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Perfect Vol.2: Il mondo nuovo
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Perfect Vol.2: Il mondo nuovo

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Perfect II - Il mondo nuovo
A dieci anni dalla presa di New Harmony da parte delle truppe invidiose guidate da Noah, il mondo si prepara alla minaccia di nuovi gruppi di potere entrati nella complessa scena politica internazionale.
La prospettiva generale della saga, che nel precedente volume si era limitata a inquadrare un “pezzo” di mondo post-apocalittico, in questo secondo volume si amplia fino a traversare la dorsale atlantica di un oceano ormai scomparso, per approdare alle terre della nuova Europa. Qui il presidente dell’Unione Cisatlantica è obbligato a fare i conti col progressivo deteriorarsi della stabilità geopolitica dell’Unione sorella, e ad entrare in guerra con l’ambiguo governo invidioso di Noah e del suo braccio destro, Seth alias Uriel Tarquinius. A dirigere i sotterfugi diplomatici, gli intrighi e i compromessi del potere occulto, la pianificazione di nuove, spietate strategie belliche, si delinea la figura misteriosa e “onnipresente” di Lucetius, presidente e dittatore dell’Unione Transatlantica in seno alla quale si è sviluppata la ribellione invidiosa.
Dopo aver fatto la conoscenza dei nuovi protagonisti di Perfect, il lettore tornerà assieme alla famiglia “Comune” dei Dimitriou nella piana occidentale, dove un decennio prima si era quasi consumata la tragedia di Isaac Klauss e Lara Grey. Qui rincontreremo i vecchi personaggi, assisteremo a nuovi inaspettati cambiamenti che coinvolgeranno la nuova fazione dominante, così come gli Imperfetti e gli Immortali sopravvissuti e ormai adattatisi al nuovo cambio di governo. E non è tutto: un Imperfetto creduto scomparso tra le ceneri dell’ultima guerra tornerà alla ribalta, molti antichi paladini del nuovo ordine si riveleranno traditori senza scrupoli, uno scioccante colpo di scena si prepara a stravolgere tutto ciò che il lettore credeva di conoscere riguardo alla secolare formula del Cryostamen…
Sullo sfondo dell’amore tormentato e sempre più ostacolato tra i due “eroi” della ribellione invidiosa, la saga di Perfect si appresta a entrare nella difficile, rivoluzionaria epoca del “mondo nuovo”.

Laureato in lingue e culture internazionali, Raffaele Isolato applica le sue ricerche in campo etico ed epistemico a novelle e romanzi che spaziano dal fantasy al noir, al filone avventuristico, alcuni dei quali già pubblicati in rete e cartaceo. In attesa di pubblicazione sono altre raccolte di saggi e i più significativi esperimenti poetici. Tra i titoli pubblicati su Amazon: Attacco al potere (La Saga dei Perfetti e degli Imperfetti vol.I), Chi vuole andare in TV?, Viaggio a Nord, Dall’altra parte del nulla, Lineamenti di religione universale, Inferno XXI (poema didascalico-allegorico in trenta canti), Il nulla imperfetto, Nati alla luna nuova, Viaggio a Lost City, L’angelo dalle ali di carta, La pietra e lo scandalo (raccolta di novelle d’argomento erotico), Il Presidente (tragedia in cinque atti in versi sciolti).
 
LanguageItaliano
PublisherPasserino
Release dateFeb 12, 2019
ISBN9788893455503
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    Perfect Vol.2 - Raffaele Isolato

    Harbor

    Prologo

    A.D. 2291

    A dieci anni dall’elezione alla presidenza dell’Unione Cisatlantica, Bjorn Engstrom si apprestava a tenere uno dei discorsi più importanti della sua carriera. A breve si sarebbero tenute le nuove elezioni, e ottenere il plauso della popolazione di ciascuno dei dieci Stati dell’Unione sarebbe stato d’importanza capitale per i suoi progetti futuri. Progetti che, beninteso, mettevano in primo piano il benessere e la sicurezza dei Comuni di tutto l’impero, ma che avevano anche un’importanza velata e ben più subdola, qualcosa di cui sua moglie Elina sarebbe stata più che mai fiera.

    Trattenne il fiato per un paio di secondi e strinse forte i pugni nelle tasche appena prima di uscire sulla balconata del palazzo presidenziale, secondo un rituale che aveva mantenuto per scaramanzia durante tutti quegli anni. Si tuffò infine nel calore di quel popolo che, pur tra mille contraddizioni, aveva continuato a supportarlo in uno dei periodi più difficili di quell’epoca. Il cielo sopra Arborea non era stato mai di un azzurro più brillante, e riflettendosi sulle cupole vicine mandava bagliori e giochi di luce che risaltavano sul marmo della balaustra. Aveva pregato che fosse tutto perfetto, e la giornata si preannunciava nel migliore dei modi.

    - Signori, il presidente Engstrom - annunciò il Segretario Unitario ai droni-obiettivo sospesi a pochi metri dai microfoni, e alla piazza affollata sottostante. Proprio in onore dell’elezione di Bjorn, primo presidente totalmente filo-comune della storia cisatlantica, l’avevano ribattezzata Piazza della Democrazia. Ora, al centro di quello stesso spazio stava per essere svelato al mondo il regalo di Engstrom ai suoi milioni di elettori. Un imponente complesso statuario era nascosto sotto la più grande bandiera dell’Unione che fosse mai stata fabbricata ad Arborea. Alle prime note dell’inno, il presidente disserrò i pugni e varcò la soglia della portafinestra ad ogiva. Lo scroscio degli applausi sovrastò la musica, Bjorn accennò un segno d’assenso al suo Segretario, che si ritirò al lato del piccolo podio.

    - Comuni dell’Unione. Comuni e Perfetti di Arborea e di tutti i Dieci Stati, a voi vanno i miei più sentiti ringraziamenti per aver scelto di condividere con me e i vostri rappresentanti unitari questo momento così importante per l’intero continente. In dieci anni di governo, mi si sono presentate sfide, proposte, opportunità di crescita che grazie a voi tutti si sono risolte in anni di prosperità, benessere, pacifica convivenza, stabilità economica per tutta la popolazione comune…

    Il Segretario Booth scrutò con impazienza la piazza gremita, dove le teste delle migliaia di partecipanti al convito erano ridotte alle dimensioni di capocchie di spillo. Da qualche parte ripartirono gli applausi dei sostenitori in incognito del presidente; subito si unirono gli altri che non si sentivano da meno. Qualche tecnico ebbe la bontà di interrompere la musica dell’inno in sottofondo per permettere all’uomo che si sbracciava dietro i microfoni di concludere il suo discorso d’apertura.

    - …ed è per questo che, non potendo prevedere se sarò io il fortunato che vi guiderà per un altro fortunato decennio… o se questo onore toccherà al successore che erediterà la vostra inestimabile approvazione…

    Dal fondo della piazza, là dove era partito il primo scoscio di applausi, cominciò a udirsi un coro di voci indistinto ma a cadenze costanti, che poco a poco si propagò per tutta la moltitudine assiepata attorno al complesso velato.

    - Engstrom! Engstrom! Engstrom!

    Senza nascondere il compiacimento, il presidente diede finalmente ordine che venisse scoperto il monumento. Il sole stesso, alto sopra la cupola, sembrò esaltare l’imponente effetto scenografico dell’insieme. Venti paia di mani tese verso un piccolo albero in marmo come tutto il resto, dieci persone di ogni età e di entrambi i sessi, tutti in adorazione del simbolo dell’Unione, la fedele rappresentazione di quello che sarebbe potuto sembrare un giovane acero, o un platano appena nato. A sostenere la piccola pianta in vaso, un Comune con gli occhi riversi verso l’alto che assomigliava forse un po’ troppo all’attuale presidente dell’Unione. Il vecchio Segretario Unitario, lisciandosi la barba ispida, si augurò che il significato dei dieci protesi a braccia alzate fosse ben chiaro a tutti. Il Comitato delle Cerimonie aveva studiato per settimane un soggetto che rappresentasse al meglio la totalità dell’U. C., e si era alla fine optato per un messaggio chiaro e inequivocabile, anche a costo di apparire, forse, banale.

    - Dieci fedeli in adorazione del nostro simbolo, dieci in rappresentanza di ogni Stato, di ogni singolo Comune in ciascuno di essi… - sottolineava Engstrom tronfio d’orgoglio.

    La piazza era in tripudio, i droni continuavano a trasmettere la sua giornata gloriosa in ogni angolo del mondo, e l’artefice di quel pieno di consensi poteva finalmente tirare un sospiro di sollievo. Quanto gli sarebbe piaciuto mostrare alle telecamere, visto che c’era, anche il dono arrivato giusto quella mattina d’oltre-dorsale! Avrebbe accontentato anche i numerosi Perfetti ormai parte integrante della popolazione di Arborea, e dimostrato che una pacifica convivenza tra Comuni e Immortali era possibile, indipendentemente dai tristi fatti accaduti dall’altra parte del pianeta. Previdente e ben più lungimirante, era stato il suo Segretario Owen Booth a dissuaderlo all’ultimo momento. Sui Comuni Bjorn Engstrom aveva scommesso per il successo, e sui Comuni avrebbe dovuto continuare a insistere per arrivare alla prossima rielezione. Oh, ma se avessero tutti visto quel cadeau proveniente nientedimeno che da Olympia, capitale storica della Transatlantica! Elina se ne era innamorata a prima vista, e l’aveva quasi costretto a rispondere immediatamente al Presidente Lucetius per prodigarsi in ringraziamenti, imperiture testimonianze di stima, promesse di future collaborazioni politiche, eccetera.

    - Perché proprio alla fine del mio mandato? Perché pensarci proprio ora? – aveva insistito Bjorn, senza staccare un attimo gli occhi da quel capolavoro di alta oreficeria. L’alberello raggiungeva appena il metro di altezza, ma risplendeva di migliaia di scaglie d’oro che sostituivano la corteccia di tronco e rami, e di sottilissime lamine di fluorite azzurra in corrispondenza di foglie e germogli.

    - Come sarebbe, proprio ora? – l’aveva incalzato Elina, che in dieci anni di retroscena politici aveva imparato a vederci lontano quasi quanto Booth. – Ma è ovvio che Lucetius ti dà il suo appoggio per la rielezione. E se te lo dà lui, te lo danno i Perfetti, no? Tutti quanti.

    I Perfetti. A Bjorn era corso un brivido giù per la schiena. Ricordava ancora quando all’inizio del suo mandato li aveva apostrofati come uguali a noi, immeritevoli di qualsiasi privilegio, mero adornamento di un’Unione fondata sulle spalle di milioni e milioni di Comuni che col sudore della fronte e ogni singolo anno di vita cooperavano per la crescita globale. Mai si era immaginato un simile gesto d’amicizia da parte del rappresentante assoluto dell’impero perfetto d’oltre-dorsale.

    Aveva liquidato i farneticamenti di sua moglie con un gesto plateale del braccio: che si occupasse lei di adornare dell’albero dorato qualche punto strategico del palazzo. Quanto a lui, aveva da pensare al discorso di mezzogiorno in diretta mondiale. Anche a causa della conversazione avuta successivamente col suo Segretario, un dubbio sottile come la punta di un pugnale cominciava a penetrare nei pensieri del presidente, mentre prendeva congedo dal suo pubblico e si preparava ad abbandonare la balconata. I droni ronzavano appena udibili tutt’intorno alla balaustra, ora prendendo quota per abbracciare l’intera panoramica del Piatto centrale di Arborea, ora avvicinandosi sino a sfiorare la distanza di sicurezza per strappare un invadente primo piano. Il Consiglio Unitario era fissato per quella sera alle venti, e per quell’ora sarebbero stati già tutti informati dello scambio di cortesie tra gli uomini più importanti del globo. Figurarsi poi lo scandalo, se anche lui avesse chiesto al suo Comitato delle Cerimonie di fabbricargli un regalo adatto al presidente dell’Unione Transatlantica.

    La politica di non interventismo bellico proclamata da uno dei suoi fedelissimi, il Ministro degli Affari Esteri Beasley, aveva se non altro confermato i suoi intenti di concentrarsi unicamente sullo sviluppo dei Dieci Stati. Dopo la rivoluzione nella piana occidentale dell’Unione Transatlantica., Engstrom si era limitato a tutelare gli sporadici insediamenti perfetti in Cisatlantica da possibili ritorsioni. Grazie a Dio ad Arborea non si era mai sentito parlare di fazioni invidiose: era forse dovuto alla politica presidenziale incondizionatamente aperta ai bisogni dei mortali, o all’atteggiamento neutro mantenuto nei riguardi della supremazia perfetta d’oltre-dorsale.

    In ogni caso, era merito suo.

    Bjorn continuò a riflettere, mentre il suo Segretario si complimentava con lui. Ascoltava passivamente le varie informazioni sui dati d’ascolto, gli indici di gradimento dei sondaggi, l’andamento delle campagne di sensibilizzazione nelle provincie più lontane dell’Unione. Era a Nathan Burnham che la sua mente tornava senza sosta: il suo Ministro degli Affari Unitari, e una delle poche concessioni che, alla formazione dell’organico di Governo, aveva fatto all’innegabile pressione perfetta ad Arborea. Burnham era un Perfetto lui stesso, naturalmente. Ma non uno come gli altri. Sembrava gli fosse stato affiancato, i primi tempi, apposta per rendergli la vita un inferno. Controllava ogni sua mossa, discuteva ogni emendamento, gli metteva i bastoni tra le ruote ogni volta che la politica ufficiale si inclinava troppo palesemente a favore degli interessi dei Comuni.

    Dopo i continui tira e molla e le intelligenti mediazioni dei ministri, i due erano passati prima a una cordiale antipatia, poi a una tacita cooperazione. Se Bjorn mirava alla rielezione, come poteva inimicarsi tutti i Perfetti della Cisatlantica, tanto più che da quando il clima in U. T. era diventato così acceso il loro numero al di qua della dorsale era quasi triplicato? E poi era universalmente riconosciuto che l’Unione sorella era infinitamente più potente e ricca dell’antica Europa. Burnham era stato impietosamente obiettivo a questo riguardo: cosa sarebbe successo se i Perfetti di Arborea avessero scatenato una sanguinosa rivolta, pari a quella che aveva sommerso le più ricche e invidiate città della Piana Occidentale? Quest’ultima sarebbe comunque tornata nelle mani di Lucetius nel giro di qualche anno, con la differenza che in breve gli sarebbero caduti in grembo, uno dopo l’altro, anche tutti e dieci gli Stati della Cisatlantica. All’immaginazione sovreccitata di Bjorn Engstrom si erano prospettati tutti i più crudi scenari di guerra e umiliazione politica; abbastanza da rovinargli il sonno per parecchi mesi.

    Quel periodo in cui gli sembrava di barcamenarsi tra due giganti, la fedeltà ai propri principi politici e il realismo di fronte agli equilibri mondiali, era ormai tramontato. O meglio, si era sfumato in una serie di pacifiche concessioni, accennati mutamenti di prospettiva, innocenti aperture alla cooperazione tra classi che lentamente avevano avvicinato Bjorn al punto di vista dei Perfetti. Non aveva lesinato anche in pubblico sporadiche testimonianze d’ammirazione per il mondo incantato degli immortali, facendole quasi passare per ironiche prese di coscienza dell’insanabile abisso che separava le due classi di cittadini. Poi era arrivato a permettere al suo primogenito Ivar di continuare gli studi alla neo-fondata Accademia di Heaven Harbor, e di lì a rinsaldare i rapporti diplomatici con Olympia il passo era stato più breve del previsto.

    Preferì cenare a palazzo anziché tornarsene a casa, dalla parte opposta del Piatto centrale. Sua moglie gli avrebbe senza dubbio riempito la testa con dettagli di discutibile importanza, come i difetti della sua marcata gestualità durante il discorso, e poi le scelte azzardate della regia, qualche parola di troppo che avrebbe svelato una parzialità più o meno accentuata verso un lato o l’altro della barricata

    La situazione politica globale si faceva sempre più tesa, lo sapeva anche lui. L’U.T. non si decideva ad intervenire in maniera diretta sui territori ribelli, e sempre più voci si levavano a profetizzare la caduta del secolare imperio perfetto nelle ex-Americhe. Le altre opinioni, poi, Bjorn non riusciva neanche ad ascoltarle senza sorridere: si prospettava una migrazione di massa di Perfetti in fuga verso il suo lato della dorsale. Frotte di bellissime, ricche e nobili Immortali in cerca di rifugio dalla minaccia plebea di Invidiosi senza scrupolo né morale…

    Oh, lui non era mai stato così ingenuo da credere a quelle storie. Aveva visitato una volta Heaven Harbor, novello paradiso dei Perfetti dopo la spaccatura dell’Unione, ed era rimasto a bocca aperta. Ogni abitazione, ogni filo d’erba, ogni specchio d’acqua di quell’agglomerato che contava (allora) poche centinaia di abitanti trasudava ricchezza, potenza, stabilità, eternità. Chi si sarebbe mai sognato che degli esseri così evoluti e superiori civilmente e militarmente si sentissero a tal punto minacciati da decidere di abbandonare quei luoghi incantevoli per emigrare nelle terre tanto più povere e selvagge della Cisatlantica?

    Finito il pranzo, Bjorn tralasciò ancora per qualche minuto i fogli elettronici sparsi sulla sua scrivania, gli innumerevoli punti d’intervento previsti per la riunione ufficiale di quella sera, e si dedicò al panorama mozzafiato di Arborea che si godeva dalla vetrata del suo ufficio. Il Piatto del governo superava solo di rado i cinquecento metri di altezza, ma proprio la sua posizione centrale lungo il fusto d’acciaio di Arborea gli consentiva di abbracciare in posizione strategica tutti gli altri Piatti satelliti ancorati ai rami primari e secondari della colossale struttura in ferro, cemento e vetro. Era proprio quello dove si trovava lui, il cuore di un agglomerato urbano sorto al centro di una piana brulla un tempo ricca di foreste e corsi d’acqua, e infine divenuta sterminata palude satura di miasmi velenosi, i cui superstiti abitanti avevano fatto a gara per progettare insediamenti sempre più elevati sopra l’antico livello del mare. Con il precario, ritrovato equilibrio ambientale, il bisogno di superiori altezze si era trasformato in una gara architettonica, una vera e propria sfida alla gravità. Dal contributo di migliaia di Comuni provenienti dalle terre intorno avevano così cominciato a delinearsi i prodromi di Arborea.

    I Piatti satelliti erano nati (e continuavano a farlo occasionalmente, a sempre più vertiginose altezze) come copia su scala minore di quello centrale. Ospitavano nuovi quartieri residenziali, centri sportivi, commerciali, di svago e di produzione industriale. Ogni Piatto aveva la sua cupola, i suoi impianti di depurazione a norma, il suo ramo coi corridoi di collegamento (vere e proprie vene di vetro che percorrevano Arborea ad ogni altezza e direzione), e finanche un sistema di locomozione in grado di far ruotare i rami primari a seconda della decisione del Consiglio, in modo che uno o l’altro quartiere godesse più o meno della diretta esposizione solare. Si creavano così dei veri e propri microclimi all’interno dell’Albero, progettati comunque in modo che mai al Piatto centrale fosse negata la propria percentuale di luce e dominanza prospettica.

    - Il Consiglio è in riunione, signor presidente – venne ad avvisarlo Booth quando Bjorn era ancora impegnato con alcuni dei punti più spinosi all’ordine del giorno. Riconsultò con un colpo d’occhio la scaletta registrata nel foglio d’apertura, e si decise a seguire il suo più prezioso collaboratore.

    - L’umore, amico mio? – l’apostrofò in quel tono disteso, divenuto ormai abitudinario quando erano soli.

    L’altro gli rispose con la solita flemma ufficiale, rassicurante e allo stesso tempo ricca di sottintesi.

    - Il generale Nystrom siede vicino a Burnham, signor presidente. Discutono delle recenti proteste ad Electria.

    - Immagino con quale esito.

    - Quello delle proteste, o della loro discussione, signore? – fu la risposta del Segretario dell’Unione, abbastanza allusiva da strappare al presidente Engstrom un sorriso.

    - Opinioni sulla china che prenderà il Consiglio questa sera?

    - È un confronto importante. Gli equilibri dell’organico potrebbero essere sul punto di cambiare per i prossimi anni…

    - Quindi? – sollecitò Bjorn, a un passo dalla doppia porta che avrebbe interrotto bruscamente la loro intimità.

    - Nostra sorella è sul piede di guerra, signore. Burnham sonderà la vostra propensione all’alleanza, Beasley la fedeltà al programma originario che ancora vi tiene in testa ai sondaggi.

    I soldati si misero sull’attenti mentre Owen Booth, teso e ligio al dovere come se non avesse espresso alcun commento pretenzioso nelle ultime ore, spalancò le porte annunciando l’arrivo del presidente eletto dell’Unione Cisatlantica. Bjorn si augurò che il suo volto fosse altrettanto impassibile. E da quale parte dovrei propendere, secondo te? Chi sarebbe l’alleato più forte?, avrebbe voluto chiedere ancora al suo Segretario. Dopo aver salutato i ministri ed essersi messo comodo a un capo del lungo tavolo del Consiglio, si diede dello stupido per non aver formulato prima una domanda così ovvia, forse quella da cui sarebbe dipeso il futuro della sua carriera, della sua famiglia, dello stesso impero che aveva giurato di servire per la vita. Poi si rese conto che, probabilmente, chiedere a Booth sarebbe stato perfettamente inutile: la sua decisione l’aveva già presa da tempo.

    Era proprio come gli aveva detto il suo collaboratore: Burnham sembrava in accesa discussione col Generale del I Stato Sigfrid Nystrom, l’uomo che data la sua prestigiosa carica aveva il comando di pressoché tutte le forze armate della Cisatlantica. Anche dopo che uno degli altri segretari aveva intimato il silenzio al tavolo, i due avevano continuato a scambiarsi sussurri a mezza voce.

    Come d’abitudine, il Consiglio si aggiornò in primo luogo sulla disastrosa carenza di materiale di copertura per le città degli Stati più indebitati, tramite alcune osservazioni in merito del Ministro del Ripopolamento Thekla Larsson.

    - Alcune città del Decimo non hanno ancora sviluppato un’adeguata espansione in superficie. Abitanti di località dell’estremo sud, come Celestial Mine o Hades Nest, vivono ancora nel sottosuolo, e il governo non è ancora stato in grado di promettere aiuti in un prossimo futuro! - si scaldò il ministro, richiamando il tempestivo sostegno di Beasley.

    - Quello che si rende obbligatorio, signor presidente, è una redistribuzione dei sostegni economici a favore degli Stati in difficoltà, in modo da garantire un adeguamento delle condizioni di vita ai più recenti standard comunitari…

    - E come potremmo, a un passo dal disordine civile qui, a casa nostra? – tuonò il generale dalla parte opposta del tavolo.

    - Senza contare che il Decimo Stato deve alle casse dell’Unione ancora parecchi milioni di tributi. – fu l’appoggio più contenuto di Burnham.

    Il presidente incrociò il suo sguardo nero, acuto come una punta di spillo, e dopo un attimo fu costretto ad abbassare il suo:

    - Il piano economico non può essere rivisto, signor Beasley. Conviene anche lei che prima di accertarci sull’infondatezza delle notizie riguardanti le tensioni militari ad Occidente…

    - Queste notizie vanno avanti da anni, e nel frattempo i nostri Comuni soffrono sempre più la fame, e la povertà… - si era intanto ripresa la Larsson.

    - Ministro Beasley?

    - Nessuna nuova comunicazione ufficiale da Olympia, signor Presidente. Ci è giunta voce di droni spia lungo la dorsale, ma i nostri interni non sono ancora riusciti a decodificare i segnali intercettati.

    Quel Beasley era un incapace, Bjorn l’aveva sempre saputo. A che pro isolare l’Unione se le loro riserve auree facevano acqua da tutte le parti, e per di più rischiavano di trovarsi intrappolati in un conflitto di portata globale? Lo dimostravano le recenti dimostrazioni di protesta anti-Perfetti ad Electria, nel cuore del Secondo Stato. Complici i media, le tensioni politiche e militari provenienti dall’altro lato del mondo si trasmettevano alle maggiori città dell’oltre-dorsale, e sempre più partiti popolari richiedevano al capo del governo una posizione più decisa riguardo alla politica estera. Il Generale Nystrom, si disse tra sé Bjorn, era l’uomo più adatto per rappresentare, al momento, gli interessi dell’Unione a livello globale.

    - Invieremo nuove scorte alimentari a Hades Nest. – si trasse d’impiccio un po’ troppo frettolosamente, senza prestare ascolto alle accese rimostranze della Larsson.

    Il ministro Burnham avallò, anche stavolta visibilmente soddisfatto: - Penso anch’io che sia doveroso concentrarci sulla crescente influenza dell’opinione perfetta, proprio qui ad Arborea e nei primi Stati.

    - Vogliamo tutti dare un messaggio di cooperazione e sostegno ai nostri fratelli Perfetti. Anche in conseguenza della nuova ondata di violenza che ha insanguinato i territori transatlantici più periferici. – squittì quasi nascosto dietro il bordo del tavolo il ministro dello sviluppo economico e culturale Augustus Pace, il solo altro Perfetto seduto a quel tavolo, dopo Burnham.

    La risposta seccata di Beasley s’insinuò prima che Engstrom riuscisse a formulare una replica diplomaticamente corretta.

    - Le disavventure dei suoi colleghi d’oltre-dorsale non hanno alcuna rilevanza nel presente dibattito, signor Pace.

    - Ce l’hanno eccome, ministro. Ha dimenticato il numero di Perfetti che hanno chiesto aiuto all’Unione in conseguenza dei drammatici accadimenti di qualche anno fa?

    Tutti si voltarono ancora una volta verso Burnham, che non aveva perso occasione per punzecchiare il suo principale avversario. Il ministro degli Affari Unitari fece un cenno al Generale, che con un sorriso abbozzato azionò il proiettore del suo foglio elettronico. Una mappa in 3d della piana occidentale transatlantica cominciò a ruotare al centro del lungo tavolo, manifestando alla decina di uomini e donne in poltrona gli sviluppi dell’espansione invidiosa secondo gli ultimi aggiornamenti.

    - I ribelli si sono spostati diversi chilometri ad est dello stabilimento di Indigo. E nonostante l’invio di ingenti truppe da Blue Thunder e New Eliopolis, il fronte di combattimento continua a essere instabile. Si direbbe che il governo centrale aspetti un appoggio più concreto dai suoi alleati storici…

    - E quali sarebbero, questi alleati storici, Generale? – sospirò stancamente il ministro degli Affari Esteri.

    - Osa forse ignorare l’appello di centinaia di rifugiati…

    - Dimentica che i loro patrimoni li accompagnano dovunque scelgano di traslocare, Generale. E allo stesso tempo, diverse comunità di cittadini della nostra unione aspettano gli aiuti promessi negli scorsi aggiornamenti del piano economico…

    Il presidente richiamò la Larsson, poi scelse abbastanza intelligentemente di spostare l’argomento su un terreno di comune accordo come la politica anti-invidiosa.

    - Sono animali, signore. Non hanno neppure saputo tenersi quelle centrali. A causa loro, la produzione di mondiale di Cryostamen è crollata di oltre il settanta percento. – abboccò Nystrom, continuando a spostare i cursori sulla mappa.

    Bjorn approvò ironico. Era ormai risaputo che quegli sbandati che invidiavano la superiore sorte degli immortali erano destinati all’auto-sterminio. L’unica cosa che non riusciva a spiegarsi era il motivo per cui il presidente dell’Unione Transatlantica non li avesse ancora polverizzati con i suoi potenti mezzi bellici. Che aspettasse davvero l’appoggio di Engstrom, una sorta di collaborazione da parte di entrambi i lati del mondo civilizzato? No, quello era solo un diversivo. L’unico intento di Lucetius era l’espansione verso l’antico oriente, e lui era stato messo al corrente di piani che a quanto pareva non erano stati comunicati neppure ai contatti transatlantici all’interno di Arborea.

    - Il ministero chiede l’autorizzazione all’apertura di altre tre centrali di produzione di Cryostamen, per sopperire ai bisogni sempre più ingenti di iniziazione da parte di cadetti delle comunità stanziate…

    Pace si zittì prima ancora che Larsson ricominciasse a insultarlo, per paura di scatenare un’altra valanga di proteste da parte dei colleghi. Stavolta Bjorn sapeva che non avrebbe potuto soprassedere: aveva già sottoscritto l’approvazione per la fondazione di due centrali su modello Indigo nel Terzo Stato. I ritmi di produzione del siero non avrebbero tuttavia raggiunto quelli della famosa centrale transatlantica prima di qualche decennio. In più, le richieste sul mercato premevano e i prezzi erano già arrivati alle stelle. A risentire della penuria di Cryostamen in commercio era l’economica globale; lo stesso valore aureo oscillava paurosamente, condizionato da quello ben più consistente della fluorite azzurra. Anche per questo, con la distruzione di tutti gli impianti della piana occidentale, l’egemonia Perfetta si era vista per la prima volta da secoli sull’orlo del collasso. Le speranze di tutti si erano volte oltre la dorsale atlantica, al di là della catena di montagne basaltiche che solo un ventennio prima segnava l’ultima frontiera prima del regresso, dell’approssimazione politica, della mediocrità tecnica orientali.

    - Mi proponga i piani per le prime due centrali, Augustus. – si risolse ad affrontare le reazioni dei sottoposti.

    - Ma signor presidente, le casse dell’Unione…

    - Le casse dell’Unione sono già abbastanza rimpinguate dalla vendita dei titoli della prossima lotteria, signorina Larsson.

    Quello della lotteria era un argomento tabù per la maggior parte dei ministri, affrontato per la prima volta dopo un’intuizione a dir poco geniale dell’inoffensivo Pace per risolvere una volta per tutte il disastroso indebitamento del governo nei confronti dei risparmiatori degli Stati maggiori. Aveva funzionato alla grande: da cinque anni la vendita dei titoli (ultimamente sostituiti dai famosissimi cubi Wirthmann) erano in progressivo aumento tra i Comuni. Il premio in palio, d’altra parte, giustificava quella sorta di frenesia collettiva: dieci irradiazioni gratuite per i dieci fortunati vincitori, uno per ogni Stato, e in più dieci viaggi a spese della città di Arborea nel paradiso dei Perfetti, Heaven Harbor. Diverse erano state, inizialmente, le opposizioni del Consiglio a quell’aperta propaganda a favore della classe degli immortali, ma i benefici economici erano stati tali da mettere a tacere nel giro di un paio d’anni anche i più ostinati.

    Gli ultimi punti affrontati dalla seduta furono i presunti squilibri ambientali che sarebbero derivati dall’apertura di nuove centrali tipo Indigo e Violet Hill. Furono liquidate dal presidente sulla base della tecnologia ancora insufficiente in Cisatlantica, per giustificare l’immissione nell’atmosfera di ingenti quantità di gas pari a quelle dei classici impianti dall’altra parte del mondo.

    La classica stretta di mano di Bjorn a tutti i ministri concluse verso le ventitré la seduta del Consiglio di quella sera. Il presidente tornò a casa stremato; per fortuna gli appartamenti riservati a lui e ai suoi familiari non erano distanti. Non aveva neppure bisogno di uscire da palazzo; semplicemente avrebbe dovuto attraversare l’oasi centrale, una sorta di grande giardino climatizzato su cui affacciava il suo studio privato, e infine percorrere i lunghi portici che occultavano l’ingresso delle abitazioni del personale di servizio. L’entrata ufficiale Bjorn la riservava agli obiettivi dei giornalisti; per quel giorno, aveva già pagato il suo tributo alla fama.

    Non Elina. L’aspettava ancora truccata e vestita di tutto punto, come stesse per uscire in visita ufficiale. Ad osservarla meglio, Bjorn si rese conto che quello che credeva fard era solo il vivo rossore che le soffondeva guance e zigomi. Gli le brillarono quando lo scorse all’ingresso, e non appena furono soli in soggiorno corse a buttargli le braccia al collo.

    - Bentornato, amore mio. Sei stato grande stamattina, all’inaugurazione.

    - Ma davvero?

    In qualche modo l’entusiasmo apparentemente immotivato di sua moglie era riuscito a trapassare la corazza di stanchezza e disillusione che si trascinava dietro dopo ogni riunione ministeriale.

    - L’impressione di tutti qui è che sei stato favoloso.

    - Sei quasi del parere di Booth. Dovrei preoccuparmi?

    - Non essere sciocco. Si tratta solo di essere obiettivi. E poi…

    Lo abbandonò dopo averlo quasi obbligato a buttarsi sul divano. Bjorn si godette trenta secondi di tranquillità, poi la moglie riapparve coperta da uno sgargiante vestito rosso rubino, la gonna a balze e sbuffi e le maniche strette e spoglie, secondo gli ultimi dettami della moda perfetta d’oltre-dorsale.

    - Hanno avvisato dall’ambasciata per chiedere un anticipo della visita presidenziale della settimana ventura. Tjader ha chiamato poco dopo pranzo, aspettandosi che tu fossi già rientrato, ma gli ho detto che avrei preferito darti la notizia io stessa. L’ambasciatore Howe è rientrato da Olympia questo pomeriggio, ha ritelefonato lui sulla nostra linea…

    - Elina? Perché non ti calmi e mi racconti l’essenziale?

    Stavolta fu lei a essere spinta a sedersi in salotto. Le falde dell’abito rosso le ricaddero ai lati; continuava a mostrargli il suo bianchissimo, radioso sorriso.

    - Lucetius… Lucetius in persona manda i suoi saluti, e chiede se abbiamo apprezzato il regalo.

    - Immagino gli avrai risposto che è stato un onore.

    - Ovvio! E non è tutto. Riguardo alla proposta…

    - Quella proposta?

    - Sì, sì. So che ti secca parlarne ora…

    Bjorn si accorse che sua moglie aveva cambiato bruscamente tono, come se la conversazione richiedesse un minimo di formalità e precauzione. Questo lo infastidì più del fatto che Howe gli avesse tirato un colpo basso, coinvolgendo Elina in quella che era una discussione esclusivamente tra loro due, eccettuata eventualmente la supervisione dell’artefice di tutto, il presidente dell’Unione sorella.

    - Al contrario, non sono mai stato più tranquillo. Semplicemente preferirei riposare, adesso.

    - Ma non ti ho detto quando ci sarà la visita formale…

    - Non domattina, spero.

    - Tra due giorni. Sono invitati anche i ragazzi.

    Perfetto!, pensò l’uomo, seccato, sfilandosi giacca e scarpe in una sola mossa. Sua moglie l’aiutò con la fascia ornamentale, poi gli porse l’accappatoio per il bagno.

    - Secondo me non dovresti pensarci troppo, Bjorn. I ragazzi sono entusiasti.

    L’accappatoio gli cadde di mano. Fissò Elina come se qualcosa di mostruoso e raccapricciante fosse comparso al posto del suo viso eccitato.

    - Ne hai parlato con Karl? E Janina?

    - Perché non avrei dovuto? L’offerta era rivolta anche a

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