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Omicidio su quattro ruote
Omicidio su quattro ruote
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Omicidio su quattro ruote

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About this ebook

Dopo il trasferimento a Mètros, il giornalista Leonardo Scacchi si ritrova, quasi per caso, coinvolto nell' indagine di un efferato omicidio. Gli indizi sono pochi, le prove, nessuna. Tutti sembrano colpevoli, ma ci sono solo innocenti. Leonardo, a causa della sua testardaggine, imprudenza, curiosità ed egoismo, vedrà scivolare dalle mani la soluzione del caso, il lavoro, gli amici, e la sua stessa vita.

Stavolta, la situazione sarà complicata, in un gioco pericoloso dove la morte sarà sempre dietro l' angolo.
LanguageItaliano
PublisherYoucanprint
Release dateOct 24, 2018
ISBN9788827849989
Omicidio su quattro ruote

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    Omicidio su quattro ruote - Daniele Lapenna

    Indice

    Copyright

    Prefazione

    Aforisma

    1

    2

    3

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    5

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    Lapenna Daniele

    Omicidio su quattro ruote

    Omicidio

    su

    quattro

    ruote

    Lapenna Daniele

    Youcanprint Self-Publishing

    Copyright

    Titolo | Omicidio su quattro ruote

    Autore | Daniele Lapenna

    ISBN | 9788827849989

    © Tutti i diritti riservati all’Autore

    Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta senza il

    preventivo assenso dell’Autore.

    Youcanprint Self-Publishing

    Via Marco Biagi 6, 73100 Lecce

    www.youcanprint.it

    info@youcanprint.it

    Prefazione

    Il racconto che si snoda in questo libro segue gli eventi accaduti nel romanzo Non mi fermerai dove il giornalista Leonardo Scacchi, dipendente presso il giornale Rivo News del piccolo paese di Rivorvora, decide di indagare sul misterioso personaggio che adesca ragazze minorenni per poi ucciderle.

    In questo libro, invece, Scacchi si ritrova casualmente coinvolto in un caso di omicidio che sembra non trovare spiegazione. Avrà a che fare con dei pericolosi killer, arrivando anche a causare conseguenze che non si sarebbe mai aspettato...

    I nomi dei personaggi e dei luoghi sono completamente inventati dal sottoscritto. Qualsiasi omonimia o riferimento a cose e persone è del tutto casuale.

    Per chi volesse contattarmi, può scrivermi alla mail

    http://www.lapennadaniele.blogspot.it

    Lapenna Daniele

    Aforisma

    Non sempre ciò che appare

    è ciò che è realmente

    1

    L’ auto, dopo qualche decina di metri in cui procedeva, lenta, nel buio della sera inoltrata, in una via poco illuminata, entrò nel grande parcheggio, fermandosi in una zona lontana dall’ ingresso del campo di calcio. I giocatori under 16 della Mètros stavano protestando per un fallo non fischiato dall’ arbitro, e le loro urla arrivavano anche alle orecchie dell’ autista. Il veicolo si spense, poco distante un albero molto grande.

    Dopo qualche secondo, un altro mezzo, molto più piccolo, gli si parcheggiò dietro: un uomo alto, cappello blu scuro con la visiera, vestito di una giacca di pelle nera dal collo alto e jeans scuri, si avvicinò, entrando nell’ automobile, nei posti dietro il guidatore

    « L’ orario è confermato? ». L’ altro, seduto accanto a lui, mostrò un sorriso soddisfatto e, con un lentissimo movimento del capo, annuì.

    « Perfetto »

    « Questo è il solito anticipo. Te lo meriti » parlò un altro, porgendogli una busta di carta chiusa.

    « Buona serata a voi » salutò l’ uomo con il cappello, uscendo dal veicolo e ritornando nel suo. Aprì la busta: era un mazzo di banconote da 500, legate con una fascetta bianca di carta. Sorrise. La richiuse mettendosela nella tasca interna della giacca e ripartì con il veicolo, con i ragazzini che esultavano per un goal di un loro compagno di squadra.

    9 Novembre 2017, ore 9:00.

    La piazza era enorme, e le migliaia di persone si stavano accalcando sventolando bandiere con gli stessi colori, mostrando alle telecamere delle emittenti locali gli slogan sui lunghissimi striscioni, inneggiando ad un uomo che ancora doveva apparire sul palco.

    La giornata era fresca, con poche nuvole in cielo. Mancavano pochi giorni alle elezioni e ormai gli ultimi comizi pubblici non avevano che il solo scopo di ribadire i propri programmi elettorali.

    « Come odio queste folle di esagitati »

    « Da quanti anni non voti? »

    « Oh beh, da parecchio... Non ho tempo per seguire questi invertebrati ». L’ altro scoppiò a ridere, spingendolo con la mano

    « Sbrighiamoci Leo, che tu voti o meno, ti toccherà stare in questa marmaglia! ».

    La polizia presidiava il luogo, tenendo lontano un gruppo di persone meno numeroso, distante qualche centinaio di metri, che sostenevano il candidato opposto a quello che stava per salire sul palco.

    Gli uomini in divisa, armati di manganello e caschi blu, erano in fila, compatti, sperando che il gruppo non iniziasse ad agitarsi.

    « Sono in tanti? » chiese l’ uomo robusto, vestito con uno smoking blu scuro e una camicia bianca « I poliziotti li stanno tenendo lontani. Se iniziano ad avvicinarsi, sapranno come fermarli »

    « Bene » sorrise il politico, passando la mano sui suoi pochi capelli ai lati del capo « ho preparato un discorso memorabile: ho grandi progetti per questa città ».

    L’ uomo apparve, e la folla iniziò a urlare il suo nome: si trattava di Gualtiero Corsone, un politico e imprenditore di sessantaquattro anni, molto conosciuto nella nazione e anche all’ estero. Fu il più giovane presidente del governo decenni addietro, e tutti lo ricordavano per le sue numerose opere pubbliche oltre che per l’ alleggerimento delle tasse alle imprese, grandi e piccole che fossero.

    Era di famiglia benestante, ma niente gli fu regalato: il padre gli fece proseguire gli studi al termine dei quali lo inserì in una sua fabbrica come semplice operaio, per fargli fare una sana gavetta.

    « Guarda, Leo! Si stanno avvicinando! » indicò, con il dito, Alejandro Rovini, un apprendista giornalista. Aveva solo ventun anni, ma la sua carica e la sua caparbietà erano degni dei colleghi più grandi.

    « La polizia sta per caricare! Teniamoci pronti a riprendere: i video faranno tantissime visualizzazioni sul Rivo News! ».

    Leonardo Scacchi, dopo aver risolto, nell’ estate trascorsa, assieme al collega rivale Antonio Chiostro, il caso del killer di Rivorvora, ricevette la proposta dalla direttrice Katiusha Laudi di trasferirsi alla sede del giornale sita nel grande capoluogo vicino: Mètros.

    Nonostante non fosse la capitale, era la città più grande della regione: edificata lungo il mare, quasi tutto l’ anno piena di turisti, dava molte opportunità ai giovani grazie anche alla presenza di tante industrie manifatturiere, meccaniche e di alta tecnologia. Leonardo accettò senza pensarci due volte. Assieme a lui, si trasferì la stessa Katiusha e la sua fedele segretaria Paola Torre, che diventò la pupilla della Laudi, la quale aveva visto in lei una ragazza molto intelligente e capace, sprecata in un paesino piccolo come Rivorvora.

    La folla, con a capo ragazzi molto giovani con cappucci neri tipo quelli utilizzati dai ladri d' appartamento, tentò di forzare il muro della polizia. La reazione fu immediata: la carica delle forze dell’ ordine fu violenta, soprattutto dopo il lancio di fumogeni e petardi da parte degli oppositori di Corsone.

    « Corri, Ale! Corri! ». Leonardo fu vicino alla polizia, e iniziò a riprendere, visibilmente euforico. Un uomo in divisa aveva bloccato un ragazzo a terra, con un collega che lo stava prendendo a calci: in quell’ istante notò il giornalista che lo stava riprendendo

    « Allontanati da qui, coglione! Altrimenti ce ne saranno anche per te! »

    « Eh, no... questo video sarà una bomba! » sorrise Leonardo, quando, d’ improvviso, un fumogeno lanciato dal gruppo di manifestanti, gli arrivò proprio sulla testa « Accidenti! » urlò, vedendo solo del fumo rosso davanti a sé.

    La folla si dileguò, con molti giovani che furono fermati dalla polizia: molti di questi incendiarono cassonetti e distrussero alcune auto in sosta lungo la via.

    Il comizio del politico, però, proseguì senza ulteriori problemi, con i candidati consiglieri che si alternarono sul palco per lanciare slogan utili a raccogliere più voti possibili.

    « Dannazione... » si sciacquò la faccia Leonardo, utilizzando l’ acqua di una piccola bottiglia.

    « Abbiamo girato dei bei video. Potevamo fare di meglio, però non mi lamento. Ora lo carico immediatamente sul sito web »

    « Bravo Ale, dobbiamo acchiappare più visualizzazioni possibili. Carica subito quello dove c’ era il ragazzo con la fronte piena di sangue »

    « Dici? Va bene... »

    « Certo, ricorda la prima regola dei social network: più indignazione riesci a suscitare, più interazione potrai accumulare ». Alejandro rise, scosse la testa, e dal suo smartphone procedette a immettere il video sulla pagina del social network del Rivo News.

    Al giovane aspirante giornalista piaceva il cinismo di Leonardo. Non amava eseguire gli ordini, capendo di assomigliare a quel ragazzo più di quanto pensasse. Non aveva un’ idea certa sul cosa fare da grande, ma visto che entrambi i genitori lavoravano e percepivano uno stipendio che permetteva di non aver problemi economici, si era gettato nel giornalismo, anche per aver l’ opportunità di conoscere dei personaggi famosi. Era un appassionato di calcio e tifoso della squadra della Mètros che giocava nella prima serie e che aveva vinto gli ultimi due campionati nazionali.

    « Facciamo un giro, intervistiamo qualche ragazzo picchiato dalla polizia e poi ritorniamo al Rivo »

    « Bene » sorrise Alejandro, sistemando il lungo ciuffo biondo scuro che gli cadeva sul volto, con la tipica pettinatura di moda tra i giovanissimi. Naso piccolo, occhi chiari, pelle senza imperfezioni, alla redazione aveva già puntato a qualche collega, sicuro delle sue capacità di corteggiamento, con alcune di queste che avevano messo gli occhi su di lui. Vanesio e sicuro di sé, l’ unica cosa che odiava del suo aspetto era l’ altezza: poco più di un metro e settanta.

    L’ utilitaria di Leonardo partì velocissima, svoltando per una piccola via, dacché la strada principale era bloccata dai furgoni blindati della polizia.

    Il fuoristrada rallentò, a ridosso del parco, parcheggiandosi dietro una berlina. Spense il veicolo e fissò una coppia, molto distante da dove era parcheggiata la sua vettura: discussero animatamente per diversi minuti, camminando accanto le panchine. Dopo un po’, lui le urlò e lei si allontanò a passo veloce.

    « Dove cazzo vai, eh? » gridò, afferrandola per un braccio.

    « Lasciami! La vuoi smettere di seguirmi? Ormai non stiamo più insieme da mesi! Finiscila di seguirmi! »

    « Invece no! » . I due proseguirono a discutere animatamente per almeno un minuto intero, sino a quando il giovane partì con uno schiaffo ma una mano gli afferrò il polso « Chi diavolo...? »

    « Lo sai che le donne non si picchiano? »

    « E tu chi cazzo sei?! »

    « Una donna, non si vede? ». La ragazza lo strattonò, diede lui un calcio ai testicoli e lo gettò a terra, davanti a sé, ponendo il suo piede sulla sua schiena. Il ragazzo urlava di dolore, respirando a fatica per il colpo ricevuto.

    « Ora ti sistemiamo per le feste... » la donna tirò fuori dall’ interno di uno dei suoi anfibi neri un piccolo coltello pieghevole, si avvicinò alla giovane, aprì la sua giacca verde con un singolo bottone e le strappò la camicia

    « Ma cosa... »

    « Ferma. Ferma e zitta! ». Il ragazzo tentò di alzarsi, lentamente ma la ragazza dai capelli nerissimi, in mezzo ai quali risaltava una ciocca di colore rosso cadmio, l’ afferrò per la maglia, spingendolo di nuovo a terra

    « Forse non ci siamo capiti: o resti a terra, oppure proseguo a giocare a calcio con i tuoi testicoli! » intimò lei, per voltarsi in direzione dell’ ex compagna di quel giovane così esagitato « ho già chiamato la polizia: lui ha tentato di ucciderti con un coltello, e ti ha strappato i vestiti. Non ci sono telecamere che abbiano ripreso qualcosa. Dopo che andrai dalla polizia, ti manderò qualche testimone, così che potranno dar credito alla tua denuncia »

    « Ah,... ho capito perché mi hai detto di incontrarlo qui »

    « Già, ma la prossima volta impara a denunciare, okay? » la donna andò via, con la sirena di una volante che già si udiva nei paraggi.

    Salì sulla sua automobile, accese il motore e ripartì dopo che la polizia passò alla sua sinistra, parcheggiando poco più avanti.

    « Marco! Due caffé e due cornetti con la cioccolata » ordinò Leonardo, sedendosi a uno dei tavoli esterni del bar Sinti.

    « Ottimo: stiamo ricevendo parecchi commenti » sorrise Alejandro, fissando la homepage del Rivo News sul suo smartphone « Senti qua: bastardi!! come sempre a manganellare chi protesta! ». Leonardo rise, fissando una ragazza che stava chiacchierando con delle amiche, seduta al tavolo di fronte al suo.

    « non vedi che erano mascherati??? lanciano fumogeni e poi frignano se la polizia li colpisce!! siete ridicoli!! wow, stiamo riscuotendo successo! »

    « Sì,... era ovvio » commentò, distrattamente, Leonardo, proseguendo a fissare, con un leggero sorriso, la ragazza dai lunghi capelli color mogano, che ricambiò.

    « Ecco a voi » servì un giovane barista « siete stati al comizio di Corsone, vero? »

    « Già » rispose Leonardo, dando un grosso morso al cornetto, sporcandosi la bocca.

    « Sì, i sostenitori di Bocci erano lì, pronti a lanciare fumogeni » spiegò Alejandro « Cosa che hanno fatto poco dopo il loro arrivo »

    « Corsone ha fatto tanto quando era al governo » iniziò a ricordare il barista « l' economia della nazione aumentò di diversi punti percentuali, facendo diminuire la disoccupazione. Se diventerà sindaco di Mètros, potrà risollevare anche la nostra città »

    « Non è che un sindaco possa fare molto a livello locale » commentò Leonardo.

    « Dici? » ribatté il barista, fissando le auto passare davanti a sé «  È un uomo d’ affari, sa gestire le risorse di una città: con tutti i turisti che arrivano ogni mese, se ci desse, ad esempio, la possibilità di ampliare gli spazi esterni gratuitamente, potremmo riempire le casse del Comune più di quanto le nostre attività abbiano fatto sino ad oggi »

    « Parli come un politico » scoppiò a ridere Alejandro « Peccato che Leo non vota da anni »

    « Cosa? E perché? Il voto è l’ arma più potente in mano ai cittadini. Ricordalo » esclamò il giovane, coetaneo del giornalista, voglioso di cambiamenti per la sua città non valorizzata  dai sindaci precedenti, come invece lui credeva meritasse.

    « A me non importa » rispose Scacchi, bevendo il suo caffé amaro.

    « Sei residente a Mètros da diversi mesi e puoi contribuire, con il tuo voto, a migliorare questa città »

    « Chiunque sarà il sindaco, se voglio e vorrò mangiare, dovrò comunque guadagnarmi il pane da solo ». Allorché si alzò in piedi, prese la mano del barista e gli mise delle monete

    « ...da solo! » concluse, fissandolo negli occhi, per un attimo, con un tono di voce serioso.

    2

    I due giornalisti risalirono sull’ utilitaria e si diressero al Rivo News.  Questa sede era molto più grande di quella di Rivorvora: un palazzo enorme di cinque piani che si estendeva lungo Via Chemosh, una strada molto larga separata, dalla parallela Via Chilmom, da un viale alberato largo due metri. Era una delle vie più battute dal traffico dacché portava anche alla grande stazione, oltre che ai quartieri con più monumenti artistici.

    L’ entrata del Rivo News di Mètros, riparata da una tettoia retta da due serie di enormi pilastri ai lati, vedeva una grande porta trasparente oltre la quale c’ era la sala d’ entrata: era in stile moderno, con porte scorrevoli a vetrata che distinguevano i vari uffici del piano terra; un grande mobile a mezza luna poco spostato dal centro della sala d' ingresso oltre il quale due segretarie davano informazioni, gestivano telefonate in entrata e contattavano i vari uffici della sede. Il via vai di gente dava già un’ idea di quanti dipendenti disponesse quel quotidiano.

    Grazie alla trattativa operata da Franco Laudi andata a buon fine, il giornale aveva acquisito uno spazio su Tv 300, aprendo anche un proprio canale televisivo in onda 24 ore su 24, su internet. Erano aumentati gli sponsor, i casi seguiti e scoperti dai giornalisti, e le collaborazioni con le emittenti estere.

    « Ciao Leo » salutò la ragazza seduta dietro al lungo bancone d’  entrata. Leonardo proseguì, ignorando il saluto.

    « Leo, accidenti, ti girano parecchio oggi, eh? » rise l’ altra, una ragazza dai capelli corti rosso rame.

    « Zitte! Zitte! » parlò il giornalista, agitando in aria le mani,  dirigendosi verso gli ascensori.

    « Oh, è tutto okay » intervenne Alejandro, seguendo il collega «  Gli si è solo rotta la cinghia di distribuzione dell’ automobile ». Le due ragazze risero, con il giovane che aumentò il passo per raggiungere il collega.

    Katiusha Laudi aveva lasciato il posto da direttrice al giornale di Rivorvora mentre il padre, ormai, si occupava solo della sua LD Corporation. Nell’ ultimo anno, dalla nota azienda uscirono nuovi dispositivi tecnologici che andarono a ruba soprattutto fra i giovanissimi, e Francesco Laudi non poteva più dedicarsi anche al giornalismo.

    La trentaduenne scelse il ruolo di caposervizio nel settore cronaca locale, anche se aveva in mano il potere di mettere bocca sulle decisioni del caporedattore, ruolo assegnato a Gianfranco Guida, quarantaquattrenne che era stato a capo dello stesso settore affidato a Katiusha, ma presso un altro giornale.

    « Dai, vedrai che non ti costerà tanto »

    « Porca miseriaccia, ho una sola auto, una sola, e mi si rompe pure! » esclamò Leonardo, visibilmente nervoso, entrando nella sala e dirigendosi alla sua postazione.

    Non era più la grande star come a Rivorvora: qui era solo un semplice inviato alla pari di tanti altri. Aveva la possibilità di usufruire di permessi speciali, ma gli ordini dall’ alto erano da non ignorare, altrimenti avrebbe rischiato il licenziamento immediato.

    « Ne stai facendo un dramma » si sedette accanto a lui Alejandro, tentando di stemperare la sua rabbia. A volte ci riusciva, altre volte no.

    « Sono già indietro con... »

    « Con... ? ». Leonardo non rispose, iniziando a scrivere al computer.

    « Leonardo Scacchi » chiamò una voce femminile.

    « No... » commentò lui, a bassa voce « è possibile che ogni volta che entro in redazione, mi aspetta una novità? »

    « Eh? » il ventunenne si voltò e sorrise.

     « È la tua amica Paola » gli indicò Alejandro « Mi sa che il capo ti desidera » proseguì, con una risatina ironica.

    « La giornata è già iniziata male, molto male... ».

    Come sempre, l’ ufficio personale di Katiusha Laudi era molto spazioso, solo che stavolta aveva più dipendenti da gestire. Paola Torre era considerata affidabile e precisa: era entusiasta sia del ruolo che aveva ottenuto, sia della considerazione che riponeva in lei il suo superiore.

    « Buongiorno » salutò Leonardo, lanciando un’ occhiata fugace alla sua amica. Dopo l’ esperienza vissuta a Rivorvora, ma soprattutto dopo i consigli della Laudi, Paola aveva smesso di frequentare il giornalista al di fuori del lavoro: si era creata una sua cerchia di amicizie, e aveva dato l’ addio alle imprese spericolate dedicandosi al semplice impiego in ufficio.

    « Oh, Scacchi, buondì a lei » salutò Katiusha, alzandosi immediatamente, passandogli vicino « Attenda qui ». Uscì dal suo ufficio e fece un gesto con l’ indice, come per chiamare qualcuno, poi rientrò e si sedette di nuovo alla sua grande scrivania bianca, accavallando le sua gambe coperte da collant in microfibra color carne.

    Il ragazzo attese, fissando la scollatura che si intravedeva dagli ultimi bottoni aperti della camicia di colore rosso, molto vistoso, che si abbinava molto bene al rossetto che catturava spesso l’ attenzione, soprattutto per il suo vizio di passarsi la lingua sulle labbra.

    « Si avvicini » invitò lei. Leonardo fece per muoversi ma vide apparire, con la coda dell’ occhio, una persona alla sua destra

    « Mi dica » disse, con voce quieta e armoniosa.

    « Uh? ». Il giornalista si voltò e vide una ragazza avvenente, poco più alta di lui, capelli nerissimi e una ciocca rossa che saltava subito all’ occhio. Fece per porre una domanda, quando Katiusha lo anticipò

    « Suppongo lei non abbia potuto fare la sua conoscenza, vero Scacchi? »

    « Da dove è sbucata fuori? »

    « È in ufficio da stamane, ma come al solito è troppo distratto per essersene accorto. Comunque, lei è un nuovo acquisto: Sara Guillòn »

    « Ah » Leonardo si voltò « piacere, Leonardo Scacchi, il miglior inviato del Rivo News ». L’ altra non rispose e non gli strinse neanche la mano.

    « La ragazza è sordomuta? » domandò, rivolgendosi a Katiusha.

    « Spiritoso » parlò Sara, rimanendo a braccia conserte, con lo sguardo rivolto al suo superiore.

    « Ah! » allargò le braccia lui, mettendosi faccia a faccia con la neo collega « Allora sei dotata di parola. Meno male... »

    « Ma sei sempre così idiota? » domandò lei.

    « Uhm.. » Leonardo si voltò verso la Laudi « Si vede da un chilometro che scegliete le ragazze a vostra immagine e somiglianza »

    « Fa’ meno lo spiritoso, Scacchi » la donna si alzò, fece il giro della scrivania, e si sedette sul bordo, tenendo le gambe unite

    « Da oggi, lavorerete assieme »

    « Ma... »

    « Dovrete andare a casa di Giuditta Fogli » parlò lei, interrompendo il ragazzo « la ragazza che stamattina stava per subire un’ aggressione da parte del suo ex fidanzato. Guillòn sta seguendo il caso »

    « Va bene » accettò sommessamente, Leonardo, voltandosi  verso Sara, sorridendo « Imparerai molto da me ». Lei scoppiò a ridere, scuotendo la testa.

    « Sara Guillòn è la mia vice » spiegò Katiusha, fermando la risatina della sottoposta « e, in mia assenza, sarà lei a dirigere il gruppo »

    « Cosa?! »

    « Ora andate a fare questa intervista. Buon lavoro ».

    I due uscirono, con Leonardo visibilmente contrariato: odiava esser comandato da una donna, e anche se ormai si era abituato a obbedire a Katiusha, non poteva sopportare di essere sempre l’ ultima ruota del carro. Il suo ruolo di inviato gli consentiva di agire abbastanza liberamente, anche se doveva sempre seguire eventuali ordini del caposervizio. Ora, però, aveva un altro superiore, e sapeva che doveva stare più attento: conosceva la Laudi, e intuiva come quella mossa fosse stata dettata dall’ intenzione di tenerlo sotto controllo.

    Da quando era entrato al Rivo News di Mètros, non aveva commesso neanche un errore: né una denuncia a carico suo o  del periodico, né richiami da parte dei superiori. Questo perché, tra le clausole del contratto, erano stati inseriti obblighi da rispettare i quali, se fossero stati violati, lui sarebbe stato licenziato in tronco. I vertici lo resero necessario per ribadire le norme di comportamento indispensabili a mantenere una buona immagine del quotidiano all' esterno.

    « Il mio veicolo è fuori uso. Hai una tua automobile? » chiese, avvicinandosi a Sara, ma rimanendo alle sue spalle. La ragazza indossò la sua giacca di pelle color castagna:

    « Andiamo con la mia » e partì a passo molto veloce. Mai aveva incontrato qualcuno che fosse più rapido di lui

    « Accidenti... è la prima volta che mi tocca rincorrere qualcuno! ». I due uscirono dalla sede e lei tirò fuori le chiavi.

    « Allora... per quale giornale lavoravi? » chiese, raggiungendo la ragazza che continuava a camminare velocemente, senza dargli importanza.

    « Allora?! Sai instaurare una conversazione decente, oppure no? ». Sara si fermò d’ improvviso

    « Ma... rompi sempre le palle in questo modo? » e ripartì, premendo il tasto del piccolo telecomando blu notte, disattivando la chiusura centralizzata.

    « Cos... » Leonardo si fermò, spalancando gli occhi « Hai un fuoristrada! Che diavolo di lavoro facevi prima di questo?! ».

    Sara balzò sul veicolo e mise in moto, iniziando ad uscire dal parcheggio. Il giornalista si affrettò per salire dal lato del passeggero, chiudendo la portiera poco prima che il suv ripartisse.

    « Mettiamo in chiaro le regole: tu rispetti me, e io rispetto te. Okay? ». Sara non rispose, uscendo dal parcheggio e imboccando Via Chemosh.

    « E finiscila di stare zitta, cazzo! »

    « Tu, invece, finiscila di blaterare troppo » ribatté lei, continuando a non degnarlo di uno sguardo.

    « Ho capito: sei una femminista estremista! »

    « E tu sei un idiota maschilista »

    « Femminista! »

    « Idiota »

    « Ora esco » aprì la portiera e Sara rallentò per poi frenare d’ improvviso, con Leonardo che sbatté contro il cruscotto,  mettendo però il braccio sinistro avanti, limitando i danni dell' urto.

    « Vedi? Parli troppo e ti dimentichi di indossare la cintura di sicurezza » rise lei, con il veicolo fermo in mezzo alla carreggiata.

    « Che diavolo di auto hai che non avvisa... »

    « … che c’è un passeggero senza cintura? Ho disattivato il sistema appena siamo partiti »

    « Ma sei scema? »

    « Mettiti la cintura, te lo consiglio » sorrise lei, per ritornare seria e fissare la strada.

    « Ma... io non... ».

    Una palazzina gialla di sette piani, con un piccolo cortile condominiale: i due giornalisti suonarono il campanello, attendendo sotto la tettoia d’ entrata. Il cancello si aprì, e loro salirono.

    « Buongiorno » salutò Sara, mostrandosi cortese e gentile. Le riusciva bene con la sua voce musicale e limpida. Leonardo la fissò, pensando che la ragazza avesse due personalità: decise di stare attento, convinto che avesse in mente un modo per farlo licenziare: per lui, quel lavoro era una competizione, e vedeva in ogni collega un potenziale nemico da tener d’ occhio.  

    La donna, una cinquantenne bassa e di corporatura esile, fece accomodare i due. Leonardo accettò il caffé, la collega no.

    « Giuditta, nell’ intervista che ti farò, dovrai ricordare bene ciò che ti spiegherò adesso »

    « Sì »

    « Quel bastardo dovrà finire in carcere »

    « Che è successo? » intervenne Leonardo, adagiando la tazzina sul piccolo piattino decorato con motivi floreali « Complimenti signora, il caffé era ottimo ». La mamma di Giuditta sorrise.

    « Gli uomini non sopportano di essere lasciati, non hanno le palle di stare da soli, e quindi se la prendono con le donne »

    « Vabbé,... non siamo tutti uguali » commentò il ragazzo alla spiegazione di Sara, la quale proseguì a parlare con la ragazza. Attivarono la telecamera del tablet e iniziò l’ intervista.

    Giuditta lasciò il suo compagno un anno fa, ma lui continuava a seguirla, ad aspettarla all’ uscita del negozio dove lavorava come commessa, sotto casa, insistendo a tornare assieme. Più volte causò lei graffi ed ematomi, ma lei fortunatamente riuscì sempre a salvarsi, avendo iniziato a seguire corsi di autodifesa. Portava con sé lo spray al peperoncino che usò anche quando se lo trovò dietro la porta di casa, entrato nel condominio chissà come, urlando Tu sei mia! Solo mia! O con me, o con nessuno!.

    Sara la intervistò dopo la prima aggressione, e decise di aiutarla: non sopportava gli uomini violenti e possessivi, e quando se li trovava davanti, perdeva spesso il controllo. Per fortuna era ben vista da Katiusha e aveva anche amici nella polizia che la coprivano quando, intervenendo in aiuto di donne, utilizzava il suo fisico atletico e le sue capacità di lotta per fermare, seppur con eccessiva violenza, gli aggressori uomini.

    Terminata l’ intervista, salutarono, e andarono via.

    « È andata bene. È stata credibile » disse Leonardo, stavolta allacciandosi immediatamente la cintura di sicurezza. Sara non rispose, mise in moto, e partì. Il ragazzo afferrò il freno a mano e lo tirò

    « Sei scemo?! »

    « Ora mi spieghi cosa cazzo ti ho fatto! Se ami trattare tutti gli uomini così, me lo dici subito, così mi faccio spostare anche di ufficio. Magari nella redazione sport. Preferirei rifare il tirocinante che stare al tuo fianco! »

    « È triste non essere considerati per nulla, eh? » sorrise lei, mostrando un ghigno che aveva qualcosa di sensuale.

    « Che? »

    « Sei narciso, egocentrico, sicuro di te, e cerchi sempre le lodi altrui »

    « E con questo? ». La ragazza, dopo aver abbassato il freno a mano, ripartì. Seguì la via, con Leonardo che guardava fuori il finestrino, mostrando uno sguardo indispettito che traspariva una rabbia contenuta controvoglia.

    Era vero: Leonardo era egocentrico, si circondava di persone che lo lodavano, che sottolineavano le sue doti, e si faceva nemici coloro che lo criticavano. Forse la ragazza aveva ragione: non aveva mai ammesso, in maniera palese, i suoi errori, e quando qualcuno glieli faceva notare, lui sistemava quelle persone nella fazione dei falsi, dei cattivi. Sapeva di sbagliare, ma non poteva fare a meno di non ammetterlo.

    I suoi genitori non si complimentarono quasi mai con lui e, quando accadde, fu solo per recuperare tutti i complimenti mancati. Erano troppo indaffarati con i rispettivi lavori e lui, anche se cercava di impegnarsi a lavoro e, da ragazzino, in ogni materia scolastica, cercava sempre qualcuno che lodasse il suo modo di fare, indipendentemente dai risultati raggiunti.

    L’ auto si fermò al semaforo rosso, in prima fila.

    « Chiedimi scusa e ricominciamo. Dopo tutto » si fermò il giornalista, mordendosi la lingua, lanciando un’ occhiataccia al  mare sulla sua destra « siamo obbligati a lavorare insieme, no? ».

    Sara non rispose, rimanendo seria, fissando il semaforo.

    « Ora basta! » urlò lui, uscendo dal veicolo e sbattendo la portiera « Io rimango qui. Vattene da sola in redazione! ».

    Appena scattò il verde, la ragazza, senza voltarsi, alzò la mano destra, salutò, e ripartì facendo fischiare le ruote, con un leggero sorriso stampato sul volto.

    « Maledetta donna! Maledetta! Vai, vai! Ma tanto non farai tanta strada! » gridò Leonardo, sbraitando come un indemoniato. Dette un calcio ad una lattina che era a terra, ma aveva ancora della cola, e si schizzò i jeans

    « Vaffanculo! » urlò, allontanandosi a passo veloce, con una signora poco distante che affrettò il passo, spaventata dalla rabbia del giovane.

    « Non ci posso credere... non me ne va una giusta! Una, dico una sola cosa giusta... ».

    Attraversò sulle strisce pedonali smanettando con lo smartphone: quando fu sull’ altro lato della strada, appena salito sul marciapiede, si sentì chiamare

    « Mi scusi »

    « Eh? » si voltò lui: aveva davanti a sé un’ auto di lusso, di grossa cilindrata, color giallo oro, lucida, senza neanche un graffio. Rimase a fissarla per qualche secondo, per poi ripensare alla sua carretta con data di immatricolazione 2002 che si era rotta proprio quel giorno. Ritornò con lo sguardo sul cellulare.

    « Scusami, volevo chiederti dove posso trovare una carrozzeria »

    « E che ci devi fare? » chiese lui, fissando, con rabbia, quell’ uomo che già stava odiando solo per il fatto di possedere una vettura del genere: chissà quanti soldi aveva sul suo conto corrente!

    « Purtroppo ho graffiato l’ auto, e siccome non è mia... vorrei ripararla il prima possibile »

    « C’è la Jackson, mi stupisce che lei non la conosca ».

    Il giornalista si riferiva all’ azienda del politico imprenditore Gualtiero Corsone, il quale possedeva questa marca di auto creata da suo nonno nei primi anni del Novecento. A Mètros aveva la sede principale, dove non solo vendevano i veicoli meno costosi e di lusso, ma effettuavano

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