, 1999).

87
ed i vestiti rossi, luce,
Mitra è il dio che nasce da una roccia con
oro.
una fiaccola e un coltello fra le mani, con un
colpo di freccia fa scaturire l'acqua da una
roccia.

Nella simbologia l’uccisione del Toro ha


probabilm- ente a che fare con l’allusione alla
vittoria del Cielo o dello Spirito sulla terra (il
Toro è un segno di terra). La materialità del
Toro è indicata dalle due corna (dicotomia)
contrapposte al solo corno dell’unicorno.
Il Toro è anche associato alla Luna (elemento
passionale), per cui Mithra che è anche il Sole
(Mithras Helios) supera le forze lunari e
terrene. L’uccisione del toro e il Taurobolio, per
l’Anno Nuovo indica la morte dell’inverno, della

88
notte o dell’oscurità e la nascita della forza
vitale creativa che sgorga dal suo corpo,
ovvero il sangue. Sangue e vino sono principi
intercambiabili, come altri sinonimi sono latte
e miele (che compaiono nei riti di Eleusi, oltre
che in quelli di Mitra e altri ancora).
Anche se tecnicamente la sconfitta del Toro
indica la fine del periodo della costellazione del
Toro e il passaggio al segno dell’Ariete
(simbolo della testa), e ciò circa duemila anni
fa. Il nuovo passaggio dall’Ariete ai Pesci (circa
I secolo d.C.) segna l’inizio di una nuova
dinastia, quella della venuta di Cristo, nel cui
simbolo dei pesci si può vedere la futura croce
del Cristo: Le lettere chi ( ) (che indica anche
il segno dei pesci) e rho ( ) sono le prime due
lettere della parola greca Christos, e sono state
sovrapposte l'una all'altra a formare una
specie di croce, un simbolo ancora
ampiamente utilizzato dalla Chiesa Cattolica
Romana. La croce associata al mitraismo è
invece il Tau, associata sia a San Francesco e
S. Antonio, sia al martello di Thor. Il toro è
associato anche all’evangelista S. Luca, denota
l’aspetto sacrificale della vita di Cristo. Il
mitraismo, secondo il mio parere, contiene
molti simboli chiave per la storia dell’umanità.

89
Berretto frigio: un cappello per tante
teste

90
Chi lo ha indossato?

Probabilmente i primi furono i pastori in Persia,


o nel Medio Oriente (Frigia):i pastori
guardavano molto le stelle e probabilmente
furono i primi “astrologi”, e non a caso le
trame della storia del cappello frigio si
connettono con il sapere astrologico.

I Magi sacerdoti della religione del profeta


persiano Zoroastro e di Mitra, erano importanti
astrologi e divinatori..

L’uso del cappello frigio passò poi dalla Persia


(o Frigia) nel culto Mitraico (greco-persiano)
diffusosi presso Roma.
Il culto mitraico calzava bene ai soldati romani
e agli schiavi, questi ultimi venivano distinti
attraverso la rasatura del capo e veniva
imposto sul loro capo il pileus fino alla
ricrescita dei capelli: il cappello era un simbolo
di libertà acquisita.
In realtà era il Pater, ovvero il celebrante i
misteri mitraici colui il quale indossava il rosso
cappello frigio. (Vulcano era invece raffigurato
con un berretto ovale azzurro, il somatracio).

Il berretto rosso passò (per osmosi..) ai vescovi


cristiani, che lo indossano tutt’ora, modificato
e chiamato guardacaso mitra, è inoltre
indossato dal grande sacerdote ebraico. Esiste

91
anche la mitra Papale o camàuro (cfr, Pater)
che è Bianco e ovale (come quello indossato
dai faraoni egiziani, indicante l’uovo, la
rinascita, la perfezione..) o meglio allungato e
bicuspidale. Il Mitra fu indossato per la prima
volta da papa Ormisda da Frosinone nel 514.

Il berretto rosso frigio, in uso presso la plebe,


fu poi preso a simbolo della Rivoluzione
Francese (fine settecento) indossato dai
rivoluzionari come simbolo di libertà, chiamato
perciò anche Liberia. Fu d’ispirazione
Massonica l’uso del cappello. Anche la
bandiera della Rivoluzione Francese era di
colore rosso, cos’ come tutte le altre bandiere
che inneggiano alla rivoluzione a partire da
quella della Francia, per esempio nei
garibaldini, nei socialisti, nei comunisti,
eccetera.

Il cappello frigio compare anche in alcune


raffigurazioni alchemiche (e gli stessi alchimisti
lo indossano) ed è indossato da Mercurio, che
tra le tante funzioni divine (tutte dicotomiche)
è anche protettore dei pastori. Si vede il
cappello in alcune litografie come ad esempio:

1) in Lambsprinck, Figurae et emblemata


(1678), e rappresenta la Trinità alchimistica:
Ermete (Spiritus Mercurii) alato, posto con il
cappello frigio tra il Re e suo figlio.
2) sempre in Lambsprinck, Figurae et
emblemata (1678): qui il Re, rappresentante la
materia la prima materia dell’Opus (ovvero la
nigredo, la materia allo stato grezzo, da
sublimare), che divora suo figlio. Gli abiti, i

92
costumi e l’aspetto di Mercurio sono simili alla
prima scena (nel punto uno). Praticamente,
Mercurio con il berretto frigio è la copia
identica di Babbo Natale. O meglio è Babbo
Natale, nella sua versione moderna (circa inizi
del ‘900) che prende a modello Mercurio. Ma
c’è una nota comparativa fondamentale da
aggiungere e cioè:
Babbo Natale, rappresenta simbolicamente il
natale e quindi il 25 Dicembre, giorno in cui
secondo la tradizione popolare elargisce i doni
ai bambini buoni e anche giorno della nascita
di Gesù Bambino. Ma anche nascita del dio
Mitra dalla roccia (e qui anche il parallelismo
grotta-roccia che assimila per certi versi le due
nascite divine). Babbo natale, alias San
Nicolaus è quindi un personaggio che
racchiude almeno tre livelli di significato:
quello cristiano della nascita di Cristo; quello
mitraico della nascita di mitra (da cui il
berretto frigio) e quello mercuriale. Si narra
anche che la sua storia, quella di S. Nicolaus
fosse associata ad un fatto riguardante
l’unione sposalizia di due amanti permessa da
tale Santo (Che strano, anche cupido, dio
dell’amore ha il cappello frigio!)
I riti di iniziazione mitraici avvenivano in una
caverna in cui c’erano fiori e sorgenti in onore
di Mitra, Padre e creatore di tutto; la caverna
riproduceva in miniatura l’universo da lui
creato. Inoltre il frigio compare addosso agli
alchimisti (vedi per esempio figure del Mutus
Liber di M. Meier, 1700 circa) come
nell’esempio illustrativo riportato di seguito e
ad indicare che la persona stava compiendo un
rito misterico in armonia con le leggi

93
dell’universo, leggi di equilibrio, ritmo e
armonia.

A livello monumentale e artistico:

Il berretto frigio compare anche in alcune


cattedrali che un tempo erano Mitrei, in
particolare nella cattedrale di Modena, nella
porta laterale di fronte al museo, dove per
altro ad indossarlo sembrano una sorta di
gnomi o folletti. E comunque dovrebbe essere
presenti in vari Mitrei o ex mitrei divenuti
chiese, molto numerose a Roma.

Compare su un sarcofago paleocristiano di Villa


Carpegna, Roma. Sul sarcofago tre giovani
nella fornace indossano il cappello frigio, delle
tuniche ed hanno le mani alzate (come nel
gesto dell’Orans) gesto il cui simbolismo è
prettamente religioso e fondamentale,
compiuto dallo stesso Mitra che esce dalla
Roccia, dal Pater celebrante, dai sacerdoti

94
cattolici attuali, ma era già presente presso
tutte le tradizioni più importanti: Egitto, Tibet,
ecc.

Eneide:

Lo ritroviamo, inoltre, nell’Eneide di Omero, in


una miniatura conservata nella Biblioteca
Vaticana. Ad indossarlo sono Ascanio e i due
servi ai suoi lati che tentano di spegnere le
fiamme dai suoi capelli (acqua e fuoco). La
miniatura risale alla fine del IV secolo a. C.,
(codice Vaticano latino 3225, foglio 22. Eneide
II, 671- 704)

Il cappello compare in più parti delle miniature


ispirate all’Eneide di Omero. Lo indossa Cupido
nelle vesti di Ascanio (o il cartaginese Bitia che
beve la coppa rituale), in un banchetto in
onore dei Troiani nella grande sala della raggia
di Cartagine. Nella miniatura compaiono anche
dei motivi appartenenti al culto cristiano come
i un Pesce (simbolo di Cristo) contenuto da un
vassoio a forma di Vescica Piscis (o Ru)
(Miniatura del codice Vaticano latino 3867,
dell’inizio del VI secolo, foglio 100, Biblioteca
Vaticana. Eneide II, 705 - 729).

Ancora nell’Eneide è il copricapo del Vecchio


Anchise nella scena in cui fuggono con Enea e
Ascanio da Troia. Qui si nota un particolare, e
cioè, il cappello frigio è molto più simile a
quello di Babbo Natale, con il classico bordo

95
che cinge la testa (Particolare dell’affresco
Incendio di Borgo dipinto nel 1514 da
Raffaello; Musei Vaticani/Scala, Firenze).
Insomma nell’Eneide compare a più riprese.

Altri personaggi…bizzarri

Compare il berretto frigio presso gli gnomi (o


almeno nella sua forma), in alcuni maghi,
Babbo Natale (a cui abbiamo accennato), i
Puffi (soprattutto grande Puffo), gli gnomi. (?)
Comunque sempre uomini con la barba simili a
magi o pastori, o a Paedogeron (sintesi di
opposti: vecchio-bambino) come gli gnomi
della foresta nordici. Così ritroviamo il cappello
frigio in dosso ad un personaggio biblico come
Giuseppe d’Arimatea (come compare anche in
un disegno di William Black, un Rosacroce).
Giuseppe d’Arimatea era colui che aveva
assistito alla crocifissione di Gesù e ne aveva
disposto la sepoltura. Si recherà dopo con il
Sacro Calice in Inghilterra. Anche Dante viene
raffigurato se non con il cappello frigio con un
valido sostituto che sembra una variante del
frigio anch’esso rosso.

Significati ricavabili dal cappello frigio

96
In generale il Cappello denota autorità e
potere, comunque sempre sinonimo di
distinzione, connota- zione, caratteristica.
Nel suo significato simbolico la testa coperta
denota nobiltà e libertà in contrapposizione
alla testa nuda.
In particolare il significato del cappello frigio, il
più esoterico e soprattutto astrologico, come
nella migliore tradizione mitraica e
zoroastriana, sta nel fatto di congiungere il
segno dell’Ariete, cioè la testa (connotata da
tale segno astrologico) e i Pesci, ovvero i Piedi.
Formando cioè un circolo, una chiusura, una
congiunzione degli opposti. Il cappello frigio
simboleggia i Pesci, date le sue caratteristiche
fluide, che coniugano l’ariete ovvero la testa, e
ciò riporta ai concetti escatologici di inizio e
fine, alfa e omega, che si ricollegano
(nell’uomo). Era una specie di messaggio
iniziatico e profetico, quello di coniugare gli
opposti, qui rappresentati dal “duro” ariete e
dal fluido pesce, come anche la terra e il mare,
sinonimo di celo od Oceano Celeste.
Astrologicamente parlando notiamo che l’Era
dei Pesci è quella dell’Avvento di Cristo.
Il cappello ha le caratteristiche strutturali dei
pesci essendo afflosciato, ed anche le
caratteristiche funzionali dell’Ariete essendo
posto in testa ed essendo inoltre di colore
rosso, ovvero il fuoco, colore creativo associato
all’ariete (segno di fuoco).
Abbiamo quindi i seguenti elementi in
associazione:

Tabella 1

97
Ariete Pesci

inizio (α) fine (Ω)


fuoco acqua
zolfo Argento Vivo
duro, terreno molle, mobile
testa piedi
Mercurio Venere e Marte
Sole Luna
Terra Cielo
Maschile Femminile
Ragione sentimento
Oro/Re Argento/Regina

“Gli ultimi saranno i primi ed i primi saranno gli


ultimi”.

Strano come la parola Free in inglese, iniziale


di Frigio, indichi la libertà, l’essere liberi.
Libertà data dalla pacificazione dei contrari?
La parola Freemasonry significa Massoneria, e
la storia del cappello frigio, mi è sembrato di
capire è molto legata ai massoni, anche se un
approfondimento della questione ci porterebbe
troppo lontano.
L’assenza dei piedi a livello simbolico indica
l’instabilità della fiamma, come nel caso degli
dei del fuoco. L’unione degli opposti è
Mercurio, che nel suo segno (il caduceo,
sinonimo di bilancia) unisce i poteri lunari e
solari, ma anche maschile e femminile, giorno
e notte (vedi riquadro).
Quindi è un intermediario, un mediatore,
ambivalente ed androgino, in alchimia
rappresenta la quinta essentia.
Altre associazioni conducono a collocare il
cervo maschio su uno stesso piano analogico

98
dell’ariete, essendo entrambi solari e indicanti
creazione, alba, fuoco, messaggero degli dei.
Nessun simbolo è casuale, così come nessuna
associazione simbolica avviene nel vuoto del
non sense. Quali personaggi sono trainati dai
cervi?
Babbo Natale ed anche il Padre del Tempo
(Cronos e altri sinonimi). Anche Apollo il Dio
del Sole era trainato dai cavalli. Dobbiamo qui
specificare un punto e cioè il significato del 25
Dicembre. Diciamo brevemente che tale data è
associata all’inizio della luce che segue al
solstizio di inverno. Così con tale data
simbolica si segna la ierofania di molte
“divinità” portatori appunto di luce tra le quali:
l’egiziano Horus, Mitra (che esce da una rocce
con in mano una fiaccola) e lo stesso Cristo.
Il cervo, così come l’ariete, rappresenta ancora
Mercurio, che in chiave alchimistica diviene il
Nous, il mercurio dei filosofi.

L’Argento Vivo (vedi Tab. 1) è l’ “Acqua


Ferma”, che simboleggia sia il solido (e quindi
l’ariete) sia il fluido (i Pesci), simboleggia
comunque il femminile. Insieme Zolfo e
Argento Vivo sono le basilari forze generative
dell’universo, dalla loro unione scaturisce lo
Spirito, l’acqua Vitae. Come Oro e Argento
sono i due aspetti della stessa realtà cosmica,
e così per il resto delle dicotomie.
La storia del cappello frigio ci porta
inevitabilmente a scontrarci con le vaste
pianure dell’ermetismo, dalla gnosi,
dell’esoterismo, dell’alchimia, astrologia,
religione, mitologia, e quant’altro. Rappresenta
un principio circolare che tende a ripetersi
assumendo apparentemente significati diversi

99
(come in Babbo Natale, che tra l’altro conduce
al termine Pater, babbo è un sinonimo, così
come papà o Papa). Se inizialmente il suo
significato simbolico era quello astrologico, via
via, come tutti i simboli, ha assunto diverse
valenze e significati, tutti pertanto collegati e/o
collegabili e allo stesso tempo, come abbiamo
cercato di mostrare distinguibili e direi
indipendenti, crocevia di molteplici significati e
dirottamenti su latri lidi, come è nello spirito
creativo dell’Ariete e nella fantasia,
ovviamente guidata e documentata, dei Pasci.
Di sicuro ci sono tanti livelli di significato,
alcuni dei quali si sta tentando di penetrare,
senza la pretesa di giungere all’ultimo dei
livelli escatologici o epistemologici di
significato. Non mi stupirebbe vedere tra
qualche anno una ripresa del cappello frigio,
ad esempio nella moda, e venire a scoprire che
lo stilista appartiene al segno dell’Ariete,
oppure, per assurdo, ha un cognome che ha a
che fare con i Pesci o con il Mare. Coincidenze?
Tutto gira all’interno di un meccanismo
apparentemente incomprensibile o caotico, ma
implicitamente cosciente e logico, ordinato e
perpetuo. Il meccanismo della vita, della
sincronicità, della continua “lotta” delle
tenebre e della luce, della sublimazione dei
contrari in tutto, che è spinta, movimento,
rinascita dalla morte, ma non voglio spingermi
oltre…
Un’altra associazione da fare seguendo la
simbologia e il colore del frigio riguarda la
natura del primo uomo, Adamo, termine che
etimologicamente indica almeno tre
cose,inerenti al rosso e alla terra; “terra
vergine”, “terra color sangue”, “terra rossa

100
come il fuoco”. Si ricongiungono così nel
simbolismo del frigio altre due figure chiavi
della storia: Adamo (associato al rosso, alla
terra) e Gesù Cristo associato ai Pesci, al
Cielo).
Quindi un altro modo di intendere la chiusura
ieratica del cerchio, il compimento di un’opera,
tra l’altro attesa nella Bibbia dove il Cristo
viene chiamato anche “Uomo nuovo”, rispetto
ad Adamo e al peccato originale. Inoltre
l’Albero della Conoscenza, che diventa il
mezzo del peccato con la mela, si trasforma
nel Nuovo Testamento nella croce espiatoria di
Gesù nazareno. Ponendo l’attenzione sui colori,
notiamo che fra il rosso e il bianco si estende
un’ampia gamma di colori, che ci fa vedere il
continuum tra le dicotomie (pesce e capro,
terra e mare, il “rosso Adamo” e il bianco della
luce di Gesù). Ma il rosso è anche il fuoco,
elemento costante dei riti religiosi, magici e
iniziatici, nella mitologia, nel culto; come del
resto adoratori del fuoco come principio vitale
cosmico erano peraltro i parsi cioè i
discendenti del culto persiano di Ahura Mazda
e della religione zoroastriana (rappresentata
per esempio dai Magi i quali indossavano il
rosso berretto frigio). Per i Parsi il fuoco è il
mezzo, anzi la via più diretta per avvicinarsi
alla divinità, ed è visto sempre come elemento
purificatore e non distruttore (cfr. Romano F.,
1998). In particolare e in accordo con il
zoroastrismo il fuoco possiede le seguenti
caratteristiche ieratiche (utili nella lettura dello
stesso cappello frigio) e cioè:
• il fuoco va in alto, cioè verso il cielo, e
quindi verso la trascendenza, la
divinità.

101
• È puro e, in quanto tale cambia ogni
cosa che venga in contatto con esso.
• Esprime l’idea della purezza, della
catarsi.
• Allontana le tenebre attraverso la sua
luce, quindi il male costituendo un
raccordo tra cielo e terra (cfr. ariete –
pesci più avanti).
• Il fuoco riposa alle origini del mondo
perché è forza vitale ed espressione
pura della creazione divina, e ne
permette dunque la rigenerazione, ma
riposerà anche alla fine dei tempi quale
elemento purificatore e insieme
sacrificale.
Anche l’acqua, l’elemento liquido che è
molto legato alle vicende dei parsi (per la
vicenda dell’esodo via mare dall’Iran
all’India di questo coraggioso e tollerante
popolo prima agricoltore e poi
commerciante marittimo), gioca un ruolo
determinante nel significato simbolico del
berretto frigio che riveleremo nel corso del
seguente capitolo parlando di due
importanti segni zodiacali, l’ariete e i pesci,
l’uno il fuoco, l’altro l’acqua.

Segni Zodiacali

Un altro accostamento suggerito da Mark


Hedsel ci riporta di nuovo alla considerazione
astrologica della questione del cappello frigio.
Il cappello frigio sarebbe connesso alle
caratteristiche del Capricorno, un segno

102
zodiacale per sua natura duale, è sia duro (la
testa del capro, quindi dell’ariete), sia molle (i
pesi) ed esemplifica proprio in questa
opposizione lo stesso simbolismo del cappello
frigio. La letteratura arcana ha eletto il
Capricorno o capropesce a segno iniziatico, a
segno dello sviluppo spirituale, essendo
collegato alla porta spirituale. Indossare il
berretto frigio è sinonimo di iniziazione,
conciliazione di opposti. Anche il Ru è una
porta che conduce l’adepto alla iniziazione e
simboleggia il Cancro, che simmetricamente è
opposto al Capricorno nello zodiaco.
La liberia diventa un simbolo di
completamento, che arriva con l’iniziazione. La
chiusura del cerchio indica sempre un
compimento, come nelle raffigurazioni
Medioevali della città Santa o del Paradiso
Terrestre, tutti racchiusi dentro un cerchio,
appunto perfette. Secondo Fulcanelli, il
simbolismo del cappello mitraico sopravvive
nel simbolismo alchemico, ma nel XVII secolo
non alludeva più all’antica iniziazione, bensì a
quella moderna, dei Rosacroce.
Tornando al Capricorno, esso rappresenta la
natura duale della terra e del mare, altezza e
profondità; è inoltre il solstizio d’inverno, la
Janua Coeli e per tale motivo è contrapposto al
cancro (anch’esso duale, ma simmetrico) il
solstizio d’estate la Janua Inferi. Abbiamo
quindi il potere ascendente e declinante del
sole ovvero la luna (quindi ispirazione e amore)
con il quale il segno del cancro si identifica.
Il Capricorno è inoltre sacro a Cibele e
rappresenta l’India a livello astrologico. Il
Capricorno ha un’importanza cruciale
nell’esegesi iniziatica e misterica e il suo

103
simbolismo ha diversi livelli di analisi (che
vanno oltre il nostro intento nella trattazione),
in breve si possono individuare i seguenti
elementi chiave:

• Il Capricorno governa la struttura ossea


e la pelle, nell’essere umano dunque
esso tiene uniti la struttura esterna e
quella interna.
• La parte morbida del Pesce è tenuta
insieme dalla parte dura del Capricorno:
la struttura che predispone alla
funzione, lo spazio che incarna il tempo.
• Infatti, il Capricorno è governato da
Saturno, il Dio del Tempo ( un’
associazione parallela riguarda anche
con la morte carnale e la rinascita
spirituale). Saturno è anche il signore
della pesantezza, della stagnazione e
della morte fisica, contrapposto alla
fantasia leggera e immortale del
simbolismo lunare dei Pesci, ovvero la
vita immaginativa.
• Il sigillo del Capricorno costituito da
una parte retta e da una curva (duro e
molle) indica l’unificazione della dualità
cosmica di angolo-squadra e pesce. Un
simbolismo che risale all’antico Egitto.
L’angolo è inoltre connesso sia con la
squadra massonica, sia con la “pietra
angolare” di Cristo.

• Il Capricorno rappresenta anche l’organo


maschile, oltre che porta degli dei.

104
Il primo di Aprile è il giorno in cui
astronomicamente si segna la transizione dai
Pesci di marzo all’Ariete di aprile (il famoso
“pesce d’aprile, che un tempo rappresentava
altre festa pagane tra cui la medioevale “festa
dei pazzi”). Un’altra nota di Mark Hedsel ci
riferisce che l’uomo-pesce era presso i
babilonesi uno dei simboli esoterici
dell’iniziato, così come il tritone. Un altro
simbolo per indicare li iniziati è la corona di
mirto (già discussa precedentemente) simbolo
di Venere, che racchiude il simbolo della
vescica piscis (ovvero l’aureola dei santi, un
ulteriore modo di connotare un iniziato, un
santo).

Il fatto di accoppiare due simboli diversi come


Pesci e Ariete (o Capricorno e Cancro) è una
costante che ritroviamo in molti culti misterici,
in alchimia ed esoterismo e nelle religioni
ufficiali quali buddismo, cristianesimo,
eccetera, ognuna con le sue varianti sul tema.
Per esempio nel simbolismo della Torcia
riscontriamo la stessa tensione duale che lega
stavolta il fuoco (fallico, maschile, anima-
fiamma) al legno (femminile, materia-legno)
nel suo significato di fuoco spirituale
fecondante (cfr, Cooper, 1987). Niente di stano
allora se nel mitraismo le torce vengono tenute
rivolte verso l’alto e verso il basso, ad indicare
le due dimensioni terrena e spirituale. Lo
stesso sigillo mercuriale nella sua dualità
contempla gli aspetti di tutte le essenze. Così
come nell’uomo stesso convivono due nature
una “molle” e una “dura”, spirito e corpo a via
dicendo.

105
Il cappello frigio ha dunque a che vedere con la
tanto agognata sintesi dei contrari che porta
alla Sublimazione, alla quinta essenza, alla
pietra filosofale, all’oro, alla visione
trascendentale, e simili.

Infine tornando all’Ariete, esso rappresenta la


potenza generatrice, l’ardore, il fuoco, lo
slancio primordiale; è il guardiano dei “tesori”
spirituali e in quanto tale è collegato
all’iniziazione. Simbolo di Pan, o immagine
stessa del dio, rappresenta la concretizzazione
delle forze vitali e primordiali della natura, per
questo è anche attribuito alle divinità
misteriche di Dioniso, Bacco, Silvano (che
dopotutto sarebbero un'unica entità
archetipica: il viaggiatore) Anche i Pesci sono
associati alla fecondità, in analo- gia alla loro
straordinaria capacità riproduttiva.
Anassimandro considerava il pesce “padre e
madre di tutta l’umanità”. Il pesce fu la sigla
distintiva dei primi cristiani in riferimento al
Pesce per antonomasia e cioè l’Ichthus (parola
greca che significa pesce usata come
ideogramma di Jesus Christos Theou Uios
Soter: Gesù Cristo, figlio di Dio, Salvatore).

I culti Misterici precristiani e il berretto


frigio: l’equinozio di primavera

106
Abbiamo detto che il berretto frigio o liberia
era indossato per indicare un iniziazione,
l’epopteia, la visione limpida e diretta, senza
“veli” del mistero ultimo intraducibile a parole.
Ebbene, per ricostruire il mistero del frigio
bisogna considerarlo alla luce dei culti misterici
dove si sviluppa il suo simbolismo. In Siria e
Fenicia con l’arrivo della primavera
(contraddistinta dall’Ariete solare) i venti dal
Tauro e dalle alture più prossime dell’Antilibano
perdevano gli acri odori di neve per intridersi
dei profumi di narcisi, anemoni, rose, delle
precoci viole di bosco. Era il tempo in cui il
fiume che attraversava la città di Biblo si
tingeva di rosso: segnale che il sacrificio di
Adone si compiva e che il bellissimo pastore
amato da Astarte rinasceva alla vita. Le donne
deponevano l’effigie del dio Adon su un letto di
fiori, il cosiddetto “giardino di Adon”, e
tripudiavano per il suo ritorno.

107
In Frigia il pastore Adon era Attis, amato da
Cibele, la Madre-Terra, e tramutato in pino
dalla dea per il suo tradimento con una ninfa.
A ogni primavera, dal tronco in cui era
racchiuso Adon-Attis stillavano resine che si
trasformavano, una volta nelle zolle, in
odorose violette. Il pino è anche un attributo di
Dioniso (oltre che di Giove, Zeus, Mitra) e il
tirso con sopra la pigna indica i misteri
dionisiaci.
Di là dal mare, a Eleusi, Demetra riabbracciava
la figlia Persefone-Core dopo i lunghi mesi di
separazio- ne, e la terra rifioriva per incanto.
Dioniso prendeva parte alla loro gioia
inghirlandato di edera. Egli precedeva il corteo
insieme a Pan, seguito da uno stuolo di ninfe e
satiri danzanti. Si celebravano le Antesterie, le
feste dei fiori, in onore delle tre divinità che
erano al nucleo segreto dei Misteri di Eleusi.
Mirto, grano in germoglio, pampini acerbi e
festoni di edera venivano loro offerti. Gli echi
della festa e delle celebrazioni varcavano
l’Egeo e giungevano a Roma. Qui Dioniso
diveniva Liber, e Persefone Libera, mentre
Demetra si trasformava nella Cerere provvida
e benigna delle popolazioni laziali.
Era insomma la solenne celebrazione della
primavera, che coincide con l’equinozio di
Aprile, ma anche con la Pasqua, con l’Esodo
degli ebrei guidati da Mosè.
Ciò indica quindi una rinascita, una
riconciliazione, un ciclo che ricomincia, un
passaggio, una verità cosmica.
Ma è nel concetto di libertà che il cappello
frigio trova la sua massima risonanza. Dioniso
è liber, così come gli schiavi romani che lo
indossavano, i rivoluzionari francesi si

108
ritrovano nel concetto di Liberté , l’iniziato che
si libera dalle catene della contingenza terrena
e risorge a nuova vita. É la primavera che
libera le potenzialità naturali represse
dall’inverno, dalla notte. Un concetto affine a
libertà è quindi quello di passaggio senza il
quale non si potrà avere nessuna forma di
libertà. Tutto il simbolismo del berretto frigio ci
porta a fare la seguente considerazione:
l’Ariete segna l’inizio della primavera, il
passaggio alla molteplicità e alla rinascita, il
ritorno all’unità. È in questi termini che va
inteso il rinnovamento spirituale nell’iniziato:
l’esemplificazione antropomorfica nell’ac-
cezione di risveglio della natura dopo l’inverno
che si trasforma simbolicamente nella rinascita
dell’anima dell’adepto dopo la purificazione
iniziatica, e ciò vale per tutti i riti ieratici. La
rinascita è al centro dei culti misterici. Il
passaggio che compare come concetto
emblematico nei riti di iniziazione sottolinea il
carattere trascendentale dell’Opus, in senso
lato. Propedeutico diventa allora il superare
dinamica- mente le coppie dei contrari nel
dualismo e della polarità del mondo manifesto.
Il concetto di passaggio e quindi transizione è
ripreso dalla psicologia (evolutiva, dinamica,
sistemica). Ogni fase della vita è soggetta a
transizioni più o meno brusche da superare. Lo
stesso cambiamento nel tempo ed evoluzione
ciclica consente di afferrare l’importanza su
tutti i piani del concetto di passaggio e quello
di sbarramento ad esso ineluttabilmente
associato.
I culti misterici ci portano in modo del tutto
sotterraneo ad un cambiamento sul piano
mentale individuale. I culti sono intrisi spesso

109
di sincretismo religioso (e ci portano alla
concezione 1  MOLTI che più in la
affronteremo).
Ad esempio, la dea Iside viene così presentata
nell’Asino d’oro di Apuleio:
“Eccomi o Lucio, mossa alle tue preghiere, io
la madre della natura, la signora di tutti gli
elementi, l’origine e il principio di tutte le età,
la più grande di tutte le divinità…colei che
riassume in sé l’immagine di tutti gli dei e di
tutte le dee, che col suo cenno governa le
altezze luminose del cielo.. la cui potenza,
unica, tutto il mondo onora sotto varie forme,
con diversi riti e differenti nomi. Per questo i
Frigi, i primi abitatori della terra mi chiamano
Pessinunzia, Madre degli dei, gli Autoctoni
Attici Minerva Cecropia, i Ciprioti circondatati
dal mare Venere Pafia, i Cretesi arcieri famosi
Diana Diotinna, i Siculi trilingui Proserpina
Stigia, gli antichi abitatori di Eleusi Cerere
Attica, altri Giunone, altri Bellona, altri Ecate,
altri ancora Ramnusia, ma i due popoli degli
Etiopi, che il dio sole illumina coi suoi raggi
quando sorge e quando tramonta e gli Egizi,
così grandi per la loro antica sapienza,
venerandomi con quelle cerimonie che a me si
addicono, mi chiamano con il mio vero nome,
Iside regina”.
L’Asino d’oro di Apuleio è una delle più antiche
fonti misteriche che racconta esperienze
iniziatiche in forma di racconto allegorico; dal
ronde il termine “iniziato” e “iniziazione”
rimandano a due termini greci “mystes”
“mýesis” (dell’omonimo termine “mistero”). La
“celebrazione dei misteri” è un modus che
accomuna i culti misterici (dionisiaci, orfici,

110
eleutini, mitraici, Isiaci) con quelli
paleocristiani e cattolici odierni.
Un filo rosso scorre sotto terra, un magma che
collega in più punti e in modo del tutto
insospettabile ogni zona della terra, venendo
fuori dal cratere in certi periodi della storia
talora con violente esplosioni; un’analogia che
si presta bene ad interpretare i misteri che
accomunano i culti e i miti di ogni età storica.
Il Pater mitraico, celebrante i misteri di Ea-
Oannes, indossava il cappello frigio; così come
nella fuga di Troia, nell’indicare un iniziazione,
dunque un passaggio, il superamento di uno
scoglio. La stessa etimologia della parola
mistero (mysterion) è un mistero: la radice
greca my- “chiudere la bocca” (myêin) (o gli
occhi). Tanto che in Grecia il termine mitra
significò anche cintura, benda, fascia, cuffia,
oltrechè copricapo. Il berretto frigio contiene il
simbolismo del rosso, un rosso cupo associato
al notturno, al femminile, al segreto e quindi al
mistero, il fuoco nascosto nella profondità della
terra, ed è proprio nelle caverne sotterranee
che si officiavano i riti di iniziazione, per
esempio quelli di Cibele, quando gli iniziandi
venivano calati in una fossa coperta da una
grata e bagnati con il sangue del toro o di un
ariete sacrificati sopra di loro.
Per quanto riguarda i culti o religione
misteriche vi è ancora molto da dire, ma
un’analisi accurata non può prescindere dalla
visione iconografica lasciataci dalle tracce
storiche dei dipinti rimasti in Italia. Per
esempio nella “Villa dei Misteri” a Pompei si
sono conservati alcune pitture che con ogni
probabilità sembrano raffigurare scene
iniziatiche.

111
Alcuni affreschi rappresentano Dioniso (Bacco)
che celebra il vino, l’uva del quale è l’inventore
e il rappresentante, con Arianna o Venere sulla
parete in fondo. Compaiono Pan e Aura (Vento)
con le quattro stagioni e poi elementi simbolici
e “liturgici”come il tirso, l’alloro, il rosso che è
il motivo dominante, le vesti che non servono
per ricoprire ma per intensificare il movimenti
a volte estatici, i riferimenti al cerchio e la
quadrato tipici delle costruzioni a Pompei,
come ad esempio nella Torre di Mercurio: il
primo circuito difensivo fino a oggi scoperto
era infatti costituito da un muro in blocchi di
lava tenera che circondava tutto il pianoro su
cui si sarebbe sviluppata Pompei. Non è stato
scoperto l'intero perimetro di questo primo
muro, ma uno dei tratti si trova esattamente in
corrispondenza della Torre di Mercurio.
Nei dipinti è inoltre costante la presenza delle
“baccanti”; altre raffigurazioni ritraggono
serpenti (vedi figura a pagina 43), strumenti
musicali, anfore, corone.

112
113
114
115
116
In questa raffigurazione sembra comparire Mercurio che lotta
con i serpenti i quali assumono una posizione che ricorda il
caduceo che tra breve illustreremo.

117
IL Caduceo: una bilancia per affari
spirituali

118
Ogni divinità regge in mano un bastone: il
tirso, la fiaccola, il tridente, l’arco, simboli che
riconducono alla via dritta o spirituale. Il
bastone sotto mille forme, è un simbolo che
percorre l’intera storia dell’umanità. È un
simbolo ricorrente.
Sotto forma di caduceo si ritrova in alcuni
dipinti di Pompei; nelle mani dell’egiziano
Anubi, il Greco-Romano Ermete-Mercurio, il
fenicio Baal, Iside, Ishtar. Sotto forma di globo
sormontato da una corona è un simbolo solare
fenicio e ittita. Si ritrova in India e
astrologicamente il caduceo simboleggia
Mercurio. Il bastone o la verga è un simbolo
comune ai maghi (sottoforma di bacchetta
magica), ai pastori, ai sovrani (sotto forma di
scettro), al Papa, ai capi tribù, e via dicendo.
Si ritrova anche nei Tarocchi portato dal Matto,
che in realtà è un iniziato, come tirso, un
bastone sormontato da un viluppo d’erba, in
forma di pigna, dal quale può pendere una
benda annodata è il simbolo di Dioniso e Bacco
ed è presente in Egitto, Fenicia, Grecia, Roma e
fra gli ebrei).

119
Il caduceo che sorregge Mercurio, sovente
posto in tutte e due le mani rimanda a diversi
concetti legati da una logica interna.
In primo luogo l’incontro dello sguardo tra i
due serpenti ha a che fare con le cure
omeopatiche, nel senso di curare il male con il
male. Denota l’unione di due forze
simmetriche e secondo la tradizione cabalistica
per un’unione perfetta i due si devono
guardare in faccia.
Il mio intento è quello di capire attraverso
l’utilizzo e la ritualità del copricapo da un lato e
del bastone dall’altro come i vari simboli
trovino dei punti di interscambio passando da
un uso ad un altro o da una religione ad
un'altra, e così via. Come cioè sia conservata
nell’estrema varietà e uso/simbolismo di un
oggetto la sua natura fondamentale legata a
riti o codici che si perdono nella notte dei
tempi.
Molti simboli, soprattutto alchemici, dei
tarocchi, ermetici, conservano un significato
inalterato che solo un iniziato sa gestire. Ma
attraverso un confronto di testi, opere e saperi,
possiamo da “profani” carpire alcuni misteri e
farne parte in un gioco psicologico di maschere
e identità.
Due sono, in particolare i simboli connessi
all’uomo che ne denotano le sue
caratteristiche sviluppate e sono proprio il
bastone e il cappello.
Già gli uomini primitivi usavano il bastone
come arma, la clava. In ogni epoca e in diversi
luoghi l’uso del bastone e del cappello ha
segnato determinate fasi con un simbolismo
che sempre si rinnova.

120
Diverse sono le opinioni sul significato del
Caduceo, fondate anche sull’etimologia del
termine (dal greco Kerύkeion, oggetto
appartenente ad un eroe). Il caduceo, come
riporta Coria (1994) è emblema della nascita
dell’uomo (le due serpi congiunte rappresen-
tano l’amore), della concordia (l’unione può
sussistere anche tra due esseri perversi e
crudeli) o infine del commercio (emblema
mercuriale). In araldica rappresenta pace e
amistà. Ancora oggi il suo uso è prettamente
associato all’immagine della farmacia che è
nata dopo l’alchimia.
Il caduceo compare in molte tradizioni
esoterico-religiose. Si farebbe addirittura
risalire al 2600 a.C. Lo si è infatti ritrovato
presso gli assiro-babilonesi, in alcuni papiri
dell'antico Egitto e su una coppa ritrovata
nell'antica città mesopotamica di Lagash.
Veniva talvolta rappresentato anche sui
monumenti egiziani costruiti prima di Osiride.
Lo ritroviamo anche nella Sumeria (Shumer o
Mesopotamia occidentale) e nell'India, inciso
su pietra.
Senza dubbio il caduceo esprime in sé una
tensione bipolare e antinomica espressa
dall’asta o axis mundi e dalla contrapposizione
dei due serpenti (animali di terra) e delle due
ali (che indicano il cielo). Ritroviamo infatti lo
stesso scenario nella simbologia del Serpente
Piumato o Quetzalcoatl, divinità del Messico
precolombiano, che diede origine all’età
dell’oro del Messico. Il simbolo del caduceo è
anche assimilabile a quello cella croce che lo
sovrintende, di cui parleremo dopo.

121
Il simbolo del caduceo rimanda a parecchi
livelli di analisi: storiografica, mitica,
astrologica e astronomi- ca, ermetica ed
alchemica, fisiologica, metafisica, psicologica,
antropologica, solo per citarne alcune.
Astronomicamente la testa e la coda dei due
serpenti rappresentavano i punti dell'eclittica
in cui il Sole e la Luna si incontrano, quasi in
un abbraccio; metafisica- mente, invece, il
caduceo rappresentava la discesa della
materia primordiale nella materia grossolana;
fisiologicamente rappresentava le corren- ti
vitali che scorrono nel corpo umano, dove il
bastone centrale rappresenta la spina dorsale
con le energie vitali (serpenti) che
l’attraversano: energie che sono comunque
bipartite, come ad indicare due piani d’azione,
come per esempio conscio/inconscio;
anima/corpo o mente/corpo; oppure due
principi contrapposti come nella migliore
tradizione alchemi- ca. Il caduceo è il
conciliatore degli opposti per antonomasia, è
armonia. L’unione allusa dallo sguardo dei due
serpenti porta allo Spirito, o ad una condizione
di armonia superiore rappresentata dalle ali:
questo potrebbe essere uno dei tanti messaggi
del simbolismo del caduceo. Messaggio che si
può cogliere anche in altri sistemi simbolici
connessi in vari modi al Caduceo di Ermete e
cioè la stretta analogia tra il sistema della
Kundalini e l’Albero della Vita della Qbbalah, o
lo schema generale della Grande Opera
dell’Alchimia, tanto per citare i più conosciuti.
Tutti i grandi sistemi esoterici di ogni parte del
mondo e delle varie epoche presentano
profonde similitudini, ed è proprio nelle

122
immagini che si può intravedere la sottile linea
rossa che unisce in senso orizzontale il sapere
millenario raggiunto dall’uomo ed in senso
verticale la ricongiunzione tra ciò che è
materiale e ciò che invece va oltre il dato
spaziale e temporale.
A proposito di parallelismi è interessante
notare come l'antichissima divinità egizia
Anubi, protettrice dei defunti, veniva a volte
rappresentata con in mano un caduceo. Anche
Ermete Psicopompo accompagnava le anime
dei defunti nell’Ade, faceva cioè da
intermediario tra questa e l’altra vita. Come si
sa i serpenti sono caratteristici per il loro
mutamento della pelle. A livello simbolico e
soprattutto iniziatico il “cambiare pelle”
significa rinascere a nuova vita. Come abbiamo
visto il serpente si ritrova associato alla
farfalla, come principio di metamorfosi nel
culto di mitra, e ciò non a caso. Come è
riportato in vari testi storiografici prima che al
Mercurio dei romani, il Caduceo venne
attribuito come emblema ad Ermete
Trismegisto (trismegisto significa "tre volte
saggio"), mitico progenitore dell'arte magica
tradizionale, intesa come nobile sintesi del
sapere universale in ogni sua applicazione:
medicina, legge morale, religione, filosofia,
matematica, scienze naturali e via dicendo.
Dal nome di Ermete Trismegisto scaturisce il
termine ermetismo per indicare la conoscenza
iniziatica, il cui apprendimento richiede studio
profondo e dedizione.
Il mito di Ermete risale alla civiltà egizia più
remota. Fu ripreso dalla mitologia greca che ne
trasse il dio Hermes, poi divenuto il Mercurio
dei romani.

123
Il Caduceo simboleggia in senso lato l'enigma
della complessità umana e delle sue infinite
possibilità di sviluppo. Jung ed il suo allievo
Henderson decodificano il Caduceo come
veicolo emblematico di un ancestrale
messaggio di liberazione e guarigione.
Tornando al dipinto del Figurarum aegyptiorum
secretarum e rivista alla luce di tali concetti si
può affermare come suggerisce una frase che
ben si adatta a tale opera: << È il trionfo della
"coppa salutare", nella quale si compie il
recupero della forza vitale pervertita risanata e
armonizzata grazie alla "giusta misura" di cui
solo il redentore del Caduceo conosce il
segreto>>.
Ma qual è il segreto? Ed inoltre qual è il senso
delle tre spire e mezzo che compiono i serpenti
nell’attorcigliarsi al pilastro o bastone
centrale? E quale mistero nasconde lo sguardo
sincronico dei due serpenti contrapposti?
Notiamo sempre nei dipinti o negli stessi
simboli alchemici ed esoterici una tensione
verso l’alto, un’aspirazione verticale. Il “basso”
di un’opera indica i contrari, l’ “alto” la
pacificazione degli opposti. Per esempio in
alcune rappresentazioni legate al culto di
Mitra, tanto per fare un esempio la coppia
antitetica Toro – Leone è posta alla base della
facciata di una tomba. I due animali
corrispondono alle divinità Attis e Ponto ed
occupano perciò il livello inferiore della triade.
Salendo verso l’alto della facciata compare il
rilievo di due leoni in lotta fra loro e più sopra
una coppia di leoni tranquilli e amichevoli.
Questi quattro leoni non sono un soggetto
puramente decorativo perché compaiono con
gli stessi atteggiamenti in altre tombe ed il

124
messaggio che se ne può trarre, tenendo conto
dell’insieme della facciata, è che la direzione
ascendente porta ad un processo di
armonizzazione del conflitto in cui incorrono i
contrari.
A livello sociale, o di inconscio collettivo è
frequente il modo di associare una divinità, lo
stesso Dio a un livello sopraelevato rispetto al
piano terrestre: in cielo. Le rappresentazioni
cosmogoniche di molte culture prevedono tale
dislivello: ciò che sta in alto è la meta da
raggiungere. Una tensione, quindi, che da
sempre ha portato l’uomo a capire i misteri di
tutto ciò che sta al di sopra di lui. Anche i
riferimenti temporali sono suscettibili di essere
posti in qualche punto “dietro” (passato) o
avanti “futuro”. Molti sarcofagi egizi sono fatti
in modo che il profilo del personaggio
rappresentato guardi avanti, verso il futuro,
data la loro concezione della morte come
passaggio da una vita all’altra. Oppure la
tensione verticale delle piramidi di cui abbiamo
già parlato.
Ciò che è dicotomico è dunque materiale,
terreno, basso; il principio che invece riunisce
in sé i contrari è “superiore”, celeste e quindi
al di “sopra” dell’essere umano il quale anela a
raggiungerlo. Oppure, l’uomo in fondo tende a
raggiungere le stelle, dalle quali tutto
sommato deriva, è anteriore, e verso le quali il
suo spirito tende. Come anche il suo corpo,
visto che siamo nell’era dei viaggi spaziali.
L'iniziazione é stata definita come <<il
processo destinato a realizzare
psicologicamente nell'individuo il passaggio da
uno stato dell' essere giudicato inferiore, a uno
stato superiore", con la trasformazione da

125
"profano" ad "iniziato">>. Mircea Eliade, nel
suo studio "Nascite Mistiche", a proposito dei
cosiddetti riti d'ingresso, ne riconosceva la
continuità a partire dai più antichi rituali tribali,
immutati nel tempo e tutti connotati dalle
medesima successione operativa costituita da
reclusione, prove iniziatiche, morte e
risurrezione, rivelazione di una dottrina
segreta, insegnamento di parole speciali.
L’iniziazione aveva lo scopo di avvicinare il
novizio ai misteri dell’aldilà, dell’alto. Non a
caso in talune raffigurazioni compare una
donna che si erge al di sopra della mezza luna,
un simbolismo che deriva dall’Egitto ed ha a
che fare con i tre notti di luna piena in cui si
compiva il rito di iniziazione. Diceva già
Plutarco che "l'anima al momento della morte
prova la stessa impressione di coloro che si
avvicinano ai grandi misteri".
E' l' "oltre" che, nel suo significato più
profondo, costituisce il senso nascosto del rito:
ciò che é impenetrabile all'umana esperienza,
la risalita verso la Luce, l'illuminazione. Un rito,
quello dell’iniziazione, accompagnato da
simboli che fanno da amplificatore delle
emozioni e della conoscenza, nel quale tutte le
scuole esoteriche dall’Egitto di Iside fino ai
massoni, trovano la loro base comune. Lo
scopo ultimo è la ricongiunzione dei principi
micro e macro cosmici, i quali seguono le
medesime tappe evolutive e di tensione verso
l’Unità che è conciliazione di opposti,
illuminazione, completezza e armonia.
Psicologicamente parlando, una visione
outsider (dall’esterno), o meglio dall’alto,
permette di vedere il mondo da un piano
rialzato. Allora si comincerebbero a vedere più

126
che le differenze (di razza, di luoghi, di
religione, di identità, e chi più ne ha più ne
metta) le somiglianze, l’unità che coinvolge
l’intero pianeta. E se ci spostassimo, con
l’immaginazione, oltre la terra, verso lo spazio
immenso, vedremmo soltanto dei punti, simili
e luminosi e si perderebbe la visione
dicotomica, materiale, limitata, che ci fa
vedere soltanto differenze. Ma visto che sul
piano materiale ciò è impossibile, vi sono altre
vie ed altri modi, che da sempre sono stati
tracciati e che stiamo cercando, in questo
lavoro di riassemblare, riunire, senza pretese
euristiche e assolute, ma solo come traccia da
cui partire, senza mai arrivare. Un inizio.
Tornando all’analisi del Caduceo, nell’Alchimia
si sostiene che “un'intima unione tra Fisso e
Volatile, ci darà lo Zolfo, la Calamita Filosofica
che attrae lo Spirito Universale”. Il fisso è
rappresentato dal bastone del caduceo (che
ritroviamo nella carta del Matto, del Viandante,
come archetipi di ricerca ermetica e spirituale
partendo dal terreno), il volatile è invece
rappresentato (dai serpenti attorcigliati) dalle
ali poste sul polo superiore del caduceo.
Insomma l’unione dei contrari,
necessariamente, porta allo zolfo che come
suggerisce Hedsel (1994) è scomponibile
etimologicamente in Soul (anima) e Phos
(luce).

Il nome Phosphoros (Venere stella del Mattino),


che contiene la parola phos, “luce”, che nei
circoli iniziatici indicava l’adepto, l’uomo nuovo
o evoluto, ossia l’uomo di luce, il cui simbolo si

127
palesa nella stella a cinque punte dell’ Uomo
Pentagrammatico.
L’uomo, sempre per gli alchimisti, contiene in
sé i Tre Principi del sale, del mercurio e dello
zolfo, che compongono il sigillo di Mercurio
Luna, Sole e Croce: in sostanza il caduceo.
Mercurio è il Messaggero degli dei. Personifica
quindi la Comunicazione. Siamo nell’era della
comunicazione digitale, satellitare, globale e
forse anche aliena, immateriale; ma in fondo
comunichiamo veramente? O scimmiottiamo
modi di comunicare, con strumenti freddi e
distaccati, solo in senso quantitativo e non
qualitativo.
Un monito del Caduceo potrebbe essere:
“comunicate guardandovi negli occhi e tutte le
diversità saranno superate…e le vostre parole
arriveranno in alto, verso l’anima”! Il fatto è
che si vuole comunicare con tutti, ma con
nessuno in particolare. Quando invece il
principio guida è meno elettrotecnico e più
umano o naturale si può comunicare con
ognuno in particolare e guidare le genti e le
masse. Fabio Gasparri, riprendendo concetti
centrali dell’Opus Alchemico così richiama
alcune frasi di immemorabile origine:
<<Poiché l'Opera è con voi ed in voi, in modo
che, trovandola in voi stessi, dove è
continuamente, voi l'avrete così sempre, in
qualsiasi parte voi sarete, sulla terra o sul
mare>>. Ed é in seno all'Athanor, dalla co-
distruzione dell'Oro e dell'Argento dei Saggi
che nasce la Crisopea: "Omnia ab uno et in
unum omnia", "tutto è nell'uno e l'uno è in
tutto". Tutte le cose provengono dallo stesso
germe ed esse sono state tutte generate dalla
medesima Madre.

128
“Si evince”, dice il Gasparri “che tutto ciò che
è presente quaggiù, è di origine divina, ma
prigioniero di un mondo grossolano;
degenerato e sminuito nelle proprie possibilità
spirituali, può pretendervi di nuovo e quest'
Opera di rigenerazione si chiama
‘Reintegrazione’…
..E come dallo Zolfo e dal Mercurio dei Saggi
nascerà, venuto il momento, l'Uovo Filosofico,
la Pietra al Rosso, la Crisopea, così nasce
nell'Anima dell'uomo questo Athanor,
l'Illuminazione Totale, elemento decisivo della
Reintegrazione, e questo termine ultimo
dell'Opera ha per nome: "LUCE DIVINA".
Un’altra constatazione da fare riguarda la
struttura stilistica del caduceo la cui vicinanza
con alcuni concetti simbolici è estremamente
interessante.
Penso che si possa avvicinare la forma del
caduceo alla lettera ebraica shin (‫ )שּׂ‬ed alla
lettera greca psi (ψ, Ψ ).
La prima, shin, significa spirito (si può
intravedere una sua comparsa nelle fattispecie
del cappello del giullare, che ha un altro tipo di
“spirito”; lo shin è associato al 300, come sono
strettamente imparentati il jestes (giullare, in
inglese) delle corti francesi e la parola gestes
(gesta, come nelle chansons de gestes); infatti
il giullare è anche colui che compie gestes. Il
jester, o Matto, è qualcuno che compie
imprese importanti, ben fatte. Il termine
caduceo, come abbiamo visto, in greco indica
un oggetto appartenente ad un eroe, che
compie gesta. Lo shin inoltre in numerologia e
nella cabala rappresenta la freccia, la forza
lanciata verso l’elevazione spirituale.

129
Un’altra lettera ebraica strettamente associata
al significato del caduceo potrebbe essere la
Coph (‫ )ת‬che nel suo nome divino suona
Kadosh (la cui assonanza con caduceo è più
che evidente). Tale lettera, corrispondente alla
cifra 100, rappresenta l’ascia (esiste in
mitologia l’ascia bipenne che ricorda anch’essa
la forma del caduceo), il suo significato
esoterico è la Felicità, o il senso della
compiutezza del raggiungimento spirituale
(senso alchemico dell’Opus). Da notare che
astrologicamente la lettera Coph è
accomunato ai Gemelli, come due sono i
serpenti (gemelli) che si guardano.
Il caduceo potrebbe altresì rappresentare uno
sguardo interiore, il serpente che guarda se
stesso, o il suo alter ego. Il monito potrebbe
essere: guardarsi dentro, percepire gli impulsi
della propria interiorità. Ma per percepire
l’interiorità l’uomo ha bisogno dell’Ispirazione,
ovvero di Mercurio (associato alla lettera 5, He
(lettera molto simile a Coph), cifra 5. La lettera
He indica il soffio, che ha dato all’uomo non
solo la vita materiale, ma anche quella dello
Spirito divino (Mercurio fa da tramite tra la
materia e lo spirito, è una guida).
Per quanto riguarda i parallelismi con la ψ,
lettera per altro associata ad anima (Psiche),
rimandano appunto al concetto di anima e al
Mercurio Psicopompo. La lettera è inoltre
associata al concetto di Battesimo, una
iniziazione, in cui l’elemento acqua è lo Spirito
che rende cristiani e salva, ed emana luce: il

130
fonte battesimale è spesso a forma di coppa
dove in mezzo è posto un cero segno di luce e
spirito, in pratica viene fuori una Psi. Ma la Psi
è anche un Tridente, che tiene in mano
Nettuno, dio dei mari.
Anche il Tridente e il Caduceo presentano
elementi in comune.
Il significato del 3,5 associato al caduceo,
ovvero le tre spire e mezzo che i serpenti
compiono attorno all’asse centrale, forse
rischiando di interpretare liberamente, è
associato al numero 7 (ovvero 3,5 x 2), cifra
ieratica per antonomasia, il suo antico nome
esoterico è “la Luna sepolta”. Sette sono i
gradi iniziatici, 7 i pianeti, i giorni della
creazione, eccetera; sette è un ciclo perfetto;
si può scomporre in due 3 che ruotano attorno
ad Uno. Oppure indicare ancora una volta, il 4
(materia) + 3 (spirito). Il “sette” è un numero
puro. Il Caduceo, quindi, come i vari simboli ivi
analizzati ha la facoltà di essere ridondante,
circolare, dicotomico e armonico, nonché di
ricondurre tutto all’Uno. Se si considera invece
il numero cinque del 3,5 notiamo che esso è la
metà di dieci, quindi la metà di un cerchio, cioè
i due serpenti che si guardano e tendono a
formare metà del cerchio ognuno.

“L’ Essenza è sempre al centro, è dentro; fuori


l’assenza”.

Ho notato che il simbolo del caduceo originale


non compare nelle farmacie odierne. La
differenza sta nel fatto, il che è sintomatico,
che nel caduceo mercuriale i due serpenti si
guardano l’un l’altro dentro gli occhi, mentre
nel caduceo odierno spesso i due serpenti sono

131
rivolti uno a destra e l’altro a sinistra. Come se
il messaggio iniziale/tico si fosse smarrito,
come forse smarrita è la strada divergente (e
non convergente come nello sguardo dei
serpenti del caduceo) che ha preso la medicina
ed in particolare la chimica e la farmacia
allontanandosi dall’Originale Matrice e cioè
l’Alchimia, il cui messaggio è spirituale e
salvifico contrapposto al messaggio economico
e burocratico dell’odierna farmacopea.
Casualità o Causalità?
Fattostà che il simbolo del caduceo è una forza
vivifica, che parla e penetra con i suoi
significati, ispira e rasserena pur rimanendo
enigmatico e sfuggente. Si potrebbe associare,
per vie indirette, un altro numero,
escatologicamente importante, cioè il numero
Otto, palindromo di perfezione, formato dalle
due spire centrali e per altro associato allo
stesso Mercurio. L’otto racchiude il mistero
dell’Ogdoade, un numero associato al Cristo
(888), tre volte perfetto. IL numero otto è
anche associato al Battesimo, che come
abbiamo detto è anche una iniziazione: è
esemplare il fatto che alcuni fonti Battesimali
sono costruiti tenendo conto delle proporzioni
associate al numero otto; oppure lo stesso
battistero rappresenta un ottagono (come il
Battistero di Parma, risalente al 1300 circa).
L’0tto è anche il numero dell’uomo, che si
avvicina alla perfezione (l’ottagono è la figura
che più di altre tende al cerchio). Una struttura
ottagonale può sorreggere una cupola,
costituendo così una transizione dal quadrato
al cerchio. “Vi sono otto porte che consentono
il passaggio da uno stato all’altro” (J. C.
Cooper, 1987). Per ipotesi una delle chiavi che

132
permette l’accesso a queste Porte potrebbe
essere il Caduceo, chiave in quanto croce: In
certe illustrazioni (ad esempio Microcosmos
Hypochon- driacus, un testo di alchimia del
diciassettesimo secolo) il caduceo, ovvero
Mercurio è rappresentato con una croce sopra
la quale si ergono il sole e la luna (che
rappresenta le corna): Mercurio rappresenta la
croce tra sole e luna (vedi Bohme,
Theosophical Werke, 1682). Un altro simbolo
suggestivo è quello dell’ancora e quindi della
nave. Un simbolismo che richiama l’attenzione,
simulando il caduceo, sull’unione dei contrari e
cioè della barca/luna/femmina con
l’albero/maschio che in Egitto veniva
raffigurato guardacaso con un serpente
attorcigliato. Il simbolo viene ripreso dal
cristianesimo che raffigura un’ancora con
delfino, ovvero Cristo sulla croce. Altre due
immagini che rappresentano una croce e un
serpente ad esso avvolto sono di ispirazione
alchimistica. Uno è raffigurato in Livre des
figures hiéroglyphiques (XVII secolo) l’autore è
Abraham Le Juif: il dipinto rappresenta il
serpente mercuriale trafitto alle due estremità,
vicino alla testa e alla coda e piantato su una
croce di legno, indica inoltre il serpente di
bronzo di Mosè crocefisso. L’altro compare
nell’icona di Eleazar, 1760 (in Uraltes
chymisches Werk, ed ha le stesse connotazioni
del primo. Tutto ciò ci conduce al simbolismo
universale della croce e delle chiavi. Prima di
addentrarci nell’argomento che seguirà vi è un
ultima constatazione da aggiungere e cioè il
parallelismo caduceo-bilancia. La bilancia,
come segno zodiacale, è formato da un piano
orizzontale sormontato da un mezzo cerchio

133
che corre parallelo alle estremità con il ripiano
sottostante. Indica il Sole che tramonta o
anche la congiunzione di cielo e terra. È un
simbolo antichissimo che ritroviamo già
nell’Egitto dei faraoni all’ingresso delle
Piramidi, le quali dovevano contenere il corpo
del faraone. Infatti Bilancia è sinonimo di
equità, giustizia, ordine e nella cosmologia
egizia è proprio su una bilancia che vanno
soppesati, attraverso una piuma, tutte le azioni
compiute sulla terra. Un simbolo che rimanda
quindi, come vale per gli altri, alla concezione
della vita ultraterrena e alla volontà di
conciliare con tale simbolo la visione del cielo
e della terra. La bilancia è equilibrio tra le due
nature dell’uomo, quella animale e quella
spirituale. La bilancia è associata a Mercurio,
come protettore degli affari e della giustizia, e
non è un caso che le antiche bilance a due
piatti portavano nel perno centrale la testa di
Mercurio quale protettore degli scambi e del
commercio. Infine il ruolo di “Mercurio” fu
preso in ambito cristiano da San Michele
arcangelo. Un’ulteriore tassello per ricomporre
il puzzle del sigillo “arcano” del caduceo ci
viene da direttamente dall’alchimia. Il Drago
Mercuriale (il Mercurio del filosofo o Drago
alchemico) un simbolo medioevale triforme (un
mostro a tre teste), indicante il guardiano degli
inferi, è composto tre elementi importanti
simboli: Luna, Sole e Croce, cioè sale, mercurio
e zolfo, ovvero le tre componenti del sigillo di
Mercurio. Luna e Sole sono delle costanti in
alchimia e quando compaiono indicano sempre
l’unione degli opposti.

134
Simbolismo della Croce

135
†♀Ψ┼╬ ♂XT

 

Abbiamo parlato nelle precedenti pagine di


due concetti fondamentali assimilabili al
simbolismo della croce e cioè: l’Albero, il
Centro e il Punto, la quadratura del cerchio, la
Scala, l’Axis Mundi. La croce racchiude nella
sua importante funzione simbolica vastissime
risonanze inconsce, accomuna molti significati
che hanno una eco che origina dal profondo
della condizione esistenziale umana. Croce e
Uomo sono due simboli paralleli e
interscambiabili, come è stato più volte
mostrato in alcuni simboli tra cui in primis
quello dell’ “Uomo Trivulziano” in Leonardo Da
Vinci. La croce delimita uno spazio sacro, è
posta per esempio sopra le chiese, ma la
stesse chiese, alla base hanno una struttura a
croce, così come nel costruire una città, i primi
punti che si prendono formano solitamente
una croce.

136
Quindi, ad un primo livello, la croce segna e
ricorda i punti cardinali: nord-sud (temporali),
ovest-est (spaziali).

Il quattro sta alla base della croce, numero di


vastissimi riferimenti, che si riconducono alla
fine al concetto di terreno, materiale,
quadrato, contrap- posto a spirituale, celeste,
rotondo, infinito e perennemente in
movimento. Ma è il numero 5 che nella croce
segna un punto di svolta. Il quinto punto, la
quinta essentia, la quadratura del cerchio,
l’unione dei contrari (qui come Nord, Sud,..)
passa necessariamente per e attraverso il
centro, il cuore, l’origine o la fonte. Anzi, è dal
centro che tutto si diparte e tutto ritorna. Il
mistero della croce è davvero profondo.
Nell’Apocalisse, San Giovanni arguisce che la
fine del mondo sarà annunziata dalla
comparsa in cielo di una Croce, origine di tutto
a cui tutto ritorna, alfa e omega.
Rimanendo ancora sulla croce cristiana, in un
mosaico greco del secolo XI d. C., Cristo
Pantocratore (creatore di tutto) regge in mano
il libro chiuso della vita e del destino, sul quale
compare una croce (inscritta quindi in un
quadrato). Cristo che tiene il Libro è a sua
volta avvolto da un cerchio che ne enfatizza il
valore assoluto e totale.
Che la croce rappresenti l’Unione di principi
contrari e complementari non vi è alcun
dubbio. L’ankh, o crux ansata, egiziana, a cui
avevamo accennato, unisce i simboli maschile
e femminile, il cielo e la terra; è una chiave dei
misteri sorretta da Maat, dea della Verità e
dell’Ordine Mondiale.

137
La croce è un simbolo primitivo, semplice, che
esprime una infinità di concetti; ad essa sono
affidati concetti di vita e di morte e
resurrezione, di passato e futuro, di cosmo e
uomo, eccetera, eccetera. Paradossale è il
fatto che un simbolo così semplice racchiuda
concetti così complessi e profondi.

La croce è una chiave?


Se così fosse, almeno a livello simbolico
avrebbe una valenza concreta di apertura o
chiusura dei misteri della vita; sarebbe la
possibilità di una conoscenza universale, della
conoscenza della verità, l’apertura del cuore,
dei segreti. Ciò è vero soprattutto per alcune
croci in particolare, associate quindi alla
chiave:

• La svastica
• L’Ankh
• Il Tau

Sarebbe impossibile sottoporre ad analisi tutte


le varie croci e tutto ciò che concerne il
simbolismo della croce in generale. Saranno
sviluppati quindi soltanto due punti e cioè, il
simbolismo e il significato dell’accostamento
Croce-Chiave; e in seguito tratteremo della
Croce di Cristo nel Medioevo come origine e
fine, Adamo e Cristo. Albero e Croce sarà
quindi un altro accostamento che
svilupperemo più in là.

138
Croci o Chiavi?

Vi sono alcune immagini mitologiche o


religiose, raffiguranti una divinità che tiene in
mano delle chiavi/croci.
Una è l’immagine egiziana di Maat, dea della
verità che tiene in mano l’Ankh (traducibile
anche con “Vita”; sintesi di contrari, come
maschile e femminile), qui sinonimo di bilancia
e giudizio. A tenere l’Ankh in mano è anche
un’altra divinità egizia, il dio Aria che ha la
funzione di sostenere la volta celeste (la dea
Nout) con le braccia levate, un gesto che
rappresenta il Ru, ovvero la parte superiore
dell’Ankh (la parte inferiore è invece una
croce). Il dio Aria ha quattro croci, tante quanti
sono i pilastri che sostengono la volta celeste
(cfr. De Champeaux, Sterckx, 1997). Anche Ra,
lo spirito egizio dei quattro elementi tiene in
mano l’ankh (vedi per esempio pagina 137,
figura 66, in Jung, 1944).
Nel sistema teologico mazdeo-babilonese, su
cui all’origine il mitraismo si fonda, è Zervan, il
Dio del Tempo (a Roma Saeculum) tiene due
chiavi nella mano, od anche un fulmine (cfr.,
Farioli, 1998). Molti dei tengono in mano un
simbolo che in qualche modo è una Chiave o
una Croce. San Pietro tiene le chiavi del
paradiso.
Un illustrazione molto suggestiva (in Jung,
1944), di derivazione alchemica presenta una
scena della Putrefactio (senza la quale la meta
dell’Opus non può essere raggiunto).
Compaiono delle croci, cinque in tutto e un tiro
a segno dove dei tiratori lanciano le loro frecce

139
e sopra di esso una chiave. Come a dire il
centro è la chiave (o viceversa).

Ritroviamo in alcune tradizioni popolari


(nell’area di Perugia) l’usanza di “guarire” le
convulsioni infantili attraverso un amuleto a
forma di chiave con una croce all’estremità
(vedi Coria, 1994).
Anche Thor tiene in mano il martello, associato
per la sua somiglianza al Tau.
Leone Magno riferendosi alla croce dice: “in te
universa perficis mysteria” (in te porti a
compimento ogni mistero). In termini simbolici,
la croce e il cerchio rappresentano
rispettivamente lo spazio e il tempo (Blake).
Anche in Egitto tale simbolo assume le
medesime valenze, in forma di glifo usato
come sigillo arcano. Anche lo zodiaco rientra in
questa rappresentazione che per altro indica la
natività come evento che si verifica al centro
della Terra, “quando l’anima, nuovamente
rivestita da un corpo, si immette ne tempo in
questo ombelico del modo”. Un simbolismo
sintetico e universale” (M. Hedsel, 1999). Già
nell’antichità precristiana, la croce, contrad-
distinta dal numero quattro, è simbolo
dell’unione dei contrari (sopra – sotto, destra –
sinistra). Era un simbolo molto diffuso per
indicare la vita e quindi la divinità nelle varie
forme che si svilupparono poi anche nella
cristianità.
Attorno al simbolo della croce ruotano due
elementi simbolici che riscontriamo fin dalle
origini del pensiero umano, essi sono l’albero e

140
il serpente, dei quali abbiamo già discusso
precedentemente.
In particolare, La parola “croce” deriva
probabilmente dal sanscrito Krugga, che
significa “bastone”; i Greci la chiamarono
stauròs: “palo”; gli ebrei es: “albero” da cui il
termine “ radice di Es”, per indicare il popolo
ebraico quali discendenti di Adamo. Tutti questi
nomi indicano l’origine primitiva della croce
come supplizio: un albero o un palo al quale i
condannati erano confitti con chiodi, o legati
con funi, oppure impalati. Nell’Antico
Testamento la croce era quasi sconosciu- ta;
però i cadaveri dei giustiziati erano appesi, ad
accrescimento della loro ignominia. Dopo la
lapidazione di un malfattore condannato a
morte, lo si appendeva ad un albero.
Il serpente fissato ad un’asta per ordine del
Signore divenne in epoca neotestamentaria il
“tipo”, cioè la prefigurazione di Gesù crocifisso:
“Chiunque, dopo essere stato morso, lo
guarderà, resterà in vita”
(Nm 21,8).
L'albero (come anche il serpente) ci fornisce
una sintetica rappresentazione dell'intero
Universo, in quanto vivente testimonianza del
perenne ciclo di nascita, morte e rinnovamento
delle forme. Tale è l' "Albero Cosmico", nella
più limpida espressione, quale si può
rintracciare nell'ambito delle remote civiltà
mesopotamiche ed egee. Esso raffigurerebbe
inoltre le tre modalità fondamentali del tutto:
le radici, i livelli inferi; il tronco, l'esistenza
terrena, e i rami con le foglie rivolte verso
l'alto, i mondi sovrumani. Ancora, Altrettanto
ricco di implicazioni è l' "Albero della Vita",
spesso concepito come sede di un dio o di un

141
genio, secondo quanto attestano i culti arcaici
di numerosi popoli, e che può recare frutti
elargitori di immortalità (ad esempio nei miti
del giardino delle Esperidi e dell' Haoma
iraniano) e di una pericolosa conoscenza,
secondo quanto attesta l'Antico Testamento. Si
apparenta a quest'ultimo l' "Albero
Filosofico" dell'arte alchemica, indicatore della
"materia prima". In questa dimensione
propriamente simbolica, ma anche su di un
piano solo emblematico (cioè leggendario),
spesso l'accesso all' Albero è impedito da un
nemico che l'eroe o l'iniziato debbono o
soggiogare o uccidere, come il Drago o il
Serpente. Questi simpatici "custodi"
rappresentano, a livello psicologico, le energie
distruttive che si celano in ogni uomo, l'eterna
lotta fra il bene e il male.
La croce è simbolo di redenzione, e quindi
della vita: “Con il sangue della sua croce”
Cristo rappacifica e riconcilia tutte le cose “
che stanno sulla terra e quelle nei cieli “(Col
1,20).
Volendo ritagliare uno squarcio di storia sulla
croce diciamo che in India il segno cruciforme
lo si trova già nel 3500 a.C. nella forma
uncinata, è collegata al culto del dio Visnù, il
dio che simboleggia la vita che si rinnova in
perpetuo. I popoli indoeuropei hanno poi
diffuso questo segno in Asia e in Europa: lo si è
ritrovato nella regione dove sorgeva Troia, a
Cipro, a Roma, in Gallia e nel nord Europa. In
Perù e in Messico, nelle civiltà precolombiane,
è documentata la presenza del segno di croce
nel culto solare e della fertilità. Il più antico
monumento con croce cristiana è ritenuta la
iscrizione di Palmira del 136; si hanno in

142
seguito le iscrizioni di Dura Europos (prima
chiesa cristiana) e di Medula in Siria (232 e
197-198), alla fine del II° secolo si fa risalire la
scritta di S. Rufina a S. Callisto a Roma. Dopo il
ritrovamento della croce di Gesù a
Gerusalemme, essa appare come crux invicta,
ossia come simbolo di vittoria, sia sui labari
romani che nei sarcofagi. Nel 335, sul luogo
del ritrovamento, venne costruita una Basilica
e fu eretta una croce splendida d’oro e grande,
venne designata per il 14 settembre la festa
della esaltazione della croce. A distanza di più
di 1660 anni la Chiesa celebra ancora la festa
nella stessa data. Per molti secoli la croce ha
indicato la vittoria sulla morte e la gloria di
Cristo. La croce a livello rappresentativo e
artistico ha subito dei notevoli cambiamenti
nel tempo dal medioevo fino ai giorni nostri,
pur conservando il medesimo significato
salvifico.

Un’ altra croce importante quanto misteriosa è


la svastica è uno dei simboli dei primordi
dell’umanità, dal sanscrito svastica
“apportatore di salute”. Si fa coincidere
l’origine della svastica nella Mesopotamia, più
precisamente Babilonia, usata anche come
amuleto magico e apotropaico. La Germania di
Hitler è stata anche una nuova Babilonia?! (sic)
Nell’area Egea, Troia e Asia minore, la svastica
era un simbolo diffusissimo e indicava la
fertilità e la vita. Lo giainismo, antica
religione, fondata nel VI secolo prima di Cristo,
ha come simbolo la svastica. Compare anche
impressa nelle monete, da qui probabilmente
deriva anche il famoso modo di dire “testa o
croce” riferito alle monete.

143
A ridare “fama” al culto della svastica, nel
nostro secolo è stato Hitler, tra l’altro in
maniera abile e plagiante: Quando Hitler
scelse la svastica come simbolo nazista, scelse
uno dei più antichi simboli di un misterioso
potere magico. Hitler scoprì che aveva l’effetto
desiderato. Nel suo libro Mein Kampf, Hitler
scrisse che quando nel 1920 presentò per la
prima volta in pubblico la bandiera con la
svastica, “fece l’effetto di una fiaccola accesa”.
Come scrisse nel suo libro Mein Kampf, Hitler,
presentò per la prima volta al pubblico la
bandiera con la svastica nell’estate del 1920.
Egli e i suoi compagni erano molto entusiasti
del loro nuovo vessillo con l’antico disegno.
È quanto sta succedendo attualmente a monte
del governo americano di J. B. Busch, che
incita le folle con motti biblici quali “lotta tra
Bene e Male”, e con immagini apocalittiche da
Giudizio Universale: ciò fa colpo sull’emotività
delle masse e sul cervello destro dei singoli
individui che si sentono, in modo assuefante,
coinvolti in qualcosa di “più grande” da
seguire, in cui credere. I grandi simboli se usati
male possono rendere deleteria la massima
machiavelliana “il fine giustifica i mezzi”.
La croce è una chiave che apre il cuore della
gente, ma se usata male il meccanismo si
intoppa…
Religione, economia, politica e Dio sa cos’altro
ancora sono fortemente interconnesse tra loro
in una danza irregolare di specchi e paradossi.
La forza dei simboli emerge
indipendentemente dall’uso che se ne fa.
La croce va interpretata assieme agli altri
simboli fondamentali: il centro, il cerchio, il
quadrato. La croce infatti contiene il primo

144
(l’intersezione delle braccia forma un centro), è
contenuta nel secondo (la si può iscrivere
dentro un cerchio), e genera il quadrato
collegando con quattro rette le braccia.
Universalmente la croce indica i quattro punti
cardinali e quindi simboleggia l’orientamento.

Si potrebbero scrivere milioni di parole sul


significato della croce. La croce è una chiave
per aprire le porte della percezione, per
squarciare la materia. Ciò che è diviso in
quattro ha anche un centro, un luogo di sintesi
di origine e ritorno; si potrebbe dire non c’è
quattro senza cinque. Così i quattro elementi
hanno il loro centro nella quinta essenza, che è
unione mistica di opposti. Ma essa è eterea,
invisibile, come tutte le cose impalpabili che
non scorgiamo quasi mai, ma che costituiscono
l’essenza primaria su cui si fonda l’universo. Il
punto centrale, luogo d’incontro dei quattro
(elementi, direzioni..) è l’uomo. Ciò è evidente
con la morte in croce di Cristo, è evidente con
il significato numerologico del 5 che rimanda
comunque all’essere umano, lo stesso uomo è
un 5, quindi un centro, una stella (i 4 arti e la
testa). Vi sono miliardi di stelle, miliardi di
uomini, miliardi di simboli, poiché la Verità che
regge l’universo è distribuita in tutto, ma vi
sono dei centri dove si irradia maggiormente e
tali centri sono le chiavi di accesso per il
ritorno all’Unità, all’Unico principio che tutto
sorregge. L’uomo forse ha smarrito l’identità
del suo essere, come da tempo i più grandi
profeti del nostro secolo vanno gridando. Voci
disperse nel frastuono tecnocratico delle
grandi metropoli.

145
Eppure c’è ancora speranza, ancora voglia di
ricostruire. Ogni persona è/ha una croce.
Ognuno di noi è un punto di arrivo e di
partenza; un essere materiale (4 è il numero
della materia, dell’illusione) e spirituale (5,
come abbiamo visto è il centro).
Il più alto significato dell’uomo è racchiuso nel
fatto di essere diverso e uguale allo stesso
tempo a tutto e a tutti. Anche due gemelli
avranno comportamenti e personalità diverse
benché apparentemente uguali, così tra una
persona e una stella quanti sono i gradi di
differenza e uguaglianza? Credo che la risposta
sia racchiusa anche nel numero cinque.
Il simbolismo della croce, e qui sta la sua
estrema importanza, percorre la storia
dell’uomo sia a livello temporale, sia
geografico, quindi spaziale, poiché è proprio
nella sua essenza che si dischiudono i segreti
del tempo e dello spazio, dell’origine e della
fine, nonché del nuovo inizio (resurrezione).
Per certi versi la croce rappresenta l’origine
dell’universo, ovvero il big bang: a Ninive è
stata ritrovata una tavoletta, contrassegnata
col numero 1231, sulla quale vi è incisa una
croce; è stato detto che rappresenta la
galassia primitiva. Ma c’è di più, la croce
rappresenta anche la fine, il compimento,
come mostra San Giovanni Evangelista nella
sua Apocalisse, dove una croce comparirà per
segnare la fine dei tempi.

La spazialità (i quattro punti cardinali) e la


temporalità (inizio e fine) della croce si

146
ravvisano anche nella straordinaria ricorrenza
simbolica in ogni tipo di religione e culto, dall’
India al Messico passando per l’Europa e
l’Africa e presente fin dalle origini.
La croce rimanda a tante considerazioni. In
primis simbolizza anche le due possibili vie
percorribili in orizzontale (quindi
materialmente) o in verticale, unendo la terra
al cielo (e percorribili spiritualmente).
I simboli composti da tre elementi siano essi
indù, shivaisti, Krishna, amerindi, o celtici,
rappresentano sempre il sacro 3, un potente
simbolo esoterico a volte occulto: nascita-
crescita-morte, uomo-donna-prole e così via,
che esemplifica come le energie o le forme
materiali si muovano spesso in un sistema
binario, o doppio, capace di generare una terza
energia molto potente. Il triangolo è per
antonomasia il simbolo del movimento,
contrapposto al quadrato statico e chiuso.
Ancora più palese, nel senso di movimento, è il
simbolo della svastica, la croce uncinata: pare
che gli antichi conoscessero benissimo la
teoria del big bang, l’origine dell’universo ed il
moto di espansione a spirale che non
consegue.
La svastica rappresenta il potere divino, il
moto dell’universo e del sole. La croce è
dunque la Chiave, e non solo per la sua forma
che si avvicina a quella della chiave, per capire
i più grandi misteri epistemologici ed
escatologici insieme. D’altronde Dio è l’Alfa e
l’Omega e il Cristo morto sulla croce ne
esemplifica tale dinamismo.

Il discorso diventa ancora più particolare e


suggestivo se si considera la parola TENET

147
racchiusa in uno dei più famosi “quadrati
magici” e cioè il cosiddetto Sator:

S A T O R
A R E P O
α T E N E T Ω

O P E R A
R O T A S
Abbiamo una testimonianza di questo
quadrato magico in Plinio. Alcuni pensavo
che sia di derivazione Celtica.

148
Le parole “Sator Arepo Tenet Opera Rotas” di
derivazione latina possono significare: “Il
seminatore Areppo regge con fatica le ruote”.
Le diagonali sono formate o da sole consonanti
o da sole vocali. Al centro del quadrato il verbo
Tenet forma una croce e racchiude il suo
simbolismo (vedi quadratura del cerchio). Le
parole dentro al quadrato si possono leggere
quindi sia in senso verticale che diagonale,
quindi in modo crociato.
Nel corso dei secoli il Sator è stato utilizzato
come potente talismano per sanare afflizioni e
per fare vaticini. Dopo il ritrovamento di
Cirencester in Gran Bretagna si ritenne che il
Sator fosse una “crux dissimulata” in quanto si
ritenne che fosse stato ideato in età imperiale
(tra il II e il IV secolo d.C.) e che fosse utilizzato
come segno di riconoscimento dai
protocristiani come l’ancora o il pesce per
sfuggire alle persecuzioni ponendo l’attenzione
sulla croce formata dalle parole TENET
oltretutto caratterizzate dalla T (tau greca). La
particolarità del quadrato magico che è un 5x5
diventa rilevante quando ci si accosta alla
centralità della lettera N punto da dove si
diparte la sfericità con tensione centripeta
dalle lettere (12) nel quadrato che sembrano
ruotare attorno alla tredicesima, singola N.
Come suggeriscono alcuni studiosi la N
centrale è il fulcro poiché è rappresentativa
dell’unica (poiché non ripetuta più di una
volta) entità differenziata dalle altre, ciò rende
l’opera del Sator del dinamismo coerente con
lo sviluppo dei mandala. Ordunque, il
significato simbolico del 13, numero usato
nella divinazione e della N si pongono subito
all’attenzione.

149
Quando ritratta un argomento quale è quello
dei simboli è lecito chiedersi fino a dove la
comprensione umana possa giungere nel lungo
cammino a spirale della loro conoscenza. Con i
simboli c’è sempre un di più che sfugge alla
comprensione e usare facili categorie
aprioristiche non ci porta molto lontano (in
appendice 1 si potranno consultare altri
quadrati magici che secondo la tradizione
popolare porterebbero fortuna, intanto vale la
pena osservare come la combinazione dei
numeri sia veramente suggestiva nel tendere
ad un numero centrale e ripetersi) .

Ancora, in modo schematico possiamo


distinguere i seguenti significati simbolici,
comuni alla cultura umana, ricavabili dal segno
della croce:

Nord
(prove materiali che ci temprano)
Notte/Inverno-freddo/Vecchiaia

Ovest Es
Tramonto/Buio/Misteri/Morte/
Rinascita/Autunno/Mezza età/ t
Alba/Nascita/Luce/Vita/
Primavera/Infanzia/Spiri
to
(Via, Conoscenza,
Speranza)

150
Sud
Giorno/Estate-caldo/Crescita
(fuoco, calore, gioventù)

La croce, come del resto molti simboli


universali, è una forma sintetica da dove
partono una serie quasi infinita di altri simboli
e rimandi a cascata (per esempio l’ovest è
collegato alla morte che è connessa con il
colore nero che può rimandare alla nigredo
alchemica, quindi alla sublimazione e alla
resurrezio- ne, per cui al Cristo, alla chiesa e
via discorrendo per parafrasi e accostamenti
analogici). La croce è l’apice di una ideazione
simbolica piramidale. Pensate alle croci poste
in alto nelle chiese, è la medesima imago
mundi che stiamo cercando di cogliere nella
complessità dell’insondabile mistero delle cose
generate dall’unità principale e ad essa
nuovamente tendenti.
Nella croce è racchiuso dunque quel
dinamismo necessario ad ogni evento per far si
che esso si manifesti. La natura delle cose è
sempre polare. In ogni relazione, situazione
sociale, si possono distinguere, come ci
insegna la psicologia della comunicazione,
sempre due poli o dimensioni: complementare
(ravvisato dall’asse verticale della croce o dal
famoso detto di natura esoterica, attribuito a
151
Ermete Trismegisto “ciò che è in alto è anche
in basso” o come sotto così sopra) e
simmetrico (le opposizioni di qualunque
natura, come ad esempio Bene e Male, che
solo nel centro trovano il loro giusto equilibrio,
in media stat virtus). Nella croce è dunque
presagito ogni possibile moto galattico o
cellulare, relazionale e internazionale, passato
e presente. La croce, in ogni sua possibile
rappresentazione, dalla spirale alla svastica,
dal caduceo alla chiave, ci mostra come non
sia possibile una verità statica in quanto la
Verità segue il movimento centrifugo o
centripeto delle coordinate assiali. Ogni cosa
dipende dalla coordinate spazio-temporali ed
ogni cosa acquista un diverso significato in
base alla distanza che la separa dal centro. In
questo modo e in questi termini è possibile
ogni manifestazione sensibile e soprasensibile.
Ciò che è centrale in questo discorso è il
concetto di cambiamento, ciclo. Un esempio
fra tutti: pensate al percorso che va dalla
conoscenza di due persone al matrimonio.
Tale percorso presuppone dei cambiamenti
anche radicali nella vita del singolo individuo,
delle perdite e delle conquiste. Alla fine è nel
bilancio e nell’equilibrio tra due poli (dare e
avere, essere e non essere, cambiare o no) che
si gioca l’identità/ruolo dei due. Il divorzio non
è altro che l’impossibilità o l’insufficienza nel
gestire i cambiamenti cui si va in contro.
L’uomo è un calcolatore e pondera bene i
parametri dove inscrivere i cambiamenti
dell’essere; se tali cambiamenti vanno al di la
della portata e delle possibilità vi è la rinuncia,
la fuga, il ritorno al passato sicuro e gestibile.
Molte cose si fanno per abitudine, per

152
compromesso. Il cambiamento include la
sofferenza e l’abbandono, una sorte di morte
simbolica sulla croce; una scelta di possibili vie
che si dipartono dal centro.
Ebbene spero che un piccolo contributo sia
stato dato nella costruzione del puzzle della
conoscenza simbolica, mitologica e
archetipica. La forza figurativa e
potenzialmente energetica dei simboli è
qualcosa di affascinante e al contempo
escatologico e arcano. Anche tra mille anni si
parlerà di simboli, nell’attesa auguro a tutti
una felice compartecipazione nel mondo dei
simboli che ci vengono a trovare la notte nei
sogni e ci parlano un po’ di loro.

Nel seguente capitolo affronteremo un


argomento particolare e cioè la tematica del
rapporto 1  Molti, un modello che non è stato
fin’ora indagato a fondo dalla scienza e
rimasto ad un livello di concezione simbolica e
mitologica. Spero che tale modello, per adesso
solo teorico, possa rappresentare un ulteriore
corrente di studi a partire dalle teorie
sistemiche e della complessità che hanno
sfiorato il concetto. La lettura di tale capitolo si
presenterà un po’ impervia, i concetti non
vanno presi in modo assolutistico ma come
chiavi di lettura e basi per ulteriori sviluppi
scientifici in accordo con la mitologia e la
simbologia. Non vi è nessuna teoria
attualmente che si possa definire un
paradigma fedele dell’universo e dell’essere
umano, tutte sono buone e tutte sono tracce
periferiche che si avvicinano ad una
conoscenza libera e globale. La conoscenza
delle leggi dell’universo sarà soddisfacente

153
solo quando ci sarà un comune sentire, allora
la Verità sarà una sola e tutte le altre saranno
ricondotte ad essa senza peraltro perdere
singolarmente di importanza. Abbiamo detto
che il segno o simbolo della croce compare già
presso le popolazioni primitive; ad esempio
nell’età del bronzo presso il Nord Italia i vari
stanziamenti dei celti, veneti e retici
compariva assieme ai prime rudimentali già
l’uso della croce dentro ad un cerchio, come
totem magico-religioso segno che i due simboli
si potenziavano a vicenda ( una sorta di
quadratura del cerchio?).

Tale segno (croce e cerchio ) compare


altresì presso le popolazioni del Vicino Oriente
antico, dalla Palestina all’Iran a partire
dall’8000 a.C.
Tale segno che identificava la “pecora” era
impresso in gettoni d’argilla (come ad esempio
quelli provenienti da Habuba Kebira) e tale
importanza dell’animale era dovuto al fatto
che di pastori si trattava. Il segno cerchio-
croce compare successivamente (circa XVI sec.
a.C.) nella scrittura cipro-minoica e in quella
egea. Nell’alfabeto Greco compare per indicare
la lettera Theta o th (Θ ). Invece per indicare la
lettera T compare una croce o una X a seconda
della provenienza geografica dell’alfabeto
(Attica, Cipro, Mesha, Bar-Rakib, eccetera).
Presso i fenici aveva probabilmente valore
numerico di 7.

154
Conclusioni?

155
Visto che una qualsiasi forma di “conclusione”
sarebbe stata insufficiente e poco esaustiva,
quale miglior modo di concludere (più nel
senso di chiudere insieme) dando uno sguardo
ad alcune immagini da me stesso elaborate,
con le quali ho fatto alcune mostre, con
l’intento di ripercorrere in chiave moderna
tematiche come il Mandala, le Dicotomie,
l’Armonia, la Luce e il Colore (anche in senso
simbolico e cromoterapico). Una loro
spiegazione step by step richiederebbe
ulteriore tempo e non sarebbe neanche
ottimale dato il fatto che la libera
interpretazione e la suggestione proposta dalle
singole immagini vanno aldilà là di ogni
superflua esplicazione dei medesimi.

156
157
158
159
160
161
162
163
164
165
166
La verità in ogni senso
La Verità non è appannaggio di tutti i
sensi: essa non sempre si vede, non
sempre si ascolta, non sempre si palpa,
non sempre si proferisce. Ma quando
c’è, sicuramente, si gusta!

167
L’immaginazione sovrasta
L’immaginazione sovrasta
le vette
le vette dell’inimmaginabile..
dell’inimmaginabile..

168
... Op
p
si su ure il ca
se cced s
Le co per e nel o
o cose le
u c c edon ... ?
s ?
caso

169
Quan
do sei
i
del vi n viaggio e
a
allora ggio si la
, capi fa lon meta
del vi rai che la v tana,
aggio
.. é il v era meta
iaggio
(Dur
ckeim ..
)

170
“Non esiste nessun
grande ingegno senza
un briciolo di pazzia”.
(Seneca)

171
Solo tutto ciò che è fragile ha la forza e l’impeto di
sfiorare l’essenza, l’anima delle cose. La mente o il
cervello sonoabbastanzafragili?

“SPUNTINI
“SPUNTINI DI
DI
RIFLESSIONE”
RIFLESSIONE”

APPENDICE 1

172
1 3 2 13
6
5 1 11 3
6
9 6 7 12
4 1 1 1
5 4

Questo quadrato magico compare in un quadro di


Albrecht Durer (Melanconia I del 1514, data che
compare nella riga centrale la prima partendo dal
basso) ed è posto nella facciata frontale dell’Athanor,
il forno della trasmutazione della materia.
La somma di qualsiasi colonna, riga e verticale
all’interno del quadrato da sempre 34. (3 e 4, cerchio
e quadrato, materia e spirito, il 7).

173
13 8 12 1
2 11 7 14
3 10 6 15
16 5 9 4

2 11 24 7 20 3
4 12 25 8 16
17 5 13 21 9
Compaiono 10 18 1 14 22
in un 23 6 19 2 15
incisione
celebrativa dell’alchimista Paracelso (1493-1541). Il
primo da come somma 34, (è simile al quadrato di
Durer); il secondo da come somma 65.(6+5=11,
1+1=2). La data della morte di Paracelso si può
vedere nel primo quadrato magico nella quarta
colonna righe centrali (15 e 14 che capovolto da 41).

4 9 2
3 5 7
8 1 6

174
Il risultato della somma è sempre 15: gli ebrei inter-
pretavano le cifre 1 e 5 come le prime due lettere di
Dio (Jehova). (L’aritmomanzia è legata ai quadrati
Magici).

Un altro quadrato magico o mistico che da come


risultato 15 è il seguente:

2 7 6
9 5 1
4 3 8

In realtà mantenendo sempre le stesse distanze o


rapporti tra i numeri, il quadrato magico è ben fatto:

175
così se nella prima riga ho i numeri 2, 7, 6, posso
aumentarli di un numero avendo così la stessa
proporzione con i numeri 3, 8, 7. Il risultato della
somma sarà diverso, ovvero:18, che corrisponde al
valore di tutte le somme delle altre righe e colonne se
aumentati di 1. Se invece tolgo uno da ogni casella
ottengo il seguente valore: 12.

Bibliografia

Apuleio, Metamorfosi, XI 5. (traduzione dell’Asino


d’oro, di N. Marziano, 1985, Garzanti, Milano).

Coria G., 1994, “Dizionario di Magia”, Libri e Grandi


Opere, Ed. Euroclub Italia, Milano.

Farioli M., 1998, “ Le Religioni Misteriche”, Xenia


Ed., MI.

Gérard de Champeaux, Sébastien Sterckx (o.s.b.),


1997, “I Simboli del Medio Evo” Jaca Book, MI.

Jung C. G., 1992, Psicologia e Alchimia, Bollati


Boringhieri Ed., Torino, 12.

176
Foglia S., 1994, “I simboli del Sogno”, Enciclopedia
Tascabile, “IL Sapere”. T.E.N., Roma.

Leone Magno Sermo 59, 7 (PL, LIV, 341 C).

W.F. Otto, W. Wili, H. Rahner, 1995, “I Culti Misterici:


uno sguardo moderno ad alcuni riti dell’antichità
greca, ellenistica, romana”. Red Edizioni, In
“Quaderni di Eranos”, serie di Convegni
(Fondazione Eranos, Ascona, Svizzera).

177

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