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Una giornata in frigo
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Una giornata in frigo

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About this ebook

Tra il fantasy e il romanzo di propaganda etica, tra la saga militare e quella di costume, “Una giornata in frigo” dissolve i confini di genere e propone al lettore una realtà apparentemente grottesca e satirica, poi col proseguire dei capitoli sempre più venata di sfumature sentimentali, semicomiche, drammatiche al punto da sfiorare il tragico.
Quale potrebbe mai essere la storia di un libro i cui capitoli (colazione, merenda, pranzo, dessert, spuntino di mezzanotte…) ricordano più le voci di un menù giornaliero? Di un libro i cui personaggi (e qui il lettore tradizionalista storcerà il naso, sospettoso) sono nientemeno che comunissimi alimenti refrigerati (lattughe dalle mille sottane, malinconiche torte alla meringa, salsicce con velleità politiche e formaggini innamorati)?
Inutile precisarlo, lo scrittore si è qui divertito a fantasticare, a trasporre le infinite storie di una nazione dei giorni nostri nei ristretti ambiti di una “società da frigo”: cambiano i nomi, il colore e la consistenza dei protagonisti, ma la potenza del messaggio etico, filosofico, comunitario, esce innegabilmente rafforzato proprio da questo straniamento di luoghi e di costumi.
Si diverta il lettore ad accompagnare un superbo salame nell’ascesa al trono del frigo, o a deridere con le streghe (gli integratori vitaminici) un goffo barattolo di strutto che suo malgrado è trascinato al centro del panorama politico del suo ripiano. Insegua egli un minuscolo pomodoro nell’erculeo tentativo di fuggire dalla sua prigione alimentare; sogni pure assieme a un anonimo petto di tacchino, che ancora spera di riprendere non solo le sembianze di uccello da cortile, ma anche di leggiadro signore dell’aria.
Se assieme a un sorriso la storia vi avrà strappato anche qualche riflessione sulla passeggera follia che è la vita dei Dudenti (“duri denti”: così sono chiamati gli uomini dalle loro stesse vivande), l’obiettivo dell’autore potrà ritenersi felicemente raggiunto.

Laureato in lingue e culture internazionali, Raffaele Isolato applica le sue ricerche in campo etico ed epistemico a novelle e romanzi che spaziano dal fantasy al noir, al filone avventuristico, alcuni dei quali già pubblicati in rete e cartaceo. In attesa di pubblicazione sono altre raccolte di saggi e i più significativi esperimenti poetici. Tra i titoli pubblicati su Amazon: Attacco al potere (La Saga dei Perfetti e degli Imperfetti vol.I), Chi vuole andare in TV?, Viaggio a Nord, Dall’altra parte del nulla, Lineamenti di religione universale, Inferno XXI (poema didascalico-allegorico in trenta canti), Il nulla imperfetto, Nati alla luna nuova, Viaggio a Lost City, L’angelo dalle ali di carta, La pietra e lo scandalo (raccolta di novelle d’argomento erotico), Il Presidente (tragedia in cinque atti in versi sciolti).
LanguageItaliano
PublisherPasserino
Release dateFeb 15, 2019
ISBN9788893454827
Una giornata in frigo

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    Una giornata in frigo - Raffaele Isolato

    d’annata

    Colazione

    D itemi voi, compare, se è lecito amareggiarsi, farsi venire il sangue chiaro e insipido come l’acqua, per via di questo limbo, mondo parallelo e intermittente d’ombre e cataclismi, in cui per qualche crudele sortilegio siamo obbligati a vivere.

    Sortilegio? Siete sospettoso, compare. Io, dal canto mio, più fatalista. Vedete quel palco lassù? Quello di Gualtiero e compagni?

    Gualtiero. L’acerrimo nemico del mio pupillo?

    E non solo suo, credetemi. Quel giovane è però un segno di speranza per noi tutti, e per il futuro a lungo termine a Firgi. Anche qui possono scoppiare passioni, divampare gelosie, nascere nuovi amori…

    Anche qui, proprio come in un supermercato? Ma ragionate, compare Pipino, ragionate assieme a me…

    E così compare Pipino e l’amico Romulo se ne andavano su e giù per il terzo ripiano, conversando amabilmente e talvolta indulgendo in ingenue provocazioni per ingannare il tempo interminabile di quella prima mattina.

    A Firgi si avvicinava l’ora delle intrusioni del Fato orrendo e imprevedibile nelle pacifiche vite dei suoi abitanti. Molti l’aspettavano facendo finta di niente e preparandosi impavidi alle beffe crudeli del destino, come i nostri due amici; altri se ne stavano acquattati il più lontano possibile dalla frontiera, come madama Salada e le sue attendenti. Frusciante nei mille verdi strati del suo vestito, attenta a ogni minima imperfezione della tessitura, Salada spiava ad ogni momento i palchi di fronte: una delle ragazze era appena tornata dal piano inferiore, e ciononostante non riusciva a resistere all’attesa estenuante.

    Gliel’hai ripetuto che mi si seccano le foglie? Già qua, osserva, uno e due strati di verde cupo, spento ormai. Devo strapparmi l’anima per convincerla a venire?

    La servetta, trafelata e non ancora ripresasi dalla lunga corsa, continuava ad annuire e a lisciarsi la chioma precocemente appassita:

    Sapete com’è fatta la Longa, signora. Non riesce neppure più a piegarsi, poverina.

    Piegarsi? Le basterebbe anche un piccolo inchino! È piena fino all’orlo, disperata me!

    E Salada continuò a portarsi dietro la coda di veli sfrangiati per quasi una mezz’ora, quando a un sussulto dello sportello giunse la tanto attesa pioggia d’acqua fresca:

    La Longa! Finalmente!, corse ad affacciarsi la serva dal cassetto.

    Le attendenti e la padrona ridevano e si schizzavano con vezzi di bambine, beandosi dell’istantaneo, ritrovato rigoglio delle vesti di smeraldo, delle lunghe ciglia di filamenti vegetali che quasi intercettavano e sorbivano l’umidità serpeggiante nell’aria gelida di Firgi.

    Quando la Longa vuole… La Longa può!

    Ma il buonumore di Salada dovette presto soccombere all’altra, terribile conseguenza della pioggia di vita di poco prima. Lo sportello aveva tremato, e la Longa s’era inchinata per un motivo tutto sommato plausibilissimo.

    Signora, i Dudenti…

    Il sorriso si smorzò sulle labbra fresche e redivive di madama Salada, che raccolse le vesti e tornò a rannicchiarsi, come morta, in un angolo del cassetto. Le ragazze le si disposero attorno a corona, mentre un paio di ripiani sopra, anche i due compari Pipino e Romulo si rizzarono immobili sull’attenti, come due statue di cera mai svegliatesi al primo respiro della vita.

    Sempre a lasciare svitato il tappo dell’acqua. Se continuava a perdonare ai gemelli quelle disattenzioni, andava a finire che si sarebbe trovato un mare di grattacapi da risolvere per il prossimo weekend. Erano gli unici due giorni in cui i Formighelli avrebbero potuto passare del tempo insieme senza le incombenze di scuola o lavoro, ed era un peccato amareggiarsi ad ogni momento per uno stupido incidente come quello che gli aveva appena inzuppato le pantofole.

    Gli era venuta addosso una cascata d’acqua. Pazienza.

    L’ingegner Casimiro Formighelli andò scalzo, il capo ancora ciondoloni per il sonno, a prendere uno straccio dal lavandino. Per fortuna era riuscito a sollevare la bottiglia prima che si riversasse intera sulle piastrelle: tanto per cominciare, occorreva tamponare il danno. Gli cadde l’occhio sul cartone del latte scremato, rimasto lì sigillato da un paio di settimane, e si chiese se non fosse finalmente giunto il momento di passare a una colazione light. Mettersi a dieta… perché no? Cinque o sei giorni fa si era pesato ed era subito scappato dalla bilancia non appena l’ago aveva indugiato su quei cinque chili di troppo messi su dall’ultimo natale. Non che i suoi gliene facessero una colpa, però aveva notato certe occhiate accusatorie della moglie quando la mattina precedente aveva stentato ad abbottonarsi i pantaloni, che così impeccabilmente gli erano andati fino a un paio di mesi prima. Meglio non sbagliarsi… meglio iniziare subito da una colazione senza grassi. Anzi no, digiunare: avrebbe preso una sciocchezza al bar più tardi, andando in ufficio.

    Avvertì dei passi dietro di lui e si voltò con un sorriso colpevole, lo straccio già tutto inzuppato accanto alle pantofole.

    " Lasci, faccio io signor Casimiro. Che è successo? Roba da nulla, dia a me."

    Mariella, la signora che aiutava sua moglie Amanda in casa, si impadronì del mocio lavapavimenti dall’angolo dietro il frigo e in un attimo fece sparire ogni traccia d’umido dalle piastrelle:

    " Preparo subito la colazione. Uova anche stamane?"

    " Oh no, la ringrazio. Prenderò un caffè più tardi, al bar."

    La donna stette a fissarlo un secondo di troppo, l’asta del mocio ancora salda tra le mani:

    " Non dovrebbe mangiare al bar, se può farlo qui a casa. È più sano…"

    " Sa com’è…, fu costretto a giustificarsi Casimiro, prendendo le pantofole e salvandole dalla spazzolata di Mariella prima che fossero spinte via sotto il frigo, Sarebbe bene che iniziassi un po’ di dieta…"

    " Ma non dalla colazione, nossignore! La colazione è sacra, l’aiuta ad affrontare la giornata… Se poi a pranzo mangia poco o niente, come fa?"

    E dagli lui a spiegarle che quella mattina non aveva proprio appetito, che magari al bar oltre al caffè avrebbe preso anche un cornetto, e che a pranzo non si sarebbe accontentato di un’insalatina insipida come quella delle modelle della pubblicità in televisione.

    Già di malumore, e risoluto a tenere il puntiglio nonostante lo stomaco avesse preso a brontolargli in protesta, il signor Casimiro Formighelli si sedette a tavola con il quotidiano del giorno prima, e aspettò che il resto della famiglia si presentasse in cucina per il primo pasto della giornata.

    Ma dico io, un po’ di ritegno!, brontolò Alvise, il cartone del latte scremato, al vedere la Longa bistrattata senza ragione, dopo che si era lasciata andare a quella doccia d’acqua benefica sulla povera Salada.

    Le due bottiglie di latte intero, Isotta e Cassio, aiutavano la vittima a sistemarsi meglio sul loro scomparto adiacente allo sportello, mentre intorno si affacciavano curiose le testoline degli altri alimenti appena scampati al primo saccheggio della giornata.

    Questi Dudenti, mormorava Isotta, soffiando via le ultime goccioline dal collo della bottiglia d’acqua, non si accontentano di succhiarci il sangue. Ora vogliono che lo gettiamo pure agli strofinacci…

    Dal canto suo la Longa, ormai rassegnata alle invadenti ingerenze del destino, lasciava fare. Tossì, si scosse un po’ per sistemarsi, poi pensò bene di rassicurare la compagna di scomparto:

    Non angustiatevi, Isotta. Va meglio. Non ne ho persa molta.

    Intanto, sarà meglio che madama Salada si accontenti di farla al rubinetto, la doccia. Non sia mai che per avere fresche le foglie, dobbiate rimetterci voi.

    Nessun disturbo, vi ripeto.

    Sempre troppo buona, voi…

    Intanto Alvise seguitava a borbottare dall’angolo suo, ostinato, reggendo per il collo Candia, la bottiglina figlia delle altre due grandi e grosse di latte intero. La giovinetta tremava e non si arrischiava a chiedere ai genitori il motivo di tutto quel frastuono: era nuova di Firgi, lei, e non aveva neppure capito chi fossero di preciso quei mostri che avevano usato una violenza così terribile alla zia Longa.

    Mamma e papà li chiamano cerberi, ma poco fa una delle prezzemoline di Salada ha parlato di Dudenti…, si decise a intavolare il discorso con Alvise, che alla fine interruppe l’incomprensibile borbottio per accennarle un sorrisetto di benevola commiserazione:

    Dudenti perché hanno denti duri, piccolina mia. Ma a noi non riguarda: è una minaccia di cui devono preoccuparsi solo i cibi solidi.

    Nessuna minaccia per noi?, fece Candia, speranzosa.

    Un’altra, semmai. Quelli a noi bevono il sangue.

    O dio, che cosa…

    E subito la bottiglina si accostò alla madre che aveva appena finito di ripulire la Longa. Era così graziosa lei, tutta in vetro e con un’etichetta supplementare sul bavaglio che diceva edizione limitata: in effetti rispetto alle altre bottiglie di latte intero, in plastica e tutte bombate in vita, lei era una delle pochissime a esser stata fabbricata in scala ridotta, snella e affusolata, con un aspetto che ricordava i tempi d’oro della vendita del latte porta a porta.

    Mamma, stava per chiedere accorata, lo zio Alvise ha appena detto…, quando fu interrotta da un fischio assai familiare che giungeva dalla mensola superiore. Candia arrossì e si rimangiò subito la domanda.

    Ancora lui? Ma quando metterà a posto il capoccione?, fu la reazione di Cassio, che nonostante la seccatura non poté trattenersi da volgere a moglie e figlia un sorrisino divertito, in aspettativa di quel che sarebbe accaduto a breve.

    Era proprio lui, Gualtiero l’uovo, ad aver così richiamato l’attenzione del reparto bottiglie. Pretendente clandestino alla mano di Candia, si contendeva quest’onore con l’altro aspirante fidanzato, il giovane e panciuto pomodoro Brando. Il fischio aleggiava ancora la sua eco per i ripiani superiori del frigo, che già quest’ultimo aveva fatto capolino coi suoi scagnozzi, dal cesto dove i freschi frutti maturi erano stati riposti in attesa della passata di mezzogiorno.

    Oè, ovetto! Di buonora stamattina!, gridò volto allo scomparto delle uova, puntando con la crestina vegetale al più grosso e paonazzo dei sei che occupavano la confezione semiaperta.

    Gualtiero cozzò il capo calcareo contro il vicino di seduta, e gli urlò qualche insulto reso incomprensibile dagli schiamazzi degli altri cinque.

    Sta’ calmo, o ti si crepa il guscio!

    Palla di succo!

    Ammasso di gelatina!

    Sali qui sopra se hai il coraggio!

    Scendi tu, o hai paura di spiaccicarti ai piedi della tua bella?

    La faida iniziò anche tra gli scagnozzi delle parti avverse: i pomodorini che facevano da guardie del corpo a Brando, Mondo e Tondo, sputarono semini in direzione degli equivalenti di forma ovoidale, Moon e Olaf. Moon si sporse tanto che a un certo punto perse l’equilibrio e precipitò di sotto, praticamente addosso al cespo di lattuga che attutì il colpo e gli salvò la vita.

    Attenzione! Mi stropicci il vestito!, si scrollò madama Salada, mandando a rotolare Moon dall’altro lato del cassetto della verdura.

    Ehi Gualtiero! Non vieni a salvare il tuo amico? Mira al morbido prima di buttarti, però!

    Alla battuta di Brando fecero eco gli sghignazzi delle prezzemoline e dell’intero cesto dei pomodorini; il capo-uovo non si fece ripetere l’invito due volte e si lanciò in uno spericolato rotolamento lungo gli scaffali della margarina, delle alici sott’olio e del tonno in scatola. Approdò infine giusto ai piedi dei genitori di Candia, che si erano ritratti perché il fragile alimento non si sfracellasse contro i loro solidi contenitori.

    Questo è indecente!, commentò Alvise, arrossendo assieme alla nipote per l’inaspettato oltraggio. Il ridicolo ovetto si era spinto troppo innanzi, senza neppur chiedere formalmente la mano di Candia; se ora si aspettava di ottenere così all’improvviso l’ambita ricompensa, in sfregio all’impertinenza del pomodoro…

    Via di lì o ti frantumo il guscio!, giunse la minaccia di Brando, precipitatosi a salvare la sua principessa.

    Visto che sono qui, sorrise Gualtiero per meglio istigare il rivale, ne approfitto per testimoniare alla pregevol forma d’ogni autentica bellezza, che dal primo giorno mi ha stregato il cuore…

    Via di lì, ti ho detto!

    E Brando prese la rincorsa per urtare l’uovo e farlo schizzar via dal ripiano della loro amata. Candia strinse le pallide labbra in una smorfia di raccapriccio, e Alvise se la tirò di fianco per evitare che assistesse all’ormai inevitabile frittata.

    Questo è troppo… digrignò fra i semini Brando, udendo i lamenti dei suoi fratelli pomodori, dal cesto in cui (fortunatamente per lui) era andato a precipitare l’uovo catapultato. I compagni di quest’ultimo, Moon, Olaf e Love gli davano già man forte per aiutarlo a raddrizzarsi e a fronteggiare il nemico più dignitosamente.

    L’affronto è a tutti noi! È guerra! È guerra!, strepitavano già gli altri pomodori, riavutisi dallo shock e controllandosi la lucida buccia per riconoscere graffi o lesioni.

    La crestina puntata contro gli ovetti alla carica, i pomodori stornarono a stento l’impeto della prima rotolata. Un uovo più grosso del solito stava quasi per vincere la resistenza di Brando e spremergli qualche goccia di succo, quando una botta inaspettata lo mandò a incrinarsi sulla parete del frigo.

    Romulo!, esclamò Brando, rialzandosi e dando a vedere dall’espressione seccata di non gradire affatto quell’intromissione.

    La bottiglia del ketchup, il cappello alle ventitré e la solita aria strafottente da so-tutto-io, salutò tutti con un rigido inchino e si mise accanto al pomodoro per sfidare Gualtiero e i suoi.

    Siamo parenti, no?, si giustificò con Brando, strizzandogli l’occhio.

    Ma è solo una questione tra uova e pomodori!

    Amico, mio, perché sporcarti con quella gelatina? Guarda là com’è conciato il poveretto…

    E sempre sogghignando Romulo indicò al cugino e agli altri il povero Love, rantolante col guscio ammaccato, in una pozza di gelatina che continuava ad allargarglisi ai piedi.

    Facile vincere con una bottiglia rigida! Sono contento almeno che Candia abbia visto coi suoi occhi di che pasta sono fatti i traditori!, si sfogava intanto Gualtiero, accorso coi suoi a prestare aiuto al compagno. Love venne risollevato, tamponato, mantenuto cosciente per quanto possibile fino all’arrivo della senape.

    Guarda cos’hai combinato. Potevamo schiacciarli benissimo anche senza di te, sibilò Brando a Romulo, voltando le spalle alla scena pietosa e rendendosi conto con dispetto che Candia e le altre bottiglie del latte erano tutte concentrate sul dramma delle uova.

    Romulo scrollò il capo, lasciando che il cappuccio aperto del dosatore oscillasse da una parte all’altra, comicamente:

    Scusami tanto, allora. A me sembrava che quell’energumeno te ne stesse dando di santa ragione…

    Ti sbagli!

    Sarà… Allora è come dici tu. Mi perdoni?

    Soltanto se mi giuri che non ti intrometterai mai più!

    D’accordo, d’accordo.

    E basta con questa storia che siamo parenti!

    Ancora incredulo? Non è rosso pomodoro il sangue che mi scorre nelle vene? Non ricordo io stesso il calore del sole che maturò i miei, di frutti? E così, quando la loro salsa mi fu pompata nelle vene, assieme all’aceto e al limone, allo zucchero e alle spezie…

    Brando gli si parò davanti, furente:

    Basta così! Non voglio più sentir parlare di passata, tanto meno da uno come te!

    Oh, non era mia intenzione…

    Ma già al ketchup si era stampata sul viso la risatina ironica che lo rendeva così odioso a mezzo frigorifero: si guardò intorno quasi temendo di attirarsi addosso un’altra rissa, e s’inchinò rispettoso al suo parente presunto, prima di tornarsene ai piani alti.

    Alvise era il solo adulto che, per tutta la durata del dramma, non si fosse lasciato andare a grida di denuncia o di tifo per una delle due parti in causa. Quando Pipino, la senape, si fu portato via l’uovo incrinato, e il ripiano fu sgombrato degli ultimi residui della battaglia, scosse appena la nipote per farle riaprire gli occhi:

    Coraggio, non c’è più nulla di cui aver paura.

    Oh, zio. A causa mia?, chiese la giovane, specchiando la lucentezza del suo latte dolce in quello opaco di lui.

    Ma è sempre a causa della bellezza, che si cimentano i più forti in campo, cara mia. Ti ho mai raccontato della leggendaria lotta tra cacio e taleggio per la conquista della più tenera mozzarellina di bufala che mai fosse entrata in un porta-formaggi?

    Ma il racconto di Alvise fu troncato dal brusco permesso? della maionese, una signora un po’ avanti degli anni di nome Carola, che cercava di nascondere l’ingiallimento alla radice dei capelli con qualche ridicolo filamento di plastica della vecchia confezione.

    Non consentirete mica a vostra figlia di dar qualche pegno d’interesse a uno di quei bruti?, aggredì immediatamente Isotta, quasi ne andasse di mezzo l’onore di tutti gli alimenti a base di latte del frigorifero.

    La madre di Candia, smarrita, si consultò col marito che bloccò sul nascere ogni nuova contesa:

    Non è stato deciso ancora niente, Carola. Certo, se dovesse continuare così…

    Ma certo che continuerà così! A cosa vuole che porti questo sfregio alla classe delle uova, causato per di più dall’entrata in campo di quella stupida salsa speziata? Oh, e se le uova dovessero chiedere il mio intervento? Lei sa, lei sa Cassio mio, che io e Gualtiero siamo imparentati…

    Divertito senza darlo a vedere, Cassio diede un colpetto affettuoso col collo sul coperchio della maionese:

    Sono convinto che una signora come voi non si spingerebbe mai così in basso…

    Può dirlo forte, questo non si discute! E tuttavia…

    E tuttavia, proseguì Isotta, un po’ malinconica e già stanca di tutta quell’inutile melodramma, la primavera è bella finché dura.

    Che volete dire con questo?

    Che fin quanto si è giovani ci si può permettere di far la preziosa, e tenere in aspettativa uova e pomodori. Quando poi l’inacidimento avanza…

    Carola si scosse tutta, avvampando in viso al sospetto dell’illecita allusione:

    Vorreste forse dare vostra figlia in pasto a uno di quei manigoldi?

    Lungi da me, lungi, signora mia, sospirò tristemente Isotta. Soltanto, non vorrei che troppo brusco fosse per la mia bambina il risveglio da questa dolce, inviolata freschezza. Non ha ancora tre giorni, e il suo latte è così poco…

    Candia voltò lo sguardo interrogativo alla visitatrice, che stimò prudente ritrarsi per non dar peso ai presentimenti della sua buona mamma. Nessuno osava ancora immaginare, in quelle prime ore della mattinata in casa Formighelli, quanto stessero per rivelarsi veritieri i sospetti della bottiglia di latte intero.

    Gualtiero, intanto, era stato persuaso dai suoi a non lasciare impunito l’ultimo affronto di quei vegetali all’onore delle uova, tanto più che proprio alla fine si erano avvalsi dell’aiuto di un esterno alla disputa, violando i mutui, impliciti patti di cavalleria che avevano sempre regolato ogni loro scaramuccia.

    Ha rischiato di uccidere uno dei nostri, e tutto per una bottiglina…

    Forse non ha tutti i torti. Forse è vero che infondo il guscio non è nulla, e che siamo fatti soltanto di gelatina… Molli…, sussurrò Love nel delirio. Pipino gli teneva alzata la testa, perché la falla nel cranio non lasciasse scorrer fuori tutto l’umore: era risaputo che se un uovo perdeva una sola goccia del tuorlo, sole e vita concentrati nel loro essere, sarebbe stata la fine.

    Non sforzarti. Gliela faremo pagare, lo sai.

    Mi sento così debole, capo. Magari è tempo di farla, questa frittata.

    Gli occhi lucidi di lacrime, Gualtiero si rivolse a Pipino che ritenne opportuno parlargli in privato. Si ritrassero all’altro estremo del ripiano, lontani dal cartone dove Olaf e Moon, assieme alle altre uova, facevano da corona all’invalido delirante.

    Per lui la battaglia è finita. Non potrà più rotolare, e dovrà porre massima attenzione a ogni movimento: la ferita è stata tamponata, ma non tarderà a riaprirsi e ad estendersi per qualsiasi mossa troppo brusca, confidò la senape, dominando con lo sguardo la Sala Zero dirimpetto, e il sottostante reparto dei formaggi. Aveva assistito a parecchi decessi d’uova fresche durante la sua lunga esistenza lì nel regno di Firgi, e aveva capito che per ogni uovo ferito, sarebbe stata mille volte da preferire la morte a una vita di stenti e privazioni invalidanti.

    Dice che ha perso la dignità, che sa di essere solo della gelatina…, si lasciava andare Gualtiero, intanto. Aveva perso ogni ritegno e singhiozzava liberamente, sapendo di poter confidare nella discrezione dell’abile dottore.

    Parole senza senso. Dovete considerare che è stato a un passo dalla morte…

    La chiami pure frittata! È questo il gergo per la fine, tra noi uova. Ci prendono tutti in giro per la nostra fragilità, perché sotto l’apparenza di una corazza sottile come una foglia di prezzemolo, non nascondiamo altro che una poltiglia d’albume e arancio. Ma lo sanno loro, dottore…? Lo sanno quelli che ci giudicano, in che paradiso di calore, e dolcezza, e palpitanti viscere noi siamo stati concepiti?

    Pipino tossì per invitarlo a darsi un contegno, ma aspettò che concludesse il suo patetico sfogo.

    In noi sta rinchiuso il giallo della vita, la matrice cellulare per la nascita del dio dell’uovo, e della carne, e di tutta la materia che popola l’universo! Da un uovo, dottore, da un uovo è nato tutto questo!

    E Gualtiero si volgeva intorno a indicargli ripiani e mensole, formaggini e wurstel, tonno e cipolline. Il dottore annuì col capo più per fargli piacere che per convenire con le sue balzane teorie:

    Sono convinto che a Isotta e Cassio non sarà sfuggita la nobiltà della vostra stirpe. Contrariamente a quello che si pensa, le uova sono alimenti essenziali, importanti per la vita di molti altri esseri dipendenti dalla catena alimentare…

    È quello che cerco di ripetere a quei palloni gonfiati dei pomodori, dottore! Che hanno di meglio da offrire, loro, a una così delicata, soave bottiglietta di latte?

    Sono sicuro… Vedrà che un giorno o l’altro l’evidenza di questa vostra tesi…, balbettò il dottore, volgendosi speranzoso a un ticchettio di vetro sulla mensola, segno dell’arrivo di un nuovo visitatore.

    Allo sporgersi di Carola da dietro uno dei vasetti di alici, Pipino colse l’occasione per congedarsi e dare le ultime raccomandazioni al capo-uovo sulla cura dell’ammalato.

    Si è già ripreso, dottore?, ruppe il ghiaccio la maionese a mo’ di saluto.

    Ricevute le poche, essenziali informazioni, seguì l’uovo al capezzale di Love. Gualtiero pareva seccato della sua visita; e a ragione, sospirò Carola in cuor suo. Nondimeno si fece forza e gli raccontò in presenza di tutti il suo colloquio con i genitori di Candia, omettendo ovviamente i suoi consigli di lasciar perdere entrambi i corteggiatori:

    Mi è dispiaciuto non essere intervenuta, ma sai come può essere imprevedibile Romulo. Vedi il lato positivo: anche Alvise si sarà reso conto che non c’è da fidarsi dei pomodorini e dei loro subdoli alleati. Resti solo tu in piazza… devi farti avanti finché sei in tempo.

    Carola parlò tutto d’un fiato, dicendo in verità assai più di quello che voleva lui sapesse; si stava pugnalando il cuore con le sue stesse mani, e forse lui non l’avrebbe mai neppure sospettato.

    In effetti, Gualtiero non si scosse dal suo rigido portamento:

    Non sono affari che ti riguardano. Sarei andato io a parlare coi suoi genitori.

    Ma loro non ti avrebbero neppure ricevuto, lo sai! C’è Alvise che si è autoproclamato tutore della ragazza!

    Alvise è solo un cartone di latte avariato!, gridò Gualtiero, lasciando finalmente andare tutto il suo malumore. Love alzò a fatica il capo dal giaciglio, sorridendo debolmente.

    Sei tu, sei tu che sbagli. Cosa ci troverai in una bottiglietta esile come un gambo di sedano, con del sangue che pare acqua pallida…

    Carola si portò le mani alle labbra, temendo di scoppiare in singhiozzi prima di finire la frase. Che senso avrebbe avuto dichiaragli il suo amore, se lui ormai non aveva occhi che per quella lì? Non era bastato neppure il ferimento di uno dei suoi compagni più fidati, per raffreddare la sua insana passione per Candia.

    In effetti Gualtiero parve non badare alla sua commozione; continuava a fissare Love che si riappisolava, poi sembrò che nemmeno si rivolgesse a lei in particolare:

    Va’ da Pantaleo. Rassicuralo su quanto è successo, e digli che almeno a breve non ci saranno ripercussioni. Se vuoi aiutarmi, devi farlo accanto a lui.

    Già, ribatté Carola, asciutta e ormai a sangue freddo. È lui il pezzo grosso. Più denso, e duro, e grosso di quanto mai uno qualsiasi di voi ovetti potrà mai aspirare a diventare.

    La maionese si voltò e lasciò le uova al loro ammalato, taciturne e interdette, senza aspettare commenti. Gualtiero si appressò a Love quasi in punta di piedi, e con un cenno del capo chiese ai compagni di allontanarsi per richiudere sul ferito la confezione ormai vuota.

    Il silenzio dietro lo sportello del frigorifero cominciava ormai a essere interrotto sempre più di frequente da rumori e voci di Dudenti affamati, quando Brando osò richiamare l’attenzione della bella Candia dal cassetto delle verdure, per mezzo di una prezzemolina lautamente ricompensata. Ingannando lo zio con una scusa banale, la bottiglietta del latte si sporse da un angolo dello scaffale dove abitava, per parlare al suo coraggioso pretendente.

    Mi dispiace per oggi. Non avrei voluto farti assistere a uno spettacolo così violento, le si rivolse Brando, celando l’imbarazzo dietro il suo colorito eternamente acceso, come di fuoco rappreso.

    Non poté celare il suo Candia, pur sempre splendente di purezza e dolce aroma di latte appena munto:

    Non fartene cruccio. La mamma dice che la decisione spetta comunque a me.

    E zio Alvise…

    Zio Alvise capirà.

    Candia sospirò, e Brando approfittò di quell’attimo di simulata debolezza per saltare sul bordo del ripiano e farsi a un passo da lei, occhi negli occhi:

    So che di noi due preferisci me. So che in cuor tuo hai già scelto.

    Brando. Tu non sai niente.

    Dimmelo allora, che preferisci quel guscio pieno di niente. Uno che friggerebbe soltanto a tenerti la mano…

    Il riso divino, incontenibile di Candia fu rovinato dall’appressarsi di Alvise, che immediatamente ingiunse alla nipote di rientrare. Ormai sicuro della preferenza della ragazza, Brando non si ritrasse, ma restò a sfidare il vecchio pur con lo sguardo fisso alle forme vitree, leggiadre di lei.

    Sei un pazzo, se speri di farla tua in giornata, fu tutto quello che ebbe da dirgli il latte scremato, prima di voltargli le spalle.

    Forse non oggi, ma domani, chissà. So che la signora Isotta non mi è ostile!

    Sei imprudente come l’altro. Da voi due, non potrebbe nascere un pretendente valido neppure a impastarvi assieme.

    Voi mi giudicate male…

    Ti giudico per quello che sei. Un incosciente!, si voltò finalmente Alvise, avvicinandoglisi di scatto fin quasi a fargli perdere l’equilibrio. Non sai che è ora di colazione, e che la sorte di Candia fu decisa sin dall’ora in cui mise piede per la prima volta qui a Firgi?

    Brando rimase a silenzio per un tempo che sembrò a entrambi eterno, denso di minacce e di un’invincibile tristezza:

    La colazione…

    Lei è preda consacrata ai Dudenti. Preda di una sola mattinata…

    Non tornerà?

    È troppo piccola, troppo ingenua. Non tornerà.

    I rumori dietro lo sportello si fecero d’un tratto più forti: sul frigo discese la nuova, spettrale atmosfera che annunciava una nuova stagione di mietitura.

    Ai vostri posti! Ordine, ordine!, echeggiava per i ripiani la voce di Pantaleo, il parmigiano capo della polizia.

    Brando non ebbe neppure il tempo di asciugarsi le lacrime che involontariamente avevano preso a rigargli la buccia: cadde all’interno dello scomparto delle bottiglie proprio mentre lo sportello di Firgi si schiudeva all’ingresso del gigantesco braccio del Dudenti.

    Che ti avevo detto? È troppo tardi, l’avvertì Alvise, facendogli scudo, suo malgrado, con la sua rispettabile mole. Candia gli si stringeva contro, mentre i genitori si offrivano impavidi alla mietitura del mostro tentacolare.

    Non tremare… sta’ tranquilla…, Brando si sforzava di rassicurare Candia, benché neppure fosse sicuro se in un tal frastuono le arrivasse la sua voce a un palmo di distanza. Finalmente la vide annuire, poi però strillare inconsolabile all’estrazione di suo padre, Cassio, dal reparto bottiglie.

    Non prenderanno anche te. Te lo prometto…

    Intanto erano spariti la marmellata, il burro e una tavoletta di cioccolato che Bardo aveva conosciuto un paio di giorni prima e con cui aveva stretto grande amicizia. Qualcuno dal mondo di fuori reclamava ancora del latte, e uno speciale riguardo per la confezione premio promessa la mattina prima.

    Sta’ a vedere. Deve ancora arrivare il giorno che l’avranno vinta su un pomodoro…, sibilò Brando, roso dall’ira e più rosso del peperone Puccio Pepe, suo vicino.

    Puntò il codino aguzzo alla mano paffuta di bambino che si avvicinava impunemente alla sua bottiglina, e riuscì a pungergli (solleticargli?) l’epidermide al punto da stornare su di sé l’attenzione del Dudenti. Fu un attimo: i tentacoli rosei gli si appiccicarono addosso, lo spremettero fin quasi a fargli scoppiare le viscere, e lo trascinarono alla luce intensa, innaturale, del mondo di fuori.

    Oh Dio! Mamma! Lo portano via! Lo portano via come il papà!, gemette la povera Candia, più bianca e splendente che mai nel pallore dell’angoscia.

    Isotta non poté far altro che rassicurarla sul ritorno del padre: Ha ancora molta altra linfa al suo interno. Non lo prosciugheranno per oggi, bambina mia.

    Ma Brando…

    Su di lui non so dirti, tesoro. Un pomodoro a colazione, non si è mai sentito a memoria di Firgi.

    Persino il vecchio Alvise scosse il capo, quando Candia cominciò a tempestare di domande anche lui. Indubbiamente il giovanotto si era sacrificato per posporre la sorte ormai segnata della sua nipotina, ma per quanto tempo sarebbe riuscito a stornare l’attenzione di quei mostri dalla vittima ideale dell’alimentazione di prima mattina?

    Unico ancora in vena di scenate dopo la chiusura dello sportello, il parmigiano Pantaleo rimproverava aspramente gli alimenti che avevano osato contravvenire alle leggi d’ordine del regno, durante l’ora dei pasti dei Dudenti:

    Che nessuno si azzardi più a lasciare le proprie abitazioni, e i posti assegnati loro dagli dei! La legge vale anche per voi, pomodori indisciplinati!

    A casa Forgmighelli la prima colazione era senza dubbio il momento più caotico e meno organizzato della giornata. Eccitati per l’imminente ritorno ai banchi di scuola, e ristorati dal lungo riposo notturno, i quattro figli di Amanda e Casimiro finivano per trasformare la cucina in un autentico campo di battaglia, senza riguardo per cose o adulti. La signora Mariella era sempre in giro a levare tovaglioli a barchetta dalle mani di uno, e a impedire all’altro di utilizzare forchette e coltelli come soldatini all’attacco: eppure ogni volta c’era qualcosa che le sfuggiva, portando inevitabilmente all’immancabile tragedia che faceva dannare la padrona di casa.

    Ah, se fossero stati figli suoi! Un manrovescio e una giornata a scuola senza merenda: ecco quello che ci voleva! Che facevano

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