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BASILE
IL
PENTAMERONE
II
'
GIAMBATTIS A BASILE
!
IL
PENTAMERONE
OSSIA
BENEDETTO CROCE
VOLUME SECONDO
BARI
GIUS.
TIPOGKAKi-KDITORl-LIBRAI
PROPRIET LKTTfc-RAKlA
MAGGIO MCMXXV
67397
GIORNATA TERZA
G. B. Basile, Peniamerone
ji.
Tostoch per
la
visita del
tutte
le
state
messe
principe e la moglie
le
insieme con
le
donne;
tra
il
e,
ore che
erano frapposte
venire
i
buttafuochi
il
('),
zare, ballando
Ruggiero,
il
Villanella,
il
Conto
il
delil
il
l'orco,
la
Sfessania,
Villano battuto,
lo
Tutto
Stordiglione,
Basso delle ninfe, la Zingara, la Capricciosa, la Mia chiara stella, il Mio dolce amoroso fuoco, il Quella che vado cercando, la Cianciosa e cianciosella, r Accorda-messere, la
Bassa ed
il
alta, la
Chia-
ranzana con
a
lo
spuntapiede,
ti
Guarda
di chi
m'andai
di
l'aria
vanno,
il
Diavolo
in camicia,
Campare
(i)
Suonatori: v.
I,
232, n. 3.
GIORNATA TERZA
il
speranza,
letta
();
Cangia mano,
la
Cascarda,
la
Spagno-
e chiusero
alla schiava.
Cosi
il
tempo trascorse
in
se ne accorsero,
ben
come
(i)
Di molti
descrizione nelle
Nuove
Cesare Negri
milanese detto
Trombone, famoso
et eccellente
1604);
e nel Ballarino di
niesser
(Venezia, 1631).
Anche
il
Del Tufo
77)
Come
a dir
Spa-
gnoletta o Tordiglione, Fatto a proporzione, Rogier, Lo brando Passo e mezzo ancora, Ballo del Cavalier con la Signora; e inoltre: Quel gracioso ballo, Detto la Villanella, Cosa certo assai
e
bella,
rio, o la
il
erano una
medesima danza,
a taccone dello
ritrae
a ogni modo,
si
Sgruttendi
(corda ix,
a Cecca,
la
catubba)
riferire:
si
le relative parole,
Lucia, ah Lucia,
Vide sto core ca ngrossa, ca sguazza, auza sso pede, ca zompo, canazza!
Cucherec,
giro, ca
zompo;
da cc:
io
Lucia, ah Lucia,
INTRODUZIONE
suta ino' su
!
torno, ca roto,
zompo
io
da cc:
cocozza de vino bonora me sa. Vide, canella, ca tutto me scolo, tiente, ca corro, ca roto, ca volo.
Cucherec,
rota mo' su
!
Vecco ca
vi',
roto,
ca corro, ca giro;
ca sospiro:
rota. Lucia, ca
scompo mo'
cc:
TRATTENIMENTO PRIMO
CANNETELLA
le
vada a genio;
la
ma
il
suo peccato
la
condanna a
trista vita,
finch
da un
tato
di
grano ('),
perch
via.
L'uomo deve
cammina per
le
cime degli
i
alberi,
:
calcagni
come
si
figlia
di re,
brama
di fare razza
la
per raccogliere
Siringa
(3\
cera
dea
avrebbe messo
nome
canna
Cannetella, per
(4).
era trasformata in
(i)
Modo
di dire,
che
si
trova anche in
altri scrittori
del tempo.
Il
3):
lascia
il
di
grano.
veda
I,
274, n. 5.
Veramente
il
nome
come diminuitivo
di
Cnneta,
ossia
Candida.
I.
CANNETELLA
alla
quale
E
ti
il
fatta
(e
il
Cielo
di
benedica)
come una
faccia tua,
la
Per-
ci io, che
e
bramo
il
andrebbe a genio? Lo
vuoi letterato o spadaccino? garzoncello o attempato? brunetto o bianco e rosso? lungo della persona o bassottino?
stretto nei fianchi
la
<'J
Tu
scegli ed io metto
firma .
il
pa-
dre e
gli
la
sua
dere con un
re,
fini
coi rispondere:
tanto
amore, mi contento
fare
tale
la
volont vostra;
ma
patto che
al
mi
.
sia
dato un
uomo
che non
vi
sia
l'altro
mondo
alla
il
padre
si
alla
squadrando,
misurando e scandagliando
la
tutti quelli
piazza
dinanzi
al
palazzo
reale.
Pass, finalmente, un
uomo
di assai
buon garbo, ed
e vedi se
Corri,
affacciati, Cannetella;
Ed
(i)
Testo:
GIORNATA TERZA
bocca
al fidanzato
una mandorla; ed
egli,
chinatosi, la ripiil
desiil
nare, se ne and.
II
re disse a Cannetella:
Come
ti
piace
goffo
(^),
perch un
Ed essa: Toglimelo dinanzi cotesto uomo grande e grosso come lui non douna mandorla
dalla
veva
Il
lasciarsi sdrucciolare
re,
bocca.
udito questo,
and ad
chiam
la
la figlia
per
Come
prima
volta,
e,
fu
dato un banchetto;
il
quando
si fini di
mangiare e quello
gli piacesse.
si
accommiat,
re chiese
ri-
alla figlia
come
Che ne
voglio fare
essa
spose
di
quello
sgraziato?
servitori,
per lo
meno due
che
gli
il
ferraiuolo .
Se cosi
disse
il
re,
pasticcio:
ti
coteste
sono scuse
il
peli per
non darmi
voglio maritare, e
casa .
A
nel
Per
come
le
la sento,
voi vangate
io
mare e
fate
male
il
conto con
dita,
perch
tale
non mi
il
assoggetter ad
uomo
vivente, se
non sar
che abbia
capo e
denti d'oro .
il
fece gettare
trovasse conforme al
desiderio
facesse
(i)
Testo:
sto grisolafto .
I.
CANNETELLA
Aveva questo
tanto da
lui
re
aborrito che
il
su un muro;
quale, udito
frotta di quelli
mand che
denti
gli
d'oro. Ri-
avrebbero reso
questo servigio, per essere cosa assai strana nel mondo, lad-
dove piuttosto
usitate al
gli
avrebbero fornito
('),
le
li
tempo d'oggi
e,
Ma
egli
con scongiuri
e,
e incantamenti,
infine,
ne venne soddisfatto;
quando
si
re,
chiam
la figlia,
quello:
con
le
mani mie
andar
via,
le-
varsi e
come
Sembra che
stii
col
il
pegno presso
pungolo sotto
giudeo,
codola.
te e
la
mia
figlia,
sia
moglie
Vi
ringrazio
rispose
Fioravante:
non
la
ce n' biso-
me
metto in groppa e
servitori e
me
bili
la
mancano
mo-
quanti l'arena .
in
fine,
Fioravante
la
(i)
Un
Corna
andava per
la
mente
del Basile.
IO
Alla
sera,
GIORNATA TERZA
quando
dal
si
distaccano
cavalli rossi e vi si
stalla,
mettono
dove alcuni
Lo sposo
!
vi
le
disse:
Bada bene
ci
debbo
fare
una corsa
fino
alla
mia
casa,
che
vogliono sette
e
stalla,
non ve-
non
lasciarti
Cannetella rispose: Io
il
tuo
comando
lasci
in
ogni puntino
(');
ma
mi
Re-
plic Fioravante:
baster per te .
la
misera Cannetella, e se
la
bestemmi
sua!
l'ora e
il
volont
Rimase fredda e
tanto
sorte e accu-
sando
le stelle di
un paio
di
mesi
di questa vita
non
vedeva da
il
chi,
ed essa, coi
rilievi di
tava
corpo suo.
un pertugio, ammir
spalliere di cedrangoli,
fiori
tanti
quadri di
e tanti alberi da
(i)
Testo:
pe fino a no feuucchio
I.
CANNETELLA
('),
II
lei
venne voglia
di
che
cielo!
glielo vuol
moscae
si
non uva
cornicella
stalla,
Di
li
il
marito;
calzoni
un
coltello e
voleva ucciderla.
Ma
essa
si
gett a terra
la
in ginocchi, e lo
preg di arrestare
la
mano, perch
fame
caccia
si
il
le disse,
tu
ti
ti
perdono, e
il
ti
conti
cedo
diavolo
al
tenta, e io
vedere
sole,
ti
taglier a minuzzoli.
Dunque,
sta' in cervello,
che vado
fuori
che non
il
te la caveresti franca,
ed
io
ti
farei
scontare
il
nuovo e
vecchio.
una fontana
di lacrime, e, bati
tendo
si
le
mani e percotendosi
il
petto e strappandosi
capelli,
lamentava:
Oh
che non
fossi stata
mai generata
al
mondo,
come mi
io stessa
hai affogata!
Ma
il
perch mi dolgo
io stessa
di
mio padre, se
mi son
fatta
danno,
mi sono fabbricata
(i) (2)
Testo:
uva anzolia
die non
si
sa
Uva
galletta.
12
GIORNATA TERZA
mia sventura?
la
Ho
piombo e morir
voluto d'oro
i
di ferro.
Oh, come mi
il
sta
denti, fo adesso
dente d'oro!
castigo del
che non sa
Non
gli
non
mento, sicch
che moveva a
piet.
Dove erano
pi
il
Neppur
il
nosciuta.
Ora, a capo d'un anno, per caso, pass dinanzi alla stalla
il
nendo
sando
nome, non
ravvi-
modo
si
trovasse
guadagnarsi
la
volta di Bel-
Arrivarono
al
le
quattro di notte, e,
si
avendo picchiato
porta,
il
servitori
affacciarono,
e,
votacessi,
gli
scaricarono una
doppia soma d'improperi, chiamandolo animale senza discrezione, che veniva a quell'ora a disturbare
il
sonno a
tutu, e
che se
la
gli
il
facevano piombare
re, destatosi al ru-
Ma
more, e avendogli un cameriere detto chi era che bussava, ordin di farlo subito entrare, considerando che, se a un'ora
cosi insolita
si
I.
CANNETELLA
il
I3
votacessi, scaricata la
soma, apri
altro
che
e,
ci
volle
che
se
non
fosse stato
al
braccio
destro, poteva
si
fu
accertato
e
le
del fatto,
il
l'abbracci
la
fece preparare
quando
si fu ripulita
e rassettata,
meno
dalla fame.
il
Chi
me
andava esclamando
E
padre,
La
fggila gli
mio
bello!
Quel turco
di
Barberia
m'ha
da cane, e mi
lo spirito ai denti.
Ma non
soppor-
non voglio pi
piedi tuoi: voglio piuttosto esser serva alla casa tua che re-
stai,
che
manto
uno spiedo
baldacchino
il
In questo mezzo,
cavalli gli riferirono
tella in
viaggio,
che
il
una
tutto
botte.
Ed
gogna,
trovata
disse:
a Bellopoggio,
e,
la
somma che
re
.
vuoi,
gli
madama
mia, e lasciami
vedere
figlia del
Quella
Fioravante, messa
sull'altro.
mano
La vecchia
14
dal
i
GIORNATA TERZA
quale
(').
vide Cannetella
in
capelli
Cannetella,
come
se
il
cuore
le
avesse parlato,
si
gir nel
punto stesso
Signore mio, se
non
mi
fate, in
questo
momento
stesso,
sette porte
di ferro, io
sono andata
re.
vorr perdere?
soddisfazione
disse
E
il
Si
figlia
spenda un occhio e
mia!
.
dia
a questa bella
subito
furono fabbricate
le porte.
le disse:
Che
Ma
va' alla
figlia,
tina
role:
tra
materasse, pronunziando,
la
nel mettervela, le
pa-
Tutta
O
gente
resti
stia svegliata .
La vecchia, per
ogni zelo.
ti
conciano
cordovano l'onore e
Eseguito che ebbe
la
la vita!
vecchia
il
suo buon
ufficio,
casc tale
che
tutti
(i)
V. sopra,
I,
184, n. 3, 230, n. 5.
Il
Vecellio
donne
ai
(op.
cit.,
p. 145),
le
mattina esporsi
al sole
per asciugare
le
chiome
le
nell'
imbiondirle, nota:
che
chiamano
cina, tanto
battuti, et sono composti di sabbia grossa ben battuta che regge ad ogni grossa pioggia.
(2) Belletti.
I.
CANNETELLA
le
I5
porte di
era
con
gli
si
casa,
come
ma non
Ma
la cartel-
messa
che conteneva,
Cannetella,
l'intera famiglia
risvegli, e,
i
udendo
gli strilli di
corsero
tutti,
perfino
cani e
addosso
al
sven-
di chi
TRATTENIMENTO SECONDO
le
fratello e, tagliatesi le
manda
in
dono. Quegli
spiaggia,
la
fa gettare
a mare in una
la
una
dove un marinaio
da un
re, gli
raccoglie e
ma
la
mare
e,
dopo lunghi
travagli, ritrova
il
fratello,
e restano
tutti
contenti e consolati.
Udito
il
tutti di
comune accordo
il
che
ci
pelo nell'uovo; e
di sol-
nuove
tutti gli
uomini,
di
un
il
votacessi, perch
la
levasse
Ma,
in questo,
re fece
disse cosi
La
virt
si
la
dove pi
il
merito, e
trionfa
merito
si
Non
di
la
chi
sta
con
mani
ai fianchi,
ma
chi
mena
le
mani, come
con sudori
gioia;
sangue
storia
e pericoli di morte
si
mi sono messa
in testa di raccontarvi.
II.
I7
Il
re di Pietrasecca, rimasto
fu istigato
da Farfarello a prendere
disse:
il
Non
, sorella cara,
da uomo
di giudizio far
andar via
ti tiri
bene
che non
sai quel
che
addosso,
as-
Ho
riflettuto
prendere
per moglie.
Tu
mio, e io cono-
contentati,
dunque,
('),
di
fare
con
me
que-
questo unianlur
acin('^),
questo misce et
fiat polum'^i).
e l'altra
una
vita serena .
Penta, al sentire
di s, e
<4),
rimase fuor
un colore
le
le
entrava; perch
non
sif-
fratello
venisse a
lei
Iacee,
Stette,
(i)
(2)
Societ tra
due
negozianti.
Come
nei processi,
quando
si
riuniscono insieme
gli atti di
due
o pi cause.
(3) (4)
Formula
n,
i.
(5)
La
sottomessi
Napoli, consisteva
nel girare la ruota per attingere l'acqua dal pozzo, mangiare cento
uova
come
un
tale
la
Votale
sleto.
com'
pazzia
Me
magnale
le
cient'ova,
1907).
G. B. Basile, Penlamerone
- li.
l8
GIORNATA TERZA
a
domanda
cosi
impertinente e
la
soma
della
pazienza,
Se voi perdete
il
senno,
io
non voglio
fate scap-
perdere
la
per
celia,
sono asinerie, se
sul serio,
puzzano
di
caprone; e
voi?
Dove
avete
priate
il
cervello
?(').
Da quando
p ride,
in
qua
si
(2),
di coteste olle
di coteste
mischianze?
E dove
(4).
a segno, per
la
vita vostra, e
non
vi fate pi
come
non credere,
tratter
e,
se voi
non
vi
da quello che mi
Ci detto, corse in
furia
faccia del
fratello
lo
andato con
stancare
le palle (5\
scornato
come un
che ha lotto
il
l'orciuolo, e confuso
quale
gatto ha
portato via
il
tocco di carne.
fu
capo
citata di
nuovo dal
(i) Testo:
e forse corrotto.
(2)
Capriata, miscuglio
.
I,
di
cfr.
lospagn.
calabriada
(3) (4)
V. sopra,
Testo:
60, n.
i.
altri testi, si
Vuol
dire:
come
se
non fossimo
in
alcun
modo
parenti.
II.
I9
incapricciato
fratello si fosse
and a trovare.
allo
Fratello mio,
gli
disse
in
io
mi sono
vista e mirata
possa
non sono
gente .
un boccone
Il
commettere pazzie
alla
re le rispose:
al
compita dal
capo
piede;
la
ma
la
mano
quella
rapisce:
dalla pignatta
questo
dal pozzo
mano, morsa
spirito,
mentre Amore
sei
le
vi lavora di lima.
mano, o
bella
mano, che
cezza, tenaglia
che strappa
il
che aggiunge
carbone per
far bollire
mio cuore!,
rispose: Sta bene: v'ho
di
pi voleva dire,
quando Penta
inteso. Aspettate
un
po',
non
vi
movete
qui,
che or ora
consegn un
disse:
coltellaccio
con un
Ali
mio, tagliare
mani
.
bianca
gliele
Lo
tronc
un bacile
al
di faenza, le invi,
fratello,
con l'imbasciata
che
figli
si
gli
maschi.
Il
re,
tiro,
mont
di far
la
subito
una cassa
e
la
quale cacci
sorella
gett
in
mare.
in
Dopo
qualche giorno,
la cassa,
rete,
20
la
GIORNATA TERZA
presero e l'apersero, e vi trovarono Penta, bella pi assai
della
fatto la
quaresima a Tail
ranto
il
principale e
alla
raccomandando
Ma
sia,
costei,
che era
il
la
mamma
la
del sospetto
la
e della gelo-
non appena
soglia,
torn a
mare.
qui, sbat-
fu scontrata
re di Terraverde.
Veduto
battello a
mare,
la
e, tirata
su
la
rono dentro
bellezza viva.
Sembr
quantunque
gioie di
gli
piangesse
Amore,
la
condusse
al
suo
coilari e ravviare
capelli, tutto
figlia.
facendo
comparire
alla
banca
il
debito
alla
natura,
chiam presso
suo
letto
il
re.
mia a
sciogliere
nodo matrimoniale
e
perci sta'
scriviamoci
mondo, m'hai da
piena.
il
fare
(i)
La luna
veda
si
squisiti (si
1771), vi
mangiar
di
disfacendo
II.
21
rispose
il
re;
che se
ti
non
ti
posso
testimoni del
mio cuore,
dar peg^o
la
in
morte
ti
voglio . Ors
ti
continu
gli occhi,
regina:
poi-
ch
me
lo prometti,
sposi Penta,
sia
n donde venga,
pure, al
marco
si
fa
conoscere cavallo di
razza ().
Campami
di qui a cent'anni!
replic
il
re;
me
ma, quando
il
tu avessi a dirmi
ti
cattivo giorno,
giuro che
me
la
sia priva di
mani e scarsa
perch
come sono
si
le
pre
il
meno che
pu
Ma
borbott
non
se ne offendesse.
la
giorni suoi,
il
prima notte
la
innest a figlio
al
e lev
l'ancora.
capo
di
alla luce
un vago bambino, e
e subito
al
il
citt,
Consiglio
re.
si
La
icata
(^)
che ora
vide man-
onde e sbalzata
alle stelle,
(i)
Come
il
un proverbio, registrato nei Floris Ilalicae linguae libri noz>em del MoNOSiNi (Venezia, 1604), p. 413. da vedere in proposito il curioso e raro libriccino: Libro de marchi de cavalli de tulli li principi et privati signori che hanno razza di cavalli {in Venezia, appresso Nicol) Nelli, 569), dove abbondano appunto quelli delle razze del regno di Napoli.
(2)
Spagn.:
e
manicar
la
definizione
la
del
Franciosini)
tengono
fa tra
i
da ogni capo,
paggi e
i
che
si
buffoni
rammentano)
fu fatta a
Sancio Panza.
22
al
GIORNATA TERZA
mare;
e,
in ultimo,
come
volle
il
quella marina stessa dove Penta era stata raccolta dalla com-
passione di un
uomo
donde era
curiosa
come sono
di
le
donne
dei
fatti
altrui,
domand
al
ad Altoscoglio dal
per
glie;
la
che
una
lettera,
quale mi
ti
mandano
apposta. Credo
mo-
ma non
si tratta .
re?
insist
Nuccia.
il
mancano
una
due
le
mani.
e,
E ho
la
sentito dire
che
fu trovata in
cassa in mare,
del re, e
per
premura.
.
Ma mi
padrone a bere,
ubbriacatolo
la
fin
dentro
gli
saccoccia, e
perch
schiat-
gliela leggesse.
Ascolt
la lettura
con
tale un'invidia
da
non
ci fu sillal)a
a cui
mano
di scritla
gli
tura e
comporre
si
diceva che
aspettavano
(i)
Testo: co lo triego.
Trevo o
triego
(secondo
il
Gu-
glielmotti)
prima
(2) Clientela,
II.
23
let-
la
il
quale,
si
quando
vedendo che
il
tempo
era rassere(')
nato,
in
poppa.
la letle
Quando
tera,
il
re e gli
ebbe consegnata
stare
allegra la regina e
raccomandassero
spiacere, perch
di di-
trattava di cose
di
nuovo
alla casa di
Nuccia,
quale,
fattigli
gambe
in aria, e,
pesante e stordito,
(^)
si
e trov
co-
mandava
ciare
al
Consiglio di Terraverde
e figlio.
madre
il
vino, riparli.
Allorch
re, e
il
egli,
la lettera del
Consiglio la lesse, fu
e,
un grande susurro
vecchioni,
re
che
il
era
diventato
di
pazzo
era
stato
affatturato,
di
perch,
moglie e un gioiello
erede, voleva
mandando
se
la
giovane col
figlio
a errare pel
cosi, provvistala
una
(i)
Libeccio,
adriatica.
(2)
Testo:
lo cosciale.
24
GIORNATA TERZA
di tornesetti per
manata
reale
rito
campare
la vita,
un
ma-
due
quantunque
n
di bandito,
studente fastidioso
si
prese in braccio
il
Era
di quel
bella storpia
che storpiava
cuori, costei
coi
suoi moncherini
che aveva
il
sofferte
da quando
il
fratello,
messo
fine,
la
compassione, che
in sospiri
vaporava
<:onfort
buona
pu reglasciare
gere tuttavia, se
la
non
Cielo
tira talvolta le
disgrazie
umane
Non
e pa-
dunque, perch
tu hai trovato in
me mamma
La povera Penta
che
il
lo ringrazi:
Non importa
gli
disse
che sono
(i)
si
136, n.
i.
II.
25
cosi,
dopo
mille
mago
le
la
fece governare
come una
figlia.
E,
la
la
dato una corona e uno scettro d'oro: due belle cose, che
tutta l'Europa,
i
vennero
al
paese
mago
la ricchezza
promessa.
ranno e
il
sapone,
giovent e
non
gli
bi-
sognava inghiottire
si
pillola e
non evacuare
le
la collera.
Uno
lamentava
di
gli
aveva
tolto
il
cotto e
il
crudo.
Un
e,
altro si
la
tutti gli
l'utile di
anni suoi
a esercitare
una sola
penna;
soprattutto,
disperava che
le fatiche della
le
penna
materie dei
al
mondo.
regno
e,
In questo mezzo,
non
s'aspettava, pro-
ruppe
i
in atti
fatto
scuoiare
tutti
consiglieri, se essi
non
gli
avevano ricevuta da
Ma, quando
il
la vide,
e conobbe
la
falsa
mano
di scrittura,
chiam a s
corriere
(i)
Cio,
il
corno: v.
l,
46, n. 3.
26
e
gli
GIORNATA TERZA
ordin di raccontare tutto quanto
gli
era
occorso nel
la
moglie
aveva macchinato
di
la
rovina;
onde,
armata
Ivi, ri-
subito
trovata
modo
le
cav
di
corpo tutto
la
l'intrigo; e,
incerata e spal-
mata
di sego,
la
fece
legna secche,
alla
Poich ebbe
assistito alla
il
fuoco,
la trista
fem-
re di Pietrasecca.
Dopo molte
cerimonie scambievoli,
bando pubblicato
la sorte sua,
come
colui che
pi dolente
uomo
del
mondo.
Se per questo
disse
mondo;
li
il
re di Terraverde,
io
(')
ti
salto
al
i
pi
al
e,
dove
gli altri
misurano
do-
'^\
te,
io
glio venire
con
e facciamola tra
da galantuomini, e
la
vincita.
Siamo
intesi, disse
re di Pietrasecca; e
si
det-
Andarono
dati,
si
cosi di conserva
al
presentarono
mago, che
onor
di
grandi acco-
(i)
Termini
di giuoco: v. sopra,
I,
i68, n.
i.
(2)
locernella:
sembra che
fosse
di
II.
27
fece sedere
glienze, quali
si
sotto
il
presentavano
alla
rendesse
re di Pietrasecca
fece
fiero
da
l'altra,
pungeva
la
di qua, lo
tormentava
vergogna,
danno;
di guisa
che
tutti
anime
dell'inferno, posti a
un lam-
di affanni
come
cuor suo.
di
parlare,
incominci
l'altro:
Oim, che
le
fellicchi e strffoli
ch quella Penta dalle mani mozze, che trovai nella cassa come
torcia di cera di Venezia
f^)
per fare
le
mie esequie,
e,
io la presi
per malignit
una brutta
arpia,
l'altro
Nondimeno, oh chiodo
li
del
mio cuore!
scacciati
hanno
(i)
Dei
franfellicchi
si
detto,
I,
134, n. 5.
Strftble ,
dolciume
pezzi ro-
napoletano, pasta di
fior di
miele e confettini
di
vario
Garzoni {Piazza universale, p. 509), dopo aver discorso del modo di colorir la cera, soggiunge: et da essa procedono quelle
si
comprano
.
bramar doveva
il
Cantelicio, ecc.
28
tutti
GIORNATA TERZA
e due, mandandoli fuori del
alleggerito di ogni piacere,
mio
stato;
di tal che,
veden-
domi
non so come,
sotto la
soma
mia
di tante pene,
vita! .
Udito
il
il
mago
l'altro re,
il
conobbe
al e,
fiuto fatto
i
fratello e l'altro
il
marito di Penta;
chiamare Nu-
friello,
Va', e bacia
gnore tuo; e
la
fanciullo obbed al
di quel
mago.
Il
padre, vedendo
gett
buona grazia
al
marmocchietto,
di che,
il
gli
una
bella
catena d'oro
Bacia la
collo.
Dopo
mago
mio
;
torn a parlare:
e quel bel
mano
allo zio,
bel ragazzo
pala
ammirando
quella
fraschetta, gli
figlio,
die
un
mand
mago
la
se gli era
mandasse
madre.
una
e,
il
portiera,
ora
che non
ritorn a carezzare
fan-
e ora
il
padre e ora
lo zio
a vicenda lo stringevano
in
e lo baciavano, e se ne
andavano
brodo
di giuggiole.
E,
il
mago
Sa
il
mio cuore
le
a vedere conso-
lata la
rita
signora Penta,
quale per
mecer-
di essere tenuta in
palma
di
mano
ho
II.
29
marito
(').
fratello,
lega con
la
parola e
il
bue con
le
corna,
promessa
il
di
un uomo dabbene
contratto,
giudicando
gli
che
re di
ma
altres
il
regno. Io non ho
figli
fastidi di
famiglia; e perci,
figli
ma-
perch non
si
ors, Penta
metta
moncherini sotto
il
grembiule, che ne
.
il
Penta cosi
fece, e la
mago
aveva detto.
larono
tutti,
di ci la gioia fu grandissima;
il
ne gongo-
e particolarmente
il
mago.
il
Dopo
feste,
re di
Pietrasecca se ne torn
regno suo, e
fratello
il
re di Terraverde,
mandato
il
cognato
al
suo minor
lo incaricasse della
tando a canne di
e
che aveva
sofferte,
rendendo testimonio
mondo
che:
non pu
il
chi provato
(i)
si
243, n.
i.
TRATTENIMENTO TERZO
IL
BIANCO VISO
torre,
morta a causa
di
un
principe, e con
un
osso, portatole
muro
sposa,
e fugge.
la
muore
di crepacuore, e
si
ammazza.
affetto,
narrava questa
storia,
Si
piangeva per
i
le
sventure di Penta,
vagli; ci
si
si
rideva per
che ebbero
suoi tra-
angosciava a vederla in
tanti pericoli, ci si
con-
si
mano
ai
ferri,
dicendo:
di
perci
in
mano
non cercare
circoli di
maghi e
pericoli
da prudente,
udite.
che ci
sia vero,
(i)
Testo:
Lo
viso;
ma
vedi
pi
sotto
versi,
che formano
come
il
III.
IL
BIANCO VISO
31
desiderando conoscere
la sorte scritta
per
lei
nel libro
(')
delle stelle,
chiam
tutti
di
le linee
mano,
chi
cosi
Renza (che
il
chiamava
la
ognuno
altro,
disse
condi
un osso maestro
(2),
Avuto quest'oroscopo,
non
di
governo, che
la servissero:
vita,
di
porgerle sempre,
per evitare l'avverso pianeta, carne senz'osso. Ora, essendo Renza cresciuta
come
la
guardava dalla
ferro,
un cancello
il
di
pass Cecio,
regina di Vignalarga,
quale,
rese
saluto e accenn
un bocchino a
le
prese animo
e,
fattosi
tutti
pi
i
sotto
la
finestra,
disse:
Addio, protocollo di
archivio di tutte
versale di
tutti
i
privilegi
della
natura;
addio,
le
titoli
Renza,
pi bella,
vers,
all'udirsi
e,
dare queste
per la vergogna
di
si
fece
gli
Cecio,
come
da Cecio, rispose:
Sii
la
ventura.
Testo
uosso mastro,
32
GIORNATA TERZA
traffici di
Amore!
Cecio replic:
Come mai
Cupido?
sta
in
una
torre rinchiuso
il
che
la
prigione delle
Come sta cosi carcerata colei, anime? Come sta dietro un cancello
.
di ferro
un pomo
gli
di
oro?
Renza
le disse
raccont allora
come
la
com'egli fosse
figlio di
regina,
ma
regno
suo,
le
la
corona.
tendo
non vedeva
tito;
par-
e gli die
gli
appuntamento per
la
mattina,
()
quando l'Alba
che
le
chiama
macriata
ha
fatto
principe
si
ritrasse al
suo
alloggiamento.
al
modo
di scapolarsela e
il
gabbare
re teneva
(i)
Imbrattamento
di grave offesa
vi abitava, e
causa di
l'altro,
fatti
di
nella citt
suo distretto e
Sua Maest
habitanti
mura
grandissimo
voi.
danno
(Collez
il
cit.
delle
Prammatiche,
VI,
5-6.
tit.
CXXIX, De
veda
Ademollo, La
bel-
III.
IL
BIANCO VISO
33
e,
mentre se
lo
rosicchiava sotto
il
strumento che
ciando
il
Fortuna
le
mandava
ai
doleva
il
Cosi sola,
si
modo che
corda;
si
poteva senza
di
fu
un paio
e,
lenri-
zuola
attorcigli
delle
come una
ombre
dalla
quando
Cielo
mossa
tela
scena
(')
del
perch
della
l'Aurora
Notte,
usciva
fare
il
il
prologo
della
Tragedia
il
avendo udito
capo delle
lenzuola a uno
stipite,
si
lasci
e,
aveva
gittato
un tappeto, s'avviarono
Vignalarga.
A
al
sera, giunsero in
termini
sessione amorosa.
Ma
il
la
Fortuna ha
il
vizio
di
arruffar la
i
matassa, di guastare
in tutti
buoni
fece arrivare
lettera della
madre
di Cecio, la
quale
gli
(i) Il
Liebrecht
(I,
2^7, e
Anmerk.,
felice,
I,
perch l'Aurora
prologo
G. B. Basilk, Penlanierone
- il.
34
altrimenti
GIORNATA TERZA
non l'avrebbe
ritrovata viva;
quanto pi poteva,
riiii
ma
si
A
il
corra per
sei
le
poste
Tu
trattieniti
cinque o
giorni in
mando
gente a pren-
Scoppi
sciagurata
in pianto
la
Renza,
al triste
annunzio, e rispose:
Oh
mia
sorte,
!
come
feccia la
Come
scesa
fondigliolo la pignatta
la
Com'
ridotta al
rimasuglio
cesta
delle
mie contentezze!
le
Me
crusca
disegni, e
si
risolve
fumo ogni mia soddisfazione! Appena ho cominciato a gustare questa salsa reale, che il boccone mi si fermato
in
in gola;
appena ho appressato
le
dolcezza, che
mi
si
intorbidato
dire:
diletto;
appena ho
zio
visto
spuntare
riccio! .
il
sole,
che posso
Buonanotte,
paglie-
Queste e
altrettali
quando
questi
mia
vita,
o chiara lan<2),
di ritorno.
Le miglia
di
(i) (2)
Vedi sopra,
I,
238, n.
il
1.
fior di giacinto,
ma
la
gemma
il
giacinto , la
l'uomo
conservando
il
sonno;
come
legge nel
Venezia, 1704),
PP. 137-8.
III.
IL
BIANCO VISO
35
Iranno
fare
ch'io
la
mi
scosti
forza del
tempo sbalzar
il
via
l'immagine
Con
il
suo regno.
cetriuolo, s'avvi
si
vide
piantata
come un
di
lui;
si
dietro le
orme
e,
spastoiato
un
ca-
zone
di
cambio
con
si
la
addosso
il
sacco,
anime
le
calcagna
gli
cavallo, tanto
che
in
disse:
Ben
trori-
mio,
spose
l'altro:
donde
si
dove
siete
avviato? .
Renza:
Vengo da
si
sta
una donna, e
ti
Oh
bianco viso!
fi).
Deh, come
la
fosse
un
la
quanto mi cara
le
mie pu-
non
ti
partire
e, di
volta in volta,
il
ripetimi
mi
solletichi
cuore!.
(i)
mente:
dice:
Sembra frammento di uno strambotto. Nel testo suona propria Vengo da parie, dove sempre nchianto Stace na donna e
bianco viso! Deh, chi
me
36
GIORNATA TERZA
Cosi, col ventaglio delle chiacchiere sventolandosi pel caldo
della
via,
la
giunsero insieme
a Vignalarga.
Col trovarono
che
moglie gi
di tel'a-
Cecio preg
fratello
il
la
madre
come suo
poich
la
giovane che
lo
veva accompagnato;
stare
e,
madre acconsenti,
fece
con
sposa.
la
Con
ripeteva
Ma, quando
si
fu levata la
mensa
e la sposa
si
ritir in
e,
postasi sotto
un
'mille grazie'
dell'amore che
ti
porto? Questa
il
la
che
ti
voglio?
Questo
piantato
la
mia
in potere di
un
vedermi
mi pensavo
fatto
di stare alla
il
Duchesca
fanciullo:
vedermi
giuoco
di
(i) Si
chiama
cosi
un luogo
di
il
duca
di
Calabria, Alfonso
d'Aragona, aveva costruito un palazzo e un giardino (intorno ai quali vedi A. Colombo, in Arch. slor. nap., IX, 563 sgg). Per dono di
Carlo
pass poi
al vicer
Toledo e
quali abbatte-
III.
IL
BIANCO VISO
parte
di te
37
',
'Bando e comandamento da
mentre immaginavo
mastro Chiomento
ad
'
di giocare
con
Anca Nicola
'
!
('),
Ne ho
ne ho
(*);
di
razzi
del
(3);
desiderio, e ora
fatd,
tiro
dalla pesca
in
aria,
e,
arena d'ingratitudine
pnfete,
ne ho
di
castelli
il
ho
Ecco
il
ricambio che
m'
data; ecco
pagamento che
ottengo
e
Ho
amorose
di-
m' rimasto
manico
vi
in
mano; ho steso
il
bucato dei
segni miei e mi
ho messo
a cucinare
la
cascata dentro
delle
disgrazie.
Ma
chi credeva,
o voltabandiera, che
la
botte
delle
promesse scendesse
feccia?
che
il
pane
Belle
d'uomo da bene!
prove
di
persona onorata!
darmi corto
il
perch mi trovassi
di crusca,
cuore nero!
promesse
!
di vento,
o parole
o giu-
ramento
di milza soffritta
Ecco
sei
prova
il
della
Duchesca
si
ci alludi star
dono
le
e assoggettata
(i)
175, n. 3, 177, n. 2.
(2)
Poco
profitto:
un semplice dono
dalla pesca.
(3)
Immagini prese
38
GIORNATA TERZA
di sera
il
che parole
di essere
vento
le
come cane
m'immaginavo
di essere scodella e
lui
come
biscia
altro,
con un
la pri-
mano
sia dato
ti
scacco matto.
Renza male
avviata,
va' e
fida, va' e
mescola,
trista
chi vi
essi
si
attacca,
che
ti
sogliono
fa la
Ma non
gabba
fanciulli,
morte dei
scrivani
grilli
(3>;
sai
non
e,
ci
sono
carte
(4);
quando
meno
te l'aspetti, verr
giuoco di
mano
a chi
Ma
io
al
non m'avvedo
vuoto; sospiro
i
che dico
le
mie ragioni
al
vento e sospiro
sola.
in perdita, e
mi lamento,
la
ma
alla
conti
con
la
sposa e rompe
il
taglia;
e io
conti con la
Morte e pago
debito
un
letto
dentro
'
con
fi)
il
rospo.
(2) Traslati
(3)
Nel
testo:
fa la
morte de
dei
li
grilie .
(4)
Contro
gli scrivani,
bassi
i
ufficiali
tribunali
delle
altre
pubbliche amministrazioni e
i
bondano
motti
napoletana. Si veda
il
III.
IL
BIANCO VISO
39
ferito sono'<'>,
'Compagno
mio,
alle costole
Dopo
venuta l'ora
g' ingratinati
e gli spezzati ie
avendo
altro pel
lo
capo che
il
dandole per
Tanto che
cos'
disse:
Che
che non
fai
che send?
Non mi
rispose
dieta
il
il
Renza;
pranzo
(3)
replic
l'altro,
perch
ti
la
miglior ta-
bacco
bisogna
di
medico, mande(4)
remo
faccia,
chiamare un
il
tal
dottore
urina
che, alla
sola
senza toccare
(i) (2)
(.3)
I,
177,
nn.
5.
si
tutomaglio
tabacco, che
si
costume generale,
adoprava o
Un
cronista
S' preso
cosi in uso di
pigliar
del tabacco
in Napoli, eh' cosa meravigliosa, poich tutti indifferentemente portano .id ogni le loro tabacchere piene, e ne prendono in gran quantit, et
come
che giovi mirabilmente (Bucca, in Arch. star, nap., XXXVII, 133); e pi oltre racconta della motte del duca di Sicignano Caracciolo, che,
li
trovato
di
tabacco
che da ci
la
zosamente
lo
ammassato insieme, hanno medici concluso morte; e pure si seguita a prenderne (ivi, p 272). Scheresalta come panacea un altro contemporaneo del Basile,
in
Abruzzo, ne
scherzo
tabacco (Ascoli,
noto, allora
i
16,16).
Com'
si
distinguevano
i
erano propriamente
medici, e
chirurgi.
40
GIORNATA TERZA
male da ricette
pignatta
fuori
Non
disse
E
Renza,
.
e nessuno sa
muovo
guai
della
del
mestolo
Esci
un po' a prender
in giro
Renza: Quanto pi
il
pi mi
si
rompe
cuore
il
di
dormire;
il
comin
lo
pagno
si si
ponesse in un lettuccio
(^)
nella
camera stessa
cui egli
la
sposa.
ad ora ad ora
al
cuore
Renza e intronamenti
della
sposa.
La quale
tutto
il
di dietro
con cotesto
bianco viso
'
!
Che
trista
mu-
sica questa?
dissenteria,
che non
finisce
pi!
testa,
Basta, poffar
dirizzone di
candomi con
di voce.
sentire
musica
di strumenti e
non
repetii
vedi
come
sempre
lo stesso tasto!
Di grazia, non
lasciaci in
pace un po'.
Cecio.
moglie mia!
rispose
che
lo
ora spez-
ziamo
il
un bacio
un miglio lontano
al
schiocco. Quel
rumore
di labbra fu
tuono
spiriti
a dar soccorso
il
cuore, accadde,
il
come
dice
proverbio, che
il
soperchio
rompe
concorso del
fece stendere
piedi.
alla sposa,
(i)
Letto
sofA.
di riposo, dice
il
testo,
si
chiam poi
canap o
III.
IL
BIANCO VISO
gli
41
quelle parole
ripetesse
piacevano tanto;
e,
tir
la
e,
poich
il
nemmeno
rispondeva,
le
mise
mano
a toccare
chiam subito
candele,
e,
scoprendo quel
in
mezzo
petto.
Che cosa
vedi, o sciagu-
rato Cecio?
ti
Che
t'
Quale rovina
ti
O O
ti
mio, chi
ti
ha clto?
ha spenta?
fuori?
come
ti
sei
rovesciata
Chi
ha abbattuta, o
stracciata,
ha
ha
mandata a picco, o
di
questo cuore?
fallita
O
la
al
faccende delle
Grazie, e
Amore
ponte!
(').
Al
persa la
semenza
delle belle,
la
ri-
non
si
trova pi
Oh danno
una
bella
senza
fatto
prova a
(1)
Testo:
lo
ponte
Ammore.
Mi par da correggere
modo
in cui
ho
Amore
tavano
butta
le
Maddalena, a
si
getaltri
animali.
42
GIORNATA TERZA
disgraziato,
di
consola-
zione,
nudo
di spasso, squattrinato di
contentezza!
Non
cre-
mondo, perch
ti
morte,
ci
congiungeremo
uffizio
al
insieme; e, se
letto,
ti
ti
mio
sar caratarlo
alla
tomba, e un solo
epitaffio nar-
Disse e die di
fortativa sotto la
mano
a un chiodo e
si fece
la
quando
le
mandar
fuori
tutta
la
rumore con
la
figlio
dere
strapp
alla
cosi
un grande
strappatorio e schiamaz-
zatorio,
fece collocare
due insieme in
In
quale,
quel
il
re,
padre di Renza,
il
andando
mondo
lo
che
cosi,
persegui-
tando
il
si
stava
per
(i)
III.
IL
BIANCO VISO
43
('J.
e piangendola e sospirandola,
aveva dato
il
triste
augurio di quei
quando un malanno
entra per
le
(i)
si
conserva
il
c'erano
mura,
si
al
case a
man
veda
Celano, Notizie
(2)
cit.,
V, 20-22.
si
mette un pezzo di
TRATTENIMENTO QUARTO
SAPIA LICCARDA
Sapia, mentre
il
padre in viaggio,
il
si
il
pericolo che
le
al
in ultimo,
il
figlio
Tutto
il
diletto
il
fu intorbi-
dato all'udire
e
si
la
figlia
femmina.
che vedendo
re,
morte
di
Renza
il
comando,
si
modo che
segue.
la
buon
giudizio
mondo, con
m.ali
la
quale
senza pericolo e
traversare
trova pronto a
tutti
cosa vedrete una grande esperienza nella persona di Sapia Liccarda(i\ che, uscendo con
la
da un immenso golfo
di
travagli, si
buon porto.
(i)
IV.
SAPIA LICCARDA
Sabella,
45
che aveva
tre belle
figlie,
conoscendo
prima
le
finestraiuole d),
di partire,
co-
le
portava
al
dito
commettesse
appena
il
si
chiamava quella
scalare le finestre
terra)
che
le
due
sorelle
agli
cominciarono a
ad
la
affacciarsi
abbaini; nonostante
pi
piccola,
facesse
cose dell'altro
i
mondo,
la
non era n
Gelsi, n
Duchesca, n
(2),
il
vico
del
Pisciatoio
civetterie.
re, e
i
palazzo del
tre
tre
le
di bell'aspetto,
cenni
vennero
ai
una
sera,
quando
il
la
Notte
(i)
Testo:
,
cavallesse fenestrere:
cavallesse
cavalle sfrenate
fenestrere
(2)
Luoghi
due
primi, v.
1,
86, nn. 7 e 8,
143,
il
pre-
un
San Bartolom-
meo, che
Basile ricorda
le
dove chiama
<
l'accoppatura
fior
fiore)
de
lo
Pisciaturo. Ai giorni
col
quel
vicolo ha ricevuto
nuova
tabella viaria
nome
di
Vico Stella a
Porto
(3)
46
si
GIORNATA TERZA
ritira
con
le
sue entrate
('),
scalarono
tutti
e tre
la
casa
le
delle
tre
sorelle; e,
intesisi
due
il
fratelli
pi grandi con
mano
gli
sfuggi
come
un'anguilla,
si
non
fu
povero ragazzo
quelli
stette a
i
contare
bocconi
ai
fratelli,
e,
mentre
mula.
caricavano
sacchi dal
la
Al mattino, quando
gli uccelli,
nano
il
tutti
a cavallo ,
quelli se
met-
tano in
sella,
ne partirono
della soddisfa-
la
cattiva notte.
Le due
la loro,
sorelle
vennero subito
incinte;
ma
fu
mala gravidanza
sgonfiava d'ora
(^^
la
e,
pancia di ramarro
do-
quando
le
il
padre tornava,
pecore.
desiderio, che
bellezza di
lei,
il
in parte
giovane
concert con
le
sorelle
vi
maggiori per
farla
cadere nella
trappola,
quando meno
di ridurla a tale
impegno
dissero:
(i)
L'immagine
di
pompe
e sfoggi, e pi particolarmente
affatto, si
da
un
certo
occhio di ramarro
per
IV.
SAPIA LICCARDA
fatto:
47
si
Sorella nostra,
il
fatto
se
consigli
;
pagassero, o
se noi t'inten-
devamo
dirittamente, certo
non avremmo
afflosciato l'onore
come
tu vedi.
Ma
quale rimedio
le
a questo?
Il
manico,
cose sono
Perci non
becco
si
all'oca.
il
tuo
sdegno
spinga all'eccesso e
e pensiamo che, se
mondo;
non
per noi,
nel ventre,
Sa
il
il
Cielo
rispose Sapia
e
alla
Liccarda
Quanto mi pianga
alla ver-
gogna presente
pena che
vi
aspetta,
quando torner
nostro padre e trover tale offesa alla casa sua; e darei un dito
della
mano perch
il
Ma, poich
diavolo vi ha tolto
fare,
lume
purch
e,
ci
sia
mi
tira
la
mia
quanto accaduto
poi
le
Le
sorelle
la
lasciarono parlare e
altro
dissero:
Noi
ci
non desideriamo
segno dell'affezione
re,
perch ce
ci
bambini
sei
ci
cristiana,
domani mattina
ti
caleremo dalla
figli
del re, e
ti
(i)
Testo:
non
se
48
GIORNATA TERZA
al
dovevano venire
ciosa e postasi
mondo,
un
quando
la
il
Sole
guadagnata contro
Notte,
rec
al
e,
men-
tre,
ottenuta la limosina,
via,
Tore, che
sopra.
le fu
Ma,
nel darle di
mano, Sapia
si
si
graffi
bene e rimase
mano
e
malconcia.
la
Avuto
il
pane
le
sorelle
cresciuta
fame
al
misero
giorni,
a confabulare, e,
dopo due
re;
e Sapia
si
mise
''\
pezzente,
e,
udito
che chiedeva
le
grembo a
Ma, quando
fece per
^^1.
la notte:
per
qual cosa
si
morse
le
mani e minacci
di
fare
gran
risentimento.
Ora,
come
;
volle
il
due bei
bambinelli
rovinate affatto,
aiutarci,
non
ti
risolvi
ad
perch
(i)
Testo:
lo
re : evidente
cattiva lettura
del
manoscritto
per
Tore
(2) (3)
servir
da spauracchio
agli uccelli.
IV.
SAPIA LICCARDA
il
49
e,
messere nostro,
ci
trovando
il
governer
in
modo che
ti
gi, e noi
por-
geremo
in
piccolini, e tu portali ai
le sa-
calare
bambini,
li
li
secondo che
si
camera
di
tende del
letto
una grossa
pietra; e se
ne torn a casa.
quando
principi rientrarono
figlioletti
nelle
coi
nomi
un
solo
non era
stato
degno
di
fare
razza, nel
buttarsi
sul
si
suo
fece
un grosso bernoccolo.
In questo
volle vedere
tempo torn
gli
il
anelli
delle
e,
trovando
quelli
delle
due maggiori
voleva metter
mano
ai
ferri
i
scoprire la verit,
quando
del re
si
presentarono a
il
lui
Rimase
lo
beffassero.
figli
che n'erano
le
frutto,
si
tenne fortunato; e
si
appuntarono
nozze per
Sapia, che
dispetti
si
passava
fatti
la
mano
sullo
stomaco e ripensava
si
ai
che aveva
a Tore, quantunque
sentisse richie-
G. B. Basilf, Pentamerone
- il.
50
dere
al
GIORNATA TERZA
padre con tanta insistenza, nondimeno immagin che
e che
il
peli.
pasta
zucchero
e,
collocatala in
una grande
i
cesta, la coperse
con
pre-
certi vestiti.
La
balli,
al
mise innanzi
cuore, e
si
il
testo che
le
era venuto
un soprassalto
letto,
i
ritir
dove
si
fece portare la
sola,
cesta
dalla
vestiti.
Rimasta
tolse
compose
appost dietro
le
suo
letto e
fosse
i
coricata,
disse:
disgusti,
che
mi
competere
tutte;
con un
ora,
il
una volta
sconter
per
ti
voglio ricordare
bero,
dire,
e,
e tutti gli
altri
che m'hai
la
fatti! .
Nel cosi
mise
mano
un pugnale e
non
il
soddisfatto, aggiunse:
succhiare
anche
sangue!
e,
sconficcato
il
il
dolce e
il
profumo
del muschio, di
cui
la
si
penti di avere
trafitto
da intenerire
il
sassi,
chiamando
di fiele
il
suo cuore,
di tossico
ferro,
soave. E, dopo lunghi gemiti, tirato dalla cavezza della disperazione, alz la
mano con
lo stesso
Ma
Sapia
(i)
descuido
IV.
SAPIA LICCARDA
SI
la
Ecco un pezzo
Non mi
tenere
un cuoio
di
qualche
di-
inganno l'ho
.
alle furie di
un cuore sdegnato
cosi gli
domandava perdono
di tutto
Lo sposo
dopo
tanti travagli,
seppe pi dolce
della moglie
il
che non
come
N nuda
la via di
Citerea,
n Cinzia ammantellata:
mezzo sempre
fu pregiata.
TRATTENIMENTO QUINTO
LO SCARAFAGGIO,
IL
TOPO E
IL
GRILLO
Nardiello mandato tre volte dal padre a fare mercanzia con cento ducati
e la terza un
mezzo
dopo
Assai lodarono
Liccarda;
il
principe e la schiava
il
giudizio di Sapia
ma
seguendo l'ordine
si
della
suc-
cedeva Pepa
al parlare,
essa
a questo modo:
La Fortuna
uomini
di fogli
dotti,
la faccia degli
un voltamento
tica volentieri
ottenere
stolti,
onore presso
plebe, di ripartire
nel
modo che
si
figlio
nome
Nardiello,
il
(i)
in collina,
campagna
Celano, Notizie
cit.,
V.
LO SCARAFAGGIO,
IL
TOPO E
trovasse
IL
GRILLO
nella
53
pi
si
il
mai
polmo-
nara('>dei
che
amarezza e
non sapendo
modo
e maniera
livello.
Se andava
all'osteria a
pagava contro
l'assisa
(2);
se giocava nelle
lo
mezzo e
lasciavano
nudo nudo:
sipato
mezzo
facolt paterne.
e,
gridando e minac-
diceva:
Che
ti
Non
di
vedi che
la
nome
lasciale,
che sono
ci
mette a
ri-
contenti e ci
in zero, e le
consuma
parole
ti
contanti,
dove
le
zare
ti
riducono
(4).
assottigliano
come
piolo di liuto!
figlia
Lascia, lascia di
con
la
disfai e
ti
ma
mare-trace
(5),
dove
sei
(i)
Come
si
detto, era
V.
I,
128, n. 3.
(2)
Assisa o
tariffa.
(3) Cio,
seconda
rie ,
da
rio ,
malvagio.
comm'a
La parte superiore
Egeo.
54
GIORNATA TERZA
ti
stac-
remota
la
causa
',
disse quello,
'
si
rimuove
di
tre
Salerno
comprane
tante giovenche,
che,
i
a capo
li
buoi,
met-
daremo a vendere
misureremo
gli
se
ci
capita
al
una buona
un
carestia,
ti
scudi a tomoli, e,
pari di
altro,
compri un
titolo sulla
come
tanti
Perci attendi,
figlio
chi
me
rispose
il
Nardiello,
che
ora far
il
voglio , replic
padre; e
gli
sbors
tornesi.
ma non
di
era ancora
d'olmi, a pie di
un
flusso per-
una
fata,
il
quale suo-
(i)
La
fiera di
Salerno era
durava
otto
giorni,
cominciando dalla
vigilia dell'apostolo
san Matteo
: la
gente vi
concorreva
qual
si
; vi si
esponevano
il
animali e
sia sorte di
castello
grande
che
(Pacichelli,
(2)
Il
1703,
I, 174-5).
la facilit
Qui
aggiungono
dato
nome
interpolazione vanitosa o
scherzosa dell'editore.
V.
LO SCARAFAGGIO,
IL
TOPO E
IL
GRILLO
55
nava
di tal
pagato una pupilla degli occhi suoi per possedere un animaletto cosi virtuoso;
Non
potevi chiedermeli in
li
momento
pi opportuno
le gitt in
ho pronti
e lesti; e
scarafaggio
Stretta
grembo
in
una
scatoletta
(2).
questa
sotto
il
una grande
allegria
che
gli saliva
Ora
alla
uomo d'ingegno,
e se
so fare
fatto
fiera,
padre,
figlio
la
ma, aperta
vergogna
del dispetto e
il
come un
dello scarafaggio;
ma non
non
e,
gli
fu
pos-
fiatare, razza
mulo,
giudizio
lo
di
cavallo,
testa
d'asino,
sull'istante
stesso, riporta
altri
(i)
giare,
che
Soberbiosa y grandiosa : accenno al modo iperbolico di fraseg5?r italiani solevano notare negli spagnuoli..
(2)
Testo:
ma, pi
oltre, in
una scatoletta.
56
qui; e
le
GIORNATA TERZA
bada che non
coi denti .
i
ti
accechi
il
diavolo, che
ti
fo
mangiare
mani
Nardiello, presi
e,
denari,
si
avvi verso
di
la torre di
Sarno
('),
giunto
al
medesimo luogo
il
fata,
quale faceva
pi belle
mu-
ballo
che mai
si
le
ebbe a strasecolare;
vendeva, che
la
le
infine,
domand
alla
fata
se glielo
fata
il
accett
proposta,
e, presi
topo in
una
al
mostr
la bella
compra
come un polpo
e,
colpito, sbuffando
come un
si
cavallo capriccioso;
se
timo,
il
gli
consegn
altri
cento ducati e
disse:
Avverti a
non
che
la
terza volta
le
non
te la cavi.
compra
la sbagli,
povera
la
mamma
solito,
il
che
ti
ha messo
al
mondo!
pervenuto
al
luogo
grillo,
fata,
che
si
di-
vertiva con
un
dolcemente che
la
faceva addormentare
la
nuova sorta
e,
una gabbietta
for-
(i)
La
Il
sponda
sinistra del
Sarno.
(2)
daino
V.
LO SCARAFAGGIO,
IL
TOPO E
IL
GRILLO
57
mata
di
di fuscelli, e se
ne torn
padre.
Il
quale,
cattivo
gangheri
affatto, die di
mano
a un randello
Io
conci meglio di
come avrebbe
fatto
Rodomonte.
Quando pot
Lom-
bardia.
figlia
re,
non
si
il
padre, dopo
cotto e
il
crudo, fece
saputo moverla a
ebbe capriccio
di
tentare
sua sorte,
e,
andato innanzi a
gli disse:
ti
Sta'
ci
non
riesce,
andr di mezzo
la
(').
Vada
ci
la
forma e
la
scarpa
replic
la
che
.
io
mi
voglio
re fece
chiamare
figlia
e,
un
che
tre animaletti,
tanti
Ma
pianse
si
il
re den-
in virt del
bando,
vedeva co-
stretto
gioiello delle
femmine a
non potendo
ti
pro-
do mia
e lo stato per
ma
non consumi
il
matrimonio,
fo
divorare
dai leoni.
Non ho
paura
58
GIORNATA TERZA
Nardiello,
disse
mare
il
che
in
tre
giorni son
uomo da
prova
si
consu-
matrimonio, tua
figlia
alla
cono-
scono
cocomeri
(2).
Celebrata
portato
la festa nuziale e
la
venuta
la sera,
quando
il
Sole
cappa
letto.
sul
capo
il
andarono a
Ma
re maliziosamente
Cosi
In
quel
scatola degli
trascinato con
mia mi ha
un
triste
non
potendo non
lasciarvi,
dove
leoni rimasero
come
il
statue.
con
lo spirito ai denti,
topo parl
abbi data
ci
la libert, noi
ci
amore
e conservati
con tanta
affezione,
Non
dubitare:
chi
bene
fa,
bene aspetta;
fatati;
fa'
bene e
scordatene.
fino a qual
Ma
siamo
e,
per mostrarti
dietro,
che
esci
da questo pericolo
di
lui,
il
(i) (2)
Locuzione che
I
si
altri
scrittori.
cocomeri
si
vendono
con
la
prova
cio con
un
taglio sulla
V.
LO SCARAFAGGIO,
IL
TOPO E
IL
GRILLO
59
Di
lo
menarono a un
tutto quello
pagliaio,
dove
gli
dissero che
co-
mandasse loro
mio gusto
sa-
rispose
il
Nardiello
il
che, se
il
re
ha dato un
di
altro
gran piacere
non
far
consu-
mare
mia sventurata
gli
risposero
questa ca-
animali;
sta'
di
buon animo e
il
fracido ,
e l
Andarono, dunque,
aveva maritato
la figlia
si
alla
corte,
trovarono
che
"),
il
re
e che
manometteva
banchetto,
(2),
quando
la
di ru-
giada
le gallinelle
poich lo
(3),
appena
si
addorment
il
e parve che
giacesse scannato.
Lo
russare dello
sposo, se ne
sali
(i)
Muzio, stamri-
guardo verso
il
voltafaccia
da
essi
mune,
e che
pace di Utrecht,
al
riconoscimento
Le
Pleiadi.
(3)
Una
delle
ubbriacarsi
!>:
come
lo
6o
GIORNATA TERZA
maniera
il
d'amor trasse
indi
un liquido
sottile
(').
La sposa, che
l'aura, l'odore,
il
(2),
svegli
il
E, levatosi dal
a chiamare
letto
i
e fatto
un bucato a
tutta la
la
persona,
mand
causa
commesso
nel banchetto.
La
tutti
sera dopo,
si
di parere che,
a coricare e di
nuovo s'addorment
il
subito.
Lo
scarafaggio,
che
si
com-
argine di
falde
e trincee di
stracci.
Il
topo, ci udito,
gli
farti
disse: Vieni
la
sicchiare
livello dell'altro,
somministr un'altra
gli
il
palazzo. Si svegli
l'ammorbata sposa,
lume
della
lampada
il
diluvio
(i)
Son. CLII
(I,
133).
(2)
(3)
Son.
CCLXXXIII
55).
V.
LO SCARAFAGGIO,
le
IL
TOPO E
IL
GRILLO
6l
('),
turandosi
il
camerieri, recit
con cosi
lu-
stare
bene attento
dosi
il
gli
disse, favellando
altro,
da
letterato:
seguendone un
replic:
Vento-
silalibus;
lanc grande
lavoro
al
il
primo
di
musaico,
secondo
al
il
maco,
era
sommosso
ed
corpo,
il
terzo sarebbe
egli
sarebbe scacciato a
lo
disse
sposo,
che
al
e,
oltre di ci,
il
penseremo
rimedio che
affinch
si
condotto maestro,
non mi
dica:
alla terza
giacque
(2).
Con
giati
tale
appuntamento, quando
e letto, lo sposo
si
i
can-
camera
chiam
camerieri,
domandando
non
gli
fa-
(i) (2)
il
cit.,
p. 909.
62
cesse la
lo
GIORNATA TERZA
terza burla:
non
avrebbero addormeniato
tra quei servitori
e,
al
mondo.
Era
un giovane che
bombardiere;
poich ognuno
tratta
mestiere proprio,
come
si
usa
ai
mortaretti.
lo
Fu
come
andava; e
sposo
coric,
la
sposa, per
non chiuse
Lo
scarafaggio, che
lo
sposo,
disse ai compagni:
Oim, questa
volta
che resteremo
non
di
ti
ci
non
dorme
e
il
non mi d modo
grillo,
disse
che
ora
servo
E, prendendo a cantare
lo sposo.
Corse allora
lo
scala
solita siringa;
porta e sbarrata la strada, torn disperato e confuso ai pagni, riferendo quel che
gli
comnon
era incontrato.
Il
topo, che
aveva altro
fine
che
di favorire e
diatamente and
alla dispensa, e,
odorando
di
vaso in vaso,
coda
e,
tornato
di corsa, questi
il
ne unse
le
narici dello
sciagurato
forte fu
tedesco. Subito
la
sposa, la colpi
mezzo
al
ammazzare.
re,
domandando che
un
le
petto.
Si
marax-igli
il
re di questa sciocchezza
il
getto di crusca e
V.
LO SCARAFAGGIO,
IL
TOPO E
fatto
IL
GRILLO
63
alla
il
un buon livido
le
recasse maggior
danno, se
Il
il
re,
veduto
terza
li-
modo
eseguita, lo
questo
gli
diello, se
ne dava pugni
al petto.
suo lamento,
gli
si
fece
gli disse:
le
Non
vi disperate,
perch
per
genero
io
che venga,
manderemo a chiamare.
buona novella che mi
Oh
sii
il
sta
porti,
bello animale
Tu mi
quel
di affanni, perfatto a
ch mi sentivo un rimorso
Udito questo,
grillo
saltellon
saltellone
and
alla
ca-
panna ove
si
caduto, lo condusse
incontrato e
tempo
stesso,
per
la fatagione
e,
che
gli
giovane;
mandato
felici
a chiamare
sero insieme
e contenti, provando,
dopo
mille stenti e
accade pi
in
un'ora che
in
cent'anni.
TRATTENIMENTO SESTO
BELLUCCIA
(')
essersi
si
comportata accortamente
comandato,
duccio, primogenito di
Biasillo Guallecchia,
ed cagione che
le
Non
mansi
il
ascoltatori
scompisciarono dalle
topo; e
il
il
che a colui us
riso
mattina appresso, se
si
principe
non l'avesse
fatto cessare
perch
desse orecchio
guadagno
duce
frutto.
E
la
questo
vi
prover
la
figlia di
un povero con-
non
delle
solo apri
altre
strada alla
che,
stessa,
ma
a quella
sorelle,
per merito
furono
riccamente
maritate.
(i)
Nel
testo,
stranamente:
La
agli,
VI.
BELLUCCIA
f')
65
al
un
uomo
rustico
di sette figlie
femmine, e
mondo
sette figli
il
primogenito, Narduc-
che era
suo occhio
gli
pre aperta.
Un
dire
giorno che
quanti
Ambruoso venne
figli
a visitarlo,
Biasillo
gli
domand
spose:
*
avesse;
innesto
e
di
quello,
vergognandosi di
che aveva
faito
tante
femminucce
gli
ri-
Ho
quattro
maschi e
tre
femmine. Se
di
cotesti
farai
figli
cos,
replic
grande
.
Biasillo,
mandami
uno
tuoi
figlio,
che mi
un piacere
Ambruoso, che
cosa rispondere e
del capo.
si
si
vide preso in
restrinse
parola,
Ma, tornato
alla Barra,
modo
di
figliuole,
mand
vestirsi
quale di loro
si
sarebbe contentata
di tagliarsi
capelli,
da uomo e
fingersi
(i)
di
Napoli,
insigne per
il
palazzo
la
villa
che
aveva costruito
il
nel 1630 la regina Maria di Ungheria. Lo descrive Memorie dei viaggi per l'Europa cristiana (Napoli, 1685), parte IV, tomo I, pp. 241-5(2) Testo: RenzuUo, che poi divenuto sempre Narduccio.
Pacichkli-I,
G. B. Basu.k, Pentamerone
- il,
66
Subito
forse
la
figlia
il
GIORNATA TERZA
pi grande, Annuccia, rispose:
che
m' morto
Nora,
la
le
trecce?.
E
gi
seconda:
la terza,
Sapatina:
Ho
sempre udito
dire che le
donne
Rosa,
la
quarta
Marragnao
gli speziali
non mi
ci
peschi
Tu
che
non hanno
in bottega per
trattenimento di un malato .
La
si
metta una
supposta e
cento
fili
salassi,
che
io
delia vita di
un uomo.
La
e
di
sesta, Leila:
non
uomo
falso,
perdere
il
nome
buona femmina.
Ma
il
l'ultima covacenere
(^),
spiro, gli
io
Se
tue dita
come un
pizzico,
pur
di
darti
Oh,
sii
benedetta!
del
si
disse
Ambruoso:
tu
mi rendi
la
vita in
cambio
al
tempo:
capelli,
tornio
Cosi,
sbirri
la
tagliati
quei
di
amore, e
a Re-
uomo,
figlio,
men
dove
con
fu ricevuta
le
da Biasillo e dal
che giaceva a
(i)
Garosa:
v.
I,
235, n. 2.
(2)
Teslo:
cacanitola .
VI.
BELLUCCIA
servire
il
67
malato,
il
Partito
Se
io
non ho
la
le
delicatezza
di
volto la
l'attesta,
parlare lo conferma,
lo dice,
il
modo
lo
camminare
cuore
me
Amore me
rivela.
donna, senz'al-
tro;
a tendere un'imboscata
mio cuore.
siffatto
la
Profondandosi
tutto
gli
in
pensiero,
i
la
malinconia
ritro-
aggrav
febbre e
la
medici lo
varono
in
tristi
condizioni.
Onde
madre,
che
ardeva
d'amore per
questi occhi,
lui,
gruccia e molle
della
vecchiezza mia,
che
di
possibile
povera
mamma
tua,
senza dirle
ti
gusti del
mondo
.
si
lasci
andare a effondere
la
come
d'Ambruoso
fosse
una donna,
gli
Piano!
vello,
disse
la
mamma che,
al
tuo cer-
vogliamo
fare qualche
femmina
(i)
Testo:
molletta.
Le molle per
attizzare
il
fuoco e meglio
ri-
scaldarsi.
68
GIORNATA TERZA
(i).
Facciamolo scen-
femmine
e subito
sono
di
poco
fatto
spirito e la
vedremo
filare
sottile ^^\
avremo
Piacque
stalla,
al figlio
dove
le
Ma
da maravigliare,
salti
da mandare
mondo,
la
madre
disse a Nar-
non
il
pi vec-
chio consuma-selle
(3)
di
Porta Reale
si
(*).
Non
ma
perglie-
sist a dire
lo
vedeva,
gii disse:
Adagio a*
E,
fatto
venire
Belluccia, e le dis-
mano
l'arma,
(i)
logia
agronomica meridionale.
(2) (3)
Aver paura.
Testo: cacaselle, esperto cavalcatore.
(4)
Santo),
luogo dove
si
suo abbattimento
nel 1775
(5) (6)
(Celano, Notizie,
Skanderbeg:
Testo:
v. sopra,
21, n.
i.
ca la via pe-
trosa
VI.
BELLUCCIA
69
mise
la
la
polvere di zanni
il
alla serpentina e
il
fuoco
cuore dell'infermo;
e,
scaricando
colpo, caric
il
destrezza, l'attillatura
con
Levati
far
Ma
si
poteva dar
questo malato,
di venire,
il
malato far
medico. Perci,
altrimenti,
la
vediamo
io
alla certezza;
me
ne andr a distruzione,
strada di
una
fossa,
me
ne scender
in
un fosso
lo vide pi
con
la
Te
si
te
a nuotare; e qui
(3),
o intruglio
di Baia
se Piazza
.
Larga o Forcella
< Bravo!
(4),
se Circo
rispose
Narduccio:
non
(i)
si
vendeva da cerretani
sulle piazze
(onde
di
zanni
(2)
e che
traverso
monte
Grillo.
.
(3) Testo:
ntruglio de Vaia
i
Con questa
chiamano complessivamente
da
so-
trullo
zantino) in uso in alcune parti dell'Italia meridionale per designare ruderi di edifz a cupola.
(4)
v. sopra,
I,
85, n. 9, 86, n. 4.
70
nella punta.
GIORNATA TERZA
Oggi
si
crivello,
fsolo o bossolo
Belluccia, che
odor
la
un garzone
come
le
la
vedesse
alla
marina
che
il
sul
punto
accorrendo
portasse
la notizia,
padre suo
la
si
davano mano
a svestirsi,
quando
il
garzone sopravvenne
Belluccia,
si
avvi
verso Barra
Il
(2).
malato torn
il
alla
madre con
le
la
testa
bassa, gli
occhi
stravolti,
la
colore gialliccio e
labbra smorte, e
e,
le disse
che
per
la
disgrazia accaduta,
disperarti
non
la
Non
rispose
(3),
mamma,
figlio,
che
bisogna prendere
corte alla casa
la lepre col
carro
e,
An-
drai,
il
dunque, per
le
d'Ambruoso,
chiamando
ti
avvedrai
queste parole,
le
guance
di
quando
stelle,
il
Sole mette
mano
ai
le
and
difilato alla
casa d'Ambruoso,
chiamato costui,
(i)
di
una bacchettina
Nel
testo:
la seta.
(2)
a la vota de Resina.
al
(3)
latino:
si
VI.
BELLUCCI A
71
al figlio.
gli disse
che
si
gli
Ambruoso
tasse
scendere subito.
col
delitto
il
E
ge-
in
nere
('),
si
mise
vestito
da
uomo,
si
ma
fu tanta la fretta,
che
dimentic di levarsi
lo
sguardo a quegli
conosce
il
anelletti,
come
cattivo
tempo,
l'afferr forte,
come cane
corso,
disse:
Veglio che
tu
mi
sii
anche
della morte! .
Ambruoso, che
udi questo
buon
volere, rispose:
Pur che
mano
ed io con cento! .
andarono
il
alla
madre
e padre, a vedere
figlio
la
Ambruoso
di
mandarla
rite-
gno
di confessare
(2)
mondo
mine, Biasillo
figlie
Poich
il
femmine
e a
me
altrettanti
maschi,
vogliamo
fare
un
che,
grazie al Cielo,
ho agresta
(3)
che
(i)
Ora
si
direbbe,
in
linguaggio forense,
con
la
generica del
delitto .
(2)
Testo:
Antuono,
il
e cosi pi oltre.
(3) (4)
pesce.
Mescolanza
di
72
GIORNATA TERZA
Ambruoso, a queste
parole, si mise
l'ali
dere
le altre figlie
fece
una
festa
con
sette sposalizi, e le
musiche e
tutti
suoni andarono
si
restando
allegramente,
vide
chiaro che
TRATTENIMENTO SETTIMO
CORVETTO
Corvetto, invidiato
per
le
re,
mandato a
dispetto dei suoi nemici, e gli data, infine, l'infanta per moglie.
Avevano
gli
uditori
quando
la
e festanti
come
reni loro.
Ma
il
l'applauso e
di costei,
gli
al
moto
delle labbra
and a Candia
(').
Ma
se
possa trovarsi l'infingimento e l'impostura, io non saprei insegnargli altro luogo che
la
corte,
fa
dove sempre
da Trastullo,
si
giuoca
alle
maschere, e
la
il
mormorazione
la
maldicenza
da Graziano,
tradimento da Zanni e
la furfanteria
si
da Polunge,
si
licinella^^^ dove, a
punge e
si
Invenzione tessuta sul detto di Epimenide, serbatoci da san Paolo, Episl. ad Tilum, I, 12: Dixit quidam ex illis, proprius ipsorum pro(i)
pheta: Cretenses
pigri.
Il
Basile,
come
si
(2)
tempo commedia
in
Candia,
ai servigi di
Venezia.
dell'arte.
74
spezza e s'incolla
GIORNATA TERZA
Di ci
vi
mostrer solo un
ritaglio col
al
la stessa
mal digerito da
cortigiani.
il
Pipistrelli
com-
perava
il
la
Le aure
re,
per
farsi
diamo
indietro,
tirano la
e sempre
cani; ep-
scapitiamo di
condizione!
imbroccare a perfezione
il
gusto del
re.
Veramente bisogna
s
a mare: in ultimo,
altre parole
gli
Queste e
bersaglio della
Oh
dove
si
le
lusinghe
vendono a
i
quadretti
si
(')
mali
misurano a tomoli e
tradimenti
pesano a
(i)
si
esponevano
(ras. cit.,
in
ff.
vendita
8-9),
le frutta.
Sul
quadretto napoletano,
Del Tufo
che
lo de-
scrive e ne canta
le lodi e gli
VII.
CORVETTO
75
cantari!
Ma
chi
pu
cocomero,
(').
che
gli
posero sotto
il
piedi
Chi
pu descrivere
sapone
delle
tombolasse e
si
rompesse
la
Ma
Corvetto era
fatato,
vedeva
tranelli e scopriva
trabocchetti, e conosceva le matasse, e s'accorgeva degl'imbrogli, delle insidie, delle trappole, delle tagliuole, delle
trame
orecsa-
e delle furfanterie degli avversari; e stava chi tesi e con gli occhi aparti per
sempre con
il
gli
non smarrire
filo,
pendo che
la
malumore
(^'
non sapendo
le
in ultimo
in-
dacch
maldicenze
strada
delle
tentarono nel
modo che
ora dir.
che era
la
sede di que-
un orco,
il
l'orcheria.
Perseguitato dal
costui
si
era fortificato in un
vi
volavano
rice-
nemmeno
gli uccelli,
(i)
(2)
Come
Testo:
le vie di
Napoli durante
t
l'estate.
descenzo e
la
scesa , propriamente
.
convulsione e
discesa
L'inferno.
76
vere
la visita del Sole.
GIORNATA TERZA
cavallo,
che pareva
come
i
noi
altri.
Ora
cortigiani,
l'orco, quant'aspro
difficile
bosco e quanto
si
alto
il
monte, e quanto
al
prendere
il
cavallo,
le
misero attorno
re,
contan-
dogli
minutamente
re,
cosa degna di
le
Il
mani,
re,
il
come
tirarsi fuori
dal fuoco.
che non
fiori di
serpente,
Se mi vuoi bene,
modo
il
cavallo dell'orco,
mio nemico;
che
ti
servigio .
suonato da chi
s'avvi verso
la
gli
al
re,
montagna,
sell
il
stalla dell'orco,
cavallo, e,
forti
con
tutti
gli
vivano, e
di
mammone,
un orso
del principe
('),
da questa parte un leone, da quella un lupo, un lupo mannaro, per ridurlo a brani.
da
quell'altra
Ma
il
montagna,
e,
galoppando verso
la citt,
giunse
alla corte.
Qui,
(i)
V. sopra,
I,
273, n. 4.
VII.
CORVETTO
il
77
il
al
presentare ch'egli
fece
cavallo,
re Io abbracci
con
gli
mano
sta
a una borsa,
gli
empi
di
le
palme
di patacconi.
Fu quedei
rabbia al
si
vestito dell'invidia
la
i
cortigiani; e,
dove prima
soffiate di
gonfiavano con
cannella, ora
picconi,
di
crepavano a
quali
si
mantici,
vedendo che
la
coi
pensavano
di
sfabbricare
buona sorte
il
Cor-
maggior
Tuttavolta, sapendo
bellica
si
che non
al
primo urto
la
il
di
macchina
for-
rompe
al
la
seconda
tuna, e dissero
Sia
con
la
buon'ora
bel cavallo,
stalla reale!
paramento
dell'orco, che
pu
dire:
la
fiere
nessun altro
pu accrescere
questa ricchezza
tesoro vostro, se
non
mano
fatta
re,
di cotesti frutti,
la
amari
bens
ma
mangiava solo
fargli
corteccia,
chiam
Corvetto e lo preg di
avere
il
paramento dell'orco.
fu alla
ma
in quattro salti
mon-
nascose sotto
il
letto
ed aspett acco-
vacciato
un
libro di carnevale
in faccia al Cielo.
(i)
Allude probabilmente
al
Manzoni
Romagnoli,
1881).
intitolata: // libro di
XV e
^^'Z (Bologna,
78
e la mop^lic
si
(CORNATA
furono coricati,
IKR/.A
il
para-
mento
anche
la coltre,
cominci a
disse
alla
dal
Iclto
pian piano. Si
svegli l'orco e
tutto e gli
tu scopri
avrebbe
fatto venire
qualche mal
di ventre.
Anzi
me,
rispose
l'orca,
che non
la
mi rimasto niente
addosso.
l'orco, e,
Dove
diamine andata
la
coperta?
replic
la
cercando con
Il
mano
il
faccia
di Corvetto. *
monachetto,
monachetto!
si mise
allora
a gridare:
la
genti,
si
candele, accorrete! .
casa fu sossopra.
Ma
drappi
farle
i
dalla finestra,
un bel
E non
fianchi.
si
possono dire
carezze che
cortigiani,
i
gli
us
il
re,
il
tlispctlo
che ne provarono
(piali
scoppiavano dai
Con
con
la
addosso a Corvetto
la
i
retroguardia delle
loro
bricconerie.
il
re
tutto
quali, oltre
ad essere
tli
scia
se mal
non
ricordo,
un gallo
in
in atto di cantare
per l'Alba
ti
miri
'*);
(i)
Erano
voga
le
i
imprese
quali
il
roii
ji
motti e ne trattavano di
proposito moltissimi
libri, tra
ampio
(2)
Mondo
il
K un
a cui
omajigio
al
Toledo,
quando
Basile
componeva questo
sulla letteratura
la raccolta
Ckock, Saggi
VII.
CORVETTO
(');
79
e tanti e tanti
altri,
che
ci
tarveli
Avendo, dunque,
cortigiani trovato
il
re lieto
un piacere segnalato,
vi
facesse avere
il
palazzo
di
camere dentro e
riuscireste a
le
fuori,
che
pu
starvi
un intero
i
esercito, e
i
non
immaginare
i
quanti sono
cortili,
supportici,
loggette,
gaifil^),
le
con tanta
architettura,
che
l'arte vi si picca,
la
stupore vi sguazza.
Il
re,
manifest a Corvetto
desiderio che
gli
era nato
ilei
palazzo
aveva
dati facesse
que-
memoria
(4).
si
mise subito
le
gan.be addosso
palazzo dell'orco.
fatto
un bell'orchi-
(i)
fortuna e al declinare
(2) (3)
sua
I,
vita.
74, n.
i.
Con
le
caracol
g''
(4)
ricoprire
pu passare il tempo a vedere tante storie, Pente co lo cravone ad ogni muro. Cc se vede no ntruglio co la vela, Lia n'autro mpiso co no mutto a bascio. Ma chi porrla contare Quanta ditte e sentenze?.. . Si veda anche
il
1.
vn.
8o
cello;
GIORNATA TERZA
e
il
parenti,
mentre
la
puerpera, levatasi di
il
tutta si
affaccendava a preparare
Ben
trovata,
magna femmina
Bella
rovinare cosi
tanto, e
la
non
hai
Che vuoi
ch'io
faccia,
Sono
.
morsi
offerto
rispose l'orca se non ho chi mi aiuta?. qua io replic Corvetto per aiutarti a calci e a Sii benvenuto disse l'orca; giacch sei
il
e,
ti
pezzi se
legna
Di grazia,
replic
ancora Corvetto,
non bastano
nuca dell'orca e
la fece
cadere a terra
come una
pera.
tro la porta.
l,
e viva
il
re di
Fiume-
si
lanci
come
salsa;
ma, entrando
insieme dei
parenti dettero
tutt'
porta e ne
port
Il
la
re.
il
quale, visto
(i)
Testo:
I,
mmiezo
V. sopra,
244, n. 3.
VII.
CORVETTO
la
8l
barca
mare
delle grandezze, e
schiattati,
furono costretti
ad andare
cesso senza
candela:
che
la
tarda talvolta,
ma non pu mancare!
(i) Pezzi di
che
si
G. B. Basilk, Pentainerofie
- ii.
TRATTENIMENTO OTTAVO
L'
IGNORANTE
Moscione mandato dal padre a mercatare al Cairo per allontanarlo dalla casa dove si comportava da arciasino. Per la strada, incontra persone virtuose e le conduce con s e, con l'aiuto che gli danno,
torna stracarico d'argento e d'oro.
Non mancarono
intorno
al
principe
Taddeo
cortigiani che
N
rin-
faccio
che
si
all'udire
della
Ma
Paola,
cominciando a parlare,
fuori
dal
Fu sempre
tica
la
assai pi
lodato un
ignorante se tiene
pra-
con uomini
virtuosi che
primi,
pu guadagnare
altri,
si
di
agi
grandezze, altrettanto,
di
pu scapitare
roba e d'onore.
Il
conosce
alla
dal
che
vi
ho
proposto.
il
mare,
il
quale,
pu
in
questo
mondo godere
e
felicit intera,
aveva un
figlio cosi
sciagurato
vili,
l'ignorante
83
il
Non sostenendo
gli
padre
die un
buon gruz-
mand
glia l'ingegno,
Moscione (che
prese la via
cosi si
chiamava
il
figlio),
montato a cavallo,
maraviglie
del
verso
Venezia,
arsenale
delle
mondo ('',
pel Cairo
tale
un pioppo, e
sei,
gli
domand:
Come
la
e quale arte
e so correre
la
prova,
E, dopo essere
stati
per
un po'
campagna una
cerva; e Folgore,
mise a correre
in
modo
cosi straordinario e
con tanta
leg-
e,
in quattro
la
domand
se
quando trova
Moscione
disse:
Qual
il
l'arte tua? .
quegli
rispose:
e,
Mi chiamo Orecchio
lepre,
sono
di
Vallecuriosa,
mettendo l'orecchio a
terra,
senza muovermi
(1)
(2)
9.
come
84
di posto, sento
le
GIORNATA TERZA
quanto
si
fa
pel
mondo:
combriccole che
i
prezzo
delle cose,
fiani, gli
i
mali
uffici
dei cortigiani,
tristi
i
appuntamenti degl'innamorati,
i
borbotti
altret-
dei vecchi, le
tanto
il
gallo di Luciano
e la lucerna del
Franco
(*J
quanto
rispose
E
quegli,
la
Moscione
dimmi:
che
si
Un
moglie e dice:
Sia
lodato
il
mondo,
far
uomo
perdigiorno
Non
pi
vero e
ti
tura tua .
Vengo
disse
giovane; e
si
avviarono insieme.
Dopo
al
quale Moscione
disse:
Come
ti
fai
chiamare,
fare al
uomo
dab-
sei
mondo?.
quegli rispose:
Mi chiamo
che
mezzo un melofioccolo
(4).
Vorrei vederne la
(i)
g-allo o il sogno.
(2)
Tra
le Pistole
volgari di Niccol
,
Franco
(Venezia, 1538) ve
:
n'ha una
Alla
lucerna
Risposta de la lucerna
umane,
conosce
epistola e risposta
(3)
(4)
leggono a
ff.
183-200).
Vedi sopra,
I,
64, n.
i.
vili,
l'ignorante
85
prova
di
Per
la
gli altri in
sua compagnia.
Camminarono
un'altra
mezza giornata,
la
e trovarono taluni
che m'arde
il
cuore
(2)_
di quei lavoratori,
che
disse:
dove
si
cocerebbe una
placenta di bufala? .
Uno
di essi rispose:
come una
soffia
alle
.
rosa,
spalle in
modo che
nente
vi
gli
Lasciatemelo vedere,
replic
al
Moscione,
e Dio
guardi .
giovane, e Moscione
la vita di
domand:
Come
ti
fai
chiamare, per
tuo padre?
ri-
tua?. Quegli
spose: *
fare
Mi chiamo
la
Soffiarello,
i
sono
di
Terraventosa, e so
con
bocca
tutti
venti.
^3),
Se vuoi
Zefiro, te
le
ne
fo
andare
faccio cadere
case. *
Non
credo se non
lo
vedo
disse
il
Moscione; e
Soffiarello
soffi
verso sera,
beri,
gruppo
di al-
mand
che sradic un
filare di
querce.
Vedendo
questo. Moscione
altro tanto,
se lo
Camminarono un
vane,
al
e incontrarono
ti
un
ti
Come
chiami? non
(i) (2)
Manovale
di
muratore.
Debbono
Testo:
(3)
refole, che
lessicografi napoletani
di
rifolo
o buffa di vento.
86
per comando. Di dove
tua,
GIORNATA TERZA
sei,
se
si
pu sapere?
quale l'arte
se la
domanda
Mi chiamo
virt
che mi carico
.
una montagna
fosse questo,
sulle spalle e
Se
il
disse
(')
Moscione
tu
.
meriteresti
al
di essere
di
si
re della
dogana
primo
mag-
gio
di
(2);
ma
ne vorrei vedere
prova
Forteschiena
caric
pesi,
altri
onde Mo-
figlia, la
quale correva
come
le
il
vento e sarebbe
Il
fioriti
senza piegarne
cime.
re
aveva
ma
avrebbe
si
fatto tagliare
il
collo.
la
Moscione
figlia,
present
i
al
re
e
di
offerse
di
le
correre con
fermarono
zucca.
patti
la
battere
con
calcagna o di lasciarvi
dire al re
la
Ma
mattina
dopo mand a
che
gli
suo luogo un
altro giovane.
Venga
chi vuole
rispose
del re:
non
me
ne importa un
tutti ,
dogana.
Anche a Napoli, al primo di maggio, e nella via che prese il nome di Maio di Porto, si faceva una festa, apparandosi tutta di fiori di ginestra, che fino ai nostri tempi si chiamano fiori di maio; e
vi
si
vi si
attaccavano
vi
diversi
premi ed erano
di coloro
anche
ai nostri
tempi ritiene
il
nome
di
Maio
(Celano, Notizie
cit.,
IV, 292).
vili,
l'ignorante
di
P7
alla corsa,
le
Cosi, essendo
la
piazza
fitta
come formiche
e le finestre e
ter-
Ed ecco
a
venire Ciannetella,
con
la
gonna rimboccata
fino
mezza
gamba
non passava
il
con
spalla, e sentito
tarata e
i
il
tu-t
modo
con
che
talloni
toccavano
scapolati
cani
Ma
Folgore,
che
nome
il
un palmo;
il
toccato
termine, qui
i
si
senti
il
grido, la baia,
convocio,
gli strilli,
fischi,
il
batter di
mano
e di piede
Viva,
viva
il
forestiere! .
che ha ricevuto
la
spogliazza('), sentendo la
vergogna e
l'af-
Ma, poich
la
due
volte,
pens
di vendicarsi dello
smacco,
in casa, fece
un incanto a un
si
tasse al dito
piegavano
le
correre,
ma nemmeno
suo
nome
amor
dito per
padre e
la
figlia,
stette
zitto,
aspet-
tando
l'esito del
negozio.
(i)
LiPiM,
Dopo
ch'egli
castigo
88
GIORNATA TERZA
Quando,
al
il
Sole frust
al
la
e,
Notte
fatto
sull'asino delle
il
ombre
('),
due tornarono
campo,
solito segno,
cominciarono a giocar
di talloni.
Ma non
tanto
un asino
spallato
e un
cavallo
sfiancato,
il
muover
passo.
una
verretta,
al
dito di Folgore
e fece
Subito
salti
Il
si
sciolsero a quello le
gambe
irrigidite, e, in
il
quattro
palio.
di
vedendo
i!
la
vittoria di
un bietolone,
la
palma
un
gaglioffo,
trionfo di
un bestione, rimase
assai perplesso se
i
dovesse dargli o no
la figlia; e,
chiamati a consiglio
sapienti
di
uno scalzacane e
mancamento
poteva
commutare
bero
la
promessa
in
un donativo
di scudi,
che sareb-
stati di
che non
tutte le
donne
il
del
mondo.
fece
Al re piacque
parere, e
domandare a Moscione
gli
era stata
rispose:
sulle
promessa.
Moscione
si
consigli
coi
compagni e
ne
Voglio tant'oro e
spalle
argento quanto
.
pu
portare
uno
dei miei
compagni
il
re fu contento. Si avanz,
(i)
Come
altri
un asino e
frustati dal
ma-
nigoldo.
vili,
l'ignorante
di catenine e anelli.
89
di
monete
di
rame, scrigni
come una
i
torre, tantoch,
i
non
bastando
la tesoreria,
le
banche,
bancherotti,
mercanti di
in prestito
cambio
a
tutti
della citt,
i
cavalieri
boccali, sottocoppe,
piatti,
vassoi,
canestri,
perfino
il
formare
giusto
si
peso. In
non stanchi ma
sazi
infastiditi,
I
partirono.
consiglieri,
che videro
la
si
por-
re
grande asineria
e
lasciar
andar fuori
tutto
il
re accolse
il
mano
raggiungesse.
i
Ma
consiglio, ne avvis
al
compngni;
mentre
la
polvere
si
levava
ricca
soma, Soitutte le
cominci a
soffiare
di
in
.solo
genti
nemiche dettero
faccia
ma
furono gettate
pi di un miglio lontano,
come fanno
venti settentrionali
senz'altro impedimento.
Moscione arriv
soci,
alla
casa
si
fece parte ai
perch
chi
; e
ti
fa
guadagnare
la ciambella e tu dagliene
una scheggia
li
mand
consolati e contenti.
si
Ed
esso rest
che non
re.se
bugiardo
il
detto:
manda
il
Cielo
TRATTENIMENTO NONO
ROSELLA
Il
manda
un principe; la figlia s'innamora del prigioniero madre la raggiunge e dal principe le sono taprincipe
mani.
II
la figlia dalla
madre,
si
dimentica di
lei,
e,
solo
dopo
rl-
memoria
del marito, e
Fu
il
racconto di Paola,
e dissero
il
il
figliuolo,
ma
cuculo
('),
e,
i
se quelli
god
macche-
di dire
il
a questo
modo:
chi vve male, e, se qualcuno fa ec-
non pu
il
raccogliere broccoli
N mi
rac-
conto,
al
camenti di orecchi,
mie aperture
di
bocca, perch io mi
(i) Il
canto del cuculo era tenuto di buon augurio, almeno nei modi
;
XVI,
392.
IX.
ROSELLA
affetto di lebbra,
i
91
non
insi-
proporre
gli
tenevano impossibile, e
gli
dissero che
bagno
appena
m'era
nel
si
sangue
di
un principe grande.
con l'ordine
ogni banda
mani qualche
principe.
medici,
non
tanto per
compas-
non producendo
pagato essi
in
la
il
tempo
al
tempo
e tirare
il
lungo
la
cosa;
onde persuasero
la
il
pri-
maggior danno
il
rimedio
in-
l'umore maHnconico, e
buon sangue.
Il
in
un
bel giardino,
le
petuo, dove
e coi fre-
e mise
con
lui
in
Rosella, facendogli
Rosella, tosto che
Ma
92
vide
le
GIORNATA TKRZA
bellezze del principe, fu
e,
d'amore,
formando una
con
del
un anello
medesimo
Venuto
desiderio.
il
tempo che
gatti
vanno
in caldo e
<'),
che
il
Sole
montone
celeste
di
Rosella scopri
il
che
primavera
sangue
il
ba-
gno
la
al
che
il
padre
le
aveva nascosta
fatagione,
cosa;
il
ma
prese
essa,
la
co-
nobbe
z'altro,
tradimento che
la
tesseva
al
sua risoluzione,
e,
consegnando
al
principe
se
una
bella
Bocchino
mio
diletto,
vuoi
la vita
ma-
meriti,
si
come
se tu fossi l'imperatore.
Paoluccio, che
dove trov
che
la
la
barca
quelli
guidavano.
carta, la
la
di gioielli,
garono
le
vele.
In questo
mezzo
il
nel giardino, e,
il
non
trovandovi n
la figlia
principe, mise
mondo
a rumore
(i)
La
il
sole
si
IX.
ROSELLA
93
gli
ma non
le
riusci
di
de-
tirate di
naso; tanto
il
avesse tolto
sen-
le
gonna, cess
l'
incanto, ed essa
di tua figlia ce
la
svegli, gridando:
Ma
stia tranquilla:
concer
il
passo
una
fo-
sottile,
con
sebbene
dell'arte
madre venisse
la
invisibile,
con
gli
occhi
magica vide
disse a
mettiti a
cini
Paoluccio: Presto,
cuor mio,
senti
tira
cava fuori
la
lama,
di un-
poppa,
e,
appena
la
rumore
di catene e di
per aggraffare
e
barca,
a occhi
se no,
porco,
a chi
ci
cgli cgli,
siamo perduti e
impedita la fuga>^.
Il
l'avviso; e subito
che
raffi,
la
standosi, gett
tir
le
La
quale, getla
figlia
maledisi
principe, al
lei.
fosse scordato di
sangue, e
present
al
Ecco, marito
io e tu,
siamo giuocati
le
la
Con
il
queste parole
usci lo spirito e
fiato,
and
in-
a pagare
che
le
aveva
94
segnato
l'arte
(').
GIORNATA TERZA
Il
dietro a
le
lei,
come
caprone, nel
mare
pedate della
moglie
calda
(2).
e,
freddo
come
neve,
se
egli
andava a pren-
Ma
non
cosi presto ebbe posto piede a terra che Rosella gli usci
di mente; e,
finite
andato
al
palazzo reale, vi
fu
da stordire. Passati
di Paoluccio,
si
invano
il
ritorno
Rosella
morse
le
riparo.
Perci,
come femmina
disperata,
smontata a
terra,
prese una casa di fronte a quella del re, per cercare qualche
modo
di ricondurre alla
memoria
che
egli le aveva.
1
il
naso dapper-
tutto,
adocchiato
il
nuovo
uccello
chiamava
mento, cominciarono a
farle
sua casa.
le
sonetti anda-
vano a
furia, le
i
imbasciate a torrenti,
musiche a stordimento
e,
di testa,
fastidio;
uno non
sa-
(i)
(2)
Al diavolo.
.\11'
inferno.
altri
(3)
numeri
si
leggeva
allora
il
1599).
IX.
ROSELLA
95
tutti
pendo
dell'altro,
tutti
come
si
che, a
tutti
tutti
faceva
buon
viso,
dava intrattenimento,
i
manteneva
in isperanza; e,
sac-
chi, si
grado,
che
le
misero vagheggiatore
di finestre
('',
che aveva
i
agli
occhi
le
bende
della passione,
tor-
da un mercante un ricco
il
taglio
Sole
facesse
cambio e
scarr.bio
con
la
il
frutto dei
alla casa
and segretamente
bel letto,
;
in
un
Venere
disse di
in
mezzo a un prato
coricarsi senza
di fiori
la
non
prima serrare
cavaliere,
bella,
a cui parve
far
porta;
la
ma
quella
non
spalancava: egli
spingeva e quella
maniera
tira e
che
stette
(2),
molla
tutta la notte.
E quando
il
(i)
Testo:
mprenafeneste
ingravida-finestre:
colui
che
fa all'a-
more p.isseggiando
e cenni.
(2)
sotto le finestre,
lei
guardando se
si
affaccia la
donna
La prima
parte
anche
una
filastrocca infantile
(Seca moller
i
le
donne
di
ti-
le balie
cantano tenendo
poi
per
le
manine
scostandoli.
Molinaro dkl
1916), p. 43.
96
i
GIORNATA TERZA
arati, egli
la
com-
di serrare
aveva preteso
il
Amore.
In ultimo,
di testa e
sue faccende.
altro ba-
gli
chiese mille
altri
i
E
il
que(')
and a impegnare
tutti
penti-
la
Notte,
si
copri
(->,
manto
la faccia
per chiedere
si
gli disse
spegnere
la
letto;
il
ca-
valiere, toltasi la
cappa e
la
la le
can-
dela.
Ma
ven-
tosit della
mantice
il
al
fuoco
e,
tempo,
si
consum come
diverse
follie
candela.
E quando
si
le
degli uomini,
na-
(I)
come
si
ciati nel
poveri, e che, in
i
su pegni,
cristiani
(Castaldo, Hisloria,
,
si
descritto
Vecelmo,
la loro
p.
176,
che
lo dice
sacco o
tano
povert, e un cappuccio,
il
quale
si
mettono
in testa.
IX.
ROSELLA
(')
97
d'in-
scende,
giurie,
il
and
come
si
il
primo.
innanzi
il
fece
questa
gli disse:
i
Io
se
prima non
il
mi ravvio
cavaliere;
capelli.
la
ti
pettini
io, rispose
fece
la
testa
nel
suo seno,
e,
credendo
care
i
di arrobbiare
panno
Ma
quanto pi
si
sforzava
il
rendeva intricato
tutta la
notte
che
stette
tire la
per batterla
muro. E, come
il
ebbe percosso
grilli
la
scuola dei
dove
si
taglia
si
dove
trista
la
madre che
lazione, si
ci
ha
la
figlia,
dove
agitano
si
mantici dell'adui
trama
la tela
degl'inganni,
i
toccano
la
tasti della
mormorazione, s'intaccano
ranza
gli
(3).
cocomeri per
il
prova dell'igno-
E,
era accaduto e
il
tiro
che
gli
era
giocato; e a
lui
rispose
zitto:
s' Africa
pianse, Italia
(i) Testo:
(2)
sceroppata
arrobbare
,
,
,
Testo:
che
cio dipanare
fili
con
la
robbia (francese:
garancer
(3)
).
V. sopra,
p. 5, n.
2.
G. B. Basile, Pentavteione
n.
98
GIORNATA TERZA
rise<'):
non ne
io
questo aggiunse
terzo:
Vedi che
la
tutti
siamo toccarci
mano
ci
ch questa traditora
ha lavorati
tutti
a rovescio
del
pelo.
Ma non
sacco.
gazzi .
gli
questa barbiera(2),
tutti
truflfara-
cosi
andarono insieme
il
e tre davanti al re e
raccontarono
Il
caso.
re
mand
Dove
credi
cortigiani miei.-*
Non
scrofetta? .
Quel ch'ho
mai
al
mondo che
re le
comand che
ed essa raccont
in terza
come
pericoli
sano e salvo
al
una
voltata di schiena e
donna
di alto
grado e
figlia di
chi
aveva sotto
di s molti regni.
il
Quando
re
la
fece sedere
il
preg
disamo-
Ed
essa, toltosi
un
(i)
(2)
Pelatrice.
IX.
ROSELLA
99
sar
il
mi ha piantata!
gett
li
l'anello,
che and a
al
dito del
principe, ch'era
presente, immobile
come uno
memoria perduta,
gli
spiriti
si
aprirono
gli
occhi,
il
sangue
si
risenti,
E non
si
non
si
stanc di
del dolore
baciare
il
le chiese
perdono
che
le
aveva arrecato.
occorre domandare perdono
rori
la
Non
che non
ti
quale
eri
di
mente
la
compatisco; e aggiunse
re,
conosciuta
la
stirpe di
le
doveva
si
congiunprincipe
altri
Rosella, la
al
mai
la
nespola, se
col
tempo
con
paglia
si
matura.
TRATTENIMENTO DECIMO
LE TRE FATE
da
vidiosa, fa andare
alle
fate
la
figlia
scorno.
Manda
gli
allora Cicella a
data in
farla
cambio
messa
signore scopre
la
sopravviene
madre, che
ammazza.
II
beili
che
tutti
lacova, vedendo
Se non fosse
il
comando
tira
un carro che
trascina,
farei
porre
il
colascione
all'arciviola
^')
delle parole di
castigo di una
femmina
la
invidiosa, la quale,
volendo
mettere
al
fondo
la figliastra,
stelle.
una vedova,
strumenti
(i)
il
moderni
(2)
musica
nella
nona egloga
Muse
napolilane.
Comune
di
Capua.
X.
LE TRE FATE
la
lOI
dell'invidia,
mamma
non
le
non
facesse
un nodo
alia gola;
la
buona sorte
la
di
prendesse
di traverso;
uomo
contento, che
non
le
venisse l'angina.
figliuola
il
la
primo con
botti crepate,
pidocchiosa,
cagli
pelli
scarmigliati, le tempie
il
pelate, la fronte di
i
mazzuolo,
occhi gonfi,
di cernia,
il
naso a bernoccoli,
di
mento a forma
le
^'^;
poppe a bisacce,
spalle a vlta,
e,
braccia ad aspo e le
gambe
degna
uncino
versiera,
so-
con
tutto
scarafaggino a
mamma
rimarit con un
da
tutti
Aveva
non
si
mondo.
(i) Il testo
aggiunge:
li
non s'intende;
Villaricca
l'ed.
a provola
Panicocoli
. ,
(2)
ora
co
mune della provincia di Napoli, circondario di Casoria. Essendo diventato nome Panicocoli oggetto di celie tra gli abitanti dei luoghi vicini,
il
fu cangiato in quello di
Villaricca :
I02
GIORNATA TERZA
ti
affatturava,
una boccuccia
che
sa-
da mandare in
la
estasi,
una gola
di fior di latte
faceva sdilinquire
gente; ed era,
Ma
a che
pennello, che, a
esaminarla,
non
vi trovavi
una pecca.
al
paragone della
quaranta
di
(')
figlia,
di velluto in
accanto
uno
strofinacciolo di cucina,
uno specchio
Venezia ac-
la
cosa
fini
qui, perch
rompendosi
fuori la
postema
formatasi
nel
cuore, e
stare pi sospesa
la
tata giovane.
Alla
di
di
pata
corpetto
seta
alla
misera
figliastra
peggiori
cenci e stracci della casa; alla figlia dava pane bianco di se-
molino, alla
faceva stare
figliastra croste di
la figlia
come
la
figliastra fai
ceva andare su e gi
piatti,
al
scopare
i
la casa,
a stropicciare
il
a rifare
letti,
a lavare
cibo
fac-
buon pr
vi
(i)
V. sopra,
Testo:
I,
130, n.
i.
(2)
de
sciergliiglie
si
la
ampoule
, di
Reims:
si
veda
in proposito
il
Rocco
nel
Giambal-
Testo:
comme na
vettola .
X.
LE TRE FATE
I03
di-
eia.
ligente, accudiva
fatica
malvagia matrigna.
buona
sorte che,
andando
la
poveretta un giorno
gran dirupo,
le
cadde gi
il
era l'originale di
Esopo o
i
la
(').
Era
capelli
ai
come
ricadevano fino
vomere;
(2)
le
sopracciglia artal
e pieni di quella
cosa
(3)
di
cignale;
il
un
so-
prattutto, alto di
gamba,
spavento,
Cicella, tuttoch vedesse
spiritare, fa-
gli disse:
Uomo
ti
m'
caduto: ch'io
una moglie
E
ai
la
aggrappandosi
sassi, tanto
(i)
Il
diavolo.
testo aggiunge:
(2)
Il
gaize
(ediz. Sarnelli:
intende.
(3)
Pennate
tettoie.
I04
GIORNATA TERZA
Tre
fate:
una pi
bella dell'altra.
Avevano
gli
di luna in
quintadecima,
bocche
che facevano
Che
petto morbido,
bel-
Le
si
fate fecero
potrebbero immaginare;
a casa
velluto
(').
Posero poi
l'una
dopo
grembo a
un
Cicella e vollero
che
le
pettine di corno di
Bella
domandarono:
in questa testolina? .
Ed
essa,
con un
rispondeva:
Vi
perle e granatini .
Piacque
alle
fate
la
buona creanza
i
di
Cicella, e queste
disciolte, la
magne femmine,
intrecciatesi
capelli
che s'erano
loro,
mostrandole a
mano
mano
scrigni
che erano
con
col coperchio
(i)
li
testo aggiunge:
de
filato
e cocullo
cosa
sia;
scherzosa, commista
com'
e di dozzinali,
(2)
Uova
di pidocchi.
X.
LE TRE FATE
riposti
IO5
di
cide
da speccharvisi
ti
con
castelletti
scodelle
('J,
che
cuoio con
al vederli,
e tanti e tanti
altri sfog'gi
che ogni
altro,
Ma
Cicella,
come non
fosse
il
fatto suo,
al
mirava
le
gridare
In
ultimo,
fecero entrare in
vedere gamurre
cataluffo guarnite
in tralice,
con puntini
di
smalto,
e
moncili
^2)
di
taffett
a conchiglia, a mezzaluna, a
''3)
lin-
gua
di
serpente, grandiglie
con puntali
di vetri turchini e
al-
da portare appese
alla
gola; e
di quelle cose.
Ma
di
Cicella,
le
cose
maggior valore,
calli.
una gonnella
a veder ci,
sfilacciata,
le
leva tre
le
domandarono: Per
Ed
essa abbassan-
Mi basta
per
la
stalla .
Allora
le
fate,
abbracciandola e mille
un
d'oro;
le
acconciarono
nastri
la testa
scozzese, a canestretta e
di fiori,
il
con
tanti
fettucce,
(i)
Testo:
castellere
de privito
(2)
(3)
gargantilla
I06
tuppo(i) a perichitto
denti; e
siccio
GIORNATA TERZA
(2)
con l'imbottitura e
le
treccette
pen-
l'accompagnarono
la
mas-
con
le dissero:
e,
quando
vi
sei sotto quella porta, alza gli occhi, e vedi che cosa
sopra
giovinetta, fatta
La
si
parti;
e,
come
stella
cadde una
come un
cavallo
<3),
e linda e pinta,
and innanzi
le
alla
era ac-
Ma
mina
il
racconto
fu
una botta
alla
testa
invidiosa, la quale
il
fattosi indicare
luogo delle
vi
sua
figlia.
La
quale, giunta
al
quando
dettero a ravviare
capelli
che ognuno quanto un cece, e lendini, che ognuno grosso quanto una cucchiara
. le fate
stizza e
dispetto pel
modo
la
condussero nella
il
meglio.
il
dito, si
prese tutta
in quegli
la
mano, e
armadi. Le
ma
(i)
Nodo
di
al
capelli
sul
cocuzzolo,
.
certo
modo,
frane:
chignon
,
(2)
(3)
Spagn.:
periquito
Come un
cavallo stellato.
X.
LE TRE FATE
IO7
mi-
che c'.
Le
fate,
vista
la
nicciuola,
non
le
dettero
rimandarono con
della
stalla,
l'istruzione:
la
e la
sotto la porta
ti
leva
il
faccia al
e,
che
viene .
E
la
letame,
alzata la testa
passando sotto
che
si
un
testicolo d'asino,
ap-
prese alla pelle e pareva una voglia venuta alla madre quando
era incinta di
lei.
Con questo
donia,
la
bel
al
quale,
vederla e all'udire
subito
un sozzo panno e
gli
mand a guardare
lei
porci,
mentre con
abbigliamenti di
trista
le
vita a
cui era
crudelt da
muovere
di proferire concetti
d'amore, fosse
un corno e a gridare:
fosse
posta tra porci; che quella mano, degna di tirare per la ca-
si
malannaggia
ai
comand
Paura e
a questi boschi,
il
dove, sotto
la tettoia delle
ombre,
la
Silenzio sta-
vano a
Ma
fece
presuntuosi e solleva
di alto grado,
gli umili,
chiamato
i
Cuosemo;
quale, a
vedere
tra
il
I08
GIORNATA TERZA
le
nuvole rotte
di
quei cenci
il
Sole
mand
doman-
dare chi essa fosse e dove abitasse. E, appena avute queste notizie,
glie,
si
present alla matrigna e gliela richiese per modi controdotarla di millanta ducati.
promettendo
sul
partito
che
si
offriva,
pensando a sua
nasse sul
renti.
far
figlia;
e perci
rispose a
Cuosemo che
i
tor-
pa-
Sole
si
con quel
ficc
Sole che
Cicella in
gli
ardeva
il
cuore.
la
l'altra,
in quel
mezzo,
una botte e ve
bollitura; e,
porci,
con
l'ac-
qua calda
L'aria
lessarla
come
si
fa del
il
porco.
era
era
lupo,
imbrunita e
cielo
diventato
il
simile
bocca
di
parosismo e
stretta alle
amate
bel-
un po'
di
casa di
lei,
appunto
di
Amore ha
piantato
in questo petto,
manna
il
di dolcezze
amo-
quando
o
ti
offerto
il
porcello, corri
con
la
cordicella
notte,
felice notte,
tola
mestolo d'Amore
corri
corri a
precipizio,
perch
ombre
che mi consuma
(i)
Testo:
Amore
ma
par da correggere
come
si
fatto.
X.
LE TRE FATE
alla
I09
e, in
casa di Caradonia,
luogo
di
di Cicella,
un
in luogo di
le vesti di
una rosa
Cicella,
fosse
messa
e sebbene
tutto ci
gli
si
dica:
Vesti
con
una
tela d'oro;
fattile
conci,
empiastri e
stiramenti e lisciamenti,
toglierle
la
dalla
ma-
dre,
avevano potuto
le
sozzura dai
talloni;
Lo
cosa
sposo, vedendo
gli
questa
e,
sembianza, non
sapeva
che
fosse
accaduto;
dato indietro
s:
come
all'apparir
s e
Sono
io
svegliato o
mi sono
io?
Son
ti
non son
Che
Questa non
la
la
faccia
che stamattina
mi ha
afferrato per
gola; questa
nel cuore.
lezza,
Che vuol
la
bella
l'uncino
che mi aggranfi,
che mi
tir,
freccia
tela
a lume
sole.
ma
questa io
me
l'accaparrai
si
lume
di
Oim, che
il
l'oro di stamattina
.
mi
stasera,
mutato
in
rame e
diamante in vetro!
altre parole
Queste e
mormorava
e borbottava tra
denti;
ma come
avvicin e
il
muso
della
(i) Testo:
(2)
n'erva noale.
hiercuntiua
.
Testo:
no
GIORNATA TERZA
gli
parve
di trovarsi alla
marina
tri-
quando
quelle
buto
tanto
alla
al
il
mare
Cielo,
per
parer giovane,
la
si
barba bianca, e
molto
di-
stante,
si
coric con
lei.
Ma
chi
pu
dire la
l'al-
tra? che,
quantunque fosse
non giungesse a
otto
la
si
spur-
deva
il
affittata;
ma Cuosemo
letto
russare e tanto
ritir sulla
il
sponda del
Oh
quante volte
sposo bestemmi
morti
(2)
(i)
La
gli
appartamenti
cui
si
scrive
il
Galiam
{Voc. nap.,
capitale,
I,
280-2)
e la strettezza
con
le
abita in
una popolatissima
rendono
sensibile in tutte
case questo necessario servizio. Nel borgo di Chiaia non solo sen-
sibile
ma
livello
non
nelle
votamento
e
si
pubblico passeggio
si
dicevano perci
il
ore iettatone
di
nome
ma-
l'ora di Chiaia
e a questo
modo
{Collez. delle
(2)
prammatiche,
rivolge
ediz. cit
tit.
CLXXI,
alla
n. CVII).
forse di altri
volghi,
si
l'imprecazione
vuol offendere,
non direttamente
ma
ai
suoi
morti
come
memoria.
X.
LE TRE FATE
III
che
la
il
collo, e le
la
stelle
da canto, con
venuta
Ma non
svegliare
i
(')
e
le
egli salt
si
appunt
brache e and
la figlia e
Non
la
di legna
con l'intento
la
di
mettere
al
la figliastra;
tomba
di Bacco,
la
casa, e ve.
Ed
cenere, all'im-
provviso
la botte,
mand una
voce:
Gnao gnao!
!
Cuosemo
si
ac-
il
focolare, sfail
cader della
una scena
sulla quale
una Dea
si
avanzi a recitare
prologo.
Non
saprei
dir
ma
stette
come
coi
(i) Le Pleiadi mitologicamente, le colombe, a cui d la caccia Orione due cani Sirio e Procione: v. sopra, p. 59, n. 2. (2) Per solito, allora la tela delle scene non si levava, ma cadeva.
:
Parnaso (Napoli,
al
1630),
che del
nostro
legge:
Si
vede primieramente,
cader d'un'ampia
teatro,
tela,
nella
che boscareccia
scena rappresentava...
112
chi ha visto
GIORNATA TERZA
il
in s, corse
ad ab-
ti
aveva
posto in
questo
triste
mi
ti
al
Come
va questo
fatto? Parla,
Cicella
iota,
la
gli
raccont
lutto
un
quanto aveva
giorno che
che,
momento
per toglierle
ci,
vita('),
Cuosemo
la
la
insieme
botte,
un incantamento,
affinch
ti
possano nuol
port a Pascarola
(-),
che era
la terra
sua.
e,
quando
buco nella
spolp tutta
la
figlia,
che digrign
le si
denti
come
se
stacc la pelle
come
Cicella avesse
piedi,
ruppe
la
la
Ma, trovando
figlia cotta
propria
da
la
faccia,
(i)
Testo:
per levarele
la
cannella.
na volte
(2)
V. sopra,
22,
n.
i.
X.
LE TRE FATE
mani, cozz con
la testa
II3
contro
si
i
picchi
il
petto, batt le
i
muri, pest
vi
piagnisteo
che
accorse tutto
casale.
di corsa a
il
un pozzo, e col
ziffete,
con
la testa in gi, si
ruppe
collo,
mostrando quanto
gli
ritorna
in faccia.
G. B. Basilb, Pentamerone
il.
Era
finito
quali, vestiti
da
LA STUFA
Egloga
Giallaise e Colaiacovo.
GiAL.
Col.
Ed
a te benvenuto, Giallaise!
vieni?
Dimmi, donde ne
GiAL.
Dalla stufa
(0.
(i)
Stufe
si
chiamavano bagni
i
caldi.
Il
Dkl Tufo
Ne
le
(ms.
cit.,
f.
79)
stufaioli napolitani:
Cosi
tant'altre ninfe
Sen van
mestiere
i
linfe,
i
cui
fatto
stufe rare
il
Da Da
slufaiol predelti Si
tengon
ivi
preparati
letti:
Dove,
dama
:
il
cavaliero Sovra
letti
di-
stesi
riposarsi
di
intanto.
La serva o
il
paggio vien
in
zuccaro o di ova;
E parimente
una
ella si
LA STUFA
Col.
GlAL.
tanto meglio.
115
Con
tal
Pi fa caldo,
Col.
GlAL. Col.
GiAL,
E non
crepi?
non v'andassi.
Ma
qual gusto
di
vi trovi?
Gusto
temperare
mondo,
IO
dove rabbia
ci
Col.
Ma
perch tu mi burli?
non peschi
Che ha da vedere
GlAL.
Pensi tu ch'io
di quella stufa
in
mondo?
15
Pi stimi di pescare e
ti
meno
peschi!
parli
sei
vi
dove
menato
una cameretta e
ci
stai saldo,
e vi
affochi e vi
muori
di caldo?
dimezza
il
dolore
si
sgonfia
il
25
il
manto, La donna o
il
|2;entil'huom
Senza
al
ben scarca,
Manda
il
marito
chi sa cantare
il
Se ne vanno
che non
a Posilipo a cenare
A lungo
Garzoni {Piazza
essi
l'immunditia interna
in
libidini
In
quest'egloga, per
venire a noia.
Il6 Col.
GIORNATA TERZA
Mi mi
dici
fai
cose nuove,
strasecolare!
sei
quanto a
il
me
pare.
GiAL.
mondo
30
una
stufa, alla
quale
Abbi
ogni cosa
ti
stufa e infastidisce;
gli
orecchi e ascolta,
35
consola,
umano ed
ti
ogni spasso.
vo' fare!
Col.
Di' pure:
un
bel regalo
40
GiAL.
Verbigrazia, tu vedi
bella
una
giovinetta,
e cominci a pensarla,
e le
mandi
il
il
sensale,
e tratti
matrimonio.
si
45
il
Siete d'accordo,
chiama
notaio,
che distende
sali,
capitoli;
baci la sposa,
come
principe,
50
vengono
si
suonatori,
si
banchetta,
danza,
e s'aspetta
la notte:
l'aspetti,
55
marinaio,
rumore,
il
dottore.
Ecco, viene
LA STUFA
notte di mal augurio,
117
60
che
la
gramaglia a buon
la libert le
diritto porta,
perch
La moglie con
n
ei
Ma
le le
durano
65
moine e carezze,
smorfie e tenerezze.
affatto:
fu parola;
70
Se
la
la
meschina
parla,
se fa
grugno,
la
mira con
cipiglio;
teste;
a letto,
come
l'aquila a
la faccia
due
75
se lo bacia, ei
da quella casa
Col,
Ortolano
il
infelice chi
80
GiAL.
Ora un padre
si
vede
nascere un bambinello:
oh
giubilo!
oh
delizia!
Subito lo ricinge
di fasce e di
^5
bambagia;
appende
che par n pi n
meno
Il8
chi va in giro
GIORNATA TERZA
vendendo spoglie vecchie
(').
95
altri
occhi,
parla vezzosetto:
zzai, bel ninnillo?
Come
zi'
cole di tata,
loo
.
zaporetto di
E, mentre
si
mamma!
sta attonito
Cresce
e
si
il
bambino come
la
mal'erba
105
fa
come broccolo
fiorito.
Ed
allora ei lo
manda
spende
le pupille;
alla scuola, e vi
no
ecco
gli
esce di
mano
con malandrini,
con furbi e toglie e spande,
115
va
in brigata
Di
ci, stufato,
il
padre
lo scaccia
o,
'1
maledice;
Col.
in
un
(i)
<
zaffaranari >
Sulla
domanda
dei genitori,
si
mettevano
fanciulli
corrigendi
LA STUFA
metterlo in prigione: un
figlio tristo,
119
un
figlio
c'ha le lune,
s'alleva
o per
il
remo o per
il
la fune!
125
GiAL.
Vuoi
altro?
Anche
mangiare,
130
mena
le
mascelle,
135
poco a poco
cadi in inappetenza;
e a tal segno
ti
stufi
140
che
il
la
pesce
dolce
ripugna,
il
ti
diventa assenzio e
il
fiele,
nemico
e
ti
senti
vino,
145
Col.
che
il
GiAL.
Se giochi a
carte, a dadi,
birilli,
150
a trucchi ed a
tuo tempo,
se v'arrisichi l'anima,
se
vi
155
tu vi lasci
danaro,
I20
vi
GIORNATA TERZA
perdi l'amicizia,
di
buon sonno,
in santa pace,
il
fisso
cervello
i6o
maledetto,
truffarti
guadagno.
ti
Che
che
se alfine
ci sei
accorgi 165
il
fuoco.
Col.
Beato chi
Lontano
vi
sia
i
da me, guarda,
sta' attento:
170
perdi
i
giorni, se
GiAL.
Anche
trattenimenti
risico e pi gusto,
dan
noia.
Le
la
farse, le
commedie,
saltimbanchi,
175
femmina che
con
quell'altra
la
barba,
mattaccini con
le bagatelle,
la
180
tutti,
insomma,
ti
stufano
sollazzi,
(1)
Di questi sollazzi
campo
una de-
quando non
ai
Questo
dal nascere del sole fino al morire sempre pieno di palchi e teatrini,
anche
sempre pieno
di
partito,
che invitavano
L\ STUFA
Col.
121
''):
il
compar Biondo
Non
GiAL.
mondo.
185
La musica
per tutta
scende
la
persona,
di garbi e
modi,
falsi
e retropunti e passagagli,
190
parte
fiato,
di metallo.
195
e se non
sei
d'umore,
ti
e suonano e
gonfiano
polmoni,
Col.
Quando
si
vi
manca l'animo
disposto,
200
Giammatteo:
azzardandosi
fin
con
gli ecclesiastici
e religiosi
In pubblico
si
si
giocava
La
roba, che vi
vendeva, era
sicurissimo tutta roba rubata; onde alle volte vedendosi, per grazia di
in
mano
di
al
uno e sentendone
il
tenue prezzo,
dicea:
roba
fieri
compiala
e
lesti
Era
il
bel
a prendersi
fazzoletti e le tabacchiere
oriuoli
dai
un mercato, giungevano a
togliere le
onde
tutti
cammino. Spesso
il
ris^e,
Castello a sparare
comp lunno,
122 peggio
GIORNATA TERZA
la sinfonia di
un piagnisteo
(').
GiAL.
E non
Vedi
ti
salti
205
Per un po'
ti
piace,
il
ma
a quel gusto
segue presto
disgusto:
210
in
non vedi
il
l'ora
che
si
metta
campo
(2),
per dileguare,
Col.
Senz'altro,
tempo
perso;
215
ed a
fare scambietti,
GiAL.
Conversazioni, pratiche,
e spassi, e comunelle con e andar per le taverne a bere ed a sguazzare, a sbordellare
ai vicoli dei
gli
amici,
220
Gelsi
(3),
(4),
225
ad arcolaio,
cuore a mulinello,
il
quando
il
sangue bollente,
230
Canta puro
lo Stella e lo
Giammacco
(forse
due
nomi
di cantanti),
si
lo
sciabbacca.
Coi quali
chiudevano
86, nn. 7-8.
festini.
V. sopra
I,
Intendi: scudi.
LA STUFA
ed abbassando
tu
il
123
capo,
appendi
la
carruba (0 ad affumarsi
che dan
falsi
235
Col.
Quanto all'uomo
come fuoco
GiAL.
di paglia,
si
passa, sparisce,
sprofonda, squaglia!
i
Ha ma
suoi capricci;
ben presto
si
stufa
240
l'occhio di rimirare
naso, d'odorare
245
ambra, musco,
zibetto,
arrosti;
brodo conciato e
la
mano,
di toccare
250
bocca, di gustare
di sentire
nuove fresche e
Breve, se
il
gazzette.
255
quanto
tutto
ti
fai,
Col.
Cielo,
mondo
260
contentezza compiuta!
(i)
La spada:
dispregiativo.
124
folti
GIORNATA TERZA
gli
GiAL.
stufa mai,
sempre
sempre
ti
rallegra,
fa stare
265
ti
contento e consolato:
il
(0.
I
270
gli
Virt
Col.
Parli
da vero savio,
l'altro
il
che l'una e
Chi ha
non
ti
sazia mai.
la salsa e
il
sale,
grande
fa l'oro,
la virt
immortale!
'^).
Fu
tanto gustosa
l'egloga, che
gli
ascoltatori, incatenati
il
pena
il
si
avvidero che
Sole, stanco di
del Cielo,
giorno
al
campi
avendo spinto
le
per
s'era
fatta
appuntamento
alle loro case.
di
ritira-
rono
FINE
LEI,LA
GIORNATA TERZA.
(i)
(2)
Ducato, moneta.
La conclusione
meno
vita ci di
potere (l'coro
gi stalo
piaceri).
godimento
tutti
si
i
uno
dei pi
usati e
trova descritto
v. sopra,
nei trattati di
p.
danza
di quel
122, n.
2.
GIORNATA QUARTA
uscita l'Alba a
il
domandare
il
beveraggio
braccianti perch
i
quando
recarono
al
luogo del-
l'appuntamento. Col gi
le quali,
trovavano raccolte
le dieci
donne,
(2),
avendo
fatto
una scorpacciata
di gelse rosse
mo-
stravano un
muso
simile alla
mano
andarono a sedersi presso una fontana, che serviva da specchio a certe piante di cedrangolo nell'atto che esse intreccia-
vano
le
loro
il
di passare in qualche
modo
il
tempo
menar
le
segamattone,
norchie,
al
alla
ai
capo o morra,
castelalla
campana,
alle
tocco,
palla o
ai birilli O).
(i) (2)
Cio
il
principe
Taddeo con
la
More.
(3)
f.
il
Del Tufo
.
(ms.
cit.,
chiama
i
spaccamattone
si
A capo
caput
o croce:
aut navim
I,
di
Dk Bourcard,
297-8.
128
GIORNATA QUARTA
il
Ma
tanti
giuochi, ordin
e
cantasse;
subito
una
che
si
fatta
una
bella
sin-
ii
pugno
fa
chiuso,
dando
a indovinare all'avversario.
il
A mazza
e piuzo ,
si
secondo
piuzo
) pi piccolo e
terminante
in
I>
punta
55> 6
due estremi
al
Giambatlista Basile,
corrisponde
toscano:
alla lippa .
Alia
morra
il
giuoco
anche
il
De Bourgesso
CAUD, op.
67-70, 298.
Alla
campana:
si fa in terra col
un semicerchio, seguito da un quadrato colle sue diagonali e da tre rettangoli, in modo da formare a un dipresso una campana divisa in otto scompartimenti; poi si getta una chiave, una piastrella o altro in ciascuno degli scompartimenti l'un dopo l'altro, e, saltando sopra un pie
solo,
la
cosa gettata o
il
piede tocca
le linee, si
il
chietti di noci,
di ccjpire e
scomporre
cit., I,
De
Bourc.ard, op.
: si
299; e
PiTK,
palla, e
n. 66:
i
Ali casteddu
Ad
alla
accostapalla
getta
una
prima
farle
prima: vedi
De Bourcard,
mora
il
op.
cit., I,
Al tocco
si
fa
vino che
quelli
tra
Per
non occorrono spiegazioni. colascione ben noto; il chiucliiero era uno strumento
(sbriglie),
fiato;
il
rusticano a
libro;
il
buttafuoco
si
cro-cr
(detto
anche
zerre-zerre ) consiste in
un bastoncello
una linguetta
zuche-
in
produce un suono;
il
cacapensieri
detto anche
op.
cit.,
scacciapensieri ,
30S;
il
pu vedere
descritto nel
De Bourcakd,
Erano
tutti
I,
zuche
una
sorta di violino.
INTRODUZIONE
I29
il
che
il
Basile, nell'egloga
nona
delle
Muse
napolitane contrapponeva
,
ai
il
de
li
stromiente,
e se p dire; da chello ch'era I.
ha perduto
lo
nomme
oirn,
lo
guanto mutato,
Valea chi
consierto
de lo tiempo passato,
lo petteiie e la carta,
l'osso
lo cro-cr
lo bello zuco-zuco,
la
cocchiara sbattuta
co io tagliere e co lo pignatiello,
lo volta fuoco co lo siscariello,
che
te
ne ive
'n siecolo.
(1)
(2)
il
Basile nella
Muse
jiapolilane
nella quale a
un
tale,
che voleva
comma
la sento,
de poete moderne,
cosa de buono.
componeva
Giallonardo dell'Arpa,
che ne ncacava Arfeo? dove se conservava, doce comme a lo mle, la mammoria de Napole
ientilel
Dov'
lo
iuto
nomme
villanelle
meie napoletane?
130
GIORNATA QUARTA
S
che
ritrovare; e, fra le
altre,
troppo scannalosa,
(i);
ca
mo
cantate tutte
'n
toscanese,
coll'airo a scherechesse,
Le
villanelle , infatti,
durando ancora per qualche tempo il madrigale. Si pu vedere in proposito, oltre il Capasso, Sulla poesia popolare a Napoli (in Arch. stor. nap., Vili, 316-331), la recente e ampia trattazione di G. M. Monti, Le villanelle alla napoletana e l'antica lirica dialettale a Napoli (Citt
di Castello,
Il
Solco, 1925).
Il
accenna a pa-
Oh
Ma
E
tu
parola!
gainla.
da dinto subeio chiamasse: Viene, marotta mia deh. viene, Colai Ma non che me roettisse a na gaiola. Et io venesse et ommo retornasse, com'era primmo, e te trovasse sola! Ma non che me raetiisse a na gaiola. E p tornasse a lo buon sinno gatta,
che tae ne scesse pe la cataratta, pur che na cosa roe venesse fatta
<
Ciola
>,
gazza;
cit.,
le varianti,
Monti, op
(i)
Traduz.:
Via che
di qua.
sei
Margaritella,
troppo scandalosa,
poca cosa
e per ogni
tu vuoi
INTRODUZIONE
e quell'altra:
Vorria, crudel, tornare chianelletto,
I3I
Ma,
si
tu lo sapisse,
d).
Seguitarono poi:
lesce, iesce, Sole
scaghenta, mparatore!
Scanniello d'argento,
Canta, Viola,
lo
mastro de scola.
mastro, mastro,
prlesto,
mannancenne
co lanze, co spate,
co l'aucielle accompagnato.
la
gonnella,
scarlato;
te
de
non suone,
rompo
la
capo
(2).
(i)
Il
testo
tornare
Chianelletto,
ma
si lo
sapisse,
Pe
il
Monti,
op.
cit.,
pp. 1289,
pianellelti
entravano anche
nel Fuggilozio
come
Costo
(Venezia, 1600, in
citata:
fin della
Giornata
II, p. 136), e
Songo donna
..
(2)
op.
cui
cit.,
si
pp. 182-3.
so-
sono gi ricordati di
132
GIORNATA QUARTA
quell'altra:
non lasciarono
Non
chiovere,
ire
non chiovere,
ca voglio
a movere,
a movere lo grano
de mastro Giuliano.
Mastro Giuliano, prestame
ca voglio
ire 'n
la lanza,
Pranza,
raadamraa Lucia
U).
giornata col
del principe,
comando
pra
(I,
123, n.
i)
(2.
ediz.,
Na-
al
Galiani, Dt^I
Monti, op
pp, 101-105.
op.
cit.,
Lunga
II
variante in
pp. 79-80.
derico
a quei
re;
ma non
si
un Monti,
e l
pp. 109-111.
TRATTENIMENTO PRIMO
Mineco
una
un
gallo,
da due necromanti,
bene peraiutato da
Andando
pel
mondo
e
in cerca del
e,
due
topi,
a giovent e ricchezza,
si
mariuoli.
Non sempre
si tesse
rovine;
si
scopra, n traspioni
terra,
mura sono
crepano
udire,
la
dei
la
ladrocinio
fine,
puttanesimo
in
accusa ('):
come
vi
far
se terrete le
orecchie a casa.
citt di
suo bene,
si
sta-
era
allevato a mollicheite
spasirisolse
mante
si
(i)
v
il
crepa
la teri
a e dicelo
del testo.
dolce,
(2) Piccolo
gambe
corte:
una
gallinella
nella
nana
>
Cfr.
Berni, Orlando,
(3)
Con ogni
delicatezza.
134
a cavarne
spiccioli,
GIORNATA QUARTA
e
lo
port
al
mercato.
Col venne a
mezza
patacca,
due
gli
avrebbero contato
Cosi, avviatisi
sti
i
quattrini.
(')
dietro,
que-
senti
che parlavano
nostra, per quella pietra che tu sai che ha dentro la testa: noi
la
in
tutto
quanto
sapremo domandare.
non ancora
lo credo; e
non vedo
un
(2);
perch, in questo
i
mondo,
le virt
piedi; e
come
vesti, cosi
diritto a
casa sua.
Dove, torto
il
un anello
di ottone.
E, per fare
e,
sangue
la
gli
torn pi vivo,
nervi pi
forti,
le
gambe
i
pi
ferme,
carne pi fresca,
si
gli
la
occhi pi spiritosi,
bocca, che
era
capelli
di argento
fecero d'oro;
un
villaggio
(i)
Anche
in
questa fiaba
,
il
nome
scritto in diverso
modo:
laco-
v'Aniello,
(2)
Masaniello
e via.
Mettersi in sussiego.
(3)
il
largo.
I.
I35
saccheggiato,
popol
si
caccia riservata,
insomma,
col re ; ed
eccoti sorgere
si
le
a bizzeffe. Tanto
fu, in
il
mise
in
mostra, che
ebbe caro
chiamata
di dare in
propria
figlia,
Natalizia.
I
noscevano
mano
a Mi-
di
contrappesi
f'),
e, travestiti
da mer-
andarono da
lergliela
vendere. La
vista
mand:
quale prezzo
ma
che ne sarebbe
solo,
drona, se avesse
fatto loro
un piacere
che era
per pren-
derne
il
modello e farne un
altro simile,
e le avrebbero do-
conosceva
subito
la
il
proverbio:
A buon
mercato, pensaci
la
, accett
mattina dopo,
(i)
In una
si
legno che
vanno per
commedia del Porta: Mi pareva una di quelle donne di muovono con contrappesi, che portano bagattellieri che lo mondo {La turca, l, i).
i
i
136
Ritiratisi
GIORNATA QUARTA
i
maghi e tornato
disse e tante
il
cose dolci
gli
carezze
fece
che
si
lo
tir a
sentiva opil
cuore,
(')
il
il
pagliaminuta
del
Sole
cielo,
le
spazzare
le
immondizie
i
delle
ombre per
le piazze del
presentarono
l'anello,
mani
squagliarono
il
come
(*),
fumo; e
la disgraziata
Pentella prov
una
I
stretta al cuore,
maghi
si
rami degli
al-
imperticata
in quel
(3)
caldo
(^);
e,
soffermatisi
luogo, dissero
di
quale,
si
trovava innanzi
al re,
e,
tutt'a
un
(i)
Pagliaminuta
si
chiamava
colui che
aveva
in
Napoli
di
il
carico
un Cola Pagliaminuta
Amalfi, al
d'Aragona concesse
sei seggi
quell'uffizio,
si
che poi
pegno e pi
esercitava
gliaminuti
uno per ogni seggio, che presero nome di PaVedi R. Gv\sc\kd, Saggio di storia civile del Municipio
p. 93.
diavolo.
si
Ballo che
faceva tenendo in
mano
ghirlandati di
Il
fiori, in
usavano.
finestre delle
ai ballerini.
Quattro fanciulli
e altri quat-
tro
vanno a nascondersi:
<
i
gridando:
il
Pane caldo!
fornai
e allora
rimpiattati
farsi
forno, e
cogliere:
deve
il
Pitr, op.
cit.,
pani cudu.
I.
137
tratto, lo si
capelli, increspare la
fronte, insetolire le sopracciglia, scerpellare gli occhi, aggrinzire la faccia, sdentare la bocca,
la
imboschire
la
barba, alzare
gii abiti
gobba, tremare
le
gambe,
e, soprattutto,
cangiare
re,
in
conversa-
zione con
role;
and piangendo
dalla figlia
Ma
qui apprese
manc che
non
si
bestemmiando
mille volte la
fatto
ignoranza della
pezza
riso-
aveva ridotto a
far
cose da pazzi.
Che
egli era
il
ben
luto di
mal danaro,
pel
mondo,
Cosi, postosi un
allacciati
(2)
ai
piedi,
una bisaccia
la
di
traverso
alle
spalle
e
si
una mazza
in
mano, lasciando
figlia
fredda e gelata,
E
(3),
tanto
men
piedi,
che
regno
di
Pertugiofondo
appena giunto,
fu
re,
il
quale
gli
do-
mand
chi fosse,
donde venisse
a quei paesi.
Mineco Aniello,
in
offerto anzitutto al re
un pezzo
di lardo
segno
una a una
tutte le
sue
di-
(i)
Testo: capopurpo.
Testo:
(2)
(3)
calantrielle.
Testo:
Pertusocupo
ma
pi oltre
Pertusofuto
138
Sgrazie;
GIORNATA QUARTA
e concluse che
fin
il
suo mi-
sero corpo
lo
avevano derubato
insieme
il
di
una gioia
cosi
tutt'
sostegno dell'onore.
A
e,
si
desideroso
i
dare
qualche consolazione
pover'uomo,
chiam
richiedendoli di parere
comandando
falsi
loro
mercanti.
Salta-
consiglieri
Rudolo e
stati circa
passo
(2);
buon
le
come
tu credi.
una stanza
dell'ostera
gli
uomini
pi onorati del
mondo, passarono
di l
due
il
di Castel
Ram-
pino, che,
visto
fondo dell'orcio,
si
si
sarebbe mai
figlia
tolta dal
e che la
gliel'aveva persa .
Nell'udire questo,
se
si
Mineco Aniello
al
disse ai
sentivano di accompagnarlo
paese
di
di fargli
soma
(i)
rubare nell'egloga
(2)
La
volpara,
Osteria posta a
una
I.
I39
di
formaggio e
di
godessero insieme
le
mani,
domandata
lui.
Castel
alberi
il
Rampino,
alla
fecero
di
fermare Mineco
fiume,
ratori
certi
riva
un
che,
e lo gettava
mare.
due
topi ritrovarono
si
casa
non
dal dito,
onde
si
proposero
di
guadagnare
vittoria
per
stratagemma.
quando
la
Rudolo
gli
cominci a rodere
dolere,
letto.
si
il
e colui, sentendosi
tolse l'anello e lo
pos sopra
lo
Ci veduto, Saltarello se
mise
necromanti due
asini, e
il
fer-
raiuolo, cavalc
come un
e cacio.
il
Spron
al
dono
re e ai consiglieri,
ringrazi di tutto
il
il
bene che
di dispiacere.
pi bello di prima,
re e dalla principessa
con
(1)
Tra
rimedi
popolari
era
scottature.
140
le migliori
GIORNATA QUARTA
carezze del
mondo;
e,
dopo aver
fatto
dirupare
la
due
e
asini
si
moglie,
non
mai pi
non
tirarsi
addosso
TRATTENIMENTO SECONDO
I
DUE FRATELLI
Marcuccio e Parmiero
vero,
ricco,
fratelli,
ricco,
condotto presso
alla forca;
dal fratello
messo a parte
al
principe
il
caso
topi,
di
Mineco
ed
il
essi
che furono
causa che
pover'uomo ricuperasse
il
la pietra
che
maghi
il
barrica-
modo
la
seguente:
gli
Non
tuna che
virt,
ti
ti
con-
forta
difende nella
morte:
come
vedrete nel
figli,
i
Marcuccio
conti con la
se
li
natura e di
stracciare
il
quaderno della
vita,
chiam
accanto
al
142
GIORNATA QUARTA
gli sbirri del
possono tardare
gli
tempo a sfondare
le costituzioni
la
porta de-
fare,
contro
del
Regno
(>,
devo
alla
terra; e perci,
amandovi quanto
le
mie
pupille,
af-
non
buon ricordo,
buon consiglio
dunque,
gli
non
vi sar
i
rubata da
la
i
rovineranno
bruchi.
terremoti,
un
lo
divoreranno
primo
l
cosa viene di
il
fegato
(^).
Non
standovene come
si
pu chia-
mare mozzo
di stalla:
bisogna aiutarsi a
s.
e a denti; e
mangia per
forma
il
non
la
fare
che
sfaccia;
buoni sono
gli
amici e
parenti, trista
ogni
tempo
lo
afferra
lo
spasimo; e perci,
(i)
trat-
diritto giustinianeo
(Codex,
V,
(2) (3)
tit.
Per
finita.
Testo:
chi ha
de dnne, bona
foglia
conne.
II.
DUE FRATELLI
143
come
lingua
ti
senti,
mena
Non
non ha
l'osso e
rompe
taci,
man-
giare e poco parlare; caldo di panni mai fece danno; chi troppo
parla, spesso falla.
le
non
confetti
poco che
il
tri-
non pu aver
si
la
carne, beva
brodo; chi
non pu avere,
acconciati
tem('^'>,
come
non pu avere
la
polpa,
s'attacchi all'osso.
Praticate
sempre
dimmi con
zoppo,
in
chi vai e
fai;
quando
tura;
buoi ne sono
usciti;
quando
la
prima e poi
trangugia;
figli
ciechi; chi
cammina
contese e
le
brighe,
non mettete
pali,
il
piede su
gli
qualcuno
che d
calci,
pi ne ha che
non ne
quanto puoi
fare.
(2)
Quotquot autem
I,
receperuiit
eum
vanni,
12.
144
GIORNATA QUARTA
secchia
al
il
manico;
la forca
fatta per
lo sventurato.
altro
Non
ci
vuol
mai non
il
lo stillato
per
memoria, che
li
fa
diventar ce-
non
prosunzione.
Non
vi
prendete
pensieri del
Rosso
('>;
chi s'impiccia,
il
^3).
Non
rare
la
v'impacciate con
e andate piuttosto a
ti-
sciabica
la
che servire
sera
altro
i
corte.
Amore
di signore
vino di fiasco,
buono
riescono
servigi sterili,
disegni fracidi,
le
spe-
dormi senza
quiete,
fai le
mangi
senza sapore.
Guardatevi da ricco impoverito e da villano risalito, da
pezzente disperato e
uomo
e da
domani
(4),
da malviventi, da
uomo
senza barba
's)
(i)
V. sopra,
Cio
il
I,
i86, n.
i.
(2)
Testo: Testo:
27:
di
gente chia-
11.
DUE FRATELLI
quieti,
145
da uomo invidioso.
ha
parte, e
quegH campa
il
in
sale in
zucca e ha posto
chie; e che a
prime orec-
ma
comincia a venirmi
l'af-
il
fiato .
la
forza di levare la
mano
per
benedirli, che, calate le vele della vita, entr nel porto di tutti
i
guai di questo
mondo.
le
Marcuccio scolpi
die
mezzo
le
al
cuore,
si
per
accademie, a
primo
letterato di
quel paese.
Ma
poich
la
il
pover'uomo sempre
sempre
trovava
asciutto,
le
sempre
volte
e
di
si
pi
sazio
voltare testi
^^)
bramoso
leccare tegami,
stanco di
studiare consigli
e stremato
mata sbani
fiore
li
le
non
si
degnano
visitar
243, n. 3)
almen una
mese.
famoso Masaniello del tumulto del 1647 detto in una relazione contemporanea: giovane d'et venticinque anni, sbano, di statura ordinaria, ecc. (in
(i)
Arch.
sior. nap.,
XV,
360).
l
Testo:
scolastiche
scrive
il
una
co-
capieilo e
andava
pr coronai).
Consulle forensi.
G. B.
Basili-:,
Pentaincone
\i.
10
146
d'aiuti,
GIORNATA QUARTA
lavorando sempre
sull'
Indigesto
(')
e trovandosi
sem-
mondo.
Vedendo
guire
i
questo, Marcuccio
del
si
seil
consigli
(-)
Donato
Cornucopia
gli
(3)
lo
aveva
posto in
nulla
gli
aveva messo
nelle
(5),
laddove
Parmiero, divertendosi
e,
con
ossi
dando spasso
alle
mani,
s'era
ben riempito
gorguzzule.
star saldo allo stimolo del bi-
Alla fine,
non sapendo pi
il
fratello e lo
bianca
che
si
ricordasse che
esso era del sangue suo e che erano usciti entrambi da uno
stesso ventre. Parmiero, che, nell'alterigia della ricchezza, era
diventato
stitico,
gli rispose:
Tu che
compagnie e
nemmeno
Scherzosamente:
il
Digesto.
La grammatica di Elio Donato, che era ancora in uso nelle scuole. La Coinucopia sive linguae latinae commenlaria di Nicola Parla cui
rotti
da Sassoferrato,
Ai dadi.
detto popolare,
ma
anche
albae (luVEN.,
II.
DUE FRATELLI
I47
il
sale,
spiccioli
che mi trovo
vivere,
di
avere.
Tu
non sa
coppe*''.
morso
alle
le dita! .
con que-
Marcuccio, che
si
(^),
montagna
che cosa
di tutti
i
come spiona
nell'aria,
faceva
su
alzava
al
Luna
in
e arrampicatosi,
fra
come
scoscen-
come
fu
donde vedeva
(3)
un gran
ed, eseguita
buttarsi col
capo
all'
ingi.
Quando, d'un
tratto,
una
bella
donna, verded'oro
filato. Io
vestita,
sui capelli
fai,
Che
sei
pover'uomo? Dove
Tu
Tu
ti
sei quello,
come
galea
la spalmata?''*'.
ora
non
ti
vali di quelle
la
temprate
contro
miseria e
fortuna?
(i)
(2)
(3)
Vers lacrime.
Ferula.
(4)
148
GIORNATA QUARTA
sai tu
Non
che
la virt
f')
un orvietano contro
il
il
veleno della
ri-
povert? un tabacco
contro
tempo? Non
che
la virt
arco
di
vlta
da resistere
ai
pu
dar aiuto nei pericoli, forza nei guai, calma nella disperazione; e sappi che
il
dove abita
la
stessa Virt
ti
(2),
affinch
mala
intenzione
che,
accecandoti,
ti
spinge
precipizio.
veda
che
tieni,
la
virt
sempre
regno di
Campolargo. L troverai
viini
re,
che
sta al confile-
suo male; e tu
falle
bere
il
con-
una patente
di
oisailoggio
(4),
(3)
all'infermit,
la vita.
la
quale,
come
soldato a discrezione
le
succhia
Ne
riporterai tal
premio che
ti
Marcuccio, che
ai piedi e le chiese
la
riconobbe
alla
le si
gett
ei)
V. sopra, p. 39, n.
...
3.
il
(2)
in
cima
nostro
l
bene: Chi non gela e non suda e non s'estolle Dalle vie del piacer,
liberala,
XVII,
61).
prima
(4)
II.
DUE FRATELLI
I49
la
mettere.
Ora
le
disse
io
fa
mi tolgo
e conosco
che tu
sei la virt,
lodata,
da
pochi seguita;
le
che
menti, affinare
l'ali
giudizi,
abbracciare
onorate fatiche e
metter
celesti.
Ti
conosco e mi
chiamo
mi
hai date; e
potr neanche
il
tuono
si
marzo
^').
voleva baciarle
piedi,
ma
quella gli
di-
legu dalla
infermo, dice
(^)
consolato
come un povero
al
con l'acqua
avvi a
Campolargo,
al
e,
mand
subito a dire
Fu condotto
palio
(3)
nella
camera
della
principessa,
(4),
cosi
le
ossa e la
le
pupille
voleva
il
cannocchiale di Galileo
l'uffizio del
suppositorio in forma
la
le
(7);
Morte
di
Sorrento
(i) (2)
Vedi,
al solito.
Giornata V,
radici
2.
si
Qualcuna
delle
che
adoperavano
in
medicina,
come
Con ogni
Testo:
e
1
onore.
ietto
paci di levarsi.
(5) Il telescopio, (6) (7)
faceva
di carnevale, interveniva
un
I50
il
GIORNATA QUARTA
il
le
come
insomma,
era cosi trasformata che, col bicchiere della piet, portava brindisi alla
compassione.
stato,
spuntarono
com-
plessione e
ai
Ma
chiese un uovo
fresco di
appena un po'
sul fuoco, vi
mise
dentro
la
polvere; e
E non
la
aveva ancora
la
Notte occupato
l'inferma
la
le
piazza
piantato
chiam
letto,
che
altri
asciugata che
fu,
e rivestita di
ma-
non mai
le
le
buona
forza
speranza,
dettero un brodo; e,
si rista-
completamente, e
re
della
si
re
onor Marcuccio
come
grossa terra,
ma primo
dolo con
la
In questo
mezzo Parmiero
che mieteva
la vita di
che s'afferma, fino a poco pi di un secolo addietro, si serbava col in una scuderia dell'antico palazzo Mastrogiudice; e sarebbe stato esso ap-
punto
rivista
la
proverbiale
Morte
di
Che
fa
per
la
prima volta
le
uova.
II.
DUE FRATELLI
I5I
cosi se ne vanno,
come vengono
risolse a
camminare tanto
il
che
o,
della
vita.
Dopo
sei
mesi
di viaggi,
Campolargo
non
si
reg-
geva
in piedi. E,
la
buttarsi per
i
morto, e che
gli
cresceva in proporzione, e
in tanta disperazione
vestiti
che entolse le
e,
tr in
fuori le
mura
della citt,
si
anno-
ne form un
un capo
a una trave e
salito su
un mucchio
il
di pietre
salto.
Ma
alla
che era
tarlata
fracida,
dette
si
anelli d'oro,
ch'erano
stati
ri-
fatti
una borsa
era venuto
state
da
avevano riposte
(i)
152
GIORNATA QUARTA
Quando
lo
e,
stomaco, cav
subito chiamati
la
riconobbe,
certi sbirri,
clienti dell'osteria,
lo fece acciuffare.
al
giudice, e frugato
il
prova del
la
delitto, e fatto
confronto
non tard
sentenza
al
come
di reo convinto, e
gli
condannato a giuocare
tre, nel
qual giuoco
sciagurato,
di
sarebbe
si
piedi.
lui
Lo
che
vide
a queste
strette,
che per
alla vigilia
al
veva seguire
fracida
il
la festa di alla
una fune, e
saggio
di
una trave
torneo
appellava
strillando e urlando
i
giustizia,
che
poverelli
(3),
non erano
e che, per
allo scri-
ascoltati,
che
decreti
la
(2)
si
facevano a casaccio
giudice, dato
il
mano
al
al
boccone
mancia
vedova
(4),
s'in-
fratello.
(5^
fece
fermare
(i)
Testo:
a lo nzaio
spagn.
ensayo
come
si
dicevano
le
prove
generali delle
(2)
(3)
commedie, dei
Le sentenze.
Testo:
a spaccastrommola
quei tempi, un
comico
dottor
Spaccastrummolo
(4)
p. ^^).
La
la
forca: v. sopra,
ago che
insegna
maestra
di cucito.
(5) Il
due
civili
due
un
consi-
gliere caporuota .
II.
DUE FRATELLI
le
I53
il
e,
quando
costui
la
le
ebbe esposte,
gli
che
non conosci
tre
palmi, in
forche
la vita,
ti
sono
sorelle carnali, e,
dove
vuotano
si
tu vi riempi la borsa .
Parraiero, che
vengo
per giustizia e non per essere dileggiato; e sappi che di questo fatto,
io
ho
le
mani
nette,
perch
son
uomo
cencioso, che
non
fa
il
trafila
nome
fiso
del padre e
il
suo,
senti svegliare
il
sangue,
e,
mirando
Parmiero,
gli
si
parve
trov
di conoscerlo; e infine,
prirsi fratello a
una
faccia d'impiccato,
la
fremeva a vedere a
lo tirava
quello stremo
il
sangue suo; e
carne
com'uncino
non
svergognarsi col
nalione uticini^^^;
un inquisito de mesi
giustizia
voleva che
desse soddisfa-
proprio
fratello.
a partito con
testa,
ecco un
con un
(i)
154
GIORNATA QUARTA
di
palmo
stizia!
lingua
fuori
gridava:
Ferma, ferma
la
giuil
Che cos'?,
disse
consigliere.
quegli:
fortuna
riuoli a
di
prendere cert'oro e
nella trave di
compagno
feriti
gliel'avesse fatta,
alle
mani e
si
sono
a morte. Sopraggiunto
giudice, gli
hanno confessato
l'innocenza di
la
riconosciuta
questo
mandato
di
Udito
ci,
Parmiero crebbe
di
Marcuccio, che
tolse la
maschera e
si
vizi e
il
giuoco sono
sola
stati le
il
parimente che
la
virt
pu
darti
piacere e
bene.
me
frutti
dimen-
che mi
usasti,
ti
da capo a piede e
gli fece
la
TRATTENIMENTO TERZO
I
TRE RE ANIMALI
Tittone, figlio del re VerdecoUe, va alla ricerca di tre sue sorelle carnali,
un
delfino, e,
dopo lunha
una
figlia di re
che stava in
fa,
tre cognati; e,
con
essi,
uccide
il
la principessa, se la
prende
torna
al
suo regno.
tutti
confermarono che
una ricchezza
sicura,
beni di questa
il
vengono
e vanno, e del
terzo erede. Alla fine, Meneca, per condimento del caso rac-
mensa
delle
filastrocche
il
racconto che
segue.
tre figlie
i
tre gioie;
Ma, poich,
e tre, dalla
ma-
re di
VerdecoUe
il
li
rifiut
Allora
uccelli a
parlamento,
reatini,
156
GIORNATA QUARTA
Ed
esso
li
mand
tutti
gli alberi
di
Verdecolle,
che non
vi
lasciarono n
foglie.
tutti
i
capri,
co-
nigli,
porcospini e
ai
gli
altri
fece dare
filo
guasto
seminati, che
non
neanche un
d'erba.
Il
terzo, ch'era
un
delfino, concertatosi
del mare,
vi rest
barca sana.
il
re,
vedendo che
le
cose andavano
ai
al
gli
danni che
tre
si
innamorati selvatici,
si risolse di
uscire da
questi impacci e
le figliuole.
quelli,
senza volere n
n musiche, se
le
portarono
Ma,
al
dipartirsi
nuovo dopo
qualche tempo, o vedere alcun altro del sangue loro, per mezzo
degli anelli
Il
si
sarebbero riconosciuti.
si
falcone
la
un bellissimo palagio,
la
la
teneva
come
regina.
Il
cervo
men
le
ombre, chiamate dalla Notte, non sapevano per qual via uscire
a corteggiarla; dove
la
da
stupire, in
un giardino d'insuperabile
delfino
al
nuot recando
mezzo
una casa
in cui
III.
TRE RE ANIMALI
un
figlio
I57
maschio, a cui
('), il
sempre
la
madre
non
far
lamento delle
animali, che
se ne sapeva pi
pel
pro-
posito di
camminare tanto
mondo
padre e
tutti
la
i
madre, ottenne
la
licenza
desiderata, e fu fornito di
come
lui; e la
regina
gli
dette
un
alle figlie.
Italia
n nascondiglio
e,
in Francia
n parte alcuna
di
passata l'In-
insomma,
camminato
tutti
i
il
Levante e
il
ed
ritrov sulla
montagna
a contemplare
di porfido, le
la
mura
visto
d'argento, fu
che
domand
dre e
chi era, di
quando ud da Tittone
lo
il
paese,
il
pa-
madre
di ci
il
nome, Fabiella
conobbe suo
fratello, ri-
trovando
portava
tra l'anello
la
che esso
al dito
aveva dato
e,
madre. Lo ab-
bracci, dunque,
il
nascondere.
(1)
158
GIORNATA QUARTA
il
Quando
che
le
falcone
(')
e quegli rispose:
non pu essere
non ne abbia
io
l'umore.
Almeno
disse
Fa-
mandiamo
.
consolarmi
derti
replic
E
se
il
falcone
cosi lontano. .
''
qualcuno
.
ci
Fabiella,
ne proveresti dispiacere?
perch dovrei
averne dispiacere?
riprese
me
lo
il
falcone.
Basta
gli
che
sia del
metta dentro
occhi .
fuori
il
fratello
falcone.
il
Il
quale disse:
(2;
Cinque e cinque
gli
stivali.
guanto
e l'acqua
Sii
il
benvenuto; tu
tu stesso .
la
sei
il
padrone
di
questa casa:
comanda
fa'
come
Dopo che
Tiitone
fu
stato
quella
montagna quindici
sorelle,
e,
preso
commiato da Fabiella e
delle sue,
una penna
dicendogli:
puoi trovare in
e,
tal
bisogno che
ti
la
se
occorre cosa
necessaria,
loderai .
terra
e di':
'Vieni,
vieni',
che mi
Tittone, avvolta la
sellino,
penna
in
si parti.
E cammin
cammin
il
tanto da
dove
cervo
(i) (2)
il
guanto
la stretta
mano
di chi
innamorato.
III.
TRE RE ANIMALI
IS9
dalla fame, entrava
visto dalla sorella e
modo che
dalla prima.
Essa
lo fece
conoscere
al
marito, che
terza sorella,
cervo
dette
il
un pelo
falcone per
penna.
Ripreso
il
gli
aveva
dato
il
falcone e con
cammin
che giunse
dere oltre a causa del mare, prese una nave con disegno di
correre per tutte
e,
le isole,
date
il
le
dove
fu
stava
Qui, appena
smontato a
terra,
veduto dalla
modo
padre
degli
come
e
la
dalle altre; e,
quando
il
stesse istruzioni
altri,
una
scaglia.
si
si
fa-
che baciava
proprie bruttezze; e a una finestra della torre c'era una bellissima giovane ai piedi di un orrendo dragone, che dormiva.
bel
vede
mai
l6o
tiranno, che
GIORNATA QUARTA
m'ha
rapita al re di
Chiaravalle
mio padre, e
mi ha confinata
Oim
rispose Tittone
che posso
bella
salire
Chi pu
atterrisce
con
la
vista,
fa
nascere tremarella?
di
Ma
piano, aspetta
un
un
po', che
altro;
vedremo
cacciare
il
vedremo
se cucco o vento!
E
gli
gett al
tempo stesso
i
la
penna,
il
avevano
dati
E
il
subito,
fa
come
scere
il
na-
ranocchie,
i
si
videro comparire
falcone,
cervo e
delfino,
quali tutti a
.
li
cosa comandi?
Tittone, a vederli
presenti,
disse: Altro
rispose
il
che,
dove meno
remo
voltare sopra
un carlino
di terreno .
replic
il
cervo:
guai
e maccheroni
mangiano
il
caldi .
Cosi dicendo,
grifoni,
una schiera
di uccelli
vane e
cognati.
(i)
v. sopra, p.
si
127, n. 3.
il
(2) Si
carlino,
come
si
gi avvertito, era
III.
TRE RE ANIMALI
l6l
il
drago
si
finestra,
parire
una squadra
orsi e gatti
mama
moni, che
brandelli.
gli dettero
addosso e con
le
unghie
lo ridussero
Dopo
di ci, Tittone
voleva partire;
ma
il
non
memoria
il
di
un luogo cosi
tristo
e maledetto, fece
crescere
damenta.
Ringrazi Tittone, quanto seppe e pot,
alla
i
cognati, dicendo
uscita
sposa
di fare
il
Ma
gli
animali risposero:
Noi,
per un
da
nostra
madre
a una
fata,
avemmo una
stati
sempre
la
forma di animali,
di
fintanto
figlia
un
re
tempo
da
noi
desiderato;
maturata
la
sorba
in
tre
(');
gi sen-
spirito,
sangue.
i
sull'istante
l'altro
la
diventarono
giovani,
il
quali
uno dopo
abbracciarono strettamente
alla
cotutta
gnato, e toccarono
rapita dalla gioia.
mano
(i)
G. 3. Basile, Pentamerone
- ii.
102
GIORNATA QUARTA
tale spettacolo,
si-
si
il
mambelli .
tata
mio?
risposero
cognati:
ridotti
la
vergogna
aveva
a fuggire la vista
Cielo,
degli uomini;
ma
ora che,
per grazia
del
possiamo
comparire
le
fra le genti,
vogliamo ritrovarci
tutti
a un tetto con
cammi-
ci
che una giumenta scorticata sulla quale aveva viaggiato Tittone, essi fecero comparire
leoni,
tirata
da
sei
nella quale
si
posero
si
e cinque.
la
Dopo
un'intera
giornata di viaggio,
trovarono
mentre
si
tempo
si
leg-
gendo
uomini, che
letto,
i
erano
Venuta
l'ora di
andare a
tre gio-
si
affaccendarono tutta
la notte, di
guisa che
zitelle,
al
mattino,
quando
le stelle,
vergognose come
fanciulle
provarono, e poi
si
e,
avendo
essi
guadagnato
il
capitale di quattro
(i)
Ancoia
III.
TRE RE ANIMALI
di tre generi e
163
figli,
una nuora,
della bellezza. Ai re di
mandarono ambasciatori
a informarli
figli;
magli
compensare a pieno
tutti
affanni passati
che un'ora
fa
di
contento
TRATTENIMENTO QUARTO
LE SETTE COTENNUZZE
Una
tenne di lardo,
covecchia pezzente bastona la figlia golosa, che ha mangiato sette puniva e, dando a intendere a un mercante, che la
fusi, colui se la
prende
per per moglie. Ma costei, che lavorare non vuole, pu tuttavia, il quale torna da un viaggio, marito, al mostrare fata, una beneficio di induce il marito a non la tela tessuta; e, infine, con nuovo inganno,
farla
Benedissero
tutti
la
fece na-
gata prima
modo
sia
seguente:
tutto, e perci chi
Non
disse:
si
non
mezzo o
mondo, e
cucca-
fatica
colui
ha
il
(i)
Vedi Giornata
I,
i.
(2) (3)
pigile le focetole .
IV,
LE SETTE COTENNUZZE
il
165
meglio
il
quale prende
tempo come
viene, ed
si
un mac-
tocca con
mano
le
che
le
prede e
le
si
guadagnano con
barcacce sdrucite
sentire.
e non con
le
galee spalmate,
come
vi far
C'era una volta una vecchia pezzente che, con una conocchia in mano, sputacchiando
porta in porta a cercar
la
la
limosina.
(^),
inganno
certe
si
donnicciuole, tenere di
polmone e
di
credenza,
figliuola
che voleva fare non so quale brodo grasso per una sua
magra; e cosi
guadagn
sette
legno che
Saporita,
die alla
figlia.
qualche torsolo a
Saporita prese
certi ortolani
le
cotenne
e,
peli, le
mise in
un pignattino e cominci a
bollivano dentro
la
farle
cuocere.
Ma
in
gola,
campo
dell'appetito e
una
citatio
ad informandum'^i)
alla
banca
della gola; tanto che, resisti e resisti, alla fine, provocata dall'alito della pignatta, tirata dalla
fauci dalla
fame che
la
rodeva,
lasci
andare a saggiarne
un
pezzetto.
Le seppe
faccia
cosi
buono che
!
Chi
ha paura,
si
sbirro
Ora,
ci
sono
Mangiamo
e av-
(i)
Testo:
cpermonare:
v.
I,
128, n. 3.
(2) Il
proverbio,
.
com'
noto, continua:
arte
si
Termine procedurale.
j66
giornata quarta
(').
che
di
una co-
Che
.
Ho
pelle
da pagare coteste
cotenne!
stomaco, die
di
mano
alla
la terza; e, di
mano
in
commesso
in gola,
e,
immaginando che
la
le
cotenne
dovessero restare
pens d'ingannare
Sopravvenne
in questo
la
i
madre con un
torsi
broccoli, e, minuzzatili
ciolo,
con
tutti
bolliva
fondo,
vi gett
broccoli, e vi aggiunse
un po'
al
di
sugna, che
di
un canovaccio su due
da una bisaccia due
pioppo vecchio,
stantio, e, tolto
il
cav
fuori
pane
da una
vi
rastrelliera
i
un tondo
di legno,
vi sbriciol
pane e
vers sopra
E
i
ma
denti suoi
non erano da
Furiosa,
si
volse alla
figlia:
Me
che forse
la
cosa;
no,
meglio
che
non
fossi
nata,
non
ti
voglio
lasciar
(i)
Testo:
IV.
LE SETTE COTENNUZZE
167
Saporita prese a negare; ma, incalzando la furia della vecchia, die colpa al
fumo
della pignatta,
vide avvelenato
tal
il
cominci di
maniera a lavorare
che pi
di sette
trov
a passare
strapp di
li
dinanzi, e, veduta
la
la
ferocia
della
ti
vecchia, le
fatto
mano
mazza
la
e le disse:
Che
ha
questa
di
vuoi uccidere?
E
ti
questo un
modo
lance
(')
o a rompere salvadanai?
Non
vergogni di trattare
Tu non
sai
che cosa mi ha
fatto!
rispose la vecchia.
se ne briga, e
non
mi vuol
ora che
lata,
fa
caldo, di
che
io
non ho come
a rischio che
'''>
al
mesi a
Il
Lascia la collera
da banda, che
io
ti
voglio
figlia
per moglie, e
me
la
far stare
(i)
(I,
2):
Ma
io
si
Clizia.
(2)
l68
GIORNATA QUARTA
io
mi allevo
le
mi cresco
la
il
porco, ho
piccioni, e
non posso
il
gi-
rarmi per
Mi benedica
ho
botti
di
Cielo
marocchi non
di farina,
possano:
ma
io
grano, casse
pese
di
(')
di lardo,
mucchi
e,
da sposo,
campare da signore;
La vecchia, che
si
vide
piovere
questa
fortuna
quando
meno
tua,
si
mano
e gliela concesse
da qua a
belli
anni,
le
con salute e
eredi .
il
non
spese op-
portune.
Il
lunedi
si
e, recatosi
dove
le
cam(3)
di
Ora puoi
filare
non
biosa
come
rompeva
fusi,
ti
le
le fusa. Io,
(i)
Appesa
si
le
cose attaccate in
fila
una
pertica, o
(2)
ad uncini e chiodi.
della sposa porgeva e sorreggeva
il
La madre
pu vedere la descrizione di un matrimonio secondo il rito napoletano in una lettera del Capilupi del 15 15, intorno al matrimonio del conte di Colisano con la figliuola di Antonia Gonzaga (che era una Del Balzo, napoletana), celebrato in Mantova. La riprodusse G. Gatti nella rivista G. B, Basile, V, 45-46.
a
infilare l'anello nuziale. Si
(3)
si
IV.
LE SETTE COTENNUZZE
('^
169
farai,
ti
(U baci e,
che mi
e,
dar
quando torno
che sar
tra
venti
giorni,
ti
filate,
che
maniche rosse,
fasciate di velluto
!
verde
borbott
quando
puoi
fin
ti
tra s e s Saporita.
infili! (2).
Ora
hai pieno
il
fuso! Si,
corri e
Se
aspetti
di carta
(3)
da ora provvedere
io latte di
L'hai trovata!
che? son
capra nera
da
lino
quando
il
fegato avr
peli e la bertuccia
coda
.
il
Partito
poltrona,
non
ad
altro
di farina
e da mattina
a sera rosicchiava
come topo
e diluviava
come
maiale. Ma,
avvicinandosi
il
ad aver
la
tremarella,
pensando
il
al
rumore e
al
fracasso che
intatto
lino,
e vuote le casse e
le
Che cosa
una grossa
vi av-
stoppa e
le lische, ficc a
Dopo
di che,
fusi,
(i)
(2)
(3j
Testo:
core.
Capra nera
Strega, o simile
lyo
GIORNATA QUARTA
di
fili
brodo
faceva
di dito
(');
e,
mentre
quante
le sartie
delle navi, a
ogni bagnata
dinanzi certe
fate,
le
dettero allora la
si
fatagione
che, quanto
filato,
lino
tes-
fosse trovato
non solo
fu
ma
La qual cosa
eseguita sul-
non
le
si-
si
avendo messo
il
una misura
di nocciuole. Arrivato
marito,
essa cominci a
dall'altra,
si
gemere
e,
faceva scricchiolare
le ossa. Il
scatenassero
marito
domand come
afflitta:
si
sentiva,
afflitta
Non posso
peggio
ti
di
come
sto,
che
pecora
filare venti
decine di
la
levatrice, e la
io
discrezione
se
mangiata
l'asino.
Quando
non
sar
Uh,
fatiche
il
mamma
da cane:
mia!
io
Perci,
non mi
pi a queste
Stammi sana,
amoroso che
mondo;
madre
di castigarti
(i)
Per bagnare
le dita.
IV.
LE SETTE COTENNUZZE
171
io voglio
vedo che
ci
perdi la salute.
Ma
sta' di
buon animo,
spenderci un occhio
pel
medico
di corsa
Frattanto, Saporita
finestra
i
mangi
fu
le
nocciuole e
il
gett
dalla
tocil
gusci;
e,
quando
venuto
medico ed ebbe
cato
il
fatica. Il
mercante,
quale parve
di udire
un grosso sproposito,
gli
un
altro cerusico.
Ma
Saporita
gli
disse che
non ce n'era
bi-
marito, abbracciandola,
la
ammoni che da
affaticarsi,
allora
modo da non
perch non
('),
piena
la
botte
e la
schiava ubbriaca.
(i)
si
coltivano
cavoli cappucci,
non pu
allignare
cit.,
p. 286.
TRATTENIMENTO QUINTO
IL
DRAGONE
pericoli, e
da
tutti,
fine, la
regina
muore, ed
esso, scoperto
figlio
ma-
Il
Ma
Popa, non
volendo cedere
di
un punto a
mare
delle
Chi cerca
il
male
il
altrui,
il
trova
il
danno proprio, e
chi va
ad acchiappare
terzo e
come
si
costrui
con
le
sue mani
C'era
una volta
un
re
d'Altamarina,
fu,
al
quale,
la
per
le
mentre con
moglie era
citt,
andato
pato
il
per diletto a
un
castellotto
lontano dalla
occu-
una statua
legno,
ne
quando
era cirfiuto
la
maga
perdesse
di
la vista.
Ma
si
la
maga non
solo
si
condata
buona guardia,
anche conosceva
al
V. IL
DRAGONE
insidiarla, e
I73
le
ne ese-
Ci vedendo,
di quella citt
il
re entr in disperazione, e
le
quante femmine
per dispetto
mani, a
tutte,
della
la vita.
E, tra
le
rimanere stu-
una
giosi
vane chiamata
Porziella,
che era
la
la terra. la
manette degli
scritta
la
sbirri
alla
di
amore;
fronte,
tariffa
gli occhi,
due
la
fanali
al
che assicuravano
vascelli
la
dei desideri
a voltare
prora
bocca, un'arnia
di miele tra
due
siepi di rose.
questi,
la volle
Caduta
in rivista ()
come
il
le altre,
che alzava
pugnale, un uccello
radice, e gliene
gli
non so quale
gli
venne
tale
innanzi,
dormendo
in
bre
si
giocava l'ardore
quando
fu svegliata
i
da Porziella;
rendergliene ricambio.
Il
re,
all'inatteso
impedimento, pens
il
che
la bellezza di
messo
sequestro
al
al
pugnale, vietandogli di
(i)
(2)
Testo: Cosi
si
diziaria
la
chiamava l'ammonizione rivolta a taluno dall'autorit giuo politica a non commettere una certa azione (per esempio:
di
pene
in
174
trafiggerla
GIORNATA QUARTA
come
di tante altre
aveva
fatto.
Consider dunque
tinto Io struin
mento
murata
una
soffitta del
l'afflitta
e dolorosa gio-
stesse di
lei
esso, per
un favore da
proprio sangue.
ziella
Non
volle,
jjeraltro,
ne
lo pregasse, svelarle
mai chi
che
le
si
non
poich
la
povera gio-
la
in
un angolo
del solaio,
che sarebbe
la vita.
l'uccello;
momento che
alla
il
cuoco era
fontana, discese
buco e
si
lo dette a Porziella.
Non sapendo
poi
come
rimediare
alla sete,
vol
alla dispensa,
un
bel figlio
allatt e
il
crebbe con
figliuolo
la
continua
assistenza
dell'uccello.
diventato
grandicello,
madre
levandone
altrettante
assicelle, in
modo che
potesse entrarvi
V. IL
DRAGONE
essa aveva dato
al
I75
figliuolo) e di
le
Miuccio
(tale
era
il
nome che
calarlo, per
mezzo
di certe cordicelle
i
aveva
non
si
comand
non
dir
di chi
fosse figlio.
Quando
in
il
cuoco, che era uscito per faccende, torn e vide cucina quel bel garzoncello,
gli
mezzo
alla
domand
chi era,
come
che
un
fanciullo di
che
tenne
al
servigio per
paggio,
cizi
cuore per
figlio,
gli
pi
onde
la
regina
cominci a prenderlo
odio. L'invidia e
la
strada
si
favori e le grazie
di
che
il
re faceva a Miuccio.
E
al
la
regina
propose
mettere
tanto sapone alla scala della fortuna di quel giovane che alfine
sdrucciolasse dall'alto gi
fondo.
in
Una
sera che,
pieno
loro struloro,
la
di discorsi
tra
re che Miuccio
Il
si
castelli nell'aria.
re, sia
al
alla
moglie, quando
mattino
per
concede
chiam a s
176
GIORNATA QUARTA
gli
Miuccio e
fatto
tre
castelli in aria,
come
frae,
come
vetro,
e sulla
favori;
che
gli disse:
te
persona
gli
come son
capace
di
cavarti
dal
e,
fuoco
lavorati a
quel
modo
tre
grandi
castelli,
un
re,
volarono per
tutta la corte
Miuccio chiam
il
vane,
pose maggiore
affetto
gli
fece feste
carezze
dell'altro
mondo.
aggiunta di neve all'invidia e di fuoco allo sdegno
Ci
fu
vedendo che
il
colpo non
le
era riuscito,
non vegliava
la
il
notte che
dinanzi quealtri
sicch,
dopo pochi
giorni,
tempo
di tornare alle
('),
gran-
dezze passate e
si
ai piaceri degli
anni lontani
perch Miuccio
di occhi, farti
ricomprare
II
regno perduto
si
re,
che
(i)
Testo:
de
mo
fa
l'anno
di
un anno
fa,
V. IL
DRAGONE
te
I77
sono capitombolato,
ne
stai cosi
a un
bosco,
da una
che affettano
in
di-
maga che
tu,
serrando
botteghe di
.
il
re
era mal informato e l'aveva tolto in iscambio, che egli era corvo
non
che cavasse
il
gli
occhi,
latrinaio
!
che sturasse
Cosi voglio,
cervello
fai
buchi; quando
re concluse:
Non
pi parole
mio
ho
messo
in bilico la bilancia: di di l
il
qua
il
premio, se
quello
ti
che devi;
che
co-
mando
fare
ci
capitava, se ne
and a ge
mere
un angolo.
Ma
ti
sopraggiunse l'uccello e
perdi
gli disse:
sempre
in
un bicchier
di
acqua?
E, se io
un lamento
pari a questo?
Non
sai
che
io
ho pi cura
Perci,
non
(i)
Testo:
di
da
col
nome
settepanelle , dato ai
le
I,
i
15,
n.
i);
angustie a cui
re era ridotto,
suoi servi-
u.
12
178
sa fare Meniello
('),
GIORNATA QUARTA
E, preso a volare, con Miuccio che lo
l si
seguiva,
si
ferm in un bosco; e
mise a cinguettare, e
Come
se
li
domand
si
con-
maga; che
gli
salvaguardia contro
gli
artigli
gli
Tra quegli
uccelli. c'era
fatto
il
suo
la
camera sua
quella,
1'
premio che
cosa.
uc-
ad eseguire
la
Vol, dunque,
la
rondine,
come una
rondine
le si
suo sterco,
la
le tolse
la
a mezzogiorno
di
notte, e
la
ben
sa-
dogana terminava
mercanzia
allo
che
i
fini
suoi giorni.
Andata via
re,
maga,
la
di
aveva dato
luce del
buon giorno;
e,
nello
(i) Testo:
Meniello: doveva
essere locuzione popolare per dire: che cosa sappia fare una persona
abile
come me.
V.
IL
DRAGONE
I79
Stesso punto
che
gli
T'ho
reso,
servito
buona moneta:
la
maga
accecata,
il
il
io merito
ricompensa per
servigio che
ho
non ne
voglio altra se
non che
tu
mi
miei malanni
re,
dopo averlo
(')
e sedere
il
accanto a
s; e se la
mostr
conobbe
il
il
povero Miuccio.
Poco lungi
que
con
la regina,
fatto,
chiamati dal
dragone, e che,
l'altra;
morendo
l'uno, sarebbe
unto
le
tempie, lo sterno,
le
nari e
polsi col
sangue dello
e la furia
stesso dragone.
di
Ora
la regina,
che conosceva
la forza
come
al
la
fragola in
Aff,
a dire
re:
che Miuccio
tua,
dragone,
il
quale, quantunque
mi
di
sia fratello,
ti
re,
come
liberarsene, subito
chiam
di
nuovo Miuccio: So
gli
(1)
Come un grande
del regno.
l8o
disse
GIORNATA QUARTA
che
tu
metti
il
e perci,
avendo
altro piacere,
e poi disponi di
me
ammazza
il
buon merito
s,
e,
appena pot
spic-
la
mia
vita, latte di
capra nera,
che
si
pu
si
farne strapazzo?
Non
si tratta di
metta dinanzi
un dragone,
con
la
le
testa sfonda,
coda
con
gli
perch volete
prov-
visione
(')
figlio dell'inferno,
che
vi
ha spinto a questi
salti
re,
farsi balzare,
ma
duro
volta,
al
punt
meglio.
piedi e disse:
Hai
fatto e fatto,
e ora
ti
perdi
Ma non
ti
mio; se no,
tolgo
vita.
si
faccia
ora un calcio
al
mutevoli fossero
le
pi che digiuno della conoscenza del re. Ma, sapendo che replicare agli uomini grandi cosa
da
bestia,
ed come se
si
volesse pelare
la
barba
al
leone,
si ritir
in disparte, maledi-
(i)
Testo:
chiazza morta
vedi
I,
93-4, n. 3.
V. IL
DRAGONE
idi
cendo
le
la sorte
porta,
con
la faccia in
i
mezzo
alle ginocchia,
('^
lavava
le
scarpe
contrappesi
gli
con
in
gett in
grembo, dicendogli:
scarica l'asino
^^K
non giocherai a
del
dragone
Prendi
quest'erba
e,
sonno
sbardellato, che
si
piegher a dormire; e
tu,
con un bel
riusciranno
io so
presa l'erba,
quale
i
si
montagna
scala
ai
di cosi
buona
statura che
tre
giganti,
non
le
sarebbero
arrivati
cintura.
al
E,
quando
sonno
dra-
le
carni dela
sentiva intaccare
il
cuore;
e, vistasi
mal termine,
si
a danari contanti
morte.
Chiam
allora
il
marito e
gli
disse
gli astrologi,
dragone pendeva
il
la vita
sua, e
come
sentiva mancare
a poco
a poco.
Se sapevi
le
disse
il
re
che
la vita del
dragone era
(i) Testicoli.
(2)
l82
GIORNATA QUARTA mi
facesti
il
la
colpa?
Tu
ti
sei fatto
male
gotto e tu lo paghi! .
la
rispose
regina
che un mingherin
mente che
il
avrebbe lasciato
la
gli
stracci.
Ma, poich ho
fatto
conto
senza l'oste e
fammi un
piacere, se
una spugna,
le
intrisa nel
tutte
porto
vi
disse
il
re;
e, se
non baster
il
metter
mio per
darti soddisfazione .
La regina voleva
ringraziarlo,
ma
gli
usci lo spirito
con
le
momento
stesso, Miuccio
aveva termi-
nato
il
Quando
giunse innanzi
il
al re
l'opera eseguita,
cogliere
la
il
re gli
comand che
e,
tornato a rac-
mani,
gli
si
tenne
fece
dietro
non
visto.
All'uscita
gli
dal
palazzo,
l'uccello
incontro a Miuccio e
mi manda
e
il
re,
che mi
andar
su e gi
come
.
spola,
non mi
il
A
te
che fare?
pren-
dere
Oh
sangue
ti
dragone,
il
sangue
di toro('),
che
creper dentro!
Con
(i)
sangue
XI,
90,
XXVIII,
V.
IL
DRAGONE
ti
I83
di tutti
pericoli
affinch
tu vi
lasci
la
vita;
ti
re,
che
si
fa
met-
tere la barda
tello
('),
da una
brutta strega,
la
ad arrischiare
di quella pianta.
il
Lo
scuso, perch
non
conosce;
ma
pure
i
moto
che
del
della parentela, e
servigi
guadagno che
prendere
madre,
soffitta,
dove
sembra un tempio
Il
di bellezza,
fabbricato in
si
il
un camerino.
re,
come
figlio di Porziella,
rimasta incinta
soffitta,
di lui,
subito
e condottagli davanti.
vide
buona cura
l'uccello,
madre ora
il
figlio,
chie-
aveva
fece
morta, e
la
mantenuto
in vita la
il
cibo, e
Ma
l'uccello disse
si
giovane.
(i)
Testo:
conime a
iettariello : gettatello.
l84
GIORNATA QUARTA
richiesta fu accolta
e,
La
ziella,
re e
da Porla
mentre
la
a tomoli
e,
per celebrare
modo
loro
pi solenne
le feste, si
avviarono
al
loro regno,
dove
Mai non
si
perde
il
fattoCO.
(i)
Una
particolare attenzione
scrive
che
Iacopo
Grimm
il
merita
la
La
M luccio e
il
il
suo umile
ufficio presso
cuoco ricordano
ricorda quegli
lo assiste di aiuto,
il
e accetta consigli.
La regina nemica
alla
si
lotta col
dragone.
Il
dragone anche
Essa vuole
es-
Dafner
Gttingen, 1856,
III,
292-3).
TRATTENIMENTO SESTO
LE TRE CORONE
dopo
vari accidenti,
schiaffo, si
parte vestita
lei la
da uomo. Capita
di aver tentato di
in casa di
un
re,
dove, innamoratasi di
re-
gina, e sdegnata di
non trovare corrispondenza, l'accusa al marito sedurla, e Marchetta condannata alla forca. Ma,
e, fatta
morire
Piacque estremamente
il
ci fu al-
buona
sorte di Porziella;
ma
com-
prata con tanti travagli, perch essa pervenne allo stato reale
che
La
verit, signori,
sempre viene a pu
star
galla
come
l'olio,
e la
nascosto, anzi
uno
schioppo
ragione
alla
chi lo sparai'; e
non senza
si
chiama
beni
(i)
Allusione
il
al
modo
si
ricordi che
l86
GIORNATA QUARTA
ma
la
vi far confes-
che
per udire.
ad aver
figli,
a tutte le ore e
dovunque
si
trovava, diceva:
Cielo,
mandami un erede
non
lasciar de-
trovava in un giar-
di
mezzo
alle frasche:
O
o
re,
che preferisci
figlia
Vuoi
che
ti
ti
fugga,
figlio
che
strugga?
il
re
non
si
seppe risolvere e
dun-
camera, chiam
consiglieri,
si
e ordin loro
far
doveva
si
maggior
che
doveva stimare
come bene
essendo
la vita
le
e del pari
pra
la
ma
argomentava che
e la roba, per
si
la vita,
per
la
quale
la
si
conserva
la
stirpe,
la
quale
si
mantiene
debbono tener
per colpa di
for-
difetto,
non pregiudicava
la virt del
VI.
LE TRE CORONE
187
ci
furono taluni
altri
femmina
(');
oltrech
il
re,
come
al beneficio
comune
figlia
fuggitiva faceva
un po'
di
vergogna solo
alla
alla
casa paterna,
casa propria,
e
gli
bramava
la
figli
due
partiti,
chiedesse
la vita e lo stato.
al
re,
che torn
la
al giardino, e, gri-
come
soleva e udita
.
stessa
il
voce, rispose:
Femmina, femmina!
alla sera,
quando
ai
e, a
Sole invita
le
ore del
mostricciattoli degli
Antipodi
si
coric con
la
moglie;
capo
di
nove mesi,
figliuola.
re
la fece
subito chiudere
in
un palazzo
fortificato,
suo
tutte !e di-
andava soggetta; e
la
educ a
tutte le virt
che
(i)
Cosi anche
il
Cortese {Viaggio
di Partiaso,
II, 42-3):
se a quarche guaguiiia vene omore, de se l'auzare, sia spara Tonnato. Che corpa ha l'ommo se l'oro o l'amore cbella fa ascire da lo
semmenato?
...
(2)
si
suppone-
vano
in
Un
Mario
Tell'cci.ni
sopranominato
Antipodi;
grandezze degli
ma non ha
l88
GIORNATA QUARTA
et,
tratt
concluse
matrimonio
di lei col re di
Perdisenno, e allora
uscita,
la tolse
da
al
per mandarla
marito.
Ma,
nel
momento che
non
la si
vide pi.
e poi
la
il
vento
la
per
l'aria,
lasci
mezzo a un bosco,
quale
l'
aveva sbandito
fetto
(')
il
Sole
come
in-
lasciata
la
il
quale
le
disse:
te,
Oh
che
amara
piede? Misera
di carne
umana; e
mia
vita sicura, in
quanto
la
necessit del
mio
servizio la
di
pieno di sincopi,
dalle sue zanne.
anticori,
sai
e di renelle, schifato
le
Ma
chiavi della
quando
ti
veda, e io non
il
ti
far
il
man-
Cielo aiuta,
tempo
pu portare grandi
si
chiamava
la
giovane), facendo
entrata
nella
di
prese
la
chiave, ed
camera
primo die
di piglio a
una scopa e
i
fece la casa
maccheroni;
i
di
lardo, sfreg
di
maniera
cassoni
(i)
Il
Sole,
cio Apollo:
il
la
quale riempie
VI.
LE TRE CORONE
che
ti
189
il
di
noce e
li
ci
specchiavi; e, rifatto
letto,
quando
cui
prima era
grano.
chiamata
la
vecchia,
le
disse:
Chi ha
fatto
que-
bel rassettamento?.
replic:
ti
alla
ti
che
Chi
non
suole,
ficcare
vuole.
Veramente puoi
una cosa
e
uno stecco
nel
buco
('),
avendo
fatto
insolita,
E mangi
and
fuori
nuovo.
Al ritorno, trov
tolte tutte le
fuliggini
dalle
travi,
stro-
utensili di
rame
dine
alle pareti, e
panni sudici;
volte
la
mille
Cielo
ti
prosperi sempre,
madama
Pentarosa mia:
rallegri
La
se la
come cappone da
fuori,
ingrasso. E, poich
Sta'
zitta,
l'orca
and
ancora
essa
le
disse:
la
con
per
per
le
mani
i
tue,
tutti
le
sette cieli
tu
non
le
cosa
ti
riesce a
mio
stato consiglio di
mamma.
(i) (2)
sette celeste .
190
GIORNATA QUARTA
uno spezzatino,
infil allo
e,
imbottitala
aglio, la
(''
sopra
infiorata
al
chiamata
la
vecchia,
le disse:
Mangia
che hai
chi
le
ti
rispose la vecchia,
non cercare
altro: basta
serva e
ti
soddisfaccia ,
la
E,
dolcezza di
le
tre parole di
gli
Napoli
(2)
che, se sa-
cuoco,
che. se
le tre
il
forca
un uomo;
pei
tre
le
palmi
tre
di
fune,
volta
all'impiccato;
per
e
femmina malvagia;
zeppole,
tre
cose
che consumano
;
la
casa,
pane caldo e
maccheroni
per
le le
tre tre
fem-
F. del
freddo e fondo;
principali di
compar Biondo
il
Re
della
con
le dita,
che
si
cuociono e condi-
scono come
(2)
*
maccheroni.
si
tre di
il
panegirico di essa
frate
poli, 1683).
stace
(v. nelle
16).
VI.
LE TRE CORONE
I9I
musica
();
per
le
tre
6".
che bisognano a un
le tre
sorti
di per-
chiare,
mani
giovent, giuoco,
femmine e taverne;
per le tre virt principali dello sbirro, adocchia, insegui e affeira; per le tre
cose
utili
al cortigiano,
fingimento, flemma e
al
ruffiano,
gran cotre
per
il
le
cose
che
il
medico osserva,
il
polso, la faccia e
pitale... .
la
Ma
quale
ul-
tre
le
corone
mie, che, se io
belle
so chi
carezze
stata
la
buona massaia,
solo allora
venne
Eccomi!
L'orca,
al
vederla, esclam:
fatta
Ah! Ne
ti
hai saputo pi di
me 1(2).
(i) I
L'hai
da maestro e
sei
due
si
I,
ii, n.
i.
Del
primo, che
chiamava
le
mani o
dal Novali
stati
identificata in
Marzia
Basile. Vedi F.
Novati,
tastorie
Vili, 6, novembre-dicembre 1914, e F. Russo, Un cannapoletano (Napoli, 1917). Il poemetto su Marzia Basile (una
mente da
(2)
B.
Croce, Nuove
Testo:
me no
hai
me no
cauce
corrotto.
192
GIORNATA QUARTA
Ma, poich
hai
si
ben lavorato e
figlia.
ti
una
Eccoti
domine
aprire
e dominanzio.
Una
cosa
sola
mi
riservo:
alla
non devi
l'ultima
stanza,
faresti
altrimenti,
mi
montare
ti
senapa
al
che
io
prometto per
le
le tre
corone
Marchetta
baci
la
grazia e promise di
servirla pi di
una schiava.
si
senti
solleticare gran-
demente
mera
proibita.
non seppe
tre giovani,
Erano queste
della
maga('\ incantate
dalla
una
figlia di
re;
li
come
se
si
destassero, e le chiesero da
tre
mancuole
giare;
le fece
E, subito ripigliate
Ma,
da
tale vista,
<').
Senti
essa
vivamente
l'affronto
che, nel
medesimo
sola pel
mondo,
alla
ricerca della
sorte
(.1)
Testo: Testo:
de
la fata*;
ma
:
(2)
no boSettone
bofeton
VI.
LE TRE CORONE
I93
di rabbonirla
con
e
le
non
fu
avrebbe
mai
pi
ripetuto
quello
ma non
lasci
andare e
don un
con
se
la
mano
e di
non
re-
quando, trovandosi
plicato dall'eco.
in
nome suo
le
die anche
un
bel vestito
si
da uomo, che
mise in
Marchetta
le
travesti e si
cammino.
Giunta che fu a un bosco, dove
si
recava a
far
legna
la
alla
caccia; e
gli
quello, visto
il
bel
giovane (che
tale
sembrava),
un mercante, e che,
il
re,
piacendogli
la
prontezza e
lo
lo prese per
paggio e
condusse
al
Appena
quan-
compagna sempre
fiamma
e di reprimere le punture
che amore
le
faceva sotto
di calcagni,
non
quelle
sfrenate brame.
E un
al
cominci a scoprirle
d'affanni aveva
pene sue, e a
le
dirle
quale soprosso
le bel-
cuore da quando
erano apparse
il
non
si
risolveva a innaffiare
territorio
con
le
speranze
vita.
lod
le
vaghe
fattezze
del
amore
13
G. B. Basile, PetUantfrone
- 11.
194
introdurre uno
grazie, e
GIORNATA QUARTA
strafalcione
di
crudelt in un libro
di
di
tante
pentimento;
sette
scongiurandola pei
di sospiri e
in
mezzo a un pantano
alla
le
lacrime
per insegna
immagine sua.
Seguirono poi
promettendole
di
fondaco
Le
ri-
e,
si
danno suo.
Marchetta, a queste carezze e punture, a queste promesse e
di faccia e levate di
la
cappa, avrebbe
amorose,
per darle
portasse
le
la
il
mancava
la chiave;
caduceo.
Ma non
fusa
un
re di tanto
merito, qual
era suo
la
marito; e che,
riputazione della
La
sue voglie,
rispose:
Ors,
pensaci
bene e ara
e,
diritto,
che
le pari
mie,
quando
s'in-
ginocchiano, proprio
premono
le
bene
come pu
ti
riuscirti
questa mercanzia.
Basta e
che
io
dir
andr
via.
mia
qualit
resta
scor-
VI.
LE TRE CORONE
sangue
I9S
(')
sua
volt le spalle,
povera Marchetta.
regina a dar assalti
fine
la
questa
vedendo
gettando
alla
le
sudava
vuoto,
di
in perdita,
parole
vento e
in
sospiri nel
la
mut
la
registro,
convertendo l'amore
odio e
voglia
godere
marito e
gli
Chi ce
vamo una
dire?
il
sarebbe imma-
La colpa
delle
tante
il
carezze
che
la
tu
gli
hai
fatte:
villano, se gli si
gli dai
il
dito, si piglia
mano. Ma, se
alla
tu
non
me
il
ne torner
il
casa di
tuo
nome
ha
fatto? ,
il
disse
te,
re.
la
regina:
Cosa
da
nulla!
Voleva
ma-
trimoniale che io
ho con
territorio,
dove
tu hai
il
semi-
re,
a quest'accusa,
alla
senza cercare
e
all'autorit
altri
testimoni, per
non pregiudicare
fede
della
moglie, fece
so-
luogo del
acca-
le fosse
commesso alcun
male, cominci a
(i)
Per
la
macriata,
v.
sopra, p. 32,
11.
i.
196
gridare:
GIORNATA QUARTA
Oh
Cielo! e che
ho
fatto io
per meritare
il
funerale
corpo? Chi
me
Oim!
Orca!,
role
rispose l'eco
(');
che portava
la
al dito
e delle pa-
che
gli
le
disse l'orca
alla
quando essa
lasci.
Volse
al-
lora
occhi
si
pietra
ed ecco
l'aria:
Lasciatela
una
non
rimasero n
stizia
Il
(2).
sbirri
n spogliamorti attorno
re, al
tuono
di queste parole,
il
pa-
sua presenza;
e,
quando l'ebbe
dinanzi, la
ammoni
di
come
(i)
L'eco
era
uno
degli
espedienti
prediletti
capitolo del
Quadrio
(I,
228-9) sugli
echi
si
veda V. Imbriani, L'eco responsiva nelle pastorali italiane del seicento (nel Giornale di filosofia e lettere, N. S., a. V, 1884, voi. IX). Anche
la favola
Mantova,
rillo dice:
ha
la
se.
2),
nella
quale Do-
la tua
mano
me
pia,
il
tronchi lo stame e
mio dolore
atterri.
Eco: Erri
VI.
LE TRE CORONE
raccont
tutti
i
I97
casi della
sua
fu
fu
come
come
se
ne volle
tra
lei
partire, quello
che
e la regina, e, come,
non sapendo
in
avesse
commesso
aveva
Comand
al
di
fosse subito,
collo,
ed
esso, invitati
re e la regina di Vallatescosse,
la
prese per
moglie Marchetta,
Iddio guida
la
buon porto
barca disperata.
TRATTENIMENTO SETTIMO
LE DUE PIZZELLE(i)
una vecchia,
riceve la fata-
gione;
ma
la zia,
che invidia
la tiene
la
la getta
a mare,
il
delitto.
Avrebbero
di Antonella
rati,
passava battaglia
di quanti
n'erano
stati
nar-
se
di toglier
animo a
Giulia, che,
(3)
avendo posta
del gusto di
Taddeo
modo che
e dtti
segue:
la
Ho
fa piacere,
ne riceve:
('),
campana
Manfredonia dice
dammi
e chi
non
pesce di beneficio;
e,
se
di
ci
volete vedere
il
costrutto,
l'avaro che
il
liberale.
(i)
Due
ma
sembrato convesi
niente serbare
nome
va diffondendo
napoletana
con
Anche
superava, vinceva.
Metafora presa
Ti do
(4)
delle
campane, vedi
per
la
Toscana, Nerucci, in Arch. per lo studio delle tradizioni popolari, si parla III, 295; per la Francia, i comenti al Pantagruel, III, 27, dove
del detto delle
campane
di
Varenals.
VII.
LE DUE PIZZELLE
I99
come
di cuore; e, per
conre-
cuore e
la
faccia di Puccia
di
dentro e
lessare quattro
figlia:
d'acqua.
Di buona
se
voglia,
mamma
mia,
rispose
che
figlia;
ma,
pizzella,
me
la
disse
prese
una
(che
il
fatto
forno di pane) e
fora sul
la quale, alla
dette a Marziella.
('),
se
ne and
di
marmi,
musica
ciare la sete.
Mentre riempiva
palco di
l'anfora,
giunse
sul
tragedia del
Tempo;
in
vedendo
la
bella pizza
mano
Bella
disse:
giovane mia, se
Cielo
ti
dammi un
regina,
le
rispose
subito:
Eccotela
magna femmina
anche
te
la
il
cuore.
(i)
200
GIORNATA QUARTA
di Marziella,
le
Va', che
il
Cielo
ti
sto
pet-
caschino sempre
il
quando
metti
La giovane
la
si
ha
campi
celesti
le
tate dall'oriente,
Con grande
chiam
la
madre
li
cida
si
buona
domand come,
quando e dove
le
avesse avute.
Ma
la
Non
fare
n dire quanto
negozio alla
zia.
finito
Non aveva
sorella,
di dire,
che
la zia,
senza pi aspettare
la
stessa
vecchia; ma,
quando essa
le
domand un
che a dar
la
po' di
pizza,
te!
rispose:
Non pensavo ad
altro
pizza a
le
Mi
hai
forse
i
cose
cendo, trangugi
pizza
in quattro bocconi,
facendo gola
VII.
LE DUE PIZZELLE
20I
quando vide
con essa
la
quando quando
docchi;
respiri
ti
pettini,
testa a
mucchi
pi-
e,
dovunque
felci
titimali .
La madre, quando
indugio a pettinarla,
la
non mise
e,
grembo,
vi
pieg
la testa
un torrente
Non
dal
a dire
come
il
fumo
naso e
dalla bocca.
Ciommo,
fratello
di
Chiunzo
'3),
e discorrendosi della
ponte
(4),
se fosse col
comparsa sua
so-
bellezza delle
di
membra che
bella
facevano
una
(i) I
medici solevano
allora,
com'
pratici
si
o famuli, a piedi.
i
mercurio
adoprava contro
come erano
in
mistica, la arrestavano.
(.3)
Sinneco de Chiunzo
dice
il
Basile nell'egloga
delle
si
Muse
chia-
motti
i.
202
capelli, nella
fata. Il
GIORNATA QUARTA
bocca e nei piedi
le
virt
che
a
le
aveva date
la
re,
comand
Ciommo che
la fa-
Non parve
invi
questa,
Ciommo, occasione da
perdere, e
un apposito
fuggire
questa fortuna.
Lucida, che
la
stava
al
male
in
salute,
pecora
fino
di
la
accompagnare Marziella
alla
per
cosa
condurla sana
fratello.
mezzo
al
mare, cogliendo
momento che
qua.
gi la
la
sima sirena
Ciommo
in-
come
sembianze,
la
condusse subito
i
nanzi
al
re;
il
quale, facendole
ravviare
capelli,
ne vide
cosi mortali
('),
sempre offendono
testimoni
e,
la fatica del
cammino, aveva
una saponata
e,
alla
gli
panni;
abbassando
(i) Il
(II,
258), dichiara
ingenuamente
di
testimoni;
stesso e
si
ma
nome
spiega
VII.
LE DUE PIZZELLE
205
fetide,
che
gli
senz'altro Puccia
con
le
la
dolo a guardare
Disperato
Ciommo
sene ragione, conduceva le oche pei campi, e lasciandole errare a lor voglia lungo la marina,
si
ritirava in
di stendersi
un
pagliaio,
a dormire,
piangeva
si
la sorte sua.
Ma
alle
acque, e
abbeverava
di
tate
ognuna quanto un
potevano aprire
gli occhi.
la
sera
si
spingevano
sotto
un
orticello,
e co-
minciavano a cantare:
Pire, pire, pire!
Il
sole bello
ed bella
la luna;
governa
noi.
Il
re,
mand
man-
per
le
Ciommo,
di
che pascesse
sue oche; e
Ciommo
Non do
loro altro a
re,
campi.
Ma
il
gli
mand
dietro
segretamente un
le
menava
oche.
Il
la-
oche
lido,
sole; le quali,
volgendosi verso
la
marina, giun-
sero
al
dove
usci
dal
mare
la
Marziella, che
non credo
onde
madre
<')
come
disse
il
(i)
Venere.
204
Il
GIORNATA QUARTA
servitore
del
re,
tutto
dal
padrone, raccontandogli
assistito sulla
citata,
la curiosit del
re,
ecla
lo
mosse a
persona a contemplarlo; e
uccelli
li
mattina,
tutti
quando
i
il
capopopolo degli
('),
solleva
ad armare
le
essendo andato
Ciommo con
mai
le
oche
al
luogo
solito,
il
re,
non perdendolo
di
vista, gli
si
tenne dietro.
alla
Ciommo
oche
avviarono
marina; e
re
acqua rosa
i
alle
oche,
si
assise
capelli,
manate
le
perle e
fiori
un
nugolo di
e sotto
piedi
si
di gigli e viole.
Il
re
chiam Ciommo e
gli
domand
se conosceva quella
bella giovane; e
Ciommo
la
tradimento
fattole
da Troc-
come
pu
l'invidia
di
quella
Non
si
dire
il
il
re per l'acquisto
lei,
voltosi al fratello di
gli disse
che
terzi
di lodarla tanto, e
che degna
di essergli
moglie, quando
si
contentasse di accet-
regno suo.
vicer
Pietro di
(v.
Arch.
XV,
593 s^.), e
pi recenti che
agitarono
al
tempo
VII.
LE DUE PIZZELLE
20$
Oh
lo
volesse
il
Sole leone
tessi venire
a servirti
come schiava
corona
il
Ma non
la
vedi tu
piede e con
quale
aria
la
maga mi
tiene prigione, e,
alla
troppo mi trattengo
marina, mi
dentro alla
Quale rimedio
di cotesta
ci
sarebbe
disse
il
re
levarti dalle
branche
Il
sirena?
rimedio sarebbe
rispose
Marziella
di
segare con
e svignarmela.
il
domattina
replic
ti
re,
che
lo
me
ne
mio occhio
diritto,
la
pupilla del
mio cuore
e le viscere di
quest'anima.
le
mani,
fuoco,
mezzo all'acqua ed
gli
egli in
mezzo
al
un fuoco
il
tale
che non
die
un momento
di
riposo
.usci a fare
tubba-catubba
le
(')
con
le
stelle,
bellezze
meraviglie
dei capelli,
e,
ai
pietra
del
paragone
malediceva
riposarsi
il
dei
ricami che va
facendo di
presto
col
bestemmiava
luce
affin
carico
della
ad arricchire
di
(i)
ancora allusione
Sfessania
x.
2o6
GIORNATA QUARTA
egli
se
guastatori
(J)
nare
dei
cammino
il
pel quale
re
si
raggi; e
vesti,
in
compagnia
di
Ciommo,
con
la
mano
propria la ca-
ne fabbricasse un'altra pi
in
si
tolse
groppa
al
cuore, e trott
donne
Quando
il
come
bot-
anche
la
persona
fatto a Marziella.
mare
e visse,
ma
e,
Puccia,
per non
chi
(i) I guastatori
eserciti: v.
Garzoni, Piazza
universale, p. 635.
TRATTENIMENTO OTTAVO
I
SETTE COLOMBI
Sette
e,
fratelli
la
madre non d
ed
essi
loro
una
essi
sorella;
quando
con
aspettano la no-
tizia
certi segni, la
madre
si
onde
li
vanno
grande,
li
cerca,
trova, e,
dopo
Il
fu
piacque a
Ma, essendosi
fu
suo,
il
comando
parola
(');
del principe
sguardo
di lupo,
che tolse a
tutti la
minci a dire:
Chi
fa piacere,
ne riceve sempre;
il
io vi
nel convito
Cosi
il
di soddisfazione e di gusto.
(3)
(i)
(2)
V. sopra,
Cio
il
I,
82, n. 2.
Inter
convivas fac
haberi.
(3)
sis
dum
vis
urbanus
Ca-
Casale, e ora
comune,
loria.
208
GIORNATA QUARTA
figlio
sette
sette figli,
avendo mutato
prime orecchie
<'),
dissero
alla
madre
lannetella,
incinta: Sappi,
fai
mamma
dopo
tanti figli
maschi, non
una
risoluti
ad abbandonare questa
mondo
sperti,
come
figli
il
delle
merle.
la
madre, all'udire
i
tale proposito,
preg
spogliato
figli
ad essa
pericolo
Avvicinatosi
ci ritiriamo
il
tempo
del parto,
figli le
dichiararono: Noi
se
alla
partorisci
finestra;
mae,
schio,
metti
se
A
il
questo secondo
resto della nodi maschio,
nome penna.
segno
Volle
il
convenuto
che
si
ai
il
figliuoli;
ma
la
vi
mise
la
calamaio e
via tra le
penna.
misero
Dopo
in
tre
trovarono
fa-
un bosco, dove
alberi al
pietre,
suono
di
danzavano
imperticata
W; e
un orco, a
cui
mentre dormiva
erano
stati
(i)
le
orecchie
si
mu-
come
denti.
V. sopra,
p.
136, n. 3.
vili.
SETTE COLOMBI
209
gli
venivano
orJo
1--
tra le
=nti
per fame,
giovani
gli
chiesero se
di
per com-
pane; e l'orco
faticoso che,
gnolino.
Ai giovani parve
di aver trovato la
mamma
il
padre, e,
il
al servizio dell'orco,
quale,
Carcavecchia,
come
si
denominavano
sette
Abita-
vano
essi in
suoi,
la levatrice,
s'erano dati
le
venne
da pellegrina e
le die licenza.
Cammin
di
cammin
inse-
gnare
la
Sole
carte
gli
si
che
sulle
con
grande gioia
modo da
avevano
dopo averle
fatto mille
carezze, la
ammonirono
tii
G. B. Basile, Ptntamerone
il.
14
2 IO
GIORNATA QUARTA
la sentisse,
le
e,
oltre a ci,
le
che
di
qualunque
la
cosa da mangiare
venisse tra
mani, ne desse
parte
avrebbe
fatto
qualche male.
questo alla
figlia
del
i
un finocchio.
Ma un
li
giorno che
le
a caccia,
la-
perch
cuocesse;
ed essa,
quale fu
la
met
al
gatto,
questo, per
usci di quella
gli
ca-
chiese
un
venga
il
mastro!
'2).
co-
zanne.
carro era male avviato,
e,
la
afferrato
un
rifugi nella
porta,
non
lasciando di
cassettine,
pietre,
filo
ch'ebbe
serrata,
il
ai
camera
di gi, e, trovatala
cominci a batterla a
Tra quel
il
fracasso, arrivarono
sette fratelli, e,
al
sentire
tradi-
(i)
(2)
I,
177, n. 3.
vili.
SETTE COLOMBI
loro
tori
per aver
fatto
della
il
camera
l'asilo
(')
avvertiva che
la
Noi non
che
sappiamo niente
cotesta
vieni
ti
conduco
in
luogo
.
dal quale le
men dov'era un
fosso
profondo, e
fratelli gli
dettero una
spinta, lo precipitarono
nel trabocco e
con una
pala,
che
si
persero di terra.
la
le
dissero
attenta, e,
al
erba
intorno
tu facessi,
diventeremmo,
tutti
e sette, colombi .
vi apporti
e,
Il
Cielo mi
guardi
rispose
Cianna
ch'io
questo danno!.
Cosi
si
quando
il
alla
alla
casa loro.
far le-
fratelli
alla
montagna a
grino,
quale,
avendo dato
la
baia a
un gatto mammone,
ar-
rampicato sopra un
da un
frutto
di
quest'albero e ne
(i)
Testo: lo Beneviento;
v.
sopra,
I,
67, n. 3.
212
GIORNATA QUARTA
lo sciagurato urlava
una cima
dell'orco
di
e,
sulla fossa
gli fece
cuocendola con
un empiastro
miat e
si
accomfratelli.
Ed
si
le dissero:
ti
Oh
tu,
che
sei
causa di tutto
il
mache?
andare per
la
marina!
ti
('),
sorella,
che
sei lasciato
te,
siamo
fatti
compagni
di
meropi, di ca-
di fringuelli, di regoli,
(3),
di
di collitorti
di
strisciaioli
^4),
di
balie, di tuffetti,
marzaiole(5),
di
bubbole. Hai
al
fatto
la
bella prova!
Ora
si,
reti e
prepa-
un pellegrino,
al
l'hai fracastu
male nostro, se
la via
non
trovi la
mamma
.
a cavarci
da quest'affanno
(i)
(2)
V. sopra,
I,
250, n, 4.
Testo aggiunge:
golani
che non
si
celli sia
da
identificare.
e
(3) (4)
Testo aggiunge:
terragnole
(5)
vili.
SETTE COLOMBI
213
ai fratelli
la
mondo
finch trovasse
pregandoli di
cammin.
quantunque
le ser-
camminasse a
desiderio
la
aiutare
fratelli
al-
il
mare, con
la al
non rispondevano
compito
di latino
le disse:
Gianna:
Vado
devi
cercando
fare?
la casa della
mamma
del
le
rispose
al
la
balena.
Va' sempre
per questa
marina, e
trerai chi
ti
trovi,
mostrer
cammino.
Ma
fammi un
piacere:
quando
sarai
parte che
io
possa camminare
sicura senza urtarmi tante volte agli scogli e dar tante volte
me,
le
disse
Gianna;
e, ringra-
che
aveva
fornite, riprese
trot-
Dopo lungo
mare,
come com-
il
disse:
la
Dove
vai
donna?. Ed
essa:
Gerco
mamma
il
del
Tempo . Troppo hai da camminare soggiunge topo; ma non perderti d'animo: ogni cosa ha capo. Gammina pure
verso quelle montagne, che,
come
libere
signore di
questi
214
campi,
si
GIORNATA QUARTA
fanno dare
il
titolo d'altezza, e
Ma fammi un
fatti
quando
dire
da quella buona
liberarci dalla
per schiavo .
Gianna
quali,
glielo
promise e
si
quantunque paressero
pur
vi
non
si
si
arrivavano mai.
Alla fine
pietra,
giunse,
e,
stracca,
sedette
sopra una
dove vide un
esercito di formiche
di
che trasportavano
esse, volgendosi a
grano, e
una
di
Ghi sei?
rispose:
cortese con
Io
mamma
del
Tempo.
Vai pi oltre
montagne,
in
ne sar data
notizia;
ma
cumulo e provvista di
la quale,
si
come canspegne.
Sta' tranquilla
cortesia che
disse
Gianna,
che
ti
voglio rendere la
mi hai
fatta .
si
Tempo
mia e
riposati .
vili.
SETTE COLOMBI
si
2I5
fretta
mamma
ne
sei
del
Tempo. La
Tu
procura
di
cibo di porci
spose,
Lasciane
il
pensiero a Gianna
essa
ri-
che
vedr
di servirti.
e,
camminando senza
a piede di una montagna guastafeste, che andava col capo a dar fastidio
alle
fieno;
il
aveva medicato
il
bernoccolo.
le
la
disse
portava
il
censo
Tempo dell'affitto della terra che aveva seminata, e che il Tempo era un tiranno, quale s'era usurpate tutte le cose del mondo e voleva tributo da tutti, e particolarmente da uomini dell'et sua; e, poich aveva ricevuto beneficio dalla mano
il
di
perch
lire,
l'et sua,
lo
travagli,
perci
le
disse:
Ora
mia
tro-
una rovina
le
di casa,
di
quando
fu fabbricata:
mura sono
2l6
le
GIORNATA QUARTA
i
porte tarlate,
mobili muffiti,
e,
sumata e
spezzate,
la la
distrutta; e di
di l statue
non essendoci
un serpente che
si
morde
(').
Come
falci
e potatoi, e
cento
nomi
scritti
come
alberelli di
dove
si
Troia,
da parte e
sta'
esce
il
Tempo,
capelli,
come coda
sembra un
di cavallo leardo, le
(^),
coprono
con
le
tal-
loni;
la
faccia
collare a lattughe
crespe
un oro-
poich
le
ti
grosse che
le
coprono
gli
occhi,
i
non
appena
contrappesi all'orologio, e
quel che
al figlio, la
ma, poich
i
che
madre ha
mancano
contrappesi, quello
Ma non credere
le ali del
ti
faccia, se
che
contentata
Nel dir
ci, quel
(i)
(2)
lattochiglia : spagn.
cuello de lechuguillas.
vili.
SETTE COLOMBI
217
alla luce dell'aria.
giacente in un ipogeo
('),
quando messo
e,
mischiatovi un misurino di
lacrime, scav
una
quiete e riposo.
Ascesa poi
la
montagna,
il
la
quale
le die
l'affanno, aspett
Tempo, che
cuciti
coi
nomi
di
questo e di
subito
di
afferrati e portati
contrappesi,
rivolse alla
vecchia
il
le
figlio;
ma
Gianna
le disse:
figlio,
Puoi
cozzare
la
testa
nel
i
muro,
ma
perch ho
io in
mano
i
contrappesi.
corsa a mio
fatto
ti
uomo
ti
vivente
mondo. La-
sciali
guardi, e io
forte di
mio
figlio,
con
la
far
male
Perdi
tempo
li
rispose
ti
Gianna:
devi
dir
meglio,
se vuoi che io
lascio .
dono
tutte le
deri .
Non ne
.
tu
ali
mi gabbi
la
vecchia: Ors, io
ti
ti
giuro
per quelle
piai
voglio fare
maggior
cere di quello
Gianna,
lasciati
andare
contrappesi, baci
e di tanfo.
mano
(i)
Testo:
de lisoncuerpo
iuson-
2l8
GIORNATA QUARTA
la
La vecchia, vedendo
buona creanza
Tempo
sar
E quando
esso torna
ma non
ti
far sentire,
ai figli e,
quando
tutt'altro
.
manca,
si
venne
il
Tempo,
mano, perfino
il
calcinaccio
ripartire, la
madre
lo interrog inlatte
torno a tutte
le
Dopo
mille preghiere,
figlio le rispose:
All'albero
si
pu
dire che
non
sar
mai
caro alle genti, finch tiene sotto le sue radici sepolti tesori.
gatto, se
non
gli
attacca
un
gambe per
sentire
quando
la
formica mette
il
le ali.
buona cra e
si
topo marino
quale
e ai
ric-
le servir
di traverso;
colombelli, che,
quando faranno
il
solita posta.
al
basso della
vi
(i)
quando, praegravi superciliorum pondere obrutis eius oculis, infestantia raagnitudinem vada praenatans demonstrat, oculorumque vice fungitur .
vili.
SETTE COLOMBI
i
219
quali,
le
orme
della sorella,
sette colombelli,
tutti
stanchi dal
morto
(');
non appena
vi
sentirono
Tempo
(2),
compresero che
il
corno,
come sim-
Tempo,
Dopo
si
la sorella, tutti
insieme
presso
l'al-
avviarono per
percorsa da Gianna,
il
e, giunti
pensiero del
il
Tempo,
bero
li
preg di levargli
di sotto
tesoro,
che
la
di riputazione.
sette fratelli,
scoprirono
di
monete d'oro,
le
quali
comodamente.
il
viaggio e
si
il
sonno
li
vincesse,
onde
Ma
una banda
di malandrini,
che capit
testa
in
quel luogo,
vistili
immersi nel
li
sonno, con
la
appoggiata agl'involti
di tornesi,
si
legai
rono con
le
li
mani e
presero
quattrini, e
non
appena
scappato di mano,
ma
o
anche della
di
fame
di
dolevano
(i)
Uno
i
corna e
lucri
le
sopporta.
(2) Testo:
2 20
GIORNATA QUARTA
del
Tempo, per
rimeritare
legati e
li
il
rimise in libert.
Camminarono un
trarono
la
altro
buon
consiglio del
Tempo, do-
mand
e
ed essa
le
tiro
le
rispose
il
la
for-
mica,
che
mi
si
presenta
il
modo
visto
di ricambiarvi
favore
che ho ricevuto da
terra
un carico
di grano,
i
ho
il
assassini
nascondono
furti
loro,
una
cose rubate;
e,
ora che
sono
accomil
pagnare e insegnarvi
vostro .
fratelli
l'apertura di
calatosi Giani
grazio,
come
stati
pi
animoso degli
tolti,
trov
tutti
danari che
erano
loro
e se
li
ripresero.
la
Andarono, dopo
balena
sigli; e,
il
di ci,
verso
dal
alla
Tempo, che
padre di con-
mati fino
date. ster
ai denti,
Oim!
gridarono: questa
ci
la volta che
non
rei
sono addosso
toglieranno
io
la
vita!.
Non
du-
disse la balena,
il
che
mostrato. Ors, montate sul mio dorso, che subito vi trasporter in luogo sicuro .
I
meschini, che
si
vedevano
nemici
alle spalle e
l'acqua
vili.
SETTE COLOMBI
221
loro:
In qual punto
di cotesti luoghi
approdo con-
Massa
si
dice salute e
passa;
a Sorrento, stringi
amico n compare
La
lo scoglio del Sale di pescatori
f^),
dove
lasci, e di l, dalla
si
prima barca
che
si
trov a passare,
al
il
Cosi tornarono
larono
la
madre
e
la
la
bont
di
Gianna
una
vita felice,
motto:
fa'
bene
e te
ne scorda.
(i)
Dinanzi
alla
lo stalo del
17^0 di N. Petrini, e in altre carte del settecento, uno scodi Pietra salata,
il
glio col
il
nome
al
Basile pensava:
Basile,
narrando
la
(III,
io): ...
in
prima
gii
occhi apersi
TRATTENIMENTO NONO
IL
CORVO
suo, intraprende
un lungo viaggio
la
desiderava. Ma, per liberarlo poi dalla morte imminente condannato a morte,
e,
per dimostrare
Infine, per
gode contento.
Se
io avessi cento
('),
canne
di gola,
un petto
di
bronzo e mille
il
lingue d'acciaio
non
come nessuna
delle
buone opere
bi-
sogn caricar
dicesse
il
mando
con
le
altre. Pure,
non potendo,
gioco,
diamo
ma
mare
delle cose
umane,
dolce, che
crede di prender pi
la
giusta la misura di
mente, pi facilmente
(i)
Non
:
mihi
si
linguae centum
625-7.
sint,
vox, etc.
IX.
IL
CORVO
tutti
223
fati-
sbaglia.
Da
ci proviene
che
al
corrono a rompicollo,
cano
alla cieca,
pensano
e,
il
dicano a vanvera;
comprano un
penti-
fece
il
re di
Frattombrosa, del
caso, se
mi chiamerete
mo-
mi accorderete un po'
mandava a monte
le
cose pi
le
tracce
una lepre o
il
strada, che
fatto
un giorno
fortuna lo port a
uno squadrone
fitto
non
A quel
una
bianchissima pietra,
Cielo! e
re gett
un gran sospiro e
disse:
Oh
non
potrei avere
come
le
piume
di
questo
corvo!
In
tal
il
pensiero Milluccio
si
tratto
form
marmo
vi-
marmo. E,
ficcatosi quel
si
fece in
poco tempo da
stec-
chino
(')
da nanerottolo gigante:
di
guisa
(i)
(2)
Testo:
pappolla
palcco
*:
Testo:
spagn.
palico
*.
2 24
GIORNATA QUARTA
in-
volgeva
gli
petto; e, scordatosi di
quel
marmo
nel capo; e
era assottigliato in
modo
si
su questa
pietra,
pietra
mulino che
i
macinava
giorni
la vita; porfido,
dove
stemperavano
colori
'2)
dei
suoi;
focile,
zolfanello
e,
finalmente,
non
dava requie.
giallo e
vedendolo cosi
ti
smorto,
il
in
persone;
compressa
una montagna,
fa
volare
schegge
sangue;
vene, infracida
flati
e coliche
senti. In ul-
buon
che
affetto,
ma
pietra,
di frutti;
da una
di
piacere; da
una pietra
monte dei
(i)
In un'opera a intarsio.
(2)
La
colori.
IX.
IL
CORVO
225
timo,
dopo
ma-
deliberato di viaggiare
tutto
il
mondo,
finch trovasse
una
donna che
da mercante,
di
Venezia, specchio
delle meraviglie
d'Italia,
ricetto
virtuosi, libro
('),
maggiore
dove,
fattosi
dare un salvocondotto
per passare in Levante, fece vela pel Cairo. Entrando in questa citt,
si
un bellissimo
fal-
cone, e subito se lo
cacciatore; e,
compr per
oltre,
poco pi
s'imbatt in un
si
con un
ta-
ferm a una
mando
del
del cielo e
abbandona
il
(i)
III, 8,
loda Venezia,
viglie della natura : motivo, del resto, usuale nella letteratura del
tempo.
Politico; vivi,
famosa
Romana, che
Il
tra
'1
Basile,
come
si
ai
servigi
G. B. Basile, Pentameroru
- 11.
'5
2 20
GIORjSIATA
QUARTA
cerviero, gli
per
la
citt,
mettendo,
come lupo
occhi dap-
pertutto,
una
guar-
l,
degli sbirri,
una giudecca
gli disse:
di cenci.
ti
Costui
vedo
cosi sbigottito? .
nariello.
Debbo
fin
dire a te
fatti
miei?
il
rispose len-
Aspetta
ter
fatti
il
bel
garzone mio
si
di
replic
pezzente, che
vende a
peso. Se Dario
stalla
('),
non raccontava
casi
suoi a
un mozzo
non diventava
i
re di Persia. Perci
tuoi a
fatti
non c'
tare
i
denti .
il
Vjuesto poveretto,
gli
espose
pezzente,
dopo aver
far
Or
vedi, figlio
mio,
come bisogna
sia spazzatura,
limosina,
figlia di
un necro-
gli
desidera .
(i)
Erodoto,
III, 85-87.
IX.
IL
CORVO
giovane, che
si
227
la
chiamava Lu-
ciella, si affacci
buona
da
limosina
al
si
travesti
mettendo
alla
in
due cassette
tutto
reticelle,
veli pel
spille,
pannolini,
fibbie,
dopo
aver visto e
altra
rivisto, in
le
mostrasse qualche
mondo, perch ho
degne
di
di
curiosit,
gli
disse:
Aff,
che
.
via,
vorrei
darvi
una guardata
l'altro,
Tanto meglio
potreste
venire
replic
il
perch
io vi
non
vi
prometto di
farvi
cervello.
Insomma,
vi vo' fare
strasecolare.
Non
grande ap-
(i)
nesco.
(2)
Testo:
prattiglie , spagn.
piallila.
2 28
GIORNATA QUARTA
l,
mentre
egli la
tendere
le vele;
occhi
dalle mercanzie e
terra, gi
aveva
percorso pi miglia.
Quando
pia all'inverso
perch, se quella
si
si
lament
Ma
dove
la
portava e
la fortuna
il
che l'aspettava, e
lore, la virt,
va-
vuta;
cominci a pregare
veder colorito
il
aveva delineato.
fu intesa dal
all'erta,
padrone
della nave,
il
uomo
mandi
buona!
queste parole
il
si
aggiunse
la
testimonianza di un
il
fischiar di vento; e
mare
di
cavalloni. E, poich le
onde curiose
di
conoscere
fatti altrui,
senz'essere invitate a nozze, salivano sulla nave, chi raccoglieva l'acqua con le conche e la versava in una tinozza, chi
le
dava
lo sfratto
si
e,
poich
chi alla vela, chi alla scotta, lennariello sali sulla gaggia per
(i)
Allusione
ai
Furioso.
IX.
IL
CORVO
229
Ed
maschio: Rucche-ruchai,
che! ; e
la
femmina
rispose:
Che
ti
lamenti?.
il
che, subito
che andr in
glielo porter
mano
o chi
a colui,
gli
caver
occhi; e chi
non
l'avviser, pietra di
marmo
diventer .
;
e la co-
ancora
ti
nuovo?.
il
colombo:
il
C'
la
dell'altro.
Ha
comprato
lo caval-
anche un cavallo, e
cher,
il
fratello,
non
glielo
porter o glie-
l'awiser, pietra di
marmo
campo?
.
diventer.
rucche-rucche!.
la
Oim!
che
altra
altri
rucche-rucche?
e' in
riprese
E
il
a dire
colomba:
cosa
una
bella
moglie
al fratello;
ma,
la
coriche-
da un brutto
di
fini
ma
chi
non
.
gliela
marmo
la
diventer
burrasca e pass
mare e
la
rabbia
al
vento.
la
al
Ma,
dall'altra parte,
pensava a se stesso, e
e,
prima
marmo,
al
perch
Arrivato
il
fratello
sulla
230
GIORNATA QUARTA
e,
ebbe trovato
fu pieno,
giubilo
onde
di contentezza stava
il
per schiac-
ciarlo sotto
fratello
con gran
porti in
piacere, gli
domand:
Che
pugno?. Rispose
lennariello:
si
L'ho comprato
avessi portato
di
per dartelo,
di
Milluccio:
Ben
andarmi a genio;
avresti potuto
e, certo,
mi
un tesoro, non
.
questo falcone
collo al
fratello,
fal-
re
il
che
non disse
parola.
di chi fosse, e, udito ch'era
Vide poi
il
cavallo e
domand
ma, mentre
si
faceva
gambe
al cavallo.
il
Questo secondo
fratello glielo
naso
al re,
minci a bollire
ma non
la
giudic
di risentirsene
sposa
al
non
si
saziava
di
la
mano
signori della
si
di esercitazione
in
ballo, e dato
fondo a un grosso
camera.
banchetto,
lennariello, che
non aveva
si
altro pensiero in
il
capo che
letto
di
salvare
la
vita al fratello,
nascose dietro
nuziale,
IX.
IL
CORVO
231
vigile
alla
quand'ecco, a mezzanotte,
il
vendere
tutta la
semenzina degli
che
s,
cominci a
uno
letto
del re,
il
quale
al
rumore
svegli e
Il
il
dragone
si
dilegu.
la
re,
coltella
in
mano, e
la
colonna
che
il
traditore di
mio
gli
fratello
ve-
aiutanti,
che
dormivano nell'anticamera, e
il
re
fece
legare lennariello e
E
e,
che
il
il
ai creditori del
Consiglio;
fatto,
dal
uccidere,
fu
falcone
il
cavallo, la
sentenza
cuore
che diceva:
il
Tu non mi
ch stimi pi
cognato che
la vita
Tu
con
cosi
triturarmi:
che, se
della
mia
die ordine
che
la giustizia seguisse
suo corso.
intimare
lennariello, che
s'intese
questo decreto,
e,
per
aver
fatto
bene,
si
vide
come
risolversi;
perch, se
non
parlava,
male,
e,
se
par-
232
lava, peggio; trista la
GIORNATA QUARTA
rogna e peggio
la tigna; e,
qualunque
al
cosa avesse
fatto,
lupo.
Se stava
finiva
i
zitto,
perdeva
collo
sotto
un
ferro;
se parlava,
giorni in
una
pietra. In ultimo,
dopo
varie burrasche
il
d'interiori consulte,
tello; e,
si
determin a scoprire
negozio
al fra-
chiarire
fratello
del vero e
finire
la verit
ed essere scac-
mondo
col
marchio
di traditore.
al re
di cosa
lui,
e,
condotto
presenza
di
gli
espose anzitutto, in
gli
aveva
sempre dimostrato;
suti a Luciella per
procurare soddisfazione
al desiderio di lui
come,
marmo,
glielo port,
ma
le
al
tempo
il
non vedere
gambe
il
in-
durirglisi e farglisi di
marmo. E, continuando
vista,
a dire
simile
del cavallo,
tura:
si fece,
alla cin-
tante
il
al fatto del
come una
statua,
in
mezzo a quella
Il
re, sbalordito,
udendo
il
un
fratello cosi
amo-
(i)
Per intendere
la
del
parte
p. 269), al luogo: 1
Certo di sasso
e via.
IX.
IL
CORVO
un anno,
e,
233
ogni volta che
di lacrime.
un fiume
tempo
belli
figli
maschi, che
e,
erano
pi
la
che
si
potessero vedere
al
mondo;
un
giorno che
il
occhi
memoria dell'insensatezza
fiore degli
aveva
fatto
perdere
il
nella sala
zazzera nascondeva
le
spalle
e la
gli disse:
Quanto pagherebbe
Corona
.
fratello
il
re rispose: Tutto
mio regno
Non
di
cosa questa
riprese
si
.
il
vecchio
mio
ricchezza, perch
tratta di vita,
deve
pagare con
Rispose
altrettanta vita
il
re, tratto in
aveva
fatto:
mi conten-
messo dentro
la
si
io .
Senza mettere
il
vita
vostra a questo
cimento
disse
il
vecchio,
il
perch
sangue
un uomo, ba-
sterebbe
dei
bambini
vostri,
che, bagnandone
marmo,
Il
vivo .
si
re disse
a sua volta: I
figli
di questi bambolotti;
fratello,
ne faremo degli
altri;
ma mi
si
ridia
un
del quale
altro pari .
due
agnelletti innocenti
e,
del loro
sangue
re Milluc-
234
ci
GIORNATA QUARTA
riabbracci
dire.
lennariello, e fecero
tra
loro
un giubilo da
non
I
in
seppellirli
re
nascose
fratello,
Che
vivo? .
Lo pagherei
rispose
il
Luciella
figli
con
non
tutto questo
regno
re.
gli
daresti
sangue dei
la
tuoi? ,
domand
il
Coda
testo
no
replic
le
regina,
che
cavarmi con
mie mani
il
Oim
continu
i
re
che,
il
fratello,
ho scannato
figli.
Ed
ecco appunto
lennariello! .
le
mostr
si
figli
tacolo,
die
a gridare
come
pazza:
figli,
figli
miei,
del
sangue mio
Chi ha
fatto
questa macriata
di
(i)
alle finestre
la
del Sole?
medico,
vena
di-
mia? Oim,
figli
miei, speranza
mia
Voi
gati nel
sangue,
io,
zio,
mamma;
perch
io
non
posso tessere pi
gli si
sono
tolti
man-
figli,
figli!
Perch non
il
rispondete alla
mammarella
vostra, che
gi v'infuse
Ma, poich
sventura mia mi
fa
ve-
dere seccata
la
diletti,
non voglio pi
restare
(i)
V. sopra,
p. 32, n.
i.
IX.
IL
CORVO
235
me
ne vengo, sulle
orme
vostre,
figlietti
miei, a ritrovarvi!.
momento
padre suo
in
una nuvola
mi sono vendicato
la figlia di casa, e
di
lennariello,
che venne a
trafu-
garmi
come
dattilo di mare(i), in
una
ho punito
comportamento
vedere due
figli,
una nave,
col farti
ed ho mortificato
re del
suo capriccio
di
donna gravida,
Ma, poich
vi
ma
tuoi figli
che
accetto
offese,
figlio,
perdono a
lennariello
le
avendo
egli
fatto quel
che
ha
fatto
Ci
detto,
vennero
bambini, che
il
nonno non
si
sazi
n'andava
brodo
di
tutti
non mai
gli
uscirono di mente
pericoli
pensando
quanto convenga
ogni
umano
giudizio
falso e storto.
(i)
il
pholas dactilus.
TRATTENIMENTO DECIMO
LA SUPERBIA PUNITA
Il
re di Belpaese, disprezzato
da
Solcolungo,
di
lei
sua moglie.
il
mago
gli spiriti
per
la piet di Luciella,
Ma
e,
nella
cal-
consolarono
tutti,
gli
con
al
la livrea del
(2)
suo racconto,
la
facchino
Chi troppo
vengono
montagne, se
come
di
una donna,
alle stretil
sprezzando
le
corone e
venne
tezze di
infligge,
una
stalla;
quantunque
gli
le rotture di testa,
che
Cielo
portino sempre
empiastri, perch
esso non d
(3).
figlia
ma
(i)
Testo:
Allusione
al
proverbio:
i
Mazze
.
e panelle fanno
figli
belli; panelle
figli
pazzi
X.
LA SUPERBIA PUNITA
da una libbra
237
di superbia.
dramma
povero padre,
il
che riuscisse
lei
di soddisfazione.
tanti principi,
Fra
ci fu
il
re di Belpaese,
cattivarsi
l'amore
di Cinziella.
Ma non
gli
le
buon peso
di servit,
quanto quella
quanto quella
gli
mostrava carestia
volont;
non
il
pover'uomo non
le di-
cesse:
al
Quando, o crudele,
cocomeri
di speranze, che,
coglierli,
mi sono
riusciti
Quando, o cagna
delt, e io potr
spietata,
cesseranno
timone dei
scalate di
desideri
miei sulle
mura
Ma
i
erano
tutte
parole
le
gettate al
pietre,
ma non
orecchi da sentire
gemeva; e anzi
gli
mostrava cattiva
cra,
come
altri
di
un
qualsiasi furfante, si
di disdegno, disse:
ritir
con
le
sue entrate
fuori
(^)
(", e,
con impeto
Mi chiamo
del fuoco
(i)
Per questa
frase,
v.
sopra,
I,
270, n.
i,
(2)
frase, v. sopra, I,
io, n.
238
GIORNATA QUARTA
di vendicarsi di quella
giuramento
che
si
mora
saracina, in
tal
maniera
Partito
da quel paese, e
fattosi
una
mance, procur
in quel giardino
Lavorando
come meglio
ziella
Le damigelle, che
che mand a dire
rispose che
la videro, subito la
al giardiniere
additarono
alla
padrona,
vecchie,
ma
avessero
la-
sciato dormire
una notte
Le damigelle dissero a
Che
ci
perdi, signora,
al giardiniere, .
beccarti
quella
Cinziella, fattasi
(')
uncinare
content,
altri
pesci
che questi,
si
prese
la
roba e
gli die
quel gusto.
La mattina dopo,
della
medesima
fattura; e,
ripetendo Cinziella
la richiesta di
domanda, ne
dormire nell'anticasi
mera
della principessa.
fece
vestito,
accord
al
giardi-
La
focile
terza mattina,
sull'esca dei
prima che
campi,
il
il
il
medesimo luogo un
andava
di
con-
Se non ho
(i)
logi.
X.
LA SUPERBIA PUNITA
.
239
il
quel giubbone,
diniere, e gli
Chiam, dunque,
giar-
necessario,
tu
mio cuore
Il
giardiniere rispose: Io
il
non
lo
vi
do
ti
basta
sala,
camera!
Il
mi tengo
il
giubbone
mio, e voi
fare,
di stringere l'af-
conoscete
si
mi contento
di
e,
dormire per
terra,
negherebbe a un turco;
se vedeste la ca-
parte
tirata
dalle damigelle,
che aiutavano
si lasci
an-
la sera,
quando
la Notte,
come
corsaro, getta l'acqua di concia sulla pelle del Cielo, onde essa
diventa nera,
il
il
giubbone, and
La principessa
sta' cost,
lo spinse in
un angolo e
gli
disse:
Ora
fermo, e non muoverti, per quanto stimi per terra una linea
col
e,
la grazia
mia
e, tirata
carbone, soggiunse:
fatto
attorniare
della
tenda
il
suo
letto,
il
si
coric.
Tosto che
dogli
lato,
i
tempo
e,
di lavorare
la
campi dell'amore,
si
le
si
coric
prima che
svegliasse, colse
le
frutti
era ac-
40
GIORNATA QUARTA
e,
per
rovinare
e,
il
giardiniere,
mandare
si
non
si
un
villan-
vedendosi
al
la
persona, disse
il
giardi-
niere che
conosceva rovinata, se
tra
loro
rimediare
al
pericolo.
al
male
che avevano
fatto
dotta in casa di
quale
le
avrebbe
Cinziella, ridotta
la
della
scoglio in scoglio,
si lasci
persuadere da quelle
si
parole, e,
abbandonando
la
propria casa,
commise
all'ar-
colui
la
e,
pagare
la
passata
adattatala in
una
miserabile,
mandandole
pane con
la balestra.
un giorno
che
le
serve di casa facevano forno, egli disse loro che chiaaiutarle, e nel
massero Cinziella ad
tempo
stesso insinu
ciambelletta
per rimedio
alla
loro fame.
La sventurata
fittando
il
dell'istante, tra
belletta e se la
re, vestito
nascose in tasca.
Ma
in
questo sopravvenne
Chi vi
il
alle ragazze:
ha
X.
LA SUPERBIA PUNITA
241
dato
il
permesso
di
donnicciuola guitta in
le
casa?
Non
vedete
alla faccia,
il
mani
le
in tasca e troverete
il
delitto in
genere. E, frugatala,
il
trovarono
pane
capo
di
buona
giorno dur
la baia e la beffa.
la
re riprese
il
trov scornata e
Ma
egli le disse
la
che non
si
neces-
uomini,
e,
come
...
'1
poverel digiuno
E, se
la
fame caccia
il
altri.
le
la
tele,
bisognava
il
tutto.
frammi-
fasce, berrettini
le vesti.
e dande, trafug
un pannolino e se un
il
mise sotto
Ma,
tornato
il
re e fatto
altro
e trovatole addosso
giurie,
e,
furto,
d' in-
come
se
le
avessero scoperto
un intero bucato;
Anche questa
afflitta
volta
la
il
re
ricomparve
travestito; e,
lasciarsi
vedendola
e disperata,
confort a non
vincere dalla
(i)
Petrarca,
ornai
.
parte
I,
cauz.
XVI:
tempo
G. B. BaSILK, Fentamerone
w.
i6
242
malinconia, che tutte
GIORNATA QUARTA
le
cose del
mondo sono
opinione, e perci
ormai
il
pio-
figlio
forestiera,
alla
ti
venga
che
mani qualche
vendiamo e campiamo
Cinziella,
vita .
eseguendo
di
il
comando
petto un
fatto
il
buon palmo
re, e,
un gran
furto, la scacci
Ma
poi, travestitosi
da giardiniere, scese
mano
la
pungeva, con
di ungerla,
le
portava,
si
compiaceva
La sciagurata
Cinziella,
che
le
era
avendo avuto
il
il
cuore duro
ai
dico,
che
prov
vergogna
inflittale,
si
senti venire
figliuolo,
le
doglie.
fece
salire
dal
la
stato
suo,
la
mise in un
letto tutto
stalla a
una camera
(i) Testo:
miettelo
ncorbona
si
le ofiferle.
X.
LA SUPERBIA PUNITA
letto tanto prezioso, e
243
un
le
gente
premurosa, e
al
le
partorire.
Ma, come
due
bellissimi maschiotti,
che erano
la
pi vaga
cosa che
si
potesse vedere.
partorito,
il
la
che entr
il
re,
il
quale disse:
dove se
n'
andato
gualdrappa all'asino?
ch se ne tolga
il
puzzo
La regina
il
allora disse:
Non
pi,
figlio
Dovresti
non ancora
disprezzo che
mostr
a pagarti
ti
debito
valgano queste
i
due
belle gioie,
la
che essa
dona. E
fece portare
bambini,
ch'erano
Il
mondo.
si
re, al
rire;
e,
abbracciata Cinziella,
le
aveva
modo un
re pari suo,
ma
la
che da ora
E
e
regina, dalle
abbracciandola
come nuora
figlia,
figli
dette,
insieme coi
le
re, cosi
maschi, che
consolazione che
in
tutti
passati affanni:
di tener
poi,
ebbe
in
mente
basse
vele,
ricordando
come
figlia della
superbia
la
rovina.
Venuti a termine
nata,
il
principe, per
di
sofferti,
affinch facessero la
parte
uno
LA VOLPARA
Egloga.
Narduccio
e
(I)
Ciccantuono.
Nard.
Cicc.
Aff, te la darei di
buona
voglia,
Nard.
(i)
La
volpara
si
quell'uncino
le
ripescano
Mi par conita-
veniente serbare
lianizzato.
in
quest'egloga
termine
dialettale,
leggermente
LA VOLPARA
in cattivo
45
momento:
io
avrei sborsati.
Naro.
Una Non
Cicc.
volpara,
oltre
al pi,
che pu valere?
'5
te n'intendi!
due
carlini.
Non
Nard.
Cicc.
sai
che
le
Gi tiravan
le secchie,
il
danaro.
capisco,
Come
Sei un
c'entra
danaro?
Non
20
asino, e perdonami!
al
mondo.
Non
sai
volpara?
25
fondo,
sul
mondo.
Nard.
Mi
fai
strabiliare e stupefare!
Scommetto che
tu vuoi
rara,
35
Cicc.
lapis,
Nard.
ho mangiato
pane
n di
di molti forni
tal
40
246
GIORNATA QUARTA
dunque, o son tondo, o tu mi vuoi burlare.
Cicc.
Apri
che
gli
orecchi e impara
sei
un semplicione.
la
Poche genti
chiamano volpara,
45
mutato
il
nome
non
Il
il
volto, la
maschera
si
mostra.
50
titolo di
il
presente o donativo;
giudice le ha posto
di lieto
nome
gaggio e ammollimento,
d' ungimenti di
la dice lo
mano
o di boccone
scrivano
il
55
diritto, e lo sa
mercante, guadagno,
l'artigiano,
il
faccenda,
60
o ingegno,
bottegaio, industria,
il
mariuol, colpo di
mano
(2),
lo sbirro,
il
toccatiglia (0,
bandito,
composta
il
soldato, riscatto
(3)
lo spione,
la puttana,
il
quel fatto,
65
regalo
ruffiano,
abbusco
o paraguanto
(4);
(i) (2)
Da qualche
I
banditi o briganti
le
componevano
(I,
vano, con
(3)
Come
spiegato di sopra
si
143, n. 5),
si
riscatti, che
(4)
facevano dei
,
biglietti
di alloggiamenti.
!'
Paraguantes
abbusco,
guadagno, da buscar.
LA VOLPARA
il
247
;
percaccio,
il
commissario;
di
corsaro
le
d nome
spoglie,
70
il
che, se non quiete, se invece esso fracasso ed rovina, se con la sua volpara
75
gli
vengono
alle
mani
('),
di Virgilio, d'Orazio e di
le
Nasone
80
(2).
Naro.
Or
mi
piaci.
Cicc.
Tu uomo malizioso, ingegno fino! Tu vuoi dire che tirano d'uncino? Ed uncino e volpara
sei davvero accorto,
85
ed uomo non
che non
la
c' al
mondo
alla cintura,
porti
sempre
90
(i) Testo:
Aratro
(sic! Orazio),
e Avidio (Ovidio), e
).
Masaro
(?)
Nasone
(2)
(forse in luogo di
Marone
Ha leggere
V.
il
Marino
all'Achillini,
che precede
la
Satnpogna:
Ckoce, Saggi
al
Appunto
tirando
al
certe
arpiette dalle
ugna uncinute,
concetti altrui
248
GIORNATA QUARTA
variando qualit con
le
persone.
che conquistava
il
mondo,
95
regni;
a Cicerone,
portava d'argento.
gli altri via via,
100
Cosi
conforme
al lor giudizio
ed
al potere,
come possono,
l'hanno.
105
pone vario
il
nome:
sgombrare ed accimare,
soffiare, strappar via e razzolare,
110
ed andar
via,
cembalo suonare e
il
far priore,
115
scuotere
e menare
borsellino
il
rampino!
Naro.
sola:
giocare a trionfetto,
120
rubare e assassinare.
(i)
Alessandro.
Verrinia
(2)
le
in
nap.
il
Verrine
di Cicerone.
LA VOLPARA
Cicc.
249
Io t'ho gi detto
mondo
al
al
giorno d'oggi
titolo di
suol dare
male
bene;
125
n per
opra
la
volpara,
che
tira e
non
si
vede,
si
sente,
tocca,
non
si
130
e forte aggraffa.
Nard.
il
terzo erede.
in fondo;
135
La gente
si
ricca a
le
fondo cade
vedono
case rovinate,
errabonde, smarrite;
e disse bene quel mastro di scuola:
140
.
Tutto
oggi
lo
i
la
mola
Cicc.
Ed
son
colli
non
piglia,
145
chi
e chi
fa
mai Pasqua.
Nard.
Ma
150
sopra un asino,
come un babbione;
di carta;
(i)
Cio
la
gente pia.
(2) Cavalli ,
moneta
e,
250
condotto al
GIORNATA QUARTA
Mercato
() e vi
marcato;
per non soffrire fame, resta infame; perso ha l'onore per sguazzare un'ora;
per un poco di rame
si
il
155
procurato
un remo;
si
acqua
di
mare;
160
procura
tre legni
(^);
le
penne
gli
diventano pennone
(3).
Che serve
luccicori, tintinni,
e tondini e frittelle,
se,
165
ha contanti?
la volpara,
non
te
ne stacchi
pi,
prurito.
170
ed
agli uffici
di
questo mondo;
Cominciamo,
che ha, sotto
anzitutto,
da colui
175
s, vassalli.
affisa
Ecco: sbircia ed
un contadino,
(4);
che
s'
(i)
Vedi
I,
S7, n. 4.
si
Era come
le
si
la
il
luogo
facevano
vedono disegnati
l'ogna
il
palco e ia forca.
il
legno.
i
Lo stendardo,
85, n. 3.
col
quale
si
accompagnavano
puorce
.
condannati a morte:
vedi
Ij
(4)
li
LA VOLPARA
e or gli chiede in prestanza tanti scudi,
251
di
che piove
180
e fichi
secchi
l'orzo
(>);
domanda
con promesse
di renderlo al raccolto;
or
g'
buoi
185
gl'invii, per
pazienza,
il
o colmer
o
gli
baglivo d'improperi,
190
dar di
mano. Sciagurato!
il
carco
piede di ceppi,
ferro
intomo
alle
al
collo,
I95
le
manette
mani,
posta sul cancello:
Ol, lontano!
con una
scritta
Bando
comandamento!
sei ducati .
Insomma, pu
gridare,
200
liberato,
di strazi e di tormenti
di
spese e di travagli,
fa
non
e,
qualche composta
poi d'un lupo
quando
la
ha
brama vorace
fatta sazia.
(1) (2)
V. sopra Giornata
Nei sensi e coi
I,
nov.
4,
p. 61.
I,
bisticci gi chiariti,
5,
11.
i;
II,
246, n.
2.
252
ha ricevuto,
GIORNATA QUARTA
dicesi, la grazia!
(').
Nard.
Maledetta volpara!
210
svergognata,
la fucina
battuta e temperata!
apprende come
vedi che
il
vitelletto,
capitano e mastrodatti
215
d a nolo
nasconde
le
sentenze,
le scritture,
220
quando
saria
degno
nome
giudizio.
d'uom
Nard.
pratico all'uffizio,
225
e se un
uomo dabbene
come
se ne torna
netto di borsa
netto di coscienza,
ognuno
stia,
dice,
230
si
l'arte sua,
(3),
far proventi!
(i) II Basile,
come
si
pi volte (qui dice: circa dodici ) governatore baronale nei feudi del
casi,
come
questi
che
Chiara allusione
al
nell'uffizio
di
governatore feudale.
(3)
Le
i)atenti di
governatore e capitano.
LA VOLPARA
Cicc.
Il
253
235
medico, se
lunga
il
tristo,
tira alla
male,
che
240
quando
ti
stende
la
mano
e'
di drieto (O.
Nard.
Di
tal
volpara non
da dir male,
eh'
modesta e onorata;
e di premio fatale
il
nome
le
puoi dare:
ti
245
fa cacare!
nella folla
ti
berretto:
d roba
con
stantia,
la colla
il
teletta
250
per accrescere
peso;
tristi fatti
255
mostra
quando
misura,
260
sia
stira
il
drappo perch
mancante.
Nard.
Perci
torce,
il
sdegnato da costor
e per
un
fallo
prdono
la caccia.
(i)
Modo
dignitoso di prendere
il
la
mercede
aver
l'aria di ricevere
pagamento
al pari di qualsiasi
venditore di merci
di lavoro.
254
Cicc.
GIORNATA QUARTA
Ti vende
il
macellaio
265
come
fine castrato,
d'oro brattino e
fiori,
270
perch
ti
ti
faccia gola;
e sempre,
pi che
il
rotolo, la giunta.
ti
difende?
275
Gioca
Nard.
Cicc.
pensarvi,
gonfiano
polmoni!
sembrano baroni.
l'olio
Anche
chi
vende
ha questo
vizio,
versa a colmo,
segno,
il
280
misurino
Mischia sempre
la
semmola con
l'olio,
285
bell'orciuolo;
un
ma
anzi
poi trovi
una
feccia,
la
morchia,
geme, scoreggia,
strazia le budella!
290
Nard.
Non
e'
palmo
di netto,
mondo
Cicc.
Il
corrotto, e
come
sei
mutato?
tavernaio ha
le caraffe scarse,
traffica tutta
e,
notte
295
se trova la botte
in acido
che
ed
in
le fa di
LA VOLPARA
255
Ma, soprattutto,
il
taglia
300
fa dell'aceto
la
misura
trista.
305
Naro.
Povero chi
che
10
ci
capita!
stomaco
sarto,
sacco d'oro!
(2),
Cicc.
11
come
suol, fa la bandiera
310
filo
il
se
appunta l'ago
ti
e ritorna
mercante per
il
il
fatto .
3^5
Ma
e
ti
questo
minor male:
t*
imbroglia,
maledire quell'istante
di vestir galante.
gli
Nard.
Oh
beati,
oh
felici
animali,
320
ed a pendici,
n debbono
Cicc.
soffrir tali
nemici!
Vedi
Se
di
ti
rivenditori alla
Giudecca
viene capriccio
325
vendere qualcosa,
trovi l
una combriccola
(i)
Toscana
(2) (3)
ni
Che vuol
anche
al
.
il
sarto.
256
GIORNATA QUARTA
ben
Se
salda,
vi
che
t'afferra
per
la gola.
compri un
vestito,
si
lo indossi
appena e subito
straccia,
330
da lindo
Ma
Una risma
l'arti
vorrebbe
335
alla volpara;
Nard.
Ordigno maledetto,
veleno dell'onore,
nel qual
sempre
si
vede
ma ognuno
il
se ne serve;
e per
me
son contento
345
fornimento
(i).
Nard.
Meglio se
ti
venisse l'anticore!
in
Se adoperi l'uncino
questo mondo,
fondo!
349
Non
si
nata piacesse pi
capo o
la
gusto
che
il
desse
ai
recitanti
una fodera
di
(i)
Erroneamente nel
testo:
Io
:
Si
me
ne compro una
LA VOLPARA
gi di SUO nonno.
fretta all'altro
257
stato
poich
il
Sole era
ai
chiamato in
cupati dalle
Ombre,
scuno
la
la strada del
medesimo luogo.
G. B. Basile, Penlamerone
11.
GIORNATA QUINTA
Gi
gli
imbrogli e
il
quando
di
principe
al
Taddeo
luogo
recarono
si
buon
mattino
solito,
dove
alla
chiamata
trovarono nove
il
donne.
Domand
ch non vedesse
tra le
intervenute lacova, e
(alla
gli fu
di testa
mand che
si
cercasse un'altra
donna per
E, per
di
Taddeo con
le
aveva,
come per
sentiva.
Essa, con
le altre,
una
ci
fu chi si tess
una
farsa, e chi si
compose un mazzolino
(i)
Testo:
no gramaglietto
spagn.
ramillete.
202
GIORNATA QUINTA
si
una
si
mise un
garofano screziato
Ma, poich
vare
al
ci
arri-
momento
mezzo e maturasse
che
e,
tempo
principe ordin
si
uomo
di
grande
ingegno, questi,
come
Fu
giovamento, e
trattenimenti
veglie
non furono
ritrovati
piacere,
tal
ma
maniera di
si
non solo
si
viene a passare
il
tempo,
ma
il
domanda. Tale
appunto
che sar
Io proporr a qualche
donna
di
subito che
non
le
piace, e
la
le
fuori di
al
giuoco, io vor-
rei
giuocarmi con
(I).
la
fetto
Non
voglio
giocarvi, perch
non
sono ladra!
(i)
Questi e
non
dan luogo
loro nomi.
INTRODUZIONE
263
chi
Bravo!
disse
Taddeo,
che
ruba
assassina,
quello trionfa .
Se cosi
replic
ci
Cola lacovo,
la
ho
un quarto e mezzo
signora Cecca a
banco
fallito.
Non mi
cogli
rispose
Cecca,
che non
sono mer-
cante .
Ha
ragione
fatto que-
sto giuoco .
Cola lacovo,
pas-
al
malcontento
Meneca.
Ha
infisso
il
chiodo
disse Taddeo,
buona voglia
lacovo
.
la
di gente
non
fu
mai
di
Io so
riprese Cola
me
sei
che
ai
Il
pubbliche
quattro montoni.
Tolla,
>.
Cielo
me
ne
scampi esclam
che
cotesto
hanno
cattive
mogli
giuoco
fatto
per loro,
quali
come montoni
replic
vi
Cola lacovo,
gio-
do
la
mano.
non
.
detto
da adulatori
Ha
parlato da Orlando
vita vostra,
gabella
204
L'hai trovato!
tratti
GIORNATA QUINTA
da femmina mercenaria
di
Non
dice male
si
femmine
Diamine
cio
continu
Cola lacovo:
ci
io
comin-
a credere che
la
l'ora
prenderemo
misura
spasso, se
di lupini a
me una
chiamare.
rispose Giulia.
detto davvero magnifica-
mente, perch
alla corte .
torn
picchetto
sono mor-
moratore
di corte
principe,
che
non
Senz'altro
tella si
la
signora
Giommemastro
carrettuso.
giuoco
di
Mai pi
rispose
Ciommetella:
.
bel
di scuola
mi hai trovato!
la
pena
disse Cola
lacovo,
.
peril
la
i
Va',
principe,
fatti
restituire
maestro!
giudic
i
che
la risposta incastra
a perfezione, perch
pe-
la
partita
('>.
(i)
INTRODUZIONE
265
Ma
Cola lacovo,
Non posso
come
sbraa
signora Zoza
(')
voglia ricusare,
(2)
l'invito di giocare
con
me
un cianfrone
care
Bada a
.
te
rispose
Zoza,
che
la
questo
giuoco da
bambini
Costei
si,
penitenza
i
concluse Tadvecchi
;
deo,
perch a
si
e perci,
pena
^3).
Zoza
pessa, la poletana.
quale
Ed
essa, chiesto
un tamburello, mentre
cant:
il
cocchiere
del principe
suonava
la chitarra,
(i)
Testo:
lacova, per
isvista. lacova,
com'
detto in principio,
valse
un ducato e
.
poi
fu
ragguagliata
clianflon
Dunlop, Geschiil
chte
der Prosadichlungen,
alla
duzione
Basile avesse
letto e imitato
il
IV
si
del Panlagruel, che quello che narra degli abitanti dell'isola Ennaisin e
delle loro
buon
volere,
non
qui
il
Basile
il
non
fa se
non mettere
,
in azione
un giuoco
il
assai
<
comune,
quello che
spropositi
Lippi {Malniantile
II, 47)
menziona come
giuoco degli
Altri pi l vedevansi
confondere
spropositi
,
gli
che quei, ch'esce di tema nel rispondere, convien che '1 pegno subilo depositi
Intorno
al quale, si
vedano
le
detto poema.
66
GIORNATA QUINTA
Si te credisse
dreme
martiello,
e ch'aggia
filatiello,
ca
fai la
granne e ncriccame
lo naso,
Marzo
te
n'ha raso!
frezza o
sciamma:
spilata Patria,
mo non
ng' chi
mamma.
li
gattille,
grille;
faie niente
speranza a sse
scesa,
bellizze,
va' c'haie
na
Raggio puosto
n chi
mola de
lo sinno,
me movo
a zinno,
chi, ca
non ng'
taglio!
(i).
Fini a
tempo
la
canzone e
il
gusto
di tutti,
quando
si
appa-
retxhiarono
le tavole,
dove
ci fu
lo
stomaco
sigillato e
furono tolte
il
le
die
comando
racconti; la
quale, sebbene
un po'
brilla,
che aveva
fatto la lingua
il
grossa grossa e
come
.segue.
(i)
Questa
villanella
un contesto
;
di
modi
un
tre-
sente
che
io
ne abbia
more
interiore ; V. 3, arricci
,
infili; v. 14,
il
naso;
,
v. 7
sciamma, fiamma;
le altre frasi, v.
v. 12,
mpizzi
a zinno
a cenno. Per
pp. 13,
227, 272.
TRATTENIMENTO PRIMO
L'OCA
Lilla e Lolla
il
al
comprano al mercato un'oca, che evacua denari la quale domandata loro in prestito da una comare, che, sperimentando contrario, l'ammazza e la gitta da una finestra. Ma l'oca si attacca deretano di un principe, mentre costui soddisfaceva a un bisogno,
;
e nessuno ne
se la
la
pu
non
vi riesce Lolla,
ed
egli
Gran sentenza
di
grand'uomo dabbene
il
quella
che
il
l'ar-
votacessi
il
il
votacessi,
il
musico
(');
musico,
il
vicino
il
vicino, e
poveretto
pezzente
per-
ch non c' buco nella fabbrica del mondo dove non tessa
la
sua
tela
il
il
quale non
si
pasce
d'altro
sulla
nuda
terra
sputacchiavano
vita,
non c'era
spingesse fuori
il
per questo
nel rimunerare
bene com'
male, mise
(i)
si
il
mendico
giostra
al
mendico,
(trad.
il
fabbro
al
fabbro,
emulo
Pagnini).
(2) Trasl.
268
in
GIORNATA QUINTA
di
andare
al
mercato a ven-
comprarsi un'oca.
Portata l'oca a casa, esse le posero tanto amore, che la
Ma spunta l'alba
('),
buon giorno:
modo
e
che, a
fu tale quelsi
la testa
vide loro
pelo.
insieme a
far
mare Vasta,
Lilla
con
si
Lolla,
che
l'altrieri
sono
ripulite
cosi
da signore
Le
loro finestre
ti
danno
Che cosa pu
essere?
mano
ci
o hanno tro-
vato
resto come una mummia rispose Io tesoro vedo prima morivano di fame, ora laddove perch, Perna,
. le
mi pare un sogno
Queste e
altre
cose
far la spia e
qualche pasto
loro
il
curiosit;
e tanto
la
ferula
feria
dei
alle
raggi
Ore
del giorno, videro Lilla e Lolla che, steso per terra un len-
di scudi.
(i)
I,
77,
n.
i.
I.
l'oca
al
269
tempo
il
alla mattina,
verga d'oro
scongiuro all'Ombra
far visita
dopo
le
venne
al
quatenus, e
preg
di prestarle per
alla
prendere amore
aveva comprate.
non sapecomare,
presto.
vano
dir di no, e
in sospetto la
gliela prestarono,
che
la
riportasse al pi
La comare chiam
un lenzuolo per
di
altre,
invece
ricci,
biancheria
di
quelle
tutto
il
donne a scudi
quartieie,
come
domenica quello
pignatte
voglie loro; e
prima
si
aveva
gnate
stra
le
comari,
le torsero
il
in
un
vicoletto
cieco,
dove
ammucchiavano
le
im-
mondizie.
Volle
la sorte,
la quale,
quando meno
te
l'aspetti,
figlio
fa
na-
del re,
proprio
li
presso, essendoglisi
il
som-
mosso
vitore,
il
cavallo a un seril
ed
deporre
soverchio
270
GIORNATA QUINTA
non trovandosi
nella
di
ammazzala
ne servi all'uopo
(').
Ma
alle
e,
l'oca,
accorsi
servitori
non
di
fu possibile,
perch
vi si era attaccata
penne e un Ermafrodito
di pelo.
Il
principe,
resistere al dolore e
tori, si fece
i
vedendo
al
trasportare
palazzo reale.
furono chiamati
tutti
essi tutte le
allo strano
accidente,
Ma
non
si
gettare
di
riuscisse a
quel
fastidio
era
uomo,
avrebbe dato
met
qui vedesti
la
gente correre in
folla
mettere
il
naso in
rimedi, pi l'oca
stringeva e attanagliava
si
il
misero principe:
rimedi di Meso
(>
contro
Posteriori
(3)
sventurato.
(i)
altres
il
Liebrecht
si
(1.
e.)
a pensare al
Rabelais, Garganlua,
si
dissertato in proposito,
conclude:
qu'
lui
il
n'y a
tei
pourvu qu'on
Ma
riscontro an-
I,
194, n.
i.
(3) Gli
Analytica posteriora.
I.
l'oca.
271
Tra
tanti e tanti,
pi giovane
la
delle
due
sorelle,
la
l'oca,
conobbe e grid:
Intrufo-
grembo a
principe, che
donde
inganno della
comare,
e
si
per
la
in
Cosi rimasero
la pi
impedimento
spesso giovamento.
TRATTENIMENTO SECONDO
I
MESI
fratello
danne,
eh' ricco,
l'altro,
si fa
straricco;
laddove
medesima
sorte, l'ha
cosi contraria,
che
non pu
liberarsi
La
risata,
al
al
racconto dell'accidente
accaduto
non avesse
;
fatto
segno
di essere in
ordine a effondere
alle
il
racconto suo
onde, posto
un sequestro
bocche
di tutti,
lingue
un motto da scrivere a
lettere di catafalco,
che mai
lo
danno ad alcuno.
dir bene, e
Ma
certi
mormoratori,
le cui
fatto loro,
perch,
al
il
si
visto e
il
si
laddove
utile,
dir
dagna
modo
mi darete un
quintale di ragione.
fratelli
carnali,
nemmeno
di forsi
sarebbe
il
poe
la
patria e
si
die a viaggiare
il
mondo;
II,
MKSI
273
tanto
cammin, che una sera giunse, con pessimo tempo, a una dove trov dodici giovani, seduti attorno
al
taverna,
fuoco.
inti-
freddo,
si
per
la
stagione forte e
si
tato
l'invito,
si
scaldava, gli fu
tutto corrucciato,
domandato da uno
che stava
sbigottire:
Che
te
ne sembra, pae-
rispose Lise. Mi
il
pare che
debito loro;
ma
la
noi,
vorremmo dar
nostro,
utile
legge
modo
fondo se poi
sia
bene o male,
vorremmo
solleone, nel
mese d'agosto,
si
perdereb-
bero,
raccolti si dissiperebbero,
corpi
si
magagnerebbero
fare
e la natura andrebbe a
al
gambe
il
all'aria.
Lasciamo, dunque,
Cielo
il
corso suo,
da Sansone
mi puoi
troppo
sia
molestie* proprio,
ci
fa
venire in uggia
la
vita! .
di
Tu
Lise,
dici
male
di
Marzo
replic
ma non
parli gi dell'utile
che
ci
d principio,
delle rose; e,
generazione
il
non
foss'altro, esso
causa che
Sole provi
iS
G. B. Basilu, Petilamerone
11.
74
GIORNATA QUINTA
tempo presente
col farlo entrare nella casa del
la felicit del
Montone
^^h
delle parole di Lise, perin persona,
mese
di
Marzo
in
che con
gli
undici
fratelli
la
era
di
capitato
quella
taverna.
E, per
rimunerare
di
bont
un mese
neanche
pastori lo vogliono
mento-
sempre che
ti
davanti .
Lise,
e,
con parole
di
come
cuscino,
si
mise
venne a
ritoccar di chiaro le
il
ombre
cammino. E, a
cinquanta passi
Oh
potrei avere
una
in
lettiga
foderata
di
fuoco dentro,
questa neve? .
modo da andar
di dire,
lettiga
menar
le
la
cassettina e disse:
il
bene dal
Cielo, e tale fu
re di corona.
banchetto che
sera, giunto a
un bosco,
il
(''
al
(i) (2)
tene che
facevano fare
alle
navi sospette.
II.
MESI
('),
275
apri la cassettina
fa
luogo, dove
il
il
fiume
contrappunti
accompagnare
tela incerata,
con materasse
piume, coperta
di
Spagna e lenzuola
finissime; e,
doman-
fu
un principe,
di vivande,
Dopo
il
gallo,
padrone che
il
le
Ombre erano
di
momento
dar loro,
la
un
mi deve
fatto,
vedere mio
gli fu
fratello e avrei
gusto di
gola
Detto
con
di fiori.
E,
cosi vestito,
si
mise nella
Cianne,
tanti
al
ed
esso
verna, e del
il
dono che
gli
avevano
fatto;
ma
non vide
l'ora
di
congedarsi dal
fratello,
mise per
le
medesima taverna
e vi trov
prese a chiacchierare.
276
GIORNATA QUINTA
alla
Ma
gli fece,
cio che cosa gli paresse del mese, che correva, di Marzo,
cominci a
dire:
Oh
nemico degli
intorbidamento
che, volendo
mese
si
tale,
ha
distrutto
dice: Va', che Marzo mese che, quando vuoi dare ad alcuno magil
Marzo
mese,
mondo, ventura
della terra,
(^^
cancellata la piazza
nella
fratelli! .
si
mese
di
Marzo, che
al
mattino
il
proposito di ricacciarfu
gola
il
bel discorso; e,
quando Cianne
per partire,
ti
gli
consegn una
Sempre che
di':
Scuriata,
dammene
di sprone,
giunco.
Cianne ringrazi
appena
i
arrivato, chiusosi in
una camera
.segreta
per conservare
a questa: Scuriata,
dammene
cento!
la scuriata,
se
non
gliene die cento, di' che torni pel resto, facendogli contrap-
sulle
gambe
e sulla
faccia,
maniera che
ai
sbizzarriva
come
cavallo
(i)
Perch
malati di
sifilide,
sofferenze.
(2)
Il
II.
MESI
gli
277
fosse accaduto,
e,
Domand
tarsi d'altri
di se stesso,
che
si
era procurato
proprio
come
le
il
le
orec-
ma
aveva aperto
il
magazzino
bene
di
quel
giovane,
che
il
dir
si
quella che
il
Cielo
gli
di avari, e
Cielo tesoriere;
per
la
crudelt che
gli
aveva dimostrata
al
tempo
delle sue
proponeva
di
riconoscere
questo giovamento.
Udite
tali
cose, Cianne
gli
chiese
passati, e, fatta
una lega
di botteghe, si
goderono insieme
!a
buona
fortuna;
la
ma pu rompere
dosso
(O.
(i)
isvista,
ripete
si
chiude
il
trattenimento
TRATTENIMENTO TERZO
*
FINTO SMALTO
ma
poi s'impasta
glielo ruba,
un marito con
a casa.
le
mani pro-
una regina
dopo
con grand'arte e se
lo riporta
tutti,
al
cavalletto
(')
per
cosi
avevano
gli
orecchi
tesi,
Fu sempre
pi
difficile
ma,
nell'altro,
ci
vuol
senno; onde
salire
si
il
vede per
bene,
lo pi
dov'
ma
d'ingegno, rotolare
siete
gi:
come
dir, se
persone che
unica
le
corde di questo
liuto, le
trovava cento
come
ban-
la
coda;
il
come
territorio
(i)
(2)
Forcella su cui
si
appoggiava l'archibugio o
altra
arma da
fuoco.
III.
FINTO SMALTO
tribunale suo,
279
al
sempre vacanza
il
alle
sempre
pi
feste di corte al
padre ne
stava
il
afflitto
e disperato del
mondo.
fiera,
Una
volta che
si
si
recava a una
la
figlia)
domand
a Betta
(')
(che cosi
chiamava
gli
portasse
al
Tata mio,
se
mi vuoi
mandorle ambrosine
di
(2),
con quattro o
di
sei fiaschi di
acqua
odorosa e un po'
muschio e
zaffiri,
un mucchiettino
e,
filato;
.
soprattutto,
una madia e
un raschiatoio d'argento
Il
padre
si
and
alla fiera e,
al
ritorno,
le
gli
un
gli
bellis-
simo giovane,
di zaffiro,
i
al
quale fece
occhi
denti di perle, le
labbra di rubino, e
gli dette la
non
gli
mancava
altro
che
parola.
Ci
fatto,
avendo udito
la
la
fiato,
uscirono
membra,
si
mosse a camminare.
(i)
Anche
in
questa fiaba
.
la
nome
di
Betta
ora di
lacovella
(2) Si
(3)
chiamava
cosi
una
fini.
Pigmalione.
28o
Betta,
GIORNATA QUINTA
con allegrezza maggiore che se avesse guadagnato
e,
men
sem-
padre,
al
maritata;
il
mi ho
scelto lo
sposo secondo
mio
cuore
Il
figlia
quel
non aveva
mirando
si
sarebbe potuto
(>,
content che
si
celebrasse
il
matrimonio.
i
tanti
che interven-
nome che
gli
mondo, non
aveva detto
che
si
la
sposa,
accompagn
nel
fare
lo
forestieri
accommiatavano,
medesimo con
mano,
con-
cavalli,
che aveva
di
dove
il
semplice di Finto
gli
un
tratto,
mand
gi
al
cortile a
vedere se
trattenesse in conversa-
zione con qualcuno; fece salire sul battuto della casa, se per
(i)
Come
fenomeni o mostri
della natura
nelle
baracclie
delle fiere.
III.
FINTO SMALTO
zSl
il
primo tributo
in alcun luogo,
subito
bato.
poich, gettati
si
soliti
bandi,
a rivelarlo,
vestita da mendicante.
Messasi a questo
giunse
alla
modo
in
casa
e,
di
ospit
con
grande amore;
vedendo
le
inoltre
insegn tre
La prima
fu:
Tricche-varlacche,
che
la
casa piove;
la terza:
(');
Ta-
cemmino
le
e aggiunse
che, in
momento
di
gran bisogno,
recitasse e ne
cave-
di
un
tal
regalo
ti
di
sputa in gola,
non
vuol
si
cammino.
bella
citt
Dopo lungo
amor
del Cielo
viaggio, giunse
difilato al
una
chiamata
Monterotondo e and
un po'
di ricovero
una
stalla
per essere
(i)
Per
le
di giuochi
I,
bambineschi, vedi
4,
178, n.
si
179,
n.
i.
Quanto
alla
avverta che
tric-
caballacco
di legno, di origine
( talabalacchi
moresca,
so-
e timpani
III,
3).
2 82
GIORNATA QUINTA
cameretta in
colsero in una
mezzo
alle scale;
e,
stando in
ne prov
che
fu sul
punto
di
scivolar gi dal-
pronunzi:
si
Tricche-varlacche,
che
la
casa piove!.
subito
costellato di
se stesso per la
camera
Le damigelle, che
lo videro,
ne parlarono
alla
regina, la
ammirato
che
le
il
magnifico gioiello,
le
gusto
il
car-
po-
un
capriccio,
buon boccone,
e mal pagata.
notte,
quando escono a
far
mo-
dato
il
il
materasso,
si
passati affanni,
lei
non
per
lui
aveva
fatto;
gli
non
apri
mai
III.
FINTO SMALTO
283
'^
prese per
.
il
mano
tempo
Finto
Smalto,
rispose
cattiva che
tra s Betta,
perch
cosi
me
pizza fontnola! .
un
Accadde come
la
prima volta:
le
domanda ed ebbe
la stessa richiesta;
la facilona e
si
il
sempliciona,
la
promise
di farla
port via
gabbia
con
l'uccello.
E, venuta
dette
solito soporifero a
Finto Smalto e lo
mand
fatto
dormire con
armare un bel
letto.
la
poverina,
fare lo stesso
a piet
una
selce,
gemendo
e piangendo e strappandosi
e,
capelli,
pass un'al-
tra notte
la
piena di tormenti;
il
regina a prendersi
si
e gelata, che
mordeva
mani per
la
la se-
conda volta
le
era stata
fatta.
fichi
un giardino
ciabattino,
si
avvicin
Betta
un
alla
camera
di
(i)
Testo:
l'acqua da spartire
284
GIORNATA QUINTA
non aveva perduto una parola
riferi
di
di
punto in punto
il
piagni-
repetio e la
ci,
il
Udendo
re,
bevanda che
gli
fa-
ceva porgere
regina.
'ngongole e cemmino!
di seta e
la
e le uscirono
una quantit
(')
di
panni
d'oro, che
galanteria.
Le videro
le
damigelle e ne avvisarono
le altre cose, e
la
padrona,
ri-
che
tratt di averle
come
alla
rinterzata
Che cosa
ci
prese
le ric(2)
Notte comparve
per
sonno e
il
Ma
era
vescica, lo rigett.
fianco,
E, postosi a
la
letto.
Betta,
che
gli
prese a ripetere
le
sua canzone,
di
dicendo come
di
la
l'aveva,
con
mandorle e
gli
zucchero,
come
gli
aveva
capelli
d'oro e
occhi e
bocca
di
come
le
era debitore
le
della vita
come
(i)
ma
sar errore di
Testo aggiunge:
de sero
stampa,
ma
.
come
de sera
III.
FINTO SMALTO
285
mondo
e dato
lui
con
tanti stenti,
che
il
e di pi
due
notti
con
lui
una
parola soia; talch questa era l'ultima notte delle speranze sue
e l'ultimo termine della sua vita.
Finto
si
ricord
come
sogno
di quello
e consol Betta
la
come meglio
il
seppe. E, poich
ballo delle Stelle,
Notte, con
lev pian
gioie e
per
rifarsi
dei
danni passati;
tornato
alla
moglie, se
ne
partirono in quel
momento
stesso, e tanto
camminarono che
si
riposarono in un
un
bel
ma-
rivedere
la figlia,
divent
come un
il
marito n
mendicante n
le
ma non manc
taluno che
le disse:
si
dolga se
gabbato.
TRATTENIMENTO QUARTO
IL
CEPPO D'ORO
Parmetella,
figlia di
un povero
villano, incontra
fa fuggir di
Ci fu
pi d'uno tra
della
gli
ascoltatori
un
dito
mano
di
farsi
e particolar-
mente
principe,
di
il
quale volentieri
si
co una pasta
gli
che
non aspett
cosi:
La
dagli
altri,
sbaglia le
faccia:
come accadde
alla figlia di
un
or-
tolano nel
modo che
vi racconter.
il
procurava
sue tre
il
('),
compr
figlie
(i)
Testo:
non poteva
scire
es-
IV.
IL
CEPPO d'oro
si
287
parte
femmine,
affinch,
allevandole,
mettessero da
un
po' di doticciuola.
le
loro
due
in
un
bel prato;
ma non
Ed
si
vollero che la pi
con
essa
men
il
suo
ombre
un
fortificavano contro
quando
fu in
prato, in
mezzo
al
quale
un
bell'albero
la
con
foglie d'oro.
fronda e
port
vend per pi
qualche buco;
di venti ducati,
e,
avendo domandato
dove l'avesse
non
cer-
la
fortuna tua .
e fece la
al
medesimo luogo
mede-
non
si
le
mani
e perci,
riil
piede dell'albero,
e,
levato
come meglio
di
pot
il
ceppo,
le
ap-
porfido.
e,
come
non
mobile in quello
stabile,
288
entr
in
GIORNATA QUINTA
una
sala,
nella
quale
si
l'ignoranza di un
uomo
i
stimato
torti
ven-
mensa apparecchiata.
dalla fame,
e
sentiva
mancare
tavola,
non vedendo
alcuno,
si
sedette a quella
cominci a godersela
ecco entrare
come un
conte.
Ma,
uno schiavo
tirti
di bell'aspetto,
che
le disse:
di qui,
che
del
ti
la
pi
felice
donna
di
mondo
Trem
animo e
fu subito
si
con
l'ali
di
porle
l'aria
perch
prendesse spasso; e
frotta di
scimmie
a
d'oro, che
subito,
abbigliandola da capo
una regina.
Venuta
la notte,
quando
il
lume, Io
schiavo
in
le
disse:
letto;
fare la
nanna, coricati
le
questo
la
ma appena
ti
sarai
ficcata tra
lenzuola,
ti
spegni
dico, se
il
filato .
mise a dormire;
ma
in
aveva appena
moro, convertitosi
un bellissimo
giovine,
le si
ma,
alle
che
la
cosa
si
riduceva a guerra
ferma
IV.
IL
CEPPO d'oro
289
botte. E,
confortare
letto e
vecchierello
amante suo,
la
lo
torn a riprendere
La seconda
notte,
come
il
la
venne a coricare a
lato
bel
giovine;
il
quale,
quando
fu stanco di giocherellare, si
pose
a dormire.
Ed
mano
apparecchiato,
coperta, e vide
il
carbone
vergine.
mentre,
bocca
aperta,
mirava queste
il
bel giovane
si
Oim,
altri
maledetta
il
per
te,
rompiti
il
collo,
che tu
fortuna tua.
vivo.
come argento
Fredda e
e,
gelata,
pervele
nuta che
disse:
fu
una
fata, la
quale
figlia
la disgrazia
tua!
Tu
vai al
al
tuo peri-
(i)
sirat , gettato
un capello e pi
le
del
filo
di
una
credenze maomettane.
G. B. liAblLK, PtiUxxmatiine
li.
290
GIORNATA QUINTA
cammina
consume-
non
si
al
filare dall'alto in
e,
ravvolto intorno
di morti;
allora, sai
quando
il
e mettici
il
fico.
ti
il
dolce, diranno: A chi Quelle, tirandolo in alto e sentendo sua venturuzza; ha addolcito la mia boccuzza, sia addolcita e, dopo queste parole, l'una appresso dell'altra dir: O tu, che mi hai portato queste cose dolci, lasciati vedere; e tu risponderai: Non voglio, che mi mangi e quelle diranno: Non mangio, se Dio mi guardi mestolo; e tu piedi e sta dura; ed esse continueranno: Non punta mangio, se Dio mi guardi lo spiede; e tu salda, come se barba. Ed esse replicheranno: Io non facessi far mangio, se Dio mi guardi la granata; e tu non creder loro mangio, se Cielo mi guardi nulla. E se dicessero: Non bocca e non bisbigliare, perch pitale; e tu chiudi In ultimo diranno: Se Dio mi farebbero evacuar mangio; e allora va' su e guardi Tuoni-e-lampi, non
la
;
ti
il
ti
la
ti
ti
il
la
ti
la vita.
ti
sta'
ti
faranno male.
Avuta questa
per
valli
camminare,
a sette anni
femmine che
aveva consiin ultimo
sali.
gUato
la fata,
il
ottenne
giuramento di Tuoni-e-lanipi,
quelle sette
mostr e
Ma,
non appena
tutte
insieme
IV.
IL
CEPPO d'oro
291
gridarono;
Ah, cagna
traditora!
Tu
sei la
forma
parci
di
il
uno schiavo.
ci
Ma non
hai
il
giuramento
messo un sequestro
nuovo ed
il
quando viene
madre
nostra,
e afferrale
e tira quanto
non
farti
male
Anche questo
e
colei,
fu
paletta del
fuoco,
per
la
pergoletta, per
liera,
per l'aspo,
per
la
rastrel-
andare
poppe e
si
La quale
le disse:
Me
l'hai fatta!
ti
Ma
pioggia
E, cercando coi
un
in-
di
lenticchie,
fagioli,
legumi e
dall'altra:
nettali
in
stia
separata
cosa non
fatta,
io
mi
t'in-
ghiotto
di tre calli! .
La povera Parmetella,
Mamma
bella,
oh quanto mi
la
inceppato dentro
il
(i)
Testo:
i
paggesa
si
ap-
piccano
(2)
panni per
I,
batterli e
che
toscani
chiamano servitore.
V. sopra,
107, n. 2.
2g2
GIORNATA QUINTA
af-
diventato strofinacciolo
Oim, sono
di
distrutta,
sono an-
data,
momento
mi
in
momento
Non
c' chi mi
non
c' chi
mi
consigli,
non
c' chi
consoli! .
l'esilio della
maledizione che
tella,
fare
disse:
piangi? .
dre, e
sela.
il
Ed
essa
gli
raccont
malo trattamento
di sventrarla e
fa'
della
ma-
fine
mangiar-
Tuoni-e-lampi
rispose: Levali,
e, al
tempo
stesso,
spargendo
legumi
li
ne
riempi
sacchi.
stata
mi ha reso questo
Ma
tu
mi pagherai
lo scapito!
e
ti
fa'
di
piume;
scanner
ri-
tora,
le
al
disse
non
piangere:
lascia
fare
me, che
i
conduco
stendi a terra
gusci
di materassi, e
il
Re
IV.
IL
CEPPO d'oro
d'uccelli,
293
Partnetella
fece
i
cosi;
quali,
ed ecco un nugolo
battendo
le
ali,
che
oscurava
ciuffo
l'aria,
facevano cadere a
a ciuffo"^
i
le
un'ora,
fatto,
si
rabbia
che
crepava
pei
fianchi.
Tuoni-e-lampi
grid mi
di
ha preso a seccare!
la
Ma
ch'io
sia trascinata a
coda
scimmia se non
.
colgo a un passo,
E disse a
e
dille
che mi mandi
per
la
mand ad
venendo
Parmetella, che
rallegr
bonirsi.
tutta,
si
si
credendo che
tempo
i
storti
giudizi
per istrada
Tuoni e-lampi,
questi,
vedendola
povera
te!
di
buon
passo, l'arrest:
vai al
Dove
sei avviata,
i
Non
vedi che
il
macello e
ti
fabbrichi da te
coltello, tu stessa
stemperi
il
veleno? che
mandata
all'orca
sorella perch
ti
mangi.
Ma
quando
mia
troverai
che
gola;
dopo
che
tagli
questo fieno e
metterai
le
(i)
Testo:
editori:
294
GIORNATA QUINTA
sempre
sbatte,
tu
puntellala
con
le toglierai la furia.
Poi
in braccio,
ti
la
quale ha gi acceso
forno
ed essa
la
dir:
che
va
vado su a prendere
ad
la
affilarsi
musica;
le
porta e svigna,
l'orca;
Ma
av-
Fece Parmetella
morato;
quanto
aperse
le la
ma,
al
ritorno,
e subito vedesti
non trovandola,
Schiaccia
la
s'af-
porta:
tradi-
ma
la
porta rispose:
Non
turata,
la
che mi ha puntellata
; e
il
grid
cavallo: Calpesta
malandrina!
cavallo rispose:
Non
voglio calpestarla,
perch
il
m'ha
dato
il
fieno a rosicchiare.
il
E
.
chiam,
infine,
cane:
Mordi
la vigliacca! , e
il
strumenti,
quando
fece
un gran rimbrotto:
O
E
Non
trovi?.
chiam a
di
musica e torn a
serrarli
mamma.
(i)
Istrumento rusticano da
fiato.
IV.
IL
CEPPO d'oro
esclam a gran voce:
295
Questa, quando
crudele!
luto
la vide,
Oh
la
sorte
Anche mia
sorella
mi
contraria, che
non ha vosposa
. Intanto,
sopraggiunse
tutta
impalata,
e
le
frasconi
die
pareva
La suocera
un gran banchetto;
poich but-
tava
fiele,
fece apparecchiare la
figlie,
intorno le sette
metella con due torce, seduta sull'orlo, con disegno che, ve-
il
Ora mentre
piatti
andavano e venivano e
sangue comin-
traditora,
mi vuoi bene?
Ed
essa rispose:
Fin su
al
comignolo!.
quegli
essa:
replic:
Se
la
mi vuoi bene,
dammi un bacio. Ed
con salute e
vede che
fai
Dio me
Dio
te
.
ne scansi, lontano
sia!
mantenga
la
di qui a cent'anni,
<-<
maschi!
sposa intervenne:
Ben
si
sei
una sciagurata,
la
schifiltosa a baciare
lasciai ba-
un giovane
ciare sulle
due castagne, mi
<')
due guance a
pizzicotti
da un pecoraio!. Lo
e
gonfi
come
rospo e
il
mangiare
di
far
poi
conti
Levate
la
le tavole,
mand
via la
mamma
e le sorelle, ed esso,
(1)
>,
che
in
Toscana
si
dice baciare
al!a
francese
296
care; e,
GIORNATA QUINTA
mentre
egli si faceva scalzare
da Parmetella, disse
ritrosa
la
alla
come questa
mi ha ne-
gato un bacio?.
rarsi
Ha
avuto torto
replic
sposa
a
io
ti-
indietro,
per
due castagne mi
baciare da un guardapecore
Non
sdegno e tuoni
mostarda
e,
al
naso, mise
mano
un
coltello e
scann
poi,
la
sposa,
cantina, la sotterr; e
abbracciata Parmetella,
il
disse:
Tu
fiore delle
donne,
lo
specchio
!a
dammi
mano, appressami
esser tuo finch
il
la
bocca, stringiti
sar
al
mondo
mondo.
il
Cosi
si
i
Sole lev
a
li
cacci
quando, venuta
l'orca
con
le
chi
si
come
la
Corse allora
levarsi
modo
figlio
di
vi
quel
il
s'opponesse;
ma
figlia aril
talch
puzzo
di bruciaticcio
ammorbava
vicinato.
La sua
dispera-
Tuoni-
motto che
chi la dura la vince.
TRATTENIMENTO QUINTO
Talia,
un
che
vi capita,
genera due
figli.
Vengono
i
mani da
comanda che
figli
il
mangiare
al
Ma
cuoco salva
figli
e Talia
fuoco apparecchiato
per quella.
Il
di compassione;
ma
le
fu
causa invece
di
compiacimento,
ral-
legrandosi
di
tutti
che
cose di
come
si
essa,
cosi disse:
da
che chi
gli
torni in faccia.
il
rovescio di questa
fico, sul
quale
si
spezza
che,
si
lascia
la
di
malignit, per
modo
quando un pover'uomo
vede risuscitare
in carne e ossa:
come
udirete
nel
racconto
che
memoria,
(i)
nella
anche nella ristampa del 1644, pel Cavallo; ma, poich si trova nelle edizioni posteriori, o deriva da qualche stampa intermedia riveduta
trano, e
298
GIORNATA QUINTA
il
una
figlia,
a cui die
nome
sapienti
la
ventura.
una
lisca di lino.
il
re proib
lino
o canapa o
altra
roba
si-
alla finestra,
vide
mano
la
rocca, cominci
stendere
il
filo.
Ma, per
di-
sgrazia,
una
cadde a terra
per
le scale;
e lo
di velluto, sotto
un baldac-
porte,
l)er tutto
memoria
la
sciagura sofferta.
a un re, che
credendo che
la
casa fosse
il
abitata.
re,
domandala una
la
da vendem-
com' pi
posteriori
morale introduttiva.
V. SOLE,
LUNA E TALIA
299
ci
non trovando
alla
in
e,
in
ultimo, giunse
re,
la
ritor-
nando quella
e, intanto,
port di peso
e,
si
sopra un
letto
e ne colse
al
frutti
d'amore,
lasciandola
coricata, se
ne torn
ricord pi
Dopo nove
da due
posti alle
mammelle
madre.
bambini,
si
capezzolo,
Talia
petto e
di
le
Ma non
quel che
era accaduto,
figli
allato, e
le
re,
un giorno,
e,
si
ricord
dell'avventura
con
la
bella
dormente,
luoghi,
presa occasione da
in quei
desta e con
come
era andato
il
fatto;
e fecero tra loro amicizia e lega grande, ed egli rimase parecchi giorni in sua compagnia. Poi
si
messa
di venirla a
prendere e condurla
suo regno;
e, ini
figli.
^OO
GIORNATA QUINTA
sulla
bocca, e Sole e
si
Luna (che
nomi
dei bambini); se
coricava, chiamava
l'una e
gli
altri.
La moglie
il
marito a caccia
Luna
sole;
e perci, chiamato
segretario,
gli
disse:
Ascolta, figlio
porta,
ti
mio: tu
Se
tu
mi
dici di chi
la
mio marito
verit,
innamorato,
fo
ti
fo ricco; e,
se
mi nascondi
non
colui,
da una parte
una
una benda
uno
pane pane
Allora
la
regina
mand
lo stesso
segretario
nome
i
del
che
egli
voleva rivedere
figli;
ed
essa,
con grande
li
Ma
al
tosto che
ebbe
tra le
mani, ordin
cuoco
di scannarli e
sero padre.
Il
al
aurei
pomi
li
di bellezza,
ne senti piet,
e, affidatili
moglie
perch
pietanze.
le
Quando
e,
fu
vivande;
mentre
re
mangiava
la
di
vita di
Lanfusa!, o
, essa
Com'
re,
mio nonno!
del
10 incoraggiava, dicendogli:
11
tuo
pn-
non
(i)
V. SOLE,
LUNA E TALI A
3OI
role;
ma
poi,
udendo
la
So
non
Non ancora
mand
di
nuovo
il
pretesto che
re l'aspettava; ed essa
la
venne immediatamente,
desiderosa di trovare
il
un volto
Sii
la
benvenuta, ma-
dama Troccola! Tu
che
ti
sei quella
fine
stoffa, quella
buon'erba
Tu
sei
mi
fa stare
di
sei
giunta
al
purgatorio, dove
far scontare
fatto! .
la
mentre
Ma
la
regina
non
accendere in mezzo
un
gran fuoco,
comand che ve
si
gettassero dentro.
La misera, che
lei, la
supplic che
le
la
regina,
d'oro e
di perle,
le
contento
Cominci Talia a
si
uno
e
strido; tanto
il
che, esfu
sendosi gi tolta
a togliersi
stesso
la
il
roba,
la
gonna
giubbone, quando
tempo
trascinavano a fare
le
da lavare
il
302
re,
GIORNATA QUINTA
che, visto lo spettacolo, volle sapere tutto l'accaduto. E,
dei
figli,
avendo domandato
rinfacciava
il
gli
fatti
tradimento
usatole,
come
glieli
avesse
mangiare.
Il
re
si
die
in
preda
alla
disperazione.
delle
la
Dunque, sono
mie pecorelle?
stato io stesso
gridava lupomannaro
le
Oim, e perch
stesso sangue?
torsoli,
la
Colosseo per
la
segretario, che
tessitore
della
il
medesimo
i
del cuoco,
suoi.
che
con
la
coltella
figli
Ma
questi
non
ci
vorrebbe
altra piazza
ti
calcara di bragia;
non
ci
costa che
di
un palo
dietro;
non
non
ci
vorrebbe altro
onore che
di
di
!
veder mischiate
le
una regina
Ma non
i
questo
figli,
a dispetto di quel
al
cane, che
voleva
farli
re,
fuori di s e gli
le
pareva di
(i)
tutti
V. SOLE,
LUNA E TALIA
303
al
mi hai
gli
figli,
ti
sta'
toglier
dal
girare
a te piacer,
tali
che
ti
chia-
merai
felice al
il
mondo
Mentre
vide
il
il
padre,
con
la
moglie e
l'altro.
figli,
faceva muli-
nello di baci or
al
cuoco e
fattolo
di
camera,
prese in moglie
i
figli,
cono-
scendo a
tutta
prova che
TRATTENIMENTO SESTO
LA SAPIA
Sapia,
figlia di
una grande baronessa, fa diventare uomo accorto Carnon voleva intendere lettere; il quale, per
prende
figli,
uno
rappacia con
lei.
Molto gioirono
il
principe e
le
la
principessa,
la
quando videro
quale non cre-
cose di Talia,
colpita
sta cosi vi
mise mano:
Di
tre specie
sono
al
mondo
primo,
che non
sa;
il
(');
il
terzo,
che
seconda specie,
il
il
quale,
non volendo
farsi
e,
entrare nel
cervello
nuovo Nerone,
cerca di chiudergli
non
e,
a mente l'A B
D,
sempre che
di
parlasse di leggere e
fuoco; e
modo che
il
po-
(i) Testo:
non p sapere
ma
non vo
VI.
LA SAPIA
305
vero padre stava gonfio come rospo e non sapeva qual partito
di
ai
questo
figlio
sciagu('),
rato e
non
lasciare
il
regno
la
in
mano
Mammalucchi
il
codi
noscendo impossibile
dominio
un reame.
In
quello
stesso
il
tempo,
c'era
al
la
figlia
della
baronessa
tre-
molto sapere
il
s'era acquistata
nome
Sapia.
Il
re,
a cui
affi-
furono dare
il
riferite le
virtuose qualit di
alla
lei, si
determin ad
figlio
suo
dalla figlia,
compagnia
infatti,
e la gara della
Sapia,
appena
la
fu
per-
venuto
in
quella
casa,
cominci
insegnargli
Santa
Croce
(2^;
gettava
alle
le
buone ragioni
uscivano,
le
entravano per un
la
orecchio e dall'altro
gli
scapp
pazienza e
gli
appicc una
ceffata.
Fu
(come
tanta
si
l'impressione che
il
di
questo
prov Carluccio
fatto
e,
chiamava
non aveva
per
in
ma and
tant'oltre nella
tutte le regole;
sicch
altri
il
padre
studi pi
in
il
pi istruito
gli
uomo
del regno.
egli,
Ma
che Sapia
aveva dato,
occhi;
ve-
gliando, lo teneva
sempre innanzi
agli
dormendo, se
(i)
storico; di guerrieri
che usurpano
il
regno; e
non
familiare, di sciocconi.
(2)
L'abecedario.
G. B. Basilk, Fenlamrrone
il.
ao
3o6
lo
GIORNATA QUINTA
di
morire o
di vendiil
carsi.
Venne
Sapia, in questo
tempo, a et da marito; e
principe che
dette,
disse
padre: Signor
ri-
ma
a Sapia, che
m'ha
altret-
per mo-
sulla
persona
mia
.
re,
Il
del
figlio,
gli
rispose:
che
te,
pure
virt sua,
posta
sangue nostro,
lo fa tanto calare,
che questo
partito
si
E
e
cosi,
si
chiamata
il
baronessa,
si
scrissero subito
capitoli
celebr
matrimonio con
festa
conveniente a un signore
grande.
Carluccio chiese in grazia
al
il
re
re,
un appartamento separato
per contentarlo,
gli fece
la
moglie; e
un palazzo
restrinse in
da bere,
si
e,
debito.
La misera
la
vide
la
pi disperata
donna
del
causa
di
le si
quando appena
Finalmente,
il
principe
si
mera che
titi
le
era prigione, e le
sullo
domand come
Sapia,
stava. Met-
la
mano
stomaco rispose
vedrai
come
(i)
Un'ipoteca
o, forse,
un'imposta.
VI.
LA SAPIA
fatto
307
la
posso
Stare.
quale
tu abbi ragione di
trattarmi a questo
come una
fa l'of-
schiava? . Rispose
fesa la
principe:
Non
chi
la
sai tu
che chi
la
riceve,
facesti
incide nel
marmo?
mi
quando m'inseio
ti
ho voluta
Dunque
detti quello
schiaffo,
un asino, e per
ti
diventar savio.
ti
Tu
ti
sai
fa
che chi
ridere .
Il
ti
vuol bene
fa
piangere e chi
vuol male
il
ceffone, ora
mont
pi che,
sarebbe chiamata in
come un
le
da pari
volse
gio
di
come
la
l'aveva trovata.
a vederla,
parti pi irrigidito di
con
la
mazza
di
bambagia.
re
fece
cessione
dei
lonne di
nanzio
di
un
tutti
volle
andare a
possesso
di persona, e, poste in
cavalieri
degne
con esse
la
si
mise
in viaggio.
scavare
un corridoio
reva
e
ristorava
povera Sapia,
alla
notizia
che
si
era
308
sparsa
della
GIORNATA QUINTA
prossima partenza del nuovo
re,
la
apparecchi
figliuola di
dame
ciatoia
fece
precedere
al
il
trov un
giorno prima
luogo dove
re
al
palazzo a
il
Stava
adorna
alla finestra,
quando
giovane
re,
veduto quel
fior fiore
della
l'ebbe tra
le
memoria
si
del
re
fu
allon-
nove mesi,
il
partor
un
re
cre-
dendo
di trovarla
morta;
ma
la
segn
di
cinque dita
per
farlo
savio
Onde
il
re
stare.
luoghi del suo regno, Sapia, aiutata dal consiglio della madre, ripet l'inganno e, godutosi
gioiello pel
alla luce.
il
capo e un
lo ripet
altro figlio,
femmina.
Quando, finalmente,
era morta, che,
il
infatti, la
baronessa
le
come morta
dal sepolcro e nascosta nella casa sua. Egli tratt allora nozze
di
la
nuova sposa
si
VI.
LA SAPIA
309
non privasse
della
corona quei
giovinetti,
Il
re stette per
in-
fine,
scorgendo che
alle stelle,
meno
sua vecchiezza,
gli
s'intener
cuore. Quella
si-
moglie a suo
fratello
con un grosso
stato,
ed esso
si
mondo, che
il
saggio piega
a s
anche
le stelle.
TRATTENIMENTO SETTIMO
I
CINQUE FIGLI
Pacione
manda cinque
un
al
re,
figli
arte,
vanno a
colei
liberare la
casi,
il
rapita
per moglie,
padre,
come
al
tronco di
quei rami.
Finito
il
essa
si
uno sguardo
gran cervello
covar
la
cenere: chi
chi
fa
sa; chi
va girando,
medico e
vi
l'uscire dal
al
suo pa-
mostrer
cimento reale
figli
cosi
spese,
si
un giorno
Figli miei.
usciti dalie
Dio sa se
io vi
io
voglio
mie reni!
Ma
posso pi
come
e ad apprendere
qualche esercizio;
e,
ma
avvertite a
non im-
passato
questo termine, vi
VII.
CINQUE FIGLI
31I
figli,
tati
and per
la
sua strada,
ritrovarono
tutti
alla
grandi carezze,
li
e,
padre
si
ud cantare
un uccello, e
il
pi piccolo
fu
si
quando
minci a interrogare
figli:
il
mio
avete
in
questo
tempo
imparata
.
il
Ho
imparato
dei furbi,
l'arte di sgraffignare, e
il
son ormai
il
il
protoquanquero
pari di
il
ram-
pino
Bravo, per
in carte di
mia
rispose
far
il
padre:
tu
hai appreso
mercante a
cambio
di
con calate
di funi.
filatoio
insegnato a girare un
corpo,
parendomi d'ora
in ora di
vederti in
mezzo
con un
(i)
la
312
GIORNATA QUINTA
detto,
si
Ci
il
secondo
.
figlio,
gli disse:
tu,
fare
barche
rispose
il
il
figlio.
rata,
Meno male
di tanto
disse
padre,
Renzone, che
sai fare
capo
tempo?.
il
So
disse
figlio
tirare
il
cosi
bene
di balestra
che cavo
l'occhio a un gallo .
pure qualcosa
la
disse
padre,
il
perch
pane.
puoi vivacrivoltosi al
chiare con
caccia e procacciarti
la
stessa
domanda.
So
morti
.
che
ci
toglieremo
pesse
fare,
questi disse:
il
Io so intendere
osserv
il
padre,
mentre
stavamo a
passero.
tavola,
cinguettare di
quel
Ma, poich
di' su,
vanti di
essi dicono,
Raccontava
rispose
Menicuccio
che
un orco ha
ru-
(i) L'anfiteatro di
Capua, che
si
del
dava
nel
medioevo a quegli
edifici
{bero-laz, Brengelass),
V.
anche
Davidsohn, Forschungen
si
vecchissima.
VII.
CINQUE FIGLI
313
bato la
e non
gittare
figlia del re
si
pu aver
il
padre ha
fatto
per moglie
Se questo, siamo
ricchi
mi basta l'animo
Se
ti
confidi di farlo
re, e,
soggiunse
pur che
ci
vecchio,
andiamo
immediatamente dal
la
figlia.
Con
questo accordo
fra tutti,
Tittillo
fabbric
subito una
la
Sarde-
scoglio, e
al
vi
che
dormiva
la
sole,
re.
avendo
Essa,
in
grembo,
vide aple
appoggiata con
la testa,
figlia del
come
ma
Pacione
cenno
di star zitta,
e,
grembo
all'orco,
barca e co-
Non
l'orco
gli
si
discostati
dal
lido,
quando
occhi
marina e scorse
trasform
la
barca
che
la
portava
per
via.
Subito
in
una nuvola
nera, correndo
le
l'aria
arti,
per raggiungere
sue
la
i
paura che
figli
che appena
mori
di batticuore.
Renzone,
occhi dell'orco,
che per
lo
spasimo cadde
di tonfo nel
314
Stato tutto intento,
GIORNATA QUINTA
con
!e
tare lo sguardo nella barca per vedere che cosa era accaduto
di Gianna, la trov coi piedi stesi, uscita fuori dal trucco della
vita.
l'onore e
il
ranze
al
Buona
il
notte!
per
!
ha rotto
delle
filo vitale
per fare
rompere a noi
flaccione
di
(>)
speranze nostre
riesce;
Ben
si
pover'uomo non
ben
si
prova
messa
in
premio; ecco
nuda terra!.
lacuoco
stette
la
vedendo che
felici
Gran Turco
rispose
al la
Pacione,
che,
ma non
di danari, e
dove
gente muore col riso sardonico, moriremo noi col pianto sar-
donico
Zitto!
il
replic
Non
lacuoco:
ti
lare
cervello?
ricordi
mente, e vedrai
che cianciafruscole
(i) Filo
da pesca.
VII.
CINQUE FIGLI
fiato,
315
l'abbracci,
al
Il
e,
remo,
tempo arrivarono
alla
marina
di
e,
Sardegna.
tornato di
del
cane
si
presentarono
di
al
re
con
la
figliuola
re
non
sazi
abbracciarla e baciarla e di
re:
Si,
ma
non
migliaccio, che
possa tagliare a
la
fette.
Perci
e gli
altri
fava
della
torta,
Rispose
il
primo dei
fratelli,
il
la fatica
che
vi
conviene
parli
Tu
da Orlando!
fatto
rispose
il
re.
Dunque,
raccon-
tate quello
che avete
giudicare diritto .
le
prove sue,
che hai
il
re
si
volse
domand:
tu,
fatto in
questa fac-
cenda?
Mi pare
replic
Pacione,
perch
ho
fatto
ho
fatto
uomini questi
(i)
La famosa Grotta
si
usa per
esperimento
d'Agnano per
ravvivarli.
3l6
GIORNATA QUINTA
sanno; altrimenti, sarebbero
frutti
cosi belli! .
re,
come
figli
un mucchio
la
si
di
tornesi che
mettessero a guadagno,
il
padre, per
grande
adatt
gioia, ridivent
come
a pelo
il
proverbio, che
tra
due
litiganti
il
terzo gode.
TRATTENIMENTO OTTAVO
NINNILLO E NENNELLA
lannuccio ha due
figli
dalla
prima moglie
un da
un
un pesce
fatato;
Fermata
Paola, e,
pulitosi
il
la carriera
Giulia,
si
accinse
a correre
il
palio
la
cosi die
principio
('^:
figli,
verno col
casa
la
regalarli di
macchina
buon occhio
razza d'altri
si
e se pure
lo
pu mettere
stecco
buco e
dire che
sia stata
corvo bianco.
che
duna, che
pu mettere
(i)
editori,
perch
tri-
l'ediz. originale
in
una
la
una
Fermata
carrera Paula, se
mese npunto de
cor-
ch'aveva depinto
de Sapia,
cossi disse.
3l8
GIORNATA QUINTA
degna
della pena,
che
si
compr a danari
contanti.
due
alle
figli,
Ninnino e Nennella,
la
ai
quali
morte con
zato
la
messo piede
di
una
i
e a dire:
!
Sono
figli
di un'altra
Questo mi
tale
Oh, che mi
prima
di venire
a quest' inferno
di
fastidio
queste zecche
(3).
Non
vita
serva. Bisogna
che prenda
mio
me
di
vederne
il
rompere
in tutto e
per
d'affetto a questa
lo zucti
femmina,
Senza
collera,
gallo,
lever
.
la
Cosi
perta di
la
co-
mano
due
figli,
infilzato al
braccio un buon
(i)
(2)
Testo:
iia
canesca mardelta,
(3)
Testo: cracace.
vili.
NINNILLO E NENNELLA
li
3I9
paniere
di
cose da mangiare,
condusse
in
un bosco, dove un
Ombre.
disse:
Bambini
e,
se qualcosa vi mancher,
striscia di
filo
se
ne
Ma
due
le
per
la
paura
di stare in quel
acque
di
castigarle,
pietre im-
pertinenti,
ed era gi
Al vederli, Pascozza,
la
ma
da
furia
infernale,
levando
strida
al
cielo,
battendo
mani e
piedi,
sbuffando
bella
come
cavallo
dicendo:
questi
Che
cosa questa?
Donde sono
che non
mocciosi
fastidiosi?
possibile
sia
ar-
possibile
al
che
tu
me
li
voglia tenere
dattorno
proprio
per
rovello
sul
momento
non
puoi stuzzicare
denti ch'io
a casa dei
dorma mai
parenti
pi con
te;
e do-
mattina
meriti!
me
Non
la
ti
filo
miei: che tu
non mi
ho portato
per vederli
ti
ho dato cosi
.
di figli,
la
Lo sventurato
e
la
prese sull'istante
barn-
320
bini, e, tornato nel
GIORNATA QUINTA
bosco,
e,
miei, quanto vi
alla
ha
in
casa mia
per la rovina vostra e per chiodo di questo cuore. Perci restaievene in questo bosco, dove gli alberi, pi pietosi di
vi faranno tetto contro
vi
il
lei,
sole;
dove
il
fiume, pi caritatevole,
pi cortese, vi of-
la terra,
frir
mangiare, vedete
ritta,
fo,
diritta di-
domandare soccorso
non
farsi
Cosi detto,
torse
vedere a piangere
e toglier
animo
ai
poveri piccini.
il
ma un
crusca sparsa
per terra, ed
giorni
il
Cielo stende
sempre
la
sua
mano
si
un albero, e Nen-
fuga che
capo loro se
la
port
figlia,
a casa, dove
la
la
sic-
ch
il
principe volle
trovato
il
quel
pa-
non seppe
come
lo
si
chiamavano
dre
e la
piccolo,
un cacciatore
con
s.
vili.
NINNILLO E NENNELLA
le
32!
e,
virt,
tre
tra le altre,
o quattro anni, ed
egli vi
corsaro, presso
prigione;
ma
esso, che
la
aveva amici
tutti
i
gli scrivani d) e
li
teneva
a stipendio, se
svign con
suoi.
i
commesso
mare
mare ne pagasse
sottile
(^),
la
nel
mezzo
il
venne
furia di
onde che
legnetto
capovolse e
la
affogarono.
i
moglie e
figli
del
scamp
momento che
gli
altri
cadevano nell'acqua,
il
trov presso
la
barca un pesce
se la inghiotti.
fatato,
quale, aprendo
un abisso
di gola,
E, quando
la giovinetta credette di
aver terminato
giorni
ammir cose da
campagne belHssime,
tutti
ma-
gli
agi,
dove Nennella
fu trattata
portasse di peso a
uno sco-
dove, essendo
fornace,
si
il
la
maggiore
dente
fresco.
E, mentre
preparava
un gran banchetto,
Ninnillo
s'era
ad
affilare
farsi
certi
coltelli,
assai
dilettandosi
dell'ufficio
suo per
onore.
(i)
Del tribunale.
Testo: fattole, che di certo errore di stampa.
(2)
G. B. Basilu, Penlamerone
li.
322
GIORNATA QUINTA
lo vide e lo
Nennella
conobbe
lamento:
Fratello,
fratello!
il
Affilato gi
coltello,
gi la
mensa
preparata,
me
te,
la vita incresce,
senza
qui in gola
al
pesce
non
a
ma
il
un
altro balcone,
vide
il
pesce
e ud un'altra volta
Invi, dunque,
le stesse
una mano
di servitori per
il
vedere se in qual-
che
modo
potessero gabbare
si
ma
mio
qualcuno
avesse perduto
sorella.
mento
si si
sogno: che,
quando
cosa
perch
il
toccava a
E,
al
suo
appressarsi,
sei
pesce pos
spalancando
canne
lo spettacolo di
un intermezzo,
nel quale
in-
Al principe, che
la
ma
n essa
il
il
fratello
sapevano ricordarsi
il
nome
del padre n
luogo
dov'era
la loro casa. in
Onde
fu gettato
perduto
al
un bosco due
figli,
vili.
NIXNILLO E NENNELLA
e
323
lannuccio, che
sconsolato, perch
credeva che
bilando
rito
i
figli
al
principe a dirgli
fanciulli.
E, avendo raccontato
il
storia di
come
fosse
com'erano
suoi
gli
ebbe rotto
vi
figli
che
gli
non
si
il
rozzo gabbano,
lo fece
rivestire
la
moglie
di
lannuccio
le
Che co^a
di
mettesse a rischio
morte?
montagna
<r
Ecco che
la
sentenza, e tu
la
paga;
si
medesima aveva
pronunziata.
lo die
figlia
di
un
altro sigaore
pari a questo, e la
all'altra entrate
per moglie al
fratello;
il
all'uno
padre, senz'aver
bisogno
di
alcuno
mondo. La matrigna,
propria
vita,
intanto, fasciata
da
la
TRATTENIMENTO NONO
I
TRE CEDRI
CenzuUo non vuol prender moglie; ma poi, tagliatosi un dito sopra una ricotta, ne desidera una di colorito bianco e rosso come quello del sangue sul latte. Per cercarla, va pellegrino pel mondo, e all'isola delle tre fate gli sono dati tre cedri, e dal taglio di uno di essi acquista una bella fata, conforme al suo cuore; la quale essendo stata uccisa da una schiava, egli prende in moglie la nera invece della
bianca.
Ma
si
scopre
il
Non
si
tutto l'uditorio
il
cosi:
sapiente:
Non
dire
perch l'una e
l'altra
si
cosa
non
si
aspetta;
come
della
udirete
di
il
danno
profitta
si
che venne a
medesima giudice
Aveva
il
re di Torrelunga
diritto,
un
il
suo occhio
fondamenta di
nome
di
nonno.
Ma
questo prin-
quando
IX.
TRE CEDRI
la
325
e lo sentivi lonlo
gli
si
parlava di mogHe,
scoteva
il
testa
vedeva
perso
il
cliente,
di
un mercante a
cui fallito
il
corrispon-
Non movevano
le
figlio le
non
lo
ammollivano
i
preghiere
dei vassalli,
non
lo
inducevano a cedere
gli
mettevano avanti
il
agli
occhi
il
desi-
sangue regio.
stinazione di
con un'o-
e saldato
il
cuore; e invano
non rispondeva.
Ma, poich suole accadere pi
e
in
dire:
tutti
accadde
mezzo una
dare
lacco
un
in-
in
modo
che, cadendo
due
stille
di
sangue
sulla ricotta,
varco,
(i)
Testo:
e proffidia di
Cardia, che
il
di
Basile altrove ha
i).
tra
Quella
co na
:
che
si
ma
isso,
proffidia
ha voluto dare mai arreto de sta mpresa > G. C. Sorrentino, L'astula corlegiana cit., II, 3), deve alludere a
de Carella, non
326
o
volont del
GIORNATA QUINTA
Cielo per consolare quell'uomo dabbene del
dalla polledra domestica
gli
padre, che
venne
femmina
come
Onde
disse al
padre: Mes-
sere mio, se
di
darmi agio
si
andare pel
pelo
mondo
in cerca di
raffronti
con questa
tra le
ricotta.
.
Altrimenti,
corso e
me
ne andr
ombre
Al
la
lido
da questo
quello,
rispose:
Figlio
mio,
viscere
di quest'anima, pupilla di
di
senno?
Hai perduto
il
cervello?
asso o sei!
Non
togliermi l'erede,
e ora te
consumando
la vita, e
come
vuoi lasciale
la
casa tua,
fiato
Non
sai a quanti
te.
Non
dizione! .
Senonch queste e
travano e da un altro
altrettali
gli
l'afflitto
vedendo che
il
figlio
era una
cornacchia di campanile,
gli dette
un gruzzolo
di
scudi e due
tre
servitori,
e gli accord
licenza di andare.
Ma
si
senti
e, affacciatosi
a un verone, pian-
IX.
TRE CEDRI
gli
327
fintanto che
gendo a
dirotto,
lo segui
con
occhi
non
lo
perse di vista.
Il
principe
campagne
e per boschi,
per
vari
monti e per
per
paesi, trattando
genti
sempre con
gli
occhi
aperti a cercare se
mai trovasse
capo
di quattro
i
dove,
lasciati
s'
servitori a
ai piedi,
imbarc solo su un
Gibilterra,
genovese,
e,
veleggiando verso
e
lo stretto di
pass
alle Indie,
cercando sempre
regno
in regno, di pro-
avvenisse d'incontrare
dipinta
nel cuore.
Dopo gran
dove,
gettata l'ancora e
smontato a
terra, trov
quale raccont
la
La vecchia
chimera
disse:
Figlio
ti
scorgono
(')
tre
ti
miei,
che sono
calli,
macello delle
carni
umane, non
arrosto,
ti
stimo tre
cataletto
sar
Ma
usa
il
passo
la
della lepre,
tua
fortuna
(1)
(2)
abbentano
abbi-
stano
328 Ci udito,
sbigottito, si
il
GIORNATA QUINTA
principe, sconvolto, agghiacciato, spaventato e
la
si
mise
nemmeno
finch
dire:
Fo
un
riverenza ,
altro
ad alzare
tacchi,
giunse
un'altra vecchia,
pi brutta
il
da cima
in
fondo
caso
non
alle orchette,
mie
figliuole;
la
ma
corri,
che
Il
ti
si fa
notte
Un
fortuna tua .
le
principe die di
calcagna,
come
se
avesse
vesciche
vecchia,
braccio,
alla
coda;
tanto
cammin che
trov
un'altra
infilato al
pieno
di
ciambelline
confetti,
si
che
dava
mangiare a
una
di
frotta di asini,
che poi
un fiume, sparando
fatti
costei
il
principe,
buone
le dita, e,
quando
fu levato
da tavola,
consegn
e,
tre cedri,
che parevano
tempo
pieno
perch hai
Va' dunque
quando
sarai
alla
trovi, taglia
uno
di questi cedri e
!
ne uscir
una
fata,
che
ti
dir:
Dammi da
bere
, e tu, lesto
con
l'acsei
gli
come argento
vivo.
E, se
non
bene
fata, apri
occhi e
sii
sollecito
con
la terza
non
Il
ti
tuo cuore .
mano
pelosa, che
parti
e,
tolta licenza,
alla volta
marina, navig
IX.
TRE CEDRI
nostri,
329
dopo
mille
re-
gno
le
Om-
prati
quale col
gente a rinfrescarsi
erbe e dai
gliare
il
cav
il
coltello dalla
guaina e cominci a
ta-
bianca
come
rossa
.
Il
come una
ciocca di fragole,
dicendo:
gliato e a
fata,
Dammi
da bere!
bellezza della
che non
tantoch apparire e
sparire fu tutt'uno.
Se questo
fu
un colpo
di randello alle
dola tra
gli
le
mani,
il
la
il
secondo cedro,
accadde
medesimo, e
la
non cedendole
di
una
sia
stilla.
il
intanto
!
si
lamentava:
volte
Come
son
sono sciagurato,
fatta
buon anno
avessi
il
Due
me
scappare,
la
come
se
che mi venga
scoglio,
paralisia!
che
l'ho
fatta
Svegliati,
re:
alla terza
al
o ceder
fato! .
tagli
il
una
il
fata,
dicendo come
le
le
altre due:
Dammi
da bere!
principe, ratto,
porse
l'acqua, ed ecco
gli
rest in
mano una
giovinetta tenera e
GIORNATA OUINTA
bianca
come
cosa non
mai
fu
al
mondo,
non
Amore
ne foggiava
aveva
fatta
le
cuori
a quella faccia
una macriata
Amore perch
luminaria
alla
di
sole,
(2)
suo,
dando colore
a quel
sue
allattare le voglie
umane;
si
in-
somma,
non
poteva
principe guardava
bel parto di
al taglio
taglio di
di
Dormi o
sei sveglio,
Cenzullo?
mai
uscita
un cedro! Che
si
un
trattava di
sogno
che
si
la fata,
dandole
meno che
si
parole che,
come
canto
fermo,
zuccherini,
il
(i)
(2)
p. 32, n.
i.
Ed. originale:
tempio
ma
dev'esser
tempo
IX,
TRE CEDRI
anima mia,
33I
portarti al paese di
principe disse:
Non
voglio,
di cotesta bella
persona e senza
forma
di
cameretta; ed
le
ali,
aspettami
si
prima che
dissecchi questo
sputo
e sput
al
compagnata,
nie,
parti.
regno mio
cosi,
con
le
debite cerimo-
In questo
fu
mandata
dalla pala
della
fata,
cosi
bella
stare,
e patruna
mandare acqua a
.
pigliare;
mi
o Lucia sfortunata!
a casa.
Domandata
sto,
dalla
fatto
con
zata .
la
die
un
bel barile
la
quale,
nuovo
Mi non
stare schiava
gnamme; mi
sfasciando
il
barile,
in terra
cascalo
e tutto sfracellato .
La padrona, a queste
e, afferrato
parole,
non pot pi
la
stare in
flemma,
in
un manico
di scopa,
and lavorando
guisa
T)Z2
GIORNATA QUINTA
risenti
che se ne
e,
le disse:
Corri, rompiti
corri,
collo,
schiava pezzente,
fermarti per via,
gamba
non
ti
d grillo;
far la Lucia,
schiaccio
come
polpo e
ti
nerai. Corri,
con
le
gambe
sulle spalle!.
il
del
im-
magine, e
disse; Stare
non
da
far
morte
uno
uno
cento fontanelle.
questa vista
la fata
la
e,
par-
zandosi alla
quella,
poi,
ad
loco suso,
le
bella
figliola?.
E
era
iota di
quanto
le
momento
dare
al
in
momento
coi vestiti e
con
la
le
La
dagnare essa
fata:
di
mano, e replic
alla
benvenuta
(i)
IX.
TRE CEDRI
e,
333
la schiava,
nell'affer-
come
il
primo
di
maggio
(');
arrampicandosi
uno specchio
di cristallo
in coril
capo,
le
Subito
lomba!
; e, diventata
il
volo e
si
mise
dei
a fuggire.
la
schiava
spogli nuda,
li
e, fatto
un fagotto
essa,
restata
come
la
in
una
casa
di
smeraldo.
Tornato
il
e,
trovata una
di latte,
ri-
botte di caviale
dove aveva
lasciato
una tinozza
Chi
savo scrivere
ha parato a
lutto
diletti
miei? Chi mi
fa
La schiava
ceva
il
trottata,
vedendo
gli atti di
meraviglia che
fa-
principe, disse:
^3)
stare uccia
fatata:
un anno
del
faccia
nero
il
pover'uomo
fatte le
principe, poich
male non
aveva rimedio,
(i)
(2)
Vedi sopra,
I,
5,
n. 2.
Il
Bitume nero
.
cristallizzato.
testo
dice:
na statua d'accia-
vaccio
(3)
mori.
334
goi
!a
GIORNATA QUINTA
pillola;
e,
detto alla
mora
di
scendere,
la
vesti
da
capo
muso
lungo, prese
la
dove
dal re e dalla regina, che erano usciti fuori a sei miglia dalla
terra,
il
carcerato
i>
quando
s'intima
essi
la
^^K
quantunque
vedessero
il
prova
fatta dal
pazzo
figlio,
mondo
non pomisero
la
corona
agli sposi,
Ora, mentre
stordire, e
i
si
preparavano
feste mirabili
e banchetti
da
maialetti,
bocconi
venne a una
finestretta della
colomba, a cantare:
re
con
la
saracina?
Il
cuoco
vi fece
la
colomba torn
la
seconda e
ai banchettanti
come cosa
ordine
meravigliosa.
di
il
La
signora, all'udire
la
quelle
parole, die
prendere subito
colomba e
di farne
un
ingrattinato.
comando
della
cuccurognamma
quell'acqua
e
per spiumarla,
gett
quelle penne su
un albero
fuori al balcone.
(i)
Era
la
formola per
la
condanna
alla forca.
IX.
TRE CEDRI
e sorse col
335
Non passarono
cedro,
il il
tre giorni,
un
bell'albero di
re,
affacciandosi a
una
finestra
parte, lo vide,
gli
chiamato
il
cuoco,
domand quando
mastro Cucchiaione
di
gli
fatto,
venne
in sospetto
ma
a
capo
di
pochi
giorni, su
quelli
bellissimi
l'orca; e,
cedri,
simili
che
il
egli
re
fece cogliere, e,
al
lato,
co-
minci a
la
tagliare.
la
accadde
fata
il
medesimo
dell'altra volta,
che
prima e
seconda
il
dileguarono
in
un lampo; ma,
mentre tagliava
era uscita e
gli
rimase davanti
quale
gli
sull'albero, la
Or
chi
pu
dire la
minor parte
re
di questa
dit, la letizia,
sopragaudio,
il
riso e
non capiva
La
ne andava
in solluchero e in estasi.
nel
mezzo
della
sala,
dov'erano
tutti
cortigiani e le genti
re
li
chi
ri-
di
una
di
collana di
canapa, chi
un conferimento
di selci, chi
un contrappunto con un
maglio
336
GIORNATA QUINTA
chi di
monca,
un monile composto
di un'altra.
di
di
Chiam,
stessa
in
ultimo, la
sciagurata regina,
e,
facendole
la
domanda, quella
gettare.
la
da
castello
il
re le disse:
ti
Tu
ti
sei scritto
il
malanno con
foggiato
i
penna
tua;
il
ceppi, affilato
fatta
coltello,
stemperato
il
veleno, per-
ch nessuno l'ha
questa
la bella
peggio
di te,
ti
Scuoti via, che discesa! Hai fatto una bella sporcizia: chi
fa
Cosi
la fece
fattone
avverando
detto:
Non vada
FINE
DELLA FIABA DELLE FIABE. CONCLUSIONE ALLA INTRODUZIONE DEI TRATTENIMENTI, CHE RISPONDE AL TRATTENIMENTO DECIMO DELLA GIORNATA QUINTA.
Narra Zoza
i
la storia delle
sue sventure, e
la schiava,
il
che
si
sente toccare
il
tasti, fa
racconto.
il
Ma
principe,
colei,
tradimento di
prende
in moglie Zoza.
il
racconto
lodarono
il
mormorarono, accusandola
alla
non doveva,
manifestare
i
gioco.
Ma
si
Lucia fece
narrava
il
veramente da Lucia
('),
dimenandosi
tutta,
mentre
racconto; sicch dall'irrequietezza del corpo era dato congetturare la burrasca che le soffiava nel cuore,
storia
di
avendo
visto nella
un'altra schiava
il
racconto preciso
degli inganni
suoi.
Ed
avrebbe
meno
aveva messo
in
seno
bambola,
modo
(i)
Cio, esegui
il
(2)
cura degli
attarantati
merc
la
G. B. Basile, Penlamerone
338
e in parte per
GIORNATA QUINTA
non dar materia
di
sospetti a
Taddeo,
s' in-
di farne a
al
tempo e
quale
il
passatempo
suo; ed essa,
dopo
soliti
complimenti, incominci:
La
verit,
perci
comandi
vostri offendesse
alcuno
non essendo
veri.
E, quantunque
il
pro-
fa le fiche al
medico
, tuttavia,
sapendo che
cipi, io
la verit
non ricevuta
cosa che
alla
tremo
di dire
vi faccia forse
montare
fumi
della collera .
Di' quello
che vuoi
rispose
Taddeo,
che
da questa
e
bella
sia inzuccherato
dolce
al
le
facce
come
mano
musica
perch
il
cuore
le
si
oltre la
(in
Rassegna settimanale
il
di
Roma, Vili
(1881), pp.
Giova ricordare
luogo del
xvii, 6-7:
Come
che mordon coloro che fanno poi pazzie da spiritati, e chiamansi in vulgar tarantolati;
di quelle bestie,
un pezzo,
colui
trovi
da s
339
il
racconto
mattino previde
il
cattivo giorno.
Ma Zoza,
con
tutti
in questo
circostanti
la
ma-
doveva accaderle,
di
suo
con
bestemmia
suo accomil
alla fontana, e fu la
pian-
sonno
traditore,
che
sua rovina.
tira,
La
vedendo
male avviata
Stare
zitta,
Ma
Taddeo, che
e, toltasi la
ma-
barda in
non
cappa con
solo(0,
ciata
e,
se
mi monta
la
avesse schiac-
una ruota
di carro .
E comand
non voleva
che
il
nessuno
Taddeo,
dalle lacrime di
(i)
Sottintendi: perch io ho
le
inani.
340
GIORNATA QUINTA
strigliata di
si
fa-
propria sua
bocca
il
con
la
scoperto
stentata.
E, abbracciando Zoza,
cipessa e moglie sua, e
le fece
rendere onore
avviso
al
come a
prin-
mand
re di Vallepelosa
che venisse
alla festa.
Con
il
queste nuove
nozze, termin la
;
buon
che
me
ne venni
via,
passo passo,
con un cucchiaietto
di miele.
Fine.
INDICE ALFABETICO
DELLE NOTE
Ampolla per
.
le partorienti, 47.
,
Abboflfa-cornacchia, 129.
88.
Anca Nicola
199.
giuoco, 175;
dell'), 273;
11, 2,7.
Abbondanti A.,
Anello (giuoco
11,
169,
Acciavaccia, giavazzo,
11, 11,
333.
128.
Anola trnola
II,
giuoco, 178.
Antipodi,
1S7.
11,
C,
II,
247.
Antrita, mandorla,
210.
Ademollo
Antuono,
Affidarsi: v. Fida.
Apollo (mito
188.
Agibilebo
v.
Agnano:
Agosto
Appesa
II,
168.
,
Approvecciare
278.
(di)
Aprano, casale,
71.
11,
56.
al
Aprite le porte
povero
fal-
302.
78.
cone, giuoco,
Aquila a due teste
180.
(far
il,
1'),
Alba (duca
di),
vicer, Sy,
11,
98.
Aquino
11,
(d')
T. A.,
20.
11,
248.
Arbustata (campagna),
Archibugi,
il,
68.
185.
11,
36.
loo.
Arco Felice,
Argo, 90.
11,
69.
148, 246.
II,
228.
Ambra
11,
128.
11,
271.
Ampolla
del Salvatore,
102.
342
Armi
citt),
Basile Marzia,
207.
11,
191.
Arzano, comune,
Asprino, vino,
11,
255.
Bavosa, pesce,
ii,
239.
Beata
te
con
la
catena, 133.
di),
Belvedere (castello
227;
60.
Benevento, 67;
Beni dotali,
11,
11,
211.
Astrologia, 167-8.
142.
Beni (iusta
li),
locuzione, no.
Aversa,
11,
255.
Derni F.,
11,
Brtola
85;
146.
Bacio a pizzicotto,
11,
295.
338.
Bertuccia, 26.
Baia,
II,
69.
Biondo M. A.,
189.
io; 11,
11,
135.
35,
130.
255.
Bisignano (Sanseverino
razze di cavalli, 45.
di),
loro
Banditi, 92;
246.
di),
11,
Banditi (congiunti
24.
37.
11,
98.
Barbareschi, 108.
98,
46, 270.
192.
comune,
11,
Bombarda
Boia, 84-5.
D., 145.
Bongo
32.
P.,
II,
94-
Borzelli A.,
168.
Basile G. B.,
175, 178,
4, 8,
Botracone: v. Voiracone.
179.
II,
Botteghe (lega
16.
di),
locuzione,
11,
273,
278;
IH,
221,
196,
201,
Bouchard
J. J.,
I44,
MS. M^.
11,
225, 252.
186;
127, 128.
343
168. 15011,
Cantone O.,
160,
11,
Canzano G.,
129-32.
Bracone tedesco,
Broccoli, 35, 88.
192.
C,
34,
Bruno G.,
Brunhild,
Capasso
B., 38;
II, II,
11,
130.
184.
Capilupi L.,
68.
Capipopolo,
204.
E., n, i7-
Capo o
croce, giuoco,
11,
127.
I53-
3, 128.
Caporuota, magistrato,
11,
11,
tarie), II,
145-
Capra nera,
,
11,
11,
11,
1^9
Cacaselle
68.
Capra
Caciocavalli,
37.
Capriata, intruglio,
18.
11,
Cacio cotto,
li,
18.
312.
Caionze, 87.
Cairo,
II,
83.
Carella (perfidia
46.
282.
11,
160.
Carlo V,
II,
36.
11,
Callot
I49-
I.,
4i
Caro A.,
4;
n, 61.
109.
11,
11,
198.
128.
Garoso F.,
4.
Campana
(alla),
giuoco,
Campanello per
le quaglie, 38.
Campanile
Candia,
F., 146.
11,
Casa a due
124.
7347.
Casalicchio
C,
u, i33-
318.
a),
Canestretta (pettinatura
106.
Castaldo A.,
Castellamare
11,
96su),
Canna
e suoi
effetti,
132.
11,
(proverbio
n,
Cnneta,
nome
proprio,
6.
221.
344
120-1.
11,
Cianflone, moneta,
11,
265.
Castellucce
(a),
giuoco,
128.
Ciappa (signore
Cicerone,
11,
di),
249.
248,
Catalana (lanciata),
227.
Catone (Dionisio),
11,
207.
11,
Citatio
165.
ad informandum
t.,
n,
33.
Cavallo: v. Callo.
Cavalli del Regno,
21.
Cocomeri con
Codavattolo
la
prova,
di),
11,
11,
58.
Cocomeri (bucce
11,
75.
Cavallesse fenestrere,
45.
106. 128.
36.
Colascione,
272.
11,
Cedo bonis
II,
no,
Colombo
A.,
II,
Cedrangole
45-
(del),
vico di Napoli,
Celano
C,
11,
Compagno mio,
giuoco, 176.
ferito
sono
Cenci Beatrice,
168.
Centofigliuole, 87.
Composta, cose
pazzi),
11,
in aceto, 5.
11,
Composta, transazione,
246.
Con
Cera
proverbio,
165.
Cera (raccogliere
5.
Congedo
sima,
U., 231.
no,
II,
6.
77.
Coppia o solo
Corbona,
(a),
giuoco,
11,
128.
Ceuza:
v.
Gelsi.
242.
sulle), 46, 240;
11,
Chiaia, 87.
Corna (motti
di),
11,
9,
no.
11,
di), 209;
no.
Cornazzano A.,
i68.
11,
Chiuchiaro,
128, 294.
strum. musicale,
Correzione (carceri
Cortese G.
di),
11,
118.
C,
4, 5, 10,
Chiunzo, luogo,
11,
201.
83.
175,
176,
iSo,
195,
202,
345
32, 38,
Egeria (ninfa),
7.
187.
ir,
Ecciacorvessa
126.
23.
11,
142.
Ensayo
11, 11,
152.
73.
Costo T.,
II,
131.
Epinienide,
Erodoto,
or
II,
226.
61, 280.
Esca di corte,
II,
128.
Esiodo,
267.
245.
Croce
181;
11,
54, 78,
Estaglio
Estremado
220.
11,
127,
li,
81.
Falcone (giuoco
v. Panicocoli.
Cuculum:
Cuculo,
II,
90.
di), 78.
Cucuzza (acqua
105.
Fasano G.,
Fata,
80.
fatillo ,
fato ,
54.
11,
Daino, ballo,
56.
11,
Dattilo di mare,
235.
Fava (della focaccia), 49. Fave (campo di), 19. Fave secche, vita di galera,
Ferraiuoli (furto di), 127.
67.
Davidsohn R.,
Decina di
Descenzo
Desquitte
II,
li,
312.
168.
lino,
11,
Ferrante
d'Aragona,
11,
136.
,
,
11, li,
Digesto,
146.
Dogana (re della), 11, 86. Domine Agostino, sciroppo, Donne (caratteri delle donne
varie nazioni), 230.
delle
Marco
3.
e Fiorella.
Firenzuola A.,
Donzelli G.,
11,
34.
Florimo F.,
Foggia,
11,
168.
Donato:
v.
Elio Donalo.
36,
citt,
106, 240.
Folengo T.,
146.
96.
11,
Eco
(in poesia),
69.
346
Forcella dell'archibugio,
279.
Giammacco, cantante,
Ginocchio (uscir
11,
122.
Forze d'Ercole,
Fragaglia, pesci,
4.
11,
71.
Franco, N.,
11,
84.
27.
Giovenale,
11,
146.
Giudecca,
11,
143.
della),
88.
, 130.
Giuochi
infantili,
175-80.
io,
Giuochi di carte,
262.
i68;
11,
s^,
Fucillo, capopopolo,
204.
Giuochi (termini
di),
11,
11,
26.
11,
79.
168.
pezzente), 207.
11,
Galee fiorentine,
Galere, 84.
128.
(fosse del),
,
43.
Greco o aceto
F., 66.
giuoco, 180.
11,
Galiani F.,
171.
80,
176,
181;
11,
132,
Greco Greco
(vino), 131;
171.
Galilei G.,
11,
149.
(figlio
Grillo (mastro), 4.
della),
11,
Gallina bianca
146.
Grimra
I.,
11,
184,
Gallina patanella,
133.
11,
", 31559.
il),
detto,
Garbino, vento,
Gargantiglia,
ir,
11,
23.
158.
la
105.
Guarda Guarda
moglie
,
,
giuoco, 176.
detto, 117.
Garzoni T.,
160, 176,
35,
40,
50,
84,
106,
la
gamba
6.
11,
194, 282;
II,
26, 61,
Guarini G. B.,
Guastatori,
115-
206.
Guerra
11,
S.,
108, 272.
di),
250;
212.
g.
d ordine
alla
sua
136.
Gusunipaur
Heine
F., 44.
Gazzette, 14.
Gelsi (regione dei), 86, 144;
11,
45.
E., 32.
Genealogie
(scrittori di),
146.
Genova
Gergo,
lesce,
iesce,
sole...,
11,
cantilena
popolare, 123;
Iesce,
131.
134.
Gesualdo C, principe
168.
di
Venosa,
popolare, 241.
lettarielle , gettoni,
143. 185,
Gettoni, 143.
Giacinto, pietra,
11,
Imbiondimento dei
34.
capelli,
230-1;
II,
14.
347
Lemos
Letto bucato,
247.
149.
11,
Imitazione poetica,
Letto di riposo,
Letto (fare
il),
40.
Impanata
all'inglese, 250.
11,
28.
Imperticata, ballo,
136, 208.
11,
Liberanza, 154.
Imprecazioni
Imprese,
11,
ai morti,
no.
28.
Incamiciata, 129.
Incanti (candela degli), 227.
Inchiostro,
11,
Linda (da)
Lippi L.,
L., 231.
23,
8,
II,
139.
li,
6, 87, 265.
Lippomano,
11,
54.
II,
327.
Lombardi M.,
213.
Lopa o lupa
11,
Inglesi a Napoli,
59.
244.
Lucernetta, misura,
11,
26.
95.
11,
69.
loio (o Gioi),
losefifo
comune,
Lucherino, 194.
Lucia: v. Sfessania.
da Ravenna, boia,
cecato: v.
Ipperico, 194.
Luciano,
11,
84.
11,
lunno
Biondo {compare).
11,
Lupo
207.
lusancuerpo
217.
Maccheroni,
Lacci e
spille,
11,
29, 80.
11,
227.
11,
167.
32,
199.
Madama ,
201.
Lampa
(alla),
giuoco, 178.
Maddalena (ponte
della),
11,
41,
Lampada, misura, 192. Lana barbaresca, 32. Lance (correre), 11, 167.
Lancieri (via dei), 86.
Maggio (primo
Maio
di), 5;
n, 86.
86.
Land
Mal castrone,
Malocchio o
Lanterna a volta o
iettatura, 134.
11,
Lanza (mastro),
19.
Mammalucchi,
11,
305.
Mammara
179.
nocella, giuoco,
Lattuga inconocchiata,
48.
173.
348
Manfredonia (campane
Massa (proverbio
Mattaccini,
4,
su),
II,
221
Mangone
Mannaia,
67, 84.
,
11,
Manteare
21,
236.
270;
Manso G.
B.,
,
145, 146.
'jt.
128.
S.,
il,
Manzoni L.
Marchese
243,
11,
Mazzocchi A.
258.
312.
11,
Maometto (corpo
145.
di),
II,
Medici di urina,
11,
11,
39.
11,
Marcianise, comune,
100.
Medico, (mercede
del),
11,
253.
Marchi di cavallo,
11,
21.
Medico (mula
34,
del),
201. 207.
II,
Marco e
244.
di),
84.
Marco
Sfila (fare),
Mare
trace,
li,
53.
Melo pero,
40.
253;
II,
65.
178.
Maria
di Brienna, 231.
Menzini
B., 147.
del),
Mercato (piazza
87;
11,
250.
11,
Mariaccio (brache
54-
Marino G.
B., 82;
11,
232, 247.
Mercurio, rimedio,
11,
201.
11,
24, 53.
M'arraquaquiglio
formola di
6.
complimento, 247.
Martino, montone, cornuto, 258,
284.
153,
232,
Meso, 194;
II,
270.
Marzapaniello
11,
55.
Miano,
villaggio, 31.
Marzo (cura
di),
13.
Mi chiamo
co, 10.
fuori
term. di giuo-
Marzo (mese di), 11, 276. Marzo (tuono di), 11, 149.
Masaniello,
11,
Minestra di erbaggi,
11,
43.
145, 204.
Minucci
P., 112;
II,
87, 265,
11,
Masute
279.
Misce
et fac
potum,
11,
16.
Mascherate, 253.
311.
Modestino
C,
95,
168.
177, 180,
73.
ferraresi,
Maschere
241;
II,
132.
549
11,
monaciello
), 32,
Onore
Ore
(degli uomini),
1S7.
ir,
fetorie o iettatone ,
Moncile, veste,
11,
105.
110.
Monosini A.,
11,
21.
Orecchie (mutar
le),
n, 20S.
Montaigne, 253.
Monti G. M.,
II,
11,
76,
Morra
Mori,
(alla),
II,
giuoco,
128.
330.
149.
Morte di Sorrento, n,
Osterie,
11,
53.
delle),
11,
Mozzo
di
camera, 32.
11,
Osterie
95.
162.
(iscrizioni
79,
Mprena-feneste,
Osso maestro,
11,
31.
Ossuna (duca
a),
d'),
vicer, 86;
11,
detto,
204.
Ovidio, 113.
parole
di),
11,
Napoli
(le tre
di),
a,
190.
Napoli (strade
75.
Negri
fanciulla,
Napoli, 209.
158. 134.
198.
panni,
Nole, paste,
11,
291.
Nerucci G.,
Pagliaminuta
C,
il,
136.
Neve (giuoco
Nferta, strenna,
Nicolini F., 67.
136.
PaHcco,
II,
223.
11,
Non
II,
chiovere,
132.
(alle),
non
chiovere...
i711,
Pane caldo
giuoco,
II, 11,
(a),
11,
giuoco,
136.
Norchie
128.
Panicocoh,
loi.
73-
191.
dei),
11,
Paolo (san),
94.
11,
Numeri (simbolica
Cibare,
226.
Oh
Dio, che
11,
ciola...,
Paraguanto,
Parasacco,
6.
11,
246.
villanella,
Olla podrida
36.
Olmo
Parzonaro
portionarius), 31.
11,
Onofrio
112.
350
Passano G.
Passera
146,
147.
muta
fa),
Pigmalione,
11,
279.
Pastidella
dolciume, 134.
Pastinache
, 87.
X02.
Pino G. B.,
33;
II,
144.
11,
17.
11,
45.
264.
li,
272;
di no
II,
90,
II,
128,
136, 198.
Pizzella ,
198.
II,
189.
182, 218.
Plutarco, 40.
Pennone, stendardo.
Perdonanza, 131.
Penilo M. A., 176.
Ss; n, 250.
11,
53, 165.
Polmone
lo.
Polvere di zanni,
il,
69.
140.
me,
II,
289.
11,
190.
5,
B.,
71,
235;
Pesce
marino,
dagli
sopra
II,
13511,
giuoco, 178.
Porta reale,
11,
68.
Porto (strada
Posilipo,
'/8,
di), 86.
179.
Posto
lasciato
posto
perduto
(a),
giuoco, 52.
11,
69.
Pozzuoli (grotta
di),
248.
Prattiglia ,
11,
227.
,
180, 302.
59la
II,
Prendere
detto,
lepre
70.
col
carro,
78.
seno
(a),
giuoco, 23i
Procaccio, 215;
Profizio, 80.
138.
178.
il,
224.
Protomedico di Napoli,
33.
351
63.
Rosola
II,
167.
del), detto,
Quadretti di
frutta,
S.,
11,
11,
11,
74-
Rosso (impicci
1S6.
Quadrio F.
Quaresima,
19^-
149.
57.
Ruggiero (mastro),
4.
Quartarulo, misura,
dell'arte, 22,
di),
11,
Ruin
190.
Quattro
152.
11,
Rum
e bus/, 238.
calci,
II,
Quinta (sbalzo
62;
16.
Ruota dei
Russo
F,,
giuoco,
3,
176.
Quota, imposta,
306.
11,
191.
143.
Salerno
Rabelais, n, 198, 265, 270.
(fiera di),
11,
54.
Radici medicinali,
11,
i49-
Ramaglietto,
li,
261.
11,
Ramarro (pancia
di),
Maruzza, ecc.
, villanella,
Re
126.
cantante, io;
11,
191.
Redi F.,
II,
255.
85.
Sancio Panza,
11,
21.
Refola,
II,
Sangradale
Rehfues P.
Reigen,
li,
J.,
180,
Sanguisughe, 197.
184.
di),
11,
Sannazaro
102.
I.,
135.
di), 207.
Reims (ampolla
Re
Remora,
Sarnelli P.,
11,
54)
iQO-
60.
54.
Sbano,
11,
144-5-
Ricci
<
C,
168.
Sbaraglino
(a),
giuoco,
11,
11,
181.
Ripeto, 39.
56.
21;
Rizzi
Zannoni G.,
E.,
64,
II,
Scannarebecco (Skanderbeg),
176,
II,
Rocco
66,
no, in,
128,
il
63.
178, 205;
102,
145.
pitale ,
Rompere
il
cantaro o
(a), (a),
giuoco,
11,
181.
giuoco, 179.
(a),
Scarica la botte
(sterco di),
132.
giuoco, 177.
Rondine
Roomer
G.,
11,
65.
Scazzellacane, 256.
352
Scellavattolo
uccello, 44.
Sorrentino G.
C,
60;
11,
235.
11,
11,
221.
237.
Sossegare, spagnolo,
for11,
mula
29.
di
complimento, 243;
Spaccastrommola
11,
152.
Spagnuoli
(soldati), 86.
(detti
Spagnuolo
spagnuolo), 286.
Scimmie,
3.
11,
Sparviere (sterco
di), 285.
Scoppa G.,
39.
le), 11,
11,
Scudo
riccio,
11,
'JT,
11,
268.
Scrivani,
38.
11,
265.
Sputo
nelle
mani, loi.
151.
Seca molleca
tile,
II,
canzonetta infan-
95.
(a),
Segamattone
Semenzina,
Serio L., 177.
127.
204.
Stecchi
II,
11,
conficcati
189.
per
memoria,
177.
Stella, cantante,
122.
Sfessania
(ballo
della),
4,
205,
Stendi
mia
cortina,
giuoco,
178, 204.
Sfrattapanelle: v. Settepanelle.
Stefano, ventre,
Stiva, 28.
180.
Sgualdi V.,
II,
225.
4, io, 80, 146, 177,
Sgruttendio F.,
180;
II,
4-
Shakespeare, 181.
Siegfried,
Sifilide,
11,
Strangolapreti,
11,
190.
184.
II,
Strambotto,
11,
35.
159;
276.
Strenne, 123.
Strffoli,
dolciume,
11,
11,
27.
Sigurd,
Simili
II,
184.
Studenti, 136;
8.
22,
23, 24.
(i),
commedia,
Stufe, 114-5martiel266.
Si
te
credissi
dareme
11,
Supposta, 53;
II,
149-
lo..., villanella,
Siringa, dea,
11,
6.
Tabacco,
11,
39.
11,
Tabi
11,
di Venezia,
61.
Soberbiosa
55-
grandiosa
Tafaro e tamburo
giuoco, 178.
Tacito, 47.
11,
Soldano A.,
157.
Talete, 167.
Sopratavola, 136.
353
11,
267.
337-8.
Trullo, cupola,
11,
69.
24, 80, 86,
Tasso T.,
109;
45,
II,
148.
Tufo
(del)
G.
B., 4,
Tassoni A.,
99, 208.
93, 252-3.
11,
158,
165,
175,
II,
176,
178,
179,
Tedeschi e vino,
221, 273;
4,
114-5.
11,
Tedeschi a Napoli,
Telescopio,
11,
59.
Tuppo,
pettinatura,
106.
149.
11,
Turchi, 108.
iii.
Telone (del
teatro),
11,
Tulomaglio
, titimalo,
11,
39.
Teluccini M.,
187.
11,
Tempo Tempo
II,
(simboli del),
216.
11,
212.
fer-
Uccello, uccello,
manica di
330
ro , giuoco, 180.
il,
17.
80.
Tifone, 40.
Toccaiiglia,
11,
Tocco
Toledo
(al),
giuoco,
11,
168.
(di)
36, 204.
Topo marino,
Toppi N.,
Torce
,
11,
218.
Uva corniceila, 11, 11. Uva (variet di), 11, 11. Uova (cento): v. Pazzi.
6,
272.
11,
di Venezia,
27.
Va
Torcia (ballo
della),
del),
11, 11,
124.
Toro (sangue
182.
v.
Valenza
(calice di),
11,
102.
Lava.
Varnhagen H.,
231.
(il) ,
60.
giuo-
Trattenimento, pensione,
li,
302.
Vecellio
96.
C,
185,
192, 231;
11,
14,
(a),
giuoco, 178.
Velardiniello,
165, 179-
cantore
popolare,
22.
Tribolo,
battuto,
piagni-
Venezia,
11,
83, 225.
effetti
steo, 39.
Vento e suoi
strum.
prodigiosi,
Triccaballacco,
281.
e
mus.,
11,
202.
Verde Prato:
,
v.
Penna verde.
312.
Trincole e mingole
180.
Trinculo, iSo.
G. B. Basile, Penlamerone
11.
23
354
Verrinia,
ii,
Vosseta
11,
70.
Votracone, 242.
152.
Zaflaranaro,
11,
ri8.
Vico (prov.
su),
II,
221.
125,
Villanella
II,
napoletana,
126;
Zecca (tribunale
Zeppola,
della), 272.
129-31, 265-66.
frittella, 87,
89.
11,
Villaricca: v. Paiicocoli.
128.
Zingari, 158-9;
61, 222.
13.
11,
31.
244.
52.
11,
Zucchi F.,
II,
39.
Vomero,
villaggio,
11,
Zuche-zuche,
128.
strum.
music,
11,
Vorria,
131.
crudel,
tornare...,
INDICE
DEL VOLUME SECONDO
Giornata terza
I.
Introduzione
mani mozze
p
6
i6
Cannetella
II.
La
Il
bella dalle
Ili,
bianco viso
30
44
IV.
Sapia Liccarda
V.
VI.
VII.
Lo
scarafaggio,
il
topo e
il
grillo
....
52
Belluccia
64 73
82
Corvetto
Vili, L'ignorante
IX.
Rosella
90
100
114
125 133
141
X.
Le
tre fate
Egloga
III.
Giornata quarta
I.
La stufa Introduzione
fratelli
La
I I
IL
Ili,
due
tre re animali
155
IV.
Le
Il
sette cotennurze
164
172
185
V.
VI.
VII.
VIII.
dragone
tre
Le
corone
pizzelle
Le due
I
198
sette colombi
207
356
IX.
Il
INDICE DEL
corvo
VOLUME
II
)).
222
X.
La superbia punita
.
.
236
Egloga IV.
La
volpara
244
259
267
272
Giornata quinta
I.
Introduzione
L'oca
I
IL
III.
mesi
Finto smalto
Il
278
IV.
ceppo d'oro
286
297
V.
VI.
VII.
Sole,
Luna
e Talia
La Sapia
I
figli
304
cinque
310
317
tre cedri
fiabe.
324
X.
Conclusione
alla
....
337
341