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Alessandra Borrelli
Dipartimento di Matematica
Universit degli Studi di Ferrara
brs@unife.it
2011/2012
Introduzione
Il corso rivolto essenzialmente allo studio del modello matematico di Black
e Scholes per la valutazione del prezzo delle opzioni call europee, delle sue conseguenze e delle sue estensioni.
Le opzioni sono titoli che rientrano nella classe dei derivati.
I titoli derivati, strumenti finanziari il cui rendimento definito in termini
di altri titoli, detti sottostanti, sono uno degli elementi pi rappresentativi del
processo di innovazione che ha riguardato gli strumenti e le istituzioni finanziarie
degli ultimi trentanni.
Negli Stati Uniti lapertura del primo mercato regolamentato per la compravendita di titoli derivati avvenuta il 26 aprile 1973; allora erano sedici i titoli
azionari sui quali era possibile negoziare opzioni al Chicago Board Options Exchange, mentre ora hanno superato le duecento unit.
In Italia lattivit di compravendita di titoli derivati riguarda solo gli anni pi
recenti: lapertura dellIDEM (Italian Derivatives Market) avvenuta il 28 novembre 1994 e da allora gli scambi complessivi di derivati sono aumentati in
modo rilevante.
La maggior parte di coloro che scambiano contratti derivati non hanno intenzione di acquistare o di vendere effettivamente il titolo sottostante, ma usano i titoli derivati per modificare il profilo di rischio delle proprie attivit: per
gli hedgers lobiettivo la riduzione del rischio, mentre per gli speculatori
assumere posizioni rischiose, ma con possibilit di notevoli guadagni, quando
pensano di possedere delle informazioni sicure. Altri utilizzatori di derivati, tra
cui gli arbitraggisti, sfruttano la possibilit di costruire posizioni a basso rischio
e ad alto profitto; gli investitori considerano i derivati come uno strumento di
diversificazione.
Se le imprese utilizzassero i derivati solo per operazioni di copertura dal
rischio non dovrebbero sorgere difficolt finanziarie. Tuttavia gli anni Novanta hanno registrato una sequenza di episodi in cui si sono verificate, a livello
internazionale, enormi perdite a causa dei derivati.
Questi contraccolpi hanno contribuito a diffondere in una parte dellopinione
i
ii
iii
Modalit desame
Lesame si svolge con le seguenti modalit:
(1) Lesame consiste della sola prova orale.
(2) Non vengono fissati appelli periodici, ma gli studenti concordano direttamente via e-mail con la docente giorno ed ora della prova.
(3) La prima domanda verte su un argomento scelto dal candidato che deve
essere esposto nei dettagli.
(4) Le domande successive alla prima verteranno su tutto il programma svolto
a lezione, ma non verranno richiesti dettagli dimostrativi.
iv
Indice
1 Mercati finanziari e principio di arbitraggio
1.1 Obbligazioni, Azioni, Titoli derivati. . . . . .
1.2 Mercati finanziari e Borsa Valori. . . . . . .
1.3 Indici di Borsa. . . . . . . . . . . . . . . . .
1.4 Richiami sulle leggi finanziarie. . . . . . . .
1.5 Contratti forward e future. . . . . . . . . . .
1.6 Nozioni di base sulle Opzioni. . . . . . . . .
1.7 Portafogli di arbitraggio. . . . . . . . . . . .
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ed
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1
1
3
7
8
18
23
26
il loro utilizzo
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37
37
38
47
50
56
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59
59
65
75
80
93
94
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vi
INDICE
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153
153
156
159
166
177
. 177
. 181
. 185
. 191
. 205
209
. 209
. 216
. 218
. 220
. 225
Capitolo 1
Mercati finanziari e principio di
arbitraggio
1.1
il dividendo quella parte degli utili netti di una societ per azioni che viene
distribuita annualmente fra gli azionisti.
Le azioni, a differenza delle obbligazioni, sono investimenti rischiosi poich lacquirente partecipa a tutto ci che accade alla societ. Il valore delle azioni dipende
cio dalla riuscita della societ.
Cos ad esempio se si rappresenta graficamente in funzione del tempo il valore
di unobbligazione poco rischiosa, come un BOT o un CCT, si ottiene un grafico
abbastanza lineare con buona prevedibilit e basso rischio, invece se si rappresenta in funzione del tempo il valore di azioni FTSE Italia All-Share (che un
indice della Borsa Italiana) si ottiene un grafico molto frastagliato con scarsa
prevedibilit ed alto rischio.
Per quanto riguarda i titoli derivati, il loro valore viene a dipendere da quello di unaltra attivit finanziaria che prende il nome di sottostante. Esempi di
sottostante sono merci, azioni, obbligazioni, ma anche valute, tassi di interesse,
ecc.
Negli ultimi anni i derivati sono divenuti sempre pi importanti nel mondo della
finanza. Negli Stati Uniti il mercato dei derivati stato aperto nel 1973, in Italia
solo nel 1994.
I pi diffusi titoli derivati sono contratti a termine forward e futures,
opzioni, di cui parleremo diffusamente in seguito, swap, warrant, certificates
ed altri ancora di cui non ci occuperemo.
Per il momento nel paragrafo successivo diamo qualche nozione di base sui
mercati finanziari.
1.2
Dal 1997 la Borsa valori gestita e organizzata dalla societ privata Borsa
Italiana s.p.a che ha sede a Milano in Piazza Affari nel Palazzo Mezzanotte e
che si occupa anche della gestione di altri mercati finanziari (come ad esempio
lIDEM, ossia il Mercato dei derivati, il MOT, ossia il Mercato Telematico delle
obbligazioni e dei titoli di Stato, il MAC, ossia il Mercato alternativo dei capitali,
ecc.).
A partire dal 1997 Borsa Italiana si trasformata da singola societ di gestione
del mercato in un Gruppo diversificato nel campo dei servizi finanziari, composto da Cassa di Compensazione e Garanzia (2000), Monte Titoli (2002),
Servizio Titoli (2007) e la Societ per il Mercato allingrosso dei Titoli
di Stato.
Il 23 giugno 2007 la Borsa Italiana stata acquisita dalla Borsa di Londra
(London Stock Exchange) e dal primo ottobre 2007 stata quotata per la prima
volta a Londra.
Il controllo sulla Borsa valori esercitato dalla Commissione Nazionale per
le Societ e la Borsa (CONSOB) e dalla Banca dItalia.
La Borsa valori fino al 14 aprile 1994 era basata sul sistema di contrattazione
denominato negoziazione a chiamata o alle grida; ciascun titolo veniva contrattato in un preciso momento della seduta di Borsa e gli intermediari, situati
intorno ad un recinto detto corbeille, gridavano i prezzi ai quali erano disposti a
vendere o ad acquistare il titolo fino a quando non si perveniva alla formazione
del prezzo che rimaneva fissato per tutta la giornata. Ora stato introdotto il
sistema di contrattazione denominato asta continua con il quale la negoziazione
di ciascun titolo pu avvenire in qualsiasi momento nella seduta di borsa grazie
al sistema telematico di Borsa che non richiede la concentrazione fisica degli operatori, collegati tra loro per mezzo di una rete di elaboratori e terminali.
Il meccanismo dasta fa incontrare domanda ed offerta: lo scambio si compie tra
chi offre il prezzo pi basso in offerta e chi offre il prezzo pi alto in domanda. I
titoli sono scambiati dunque attraverso un meccanismo bilaterale (two sides): le
offerte di prezzo vengono fatte sia dagli acquirenti che dai venditori dei titoli. Il
sistema telematico, gestito dalla SIA, visualizza le proposte di negoziazione allinterno di un libro (book) che compare sui terminali degli operatori autorizzati.
Dal punto di vista matematico, nella contrattazione continua il tempo t rappresenta una variabile continua, mentre nel mercato non telematico il tempo t
era considerato una variabile discreta.
1.3
Indici di Borsa.
Nel paragrafo successivo richiamiamo alcuni concetti di base relativi alle leggi
finanziarie.
1.4
Se t > t0
Se t = t0
L(1, t, t0 ) = 1
Se t < t0
1
.
m(t, t )
10
(1.4.2)
Ct =
C0
.
1 + r(t0 t)
11
Posto Pc = 1, risulta Pi = n.
Indichiamo con Cn il capitale dopo il periodo di impiego pari a n.
Supponiamo dapprima n = 1, per cui rientriamo nel regime di capitalizzazione
semplice e per quanto visto prima otteniamo
C1 = C0 (1 + r),
essendo t t0 = 1.
Se poi supponiamo che il periodo di impiego sia 2 ed esprimiamo C2 in termini
dapprima di C1 e poi di C0 , otteniamo:
C2 = C1 (1 + r) = C0 (1 + r)2 .
Al periodo n ci sar un capitale
Cn = C0 (1 + r)n .
Se lintervallo temporale t t0 , si ha
Ct = C0 (1 + r)tt0 ,
(1.4.3)
12
6
t,
100
da cui:
t
=
t = 50.
50
Dunque per quadruplicare il capitale occorrono cinquantanni.
1 =
Esempio 1.2.
Un capitale di 149 euro, impiegato in regime di capitalizzazione composta, dopo
5 anni ha dato un montante pari a 190 euro. Determinare il tasso annuo unitario
di interesse.
Appichiamo la (1.4.3), dove poniamo per semplicit t0 = 0 e t = 5:
190 = 149 (1 + r)5 ,
da cui
190 51
r =
1 = r 1, 05 1 = 0, 05.
149
Dunque il tasso annuo unitario di interesse circa del 5%.
Esempio 1.3. La regola del sette-dieci
Verificare che nel regime di capitalizzazione composta un capitale impiegato al
7% annuo raddoppia in circa 10 anni e che viceversa un capitale impiegato al
10% annuo raddoppia in circa 7 anni.
Consideriamo il primo caso.
Posto t0 = 0 e indicati con t gli anni in cui avviene il raddoppio, dalla (1.4.3) si
ha:
C0 (1 + 0, 07)t = 2 C0 = (1, 07)t = 2.
Dunque
t =
log 2
10, 24 10.
log 1, 07
(1, 1)t = 2.
Dunque
t =
13
log 2
7, 27 7.
log 1, 1
1+
0, 08
4
1 1, 0824 1 = 0, 0824.
14
tempo continuo
Consideriamo un intervallo di tempo [t0 , t] che supponiamo di dividere in k
t t0
.
intervalli di uguale ampiezza t per cui t =
k
Sia t il periodo di capitalizzazione e r il tasso unitario di interesse.
In regime di capitalizzazione composta, al tempo t il montante sar dato da
Ct = C0 (1 + r t)k = C0 1 + r
t t0
k
k+
1+r
t t0
k
= er(tt0 ) ,
15
V0 =
s=1
mentre
Cs m(tn , ts )
Vtn =
s=1
k1
Cs v(, ts ).
Cs m(, ts ) +
V =
s=1
s=k
Cs v(0, ts ),
V0 =
s=1
(1.4.5)
16
V =
C(t) m(, t) dt +
0
V0 =
mentre il montante
VT =
La definizione di valore di una rendita si estende immediatamente ad una rendita continua perpetua. In particolare, il valore attuale di una rendita continua
perpetua dato da
+
V0 =
Cs =
dalla (1.4.5), deduciamo:
+
V0 =
1+r
s=1
Posto
q =
=
s=1
1
1+r
1
< 1,
1+r
possiamo scrivere
+
s=1
1
1+r
qs.
=
s=1
(1.4.6)
17
qk =
qs = q
s=1
k=0
q
1
=
1q
1+r
1
1
1
1+r
1
.
r
.
r
1
= 1.000 + 2.000 = 1.000 euro
1 + 0, 1
Caso 2
Abbiamo un flusso di tre capitali: C1 = 1.000 euro al tempo t1 = 0, C2 = 0
18
1.5
I titoli derivati sono caratterizzati dal fatto che il loro valore dipende dal
valore di unattivit finanziaria o dal verificarsi nel futuro di un dato evento osservabile oggettivamente (ad esempio levento pu essere costituito dal raggiungimento di un dato valore da parte di un indice di Borsa). Lattivit o levento
costituiscono il sottostante del prodotto derivato.
La relazione, rappresentata mediante una funzione matematica, che lega il valore
del derivato al sottostante, detta pay-off.
Una categoria importante di prodotti derivati costituita dai contratti a termine.
Definizione 1.11. Un contratto a termine un accordo tra due soggetti per la
consegna di una determinata quantit di un dato sottostante ad un prezzo e ad
una data prefissati.
Il prezzo detto prezzo di consegna e la data detta data di scadenza.
Il sottostante pu essere di vario tipo:
- attivit finanziarie, come azioni, obbligazioni, valute, strumenti finanziari
derivati, indici di Borsa, ecc.
- merci , come petrolio, oro, grano, caff, ecc.
Lacquirente (colui che si impegna alla scadenza a corrispondere il prezzo di
consegna per ricevere il sottostante) apre sul mercato una posizione lunga,
mentre il venditore (colui che si impegna alla scadenza a consegnare il sottostante per ricevere il prezzo di consegna) apre sul mercato una posizione
corta.
I contratti a termine sono strutturati in modo che al momento della loro conclusione le due prestazioni siano equivalenti. Ci ottenuto ponendo il prezzo
19
di consegna, cio quello stabilito nel contratto, pari al prezzo a termine che
uguale al prezzo corrente del sottostante, maggiorato del valore finanziario del
tempo intercorrente tra la data di stipula e la data di scadenza. Il prezzo a termine, perch le due prestazioni siano effettivamente equivalenti alla conclusione,
deve essere uguale al prezzo di mercato del bene sottostante alla data di scadenza. Ma tale condizione potrebbe non verificarsi in ragione dei movimenti del
prezzo corrente che il sottostante via via assume. Ci determina il profilo di
rischio/rendimento di un contratto a termine che pu essere cos riassunto:
per lacquirente il rischio rappresentato dal deprezzamento del bene; se
non fosse vincolato dal contratto, potrebbe acquistare il bene sul mercato ad un prezzo inferiore. Viceversa, in caso di apprezzamento del bene
sottostante, lacquirente maturer un guadagno
per il venditore il rischio rappresentato dallapprezzamento del bene sottostante poich il contratto lo costringe a vendere il bene ad un prezzo
inferiore a quello che realizzerebbe sul mercato. Viceversa conseguir un
guadagno in caso di deprezzamento perch, a causa del contratto, vender
il bene ad un prezzo superiore a quello di mercato.
La decisione di stipulare un contratto a termine pu essere ricondotta alle seguenti finalit:
finalit di copertura (hedging).
Supponiamo di detenere ad esempio titoli di Stato decennali che gi sappiamo di dover vendere prima della scadenza per pagare la rata di un mutuo
che scade il 30 settembre ed il cui importo uguale al valore attuale dei
titoli. In questa situazione siamo esposti al rischio del deprezzamento che
i titoli di Stato potrebbero subire per cui il 30 settembre lammontare
della loro vendita non sarebbe sufficiente a pagare le rate del mutuo. La
conclusione di un contratto a termine come venditori ci copre da questo
rischio. Infatti venderemo a termine i titoli di Stato con scadenza il 30
settembre e prezzo di consegna uguale al loro valore attuale.
finalit speculativa.
Se siamo convinti che una certa attivit, ad esempio le azioni Alfa, avr
un notevole incremento di valore, possiamo stipulare un contratto a termine come acquirenti con prezzo di consegna pari al prezzo a termine e,
se come pensiamo, il titolo incrementer il proprio valore, alla scadenza
del contratto acquisteremo le azioni Alfa ad un prezzo inferiore a quello di
mercato.
20
21
22
una delle due parti, la Clearing House si sostituisce ai suoi obblighi garantendo
il buon esito della transazione, salvo poi rivalersi sul soggetto inadempiente.
La Clearing House adotta il sistema dei margini a tutela delle posizioni aperte
sul mercato dal rischio di inadempimento. Tale sistema prevede il versamento da
parte dei due contraenti di un margine iniziale, pari ad una fissata percentuale
del valore nominale, su un apposito conto detenuto dalla Clearing House. Tale
margine viene versato a garanzia del buon fine della transazione e verr restituito
nel giorno di liquidazione del contratto future.
Oltre al margine iniziale, viene calcolato giornalmente un altro margine, il margine di variazione, che corrisponde al guadagno o alla perdita realizzati da ciascuna delle due parti alla fine della giornata lavorativa. A fine giornata la Clearing
House rileva il prezzo di chiusura del future e, calcolando la differenza tra questo
e il prezzo di chiusura del giorno precedente, determina il profitto e la perdita
di ogni parte come se la posizione fosse liquidata in quel momento. La parte
che ha subito una variazione di prezzo sfavorevole paga alla Clearing House il
relativo margine di variazione e questa provvede a girarlo alla parte per la quale
la variazione del prezzo stata positiva.
Dunque nel caso di contratto future, vi sono flussi di cassa sia allatto della stipula del contratto (margine iniziale) sia durante la vita del contratto (margine
di variazione) sia alla scadenza (liquidazione del contratto).
Esempio 1.8.
Consideriamo un future avente come sottostante il titolo azionario Alfa:
- il prezzo future al quale stato compravenduto il contratto pari a 110 punti
- il valore nominale del contratto pari a 1 euro per ogni punto ed quindi di
110 euro
- il contratto impegna allacquisto/vendita di ununit di sottostante
- la scadenza a tre giorni dalla data di stipulazione del contratto
- il margine iniziale pari al 10% del valore nominale del contratto.
Alla scadenza lacquirente pagher 110 euro alla Cassa di Compensazione e
Garanzia e ricever un titolo Alfa (physical delivery) oppure ricever una somma
pari alla differenza fra prezzo di mercato del titolo Alfa e prezzo future (cash
settlement). E evidente che nel caso in cui il prezzo di mercato sia > 110, ci sar
un profitto per lacquirente e una perdita per il venditore. Se invece il prezzo di
mercato < 110, avverr lopposto riguardo guadagno e perdita per acquirente
e venditore. Questo il risultato finanziario complessivo delloperazione alla scadenza.
Ma abbiamo visto che i futures prevedono il versamento dei margini di variazione
durante la vita del contratto.
Per comprendere come funziona il sistema dei margini, ipotizziamo una evoluzione
23
dei titoli Alfa tale che lacquirente a termine abbia un profitto di 0,3 euro.
Al momento iniziale entrambe le parti versano come margine iniziale 11 euro.
Al secondo giorno, assumendo che il prezzo sia diminuito a 109,5 punti indice,
lacquirente ha maturato una perdita pari a 0,5 euro poich (109, 5 110) 1
euro = - 0,5 euro. Lacquirente dovr corrispondere immediatamente alla Clearing House 0, 5 euro.
Al terzo giorno, assumendo che il prezzo sia aumentato a 109,7, lacquirente ha
maturato un guadagno pari a (109, 7 109, 5) 1 euro = 0,2 euro che ricever
dalla Clearing House, ma che non gli consentir di colmare la perdita del giorno
precedente. A livello cumulato, lacquirente sopporta ancora una perdita di 0,3
euro.
Al quarto giorno, supponendo che il prezzo sia pari a 110,3, lacquirente ha maturato un guadagno rispetto al giorno precedente pari a (110, 3 109, 7) 1
euro = 0,6 euro. Questo guadagno consente allacquirente di ripianare la residua
perdita derivante dal secondo giorno e anzi, a livello cumulato, lacquirente avr
conseguito un guadagno di 0,3 euro.
Alla scadenza verr anche restituito alle parti il margine inizialmente versato di
11 euro.
Mediante il sistema di margine, le parti sono tutelate dal rischio di inadempimento. Infatti, se una parte non corrisponde la perdita giornaliera maturata, la
Clearing House utilizza il margine iniziale per corrispondere il profitto maturato
alla controparte e invita la parte inadempiente a reintegrare il margina iniziale.
Ove ci non avvenga, la Clearing House provvede a chiudere la posizione della
parte che non ha versato il margine, evitando cos futuri inadempimenti.
In Italia nel 1992 stato creato il MIF , il Mercato italiano dei futures,
che nel 2003 stato conglobato nellEURO-GLOBEX che comprende il MIF
italiano, il MATIF francese e il MEEF spagnolo.
1.6
24
lacquirente (holder) che pagando il premio acquista la facolt di esercitare lopzione al prezzo di esercizio. Assume dunque posizione lunga
ed acquista un diritto sullattivit sottostante senza per essere soggetto
ad alcun obbligo
il venditore (writer) che rilascia lopzione alla controparte ed assume
posizione corta. La sua posizione implica un obbligo e non un diritto.
Le attivit sottostanti il contratto possono essere rappresentate da merci o da
strumenti finanziari come titoli di Stato, azioni, indici di Borsa, futures, tassi di
interesse, cambi esteri, ecc.
La principale classificazione delle opzioni consiste nella differenziazione tra:
opzioni di acquisto o call options che conferiscono al possessore la
facolt di acquistare ad un prezzo prestabilito
opzioni di vendita o put options che attribuiscono al possessore la
facolt di vendere ad un prezzo prestabilito.
Sotto il profilo del tempo in cui il diritto pu essere esercitato, possibile
distinguere:
opzioni europee se la facolt pu essere esercitata esclusivamente alla
data di esercizio
opzioni americane se pu essere esercitata in qualsiasi momento entro
la data di esercizio.
Consideriamo unopzione call europea che ha T come data di esercizio. Sia
X il prezzo di esercizio e S(T ) il prezzo del sottostante alla data T.
Se S(T ) > X, allacquirente della call conviene esercitare lopzione poich acquista lattivit sottostante al prezzo X che inferiore al suo prezzo di mercato e
dunque ha un profitto dato da S(T )X. Ovviamente, se S(T ) X, lacquirente
di una call non esercita lopzione ed ha una perdita pari al premio pagato alla
stipula del contratto.
Se invece lopzione una put, allacquirente conviene esercitare lopzione se
S(T ) < X perch cos vende lattivit sottostante al prezzo X che superiore al
prezzo di mercato e dunque ha un profitto dato da X S(T ). Ovviamente, se
S(T ) X, lacquirente di una put non esercita lopzione ed ha una perdita pari
al premio.
Se la call o la put fosse americana, tale argomentazione si dovrebbe fare relativamente a tutti i tempi precedenti T .
25
Chi vende lopzione ha una perdita (o un profitto) pari al profitto (o alla perdita)
di chi ha acquistato lopzione.
Lacquirente di una call come il venditore di una put si attende un aumento del
prezzo dellattivit sottostante, mentre lacquirente di una put cos come il venditore di una call si aspetta una diminuzione di prezzo dellattivit sottostante.
Gli acquirenti di opzioni pagano un premio perch hanno illimitate possibilit
di profitto, mentre hanno limitate possibilit di perdita (al massimo perdono il
premio versato), allopposto i venditori di opzioni ricevono un premio perch a
fronte di profitti limitati hanno potenziali perdite illimitate.
Sia T la data di esercizio di unopzione e sia t un tempo T .
Al tempo t lopzione pu essere in the money, at the money, out of the
money.
Indichiamo con S(t) il prezzo del sottostante al tempo t e con X il prezzo di
esercizio.
Definizione 1.13. Diciamo che unopzione in the money al tempo t se comporterebbe per lacquirente un flusso di cassa positivo se venisse esercitata immediatamente.
Pertanto una call in the money se S(t) > X, una put in the money se
S(t) < X.
Definizione 1.14. Diciamo che unopzione at the money al tempo t se comporterebbe per il possessore un flusso di cassa nullo in caso di esercizio immediato.
Dunque at the money ogni opzione per la quale S(t) = X sia che si tratti
di una call che di una put.
Definizione 1.15. Diciamo che unopzione out of the money al tempo t se
comporterebbe per il possessore un flusso di cassa negativo se venisse esercitata
immediatamente.
Quindi una call out of the money se S(t) < X, una put out of the money
se S(t) > X.
Nel caso di opzione europea questa verr esercitata solo se alla data di scadenza
in the money, nel caso di opzione americana verr esercitata ad una data
antecedente la data di scadenza solo se in tale data in the money.
Definizione 1.16. Il valore intrinseco di unopzione ad un tempo t T con T
data di esercizio definito come il massimo tra 0 e il valore che lopzione avrebbe
se fosse esercitata immediatamente.
26
1.7
Portafogli di arbitraggio.
=
... .
N
27
pi i = pT .
i=1
Sia K il numero degli stati possibili. I titoli, a seconda dello stato, possono dare luogo a pagamenti diversi in date future. Diamo pertanto la seguente
definizione:
Definizione 1.20. Definiamo matrice dei pagamenti (ad una certa data futura)
la seguente matrice N K:
D=
.................
dN 1 ...... dN K
dove dij rappresenta il numero di unit di conto pagate da ununit del titolo
iesimo nello stato j.
Definizione 1.21. Il flusso dei pagamenti del portafoglio nello stato j dato da
N
dij i = dTj ,
i=1
d1j
...
28
i)
pT 0
DT > 0
pT < 0
DT 0.
ii)
La condizione i) ci dice che il costo del portafoglio non positivo e i flussi
dei pagamenti sono positivi in ogni stato.
La condizione ii) ci dice che il costo del portafoglio negativo e i flussi dei pagamenti sono non negativi in ogni stato.
Dunque un portafoglio di arbitraggio garantisce pagamenti positivi in tutti gli
stati, cio profitto sicuro, a costo al pi nullo oppure pagamenti non negativi a
costo negativo.
Lassenza di possibilit di arbitraggio, cio limpossibilit di comporre un portafoglio di arbitraggio, implica che non esiste un investimento a costo nullo che
garantisca con certezza un profitto positivo nei tempi futuri, ma non vero il
viceversa.
Esempio 1.9. Esempio di portafoglio di arbitraggio.
Supponiamo di avere tre titoli (N = 3) e due stati (K = 2).
Un portafoglio sia cos costituito:
1) 1 posizione corta su una obbligazione priva di rischio con valore iniziale B0 =
300 e tasso di interesse annuo r = 3%;
(1)
1
300
1
=
p = 200 .
1
100
29
Dunque il costo del portafoglio nullo. Consideriamo ora la matrice dei pagamenti (dopo 1 anno). Teniamo presente che lobbligazione dopo 1 anno indipendentemente dallo stato paga:
300 + 300 0, 03 1 = 309
e che lazione che rappresenta il II titolo d luogo dopo un anno ad un dividendo
pari a 1 nel I stato.
Otteniamo dunque:
309 309
D = 230 192 .
80
120
Calcoliamo il flusso dei pagamenti dovuti al portafoglio nello stato 1:
309 (1) + 230 1 + 80 1 = 1 > 0
e il flusso dei pagamenti dovuti al portafoglio nello stato 2:
309 (1) + 192 1 + 120 1 = 3 > 0
Abbiamo un portfoglio con costo nullo e per il quale sono positivi entrambi i
flussi dei pagamenti; dunque un portafoglio di arbitraggio, essendo verificata
la condizione i).
Ci poniamo ora la seguente domanda: assegnati p e D, ci sono possibilit di
arbitraggio?
La risposta ci viene dal seguente teorema, detto Teorema fondamentale dellarbitraggio
Teorema 1.1. Assegnati il vettore dei prezzi p e la matrice dei pagamenti D,
non ci sono possibilit di arbitraggio se e solo se > 0 ( RK ) tale che
p = D .
Il vettore detto vettore dei prezzi di stato.
Dimostrazione
Ci limitiamo a dimostrare la condizione sufficiente perch la dimostrazione della
condizione necessaria molto complessa.
Supponiamo che esista un vettore > 0 ( RK ) tale che
p = D .
30
(1.7.1)
DT > 0.
DT 0.
Poich > 0, si ha
T (DT ) 0.
Allora si ottiene dalla (5.1) che si deve avere simultaneamente:
pT < 0
pT 0
31
(1)
3) III titolo = unazione priva di dividendi con prezzo iniziale S0 = 100 e prezzo
dopo un anno pari a 80 nello stato 1 e 120 nello stato 2.
Ci chiediamo se ci sono possibilit di arbitraggio.
Per rispondere a questa domanda applicheremo il teorema fondamentale delarbitraggio.
Scriviamo dapprima il vettore dei prezzi e la matrice dei pagamenti:
309 309
300
D = 229 189 .
p = 200
80
120
100
2 0, 56 > 0.
32
3) III titolo = unazione priva di dividendi con prezzo iniziale S0 = 100 e prezzo
dopo un anno pari a 80 nello stato 1 e 120 nello stato 2.
Ci proponiamo di stabilire se ci sono possibilit di arbitraggio e, in caso di
risposta affermativa, di comporre un portafoglio di arbitraggio.
Scriviamo il vettore dei prezzi e la matrice dei pagamenti:
309 309
300
D = 230 190 .
p = 200
80
120
100
Perch ci sia possibilit di arbitraggio dobbiamo provare che non esiste alcun
1
tale che p = D e con entrambe le componenti positive.
vettore =
2
Consideriamo perci il sistema
309 1 + 309 2 = 300
230 1 + 190 2 = 200
80 1 + 120 2 = 100.
Il sistema scritto sopra un sistema lineare di tre equazioni in 2 incognite. Perch
ammetta soluzione necessario e sufficiente che la matrice incompleta (ossia la
matrice dei coefficienti delle incognite) e la matrice completa (ossia la matrice dei
coefficienti delle incognite e del termine noto) abbiano lo stesso rango. Ma, come
si verifica facilmente, la matrice incompleta ha rango 2 e la matrice completa 3.
Dunque il sistema non ammette soluzione e c possibilit di arbitraggio.
Vediamo di trovare un portafoglio di arbitraggio.
Prendiamo un portafoglio con costo nullo: pT = 0. Perci dovremo avere:
300 1 + 200 2 + 100 3 = 0.
33
Scegliamo:
1 = 1,
2 = 1,
3 = 1.
Con questa scelta, se andiamo a vedere il flusso dei pagamenti nello stato 1,
otteniamo:
309 (1) + 230 1 + 80 1 = 1 > 0,
e nello stato 2:
309 (1) + 190 1 + 120 1 = 1 > 0.
Il portafoglio scelto un portafoglio di arbitraggio.
Vediamo ora di applicare il teorema fondamentale dellarbitraggio facendo intervenire tra i titoli del portafoglio anche delle opzioni.
Consideriamo unopzione call europea con sottostante unazione avente prezzo
S alla scadenza dellopzione stessa. Se S > X con X prezzo di esercizio, il
possessore esercita lopzione e riceve S X, se invece S X , il possessore
non esercita la call e riceve 0. Quindi alla scadenza il pagamento ricevuto dal
detentore di una call = max{S X, 0}.
Se lopzione una put europea e alla scadenza lazione sottostante ha prezzo
S < X, il detentore esercita la put, cio vende lazione al prezzo X ricevendo X S. Se invece S X, il detentore non esercita lopzione e perci
riceve 0. Quindi alla scadenza il pagamento ricevuto dal detentore di una put
= max{X S, 0}.
Quanto detto sopra sussiste anche per le opzioni americane, tenendo presente
che il detentore pu esercitare lopzione in qualunque momento entro la data di
scadenza.
Si pu fare una previsione matematica sul prezzo corrente di mercato di una
call o di una put attraverso il metodo di pricing, cio di valutazione del prezzo.
Nei vari modelli che si possono utilizzare ed in particolare in quello di Black e
Scholes per le opzioni call europee si assume sempre valida lipotesi della totale
assenza di arbitraggio.
Vediamo un esempio di applicazione del teorema fondamentale dellarbitraggio
ad un portafoglio contenente unopzione.
Esempio 1.12.
Si abbiano 3 titoli (N = 3) e due stati possibili (K = 2).
I titoli siano i seguenti:
1) 1 obbligazione priva di rischio con valore iniziale B0 = 1 e tasso dinteresse
annuo del 10%;
34
1, 1
1, 1
1
150 .
D = 250
p = 200
60
0
30
dove nella III riga della matrice dei pagamenti, corrispondente alla call, abbiamo
tenuto presente che nello stato 1 lazione ha prezzo S = 250 > X = 190;
dunque la call viene esercitata e d il pagamento 250 190 = 60. Nello stato 2
si ha S = 150 < X = 190; dunque la call non viene esercitata e d pagamento
= 0.
1
tale che p = D e con entrambe le
Vediamo se esiste un vettore =
2
componenti positive.
Scriviamo il sistema corrispondente:
1, 1 1 + 1, 1 2 = 1
250 1 + 150 2 = 200
60 1
= 30.
Dalla III equazione deduciamo
1
2
e sostituendo nella II equazione otteniamo:
1 =
1
75
= .
150
2
1
Ma se nella I equazione poniamo 1 = 2 = , questa non soddisfatta.
2
Dunque ci sono effettivamente delle possibilit di arbitraggio.
Vediamo di comporre un portafoglio di arbitraggio.
Prendiamo il costo del portafoglio nullo:
2 =
pT = 1 + 200 2 + 30 3 = 0.
35
Scegliamo ad esempio
1 = 140,
2 = 1,
3 = 2.
Con questa scelta vediamo che nello stato 1 il flusso dei pagamenti
1, 1 140 + 250 (1) + 60 2 = 274 250 = 24 > 0
e nello stato 2
1, 1 140 + 150 (1) + 0 2 = 154 150 = 4 > 0.
Quindi il prezzo iniziale c0 = 30 della call consente di comporre un portafoglio
di arbitraggio. Perci il prezzo della call aumenter perch ci sar una forte richiesta da parte degli arbitraggisti.
Possiamo allora chiederci come si deve fissare il prezzo iniziale c0 della call in
modo tale che non ci siano possibilit di arbitraggio.
Usiamo ancora il teorema fondamentale dellarbitraggio, stabilendo per quale
c0 > 0 tale che p = D .
Dovremo allora determinare c0 in modo tale che si abbia:
1, 1 1 + 1, 1 2 = 1
250 1 + 150 2 = 200
60 1
= c0 .
Dalla prime due equazioni si deduce:
1 0, 6363,
2 0, 2727.
36
Capitolo 2
Alcune propriet matematiche delle
opzioni ed il loro utilizzo
2.1
Introduzione.
Le opzioni si caratterizzano per una certa complessit dei fattori che determinano il loro valore e per unasimmetria tra profitti e perdite: esse, infatti, come
abbiamo visto, prospettano allacquirente un risultato economico asimmetrico
(illimitate possibilit di profitto e perdite limitate) e al venditore un risultato
anchesso asimmetrico, ma con segno opposto (profitti limitati e perdite potenzialmente illimitate).
In questo capitolo ci limitiamo a considerare opzioni che hanno come sottostante
unazione.
Tra i fattori che influenzano il prezzo di unopzione scritta su unazione noi
terremo per il momento conto dei tre seguenti:
1) il prezzo corrente dellazione;
2) la vita residua, cio il tempo che manca alla data di scadenza;
3) il prezzo di esercizio.
In realt vi sarebbero ulteriori fattori da prendere in considerazione, come la
volatilit del prezzo dellazione e il tasso dinteresse privo di rischio di cui parleremo pi avanti, oltre ai dividendi attesi durante la vita dellopzione, cui faremo
un breve cenno in questo capitolo.
Il nostro scopo di stabilire una serie di propriet che valgono per le opzioni
aventi come sottostante unazione, stabilite da R. C. Merton nel 1973 sotto le
seguenti ipotesi:
37
38
2.2
39
Proposizione 2.3. Date una call americana e una europea sullo stesso titolo,
con uguale prezzo di esercizio e uguale vita residua, la call americana vale almeno
quanto quella europea, ossia
C(S, , X) c(S, , X).
Dimostrazione
Supponiamo per assurdo C < c. Compriamo la call americana e assumiamo una
posizione corta su quella europea. Il costo sostenuto per comporre il portafoglio
C c < 0 e dunque negativo.
Esaminiamo la situazione alla scadenza nella tabella dei pagamenti, indicando
semplicemente con S il valore dellazione alla scadenza e riportando i pagamenti
nelle ultime due colonne:
call americana
call europea
Totale
SX
0
0
0
S>X
SX
(S X)
0
SX
S
0
S0
S>X
S
(S X)
X0
40
se 2 > 1 .
Dimostrazione
Supponiamo
C(S, 2 , X) < C(S, 1 , X).
Se compriamo la call con vita residua 2 e assumiamo una posizione corta
sullaltra, il costo iniziale del portafoglio sar:
C(S, 2 , X) C(S, 1 , X) < 0.
La call con vita residua minore sia esercitata al tempo t, antecedente o uguale
alla data di scadenza; ci comporta per il portafoglio un pagamento dato da
max {S(t) X, 0}. Al tempo t il valore della call con vita residua maggiore
C (S(t), T2 t, X), avendo indicato con T2 la relativa data di scadenza.
Consideriamo
C (S(t), T2 t, X) max {S(t) X, 0} .
Se tale valore positivo, vendendo la call con vita residua maggiore si realizza
un profitto positivo. Se tale valore minore o uguale a zero, si esercita lopzione
allo stesso tempo t e si ricaver
max {S(t) X, 0} max {S(t) X, 0} = 0.
Si ha comunque un portafoglio di arbitraggio con costo negativo e profitto non
negativo, contro lipotesi di assenza di possibilit di arbitraggio.
Osservazione 2.3. Si noti che lenunciato della proposizione 2.5 conforme
al fatto che lopzione americana con maggiore vita residua consente molte pi
possibilit di esercizio rispetto a quella con vita residua minore.
Sia B( ) il prezzo di unobbligazione priva di rischio che paga una unit di
conto dopo un tempo pari a per cui B(0) = 1.
Si pu dimostrare la seguente
Proposizione 2.6. In assenza di dividendi
c(S, , X) max {S X B( ), 0} .
41
Dimostrazione
Poich sappiamo che c(S, , X) 0, sufficiente dimostrare:
c(S, , X) S X B( ).
Ragionando per assurdo supponiamo c(S, , X) < S X B( ).
Vendendo lazione, comprando la call e collocando X B( ) in obbligazioni prive
di rischio, componiamo un portafoglio con costo iniziale:
c(S, , X) S + X B( )
che risulta negativo per lipotesi fatta.
Alla scadenza della call, ossia trascorso il tempo , il valore del portafoglio sar:
azione
call
obbligazione
Totale
SX
S
0
X
X S 0
S>X
S
SX
X
0
In qualunque evenienza il valore del portafoglio 0 e dunque abbiamo composto un portafoglio di arbitraggio contraddicendo lipotesi.
Osservazione 2.4. Poich per la proposizione 2.3 C(S, , X) c(S, , X), la
proposizione 2.6 vale anche per le call americane.
Osservazione 2.5. La proposizione 2.6 vale in assenza di dividendi. Se alla
scadenza della call sono pagati dividendi pari a D, ragionando come per la proposizione 2.6, con la sostituzione a fattore di B( ) di X con X+D, si pu dimostrare
che
c(S, , X) max {S (X + D)B( ), 0} .
Proposizione 2.7. In assenza di dividendi una call americana non verr mai
esercitata prima della scadenza e quindi ha lo stesso valore di una corrispondente
call europea cio
C(S, , X) = c(S, , X).
Dimostrazione
Ancora una volta ragioniamo per assurdo, supponendo che la call americana
venga esercitata a tempo residuo > 0 (la scadenza si ha per = 0). Ovviamente
42
(2.2.1)
(2.2.2)
ossia se ogni punto del segmento di estremi (x1 , f (x1 )), (x2 , f (x2 )) non sta al di
sotto del grafico della funzione.
43
(2.2.4)
44
Allora potremmo costruire un portafoglio di arbitraggio nel seguente modo: compriamo opzioni call sullazione di prezzo S con vita residua e prezzo di esercizio X1 , (1 ) opzioni call sulla medesima azione con la stessa vita residua
e con prezzo di esercizio X2 ed assumiamo posizione corta su una call sempre sulla stessa azione con la stessa vita residua ma con prezzo di esercizio
X3 = X1 + (1 )X2 .
Il costo iniziale del portafoglio
c(S, , X1 ) + (1 ) c(S, , X2 ) c(S, , X3 )
che risulta negativo per lipotesi fatta.
Daltra parte, alla scadenza il pagamento dovuto al portafoglio dato da
max {S X1 , 0} + (1 ) max {S X2 , 0} max {S X3 , 0}
che risulta non negativo per la (2.2.3).
Ma per ipotesi non c possibilit di arbitraggio e dunque, abbiamo ancora una
volta ottenuto un assurdo per cui, comunque presi X1 , X2 R+ con X1 = X2 ,
[0, 1] deve valere la (2.2.4)
Osservazione 2.6. La proposizione 2.8 vale anche per call americane.
Proposizione 2.9. Se c(S, , X) una funzione omogenea di grado 1 in S e in
X, allora una funzione convessa di S.
Dimostrazione
Ricordiamo che c(S, , X) una funzione omogenea di grado 1 in S e in X se
k R+
(2.2.5)
Poniamo
S3 = S1 + (1 ) S2
X1 =
X
S1
X2 =
X
S2
S1
0.
S3
In effetti 1 poich
=
S1
S1
=
S3
S1 + (1 ) S2
con
(1 ) S2 0.
45
S3 = S 1 ,
S1
S3
S3 = S3 S1 = (1 ) S2 .
X
= X,
S1
(1 ) X2 S3 = (1 ) S2
X
= (1 ) X.
S2
X2 S2 = X
46
c=
XB(t)
Figura 2.2:
In Figura 2.3 a sono attribuiti i due valori 1 e 2 con 2 > 1 . Come si
vede, pi lopzione call si avvicina alla scadenza (cio diminuisce) pi il suo
prezzo si avvicina al pagamento alla scadenza. Inoltre, la tangente al grafico della
funzione ha sempre pendenza < 1, ossia
0 <
c
< 1.
S
Per la proposizione 2.7, in assenza di dividendi, ci che abbiamo detto per le call
europee si estende anche alle call americane.
47
XB(t2)
XB(t1)
Figura 2.3:
2.3
48
Fase 1.
Dapprima dimostriamo
c(S, , X) p(S, , X) S + X B( ) 0.
(2.3.1)
SX
0
(X S)
S
X
0
S>X
SX
0
S
X
0
(2.3.2)
call
put
azione
obbligazione
Totale
49
SX
0
X S
S
X
0
S>X
(S X)
0
S
X
0
che risulta negativo per lipotesi fatta. Vediamo alla scadenza il valore del portafoglio:
Dunque il valore del portafoglio nullo con costo iniziale negativo. Il portafoglio
di arbitraggio per cui ci troviamo di fronte ad un assurdo avendo fatto lipotesi
che ci sia assenza di possibilit di arbitraggio. E dunque vera la (2.3.2).
Dalle (2.3.1) e (2.3.2) deduciamo:
p(S, , X) + S X B( ) c(S, , X) p(S, , X) + S X B( )
da cui
c(S, , X) = p(S, , X) + S X B( ),
ossia la tesi.
Osservazione 2.7. Dalla relazione di parit put - call segue che, se si ha unespressione esplicita per c(S, , X), si ottiene immediatamente anche lespressione
esplicita per p(S, , X).
Osservazione 2.8. Dalla relazione di parit put - call discendono alcune propriet delle put europee grazie alle propriet delle call europee. Precisamente:
1. c(S, , X) max {S X B( ), 0} = p(S, , X) max {X B( ) S, 0};
2. c(S, , X) S = p(S, , X) X B( );
3. se la funzione S c(S, , X) convessa, allora lo anche la funzione
S p(S, , X);
4. dai punti 1. e 2. (o dalla relazione di parit put - call tenendo presente che
c(0, , X) = 0) discende:
p(0, , X) = X B( ).
La Figura 2.4 rappresenta un probabile grafico della funzione S p(S, , X)
con X, > 0 fissati, nellipotesi che valga la relazione di parit put - call e che c
50
P
XB(t)
XB(t)
Figura 2.4:
sia convessa e derivabile rispetto a S. E da rilevare che per una put europea si
ha:
p
1 <
< 0.
S
Finora abbiamo considerato solo put europee. Per quanto riguarda le put americane si potrebbe dimostrare la seguente
Proposizione 2.11. Anche in assenza di dividendi, esiste una probabilit positiva che una put americana venga esercitata prima della scadenza. Dunque il valore
di una put americana strettamente maggiore del valore della corrispondente put
europea, cio
P (S, , X) > p(S, , X).
Quanto asserito nella precedente proposizione mostra che c una differenza
notevole tra una call e una put americane. La valutazione delle put americane
un compito pi complesso di quella delle corrispondenti europee.
2.4
Nei paragrafi precedenti abbiamo ricavato alcune propriet per le call e le put
aventi come sottostante unazione senza ancora avere unespressione analitica vera e propria delle funzioni c(S, , X) (o C(S, , X)) e p(S, , X) (o P (S, , X)).
51
In ogni caso evidente che si tratta di titoli rischiosi. E naturale a questo punto
chiederci quali sono le finalit di chi utilizza le opzioni.
In primo luogo vi pu essere una finalit speculativa che illustriamo riprendendo lesempio alla fine del Capitolo 1 riguardante un portafoglio avente tra i
titoli unopzione nellipotesi di assenza di possibilit di arbitraggio.
Ricordiamo che i titoli erano 3 e gli stati possibili 2. Precisamente i titoli erano
i seguenti:
1) unobbligazione priva di rischio con valore iniziale B0 = 1 e tasso dinteresse
annuo del 10%;
2) unazione, priva di dividendi, con prezzo iniziale S0 = 200 e con prezzo al
tempo T = 1 anno pari a 250 nello stato 1 e 150 nello stato 2;
3) una call europea con titolo sottostante lazione, con prezzo di esercizio X =
190, data di esercizio 1 anno e con prezzo iniziale pari a c0 = 38, 178.
Se si possiede la somma di 38,178, con questa si pu acquistare la call, che alla
scadenza, cio dopo un anno, nelleventualit che si verifichi lo stato 1, ossia
quello favorevole, fornisce il pagamento di 60 con un guadagno netto dato da
60 38, 178 = 21, 822.
Se invece si acquistano obbligazioni prive di rischio investendo la stessa cifra di
38,178 dopo un anno il guadagno netto soltanto 3,8178 cio linteresse annuo e
dunque decisamente inferiore a quanto si potrebbe ottenere con lacquisto della
call.
Se poi si comprasse direttamente lazione, nelleventualit che si verifichi lo stato
1, si potrebbe avere un guadagno netto di 50 e quindi superiore a quello che si
avrebbe con lacquisto della call, ma con un costo iniziale di 200 e dunque molto
elevato.
Perci, come possiamo vedere da questo semplice esempio, una finalit di coloro
che compravendono opzioni quella speculativa poich possibile conseguire
guadagni rilevanti con un esborso modesto o comunque minore di quello necessario per lacquisto delle azioni, ferma restando in ogni caso la componente di
rischio.
Un altro aspetto delle opzioni quello di copertura dal rischio.
Infatti possibile combinare una o pi opzioni con il titolo sottostante, in modo
tale che o il titolo sottostante protegga le opzioni in caso di perdita o le opzioni
proteggano il titolo da perdite.
Vediamone un esempio.
52
X=S0
profitti
o
perdite
2c0
{
O
S0
-2c0
Figura 2.5:
Raiportiamo nella Figura 2.5 i grafici in funzione di S delle funzioni che rappresentano i due pagamenti netti separatamente e della funzione che rappresenta il
pagamento netto totale del portafoglio.
Per semplicit assumiamo: X = S0 .
Nella Figura 2.5 sono riportati i grafici in funzione di S delle funzioni che rappresentano i due pagamenti netti separatamente e della funzione che rappresenta
53
pendenza <1
dc
A
dS
S+dS
Figura 2.6:
Supponiamo che il prezzo dellazione sia tale da trovarci nel punto A della
figura. Se il prezzo dellazione presenta un incremento di dS , il nostro portafoglio,
54
c
< 1.
S
Se anzich avere una posizione corta su unazione si avesse una posizione corta
su azioni, allora un aumento del prezzo azionario di dS determinerebbe una
perdita pari a dS, che molto vicino a dc se lincremento dS molto piccolo.
Di conseguenza il guadagno nella posizione in opzioni viene controbilanciato, in
via approssimata, dalla perdita nella posizione opposta nellazione.
Lapprossimazione tanto migliore quanto pi piccola la variazione.
La procedura che consiste nel controbilanciare i cambiamenti in c con una posizione di segno opposto in unit del titolo sottostante detta delta hedging.
Il portafoglio cos ottenuto si dice neutrale rispetto a . Un tale portafoglio
non soggetto a movimenti imprevedibili, cio coperto e come tale esente da
rischi.
Osserviamo che la posizione del portafoglio resta neutrale per un periodo relativamente breve perch cambia durante la vita di unopzione. In pratica,
quando si utilizza una strategia di delta hedging, il portafoglio deve essere aggiustato periodicamente. In questo caso si parla di ribilanciamento.
Consideriamo ora unopzione put (europea) scritta su unazione che non paga
dividendi. Definiamo la quantit denominata delta di unopzione put nel modo
seguente:
p
=
< 0.
S
Poich si tratta di un valore negativo, per avere copertura dal rischio bisogna
assumere posizioni dello stesso segno sulla put e sullazione sottostante.
Oltre alla strategia di copertura dal rischio, gli investitori possono attuare altri tipi di strategie utilizzando le opzioni. Infatti una delle caratteristiche delle
opzioni che possono essere combinate per creare unampia gamma di possibili
funzioni di profitto.
55
Definizione 2.1. Una combinazione di opzioni una strategia operativa mediante opzioni che fa uso di call e di put sullo stesso titolo.
Le combinazioni principali sono denominate:
straddle
strangle
strip
strap
spread.
La straddle pu essere di due tipi : bottom straddle o top straddle. La prima
consiste nel comprare una call e una put con lo stesso prezzo di esercizio X e
uguale data di esercizio T . Solitamente una call viene comprata se ci si aspetta
un apprezzamento del sottostante, mentre si compra una put quando viceversa
ci si aspetta un deprezzamento del sottostante. Se alla scadenza il prezzo del
titolo sottostante prossimo a X, la straddle comporta una perdita, mentre, se
il prezzo del sottostante varia in modo significativo in una delle due direzioni,
ne consegue un profitto. La top straddle consiste nel vendere una call e una put
con lo stesso prezzo di esercizio X e uguale data di esercizio T . In tal caso, si
ha una perdita se il prezzo del titolo sottostante differisce in modo signifcativo
dal prezzo di esercizio, mentre si ha un profitto se il sottostante ha un prezzo
prossimo a quello di esercizio.
La strangle riguarda unopzione call e unopzione put con la stessa scadenza,
ma con prezzi di esercizio diversi.
La strip consiste nellacquisto di una call e di due put con lo stesso prezzo e
la stessa data di esercizio. Si ritiene dunque in questo caso pi probabile un
deprezzamento del titolo sottostante.
La strap consiste nellacquisto di due call e di una put con lo stesso prezzo
e la stessa data di esercizio. Si ritiene dunque in questo caso pi probabile un
apprezzamento del titolo sottostante.
La spread una strategia in cui si assumono posizioni su due o pi opzioni
dello stesso tipo. Una spread al rialzo si ottiene comprando una call (put) con
prezzo di esercizio basso e vendendo una call (put) con prezzo di esercizio alto;
una spread al ribasso si ottiene comprando una call (put) con prezzo di esercizio
alto e vendendo una call (put) con prezzo di esercizio basso. Si possono utilizzare
anche altre tipologie di spread, ma su ci non insistiamo.
56
2.5
Opzioni esotiche.
Le opzioni che abbiamo considerato finora sono opzioni classiche dette opzioni
vanilla o opzioni standard, per le quali il pagamento al momento dellesercizio
:
max {S X, 0} per le call
max {X S, 0} per le put.
Ma recentemente sono state immesse sul mercato delle nuove opzioni, le opzioni
esotiche, che rappresentano le opzioni di seconda generazione.
Queste differiscono dalle opzioni standard per il tipo di pagamento. Elenchiamone rapidamente le principali:
opzioni composte, ossia opzioni su opzioni. Il sottostante a sua volta
unopzione; ci sono quindi due prezzi di esercizio e due date di esercizio,
relativi allopzione composta e allopzione sottostante;
opzioni con barriera. Ci sono diversi tipi di tali opzioni. Possono essere
down-and-in o up-and-in. Si comportano come unopzione europea standard se il valore S del sottostante cade al di sotto (o al di sopra) di un
limite inferiore (o superiore) prespecificato S, detto barriera, durante la
vita dellopzione; se ci non accade, lopzione si esaurisce ed il pagamento
un rimborso fisso. Ci sono poi le opzioni down-and-out e up-and-out che
sono soggette a cancellazione. Sono identiche alle opzioni europee, con la
caratteristica che scadono immediatamente se il prezzo azionario cade al
di sotto (o al di sopra) di un limite inferiore (o superiore) prespecificato S,
detto barriera; il contratto specifica anche il valore del rimborso che viene
ricevuto quando viene raggiunta la barriera e pu dipendere dalla data in
cui ci avviene;
opzioni a scelta. Il possessore alla scadenza pu scegliere se lopzione
una call o una put. Nella data prefissata della scelta il valore dellopzione
max{c, p} dove c il valore della call sottostante e p il valore della put
sottostante. In genere per queste opzioni il prezzo elevato;
opzioni retrospettive o Lookback. Sono opzioni il cui valore dipende
dal prezzo minimo o massimo raggiunto dallazione sottostante durante la
vita dellopzione. Nel caso di una call floating il pagamento alla scadenza
dato da max {S Smin , 0}, mentre nel caso di una call fixed il pagamento
alla scadenza dato da max {Smax X, 0};
57
opzioni scritte su pi attivit. Sono opzioni il cui sottostante costituito da pi attivit ossia da pi titoli. Questo paniere consente di diversificare il rischio dei singoli titoli componenti;
opzioni asiatiche. Sono opzioni il cui pagamento dipende dal prezzo
medio del sottostante ed dato da
max {Smedio X, 0}
per le call,
max {X Smedio , 0}
per le put,
58
Capitolo 3
Richiami di teoria della probabilit
3.1
Spazio di probabilit.
Come abbiamo osservato nellintroduzione, per formulare modelli matematici in ambito finanziario occorre ricorrere al calcolo stocastico che basato sulla
teoria della probabilit.
Per tale motivo, scopo di questo capitolo di richiamare alcuni concetti fondamentali di tale teoria.
Per elaborare modelli probabilistici bisogna prima di tutto fissare uno spazio
di probabilit. Al fine di darne una definizione rigorosa, richiamiamo alcune
definizioni.
Definizione 3.1. Dato linsieme = , una famiglia A di suoi sottoinsiemi
detta algebra dellinsieme se sono soddisfatte le tre condizioni seguenti:
1) A
2) A A
3) A, B A
C(A) A
A B A.
AB A
iii) A, B A
B\AA
59
60
Dimostrazione
Proviamo prima i).
Per definizione di algebra, A da cui
= C() A.
Proviamo ora ii).
A, B A
Ma
A B = CC(A B) A.
Proviamo infine iii).
Siano A, B A. Osserviamo che
B \ A = C(A) B.
La iii) segue immediatamente tenendo presente che, per definizione di algebra,
C(A) A e che per la ii) lintersezione di due insiemi che appartengono a A
ancora un elemento dellalgebra.
Definizione 3.2. Lalgebra A detta algebra se soddisfa allulteriore propriet:
4) se {A}i=1,2,... uninfinit numerabile di insiemi Ai A per ogni i N, allora
+
i=1
Ai A.
Si osservi che per le leggi di De Morgan, se A una algebra, anche lintersezione di uninfinit numerabile di insiemi che stanno in A sta in A.
Notiamo che lintersezione di algebre ancora una algebra.
Definizione 3.3. Data una famiglia F di sottoinsiemi di , denotiamo con (F)
lintersezione di tutte le algebre che contengono la famiglia F e diciamo che
(F) la algebra generata da F.
Essendo lintersezione di tutte le algebre contenenti F, (F) la pi
piccola algebra contenente F.
Definizione 3.4. Dato lo spazio topologico T , la sua algebra di Borel, denotata con B(T ), la algebra generata dalla famiglia degli insiemi aperti di T .
61
M (Ai ).
Ai ) =
M(
i=1
i=1
M (A B) = M (A) + M (B);
M (A) M (B).
Dimostrazione
Dimostriamo la prima parte della proposizione.
Siano A, B A con A B = e poniamo A1 = A, A2 = B, Ai =
3, 4, ....
Per definizione di misura avremo
+
M(
Ai ) = M (A) + M (B) +
i=1
per i =
M () = M (A) + M (B).
i=3
62
poich M (B \ A) 0.
La proposizione dimostrata in maniera completa.
Siamo ora in grado di dare la definizione rigorosa di spazio di probabilit.
Definizione 3.7. Definiamo spazio di probabilit lo spazio misura (, A, P ) dove
detto insieme degli stati
A una algebra di sottoinsiemi di , detti eventi
P una misura definita su A, detta misura di probabilit, tale che P () = 1.
Osserviamo che per la seconda parte della proposizione 3.2 otteniamo che:
A A P (A) 1.
Dunque
P : A [0, 1].
Da un punto di vista fisico, gli elementi di possono rappresentare lo stato
di un fenomeno (come per esempio la posizione di una particella nello spazio geometrico o il prezzo di un titolo azionario) oppure il risultato di un esperimento.
Qunidi linsieme di tutti i possibili stati o di tutti i possibili risultati.
Analogamente la definizione matematica di evento corrisponde, da un punto di
vista fisico, alla nozione intuitiva di evento che si forma in modo naturale in tutti
tutti noi quando osserviamo un dato fenomeno o un dato esperimento.
Definizione 3.8. Un evento A detto trascurabile se P (A) = 0, mentre detto
certo se P (A) = 1.
Dalla definizione di spazio di probabilit discendono alcune semplici conseguenze.
Proposizione 3.3. Sia A un evento; posto AC = C(A), si ha:
P (AC ) = 1 P (A).
Infatti teniamo presente che
= A AC .
Poich A AC = , per definizione di misura di probabilit si ottiene:
P () = P (A) + P (AC )
P (AC ) = 1 P (A).
63
B
A
Figura 3.1:
Proposizione 3.4. Se A, B sono eventi non necessariamente disgiunti si ha:
P (A B) = P (A) + P (B) P (A B).
(3.1.1)
(3.1.2)
(3.1.3)
64
Esempio 3.1.
Consideriamo il caso del lancio in successione per due volte di una moneta.
Allora lo spazio degli stati dato da
= {T T, T C, CT, CC},
dove T T sta ad indicare luscita di due teste, T C luscita di una testa e di una
croce nellordine e cos via.
Poich formato da un numero finito di elementi, possiamo prendere come
algebra A il suo insieme delle parti, P().
Levento intuitivo: uscita almeno una testa rappresentato matematicamente
dallinsieme:
A1 = {T T, T C, CT }.
Analogamente
65
P (A5 ) = P () = 0.
Linsieme pu avere anche infiniti elementi, come mostriamo nellesempio successivo.
Esempio 3.2. Esempio del bersaglio
Supponiamo di dover colpire, ad esempio con una freccia, un bersaglio rappresentato da un insieme piano . Il verificarsi di uno stato ( o risultato) si ha
quando la freccia colpisce un determinato punto del bersaglio; dunque gli stati si
identificano con i punti di . Un evento A un sottoinsieme di e si interpreta
nel modo seguente: stato colpito un qualche punto appartenente al sottoinsieme A di .
Per dare rigore matematico alle nostre argomentazioni supponiamo che sia
una regione piana misurabile secondo Lesbegue e assumiamo come algebra A
la famiglia di tutti i sottoinsiemi di misurabili secondo Lesbegue.
La misura di probabilit definita nel modo seguente:
A A P (A) =
3.2
mis A
.
mis
Variabili casuali.
Un altro modo per descrivere una probabilit, dato uno spazio di probabilit,
quello di associare ad ogni stato un numero reale o una ennupla di numeri reali
ossia di definire una funzione a valori in R o in Rn sullinsieme degli stati. Se
tale funzione soddisfa ad una opportuna ipotesi detta variabile casuale o
aleatoria (random variable).
Esempio 3.3.
Riferiamoci allesempio 1 e definiamo la seguente funzione:
X() = numero di volte che appare testa in .
Allora
X(T T ) = 2, X(T C) = 1, X(CT ) = 1, X(CC) = 0.
Una funzione di tale tipo una variabile casuale.
Diamo la definizione rigorosa di variabile casuale.
Definizione 3.9. Dato lo spazio di probabilit (, A, P ), diciamo che la funzione
X : R una variabile casuale (o aleatoria) reale definita sullo spazio di
probabilit (, A, P ) se Amisurabile, ossia se
{ : X() x} A (cio un evento)
x R.
66
x R
b) { : X() x} A
x R
c) { : X() < x} A
x R
x R
e daltra parte
{ : X() > x} = \ { : X() x}.
Ma per definizione di algebra, il complementare di un evento un evento e
dunque
{ : X() > x} A x R.
Proviamo ora che a) = b).
Basta osservare che
{ : X() x} =
1
{ : X() > x }.
i
i=1
1
Per ipotesi gli insiemi { : X() > x } sono eventi per i = 1, 2, ... e
i
daltra parte per definizione di algebra anche la loro intersezione un evento.
67
{ : X() x} =
1
{ : X() < x + }.
i
i=1
68
B B(R)
(3.2.1)
69
pi = 1.
i
i = 1, 2, ...
La funzione
pX : X() (0, 1)
xi
pi
detta funzione di probabilit per la variabile casuale discreta X. Tale funzione individua in maniera completa la distribuzione PX della variabile discreta
X.
Ovviamente se la variabile cauale X costante su , cio se si ha
X() = c = costante ,
allora X una variabile discreta ad un solo valore e P (X = c) = P () = 1.
Vediamo ora quale forma viene ad assumere la funzione di distribuzione per
la variabile casuale discreta X.
Per definizione, fissato x, si ha:
FX (x) = P ({ : X() x}) .
Daltra parte gli unici valori che X pu assumere sono x1 , x2 , .... e perci nella
determinazione della funzione di distribuzione di X svolgeranno un ruolo fondamentale gli xi per i = 1, 2, ...
Se x < x1
{ : X() x} = ,
70
se x x1
{ : X() x} =
xi x
{X = xi }
FX (x) = 0
se x x1
FX (x) =
P (X = xi ) =
xi x
pi .
(3.2.2)
xi x
(3.2.3)
essendo B B(R).
Se esiste una funzione a valori reali definita su R, non negativa e sommabile
secondo Lebesgue pX (x) tale che
PX (B) = P (X B) =
pX (t) dt
B
B B(R),
(3.2.4)
pX (x) dx = 1.
(3.2.5)
x R FX (x) =
pX (t) dt,
(3.2.6)
71
1-p
Figura 3.2:
Esempio 3.5. Distribuzione uniforme
Supponiamo dapprima che la variabile casuale X sia discreta ed assuma solo gli
n valori {1, 2, ..., n}.
72
se x < 1
FX (x) = P () = 0
se 1 x < 2
FX (x) = p1 =
1
n
j
se j x < j + 1 FX (x) = p1 + ... + pj =
n
se x n FX (x) = P () = 1.
(3.2.7)
j = 2, ..., n 1
1
2/3
1/3
2
Figura 3.3:
Supponiamo ora che la variabile casuale X sia continua e che linsieme dei suoi
valori sia lintervallo [a, b].
Diciamo che X ha distribuzione uniforme se la funzione di densit di probabilit
cos definita:
se x < a o x > b
pX (x) = 0
se x [a, b]
pX (x) =
1
.
ba
(3.2.8)
73
FX (x) = 0
se x [a, b]
FX (x) =
se x > b
FX (x) =
x
a
b
a
1
xa
dt =
ba
ba
1
dt = 1.
ba
(3.2.9)
Figura 3.4:
Esempio 3.6. Distribuzione gaussiana o normale
Sia X una variabile casuale continua.
Diciamo che X ha una distribuzione normale o gaussiana se la funzione di densit
di probabilit data da:
pX (x) =
(x )2
1
exp{
} x R
2 2
2
74
lintegrale:
+
pX (x) dx =
1
2
exp{
(x )2
} dx.
2 2
= t
2
da cui
dx =
2 dt.
1
pX (x) dx =
2
2 exp{t } dt = = 1.
1
2
exp{
(t )2
} dt x R.
2 2
75
0.9
=2
0.8
0.7
=0.5
0.6
pX
0.5
0.4
0.3
=1
0.2
=2
0.1
0
2
2
x
Figura 3.5:
dei quali prevale sugli altri.
Esempio 3.7. Distribuzione log - normale
Se X ha distribuzione normale, allora Z = eX definisce una variabile casuale
con distribuzione log - normale.
Viceversa, se Z una variabile casuale positiva, il cui logaritmo naturale ha una
distribuzione normale, allora Z ha distribuzione log - normale.
Si pu verificare che se Z ha distribuzione log - normale la sua funzione di densit
di probabilit fZ la seguente:
3.3
se z 0
fZ (z) = 0
se z > 0
fZ (z) =
(log z )2
1
}.
exp{
2 2
2z
76
R2
(X(), Y ())
PXY (B1 B2 )
= P ({ : X() B1 , Y () B2 })
=: P (X B1 , Y B2 ).
Definizione 3.14. Se X, Y sono due variabili casuali definite sullo stesso spazio
di probabilit (, A, P ), la funzione
FXY (x, y) = P ({ : X() x, Y () y, }) (x, y) R2
detta funzione di distribuzione congiunta di X e Y .
Nel caso che X, Y siano variabili casuali discrete possibile introdurre la
funzione di probabilit congiunta.
Se la variabile casuale X assume i valori x1 , x2 , ... e la variabile casuale Y assume
i valori y1 , y2 , ... la funzione di probabilit congiunta di X e Y la funzione
pXY tale che
pXY (xi , yj ) = P (X = xi , Y = yj ) (xi , yj ) X() Y ().
Vediamo quale forma assume la funzione di distribuzione congiunta FXY :
se x < x1 o y < y1
se x x1 , y y1
FXY (x, y) = 0
FXY (x, y) =
pXY (xi , yj ).
xi x yj y
77
Per variabili casuali continue pu esistere la funzione di densit di probabilit congiunta pXY , cio una funzione definita su R2 , non negativa e sommabile su R2 nel senso di Lebesgue tale che
P (X B1 , Y B2 ) =
pXY (t, z) dt dz
B1 B2
B1 , B2 B(R).
pX (t) =
FXY (x, y) =
(x, y) R2 .
pXY (t, z) dt dz
(3.3.1)
Dimostrazione
Ci limitiamo a dimostrare la condizione sufficiente.
Nel caso di variabili discrete la dimostrazione banale.
Supponiamo dunque che X e Y siano variabili casuali continue.
Per ipotesi sussiste la (3.3.1).
Vogliamo provare che
(x, y) R2 .
FXY (x, y) =
pXY (t, z) dt dz =
y
= FX (x) FY (y)
pY (z) dz
pX (t) dt
pX (t) pY (z) dz =
dt
pX (t) pY (z) dt dz
(x, y) R .
78
P ({ : X() x, Y () y}) =
(3.3.2)
P ({ : X() x, }) P ({ : Y () y}).
79
Daltra parte
{ : X() x, Y () y} = { : X() x, } { : Y () y, }
e posto
A1 (x) = { : X() x, },
A2 (y) = { : Y () y, },
(x, y) R2 e
Diamo ora alcuni esempi molto semplici di algebre generate da una variabile
casuale.
Esempio 3.8.
La variabile causale X sia tale che
X() = 1 .
Per determinare (X), teniamo presente che
se x < 1 { : X() x} =
se x 1 { : X() x} = .
{ : X() x} =
{ : X() x} = I0
{ : X() x} = .
80
3.4
81
Proposizione 3.12. Sia A un evento, allora la funzione caratteristica dellinsieme A: A una variabile casuale.
Dimostrazione
Ricordiamo che A definita nel modo seguente:
se A
se AC
A () = 1
A () = 0.
se x 1
{ : A () x} = A
{ : A () x} = AC A
{ : A () x} = A AC = A.
(s)
x i Ai ,
=
i=1
82
(s)
=
i=1
(s)
dP =
i=1
xi P (Ai A).
(3.4.1)
Ovviamente se A =
n
X (s) dP =
xi P (Ai ).
i=1
(3.4.2)
X dP = 0;
2) P (A) = 0 =
3)
X dP =
83
X dP = 0;
X A dP ;
4) X() Y () A =
X dP
Y dP .
X = X + X ,
X = X + + X .
X + dP
X dP.
(3.4.3)
X dP
A
finito.
In tal caso come valore dellintegrale di X su A si prende ancora il numero reale:
X dP =
A
X + dP
X dP
A
84
(c1 X + c2 Y ) dP = c1
X dP +
3)
X dP
X dP +
X dP ;
X dP ;
4) X = Y q.s in A =
X dP =
Y dP ;
X in A, allora anche Z
X dP < + .
(3.4.4)
Come nel caso della teoria dell integrazione secondo Lebesgue, si verifica
facilmente che Lp (A) uno spazio vettoriale.
Sempre in analogia con la teoria di Lebesgue, conveniente introdurre nellinsieme delle variabili casuali sommabili su A la relazione di equivalenza:
X Y X = Y quasi sicuramente in A
ed identificare una variabile casuale X con la classe di equivalenza da essa individuata. In tal modo con Lp (A) denotiamo pi precisamente linsieme quoziente
rispetto alla relazione dello spazio definito dalla (3.4.4). Se allora poniamo
X
Lp (A)
X dP
1
p
85
1
1
+
= 1 e
p
q
X Lp (A), Y Lq (A), allora la variabile casuale XY L1 (A) e si ha:
|XY | dP
Lp (A)
Lq (A)
(3.4.5)
La (3.4.5) lanaloga della disuguaglianza di Holder della teoria dellintegrazione secondo Lebesgue.
Se in particolare p = q = 2, la disuguaglianza lanaloga di quella di Schwarz.
E facile verificare che lo spazio L2 (A) uno spazio di Hilbert poich dotato di
un prodotto scalare. Infatti se X, Y L2 (A), il loro prodotto scalare dato da
XY dP .
X p dP,
X dP < +.
X=
x i Ai
i=1
per cui
n
p
|X| =
Pertanto
i=1
|xi |p Ai
|X|p dP =
i=1
p N.
n
|xi |p P (Ai ) =
i=1
|xi |p pi < +.
86
Dunque X Lp () p N e
n
xpi pi .
E(X ) =
(3.4.6)
i=1
valori x1 , x2 , ... Se
i=1
xpi pi .
E(X ) =
i=1
g X L ()
g(X) dP =
Si osservi che, nelle ipotesi del teorema, facile provare che g X una
variabile casuale.
Il teorema 3.1 si pu generalizzare. Una sua generalizzazione, che ci sar utile in
seguito, la seguente:
Teorema 3.2. Siano X e Y variabili casuali reali continue sullo spazio di probabilit (, A, P ) con funzione di densit di probabilit congiunta pXY (x, y) e g
una funzione reale definita su R2 , B-misurabile. Allora
+
g (X, Y ) L1 ()
87
xp pX (x) dx.
E(X ) =
E(c X) = c E(X);
X dP,
XY L1 ()
88
E(XY ) =
(3.4.7)
Inoltre, poich X e Y sono indipendenti, pX (x)pY (y) = pXY (x, y). Allora, applicando il teorema di Fubini nella sua forma pi generale in cui si richiede solo
lintegrabilit della funzione integranda e non la sommabilit, otteniamo:
+
|xy|pXY (x, y) dx dy =
|x|pX (x) dx
E(XY ) =
x pX (x) dx
Un altro caso particolarmente interessante di momento di una variabile casuale costituito dal momento di ordine due della variabile casuale X E(X),
2
comunemente detto varianza della variabile casuale Xe denotato con X
.
Definizione 3.27. Data la variabile casuale X L2 (), la sua varianza
definita nel modo seguente:
2
X
= Var(X) = E (X E(X))2 .
(3.4.8)
Dimostrazione
Per definizione di varianza, abbiamo:
2
X
= E((X E(X))2 ) = E X 2 2E(X)X + (E(X))2
= E(X 2 ) + E(2E(X)X) + E((E(X))2 )
= E(X 2 ) 2E(X) E(X) + (E(X))2
= E(X 2 ) (E(X))2
(3.4.9)
89
2)
2
.
c2 X = E((cX E(cX))2 ) = E(c2 (X E(X))2 ) = c2 E((X E(X))2 ) = c2 X
3)
Supponiamo X e Y variabili casuali indipendenti per cui, grazie alla propriet
4) del valore atteso
E(XY ) = E(X) E(Y ).
Se teniamo anche presente la (3.4.9) e la linearit della media, deduciamo allora:
2
X+Y
= E((X + Y )2 ) (E(X + Y ))2
= E(X 2 + 2XY + Y 2 ) (E(X))2 (E(Y ))2 2E(X) E(Y )
= E(X 2 ) + 2E(XY ) + E(Y 2 ) (E(X))2 (E(Y ))2 2E(X) E(Y )
= E(X 2 ) (E(X))2 + E(Y 2 ) (E(Y ))2
2
= X
+ Y2 .
90
X =
p(1 p).
Esempio 3.11.
Supponiamo di avere un dado equo che viene lanciato e che alluscita di una
faccia si riceva un pagamento pari al numero uscito.
Tale pagamento una variabile casuale X discreta che pu assumere solo i valori:
1, 2, 3, 4, 5, 6 e la funzione di probabilit tale che
pX (i) =
1
6
i {1, 2, 3, 4, 5, 6}.
1
1
1
1
1
1
+ 2 + 3 + 4 + 5 + 6 = 3, 5.
6
6
6
6
6
6
La varianza :
2
X
=1
1
1
1
1
1
1
+ 4 + 9 + 16 + 25 + 36 (3, 5)2
6
6
6
6
6
6
91
(3, 5)2 15, 166 12, 25 = 2, 916.
6
La deviazione standard
X
2, 916 1, 7.
Esempio 3.12.
Consideriamo una variabile casuale continua con distribuzione uniforme e sia
91
[a, b] linsieme dei suoi valori. Come sappiamo, la funzione densit di probabilit
cos definita:
se x < a o x > b
pX (x) = 0
se x [a, b]
pX (x) =
1
.
ba
(3.4.11)
|X|p dP =
|x|p pX (x) dx =
1
ba
b
a
|x|p dx < +.
Il valore atteso
1
E(X) =
ba
x dx =
a
1 b 2 a2
b+a
=
.
ba 2
2
1
ba
x2 dx
(b + a)2
(b a)2
=
.
4
12
(3.4.12)
ba
.
2 3
Esempio 3.13.
Supponiamo che la variabile casuale X abbia una distribuzione gaussiana.
Allora la funzione di densit di probabilit data da:
1
(x )2
} con , = costante e > 0.
pX (x) =
exp{
2 2
2
Osserviamo che X Lp () p N poich
+
|x|p
1
(x )2
} dx < +.
exp{
2 2
2
Il valore atteso
E(X) =
1
2
x exp{
(x )2
} dx.
2 2
(3.4.13)
92
Per il calcolo dellintegrale al secondo membro della (3.4.13) effettuiamo il cambiamento di variabile dintegrazione:
x
t=
2
= x = +
2 t,
dx =
2 dt.
E(X) =
2
exp{t } dt +
t exp{t2 } dt.
(3.4.14)
exp{t2 } dt = 1.
In definitiva otteniamo:
E(X) = .
Determiniamo ora la varianza di X.
2
X
= E((X E(X))2 ) = E((X )2 )
+
1
=
2
(x )2 exp{
(3.4.15)
(x )2
}
dx.
2 2
= x =
2 t,
dx =
2 dt.
2 2
=
t2 exp{t2 } dt.
(3.4.16)
1
exp{t2 } = f (t) = t exp{t2 }
2
e
g(t) = t = g (t) = 1,
otteniamo:
+
1
t2 exp{t2 } dt = t exp{t2 }
2
1
2
exp{t2 } dt =
1
.
2
93
Dunque, quando si ha una distribuzione gaussiana, la varianza 2 e la deviazione standard . La deviazione standard misura il grado di dispersione dei
valori attorno alla media .
Si potrebbe inoltre provare che se X segue una distribuzione gaussiana con valore
atteso e deviazione standard , risulta k N
E((X )2k+1 ) = 0
XY
.
X Y
Si noti che se X e Y sono indipendenti sono anche non correlate, mentre non
vero il viceversa.
Inoltre se le due variabili sono non correlate, allora risulta XY = 0.
Infine si potrebbe dimostrare che:
1 XY 1.
3.5
94
: lim
n+
Xn () X() = 0
= 1,
lim Xn = X
n+
n+
Xn X
= 0.
3.6
Aspettative condizionate.
Una previsione sul valore di una variabile casuale pu essere ottenuto calcolandone il valore atteso, ma esso fornisce il tipo pi grossolano di previsione.
Questultima pu essere migliorata se si dispone di ulteriori informazioni. Ad
esempio, la probabilit di un crollo finanziario pu essere rivista se si dispone
dellinformazione aggiuntiva che si entrati in una pesante recessione, esprimendo tale probabilit come probabilit condizionata.
Vedremo di definire matematicamente i concetti di informazione, di struttura
informativa e di aspettativa condizionata.
95
Definizione 3.31. Se (, A, P ) uno spazio di probabilit, allora uninformazione un evento I (ossia un sottoinsieme di che sta in A).
Una struttura informativa una sotto algebra di A, I, contenente gli eventi
informativi.
Ricordiamo la definizione di probabilit condizionata elementare.
Definizione 3.32. La probabilit condizionata elementare di un evento A A,
sotto la condizione I A, ossia dato un evento I, con P (I) > 0 :
P (A I) =
P (A I)
.
P (I)
(3.6.1)
3
.
4
P ({T C, CT, })
1 4
2
P (A I)
=
= = .
P (I)
P ({T C, CT, CC})
2 3
3
Questo perch linformazione ricevuta ha in un certo senso ridotto lo spazio campione = {T T, T C, CT, CC} ad uno pi piccolo = {T C, CT, CC} = I in
cui non compare pi T T ed inoltre allevento A dobbiamo in realt sostituire
levento A I = {T C, CT }. Se si tiene presente che il nuovo spazio campione
formato da tre stati e che gli eventi costituiti da un singolo stato sono tutti
1
ugualmente probabili, avremo che la probabilit di ciascuno di tali eventi e
3
2
poich A I contiene due stati si ottiene che P (A I) = .
3
96
Esempio 3.15.
Si deve colpire con una freccia un bersaglio rappresentato da un insieme piano
, misurabile secondo Lebesgue.
Supponiamo di sapere che verr colpito un punto della regione I (evento informativo). Allora la probabilit condizionata dellevento A, (cio che venga colpito
un punto dellinsieme A) dato levento I :
P (A I) =
P (A I)
mis(A I)
=
.
P (I)
misI
Dimostriamo la seguente
Proposizione 3.20. Se gli eventi A e I sono indipendenti, allora
P (A I) = P (A).
Dimostrazione
La dimostrazione immediata se si tiene presente la definizione elementare di
eventi indipendenti.
Infatti
P (A I)
P (A) P (I)
P (A I) =
=
= P (A).
P (I)
P (I)
Introduciamo ora la seguente definizione:
Definizione 3.33. Data la variabile casuale X discreta che assume gli n valori x1 , xn , ..., xn , si definisce aspettativa condizionata elementare di X sotto la
condizione I o dato levento I nel modo seguente:
n
E(X I) =
xi P (X = xi I).
(3.6.2)
i=1
E(X I )
.
P (I)
(3.6.3)
E facile provare che la definizione generale (3.6.3) si riduce alla (3.6.2) quando
X assume n valori.
In primo luogo osserviamo che
E(X I ) =
X I dP =
X dP.
I
97
n
i=1
xi P ({X = xi } I)
=
P (I)
xi P (X = xi I).
i=1
Vogliamo ora definire laspettativa condizionata, data una struttura informativa. Questa, come vedremo, una variabile casuale. A tal fine enunciamo senza
dimostrarlo il seguente
Teorema 3.3. Teorema di Kolmogorov. Sia X una variabile casuale definita sullo spazio di probabilit (, A, P ) tale che X L1 (), e sia I una sotto algebra di A. Allora esiste una variabile casuale Y L1 (), misurabile
rispetto ad I tale che I I si ha
Y dP =
I
X dP.
I
98
2) Linearit:
c1 , c2 R, X1 , X2 variabili casuali si ha
E(c1 X1 + c2 X2 I) = c1 E(X1 I) + c2 E(X2 I);
3) Se X variabile casuale rispetto ad I, cio I-misurabile, allora
E(X I) = X;
4) se la variabile casuale M I-misurabile e limitata, allora
E(M X I) = M E(X I);
5) Propriet a torre:
Se I una sotto algebra di I, allora:
E(E(X I) I ) = E(X I ).
6) E(X I) E( X I).
Dimostriamo la propriet 1)
Sia Y = E(X I) con I = {, }.
Poich Y misurabile rispetto ad I, avremo che
{ : Y () x} I
x R,
X dP
I
I I.
In particolare avremo
Y dP =
X dP,
ossia
E(Y ) = E(X).
Ma, essendo Y costante, si ha
E(Y ) = Y
99
IJ = .
j=1
E(X Ij ) =
xi P (X = xi Ij )
j = 1, 2, ..., m.
i=1
Y () = E(X Ij ) = yj
j = 1, 2, ..., m.
100
Y =
yi Ii .
i=1
Y dP =
IJ
i=1
yi P (Ii Ij ) = yj P (Ij ),
poich
Ii Ij = se i = j.
Ma, per come definita Y , per j = 1, 2, ..., m deduciamo:
Y dP = yj P (Ij ) = E(X, Ij ) P (Ij )
IJ
n
xi P (X = xi Ij ) P (Ij )
=
i=1
n
xi
i=1
n
=
i=1
P ({X = xi } Ij ) P (Ij )
P (Ij )
xi P ({X = xi } Ij ) =
X dP.
IJ
Daltra parte, ogni insieme I che appartiene alla algebra (Z) generata da
Z lunione di insiemi Ij e dunque, per ladditivit dellintegrale rispetto agli
insiemi di integrazione, abbiamo:
Y dP =
I
X dP
I
I (Z).
101
Per quanto visto nellesempio 2 sulle algebre generate da una variabile casuale,
sappiamo che
(Z) = {, I0 , I0C , }
con
I0 = { : Z() = 0},
E(X I0 ) =
xi P (X = xi I0 ) =
i=1
n
xi
i=1
E(X I0C ) =
xi
P ({
i=1
P ({ I0 : X() = xi })
,
P (I0 )
I0C
: X() = xi })
.
1 P (I0 )
j = 1, 2, ..., m.
Ij
j = 1, 2, ..., m.
E(X {Z = zj }) =
xi
i=1
n
=
i=1
P ({X = xi } {Z = zj })
P (Z = zj )
P (X = xi ) P (Z = zj )
xi
=
P (Z = zj )
xi P (X = xi ) = E(X).
i=1
Dunque
E(X Z)() = E(X).
102
Capitolo 4
Processi stocastici
4.1
(4.1.1)
t I.
104
4. PROCESSI STOCASTICI
Definizione 4.2. Unequazione differenziale del I ordine si dice di forma normale, quando scritta nel modo seguente:
x = f (t, x)
(4.1.2)
i = 1, 2, ..., n,
(4.1.4)
i = 1, 2, ..., n,
(4.1.5)
105
x := (x1 , x2 , ..., xn ),
f := (f1 , f2 , ..., fn ),
il sistema (4.1.5) si pu scrivere nella stessa forma (4.1.2) in cui abbiamo scritto
una singola equazione anche se con diverso significato dei simboli:
x = f (t, x).
(4.1.6)
Anche per i sistemi differenziali ordinari del I ordine sussistono teoremi di esistenza ed unicit locale o globale della soluzione del problema di Cauchy.
Consideriamo ora unequazione differenziale ordinaria di ordine m > 1:
F (t, x, x , ..., x(m) ) = 0,
(4.1.7)
t I.
(4.1.8)
106
4. PROCESSI STOCASTICI
m
a = F (t, P,
v)
(4.1.9)
dove
a laccelerazione del punto, (P, F ) la forza totale agente sul punto
della quale nota la dipendenza dal tempo t, dalla posizione P del punto e dalla
sua velocit
v.
A tale equazione associamo le condizioni iniziali
P (t0 ) = P0 ,
v (t0 ) =
v 0,
107
i = 1, 2, 3.
(4.1.10)
Fi (t, x1 , x2 , x3 , x1 , x2 , x3 )
m
i = 1, 2, 3.
(4.1.11)
xi (t0 ) = v0i
i = 1, 2, 3,
dove (x01 , x02 , x03 ) la terna delle coordinate cartesiane della posizione P0 occupata dal punto allistante t0 e (v01 , v02 , v03 ) la terna delle componenti della
velocit iniziale
v 0 del punto lungo gli assi del riferimento.
Otteniamo cos un problema di Cauchy per un sistema in forma normale di tre
equazioni differenziali ordinarie del II ordine in tre funzioni incognite.
Se le funzioni Fi (t, x1 , x2 , x3 , x1 , x2 , x3 ), per i = 1, 2, 3 sono sufficientemente
regolari, il problema ammette una ed una sola soluzione per t t0 .
Perci note la posizione e la velocit iniziale del punto materiale, siamo in grado
di stabilire esattamente la posizione che questo occupa ad ogni istante successivo
a quello iniziale.
Il moto del punto materiale dunque descritto mediante un processo deterministico, poich, note le condizioni iniziali, siamo in grado di prevederne
levoluzione.
Vediamo ora un esempio che interviene in biologia o nelle scienze sociali.
Se indichiamo con x(t) la popolazione di una data specie allistante t, nellipotesi
che questa sia isolata, cio che non ci siano immigrazioni ed emigrazioni, il pi
semplicistico modello di crescita di tale popolazione il seguente:
x = a x
con a costante positiva (modello di Malthus).
Se allora assumiamo che allistante iniziale t0 la popolazione sia x0 , per sapere
108
4. PROCESSI STOCASTICI
(4.1.12)
Lequazione differenziale che interviene nel nostro problema unequazione differenziale ordinaria del I ordine, lineare, omogenea, a coefficienti costanti.
Com noto, la sua soluzione generale (cio linsieme di tutte le sue soluzioni)
data da
x(t) = C1 ea t
con C1 costante arbitraria da determinarsi tramite la condizione iniziale.
La soluzione del problema di Cauchy considerato, come si pu verificare facilmente, la seguente:
x(t) = x0 ea (t t0 ) .
Dunque, se una popolazione segue il modello di Malthus, la sua crescita esponenziale ed descritta mediante un processo deterministico.
E da rilevare che se si considera la specie umana e si pone a = 0, 02, il modello
di Malthus in accordo con i dati reali relativi alla crescita della popolazione
umana sulla terra nel periodo tra il 1700 e il 1961. Non invece realistico per gli
anni successivi perch prevede una crescita eccessivamente elevata (nel 2510 la
popolazione sulla terra dovrebbe essere di 200.000 bilioni).
Dunque tutti quei fenomeni evolutivi che sono governati da unequazione differenziale ordinaria o da un sistema di equazioni differenziali ordinarie (per i
quali sussistono teoremi di esistenza e unicit della soluzione del problema di
Cauchy) sono descritti mediante processi deterministici, perch associando le
condizioni iniziali possiamo prevederne con esattezza levoluzione.
Ma possiamo avere molti altri fenomeni la cui evoluzione non prevedibile,
perch viene influenzata da eventi casuali. Ad esempio, la crescita di una popolazione, per la quale prima abbiamo considerato il modello di Malthus, pu essere
influenzata da numerosissimi eventi casuali come siccit, abbondanza, catastrofi
naturali, guerre e cos via.
In particolare nel settore finanziario, non possibile prevedere con esattezza il
prezzo futuro di un dato titolo rischioso, ad esempio unazione, conoscendone la
storia passata, perch questo presenta uninfluenza del caso. Infatti un evento
del tutto imprevedibile, come il fallimento di una societ, lo scoppio improvviso
di un conflitto, la caduta di un governo, un atto terroristico di notevole violenza
possono produrre delle notevoli oscillazioni nel prezzo dei titoli quotati in Borsa.
109
4.2
Processi stocastici.
110
4. PROCESSI STOCASTICI
111
(4.2.1)
t > 0,
112
4.3
4. PROCESSI STOCASTICI
Martingale.
La teoria delle martingale gioca un ruolo importante nella moderna teoria dei
mercati finanziari. Intuitivamente, un processo stocastico si comporta come una
martingala se le sue traiettorie non mostrano, in media, un particolare trend
(cio andamento), si comporta come una submartingala se, in media, il trend
crescente, come una supermartingala se, in media, il trend decrescente.
Definizione 4.11. Dato il processo stocastico Xt , si dice che una martingala
rispetto alla filtrazione {It }t0 se:
1) adattato alla filtrazione {It }t0 ;
2) Xt L1 ()
t 0;
3) E(XT It ) = Xt
t 0;
4.3. MARTINGALE.
113
Perci:
E(Xt + Xt It ) = 0.
Dunque per le martingale i valori attesi condizionati per gli incrementi futuri
sono nulli, ossia gli incrementi futuri sono imprevedibili. Per le martingale non
ci si possono aspettare tendenze per il futuro.
Nel caso delle supermartingale e delle submartingale, si ha rispettivamente:
E(Xt + Xt It ) 0,
E(Xt + Xt It ) 0
Xt
Xt
t
Supermartingala
t
Submartingala
Figura 4.1:
Esempio 4.1
Siano X una variabile casuale in L1 () e {It }t0 una filtrazione.
Poniamo Mt = E(X It ). Allora Mt una martingala rispetto a {It }t0 .
Infatti:
1. E vera per la definizione di aspettativa condizionata;
2. E( Mt ) = E( E(X It ) ) E(E( X It )) = E( X ) < +.
Nel penultimo passaggio abbiamo sfruttato la propriet 6) dellaspettativa
condizionata e nellultimo passaggio la propriet 7);
114
4. PROCESSI STOCASTICI
4.4
E((Wt Ws )2 Is }) = t s
115
s t;
116
4. PROCESSI STOCASTICI
gli incrementi di Bt sono indipendenti, ossia se 0 < t0 < ... < ti , allora
Bt1 Bt0 , ..., Bti Bti1 sono indipendenti;
per 0 s < t gli incrementi Bt Bs hanno distribuzione gaussiana con
media 0 e varianza t s, ossia Bt Bs N (0, t s).
Nel caso di un moto Browniano non standard, al quarto punto la varianza
(t s), cio il caso standard corrisponde a = 1.
2
Come vedremo, un moto Browniano correlato a quei particolari processi stocastici noti come passeggiate casuali simmetriche.
Definizione 4.15. Definiamo passeggiata casuale simmetrica un processo stocastico discreto X : R tale che
= {t0 = 0, t1 , t2 , ...} con ti ti1 = t i = 1, 2, ..., per cui
ti = i t
allistante t = 0 X nullo quasi sicuramente;
indicato con Xti il valore della variabile casuale X allistante ti e posto
Xi = Xti Xti1 con i = 1, 2, ..., gli incrementi X1 , X2 , ... sono
indipendenti
gli incrementi Xi della variabile casuale X possono assumere solo i due
1
valori h (> 0) o h con probabilit pari a , qualunque sia lo stato
2
considerato.
In effetti si dimostra che si pu approssimare un moto Browniano in ogni
intervallo di tempo finito con passeggiate casuali simmetriche. Noi faremo un
breve cenno a tale questione.
Ci limiteremo a considerare un moto Browniano standard, ma quanto diremo si
estende anche ai moti Browniani non standard con le opportune modifiche.
Consideriamo una passeggiata casuale simmetrica.
Indichiamo con X la variazione di X ad ogni passo e calcoliamo il valore atteso
di un singolo incremento:
E( X) = h
1
1
h = 0.
2
2
1
1
+ (h)2 = h2 .
2
2
117
Xt =
Xi .
i=1
E(Xt ) = E(
Xi ) =
i=1
E( Xi ) = 0.
i=1
2
2
Xi = n h =
=
i=1
t 2
h.
t
t, abbiamo:
2
X
= t.
t
Se ora facciamo tendere t a 0, mantenendo finito t, ossia se facciamo tendere n
a +, la passeggiata casuale nellintervallo [0, t] tende ad un moto Browniano
standard. Infatti, come per un moto Browniano,
la passeggiata casuale da noi considerata parte dallorigine;
gli incrementi successivi sono indipendenti;
al limite per t 0, e t finito, si pu provare che Xt Xs con s < t ha
una distribuzione gaussiana con = 0 e 2 = t s.
Riprendiamo in esame una passeggiata casuale simmetrica e calcoliamo ora il
valore atteso del valore assoluto di X:
E( X ) = h
1
1
+ | h| = h.
2
2
118
4. PROCESSI STOCASTICI
n
Xi e
E(
(4.4.1)
Xi ) = n h.
i=1
Daltra parte, h =
deduciamo:
Xi ) =
E(
i=1
t
, dalla (4.4.1)
t
t
t
t = .
t
t
119
La prima delle tre propriet che definiscono una martingala soddisfatta automaticamente per la scelta della filtrazione.
Per provare la seconda, ossia che E( Bt ) < + , basta osservare che, essendo
B0 = 0, tale condizione certamente verificata per t = 0, mentre t > 0 Bt
ha una distribuzione gaussiana con media nulla e varianza t per cui
E( Bt ) =
1
2t
|x| exp
x2
2t
dx < +.
per 0 s < t.
(4.4.4)
per 0 s < t,
120
4. PROCESSI STOCASTICI
Dimostriamo lultima propriet facendo vedere che per quasi tutte le traiettorie,
fissato arbirariamente t in [0, +), il limite per h tendente a 0 del rapporto
Wt + h Wt
incrementale
non pu essere finito.
h
Infatti, preso h (0, h) con h > 0 e > 0 arbitrario, consideriamo
:
Wt + h () Wt ()
>
h
Essendo h > 0, si ha
Wt + h () Wt ()
>
=
h
= P { : Wt + h () Wt () > h )} .
121
Ma
{ : Wt + h () Wt () > h } =
{ : Wt + h () Wt () < h } { : Wt + h () Wt () > h },
da cui
P ({ : Wt + h () Wt () > h }) =
P ({ : Wt + h () Wt () < h }) +
+ P ({ : Wt + h () Wt () > h }).
Daltra parte, Wt + h Wt ha una distribuzione gaussiana con media uguale a 0
e varianza uguale ad h. Allora otteniamo:
h
P ({ : Wt + h () Wt () < h }) =
P ({ : Wt + h Wt > h }) =
1
x2
exp
2h
2h
1
x2
exp
2h
2h
dx,
dx.
Dunque deduciamo
Wt + h () Wt
() >
h
+
h
1
x2
x2
1
dx +
exp
exp
=
2h
2h
2h
2h
h
+
2
x
1
dx.
exp
= 2
2h
2h
h
:
dx
x
=
= dx = 2 h d,
2h
cosicch
:
Wt + h () Wt
() >
h
2
=
2
h exp{ } d. (4.4.5)
2
,
Se ora nella (5.4.2) facciamo il limite per h 0 , poich lintegrale tende a
2
otteniamo:
+
Wt + h () Wt
() >
h
1 per h 0+ .
122
4. PROCESSI STOCASTICI
Figura 4.2:
Capitolo 5
Calcolo classico e calcolo stocastico
Nella moderna teoria dei mercati finanziari, come gi osservato pi volte,
svolgono un ruolo fondamentale i processi stocastici e in particolari i processi di
Wiener.
Nel Capitolo precedente abbiamo visto che quasi tutte le traiettorie dei processi
di Wiener non sono derivabili rispetto al tempo e che ogni loro porzione non
a variazione limitata. Ci comporta che i tradizionali strumenti dellAnalisi
Matematica classica risultano insufficienti. In particolare risultano inadeguati la
nozione di integrale di Riemann-Stieltjes, che una generalizzazione dellintegrale di Riemann, e il concetto di differenziale classico. Occorre utilizzare un
nuovo calcolo, il calcolo stocastico.
Il calcolo stocastico nato con lo scopo di dare significato alle equazioni differenziali che descrivono i processi stocastici. Esso ha origine dai lavori pionieristici
di N. Wiener (1923), i cui risultati furono generalizzati da K. It
o (1944) ed
esposti da J. L. Doob (1953), I. Gikhman e A. V. Skorokhod (1969), L.
Arnold (1974).
Nel 1966 R. L. Stratonovich diede una definizione di integrale stocastico diversa da quella data da Ito, ma noi tratteremo solo di questultima perch la
letteratura di teoria economica e finanziaria si basa principalmente sul calcolo
di Ito.
E comunque importante rilevare che il calcolo stocastico trova applicazione,
non solo in ambito finanziario, ma in moltissimi altri campi.
Citiamone alcuni:
Ingegneria aerospaziale: determinazione dellorbita di satelliti, stima di posizione e velocit di veicoli spaziali, stima di traiettorie di rientro di capsule
spaziali, come nelle Missioni Ranger, Mariner e Apollo della NASA, incluso
Apollo 11 (primo sbarco sulla luna);
123
124
5.1
(G, ) =
j=1
con
125
j=1
S(tj ) S(tj1 ) C.
(G, S, ) =
j=1
G rispetto a S da t0 a T .
G prende il nome di funzione integranda e S di integratore.
126
G(t) dS(t) =
t0
t0
Gt dWt .
t0
Gt dWt () =
G(t, ) dW (t, ).
t0
t0
Wt dWt
t0
127
j=1
Wj (Wtj Wtj1 )
E
j=1
Wj (Wtj Wtj1 )
=
j=1
E Wj (Wtj Wtj1 ) .
Daltra parte
Wtj Wtj1 = Wtj Wj + Wj Wtj1 e Wj = Wj Wtj1 + Wtj1 ,
per cui
Wj (Wtj Wtj1 ) = (Wj Wtj1 + Wtj1 )(Wtj Wj + Wj Wtj1 )
= (Wj Wtj1 )(Wtj Wj ) +
+ (Wj Wtj1 )(Wj Wtj1 ) + Wtj1 (Wtj Wtj1 ).
Otteniamo allora
n
E
j=1
Wj (Wtj Wtj1 )
j=1
E
j=1
Wj (Wtj Wtj1 )
=
n
j=1
+
j=1
j=1
E((Wj Wtj1 )2 ) +
128
E
j=1
Wj (Wtj Wtj1 )
=
j=1
(j tj1 ).
(5.1.1)
E
j=1
Wj (Wtj Wtj1 )
=
j=1
=
j=1
(tj tj1 ) = (T t0 ).
5.2
Nozioni preliminari.
129
f (1 , 2 ) dM2 (2 ) A1 -misurabile (e
f (1 , 2 ) dM2 (2 )
dM1 (1 )
f (1 , 2 ) dM1 (1 )
dM2 (2 ).
130
Ai
i=1
M (Ai ) < + i N.
A,
ii) limn+ Xn = X q. s. in A.
n N;
131
n+
Xn dP =
A
X dP.
A
ii) limn+ Xn = X q. s. in A.
Allora X sommabile su A e risulta:
Xn dP =
lim
n+
X dP.
A
Il corollario che abbiamo enunciato sopra anche noto come Teorema della
convergenza limitata.
Introduciamo ora la seguente definizione.
Definizione 5.8. Diciamo che la successione di variabili casuali Xn , n N,
una successione di Cauchy in media quadratica se Xn L2 () n N ed inoltre
> 0 n tale che n, m > n
risulta
E( Xn Xm ) < .
E facile verificare che se una successione Xn converge in media quadratica
alla variabile casuale X una successione di Cauchy in media quadratica. Ma
possibile provare anche il viceversa:
Proposizione 5.2. Se Xn una successione di Cauchy in media quadratica,
allora esiste una variabile casuale X L2 () tale che
mq lim Xn = X, ossia
n+
lim E( Xn X ) = 0.
n+
La proposizione 5.2 ci dice che lo spazio vettoriale normato L2 (), con norma
2
X L2 () =
E( X ), completo. Dunque L2 () uno spazio di Banach.
Questo risultato si pu in effetti estendere ad ogni spazio Lp () con p 1.
132
5.3
IG =
t0
G(t) =
j=1
IG =
G(t) dWt =
t0
j=1
gj (Wtj Wtj1 ).
5.3. DEFINIZIONE DI INTEGRALE DI ITO.
133
G
g6
g4
g2
g1
g5
g3
g7
O
t1 t2
t0
t3
t5
t4
t6
Figura 5.1:
3) Caso generale
Supponiamo che la funzione G sia stocastica, ossia:
G : [t0 , T ] R
(t, ) G(t, ).
Lintegrale di Ito viene definito purch siano soddisfatte da G le ipotesi seguenti:
a) fissato la funzione G(, ), definita in [t0 , T ], sia B([t0 , T ])-misurabile
(ipotesi a1 )), t fissato [t0 , T ] la funzione G(t ), definita in , sia Amisurabile (cio sia una variabile casuale)(ipotesi a2 )) e la funzione che ad
T
c) E
G(t, ) dt
t0
< +.
t0
134
t0 t
W () .
max
t0 2 t
W () .
Osservazione 5.4. Richiedere che la funzione G(t, ) sia non anticipante equivale a richiedere che la variabile casuale G(t, ) sia indipendente da Ws Wt
con s > t, ossia che sia indipendente dalla storia futura del processo di Wiener
e che quindi non dia anticipazioni su ci che accadr in futuro per il processo di Wiener. Questa osservazione conseguenza delle propriet dei processi di
Wiener per cui lincremento Ws Wt indipendente da Wt = Wt W0 se s > t.
Facciamo altre osservazioni conseguenza delle ipotesi a) e c).
Osservazione 5.5. Lipotesi a) automaticamente soddisfatta se assumiamo
che la funzione G sia B([t0 , T ]) A-misurabile. Infatti basta applicare alla funzione G la i) del teorema di Fubini e Tonelli per ottenere a1 ) e a2 ) e la prima
parte della ii) alla funzione G2 per ottenere a3 ), tenendo conto che la misura
definita su B([t0 , T ]) quella di Lebesgue.
Inoltre se la funzione G(t, ) ha traiettorie continue o continue a tratti con
T
Osservazione 5.6. Dallipotesi c), che conseguenza del fatto che definiremo
lintegrale di Ito come limite in media quadratica, discende:
T
5.3. DEFINIZIONE DI INTEGRALE DI ITO.
135
Allora
X < + quasi sicuramente in A.
Denotiamo con V([t0 , T ]) la classe delle funzioni stocastiche soddisfacenti alle
condizioni a), b), c).
Noi definiremo lintegrale di Ito per funzioni appartenenti alla classe V([t0 , T ]).
Consideriamo in primo luogo il caso particolare in cui la funzione stocastica
G V([t0 , T ]) sia semplice elementare rispetto a t, ossia esista una partizione dellintervallo [t0 , T ] mediante i punti t0 < t1 < ... < tn = T
tale che:
G(t, ) = gj () se tj1 t < tj ,
j = 1, 2, ..., n, (5.3.1)
(t, ) [t0 , T ) .
gj ()[tj1 , tj ) (t)
G(t, ) =
j=1
(5.3.2)
t0
G(t, ) dt =
t0
j=1
136
G(t, ) dt M .
t0
Ci implica per le propriet relative allintegrazione rispetto alla misura di probabilit P delle variabili casuali
T
E(M ) = M < +,
G(t, ) dt
E
t0
G(t, ) dWt =
IG () =
t0
j=1
E evidente che lintegrale cos definito una variabile casuale. Nel seguito
potremo anche omettere la dipendenza da .
Vediamo di stabilire alcune propriet dellintegrale di Ito per funzioni stocastiche
semplici elementari in V([t0 , T ]).
I) Linearit
c1 , c2 R, G1 , G2 , funzioni stocastiche semplici elementari in V([t0 , T ])
T
= c1
G1 (t, ) dWt + c2
t0
G2 (t, ) dWt
con probabilit`
a 1.
t0
5.3. DEFINIZIONE DI INTEGRALE DI ITO.
137
Dimostrazione
Per la definizione (5.3.3) e la linearit del valore atteso, abbiamo:
n
gj (Wtj Wtj1 )
E(IG ) = E
j=1
=
j=1
E(IG ) =
j=1
E(IG2 ) = E
t0
Dimostrazione
Per la definizione (5.3.3)
E(IG2 ) = E
j=1
gj (Wtj Wtj1 )
n
gj2
= E
j=1
G(t, ) dt .
(Wtj Wtj1 ) + 2
i<j=1
E(IG2 )
=
j=1
+2
i<j=1
138
Daltra parte
E((Wtj Wtj1 )2 ) = tj tj1 ,
E(IG2 )
E(gj2 ())(tj
=
j=1
tj1 ) =
j=1
= E
j=1
= E
G(t, ) dt .
t0
j=1
lim E
n+
t0
Gn (t, ) G(t, ) dt
= 0.
(5.3.5)
Dimostrazione
La dimostrazione si effettua mediante tre passi successivi.
Passo 1.
Supponiamo che F V([t0 , T ]) sia limitata e tale che F (, ) sia continua in
[t0 , T ] per ogni . Proviamo che esiste una successione Gn (t, ) di funzioni
stocastiche semplici elementari appartenenti alla classe V([t0 , T ]) tale che
T
lim E
n+
t0
Gn (t, ) F (t, ) dt
= 0.
(5.3.6)
5.3. DEFINIZIONE DI INTEGRALE DI ITO.
139
A tal fine per ogni intero positivo n consideriamo una partizione dellintervallo
(n)
(n)
[t0 , T ] mediante i punti equidistanti t0 < t1 < .... < tn = T per cui
(n)
tj
= t0 +
j
(T t0 )
n
j = 1, 2, ..., n.
(n)
(n)
j = 1, 2, ..., n.
In figura 5.2 sono rappresentati i grafici in funzione del tempo di una funzione
F (, ) (con fissato in ) limitata e continua rispetto a t e del termine con
n = 7 della successione Gn (, ) (con fissato in ) ottenuta nel modo detto
sopra.
G7(.,T)
F(.,T)g
t0
(7)
t1
(7)
t2
t3(7)
(7)
t4
t5(7)
(7)
t6
Figura 5.2:
E immediato verificare che, fissato arbitrariamente in , grazie alla continuit
di F rispetto a t, per n + la successione Gn (, ) converge uniformemente
a F (, ), ossia
fissato in
n+ [t0 , T ]
140
Gn (t, ) F (t, )
lim
n+
t0
dt = 0 .
(5.3.7)
t0
Gn (t, ) F (t, )
dt M , n N.
Gn (t, ) F (t, )
lim
n+
ossia
t0
lim E
n+
t0
Gn (t, ) F (t, )
dt
dt
dP = 0,
= 0,
lim E
n+
t0
Fn (t, ) H(t, ) dt
= 0.
(5.3.8)
lim E
n+
t0
Hn (t, ) G(t, ) dt
= 0.
(5.3.9)
Il lemma risulta cos provato in maniera completa, poich, presa G V([t0 , T ]),
utilizzando i tre passi sopra illustrati, possiamo sempre trovare una successione Gn (t, ) di funzioni stocastiche semplici elementari appartenenti alla classe
V([t0 , T ]) tale che valga la (5.3.5).
Diamo ora la definizione di integrale di Ito nel caso generale.
5.3. DEFINIZIONE DI INTEGRALE DI ITO.
141
IG :=
t0
n+
Gn (t, ) dWt ,
t0
(5.3.10)
dove Gn una successione di funzioni stocastiche semplici elementari appartenenti alla classe V([t0 , T ]) tale che sia soddisfatta la condizione (5.3.5).
Gn dWt
t0
E
t0
Gn dWt
Gm dWt
< .
t0
E
t0
Gn dWt
Gm dWt
= E
t0
t0
(Gn Gm ) dWt
= E
t0
=
(5.3.11)
Gn Gm dt ,
Gn Gm dt =
t0
(Gn G) + (G Gm ) dt =
= (Gn G) + (G Gm )
2
L2 ([t0 , T ])
(5.3.12)
142
(Gn G)+(G Gm )
Gn G
L2 ([t0 , T ])
G Gm
2
L2 ([t0 , T ])
ab
1 2
(a + b2 ),
2
si ottiene:
2
L2 ([t0 , T ])
(Gn G)+(G Gm )
Gn G
2
L2 ([t0 , T ])
G Gm
2
L2 ([t0 , T ])
Allora
T
Gn Gm dt
E
t0
Gn G dt
2 E
t0
T
Gn G dt
2E
t0
Gm G dt
+E
t0
T
+ 2E
t0
(5.3.13)
Gm G dt .
E
t0
Gn G dt , E
Gm G dt
t0
<
.
4
(5.3.14)
E
t0
< n, m > n .
Gn Gm dt
E
t0
Gn dWt
Gm dWt
t0
< ,
(5.3.15)
143
Gn dWt
t0
mq lim
n+
Gn (t, ) dWt = X.
t0
5.4
(5.4.1)
Wt dWt
0
Wt () dt
0
un integrale di Riemann.
Inoltre Wt ovviamente misurabile rispetto a I[0, t] t [0, T ] e perci soddisfa
anche alla propriet di non anticipazione.
Infine soddisfatta anche la condizione:
T
Wt () dt
< +,
poich
Wt () dt
0
Wt () dt
dP
144
Wt () dt
Wt () dP
=
0
dt
E(Wt2 ) dt =
=
0
t dt =
0
1 2
T < +.
2
Wn (t, ) Wt () dt
lim E
0
(5.4.2)
= 0.
Conformemente a quanto avevamo visto nel paragrafo 3 nel caso di una funzione
stocastica continua rispetto a t, suddividiamo lintervallo [0, T ] in n intervalli di
uguale ampiezza mediante la partizione ottenuta mediante i punti 0 = t0 <
t1 < .... < tn = T per cui
tj =
j
T
n
j = 1, 2, ..., n.
Per semplicit di scrittura abbiamo indicato con tj ci che prima avevamo de(n)
notato con tj .
Consideriamo poi la successione Wn (t, ) con n N tale che
Wn (t, ) = Wtj1 ()
se tj1 t < tj .
Verifichiamo che tale successione di funzioni stocastiche semplici elementari appartenenti alla classe V([0, T ]) soddisfa alla (5.4.2).
Infatti
T
Wn (t, ) Wt () dt
E
0
tj
Wn (t, ) Wt () dt
Ma
T
0
Wn (t, ) Wt () dt =
j=1
tj1
Wtj1 () Wt () dt
dP.
145
per cui
T
Wn (t, ) Wt () dt
E
0
tj
Wtj1 () Wt () dt
=
tj1
j=1
dP.
E
0
Wn (t, ) Wt () dt
tj
=
tj1
j=1
E
0
Wn (t, ) Wt () dt
tj
j=1
n
tj1
=
=
j=1
Perci
1
(tj tj1 )2
=
2
2
lim E
n+
(t tj1 ) dt =
n
j=1
T2
T2
.
=
n2
2n
T2
= 0,
n+ 2n
Wn (t, ) Wt () dt
= lim
Wt dWt = mq lim
n+
Wn dWt .
0
Wn dWt =
0
j=1
Sn =
j=1
Wtj Wtj1 = Wj
j = 1, 2, ..., n.
146
(a + b)2 a2 b2
2
a, b R,
possiamo scrivere:
n
1
Sn =
2
(Wtj1 + Wj )2 Wt2j1 ( Wj )2 .
j=1
j=1
Wt2j Wt2j1 ( Wj )2 =
1
1
=
Wt21 Wt20 + Wt22 Wt21 + .... + Wt2n Wt2n1
2
2
=
1
1 2
WT
2
2
( Wj )2 =
j=1
( Wj )2 ,
j=1
1
1
mq lim
( Wj )2 .
Wt dWt = WT2
n+
2
2
j=1
n
n+
( Wj )2
j=1
j=1
n
( Wj )2 , calcoliamo
E ( Wj )2 =
j=1
j=1
(tj tj1 ) = tn t0 = T.
mq lim
n+
ossia
lim E
n+
( Wj )2 = T,
j=1
j=1
( Wj )2 T
= 0.
Verifichiamolo.
( Wj )2 T
j=1
n
4
= E
( Wj ) + 2
i<j=1
n
j=1
n
( Wj )2
( Wi ) ( Wj ) + T 2 T
j=1
=
(5.4.3)
E ( Wi )2 E ( Wj )2 +
E ( Wj )4 + 2
147
i<j=1
j=1
n
+ T 2 2T
E ( Wj )2 ,
j=1
T2
.
n2
j=1
=3
j=1
n
=3
j=1
( Wj ) T
T2
+2
n2
2
T
+2
n2
2
i<j=1
n
n
2
T T
+ T2 2T
n
n
i<j=1
2
j=1
T
=
n
T
n(n 1) T
T
=
+2
+ T2 2T n
2
2
n
2
n
n
T2
T2
T2
= 3
+ T2
+ T2 2T2 = 2 ,
n
n
n
= 3n
j=1
(tj tj1 ) =
148
per cui
lim E
n+
j=1
( Wj )2 T
In conclusione otteniamo:
T
2
= 2 lim T = 0.
n+ n
1 2
1
WT T.
2
2
Wt dWt =
0
Pi in generale si ha:
T
Wt dWt =
t0
1
1
(WT2 Wt20 ) (T t0 ).
2
2
La formula ottenuta differente dal calcolo integrale classico, se andiamo a considerare un analogo integrale di Riemann-Stieltjes.
Sia x(t) una funzione reale, definita sullintervallo [t0 , T ], a variazione limitata, derivabile e con derivata integrabile secondo Riemann sullintervallo di
definizione. Grazie alla derivabilit, la funzione risulta continua e quindi integrabile secondo Riemann su [t0 , T ].
Sotto tali ipotesi esiste lintegrale di Riemann-Stieltjes :
T
x(t) dx(t)
t0
x(t) x (t) dt =
x(t) dx(t) =
t0
t0
1
=
2
T
t0
1
d 2
(x (t)) dt = (x2 (T ) x2 (t0 )).
dt
2
5.5
c1 , c2 R G1 , G2 V([t0 , T ])
T
(c1 G1 + c2 G2 ) dWt = c1
t0
G1 dWt + c2
t0
G2 dWt
t0
q.s.;
5.5. PROPRIET DELLINTEGRALE STOCASTICO DI ITO.
149
s : t0 s T
G V([t0 , T ])
s
G dWt =
G dWt +
t0
G dWt
t0
q.s.;
= 0;
G dWt
t0
Formula di correlazione:
G1 , G2 V([t0 , T ])
E
t0
G1 dWt
G2 dWt
= E
t0
t0
G1 G2 dt
dove gli integrali al primo membro sono integrali stocastici, mentre lintegrale al secondo membro un integrale di Riemann o di Lebesgue.
Dalla formula di correlazione, ponendo G1 = G2 = G, si ottiene la
Formula della media quadratica o isometria di Ito:
G V([t0 , T ])
2
G dWt
E
t0
G dt .
= E
t0
Per quanto riguarda la dimostrazione della proposizione, osserviamo che le propriet di linearit, del valor medio e della media quadratica le abbiamo gi stabilite per funzioni stocastiche semplici elementari. Sempre per funzioni semplici
elementari si potrebbe ottenere con facilit la propriet di additivit rispetto
allintervallo di integrazione cos come anche la formula di correlazione con argomentazioni analoghe a quelle fatte per provare la formula della media quadratica.
Nel caso di una funzione stocastica generale le propriet si ottengono da quelle
per le funzioni semplici elementari con un passaggio al limite.
Per una data funzione G(t, ) V([t0 , T ]) introduciamo il seguente processo
stocastico:
t
Xt () =
t0
G(, ) dW () t [t0 , T ].
150
t [t0 , T ];
Proviamo 1).
Osserviamo che, considerata la partizione , si possono avere due casi: o t un
punto della partizione oppure non lo , cio j {1, 2, ..., n} tale che t = tj
oppure tj1 < t < tj .
Nel primo caso avremo
j
Xt () =
j=1
Xt () =
j=1
5.5. PROPRIET DELLINTEGRALE STOCASTICO DI ITO.
151
ossia misurabile, rispetto a I[t0 , t] . Allora qualunque sia t [t0 , T ], Xt variabile casuale rispetto a I[t0 , t] perch la somma di prodotti di variabili casuali
rispetto a tale algebra . Dunque Xt adattato alla filtrazione {I[t0 , t] }t[t0 , T ] .
Dimostriamo la 2). Osserviamo che, per quanto visto nel punto precedente,
possiamo scrivere che preso, t [t0 , T ],
j
|Xt ()|
j=1
per cui
j
E(|Xt |)
j=1
E(|Xt |)
j=1
j=1
152
n2
Xt Xs =
gj (Wtj Wtj1 )
j=1
n2
=
j=n1 +1
j=1
gj (Wtj Wtj1 ) =
gj (Wtj Wtj1 ).
E(Xt Xs I[t0 , s] ) =
j=n1 +1
j=n1 +1
n2
j=n1 +1
dove abbiamo sfruttato il fatto che il valore atteso degli incrementi di un processo
di Wiener nullo.
Abbiamo perci dimostrato che, nel caso di funzioni semplici elementari, Xt
una martingala.
Il risultato ottenuto si pu estendere a funzioni stocastiche generali mediante un
passaggio al limite.
Capitolo 6
Calcolo differenziale stocastico
6.1
Differenziale stocastico.
In ambiente stocastico non c una definizione formale di derivata. Il differenziale stocastico acquista significato solo in virt dellintegrale stocastico di
Ito.
Definizione 6.1. Sia Xt un processo stocastico definito in [t0 , T ] soddisfacente
t [t0 , T ] alla relazione seguente con probabilit 1:
t
Xt () = Xt0 () +
F (, ) d +
t0
G(, ) dW
(6.1.1)
t0
dove F una funzione reale non anticipante tale che lintegrale di Lebesgue
t
F (, ) d < + quasi sicuramente t [t0 , T ], G una funzione reale
t0
che appartiene alla classe V([t0 , T ]) e Xt0 una variabile casuale rispetto a
It0 = (Wt0 ).
Diremo allora che Xt ha differenziale stocastico dato da:
d Xt = F (t, ) dt + G(t, ) dWt .
(6.1.2)
154
Wt2
Wt20
d + 2
W dW .
t0
t0
+
t0
U (, X ) + F (, )x U (, X ) +
1 2
2
G (, )xx
U (, X )
2
d +
+
t0
G( , )x U (, X ) dW
1 2
2
G (t, )xx
U (t, Xt )
2
dt +
(6.1.3)
(6.1.4)
155
(6.1.5)
1 2
U (t, Xt ) (dXt )2
2 xx
dWt
dt
dWt
dt
0
dt
0
0
dXt
i = 1, 2, ..., n.
Inoltre sia U : [t0 , T ]Rn R una funzione continua con le derivate parziali
t U, xi U, x2i xj U (i, j = 1, 2, ..., n) continue.
156
(n)
dYt =
(1)
+
i=1
(n)
1
(1)
(n)
Gi (t, ) Gj (t, ) x2i xj U (t, Xt , ..., Xt ) dt +
2 i,j=1
(6.1.7)
n
(1)
+
i=1
(n)
(n)
n
(1)
(n)
(i)
xi U (t, Xt , ..., Xt ) dXt
+
i=1
(i)
(j)
6.2
1
(1)
(n)
(i)
(j)
x2i xj U (t, Xt , ..., Xt ) dXt dXt ,
+
2 i,j=1
Polinomi
Ci proponiamo di calcolare il seguente differenziale stocastico: d(Wtn ).
Applichiamo la formula di Ito ponendo:
U (t, x) = U (x) = xn
e Xt = Wt
Inoltre
dXt = dWt
e quindi F 0,
G 1.
1 2
U (Wt ) dt =
2 xx
1 2
U (Wt ) dt,
2 xx
(6.2.1)
6.2. APPLICAZIONI DELLA FORMULA DI ITO.
157
1
n(n 1) Wtn2 dt.
2
1
n(n 1)
2
t
t0
Wn2 d + n
t0
Wn1 dW .
Wk dW =
1
1
Wt k+1 Wtk+1
k
0
k+1
2
t
t0
Wk1 d.
Anche in tal caso abbiamo un termine analogo al caso classico (il primo) ed un
termine aggiuntivo.
Dalla formula ottenuta possiamo dedurre un risultato che gi avevamo ricavato.
Infatti se poniamo k = 1 otteniamo:
t
W dW =
t0
1
1
Wt 2 Wt20
2
2
d =
t0
1
1
Wt 2 Wt20 (t t0 ).
2
2
Funzione esponenziale
Vogliamo calcolare il seguente differenziale stocastico: d(eWt ).
Applichiamo la formula di Ito ponendo:
U (t, x) = U (x) = ex
e Xt = Wt
Inoltre
dXt = dWt
e quindi F 0,
G 1.
158
1 2
U (Wt ) dt =
2 xx
(6.2.2)
1 2
= x U (Wt ) dWt + xx
U (Wt ) dt,
2
dove abbiamo tenuto presente che U non dipende da t.
Esplicitando le derivate otteniamo:
d(eWt ) = eWt dWt +
1
1 Wt
e dt = eWt dWt + dt .
2
2
Wt
=
t0
1
dW +
2
eW d
t0
eW dW = eWt eWt0
1
2
eW d.
t0
(1)
d(Xt Xt ),
(1)
(2)
dove Xt , Xt
dXt
i = 1, 2.
(1)
(2)
(1)
(2)
(1)
(2)
(2)
Xt )
(1)
t U (Xt ,
(2)
Xt ) dt
i=1
1
+
2
(6.2.3)
i,j=1
Gi (t, ) Gj (t,
(i)
xi U (Xt , Xt ) dXt +
(1)
) x2i xj U (Xt ,
(2)
Xt ) dt.
159
Procuriamoci le derivate:
(1)
(2)
t U (Xt , Xt ) = 0,
(1)
(2)
(2)
x1 U (Xt , Xt ) = Xt ,
(1)
(2)
x2i U (Xt , Xt ) = 0
(1)
(1)
(2)
(1)
x2 U (Xt , Xt ) = Xt ,
per i = 1, 2,
(2)
(1)
(2)
(2)
(2)
(1)
d(Xt Xt ) = Xt dXt
(1)
(2)
+ Xt dXt
(6.2.4)
Si osservi che lultimo termine a secondo membro rappresenta un termine aggiuntivo rispetto al caso classico.
(1)
(2)
Se per uno almeno dei due processi Xt , Xt si verifica il caso non stocastico,
ossia se G1 o G2 0, si ottiene la formula classica.
Utilizzando la formula del differenziale di un prodotto possiamo ottenere la formula di integrazione per parti.
Infatti se esplicitiamo il differenziale stocastico (6.2.4), deduciamo
(1)
(2)
(1)
t0
(2)
Xt Xt Xt0 Xt0 =
X(2) dX(1) +
t0
X(1) dX(2) +
t0
G1 (, ) G2 (, ) d,
da cui
t
t0
(1)
(2)
(1)
(2)
6.3
t
t0
X(2) dX(1)
t0
G1 (, ) G2 (, ) d.
160
Xt = +
(, X ) d +
t0
(, X ) dW .
(6.3.2)
t0
161
(, X d < + e
3)
t0
(, X
t0
162
Definizione 6.4. Unicit forte. Se, ogni volta che X e X sono soluzioni forti nellintervallo di tempo [t0 , T ] della (6.3.1) rispetto allo stesso processo di
Wiener e con la stessa condizione iniziale, vale P { : Xt () = Xt ()} =
1 t [t0 , T ], diremo che per la (6.3.1) vale lunicit forte.
Teorema 6.4. Esistenza e unicit della soluzione forte. Assumiamo che
esista una costante L > 0 tale che e verifichino le due seguenti condizioni:
i) (t, x) (t, y) + (t, x) (t, y) L x y
condizione di Lipschitzianit;
2
t [t0 , T ] x, y
x
Inoltre sia una variabile casuale indipendente dallevoluzione futura del processo
di Wiener, ossia da Wt Wt0 , t > t0 .
Allora esiste in [t0 , T ] una soluzione forte della (6.3.1) con la condizione iniziale
. Si ha inoltre unicit della soluzione in senso forte.
La condizione di Lipschitzianit pu anche essere scritta nella forma:
i) t [t0 , T ], x, y R
(t, x) (t, y) L x y ,
(t, x) (t, y) L x y ,
3)
(, X d,
t0
(, X
t0
163
(6.3.3)
Xt = +
d +
t0
dW ,
t0
da cui deduciamo
Xt = + (t t0 ) + (Wt Wt0 ) t t0 .
Nel caso non stocastico, quando = 0, si ha
Xt = + (t t0 ).
Essendo il valore iniziale una variabile stocastica, Xt ha traiettorie diverse in
corrispondenza di ogni stato . Precisamente per la forma di Xt vediamo
che ogni traiettoria di Xt una semiretta passante per il punto (t0 , ()) ( )
con pendenza . Dunque per = 0 le traiettorie sono tutte semirette parallele
tra loro (vedi la figura 6.1)
Consideriamo un caso particolare, ponendo
= 1, = 0, t0 = 0, () = 0 .
In tal caso le traiettorie coincidono: abbiamo perci ununica traiettoria il cui
grafico una semiretta uscente dallorigine con pendenza 1 (vedi la figura 6.1).
164
Xt
=1
m=
2
Xt
t0
Figura 6.1:
Xt dunque un processo deterministico.
Supponiamo ora inalterati gli altri dati del problema eccetto che prendiamo
pari a 0, 5. Nelle figure 6.2 e 6.3 sono rappresentate alcune traiettorie (approssimate) di Xt in corrispondenza di diverse traiettorie del processo di Wiener.
5
Figura 6.2:
165
4
4
3
3
2
2
1
1
Figura 6.3:
traiettorie dallandamento che ci si aspetterebbe per un processo deterministico.
Calcoliamo il valore atteso del processo stocastico Xt supponendo costante:
E(Xt ) = E() + E((t t0 )) + E((Wt Wt0 )) =
= + (t t0 ) + E(Wt Wt0 ) =
= + (t t0 ).
Xt dWt ,
t 0
)2 .
U (t, x) = U (x) = x2 ,
Zt = Wt +
dW
0
166
1 2
U (Wt + ) dt =
2 xx
) dWt + dt = dt + 2 Xt dWt .
) dWt +
6.4
(t, Xt ) = Bt Xt + bt ,
= At x + at At y at + Bt x + bt Bt y bt
= At (x y) + Bt (x y)
( sup
t[t0 , T ]
At ) x y + ( sup
t[t0 , T ]
Bt ) x y
= L xy.
Se poi le funzioni At , Bt , at , bt sono limitate ed integrabili su ogni intervallo
[t0 , T], allora lequazione lineare ammette una soluzione forte globale.
Nel seguito supporremo che At , Bt , at , bt soddisfino alle condizioni che assicurano lesistenza della soluzione forte in [t0 , T ] o della soluzione forte globale.
Occupiamoci dapprima delle equazioni differenziali stocastiche lineari in senso stretto, cio di equazioni nella forma:
dXt = (At Xt + at ) dt + bt dWt
167
Xt = t, t0
+
t0
1
, t0
1
, t0 b dW
a d +
t0
dove
t t0 ,
(6.4.1)
t, t0 = exp
A d
t0
Yt = +
t0
1
, t0 b dW ,
t0
= exp
A d
t0
1
At Yt dt + t, t0 1
t, t0 at dt + t, t0 bt dWt
= At Yt t, t0 dt + at dt + bt dWt
= (At Xt + at ) dt + bt dWt .
Dunque Xt dato dalla (6.4.1) soluzione dellequazione.
Ci resta ancora da verificare la condizione iniziale:
t0
Xt0 = t0 , t0
+
t0
1
, t0
t0
a d +
t0
1
, t0 b dW
= .
1
, t0 a d +
mt = E(Xt ) = E(t, t0 ( +
t0
t0
1
, t0 b dW ))
t
= t, t0 (E() + E(
t0
1
, t0
a d ) + E(
= t, t0 (E() +
t0
1
, t0 a d ),
t0
1
, t0 b dW ))
168
t0
1
, t0 a d
mt = t, t0 (E() +
t0
1
1
, t0 a d ) + t, t0 t, t0 at
t
= t, t0 At (E() +
t0
1
, t0 a d ) + at = At mt + at .
t0 = 0 e X0 = .
= e t .
Xt = e t ( +
e dW ) = e t +
0
e (t ) dW .
0
Calcoliamo mt = E(Xt ).
Per quanto stabilito prima ci basta risolvere il problema di Cauchy:
mt = mt
m0 = E().
169
Xt = t, t0
+
t0
1
, t0 (a B b ) d +
t0
1
, t0 b dW
(6.4.2)
(6.4.3)
2 /2)(tt ) + B(W
t
0
W t0 )
= e(AB
2 /2)(tt )
0
eB(Wt Wt0 ) .
(6.4.4)
e(AB
2 /2)(tt )
0
2 /2)(tt )
0
eB(Wt Wt0 )
2 /2)(tt )
0
d eB(Wt Wt0 ) .
U (t, x) = eB x , x = Wt Wt0 =
t0
d W per cui F 0, G 1.
170
Deduciamo allora:
d eB(Wt Wt0 ) = B eB(Wt Wt0 ) dWt +
1 2 B((Wt Wt0 )
dt.
B e
2
2 /2)(tt )
0
1 2 B((Wt Wt0 )
B e
dt
2
= A t, t0 dt + B t, t0 dWt .
Inoltre
t0 , t0 = 1.
Dunque la funzione t, t0 soluzione del problema (6.4.3).
Osservazione 6.5. Si pu provare che anche nel caso generale mt = E(Xt )
soluzione dellequazione differenziale ordinaria:
mt = At mt + at
con la condizione iniziale:
mt0 = E().
Vediamo alcuni esempi.
Esempio 6.5. Processo che ritorna alla media
Si definisce processo che ritorna alla media il processo stocastico soluzione della
seguente equazione differenziale stocastica lineare:
dXt = ( Xt ) dt + Xt dWt , , , = costanti, > 0
con la condizione iniziale allistante t0 = 0:
X0 = .
In tal caso si ha dunque:
At = , at = , Bt = , bt = 0.
Grazie al risultato precedente deduciamo:
t, 0 = e( +
2
) t + Wt
2
e( +
, Xt = t, 0 +
0
2
)
2
d .
171
= 0.5,
= 0.1,
= 5.7.
(t0 = 0).
172
12
11
10
9
8
7
6
5
4
Figura 6.4:
Si ha perci:
t, 0 = e(
2
) t + Wt
2
Xt = t, 0 .
(6.4.5)
2
) t + Wt
2
2
Xt
= (
) t + Wt .
X0
2
(6.4.6)
(6.4.7)
Daltra parte, Wt segue una distribuzione gaussiana con media nulla e varianza
2
uguale a t, mentre il termine (
) t una variabile casuale costante.
2
Se ci procuriamo il valore medio e la varianza del II membro della (6.4.7),
deduciamo:
E((
2
2
2
) t + Wt ) = E((
) t) + E( Wt ) = (
) t;
2
2
2
173
2
2
2 2
) t + Wt ) = E(((
) t + Wt (
) t) )
2
2
2
= E( 2 Wt2 ) = 2 E(Wt2 ) = 2 t.
Var((
Xt
segue una distribuzione gaussiana con media
X0
2
) t e varianza 2 t.
(
2
Tenendo presente la definizione di variabile casuale avente distribuzione logXt
normale, possiamo asserire che, se Xt un processo geometrico, allora
ha
X0
una distribuzione log-nomale.
Se il valore iniziale limitato, il processo geometrico ha la propriet a
martingala, ossia
E(XT It ) = Xt e (T t) con t < T.
(6.4.8)
2
(T
2
2
(T
2
t) + Wt
t) + Wt
= e
2
(T
2
con t < T.
t) Wt
dZt =
= e
2
(T
2
t) + Wt
dWt = Zt dWt .
Zt = Z 0 +
e
0
2
(T
2
) + W
dW
(6.4.9)
174
dove
Z0 = e
2
T
2
= ZT = e
2
T
2
2
(T
2
) + W
dW .
Allora
E(e WT It ) = E(e
= e
2
T
2
2
T
2
It ) + E(
t
2
(T
2
2
(T
2
) + W
0
) + W
dW It )
dW .
2
(T
2
) + W
dW
una martingala.
Infine grazie alla (6.4.9) risulta:
E(e WT It ) = Zt = e
2
(T
2
t) + Wt
2
)T
2
2
)T
2
+ WT
It )
E(X0 e WT It ),
175
2
)T
2
2
2
= X0 e(T t) e(
(T t) + Wt
2
)t + Wt
2
= Xt e(T t) .
176
Capitolo 7
Il modello di Black-Merton-Scholes
di valutazione delle opzioni call
7.1
Il primo modello per i prezzi azionari risale a L. Bachelier (1900) che, prendendo in considerazione i dati della borsa di Parigi, propose di ricorrere al moto
Browniano per descrivere landamento dei prezzi delle azioni.
Il lavoro di Bachelier fu pionieristico e allavanguardia poich la prima formulazione matematica del moto Browniano risale agli studi di Einstein del 1905
e solo nel 1923 Wiener formalizz il processo da lui ideato, equivalente ad un
processo Browniano.
Il modello di Bachelier si pu formulare nel modo seguente.
Se St il prezzo di unazione al tempo t, allora
St = S0 + t + Wt ,
dove S0 rappresenta il prezzo dellazione al tempo t = 0, e sono costanti e
Wt un moto Browniano, ossia un processo di Wiener.
Il difetto di tale formulazione sta nel fatto che St pu diventare negativo anche
se S0 positivo. I prezzi azionari non sono mai negativi e quindi tale modello
non adeguato ai dati empirici.
Comunque, nonostante linadeguatezza del suo modello, Bachelier pu essere
considerato il fondatore della matematica finanziaria moderna.
Nel 1965 P.Samuelson propose un modello nel quale le fluttuazioni del prezzo
azionario sono descritte mediante un processo geometrico.
Samuelson studi i rendimenti dei prezzi azionari.
177
178
Definizione 7.1. Si definisce rendimento del prezzo di unazione relativo allintervallo di tempo (t, t + t) il seguente rapporto:
(S + eventuali dividendi)/S,
dove S rappresenta la variazione del prezzo azionario nellintervallo di tempo
(t, t + t) e S il prezzo dellazione al tempo t.
Nel caso in cui non compaiano dividendi, il rendimento dato da
S
.
S
Supponiamo di determinare un insieme di rendimenti del prezzo di unazione
relativi ad intervalli di tempo successivi tutti di uguale ampiezza t (ad esempio
t pu essere 1 giorno).
Sia Si il prezzo dellazione al tempo ti con i = 1, ..., m.
Allora il rendimento relativo allintervallo (ti , ti+1 ) dato da:
i =
Si+1 Si
Si
con
i = 1, ..., m 1.
179
dSt
) = E(dt) + E(dWt ) = dt + E(dWt ) = dt,
St
dSt
dt
St
Allora vediamo che se landamento dei prezzi azionari segue un processo geometrico si trovano, per valore atteso e varianza, risultati in accordo con i dati
empirici.
Dunque nel modello di Samuelson il prezzo di ogni azione segue un processo
geometrico con parametri e , dove:
= tasso di rendimento atteso
2 = tasso di varianza dei rendimenti.
Nella pratica si stima considerando il rendimento medio, ossia la media
aritmetica di un dato numero di rendimenti rilevati ad intervalli di tempo pari
a t: i con i = 1, ..., m 1 per cui
1
t =
m1
m1
i .
i=1
180
Sono comunque stati formulati altri modelli, oltre a quello di Samuelson, per
descrivere il prezzo delle azioni.
Nel 1976 R. C. Merton ha criticato lipotesi di Samuelson secondo la quale i
prezzi azionari seguono un processo continuo nel tempo ed ha proposto un modello misto in cui al processo geometrico viene aggiunto un processo di Poisson,
che un processo stocastico che presenta delle discontinuit di tipo salto.
In effetti il modello di Merton si considera atto a descrivere il prezzo delle azioni
in un mercato finanziario in condizioni patologiche in cui, a causa di eventi
improvvisi ed eccezionali, il prezzo delle azioni subisce delle fluttuazioni molto
frequenti ed accentuate.
Nel 1995 E. Eberlein e U. Keller esaminando i prezzi della borsa di Francoforte hanno avanzato critiche al modello di Samuelson. I due autori sostengono
che i rendimenti azionari non seguono una distribuzione gaussiana, bens una
distribuzione a code pi spesse(o fat-tail).
Nella Figura 7.1 sono rappresentate la funzione di densit di probabilit per
una distribuzione gaussiana standard (tratteggiata) e la funzione di densit di
probabilit per una distribuzione a code pi spesse (tratto continuo).
0.45
0.4
0.35
0.3
0.25
0.2
0.15
0.1
0.05
0
5
Figura 7.1:
Preso un valore estremo, molto lontano dalla media, esso molto improbabile
secondo la distribuzione gaussiana. Nella distribuzione fat-tail la sua probabilit
maggiore.
La distribuzione utilizzata da Eberlein e Keller detta iperbolica perch il grafi-
7.2. DETERMINAZIONE DEL PREZZO DELLE OPZIONI CALL EUROPEE: EQUAZIONE DI BLACK
E SCHOLES.
181
2
) t+ Wt
2
per cui
2
St
= (
) t + Wt .
S0
2
A differenza del modello proposto da Bachelier per il quale St S0 aveva dipenSt
denza lineare da t e da Wt , nel modello di Samuelson il logaritmo di
ad
S0
avere dipendenza lineare da t e da Wt .
Inoltre, avendo Wt distribuzione gaussiana, ne discende che gode di questa proSt
St
e quindi
ha distribuzione log-normale.
priet anche log
S0
S0
In pi per la propriet a martingala del processo geometrico si ha
log
E(ST It ) = St e (T t)
con
T > t,
7.2
182
Il modello poggia su alcune ipotesi, valide sia nel mercato delle opzioni sia in
quello del titolo sottostante, che in questo caso unazione.
Le ipotesi sono le seguenti:
Il tasso dinteresse r a breve termine noto e costante nel tempo ed
possibile indebitarsi a tale tasso;
il prezzo di esercizio X dellopzione noto e costante nel tempo;
il prezzo del titolo sottostante segue un processo geometrico per cui
dSt = St dt + St dWt
con tasso di rendimento atteso, volatilit dellazione e Wt processo di
Wiener;
il titolo sottostante non paga dividendi;
c assenza di possibilit di arbitraggio;
il mercato privo di costi di transazione;
non ci sono limitazioni alle vendite allo scoperto, ossia ci si pu indebitare
indefinitamente.
Notiamo che per descrivere landamento del prezzo dellazione, titolo sottostante
dellopzione, si segue il modello di Samuelson.
Consideriamo il caso di unopzione call europea.
In base alle ipotesi formulate, il valore dellopzione dipende dal prezzo dellazione
sottostante e dal tempo, nonch da altre variabili, come il prezzo di esercizio, il
tasso dinteresse, il tasso di rendimento atteso e la volatilit dellazione, che per
nellanalisi sono supposte note e costanti. Allora possiamo riguardare in prima
istanza il valore di unopzione dipendente solo dal prezzo del sottostante e dal
tempo t.
Scriveremo dunque c = c(S, t) dove S il prezzo azionario e t indica il tempo.
Supporremo t (0, T ], essendo T la data di scadenza della call.
Teniamo poi presente che al tempo T , cio alla scadenza dellopzione, si deve
avere
c(ST , T ) = max {ST X, 0} ,
7.2. DETERMINAZIONE DEL PREZZO DELLE OPZIONI CALL EUROPEE: EQUAZIONE DI BLACK
E SCHOLES.
183
S
copertura viene realizzata con continuit il portafoglio diventa totalmente indipendente dalle fluttuazioni del prezzo dellazione e il suo rendimento certo.
Indicato con V il valore del portafoglio, avremo:
V =S
1
c.
1 2 2 2
St SS c(St , t) dt.
2
e quindi:
dct
dVt = dSt
.
(7.2.1)
184
1 2 2 2
S SS c dt
2
1
1
S c dW.
t c dt + S S c dt + S S c dW +
t c + S S c +
1 2 2 2
S SS c
2
dt + S
c
e dunque con la strateDaltra parte, il coefficiente di dW nullo poich =
s
gia di delta-hedging viene eliminata linfluenza di eventi casuali sulla variazione
del valore del portafoglio.
Lespressione di dV risulta perci:
2 2 2
1
1
t c +
S c
S SS c
2
2 2 2
S SS c dt.
t c +
2
dV = S 1
1
=
dt
(7.2.2)
A questo punto osserviamo che, avendo supposto lassenza di possibilit di arbitraggio, poich il portafoglio privo di rischio, si comporta come unobbligazione
priva di rischio.
Adottando il regime di capitalizzazione istantanea, il valore Bt al tempo t di
unobbligazione che al tempo t = 0 ha valore B0 sar tale che:
Bt = B0 ert
con r tasso dinteresse di mercato.
Bt una funzione non stocastica e dunque il suo differenziale dato da
dBt = r B0 ert dt = r Bt dt.
Allora avremo che per il portafoglio sussiste la relazione:
dV = r V dt = r S
c
dt.
t c +
c
2 2 2
S SS c dt = r S
dt
2
(7.2.3)
185
2 2 2
S SS c = rS rc.
2
Infine, tenendo presente che = S c, arriviamo alla seguente equazione differenziale alle derivate parziali del secondo ordine:
t c +
2 2 2
S SS c + r S S c r c = 0.
2
(7.2.4)
7.3
186
187
(x, y) D.
188
Esempi 7.2.
1. Equazione delle onde in due variabili, detta anche equazione delle corde
vibranti:
1 2
2
v xx
v = f (x, t).
V 2 tt
Abbiamo:
A = 1, B = 0, C =
1
V2
= =
1
> 0 in R2 .
2
V
Abbiamo:
A = 1, B = 0, C = 1 = = 1 < 0 in R2 .
Lequazione di tipo ellittico in R2 .
La classificazione in un punto si pu generalizzare anche ad equazioni alle derivate
parziali semilineari del II ordine in pi di due variabili indipendenti.
Definizione 7.6. Lapplicazione
H : D
(x, y) (, )
1) , C 2 (D);
2) det
x y
x y
R2
= 0 in D
189
190
Per problema ai limiti relativo ad una data equazione differenziale alle derivate
parziali si intende il problema che consiste nel trovare una soluzione dellequazione soddisfacente ad opportune condizioni ai limiti.
Come gi abbiamo osservato, vi sono equazioni alle derivate parziali che descrivono fenomeni fisici di evoluzione. In tali equazioni dunque una delle variabili
indipendenti la variabile temporale t, mentre le altre variabili sono coordinate
spaziali. In tal caso, se le condizioni associate allequazione si riferiscono alliperpiano t = t0 (t0 = istante iniziale), vengono dette condizioni iniziali; se si
riferiscono alla frontiera del dominio D in cui variano le coordinate spaziali sono
dette condizioni al contorno.
I principali problemi ai limiti relativi alle equazioni alle derivate parziali del
II ordine che descrivono fenomeni fisici si possono raggruppare in tre classi:
Problemi di Cauchy o problemi ai valori iniziali per equazioni di tipo
iperbolico o parabolico che governano fenomeni di evoluzione. La soluzione
si cerca in Rn [0, + ) e sono assegnate solo condizioni iniziali. [0, + )
un intervallo di tempo illimitato e in Rn assumono i loro valori le coordinate
spaziali.
Problemi ai valori al contorno per equazioni di tipo ellittico nelle quali
non compare la variabile temporale. La soluzione si cerca in D con D
dominio di Rn . Sono assegnate solo condizioni al contorno riferentesi a
D;
Problemi di tipo misto per equazioni di tipo iperbolico o parabolico. La
soluzione si cerca in D [0, T ], dove D un dominio di Rn = Rn e [0, T ]
un intervallo di tempo. Sono assegnate condizioni iniziali e condizioni al
contorno relative a D.
7.4. RISOLUZIONE DEL PROBLEMA DI BLACK E SCHOLES DATA LA CONDIZIONE FINALE. 191
7.4
2
2
z=
2
2
2
2
2
2
log
2
S
r
X
2
(t T )
(t T ).
2
Ovviamente si assume: r =
.
2
Tale trasformazione delle variabili indipendenti risulta regolare, come si pu facil-
192
mente verificare.
Inoltre il trsformato del dominio (0, + ) (0, T ) R (0, z0 ) con z0 =
2
2
2
T.
r
2
2
Facciamo poi un cambiamento di funzione incognita prendendo come nuova
incognita la funzione Y (u, z) tale che
c(S, t) = er(tT ) Y (u, z).
Applicando il teorema di derivazione delle funzioni composte e denotando per
semplicit con Yu , Yz , Yuu la derivata prima rispetto a u e z e la derivata seconda
rispetto a u della funzione Y , otteniamo:
2
t c = re
Y (u, z) e
[Yu (u, z) + Yz (u, z)] 2
2r
1
S c = er(tT ) Yu (u, z)
1
2
S
r(tT )
r(tT )
2r
1
2
1
er(tT ) Yu (u, z)
S2
2
r
2
2r
1
2
1
.
S2
2
r
2
2
(Yz + Yu ) +
2
2r
1
2
+r
Yuu
2r
1 Yu
2
2r
1 Yu = 0.
2
(7.4.1)
2r
Dividendo entrambi i membri della (7.4.1) per ( 2 1) e semplificando, otte
niamo:
r
2
2
(Yz + Yu ) +
da cui
r
2
2
2
2
2r
2
1
Y
+
r
uu
2
2
Yz + r
2
2
Yuu = 0.
Yu = 0
7.4. RISOLUZIONE DEL PROBLEMA DI BLACK E SCHOLES DATA LA CONDIZIONE FINALE. 193
2
), arriviamo alla seguente equazione:
2
(7.4.2)
Yz = Yuu
che ha la stessa forma dellequazione del calore omogenea in due variabili in cui
in luogo della variabile temporale t e della variabile spaziale x compaiono rispettivamente le variabili z e u definite in precedenza e a = 1. Ricordiamo infatti
che questultima equazione usualmente scritta nella forma:
1
vt = vxx
a2
dove v la funzione incognita e a una costante positiva.
Mostriamo ora che con le nuove variabili indipendenti e con la nuova funzione incognita la condizione (7.3.1), che risultava finale per lequazione (7.2.5),
si trasforma in una condizione iniziale per lequazione trasformata (7.4.2).
Infatti:
c(ST , T ) = er(T T ) Y
2r
ST
1 log
,0
2
= Y (uT , 0)
uT
ST
=
2r
X
1
2
uT
2r
ST = Xe 2 1 .
Y (uT , 0) = max X e 2 1 1 , 0 .
194
2r
1 > 0.
2
Allora
e
uT
2r 1
2
10
uT 0.
2r
1>0
2
uT
2r 1
2
max X e
uT
0
2r
1
2
uT
2r 1
2
1 ,0
=0
1 ,0
=X e
uT
2r 1
2
se
uT < 0
se
uT 0
e la (7.2.5) diviene
Y (uT , 0) = 0
se
uT
2r 1
2
se
uT 0.
2r
1 < 0.
2
Y (uT , 0) = X e
uT < 0
(7.4.3)
definita:
u
se
se
u0
u<0
2r
g(u) = X e 2 1 1
g(u) = 0.
A questo punto allora opportuno considerare il problema di Cauchy per lequazione del calore omogenea in due variabili indipendenti (con a = 1) e fornire
7.4. RISOLUZIONE DEL PROBLEMA DI BLACK E SCHOLES DATA LA CONDIZIONE FINALE. 195
alcuni risultati relativi a tale problema che ci saranno utili per risolvere il problema di Black e Scholes.
Definizione 7.7. Dal punto di vista classico il problema di Cauchy per lequazione del calore omogenea in due variabili indipendenti (x, t) con a = 1
consiste nel trovare una funzione v(x, t) C 2,1 (R (0, +)) C(R [0, +))
che sia soluzione in R (0, +) dellequazione:
2
t v(x, t) = xx
v(x, t)
(7.4.4)
v(x, 0) = g(x)
(7.4.5)
x R
(7.4.6)
(x, t) R [0, )
x R
v(x, t) =
Kt (x, y)g(y)dy
(7.4.7)
v(x, 0) = g(x),
(7.4.8)
196
con
(xy)2
1
e 4t ,
2 t
soluzione classica del problema di Cauchy (7.4.4), (7.4.5) in R [0, ).
Kt (x, y) =
Dimostrazione
In primo luogo osserviamo che la funzione
Kt (x, y) =
(xy)2
1
e 4t ,
2 t
Kt (x, y) dx = 1.
Kt (x, y)g(y)dy =
(xy)2
1
e 4t g(y) dy,
2 t
Ik, m (x, t) =
1
tk+1/2
(x y)m e
(xy)2
4t
g(y) dy,
(7.4.9)
7.4. RISOLUZIONE DEL PROBLEMA DI BLACK E SCHOLES DATA LA CONDIZIONE FINALE. 197
(xy)2
1
1
e 4t g(y) dy = I0, 0 (x, t).
2
2 t
(x, t) R, y R
tk+1/2
(x y)m e
(xy)2
4t
g(y) (y).
(7.4.10)
(xy)2
4t
(x y)m e
g(y)
1
k+1/2
t0
(l + |y|)m e
(xy)2
4t
|g(y)|.
(7.4.11)
(x y)2
4t
(x y)2
4T
= e
x2 + y 2 2xy
4T
x2
= e 4T e
y 2 + 2xy
4T
y 2 + 2l|y|
4T
. (7.4.12)
Tenendo presente (7.4.11) e (7.4.12), preso un numero > 0, che per il momento
supponiamo arbitrario, otteniamo:
(x, t) R, y R
1
tk+1/2
(x y)m e
(xy)2
4t
g(y)
1
k+1/2
t0
(l + |y|)m e
y 2 + 2l|y|
4T
y2
y2
e |g(y)| e .
(7.4.13)
|g(y)| e C e
y2
1 d |y|2
t0
y2
(l + |y|)m e
1 d |y| 2
(7.4.14)
198
sommabile su R.
Allora per concludere che ogni integrale Ik, m (x, t) uniformemente convergente
rispetto a (x, t) su ogni rettangolo R sufficiente provare che, scegliendo in
maniera opportuna il numero , la funzione
e
y 2 + 2l|y|
4T
y2
e = e
(4T )y 2 + 2 l |y|
4T
limitata in R.
A tal fine poniamo:
f (y) = (4T )y 2 + 2 l |y|
y R
ed assumiamo > 4T .
Come si verifica facilmente, il grafico della funzione f (y) per y 0 larco
di parabola che parte dallorigine, ha la convessit rivolta verso il basso, ha
l2 2
l
e di ordinata f (yv ) =
,
il vertice nel punto di ascissa yv =
4T
4T
2l
e dopo tale punto
interseca nuovamente lasse y nel punto di ascissa
4T
giace al di sotto dellasse y.
Ovviamente, il grafico di f (y) per y 0 larco di parabola simmetrico rispetto
allasse delle ordinate rispetto allarco di parabola che rappresenta il grafico della
funzione per y 0.
Dunque
l2 2
y R
f (y) f (yv ) =
,
4T
da cui deduciamo
y R
y 2 + 2 l| y|
4T
In conclusione, posto
M =
C
k+1/2
t0
l2
y2
e e 4T ( 4T ) .
l2
e 4T ( 4T ) ,
y2
1 d |y| 2
7.4. RISOLUZIONE DEL PROBLEMA DI BLACK E SCHOLES DATA LA CONDIZIONE FINALE. 199
2
Kt (x, y)] g(y)dy = 0.
[t Kt (x, y) xx
Perch il teorema sia dimostrato in maniera completa occorre infine provare che
la funzione v, che continua in R (0, +), continua anche fin per t = 0.
Tenendo presente come v definita per t = 0, sufficiente dimostrare che
x R
t0+
v(x, t) g(x) =
Kt (x, y) dy =
|v(x, t) g(x)|
y = x 2 t q,
otteniamo:
1
|v(x, t) g(x)|
2
|g(x 2 t q) g(x)| e q dq.
(7.4.15)
Lintegrale al secondo membro della relazione scritta sopra sicuramente convergente (x, t) R (0, +). Infatti
1
2
|g(x 2 t q) g(x)| e q dq
+
1
2
|g(x 2 t q)| e q dq + |g(x)|
e q dq.
200
Il primo integrale converge per quanto visto nella prima parte della dimostrazione,
mentre
+
1
2
e q dq = 1.
Allora, grazie alla convergenza dellintegrale
+
2
|g(x 2 t q) g(x)| e q dq,
1
2
1
2
1
|v(x, t) g(x)| < 2 +
3
2
|g(x 2 t q) g(x)| e q dq. (7.4.16)
+
3
3
+N
e q dq = 2
N
+
3
3
t0+
e q dq = .
7.4. RISOLUZIONE DEL PROBLEMA DI BLACK E SCHOLES DATA LA CONDIZIONE FINALE. 201
2a t
(xy)2
4 a2 t
(7.4.17)
Y (u, 0) = g(u)
(7.4.18)
u
2r
g(u) = X e 2 1 1
u0
u<0
g(u) = 0.
Poich il problema di partenza era considerato in (0, +) (0, T ], per la relazione che sussiste tra le vecchie variabili (S, t) e le nuove (u, z), il problema
(7.4.17), (7.4.18), cui siamo pervenuti deve essere risolto in R [0, z0 ) dove z0
il valore che assume z per t = 0 dato da
z0 =
2
2
2
2
T.
Come facile verificare, la funzione g soddisfa alle ipotesi del teorema 7.1.
Infatti, tenendo presente la definizione di g, otteniamo:
|g(u)| X e
|u|
2r 1
2
u R
d =
1
2r
1
2
= 1.
202
Y (u, z) =
(u)2
1
e 4z g() d,
2 z
Y (u, z) =
0
(u)2
1
e 4z X
2 z
2r
e ( 2 1) 1 d
z (0, z0 ).
(7.4.19)
Y (u, z) =
u
2z
q2
1
e 2 X
2
2z+u
2r 1
2
(7.4.20)
dq.
log
d1 =
2
S
(T t)
+ r+
X
2
T t
log
d2 =
u
=
2z
2
2
2
r
2
2
log
2
S
(T t)
+ r
X
2
= d1 T t.
T t
2
S
log 2
X
2
2
2
r
2
2
r
2
(t T )
(T t)
2
S
+ r
(T t)
X
2
= d2 ,
T t
q 2z + u
S
2
= q T t + log + r
2r
X
2
1
2
(T t).
7.4. RISOLUZIONE DEL PROBLEMA DI BLACK E SCHOLES DATA LA CONDIZIONE FINALE. 203
Y (u, z) =
=
+
=
=
2
S
q2
1
q T t+log X
+ r 2 (T t)
e 2 X e
1 dq =
2
d2
+
q2
1
e 2 Xdq +
2
d2
+
q2
S qT t+ r 22 (T t)
1
e 2 X e
dq =
X
2
d2
+
1 2
S
2
e 2 (q 2q T t+ (T t)) er(T t) dq
XN (d2 ) +
2
d2
+
1
S
2
e 2 (q T t) er(T t) dq
XN (d2 ) +
2
d2
N (d) =
s2
1
e 2 ds
2
che la funzione di distribuzione per una distribuzione gaussiana standard (media 0 e varianza 1) e nel I integrale a secondo membro (nella seconda riga)
abbiamo fatto il cambiamento di variabile dintegrazione q = s.
Riguardo
ponendo
al secondo integrale, cambiamo variabile dintegrazione
S
d2
1
1 2
1
1
2
e 2 (q T t) er(T t) dq = Ser(T t)
e 2 y dy
2
2
d1
= Ser(T t) N (d1 ).
(7.4.21)
204
2r
Alla formula (7.4.21) siamo pervenuti supponendo 2 1 > 0. Alla medesima
2r
formula si arriva nellipotesi opposta 2 1 < 0.
d2 0, 14.
N (d2 ) 0, 5557.
7.5
205
T t),
da cui otteniamo:
S
c
=
d1
2 d1
1
=
2
d1
x2
dx
er(T t)
d1
2
(d T t)2
1
2
d2
1
S e 2 X e r(T t) e
d1
T t
x2
e 2 dx
d2
1
2
r(T t)
Xe
(d1
T t)2
= 0.
Ricordando che
a, b > 0
ab = 0
log a log b = 0,
d2
1
2
r(T t)
(d1
T t)2
2
e Xe
consideriamo la differenza dei logaritmi di S e
:
(d1 T t)2
d21
log X + r(T t) +
log S
2
2
2
S
= log + r(T t) + (T t) d1 T t
X
2
2
= log
+ (r + )(T t) d1 T t = 0,
X
2
206
T t),
c
c d1
= N (d1 ) +
= N (d1 ),
S
d1 S
c
> 0.
r
Dimostrazione
Considerando la formula di Black e Scholes ed applicando il lemma 7.1, otteniamo:
=
c d1
c
=
+ X er(T t) (T t)N (d2 ) = X er(T t) (T t)N (d2 ) > 0.
r
d1 r
c
< 0.
t
Dimostrazione
=
c
c d1
=
X r er(T t) N (d1 T t)
t
d1 t
.
X er(T t) N (d1 T t)
2 T t
N (d1
(d T t)2
1
1 2
.
e
T t) =
2
207
Dunque
r(T t)
= X r e
e
< 0.
N (d2 )
2 T t
2
c d1
c
=
+ X r er(T t) N (d1 T t)
T
d1 T
+ X r er(T t) N (d1 T t)
2 T t
(d1 T t)2
X
2
er(T t)
= X r er(T t) N (d2 +
> 0.
2 T t
2
Questa disuguaglianza ci dice che al crescere di T , ossia a data di scadenza pi
lontana, la call aumenta di valore.
Proposizione 7.7. Dalla formula di Black e Scholes si deduce:
Vega :=
c
> 0.
Dimostrazione
Dalla formula di Black e Scholes ricaviamo:
c
c d1
=
X r er(T t) N (d1 T t)( T t)
d1
2c
> 0.
2S
208
Dimostrazione
d2
N
d1
1
1
2c
21 1
=
(d
)
=
N
(d
)
=
e
> 0.
1
1
2
S
S
S
S T t
2
c d1
c
=
er(T t) N (d1 T t) = er(T t) N (d2 ) < 0.
X
d1 X
Dunque al crescere di X cala il valore della call. Questo perch il pagamento di
una call europea alla scadenza pari a max{S X, 0}. Al crescere di X cala il
pagamento che ci d la call e quindi la call vale di meno.
Si osservi che questultima derivata non una greca.
Capitolo 8
Estensioni della formula di Black e
Scholes e sue applicazioni
8.1
La formula che abbiamo stabilito per la valutazione del prezzo delle call europee si pu estendere anche alle call americane aventi come sottostante unazione,
poich siamo nelle ipotesi di assenza di arbitraggio e di assenza di dividendi. Infatti, come abbiamo visto nel Capitolo 2, in tali ipotesi, il valore di una call
americana esattamente uguale a quello di una call europea.
Il modello di Black e Scholes pu essere applicato, con opportune modifiche,
anche alle opzioni put europee, tenendo presente che per tali opzioni negativo.
In questo caso, facendo le stesse ipotesi e sfruttando gli stessi argomenti visti
per le call, si compone un portafoglio coperto costituito da una posizione lunga
1
opzioni put. La copertura perfetta
su unazione e una posizione lunga su
||
mantenuta modificando con continuit lammontare di put in portafoglio.
Seguendo lo stesso ragionamento svolto per le call, troviamo che il valore p(S, t)
di una put soluzione di unequazione differenziale analoga alla (7.2.4):
t p +
2 2 2
S S p + r S S p r p = 0.
2
(8.1.1)
210
(8.1.2)
(8.1.3)
dove c(s, t) il prezzo di una call europea con uguale prezzo di esercizio, uguale
data di esercizio e uguale azione sottostante, mentre B( ) il prezzo di unobbligazione priva di rischio che paga 1 unit di conto dopo un tempo pari a .
Se si suppone costante il tasso annuo di interesse e che il regime di capitalizzazione sia quello di capitalizzazione istantanea, si ha
B(T t) = er(T t) ,
per cui la (8.1.3) si scrive nella forma:
p(S, t) = c(S, t) S + X er(T t) .
Se ora a c(S, t) sostituiamo lespressione data dalla formula di Black e Scholes
otteniamo:
p(S, t) = S N (d1 ) X er(T t) N (d2 ) S + X er(T t)
= S(N (d1 ) 1) + X er(T t) (1 N (d2 )).
Daltra parte
+
1 N (d) =
x2
1
e 2 dx
2
x2
1
e 2 dx =
2
+
d
x2
1
e 2 dx.
2
y2
1
e 2 dy = N ( d).
2
211
c
p
=
(c S + X er(T t) ) =
1 = N (d1 ) 1 = N (d1 ).
S
S
S
Perci per una put europea si ha (1, 0), cos come avevamo gi trovato nel
Capitolo 2. Questo ha delle conseguenze sulle strategie di delta-hedging che coinvolgono le opzioni put europee aventi unazione come titolo sottostante. Infatti
in tal caso, come abbiamo gi osservato pi volte, occorre tenere una posizione
dello stesso segno sulla put e sullazione.
Usando la relazione di parit put-call oppure derivando direttamente la (8.1.2)
si possono calcolare tutte le derivate di p(S, t) corrispondenti a quelle di c(S, t)
che abbiamo calcolato nel capitolo precedente.
Ad esempio si pu provare che:
p
< 0,
r
2p
> 0, ....
S2
Nel caso generale di opzioni put americane non possibile determinare una
formula esplicita per la valutazione del loro prezzo P (S, t) perch, essendo conveniente esercitarle prima della data di scadenza, incerta la data in cui vengono
esercitate.
Solo nel caso delle put americane perpetue, ossia senza data di scadenza,
poich il tempo ininfluente, possibile determinare unespressione esplicita per
il loro prezzo.
In primo luogo, dimostriamo la seguente propriet generale delle put americane
Proposizione 8.1. In assenza di possibilit di arbitraggio, per una put americana si ha:
P (S, t) max{X S, 0}.
Dimostrazione.
Dapprima dimostriamo che P 0.
Ragioniamo per assurdo supponendo P < 0.
Allora comprando la put si ha un costo negativo, mentre quando viene esercitata
212
2 2 r ( 2 + 2 r)
2r
2 2 r + ( 2 + 2 r)
=
1,
=
= 2.
2
2
2
2
2
2r
C1 S + C2 S 2
213
C2 S 2 = X S
da cui
2r
C2 = (X S) S 2 .
Perci
P (S) = (X S)
S
S
2r
2
(8.1.5)
2r
2
2r
+ (X S) S 2
2r
2r
1
2
2r
2r
1
2
Mettendo in evidenza S 2 S
S 2 S
(S) = 0,
da cui
S =
2 r 2 2r 1
S
= 0.
2
risulta:
S
2r
2
2r
(X S) = 0
2
X
1+
2r
2
(8.1.6)
214
E facile vedere che se S dato dal secondo membro della (8.1.6), effettivamente
P (S) presenta un massimo.
Infatti, per quanto ottenuto in precedenza:
dP
dS
2r
(S) = S 2 S
2r
1
2
2r
2
1+
2r
X
2
(8.1.7)
S <
mentre
se
S >
2r
2
2r
2
X
1+
dP
allora
2r
2
dS
dP
allora
2r
1+ 2
dS
(S) > 0,
(S) < 0.
1+ 2
lopzione non viene esercitata e il suo valore si ottiene sostituendo nella (8.1.5)
la (8.1.6):
2r
2
Se
1+
S S =
2r
2r
S 2 .
2r
2
X
2r
1+ 2
X
2 2r 2 r
S
2r
2r
2
1+ 2
1+ 2
1 + 2 2r
2r
P (S) = X 2
2r
2
2r
2
215
SS +
(X S)
2r
2
= X S = P (S).
dP
(S) =
dS
lim
SS +
(X S) S
2r
2
2r
2
2r
S 2 1
2r
X
X
2
2r X S
2r
2
r
+
= 2
= 2
2r
S
X
2 r + 2
2 r 2
= 1.
= 2
2r
lim
SS
dP
d (X S)
(S) = lim
= 1.
dS
dS
SS
P(S)
X
~
s
Figura 8.1:
216
8.2
217
delle opzioni quotate, tuttavia, del tipo americano; esse sono soggette a
esercizio prima della scadenza.
R. Roll (1977) ha studiato il problema della valutazione del prezzo di
una call che pu essere esercitata prima della scadenza quando lazione
sottostante stacca dividendi certi prima della scadenza dellopzione.
Il problema della valutazione del prezzo di una put americana stato oggetto di numerosi lavori, tra cui quelli di M. Brennan ed E. Schwartz
(1977), R. Geske e H. Johnson (1984), I.J. Kim (1990).
P. Carr (1998) utilizza una tecnica di randomizzazione per valutare put
americane su azioni che pagano dividendi.
Tasso dinteresse. Lassunzione di tasso dinteresse costante non necessaria, ma possibile trovare una soluzione del problema di Black e Scholes
anche nel caso in cui il tasso dinteresse r(t) sia una funzione nota del tempo.
Nella realt il tasso dinteresse non noto in anticipo ma stocastico, e
i tassi dinteresse attivi e passivi sono diversi. R. Merton (1973) ha rimosso lipotesi di tasso dinteresse noto e costante nel tempo e ha esteso il
modello nel caso di un tasso dinteresse stocastico.
Tasse e costi di transazione. Molti autori si soffermano sulle ipotesi che
riguardano le caratteristiche dei mercati: per esempio M. Scholes (1976)
determina gli effetti della tassazione sul prezzo delle opzioni, H.E. Leland
(1985) rimuove lipotesi di assenza di costi di transazione e, assumendo
invece che la strategia di delta-hedging sia costosa, esamina limpatto dei
costi di transazione sulla performance del portafoglio coperto.
Processo stocastico seguito dal prezzo del sottostante. Unipotesi
fondamentale e criticabile quella relativa al processo stocastico seguito
dal prezzo del titolo sottostante.
R. Merton (1976) ha criticato lipotesi secondo la quale gli scambi avvengono con continuit e ha proposto un modello misto, in cui il prezzo
azionario segue un processo che la somma di uno continuo ed uno discontinuo o a salti.
J. Cox, S.A. Ross e M. Rubinstein (1979) si sono basati sul modello
binomiale, considerando un caso di processo stocastico che avviene in tempo discreto.
Lavori pi recenti, come quello di E. Eberlein e U. Keller (1995), hanno analizzato lipotesi di una distribuzione dei rendimenti azionari con
code pi spesse di quella normale. Sulla base di analisi statistiche di dati
finanziari si utilizza la distribuzione iperbolica in luogo di quella gaussiana.
218
8.3
219
V
2
+ r+
(T t)
D
2
T t
log
d2 =
V
2
+ r
(T t)
D
2
= d1 T t.
T t
=
=
=
=
D e r(T t)
D e r(T t)
V N ( d1 )
V N ( d1 )
+
+
+
p
V N ( d1 ) D e r(T t) N ( d2 )
D e r(T t) (1 N (d2 ))
D e r(T t) N (d2 ).
220
8.4
Vediamo di illustrare lutilizzazione della formula di Black e Scholes di valutazione del prezzo delle opzioni per strategie di copertura delta-hedging. Si
tratta di tecniche di copertura usate prevalentemente per la gestione del rischio
nel caso di vendita di opzioni da parte di unimpresa o in generale da parte di
un operatore finanziario. Per proteggere la posizione assunta in opzioni call o
put dalla variabilit dellandamento del prezzo del sottostante si assume una
posizione di segno opposto (opzioni call) o dello stesso segno (opzioni put) sul
titolo stesso.
Esempio 8.2
Per meglio comprendere come si attuano tali tecniche di copertura, consideriamo
le tabelle 8.1 e 8.2 che descrivono due simulazioni della strategia di delta-hedging
messa in atto da una societ a seguito dellemissione sul mercato (posizione corta) di 10 contratti di opzioni call su azioni che chiameremo Zeus. Il numero di
azioni sottostanti ad ogni contratto 10.000. Il contratto di opzione ha scadenza
dopo 20 settimane, il prezzo di esercizio X di 3,5 euro, il tasso annuo di interesse r pari al 5% e la volatilit del prezzo dellazione pari al 20% annuo.
Allo scadere della ventesima settimana, se ogni call avente come sottostante
unazione di valore S viene esercitata, la societ emittente riceve X dando in
cambio unazione di valore S e quindi per ogni call ha una perdita pari a S X,
mentre lacquirente riceve simmetricamente un pagamento pari a S X.
Nel caso in cui il prezzo dellazione diventato molto pi alto di X, la societ
subisce una notevole perdita. Allora per tutelarsi opera una strategia di deltahedging, comprando azioni per ogni call. Tale strategia dovrebbe comportare
dei continui aggiustamenti poich varia al trascorrere del tempo. Supponiamo
che venga ribilanciato il portafoglio soltanto alla fine di ogni settimana.
Allinizio della I settimana il prezzo di ogni azione pari a 3,301 euro. Possiamo
calcolare il prezzo iniziale c(S, 0) di ogni opzione mediante la formula di Black
e Scholes sostituendo i dati (ovviamente con t = 0). Il risultato 0, 1086 euro.
Tenendo presente che ogni contratto ha come sottostante 10.000 azioni e che il
numero dei contratti 10, la societ riceve inizialmente un premio totale per
lemissione delle call pari a
100.000 c(S, 0) = 100.000 0, 1086 = 10.860 euro.
Prendiamo dapprima in esame la tabella 8.1.
Come gi osservato, inizialmente il prezzo di ogni azione 3,301 euro. Se calcoliamo = N (d1 ) con S = 3, 301 e t = 0, troviamo
= 0, 399.
Allora per attuare la strategia di delta-hedging la societ deve comprare
10.000 10 = 39.900 azioni e dunque deve far fronte al costo di 3, 301 39.900 =
131.709.9 euro indebitandosi.
Alla fine della prima settimana si calcola nuovamente = N (d1 ) tenendo
presente che il prezzo delle azioni passato a S = 3, 281. Precisamente si ottiene:
= 0, 373,
che un valore inferiore a quello precedente. Per avere un portafoglio protetto
la societ deve avere 37.300 azioni e poich ne possiede 39.900 ne deve vendere
2.600. In tal modo il debito contratto in precedenza si riduce.
Si procede poi in modo analogo sino alla fine della ventesima settimana. Quando
il cresce la societ deve comprare delle nuove azioni, mentre quando cala ne
deve vendere.
Alla data di scadenza delle call il prezzo S delle azioni salito a 3,928 euro ed
superiore al prezzo di esercizio X = 3, 5 euro. Dunque alla scadenza le call sono
in the money e vengono esercitate.
Come si vede dalla tabella, alla fine della ventesima settimana il costo cumulato
dalla societ di 361.788,7 euro, ma daltra parte la societ riceve, in seguito
allesercizio delle call,
X 100.000 = 350.000 euro.
Il costo effettivo delloperazione dato da
361.788, 7 350.000 = 11.788, 7 euro.
222
tT
tT
Dimostrazione
Se la call al tempo T in the money si ha S > X, se out of the money si ha
S < X.
Consideriamo d1 dato da
log
d1 =
2
S
S
+ r+
(T t)
log
X
2
= X +
T t
T t
2
r+
2
T t
.
lim d1 = +
tT
lim d1 = .
tT
Allora
1
lim = lim N (d1 ) =
tT
tT
2
1
lim = lim N (d1 ) =
tT
tT
2
x2
x2
224
Settimane
0
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
13
14
15
16
17
18
19
20
Prezzo
Azioni
3,301
3,281
3,300
3,318
3,376
3,582
3,522
3,502
3,364
3,497
3,438
3,380
3,513
3,612
3,551
3,491
3,629
3,649
3,635
3,849
3,938
Costo interessi
126,64
118,56
122,17
125,79
143,12
215,24
194,79
186,90
132,41
185,33
159,06
130,62
191,88
239,99
212,57
178,20
264,21
284,11
291,37
347,54
347,87
Settimane
0
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
11
12
13
14
15
16
17
18
19
20
8.5
Prezzo
Azioni
3,301
3,440
3,437
3,468
3,435
3,382
3,470
3,524
3,396
3,343
3,200
3,214
3,150
3,002
2,993
3,019
3,076
3,060
3,081
2,915
2,749
225
Costo interessi
126,64
169,10
167,28
176,45
164,07
144,06
174,56
194,05
143,95
120,30
66,57
65,70
42,75
17,10
13,95
13,09
13,70
10,77
10,18
9,91
9,92
226
227