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Karol Wojtya PERSONA E ATTO1

1. Il filosofo Karol Wojtya e Giovanni Paolo II Karol Wojtya diventato papa Giovanni Paolo II, e se questo un libro di Wojtya non forse anche un libro del papa? La risposta a questa domanda secondo la pi ovvia aspettativa non positiva, ma negativa. Nella ripubblicazione delle opere da lui scritte quando era professore di filosofia morale allUniversit di Lublino, egli inpone che venga scritto solo il suo nome Karol Wojtya e non quello, o anche quello, di Giovanni Paolo II. La ragione di ci particolarmente significativa: anzitutto Karol Wojtya parla come filosofo, mentre Giovanni Paolo II parla come successore di Pietro, e quindi come custode e diffusore della rivelazione cristiana. Inoltre nellenciclica Fides et ratio il pontefice difende la filosofia in generale, e la metafisica in particolare: ma non una specifica filosofia, in quanto La Chiesa non propone una propria filosofia n canonizza qualsiasi filosofia in particolare a scapito di altre2. Infatti la filosofia procede secondo suoi metodi, e quindi ha una propria autonomia rispetto alla fede. Non perci compito del Magistero della Chiesa quello di creare una propria filosofia, ma piuttosto quello di reagire a quelle tesi filosofiche che minacciano la comprensione o portano alla negazione del dato rivelato. Anche lespressione filosofia cristiana resta unespressione corretta solo se non si intende con essa una sorta di filosofia ufficiale della Chiesa. Anzi, Giovanni Paolo II afferma risolutamente il valore metaculturale della fede, ponendola al di sopra delle varie forme non solo di filosofie in particolare, ma di culture in generale: la rivelazione di Cristo non incatena le culture, ma a sua volta non si lascia incatenare da nessuna di esse: stimola ad aprirsi alla verit che comunica e dischiude nuovi percorsi. Reciprocamente, Giovanni Paolo II asserisce che Parlando di filosofia cristiana si intendono abbracciare tutti quegli importanti sviluppi del pensiero filosofico che non si sarebbero realizzati senza lapporto, diretto o indiretto, della fede cristiana3. Ma le preferenze di Wojtya sono ben chiare: egli ama profondamente Aristotele e Tommaso, senza tuttavia imporre il pensiero di questultimo come filosofia ufficiale della Chiesa. La sua posizione personale consiste nellaccettazione del metodo proprio della fenomenologia per pervenire a sbocchi metafisici aristotelico-tomistici. Tuttavia egli desidera che questa posizione resti appunto quella del filosofo cristiano Wojtya e non di Giovanni Paolo II, anche se poi ovviamente non poche cose che egli afferma come filosofo rientrano anche nel suo magistero di Pontefice. Cerchiamo ora di vedere quali siano i punti-chiave del pensiero del filosofo Wojtya espresso in Persona e atto, che il suo capolavoro. 2. La fenomenologia non trascendentale ma realistica assunta come metodo sistematico Wojtya precisa subito quanto segue: Lautore di questo studio deve tutto ai sistemi della metafisica, dellantropologia e delletica aristotelico-tomistica da una parte e, dallaltra, alla fenomenologia, soprattutto nellinterpretazione di Scheler4.
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K. WOJTYA, Persona e atto, a cura di G. REALE e T. STYCZE, Bompiani, Milano 2001. Fides et ratio, 49. 3 Fides et ratio, 76. 4 K. WOJTYA, Persona e atto, cit., infra, nota 7.

LAutore non parte dai fondamenti metafisici per trarne conseguenze, non parte cio dal concetto metafisico di persona per dedurne gli atti, ma parte da una dettagliata analisi degli atti per giungere alla persona. Non sar dunque uno studio dellatto che presuppone la persona, bens uno studio dellatto che rivela la persona, o studio della persona attraverso latto. Tale infatti la natura della correlazione insita nellesperienza o nel fatto che luomo agisce: latto costituisce il particolare momento in cui la persona si rivela. E neanche parte da una trattazione di carattere etico-sistematico, anche se perviene pi volte a considerazioni di carattere strettamente etico: il punto di partenza da cui prende le mosse Wojtia quello dellanalisi dellesperienza che fa comprendere a fondo lagire umano che risulta essere in sommo grado rivelativo della persona; unopera di carattere squisitamente antropologico. Precisa Wojtya: Gli atti sono il momento peculiare della visione e quindi della conoscenza sperimentale della persona. Essi costituiscono per cos dire il punto di partenza pi giusto per comprendere lessenza dinamica della persona. La morale, come propriet intrinseca di tali atti, conduce allo stesso risultato in un modo ancor pi diretto. Qui non ci interessano i valori morali in quanto tali questo appunto il campo delletica ; ci interessa, invece, soprattutto la loro partecipazione agli atti, il loro dinamico fieri5. Tale impostazione dei problemi, il loro sviluppo e la loro soluzione presupponevano la ricezione e la puntuale applicazione del metodo fenomenologico, con fini analisi dellesperienza dellatto umano in tutte le sue conseguenze. Il libro scritto da Wojtya per la libera docenza dissertazione presentata nel 1953 e pubblicata a Lublino nel 1959, tradotta in italiano da S.Bucciarelli con prefazione di P.Palazzini (Logos, Roma 1980) uno studio analitico della fenomenologia di Max Scheler, di cui accetta il metodo, criticandone le conclusioni. Ma a Cracovia era molto studiato e discusso anche Roman Ingarden, allievo di Husserl, la cui incidenza su Wojtya sar per tardiva, quando saranno gi configurate le linee maestre del suo pensiero (ricordiamo di Roman Ingarden ber die Verantwortung [responsabilit]. Ihre ontologische Fundamente, Reclam Universal Bibliothek 1970). Rocco Buttiglione, nellIntroduzione alledizione polacca definitiva della presente opera 6, assevera che la fenomenologia cui Wojtya guarda sia quella elaborata da Ingarden, la cui incidenza indiretta non pu per altro essere esclusa, viste anche le somiglianze impressionanti con il libretto Sulla responsabilit. Ingarden parte dalla fenomenologia e, fedele al motto husserliano di ritorno alle cose stesse, cerca di svilupparlo in senso realistico, battendo quella interpretazione trascendentale della fenomenologia per la quale le cose stesse alle quali si tratta di tornare sono i dati immediati della coscienza. Non questo il problema di Wojtya, al quale la fenomenologia interessa in quanto metodo per la descrizione dei dati della coscienza, di ci che nella coscienza viene immediatamente vissuto e sperimentato. Ci che direttamente vissuto e sperimentato dalla e nella coscienza non per la totalit della realt, n in generale il reale nella sua oggettivit: possiamo infatti conoscere molte cose che non ci sono date immediatamente nella coscienza, cose comunicate attraverso lesperienza di altri uomini, attraverso il sapere puramente oggettivo sulle strutture fondamentali dellessere e del mondo. La metafisica e lantropologia tomista si mossa proprio a questo livello. Entrambe per il nostro Autore mantengono interamente il proprio valore, per cui non si tratta di rifondarle attraverso la fenomenologia ed in ci la differenza con la fenomenologia di Ingarden, di Hildebrand e Seifert . Per Wojtya si tratta piuttosto non di mostrare fenomenologicamente che luomo persona, bens di vedere con laiuto della fenomenologia in che modo luomo sia persona: lantropologia metafisica tomista si presenta dunque come una grande ipotesi fondamentale, verificata attraverso lanalisi fenomenologica, che lei stessa guida, permettendole di conseguire una pi grande profondit. La fenomenologia fondamentalmente un metodo, mediante il quale si intende tornare alle cose stesse, al cui scopo occorre cercare quelle cose che risultano essere evidenti tanto da non poter
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Infra, p. 55. R. BUTTIGLIONE, Il pensiero delluomo che divenne Giovanni Paolo II , a cura di P.L.Pollini, Mondadori, Milano 1998 (1^ edizione 1982), pp. 355-386.

venire negate. E tali sono appunto i fenomeni che si manifestano alla coscienza, esaminati mettendo fra parentesi o sospendendo il giudizio su tutta una serie di presupposti, legati ai sistemi filosofici, derivanti da varie scienze, di credenze connesse con latteggiamento naturale e con la vita quotidiana. Incontrovertibili risultano cos il cogito e i cogitata. Conseguentemente, i fenomenologi puntano lattenzione sullanalisi dei modi tipici in cui le cose si presentano alla coscienza, e tali modi tipici sono le essenze eidetiche: lontologia studia le cose come sono, la fenomenologia come si presentano. Nella ricerca della condizione di queste strutture i fenomenologi hanno, sembra, imboccato due vie opposte: Husserl ha finito per concepire il mondo come il correlato della coscienza che lo costituisce (anche se il termine di costituzione non immediatamente assimilabile a quello di creazione), anche se le cose stesse si risolvono nella coscienza stessa, che nulla re indiget ad existendum, con uno sbocco idealistico-trascendentale. Scheler, Hildebrand e Seifert hanno virato invece in un senso piuttosto realistico, volgendo lanalisi fenomenologica al disvelamento di valori che si impongono come la luce allocchio o il suono allorecchio. Una posizione intermedia attribuibile a Jan Patoka 7, per il quale Il fenomeno come tale non ha alcuna forza. La determinazione, la co-determinazione, deve stare nei fondamenti dellessere in quanto tale. E continua: () i fenomeni stessi ci mostrano lente naturale, come se esso non fosse qualcosa che si mostra. Nondimeno, il campo del fenomeno in quanto tale ci mostra, nello stesso tempo, questo ente come afflitto da una mancanza. () In ultima analisi, luniverso il fondamento anche dei fenomeni. Il fenomeno possibile solo come fenomeno della totalit, ed un fatto singolare che luniverso potrebbe esistere senza il fenomeno. () sebbene luniverso sia possibile senza luomo, senza esseri analoghi alluomo, senza il pensiero, eccetera, c tuttavia qualche parte nei fondamenti di questo universo fattuale, un co-ordinamento del fenomeno in quanto fenomeno8. Tuttavia luomo si impone proprio come luogo del fenomeno, ossia il luogo in cui luniverso si mostra come manifestazione, come custode del fenomeno. Ci avviciniamo cos alla posizione di Wojtya, per il quale esiste un nesso strutturale fra essere e fenomeno: e ai fondamenti dellessere si perviene partendo da una attenta analisi dei fenomeni della coscienza, e la via migliore per giungere allessere proprio quella che passa attraverso luomo e latto della persona. Dalla ricca analisi fenomenologica dellatto, Wojtya giunge alla trascendenza della persona, e quindi a quellelemento irriducibile delluomo che si impone come meta-fenomenologico, ed infine come metafisico (Anna-Teresa Tymieniecka). 3. La metafisica della persona ed i nessi strutturali tra Persona e Atto Solo sulla base del messaggio cristiano luomo ha scoperto di avere valore assoluto come persona: Cristo, il Figlio di Dio che sincarna nelluomo, conferisce alluomo stesso come persona una sacralit in senso totale. E questopera di Wojtya si impone come esempio sistematico di metafisica della persona. Inoltre questopera nasce dalla meraviglia di fronte allessere umano, e sembra proprio che la meraviglia che non ammirazione, anche se ha in s qualcosa di essa sia allorigine di questo studio. In fondo, Luomo non pu perdere il posto che gli proprio in quel mondo che egli stesso ha configurato9. Da un punto di vista metodologico, dicevamo, viene qui capovolto il metodo dellanalisi metafisica tradizionale, incentrato sullo studio della struttura ontologica della persona, deducendo poi le intere conseguenze delle sue azioni; lanalisi fenomenologica che Wojtya segue non prende le mosse dalla persona, ma giunge ad essa, studia lazione umana e fa vedere come proprio nellazione e
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J. PATOKA, Platone e lEuropa, presentaz. e introduz. di G. REALE, trad. di M. CAJTHAML e G.GIRGENTI, Vita e Pensiero, Milano 1997 (ledizione originaria del 1973), p. 62. 8 Ibidem, p. 63. 9 Cit. a p. 19 dellIntroduzione.

mediante lazione si riveli la persona. Dunque, il procedimento seguito non dalla persona allatto, bens dallatto alla persona. Wojtya precisa in proposito: Latto senza dubbio unazione e lazione opera di diversi agenti. Non possiamo tuttavia attribuire quel genere di azione, che atto nel vero senso della parola, ad alcun altro agente, se non alla persona. () . Letica si sempre preoccupata dellatto che presuppone la persona, ossia luomo come persona: Nel nostro studio, invece, intitolato Persona e atto, intendiamo capovolgere questa relazione. Non sar uno studio dellatto che presuppone la persona, (). Sar invece studio dellatto che rivela la persona; studio della persona attraverso latto. Tale infatti la natura della correlazione insita nellesperienza, nel fatto che luomo agisce: latto costituisce il particolare momento in cui la persona si rivela 10. In altri termini, () lesperienza, lintuizione e lanalisi fenomenologica ad essa inerente permettono di guardare in modo nuovo a tutto il rapporto della persona con latto; per questo esse possono svolgere un ruolo importante nellinterpretazione dellatto come actus personae11. Proprio dalla ricchezza di analisi dell atto emerge in modo nuovo leminenza della persona e lo sbocco nei presupposti ontologici come spiegazione ultimativa. In particolare, lactus humanus viene spiegato da Wojtya mediante il riferimento alla dottrina metafisica aristotelico-tomista della potenza e atto: la potenza delluomo viene intesa in senso forte, ossia come quel nocciolo irriducibile delluomo, quel nucleo ontico (essenza) che si esplica appunto nellatto, mediante il quale luomo si presenta come agente, cio come la causa cosciente della sua propria causazione; proprio nellatto luomo fa esperienza di s come essere-persona12. Inoltre, facendo esperienza del proprio essere causa efficiente dellazione, luomo scopre al tempo stesso di essere totalmente immanente in essa e parimenti di trascenderla. Il soggetto totalmente immanente allazione perch essa la sua azione, con i fini della quale si identifica e della quale assume la responsabilit; tuttavia luomo anche trascendente lazione, in quanto la pone in essere, la sceglie e in tal modo si identifica come soggetto agente dellazione stessa e non come uno qualunque degli elementi dellazione, trascinato dal dinamismo intrinseco dellazione stessa: al contrario, il soggetto ad imprimere allazione il proprio dinamismo. Latto umano sar dunque quellatto attraverso il quale luomo attualizza le potenzialit che gli sono proprie in quanto persona e che costituisce in tal modo la propria personalit (R.Buttiglione). Tra le innumerevoli analisi fenomenologiche della coscienza, di cui ricca lopera, spicca soprattutto lesame dellatto libero delluomo, delle sue decisioni e delle sue scelte, che si connette a quellesperienza fondamentale del posso, ma non sono costretto a farlo, nonch della presentazione della persona come causa efficiente delle proprie azioni. Vi sono poi tre concetti-chiave che costituiscono assi portanti dellopera. a) trascendenza Il concetto-chiave di maggior rilievo quello di trascendenza, e ne parleremo in conclusione, in quanto soprattutto mediante esso si comprende il nesso strutturale fra fenomenologia e metafisica. b) partecipazione e c) solidariet Incominciamo invece dai concetti di partecipazione e di solidariet, cui viene dedicata la quarta parte del volume, presentati con notevole acutezza di analisi. Per partecipazione Wojtya intende lazione che ciascun uomo compie con altri uomini, raggiungendo obiettivi che soltanto in comunanza con gli altri risultano raggiungibili, per mantiene in questazione il valore personalistico del proprio atto e contemporaneamente realizza ci che risulta dallazione comune13.

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Infra, p. 53. Infra, p. 277. 12 Infra, p. 183. 13 Infra, p. 631.

La partecipazione si configura quindi come la capacit che luomo come persona ha di instaurare rapporti con gli altri uomini come persone, nella maniera pi varia e pi complessa e pi ricca. La partecipazione consente di non abbassare laltro ad oggetto nel corso dellazione comune, e di non essere abbassato da lui a livello di un oggetto. Lidea di partecipazione ha anche un significato normativo, in quanto impegna a realizzare una forma di convivenza e di cooperazione sociale in cui la persona sia rispettata, e possa vivere come proprio ogni atto dellazione della collettivit, quando le sue scelte si indirizzano ad un bene comune e sono prese attraverso il coinvolgimento responsabile di tutti i cittadini. Questo implica a sua volta il riconoscimento di una comunit di destino e di vocazione e quindi un particolare vincolo culturale fra gli uomini che devono decidere insieme. Le due forme di negazione pressoch totale dello spirito della partecipazione sono lindividualismo e il totalismo. - Lindividualismo costituisce lerrore morale che luomo commette quando concepisce il proprio bene come nettamente separato (se non in contrasto con) dal bene degli altri, ossia il bene comune. Secondo lindividualismo il vivere e lagire insieme con gli altri solo una necessit, cui ci si deve per forza maggiore sottomettere, ma che implica conseguenze ben pi negative che positive (limitazioni della libert, tensioni e conflitti). - Lerrore opposto allindividualismo il totalismo, che considera lindividuo, in quanto capace solo di perseguire il proprio bene particolare, di per s non disposto ad agire in modo costruttivo insieme con gli altri. Lindividuo cos concepito rappresenta un elemento di opposizione alla comunit ed al bene comune, per realizzare il quale non resterebbe per il totalista altra via se non quella di costringere con la forza luomo ad agire in un determinato modo. Tuttavia precisa Wojtya alla base di questi orientamenti, di questi due sistemi di pensiero e di comportamento, ritroviamo unidentica concezione delluomo14: tale concezione delluomo consiste in una visione a-personalistica o addirittura anti-personalistica delluomo, ossia una visione che si oppone addirittura allessenza delluomo, stante che inscritto nella stessa natura delluomo la potenza della partecipazione nellazione con gli altri, nella dimensione della libert, per la realizzazione del bene comune. Osserva Buttiglione: si pu vedere sbrigativamente nellindividualismo un sinonimo del capitalismo, e nel totalismo un sinonimo dei regimi totalitari, in particolare socialisti. Pur ritrovandovisi una certa anima di verit, sarebbe errato restringere ai suddetti esempi lambito di applicazione di questi concetti, trattandosi non di sistemi sociali, quanto piuttosto di atteggiamenti umani. Strettamente connesso al concetto di partecipazione quello di solidariet, che consiste nella disponibilit da parte delluomo a svolgere la parte che gli compete allinterno di una comunit, per il bene comune, senza invadere il territorio in cui si esplicano le parti che spettano ad altri. 4. La trascendenza Trascendenza indica oltrepassamento, landare al di l di una certa soglia. Detto oltrepassamento assume un duplice significato: quello appunto fenomenologico, e quello pi propriamente metafisico. Nel linguaggio fenomenologico la trascendenza indica il varcare il limite del soggetto in direzione delloggetto, lintenzionalit (in-tendere), sia nellatto conoscitivo che in quello volitivo. Wojtya indica questa tensione alloggetto come trascendenza orizzontale. Ma vi anche una forma di oltrepassamento che non costituisce un procedere del soggetto verso loggetto, ma un rivolgersi del soggetto verso il proprio interno, in cui si scopre come causa libera del proprio agire, coglie la verit e i supremi valori e tende verso di essi. Wojtya la chiama trascendenza verticale, e precisa: quando si tratta della persona, il concetto di trascendenza non solo esprime il contenuto fondamentale dellesperienza fenomenologica, ma ci spiega anche la
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Infra, p. 645.

realt della persona in unione dinamica con latto. Il metodo fenomenologico non si ferma affatto alla superficie di questa realt, ma ci permette di giungere al suo fondo. Ci fornisce non solo la visione, ma anche lintuizione15. Il metodo fenomenologico seguito da Wojtya sfocia pertanto in unontologia delluomo, ossia nella tesi, presentata come ipotesi conclusiva che d senso a tutta lanalisi fenomenologica, secondo la quale lunit dellessere della persona dipende dallessere dello spirito, ed appunto dallo spirito che deriva la straordinaria ricchezza della persona e del suo atto. Proprio per questo motivo a questopera classica di Wojtya si potrebbe porre come epigrafe lassunto di San Tommaso dAquino (Summa theol., I, q. 29 art. 3) secondo cui Persona significat id quod est perfectissimum in tota natura scilicet subsistens in rationali natura , assunto che esprime in modo emblematico e paradigmatico il senso di fondo della metafisica della persona.

ANTOLOGIA16 Lesperienza delluomo un grande processo conoscitivo (Karol Wojtya, Persona e atto, ed.cit., infra, p. 35), in quanto luomo non sperimenta mai qualcosa al di fuori di s senza in qualche modo sperimentare anche se stesso, dove il contatto conoscitivo ha carattere sperimentale. Oggetto dellesperienza sono, tuttavia, anche gli altri uomini, oltre a me (infra, p. 37). Questa breve considerazione per, non pu offuscare la sostanziale incommensurabilit tra lesperienza unica in s, quale lesperienza delluomo che io sono, ed ogni altra esperienza umana (p. 41). Quindi io stesso sono per me non solo esteriorit, rimanendo oggetto di ambedue le esperienzze, di quella dallinterno e di quella dallesterno (p. 45). A p. 47 Wojtya precisa che Il punto di vista empirico non si identifica con latteggiamento fenomenologico, e delinea i contorni di questultimo. E qui Partiamo dal fatto luomo agisce che dato nellesperienza fenomenologica: Unesperienza connessa indubbiamente ad una serie di fatti che ci sono dati. Uno di essi certamente il tutto dinamico luomo agisce (pp. 48-49). Dove latto si presenta come particolare momento di intuizione allinterno della persona: Ogni esperienza umana quindi anche una sorta di comprensione di quello che sto sperimentando. Sembra che un tale punto di vista sia in contrasto con il fenomenismo, mentre proprio della fenomenologia che accentua anzitutto lunit dellatto della conoscenza umana. Questo modo di porre il problema ha anche un significato fondamentale per lo studio della persona e dellatto. Riteniamo cio che latto sia un momento particolare della visione ossia dellesperienza della persona (p. 51. Sottolineatura dellA.). Il fatto luomo agisce nel suo pieno contenuto sperimentale permette in tal modo di essere compreso come atto della persona. Ed solo cos che tutto il contenuto dellesperienza ci rivela quel fatto con levidenza che le propria (p. 51).

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Infra, pp. 425-427. Questa edizione italiana della Bompiani di Persona e atto riproduce la terza e definitiva edizione critica, Lublino 1944, e tale edizione critica polacca si basa sulla seconda edizione (Cracovia 1985) riveduta, corretta e corredata di note e sottotitoli in accordo con lautore a cura di Andrzej Pltawski. La presente edizione italiana riprende in gran parte la precedente edizione vaticana: Karol Wojtya, Persona e atto, testo definitivo stabilito in collaborazione con lautore da ANNA-TERESA TYMIENIECKA, introduzione alledizione italiana di ARMANDO RIGOBELLO, traduzione di STANISAW MORAWSKI, RENZO PANZONE, ROSA LIOTTA, Libreria Editrice Vaticana, Citt del Vaticano 1982. Il testo italiano stato per riveduto e corretto sulla base del testo critico polacco definitivo.

Nel nostro studio () intitolato Persona e atto, intendiamo capovolgere questa relazione. Non sar uno studio dellatto che presuppone la persona (). Sar invece studio dellatto che rivela la persona, studio della persona attraverso latto (p. 53, Sottolineatura dellA.), che cos assurge ad un elevato grado di eminenza, come suggerisce il richiamo wojtyano nella nota in calce, a richiamare Laction di Maurice Blondel, Paris 1893, I-II 1936-1937. Ma c di pi, in quanto gli atti hanno un valore morale. Sono moralmente buoni o moralmente cattivi. La morale costituisce la loro propriet intrinseca, quasi il profilo specifico, assente nellazione in genere, che presuppone anche altri agenti diversi dalla persona. Soltanto lazione che presuppone come agente la persona e abbiamo visto che solo tale azione merita di essere chiamata atto ha un significato morale (p. 53). Mentre ricordiamo per la filosofia classica tedesca soggetto dellazione sono o gli individui o i popoli. Letica, pertanto, specie quella tradizionale, s occupata con molta assiduit dellatto e delluomo. Esempi possono essere forniti sia dallEtica Nicomachea sia dalla Somma teologica (55). Wojtya osserva la tendenza contemporanea a trattare della problematica etica astraendo dallantropologia, terreno invaso piuttosto dalla psicologia o dalla sociologia, ma altres che non possibile eliminare totalmente le implicanze antropologiche dalletica: cos quanto pi un sistema filosofico integrale, tanto pi ritornano in esso le implicanze antropologiche delletica, per es. molto pi nel pensiero fenomenologico che in quello positivistico, in Ltre et le nant di Sartre che negli studi analitici anglosassoni, dove mancano del tutto considerazioni di natura antropologica, limitate ad osservazioni marginali, come ad es. in C.L.Stevenson, Ethics and Language, New Haven 1944. Gli atti sono il momento peculiare della visione e quindi della conoscenza sperimentale della persona. () Qui non ci interessano i valori morali in quanto tali questo appunto il campo delletica ; ci interessa, invece, soprattutto la loro partecipazione agli atti, il loro dinamico fieri. In esso infatti la persona si rivela pi a fondo e pi interamente che nellatto stesso. Grazie a questo aspetto della morale, che potremmo anche chiamare dinamico o esistenziale, possiamo comprendere meglio luomo, proprio come persona (pp. 55-57). Lo studio wojtyano Non presuppone la persona, non la implica, ma, al contrario, intende spiegare nel modo pi esauriente quella realt che la persona (p. 57). In questo approccio cercheremo non tanto di mantenere il legame tradizionale tra lantropologia e letica, quanto di basarci sulla reale unit soggettiva delle due presenze, lunit tra lesperienza dei valori morali e lesperienza delluomo (p. 57). In tal senso, si pu parlare di una messa fuori parentesi dei problemi etici, in analogia alla messa di un termine fuori parentesi in matematica: si pongono fuori parentesi quei fattori di unoperazione matematica che in un certo modo si trovano in tutti gli altri termini, e quindi sono comuni a quanto rimane in parentesi, con lo scopo di rendere pi facile loperazione, e non vuole affatto escludere il fattore che si trova fuori parentesi. Quanto alle tappe della comprensione ed allindirizzo dellinterpretazione, il procedimento dellinduzione viene a rispecchiare lunit di significato: opera dellinduzione il consolidamento delloggetto dellesperienza, per arrivare a cogliere la sostanziale unit qualitativa di questa molteplicit e complessit di fatti, cos come la intende Aristotele la funzione induttiva dellintelletto, che per lui non ancora n argomentazione n ragionamento, in alternativa alla mera generalizzazione dellesperienza considerata da un positivista come J.St.Mill come una forma di argomentazione. Invece linduzione conduce a quella semplicit dellesperienza delluomo che constatiamo pur in tutta la sua complessit (p. 61), dove Identit qualitativa equivale a unit di significato. E Cogliere lunit di significato non vuol dire rigettare la ricchezza e la variet dellesperienza, come a volte viene interpretata erroneamente la funzione dellastrazione (p. 63), mentre Linduzione apre la strada alla riduzione. Non si deve intendere erroneamente il termine riduzione; qui non si tratta affatto di una riduzione intesa come diminuzione o limitazione della ricchezza delloggetto sperimentale. Intendiamo invece porla in modo coerente (p. 65). In particolare, la persona e latto 7

compaiono come oggetto che tutti possono guardare indipendentemente dallimplicazione soggettiva nella quale questo oggetto, almeno parzialmente, si trova. Almeno parzialmente, in quanto una parte molto importante dellesperienza delluomo costituita dallesperienza del suo io. Si perviene cos ad una teoria che ha origine nella praxis umana, in quanto Essa accompagnata anche da quella comprensione pratica che necessaria e sufficiente alluomo per vivere ed agire coscientemente (Ibid.). Piuttosto reducere significa ricondurre: riportare alle ragioni e ai fondamenti appropriati, cio spiegare, chiarire, interpretare (p. 67), dove Una cosa sperimentare unaltra comprendere oppure spiegare (il che gi presuppone la comprensione) (p. 69). Quanto al tentativo di riprodurre la soggettivit delluomo, Anche se lincommensurabilit dellesperienza delluomo () costituisce una difficolt nellinterpretazione e nella concezione delluomo, occorre per ammettere che essa offre particolari possibilit e apre una vasta prospettiva in questo campo (p. 71). In particolare, Lesame della trascendenza della persona nellatto costituisce quasi la struttura principale dellesperienza (), poich in essa troviamo anche il fondamento per poter affermare che luomo, il quale agisce, persona, e che la sua azione veramente un actus personae (p. 75), per cui la categoria della persona e dellatto lespressione adeguata dellunit dinamica delluomo, fondamento della quale deve essere lunit ontica. Tutte le indagini e le analisi contenute in questo studio rispecchiano anzitutto la grande attualit della problmatica personalistica (p. 77), che per Enrico Berti avrebbe perso effettivamente la battaglia del concetto, mentre per Paul Ricoeur si abbassa ad unidentit meramente narrativa, mentre per Wojtya Luomo, scopritore di tanti misteri della natura, deve essere incessantemente riscoperto (S.Agostino direbbe sono diventato un enigma a me stesso). Ma luomo esposto proprio per questo allassuefazione, rischia di diventare per se stesso troppo comune. Il nostro studio precisa allora Wojtya () nasce dalla meraviglia di fronte allessere umano, anche per una certa esigenza dellesistenza umana, in quanto Luomo non pu perdere il posto che gli proprio in quel mondo che egli stesso ha configurato (Ibid. Sottolineatura dellA.). Si tratta di venire a contatto con la realt umana nel punto pi giusto, quello indicato dallesperienza delluomo e dal quale luomo non pu retrocedere senza la sensazione di aver smarrito se stesso (p. 79). Nella nota n. 8 di p. 79 Wojtya fa un chiaro, esplicito ed esteso riferimento alla fenomenologia di MAX SCHELER, soprattutto allo Scheler di Der Formalismus in der Ethik und die materiale Wertethik. Neuer Versuch der Grundlegung eines ethischen Personalismus [Il formalismo nelletica e letica materiale dei valori. Nuovo tentativo di fondazione di un personalismo etico ], Halle 19131916, Bern 19543. La critica di Kant per la quale non valida lalternativa kantiana tra unetica falsificata da un fine empirico e letica formalistica, in quanto essa varrebbe solo se non fosse possibile unetica dei valori offre il destro per accettare in parte il personalismo kantiano della Grundlegung der Metaphysik der Sitten [Fondazione della metafisica dei costumi, Riga 1785], personalismo riverberantesi nella Gaudium et spes, n. 76 (giacch Wojtya stava partecipando ai lavori del Concilio Vaticano II). La Parte prima, Coscienza e operativit, si apre con una definizione: Chiamiamo atto esclusivamente lazione cosciente delluomo () poich solo lazione umana atto (p. 83), in relazione alla concezione aristotelico-tomistica dellagere, per la quale rimanda a J. DE FINANCE, tre et agir dans la philosophie de Saint Thomas , Roma 1965, e che si specifica come actus humanus o actus voluntarius, indicando il fondamento potenziale dellattualizzazione, il libero arbitrio come facolt che costituisce il fondamento dinamico dellazione cosciente. Ma occorre subito dire che la concezione storica presuppone piuttosto luomo-persona come origine dellatto; mentre nellapproccio da noi scelto si vuole pi che altro mettere in luce ci che la concezione actus humanus presuppone: latto, infatti, anche fonte della conoscenza della persona

(p. 87), per cui si parler pi propriamente di actus personae, nellinterpretazione filosofica di ogni dinamismo, e perci anche del dinamismo dellatto come azione cosciente. Latto unazione cosciente. Quando diciamo azione cosciente, affermiamo pure che lazione si compie nel modo proprio e specifico della volont (p. 89). E qui Occorrerebbe fare una distinzione tra azione cosciente e coscienza dellazione; laspetto della coscienza si sveler allora quasi da s (p. 91), ricavando anche unimmagine pi completa dellatto come dinamismo che meglio esprime la persona umana in quanto tale (p. 93). A questo punto Wojtya richiama la definizione boeziana di persona come rationalis naturae individua substantia, che ha alle spalle la definizione aristotelica delluomo come animale razionale ed attesta il volontarium come appetitus rationalis, divergenti rispetto allo scopo wojtyano, che quello di esporre la coscienza in quanto aspetto essenziale e costitutivo di tutta la struttura dinamica della persona e dellatto (p. 97, Sottolineatura dellA.). Dicendo che la funzione della coscienza conoscitiva, questa affermazione descrive la sua natura in un modo solo generale (p. 99), ed Esprimiamo qui lopinione che lessenziale dinamismo conoscitivo, lattivit stessa del conoscere, non appartiene alla coscienza (p. 101, Sottolineatura dellA). I significati infatti si custodiscono nella coscienza, ma non si esauriscono in essa. difficile, quindi, dubitare che la coscienza abbia un carattere conoscitivo e svolga perfino una funzione conoscitiva; tuttavia un carattere peculiare e una funzione specifica, per cui si pu dire che coscienza e non conoscenza. Se la coscienza rispecchiante (cio nella sua funzione di rispecchiare) si delinea qui come derivata di tutto il processo di comprensione attiva e del rapporto conoscitivo con la realt oggettiva, come ultimo suo riflesso nel soggetto conoscente, bisogna al tempo stesso ammettere che tale rispecchiamento o riflesso possibile solo quando attribuiremo alla coscienza la capacit di irradiare in profondit quanto in qualsiasi modo dato conoscitivamente alluomo (pp. 101-103, Sottolineature dellA.). Questo perch la coscienza non un soggetto autonomo. Del resto, Negare agli atti della coscienza il carattere intenzionale sembra contrastare con quanto sostiene al riguardo la maggioranza degli studiosi contemporanei. Tuttavia, abbiamo sempre presente la coscienza non come realt separata, ma solo come contenuto soggettivo di quellesistenza e di quellazione che sono coscienti e quindi dellesistenza e dellazione proprie delluomo (p. 103), mentre il riconoscimento della coscienza come soggetto indipendente potrebbe spianare la strada alla sua assolutizzazione, e, di conseguenza, allidealismo, se la coscienza-assoluto venisse riconosciuta come unico soggetto di tutti i contenuti, che in definitiva si riconducono a essa stessa (Ibidem.). NB. Si noti il duplice passaggio: negazione dellintenzionalit della coscienza, isolamentoassolutizzazione della coscienza stessa. Non solo: ma La coscienza condizionata da tale capacit ed efficacia; condizionata, si pu dire, da tutta la potenzialit conoscitiva che intendiamo, seguendo la tradizione filosofica occidentale, come propriet fondamentale delluomo-persona (p. 107, Sottolieature dellA.). Ad essa si affianca lautoconoscenza, consistente nella comprensione di se stesso, un genere di penetrazione conoscitiva delloggetto che io sono per me (p. 109). E nella nota 16 della stessa pagina: Io qui vuol dire soggetto che fa esperienza della propria soggettivit, soprattutto della struttura personale dellautodominio, allorquando la potenzialit attualizzata () rende possibile la conoscenza delloggetto e () realizza attualmente questa conoscenza. Infatti, Non vi sono atti intenzionali della coscienza che oggettivino lio riguardo allesistenza o allazione. Questa funzione viene svolta dagli atti dellautoconoscenza. () La coscienza rispecchia questi atti e la loro relazione con lio grazie alla conoscenza di s (p. 111). Grazie alla conoscenza di s lio del soggetto agente viene inteso conoscitivamente come oggetto (Ibidem.). La connessione fra conoscenza di s e coscienza deve essere considerata fattore fondamentale di equilibrio nella vita interiore della persona, specie per quanto riguarda la sua struttura intellettuale. () Lautoconoscenza, sotto questo aspetto, in qualche modo anteriore alla coscienza. () Sa di essere cosciente e di agire coscientemente. () Lautoconoscenza oggettiva la coscienza; quindi nel 9

riflesso coscienziale hanno significato oggettivo non un essere e una azione qualunque della persona, che il mio io, ma lessere e lazione connessi con la coscienza, resi coscienti ed essi stessi coscienti. Luomo possiede la conoscenza della propria coscienza e in tal modo consapevole della coscienza del proprio essere e del proprio agire negli atti. Ma questo processo non si protrae allinfinito; proprio lautoconoscenza che traccia il limite del rispecchiamento () e non condannata ad una soggettivazione di s senza fine (pp. 111-113). In tal modo lautoconoscenza si d come fondamento dellautocoscienza, e Diventa pi comprensibile da una parte loggettivit del soggetto, come dallaltra la soggettivit di quelloggetto complesso che lio (p. 115). Ho coscienza di un atto: ci significa che io oggettivo con un atto di autoconoscenza il mio atto in relazione alla mia persona. Oggettivo il fatto che esso la vera azione della mia persona, e non qualcosa che solo in essa accade: che tale azione cosciente (il che indirettamente equivale al voluntarium), che in quanto compiuta nel modo proprio della volont (e ci equivale direttamente al voluntarium) ha un certo valore morale, positivo o negativo, quindi unazione buona o cattiva (Ibid.). Grazie ad esso [= al significato dellautoconoscenza] la coscienza merita in modo particolare il nome di autocoscienza. la conoscenza di s che contribuisce a formare lautocoscienza (p. 117, Sottolineature dellA.). Conseguentemente, lio di ogni uomo costituisce quasi un punto dincontro di tutti gli atti intenzionali dellautocoscienza. () Esiste ad esempio la conoscenza morale di s, qualcosa di radicalmente diverso dalla scienza morale o, tanto pi, dalletica; la conoscenza religiosa di s, indipendentemente da ogni forma di sapere sulla religione, di scienza religiosa o teologia; la conoscenza sociale di s, indipendente da qualunque scienza della societ ecc. Lautoconoscenza, infatti, incentrata sullio come suo oggetto, entra con esso nei campi in cui appunto lio si estende. Tuttavia essa non oggettiva nessuno di questi campi per se stessa, ma solo ed esclusivamente in relazione allio e in considerazione di esso (Ibid.). Questa analisi si pone in alternativa alla concezione egotica della coscienza, in cui essa si presenterebbe in veste di puro io, cio di soggetto, perch lautoconoscenza non ha nulla in comune con la conoscenza oggettivante: Nellautoconoscenza loggetto lio concreto, proprio (p. 119, Sottolineatura dellA.). Queste analisi hanno valore e peso non solo conoscitivo, ma anche carattere valutativo, in quanto allautocoscienza non meno essenziale laspetto del valore (Ibid.). Ci appartiene al sapere sulluomo che si serve volentieri anche dellautoconoscenza, per comprendere meglio il proprio oggetto. Lautoconoscenza invece si ferma al proprio io e rimane nellintenzione conoscitiva individuale, poich trova continuamente nel proprio io nuove risorse di contenuto. Lantico adagio dice individuum est ineffabile (p. 121). Lanalisi dellautoconoscenza permette di meglio comprendere la funzione di rispecchiamento propria della coscienza, che permea ed illumina tutto ci, ed in tale illuminamento rispecchia. Si pu giungere cos alla conclusione che la funzione rispecchiante della coscienza si perde, per cos dire, nella conoscenza di s, nei processi oggettivanti della comprensione di s, che sono diretti verso lio in quanto oggetto (p. 123), e sembra decisiva in tale approccio la questione delloggettivit e della simultanea soggettivit delluomo. La coscienza il terreno su cui lio, manifestandosi in tutta la sua specifica soggettivit () vive nel contempo interiormente, in tutta la sua pienezza, la soggettivit che gli propria. In tal modo emerge davanti a noi la seconda funzione della coscienza, il suo, per cos dire, secondo tratto caratteristico, quello di rispecchiamento irradiante (pp. 123-125, Sottolineature dellA.). Cos, La funzione fondamentale della coscienza consiste nel formare lesperienza vissuta (Ibid., Sottolineatura dellA). La coscienza non si esaurisce nella funzione del rispecchiamento, poich lo specchio della coscienza ci introduce molto pi allinterno degli atti e della loro relazione allio, e il ruolo della coscienza ci permette non solo di osservare i nostri propri atti (introspezione), ma anche di vivere interiormente questi atti, come atti e come nostri . In questo senso affermiamo che proprio alla coscienza luomo deve la soggettivazione di ci che oggettivo e dellintero mondo intenzionale della persona (Ibid., Sottolineatura dellA.). 10

Ma la coscienza ha anche una funzione riflessiva, il tratto riflessivo, ossia la riflessivit della coscienza, significa quasi un suo naturale volgersi verso il soggetto, quando porta a mettere in evidenza la sua soggettivit nellesperienza vissuta. La riflessivit della coscienza deve essere distinta dalla riflettivit che propria della mente umana nei suoi atti conoscitivi, che propria dellintelletto, in quanto la riflessione suppone lintenzionalit degli atti ed il loro volgersi conoscitivo verso loggetto (p. 127, Sottolineature dellA.). Questo volgersi in modo speciale verso il soggetto viene definito riflessivo, quale funzione costitutiva della coscienza: laddove riflessivo dice pi che riflettivo, per cui in questo senso la coscienza riflessiva e non solo riflettiva (p. 129). Questo volgersi della coscienza differisce anche dal rispecchiamento, dove il soggetto resta oggetto: altro infatti essere soggetto, unaltra essere conosciuto (oggettivato) come soggetto (), unaltra cosa infine vivere interiormente se stesso come soggetto dei propri atti e delle proprie esperienze vissute (p. 129, Sottolieature dellA.). Indubbiamente luomo anzitutto soggetto della propria esistenza e azione, egli soggetto in quanto essere di natura definita (). Il soggetto dellesistenza e dellazione, qual luomo, viene definito dallontologia tradizionale con il termine suppositum (Ibid.), espressione che serve a definire il soggetto in modo del tutto oggettivo, astraendo dallaspetto dellesperienza vissuta e, in particolare, dallesperienza vissuta di quella soggettivit nella quale il soggetto dato a s come io. Lespressione suppositum astrae quindi dallaspetto della coscienza, grazie alla quale luomo concreto () vive interiormente se stesso come soggetto (p. 131, Sottolieature dellA.), dove il pronome personale io indica sempre una persona concreta. Lio viene costituito come soggetto esistente attraverso lesperienza vissuta della propria soggettivit, e La coscienza ci appare qui come dimensione specifica di quel reale essere individuale che luomo concreto (p. 135). La spiritualit, sperimentata nel vivere volto verso linterno, ha una propria dimensione sperimentale rivelandosi attraverso le sue manifestazioni, dove peraltro Latto ed i valori morali appartengono oggettivamente al soggetto reale (p. 141, Sottolineatura dellA.). A questo punto Wojtya affronta il problema della emozionalizzazione della coscienza: Si tratta in questo caso della particolare sfera della vitalit delluomo, vitalit derivante dallelemento emotivo della sua psiche (p. 145), espressione delluomo come spirito incarnato (espressione nostra): infatti Luomo cosciente del suo corpo e lo vive anche interiormente, vive inoltre la propria corporeit, le proprie capacit sensibili e la propria emozionalit (p. 147), inoltre luomo non solo vive sentendo il suo corpo, ma ne anche consapevole (p. 149): e qui si apre il discorso sulla emozionalizzazione della coscienza. significativo il fatto che quando vi una notevole intensit di sentimenti o di passioni, luomo cessa di viverli interiormente, ma solo li vive o piuttosto li fa vivere in s e di s in un modo primitivo, quasi impersonale. Personale, infatti, quellesperienza vissuta in cui si distingue anche lesperienza vissuta della soggettivit del proprio io (p. 157): Avviene a volte che, perfino quando vi la massima intensit dellemozione, la coscienza non cede allemozionalizzzazione nel senso qui inteso, non cessa di controllare lemozione. Al contrario succede pure che lemozionalizzazione della coscienza avvenga gi con un movimento (oggettivamente) pi debole delle emozioni (Ibid.). Dopo avere ben distinto soggettivit e soggettivismo, e soggettivit ed assolutizzazione della coscienza, Wojtya precisa che quando constatiamo unazione, dicendo luomo agisce, e quando contatiamo ci che accade nelluomo, dicendo qualcosa accade nelluomo, allora, nelluno e nellaltro caso, luomo si presenta come soggetto dinamico (p. 173), per cui opportuno richiamare ancora lattenzione su due diverse forme della passivit, che esprimiamo nelle proposizioni qualcosa accade nelluomo e qualcosa accade con luomo (Sottolineature dellA.), laddove la congiunzione potenza-atto si pone come equivalente concettuale del dinamismo (p. 175), dove la differenza fondamentale determinata dal momento delloperativit (p. 181), dove La responsabilit e il senso di propriet qualificano in modo particolare la causazione e loperativit della persona nellatto (p. 185), in quanto Luomo non solo agente, ma anche creatore della sua azione (p. 189, Sottolineatura dellA.). 11

La differenziazione tra lagire e laccadere rivela il contrasto tra loperativit e la soggettivit delluomo: La soggettivit si presenta strutturalmente connessa con quanto accade nelluomo, mentre loperativit legata strutturalmente allazione delluomo (p. 193, Sottolineature dellA.). Si riaffaccia a questo punto la nozione di suppositum: La concretezza in un certo modo anche unicit e irripetibilit, , comunque, individualizzazione. Nel concetto di persona racchiuso tuttavia qualcosa di pi che nel concetto di individuum; la persona qualcosa di pi della natura individualizzata. La persona sempre un individuo di natura razionale, come afferma Boezio: Persona est rationalis naturae individua substantia. Nondimeno n il concetto di natura (razionale), n la sua individualizzazione sembrano rendere quella specifica pienezza che risponde al concetto di persona. Quella pienezza non solo concretezza, piuttosto unicit e irripetibilit. Il linguaggio corrente dispone qui di unespressione pronominale lapidaria: la persona qualcuno (p. 199, Sottolineature dellA.). Per identificare la persona come suppositum necessario tener conto della differenza che passa tra qualcuno e qualcosa. La persona un suppositum, ma molto diverso da tutti quelli che circondano luomo nel mondo visibile (Ibid., Sottolineatura dellA.). Le strutture luomo agisce e (qualcosa) accade nelluomo intersecano il campo fenomenologico dellesperienza, mentre nel campo metafisico si congiungono e si uniscono. Luomo-persona costituisce la loro sintesi, e definiamo suppositum il soggetto ultimo di tale sintesi (p. 201, Sottolineatura dellA.), quale soggetto ontico, che pu essere definito anche attraverso la natura: Il termine natura deriva, come noto, dal verbo latino nascor = nascere, da cui natus = nato, e naturus = che sta per nascere. Natura quindi significa letteralmente tutto ci che sta per nascere oppure ci che compreso nel fatto stesso della nascita come possibile conseguenza di esso. Ne risulta che gli aggettivi innato e congenito sono i corrispondenti dellaggettivo naturale (pp. 203-205, Sottolineature dellA.). La natura definisce il modo di agire gli Scolastici dicevano che operari sequitur esse e, come precisa Wojtya, Il fatto della nascita in s qualcosa di dinamico, esso anche linizio del dinamismo proprio del soggetto che nasce. La nascita equivale allinizio dellesistenza, in essa contenuta quasi la prima e fondamentale dinamizzazione causata dallesse, dallesistenza da cui risulter tutto il dinamismo derivato dell operari (p. 207, Sottolineature dellA.). La natura indica il dinamismo del soggetto, indica cio quellattivit che contenuta interamente nella prontezza dinamica dello stesso soggetto (p. 209): La natura si presenta in questo approccio non come il fondamento di tutto il dinamismo proprio delluomo, ma come suo momento rigorosamente definito (Ibid.). Ma, Esponendo alcuni momenti dellesperienza, rischiamo di non scorgere e di non accettare nelluomo il passaggio tra la natura e la persona, non accettare cio la loro integrazione ( Ibid.), mentre La riduzione metafisica invece mira alla piena integrazione della natura nella persona (p. 215, Sottolieatura dellA.), allinsegna delleffato operari sequitur esse, che anzitutto ribadisce che per agire bisogna prima esistere, ed afferma inoltre che lagire umano qualcosa di diverso dallessere in quanto tale, poich, Quando luomo agisce, in qualche modo anche il suo agire esiste (p. 217). Lesperienza della coesione delluomo con tutto il dinamismo, sia con lagire sia con ci che accade in lui, ci permette di comprendere in che cosa consiste lintegrazione della natura nella persona. Essa non pu consistere nella sola individualizzazione della natura da parte della persona, che qualcuno potrebbe ritenere attenendosi strettamente alla definizione di Boezio: persona est rationalis naturae individua substantia. La persona non solo umanit individuale. invece un modo di esistenza individuale proprio (tra gli esseri del mondo visibile) solo dellumanit. Questo modo di esistere deriva dal fatto che lesistenza individuale propria dellumanit personale. La piena e fondamentale dinamizzazione di qualsiasi essere deriva dallesistenza, dall esse (p. 219, Sottolineature dellA.). E, puntualizza Wojtya, nel concepire la coesione sperimentale di tutto loperari umano con lesse, non vi alcuna difficolt ad accettare il fondamento tomistico di questa coesione. La natura umana un fondamento pi vicino alla coesione tra il soggetto uomo, dinamizzato comunque dallinterno, ed una qualsiasi dinamizzazione di tale soggetto ( Ibid., Sottolieature dellA.). Lumanit, la natura umana, dotata di propriet che permettono alluomo concreto di essere persona: esistere ed agire come persona (p. 221). Lumanit qualcosa di 12

diverso dalla personalit (= il fatto di essere persona) (p. 225) e, si sottintende, non da quella deducibile, quale potenzialit di dinamizzazione: La facolt [ potentia] equivale al centro di una forza, centro del possesso di questa forza e della disponibilit di essa (p. 227). Tuttavia in questo studio, dove cerchiamo di aver sempre presente la persona in tutta la sua dinamica peculiarit, non seguiremo il tradizionale modo di distinguere le facolt delluomo. Non seguiremo questa strada, in quanto ben nota e gi percorsa fino in fondo. Seguiremo invece la fondamentale intuizione della persona cos come essa si rivela nellatto e attraverso latto (p. 229, Sottolineature dellA.), consapevoli del fatto che Uno di questi strati del dinamismo e della potenzialit delluomo somatico-vegetativo, laltro, psico-emotivo (p. 231). Intendiamo qui la vegetativit in senso pi lato di come viene intesa in medicina, ad es. il cosiddetto sistema vegetativo. Per il suo significato questo concetto corrisponde pi o meno allantico concetto aristotelico di anima vegetativa (p. 233), il dinamismo che decide della vita del corpo umano in quanto organismo concreto. Colui che agisce, che compie atti luomo al tempo stesso soggetto dinamico di tutto ci che in lui accade, sia nella sfera emotiva sia in quella vegetativa, sia esso accessibile o meno alla coscienza (p. 235): Lunit dinamica del soggetto uomo almeno nello strato somatico anzitutto unit di vita e solo secondariamente e quasi accidentalmente unit di esperienza vissuta. Questa affermazione parla in favore della priorit della potenzialit sulla coscienza (p. 237). E subito precisa: Qualsiasi analisi delluomo analisi della persona e dellatto che prendesse lavvio dalla sola coscienza, sarebbe condannata in anticipo allinadeguatezza (Ibid.), in quanto diremmo noi uomini siamo spiriti incarnati, e non spiriti puri. La traversalit del subconscio conferma questo dinamismo, i cui atti indicano che anche il subconscio governato dalle leggi di un dinamismo specifico. Lo dimostra la soglia della coscienza, per varcare la quale certi contenuti devono farsi strada affinch possano essere resi coscienti e interiormente vissuti (p. 243). forse la stessa coscienza che custodisce la propria soglia, o forse compito di un altro fattore superiore nelluomo, cio della volont? Non sempre infatti la soglia della coscienza appare custodita, non sempre si esercita qui il cotrollo ovvero la censura da parte del fattore superiore nelluomo. Il consueto passaggio alla coscienza, il rendersi consapevole, avviene in modo spontaneo e incontrollato; ad esempio, quando luomo avverte il dolore in un organo, si rende conto dellesistenza di tale organo e del suo funzionamento, difettoso in questo caso. Qui tuttavia avviene solo il passaggio dallinconscio alla coscienza. Il subconscio invece stato riservato dagli psicoanalisti esclusivamente a quei contenuti, il cui passaggio attraverso la soglia della coscienza collegato allazione del fattore superiore nelluomo, alla sua particolare vigilanza. Ma in tal caso il subconscio rivela ancor pi il dinamismo e la potenzialit delluomo. Infatti da un lato esso indica il dinamismo superiore nonch la potenzialit superiore che sta alla sua base e custodisce la soglia della coscienza; dallaltro lato, invece, indica la potenzialit che nel soggetto uomo si trova al di sotto del livello della coscienza, in ogni caso sotto la sua attuale soglia ( Ibid., Sottolineature dellA.). Pi esplicitamente: Non si deve forse dedurne che gli strati inferiori della potenzialit umana cio quello vegetativo e, in certo modo, quello emotivo danno loro non tanto un rifugio, quanto laiuto del loro proprio dinamismo? (Ibid.). In tal modo, il subconscio mostra la coscienza come dimensione del realizzarsi proprio delluomo, ed in questa prima parte sul dinamismo particolare importanza hanno le considerazioni relative al subconscio: 1) anzitutto mostrano meglio nellaspetto interiore la potenzialit del soggetto; 2) poi aiutano a percepire la continuit e la coesione interiore del soggetto, evidenziando quanto nelluomo accade per effetto delle naturali attivazioni vegetative, eventualmente emotive, e ci che luomo vive interiormente nella coscienza e come suo atto; 3) in terzo luogo in questa continua relazione del suconscio con la coscienza ci mostra luomo come essere soggetto dallinterno al tempo, e quindi con una propria storia interiore. E spesso la coscienza stata paragonata ad un flusso di contenuti che scorre continuamente nel soggetto uomo (Husserl), ed il subconscio permette di comprendere meglio questo flusso; 4) in quarto luogo il subconscio delinea distintamente la 13

gerarchia delle potenzialit delluomo. molto significativa quella pressione verso la coscienza, quella spinta a prendere coscienza, a vivere nella coscienza, che emana di continuo dal subconscio (pp. 245-247). Il suppositum non un sostrato statico, ma il primo, fondamentale, piano di dinamizzazione dellessere che il soggetto personale: dinamizzazione attraverso l esse, attraverso lesistenza. () Infatti divenire lo stesso che cominciare a esistere (pp. 249-251, Sottolineatura dellA.). E pi sotto precisa Wojtya: Cos appunto nella concezione aristotelica e pi tardi tomistica dellactus. Lactus solo secondariamente indica lazione delluomo, qualcosa che nelluomo accade; primariamente invece indica un determinato cambiamento, il fieri dello stesso soggetto uomo o delle sue singole facolt (p. 251, Sottolineatura dellA.). Nel nostro studio precisa Wojtya (p. 253) ci interessa non tanto come formato lorganismo umano (il che per s uno dei problemi pi interessanti) ma come questo organismo integrato nella persona e come il suo proprio dinamismo integrato negli atti della persona nellazione cosciente delluomo, tenendo presente che Tuttavia bisogna far notare subito che il dinamismo vegetativo in modo complementare diverso da quello emotivo pu subire lazione delloperativit cosciente e compenetrarsi di essa (p. 255). In tal modo La morale una realt che entra nella realt degli atti umani, come fieri specifico del soggetto, profondissimo fieri connesso nel modo pi essenziale sia con la sua natura, cio lumanit, sia col fatto che esso persona (p. 257, Sottolineature dellA.): posso ma non sono costretto. Questo non solo il contenuto della coscienza, ma la manifestazione e la concretizzazione del dinamismo proprio delluomo. () Chiamiamo nelluomo volont ci che permette alluomo di volere (p. 259, Sottolineature dellA.), con la correlativa scoperta della libert. La Parte seconda dedicata alla trascendenza della persona nellatto, e si apre con la considerazione che la volont autodeterminazione, per cui Voglio come autodeterminazione attuale presuppone strutturalmente lautopossesso (p. 265, Sottolineatura dellA.) e, a sua volta, lautodominio, anche se bisognerebbe parlare di dominio di s, anzich di padronanza di s, tenendo presente che persona est alteri incommunicabilis (p. 267), e che Lautodeterminazione invece propria della persona (Ibid.). Il termine oggettivazione indica loggettivit dello stesso io, che emerge come ogni umano voglio. Questo voglio nella tradizione filosofica e psicologica era forse eccessivamente esaminato dal punto di vista delloggetto esterno, considerato dunque troppo esclusivamente come voglio qualcosa, e forse non abbastanza sotto il profilo delloggettivit interna, come autodeterminazione, come semplice voglio. Sotto questo aspetto esso ha anzitutto importanza per la filosofia della persona; nel nostro studio, invece, per la concezione della persona e dellatto e, in una prospettiva pi lontana, per letica personalistica. Talvolta si indotti a pensare che latto, che tradizionalmente stato definito actus humanus, di solito venisse presentato pi come persona in actu che come actus personae. Questa distinzione non affatto un gioco di parole, ma riguarda in modo essenziale il problema dellinterpretazione dellatto. Si tratta di stabilire in che modo latto actus humanus sia un vero actus personae: non solo la natura razionale individuale si attualizza nellatto, ma come dimostra lesperienza questo viene compiuto da una sola e irripetibile persona che nel contempo si realizza in esso (p. 277, Sottolineature dellA.), alla luce di una sintesi di operativit e di soggettivit, per cui nihil volitum nisi praecognitum. A questo punto incontriamo la libert della volont come base della trascendenza della persona nellazione. Non sono infatti i motivi o i valori a determinarci, perch mai incontriamo un motivo o un valore che risulti immediatamente obbligante per noi. Wojtya abbiamo visto insiste fortemente sul fatto che siamo noi a dare peso ai motivi: La libert si identifica con lautodeterminazione, con quellautodeterminazione in cui scopriamo la volont come propriet della persona (p. 285): anche per scansare un certo idealismo, partendo dal concetto di libert in quanto tale, e non da quella realt che luomo costituisce e che la libert forma nelluomo, vale a dire lautodominio e lautopossesso. Lautodeterminazione, quindi, appare come ci che unisce e integra il dinamismo proprio delluomo al livello della persona (p. 287).

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Il dinamismo dellautodeterminazione si affaccia per cos dire sui dinamismi dellistinto, cio al livello del dinamismo di natura, dove non c propriamente atto, ma al pi attivazione. Infatti, Non bisogna confondere listinto () con limpulso (). Listinto integra e orienta nellindividuo animale tutto ci che in senso stretto accade solo in esso, in unentit che pu suscitare limpressione di unazione, sebbene sia soltanto una coordinazione di attivazioni a suo modo splendida (p. 289). Quindi al dinamismo al livello di natura, dinamismo il cui fattore integrante listinto, si attribuisce la necessit come antitesi della libert, che propria della persona grazie allautodeterminazione (Ibid.). Loperativit in questo caso una derivata della libert (p. 291). Merita particolare rilievo il fatto che il senso fondamentale della libert delluomo, libert della volont, basato sullesperienza, ci fa porre in primo piano la dipendenza nel dinamismo dal proprio io. Proprio qui il realismo dellesperienza nega lidealismo della pura astrazione. In astratto infatti la libert indipendenza, mancanza di dipendenza. Mentre, tuttal contrario, la mancanza di dipendenza dal proprio io nel dinamizzarsi di un dato soggetto equivale alla mancanza di libert, comunque alla mancanza del suo fondamento reale (Ibid.). Mentre, Attraverso lautodeterminazione si spiega la trascendenza della persona nellatto, mentre latto stesso si costituisce come actus personae, che gi in precedenza abbiamo distinto dalla persona in actu (p. 293, Sottolineature dellA.). Questo superamento del limite del soggetto si compie in un modo negli atti conoscitivi, in un altro nei voleri che hanno carattere di tendenza ( Ibid.). Ed a questo punto Wojtya distingue una trascendenza orizzontale ed una trascendenza verticale: lintenzionalit si pu definire trascendenza orizzontale, mentre i voleri sono intenzionalmente diretti verso loggetto loro proprio, in quanto valore-fine. Questa trascendenza () si potrebbe definire verticale (Ibid., Sottolineature dellA.). Luomo libero: ci vuol dire che nella dinamizzazione del proprio soggetto dipende da se stesso, e loggettivazione rientra nel significato fondamentale della libert (p. 295). Ma, ancor pi propriamente, grazie a questo totale ed esclusivo potere della persona sulla volont, questultima facolt della libert della persona (p. 299, Sottolineatura dellA.), in quanto Il modo di dinamizzarsi della volont proprio soltanto della persona, e non della natura, che abbiamo denominato istinto (p. 301). Emerge qui il senso dellazione istintiva delluomo, il quale, ad es. istintivamente rifugge dal pericolo, dal dispiacere o dal dolore, istintivamente si procaccia il cibo per sfamarsi ecc. Per spiegare questistintivit sar importante lanalisi dellimpulso nel senso in cui si ha nelluomo (pp. 301-303). Lanalisi muove dalla trascendenza orizzontale, espressa dallappetitus, cui corrisponde sotto un certo aspetto il termine tendenza: tendere infatti come dire mirare ad un fine: cos dunque la relazione col fine carattere essenziale dellappetitus (p. 307, corsivi dellA.). Si deve poi distinguere intenzione come da intenzionalit e intenzione come da intenzione (distinzione introdotta da Roman Ingarden, ma che riflette la distanza tra il brentanismo husserliano ed il suo platonismo). La decisione svolge lintenzione, nellatto di volont, semplice o composito, comunque indirizzamento verso un valore, come indirizzar- si, dove la disposizione a tendere al bene sta alla base di ogni decisione della volont: Della maturit della persona, della sua perfezione, decide in misura fondamentale il fatto che essa si lascia attrarre da valori autentici, che si lascia totalmente trascinare e quasi assorbire da essi (p. 313). La decisione [ proprium liberi arbitrii est electio dice San Tommaso] quasi una soglia attraverso la quale la persona, in quanto persona, va verso il bene, e ci deve continuare in ogni processo di assorbimento del bene, anche quando potrebbe giustamente sembrare che sia il bene un grande fine ad assorbire letteralmente luomo (Ibid.). Allessenza di ogni voglio, che sempre oggettivo, un voglio qualcosa, appartiene una costante disposizione a tendere al bene. In un certo senso questa disposizione per lessenza dinamica della volont qualcosa di pi primario e di pi fondamentale della capacit di decidere. La capacit di decidere infatti presuppone la disposizione dinamica a tendere al bene (p. 315). E qui il discorso cade sui motivi: La complessit soggettiva delluomo fa distinguere con precisione il movimento della volont, che dobbiamo alla motivazione, dalla commozione (). 15

I motivi in linea di massima muovono ma non commuovono. Muovono, nel senso che causano il fatto che luomo vuole qualcosa (p. 317), tanto che Durante la discussione dei motivi osserviamo quasi una sospensione del volere (p. 319). In tal modo lindeterminismo entra nella formula dellautodeterminismo (p. 323), nel senso che la libert non annulla affatto il condizionamento inteso nel modo pi ampio attraverso il mondo degli oggetti, e specialmente attraverso il mondo dei valori. Mentre Il determinismo si presenta in una forma materialistica in cui la concezione presupposta di materia entra nellinterpretazione dellesperienza della persona e non permette a questa stessa esperienza di esprimersi fino in fondo (p. 325): per cui loriginalit dinamica dellatto di volont una negazione del determinismo, tanto che, se luomo sceglie il bene minore, perch esso hic et nunc gli stato presentato come maggiore (p. 327). Ma ancor pi a fondo che il riferimento al bene della volont, il principio intrinseco della decisione il riferimento della volont alla verit, ed in questo quadro persona est ineffabilis, la persona inesprimibile (cio non si lascia afferrare in pieno concettualmente) () infatti la persona individuum e al tempo stesso qualcosa di pi dellindividuum (p. 333). Ma La dinamica della volont in s e per s non conoscitiva: volere non significa in alcun modo conoscere o sapere (p. 335), anche se lesperienza conoscitiva vissuta dei valori condizione della decisione e della scelta, dove La motivazione non si identifica con la determinazione; invece, la motivazione condiziona lautodeterminazione (p. 341): allora in primo luogo bisogna rilevare il senso fondamentale della verit sul bene, che la volont esige dalla conoscenza, e in secondo luogo bisogna ammettere che questa richiesta condiziona in particolare la conoscenza ed esercita su di essa uno specifico influsso (p. 343). In ogni caso, non lintenzionalit del volere, ossia lindirizzarsi verso quegli oggetti che hanno in qualche modo valore, tipica della volont, ma lorientamento attraverso la decisione o la scelta (p. 347). La verit assiologica (o piuttosto: la verit in senso assiologico) non tuttavia la cosiddetta verit pratica e non appartiene direttamente alla cosiddetta conoscenza pratica. Appartiene piuttosto alla conoscenza teoretica, elemento essenziale della visione della realt. per lelemento cui pi dobbiamo nellazione; grazie ad esso infatti sapere passa in volere (p. 349, Sottolineatura dellA.). Pi generalmente, Nellesperienza la conoscenza ci data sostanzialmente come azione. Tale il suo momento specifico: quando conosco e anche quando penso, agisco ( Ibid.), allorch mi viene in mente o mi vien voglia, in quanto Il giudicare pure lattivit conoscitiva pi tipica delluomo Se cio parliamo per proposizioni, perch pensiamo per giudizi (p. 353). Per questo Volere vuol dire non solo tendere ad un fine, ma tendere decidendo (p. 355), e Quando hic et nunc si coglie intuitivamente il valore, abbiamo il diritto di ritenere che ci sia il risultato indiretto di interventi discorsivi anteriori (p. 357), dei quali non ci rendiamo conto direbbe Sofia Vanni Rovighi per la rapidit dellintero processo, il cui compimento sembra lequivalente pi adatto del termine actus, che indica appunto la pienezza rispondente ad una determinata facolt o potenzialit. () Lintenzionalit mostra il senso sviluppato della libert (p. 361), tenendo presente che Alla persona umana spetta la libert non come pura indipendenza, ma come dipendenza da s, in cui racchiusa la dipendenza dalla verit (p. 371). Compiendo un atto, luomo realizza in esso se stesso, diventa infatti come uomo come persona buono o cattivo. Si ha questa realizzazione in base allautodeterminazione, ossia alla libert. () Il dovere la forma sperimentale della dipendenza dalla verit, cui soggetta la libert della persona, dove la funzione piena della coscienza morale consiste anche nel far dipendere latto dalla verit conosciuta (p. 373, Sottolineature dellA.). Lintelletto comunemente inteso come lorgano del pensare, sebbene la funzione del pensare e dellintendere sia legata piuttosto alla ragione (pp. 377-379, affermazione che starebbe bene in bocca a Kant). Ma Wojtya riprende subito: Luomo non solo uno specchio passivo che riflette gli oggetti, ma mantiene rispetto ad essi una specifica preminenza per mezzo della verit; si tratta della superiorit della verit che implica una certa distanza dagli oggetti e che insita nella natura spirituale della persona (p. 381), distanza che parimenti condizione del distacco e del pentimento, aggiungiamo noi: dove, nel caso peggiore, si tratter dellesperienza della mala fede, ossia del falso di coscienza, mentre alluomo non resta che agire 16

per diventare buono o agire per diventare cattivo, nella consapevolezza del primato della verit attraverso il dovere, giacch, con buona pace di Kant, La persona umana in ogni suo atto testimone oculare del passaggio dall al deve (p. 389), dove il dovere si pone come espressione della chiamata a realizzarsi (perch, direbbe Heidegger, luomo un Dasein sempre e perpetuamente avente da essere). Infatti, Il vero intimamente legato al dovere. Qui non si tratta solo della verit oggettiva delle norme in abstracto, ma anche dellesperienza vissuta del vero, la quale si esprime con la convinzione ossia con la certezza soggettiva che questa o quella norma indica un bene vero, ed a riguardo di esperienza vissuta del vero si parla non tanto di vero quanto di validit (p. 393). La coscienza creativa nellambito della verit delle norme (). La coscienza d alle norme quellunica e irripetibile forma che esse hanno proprio nella persona, nella sua esperienza vissuta e nella sua realizazione. () Il dovere, cio il potere normativo della verit della persona, intimamente legato alla coscienza, dimostra che la persona nellagire libera. La verit infatti non annienta la libert, ma la sprigiona, dove il rationabile obsequium il sinonimo personalistico del dovere (San Paolo) (p. 395, Sottolineature dellA.). Wojtya insiste sul fatto che la definizione boeziana di persona come di una rationalis naturae individua substantia implica che la riduzione metafisica propria di quella definizione metta in evidenza pi la natura intellettiva (= la natura razionale) che la persona nella trascendenza conoscitiva mediante la relazione con la verit (p. 397, Sottolineature dellA.), mentre il passaggio dal valore al dovere costituisce un problema a parte, alla cui luce Il dovere () conduce luomo attraverso lagire, la persona attraverso latto nella realt, la rende soggetto del particolare dramma (dramatis persona) nel contesto della realt. Questo , da parte delluomo-persona, il dramma dei valori e dei doveri (p. 401): per questo in von Balthasar lestetica teologica non pu che sfociare in una teodrammatica. Cos, La persona, come struttura specifica dellautodominio e dellautopossesso, si realizza nel modo pi compiuto mediante il dovere; non attraverso lintenzionalit dei voleri, n per mezzo dellautodeterminazione, ma attraverso il dovere in quanto particolare modificazione dellautodeterminazione e dellintenzionalit (Ibid., Sottolineature dellA.). Si delinea qui il legame tra dovere e responsabilit, aver-da-rispondere. Si delinea il rapporto devo-rispondo: dovere-responsabilit. A causa del dovere la rispondenza ai valori propria della volont assume nella persona e nel suo agire forma di responsabilit dei valori (p. 405, Sottolineatura dellA.). Al complesso della realt che la responsabilit costituisce appartiene ancora un aspetto essenziale, che definiamo responsabilit davanti a. La responsabilit davanti a presuppone la responsabilit per (p. 409), aspetto nuovo della responsabilit che dice molto sul tema della coordinazione delluomo come persona con tutto il mondo delle persone, in quanto essa sempre responsabilit davanti a qualcuno e dunque davanti alla persona. In essa ha inizio la via gi adesso la chiameremo via della partecipazione che conduce altre persone, sia nella comunit umana sia sul piano religioso (p. 411). La responsabilit davanti a qualcuno, integrata nella voce della coscienza, mette il mio io in posizione di giudice rispetto a me stesso ( Ibid.), mentre La responsabilit ridotta equivalente ad una diminuzione della personalit (nel senso di essere persona) (p. 413). Nel concetto di beatitudine racchiuso qualcosa di molto vicino alla realizzazione: non tanto al compimento dellatto, quanto alla realizzazione di s attraverso latto. Il realizzarsi e lessere felice costituiscono quasi unidentit. Realizzarsi attuare quel bene mediante il quale luomo come persona diviene buono ed buono. Si delinea chiaramente lunione tra beatitudine e assiologia della persona (Ibid., tra virt e felicit, direbbero Aristotele e Kant). Quanto poi al profilo intrapersonale della beatitudine, noto dallesperienza che tale partecipazione in senso particolare generatrice di felicit. Quanto alla distanza della beatitudine dal piacere, si pu ricordare che Il piacere invece, al pari del dispiacere, accade nelluomo (p. 421).

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Si gi accennato al concetto di trascendenza (verticale e orizzontale). Qui Wojtya nella nota a p. 427 richiama 1) che la responsabilit presuppone una determinata e non una qualunque teoria della persona; 2) Ingarden sottolinea che una delle condizioni essenziali della responsabilit la libert della persona che compie un atto; 3) la relazione tra responsabilit e dovere si pu rinvenire in Ingarden quando parla dei fondamenti ontici della responsabilit, ritenendo che uno di questi fondamenti sia costituito dai valori, in merito ai quali altrove osserva che hanno carattere di doveri. Quanto alla persona, Solo a colui che si distingue per la struttura dellautopossesso e dellautodominio spetta la definizione qualcuno. Gli spetta sia quando per essa si distingue attualmente, sia potenzialmente. Dunque gi al momento del concepimento luomo qualcuno. qualcuno anche quando certi fattori impediscono la sua realizzazione negli atti, ossia la sua piena attualizzazione dellautodominio e dellautopossesso. La definizione qualcuno spetta alluomo non solo in seguito allesperienza della trascendenza, ma anche in base allanalisi dellessere (p. 429). Sul medesimo fondamento egli ad un tempo colui che domina se stesso e colui che dominato da s. Alla preminenza risponde la subordinazione. Luna e laltra compongono lunit della persona (p. 435), unit della complessit, dove il concetto di spiritualit la chiave per comprendere la complessit delluomo. Luomo infatti ci appare come persona e come tale ci appare soprattutto nellagire, nellatto. Allora, nel campo della nostra esperienza integrale, egli si presenta come qualcuno materiale che corpo, e nel contempo lunit personale di questo qualcuno materiale determinata dallo spirito, dalla spiritualit, dalla vita spirituale (p. 439, Sottolineature dellA.). Donde il bisogno di comprendere la complessit delluomo come essere, non essendo puro spirito, ma spirito incarnato: il bisogno di comprendere la sua complessit fino alla fine oppure fino in fondo. Essa propria della metafisica che gi da molto tempo ha elaborato la teoria delluomo come essere composto di anima e corpo cio di spirito e materia (p. 441). La terza parte concerne lintegrazione della persona nellatto, in quanto Lanalisi dellautodeterminazione e del compimento dellatto consolida in noi la visione della persona come struttura dinamica altamente specifica: questa la struttura dellautodominio e dellautopossesso (p. 447). Ma il concetto della trascendenza della persona nellatto non esaurisce del tutto la realt dinamica della persona (Ibid.). Nel concetto di autopossesso compresa la persona come chi possiede se stesso o chi posseduto da se stesso. Parimenti nel concetto di autodominio compresa la persona come chi domina se stesso o chi soggetto e subordinato a se stesso (p. 449), perch Chi domina se stesso nel contempo posseduto da s, e senza lintegrazione la trascendenza come sospesa in una specie di vuoto strutturale (Ibid.). Lintegrazione si pone allora come lattuarsi del tutto e dellunit sulla base della complessit. Il termine integrazione deriva dal latino integer che significa integro, totale, intatto. () Integrare vuol dire unire le parti componenti per costituire un tutto; indica sia il processo sia il risultato di tal processo. Il termine integrazione usato in filosofia sembra indicare non tanto il processo di unificazione in un tutto di ci che prima era separato, quanto lattuarsi e il manifestarsi del tutto e dellunit sulla base di una certa complessit (p. 451, Sottolineature dellA.). Nella dimensione psicoetica o psicosomatica delluomo il concetto di integrazione risulta maggiormente comprensibile se riflesso in quello di disintegrazione, poich Per disintegrazione, nel significato fondamentale di tale concetto, intendiamo dunque ci che si evidenzia nella struttura di autopossesso e di autodominio, propria della persona, come mancanza o insufficienza di tale struttura (p. 457). La capacit di dominare e possedere se stesso, strettamente connessa con lautodeterminazione, determina () lasse portante trascendente della persona umana (p. 459), che la disintegrazione sembra incrinare, rappresentando una limitazione dellintegrazione della persona nellatto, in quanto La persona disintegrata incapace di dominare o di possedere se stessa nella misura in cui si dimostra incapace di subordinare se stessa nonch di essere pienamente posseduta da se stessa (Ibid.). E qui possiamo distinguere la disintegrazione attuale, abituale e potenziale, cio relativa 18

alla potenzialit delluomo. Anzitutto, lincapacit di associare correttamente un difetto della conoscenza stessa, che ha per conseguenze nellagire, in quanto persona ed atto sono ununit superiore rispetto a quella della complessit psicosomatica, termine pi appropriato che non quello di psicofisico, poich racchiude in s sia lunit sia la complessit psicosomatica delluomo. Lanalisi dellintegrazione impone da una parte il presupposto mentale delle strutture personali, () e dallaltra obbliga a penetrare nella complessit psicosomatica delluomo (p. 465, Sottolineature dellA.). I dinamismi propri della somatica e della psiche delluomo prendono parte attiva allintegrazione, tuttavia non ai loro propri livelli ma a quello della persona (p. 467, Sottolineature dellA.). I dinamismi psichici di natura emozionale di per s non sono azione, identificandosi non con lesperienza luomo agisce, ma con lesperienza (qualcosa) accade nelluomo: E proprio nel superamento del limite fra accadere e agire consiste la funzione specifica dellintegrazione (p. 469, Sottolineatura dellA.). Se non si attuasse lintegrazione della persona nellatto, ed in essa lintegrazione dei dinamismi propri della complessit psicosomatica delluomo, allora nel suo suppositum ontico si realizzerebbe solo la soggettivit e non loperativit (pp. 469-471, Sottolineatura dellA.). Ci proponiamo di definire la caratteristica del dinamismo psicosomatico delluomo, attribuendogli la reattivit e lemotivit; la reattivit corrisponde di pi alla somatica, lemotivit alla psiche (p. 473), dove Il termine somatica (dal greco soma) indica il corpo, sia nellaspetto esteriore che in quello interiore del suo sistema (p. 475, Sottolineatura dellA.). E siamo giunti allintegrit psicosomatica delluomo, al cui proposito Wojtya precisa: Lintegrit delluomo non solo presenza in lui di tutte le componenti della sfera somatica e psichica, ma anche sistema di condizionamenti reciproci che rendono possibili le funzioni proprie delluomo, delluna e dellaltra. Essa dunque integrit non statica ma dinamica. Per quanto riguarda la direzione dei condizionamenti reciproci, essa va in un certo modo dallesterno allinterno, quando si tratta del condizionamento delle funzioni psichiche da parte di quelle somatiche, e dallinterno allesterno allorch si tratta dellespressione somatica delle funzioni psichiche (p. 477, Sottolineature dellA.): e su questo punto lilemorfismo aristotelico-tomista viene chiamato a spiegare la messa in atto di quella differenza, anche con la tesi metafisica sullindividualizzazione delluomo attraverso la materia (e non attraverso la forma, e per San Tommaso la materia signata quantitate), laddove il corpo diventa terreno e mezzo dellesteriorizzazione delloperativit e mezzo dellautodeterminazione della persona. Diventa dunque anche mezzo e terreno di interiorizzazione per lanima, per il dinamismo proprio della sua spiritualit, per la libert in relazione dinamica con la verit, conformemente a quanto stato detto alla fine delle analisi sulla trascendenza della persona nellatto. () Qui il behaviorismo pu essere solamente un mezzo per descrivere, non per interpretare le azioni delluomo (p. 485). La persona diventa oggetto della sua azione. A questa oggettivazione partecipa in particolare il corpo ( Ibid.). Luomo in modo particolare consapevole di possedere il proprio corpo, allorch, nellazione, si serve di esso come di un mezzo obbediente per esprimere la sua autodeterminazione (p. 487). Nella Nota della stessa pagina si ribadisce che il mio corpo non oggetto di possesso, come fosse una macchina, una penna, un libro. In questultimo possedere loggetto del posseso ci si svela come esteriorit, poich c distanza tra me e ci che ho, che fino ad un certo punto indipendente da me. Mentre il mio corpo non qualcosa di esterno rispetto a me, come la macchina. Non posso disporre del mio corpo n cederlo, cos come posso disporre del denaro. Tutto ci deriva dal fatto che il mio corpo non un corpo, ma il mio corpo: il mio corpo cio incarna me. Aggiungeremmo che inesatto dire ho il mio corpo cos come dire io sono il mio corpo. Attraverso lobbedienza del corpo, che i tomisti sembrano esprimere con il termine usus passivus, si compie anche lintegrazione della persona nellatto. La capacit di oggettivare il corpo e di servirsene nellazione un elemento importante della libert personale delluomo. () Luomo come persona possiede se stesso proprio nellaspetto somatico in quanto possiede il suo corpo, e domina se stesso per il fatto che domina il suo corpo (p. 489), in uno stretto legame per altro con linsieme delle condizioni esterne dellesistenza, mentre luomo, quanto a somiglianza, nella natura 19

lessere pi vicino agli animali, particolarmente agli animali superiori, come specificato nella definizione di animal rationale. A fianco troviamo il concetto di reazione, che un concetto analogico, molto spesso usato per definire linsieme del modo di comportarsi delluomo: Bisogna riconoscere che il termine reazione in qualche modo si adatta bene a tutte le componenti della condotta umana sebbene siano differenziate (p. 493). In particolare, la reattivit propriet della vita, e in un certo senso persino una sua legge, cio principio di formazione, di conservazione e di sviluppo (p. 495, Sottolineature dellA.). Strettamente connessa alla reattivit la vitalit: La vitalit ha carattere vegetativo. La vita del corpo umano vegetativa (Ibid.). La sequenza delle reazioni puramente istintive, che si attuano secondo natura, costituisce il tessuto dinamico di tutta la vitalit vegetativa del corpo umano (pp. 495-497): tali reazioni accadono, e La capacit di reagire agli stimoli un tratto peculiare della potenzialit somatica delluomo (p. 497), in quanto la capacit di reagire agli stimoli direttamente legata al sistema nervoso, che serve tutto il corpo e determina le singole direzioni del suo dinamismo reattivo e della potenzialit somatica che alla sua radice ( Ibid.). Codesto dinamismo non lo ritroviamo dunque nellesperienza luomo agisce, ma in quella per cui (qualcosa) accade nelluomo, in cui loperativit della persona assente: La reazione e la reattivit di per s non comprendono loperativit della persona. Si pu parlare, in questo caso, di una operativit propria del corpo, insita nella persona in base allunit ontica delluomo (p. 499, Sottolineature dellA.). E siamo alla sintesi dellatto e del moto. La sintonia della soggettivit somatica con la soggettivit operativa-trascendente della persona pone che Questa integrit condizione per lintegrazione della persona nellatto. Lassenza di essa ostacola anche lintegrazione e genera diverse forme di disintegrazione. Allora la soggettivit, quella per cos dire propria del corpo, soggettivit reattivo-vegetativa, cessa di essere in sintonia con la persona come soggetto operativo. Come se si staccasse e si rendesse indipendente a svantaggio della persona (p. 501). Invece si pu dire che nel momento dellautodeterminazione luomo avvia il dinamismo reattivo del corpo e si inserisce in tale dinamismo, che si serve coscientemente di esso: Sia luno che laltro fatto corrispondono al concetto di usus impiegato dai tomisti per definire il momento dellatto umano. Tutto ci appare con evidenza allorch assistiamo alla sintesi dinamica dellatto e del moto. Un fatto questo assai frequente e consueto, poich grande la quantit di atti esterni che racchiudono lesteriorizzazione concreta e visibile nei movimenti del corpo (p. 503). Inoltre Lesistenza dei riflessi nelluomo sembra testimoniare allesterno una certa indipendenza del corpo dalla volont, la sua propriet potenziale e specificit dinamica. Ci non ostacola minimamente la sintesi dellatto e del moto che nelluomo normale si ripete continuamente. Mentre nel riflesso si pu vedere solo lattivazione del corpo, in cui assente il momento delloperativit personale, nella sintesi dellatto e del moto, questo momento compreso (Ibid.). Questo insieme dinamico si manifesta allesterno, ma bisogna cercare le sue radici allinterno del corpo, nella sua reattivit, cui si aggiunge la capacit specifica di ogni altro uomo di convertire gli stimoli in impulsi motori. La mobilit come specifica esteriore della reattivit somatica, in parte innata ed in parte acquisita attraverso le abilit molto presto sviluppate, corrisponde alla specifica esterna dellorganismo e deriva da essa. Questa convinzione forse stata e continua ad essere alla base di tutti i tentativi di classificare gli uomini a seconda dei temperamenti (p. 507), laddove un uomo somaticamente molto disintegrato dimostra il pi delle volte una personalit rilevante. E siamo allintegrazione della persona nellatto e nellimpulso: Il termine impulso si avvicina etimologicamente alla parola istinto Listinto indica il modo di dinamizzarsi proprio della natura, limpulso invece un certo orientamento dinamico della natura in una determinata direzione, come nel caso dellimpulso di autoconservazione o di procreazione (p. 509). Il tratto psichico dellimpulso si esprime in una particolare sollecitazione emotiva, che assume lorientamento proprio dellimpulso e perfino lo produce: infatti lesperienza vissuta della sollecitudine, e quindi di una sorta di incitamento ossia di costrizione che indica una determinata necessit obiettiva ha 20

carattere psicoemotivo, e viene ad esprimersi nel mi sento bene o mi sento male, dove le sensazioni di benessere fisico o di malessere, di forza o di debolezza, hanno significato di autoconservazione, che come tratto ha un significato addirittura metafisico cifrato dallesistenza stessa che rappresenta tale contenuto e tale valore: Limpulso di autoconservazione come una costrizione ad esistere, come una necessit soggettiva di esistere iscritta in tutta la struttura dinamica delluomo. () bene esistere e vivere, male perdere lesistenza e la vita; laffermazione intellettuale dellesistenza e della vita dimostra anche il valore particolare e fondamentale dellesistenza stessa (p. 513), al punto che negli uomini che si tolgono la vita resta sempre aperto il problema: non esistere in generale, o semplicemente non esistere nel modo che sembra loro insopportabile. Se a fronte dellistinto, lineare e semplificato, limpulso si presenta come qualcosa di gi strutturato, veicolo dellautoconservazione limpulso sessuale, che penetra molto pi profondamente nella psiche e nellemotivit che le propria nonch nella spiritualit stessa delluomo. Come sullimpulso di autoconservazione poggia la tendenza naturale a mantenere la propria esistenza, cos, a sua volta, sullimpulso sessuale poggia la tendenza a stare con laltro uomo, in base alla profonda somiglianza nonch alla differenza derivante dalla diversit di sesso. Questa tendenza naturale costituisce il fondamento del matrimonio e, attraverso la convivenza nel matrimonio, il fondamento della famiglia (p. 515), cos che limpulso sessuale diventa impulso di procreazione. Il controllo dellimpulso sessuale possibile, bench talora soggetto a difficolt quando leccitabilit sessuale nelluomo particolarmente intensa17. Nella dimensione psicosomatica delluomo emerge il concetto di psiche, che non si identifica con quello di anima, che nel linguaggio corrente viene sempre usato in correlazione con quello di corpo: Nondimeno il termine psiche non coincide con il concetto di anima, bench etimologicamente derivi dal greco psych che significa appunto anima. Il concetto di psiche indica nelluomo solo ci che appartiene alla sua integrit, anzi ci che la costituisce, non essendo di per s la psiche corporea ossia somatica. E appunto per questo il concetto di psiche adeguato al concetto di somatica, e qui cercheremo di usarlo in tale correlazione (p. 521). Per illustrare il legame tra psiche e somatica, in base al fatto che lintegrit psichica anche base dellintegrazione della persona nellatto, cade lavvertenza che la psiche non corpo, non materia, ed anche linteriorit del corpo umano, ci che definiamo organismo, si differenzia sostanzialmente dalla psiche: Sembra che lo stesso concetto di temperamento e i vari tentativi di classificare gli uomini in base ai temperamenti abbiano avuto lo scopo di definire pi precisamente lintegrit psichica delluomo, intesa come base dellintegrazione della persona (p. 525). Per analogia caratterizzeremo il dinamismo psichico, ed indirettamente la potenzialit psichica delluomo, considerando lemotivit come tratto maggiormente specifico di tale dinamismo e di tale potenzialit. Siamo cos nellorbita dellemotivit e dellemozione da cui quella deriva, quale esperienza vissuta emozionale, essenzialmente affettiva. Tuttavia il termine emotivit non denota il lato affettivo delluomo, avendo un significato pi ampio, che si ricollega a tutto il ricco e differenziato mondo delle sensazioni umane, dei comportamenti e degli atteggiamenti inerenti: infatti parliamo non soltanto di sensazioni e sentimenti, ma anche di impressioni, percezioni, di intuizione, di presentimento, ecc., anche in combinazioni diverse, come quando parliamo ad esempio di sentimento artistico o di sentimento morale, e parimenti di senso artistico e di senso morale, come nelletica del moral sense (Cfr. D. HUME, A Treatise of Human Nature, London 1739). Letimologia delle parole emozione ed emotivit indica un moto o un movimento ( emotio = da movere, muoversi) che proviene dallinterno, come dimostra il prefisso ex-. Dunque La psiche condizionata dalla somatica. Lemotivit, che sembra caratterizzare il dinamismo psichico delluomo, condizionata dalla reattivit che caratterizza il suo dinamismo somatico (pp. 52917

Cfr, in proposito K.WOJTYA, Amore e responsabilit. Studio di morale sessuale , prefaz. del Card. G.COLOMBO, trad.it. di A.B. MILANOLI, Roma 1969.

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531). Ma accanto allemotivit c la risposta cosciente della volont, in un legame di complementariet: lintegrazione completa la trascendenza, che si realizza attraverso lautodeterminazione e loperativit. Tuttavia la risposta cosciente ai valori viene inclusa in particolare nellatto umano tramite lintegrazione di tutta la psico-emotivit delluomo. Lemotivit indica inoltre una particolare sensibilit ai valori. () La sensibilit ai valori basata sullemotivit ha nelluomo carattere spontaneo. (). Nella trascendenza infatti, non nella sola integrazione dellemotivit umana, si rivela il significato pi profondo della spiritualit dellanima umana. Dobbiamo sempre tener presente ci per renderci conto che spirituale non equivale affatto a psichico. Psichico anche emotivo e sensitivo (p. 533, Sottolineature dellAutore). La reazione pu essere sensitiva e motoria, e sin qui siamo stati interessati alla capacit della reazione motoria agli stimoli corrispondenti, capacit che sembra essere accompagnata dalla capacit di sentire, consistente a livello somatico anche nella ricezione degli stimoli che provengono dagli oggetti materiali, da differenti corpi: e il loro effetto psichico, si esprime nel sentire. Cos, la sensazione di per s non movimento n riflesso somatico, ma diviene in essa un contenuto oggettivo sensitivo che penetra anche nel campo della coscienza. Alla coscienza legata la sensazione del proprio corpo. Il corpo, i suoi diversi stati e movimenti diventano fonte di sensazioni, che in sostanza permettono alluomo lesperienza vissuta del proprio corpo. In questa esperienza la sensazione si inserisce nella coscienza e crea con essa quasi la base dellesperienza vissuta, bench la sensazione tramite i sensi si differenzi dalla consapevolezza intellettuale (p. 539). Tutto il dinamismo interno si trova come oltre la portata della coscienza: Sottolineiamo qui lavverbio come, perch luomo che ha coscienza del proprio corpo, ha anche una certa coscienza generale della sua interiorit e del dinamismo interiore ( Ibid.), come nel caso per es. del dolore fisico. La sensazione corporea, riflesso immediato del corpo, ha un significato fondamentale per lesperienza vissuta del proprio io corporeo, che si esprime come una certa sensazione di se stesso. Wojtya adduce in proposito numerosi esempi: mi sento bene, mi sento male, mi sento stanco, esaurito, malato, o, al contrario, forte, sano, ecc., oppure anche abile o inabile, il che, attraverso il riflesso psichico, evidenzia il significato dellabilit per il dinamismo reattivo-motorio del corpo (p. 541). Quando invece la mente fresca accresce la chiarezza del pensiero, in questo modo ci rendiamo anche conto di quanto il nostro io somatico sia strettamente legato allio personale, e dellintima coesione tra essi esistente. Siamo cos giunti allaffermazione della superiorit della coscienza rispetto alle sensazioni, condizione del dinamismo personale, in quanto La sensazione del proprio corpo rivela la soggettivit psicosomatica delluomo (p. 543), in quanto La sensazione del corpo permette alluomo di penetrare nella propria somatica tanto quanto necessario per lautodeterminazione nellatto e quindi anche per la trascendenza della persona (p. 545). Luomo sente non solo il proprio corpo ma anche se stesso in un modo pi integrale, sente ci che determina il proprio io e la sua dinamica. Sente inoltre il mondo come composito e differenziato complesso di esseri (Ibid.). La sensazione nella sua specificit, come fatto emotivo, pi legata direttamente a ci che accessibile ai sensi, bench non sia completamente separata dai contenuti intellettuali, proprio perch sensibilit e intelletto non sono due fonti di conoscenza, bens due radici di ununica conoscenza, quella dello spirito incarnato (uomo). Quando constatiamo nelluomo non solo la sensazione del suo proprio corpo e dei corpi in genere (cui si accede tramite i sensi) ma anche un senso estetico, religioso o morale, allora lelemento emotivo corrisponde in qualche modo anche alla spiritualit delluomo, e non solo alla sua sensitivit (pp. 545-547). E qui si fonda il senso morale, religioso, sociale ed etico. Ovviamente qui la nozione di senso stata usata come se avesse un significato analogico: senso pertanto indica la concretezza della funzione conoscitiva in un dato campo come pure lintuivit e di conseguenza ladeguatezza che appartiene al senso in relazione alle cosiddette qualit del senso (p. 547). Parlando della sensibilit, non trattiamo della mera sensibilit (della vista, delludito, del tatto, ecc.), ma anche delle differenti direzioni intenzionali del sentire umano, che stanno al centro di quella 22

rosa che lunica fonte di contatto conoscitivo che luomo stabilisce con i valori, in quanto al di fuori della percezione del valore (Wertgefhle) non ne esiste altra conoscenza autentica (Max Scheler). Ma per la trascendenza della persona nellatto necessaria anche unaltra integrazione, lintegrazione nel vero. La trascendenza della persona nellatto consiste nel riferimento alla verit, che condiziona la libert autentica dellautodeterminazione: Il penetrare del vero nella sensibilit unesigenza dellesperienza vissuta personale dei valori (p. 551, Sottolineature dellA.). Lautenticit indica, in questo caso, una realizzazione della libert, che condizionata dalla convinzione ossia dal riferimento maturo alla verit: ed in questo caso si tratta di valore autentico. Ma Lautodeterminazione e con essa lautodominio esigono talvolta che si agisca in nome della nuda verit sul bene, in nome del valore non sentito. Talvolta esige persino che si agisca contro le sensazioni attuali (p. 551). La capacit di sentire alla base di molti talenti umani: infatti, il riconoscimento intellettuale del valore, la sua giusta valutazione oggettiva, non conferisce allesperienza vissuta lespressivit che le viene data dalla sensazione, non avvicina luomo al valore, n lo concentra su di esso come fa la sensazione. Per questo conclude Wojtya la sensibilit certamente una ricchezza particolare della psiche umana (p. 553). Nel tomismo emerge con evidenza il limite fra la sensitivit e la razionalit delluomo, ed inoltre messo in risalto il loro stretto legame. Ci si chiede: alla radice delleccitabilit emotiva sta il desiderio (appetitus concupiscibilis) o leccitazione (appetitus irascibilis)? Luomo con lintelletto conosce il mondo visibile ed accessibile ai sensi e ne coglie gli oggetti per via di generalizzazione intellettiva (o intuizione universalizzatrice, S.VANNI ROVIGHI). Il legame fra sensibilit e razionalit per presente nella sfera che San Tommaso definisce appetitus: lappetitus sensitivus fornisce gli oggetti alla volont, definita appetitus rationalis. Traduciamo appetitus sia come tendenza sia come desiderio, ma nessuno dei due termini rende esattamente il suo vero significato. Per definire pi da vicino tale realt, San Tommaso dAquino distinse concupiscibilit (appetitus concupiscibilis) e irascibilit (appetitus irascibilis), entrambi costituendo una variante tipica dellappetitus sensitivus. La differenza fra i due emerge soprattutto nei riguardi del bene definito, che nel primo caso solo oggetto di desiderio, nel secondo invece bene difficile da conseguire (bonum arduum) e perci oggetto di conquista. Vi sono uomini in cui predomina la concupiscibilit, e uomini in cui predomina lirascibilit. Fatto emotivo particolare leccitazione, che pone in rilievo il carattere emotivo della psiche umana, in quanto leccitazione accade nel soggetto rivelandone la specifica potenzialit psichica, quale fatto emotivo diverso dalla sensazione, dotata di una certa capacit conoscitiva. Si hanno nelluomo eccitazioni di tipo irascibile e di tipo concupiscibile, ed ogni volta si tratta di una specifica sensazione del corpo: percepiamo e viviamo interiormente il momento emotivo e reattivo come un unico fatto dinamico, che in un certo senso autorizza a chiamarlo reazione (p. 559). Si apre cos lespressivit dellesperienza vissuta. Lo stimolo delleccitazione pu essere prodotto da un valore del tutto inaccessibile, pu derivare da contenuti ideali: in tal caso si tratta di esaltazione pi che di eccitazione, di carattere pi spirituale. Infatti, eccitabilit stessa leccitazione, in quanto suo lievito e tessuto dinamico, costituiscono nelluomo come una sfera di esplosione dei sentimenti (p. 561), cos che distinguiamo leccitabilit dallaffettivit, dove la fonte dei sentimenti piuttosto irrazionale, latrice di unesperienza di accecamento, tratti che con lintensit emotiva attribuiamo alle passioni ( passiones animae), in quanto sembra che leccitabilit sensitivo-affettiva sia fortemente radicata negli impulsi umani. Dalleccitazione si differenzia anche la commozione, dotata di una specificit diversa come fatto psichico. Sembra corrispondere pi da vicino il concetto di emozione, anche se emozione non commozione. Leccitazione sembra essere pi vicina alla vita sensibile delluomo, la commozione sembra pi lontana. Bench luna e laltra siano accompagnate da una reazione somatica, leccitazione sembra maggiormente radicata in essa, la commozione meno: Viviamo dunque 23

interiormente la commozione come manifestazione di una emotivit, per cos dire, pura come attivazione della sola psiche (p. 563), e il contenuto delle commozioni estetiche, conoscitive, del bene e male morale resta talvolta in stretta connessione con la vita spirituale delluomo. Una forte componente di commozione c nel rimorso determinato da colpa, cos come nei processi di purificazione, di giustificazione o di conversione, dove il passaggio dal male al bene sono accompagnati da una profonda commozione, allorch Luomo passa dallinquietudine della coscienza, talvolta da un profondo avvilimeno per la colpa, qquasi dalla disperazione, allacquietamento nonch ad una gioia altrettanto profonda, alla felicit spirituale (p. 565). Midollo di ognuno dei diversi sentimenti una certa commozione, o sentimento. Bench ogni sentimento, persino il pi fuggevole, sia uno stato emozionale delluomo-soggetto, tuttavia si pu parlare pi propriamente di stato emotivo quando il sentimento si fissa (p. 567). Tornando alla natura specifica dei sentimenti, delle commozioni che a loro volta si propagano in modo particolare nella psiche, ci si dispiega la ricchezza e differenziazione del mondo dei sentimenti, dalla tristezza alla gioia, dallira alla tenerezza, dallamore allodio, con sfumature e tinte individuali. Qui tuttavia si tratta non tanto della forza del sentimento, quanto piuttosto del livello in cui si scarica o si libera la potenzialit emotiva delluomo (p. 569): e trattandosi di livelli diversi, la vita emotiva porta in s la possibilit di una sublimazione, di passare cio dalleccitazione alla commozione, o dalleccitabilit allaffettivit delluomo. I livelli di profondit invece indicano gi una certa integrazione delle commozioni e dei sentimenti nelluomo-soggetto e si proiettano nelloperativit della persona (p. 571). Alle commozioni ed ai sentimenti spetta un contenuto in modo emotivo, e non conoscitivo n appetitivo: Ognuno di essi costituisce anche una manifestazione e unattualizzazione della potenzialit psichica delluomo, e manifesta in modo particolare la sua soggettivit (Ibid.). Se le esperienze vissute emozionali accadono nelluomo in modo spontaneo, quale particolare operativit della psiche, vogliamo indicare la sua indipendenza dinamica dalloperativit propria della persona, cio dallautodeterminazione. Ma il fatto che luomo con linsorgere di un sentimento o di una passione si trova di fronte al bisogno di una certa integrazione, non vuol dire affatto che il sentimento o la passione di per s determinino la disintegrazione, come ritenevano gli Stoici e in et moderna Kant, attribuendo lagire umano esclusivamente alla ragione, il che errato, come si evince dallantropologia di Aristotele a fronte degli Stoici ed in Max Scheler nei riguardi di Kant. Lalternativa sarebbe quella di giudicare luomo come votato ineluttabilmente alla disintegrazione. Invece nessun sentimento e nessuna passione umana determina per s la disintegrazione della persona nellatto, mentre essi al contrario pongono davanti alluomo un compito particolare di integrazione. Qui Si delinea infatti una netta tensione tra loperativit spontanea della psiche umana e loperativit della persona (p. 575), tensione che si esprime anzitutto tra le facolt dellanima umana (appetitus rationalis, volont) e appetitus sensitivus (desiderio sensibile). Vogliamo dunque osservare precisa Wojtya che questa tensione tra lemotivit del soggetto umano e loperativit personale negli atti specificamente creativa (p. 577). La tensione fra lautodeterminazione, cio loperativit propria della persona, e lemotivit, cio loperativit spontanea della psiche umana, si riduce indubbiamente al rapporto reciproco tra la volont e i sentimenti (Ibid.), dove si tratta non del soggetto come suppositum, ma della soggettivit come correlato sperimentale di ci che nelluomo soltanto accade, a differenza dellazione. Allora, quando il sentimento passa nello stato psichico permanente, sorge e si forma con esso un certo atteggiamento interiore delluomo ( Ibid.), in quanto altro uno scatto dira, altro unirascibilit permanente. Loperativit e con essa la trascendenza dellio personale vengono come trascinate nel soggetto, al punto che si profila come atteggiamento emozionale anche la cuspide dellassumere dallemozione la stessa operativit. Cos lemotivit diventa nellluomo fonte di una spontanea soggettivazione, estrema quando leccesso dellemozione sembra distruggere la stessa coscienza, con effetti negativi per loperativit, lautodeterminazione e la trascendenza della persona nellatto. Ma La forza del sentimento, infatti, deriva in misura notevole dallesperienza vissuta del valore 24

(p. 583, Sottolineature dellA.). Ed anche Lespressivit delle esperienze vissute umane non sembra essere tanto di natura coscienziale, quanto di natura emozionale ( ibid.). Questo ha rilevanza sul piano assiologico: lemozione stessa la commozione, leccitazione, il sentimento o la passione indirizzando il suo contenuto emotivo al di fuori di se stessa, proprio verso un determinato valore, crea nello stesso tempo loccasione per vivere interiormente e conoscere sperimentalmente il valore (p. 585). La spontaneit di tale riferimento sembra avere, a suo modo, un valore: un valore psichico specifico, cio valore per la psiche poich la psiche in base al dinamismo emotivo che le proprio dimostra linclinazione naturale alla spontaneit ( Ibid.). La stessa tensione fra lemotivit e loperativit tensione di due forze sulla base di un duplice riferimento al valore, riferimento dinamico alla volont stessa, dove trascendenza ed integrazione si mostrano complementari, e la tensione fra operativit ed emotivit porta a volgersi spontaneamente verso certi valori, con carattere di attrazione o repulsione, quale volgersi verso o volgersi da, e dove prevale linclinazione al bene18. Cos, ad esempio, il sentimento dellamore, della gioia o del desiderio orientato attrattivamente verso il bene, mentre il sentimento della paura, dellavversione o della tristezza orientato repulsivamente. Estremo del secondo tipo lira, del primo tipo il coraggio (che non una virt come le altre, ma la forma stessa della virt quando questa venga messa alla prova). E sulla base dellorientamento del bene contro il male, si sviluppa anche la tensione principale fra lemotivit spontanea della natura e loperativit personale o autodeterminazione. Lintegrazione della persona nellatto, sulla base dellemotivit (dellemozionalit) propria della psiche umana si compie attraverso le abilit, che dal punto di vista etico meritano il nome di virt. Nel concetto di virt racchiuso, come essenziale, lelemento del valore morale, e con esso il riferimento alla norma (p. 593). Donde il problema dellintegrazione, cio di una giusta eliminazione delle tensioni tra lemotivit spontanea e loperativit personale o autodeterminazione. In una certa misura dunque la volont frena lesplodere spontaneo di tale energia, e in una certa misura lassimila. Lenergia emotiva opportunamente assimilata rafforza notevolmente lenergia della volont stessa. E questo appunto compito e opera dellabilit. Per questa via, gradualmente grazie alle abilit nei diversi campi, la volont pu senza rischi accogliere e fare sua la spontaneit, che propria dei sentimenti e di tutta l emotivit in genere (p. 595, Sottolineature dellA.), verso il perfezionamento di s ed il perfezionamento della propria psiche, che gradualmente fa s che la volont, guidata dalla luce della conoscenza intellettuale, sappia accogliere e scegliere nel riferimento spontaneo dellemozione, nellattrazione o repulsione spontanea, ci che veramente buono, e sappia respingere ci che veramente cattivo: Lintegrazione della persona negli atti in questa sfera un compito che dura quanto la vita delluomo (Ibid.), ed ha inizio fin dalla prima integrazione psicoemotiva e formazione psicomorale del carattere. E siamo alla condotta o al comportamento, dove il primo termine sembra indicare lagire delluomo come risultante o risultato della sua operativit: nel suo significato condotta, richiamando il compito di una guida e di un guidare, assume un significato normativo; condotta consiste sempre nel seguire una certa strada, ma essenzialmente attivo. Mentre comportamento indica alcunch di diverso, definendo un certo modo di essere di una persona facilmente osservabile dallesterno, e che si unisce allagire delluomo, ma non si identifica con esso. Il comportamento, quale particolare modo di essere che accompagna la condotta, composto di elementi che non sempre sono decisi dalluomo, tanto che uomini diversi, pur compiendo atti analoghi, si comportano in modo differente, modo che dipende per lo pi anche dal temperamento. Lintegrazione un aspetto del dinamismo della persona, complementare alla trascendenza: Se alla persona umana nel suo agire appartenesse soltanto la realt della trascendenza, allora non si potrebbe dire nulla sulla complessit delluomo (p. 601). Il nesso integrazione-trascendenza prefigura quello tra anima e corpo: anche se non si pu dire che la conferma di questa complessit
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Si conferma qui come letica tomista sia unetica dellinclinazione (ed integrazione) e non unetica del dovere formale.

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equivalga alla scoperta della relazione dellanima con il corpo nelluomo, trattandosi di una complessit di tipo fenomenologico ed interiormente vissuta: come principio della trascendenza e dellintegrazione si pone lanima, dove latto trascendente rispetto a questi dinamismi. Nelluomo da una parte sindica un certo limite cui giunge il dinamismo, e dunque anche la potenzialit del corpo-materia, dallaltra la potenzialit della natura spirituale che alla radice della trascendenza, ma indirettamente anche dellintegrazione della persona nellatto. Siamo giunti cos alla parte conclusiva dellopera wojtyana, ed il cap. VIII si apre sui lineamenti di teoria della partecipazione. Quanto al concetto di partecipazione, luomo agisce insieme con gli altri, nella dimensione dellintersoggettivit, e si rimanda alla quinta delle Meditazioni cartesiane di Husserl, dove viene gradualmente analizzato il problema del costituirsi della coscienza per mezzo della Fremderfahrung (esperienza daltro) della comunit intesa come intermonadologische Gemeinschaft, dove latto momento della particolare manifestazione della persona. Si tratta qui della correlazione dinamica dellatto con la persona, risultante dal fatto che gli atti vengono abitualmente compiuti dagli uomini insieme con gli altri uomini, espressione ancora imprecisa ed insufficiente, ma gi appropriata per attirare lattenzione su varie relazioni di carattere comunitario e sociale. Riluce laspetto della correlazione dinamica dellatto con la persona, che risulta dal fatto di essere insieme con gli altri e di agire insieme con gli altri, cio cooperare, e parimenti si ribadisce il contenuto strettamente personale dellatto, il suo valore personalistico, radicato nel fatto stesso che luomo agisce in modo a lui proprio, quindi nel fatto che lazione possiede un carattere di autodeterminazione autentica. Cos, ad esempio, ogni sintesi dellatto con il moto (capitolo V) apporta un certo peculiare valore diverso da quello che costituisce la sintesi dellatto con lemozione (cap. VI): eppure sia luna sia laltra sono insite nellinsieme dinamico del compimento dellatto. La correlazione sostanziale tra atto e persona opera anche sul piano assiologico come gi su quello ontologico, ed il valore personalistico precede e condiziona il valore etico dellatto. Distinguiamo il valore personalistico dellatto, che consiste nel solo compimento di esso, dai valori morali stricto sensu (cap. IV), ossia dai valori dellatto compiuto, risultanti dal riferimento alla norma. Infatti il valore personalistico dellatto precede e condiziona ogni valore etico. Se latto non stato realmente compiuto, se mostra delle deficienze, allora anche il valore morale perde in esso il suo fondamento. Si tratta prima di stabilire se un dato uomo-persona realmente abbia compiuto latto. Cos al significato ontologico si affianca quello assiologico, ed il compimento dellatto da parte della persona costituisce in se stesso un valore, personalistico appunto, a fronte dellopposto della realizzazione o addirittura di una non-realizzazione di s nellazione. Tradizionalmente stato approfondito oltre misura il concetto e la funzione della volont, attraverso la quale la persona rivela la struttura sua propria: pertanto ridurre il significato del voluntarium alla sola volont in quanto facolt pu racchiudere un certo impoverimento della realt dellatto. Ci accostiamo cos ad una definizione pi precisa del concetto di partecipazione, muovendo dalla considerazione che la tradizionale filosofia delluomo stava piuttosto sulla posizione della natura: luomo individuo di natura razionale e come tale persona. Per chiarire ulteriormente il concetto di partecipazione dicitur participare quasi partem capere si finisce per giungere alle basi insite nella persona, la quale non si aggiunge allatto dallesterno, perch grazie alla partecipazione luomo, agendo insieme con gli altri, mantiene tutto ci che risulta dallazione comune e al tempo stesso, attraverso ci appunto, realizza il valore personalistico del proprio atto (p. 631, Sottolineature dellA.). Ed attraverso ci la partecipazione fa s che la persona esista ed agisca come persona. Infatti Lazione sinonimo dellatto pu in certe condizioni trasformarsi in passio, in accadere che in alcuni si ha sotto linflusso degli altri, come suggerisce la psicologia di massa (p. 635, Sottolineatura dellA.). Ci accade quando luomo sceglie ci che scelgono gli altri, o anche quando sceglie perch scelgono gli altri, vedendo nelloggetto della scelta un valore in qualche modo proprio ed omogeneo (p. 637, Sottolineature dellA.). Lindividualismo e il totalismo si pongono come negazione della partecipazione, che invece espressione della natura sociale delluomo. Dal principio della partecipazione scaturisce quella 26

norma dellagire, non norma strettamente etica, non norma dellatto compiuto in considerazione del suo contenuto oggettivo, ma norma del compimento dellatto, norma della sua personale soggettivit, norma interiore in cui si tratta di assicurare lautodeterminazione della persona, la sua operativit, la trascendenza e lintegrazione nellatto. Latto in cui consiste il valore personalistico pu essere limitato o annientato o attraverso la mancanza di partecipazione da parte della persona soggetto operativo dellazione, o rendendo impossibile la partecipazione che proviene dal di fuori della persona e risulta dallerroneo sistema della stessa comunit di azione. A questo punto ci si parano davanti due sistemi alternativi alla partecipazione: lindividualismo ed il totalismo oggettivo: lindividualismo presenta il bene dellindividuo come bene principale e fondamentale, cui si deve subordinare ogni comunit e societ, mentre il totalismo oggettivo afferma un principio diametralmente opposto, in quanto subordina totalmente lindividuo e il suo bene alla comunit e alla societ (p. 641, Sottolineature dellA.). Lindividualismo nega la partecipazione mediante lisolamento della persona intesa solo come individuo e concentrata su se stessa e sul suo proprio bene, che viene pure concepito come isolato dal bene degli altri e anche dal bene comune. Il bene dellindividuo ha, in questa concezione, carattere addirittura contrapposto ad ogni altro individuo e al suo bene e, comunque, carattere di autoconservazione e difensivo. Lagire insieme con gli altri, come lesistere insieme con gli altri, , secondo lindividualismo, una necessit cui lindividuo deve piegarsi, ma a questa necessit non corrisponde alcuna qualit positiva dellindividuo . Gli altri sono per lindividuo solo fonte di limitazione e perfino polo di molteplici contrasti. La comunit quando sorge ha come scopo quello di assicurare il bene dellindividuo in mezzo agli altri (p. 643). Anche nella posizione opposta operante la negazione della partecipazione, in quanto il totalismo, o anti-individualismo, sia un individualismo rebours. Domina in esso lesigenza di proteggersi dallindividuo nel quale scorge sostanzialmente il nemico della comunit e del bene comune. Siccome si presuppone che nellindividuo sia insita solo la tendenza a perseguire il bene individuale e non vi sia invece alcuna disposizione a realizzarsi nellagire e nellesistere insieme con gli altri, alcuna propriet di partecipazione, ogni bene comune pu svilupparsi solo limitando lindividuo (pp. 643-645). Si pu definire questa concezione apersonalistica o anti-personalistica, poich propria del modo di pensare personalistico la convinzione della capacit di partecipazione, che caratteristica della persona. chiaro che bisogna attualizzare questa capacit, formarla ed educarla, affinch essa maturi. Luomo infatti non solo per natura esiste insieme con gli altri, e deve anche agire insieme con gli altri, ma pu, nellagire e nellesistere insieme con gli altri, raggiungere la maturit che gli propria e che anche maturit essenziale della persona (p. 645). Ma la partecipazione si pone come tratto essenziale della comunit, mentre la radice comune di individualismo e totalismo la concezione delluomo come individuo, pi o meno privo della propriet di partecipazione. In entrambi i casi non riusciamo a trovare i fondamenti per unautentica comunit umana in tedesco Gemeinschaft, distinta dalla Gesellschaft , mentre La partecipazione come propriet della persona costituisce nel contempo lo specifico constitutivum, il tratto essenziale della comunit (p. 647, Sottolineature dellA.), dove persona e comunit si fondono. Resta per che luomo, e non la comunit, il soggetto proprio dellazione. Questa nuova soggettivit partecipata da una certa collettivit, societ o, in senso generale, di un certo gruppo. una quasi-soggettivit, poich sempre luomo-persona ad essere il proprio (sostanziale) soggetto dellesistere e dellagire, anche quando ci si realizza insieme con gli altri (p. 649). Precisa e ribadisce Wojtya: Lesistere e lagire insieme con gli altri non determinano un nuovo soggetto dellazione; introducono solo nuovi rapporti tra gli uomini che sono soggetti reali dellazione (Ibid.): tali sono i membri di una comunit familiare (parenti), di una comunit nazionale (connazionali), di una comunit statale (cittadini), di una comunit religiosa (fedeli). La comunit dellesistere poi espressa nel mondo del lavoro da termini come assistente, apprendista o caposquadra.

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Luomo dunque membro di varie comunit, ma non siamo ancora alla partecipazione: La partecipazione abilita luomo a scegliere e ad agire insieme con gli altri. Forse solo allora lazione merita il nome di cooperazione; il solo agire insieme con gli altri, infatti, pu non essere ancora cooperazione, come pure non deve necessariamente manifestare il momento della partecipazione (p. 655). E siamo al nesso tra partecipazione e bene comune: Dunque la soluzione del problema della comunit e della partecipazione insita non nella realt dellagire o dellesistere insieme con gli altri, ma, come stato gi osservato, nel bene comune. Pi precisamente, insita nel significato che diamo al concetto di bene comune. Quando per bene comune intendiamo il bene della comunit, allora tale significato appropriato, ma pu racchiudere in s una considerevole unilateralit nel campo dellassiologia (Ibid., Sottolineature dellA.). In questo contesto il bene comune, come bene di una definita comunit dellagire cui si unisce sempre una certa comunit dellesistere , pu essere identificato con il fine cui tende questa comunit (p. 657): Possiamo quindi guardare ad ognuno dei beni comuni cos intesi attraverso la catena teleologica ( Ibid.). Ma si pu dire che il fine dellagire comune, inteso in modo puramente oggettivo e cosale, ha in s qualcosa del bene comune, ma non costituisce questo bene in tutta la sua pienezza (Ibid.). Il significato soggettivo del bene comune intimamente connesso con la partecipazione in quanto propriet della persona e dellatto (p. 659): Il bene comune bene della comunit propria perch crea in senso assiologico le condizioni dellesistere insieme, mentre lagire lo segue. Si pu dire che il bene comune determina nellordine assiologico la comunit, la societ o collettivit, che definiamo in base al bene comune che proprio di ciascuna di esse. Consideriamo allora lagire (operari) unitamente allesistere (esse) (Ibid.: e i latini medioevali dicevano che operari sequitur esse). Ogni uomo da queste comunit dellesistere (che hanno assunto il nome di societ naturali, in quanto rispondono profondamente alla natura sociale delluomo) si aspetta di poter scegliere, come bene proprio che serve a realizzare la sua propria persona in esse, ci che gli altri scelgono e per il fatto che gli altri lo scelgono (p. 661). In un tale sistema assiologico luomo pronto a rinunciare perfino ad alcuni beni individuali, sacrificandoli alla comunit. Tale sacrificio non contro natura, poich risponde in ogni uomo alla propriet della partecipazione e sulla sua base gli apre la strada per realizzarsi (Ibid.). Riluce il significato pre-etico di questa analisi di determinati atteggiamenti caratteristici dellagire e dellesistere insieme con gli altri, ed anzitutto latteggiamento di solidariet nonch latteggiamento di opposizione, che acquistano senso sulla base di una comunit dellagire o dellesistere, e sono reciprocamente necessari per essere compresi. Iniziamo dalla solidariet. Latteggiamento di solidariet la conseguenza naturale del fatto che luomo esiste ed agisce insieme con gli altri. anche il fondamento della comunit in cui il bene comune condiziona e rivela in modo adeguato la partecipazione e la partecipazione serve adeguatamente il bene comune, lo favorisce e lo realizza. Solidariet significa disposizione costante a ricevere e a realizzare la parte che a ciascuno spetta in quanto membro di una determinata comunit. Luomo solidale compie ci che gli compete non solo perch membro della comunit, ma anche per il bene dellinsieme, cio per il bene comune. La consapevolezza del bene comune gli impone di giungere al di l della parte che a lui compete, sebbene in questo riferimento intenzionale egli realizzi sostanzialmente la sua parte (p. 665); inoltre, Latteggiamento di solidariet tiene conto delle parti che spettano a ciascun membro della comunit ( Ibid.). Ci fa s che al di sopra di ogni particolarismo risalti il tratto di una certa complementariet: la disposizione a complementare con latto che compio ci che compiono gli altri nella comunit (p. 667), e ci accade gi soggettivamente, come propriet della persona, e non solo oggettivamente, cio come divisione in parti spettanti a ciascuno nella struttura comunitaria dellagire e dellesistere. Dal canto suo, Lopposizione non contrasta con la solidariet. Colui che si oppone non si rifiuta di partecipare ad una comunit, n viene meno la sua disposizione ad agire per il bene comune . Qui tuttavia intendiamo lopposizione come atteggiamento sostanzialmente solidale, non come 28

negazione del bene comune e del bisogno di partecipare, ma appunto come loro conferma. Contenuto dellopposizione solo il modo di concepire e di realizzare il bene comune, specialmente dal punto di vista della possibilit di partecipare. gli uomini che si oppongono non vogliono con ci allontanarsi dalla comunit. Al contrario, essi cercano il proprio posto nella comunit; cercano quindi la partecipazione e quella concezione del bene comune che permette loro di essere meglio, pi pienamente e pi efficacemente partecipi della comunit (Ibid.), nonostante lapparente contrario di soggetti in contesa tra loro (come i genitori in contrasto per meglio educare i figli, o gli statisti su posizioni opposte). Emerge qui il senso del dialogo. Il concetto di dialogo ha vari significati. Adesso si tratta di mettere in risalto uno di essi, in particolare quello che pu essere impiegato per formare e approfondire la solidariet umana, anche tramite lopposizione. Lopposizione, infatti, pu rendere pi difficile la convivenza e la cooperazione umana, ma non deve alterarla n renderla impossibile (p. 669). Se lopposizione spesso causa di tensioni, di conflitti e di lotte tra gli uomini, quanto vero e giusto favorisce sempre lo sviluppo della persona ed arricchisce la comunit: il dialogo, oltre a smussare le opposizioni, valorizza quanto vero nelle varie lotte, e pu essere fonte di bene. Il principio del dialogo costantemente soggetto ad una verifica che ha la sua base nella verit sulla persona e sullatto Latteggiamento di solidariet e quello di opposizione sembrano sostanzialmente autentici. In ognuno di essi, infatti, pu realizzarsi non solo la partecipazione, ma anche la trascendenza della persona nellatto (p. 671). Verificandone gli elementi particolari e le manifestazioni concrete, incontriamo anche atteggiamenti non autentici, privi del vero valore personalistico: Ago della bilancia qui la relazione dinamica con la verit cos essenziale alla trascendenza della persona nellatto. Questa relazione si rispecchia nella retta coscienza morale. Essa la misura definitiva dellautenticit degli atteggiamenti umani nellambito dellesistere e dellagire insieme con gli altri. In tale coscienza morale deve trovare la sua espressione anche il bene comune (p. 673). Parlando della possibile perdita dellautenticit che minaccia gli atteggiamenti di solidariet e di opposizione, occorre segnalare qui certi atteggiamenti non autentici denominabili come conformismo o come dello scansarsi. Il termine conformismo esprime la somiglianza e la tendenza a rendersi conformi agli altri. Per s positivo, creativo e costruttivo, Tuttavia il termine conformismo, malgrado queste positive associazioni, indica qualcosa di negativo, cio la mancanza di sostanziale solidariet e, nel contempo, la tendenza a scansare lopposizione, privi di convinzione e di scelta autentica (pp. 673-675, Sottolineature dellA.). Qui domina laccadere, per cui luomo si lascia portare dalla collettivit, denotando una certa debolezza della trascendenza, dellautodeterminazione e della scelta. Il conformismo la negazione della partecipazione nel vero senso di questo concetto (p. 675), crea indifferenza verso il bene comune, variante specifica dellindividualismo, fuga dalla comunit che minaccia il bene dellindividuo, celando il bisogno di nascondersi dinnanzi alla comunit attraverso unapparenza esterna. Il conformismo porta con s luniformit pi che lunit (Ibid.). Se il conformismo evita lopposizione, lo scansarsi invece si sottrae al conformismo, e non diviene unautentica opposizione, che esige impegno e non rinuncia. Come dice il proverbio, gli assenti hanno torto, bench vi sia uneloquenza anche nellassenza. Ci che esprimiamo con il concetto di prossimo differisce da quanto espresso da membro della comunit, designando due sistemi differenti di riferimento. Lessere umano di una stessa comunit avvicina quindi luomo alluomo, lo rende appunto pi prossimo; e per natura i membri della nostra famiglia o della nazione ci sono pi vicini dei membri di altre famiglie o di altre nazioni. Il concetto di prossimo crea dunque la pi ampia piattaforma comunitaria che va pi lontano di qualsiasi diversit (p. 681): infatti, Luomo-persona capace non solo di partecipare alla comunit, di esistere e di agire insieme con gli altri, ma anche di partecipare allumanit degli altri (p. 683): e la partecipazione allumanit di ogni uomo si pone come nucleo di ogni partecipazione: Questa propriet si esprime nel compiere atti insieme con gli altri, nella co29

operazione e nella co-esistenza che nel contempo servono a realizzare la persona (p. 685). Soltanto tramite questa interrelazione nellumanit, espressa dal concetto di prossimo, la propriet dinamica della partecipazione acquista la sua personale profondit e la sua dimensione universale (Ibid.), per cui La capacit di partecipare allumanit di ogni uomo costituisce il nucleo di ogni partecipazione e condiziona il valore personalistico di ogni agire ed esistere insieme con gli altri (Ibid.). Riluce qui il significato del comandamento dellamore, dove il sistema di riferimento il prossimo ha un valore fondamentale e mette in evidenza il comandamento amerai in modo particolarmente coerente tramite il confronto con lio: il prossimo come te stesso (p. 687). Dei due sistemi di riferimento sopracitati il prossimo e il membro della comunit il primo si distingue per una sostanziale superiorit. Tale la corretta gerarchia dei valori, poich il sistema di riferimento il prossimo esprime linterrelazione tra tutti gli uomini sul principio dellumanit, mentre il sistema di riferimento membro della comunit non svela ancora direttamente questa interrelazione (Ibid.). In fase di conclusione, Wojtya 1) connette il comandamento dellamore e lo svelamento delle radici dellalienazione, e 2) ripropone il comandamento dellamore quale principio dellesistere e dellagire insieme con gli altri. I sistemi prossimo e membro della comunit devono anzitutto compenetrarsi ed integrarsi reciprocamente, a scansare il rischio di unalienazione fondamentale con lestraniazione delluomo dallumanit e dallorizzonte personalistico, ed il pericolo di disumanizzare gli uomini attraverso i sistemi delle cose: la natura, i rapporti di produzione, la civilt. Mentre, quanto al secondo punto, ognuno prossimo ed ognuno membro di una comunit. Il comandamento amerai mette in evidenza soprattutto il lato positivo della realt dellumano agire ed esistere insieme con gli altri (p. 693). Cos Wojtya conclude il periplo concettuale di persona e atto.

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