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Schegge di ordinaria allegria: La saga di Etreia
Schegge di ordinaria allegria: La saga di Etreia
Schegge di ordinaria allegria: La saga di Etreia
Ebook136 pages1 hour

Schegge di ordinaria allegria: La saga di Etreia

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About this ebook

Nel fantastico mondo di Etreia molte domande cercano risposta...
Perché un drago dovrebbe portare gli occhiali protettivi?
Per quale motivo la più grande navi passeggeri mai varata ha due nomi?
Quale percorso di vita ha portato un eroe a cimentarsi in ben tre classi personaggio?
Chi c'è dietro alle aggressioni seriali che stanno gettando La Capitale nel terrore?
Ma soprattutto... cosa ha portato Padre Natale al suicidio?
Un'allegra brigata di personaggi svelerà questi misteri, o confesserà di esserne responsabile, o quasi, non era loro intenzione, promettono di non farlo più!
Katrina la ricercatrice ed il fido Calador, Le-Shan l'elfa, Tao il gulco, Sartius l'unicorno e molti altri vi attendono tra le pagine, insieme al Kaos in persona.
E laddove il mistero sarà troppo fitto sarà compito dell'ispettore Ovvius rischiarare le tenebre dell'ignoranza con la luce dell'intelletto, sempre che riesca ad accenderla...
 
LanguageItaliano
PublisherPubMe
Release dateSep 28, 2018
ISBN9788829517909
Schegge di ordinaria allegria: La saga di Etreia

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    Book preview

    Schegge di ordinaria allegria - Tatiana Vanini

    Ringraziamenti

    Prima pagina

    Tatiana Vanini

    Schegge

    di

    ordinaria allegria

    Immagine di copertina di Sean Kitson

    Immagine dell'autrice di Andrea Priori

    Seconda pagina

    Frasi

    Nessun uomo è un’isola, ogni libro è un mondo

    (Gabrielle Zevin)

    Questo libro è dedicato a coloro che amano leggere

    e a quelli che per leggere non hanno tempo.

    Volutamente breve perché il piacere della lettura

    duri il tempo che ognuno preferisce!

    Introduzione

    Etreia. La cittadina nella calda piana del sud protagonista de Veni, vidi...Etreia!

    Etreia. Un sonnacchioso gruppo di case dove si è combattuta una guerra per la pace del mondo, all'insaputa di tutti.

    Etreia. Dimora d'elezione di Ray, Kelban e VK; paese di Aiery, Kim'ir, Vim, Tereus e Hatis.

    Le imprese di questo gruppo di improbabili eroi sono state narrate e cantate, ma cosa accadeva nel resto di questo mondo senza nome, mentre la setta dei chierici oscuri veniva sbaragliata?

    Quali personaggi vivevano grandiose avventure?

    Queste sono le loro storie.

    Queste le loro vicende.

    Raccontate per il vostro diletto.

    Non perdete tempo, prendete dei fazzoletti puliti e saltate nel portale. Appuntamento nel pazzo mondo... fuori da Etreia!

    N.d.A. Chi arriva ultimo è sempre uno zombie! 

    Il contratto

    racconto 1

    IL CONTRATTO

    Herron entrò nella sua stanza, sbattendo furioso la porta. Era arrabbiato, deluso, amareggiato. Scaraventò a terra i libri di studio che teneva su una mensola. Prese a pugni l'armadio dove riponeva le erbe e le pozioni. Rovesciò l'inginocchiatoio dove pregava.

    Ore passate a studiare, a svolgere servizi per la comunità, ad aiutare i chierici anziani e un altro ricco e viziato bamboccio saliva la scala gerarchica del credo, mentre lui veniva lasciato indietro con la solita scusa che l'Eccelso lo stava preparando a compiti più alti. Continuando ad attendere aveva raggiunto i trentasette anni e il titolo di Umile quasi recluta di infimo livello in prova.

    Stava continuando a rompere tutto ciò che gli capitava a tiro quando una voce disse: «Che spreco di energie».

    Herron si fermò e tenendo in mano una tunica che stava facendo a pezzi, ringhiò: «Fatti gli affari tuoi!»

    «Siamo nervosetti, eh?»

    Herron fece un giro su se stesso cercando il proprietario della voce, gridando: «Vattene! Lasciami in pace!» prima ancora di rendersi conto di essere solo.

    «Volevo darti modo di cambiare la tua miseranda condizione, ma se la cosa non t'interessa...»

    Si avvicinò alla bacinella dell'acqua posata su di un treppiede in una angolo, rimasta miracolosamente intatta nella devastazione della stanza. Le parole che gli venivano rivolte sembravano provenire da lì. L'acqua all'interno era increspata da vortici, piccole onde e inspiegabilmente era piena di bolle che, scoppiando, davano vita alla voce.

    «Sei lì?», fece Herron, sentendosi un po’ sciocco all’idea di parlare con una bacinella.

    «Si.»

    «E cosa vuoi?»

    «Io nulla. Tu cosa vuoi?»

    Herron rispose con rabbia: «Dimostrare quanto valgo!»

    «Ottimo», dissero le bolle, «firma».

    Una bolla più grossa delle altre esplose e Herron si trovò tra le mani un grosso plico di fogli scritto fittamente.

    «Cos'è?»

    «Un contratto»

    Herron stupito: «Per?»

    «Per ottenere ciò che vuoi. Firma.»

    E dopo lo scoppio dell’ennesima bolla si ritrovò a stringere in mano una penna d'oca, pronta all'uso.

    «Ma dovrei leggerlo...», disse alla voce incorporea dando così il via ad un veloce scambio di battute con l'invisibile interlocutore.

    «Inutile»

    «Conoscere l'offerta...»

    «La trovi a pagina 6»

    «Vagliare le condizioni...»

    «Pagina 149»

    «Controllare la scadenza...»

    «Pagina 400, comma b»

    «Il costo...»

    «Pagina 78, secondo paragrafo»

    «La durata...»

    «Dieci secondi»

    Herron frastornato: «Dieci secondi?»

    «Il limite della mia pazienza. Ora sono sette»

    «Aspetta! Dovrei pen…»

    «Tre»

    «Firmo!»

    E a caso, sulla prima pagina che gli capitò a tiro Herron scarabocchiò il proprio nome, senza avere la minima idea di cosa stesse facendo.

    «Bene, siamo a posto» dissero le bolle, mentre il contratto e la penna d'oca si trasformavano in acqua infradiciando un Herron sbalordito «D'ora in poi se le cose non si svolgeranno secondo i tuoi gusti ti basterà dire: Onorevole C, rifai. Gli eventi si modificheranno e tutto andrà in modo diverso. Potrai farlo tre volte nella stessa giornata. Per un solo giorno. Ciao»

    La voce svanì come se non fosse mai esistita lasciando il nostro amico intontito come quando ci si risveglia all'improvviso da un sogno.

    Per qualche tempo non accadde nulla di rilevante, la vita nel seminario Platoista andò avanti con la solita monotonia scandita dalle preghiere e dalle lezioni ed Herron non solo non ebbe mai bisogno di provare la strana frase promessa dal contratto, ma se ne dimenticò perfino, finché una mattina non venne chiamato nello studio del Padre Rettore, perché avevano una commissione da affidargli.

    La scelta ricadde forzatamente su Herron non perché all’improvviso si fossero accorti delle sua capacità, ma solo perché non c’era nessun altro disponibile per un compito così insignificante: prendere dei semi all'orto botanico della città per consegnarli ad un certo Tereus, un chierico proveniente da chissà quale parte sperduta dell’impero, in visita alla casa madre.

    Un incarico da poco, semplice e senza gloria.

    Uscì dal seminario camminando annoiato, ma ben presto, i ricordi degli strani fatti accadutigli con la bacinella dell’acqua e le sue bolle parlanti gli si riaffacciarono alla mente, così si ritrovò ad imboccare diverse strade prima di tornare presente a se stesso ed accorgersi di trovarsi in una parte sconosciuta de La Capitale, completamente perso.

    Per un attimo Herron venne colto dal panico poi si accorse della presenza di una guardia cittadina che sostava lì vicino.

    Le si avvicinò rassicurato per chiedere informazioni: «Scusi, temo di essermi perso. Mi può dire come raggiungere l'orto botanico?»

    La guardia lo squadrò, osservando con malcelato disgusto la veste che indossava, non troppo pulita e rattoppata in diversi punti, risultato della furia distruttiva dalla quale Herron era stato colto giorni addietro, poi con piglio severo il tutore dell’ordine gli si rivolse: «Un mendicante, eh? Privo di ritegno tra l’altro. Non lo sai che mendicare è un reato? No, evidentemente no, probabilmente sei anche ubriaco. La tua sola esistenza offende la dignità dell’Imperatore. Sei in arresto!»

    Herron questa volta venne colto da una paura diversa, quella di trovarsi dalla parte sbagliata della legge con una guardia arrabbiata davanti:«No, si sbaglia, faccio parte dei Platoisti, vengo dal seminario»

    «Silenzio! Mi stai chiaramente dicendo una menzogna. Nessun chierico o seminarista Platoista andrebbe in giro conciato così. Anche mentire è un reato, ora verrai con me in prigione!»

    La guardia lo prese e lo scortò ad un carro munito di gabbia in sosta lì vicino.

    Herron aveva una sola scelta se voleva uscire da quella brutta situazione quindi, incrociando le dita, disse: «Onorevole C, rifai!»

    Il mondo intorno a lui parve perdere consistenza per un momento, la vista gli divenne sfocata come se guardasse attraverso un velo d'acqua e quando tutto si stabilizzò tornando alla normalità Herron si ritrovò nella strada di prima, perso ma libero, con di fronte a sé non una guardia, ma un mendicante.

    Tirò un immediato sospiro di sollievo: non era stato ingannato, la formula aveva funzionato.

    Pieno di una nuova quanto sconosciuta baldanza, andò a chiedere informazioni al senzatetto: «Buon uomo, come arrivo da qui all'orto botanico?»

    Il mendicante senza perdere tempo tese una mano ed espresse semplicemente la propria richiesta: «Moneta»

    Questo comportamento colse Herron alla sprovvista, che dopo aver cercato inutilmente nelle tasche della tunica trovandoci un buco ed un pezzetto di pergamena stropicciato, rispose: «Non ho soldi con me...»

    Il mendicante, mostrando una presenza di spirito notevole ed una facilità estrema nell’adattarsi alle situazioni, iniziò ad urlare a pieni polmoni: «Aiuto! Mi si deruba! Accorrete!», richiamando altri della sua risma dalle vie adiacenti.

    La banda di straccioni comportandosi come la milizia meglio addestrata, compì una manovra a tenaglia circondando Herron per poi iniziare a spintonarlo insultandolo. Presto dalle parole passarono ai pugni.

    Lo stavano sopraffacendo, non aveva nessuna speranza di opporsi all’orda impazzita, così ricorse all’unica risorsa in suo potere: «Onorevole C, rifai!»

    La sensazione di dissolvimento avvertita la prima volta si ripeté e il ritorno alla normalità lo trovò nella solita via, a terra, a combattere contro un crescente senso di nausea.

    Intorno a lui nessuna guardia, né mendicante con esercito di suoi pari, solo una bacheca di legno che mostrava una mappa delle strade de La Capitale: un oggetto utile, ma soprattutto innocuo.

    Herron si avvicinò e dopo aver letto una targa su un muro col nome della strada individuò facilmente la sua posizione e di conseguenza anche la sua meta.

    Contento si mise con calma a studiare le vie da percorrere, ma giunto in fondo alla sequenza di vie e viali si accorse che l'orto botanico non era dove l'aveva visto prima. Certo di essere incappato in un errore, studiò il nuovo percorso dopo aver localizzato il punto d’arrivo, ma nuovamente l'orto cambiò posizione. In preda alla stizza che a onor del vero lo coglieva abbastanza in fretta, si allontanò di qualche passo dalla carta per avere una visione d’insieme del tragitto, così si accorse che la sua destinazione andava alla deriva,

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