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Langsax. La Spada del Re
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Ebook106 pages1 hour

Langsax. La Spada del Re

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Inghilterra. Anno Domini 1066. Il soldato normanno Roberto di Rouen viene incaricato dal Duca Guglielmo di Normandia di svolgere una missione delicata, ma allo stesso tempo fondamentale per la riuscita della campagna militare volta alla conquista dell'Inghilterra. Una leggenda vecchia di secoli tormenta la mente del Duca, una leggenda che gli impedisce di portare a termine la sua conquista, una leggenda riguardante il figlio primogenito di Ragnar Lothbrok, Ivar il Senz'ossa, che conquistò la nazione e che alla sua morte lanciò un maleficio su di essa. Un maleficio a cui nessuno sembra poter opporsi e che il Duca di Normandia deve spezzare a qualunque costo per conquistare il trono inglese. Quali misteri e leggende dovranno affrontare Roberto di Rouen e i suoi valorosi compagni, Enrico l'Orso di Caen, suo figlio Goffredo e il monaco Benedettino Elvino da York? Langsax, La Spada del Re vuole fungere da tramite tra la realtà storica dei fatti che avvennero a quel tempo e un mito tramandato dagli uomini dei fiordi che a lungo tormentarono le coste inglesi. L'intera vicenda ha un lato misterioso e leggendario che questo testo prova a immaginare.
LanguageItaliano
Release dateMar 22, 2019
ISBN9788832051223
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    Langsax. La Spada del Re - Francesco Tedone

    IdeeCreative

    Dedica e ringraziamenti

    Dedicato a tutti coloro che mi sono cari e che mi hanno supportato quando ne avevo bisogno.

    Grazie a Leonardo, a Nadia, a Danilo, a Vania e ad Aleandro per essere stati i forieri di questo racconto.

    Un Ringraziamento speciale a Manuel Ottaviani per la realizzazione della copertina ed ai Twins Knives per aver fornito gli adornamenti per la composizione della stessa.

    CAPITOLO UNO

    Un Padre

    Vento, pioggia e onde. Furono questi gli elementi che ci accolsero in Inghilterra in quella notte d’autunno. Tutti noi lasciammo le nostre case, alla volta di questa strana isola stanziata ai limiti del mondo. Partimmo per difendere l’onore offeso del nostro Signore, il grande Guglielmo, Duca di Normandia che con le sue innumerevoli imprese aveva ottenuto il maggior riconoscimento che si potesse ottenere in questa vita. Non parlo di terre o titoli, ma bensì di rispetto. Egli già all’epoca di cui narro era conosciuto inequivocabilmente e all’unisono come Guglielmo il Conquistatore.

    So che sono passati molti anni figlio mio, talmente tanti che quasi non ricordo più il tuo volto. Non ricordo neanche quanto tempo sia passato, tre o quattro decadi senza mio figlio? È un peccato imperdonabile e la colpa è solo mia. Ho anteposto collera e orgoglio al sangue, e solo adesso, quando la mia esistenza giunge al suo crepuscolo, capisco che i miei nipoti non avranno alcuna nozione su me, e che persino tu mio caro Guglielmo avrai solo un vago ricordo della persona che era il tuo genitore. Quando sei partito alla volta dell’Italia per seguire l’Altavilla, mi hai causato molto dolore, come io ne ho causato a te, per cui capirò se tu non vorrai neanche leggere queste pagine o se non vorrai che i tuoi figli sappiano chi fosse il loro antenato, ma io invece gradirei che avvenisse il contrario, preferirei che mi conoscessero, anche solo attraverso queste parole, bramerei che sapessero della loro ascendenza e di quale nobile compito è stato capace il loro antenato. Per ciò ho deciso di scriverti questa missiva. Non voglio esclusivamente raccontarti dell’ennesima impresa del mio Signore, io voglio narrarti soprattutto della parte che ho avuto in quella vicenda. Nonostante sia passato più di un decennio dall’epoca di cui ti voglio parlare, tutti gli avvenimenti che accaddero in quei giorni, sono ancora limpidi nella mia memoria, per cui proverò a descriverteli esattamente come avvennero. So che non sono molto eccelso nell’arte della scrittura, per cui un volta ultimata provvederò a cercare qualche uomo più dotto di me che revisioni il mio racconto, e che possa tradurla nella lingua che si parla nella tua terra, poiché dubito che i tuoi figli possano conoscere la lingua di tuo padre, ma non temere, anche se la forma del testo non potrà essermi attribuita, i contenuti di cui ti parlo sono veritieri e personali, ma siccome ritengo che tu non sia ben informato su eventi che accaddero in luoghi così remoti dalla tua penisola, lascia che ti introduca dettagliatamente tutti gli avvenimenti che precedettero la mia vicenda.

    La storia di cui ti narro avvenne nell’anno del Signore 1066. Al principio dell’anno il Re d’Inghilterra, Edoardo il Confessore morì senza lasciare eredi, generando una disputa su chi potesse essere abbastanza nobile da ricevere l’onore di cingere la corona al proprio capo. Alcuni anni prima di questo accadimento il mio signore, il Duca Guglielmo di Normandia si era fatto legittimamente promettere da Re Edoardo che alla sua morte, il trono sarebbe passato a lui solamente, in quanto entrambi discendenti da Riccardo Senza Paura, III Duca di Normandia. Tuttavia Aroldo Conte del Wessex, ignorò la promessa fatta dal suo sovrano, e per brama di ricchezza e potere decise di approfittare del legame di sangue che lo legava a Re Edoardo, essendogli cognato, autonominandosi Re d’Inghilterra in un atto di follia ed infamia. Il mio Signore non accettò di essere scavalcato da un uomo così vile, infatti figlio mio, molti non sanno che tempo prima del suo tradimento Aroldo del Wessex si era recato in Normandia e aveva giurato al Duca Guglielmo che lo avrebbe appoggiato nella successione al trono. Motivo per cui il mio Signore organizzò, per quasi l’intera durata dell’anno, un spedizione in Inghilterra per punire il traditore e ottenere ciò che gli spettava di diritto. Persino sua santità il Papa in persona appoggiò il Duca, che avendo il Signore dalla sua parte non poteva di certo fallire. Tuttavia sull’isola più grande del mondo Nostro Signore non avrebbe potuto avere giurisdizione, poiché su di essa aleggiava una magia potente e antica, derivante da popoli ancora all’oscuro del messaggio del nostro Salvatore, popoli da cui, mio caro Guglielmo, noi discendiamo, poiché la magia in questione era stata lanciata dal più grande e famoso uomo nativo dei fiordi che sia mai è esistito e che mai esisterà, Ivar Ragnarsson, il Senz’ossa.

    Il Duca decise di partire il 28 settembre, all’inizio dell’autunno, e noi tutti, il suo virtuoso esercito lo seguimmo e dopo due giorni di dura navigazione, giungemmo infine in Inghilterra. Nonostante Aroldo fosse Re solamente da pochi mesi, egli era riuscito a radunare intorno a se un grande esercito, che per molte settimane aveva fatto stanziare nel Sussex pronto ad accoglierci. Tuttavia quando sbarcammo nell’East Sussex non vi era nessuno ad attenderci. Guglielmo ancora una volta aveva dato prova di essere un grande stratega, scegliendo il momento opportuno per attaccare. Infatti alcune settimane prima della nostra partenza, era giunta a Rouen la notizia che Re Aroldo III di Norvegia, detto lo Spietato, era intenzionato ad attaccare l’Inghilterra per divenirne il Sovrano. Il 20 settembre infatti egli attaccò l’isola da Nord, conquistando York e sbaragliando i Conti di quelle regioni. Aroldo del Wessex quindi si vide costretto a spostare i suoi eserciti a settentrione per combattere il suo omonimo. Egli vinse. Nella Battaglia di Stamford Bridge del 25 settembre non solo annientò l’esercito norvegese, ma riuscì persino ad uccidere il suo rivale, che venne ritrovato morto colpito da una freccia nell’occhio. L’esercito anglosassone deve aver molto gioito per quella vittoria, ma l’estasi deve altresì non essere durata molto, poiché quattro giorni dopo, noi sbarcammo sulla costa inglese.

    Il Duca non dubitava affatto che Aroldo avrebbe facilmente rimpinguato i propri ranghi, tuttavia era un’altra la minaccia che turbava i pensieri del mio Sovrano. La minaccia in questione riguardava una leggenda vecchia di secoli, che aveva al centro una figura altrettanto antica, Ivar il Senz’Ossa. L’uomo di cui ti parlo figliolo è venerato quasi come una divinità dalla sua gente, persino noi normanni ne condividiamo il sangue e ne raccontiamo le storie, nonostante sia stato il più grande pagano del suo tempo e si sia macchiato le mani con il sangue di innumerevoli cristiani. Tuttavia prima di questi eventi io non conoscevo affatto questo razziatore, poiché quel poco che sapevo sui nostri antenati si limitava alle imprese di suo padre, Ragnar Lothbrok.

    Ivar Ragnarsson fu il primo figlio di Re Ragnar di Danimarca, o forse di Svezia, non ricordo bene, ma quello che non riuscirò mai a dimenticare è la storia riguardante il suo nome. Ivar il Senz’ossa, venne chiamato così perché si diceva che egli fosse nato con una grave malformazione. Egli infatti non possedeva ossa nelle gambe, tuttavia questa sua menomazione non gli impedì di essere un grande guerriero e soprattutto il più grande conquistatore del suo popolo, scavalcando in gloria persino il proprio padre, che veniva addirittura esaltato come fosse un figlio di Odino, il più grande tra gli dei norreni. Egli con inganni e battaglie riuscì a conquistare tutta l’Inghilterra, ponendo le basi per tutte le dominazioni vichinghe che si alternarono nei due secoli che separano le nostre esistenze. Si dice inoltre che egli abbia fondato York nel nord del paese e che sia riuscito persino a dominare l’Irlanda, l’isola situata ancora più ad ovest dell’Inghilterra. Egli quindi fu il sovrano con il Regno più esteso al suo tempo, ma di tutti i suoi possedimenti, quello che a lui fu più caro era proprio l’Inghilterra, motivo per cui alla sua morte egli diede disposizione che dovesse essere seppellito in un grande tumulo sulla costa meridionale, e che fosse lanciata una potente magia legata alla presenza della propria salma all’interno del proprio sepolcro. Con questo maleficio egli intendeva proteggere i suoi domini, poiché la sua intenzione era quella di impedire a

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