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Introduzione Da molti anni mi sono dedicata a quella che ho chiamato conversazione o dialogo con i nostri organi.

Lavvio piuttosto semplice: se possiamo entrare in rapporto confidenziale con i nostri organi attraverso il dolore, beh questo significa che il canale di comunicazione c, aperto. Da qui la considerazione banale: ma non potremmo relazionarci con loro anche a prescindere dal dolore? Non potremmo andarli a cercare, intanto per conoscerli, per vedere il mondo dal di dentro, da tuttaltra angolazione rispetto a quella abituale? E perch mai dovremmo? Beh, il nostro corpo con noi da sempre, fin dal primo soffio di vita, stato nellimmaginario di nostra madre, passato assieme a noi in ogni avventura della nostra esistenza, ha custodito in s anche il pi piccolo dettaglio, ogni pur minima memoria, ne conosce per averli vissuti gusti, sapori, aromi, freschezza sulla pelle e brividi di vento, la sbucciatura del ginocchio e il taglio sul dito, lansito della paura, il silenzio del rancore, lenorme esplosione della felicit e lacidit del rimpianto. A tutte queste increspature delle giornate, a questi eventi che si sono snodati in una sequenza piena di connessioni come a quelli che restano immoti nella loro solitudine come dolmen della vita, a tutto, a tutto ha partecipato con pienezza completa. Daccordo, ma allora? Allora, mi domandavo se non potessimo prendere in considerazione il nostro corpo e per lui i nostri organi come consulenti fedeli, leali e autorevoli nei momenti in cui ci interroghiamo su di un progetto da impostare, su una decisione da assumere, su un rapporto che ci invischia. S, proviamo a girare il discorso: siamo da tempo abituati a considerare i cosiddetti sintomi fisici come messaggi del corpo che la nostra mente dovrebbe decodificare e dotare di significato. Quasi il corpo fosse privo di una sua propria intelligenza, relegato al ruolo di animale come da millenni lo sciocco moralismo di una deriva sostanzialmente sessuofobica lo costringe. Chi alza la voce o violento un animale, appunto, non ragiona, fuori di s, uscito di senno. E se non ci fosse la mente a guidare con fermezza il nostro corpo, a educarlo a una socialit conveniente, a frenare i suoi bisogni o desideri dissennati con una corretta disciplina non saremmo pi degni di chiamarci uomini, di pretendere di distinguerci dagli animali. Che, si sa, neppure loro hanno lanima n lintelligenza, talvolta neppure le donne ce lhanno ma non va detto troppo ad alta voce. Quasi, insomma, che il percorso sia sempre a senso unico, come nella scala evolutiva che abbiamo studiato a scuola, dal basso del corpo verso lalto della mente, del cervello, del pensiero. Che, unico, guida, corregge, interpreta, dona significazione agli sconnessi balbettii che riceve. Per da un po di anni ci stiamo accorgendo che le cose non stanno proprio cos, che i segnali provenienti dal corpo hanno una sapienza grande, non sono soltanto rumori o suoni, stiamo imparando che le preziose cellule del nostro cervello sono presenti anche nellintestino e in molti altri organi del corpo. Stiamo perfino imparando a concepire che le quattro sostanze alla

base del DNA sono equivalenti ai fondamenti del linguaggio. Che, insomma, come sanno da molto tempo gli scienziati, si tratta di un unicum di cui del tutto arbitrario stabilire una gerarchia fissata una volta per tutte. Ma, volta volta, un elemento si fa guida e governo. In quel contesto, in quel momento, per quello scopo e con le risorse pi adeguate. Lattimo dopo la gerarchia si sciolta, pronta a ricomporsi secondo le nuove esigenze di un altro momento, di un altro contesto, di un nuovo scopo che user differenti risorse. Per questo, dunque, mi piace ragionare su come il corpo entra a formare i nostri pensieri, li organizza, struttura la nostra lingua: si dice, ed ben evidente se solamente ci si pone attenzione, che ogni parola una metafora disseccata e ogni metafora non che la descrizione esatta di un processo che avviene nel corpo. Allora, oltre a ritradurre in emozioni, parole, sentimenti ogni significazione del corpo, forse possiamo anche avventurarci nel percorso inverso: cogliere lascolto del nostro corpo, intenderlo, parlare la sua lingua, chiedere consiglio. Nellantico pensiero greco, e gi ai tempi di Omero lavevano dimenticato, si sapeva che il modo di respirare modificava il formarsi del pensiero: non il contenuto solamente (sono malato e mi deprimo, sto bene e ho voglia di cantare) ma la forma stessa del pensiero. I polmoni guidano il pensiero? Ma non ci ricorda lo yoga e tutto lo sterminato mondo delle discipline orientali? Esattamente come la pi moderna Programmazione Neuro Linguistica? Ecco, su questi argomenti vorrei avviare qualche riflessione. Chi fosse interessato esclusivamente alla tecnologia della conversazione con gli organi che ho impostato in ventanni, pu saltare direttamente alla seconda parte del libro, chi volesse invece conoscere i presupposti che mi guidano nellattuarla, pu seguirmi fin dallinizio. Buona lettura e grazie se potr essere messa al corrente dei pensieri, delle correzioni, delle aggiunte e delle sperimentazioni che verranno prodotte dopo avermi letta.

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