Gli déi ci guardano: La religione tra la Fondazione di Roma e il Mediterraneo Antico
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About this ebook
L’autore esamina insieme le origini più lontane di Roma e si sofferma su oggetti che conservano, in modo al di là del razionale, una certa aura di mistero.
Quindi ecco un’opera da raccomandare a coloro che amano Roma e la sua storia, ma anche a quelli che non hanno mai smesso di interrogarsi sul sacro,sul divino, sul misterioso e sulle sue origini più arcaiche. (Marco Guidi ex editorialista e inviato de Il Messaggero)
Notizie sull'autore
Domenico Oliva, avvocato, laureatosi in giurisprudenza si è perfezionato in storia e sistemi giuridici dell’antichità, in specifico di Roma antica e del Vicino Oriente Antico. Ha pubblicato alcuni scritti tematici, scrive su alcuni periodici e ha tenuto alcune conferenze e incontri universitari sull’antichità.
È, inoltre, autore di alcuni libri sull'antichità:
Esodo: Suggestioni, Teorie, Indizi, Prove, ed. Antiquitas, (2019). Percorso sulla Via Latina: Luoghi, personaggi, storie - Da Roma a Fregellae, ed. Antiquitas, (2019).
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Book preview
Gli déi ci guardano - Domenico Oliva
umano
Indice
Indice 5
Prefazione 7
Introduzione 12
La Preistoria 19
Il Paleolitico 22
Le Sepolture 26
Il Neolitico 29
L'Età del Rame 40
L'Età del Bronzo 45
L'Età del Ferro 57
Il Mito 66
ROMA 73
Roma protostorica 74
La Fondazione 84
Patrizi e Plebei 89
Il Lituus 102
Il Pomerium 106
I dintorni di Roma 114
L'homo romanus 118
La Religio 128
I Sacra privata 139
I Numina 145
I Libri Sibillini 150
Divinazione e Oracoli 158
Origini Divinatorie dal Vicino Oriente Antico 172
La Superstitio 179
Il santuario della Bona Dea 186
Il santuario della Bona Dea 189
La Repressione 190
Gli spazi sacri 196
I Sacrifici umani 207
Probabili origini Etrusche 227
Analogie con la Grecia arcaica 238
Analogie con la Grecia arcaica 239
Matronae e Religio 240
Le Influenze 248
Appendice 256
Il Nome segreto di Roma 256
Çatalhöyük e Göbekli Tepe 262
Bibliografia generale 278
Prefazione
«Nel mondo antico non esistette popolo più religioso dei romani». Un‘osservazione, questa ripetuta da tanti studiosi dell’antichità, ma che ha bisogno di una spiegazione. Si dirà più religiosi degli egizi, che vedevano una divinità in quasi tutte le rappresentazioni della natura, animali compresi?
O forse più religiosi degli ebrei votati a un dio prima più forte di tutti gli altri e poi il solo esistente?
E si potrebbe continuare a lungo con le domande e con i paragoni.
Il fatto è che, quando si parla di religione romana, bisogna sapere di cosa si sta discutendo. In particolare bisogna aver chiaro quale fosse il concetto di religione presso i romani dagli inizi della loro storia almeno fino al III secolo della nostra era. Già perché il concetto di religio a Roma aveva particolari sfaccettature. Era un tentativo di assicurarsi la benevolenza di forze che, per quanto ci si sforzasse di conoscerle,di dar loro un nome, di catalogarle rimanevano sempre oscure, imperscrutabili. Di questo deriva l’attenzione quasi ossessiva dei romani a onorare qualsiasi divinità in qualsiasi modo essa venisse chiamata e in qualsiasi modo fosse in rapporti con i viventi. Ad Atene, ai tempi della predicazione di Paolo, esisteva nell’agorà un altare dedicato al dio sconosciuto
. Beh si può dire che a Roma gli dei sconosciuti fossero ben più di uno. Ma si deve anche aggiungere che tutti fossero in qualche modo ugualmente onorati. La religione romana era insieme un patto con il divino, uno scambio tale per cui agli onori, ai sacrifici, alle libagioni, alle cerimonie doveva corrispondere una benevolentia deorum . Così come del resto una mancanza, trascuratezza, un peccato potevano provocare una reazione ultraterrena tutt’altro che benevola. Questo concetto, in qualche modo tra il giuridico e il commerciale fu sempre potente nell’animo romano. Un concetto che si estendeva anche agli dei del nemico, che venivano adottati
e onorati dai romani fin dai tempi delle guerre con Veio e probabilmente anche prima, e riveriti con cerimonie e templi e sacrifici.
Ovviamente, la religione romana non era solo questo e si può dire che essa conservasse nei suoi penetrali più profondi e talvolta persino inconsci un timore arcano verso le forze ultraterrene che non si riuscivano a spiegare e a comprendere fino in fondo. Da qui in ogni atto pubblico e privato era necessaria una stretta osservanza dei riti, delle formule, dei gesti. Sia che si trattasse di dichiarare una guerra che di sconfiggere un’epidemia o di inaugurare un ponte o di dare inizio a una giornata o a una cerimonia familiare. A queste rigorose osservanze i romani attribuirono sempre una parte importante dei loro successi politici e militari, del resto combattere sapendo che al tuo fianco, in una dimensione parallela ma efficace anche in questa, c’erano le tue divinità era un bell’aiuto.
Naturalmente tutto questo tipo di religiosità non nacque già completo e armato come Atena dalla testa di Zeus,ma ebbe ispirazioni da altri popoli, stratificazioni successive e codificazioni sviluppatesi nei secoli.
Tutto questo e molto di più è il tema di questo libro ( Gli Dei ci guardano ) di Domenico Oliva. Un libro profondo, articolato, che usa benissimo le fonti antiche e i testi esegetici moderni per aprire un grande sguardo d’insieme non solo sulla religione dei romani, ma sulla loro visione del mondo, anzi dei mondi: quello di qua e quelli di là e, di conseguenza, sul loro modo di comportarsi pubblico e privato, di intendere la vita e la morte. Per fare questo Oliva parte da molto lontano, dalla preistoria nella quale ha le sue radici l’albero possente e variegato del mito. Quel mito che costituisce ancora oggi parte dell’inconscio dell’umanità intera pur attraverso varianti e diverse visioni.
L’autore esamina insieme le origini più lontane di Roma e si sofferma su oggetti che conservano, in modo al di là del razionale, una certa aura di mistero, tale da dare un certo brivido ancora oggi a chi sa di cosa si stia parlando,come il lituo dei re, dei sacerdoti e dei pastori. Come il circuito del pomerium , destinato nel tempo ad allargarsi quasi all’intera penisola da piccolo spazio tracciato da un aratro che fu. La bellezza del racconto è quella di rendere accessibile a chi sia dotato anche solo di una media cultura una serie di analisi, concetti, usi articolati e complessi. Il che non è poco, vista la difficoltà (spesso favorita da una prosa illeggibile) di molti testi specialistici e la banalità (spesso davvero eccessiva) di molti di quelli divulgativi. Qui siamo su un altro piano. E qui compiamo se non delle scoperte certamente degli approfondimenti non usuali nemmeno per molti cultori della materia, come capita nel capitolo sui sacrifici umani che desterà certamente sorpresa (magari unita a un certo senso di rifiuto) in chi non è addentro alle cose dell’antichità.
Quindi ecco un’opera da raccomandare a coloro che amano Roma e la sua storia, ma anche a quelli che non hanno mai smesso di interrogarsi sul sacro,sul divino, sul misterioso e sulle sue origini più arcaiche.
E, last but not least, una stimolante cavalcata attraverso lo spirito più profondo dei romani.
Marco Guidi [1]
" Il Greco, sacrificando, alza gli occhi al cielo,
il Romano si copre il capo perché la preghiera
pel primo è contemplazione, per il secondo
è pensiero ." T. Mommsen
Introduzione
Nel sistema delle tre principali età in cui viene tradizionalmente suddivisa la preistoria, età della pietra , età del bronzo e età del ferro , l'espressione età della pietra prende tale nome e si riferisce alla fase dell'evoluzione umana in cui si iniziarono a costruire e usare utensili ricavandoli da pietre, legno, corno, ossa animali e conchiglie.
La fine di questo periodo viene identificata e coincide nella nascita delle tecniche di lavorazione dei metalli, da cui prendono il nome, infatti, le successive età del bronzo ed età del ferro.
L'età della pietra è caratterizzata principalmente dalla comparsa dei primi ominidi in un periodo che parte da circa due milioni e mezzo di anni fa fino ad arrivare all'8.000-5.000 a.C. che è, appunto, l’epoca in cui l’uomo iniziò a forgiare i primi metalli; l’età della pietra viene tradizionalmente suddivisa nei due periodi del Paleolitico e Neolitico , in base alle tecniche di lavorazione dei materiali e all’uso degli utensili e alle caratteristiche degli stessi.
Il principale evento caratterizzante del Paleolitico è rappresentato dalla comparsa dei primi ominidi e dalla nascita della cultura intesa come capacità non solo di progettare
in una visione futura ma anche di esprimersi mediate simboli; elementi, entrambi, che rivestono una grandissima importanza nella evoluzione della specie. Questo periodo è caratterizzato dal modo in cui vive l’umanità, un modo fondato sulla caccia e sull’assenza di tecnologie basate sulla lavorazione dei metalli, sull’agricoltura e l’allevamento.
La datazione che viene attribuita al periodo è legata alla comparsa delle prime industrie litiche individuate nell’area dell’Africa orientale e attribuite, a partire da circa 2 milioni di anni fa, a Ominidi riferibili sia all’ Australopithecus sia all’ Homo habilis .
Sulla base di rinvenimenti archeologici di grande importanza, consistenti in resti rinvenuti in Cina, a Giava e nella penisola iberica dove, in vari siti, sono stati ritrovati rari resti scheletrici e industrie litiche, si è arrivato a datare la presenza umana, in queste zone del globo, a partire da circa un milione di anni fa mentre risale a circa 1.600.000 anni fa la comparsa, sempre in Africa orientale di un nuovo ominide, l’ Homo erectus .
Negli ultimi 100.000 anni del Paleolitico si assiste a fenomeni diversi poiché appare sulla scena dell’umanità l’uomo di Neanderthal e, in alcuni casi, forme arcaiche di Homo sapiens . Quest’ultimo è l’autore, a partire da una fase avanzata dell’ultima glaciazione, di strumenti e manufatti più specializzati
e certamente differenti rispetto a quelli precedenti mentre compaiono manufatti d’osso e testimonianze artistiche consistenti in pitture rupestri come quella della Grotta Chovet in Francia o quella costituita da incisioni nella Grotta del Romito, nel comune di Papasidero in provincia di Cosenza e sepolture intenzionali.
Il graffito rinvenuto nella grotta del Romito , posta a 296 metri sul livello del mare e ubicata ai piedi della montagna, in Calabria, è una delle più antiche testimonianze dell'arte preistorica in Italia, una delle più importanti a livello europeo e consistente incisioni rupestri, tra le quali la più importante è un graffito raffigurante due bovidi ( Bos primigenius ) oltre a tracce di antiche sepolture risalenti a 10.500 anni fa [2] .
Dallo scavo dello strato risalente al 9.000 a.C. circa sono emersi alcuni semi di vitaceae
che per le loro dimensioni sono riferibili alla Vitis silvestris
; importante anche il ritrovamento di palchi di Cervo, rinvenuti sepolti in una piccola fossa cui è attribuibile un probabile significato simbolico-rituale e di conchiglie marine lavorate e usate come ornamento che testimoniano i probabili contatti con il litorale tirrenico. In altre aree d el globo si ha, in questo ultimo periodo del Paleolitico, uno sviluppo diverso delle industrie, ma la tendenza al moltiplicarsi delle tradizioni culturali
, allo sviluppo di forme di arte e di altre manifestazioni della sfera ideologica è certamente identica, mentre in Europa il periodo del Paleolitico termina all’incirca con la fine dell’ultima glaciazione, quella del Würm, intorno all’8.000 a.C., durante la quale si verificò un abbassamento generale della temperatura e una espansione dei ghiacciai in quella che attualmente è la zona temperata.
A partire dal X millennio a.C. si iniziano a registrare notevoli innovazioni nella lavorazione della pietra tra le quali la principale è rappresentata dalla levigatura mentre perdurano, sempre più perfezionati, strumenti e manufatti di pietra scheggiata, di tradizione paleolitica ; tale innovazione è stata accompagnata dall'importante novità dell’introduzione dell'uso della ceramica, dell'agricoltura e dell'allevamento del bestiame; da qui la definizione di questa distinta fase dell’età della pietra in Neolitico, appunto da νέος , nèos , nuovo, e λίθος , lithos , pietra, letteralmente età nuova della pietra. Il Neolitico è caratterizzato, quindi, da un cambiamento fondamentale nel modo di vita dell’uomo il quale da cacciatore-raccoglitore passa a essere produttore del proprio cibo con l’allevamento del bestiame e con l’agricoltura [3] che incidono profondamente sul comportamento umano e sulla storia religiosa dell'umanità che fa un decisivo passo in avanti; lo spazio sacro, infatti, assume grande importanza e appare una specie di relazione mistica fra l'uomo e la vegetazione poiché l'uomo comprende sempre più il mistero della nascita, della morte e della rinascita e, attraverso una serie di rituali, dà piena prova di ciò.
Gli scavi archeologici hanno determinato l’esistenza di una civiltà riferibile ad un arco di tempo, che va all’incirca dal 35.000 al 5.000 a.C., che ha prodotto gli stessi simboli dall’Irlanda alle regioni prospicienti il Mediterraneo ed in cui la donna verosimilmente ricopriva un prestigio tale da far ipotizzare una società
matriarcale; ipotesi comprovata dalla scoperta di immagini fittili, già di epoca Paleolitica, di quella che è stata definita la Venere paleolitica, il cui significato, oltre a quello del potere della fecondità, è certamente quello che attribuisce a queste immagini il valore di figure simboliche usate per commemorare o rappresentare riti stagionali affermando, pertanto, lo stretto legame tra la comparsa di figurine fittili, il sacro
e i rituali ad esso connessi.
Sembra ormai pacifico che le immagini, siano esse graffiti o statuine fittili o in pietra, siano inseparabili dal mondo mitico e come possano rappresentare sia la dea creatrice quanto le partecipanti a specifici rituali, tanto più che vi è una notevole quantità di figurine fittili rinvenute in associazione con altri oggetti di culto in contesti sacri.
Con il definirsi delle arcaiche forme di religione possiamo notare che ognuna ha la sua posizione sulla condizione umana e sul ruolo dell'uomo nel mondo; è qui, presso tali primitive culture, che trova spazio la divinazione che costituisce l’unica modalità attraverso cui rivolgersi al futuro.
È sull' homo religiosus e sul suo comportamento, che passa attraverso le sue differenti esperienze del sacro, che si concentra l'attenzione con riferimento al suo rapporto con una realtà che trascende questo mondo ma si manifesta in esso.
Come Eliade ha mostrato nei suoi studi, il sacro non è un momento della storia della conoscenza ma un elemento strutturale della coscienza stessa.
La percezione della manifestazione di quella realtà trascendente costituisce una scoperta che fa assumere all'uomo uno modo di esistere che possiamo definire «sacro» e che crea un universo costituito di miti e di riti.
La Preistoria
Per migliaia di anni la religione dell'area mediterranea e dell'intera Europa, nonché dell'Anatolia e del Vicino Oriente, espresse un culto rivolto ad una divinità il cui sesso era femminile, una dea, quindi, che quasi certamente rappresentava la natura; la religione è un'attività umana con forte componente mentale e orale, che diventa manifesta nella documentazione del passato solo quando l'uomo inizia il processo di scrittura; prima di quel momento, infatti, il fenomeno è nebuloso o sfugge completamente ad una comprensione piena; è, pertanto plausibile che le diverse forme in cui tale divinità veniva rappresentata si riferissero, molto probabilmente, ai vari aspetti del ciclo delle stagioni così come anche della vita, della morte e della rigenerazione.
Ciò perché è verosimile che la realtà diventa oggetto di domande, oltre che causa di apprensioni, sulla morte, la vita e il tempo e benché quella umana non sia l'unica specie a essere turbata dal fenomeno della morte, nei riguardi di questo fatto ineludibile l'uomo ha certamente elaborato reazioni culturali che nessun altro animale ha generato.
D’altra parte, sostanzialmente, molti comportamenti religiosi sembrano accomunati da interrogativi o preoccupazioni riguardanti realtà o poteri che l'uomo, inizialmente, non riesce facilmente a comprendere e che producono domande sul ciclo rigenerativo della natura.
L'homo sapiens , che si è manifestato circa duecentomila anni fa e ha dato origine a due sottospecie, l'Homo sapiens neanderthalensis riconoscibile dalle sue tombe, ottantamila anni fa, e l'Homo sapiens sapiens, l'uomo moderno, all'opera quarantamila anni fa, il quale si può definire il creatore della religiosità poiché, attraverso la contemplazione della volta celeste, ha preso coscienza della trascendenza facendo si che la sua coscienza facesse esperienza della sacralità.
D'altra parte già l'invenzione del fuoco e la sua padronanza, seicentomila anni fa, portò un profondo cambiamento nella vita e nella società dell'uomo primitivo; i giacimenti di Choukoutien in Cina, infatti, sembrano indicare che il fuoco vi sia stato mantenuto costantemente, cosa che potrebbe far risalire la nascita dei rituali del fuoco a diverse centinaia di millenni fa.
A partire dall'emergere della sua coscienza e nel fatto stesso del suo emergere, l'uomo si presenta, pertanto, come uomo religioso.
Il Paleolitico
Si può parlare di una sorta di civiltà matriarcale dell'antica Europa che giunse al suo massimo splendore nel corso del V millennio a.C., con espressioni molto evidenti del culto consistenti nella diffusione di luoghi di culto, di ceramiche dipinte, di sculture e di oggetti di carattere sacro, tutti celebranti la connessione con il mondo naturale e che hanno trovato la loro espressione nella cultura minoica di Creta e di Thera, che sopravvisse fino alla metà del XVI secolo a.C..
La religione fondata sul culto della dea, tuttavia, nonostante venne soppiantata dopo millenni di culto, costituì il fertile substrato che continuò a influenzare profondamente le successive culture europee.
Ma come nasce il culto della dea?
L'espansione neurale, riconosciuta come un fatto biologico peculiare e fondamentale dell'evoluzione umana,