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L'insegnamento della Filosofia in tutte le scuole di ogni ordine e grado
L'insegnamento della Filosofia in tutte le scuole di ogni ordine e grado
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L'insegnamento della Filosofia in tutte le scuole di ogni ordine e grado

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La filosofia non è solo una disciplina teoretica, bensì pure un “congegno” operativo e conoscitivo, capace di aiutare a comprendere e fronteggiare le varie problematiche che l’esistenza ci presenta. L’indispensabile rapporto tra la dimensione teorica e quella pratico-operativa della filosofia conduce proprio al principio secondo cui l’insegnamento della filosofia sia un momento fondamentale per la formazione dello studente, inteso come soggetto pensante, consapevole e “cittadino attivo”. Dunque l’insegnamento della filosofia, in parte, dovrebbe essere riconsiderato laddove viene già impartito, ma potrebbe essere introdotto nei curricoli dei contesti scolastici che ne sono ancora privi. Una filosofia per ciascun ordine e grado di scuola è possibile e desiderabile attraverso l’introduzione e il perfezionamento dell’insegnamento della filosofia, capace di offrire un orizzonte di senso e un punto di riferimento per potersi muovere nella società conoscitiva in cui viviamo. Concedere a ogni studente il diritto di fruire dell’insegnamento della filosofia diviene dunque indispensabile se una delle finalità inderogabili della scuola è quella di perseguire la crescita culturale e umana.
LanguageItaliano
Release dateJan 15, 2019
ISBN9788893781442
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    L'insegnamento della Filosofia in tutte le scuole di ogni ordine e grado - Francesca Palermo

    L’insegnamento della Filosofia in tutte le scuole di ogni ordine e grado

    di Francesca Palermo

    Panda Edizioni

    ISBN 9788893781442

    © 2018 Panda Edizioni

    www.pandaedizioni.it

    info@pandaedizioni.it

    Proprietà riservata. Nessuna parte del presente libro può essere riprodotta, memorizzata, fotocopiata o riprodotta altrimenti senza il consenso scritto dell’editore.

    INDICE

    INTRODUZIONE 7

    1. LA STORIA DELL’INSEGNAMENTO DELLA FILOSOFIA IN ITALIA 11

    2. DIDATTIZZARE LA FILOSOFIA 25

    3. L’ INSEGNAMENTO DELLA FILOSOFIA NELLA SCUOLA PRIMARIA 47

    4. L’INSEGNAMENTO DELLA FILOSOFIA NELLA SCUOLA SECONDARIA DI I GRADO 60

    5. L’INSEGNAMENTO DELLA FILOSOFIA NELLA SCUOLA SECONDARIA DI II GRADO 66

    CONCLUSIONE 131

    BIBLIOGRAFIA 133

    SITOGRAFIA 134

    INTRODUZIONE

    Ogni uomo infine, all’infuori della sua professione esplica una qualche attività intellettuale, è cioè un «filosofo», un artista, un uomo di gusto, partecipa di una concezione del mondo, ha una consapevole linea di condotta morale, quindi contribuisce a sostenere o a modificare una concezione del mondo, cioè a suscitare nuovi modi di pensare.

    Antonio Gramsci

    Il presente lavoro scaturisce da riflessioni maturate nel tempo, ma soprattutto durante l’esperienza di Tirocinio Formativo Attivo, il corso di preparazione all’insegnamento introdotto dal decreto del MIUR n. 249 del 10 settembre 2010, che ha costituito il superamento delle Scuole di specializzazione per l’insegnamento secondario.

    Inoltre, l’esperienza d’insegnamento della Filosofia (come materia alternativa) presso un Istituto Tecnico Commerciale mi ha consentito di poter provare sul campo le mie persuasioni, relative all’insegnamento della Filosofia, che costituiscono, in gran parte, i contenuti e il risultato di questo saggio.

    Durante il corso di TFA, nella fattispecie durante le lezioni di Didattica della Filosofia, è stato sottolineato più volte che le recenti riforme inerenti l’insegnamento, talvolta, sembra portino avanti azioni che intendono mettere in discussione la valenza formativa delle discipline umanistiche, e della Filosofia in special modo; pare che tendano a ridimensionare i saperi critici. All’opposto, molti filosofi hanno più volte insistito e continuano a insistere nella persuasione che sarebbe fondamentale valorizzare i saperi umanistici, e in particolare la Filosofia, in una scuola dove l’esigenza di sviluppo di un pensiero autonomo e critico è indispensabile.

    In questa direzione, è da apprezzare l’Incontro con i filosofi, avvenuto al MIUR il 23 Gennaio 2018, dal quale sono scaturite riflessioni sul Documento Orientamenti per l’apprendimento della Filosofia nella società della conoscenza. Il fulcro delle anzidette riflessioni risiede nella convinzione che l’insegnamento della filosofia non debba soltanto essere rimodulato negli ambiti scolastici dove viene già impartito, ma possa anche essere diffuso in quei contesti che ne sono privi, prospettandolo alla maniera dell’apprendimento permanente. In tale più ampio quadro, l’insegnamento della filosofia non può consistere solo nella ricostruzione storica della formazione delle idee, ma richiede anche la predisposizione mirata di una cassetta degli attrezzi concettuali da consegnare a ciascuno studente, in modo che abbia quegli strumenti che gli consentano di affrontare preparato e consapevole le varie materie di studio e la vita vera e propria¹. Grazie a una formazione di tipo filosofico, la scuola può procurare valide competenze in settori come la logica, la probabilità e l’attività dell’argomentare e del discutere razionalmente. Ed è proprio grazie a questi strumenti che gli studenti possono essere messi nella condizione di dedicarsi all’apprendimento consapevole delle altre discipline, le quali hanno, tutte, attinenza con ragionamenti di tipo logico, con circostanze probabilistiche, con trattazioni sempre aperte. La filosofia, infatti, sussiste laddove vi sono punti da rinforzare o da osteggiare, dove c’è dibattito ben costruito, nel luogo in cui vi sono complessi di saperi più o meno assodati. Pertanto una cospicua preparazione di tipo logico e argomentativo sostiene la capacità di dominio delle proprie scelte, emozioni e comportamenti, incoraggiando il perfezionamento e la disposizione dell’individuo a viverle, considerando i risultati e gli effetti che esse determinano su di sé e sugli altri. Bisogna precisare però che tutto ciò non deve essere concretizzato riducendo l’apporto formativo della filosofia e del suo apprendimento all’esclusivo rafforzamento delle abilità logiche e retoriche; né, tantomeno, vanno ridimensionate l’attività di ricostruzione storica della speculazione filosofica, la complessità dei saperi filosofici e la peculiarità dello statuto epistemologico della filosofia.

    L’insegnamento filosofico risale alle origini stesse della filosofia occidentale; l’antichità ha visto sorgere numerose scuole e chi si dedica alla filosofia è molte volte il discepolo di un maestro. L’amore per la sapienza comporta necessariamente la sua trasmissione, a tal punto che ci si può chiedere se la ricerca filosofica possa essere separata dal suo insegnamento: il dialogo con se stessi si alimenta della condivisione dei ragionamenti con l’interlocutore, perché concede libertà all’espressione e favorisce di conseguenza l’affinamento del pensiero.

    Ma, affinché la Filosofia non venga considerata una disciplina inutile, come è avvenuto soprattutto dopo il tramonto delle grandi ideologie, è importante che il docente di Filosofia si occupi anche di storia, politica, attualità, facendo altresì riferimento al vissuto esistenziale dei discenti. È necessario che l’insegnante tenga presenti le due dimensioni specifiche della disciplina, quella storica e quella linguistica, quest’ultima (sovente trascurata) riguardante l’analisi dei testi scritti e l’utilizzo della terminologia propria della disciplina. L’insegnamento della Filosofia è fondamentale, poiché essa, rispetto alle altre materie, possiede la capacità critica di unificazione della cultura e di comprensione della realtà (E. Berti, 1976). Oggi il sapere si presenta costellato da una serie di relazioni, rimandi, collegamenti; l’approccio inter-disciplinare alle diverse aree del sapere diventa, pertanto, un aspetto essenziale per la formazione dello studente ed è necessario che, all’apprendimento dei contenuti disciplinari, si aggiungano una coscienza critica e una visione complessiva dei saperi. Ciò si rivela indispensabile anche perché, spesso, "il mirabile progresso delle conoscenze è accompagnato da un regresso della conoscenza a causa del dominio del pensiero settoriale e parcellare a scapito di qualsiasi visione d’insieme"². Ebbene, la disciplina che può dare linguaggio e senso a queste prospettive è soltanto la Filosofia, la quale svolge un ruolo decisivo di ricomposizione critica e consapevole e di formazione identitaria (F. Cioffi, 2001).

    Questo testo nasce appunto con l’obiettivo di rilevare il valore smisurato dell’insegnamento della Filosofia e di proporre l’estensione del suo studio non soltanto a tutti e cinque gli anni del Liceo, in quanto materia caratterizzante codesto curricolo, ma con l’intento di suggerire l’introduzione di percorsi filosofici finanche ad altri ordini e gradi di scuola, attraverso la sperimentazione di nuove modalità didattiche negli Istituti tecnici e professionali, nella scuola secondaria di I grado e nella scuola primaria, dove le molteplici esperienze extracurriclulari di filosofia coi bambini, peraltro, hanno ottenuto e continuano a ottenere ottimi risultati.

    Rispetto alla ristretta e limitata modalità classica di insegnamento, la filosofia potrebbe dare un apporto ai curricoli scolastici di ogni ordine e grado in modo diverso e originale. Inversamente, la scuola oggi potrebbe ricavarne un considerevole beneficio, avvalendosi pure di rigenerate modalità pratiche di esercizio della filosofia, ulteriormente al metodo classico, con lo scopo di seminare e approfondire life skills sociali, conoscitive e valoriali, per concorrere così a foggiare il buon cittadino.

    1. LA STORIA DELL’INSEGNAMENTO DELLA FILOSOFIA IN ITALIA

    Anche la scuola, come tutto, è un atto assoluto senza precedenti e senza seguenti; un atto, in cui tutto quello che abbiamo appreso è nulla rispetto a quello che dobbiamo ancora sapere.

    Giovanni Gentile

    La storia dell’insegnamento della filosofia in Italia ha finora riguardato esclusivamente i Licei. Essa è caratterizzata da stadi corrispondenti pressoché alle fasi fondamentali della storia italiana, iniziando dalla costituzione dello stato unitario nel 1861. L’insegnamento della filosofia all’interno del sistema scolastico è quasi sempre stato caratterizzato da una certa immobilità. Le riforme fondamentali che hanno segnato gli ordinamenti e i quadri legislativi della scuola italiana sono: la Legge Casati del 1859, estesa nel 1861 al nuovo Regno d’Italia, e la Legge Gentile del 1923, di epoca fascista. Da quasi un secolo nella scuola italiana non viene concretizzata una riforma complessiva, ma si è proceduto con modifiche parziali, progetti e sperimentazioni circoscritti, spesso lodevoli e molto innovatori, ma che non hanno preannunciato una progettazione di riforma generale; ciò, molto probabilmente, è dovuto a difficoltà di natura politica e culturale, ma anche a una carente disposizione del sistema scolastico stesso a elaborare, nel suo interno, stimoli e motivazioni al cambiamento e all’innovazione. Così, anche i due più recenti esperimenti di riforma della scuola, prodotti a cavallo del secolo dagli ultimi due governi in carica, sono stati accantonati.

    La Legge Casati

    Il periodo che va dall’unità d’Italia all’avvento del fascismo (1861-1922) corrisponde alla prima fase della scuola italiana ed è contraddistinto dalla Legge Casati, sopra indicata. A partire da tale legge, che fu la prima legge sull’istruzione pubblica emessa dopo l’unità d’Italia, la filosofia veniva inclusa unicamente nell’ultimo anno e, successivamente alle istruzioni del ministro Coppino del 1867, negli ultimi due anni del liceo. Le sue peculiarità erano l’essenzialità e l’articolazione in tre divisioni: metafisica, logica ed etica. Nell’ambito di ognuna di queste divisioni, bisognava impartire all’allievo concetti basilari, seguendo quindi un metodo strutturato, indiscutibile, costruito fondamentalmente sull’analisi dei fatti. Il fulcro culturale di tale riforma è di stampo liberale-moderato, umanistico e laico. La compagine scolastica viene diversificata in due canali: il sistema dei licei e il sistema tecnico-professionale. La metodologia d’insegnamento è, come dicevamo, organizzata, precisa e si fonda nella presentazione delle maggiori teorie filosofiche inerenti il bene, la verità e la realtà. Sia l’ordinamento della materia che il metodo didattico che ne derivano sono di impronta positivistica: la filosofia si dedica all’apprendimento dei fatti, particolarmente quelli attinenti all’uomo e alla sua vita nella società, e delle leggi che regolano tali fatti. In questo periodo si forma una prima serie di manuali scolastici di filosofia, aventi stampo positivistico e struttura istituzionale, tripartiti in logica, metafisica ed etica. Conformemente alla specifica prospettiva sistematico-positivista, il manuale diviene il mezzo basilare dell’insegnamento filosofico.

    La Riforma Gentile

    Dopo la crisi del Positivismo, si è affermata la corrente dell’Idealismo, dominata in Italia dal pensiero neo-idealistico di Giovanni Gentile e di Benedetto Croce; essa ha caratterizzato il secondo periodo della scuola italiana (1923-1945). Gentile aumentò a tre gli anni l’insegnamento, eliminò la distinzione tra filosofia elementare e filosofia superiore e sostituì alle nozioni di psicologia, logica ed etica il contatto diretto con le opere dei grandi filosofi, quattro in tutto, uno in ciascuno dei primi due anni e due nel terzo. Egli prescrisse poi che ogni singola opera venisse inquadrata nel corrispondente periodo della storia del pensiero: antico, medievale, moderno e contemporaneo, ma solo limitatamente alle notizie indispensabili per la sua comprensione.

    La Riforma Gentile attribuisce uno spazio fondamentale alla filosofia, concepita hegelianamente come la forma più elevata dello spirito. Il liceo concepito da Gentile è una scuola di tipo classico, laico, di élite. Le componenti determinanti di esso, in relazione all’insegnamento della filosofia, sono: l’accoppiamento dell’insegnamento della Filosofia e della Storia, in linea con il principio di origine hegeliana che la filosofia sia, nella sua essenzialità, filosofia della storia. In conformità alla visione storicistica, la filosofia viene fatta corrispondere alla Storia della filosofia e il metodo storico diviene il metodo di insegnamento della Filosofia. La riforma gentiliana prospetta altresì di mettere da parte lo strumento del manuale e di focalizzare invece l’attenzione sulla lettura e sul commento dei classici della filosofia. Viene quindi dato spazio all’autonomia dell’insegnamento e i programmi si limitano a suggerire le linee comuni dell’insegnamento, ma non impongono delle liste di argomenti obbligatori; il docente di filosofia legge e interpreta i classici, addestrando gli allievi al metodo euristico-socratico. Tale riforma, secondo il mio parere, potrebbe essere considerata valida anche oggi, sotto moltissimi aspetti. Peccato che, durante il regime fascista, diversi caratteri di essa siano stati sottoposti a notevoli cambiamenti, in linea con la fascistizzazione della scuola compiuta dal regime. Nello specifico, viene demolito il principio della libertà di insegnamento e viene indebolito l’appello all’indole laica propria dell’istruzione, visto che per il fascismo era conveniente andare incontro alle istanze provenienti dalla Chiesa cattolica. Di conseguenza, in contrapposizione all’anima primitiva della riforma gentiliana, si introducono precisi e accurati programmi di insegnamento e l’insegnamento della Storia della filosofia viene distribuito negli ultimi tre anni di liceo: durante il primo anno si studia la Filosofia greca, romana e medievale; nel corso del secondo anno la Filosofia moderna; al terzo anno la Filosofia che va dall’Ottocento in poi. Per quanto concerne la lettura dei classici, mentre in origine la riforma gentiliana vi dedicava ampio spazio, essa viene ora circoscritta a un classico per ogni anno, come attività sussidiaria alla rassegna storica della filosofia da parte del docente. Il risultato spesso si fonda sulla difficoltà dei docenti a realizzare autonomamente percorsi di lettura e comprensione dei classici filosofici; gli insegnanti in questo modo restano fortemente legati allo strumento del manuale. Si diffondono così i lineamenti di storia della filosofia a impiego scolastico, che consistono in esposizioni ridotte e facilitate dei manuali di storia della filosofia di tipo universitario. L’insegnamento di filosofia tende a divenire, perlomeno nell’abitudine comune, un’esposizione di tipo storico-dossografico, di argomenti acquisiti dagli allievi in maniera più che altro nozionistica.

    I successori di Gentile, ovvero i ministri Fedele (1926), Giuliano (1934) e De Vecchi (1936) rafforzarono ancor più l’indole storica dell’insegnamento della filosofia, intanto stabilendo una lista di filosofi da accludere obbligatoriamente al programma e disponendo inoltre l’apprendimento dell’intera Storia della filosofia, a prescindere dai bisogni di inquadratura delle monografie. In questo modo ottenne rilievo sempre più rilevante l’utilizzo del manuale, così come ugualmente si ridusse sempre più la considerazione delle opere, le quali vennero gradualmente surrogate da riassunti o raccolte di brani. Il ministro De Vecchi addirittura fece rimpiazzare la quarta opera di filosofia con la dottrina del fascismo, che venne poi rimossa dalla sotto-commissione deputata nel 1944 a predisporre i nuovi programmi per la scuola italiana. Ciò nondimeno la sotto-commissione, riguardo alla filosofia, conservò invariato la parte restante dei programmi fissati dal ministro De Vecchi; pertanto si può lecitamente affermare che i programmi di filosofia attualmente in vigore nella scuola secondaria di II grado non si rifanno alla riforma Gentile, bensì ai programmi di De Vecchi.

    Come si può facilmente notare, dal 1945 ai nostri giorni i programmi di Storia della filosofia sono rimasti sostanzialmente invariati rispetto a quelli stabiliti dalla riforma gentiliana fascistizzata, certamente purificati da ogni rimando all’ideologia fascista.

    I Programmi Brocca

    Gli anni Ottanta sono stati caratterizzati da tantissime sperimentazioni, tra cui i Programmi Brocca, attuati in via sperimentale in numerosi istituti dall’anno scolastico 1991/1992, in attesa della riforma del sistema scolastico. La Commissione Brocca, così chiamata dal nome del sottosegretario che la coordinava, ha avuto dal Ministero della Pubblica Istruzione la funzione di predisporre la riforma della Scuola Superiore e di estendere i programmi degli insegnamenti. Le proposte della Commissione Brocca, pur essendo divenute la base di numerose sperimentazioni, come abbiamo detto sopra, non si sono tradotte in riforme organiche. Ciò nonostante, i Programmi Brocca hanno avuto un’importanza notevole nell’orientare la didattica della Filosofia degli anni Novanta, specialmente per tre motivi: la scrupolosa definizione delle finalità dell’insegnamento della filosofia, la perseveranza sulla lettura diretta dei testi; l’estensione dell’insegnamento filosofico a tutti gli Istituti superiori. Altresì, i Programmi Brocca hanno avuto la capacità di mostrare come nel nostro tempo sia essenziale adottare abilmente tutte quelle metodologie a disposizione, valutandole complessivamente come un arricchimento della propria formazione professionale. La programmazione didattica si trasforma in una diligente distribuzione di esperienze conoscitive, in base a cinque grandi inflessioni della disciplina filosofica: analisi dell’opera, approccio tematico-problematico, chiave storica, studio dell’autore, orientamento pluri-disciplinare.

    Nel 1997 la Commissione dei saggi, nominata dal Ministero della Pubblica istruzione, ribadiva sostanzialmente le posizioni assunte dalla Commissione Brocca. Nondimeno, rilevava la capacità formativa dell’insegnamento filosofico, nonché il diritto a tale insegnamento da parte di tutti gli allievi. Questo il contenuto:

    Quanto all’insegnamento della filosofia - positiva specificità della scuola italiana - non ha giustificazione la proposta di estenderlo, nella sua forma attuale di ricostruzione storica, alle scuole non liceali. Bisogna pensare a qualcosa che sia valido per tutti (ma non prima dei 15-16 anni), quindi anche (e sono la maggioranza) per i giovani degli attuali istituti tecnici e professionali: dovrà essere una rassegna di idee portanti e servirà alla costruzione delle loro identità e alla riflessione sul loro stare nel mondo. Nella fase successiva all’obbligo si deve dunque pensare a un insegnamento di elementi di filosofia" (per tutti, qualunque sia l’indirizzo prescelto) che potrebbe trattare, esemplificativamente: questioni di etica, necessarie per comprendere le forme di validazione e di argomentazione in materia di valore, giustizia, ecc. a partire dai temi dei diritti/doveri, della cittadinanza, della bioetica, della medicina; questioni di logica,

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