Quella grande e spaventosa casa che una casa, in verità, non è
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Quella grande e spaventosa casa che una casa, in verità, non è - RAFFAELLA CANNATELLI
Raffaella Cannatelli
Quella grande e spaventosa casa
che una casa, in verità, non è
Titolo
Quella grande e spaventosa casa
che una casa, in verità, non è
Autore
Raffaella Cannatelli
Editore
LUPIEDITORE
Sito internet
http://www.yndy.it
Tutti i diritti sono riservati a norma di legge. Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta con alcun mezzo senza l’autorizzazione scritta dell’Autore e dell’Editore. È espressamente vietato trasmettere ad altri il presente libro, né in formato cartaceo né elettronico, né per denaro né a titolo gratuito. Le strategie riportate in questo libro sono frutto di anni di studi e specializzazioni, quindi non è garantito il raggiungimento dei medesimi risultati di crescita personale o professionale. Il lettore si assume piena responsabilità delle proprie scelte, consapevole dei rischi connessi a qualsiasi forma di esercizio. Il libro ha esclusivamente scopo formativo.
Ad Ivan.
Che ti ha tirato fuori da quel cassetto
e dalla mia testa.
Chetati anima mia, chetati.
Che questo rumore rimbomba fino all’anima,
Che questo silenzio non trova pace fetida.
Chetati tu che sai,
Chetati.
Quando la bile rigurgita rimorsi
E il cuore si spegne in mezzo ai rintocchi
Trova pace e dammela
Trova morte e fermati.
Chetati, o annientami.
Capitolo 1
«Lascia stare non sperarci.»
«Perché no?»
«Perché non succederà.»
«È così difficile far avverare un sogno?»
«Non dovrebbe, ma lo è.»
Stella si mosse scomoda sulla seggiola accanto al focolare. Non sentiva freddo.
«Io andrò via da qui. Troverò un modo per liberare entrambi da tutto questo buio.»
Lui sorrise tristemente. Quanto aveva sperato la stessa cosa! Ma si era destato ben presto ed accettato senza remore il suo triste destino.
«Non credi che possa farcela, vero?»
Quella di Stella non era una vera e propria domanda. Sapeva cosa stesse pensando l’uomo di fronte a lei. La stanza era totalmente avvolta nell’oscurità, intrisa di paura e terrore. Soffocante. Claustrofobica. Il piccolo fuoco che ardeva nel braciere davanti a loro non era veramente necessario, ma fondamentale per non essere soffocati da tutto quel nero.
«Credi di essere la prima a volerlo fare?»
Stella spalancò gli occhi.
«Chi ci ha provato?»
«Tanti, troppi. E tutti hanno fallito. Non sono più tornati, non qui almeno, ma sono stati risucchiati in un posto ben peggiore di questo.»
«Io non fallirò.»
L’uomo rise amaramente. Continuò a guardare le fiamme e ad ascoltare quella storia fantastica, come faceva tutti i giorni da cinquanta anni ormai. E come succedeva ogni giorno da più di cinquanta anni a questa parte, Stella fece una promessa e la pronunciò a voce alta cosicché le tenebre sentissero:
«Io me ne andrò da qui e combatterò contro chiunque proverà a fermarmi.»
Il tempo non passava mai in quella grande e spaventosa casa. Aveva tre piani e decine e decine di stanze tutte vuote, tutte dotate di un camino di pietra dentro al quale l’uomo accendeva ogni sera il fuoco; fuoco che si spegneva sempre dopo pochi minuti. Nonostante questo lui ogni sera apriva tutte quelle porte cigolanti e ammuffite e si chinava di fronte alla bocca di ogni singolo caminetto; ogni sera controllava la legna e tirava fuori dalla tasca dei pantaloni marroni una scatola di fiammiferi, ne accendeva uno e lo avvicinava alla carta straccia e ai ramoscelli secchi che accoglievano quella piccola scintilla come un immane tesoro; ogni sera l’uomo soffiava con cura e attenzione su quella fiammella vedendola crescere e divampare in quella bocca nera e profonda che non gli faceva paura. Ripeteva la stessa operazione in ogni stanza, su ogni piano. Saliva e scendeva le scale di quella grande e spaventosa casa tenendo la mano stretta sulla sua scatolina di fiammiferi, nella tasca dei pantaloni marroni. Si muoveva nel buio più infido senza inciampare mai, senza perdersi mai, senza avere paura. Mai.
Quando dall’ultimo piano, dall’ultima stanza, tornava dabbasso sapeva che i suoi sforzi erano stati inutili. Dalle porte che lasciava socchiuse poteva scorgere i camini spenti, freddi e bui. All’inizio non aveva capito perché succedesse ed aveva provato e riprovato a far nascere un bel fuoco scoppiettante, di nuovo, in ognuna delle stanze, salendo e scendendo le scale di legno che scricchiolavano ad ogni suo passo. Col suo pacchetto di fiammiferi stretto in mano. Ma ogni volta che faceva la via a ritroso i camini erano nuovamente spenti e freddi. Aveva riprovate troppe, infinite volte, a riaccendere i fuochi finché non era arrivata Stella. Piccola, non poteva a vere più di dieci anni, con i boccoli biondi e gli occhi verdi e vispi aveva iniziato a fare troppe domande. Non che a lui dispiacesse risponderle, ma aveva passato troppo tempo da solo, un’infinità di tempo, che spesso si sentiva a disagio alla presenza di quella bambina sveglia e curiosa. Dopo il suo arrivo non aveva più potuto dedicarsi esclusivamente ai caminetti spenti nelle stanze vuote, ma non aveva rinunciato all’impresa così, non appena il sole si nascondeva dietro le colline, l’uomo apriva le porte cigolanti ed ammuffite di ogni stanza, su ogni piano, ed accendeva un fuoco che si sarebbe spento presto, senza consumare un solo ramoscello secco o bruciato uno straccio di carta preparato da lui stesso in ogni singola bocca nera di quella grande e spaventosa casa.
Quando l’uomo tornava nella grande sala al piano più basso dove, nel frattempo