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Perfect Vol.1: Passione e rivolta
Perfect Vol.1: Passione e rivolta
Perfect Vol.1: Passione e rivolta
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Perfect Vol.1: Passione e rivolta

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Perfect Vol.1 - Passione e rivolta
Uno degli interrogativi più appassionanti dell'essere umano riguarda il Tempo. Cosa accadrebbe se ci toccassero in sorte tutti gli anni che vorremmo, se si bloccasse la sabbia nella clessidra di Crono, e alla primavera della vita non succedessero che altre, innumerevoli primavere? Perfect (Passione e rivolta), primo volume della trilogia omonima e completo a 600.000 caratteri, è la storia verosimile dell'umanità all'indomani della sensazionale scoperta del Cryostamen, la cosiddetta “formula dell'immortalità”, ad opera dello scienziato californiano Carter Wirthmann. Il mondo è devastato dagli effetti collaterali di quest'ennesima sfida al corso naturale delle cose: l'inquinamento ha trasformato il pianeta azzurro in una distesa arida e invivibile, le più grandi metropoli sopravvivono sotto cupole di plexiglass che preservano la salubrità dell'aria, e la società appare divisa in due grandi, inconciliabili insiemi. I Perfetti sono coloro che hanno potuto accedere al trattamento col Cryostamen (per solo privilegio di casta, di denaro, o di potere), mentre gli Imperfetti sono tutti i cittadini che trascinano le loro esistenze di mortali all'ombra dei primi, tra umiliazioni, indigenza, e morte in giovanissima età. Sotto la cupola di New Harmony, una metropoli tipo del “nuovo mondo”, nasce e si rafforza, tra ostacoli apparentemente insormontabili, la storia d'amore tra Lara Clay, giovane Perfetta stanca del proprio destino, e Isaac Klauss, Imperfetto di umili origini col desiderio di accedere all'olimpo dei privilegiati. La sanguinosa e apocalittica guerra che seguirà allo scontro tra le due fazioni, sommergerà anche i sentimenti dei protagonisti, fino a spegnerli nella coscienza di un nuovo tipo di eternità, che nulla ha a che fare con la vita terrena, e che solo si acquista dopo l'estremo sacrificio del corpo.

Laureato in lingue e culture internazionali, Raffaele Isolato applica le sue ricerche in campo etico ed epistemico a novelle e romanzi che spaziano dal fantasy al noir, al filone avventuristico, alcuni dei quali già pubblicati in rete e cartaceo. In attesa di pubblicazione sono altre raccolte di saggi e i più significativi esperimenti poetici. Tra i titoli pubblicati su Amazon: Attacco al potere (La Saga dei Perfetti e degli Imperfetti vol.I), Chi vuole andare in TV?, Viaggio a Nord, Dall’altra parte del nulla, Lineamenti di religione universale, Inferno XXI (poema didascalico-allegorico in trenta canti), Il nulla imperfetto, Nati alla luna nuova, Viaggio a Lost City, L’angelo dalle ali di carta, La pietra e lo scandalo (raccolta di novelle d’argomento erotico), Il Presidente (tragedia in cinque atti in versi sciolti).
LanguageItaliano
PublisherPasserino
Release dateFeb 12, 2019
ISBN9788893454728
Perfect Vol.1: Passione e rivolta

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    Book preview

    Perfect Vol.1 - Raffaele Isolato

    Harmony

    Prologo

    AD 2030

    Le avevano permesso di tenere in camera uno specchio a figura intera, che le consentisse di contemplare il suo corpo in piena tranquillità, prima dell’inoculazione. Aveva un fisico asciutto, flessuoso. Con ogni curva al punto giusto e quasi centosettantanove centimetri d’altezza, era quotidianamente ammirato e sognato da almeno due generazioni di giovanissimi e adulti in tutti gli Stati Uniti. Il suo corpo splendido, il suo corpo mortale… Lara Gray era una delle attrici più celebri del panorama cinematografico mondiale: a soli venticinque anni era riuscita a incassare il suo primo budget a sette zeri per un nuovo film e – quel che più contava – era stata invitata a sottoporsi al trattamento al Cryostamen presso la clinica Twin Lakes, a titolo puramente onorifico. L’intervento per lei non avrebbe avuto nessun costo; in quel momento era l’invidia di metà delle showgirl degli Stati Uniti.

    Aprì su un lato la vestaglia lilla a ricami rosa che aveva indossato per la grande occasione. Girata di tre quarti verso la porta, per essere preparata nel caso qualcuno fosse entrato senza bussare, lasciò indugiare a lungo lo sguardo sulle gambe lunghe e perfette, sui glutei levigati dagli esercizi in palestra, sulla linea retta della schiena costretta per anni alle torture del busto ortopedico. Era vero, era bellissima, ma aveva pagato duramente la sua bellezza. Meritava di diventare immortale, di essere ricordata per sempre. Un tempo sarebbe arrossita al pensiero di ciò che stava per succedere; ora vi era preparata. Ne aveva già discusso a casa, coi parenti, gli amici, e perfino davanti alle telecamere. Il suo era diventato un caso internazionale: l’essere umano più giovane a beneficiare del trattamento rivoluzionario del professor Carter Wirthmann, l’inventore dell’immortalità.

    Lara si riscosse al rumore di passi nel corridoio. Era già arrivato il suo momento? Chiuse la vestaglia, annodò la cintura e si allontanò dallo specchio. Aveva già peccato abbastanza di vanità; era il momento di concentrarsi sull’operazione. I passi si allontanarono, la ragazza sospirò di sollievo. Tornò a sedersi sul letto, e a sistemare le decine di biglietti di amici e familiari che le erano stati recapitati quella mattina. Tutti incrociavano le dita assieme a lei. Sarebbe stata la bellissima Lara Gray per sempre? Sarebbe andato storto qualcosa? Deglutì con una smorfia: la sete... La sete era la sensazione più insopportabile che avesse al momento. L’assistente del professor Wirthmann era stato categorico al riguardo: non un goccio d’acqua nelle ventiquattr’ore precedenti il trattamento. A Lara era stato finanche proibito di consumare alcun pasto nello stesso arco di tempo, ma a soffrire la fame era abituata. Controllò il suo viso allo specchio: ecco, ora aveva un aspetto da mendicante. Oh, se avesse potuto barattare l’eternità per un goccio d’acqua, l’elisir di lunga vita per una gazzosa gelata! Sorrise, sistemò la massa di lucenti capelli castani su una spalla e prese a spazzolarseli per alleviare la tensione.

    I capelli le sarebbero rimasti? Sì, ma con gli anni si sarebbero spezzati, o rovinati, oppure sarebbero caduti. Avrebbe dovuto sostituirli con una parrucca, o trapiantarli. Il Cryostamen agiva sulla pelle e sui tessuti ben irrorati dal sangue, non sulle strutture biologiche a esclusivo contenuto cheratinico. Controllò l’orologio: mancava ancora un quarto d’ora a mezzogiorno. Avrebbe voluto che l’anestetizzassero solo per sconfiggere una volta per tutte l’arsura alla gola. Dieci, venti, cent’anni senza più una cena o uno snack con gli amici. Mai una preoccupazione per la prima ruga, o il primo capello bianco. Le sue amiche l’avrebbero invidiata. Avrebbero continuato a invecchiare, appassire... e lei? Secondo gli strabilianti risultati del siero, almeno dopo le prime sperimentazioni, il suo invecchiamento naturale si sarebbe prima ridotto drasticamente, e poi si sarebbe bloccato del tutto. Lara Gray sarebbe rimasta all’apice della bellezza per un imprecisato numero di decenni... forse di secoli. La struttura molecolare del suo corpo sarebbe stata modificata a livello genetico, senza che i suoi ricordi, i suoi sentimenti, il modo di pensare e di agire ne risentissero in alcun modo. Tutto perfetto, quindi...

    Raccolse il mazzo dei bigliettini arrivati coi fiori la sera prima. Ce n’erano più di trenta, e Lara li aveva sovrapposti e legati con un elastico, in ordine d’importanza. Il primo era quello del presidente degli Stati Uniti. Neppure immaginava che fosse un suo fan, finché non le era stato recapitato il suo omaggio: un mazzo semplicissimo di rose di vario colore, dal magenta al rosso scuro, al rosato, con un messaggio di poche, semplici parole: Da uno dei suoi più affezionati ammiratori, con l’augurio che la sua bellezza possa far onore alla nostra nazione nei secoli a venire. Quando si era resa conto che il biglietto veniva dalla Casa Bianca, Lara non aveva potuto fare a meno di condividere la sua eccitazione con la madre. Entrambe avevano letto e riletto gli auguri, analizzando quasi ogni singola parola. Il presidente era stato anche uno dei più attivi finanziatori della ricerca Wirthmann, fronteggiando le critiche della comunità scientifica e anche, più tardi, dei religiosi e degli ambientalisti. Man mano che le folli dichiarazioni dello scienziato di origine tedesca si dimostravano fondate, il mondo aveva compreso di trovarsi di fronte all’invenzione del secolo. Dei secoli a venire, anzi.

    Il costo dei primi trattamenti, anche per compensare le spese di ricerca, aveva avuto cifre astronomiche. Alcune attrici già in là con gli anni si erano concesse il lusso di assottigliare drasticamente il proprio patrimonio per testare volontariamente sul loro corpo il siero dell’eternità. Lara le aveva compatite, più che ammirate: si erano già quasi tutte sottoposte a vari interventi di chirurgia estetica, e ovviamente il Cryostamen non avrebbe avuto nessun effetto su protesi, trattamenti al botox, silicone, lifting più o meno duraturi. Ognuna si sarebbe tenuta l’aspetto naturale garantito loro dai rispettivi geni: i trattamenti plastici sarebbero dovuti essere ripetuti ogni qualvolta ce ne fosse stato bisogno. E questo per sempre. Sapevano a cosa sarebbero andate incontro, quelle streghe? Lara ne aveva discusso con sua madre, per ingannare il tempo dopo il ricovero in clinica. La signora Gray non aveva appoggiato l’ilarità della figlia: era una donna determinata e franca, che non aveva mai adottato comportamenti meno che razionali o ragionevoli, di fronte alle decisioni azzardate dell’altra. Dopo l’iniziale proposta del professor Wirthmann, era stata la persona più difficile da convincere sull’efficacia e l’inoffensività del trattamento.

    «Sai che nulla è per sempre, giusto?» le aveva detto, fissandola senza sorridere.

    «Sono più di vent’anni che sono stati fatti quegli esperimenti, mamma! Sugli animali hanno dato risultati eccellenti!» era stata la risposta. Lara era soltanto crucciata perché la sua genitrice non aveva preso posto nello stuolo di adulatori che continuava ad applaudire la sua scelta.

    «Sugli animali, appunto. Gli uomini sono diversi.»

    «Siamo carne e sangue, come loro.»

    «E le emozioni? E i sentimenti? I ricordi?»

    «Io... io non mi scorderò mai di te, mamma. Dovessero passare anche mille anni.»

    Le si erano inumiditi gli occhi, al solo pensiero delle implicazioni dell’ultima domanda di sua madre. L’avrebbe vista morire, ovvio. E anche l’attuale marito della mamma, e forse tutte le persone care che avrebbe avuto nel corso della vita. Sarebbe andata avanti, sempre, e si sarebbe lasciata indietro tutti.

    Anche in quel momento, dopo che sua madre l’aveva abbandonata in attesa dell’ora X, si sorprese ad asciugarsi una lacrima. Era la sua unica erede... e non credeva proprio che le avrebbe dato la gioia di un nipotino. Nessun genitore avrebbe dovuto sopravvivere ai propri figli: le sembrava una mostruosità. Eppure... avrebbero potuto dare il siero anche a loro, no? Col tempo i costi avrebbero subito un drastico taglio, il Cryostamen sarebbe stato liberalizzato, e allora... Sorrise, poi deglutì ancora a fatica: l’assurdità di quell’ipotesi era troppo palese per meritare più di una considerazione. Altri passi nel corridoio non riuscirono a distoglierla dal ricordo di sua madre che la fissava e riusciva a trasmetterle i suoi pensieri.

    Non lo fare. Non puoi sapere cosa ti succederà, dopo. Cosa succederà a noi tutti.

    «Allora, signorina Gray. Come ti senti? Affamata?»

    La voce squillante e solare dell’infermiera la fece sussultare. La ragazza aveva pressappoco la sua età, e avevano fatto amicizia il primo giorno di ricovero alla Twin Lakes. Sembrò notare l’aria stranita della paziente, e si avvicinò in modo più discreto.

    «Mi dispiace averti spaventato. Avrei dovuto bussare più forte.»

    «No, sono io che ero sovrappensiero.» Lara deglutì ancora una volta. Si costrinse a calmarsi con due brevi respiri. Non poteva già essere arrivato il momento. Cosa stavano per farle?

    «Tranquilla, non devi giustificarti. Ho visto molte altre pazienti nella tua situazione, sai? Il giorno prima tutte erano eccitate e non smettevano di chiacchierare, poi al momento del siero...»

    Questo non aiutava davvero. Lara distolse lo sguardo e riprese a contare i biglietti per evitare di lasciare le mani tremanti sul letto. L’infermiera si accorse di aver fatto l’ennesimo passo falso.

    «Ma tu... ti assicuro che sei la più bella creatura che abbia mai messo piede qui dentro.»

    «Creatura!» sorrise Lara, riprendendo interesse. «Sei gentile. Ma se adesso tu volessi fare qualcosa per me... non potresti mica...»

    Si portò le dita alla bocca, per indicare l’atto del bere. L’altra sembrava aspettarselo, perché aveva già cominciato a scuotere la testa.

    «Sai che non è permesso. Potrebbe pregiudicare la corretta assimilazione della formula. A meno che... non avrai mica bevuto l’acqua dei vasi, vero?»

    Stavolta la paziente rise più apertamente; perlomeno la sua nuova amica era riuscita a calmarla.

    «Allora, quando credi che inizierà?»

    «Il professor Wirthmann ha chiamato poco fa. Dice che arriverà in clinica a momenti. Ora è meglio che tu prenda questa.»

    Dal vassoio poggiato sul comodino, e che Lara aveva appena notato, l’infermiera le porse una pillola rossa, minuscola, sulla punta di un dito. Un bicchiere d’acqua per accompagnarla?, avrebbe voluto chiedere Lara, ma le parole le morirono in gola.

    «Mi farà addormentare?»

    «Certo. Non sentirai assolutamente niente, vedrai.»

    «Le altre pazienti... hanno provato dolore? Hanno ricordato qualcosa?»

    L’infermiera sorrise in quel suo modo dolce, sicuro di sé.

    «Assolutamente niente. Ti addormenterai bellissima, Lara, e ti sveglierai ancora più bella. Te lo assicuro.»

    Lara prese la medicina come faceva quando era piccola, assistita da sua madre. Si distese sul letto e aspettò che la pillola facesse effetto. Stava per avverarsi, nel suo caso, uno dei sogni più ambiti dell’uomo dall’alba della sua storia. Sarebbe stata bella per secoli, forse per sempre: bella e immortale. Perfetta. Sua madre sarebbe stata felice per lei... Sarebbe stato tutto... tutto...

    Si addormentò prima di aver dato voce al suo ultimo pensiero.

    ***

    Il professor Carter Wirthmann accelerò in vista dei cancelli della Twin Lakes, soltanto per frenare bruscamente di fronte ai furgoni e alle auto dei giornalisti accampati nei pressi. Grugnì impaziente, e sistemò lo specchietto retrovisore: era troppo tardi per tornare indietro, e troppo avventato sfondare i cancelli con la sua Mercedes. Cosa stavano combinando quegli imbranati della sicurezza? E soprattutto, come aveva fatto una tale marmaglia di sfaccendati a scovare il sito segreto della clinica? Quasi sicuramente una delle pazienti aveva parlato troppo. Del suo personale si fidava ciecamente: erano suoi collaboratori, prima che dipendenti. Una giornalista munita di cuffie e microfono lo scorse per prima, probabilmente benedicendo la sorte di ritardataria che l’aveva bandita nelle ultime file. Fece un cenno nervoso al cameraman e cominciò a correre verso l’auto. Il professore la tenne d’occhio continuando a sbuffare, poi diede un paio di colpi di clacson e fece rombare il motore. La folla di giornalisti e manifestanti si voltò nella sua direzione. Ora anche gli striscioni erano rivolti verso di lui. Sfortunatamente, ne aveva già sentito parlare; qualsiasi sito Internet che si occupava di Cryostamen ne era farcito fino alla nausea.

    cryostamen veleno, basta sperimentazioni sugli animali!

    wirthmann & poole, avvelenatori del pianeta!

    Si passò le dita tra i capelli completamente bianchi, ma ancora piuttosto folti, e si preparò alla guerra. Chiamò gli agenti di sicurezza col cellulare, e si decise a comunicare la sua posizione dopo averli riempiti d’improperi. Perché un genio del suo calibro era costretto ancora a subire quelle scenate pietose? Era pronto a giurare che se avesse proposto a uno di quei figli dei fiori di assumere il Cryostamen gratuitamente, quello non se lo sarebbe fatto ripetere due volte. Erano soltanto invidiosi, invidiosi senza pudore e senza nessun riguardo per la scienza. Era con un premio Nobel che avevano a che fare! Il genio che aveva sconfitto la morte e che con ogni probabilità aveva dato all’uomo la possibilità di vivere in eterno!

    Non appena i primi giornalisti raggiunsero l’auto, il professore udì decine di unghie che ticchettavano ai finestrini.

    «Professore, Lara Gray ha già raggiunto la clinica?»

    «Verrà operata oggi?»

    «Professor Wirthmann, è vero che sarà irradiata col Cryostamen contro la sua volontà?»

    All’ultima domanda, il piede destro dello scienziato ebbe un pericoloso guizzo in corrispondenza dell’acceleratore. Abbassò di un pelo il finestrino del guidatore solo per potersi sfogare: «Nessuno è stato forzato! La signorina Gray ha agito secondo la sua libera volontà. Non accetterò nessuna calunnia al riguardo sui vostri giornali! Nessuna!».

    «Professore, perché lei ha affermato di non essersi ancora sottoposto al trattamento? Ha paura di possibili controindicazioni?»

    La prima giornalista a raggiungere la Mercedes, schiacciata contro il finestrino assieme al suo cameraman, lo fissava con sguardo insolente. Wirthmann risollevò prudentemente lo schermo di vetro. Per non esser costretto ad avere di fronte feccia come voi nei secoli dei secoli, avrebbe voluto risponderle. In tal caso, però, avrebbe solo alimentato il fuoco distruttivo che da qualche anno alcuni quotidiani gli lanciavano contro con costanza maniacale. Lo odiavano, quando avrebbero dovuto osannarlo e imparare a memoria il suo cursus honorum nelle riviste scientifiche e sui libri di storia.

    Un giorno, un giorno lo faranno. Vi saranno costretti.

    Finalmente la folla di curiosi e diffamatori iniziò a fendersi. La macchina ricominciò a muoversi, una cordata di agenti con l’aspetto da bodyguard spingeva via dal vialetto d’ingresso i cronisti più agguerriti.

    «Professore, farà uno sconto agli affetti da sindromi senza possibilità di cura? Li lascerà morire senza esaudire le loro preghiere?» fu una delle ultime domande che sentì, prima di lasciarsi l’esterno alle spalle. L’elegante e rassicurante clinica Twin Lakes era di fronte a lui. Il suo piccolo regno dei miracoli, uno dei posti più invidiati, chiacchierati, celebrati al mondo.

    Lasciò la Mercedes a un custode perché la conducesse al parcheggio sul retro. Entrò nella reception con la valigetta sotto braccio e una mano in tasca per nascondere il pugno ancora serrato. La sua segretaria, bellissima e con un sorriso impagabile, lo aspettava accanto agli ascensori.

    «Buongiorno a lei, Catherine. Mi spiace di essere in ritardo.»

    «Non si preoccupi, professore. La paziente la aspetta in sala operatoria.»

    «Victor è già di sopra?»

    «Il dottor Poole è arrivato questa mattina, professore.»

    «Benissimo.»

    Avrebbe dovuto imparare dal suo ex assistente. Mai sottovalutare l’ora, in un giorno importante come quello. Cominciava ad avvertire la tensione dell’operazione che lo aspettava. Il caos che si era raccolto all’esterno della clinica era solo un assaggio dell’attenzione mediatica che quell’intervento in particolare aveva suscitato. Lara Gray era un idolo nazionale, tutto il mondo aveva contribuito al successo dei suoi film, e continuava a conquistare ammiratori da un angolo all’altro del pianeta. Nessuno pareva resistere ai suoi occhi, gli stessi che lui avrebbe preservato per sempre...

    Si concesse un caffè di benvenuto, da solo nel suo studio. Per fortuna l’unica enorme vetrata era rivolta a oriente, sui boschi di quella che un tempo era stata parte dello Yosemite Park: all’orizzonte si scorgevano le tre enormi turbine che ora caratterizzavano il paesaggio. Il governo aveva raccolto ingenti fondi per la costruzione della più grande centrale chimica della California e l’aveva messa a completa disposizione delle geniali intuizioni del professor Wirthmann. Il Congresso degli Stati Uniti non ne era rimasto deluso; checché ne dicessero gli ambientalisti, le sue intuizioni avevano segnato l’avvento di una nuova epoca per il pianeta.

    Sulla scrivania del luminare erano poggiate in fila una serie di buste sigillate, sistemate in primo piano dalla meticolosa Catherine perché erano quelle più importanti e ufficiali. Carter Wirthmann le spinse automaticamente da parte. Aveva bisogno di rilassarsi. Sorbì un altro sorso di caffè bollente e pescò nella pila di lettere delle sue vecchie pazienti. Amava ricevere posta scritta a mano, e alcune di loro se ne erano fatte un dovere personale. Si concesse un sorriso sotto la folta barba bianca, nel notare il nome di Evelyn Patterson. La sua prima paziente: la più determinata, la più coraggiosa e forse anche la più folle. Aveva settant’anni quando si era presentata nel suo studio privato di San Francisco e l’aveva implorato di usarla come cavia. Era stata un’attrice all’apice del successo parecchi decenni prima, poi implacabilmente tramontata con l’avanzare dell’età. Quando l’aveva ricevuta la prima volta, era pronta a dar via il patrimonio di una vita, in cambio della speranza di sconfiggere il suo terrore di morire. L’arzilla signora Patterson, che aveva spedito l’abituale lettera di ringraziamento al suo salvatore, era ora una vecchina di novant’anni che ne dimostrava forse meno di sessantacinque. Un successo, sotto tutti i punti di vista. Wirthmann era ancora assorto nella decifrazione dei caratteri minuti e aggrovigliati della donna, quando rispose ai tre colpi alla porta. Il suo ex assistente alla centrale di Tower Peak, ora uno dei suoi più fidati collaboratori, fece capolino con un sorriso sghembo.

    «Credevo ti fossi fermato a lanciare granate contro i manifestanti. Come mai non mi hai chiesto di raggiungerti?»

    Il collega si alzò per stringergli la mano, poi ritornò alla scrivania per accartocciare il bicchierino vuoto. «Sono dei criminali. Degli assassini del progresso. Semplicemente, non mi andava di rovinarmi la giornata aizzandogli contro i cani.»

    Victor Poole scoppiò a ridere, facendo finta di tenersi la pancia: «Ora sì che ti riconosco, signor premio Nobel!».

    Era molto più giovane del professore, con solo qualche filo grigio nella barba bruna e nella chioma crespa che gli arrivava al colletto della camicia. Wirthmann aveva sentito voci di corridoio a proposito di una sua relazione con Catherine e non se ne era stupito più di tanto.

    «E poi la paziente che abbiamo oggi meritava qualcosa di più che un professore arrabbiato e coperto di graffi, non credi?» Gli diede una debole pacca sulla spalla accompagnandolo fuori dallo studio.

    Victor gli strizzò l’occhio. «E che paziente! Mai visto un simile angelo in mezzo a queste terre desolate. Mi complimento ancora con te per essere riuscita a convincerla, Carter.»

    Il professore gli studiò per qualche istante la nuca, prima di rispondere: «Nessuno, Victor. Nessuno è immune alla tentazione del Cryostamen. Potrei scegliere chiunque degli abitanti del pianeta, e costui si precipiterebbe qui per farsi irradiare».

    Il dottor Poole continuò a precederlo lungo l’ampio corridoio, voltandosi appena. «A quanto pare, tu lo sei. Immune.»

    «Io sono vecchio, Victor. Ne abbiamo già parlato. Se avessi inventato la pillola del ringiovanimento istantaneo, forse...»

    «Eh! Questo sì che è chiedere troppo.»

    «Tu, invece?» si divertì a stuzzicarlo Wirthmann. Avevano raggiunto la sala dell’infusione, quella adiacente alla sala operatoria dove li aspettava la signorina Gray. Un’infermiera corse alla porta al loro arrivo, per mantenerla aperta finché non fossero passati.

    «Io sono troppo brutto, collega. Avessi inventato la pillola dell’abbellimento istantaneo, forse...»

    «Eh già, troppo comodo...»

    Quello era un piccolo saggio di scambio di battute terapeutico prima di ogni trattamento. Li aiutava a rilassarsi, a lasciar cadere la tensione. Wirthmann era più che soddisfatto di aver scelto la collaborazione di Victor Poole. A suo modo era stato un genio insostituibile: l’aveva aiutato ad accelerare i periodi di trattamento e convalescenza col Cryostamen, e grazie alle sue competenze di chimico aveva anche perfezionato la formula del siero per diminuire gli effetti collaterali su pazienti particolarmente reattivi. Era anche vero che non avevano mai avuto una paziente così giovane, e bella, e perfetta come la Gray. Al di là del vetro che faceva da parete di comunicazione, la ragazza giaceva sul lettino, addormentata come una principessa in attesa del suo amato. Carter Wirthmann sorrise senza volerlo, poi si voltò a guardare il collega e si ritrasse imbarazzato, quando scoprì che fissava il lettino con la sua stessa aria imbranata. Tossì per riportarlo alla realtà.

    «Allora, dottor Poole. È tutto pronto?»

    «Tutte le analisi completate, battito cardiaco monitorato, pressione sanguigna nei valori standard...» cominciò l’altro col tono petulante di chi reciti una lezione imparata a memoria.

    «Ha rispettato la dieta?»

    «Con qualche capriccio, ma sembra che l’abbia fatto.»

    «Bah! Con queste attrici, non si sa mai.»

    «E invece è stata una delle pazienti migliori. Docile, entusiasta, educata. Nelle ultime ore le infermiere l’hanno vista un tantino spaventata.»

    Poole lo guardava di sottecchi, come aspettandosi una battuta ironica. Il professore lo ignorò e si diresse verso la vasca di miscelazione del Cryostamen. Le infermiere, ormai istruite alla perfezione, avevano fatto un ottimo lavoro. La colorazione del siero era di un azzurro cupo, brillante, appena contaminato da qualche scaglia di violetto acceso. Dietro il cilindro di protezione, due sbarre d’acciaio continuavano ad agitare debolmente la soluzione e a mantenerla stabile.

    «Stavolta deve essere tutto perfetto, Victor. Non so per quale assurdo motivo, ma persino la Casa Bianca ha preso a cuore quest’intervento. Dicono che ne va della reputazione del Paese nel mondo. Un effetto collaterale che sfugga al controllo, e ci ritroveremo contro la stampa e qualche sciame di avvocati.»

    Wirthmann continuò a fissare la sua creazione, aspettando che l’altro trovasse qualcosa per rassicurarlo.

    «Sai perché hanno tutti gli occhi e le antenne puntati sulla clinica. Lara sarà il nostro fiore all’occhiello. Da lei dipenderanno i futuri finanziamenti dei privati. E poi...»

    «E poi la fiducia del grosso pubblico. No?»

    Sul riflesso del vetro, Poole curvò le spalle.

    «Devi ammettere che tutte queste campagne ambientaliste contro il Cryostamen hanno scosso non poco l’opinione dei cittadini. Più del settanta percento dei media sono contro di noi, e vogliono la chiusura della centrale di Tower Peak.»

    «Ridicoli. Sii cortese, Victor, chiama le infermiere e fa registrare di nuovo i valori della paziente. Preparala al trattamento.»

    Quello era il suo modo di affrontare la questione dei media. Ne aveva avuto abbastanza di tutti i loro cartelli propagandistici, dell’incomprensione e dei pregiudizi nei confronti della scienza, e dell’invidia di quanti non potevano permettersi il suo elisir di lunga vita, come all’inizio era stato definito dai magazine d’ampio consumo. Osservò Victor Poole entrare nella stanza accanto, con tre infermiere al seguito. Queste ultime si divisero i compiti per spogliare Lara Gray, misurarle la frequenza cardiaca, tenere sotto controllo l’attività polmonare. Non c’era nulla di anomalo, perché il dottor Poole alzò il pollice verso il vetro. Quando le infermiere si allontanarono, Wirthmann vide la Gray distesa sul lettino, completamente nuda, in tutta la sua bellezza. Non preservare tanto splendore sarebbe sembrato un delitto persino al più cinico degli ambientalisti. A chi poteva importare di modesti livelli di inquinamento da solfuri nelle falde acquifere e nell’atmosfera sopra Tower Peak? Nei suoi lunghi e duri anni di esperienza, il luminare aveva imparato che piccoli sacrifici sono necessari per grandiosi risultati. E dopo l’eternità che avrebbe regalato alla signorina Gray, nessuno avrebbe osato opporsi al trionfo del Cryostamen.

    Pochissimi ne conoscevano la formula. Wirthmann stesso ci era arrivato solo per caso, quando ancora dirigeva la sua prima, piccola equipe di ricerca in un laboratorio chimico alle dipendenze del governo. Aveva dedicato buona parte della vita all’interazione tra metabolismo cellulare e terapia del freddo. Era palese che a bassissime temperature la mitosi poteva essere rallentata o bloccata... e che la vita di qualsiasi organismo unicellulare veniva stoppata a tempo indeterminato. Ma era davvero possibile continuare a vivere agendo crio-terapeuticamente soltanto su alcuni tipi di tessuti? Migliorando e alterando costantemente la soluzione base delle prime infusioni (le sue cavie preferite erano stati prima insetti e anfibi, poi piccoli roditori), era arrivato alla prima versione del Cryostamen, composta essenzialmente da estratti di tessuti di origine embrionale, un derivato della fluorite azzurra e gel refrigeranti mantenuti a bassissime temperature. Il siero, fatto straordinario di cui si era accorto solo dopo innumerevoli infusioni, aveva cominciato ad alterare non solo il metabolismo delle cellule connettivali, ma anche quelle dei tessuti adiacenti. I corpi delle cavie erano come ibernati, ma non al punto da inibire le normali funzioni muscolari, volontarie o meno. Le cellule smettevano di crescere, riprodursi, invecchiare: il loro era uno stato di perpetua attività vitale, con effetti deterioranti ridotti al minimo grazie all’aumentata resistenza delle membrane proteiche ai danni ambientali. Le basi per l’invenzione del secolo erano poste: l’apporto del dottor Poole aveva soltanto permesso di adattare il Cryostamen alle più specifiche esigenze dell’organismo umano.

    Il ritorno del collega lo distolse dai suoi pensieri. Un’infermiera lo aggirò cautamente per prelevare il primo campione del siero da iniettare alla paziente. Da quel momento in poi, le quantità di Cryostamen immesse endovena sarebbero state sempre maggiori a ogni infusione, finché la composizione stessa del plasma sanguigno avrebbe cominciato ad assestarsi su valori accettabili per le fasi seguenti di immersione e irradiazione. Wirthmann fece appena un cenno del capo, autorizzandoli a procedere. Era sicurissimo che anche quell’operazione si sarebbe trasformata in un successo; aveva già abbastanza casi alle spalle. Tutte le sue pazienti (esclusivamente donne, per il momento) erano in contatto con lui e gli raccontavano di come la loro vita fosse cambiata. Di come il tempo si fosse fermato dal giorno dell’irradiazione, di come avevano finalmente sconfitto la loro paura di invecchiare. Altro che chirurghi plastici, diete drastiche, esercizi aerobici. La verità era sempre stata una sola, nonostante quello che sbraitavano da decenni igienisti e salutisti di ogni credo: col passare del tempo la pelle decade, le ossa si indeboliscono, la massa muscolare si assottiglia. Niente può riportare indietro il tempo, nessun trattamento, nessun trapianto. La chirurgia plastica era stata soltanto una spina nel fianco della vera medicina, un parassita che per di più aveva calamitato l’attenzione del pubblico (e i loro soldi) per quasi un secolo. Ora finalmente aveva trionfato la ricerca, la passione per la scienza, il sogno di donare all’uomo delle basi fisiche per un’illusione che prima era stata soltanto poetica o utopistica.

    Dopo la terza iniezione, la paziente venne preparata alla flebo. Una sacchetta di preparato color indaco venne sospesa ai sostegni accanto al lettino, e il tubicino che spariva nella piega del braccio assunse presto lo stesso colore. Ci sarebbero volute almeno altre due ore per completare il processo. Lara muoveva appena le palpebre; sembrava del tutto incosciente, forse in preda a uno dei suoi sogni hollywoodiani. Quanto sarebbe durata la sua immortalità? Cento, duecento, mille anni? Sarebbe stato assurdo per Wirthmann prevederlo con assoluta certezza, tanto più che le sperimentazioni erano cominciate da troppo poco tempo. I soggetti monitorati erano, al momento, soltanto donne anziane relativamente in forma, ottantenni gioviali e arzille come sessantenni, malate di Parkinson che avevano assistito a un prodigioso interrompersi dell’evoluzione della loro patologia. Ma che sarebbe successo dopo la sua morte? Il luminare era stato più volte tentato di irradiarsi soltanto per assistere alla resistenza che avrebbe opposto il suo farmaco al processo di invecchiamento naturale, con l’andare del tempo. Ma qualcosa lo aveva bloccato; qualcosa continuava ancora a farlo rabbrividire all’idea di protrarre il suo lavoro nei decenni a venire. Sapeva che non si sarebbe fermato. Sapeva che avrebbe continuato a lavorare al siero, fino a tentare di riportare il tempo indietro, di mutare i geni dei tessuti lesi, di intaccare le stesse leggi di connettività tra neuroni. Molto probabilmente sarebbe impazzito; avrebbe varcato una delle invisibili linee di confine stabilite dalla natura tra il lecito e l’illecito, e la vita gliel’avrebbe fatta pagare. Magari quella linea l’aveva già superata. La sua stessa morte sarebbe stata una punizione più che sufficiente per pagare lo scotto della sua tracotanza.

    «Siamo pronti per la prima immersione, professor Wirthmann» annunciò la capoinfermiera dalla porta lasciata aperta. Il professore le chiese alcuni dettagli sullo stato dell’organismo trattato, poi diede la sua autorizzazione ad agganciare il tubo di collegamento tra la vasca di miscelazione e quella di immersione nella stanza accanto. La paziente venne liberata dalle flebo e trasferita adagio sul ripiano che, autonomamente, sarebbe disceso pian piano nella soluzione, fino a sommergerla del tutto per almeno un minuto.

    «Dio, si gela lì dentro» commentò il dottor Poole, riprendendo il suo ruolo di spettatore dall’altra parte della lastra di vetro. Il suo collega si carezzò la barba dopo aver controllato la composizione del siero, monitorata elettronicamente su uno dei display della parete opposta.

    «Ti sei mai chiesto cosa ricorderanno, Victor?» gli chiese a bruciapelo, continuando a grattarsi la barba sotto il labbro inferiore.

    «Ti riferisci a loro?»

    «Le pazienti, certo. Cinquanta o cent’anni dopo il trattamento. In che modo si depositeranno i loro ricordi nella memoria? Come reagirà il cervello a un tale sovraccarico di informazioni? Condurranno una vita normale... anzi, più vite impilate una sull’altra...»

    Victor sorrise, avendo cura di dargli le spalle come per controllare che non ci fossero infermiere dietro la porta.

    «Te ne preoccupi ora? Hai sempre detto che queste erano faccende da psichiatri e neurologi.»

    «E ora te lo chiedo da amico. Ci hai mai pensato?»

    Victor, per la seconda volta in quella giornata, scrollò le spalle come a dirsi impotente. «Non so. Forse tra cento anni inventeranno un chip della memoria impiantabile sulla massa cerebrale, una specie di serbatoio di riserva per tutte le faccende che non si vorranno dimenticare.»

    « Faccende... Dio mio, dottor Poole» si divertì il professore, sarcastico. «A volte sembri più cinico dei nostri amici di Greenpeace là fuori.»

    «Fossi io, ti dico solo che sarei più che felice di dimenticarmi tutto del quarto di secolo precedente, e ricominciare daccapo. Più e più volte, finché dura.»

    «E se durasse per sempre?»

    «E se durasse per sempre...» ripeté Poole sovrappensiero, di nuovo serio. «Se così fosse, immagino che mi stancherei di farlo.»

    «Già...»

    Non c’era nient’altro da dire. Era un punto morto di una discussione che avrebbe rasentato l’etica e la metafisica, e che nessuno dei due aveva voglia di approfondire. Se ne occupassero pure i posteri.

    Nel frattempo Lara Gray aveva completato il primo ciclo di immersione. Parecchio del siero era finito nei polmoni e la paziente tossì ripetutamente nel sonno. Venne aiutata a respirare dalle infermiere, che la sollevarono per mantenerla seduta. Poi venne ridistesa, ancora completamente nuda e bagnata, per essere introdotta nell’ultimo macchinario, una sorta di tomografo gigante per l’irradiazione termica. Le onde di calore, moderatamente radioattive, avrebbero facilitato l’assorbimento del Cryostamen nei tessuti superficiali, completando l’azione delle trasfusioni. Dopo altri quindici minuti, il processo poteva dirsi concluso; la paziente venne riadagiata sul lettino, sottoposta nuovamente a un check-up conclusivo, ripulita sommariamente e rivestita.

    «Spettacolo terminato, professore» annunciò Poole, unendo professionalmente le mani dietro la schiena.

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